ANNALES • Ser. hist, sociol. • 13 • 2003 • 2 IN MEMORIAM, 447-465 IN MEMORIAM DIEGO DE CASTRO (1907-2003) Con Diego de Castro se n'e andato Pultimo grande piranese, Pultimo esponente di quel ceto nazional-libe- rale illuminato che si era formato nell'Ottocento, Dotato di un'immensa cultura enciclopédica, era troppo brillante ed aveva troppa onesta intellettuale per essere un conformista ed era troppo orgoglioso della sua indipendenza per cercare facili consensi o per piegare il suo giudizio alie convenienze politiche del momento. Per molti era una vera e propria enciclopedia vívente della "questione giuliana" e delle vicende legate alia definizione del confine tra Italia e Jugosavia. Da Roletto, un paesino Piemontese nei pressi di Pinerolo, conti- nuava ad osservare con estrema attenzione quanto av- veniva a Trieste e in Istria. Senza astio, odi o rancori, il "grande vecchio", analizzava quanto stava accadendo e continuava a dire che Púnica strada percorribile era quella della collaborazione. Era nato il 19 agosto del 1907 in uno dei piü imponenti edifici di Pirano, a palazzo Gabrielli, oggi sede del museo del mare. Era Pultimo discendente di una famiglia di cui si possono trovare tracce nei docu- menti cittadini a partiré dal 933. Apparteneva all'alta borghesia, alia classe sociale piü elevata, che in Istria costituiva lo zoccolo duro clell'italianita irredentista. Ripercorrendo le tappe della sua vita si puo rac- contare il Novecento, un secolo che nelle nostre terre e stato quanto mai travagliato. Chi l'ha conosciuto sa che parlare con lui era come viaggiare nei tempo e che si poteva tornare in un'época molto lontana. "E' un falso mito - diceva spesso - che agí i inizi del secolo scorso ci fosse odio tra italiani e slavi. I vertid politici si davano battaglia, ma i rapporti tra la popolazione erano asso- lutamente normal i". Nei suoi ricordi c'era la Viribus Unitis che riportava a casa le spoglie dell'arciduca Fran­ cesco Ferdinando, degli anni terribili della prima guerra mondiale ed anche della gioia per la tanto anelata redenzione. De Castro, pero, era troppo inteiligente ed aveva troppa stima di sé stesso per imbellettare le cose. Ammetteva che, nonostante gli entusiasmi degli irreden- tisti, l'amministrazione italiana non fece grandissima impressione ai cittadini abituati all'ordine austro-unga- rico e che dopo la prima guerra mondiale Pltalia si era annessa un numero eccessivo di sloveni e di croati (lo stesso errore, a suo avviso, lo stava facendo Tito dopo la seconda guerra mondiale con gli italiani, prima che la questione si "risolvesse" con P"esodo"). Non temeva di affermare che proprio con la fine della grande guerra comincio il declino económico di Trieste. La citta aveva perso quel lo che era stato ¡I suo retroterra naturale ed era diventata troppo periférica nei nuovo regno per poter conservare la sua ¡mportanza. Il suo porto non godeva piü di una posizione vantaggiosa, doveva fare i conti con altri approdi commerciali piü centrali (soprattutto Venezia) e con scelte politiche che non lo privilegiavano. La carriera di Diego de Castro in origine non ebbe nulla a che fare con Plstria e Trieste. Laureato in giurisprudenza a Roma, con il massimo dei voti e lode, nei 1931 ottenne la libera docenza in statistica e nei 1936 divenne professore di ruolo. Insegnó nelle uni- versita di Messina, Napoli, Torino e Roma. Dal 1927 al 1997 scrisse numerosissime pubblicazioni scientifiche nei campo della statistica demográfica, económica, so­ ciale, docimologica, sindacale e giudiziaria. Fu consi­ dérate) il piü importante studioso italiano di statistica giudiziaria penale, di statistica della criminalita e della criminosita. II suo testo Metodi per calcolare gli indici di criminalita, pubblicato nei 1934, venne ritenuto tra i migliori esistenti. Nei 1938 fondo l'lstituto di statistica presso l'Universita di Torino, che diresse sino al 1972. Oggi il Dipartimento di statistica matemática applicata alie scienze umane dell'universita del capoluogo Pie­ montese porta ¡I suo nome. II suo impegno nei campo scientifico lo porto ad essere socio della Societa italiana di economía demografía e statistica, della quale fu anche presidente, e socio dell'lstituto Italiano di antro­ pología dove ricoprl la carica di vice-presidente. Nei 1946 venne nominato Fellow della Roya! Statistical 447 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. ■ 13 ■ 2003 ■ 2 IN MEMORIAM, 447-465 Society di Londra e di vento socio onorario del la Societa italiana di statistica e membro titolare a vita dell'lstituto internazionale di statistica. Nel 1997 fu nominato anche socio onorario dell'lstituto per la storia del risorgimento. Nel corso del la sua brillante carriera venne insignito di prestigios! premi. Nel 1965 gli fu conferito il Diploma di medaglia d'oro ai benemeriti del la Scuola della cultura e dell'arte, nel 1981 la citta di Trieste gli assegno il suo massimo riconoscimento - ¡I San Giusto d'oro - e nel 1993 la Comunita degli italiani "Giuseppe Tartini" di Pirano gli consegno il San Giorgio d'oro. De Castro lascio l'insegnamento universitario nel 1982, per raggiunti limiti di eta, dopo oltre 50 anni di insegna- mento ininterrotto e un anno dopo il presidente della repubblica, Sandro Pertini, gli conferí il titolo di "profes- sore emérito". Diego del Castro era quindi, ¡nnanzitutto, un pro- fessore universitario di statistica. Da solo amava definirsi semplicemente cosí, in realta, pero, il suo nome rimane indissolubilmente legato alie vicende connesse alia definizione del confine tra Italia e Jugoslavia, che lo costrinsero ad essere un "politico" ed un "diplomático" suo malgrado. Dopo la capitolazione italiana aderl al comitato giuliano, che si era formato nel 1944 a Roma, e si mise a disposizione del Ministero della marina che lo incarico di occuparsi del problema del confine orién­ tale. In quella nuova veste scrisse 2 libri: Sintesi della situazione nella Venezia Giulia, Fiume e Zara, che rimase in forma dattiloscritta e Appunti sul problema della Dalmazia, che invece venne dato alie stampe. In quel periodo si era perfettamente a conoscenze del le rivendicazioni territoriali del movimento partigiano jugoslavo, che aveva autoproclamato l'annessione alia federazione dell'lstria e del Litorale. In Italia si sperava che gli anglo-americani potessero occupare tutti i ter- ritori del regno. A tale proposito l'idea caldeggiata dagli inglesi di aprire un secondo fronte nei Balcani venne vista come una prospettiva anche per far prendere agí i anglo-americani il contrallo di tutta la Venezia Giulia. De Castro, cosí, studio uno sbarco in Istria. II piano venne presentato nel 1944 agli inglesi e lui stesso si offrl di mettersi alia guida di una missione esplorativa italiana che avrebbe avuto lo scopo di monitorare le difese esistenti nella zona di Salvore, che de Castro conosceva benissimo e che considerava il punto ideale per effettuare l'azione. Gli eventi bellici, e soprattutto le intese di inglesi e americani con i sovietici, avevano fatto oramai definitivamente accantonare l'ipotesi ed alie forze italiane vennero esplicitamente vietata ogni attivita in tal senso. Ben presto, per de Castro, vennero anche compiti operativi. Quando, nell'aprile del 1945, gli inglesi chiesero all'esercito italiano un ufficiale superiore da designare per ogni provincia occupata, de Castro, che all'epoca era tenente, passo in un giorno di due gradi e divenne maggiore; cib gli consentí di venir destínate a Fiume. Naturalmente non entro mai nella citta Quar- nerina, ma, dopo i 40 giorni di occupazione jugoslava di Trieste, venne spedito nel capoluogo Giuliano a fare "Tosservatore in borghese". La sua presenza non passo inosservata. La polizia segreta jugoslava, infatti, si accorse di lui e gli inglesi gli comunicarono che nella lista dell'OZNA era il primo da eliminare. Ottimo conoscitore dell'inglese, agli inizi del 1946, venne inviato dal governo italiano a Londra e poi negli Stati Uniti per mettere in atto una capillare azione di propaganda e per raccogliere tutte le informazioni utili per ¡I trattato di pace. In quel periodo comincio la sua collaborazione con il C.L.N. dell'lstria e proprio per svolgere meglio questa sua attivita venne nominato con- sulente económico della zona di Trieste. II suo impegno pero non gli fece perdere la visione d'insieme del problema. Come constata lo storico Roberto Spazzali: "Per de Castro era chiaro che la rinuncia dell'lstria era il prezzo che l'ltalia pagava per rimanere in occidente e per ottenere gli aiuti stanziati dagli Stati Uniti. Non manco di polemizzare, negli anni successivi, anche con gli esponenti di quel Cln dell'lstria per ¡I quale aveva svolto una funzione di 'ambasciatore' ai tempi della trattativa di pace" {II Piccolo, 17 giugno 2003). Proprio la trattativa di pace lo porto ad iniziare la collaborazione con Alcide De Gasperi, che lo nomino, nel 1952, consigliere politico italiano del Governo militare alleato a Trieste e capo della missione italiana presente. II capoluogo giuliano, dopo la rottura tra Tito e Stalin, nel 1948, non era piü un baluardo da difendere contro l'espansione del comunismo, ma un rottame della guerra fredda. II rompicapo da risolvere non era semplice e la situazione con il passare del tempo si faceva piü tesa. Nel 1952, per daré maggior peso all'ltalia, era stato deciso di far affiancare ai due con- siglieri politici, inglese ed americano, anche un rap- presentante italiano e di far passare parte del le com- petenze del Governo militare alleato a funzionari inviati da Roma. L'incarico era delicatissimo perché "bisognava destreggiarsi tra i triestini, che non amavano piü gli alleati, questi ultimi, ormai ostili ai triestini dopo la sommossa del 20 marzo 1952, i comunisti, quanto mai nemici degli Stati occidentali o, per contro, amici di Tito, gli indipendentisti che chiedevano la costituzione del Territorio libero e via di seguito" (De Castro, 1999, pp. 109-110). Lo stesso de Castro riteneva che quel posto dovesse essere ricoperto da un diplomático, ma dopo che due funzionari rinunciarono alia nomina, ben sapendo che avrebbero potuto giocarsi la carriera, l'incarico venne assegnato a lui. Quando la notizia fu resa pubblica vi fu una gran levata di scudi di "amici e nemici". Nessuno metteva in dubbio le capacita di de Castro. Gli ambasciatori italiani all'estero, pero, dicevano che era considérate talmente compromesso per la sua italianita e per il suo irre­ 448 ANNALES ■ Ser. hist. sociol. • 13 ■ 2003 ■ 2 IN MEMORIAM, 447-465 dentismo ne¡ confronti di Trieste e dell'lstria che quella decisione poteva sembrare uno schiaffo morale agí i jugoslavi. Ritirare quella nomina, pero, a quel punto era impossibile perché ció sarebbe stato letto come una debolezza del governo ¡n carica. Contrariamente a quanto pensavano i suoi detrattori de Castro riuscl nella non semplice impresa di andaré d'accordo sia con i triestini sia con gli alleati. Fu ap- prezzato da De Gaspari e guardato con un certo so- spetto dai funzionari del Ministero degli esteri, che non gli resero sempre la vita facile, premurandosi anche di nascondergli notizie che gli sarebbero state utili. L'immagine símbolo del la sua missione rimangono i funerali delle 6 vittime italiane dei moti dell'autunno del 1953. In quell'occasione consiglio il generale Winter- ton, che era a capo del governo militare alleato, di tenere ben chiusi nelle caserme i militan e la polizia che avevano aperto il fuoco sulla folla. Venne ascoltato e durante la cerimonia non si registro alcun disordine. de Castro si rivelo un grande mediatore ed opero per smorzare e non certo per acuire le gia notevoli tensioni, Fautore del la trattativa diretta tra Italia e Jugoslavia per la definizione del confine, caldeggio l'ipotesi di far rimanere in Italia Capodistria, Isola e Pirano, dove la popolazione era a larghissima maggioranza italiana, in cambio dei comuni in prevalenza sloveni del Carso triestino e di uno sbocco al mare per la Jugoslavia a Zaule. Quando, nell'aprile del 1954, ebbe la percezione che questa soluzione stava definitivamente naufragando (e che sí stava andando verso una spartizione tra zona A e zona B) rassegno le dimissioni motivándole con il mal funzionamento dell'amministrazione mista. Si chiuse cosí la sua carriera diplomática e política e torno a fare a tempo pieno il professore universitario. Cib non gli impedí di continuare ad essere un attentissimo osser- vatore della situazione. Sin da súbito capí la reale por- tata del Memorándum di Londra. Cosí, mentre tutti erano impegnati a festeggiare il ritorno dell'ammi­ nistrazione italiana a Trieste, fu tra i pochi a considerare quell'accordo definitivo ed a rilevare che l'lstria oramai era perduta. L'esperienza di quegli anni e l'azione diplomática dell'ltalia venne studiata a fondo da de Castro, che nel 1981 pubblico un'opera monumentale: La questione di Trieste. Quel testo e ancor oggi una vera enciclopedia delle vicende legate alia definizione del "confine oriéntale". In 2.067 pagine, raccolte in due volumi, sulla base di circa 12.000 documenti conservati al Ministero degli esteri a Roma, viene minuziosamente ricostruita l'ingarbugliata vicenda. De Castro auspico che si potes- se fare altrettanto con i documenti custoditi a Belgrado, per capire sin nei minimi particolari come andarono le cose. Come lui stesso scrisse sulla copertina del suo libro, quella opera era stata scritta perché "gli italiani e gli slavi che vivono nella regione comprendano, attraverso la conoscenza di una tormentata época, quanto la loro concordia giovi a due Nazioni che la storia ha collocato perpetuamente vicino". De Castro credeva che la strada da percorrere era quella della collaborazione. Si schiero a favore degli Accordi di Osimo, che gli parevano inevitabili, dato che non si poteva avere un confine che per l'ltalia era una linea di demarcazione e per la Jugoslavia una frontiera inter- nazionale. Quel trattato, pero, lo lascio sbigottito quando apprese la notizia che s'intendeva costruire una zona franca intégrale sul Carso. Quello che preoc- cupava de Castro era che alie spalle di Trieste sorgesse un centro, che secondo le stime avrebbe potuto rac- cogliere anche 200.000 persone, abitato non da sloveni, ma da persone provenienti da tutte le parti della Jugoslavia. L'insediamento, che somigliava troppo ad una Nova Trst, non si fece e visto dalla prospettiva odierna fu una fortuna anche per la Slovenia. La massa d'immigrati, che sarebbe giunta da tutte le zone della federazione, infatti, sarebbe potuta risultare alquanto destabilizzante al momento della proclamazione dell'in- dipendenza. Con l'abbandono, dei suoi incarichi politici e diplomatici, de Castro, riprese a scrivere per la Stampa di Torino. Dalla prima pagina di uno dei piu prestigiosi giornali italiani continuo a scandagliare la realta italiana e triestina. Anche una fugace lettura di quegli articoli fa emergere quanto fosse in grado di essere innovativo e quante volte riuscisse a proporre soluzioni che poi si sarebbero rivelate esatte. Collaboro al giornale sino al 1981, cioé sino al momento in cui, a causa di un mutamento nell'assetto proprietario, la sua indipen- denza nella scelta degli argomenti e dei contenutí degli articoli non venne messa in discussione. A quel punto non esito a troncare quel rapporto per passare a il Piccolo di Trieste, per il quale scrisse l'ultimo articolo alia fine del 2002. Sui giornali, nei suoi interventi pubblici e nelle in- terviste, de Castro, continuo a ribadire che l'unica strada percorribile era quella del dialogo. La sua autorevole voce non poteva certo passare inosservata. II suo contributo alia svolta política che si ebbe a Trieste con l'elezione, nel 1993, di Riccardo llly non fu margínale. II capoluogo Giuliano era una delle prime citta in cui si votava il sindaco con il sistema maggioritario. In quel periodo i partiti politici non avevano ancora stipulato solide alleanze. II dibattito, anche in regione, era quanto mai aperto e de Castro diede un contributo non indifferente alia formazione della coalizione di centro- sinistra che alia fine risulto vincente. In un fondo, pubblicato su il Piccolo, dal significativo titolo "Salvi- amo Trieste", pose l'accento sulle direttrici di sviluppo della citta, che avevano come única prospettiva la collaborazione con le aree limítrofe. De Castro chiedeva a Trieste di accantonare i vecchi rancori per cercare di ricostruire quei collegamenti che si erano sfilacciati al momento del crollo dell'Austria-Ungheria. 449 ANNALES • Ser. hist. sociol. ■ 13 • 2003 • 2 IN MEMORIAM, 447-465 Solo cosí avrebbe potuto cogliere quelle opportunita fornite dall'integrazione nell'Unione europea dell'Aus- tria e in prospettiva del la Slovenla e dell'Ungherla. Senza la ricostituzione di quel retroterra che aveva reso grande la citta al tempo dell'lmpero, le possibilita di sviluppo parevano ben poche. Per impostare questo tipo di política era necessario che scendesse in campo una grossa personalita in grado di trovare un ampio con­ senso. II messaggio lanciato da de Castro non fu lasciato cadere nel vuoto. In origine probabilmente si pensava al professor Claudio Magris, rna la sfida venne raccolta da Riccardo llly, uno degli esponenti di una del le famiglie piü importanti dell'imprenditoria triestina. llly aveva improntato la sua campagna elettorale proprio sulla collaborazione e sulla diminuzione delle tensioni. Che la sua política volesse essere innovativa lo si poté capire sin da súbito, infatti, dopo che vennero resi noti i risulti, non manco di ringraziare i suoi elettori anche in sloveno, un gesto che sarebbe stato considérate inaudito sino a qualche settimana prima. Diego de Castro non si limito a guardare solo a Trieste, ma ¡I suo approccio fu innovativo anche nei confronti degli italiani rimasti in Istria dopo l'"esodo". Non appena fu possibile impostó un dialogo con loro e soprattutto con la comunita di Pirano. Quando, agli inizi degli anni Novanta, venne intitolata la scuola ele­ mentare italiana della sua cittadina natale ad un suo zio, Vincenzo de Castro, cominciarono contatti sempre piü intensi. Ancora una volta la posizione che de Castro elaboró fu innovativa e superava il luogo comune che semplicistícamente bollava gli italiani che non avevano abbandonato i territori passati alia Jugoslavia come dei collaborazionisti filotitini. In Memorie di un novantenne scrive: "Siamo sempre stati in pochi a ritenere che si trattasse di brava gente che non aveva avuto la forza di abbandonare le proprie case, i propri cimiteri, le proprie chiese, la loro bellissima térra. Oggi si comincia a capire anche questo e siamo oramai in molti a cercare, con i rimasti, i migliori rapporti possibili, perché sara mérito loro l'aver conservato e conservare la nostra lingua ivi plurisecolare. Tanto io quanto altre persone stiamo cercando di farlo ... Dati i miei 91 anni, non ho certamente molto tempo davanti a me e raccomando a coloro che ne avranno di continuare quanto noi ab- biamo cominciato" (De Castro, 1999, p. 243). De Castro aveva capito che sulla piccola comunita residente in Slovenia e Croazia grava un'eredita pesatis- sima: era quel che rimaneva della presenza veneta ed italiana. Lui considerava fondamentale preservare la lingua e la cultura, in ció pareva riprendere un concetto che era stato lungamente elabórate in Slovenia, quello del considerare le minoranze slovene all'estero parte di uno "spazio cultúrale unitario". Cap) che per conservare la- comunita italiana era necessario dotarla di forti strumenti culturali. A tale proposito non si limitó a predicare, ma cercó anche di ¡ntervenire in maniera concreta. I ci rea 10.000 volumi del suo fondo privato, lasciati in eredita alia biblioteca della comunita degli italiani di Pirano, andranno ad arricchire in maniera rilevante ¡I patrimonio librado di Pirano e proprio a favore di quel la biblioteca de Castro ha voluto fare in questi anni altre importanti donazioni. Con lo stesso spirito ha costituito la "Fondazione Franca e Diego de Castro" che lega i poli universitari di Torino e Trieste. Per sua volonta l'istituzione mette anche a disposizione di studenti istriani "di tutte le etnie", che abbiano frequentato le scuole italiane, delle borse di studio per la frequenza di universit'a in Italia. In questi ultimi anni i suoi ricordi, molto spesso, tornavano all'infanzia ed al periodo della fanciullezza passato tra Pirano e Salvore. Lui, che aveva vissuto gran parte della sua vita lontano dall'lstria, sentiva sempre piü nostalgia della sua terra, eos), molto spesso parlava del suo ritorno a casa, nella cappella di famiglia, che lui stesso aveva fatto costruire per sua madre nel cimitero di Pirano. Stefano Lusa DIEGO DE CASTRO - BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE1 (a cura di Stefano Lusa) Monografie La statistica giudiziaria penale, Istituto pol ¡gráfico del lo stato, Roma, 1932. Alcune lezioni di statistica della criminalita, Librería Scientifica Giappichelli, Torino, 1934. La rilevazione e questíoni connesse, Librería Scientifica Giappichelli, Torino, 1934. Metodi per calcolare gli indici della criminalita, Istituto giuridico della Regia Universit'a, Torino, 1934. Riassunto delle lezioni di statistica económica. Statistica commerciale e industríale - La rilevazione e questi­ oni connesse, Librería Scientifica Giappichelli, To­ rino, 1934. Statistica económica. Lezioni, Librería Scientifica Giap­ pichelli, Torino, 1934. Statistica del lavoro, Confederazione Fascista Lavoratori dell'lndustria, Roma, 1936. Lezioni su alcuni argomenti di statistica económica Librería Scientifica Giappichelli, Torino, 1940. Demografía generale e demografía comparata delle raz- ze, Librería Scientifica Giappichelli, Torino, 1940. Riassunti delle lezioni di demografía generale e demo­ grafía comparata delle razze, Giappichelli Editare, Torino, 1941. 1 Dati bibliografici tratti da¡ www.diegodecastro.it,www.opac.sbn.it e dal fondo privato del professor Diego de Castro. 450