ANNO XXVII. Capodistria, 16 Maggio 1893. N. 10 u m DELL'ISTRIA ---^ i________ Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Irimestre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Il Castel Leone di Capodistria Ricostruire con la fantasia un edifizio che non esiste più. non è facile cosa. E allora meglio sarebbe mutare stile, e lasciare questa impresa ai romanzieri ed ai poeti. E meno che meno parrà opportuno cominciare così uno studio che già dal titolo si presenta quale una grave monografia. Pure che volete? quel benedetto castello, il quale non ho mai veduto, e forse nessuno de' miei lettori ha veduto in piedi, mi si aggirò un tempo, e mi si aggira tanto per la fantasia, che io non posso fare a meno disdirne qualche cosa, e, di ricostruirlo a mio modo con 1111 facile scorrere di penna. Eccolo là, fuori della Muda, a destra della strada che conduce in Canzano i poveri morti, i paolani al quotidiano lavoro, e i viandanti nell' Istria e nella vicina Trieste. Lo veggo con l' alte mura, coi ponti levatoi, colle scale aeree, movibili anche queste a beneplacito dell' illustrissimo castellano ; con i merli.... Adagio con questa faccenda dei merli; qui ini comincia a cascar l'asino. Saranno stati guelfi o ghibellini? Forse ghibellini, come sul palazzo pretorio. E perchè ghibellini? Vattel'a pesca1). Forse, più che a distintivo politico, furono messi lassù per un capriccio dell'architetto a cui saranno apparsi più estetici e decorativi degli altri. Riveggo gli atri sonanti sotto l'arcate che con-giungono il castello alle mura della città e alla porta principale ; risento il grido d'allarme della scolta echeggiante via via per le saline e ripercosso dai colli : Viva San Marco ; è il grido di guerra. Di tutto questo più nulla. Un bel o brutto giorno, e precisamente nell'anno 1S19, i soldati ') Da un opuscolo del benemerito signor Gedeone Pusterla rilevo che i merli erano guelfi, simili, dice l'opuscolo, a quelli del palazzo Capitanale. Ma si badi, viceversa questi sono, come si vede anche oggi, ghibellini cioè a foggia di due ali simulanti l'aquila imperiale. (Vedi San Nazario, Memorie storiche p. 9). dell'i, r. Battaglione Cacciatori, per ordine superiore, con poderosi colpi di piccone lo gettarono a terra. Oggi nella vicina salina si fabbrica il sale; un alto muro divide la strada dal fondamento soggetto ; qualche rottame tra l'erbe e nei fossi qua e là ; e invece del grido : Viva San Marco, vi si sente l'estate il Halt iver da, o come comicamente tradussero per loro uso e consumo i pescatori chiozzoti : Alto de bordo. I somarelli trottano ogni mattina lungo quel muro ; e forse c' è ancora qualche barba Nazario che rammenta d'essere passato nella sua fanciullezza sotto a quelle volte, e di aver tirato confidenzialmente i mustacchi a qualche sciavon bonaccione. Ma poiché quella rovina fu deplorata, dicono, da tutta la città allora, e perchè del castello, di cui tanto parlano le carte, non si abbia a perdere la memoria, non sarà inutile rivangare il passato, per dire delle vicende del Castel Leone, come si ha dagli Atti e Memorie della benemerita Società istriana, e dalle relazioni dei Podestà Capitani. Non sarà una completa monografia ; perchè mi mancano i mezzi nel luogo ove scrivo ; potrà agevolare però l'opera a chi volesse in loco, tentarla. Ed ora senza altri preamboli all' argomento. Somma importanza diedero i Veneti fino dai primi anni del loro dominio in Istria al Castel Leone : erano quelli sempre i tempi più belli e gloriosi della gloriosa Repubblica. Eretto probabilmente dopo le prime dedizioni e conquiste negli ultimi anni del secolo XIII o nei primi del seguente, con la posizione stessa indica lo scopo che ebbero i Veneti nel costruirlo. Posto, come era, tra la città e la terra ferma, si capisce essere stato innalzato per premunirsi dagli assalti delle genti del Patriarca, e per tenere nello stesso tempo in soggezione la città, la quale già nel 12S7 ad istigazione del Patriarca e del conte d'Istria s'era ribellata a Venezia. Dalla parte del mare i Veneti mdla avevano a temere ; là essi erano padroni : che a premunire il governo poi da possibili ribellioni interne della città bastasse il Castel Leone fu soverchia confidenza e temeraria speranza, come si vedrà: ma non preveniamo gli avvenimenti. Comunque sia, il Castel Leone esisteva di certo nel 1332, perchè nei Senato Misti trovo la prima menzione di detto castello in data 1332, 14 maggio, in una nota la quale suona così. — „Essendosi dal Doge e Consiglieri deliberato di venire in Pregadi per eleggere il castellano del Castel Leone di Capodistria, in luogo di Margherito Grimani, fu eletto su undici proposti. Giacomo Savonario che rifiutò., (Atti e Memorie. Vol. III, fascicolo 3° e 4° p. 215). Dello stesso anno in data 18 maggio. — „Dei nove proposti al Pregadi per castellano del Castel Leone di Capodistria rimase Gabriele Bon." (opera cit. pag. 215). Qualora si rifletta che il rinunziante Savonario dovea succedere al Grimani, rimane a-dunque indubitabile che il castel Leone esisteva nei primi anni del secolo XIV. Continuiamo a far passare le carte. Neil' anno seguente 1333 IO maggio, „si concede a Giovanni Lombardo castellano nel castello di Capodistria di venire a Venezia per ventidue giorni, (op. cit. pag. 229). Segue altro decreto del Senato in data 1333 ni. v. IO febbraio. — „Avendo Marco Polo da Venezia stipendiano nostro in Castel Leone di Capodistria, manifestato al podestà di Capodistria certa congiura trattata dal fu Marco figlio di Pietro Cavalieri di Capodistria si scriva al capitano di Capodistria che gli dia duecento lire, tratte dalla sostanza del fu Marco del fu Pietro Cavalieri, e che sia nostro stipendiarlo col salario di dieci lire al mese." (op. cit, pag. 234). Tratteniamoci un momento che la nota è buona spia a conoscere i tempi. Podestà capitano di Capodistria era in quell' anno Bertuccio Gradenigo per la seconda volta. (Vedi Pusterla — 1 Rettori di Capodistria —> pag. 10). Chi fosse questo Cavalieri che ebbe la cattiva idea di congiurare contro San Marco, 11011 so; certo è che non è cognome di famiglia nobile capodistriana, e non apparisce in altre carte. Probabilmente oltre a pagare le duecento lire allo stipendiano che gli fece la spia, sarà stato condannato con l'esilio o peggio. E di che certa congiura si trattava? Qui ci avrà avuto uuo zampino il Patriarca Pagano della Torre sempre in lotta coi Veneti, o forse era un movimento interno per riacquistare la perduta autonomia, un prodromo in- somma della celebre rivoluzione del 1348. Andiamo innanzi. L'aria s'intorbida sempre più, e convien stare pronti a qualunque evento. E perciò in data 1335, 9 marzo — „Dietro proposta dei savi si stabilisce di mandare cinquanta balestrieri a Capodistria, dando loro lo stipendio di due mesi perchè „masnate Iustipoli propter aetatem, vel alias propter infirmitatem in aliquibus, non sunt sic bene, ut ex-pediret, etiam propter novitates Istriae. (op. cit. pag. 241). Pare che torno al castel Leone per le acque stagnanti l'aria non fosse troppo buona; le novità istriane erano poi le scorrerie ed i saccheggi del beato Bertrando, che nella Beatitudine sua avea fitto il chiodo a riconquistare il dominio temporale della chiesa aquilejese nell'Istria e nel Friuli, e finì, come tutti sanno, i suoi giorni sotto i paneti di San Stefano scagliati dai conti di Spilimbergo. Occorreva in tempo di guerra contro detto Patriarca tener ben munito il castel Leone; ed ecco ordine da Venezia — 1333, 26 ottobre — „Che si rispondi al podestà di Capodistria per quel-che riguarda il Castel Leone, che egli dice aver bisogno di molti ripari, quod nobis placet, quod faciat fieri sicut videt opportunum, e di qui si mauderanno i danari occorrenti, che verranno poi rimborsati dal comune di Capodistria." (op. cit. pag. 250). Paga Pantalon. Ma ciò prova che i capodi-striani tenevano mano al Patriarca, non pe' suoi begli occhi però ; ma con la speranza di godere tra i due litiganti, come di fatti avvenne. (Continua) P. T. ---;----«Ä»----:- Di cose nostre in scritti stranieri Apriamo questa rubrica, richiamandoci all' appello rivolto a' nostri giovani studiosi nel n." 3 di quest'anno del nostro periodico — nota 1 alla traduzione del bozr zetto In Istria d'autunno — e diamo notizia della recensione — contenuta nella Nuova libera stampa (Neue Freie Presse) di Vienna u.° 10274, venerdì 31 marzo 1893, edizione serale — d'un libro che s'intitola: Guida al mezzogiorno oltre il Carso ad Abbazia e sull'Adria (Geleitbuch nach dem Süden über den Karst nach Abbazia und auf die Adria) di Enrico Noè, Monaco, Libreria Lindauer (Schöpping). E della recensione stessa rechiamo taluni brani, che ci parvero più importanti e però abbiamo liberamente tradotti. Aggiungiamo ancora che legemmo con piacere anche nell'appendice dell' Istria di Parenzo n.° 593 di quest'anno, 22 aprile, tradotta — un po' troppo liberamente, se vogliamo — ma un'appendice dello stesso giornale viennese n.° 10278, mercoledì 5 aprile, dal titolo: La processione del venerdì santo a Lussinpiccolo. E, sta bene, ripetiamo, che di questi scritti, a così dire dispersi, si tenga nota in qualche modo. Essi varranno anche ad agevolare la fatica a chi si ac- \ cingerà a rifare l'opera del nostro Combi Saggio di bi-| Eliografia istriana. L'autore del libro di cui si parla — secondo [ quello che asserisce il suo recensore, eh'è Eurico Littrow, cantore anch'egli, ma in versi, dell'Istria liburnica — a ragione è chiamato il cantore del Carso. Ei canta t veramente in una prosa schietta, in bella lingua, ma I è pure il più profondo scrutatore di quella regione interessante ed incantevole, che per sì lungo volgere i d'anni persino ai più vicini abitatori suoi fu una terra incognita, sulla quale, appunto per l'ignoranza che se I De aveva, si riversarono ogni sorta di pregiudizi, di false I idee, di miti e di favole. Per quanto ormai si abbia f scritto intorno al Carso e ad Abbazia, pur non v' è I libro che, come questo or ora pubblicato dal Noe, sappia [ destare tanto interesse e sia per ogui genere di lettori [ così istruttivo e giocondo insieme. L'autore à chiamato quivi a raccolta tutte le sue j iudagiui, le sue svariate esperienze, le sue profonde I cognizioni, etnografiche e geognostiche, botaniche e mi-ì neralogiche, in modo così conveniente ed istruttivo, che [ ben a malincuore si depone il libro, eh' è di sole pagine 180 in-8, una volta che se n'è cominciata la lettura i veramente maliarda. La storia della superficie del Carso, l'acqua e le I sue proprietà, le così dette doline, in cui ella si rac-I coglie, le sorgenti talvolta copiose, che si dirigono al mare per ivi riuscire in colonne e vortici, cui il barca-[ iolo cerca di evitare come Scilla e Cariddi, mentre [ sul Carso stesso d'acqua c'è spesso penuria e la vicina [ Fiume, vice versa, e Buccari col Carso suo sono gene-[ rosamente provvisti della migliore acqua sorgiva, sì che nell'arma di Fiume a buon diritto splende un'anfora [ rigurgitante con la divisa: indeficiente — tutti questi contrasti, sterilità e lussureggiante vegetazione di lauri, I boschi di querce e alberi frondosi, che sì misteriosa-[ mente sì consociano — l'autore descrive e spiega da [ maestro e sgombra la via a penetrare con lo sguardo in questa natura strana del Carso dalla sua superficie fin dentro alle ingrate e spesso orride profondità del suo seno, f ch'egli, l'autore, à scrutate con fatica nou di rado cou-I giunta a pericoli. I pregiudizi intorno alla supposta : distruzione dei boschi per mano dei veneziani, i quali se ne sarebbero serviti per le palizzate dei loro palagi, l abbatte egli affermando che legname di questa specie t nou fu mai adoprato a quello scopo, ma tutt'al più si I consumò qual combustibile. Nè anche gli scogli quanto mai pittoreschi della costa nè la formazione della spiaggia [ delle isole quarneriche — specialmente di quella di [ Cherso storicamente importante per il suo lago di Vrana, alto sul livello del mare, rimasto finora uu'enimma — per-sino il lago Lugeo (di Zircniz), che spesso iu una notte j sola sparisce con tutti i suoi pesci e poi ritorna alcune settimane dopo senza che dalle piogge sia ricolmato | — nulla sfugge alle ricerche dell' autore e alle logiche sue argomentazioni. Pure fra tante lodi di tanti pregi, il recensore trova anche il tempo di rivolgere all'autore la domanda: perchè mai uno scienziato di questa forza abbia posto nel dimenticatoio la nostra bora, la sua origine, la sua causa e la sua possa, o perchè abbia voluto passare sotto silenzio questo lato tetro del suo quadro. 'E ri- sponde lui, il recensore : La bora in altro non à sua causa che nella manchevole vegetazione, nella improvvisa evaporazione d' ogni umidore, che à luogo sull' i-gnudo piano calcare e spesso dopo una pioggia sviluppasi ad un tratto ai primi raggi del sole, mentre che, se il terreno è inumidito fuor fuori o coperto di neve, la bora non si fa sentire affatto o leggermente assai; ma non soffia già orizzontale, sì giunge al mare formando un angolo e quivi si fa molto pericolosa ai velieri ; si stende sul mare aperto talvolta sol poche miglia, ma appunto con le spesse raffiche (rèfoli) riesce di grave incommodo allo spasso dei yachts. spasso che nou è possibile però di diffondere auclie qui come in Inghilterra e di fare che diventi abitudine. Certo anche col vento che spira orizzontale un legno a vela piegasi sul fianco, ma così appunto il vento perde di sua violenza. Che se l'angolo d'incidenza, quando il vento spira dall'alto, si faccia maggiore per l'inclinazione della vela e del battello, questo può capovolgersi ed esige quindi gran precauzione, cosa che a lungo andare annoia e stanca. Tanto più interessante e brioso e istruttivo è il capitolo, che descrive la pesca nell'Adriatico, alla quale per vero si attende in gran parte dai veneziani e dai chioggiotti, mentre gl' indigeni non curarono punto i premi proposti dal governo ungarico a promuovere la costruzione di barche pescherecce secondo il modello delle veneziane : ma, in onta ai ripetuti divieti dandosi eglino alla pesca costiera con mezzi irrazionali, recano alla piscicoltura non poco danno, sì eh' ella va pui-troppo sensibilmente decadendo. Di quando in quando, come appunto di questi giorni, si fanno bensì da parte delle autorità portuali del regno ungarico delle inchieste per veder di rialzare la coltura del mare; ma queste misure prese saltuariamente non sono finora approdate a nessun risultato. Il prezioso libro del Noe, sgorgante dalla penna d'un filantropo, il quale con energia e successo à levato la sua voce contro l'inutile caccia ai delfini, ai gabbiani e ai cormorani e contro il vandalismo moderno del tiro al piccione, avrebbe dovuto dedicare alcune pagine anche alla pesca irrazionale come si pratica nelle acque basse del mare adriatico colla rete a strascico sterminatrice delle uova. E ognuno gliene avrebbe certo saputo grado.*) Ecco quello che del libro dice Enrico Littrow. *) Di Enrico Littrow, colto e brillante scrittore, abbiamo pubblicato un interessante articolo, tradotto dalla stessa Neue Freie Presse, nella Provincia del 1 aprile 1889, con la lusinga di richiamare l'attenzione della Società di Pesca e Piscicultura marina in Trieste sulle vere condizioni della industria peschereccia lungo la costa del litorale austro-ungarico. Da quell'anno i congressi della su accennata società si sono ripetuti con esemplare regolarità, compreso l'ultimo, tenutosi il 20 marzo p. p., e ne abbiamo lette le relazioni e lodati gli accurati studi intrapresi per lo sviluppo di alcuni rami dell' industria marittima ; ma non abbiamo mai appreso che in seno alla società siasi provveduto a migliorare le condizioni generali della pesca, se non altro richiamando le rispettive autorità alla rigorosa applicazione delle leggi esistenti. E giacché siamo a parlare di pesca, in relazione a quanto abbiamo già scritto, vogliamo accennare a una supplica presentata or ora all' i. r. ministero del Commercio, firmata da molti pescatori della nostra costa, perchè sia proibito l'uso della rete Malaida da pochi anni in uso nel nostro golfo per la pesca delle sardelle. Non entreremo nella difficile questione, se la rete sia o no dannosa, ma vorremmo che il cuore gentile dei pescatori nostri, che nell' accennata supplica si mostra sanguinante per lo spietato modo con cui le povere sardelle sono costrette a imbroccarsi nella rete, sentisse un po'di compassione per quella vera strage degl' innocenti, che giorno e notte in tutti i mesi dell' anno si va facendo sulle nostre spiagge con le tratte, e nei bassi fondi coi grippi, dagli stessi nostri pescatori. „Voglia Dio che si risolvano una volta (quei tali cui spetta la esecuzione delle leggi sulla pesca) a fare ciò che altri hanno già fatto da gran pezza, con iniziative coronate dai più splendidi successi, che si godono oggi superbi : mentre la nostra meschina industria della pesca va decadendo ogni anno, in barba alle leggi, alle ordinanze alle scritturazioni d' ogni specie, che vengono sepolte nel mare e non salvano il novellarne, ma ne raddoppiano la distruzione: mentre Marziale (Epig. LXIII) da vero epicureo canta Ad Pallatinas acipensem mittite mensas, • Ambrosias ornent munera rara dapes ; mentre noi facciamo la strage degl' innocenti della mi-nudaja e paghiamo questa distruzione a 10-15 soldi il chilo." Così chiudeva il suo dotto articolo il sig. Littrow parecchi anni sono, e così presso a poco chiude oggi a proposito della pesca la riportata recensione del pregiato libro del sig. Noe. Vorrà occuparsi della seria questione la Società di Pesca e Piscicuttura in Trieste? E le i. r. autorità vorranno mettere in esecuzione le leggi emanate a tutela della pe-ca lungo la costa? (Nota della Redazione) &&--- INDICE DELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 8. (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anno 1559 c. 613-616 Capitano Giovanni Corner Acta secuta super fixione et positione confinimi inter Adignanum et Castrum S. Vincentij l'elegato dalla Signoria, il capitano Giovanni Corner si reca a Dignano insieme col suo cancelliere e invita pel giorno 19 aprile 1559 il capitano di San Vincenti a presenziare la con-finazione da effettuarsi fra Dignano e quel Castello, aliter si procederà all'esecutione non ostante lat absentia. Risponde il vicegerente e cancelliere di San Vincenti Giovanni Francesco Quintiano che il capitano del Castello è partito alla volta di Venezia ed egli, che non ha alcuna commissione da lui e manco dalla sua padrona, non interviene ma protesta in nome dei Signori di San Vincenti contro tutto ciò che sarà per giudicarsi in merito dal capitano di Raspo. Ecco la sentenza ; Die Veneris 21 Aprilis 15.59 Clarissimus Dominus Ioannes Cornelio pro lil.o et Ser.o Due. Dominio Venetiarum Capitaneus Raspurch et pasinaticorum ac iudex delegatus a prelibato Ser.mo Due. Do. supra executione sententie late per Clarissimum Dominum Angelum Maripetro olim dig.m cap.m Raspurch ac iudìcem delegatum inter Mag.cam Dominam Claram Maurocenam r. q. Mag.ci D. Andree Doviinam Castri S. Vincenti), ac etiam vicinos et homines dicti castri ex una, et sp. comunitatem Adignani ex altera ut patet litteris due. diti 27 februarij nuper elapsi registratis in cancellarla Sic requisitila nomine diete sp. comunitatis Adignani virtute diete de-legationis una cum s. Andrea Tromba iudice, s. Marco de Marco (?) syndico, ac alijs multis hominibus dicti castri interveniente etiam Mag co Domino Ioanne Francisco geno dignissimo eorum potestate equitavit super confinibus nominatis in predicta sententia cimi D. Angeli maripetro sibi demonstratis per pre-dictos de Adignano pro figendis terminis lapideis iuxta diete sententie continentiam absentibus tarnen intervenientibus pro Mag.ca Domina clara Maurocena comunisque et hominum castri S. vincentij licet citatis per literas ut patet in actis. In primisque se contulit ad locum vulgo dictum lago spinoso, ibique extra (?) dictum lacum infra duo saxa per antea posita a natura, quorum alterimi est cruce signatura figere et ponere fecit terminum unum lapideum absque tarnen aliquo signo seu millesimo, Quo posito inde discedendo se contulit ad v allem vulgo dietam osopach in ciiius medietate ponere et figere fecit alium terminum lapideum sine aliquo signo seu millesimo. Deinde a dieta valle discessit et recto tramite eundo se contulit ad fonticulum ; ibique prope stra-tam... longe a dicto fonticulo per passus 25 ponere et figere fecit alium terminum lapideum valde magnimi, in quo sculpta est figura Divi Marci habens insigne Magnifici D. potestatis Adignani infra pedes, nec non insignia prelibati cl.mi D. Capitanti ac cl.i D. Angeli maripetri precessoris: Et exinde discedendo et recto tramite eundo profectus est ad monticulum saxosum, ubi predicti de Adignano non preparaverant Terminum aliquem conficere, et construere fecit congeriem magnani saxorum, ipsaque facta inde discessit rectoque tramite eundo per quondam coronam saxosam se contulit ad stratam tendentem ex S. Vincentio Momaranum ibique confinia terminando figere et ponere fecit terminum alium lapideum satis magnum cum impressione ut vulgo dicitur dell' arma zena; presentibus ad premissa peragenda strenuo D. Dominica de Castro altero ex comestabilibus levitum Raspurch ser Iacobo cane, ser Michele padavino et Antonio vicentino sti-pendiarijs raspurch et alijs quam pluribus, cum quibus omnibus predictis prefatus cl.s D.s cap.s Adignanum se contulit. (Continua) G. V. — Portole Ancora sul modo li combattere la Peronospra iella vite Il rimedio più sicuro per combattere la peronospora della vite è il solfato di rame sciolto nell' acqua e me- 3 scolato colla calce, in modo da formare la così detta poltiglia bordelese o miscella cupro-calcica, contenente 1 per cento di solfato di rame e 1 per cento di calce j spenta. Per preparare un ettolitro di tale miscela, si può procedere nel seguente modo : in un recipiente di terra o di rame (non di ferro) contenente circa 4 litri d'acqua, si fa sciogliere a caldo uu chilogramma di solfato di rame : fatta la soluzione, si versa nel grande recipiente dove si vuol preparare la miscela, che conterrà, nel nostro caso, 90 litri d'acqua. Ciò fatto, si prenda un chilogramma di calce spenta, grassa, di buona qualità, che si avrà cura, prima di pesarla, di mondarla dalle pietruzze o dalle impurità che per avventura potesse contenere : si stemperi questa calce in un altro recipiente a parte, contenente sei litri di acqua, in modo da formare un latte di calce ben mescolato, quindi si versi questo latte di calce poco a poco nel recipiente grande dova prima si era versata la soluzione di solfato di rame, e si agiti bene bene la miscela per qualche minuto, finché questa prenda una bella colorazione bluastra. Se la miscela è ben fatta, e si adoperò solfato di rame e calce di buona qualità, lasciata iu riposo, dopo qualche ora, forma un deposito di un bel colore celeste, mentre, esaminando il liquido soprastante, entro un bicchiere, si vede perfettamente iucoloro. Se, invece, questo liquido conservasse ancor il color bluastro, ciò significherebbe che la calce adoperata dou è stata sufficiente a decomporre tutto quanto il solfato di rame, e bisognerebbe allora aggiungere ancora alla miscela una piccola quantità di calce, in modo da ottenere la reazione completa, evitando però di aggiungere la calce in quantità soverchia. Quando la stagione fosse molto piovosa, e quindi [le condizioni per un intenso sviluppo della peronospora fossero molto favorevoli, sarà utile aumentare la dose di solfato di rame nella preparazione della poltiglia tino a due chilogrammi per ogni ettolitro, * avvertendo però che bisogna nel tempo stesso aumentare in proporzione (anche la calce. La miscela cupro-calcica può essere preparata anche ^parecchie settimane prima che venga adoperata, non 'subendo-essa col tempo veruna alterazione notevole. Naturalmente la poltiglia dovrà essere prima ben riine-i scolata ogni volta che se ne fa uso. Per irrorare le viti colla miscela suddetta, è bene servirsi delle apposite pompe irroratrici, delle quali parecchi buoni modelli si trovano in commercio, per esempio Vermorel, Berzia e Ballada, Pulìfici, Garolla, ecc. La quantità di miscela cupro-calcica, necessaria per ; irropare sufficientemente un ettaro di vigna, varia molto f secondo lo sviluppo del fogliame, ed anche secondo la pompa adoperata. In generale però si calcola che, nei j primi trattamenti a primavera, occorrano iu media circa [ 3 ettolitri di miscela per ogni ettaro di vigna, e, nei trattamenti successivi del giugno e luglio, una quantità doppia. Si tenga sempre presente che il solfato di rame non ha il potere di guarire le parti della vite che sono già infette dalla peronospora, ma è solamente un rimedio preventivo che, applicato a tempo, preserva immuni dalla r malattia le foglie, i grappoli e i tralci non ancora in-: laccati dal parassita. L'applicazione del rimedio sopra le foglie e i tralci, esistenti ad un dato momento, non ha efficacia di preservare dal male i tralci, e le foglie che nascono : successivamente. Egli è perciò che i trattamenti curativi debbono essere rinnovati di tanto, in tanto finché dura il pericolo dell' infezione peronosporica. Quando si tratti di combattere un' invasione già scoppiata della malattia, e che tende a propagarsi rapidamente sulle foglie, e specialmente sui giovani grappoli, sarà opportuno aggiungere, per ogni ettolitro di miscela cupro-calcica preparata nel modo sopra indicato, grammi 125 di cloruro d' ammonio. Questo sale, come è stato dimostrato dal professore Sostegni della scuola «nologica di Avellino, rende la miscela cupro-calcica più prontamente efficace contro la peronospera. Il solfato di rame può venire applicato alle viti anche in forma polverulenta, mescolato allo zolfo nella proporzione del 3 fino al 5 per cento. In questa forma però riesce un rimedio assai meno efficace della miscela cupro-calcica, e il suo uso esclusivo, in generale, non è da raccomandarsi. Giova però, quando si fanno le ordinarie solforazioni alle viti, invece dello zolfo semplice ordinario, adoperare il così detto zolfo cuprico contenente dal 3 al 5 per cento di solfato di rame. Il viticolture diligente farà bene ad alternare i trattamenti liquidi coi trattamenti polverulenti, avendo cura di applicare questi ultimi per la difesa dei grappoli. (Dall' Economia Rurale) ---i>ÌG—■-- ZLnT o t i z i e h'Istria del 29 aprile fu sequestrata dall'i, r. Procura di Stato di Rovigno. Nell'occasione che Trieste ha segnato nei fasti del suo teatro la rappresentazione del Falstaff', per iniziativa di alcuni egregi, centinaia di cittadini apposero la loro* firma in un ricco Albo, che sarà offerto dalla città di Trieste al grande maestro pei- fargli omaggio di affetto e di riverenza. Riportiamo il testo dell' indirizzo, che venne dettato da Riccardo Pitteri e trascritto da un distinto calligrafo in caratteri italiani del rinascimento nella terza pagina dell'Albo: Maestro ! Trieste, che dal gennaio 1843 al maggio 1893, dal Nabucco al Falstaff, sulle scene del maggiore teatro e sulle labbra del popolo, ripete, con amore ed orgoglio, le Vostre divine armonie, Trieste, che con Milano, Genova, Roma e Venezia è tra le prime città ad ammirare il nuovo prodigio della perenne giovinezza del genio, manda a Voi modesto omaggio di gratitudine, affetto e riverenza. E poiché per questo particolare intelletto del bello che forma il carattere delle nazioni, Trieste sente sua ogni gloria italiana, a Voi, Maestro, non sarà discaro di intrecciare nella corona immortale, che Vi cinge la fronte venerata, una foglia cresciuta su quest' ultima pendice dell'Adria. Nel giorno di domenica 7 corrente ebbe luogo l'inaugurazione del gruppo della Lega Nazionale di Villanova presso Parenzo, presenti numerosi soci, il podestà di Parenzo e le direzioni dei gruppi di Parenzo, Visinada e S. Domenica. Abbiamo da Grisiguana in data 1 maggio : Ieri si costituiva il gruppo locale della Lega Nazionale. L' on. sig. Nicolò Corva-Spinotti con fiorita frase e con forti e patriottici concetti tenne il discorso d' a-pertura del Congresso, in cui i soci non facevano difetto. — 11 discorso dell'on. Corva-Spinotti fu ascoltato con religioso silenzio ; ma alla fine gli applausi scoppiarono fragorosi. Vennero eletti i signori: Nicolò Corva-Spinotti a direttore — Enrico Crosilla a cassiere — Elio Torcello a segretario. Rappresentanti alle assemblee i signori : Nicolò , Corva-Spinotti, Francesco Crosilla, Elio Torcello, Marco , Calcina, Giuseppe Torcello e Matteo Cossetto. 11 socio Elio Torcello lesse uno studio di storia patria — ed altri tenne un discorso ispirato al più puro sentimento di lealtà e di affetto verso la patria e verso la religione. Il Congresso si chiuse con fragorosi evviva all'Istria e alla Lega Nazionale. (Dall' Istria) Si è costituita la nuova Società „Unione accademica italiana" presso l'Università di Graz, nella quale i giovani delle nostre provincie si troveranno affratellati con nobili intendimenti. Anche in quest' auuo verrà ripetuto, presso questo Istituto agrario provinciale, il solito corso magistrale agronomico, al quale potranno accedere cinque maestri delle scuole popolari dell'Istria ed altri cinque maestri delle scuole popolari della provincia di Gorizia. Il corso verrà aperto in Parenzo alle ore 11 ant. del 20 maggio e chiuso alle ore 8 ant. del 5 giugno successivo. Ai frequentatori del medesimo verrà assegnata, dai fondi dello Stato, una sovvenzione di fior. 30 per cadauno ed un corrispoudente indennizzo per le spese di viaggio. La direzione dell'Istituto agrario provinciale ha pubblicato il seguente avviso : 11 Laboratorio della Stazione di Saggio, annessa a questo Istituto agrario provinciale, eseguisce gratuitamente P esame degli zolfi, iu quanto riguarda la loro purezza chimica e il loro grado di finezza : degli zolfi ramati e dei solfati di rame, in quanto alla loro ricchezza utile in sale di rame, come pure delle altre miscele anticrittogamiche. I proprietari ed i viticultori istriani, che volessero approfittarne, debbono inviare a questo laboratorio un campione di almeno 200 grammi di sostanza. ——--JÄ5---—- G o 3 e locali La famiglia del nobile signor Nicolò Baseggio venne colpita da nuova e crudele disgrazia per la morte della virtuosa signora Laura nata Apostolo, moglie al signor Nicolò e madre dell'avv. Giulio e del dott. Giorgio, matrigna dell' avv. cav. Giorgio domiciliato a Milano. In aggiunta alle molte e sentite dimostrazioni di stima e di affetto dei concittadini si compiaccia gradire anche le nostre P addolorata famiglia. —------------ Appunti bibliografici Dall'albero della vita. — Versi di Giovanni Fanti. — Bologna, Zanichelli, 1S93. — Un volume di pagine 226. I poeti che vivono lontani dai grandi centri, e dalle chiesuole, spesso ignari dei partiti letterari, e dalle questioni che agitano gli animi, hanno questo vantaggio sopra gli altri, di rispecchiare nei loro versi, senza preoccupazioni, il vero, di educare l'animo al sentimento della schietta natura ; e di conservare il culto delle tradizioni letterarie italiane! Uno di questi il Fanti ne' suoi versi — Dall'albero della vita — pianta del nostro paese, spuntato-prima in vermena nella forte Romagna, trapiantato quindi nella pacifica Modena, e cresciuto all'ombra della svelta e leggera Ghirlandina. Dal primo verso „Or che Favonio it bel tempo rimena" di sapore oraziano, fino all'ultimo, la forma è eletta, e si studia senza pedanterie, di apparire classica, con quel tanto di nuovo che è voluto dalle mutate coudizioni. E non qui inconsulte novità; le sue brave majuscole conservate in principio del verso; non chincaglierie n? figurine chinesi, miniate su larghi campi di bianco, non i soliti stereotipi vesperi, e gli sdruccioli saltellanti; non quel faticoso giro di periodo e l'idea perdentesi in un rigagnolo d'incisi, di cui tanti si fanno belli oggi per amor del simbolo e di non so quali altre diavolerie: non insomma la negazione assoluta dell'armonia per cui molti versi, anche se gravidi di concetti, appena appena differiscono dalla prosa. li signor Fanti tratta invece largamente il suo soggetto, col suo principio, mezzo e fine; e va diritto alla meta; segue i metri che spontanei gli si offrono come i più adatti allo svolgimento delle idee, e tra le novità vecchie della metrica latina sceglie quasi sempre solo quelle che più si convengono alla natura analitica dell'italiano, che non senza una buona ragione fu detto per tanto tempo volgare, e volgare in gran parte rimane, piaccia o non piaccia ai resuscitati Quiriti che sopra le brache infilano l'aristocratica toga. E per vero il classicimo del signor Fanti, e l'imitazione degli antichi non lo distolgono dal conoscere i bisogni del mondo moderno, e dallo studio degli ultimi poeti, il Leopardi specialmente. Le sue poesie sono divise in tre categorie: amore, morte, e di vario argomento. Nelle due prime, come è naturale, domina il soggettivo; nella terza parte maggior diletto e varietà. Anche nei versi intimi il poeta -sente le voci delle cose, e ritrae squisitamente la natura, come nei Macigni dei Gavari e in Cuore di Madre, di eletta fattura. Giudichi il lettore. Cuore di Madre. Due rondinelle insieme con fremito d' ala festante Nell'alpestre mia stanza, al ben contento nido Veniano affaccendate nel becco materno recando Larve ed insetti alati ai rondinini implumi. Essi coi becchi aperti, coi grossi capi sporgenti Garriano come bimbi nella innocente cuna. Sul mattiniero letto supino ancora io guardava Per le aperte finestre le rondinelle e il sole: Splendea là nell'azzurro la verde corona dei colli, Era nell'aria un riso, era nei cuori un inno. Ma un rondinino intanto, indocile 1' ala scuotendo, Sbalza dal picciol nido precipitando al suolo, t Sbalza, esanime giace: la reduce madre veloce Come freccia dell' arco, inorridendo accorre. Vola qua e là affannosa ; d' acuti garriti, di pianti Empie la stanza e chiama, chiama il compagno fido. Poi dalle schiuse imposte lassù sul battente raccolti In alte strida entrambi versan l'atroce doglia. Inumiditi gli occhi io penso: Natura! Natura! Tanto l'amor materno, può in piccoletto core. La vita quieta, raccolta negli affetti di famiglia non toglie all'autore di affrontare le questioni urgenti ; vedi Caccia riservata, dove forse il ne quid tùmis, è alquanto dimenticato come avviene a chi mol buttarsi fuori e dar prova di vigoria dopo la quiete. Ma in generale l'impeto lirico difetta qualche Tolta, e quello slancio, quello scatto che tanto si desidera nella poesia moderna; doti queste per cui ebbe fortuna e lodi la mia scolara Ada Negri. Così in Casa della morte, in Cimitero campestre. Sono rersi bellissimi, ma troppo vi domina l'io. Succede juesto, avviene quello ; io mi muovo di qua, mi tolgo di là: è quasi un descrivere, un vedere col alainajo in tasca. Non sempre però. D'un altra bella dote del poeta si ha poi a tenere parola: della felice disposizione a trattare con certa novità l'apologo. Già ne diede un saggio nel suo libro — Gli apologhi per le famiglie. — (Milano, Massa editore, 1893); libro favorevolmente giudicato dalla critica ne' migliori periodici italiani. Ed anche in questo volume di liriche, in qualche imposizione fa capolino l'apologo, come in — A m pruno invidioso — e in — Il Chioi e la colomba. Questi apologhi del Fanti sono ammirabili, come ben fu detto, per una perfetta armonia di contorni, per un toco elegante e vivace, per un'aurea ( classica semplicità. Oserei appuntare che qualche Tolta, come nel pruno invidioso, l'albero è troppo umanizzato ; e che in generale il brio, la varietà e la novità dei soggetti non sempre sono correttivo a mitigare una certa dissonanza tra la vera natura dell'animale, o della pianta, e la parte che si fa loro rappresentare. E per vero un pruno che con rapace artiglio strappa di mano al poeta una lettera amorosa, e si merita quindi tutta quella invettiva, ini pare un po' troppo. Da ultimo un grazie di cuore al gentile poeta ■che si è ricordato di noi, ed ha mandato da Modena un caldo saluto a Trieste. „Bella Trieste, superba e mesta — 0 gemma, o fiore del suol natio, Italo sangue, Trieste, addio." Buona la strofa seguente : „Sovra il nativo mare si slanciano L'ampie tue navi. Grandeggia il faro, E a più sereni trionfi arridono , Là dove un tempo guerra portaro Carche di ricche merci ed altere Corrono i porti le tue bandiere." Non così la prima che suona così: Nell'azzurrino seno che ai liberi Navigli schiudi sul tuo bel mare Passa una nave... Passa con tacite Vele nell'ampia quiete lunare; Sotto il gran disco che il cielo ascende Tutto il Quamero scintilla e splende. Ma il nostro bel mare nella parte inferiore si chiama gloriosamente — Golfo di Venezia — e nella superiore — Golfo di Trieste, — e non si ha a confondere, (e oggi meno che meno) col Quar-nero, che, novanta su cento, i miei triestini non hanno mai visto, e pel solito non è troppo bello. E vero che a tirare in campo il Quarnero, il poeta è stato invitato da Dante ; ma il grande fiorentino l'ha veduto, o meglio gli è stato indicato così all'ingrosso, dalle alture dell'ultima Pola, dietro il capo Promontore, dove l'Adriatico piega e s'interna tra gli stretti tempestosi delle absirtidi via via fino alle rive desolate della Croazia, già funesto nido d'uscocchi. Ci perdoni l'egregio Fanti questo appunto: ma col Quarnero non abbiamo nulla a spartire; e già abbastanza furono abbujate le carte geografiche. Non è pedanteria la nostra ; ma squisitezza dì sentimento che per ogni poco si risente e teme. Concludendo, questa del Fanti ci pare bella e buona poesia che rimarrà, anche se la solita critica piazzajuola o tacerà o non gli farà troppo buon viso. Lasciamo passare la cavalleria rusticana sulla pista ostrogota; finita la corsa dei barberi, rimarranno padroni del verde prato le vivaci puledre e i cavalli a rodere in pace l'erba paesana. P. T. Togliamo dall' Istria del 13 con-.: Col titolo „Margherite„ ci fu recapitato un volumetto di „Racconti e Bozzetti" del chiar. nostro comprovinciale Prof. Paolo Tedeschi (Milano. P. Carrara 1893). Sono tredici componimenti in tutto, che videro già la luce ad intervalli nel periodico Margherita e nell'Illustrazione Italiana. Veramente di questo nuovo parto primaverile del nostro carissimo P. T. ne avevamo un qualche sentore, e ci aspettavamo, non uno, ma due volumi di Novelle, e ne chiedemmo il perchè di questa trasformazione e riduzione. Ed ecco che cosa ci fu risposto. Il Tedeschi | aveva ceduto, infatti, all'editore Carrara di Milano le sue Novelle perchè le stampasse. Ma l'editore, seuza esserne autorizzato, e coli' intendimento di far passare il volume quale libro per i fanciulli, scelse con poco sano criterio due o tre novellette con rispettive illustrazioni, già edite per i fanciulli, e ne formò con altri bozzetti e racconti un pasticcio tutto suo proprio. Naturalmente, chi legge ora il libro, tutto che non trovi nulla di stuonato dal lato della forma e dell' arte, vi ravvisa però tosto criteri ben differenti nella redazione dei detti Racconti e Bozzetti, e sembra, in certo modo, che quelle tre novellette per fanciulli sieno state incastonate dentro per riempire il volume, o per raggiungere quel dato numero di pagine. Sappiamo che il bravo Tedeschi pigliò cappello per tutto questo, e con tutta ragione : ma ormai quello che era fatto era fatto, ed ora si attende che il sig. Carrara rimedi in un volume successivo al mal fatto, come anche ha promesso. Ci stava a cuore di narrare tutto questo, a salvaguardia del decoro del povero autore, che con malgarbo si vide mistificato, e come necessaria premessa al giudizio che si volesse portare sul volume che presentiamo al pubblico. Dopo ciò, e comunque si sia, il libro resta sempre buono, e merita di essere accolto e letto con quella simpatia e piena fiducia, colle quali vennero accolti tanti altri lavori del nostro benemerito e fecondissimo P. T. 11 quale, come è noto, è un impenitente seguace della bell'arte antica, dell'arte sana, cioè, schiettamente morale e rispettosa d'ogni e qualunque convenienza religiosa, civile e sociale. Parlare poi dello stile, della lingua, del brioso andamento e delle belle trovate di questi „Racconti e Bozzetti" ci sembra più che su-pertìuo ; ornai il prof. Tedeschi si è acquistato e mantiene un nome rispettabilissimo nella repubblica delle belle lettere, sia come scrittore forbito, sia come critico, sia come piacevole narratore o arguto ritrattista, • e finalmente come conferenziere e poeta. Le quali doti non sono affatto smentite anche nel presente volume. Intanto inviamo all' òttimo amico e patriotta, con le nostre azioni di grazie, vive congratulazioni e felicitazioni di prosperità e di lunga lena. --T------—--:- PUBBLICAZIONI La pianta di Roma. — Sotto gli auspici de la r. Accademia dei Lincei si inizia ora la pubblicazione di quest'opera di un valore eccezionale per gli studii topografici, storici ed archeologici di Roma, perchè essa li presenta, in un' armonica fusione, rinnovati secondo i recenti progressi scientifici, la scoperta di nuovi documenti e il risultato degli scavi urbani compiutisi nell'ultimo quarantennio. Ne è editore Ulrico Hoepli di Milano. La pianta di Roma del Canina, che risale al 1848, appariva evidentemente insufficiente e di gran lunga in arretrato di fronte agli studii odierni. L'accademico Lanciani, autore dell'opèra che ora annunciamo, aveva iucominciato sino dal 18(57 il lavoro intorno a una nuova pianta di Roma antica in occasione degli scavi eseguiti CAPODISTRIA, Tipografia Cobol-Priofa. dall' imperatore Napoleone nel palazzo dei Cesari, dal Governo in vigna Nusiner, alla Marmorata ed al monte de' Fiori, dal Guidi nelle terme di Caracalla, dal Parker] in vari luoghi della città, dal comm. De Rossi e dal principe Torlonia nel suburbio. Nel 1876 il lavoro era giunto a tal grado d'importanza elle il socio Mommsen,] nella tornata del 17 giugno di detto anno, ne consigliò 1 la stampa all' Accademia. Ma in quell' epoca appunto i grandi scavi governativi e municipali incominciavano a rendere una messe così ubertosa di giornaliere scoperte,! che tutta la cura dell' autore dovette concentrarsi nel] raccogliere i nuovi dati, abbandonando momeutaneamentel il lavoro d'insieme. Le schede raccolte ed ordinate dal Lanciani per la preparazione della pianta sommauo a circa centoventimila. La crisi del 1889 ebbe per conseguenza la cessazione quasi assoluta dei lavori edilizi, j e indirettamente delle scoperte di antichità. Tale stato] di cose, che non accenna a finire così presto, ha con-' sigliato l'Accademia e l'autore a non differire più oltre] la pubblicazione della pianta così vivamente attesa dagli] studiosi ; la quale abbraccia e riassume lucidamente i : fatti meglio assodati e importanti nel campo filologico,] storico ed epigrafico; prezioso materiale raccolto dal] Codex topographicus dell'Urlich; dalla Topographiej der Stadt Rom dello Jordan; dalla Topographie del Richter; dalla Ancien Rome del Middleton ; dal VI volume del Corpus Inscriptionum Latinarum; dalle Inscriptiones Christianae del comm. De Rossi, nonché dal Bulleltino di Archeologia Cristiana ; dal Bullet-Ì tino della Commissione Archeologica Comunale ; dagli] Annali e dal Ballettino dell' Istituto germanico ; dalle Notizie degli Scavi del senatore Eiorelli, e da tante altre rassegne d'ogni lingua e d'ogni paese. Il Lanciani ha contribuito con circa 300 scritti al progresso della parte topografica. La pianta, essendo incisa nella proporzione del millesimo, consente la delineazione dei più minuti pai--] ticolari, di selciati, pavimenti, condutture, ecc. Le quote altimetriche del suolo della città ìnon derna sono segnate in rosso, quelle della città antica! in nero. In questo modo le differenze di livello fra lai città autica e la moderna potranno essere facilmente e] sicuramente riconosciute. La pianta contiene, oltre i monumenti esistenti, quelli scoperti e distrutti negli ultimi quarant'anni;! quelli scoperti e distrutti in epoche- anteriori, purché ne rimangano documenti di fede non dubbia. 1 mouu-j menti dei quali si hanno precise descrizioni, ma non disegui, sono semplicemente punteggiati. Vi sono anelli notate le scoperte di oggetti d'arte e d'iscrizioni dalle' quali può trarre lume la topografia classica. Si distribuiranno uou meno di sei tavole all' anno, racchiuse in copertina: un totale di 46 di m. 0,90 per 0,60. La prima dispensa, di sei tavole, è uscita iu questi giorni, 1' ultima lo sarà nel 1899. Ma è in facoltà dell'Accademia dei Lincei di abbreviare questi termini, permettendolo lo stato degli scavi archeologici. Si può avere gratis dall'editore Hoepli, di Milano, il manifesto che spiega chiaramente il concetto e lo scopo dell'opera, e contiene, oltre un saggio di 1/4 di tavola, anche lo schema di tutta la carta.__j