ACTA HISTRIAE 111. ricevuto: 1993-06-21 UDK/UDC: 323.38:949.713 Parenzo "17" 929 Becich Z, INVESTITURE FEUDALIE CONFLITTILOCALI NELL' ISTRIA DEL '700: IL CASO DEI CONTI BECICH E DELLA CITTÀ Dï PARENZO. Sergio ZAMPEREITI doc. doit., DiparUmento di S (or ¡a, Università degli Studi di Venezia, Venezia, ET doc. dr., Oddelek za zgodovino, Univerza v Benetkah, Benetke, IT SJNTESI Pariendo dalia studio di unprocesso che verso la metà del '700 vide contrapporsi il conte Zorzi Becich e il cittadino di Pare tizo Gabriele Zuccato, questo saggio intende affrontare il più généraleproblema déliapresenza e délia rilevanza delle giurisdizioniprívate nell '¡stria delXVIIlsecolo. A ttraverso le ferme e soveme tutt 'altro che in utili opposizioni che-, a Parenzo come altrove, iprincipali centri urbani fin dalla metà del '600 manifeslarono nei confronti dei progettí statali di assecondare le richieste di aspiranti feudatari, risulta possibile tratteggiare un quadro político ormai avviato verso una preponderarla delle città e un progressive svuotamento del ruolo e delle prérogative delle istituzioni signorill In una fredda mattína di gennaio del 1753, poco prima di mezzogiorno, i non numecosi passanti che ancora si attardavano nellapiazza principale di Parenzo parevano interessati ad un único argumento di conversazione. Pochi minuti prima, ieggermente discosti in una viuzza latérale, tra il civis del luogo Gabriele Zuccato e il conte Zorzi Becich era evidentemente successo qualcosa; sicché Giovanni Bertoli, contadino di Dracevaz e testimone diretto del fatto, non appena ritomato dalla meritoria incombenza di accom-pagnare acasa un conte Becich alquanto scosso era stato circondato dai presenil e invitato a raccoutare l'accaduto. Ciarliero per natura, o forse solo lusingato dalPirtsolita atten-zione accordatagli dagli astanti, quasi tutti membri di spicco del locale ceto dirigente, Giovanni Bertoli non si era fatto pregare troppo, merendó fin nei minimí particolari, addirittura epiteto per epíteto, la ñtribonda lite cui gli era capitato di assistere. Venuti a contatto per la via, tra i due con tendead, tra i quali Gabriele Zuccato si era senz'altro distinto per impeto ed inventiva, erano corse le ingiurie più terribili, e solo la sua vigorosa frapposizione aveva impedito che dalle male parole si passasse ineluttabílmente ai fatti. Tutto quel trambusto non aveva comunque prodotto nulla di írreparabile. E i presentí, sciamando infine verso le proprie abitazioni, erano sicuramente lontani dall'immaginare che quel racconto, da ciascuno cet frattempo plasmato dai propri interessi o piü 71 ACTA 1IISTRIAF, III. Sergio ZAMPERETTI: INVESTITURE FEUDAL! E CONFLITO LOCAL! NELL' fSTRIA DEL '700..., 71-&2 semplicemente dalle proprie passioni, avrebbe in seguito costituito la base deile deposi-zioni che in qualità di testimoni sarebbero stati chiamati a rendere in sede processuale. Accordatosi un paio di settimane per riflettere, il conte Becich, che nello scontro si era dimostrato assai più freddo e pacato del suo giovane e focoso rivale, aveva infatti deciso che la cosa non doveva finiré li; e il 26 gennaio successivo aveva Lnoltrato al podestà di Capodistria, e per suo tramite al Consiglio dei Dieci venezíano, una denuncia i cui toni la rendessero il più possibiîe difficile da sottovalutare. Lo spiacevolissimo episodio occorsogli, sottolineava Zorzi Becich «el suo memoria-le, non era che l'ultimo di una serie di persecuzioni e oltraggi di cui da qualche tempo lui e la sua famiglia erano vittime. Accerchiati dalPostilità e dall'invidioso malanimo dei più influcnti di quei cittadini, egli e i suoi conghmti vivevano ormai nel costante timoré non solo per i propri beni, ma anche per la loro vita, preoccupazione la cui fondatezza era del resto dimostrata dalla vera e propria aggressione perpetrata ai suoi danni da Emanuele Zuccato, il più facinoroso, benché non proprio il più insidioso, tra i suoi "capitali inimici". Per questo motivo, concludcva il supplicante, egli si rivolgeva alla benévola attenzione del "Serenissimo Principe'', sovrano giusto e impatziale, garante di pace e riparatore dei torti che certo non avrebbe negato, in primo htogo con la formazione di un processo "con rito et secretezza", protczione e sollievo ad un suddito benemérito il cui único torto era di essere in quei luoghi "totalmente spoglio, corne foresto, di parentelle e adcrcnze"1, Assunte le usuali informazioni circa la londatezza délia denuncia, Nicolô Bembo, per la Serenissima Repubblica di Venez i a podestà e capitano di Capodistria, aveva infine trasmesso il caso alP "EccelsoTribunale" délia capitale. E poco più di due mesi dopo, il 6 aprile di quello stesso 1753, dal Consiglio dei Dieci era giunta una fórmale delegazione affinché da quel rettore si provvedesse senz'altro, con "rito et secretezza" propri di quelîa magistratura, alla formazione di un rápido ed imparziale processo2. Senza affannarsi troppo, la normale attività giudiziaria prima e i mesi estivi poi certo osteggiando un'eccessiva precipitazione, Nicolô Bembo nonavevain ognicaso mancato di prestare obbedienza all'ordine con tanta autorevolezza impartitogli, ingiungendo infine al proprii» cancelliere pretorio, quantunque non prima del 12 setiembre successivo, di recarsi a Parenzo per dar inizio ai la vori"1. 11 cancelliere pretorio di Capodistria, in compagnia del "publico comandadore", giunse a destinazione ía sera del 3 octobre 1753, prendendo alloggio in casa del 1 Archivio di Sfalo di Veneria (ASV), Consiglio dei Dieci, Processi criminalí delegati, Capodistria, busta 3, fase. 1, cc. lr.-3v. 2 Ibidem, cc. 7r.-8r. Per quanto riguarda it Consiglio dei Dieci e la sua procedura "con rito" d'obbligo it rinvio a GAETANO COZZI, La difesa degli imputafi nei processi celebran col rito del Consiglio dei X, in La "Leopoldina". Criminalitá e giustizia crimínale nelle rifonne dé '700 europeo, ricerche coordínate daLUlGT BERLINGUER, IX, Crimine,giustizia e societa veneta in ota moderna, a cara di LUIG1 BERLINGUER e FLORJANA COLAO, Milano 1989, pp. 1-S7. 3 ASV, Cansiglh dei Died, Processicrimimli delegati, Capodistria, busta 3, fase. 1, cc. 8r. e v, 72 ACTA HISTRIA.E Ul. Sergio ZAMPERETTl: INVESTITURE FEUDAL! E CONFLITTILOCAU NELL' ISTRIA DEL '700..., 71-82 provveditore Marco de Rossi. E ¡1 mailino seguente, presenlate al locale podestà le "lettere requisitoriali", diede subito inizio ad un'escussione dei testi che, dal punto di vista strettamente processuale, doveva rivelarsi alia fine vana. Dal 4 ottobre, quando per primo venne chiamato a deporre Zorzi Becich per confer-mare le accuse contenate nel sao esposto, fino al giorno 15 dello stesso mese, quando sconsolato, "non restandomi che più sperare a qaesta parte", egli decise di imbarcarsi alia volta di Rovigno "per supplire ad altrapubblica commissione", sfilarono davanti al solerte ed indaffarato cancelliere una quarantina di testimoni e quasi altrettanti docu-menti prodotti da Zorzi Becich e dallo zio Camillo. Gli unici testimoni "de visu", Giovanni Bertoli e Stefano Chiurco, contadino di Monsalise, con le ioro deposizioni non erano tuttavia stati in grado di puntellarc in maniera decisiva le accuse del querelante, Quanto agli altri, le loro ricostruzioni deîl'accaduto, basate sul sentito dire e comunque fin troppo probabilmente viziate da sentimenti ed interessí di parte, non potevano certo apportare al processo quelle prove di cui appariva sempre più chiara la totale mancanza. Certo, la maledizione del Becich e la raffíca di irripetibili ingiurie con cui lo Zuccato si era sbizzarrito a "strapazzare" l'avversario erauo state confermate da tutti e puntualmente riferite. Cosí come la spinta con la quale quest'ultimo ave va in un certo senso dato tnizio all'indegna gazzarra, benché proprio il Bertoli non se la fosse poi sentita di certificarla, poteva in fondo considerarsi appurata. II tentativo di Gabriele Zuccato di porre fine alia contesa metiendo mano ad un'arma, vero e proprio caposaido delle accuse del conte Becich, non era comunque stato possibile provarlo: pistola o stilo che fosse, i più occhíuti tra gM esaminati, oltre tutto anche i più devoti alPaccusatore, erano giunti al massimo ad affermare di averne intravisto il calcio o il manico. E questo per il coscienzioso cancelliere pretorio non era evidentemente sufficiente per trasformare quella che alia prova dei fatti rimaneva una semplice rissa verbale in qualcosa di più4. Cid che in quelle due settimane era stato invecc possibile appurare con assoiuia precisione, quantunque dal punto di vista delle risultanze processuali e delle conseguenze penali quelle informazioni si fossero alia ñn fine rivelate insufficienti, era piuttosto il clima assai torbido che ormai daquaiche tempo ammorbava la realtà sociale e istituzio-nale di Parenzo. Reticenti o nel migliore dei casi assai vaghi sul fatto specifico su cui era stato loro richiesto di form're lumi alla giustizia, tutti i testimoni, chi accrescendone la rilevanza e chi invece sminuendone la portata, nel loro íitto succedersi avevano comunque finito per rívelare la dimensione tutt'altro che casuale dell'episodio in questione, l'esistenza in definitiva di uno scontro aperto tra il "Corpo nobile di qucíía città" e la famtglia dei conti Becich alia cui origine la stessa Dominante, avendo in fondo 4 ¡bidem, cc, 8v.-45v., 62r.-98v. e 110r. e v. per quanto riguarda gli iníerrogatori dei testimoni chiamati a deporre; ce. 46r.-61v. e 99r.-lÜ9v. per quanto concerne invece i documenli prodotti in cjuei giomi da Zorzi Becich e dallo zio Camillo per dimostrare la loco specchiata virtü e í'Lnghfótifieaio e quindi ancor piü deplorevole rancore dei cittadini di Parenzo nei loro cont'ronti. 73 ACTA HISTRIA.E Ul. Sergio ZAMPBRETTI: INVESTITURE FEUDALIE CONKU'fTI LOCALINELL' ISTRIA DEL '700..., 71 -82 contribuito alia rottura dei precedentí equilibri di potere, non poteva certo ritenersi estranea, e sulle cui caratteristiche precipue 6 ora tempo di concentrare la nostra attenzione. Originaria della Dalmazia méridionale, e più precisamente di quelPultima propaggi-ne posta a ridosso del Montenegro e delP Albania, la famiglia Becich solo da una ventina d'anni, verso il 1727, era giunta stabílroente in Istria. Discendenti di una schiatta di nobili origini, i cui esponenti da secoli si erano distinti armi alia mano al servizio della Repubblica, i tre fratelli Stefano, Camillo c Marco Becich, ríspettivamente sergente generale, colonnello e capitano delTesercito veneziano e a loro volta particolarmentc insignítisi di benemerenze nelle vicende belliclie degli anni a cavallo tra '600 e '700, sí erano proprío in quell'anno risolti di vendere le proprietà avite di Pastrovichi, Budua e Castelnuovo e di acquisirne di nuove nel territorio di Parenzo, località b cui avevano deciso di stabilire la loro residenza5. La convivenza tra gli antichi guerrieri ormai sul punto di convertirsi al rango di ricchi proprietari fondiari e il patriziato locale, pur tra ritrosie e reciproci sospetti iniziali, non aveva comportato particolari problemi. Certo, fin dal 29 setiembre del 1727 la famiglia aveva ottenuto dal Senato veneziano, "marchio d"honore"in quoi frangenti assai ámbito, il titolo di conte e la conseguente iscrizione al "Libro d 'oro della vera Nobiltà"5. E nessun suo esponente d'aitro canto era stato gratificato, com'era invece awenuto a Pastrovichi e poi a Budua7, con l'ammissione al Consiglio nobile di Parenzo. Honestante questa scarsa integrazione, le parti, ciascuna tutelando i propri e badando di non pregiudicare gli altruí interessi, non erano tuttavia mai enírate in aperto conflitto per oitre un ventennio, fino a quando, il 14 granaio del 1750, un fatto nuovo e senz'altro decisivo era intervenuto ad infrangere gli equilibri esistenti e a pregiudicare in maniera difficil-mentesanabile la reciproca concordia. Quel giorno, in esecuzionediunaParte del Senato del 3 gennaio precedente, i conti Becich avevano infatti ottenuto a Venezia, in virtù deí loro molti meriti e dell'esborso di 1000 ducati, un riconoscimento la cui incerta importanza economica scompariva quasi di fronte alla sua fulgida rilevanza sociale: una investitura feudale che acconsentiva che sui loro beni allodiali siti nel territorio di Parenzo fossero costituiti due feudi, l'xino con successione estesa ad entrambi i sessi e l'altro soggetto ad una rígida primogenitura maschile, c soprattutto che su di essi, e sui contadini e coloni ivi residenti, fosse loro delegato l'esercizio della giurisdizione civile e crimínale minore8. 5 Sulle vicende plurisecolari della famiglia, con annessi gli alberi genealogici, si veda P. ANTONIO SARTORI, / Becich. Studio sloricr,-biográfico, Venezia 1963, particolarmente pp. 104-122 e 135-147. 6 ASV, ProvveJitorisoprafeudi,bu.staíli7, c. 454. 7 SARTORI, 1 Becich, p. 136. 8 üna copia de! decreto d'investitura é owiamente presente tra i doeumenti prodotti dai Becich durante ¿1 processo: cfr. ASV, Consiglio dei üieci, Processi criminalt delegali, Capodisiria, busta 3, fase. 1, cc. 47r.-49v. 74 ACTA HISTRIAEIii. Sergio ZAMPERETTI: ¡NVESTITURE FEUDALI E CONH.nTi LOCAU NEUt.' ISTRIA DEL '700..., 71412 Benché a Venezia, stato cittadino divenuto Dominium territoriale mantenendo ben viví i propri ordinamcnti repubblicani, sia a lungo invaísa l'abitudine di attribuire, anche sulla scorta di commentatori quali Machiavelii o Guicciardini9, una radicata e quasi pregiudíziale awersione per le istituzioni signorili e feudal i, é orrnai noto che essa, fin dalla sua espansionc territoriale, non ebbe mai problemi di sorta a concedere loro, come del resto a cittá, borghi o común i tá rural!, ampio e indiscusso diritto di cittadinanza nei propri ordinamenti statuali. Non era dunque la cessione a privati deli'esetcizio di diritti pubblici, da Venezia fin da principio ampiamente praticata con il quasi totale riconosci-mento delie giurisdizioni prívate preesistenti e con la creazione di nuove, il fenómeno di per sé in grado di determinare sommovimeisti e dcsíabilizzanti con fl ir ti, quanto piuttosto il ricorso ad essa in sítuazioni e realtá locali poco adatte ad assorbirla. Piü che un'esplicita e programroatica opzione statale per gli uni o per gli altri dei suoi referenti politici, fu infatti ii costante rispeüo nei confronti dei rapporti di forza e delie realtá socio-istituzionali dei territori suddiíi che determinó, fin dal primo Quattrocento e ancor piü nei periodi successivi, la preponderante presenza o la scarsa rllevanza di ( + 10 istituzioni signorili e feudali nclle varié province dello stato regionale véneto .El' Istria, da questo punto di vista, si era vénula via via caratterizzando come una zona scarsamente propizia all'agevoie inserimento al suo interno di giurisdizioni prívate. Non chenella regione tali istituzioni fossero del tutto assenti: 8 in un elenco del 1591 probabilmente incompleto, nei 1646 erano anzi piü di una decina le giurisdizioni ad amministrazione privata, per lo piü detenute da inñuenti famiglie del patriziato venezia-no, che apparivano presentí e ormai stabilmente radícate nella realta istituzionale di quei territori11. Se la situazione riscontrabile in Istria non era insomma assimilabile a quella 9 Entrambi, com'e noto, sottolineavano l'importanza di signori e castella nella costituzione dei prindpatienenegavanodieontroqualsiasipqssibilitá d'inserimento nella struttura política ed istituzionale delie repubbliche, Cfr. NICCOLÓ MACHIA VELLI, Discorsi sopra la prima deca di Tito Linio, in ID., tt Principe e Discorsi..., ed. a cura di S. BERTELLI, Milano 1981, p. 256 (libro I, capüolo 55), e FRANCESCO GUICCIARDINI, Discorsi in torno alia riforma dcllo Stato di Firenze (1522-1532), ed. a cura di G. CAPPONI, in "Archivio Storico Italiano", I (1842), p. 456. 10 Su questi temi si veda ora SERGIO ZAMPGRF.i l í, / Piccoli principi. Signorie locali, feudi e cpitiunita soggette nella Stato regionale véneta dul¡'espansione territoriale- ai primi dccenni del '600, Venezia 1991,inparticolare lepp. 15-222. 11 Giá nei 1561, con un cenno petaltro assai rápido, il sindaco inquisitore Al vise Mocenigo riferiva nella sua relazíone l'eaistcnza in Istria di 8 giurisdizioni private. Nei 1591 i suoi colleghi Piero Zen, Francesco Falier e Filippo Molin le descrivevano invece piü dettaglialamente, identificándole in quelle di San Vincenti (dei Grimaru), Castelnuovo (dei Loredan), Barba na (ancora dei Loredan), Piemonte (dei Contarini), Lesina (dei Grimarti). Momiano (degli Zen e poi dei Rota), Pietrapeiosa (dei Gravisi) e Racizze (dei Boltestan): ASV, Collegio, Secreta, Relazioni, busta 54, rispettívamente fase. 2, c. Ir. e fase. 3, c. 47r. In questo elenco non figuravano ' tuttavia átame giurisdizioni, S. Andrea di Calicetto detto la Giroldia (dei Capello e dal 1672 dei Califfí), O;era (del vescovo di Parerszo) e S. Zuanne della Cometía (dei Verzi) all'época sicuramente presentí, e comunque documéntate in periodi successivi: cfr. ad esempio fvi, l'rovveditori saprafeudi, busta 996, cc. lr.-6v.per desciizioni dei giusdicenfi istriani approntaíe a finí fiscal! nei 1646. A quesfé occorre poi aggiungere la giurisdmone della contea di Le»«, nei '700 dei Coletti. Non si trattava pero di una nuova inteudazione, quanto piuttosto di una parte 75 ACTA HISTR1AE Iii. Sergio ZAMFERB1T1: ENVEST[TURE FEUDAL! E CONFUTO LOCAU NEIX' ISTRIA DEL '700..., 71 -82 dei contadi di Padova o Vicenza, dove l'espansione delle cittá capoluogo aveva fin da principio ridotto ai rninimi termini la presenza signorile e feudale, e neppure a quella del Veronese, del Bergamasco o del Bresciano, dove comuni urbani potenti ed aggressivi ne avevano dapprima contenuto e poi via via compresso consistenza e únportanza política, fin dalla prima metá del Seicento avevano tuttavia preso a manifestarsi segnali che inducono a diversificarla anche da quella della vicina Patria del Friuli, dove l'insufficiente potere contrattuale delle controparti locali aveva conservato ncl loro incontaminato vigore le prerogative di domini e feudatari, ponendo anzi le basi per una i *) loro ulteriore dilatazione quantitativa e qualitativa . Dal 1645, con la guerra di Candía, le urgenze finanziarie della Repubblica confina-rono sullo sfondo ogni altro problema; e la vendila di giurísdizioni feudali, prima praticata occasionalmente e quasi sempre in caso di devoluzione delle stesse per l'estinzione della famiglia beneficiaría, divenne addirittura oggetto di un provvediroento legislativo. Estesa nel setiembre del 1647 a tutto il Dominio, la generalizzata alienazione a privati di ville e circoscrizioni, con la possibilita per gli acquirenti di erigerle in contea, era stata significativamente decretata sin dal 1645 per il solo Friuli13. Ebbene, se furono numerosissimi gli aspiranti giusdicenti in tuttele province dello stato regionale veneto, tutti decisi a pretendere in primo luogo l'esercizio del merum et mixtum imperium, fu infatti soprattutto in Friuli che molti ottennero quanto perseguivano, giacché a Udiiie non dusci di evitare quanto Brescia, Bergamo o proprio i centri urbani dell'lstria, i cui nunzi in quegli anni dovettero peraltro impegnarsi molto, ebbero per lo piü modo di eludere14. Come accadde un po' ovunque, tranne appunto in Friuli, in ístria le giurísdizioni effettivamente concesse furono infatti numéricamente assai inferiori a quelle richieste, rivelando anche in quella regione la presenza di istituzioni e forze sociafi in grado di esercitare nei confronti della Dominante istanze e pressioni di assolnto rilievo, tali da indurla a non anteporre sempre i propri interessi economici all'altrettanto importante necessitá di non alterare e pregiudicare gli equilibri locali. Di fronte ai molti meriti del colonnello Marco Sinovích, e alia sua ostinazione nel pretendere che per rinnovare Ja sti3 "ferma" gli fosse concesso un tangibile "decoro d'honore", nella primavera del 1650 il Señalo veneziano, addirittura sottolineando la non onerositá dell 'investitura feudale, non ebbe bensi cuore di negargli quanto chiedeva, della p re esis tente glu risd b.i o ne delle Giroldia scorporata einprecedenza posseduta daimonaci camaldolesi di S. Mattia di Murano: cfr. per un resoconto del 7 marzo 1774 ibidem, busta 912, alla data, m entre per un altro ancor piü completo ibidem, busta 1073, c. 6. 12 ZAMPERETTÍ, / Piecoü príncipi, pp. 283 e sgg. 13 Enlrambe le Parti sono State pubbíicate nel Codice Feudale della Serenissimi Repubblica di Venezia, Venezia 1780, rist anast, Bologna 1970, rispettivarnc-nte pp. 110-111 (12 settembre 1647) e p. 106 (31 ottobre 1645). 14 Ho anticipato a leu ni risultati di queste ricerche ormai in lase di stesura in SERGIO ZAMPERETTI, State regionale e autonomie beali: signarte e jeudi nel dominio veneziana di terrafernm tn età moderna, in "Studi Veneziani", n. s-, XXI (1991), pp. 111-136'. 76 ACTA HISTRIAEIii. Sergio ZAMPERETTl: INVESTmjRE FEUDAL! E CONFLnTf LOCALINELL' [STRLA. DEL >700..., 71-82 cioé il titolo comital c e la plenaria giurisdizione sulla piccola villa di Novach, nel territorio di Montona15. Né di minor benevolenza statale ebbero a beneficiare in quel torno di tempo i marchesi Gravisi, che in cambio di 1200 ducati ottennero di estendere anche al penale le loro facolta ginrisdizionali a Pietrapelosa, oppure nuovi e meritevoli vassalli come il cittadino di Pirano Giovanni Furegon, per 1000 ducati dal luglio del 1649 giusdicente in civile e crimínale di Castelvenere, o Pietro Bovisi, la cui possibilitá di disporre al massimo di 1000 ducati lo costrinse a limitare le propric ambizioni all'infeudazione della sola Fontane, rinunciando a malincuore proprio a quelle ville del territorio di Parenzo, Monghebbo e Foscolin, nelle cui pertinenze un secolo dopo si sarebbe costituita la giurisdizione dei conti Becich16. Rilevato che puré alia cítta di Capodistri a furono suffi cienti 1000 ducati per acquistare nelPagosto del 1651 quella facolta di amministrare giustizia in civile e penale a Due Castelli fino ad allora prerogativa del lócale podesta veneziano17, occorre tuttavia ribadirc che furono piü numerosi gli aspiranti giusdicenti atla fine costretti a riporre le loro ambizioni c a dirottare altrove i loro investimenti di fronte alie opposizioni e alie rimostranze suscítate dai loro progetti. I Del giudice, che nel 1649 da Conegliano avevano offerto 1600 ducati per diventare i feudalari di Torre, Abrega e Vülanova di Rovigno, i Vecchi, nel 1665 a loro volta interessati alie medesime ville, il potente civis vicentino Vincenzo Negri, che per Visignana di Montona ne aveva destinati 2000, i Sabini, pertinaci dapprima ad offrire per quasi tre anni, dal 1648 al 1651,1000 ducati per esercitare plenaria giustizia a Vetemaggio di Cittanova, e poi invano disposti a dirottare le loro attenzioni su Sorbar e Dalia, o gli stessi Gravisi, che invece avrcbbe.ro desiderato estendere le loro prerogative giudiziarie a Petragna e Cassagnole, nel territorio di Umago, provocarono tutti tali e tante petizioni e proteste ufficiali da dover rassegnarsi • * 1 ft al quasi mevitabiledimego statale . Némegüo era andata a Marco Sinovich quando nel 1651, baldanzoso per il precedente successo, aveva tentato di aggiungere alia sua giurisdizione di Novach anche i casali di San Domenico e Caldiera, o a Pietro Bovisi, 15 ASV, Proüveditoñsoprajeiidi,buste 776,cc.llOr.-llív., 2aprile 1650. 16 Poidem, cc. 41v.-44r. (11 aprile 1643) per l'inveslitura a beneficio dei Gravisi, cc. 84r.-87r. (10 luglio 1649) per quella ottenuta da Giovanni Furegon e cc. 39r.-41r. (4 apriie 1648) per la concessione della plenaria giurisdizione di Fontane a Pietro Bovisi. 17 Ibidem, cc. 128v.-130r. (17 agosto 1651). 18 Ibidem, busta 754, cc. 129r.-134r. per la richi esta dei Del giudice in d ata 26 agosto 1649; la pratica, peraltro appoggiata anche dal podestà di Capodishia, si interruppe nel setiembre del 1650. Ibidem, cc. 743r. - 745r. per l'offert a di 1000 ducati dei Vecchi il 28 novembre del 1665. Ibidem, cc. 488r.-491r. per I'esibizione del 26 setiembre 1651 di Vincenzo Negri e per l'arenarsi della sua iniciativa nel febbraio deü'anno successivo. ibidem, cc. 697r.-?21r. per le vane ed inutili contrattazionideíSabinidaIlarichiestaufñdaledel3setter(ibre í648 aldefinitivodiniego statale del 27 marzo 1651; e cc. 762r.-764v. per il tentativo degti stessi, il 9 marzo 1671, di ottenere l'irfeudazione delle ville di Sorbar, sotto Capodistria, e Dalia, nei pressi di Cittanova. Infine ibidem, cc. 619r.-625r. per quanto concerne la proposta dei GravisideI29 luglio 1648, giàapparsa destinata al íallimcnto nel novembre successivo, prima ancora che i marchesi di Pietrapelosa avessero avuto il tempo di quantificare la somma che intendevano investire alio acopo. Tutti questi aspiranti vassalli, occorre sottoUneare,pretendevanodi poter esercitare la giurisdizione civile e criminale minore e maggiore. 77 ACTA HISTRIA.E Ul. Sergio ZAMPERETH: INVESTITURE FEUDALtE CONFUTO LOCALINELL' ISTRIA DEL ' 700..., 7] -82 che procurafisi al tri 1500 ducati, e preoccupato per la concorrenza di un altropreten dente coree Ascanio Fortis, nell'agosto del 1648 era tornato alla carica per Monghebbo e Foscolin, aggiungendovi già che c'era anche Giasanovizza e Dracevaz. Le sdegnate reazioni di Montona e Parenzo erano state tali da indurre il Senato veneziano a non prestare ascolto nemmeno ad un consultore in iure e feudista autorevole e prestigioso come Gasparo Lonïgo, che sulla richïesta del Sinovich aveva espresso parere senz'altro favorevole59. Qualora a questi dati si aggiunga poi il fatto che nel 1666 e nel 1697, estinte le famiglie Sinovich e Furegon, sia Novach che Castelvenere, accantonata l'usuale pratica di rimetterle in vendita, ritornarono "alla pubblica potestà"20, sicché delle nuove giurisdi-zioni concesse a privati solo quella dei Bovisi a Fontane ebbe modo di consolidarsi e via via radicarsi, si comprende assai bene come fin dai decenni centrali del Seicento la situazione sub speciefeudt dellTstria fosse andata evolvendosi e sempre più stabilizzan-dosi in un senso tutt'altro che favorevole a nuove infeudazioni. Più che le opposizioni delle popolazioni direttamente interessate, le ville oggetto di transazione tra lo stato e gli aspiranti giusdicenti erano tutte composte da col on i e braccianti di recente e sovente nuovissíma immigrazionc, ancora lontani dal poter co.slituire una stabile e radical a controparte locale, furono i corauni urbani principali a proporsi come i più fieri ed irriducibili avversari all'infeudazkme di parte dei loro territori. Capodistria, ma anche Montona, Rovigno, Cittanova, Umago, Pirano o appunto Parenzo, pur non essendo certo paragonabili per dimension; cd ímportanza a quelli deüa terraferma veneta, rappresentavano infatti fin d'allora centri di crescente rilevanza, in grado di esprimere ceti dirigent! locali, per lo piu composti da giuristi e ricchi proprietari fondiari, ormai giunti a costifuirsi in veri e propri patriziati, e soprattutto erano riuscite ad estendere nelle campagne circostanti un solido controllo, economico e giurisdiziona-le, ché non avevano alcuna intenzione di veder pregiudicare. L'investitura del gennaio 1750 a favore dei contí Becich, relativa al loro patrimonio fondiario sito proprio nelle ville di Monghebbo, Foscolin e San Servolo e única nuova infeudazione nellTstria del Settecento, aveva dunque suscitato, dopo un i ungo periodo durante il quale queste dinamiche si erano via via accentuate, proteste immediate e ancor più violente di quelle di un secolo prima. Da tempo immemorabile praticamente in possesso, il loro Consiglio eleggendo ogni quattro mesi due giudici con prerogativa di affiancare con voto deliberativo il locale podestà nell'espletamento delle sue funzioni giurisdizionali, délia facoltà di amministrare giusfizia nella città e nel suo territorio, a 19 Ibidem, cc. 417r.-435r. (21 marzo 1651) per i'offerta di 300 ducati dc-1 Sinovich e per le decisive repliche di Montona. Èidem, cc. 632-634 p er l'inascolta ta richiesta dei conte Bovisi dei 14 a gosto 1648. Poco più di un mese prima, il 9 luglio 1648, le ville d> Monghebbo e Foscolin erano statê oggetto delle ambizioni signorilj di Ascanio Fortis, la cui esibizione di 1500 ducati, uni ta al merito di avere un figlio, Pietro, dragomanno a Costantinopoli, non valse a convincere il govemo centrale a sottovalutare le immédiate e pressant! proteste locali: ibidem, cc. 596r -609r. 20 Ibidem, rispettivamente busta 747,12 giugno Î666, alla data e bus (a 1073, c. 7r. 78 ACTA HISTRIAE 111. Sergio ZAMPERE7TI: INVESTITURE FEUDAL! E CONFLOTI I.OC'ALI NELL' ISTRIA DEL 'TOO..., 71-82 quello "smembramento" e a quella sottrazione di prerogative e poteri i aves di Parenzo mostrarono súbito di non voJersi proprio rassegnare. La strada scclta da quei cittadini, quelia deil' intromissione dell'Avogaria per bloccare ed invalidare 1 a delibera del Senato, non si ríveld tutíavia particolarmente felice, ColP inoppugnabile motivazione che Púnico giudice competente in materia feudale era il magistrato dei Provveditori sopra Feudi, e che perianto solo ad esso, e non giá insinuandosi a creare confusione e conflitti di competenze tra le magistrature statali, andavano rivolte le doglianze e le richieste dei govemati, fin dall'ottobre del 1751 il governo veneziano aveva infattí stabilito che sull'argomento non c'era proprio piu nulla da diré21. La ferma presa di posizione della Dominante, se aveva proweduto ad intcrrompere il continuo invio di nunzi e recriminazioni alia volta della capifalc, non aveva pero mancato di esacerbare ancor piu gli animi. Un gruppo di quei aves, capeggiato dagli avvocati Zorzí Minotto e Giacomo Maderni, dai possidenti Al vise Sincich e Francesco Benleva e appunto da Gabriele Zuccato, esuberante e focoso rampollo di una delle migliori famiglie deila citta, ai nuovi giusdicentil'aveva proprio giurata22. E d'altraparte anche Patteggiamento che era andato assumendo Zorzi Becich, figlio maggiore di Stefano e ormai vero e proprio capocasata, pareva perseguiré Púnico fine di confermare le piu funeree previsión! dei "gentilhomini" di Parenzo e di spingere al parossismo il loro livore. Resosi vacante per ia diparíita del canonico Pietro Briante, e per la decisione degli eredi di disfarsene, il banco in chiesa giá di sua competenza, nella primavera del 1751 il conté Becich aveva súbito proweduto ad acquistarlo per !a cifra di se¡ zecchini. Si trattava del banco piú prestigioso della cattedrale, a ridosso di. quello riservato a) podestá veneziano. Sicchéla reazione dei notabili del luogo, che invece pretendevano Tindiscus-sa disponibiiitá di quei simbolo di preminenza per i rappresentanti cittadini di volta in volta in carica, aveva ben presto assunto i ton i. di una vera e propria crociata antisignoriie. Ese alia fine,mobilítate tuftele aileanze e le solidarietá dicastaed esercitati pesantissimi ricatti sociali sui venditori, lo stesso Zorzi Becich si adatto a riinuoversi da tale enormita" , la disputa tra le partí sembró nondhneno trarre dall'episodio nuovi stimoli e ulteriora vigore, arricchendosi ora di significad che andavano ben oltre la semplice questione dell'infeudazione ed avviandosi quasi ineluttabilmeate verso altre occastoni di scontro. Lamentando le ritorsioni degli avversari in sede giudiziaria, in virtü dei loro privilegi i aves di Parenzo parevano aver delibéralo di far perdere ai conti Becich tutte le cause che li conducevano al tribunaie cittadino, il 7 setiembre del 1752 i neogiusdicenü feudal) avevano infatti ottenuto da Venezia che per un quinquennio tutte le loro cause, atíive e 21 Ivi, Consigno dei Dieci, Processi crimiwth' dáegati, C:\mdistria, busta 3, tase. I, cc. 53r. e v. 22 Per una supptica di quei ches si veda ad esempio ibidem, cc. 5Ir, e v. 23 ¡Indem, cc. éír. e v. 79 ACTA HlSTfUAE UI. Sergio ZAMPERETTI: INVESTITUREFEUDALi ECONFLITI I LOCAU NELL' ISTRÍA DEL '700.,., 7Î-S2 passive, fossero sottratte a quello di Parenzo e delegate invece al tribunale di Capodi- stria24. E a questo, con i coníendenti ormai giunti al reciproco e dichiarato rancore, agli 75 insulSi sussurraíi e ai saluti sprezzantemente negati, altri contrasti erano seguid" , fino all'inevitabile epilogo da cui ha preso le mosse la «ostra narrazione. Imbarcandosi alia volta di Rovigno dopo i suoi infruttuosi interrogatori, il cancelliere pretorio di Capodistria si era insomma lasciato alie spalle una siíuazione sddirittura più pregiudicala di prima. La formazione del processo, anche per il fatto che i testimoni erano quasi tutti cittadini del locale Consiglio imparentati ira di loro e con l'accusato, nonostante la "secretezza" con cui avrebbe dovuto essore condolía era stata in quelle due settiraane l'argomento del giorno a Parenzo. 11 conte Becich, cui senza alcun dubbio si doveva la novità, non aveva propriamente visto accrescersi presso i suoi più ostinati nemici la sua già dubbia popolarità. B laprevisione che di 11 a non molto sarebbe di nuovo successo quai cosa non richicdeva dunque particolari doti divinatorie. Nemmeno quattro mesi dopo, il 5 marzo 1754, un nuovo memoriale di Zorzi Becich giungeva infatti ai capi del Consiglio dei dieci. Fuori di sé peí il rifiuto dallo stesso opposto a condividere il viaggio per mare fino a Venezia con un suo fratello sacerdote, il sólito Gabriele Zuccato aveva dato in escandescenze proprio al cospetto del locale podestà, pretendendo che il bagaglio del nemico fosse gettato a mare e assicurando a chiunque gli capitava davanti che con quel "baron" era proprio giunto il momento di farla finita. Le minacce e le ennesime offese arrecategli, confessava pertanto il preoccu- patissimo feudatario, lo inducevano ormai alla sconsolata risoluzione di abbandonare Parenzo, tristissima eventualità che solo il completamento del precedente processo, e magari la formazione di uno nuovo, avrebbe a quel punto potuto eludere26. Il 30 marzo successivo, e pertanto a stretto giro di posta, al nuovo podestà di Capodistria Pietro Dolfin era perciè giunta una ducale in cui lo si informava che era stato deciso di atlribuirgli la delegazione in precedenza concessa al suo predecessore, ai'finché con essa, estesa a comprendere anche i fa tri esposti nell 'ultima denuncia, egli formasse 27 un nuovo e questa volta completo procedimento" . Le cose per l'accusato sembrarono allora precipitare. Ascoltati in lutto sei testimoni, le autorità competenti avevano ritenuto di saperne abbastanza; e il 29 aprile del 1754 GabrieleZuccato era stato ufficiaimente prociamato ed invitato entro il limite massimo di otto giorni a comparire davanti alla giustizia "rassegnandosi aile carceri"28. 24 Ibidem, cc. 57r. e v. per la supplica in materia dei Bedch del 23 agosto 1752, e cc. 58r. e v. per l'sccoglimento délia richiesta da parte statale. 25 Ad esempioalcune ïiti concerner ti il diritto di esazione delle somme conispostedai pastori per farpascolarele greggineicampi. Prima dipertinenza del comune,ora i Becich ne ri.vendicavan.0 il diritto perquanto concerneva i terreni etti nell a loro giurisdizione: efr. ibidem, cc. 54r.-55v. 26 Ibidem, cc. lllr, e v. 27 Ibidem, cA12t. 28 Ibidem, cc. 116rl20ï. per gli interrogatori dei testimoni, cc. 12Gv.121v. per la proclamazione dell'imputato. 80 ACTA HISTRIAEIii. Sergio ZAMPERETTi: ¡NVESTÍTL'RE FEUDAL! B CONFLITTILOCALÍNELL' ISTRtA DEL '700..., 71-82 Non é dato sapere, ic fonti mantcnendo al proposito il più stretto riserbo, cosa fosse realmente successo a Parenzo in quei circa due mesi trascorsi tra la proclamazione e l'efíettiva incarcerazione di Gabriele Zuccato, avvenuta a Capodistria non prima del 20 giugno successivo. Certo si altemarono abboccamenti e contrattazioni serrate, probabil-mente trattative al fine di pervenire a risultati di reciproca soddisfazkme. Sta di fatto che le parti, di fronte alia gravita dell'accaduto, parvero in ognicaso giungere ad una tapida tregua, i cui termini ci é invece possibile appurare con buon fcmdamento. II 3 giugno, snentre i'accusato ancora beneflciava di un rinvio del la data per la sua presentazione, Zorzi Becich aveva ufficialmente dichiarato che tra egli e lo Zuccato, deposto il precedente "disgusto", si era ormai arrivati a "perfetta reconciliazione". Ment re il giovane civis, nel suo costituto del 23 giugno, parlando del suo fino a poclii giorni prima acérrimo nemico si era affrettato a ricordare "le sincere testimonianze d'amore che da me e da tutti gli altri cittadini in questi ultimi tempi gli ftirono date colla da lui tanto desiderata cittadinanza" . II28 giugno del 1754, dopootto giorni di prigione, Gabriele Zuccato veniva pertanto assolto da ogni accusa e subito libéralo. E se dalla sua pur controliatissima arringa difensiva traspariva qua e là un rancore verso il titolato rivale piuttosto represso che superato, a quella sorta di implícito accordo patriziato urbano c giusdicenti feudali ebbero tuttavia ad attenersí fino alia caduta della Repubblica, o perlomeno si limitarono a dar vita a conflitti non piu tali da giungere ad ínteressare i tribunali della capitale30. Nel 1581, nel tentativo di prospettare una possibile soiuzione aile furibonde vertenze che vcdevano contrapporsi al suo cospetto la citta di Udine e i casteilani friulani, il Consiglio dei Dieci venezíano aveva esortato i nunzi cittadini a mitigare la loro eccessi va e controproducente rigidezza, iniziando magari col concedeie ai rivali onori e prérogative in ambiente urbano31. Assolutamente imprati.cabi.le in quel contesto, quello stesso abbozzo di accomodamento si era a quanto pare rivelato proficuo nella particolare realtà delFIstria e della città di Parenzo alia meta del Settecento. 29 Per il nuovo e assai più conciliante memoriaíe del conte Becich cfr. ibidem, c. 125r.; mentre la deposizione di Gabriele Zuccato é alie ce. 126v.-131v. ; c. 131 r- per !a frase ci tata. 30 Impegnati irivece a dirímere direttamente, o a delegare ai rappresentanti locali, vertenze e conflitti riguardantiatoe giurisdizioni private istriane. C£r. ad esempio ibidem, busta 3, fase. 6 e busta 13, fase. 3 per cause riguerdanti nel 1755 e 1775 i conti Rota giusdicenti di Momíano; Ibidem, busta S, fase. 7 per un processo intenta to nel 1768 dai marchesi Gravisi, giusdicenti di Pietrapelosa, contro alcuni sudditi a loro dire alquanto protervi e írrispe-ttosí. 31 ZAMPERETTt I Piccolí principi, pp. 330-331. 81 ACTAHISTRJAEin. Sergio ZAMPERETTI: [NVEST(TUREFEUDALIE CONFLITT1LOCALINELL* ISTR1A DEL '700..., 71-82 POVZETEK Sodni spor med grofom Zorzijem Becichem in Porečanom Gabriebm Zuccatom predstavlja izhodišče za prispevek, ki obravnava problem pomena privatnih ¡urisdikcij v [stri v 18. stoletju. Na podlagi večkratnih pogostih in vztrajnih ter vsekakor uspešnih nasprotovanj Porečanov (kakor tudiprebivalcev drugih glavnih istrskih središč) proti državnimprojektom, ki so od srede 17. stoletja dalje omogočali prilaščanje fevdov, so orisatle politične razmere; za katere je bila značilna premoč mest nad zemljiškogosposkimi institucijami, ki so bile v procesu nenehnega upadanja svoje vloge iti pomena. 82