Emanuele Banfi Università degli Studi di Milano-Bicocca* UDK 811.14'06"14/19" la grecia moderna e la formazione della néa eaxnvik^ koiv^ (nek) 1. La tradizione lingüistica greca appare caratterizzata da due veri e propri primati: da un lato, l'essere tradizione che puo vantare, tra le lingue d'Europa e a livello della documentazione cronologica, le piu antiche attestazioni (dal sec. XIII a.C. ad oggi) e, d'altro canto, l'essere, a livello tipologico-linguistico, sistema sostanzialmente fedele al quadro tipologico iniziale (Banfi 1993; Horrocks 1997; Adrados 1999). Inoltre, se e relativamente agevole tracciare confini temporali tra le diverse fasi della grecitá linguistica considerata nelle sue fasi 'preclassica', 'classica' e 'postclas-sica' - gli studiosi sono infatti sostanzialmente concordi nel riconoscere la validitá delle tradizionali partizioni diacroniche - molto complessa, invece, appare definire il 'quando' si possa parlare di 'greco moderno', intendendo con tale definizione una realtá che risulti, per caratteristiche intrisinseche (di natura strutturale), qualcosa di sostanzialmente diverso rispetto alle fasi linguistiche precedenti. E noto, comunque, come 'fenomeni' anticipatori di tendenze poi pienamente svi-luppatesi nella grecitá bizantina, medievale e moderna si riscontrano giá attestati in tradizioni dialettali periferiche del quadro greco-classico (in particolare nei dialetti di Beozia e di Tessaglia) nonché - e in modo evidentemente sempre piu consistente - in documenti epigrafici e papiracei della koiné ellenistico-romana, soprattutto di quella dell'Egitto greco-romano (Kramer 1983; Dietrich 1985). Ma e anche ben noto che, nella definizione di 'stati' di lingua occorre tenere conto, oltre che di fattori strettamente linguistici, anche di questioni di natura extralinguistica che, per il loro peso socio-linguistico, sono riusciti a segnare, in modo netto e determinato, il pro-cesso evolutivo di un dato sistema. 1.1. A questo proposito, il dibattito intorno al 'quando' si puo parlare di 'greco moderno' si incentra su tre momenti storico-culturali che hanno profondamente segnato l'evolversi della grecofonia: i] la crisi del mondo bizantino e greco-medievale tra secc. XI-XIII: a partire dal grande scisma del 1054 per giungere allo scontro con gli occidentali (i ^páYKOt, i Áarívot), al saccheggio di Costantinopoli ai tempi della IV crociata e alla fon-dazione dell'effimero 'impero latino' (1204-1264); * Indirizzo dell'autore: Piazza dell'Ateneo Nuovo 1, 20126 Milano, Italia. Email: emanuele.banfi@unimib.it 1 Nel rendere forme del neogreco utilizzo normalmente il sistema monotonico. Con eccezione per alcuni frammenti testuali che, per voluta fedeltà alla fonte, ho reso, eventualmente, con il sistema politonico. ii] il progressivo allontanamento della grecofonia dalle dinamiche storico-culturali e linguistiche dell'Europa (in particolare dell'Europa occidentale), in conseguen-za della progressiva infiltrazione entro i confini dell'impero d'Oriente delle com-ponenti turco-ottomane: evento prodromico, già nei secc. XIII-XIV, del fatto che segnerà il tramonto dell'aquila bicipite: ossia, la presa di Costantinopoli da parte delle truppe di Mehmet il Conquistatore nel maggio del 1453; iii] il risveglio della nazione e l'avvio del riscatto dell'ambiente greco nei confronti del dominio turco-ottomano: tale processo inizio nella seconda metà del sec. XVIII, con il diffondersi tra gli intellettuali greci (soprattutto di quelli della diaspora) delle idee di matrice illuminista e si concluse con la rivoluzione del 1821, con la fondazione di Atene - nuova capitale del primo regno di Grecia dal 1834 - e con l'istituzione, su modello bavarese, degli elementi fondanti la 'macchina' del nuovo stato (burocrazia centrale, esercito, sistema scolastico, ecc.). 2. Delle tre date - tutte simbolicamente 'forti' e significative, ovviamente - quella che comunque meglio si adatta a rendere conto di condizioni nuove ed originali, anche sul piano linguistico, è - a mio vedere - la seconda: la caduta di Costantinopoli, infatti, da un lato segna l'ingresso della grecofonia entro l'ambiente turco-ottomano e il conseguente allontanamento dell'ambiente grecofono dalle dinamiche sociali e culturali dell'Occidente europeo; dall'altro significa anche, per l'intellighentsia grecofona, l'avvio di un processo di 'rivendicazione' della propria tra-dizione linguistico-culturale. E cio - grazie soprattutto al ruolo dell'ambiente cristia-no-ortodosso - per contrastare il processo di 'globalizzazione' messo in atto dalla Sublime Porta per il tramite dell'islamizzazione, spesso forzata, e della imposizione di un modello politico-amministrativo di matrice centro-asiatica. 2.1. Considero quindi come 'data di nascita' del greco moderno l'anno 1453, l'an-no della caduta di di Costantinopoli, la grande metropoli del mondo greco e, insie-me, l'anno d'avvio della turcocrazia: destinata a durare (simbolicamente) fino al 1821 ma, per segmenti non marginali del territorio greco (Epiro, Macedonia, Tracia e l'isola di Creta), fino al 1913. Ora, per comprendere pienamente quale fosse, nei secoli della turcocrazia, la condizione del quadro linguistico neogreco occorre tenere conto - a mio vedere - di una serie di elementi esterni al fatto linguistico 'in sé' e pero tali da condizionarne profondamente la natura. Sinteticamente, e per punti, li richiamo di seguito: i] il profondo mutamento del quadro etnico-linguistico dell'ambiente greco-romeico, determinato dalla presenza, massiccia, di componenti alloglotte, di cui si dirà nel § 2.1.1.; ii] la acutizzazione della tradizionale diglossia greca, eredità 'avvelenata' del quadro linguistico ellenistico-romano; iii] la potente 'ideologizzazione' attribuita ai livelli alti della tradizione linguistica greca, fedele al modello del greco ecclesiastico, a sua volta fedele al modello del greco ellenistico-romano; iv] il conseguente 'disprezzo', da parte di settori importanti della intellighentsia romeica del periodo della turcocrazia, per tutto ció che andava contro il modello 'figé' del greco ecclesiastico: ossia la non considerazione per i livelli 'bassi' dell'architettura del sistema linguistico neogreco e, soprattutto, per i dialetti neogreci (gli tôtù^ara). 2.1.1. La caratteristica principale del quadro etno-antropologico neogreco-romei-co sotto la dominazione turco-ottomana è l'essere stato una realtà multi-etnica e plu-rilingue: nei centri urbani della Grecia TOupKOKparou^évn soprattutto - esattamen-te come avveniva in tutte le città poste sotto il controllo turco-ottomano - conviveva-no varie componenti etnico-linguistiche: alcune di antico radicamento, dai secoli dell'alto medioevo: valacchi (arumeni e macedorumeni) e slavi meridionali (bulgari, macedoni, serbi); altre di più recente insediamento, dai secoli del basso medioevo: ^pàYKOi (veneziani e, più in generale, occidentali), albanesi (apPavÎTeç), armeni; alcune di ancora più recente insediamento: dopo la caduta di Costantinopoli, le componenti turche e, qualche decennio dopo, a partire dal 1492, delle componenti sefardite ispanofone, provenienti dalla penisola iberica. 2.1.2. Il processo di distanziazione tra i livelli della lingua scritta e della lingua parlata - del tutto normale nel divenire storico dei sistemi linguistici e normalmente risolto con l'accogliere, nello scritto, fenomeni propri del parlato - già vistoso nel greco ellenistico (e, soprattutto, ellenistico-romano) aveva avuto come conseguenza la formazione di un potente quadro diglottico, bipolare: ad un livello alto, rappresen-tato dal greco letterario, fedele alla norma dei grammatici alessandrini e accolto come modello indiscusso del greco ecclesiastico e dai dotti dell'età bizantina, si con-trapponeva un livello basso, rappresentato dalle diverse manifestazioni del greco parlato, diatopicamente marcato nelle diverse parti dell'ambiente grecofono (Pisani 1960; Brixhe 1993). Il fenomeno della frammentazione dialettale del quadro romeico (Newton 1972; Kontossopoulos 1981; Browning 21983; Tonnet 1993) - comunque non paragonabi-le, quanto ad intensità, alla parallela frammentazione del quadro romanzo - era già stato segnalato nel sec. XII (testimonianza di Michael Khoniates, metropolita di Atene), nel sec. XIII (testimonianza di Eustathios, metropolita di Thessaloniki), nel sec. XV (dialogo satirico MaÇàpriç), nel sec. XVI (notizie di Kabasilas, citato dal Crusius, in Turco-graecia, 4161) ed appare infine programmaticamente riconosciuto da Romanos Nikephoros, monaco tessalonicense (ma attivo al Collegium Romanum), cui si deve una prima 'grammatica' del greco volgare, redatta nel sec. XVII, nella quale sono riferiti tratti diatopicamente marcati. 2.1.3. Se è vero che il polo alto della diglossia fu sempre tendenzialmente ideolo-gizzato, tale processo, già presente negli ambienti ellenistico-romano e greco-bizantino, si acutizzó ulteriormente nei secoli della turcocrazia: la lingua sorvegliata, vei-colo privilegiato del messaggio cristiano-ortodosso, acquistó progressivamente valori e funzioni identitari e divenne un vero e proprio sistema 'ideologico'. E come l'idea del mutamento e della variazione 'individuale' era esclusa dal canone estetico bizantino (in modo evidente: nelle manifestazioni pittoriche, architettoniche, letterarie) cosi, sul piano lingüístico, l'adeguamento ad una norma, intesa come imperativa, risultava essere una scelta del tutto coerente. Quanto al livello 'basso' della diglossia, se è vero che in alcune aree periferiche del mondo romeico (ad esempio a Cipro, a Creta, nell'Eptaneso) si ha chiara testi-monianza, in età bizantina e post-bizantina, di produzioni letterarie sensibili a diverse tradizioni degli tôtù^ara locali, è pur vero che nessuno di tali tôtù^ara fu in grado di porsi come 'guida' per l'intero quadro della grecofonia TOupKOKparou^évn: lo impedivano, da un lato, la mancanza di un tessuto sociale e culturale dinamico, caratterizzato da salda identità e da riconosciuto spessore; dall'altro, la mancanza di poli urbani significativi, capaci di porsi quali centri di irradiazione di modelli lingui-stici 'forti', davvero 'alternativi' rispetto al modello 'alto'; lo impediva, infine, la mancanza di una fioritura letteraria in 'volgare' paragonabile, per ruolo e prestigio, al miracolo delle 'Tre corone' (Dante, Petrarca, Boccaccio), promotrici delle fortune, in ambiente italiano, di un 'volgare' - quello fiorentino - destinato a diventare la base prima dell'italiano letterario e poi, col tempo, dell'italiano di (quasi) tutti. 2.1.4. Occorrerà attendere la fine del sec. XVIII e l'avvio del sec. XIX - la vigilia dei movimenti di liberazione nazionale contro i turchi - per vedere i primi dibattiti intorno alla creazione di una nuova norma linguistica: sarà il rÁWGGiKÓ Z^T^^a, la grande battaglia, spesso accanita, tra coloro che sostenevano una norma linguistica rispettosa delle antiche glorie e coloro che volevano una norma nuova, capace di rispondere ai bisogni di una società moderna. Due visioni della lingua e della sua funzione sociale: da un lato i diversi gradi della KaSapeúouGa, la lingua arcaicizzan-te, dall'altro i diversi gradi della ôn^OTiK^, la lingua aperta al nuovo (Browning 21983; Tonnet 1993). Sostenitori dei diritti della KaSapeúouGa, furono, tra gli altri, Anthimos Gazis, Neofitos Doukas, Panagiotis Krodikas: la KaSapeúouGa, cosi fortemente legata ai modelli del passato, era - nella visione di questi decisi conservatori - strumento ideale per rinsaldare il sentimento di identità nazionale; ma va detto che anche non pochi spiriti progressisti, nel clima (pre-)romantico di 'riscoperta delle radici', furono favorevoli alla KaôapeùouGa. Sostenitori dei diritti della lingua volgare, della ôn^OTiK^ furono, tra gli altri, Rigas Velestinlis Fereos, la più significativa personalità politica greca della fine del sec. XVIII, estensore, nel 1793, di una bozza di Costituzione progressista, su modello della Costituzione francese rivoluzionaria; Dimitrios Fotiadis Katartzis, attivo a Bucarest; Grigorios Kostandas e Daniel Filippidis, intellettuali del Pelion, autori delle prime opere scientifiche redatte esplicitamente in greco volgare; Ioannis Vilaras, Athanasios Christopoulos, Athanasios Psalidas, Dimitrios Solomos, tutti di ambiente eptanesico. 2.1.5. Mediatore tra le due posizioni fu un intellettuale di riconosciuto valore: Adamantios Korais, nativo di Smirne ma di formazione olandese e francese (visse a lungo ad Amsterdam e a Parigi), sostenitore della cosiddetta ^eg^ oôôç la via mediana, in grado di temperare gli eccessi dei demoticisti con il richiamo ai modelli del greco post-classico. Va da sé che il programma lingüístico di Korais non era privo di incongruenze e di contraddizioni sia nelle scelte lessicali che in quelle morfosintattiche. Ma gli va riconosciuta una notevole capacita di 'ingegneria lingüistica' sostenuta, per altro, dalla volonta di organizzare una vera e propria campagna di raccolta di materiali lin-guistici, su tutto il territorio grecofono, al fine di censire le forme linguistiche in uso e di creare, sulla base dell'uso, una lingua adatta ai bisogni nuovi e comunque epu-rata da ogni barbarismo (in particolare, dagli italianismi e dai turchismi). 3. Nel 1834, con la formazione dello Stato nazionale e con la scelta di Atene come nuova capitale del nuovo regno (affidato, per altro, ad uno straniero: Ottone di Baviera), avvenne un fatto curioso sul piano di ció che oggi definiremmo come language planning: ovvero la scelta, quale base per la formazione della lingua comune, di una varieta linguistica 'altra' rispetto a quella della capitale. Al dialetto di Atene, realta urbana assolutamente marginale nella Grecia TOupKOKpaTOU|évr|, fu preferito il dialetto peloponnesiaco (Banfi 1981). E tale scelta fu 'promossa' dai seguenti fattori, uno di natura strettamente linguistica, l'altro di natura socio-culturale: i] a livello fonologico e morfo-sintattico, il dialetto peloponesiaco era, tra i dialetti neogreci, quello piu 'fedele' al quadro fonologico e morfo-sintattico del greco post-classico e bizantino-medievale. In tal senso, risultando piu facilmente comprensibile rispetto ad altri dialetti neogreci, rappresentava di per sé un buon strumento lingui-stico 'di mediazione'; ii] a livello socio-culturale, l'area peloponesiaca, cuore della rivoluzione contro i turchi e del dinamismo economico della nuova Grecia, forni la maggior parte dei quadri burocratico-amministrativi e intellettuali del nuovo regno. 3.1. La fortuna del dialetto del Peloponneso quale base per la formazione di una nuova norma linguistica, sensibile ai bisogni di una societa rinnovata, fu peró pesantemente condizionata da interventi di stampo puristico, grazie a personalita di rilievo quali Konstantinos Koumas e, soprattutto, Panagiotis Soutsos. Ne consegui che gli intenti moderatamente puristici della proposta di Korais furono superati da un programma linguistico ufficiale basato sulla diffusione della KaQapeúouüa e sulla teo-rizzazione della sostanziale identita tra greco classico e greco moderno: del resto la lingua ufficiale del primo regno di Grecia fu il greco classico e le leggi promulgate dal re Ottone I furono redatte in. tedesco, accompagnate da una traduzione in greco classico. 3.1.1. Per altro la KaQapeúouüa, malgrado la proclamata adesione ai grandi modelli del passato, tutto era tranne che un sistema unitario. Era, piuttosto, segnata da una notevole variazione interna, secondo le intenzioni, piu o meno marcatamen-te arcaicizzanti, di chi la usava (Klairis 1983). Ció che colpisce e la sua marcata noAuTunía e la sua ostentata insensibilita nei confronti degli usi linguistici reali. Cosi, ad es., un enunciato assolutamente banale quale e «se non posso» che suonava - come per altro ancor oggi suona - ['an 'Sen bo' ro] av 5ev |nopra / av 5ev |nop¿> (in grafia monotonica), veniva rifiutato a favore di una serie di opzioni semanticamente parallele articolate su almeno cinque livelli: i] av Sév ^nop ii] av 5év Súva^at iii] éav Sév Súva^at iv] éav ^ Súva^at v] éav ^^ Súvw^at I cinque livelli sono, ciascuno singolarmente, punti di un continuum che va dal 'meno arcaicizzante' (livello i]) al 'piu arcaicizzante' (livello v]). Ugualmente, un enunciato del tipo «quando arrivai» che suonava - come per altro suona ancora oggi - ['otan 'ef0asa] orav e^Qaaa / orav é^Qaüa (in grafia monotonica) veniva cosi reso secondo quattro livelli di KaQapeúouüa i] oxav é^Oaaa ii] oxav á^íxQnv iii] ote á^íxQnv iv] ote á^iKó^nv Ovviamente le scelte puristiche riguardavano tutti i segmenti del sistema: dalla fonologia alla morfologia, dalla sintassi al lessico e, naturalmente, dal punto di vista didattico venivano privilegiati i soli livelli della KaQapeúouüa. Interessante, a questo proposito, l'esame di alcuni strumenti didattici del periodo a cavallo tra i secc. XIX e XX ove, in forma contrastiva, venivano proposti esempi di frasi in KaQapeúouGa e in SnuoTtK^...(quest'ultima, come sempio da evitare!) messi a confronto con il greco classico. In particolare, cito qualche esempio: a] Libera il cavallo dalla stalla! Kath. Aüaov tov ítctcov éK xoü axaúlou Dim. Xüae to aloyo áno to aTaúXo Gr.a. A,üaov tov ínnov éK toü aTa9poü b] Perché non credi a quanto dico? Kath. AiaTÍ Sév niaTeúeu; ei; oaa léyra Dim. riaTÍ 8év niaTeúeu; a' oaa léyra Gr.a. Aia tí oü niaTeúeu; toíc; époíi; A.óyou; c] Spero che mio zio credera che io non dissi queste parole. Kath. 'EIníZ<», oti ó 9eío^ ^ou 9a niaTeúa^, oti éyra 8év einov Tai; Xé^eu; TaÜTa^ Dim. 'EAníZ», nwq ó ^náp^na^ pou 9a maTéyn, éyra 8év eina aÜTa Ta Xóyia Gr.a. EXníZ<» tov e^óv 9eíov niaTeúaeiv, oti éyra oük einov toútou^ toü^ Xóyou^. 4. La storia della definizione di uno standard lingüístico basato sugli usi della 5r||JOTiKn e, di fatto, strettamente connessa con la vicenda dei grandi fenomeni sociali che hanno prodotto, a partire dagli utlimi decenni del sec. XIX e per tutto il sec. XX, la crescita della conurbazione Atene-Pireo: piu della meta della popolazio-ne della Grecia moderna risiede in Attica, i grandi flussi migratori dalle zone rurali e insulari verso i poli urbani - il fenomeno e vistoso, oltre che nel caso di Atene-Pireo, anche nel caso di Thessaloniki e, sebbene in misura minore, di Patrai -hanno progressivamente fatto recedere i tradizionali dialetti neogreci e hanno promosso la formazione di una moderna koiné su base peloponnesiaca, asse portante della 5r||OTiKn fissata negli anni '40 del Novecento e accolta come lingua ufficiale nel 1976. 4.1. Il percorso e stato tutt'altro che pacifico e vale la pena richiamare alcuni fatti successivi all'adozione, negli anni Trenta e fino agli anni '80 del sec. XIX, della KaQapeúouüa come lingua ufficiale degli atti amministrativi, dell'istruzione, della stampa, e della conseguente prima grande reazione demoticista: quando, negli ultimi decenni del sec. XIX, successivamente alla pubblicazione del romanzo di Joannis Psicharis, To Ta£eí5i |OU, si ebbe una vera e propria esplosione di usi della 5r||OTiKn come lingua letteraria (in particolare in poesia). Da allora si assiste ad una vera e propria 'altalena' di avvenimenti, tutti significativi e indicativi del clima politico-culturale nel quale si dibatteva il moderno rÁWGGiKÓ Z^Tr^a: nel 1901, la prima tradu-zione in 5n|OTtK^ del Nuovo Testamento provoca gravi incidenti di piazza ad Atene; nel 1903, la prima rappresentazione in 5r||OTiKn di una tragedia di Eschilo al teatro nazionale di Atene scatena violente manifestazioni di piazza; nel 1911, l'art. 107 della Costituzione decreta la KaQapeúouGa quale lingua ufficiale dello Stato e stabi-lisce sanzioni penali per chi non rispetta tale norma. Nel 1917 la 5n|OTtK^ entra per la prima volta nei programmi d'insegnamento dello scuola primaria: i decenni successivi vedono il massimo livello di politicizza-zione dello scontro tra KaQapeúouGa e 5r||OTiKn. Se nel 1941 Manolis Triantafillidis pubblica la prima grammatica descrittiva della 5n|OTtK^ e nel 1964 i due livelli lin-guistici potevano considerarsi, per la prima volta nella storia della Grecia moderna, su un piano di parita, tra il 1967 e il 1974 (il settennio della dittatura fascista), la KaQapeúouGa torna in auge a detrimento della 5r||OTiKn (confinata nei soli primi quattro anni dell'sitruzione primaria). Nel clima di ritrovata liberta, nel 1975, la nuova Costituzione repubblicana non prevede alcun riferimento ad una 'lingua uffi-ciale' e, nel 1976, la celebre legge n. 309 istituzionalizza la NEK, ossia il nuovo standard, basato sui principi fissati dalla grammatica del Triandafillidis. Nel 1981, in occasione del Natale ortodosso, l'arcivescovo di Atene promulga un suo messaggio augurale utilizzando per la prima volta nella storia della Chiesa ortodossa greca la 5n|OTtK^. Se e vero che nel 1982 viene adottato ufficialmente il sistema monotonico e, con ció, viene enfatizzato il ruolo della 5r||OTiKn, e pur vero che la KaQapeúouGa continua ad essere normalmente usata in ambito scientifico, giuridico, teologico-religioso, militare e che il testo ufficiale della Costituzione promulgata nel 1983 e redatto in KaQapeúouGa. Ne esistono si traduzioni in 5n|OTtK^... ma queste sono dovute a privati (Kazazis 2001). 4.2. L'istituzionalizzazione della NEK (Babiniotis 1979; Mackridge 1985; Klairis/Babiniotis 2005; Tonnet 2006) ha avuto valore soprattutto simbolico ché, nei fatti, ad ognuno e anora oggi «concesso» di scrivere come meglio gli va o, piu sem-plicamente, come puo e come ha imparato sui banchi di scuola, in modo diverso secondo i micro-periodi della piu recente storia della Grecia moderna. Da qui una situazione di diffusa incertezza, riflesso di una lingua non ancora standardizzata. Interessante, a questo proposito, la testimonianza - una tra le tante - di un linguista greco, Konstantinos Kazazis (Kazazis 1982) che, in un brillante sag-gio, definisce sé stesso «a Schizoglossic Linguist» e insieme denuncia le condizioni di noAuTunía propria del greco moderno (Kazazis 2001: 294): Modern Greek polytypia, that is, the multiplicity of coexisting alternative linguistic forms. [...] There are in Common Modern Greek at least four variants of the word «yesterday», all of them etymologically related: they are: X0¿g, X0¿g, XT¿g, and XT¿g (some people may want to add to those the variants ^¿g and ^¿g). 4.2.1. Uno degli elementi di potenziale 'fragilita' della NEK - che, di fatto, nasce da un processo di mediazione tra KaQapeúouGa e 5r||OTtKn - e dato dalla fluidita dei 'con-fini' tra i due sistemi. Segnalo, di seguito, qualche esempio: nei sostantivi maschili tonici del tipo PouÁeuT^g, ^otT^T^g, KaQnYHT^g, 5totKr|Tng, la katharevousa richiede-va, su modello del greco classico, un articolato sistema di morfemi flessivi. Li esempli-fico citando il paradigma del sostantivo maschile KaS^Y^T^g «professore»: ó oí KaBnyntai xoü Ka9nynToü Trav Ka9nynTrav tov Ka9nynT^v xoü^ KaBnyntái; ra KafrnynTá ra Ka9nynTaí La NEK, secondo la norma traintafilliana e secondo il sistema monotonico introdot-to nel 1982, prevede invece un paradigma flessivo molto piu ridotto: o Ka9nynT^í tou Ka9nynT^ tov Ka9nynT"n ra Ka9nynT^ oí Ka9nynTé^ Trav Ka9nynTrav tou^ Ka9nynTá^ ra Ka9nynTaí I due paradigmi hanno una precisa forma, sono due 'mondi' separati e tuttavia i con-fini 'reali' tra i due paradigmi sono tutt'altro che solidi e, conseguentemente, si regi-strano interessanti 'scambi' tra i due paradigmi: ad esempio, nell'uso corrente, il vocativo singolare proprio della Ka0apeuouGa - (Kupte) Ka0r|YnTa - e l'unico ammissibile e, anzi, la forma parallela - (KÜpte) KaS^Y^T^ - propria della 5r||OTtKn e sentita come offensiva della dignitá professorale... 4.2.2. Un altro caso, rivelatore della incertezza della norma della NEK, e dato da forme di verbi composti, del tipo lETa^épw 'trasporto', il cui imperativo (2° p.s.) suona (anche sulle bocche di parlanti colti!) lETé^epe in luogo del corretto lETa^epe. La presenza di -é- e dovuta a un 'aggiustamento' morfologico, del tutto ingiustificato, determinato dalla presenza di -é- nel paradigma dell'imperfetto e dell'aoristo (cfr. |6Ta^épw > impft./aor. 3° p.s. lETé^epe). Non e fuor di luogo far notare che tale incongruenza appare anche in una celeberrima poesia di Konstantinos Kavafis ove, per ben due volte, compare énéüTpe^e in luogo del corretto éníüTpe^e: 'EnéGxpe^e CTUXva Kai naípve |E, áyanr||évr| a'ÍG0r|Gtg, énéCTTpe^E Kai naípve |E. E che, ancora, sono del tutto correnti nella NEK forme verbali quali avePaívw 'salgo' e KaTePaívw 'scendo', tutte con -e- per analogia con le rispettive forme dell'aoristo, del tipo avép^Ka 'io salii' e KaTépr|Ka 'io scesi'. E cio in contrasto con le forme 'atte-se' e fedeli alla fonologia del greco classico: rispettivamente ávapaívw e KaTaPaívw. 5. Quale segno, simbolicamente forte della novitá rappresentata dalla NEK, il 29 aprile 1982, per decreto ministeriale, e stato introdotto il sistema monotonico (lovoTovtKÓ GÚGTr||a): punto di arrivo di una scelta riformista che giá era stata proposta nel sistema educativo dal governo socialista del 1964 e che ha eliminati i due spiriti (dolce e aspro) e tutti gli accenti, sostituiti questi ultimi dall'unico accento acuto (Tonnet 1984). Il successo del nuovo sistema di notazione grafematica fu determinato dal discreto favore espresso da buona parte del corpo insegnante (soprattutto della Scuola dell'obbligo) e, anche, dagli addetti al mondo della carta stampata: venne particolarmente apprezzato l'enorme risparmio in termini di tempo e di danaro. 5.1. Resistenze, ovviamente, ci furono (e ancora ci sono): un certo numero di giornalisti e di scrittori, molti dei quali per ragioni puramente generazionali, sono ancora sensibili al richiamo sottile del sistema grafematico tradizionale, all'uso degli spiriti, delle varie forme di accento, degli iota sottoscritti, ecc.: ossia, per dirla in breve, sensibili a quell'insieme di elementi grafematici che, ancorché di fatto non funzionali, hanno tuttavia rappresentato nei secoli un punto saldo nell'immaginario collettivo della lingua greca. 5.1.1. Con qualche elemento incongruente: spiriti, accenti, iota sottoscritti, ecc. erano - come e noto - completamente ignorati dagli scrittori greco-classici. Furono introdotti per scopi pratici in etá alessandrina e, di fatto, furono poco usati fino alla grecitá bizantina. Assunsero pero in ambiente bizantino e medievale, malgrado la loro palese inutilitá funzionale, un valore meramente simbolico, essenzialmente ico- nico. Divennero qualcosa di pertinente all'immagine, alla percezione della lingua e, progressivamente, acquisirono un forte valore psicologico (di psicologia sociale): mettere in discussione questo 'apparato di segni' significava mettere in discussione il complesso 'apparato della memoria' e, per alcuni, l'identità stessa della grecità intesa nel suo straordinario percorso diacronico. Cosi un neollenista di solida forma-zione parigina, Khristos Klairis, commentava, negli anni '80 del secolo scorso, il per-manere della variabile «ideología» entro il quadro linguistico neogreco inteso sua complessità temporale (Klairis 1983: 360-361): La question de la langue est pour les Grecs un problème d'identité. Si pour l'Occident le contenu des textes classiques a constitué un des facteurs essentiels pour affirmer son identité, pour les Grecs il en a été de même quant aux formes linguistiques aussi. [...] Quand on veut aborder le grec contemporain en tant que linguiste, il faut faire un effort pour distinguer entre l'aspect idéologique d'une diglossie historique et la grande variation des formes linguistiques qui constitue la richesse inaliénable de la langue. Equilibrate, infine, le parole di Agapitos G. Tsopanakis, linguista di valore, scritte in una bella prosa - grafematicamente per altro fedelissima alla tradizione! (Tsopanakis 1994: 117-118) - più o meno nello stesso periodo della precitata riflessione del Klairis. Tsopanakis riconosce le ragioni del sistema monotonico e, insieme, evoca problemi aperti, fonti di insicurezza scrittoria: [...] " ôiorrqpnon Kai xwv xóvwv Kai xrâv rcveu|iáxwv póvo râç ypav Kai xuroypa^iKwv oupPóA.a>v, eyive nepixxiî Kai ônpaoupyoùoe Kai ooPapa npoP^paxa ôp9oypa