t Soldi IO al numero. L'arretrato soldi SO L'Associazione è anticipata: annua o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 76 — 25 settem. 77 importa fior. 3 e s. 20 ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a benefìcio dell'Asilo d'infanzia CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE, si pubblica ai 9 ed ai 25 t i Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore 1 L'integriti di «» giornale consiste nell' attenersi, eon costa ma ed energia, al vero, all' equità, alla moderateiMa. ANNIVERSARIO — 13 Luglio 1787 — Nasce Pellegrino Rossi — (V. Illustrazione.) Memorie iiotraMe di defunti istriani raccolte da G. P. D. F. (V. il N.ro prec.) Mi è caro, onde attestare le lodi e le ammirazioni c61te dal Fachinetti anche al di là dell'Isonzo, ove il suo nome suonò caro e riverito, riportare qui un giudizio di Silvio Pellico sulle poesie dell' egregio istriano, giudizio che riflette in ispecie il poemetto di cui sopra si è parlato; nè credo poter ciò meglio fare che trascrivendo nel loro pieno tenore due lettere dirette dal Pellico al Fachinetti, e stampate poi nel giornale L'Istriano (anno I, n. 3 che si pubblicò a Rovigno negli anni 1860, 1861. Al Chiarissimo Signore Michele Fachinetti in Visiuada. Illustrissimo Signore! — Nella scorsa estate, mentre io era in campagna ammalato, mi giunse la lettera di V. S., e non mi fu possibile risponderle. Imperfettamente risanato, ebbi a provvedere a molte occorrenze, e perciò rimasi senza rispondere a diverse lettere che mi erano state scritte. Le domando perdono se ugualmente non risposi a Lei. La mia vita è occupata parte da doveri che si succedono, parte dalle mie infermità. Voglia altresì perdonarmi se non Le mando i versi ch'Ella mi fa l'onore di chiedermi. — Le sono obbligato del bellissimo sonetto, il quale attesta animo gentile, ottimo gusto e vero valor poetico. — Le auguro ogni bene e speranzoso ch'Ella mi conservi la sua indulgenza, ho l'onore di protestarmi colla più perfetta stima di V. S. Chiarissima, Umil. Devotissimo servitore Torino 23 Febbrajo 1847. Silvio Pellico. Chiarissimo Signore! — Ho ricevuto cou grato animo il dono ch'Ella gentilmente ha voluto farmi del suo poetico libretto; la sua lettera così indulgente e benevola, aumenta il pregio del dono. — Ma più ancora ne sentii il valore, leggendo quei versi tanto belli di semplicità e d'affetto. Mi permetta di dirle che io li pongo fra le più care poesie che io conosca. L'è un tesoro d'ingegno in quella naturalezza, v'è una potenza sublime. Alcune anime lo scorgeranno, forse non le più. che vogliono esagerazione, ire, magnìloque satire. Parmi che avrei potuto immaginare con amore una piccola storia come quella del buon APPENDICE. IL CABECILLA VOVELLA STORICA DI FILIPPO LAICUS pubblicata dall' Alte und Neue Welt tradotta da GIOVANNI de F. I volteggiatori aprirono il fuoco sull'estremità dell' ala destra dei Querrilleros capitanati da Entreras; ma non avendo questi risposto, il corpo principale non poteva aver di essi alcun sentore; e allora, venuto a tiro il grosso dei Francesi, il Cabecilla tosto con voce sonora gridò : — Fuoco sulla massa ! Una larga zona di fuoco brillò sulla cresta della collina : alcune grida a mezzo coperte dal continuo suono del tamburo risposero alla scarica; quindi e-cheggiò il grido: Vive VEmpareur! Vive la France! En avant! En avanti-, e tutto il distaccamento francese si spinse innanzi, per non lasciare tempo ai Querrilleros di ricaricare i fucili. Frate Felice, ma non avrei certo saputo eseguirla così bene, dicendo molto in poco, e tr t endo tanto patetico, tanta grazia. Bravo! — Applaudisco di cuore e Le sono obbligato. — Augurandole ogni benedizione, e segnatamente quella di veder sani e felici i cari che la circondano, mi dichiaro di Lei devotissimo servo Torino 9 Agosto 1847. Silvio Pellico. E con ciò faccio punto. Dirò ancora soltanto che se v' ha qualcuno de' gentili lettori, cui piaccia talvolta raccogliersi in melanconici pensieri entro il recinto d'un camposanto, passando a caso per Visinada, si rammenti della Madonna dei Campi e che ..Presso le sta in rovine un monastero, Una casetta, un fonte, un cimitero" E in quel cimitero, fra i cipressi ed i salici, rinvenirà una lapide su cui sta critto il nome del gentile poeta istriano, di Michele Fachinetti ; vedrà forse ancora delle piante di amaranti e di rose adornare quella tomba modesta. Jacopo Andrea Contento (II) *) Era il 15 agosto 1850.Un giovane esile della persona, dal volto pallido e sereno, saliva faticosamente 1' erta cima del Monte Maggiore: il suo petto ansava, il sudore gli grondava dalla fronte; ma il pensiero di raggiungere, nell'estremo lembo della sua terra, quella cima, gl'infondeva uu gaudio che traspariva dal volto e dal portamento. Quando giunse sulla vetta e potè abbracciare collo sguardo tutto il paese a lui sottoposto, e mirò la sua bella patria, ad uno ad uno distinguendo monti e piani, città e villaggi, col cuore gonfio d' entusiasmo com- *) Lessi con 'piacere nel n. 16, anno III, dell' Unione il belio e commovente cenno biografico sopra Jacopo Andrea Contento fatto dal Sig, Giulio Baseggio, mio ottimo amico. — Esprimo il desiderio che qualcuno raccolga le sparse poesie e prose del Contento — che in gran parte mi vien detto debbano trovarsi a Montona — rinvenibili fra le carte posseduto dai parenti e le pubblichi in un volumo. Anche se scritti giovanili, avranno sempre, specialmente per noi Istriani, un valore ; e non sarebbe certo senza profitto la conoscenza dei dubbj, delle lotte, degli sconforti, delle speranze di un giovane che, so la morte non ce lo avesse rapito, sarebbe stato una gloria dell'Istria. — Caricate ! gridò Entreras; Fuoco! Fuoco ! ; e di fianco tuonò una nuova scarica sulle schiere francesi. — Tenente! comandò alla sua volta il Capitano francese, prenda il secondo pelotone insieme ai volteggiatori e attacchi de questo fianco: così dicendo, spingendosi innanzi, mostrava colla punta della spada dalla parte di Entreras. Lo ubbidirono, senza pensare quanto contasse la colonna nemica; quindi Entreras si trovò impegnato nel combattimento coi francesi, i quali, sebbene in numero minore, avevano tuttavolta il vantaggio di essere più destri nella scherma della baionetta, ed abituati a prestare più attenzione che gli Spagnuoli alla voce dell'ufficiale. Il Cabecilla non potè tener fronte, e dovette ripiegare, subito dopo scaricati i fucili, per occupare una nuova posizione. Dall' alto della collina i Francesi fecero una scarica contro i fuggitivi, e poi il capitano ordinò al primo tenente di rimanere lì con due distaccamenti, e col rimanente andò egli stesso in aiuto del tenente. Apparso questo rinforzo, che attaccava con alte grida frammiste al susurro pose un canto in cui tutta versò la sua bel-l'anima di patriotta e d' artista. Salute, salute Mia patria ridente Nel grembo dormente D'un gemino mar! Salute, salute Montagne, vallate Di un verde infiorate Ch' è invito ad amar. E là dalla vetta del Monte, confine dell'Istria, il giovaue viandante vide dense nubi coprire una città ove passò ore dolcissime, quali solo una vera amicizia, alimentata dall'amore di patri», sa dare; là si ricordò dell'amico defunto, la cui morte tanto vuoto aveva lasciato nel suo povero cuore . . . Le nubi su Pola Dan pianto a Carrara . . . Quell'alma si cara Più Italia non ha. Il giovane poeta era Jacopo Andrea Contento; l'amico da lui perduto in quello stesso anno 1850, nella verde età di quaranta anni, era il modesto quanto dotto conservatore delle antichità di Pola, Giovanni Carrara, di cui scrisse nel Popolano (n. 5) un affettuosissimo elogio biografico. Il Contento studiò a Venezia belle lettere e disegno; e nel suo animo vagheggiava fin dall' adolescenza una nobile idea, quella cioè d'illustrare mediante scritti storico-descrittivi, corredati di analoghi disegni, la sua provincia natale. Ma questi bei piani non poterono effettuarsi, perchè (pochi anni dopo il Carrara), nel 1854, anche il Contento scendeva nel sepolcro, avendo di poco passati i cinque lustri. Soffrì con animo altero, con fedo incrollabile, continue persecuzioni per quelle idee di libertà che prima del 1848 si credevano nocive, mentre ora si esperimentano non utili soltanto ma necessarie per la prosperità dei popoli. Ei ci lasciò pochi scritti, sufficienti però ad attestare l'altezza della sua men- del tamburo, venne meno l'animo ai Querrilleros, e alcuni incominciarono a fuggire ; Entreras solo, circondato dai più temerari, stette fermo; ma a poco a poco la loro posizione si faceva sempre più cattiva. Entreras, già sanguinante per varie ferite di punta, sentiva gradatamente affievolirsi le forze, e indarno aveva dato un' occhiata all' ingiro per vedere se da qualche parte lo si aiutasse, (e calcolava che Ruiz, senza dubbio, dovesse trovarsi vicino al marchese) ma nulla vide, e solo udiva anche dalla parte di Jouan il tamburo francese che batteva 1' attacco. Frattanto il Cabecilla aveva preso posto in quegli stessi cespugli, in cui aveva trovato ferito e nascosto il capitano Valliers, e che adesso erano abbandonati. Già, in quel frangente, non avrebbe certo avuto tempo di pensare nè al capitano nè alla figlia: egli vedeva a destra Entreras che versava in grande pericolo, e alcuni di quelli che volgevano lo spalle al nemico : impossibile rioccupare 1' altura, e fare così una diversione a favore di Entreras, poiché il terreno dinanzi era un declivio dolce, té e la bontà del sfio cuore/ Abbiamo del Contento un Almanaco Istriano (1851 e 1852) nel quale sorisse-pregiate novelle e poesie patriottiche, tra cui meritano speciale menzione la novella in prosa Amore e morte, e la poesia Una gita al Monte Maggiore, dalla quale ultima riportammo più sopra alcune strofe. Neil' agosto 1852 erigevasi nella chiesa di Santa Maria dei Frari a Venezia il monumento a Tiziano : all' opera insigne dei fratelli Pietro e Luigi Zandomeneghi ognuno applaudiva; anche dall'Istria partì un cauto, e lo componeva il Contento. Dell' Istria sua il Contento amava ogni pietra; ma il suo a-more giungeva fino al delirio per 1' antichissima Pola. Fra le sue glorie, fra' suoi monumenti insigni, egli volava coli' ali della fantasia; ed a quelle 'glorie, a quei monumenti chiedeva l'arte del patriottico canto: 0 memorie di Pola, o gloria antica. D'un balen colorate il mio pensiero, Sì ch'io tutte vi canti e vi ridica E renda ogn'Istro di tal patria altero. Così scrisse in alcuni Brani su Fola, pubblicati nell' Istria (anno IV, n. 60, 1849), che facevano parte di un Cantico all'Istria, inedito, il quale andò perduto, probabilmente cogli altri suoi scritti, nel modo seguente. Succedutisi al 1848 alcuni auui di reazione, frequenti divennero anche in Istria le perquisizioni domiciliari ai più sospetti. Uuo di questi era Jacopo Andrea Contento. Mentre egli, per certi suoi affari si trovava a Venezia, sua madre venne avvertita che verrebbe perquisito il domicilio del figliuolo a Pirano. La povera donna sbigottita, raccolse quante carte potè trovare e le abbruciò. Ritornato egli, alla triste nuova, esclamò desolato : — Ahimè, con quelle povere carte se uè andata l'anima mia! — E pianse. Poco tempo dopo l'Istria lo perdeva per sempre. Straziante è la sua ultima, poesia bellissima, L' infermità: è il canto funebre che scriveva a sè stesso, mentre sentiva consumarsi la sua povera vita: è un lamento soffocato dalla fede e dalla speranza. Così la lampada, mancante d'alimento, dà un ultimo guizzo e si spegne. Gabriele (le Oplanich (III) Le poche notizie biografiche che abbiamo di Gabriele de Oplanich, ce le conservò il benemerito canonico Pietro Stancovich nella sua pregiata opera Biografie degli uomini distinti dell'Istria (Trieste, Marenig, 1828). Ed invero bastano poche parole a narrare una vita di vent' anni. Gabriele d'Oplanich nacque a Parenzo nel 1804, e morì a Venezia nel 1824. Mostrò fin da fanciullo speciale disposizione alla musica ed alla poesia. Abitò durante la sua breve senza alcuna sorta di ripari, rischiarato dalla luna ; e quindi il passarlo gli avrebbe costat0 molti uomini, prima ancora di poter agire efficacemente. Comprese d' un tratto la sua posizione, e inviò subito alcuni dei più lesti a Jouan, ordinandogli di tenere occupati i cespugli solo per finta, e mandare invece quanta più gente potesse in soccorso di Entreras; e-gli stesso, presa seco circa la metà dei suoi (lasciando ordine agli altri di sparare contro quelli che sarebbero apparsi dietro l'altura) si diede fretta di fare altrettanto. E infatti non poco giovò ad Entreras la venuta del Cabecilla. Una parte dei francesi si volse tosto contro il rinforzo, a cui era stato ingiunto di non lasciarsi trasportare dalla bizza, nè di dare addietro con troppa facilità. Tosto che quella parte dei francesi veniva contro il Cabecilla, egli si ritirava; e quando essa ritornava su Entreras, la iucalzava di nuovo. Intanto una massa, piuttosto grossa, condotta da Jouan si faceva sempre più innanzi, non vista dai francesi, causa la conformazione del terreno, che appena all' ultimo momento ; allora il capitano francese cercò di liberarsi [ vita a Venezia, presso una zia, la. principessa Erizzo, che lo fece educare. Ivi conobbe Rossini, il quale lo prese a ben volere in modo da invitarlo secolui in un viaggio a Londra. L' a-bate Scarabello lo giudicò „ giovane di fan-„ tasia vivacissima, di sottilissimo acume, di „ cuore retto ed affettuoso, di costumi i Ili— „ batissimi,,. Scrivendo lo Stancovich di questo egregio giovane nelle succitate Biografie, dice: „ Di suo v'ha qualche poesia volante alle „ stampe, ed esiste una collezione manoscritta „ di sonetti, epigrammi ed altri poetici com-„ ponimenti, che fra poco sortiranno alla luce, „ degni di vederla, dimostrando essi la faci-„ lità del di lui ingegno, qual saggio della , onorevole carriera che avrebbe potuto per-„ correre nella repubblica letteraria „. Ciò scrisse lo Stancovich ancora nel 1828. Ora conviene notare che le poesie di Gabriele de Oplanich aspettano ancora, dopo quasi mezzo secolo, di vedere la luce. Nè io saprei dire chi ne possieda i manoscritti : certo però persone private ; e così spesso in Istria vanno perduti molti manoscritti. Ciò non accadrebbe adottando il metodo, che qui pur troppo si è tanto restii a seguire, di dare le carte in custodia agli archivj comunali o provinciali. (Continua) Nuova serie di Effemeridi Giustinopolitane (Dalla Provincia — V. il N. 7, e seg.ti dell' Unione) liOgliO 1 1340 II senato delibera di nominare due castellani alla custodia del Castel Leone, che durino in carica due anni coli'obbligo di' soggiornarvi assieme alle rispettive fami- glie. - 16, - -24. *1 1380. Gasparo Spinola, comandante la flotta genovese, incendia la città e ne permette il saccheggio. 2 1620 II vescovo Frap. Girolamo Rusca fa il suo solenne ingresso e prende possesso della diocesi. - 22, - Vili, - 738. 3 1549 Papa Paolo III degrada e scomunica il Vescovo Pier Paolo Vergerio. - 23, - 170. *3 1267 Pattuiscono tra di loro Alberto Conte di Gorizia e Gregorio di Montelongo, IPa-triarca d' Aquileja pria d'accingersi all' occupazione di Capodistria. *3 1380 Vittore Pisani, coll'ajuto dei rimasti fidi a Venezia rinchiusi nel Castel - Leone, riprende ai Genovesi la città, fa prigione Nicolò Spilimbergo posto a Podestà in nome del Patriarca, indi parte per Trieste. 4 1359 II veneto senato manda al pod. e cap. Pietro Trevisan ducati 400 uer ultimare il XIX pubblico palazzo. - 16, - - 13. 5 1349 II senato accorda a Bonallegro Donato da Venezia il posto di civico giustiziere in base ai servigi prestati alia repubblica nella rivolta dell'anno passato, e testé dei „ xv danni sofferti. - 16, - - 31. a 1186 La città aumenta la congrua al vescovo per mezzo di donazioni. 6 1349 11 veneto senato preude le misure le più energiche per tener in freno il partito, \ v propenso forse a nuove rivolto. - 16, - - 34. XXV dalla zuffa con Entreras : cosa che gli riuscì di leggieri, non essendo i Querrilleros per nulla i ncapricciati a continuare, perchè troppo inferiori di numero ed ignari del soccorso già vicino. Anche il Cabecilla, il quale sapeva di trovarsi contro forze superiori alle sue, riteneva saggio consiglio di sospendere l'attacco, tanto più che se i Francesi si fossero accorti della sua picciolezza lo avrebbero annientato : spedì quindi ordine a Jouan di non attaccare, e col fischietto ordinò contemporaneamente a Entreras di ritirarsi; ma questi non potè udire il seguale, perchè giaceva privo di sensi per un colpo di baionetta; e due de' suoi, approfittando della congiuntura che i Francesi s'erano ritirati per riordinarsi, lo portarono fuori della fazione. Una schiera, udito il fischietto, rinculò a piano e si congiunse con Jouan, sicché il Cabecilla, ad eccezione dei pochi lasciati nei cespugli e di quelli di Ruiz che si trovavano nei cespugli a rincontro, aveva potuto radunare intorno a sè tutta la sua gente. Anche Ruiz non aveva resistito ai Francesi: fatto il fuoco di massa, e osservato con cupidità il vertice della montagna che spiccava nell'azzurro del 7 1481 II pod. e cap. Giovanni Vitturi esonera le ville di Pomiguano e di Sorbar dall'obbligo del legname per i ponti di Tre-volchi e di S. Barbara. - 1, - 122. 8 1277 II vescovo Papo qual canonico conferma assieme al capitolo la convenzione stipulata da don Odorico canonico decano e da don Giacomo canonico-primicerio collabbate di San Cipriano di Murano circa l'annuo censo. - 29. *8 1430 Ducale che ordina al comune di lavorare la strada che dalia città va al Risano. 9 1424 II patrio consiglio, in seguito a ducale del dì 4 corrente, ammette ser Vittore de Rin e successori suoi tra il numero dei nobili. - 1, - 56. 10 1493 Ducale Barbarigo che nomina ser Damiano, figlio del conestabile Giacomo de Tarsia, castellano in Castel Novo sul Carso in luogo del dimissionario Simeone de Tarsia, suo zio. - 2. 11 1483 Leonello Malagnini da Rovigo confinato per due anni nella nostra città, e per più qualora si dovesse protrarre la guerra di Ferrara. - 1,- 234.b *11 1646 Ducale relativa agli assegnamenti dell'Accademia dei Risorti. 12 1423 Ducale Foscari che elegge Catarino Barbo in podestà di Pinguente, decampando per questa sola volta dalla concessione fatta ai nobili del nostro consiglio per quella carica. - 1, - -16." *12 1224 Onorio Papa delega alcuni inquisitori per ben esaminare certe questioni insorte tra il nostro Capitolo e Pino primicerio di Grado, Filippo Canonico di San Marco e Giovanni pievano di S.ta Maria Formosa, ordinando loro di scomunicare il Capitolo ove lo trovassero reo, e di privare alcuni dei Canonici dell'officio e beneficio. 13 1342 II patriarca Bertrando proscioglie le Monache agostiniane del convento di San Biaggio dalla scomunica, lanciata loro dal nostro vescovo Marco Semitecolo, - 2. 14 1444 Ducale Foscari che ordiua al pod. e cap. Andrea Suriano di pagare la milizia di Raspo con i 700 ducati della pesa che spedivansi ogni anno a Venezia e con gli avanzi di altre rendite. - 1, - 108. 15 1340 II senato concede al nostro comune cielo abbandonò la posizione per asserragliarsi nuovamente dietro il bosco che gli stava di fronte. Cacciato anche da quel sito, i suoi presero a fuggire in dietro nella direzione del Cabecilla, che appunto in quel mentre studiava la ritirata. I Francesi non osarono assalire i Querrilleros, oramai quasi tutti riuniti: solo si fecero innanzi quando dal boschetto del Bidassoa uscì la truppa che era stata di presidio nel Castello. Il Cabecilla peraltro aveva utilizzato il quarto d'ora molto bene. Tirato a sè Ruiz, che nella corsa aveva pigliato su tutti gli uomini appiattati nei cespugli dell'altura. egli si trovava in piena ritirata verso i monti. Tuttavia ai Francesi, riuniti, riuscì di raggiungere la retroguardia e scambiare alcune fucilate, giacché essa si muoveva lentamente, a motivo che molti erano feriti, e che anche i feriti più gravemente venivano condotti via, non potendo il Cabecilla rassegnarsi di lasciare nelle mani del nemico chi aveva esposta la vita per liberarlo. Ruiz capitanava la detta retroguardia, e di continuo eccitava ad affrettarsi, chè tutti avrebbero dovuto perire se còlti dai Francesi. (Continua) la riscossione del dazio, del vino, del pesce e delle legna da fuoco e da costruzione, e ciò fino all'estinzione de suoi debiti. - 16, - _LX_ . 27i> XIX , *15 1216 11 Patr. Volcliero investe certo Lazzaro da Capodistria d' un molino, situato in Sdoba, a titolo di feudo. Le i. r. Scuole Magistrali Dall' Istria, giugno. (P. E.) Ai primi di gennaio dell'anno scolastico decorso, in seguito a reclami prodotti, l'insegnamento a mezzo della lingua tedesca nella sezione italiana dell' i. r. Istituto Magistrale venne limitato: alla lingua tedesca, al disegno, al violino, alla ginnastica in tutti quattro i corsi ;alla calligrafia nel primo corso, e alla storia naturale nel secondo. Questa limitazione fu effetto del vivo e generale commovimento suscitato dalla illegalità che l'istruzione in quell'jistituto venisse impartita quasi per intero in lingua tedesca, in onta al disposto dell'articolo 19 della Legge Fondamentale 21 die. 1867, del §. 31 della Legge 14 maggio 1869, dei §§. 3 e 20 dello Statuto d'orgaua-zione delle scuole magistrali, e dell'Ordinanza Ministeriale 26 maggio 1874. Riaperto l'anno scolastico in corso, l'accennata limitazione venne posta da parte, ed attualmente vi s'insegnano in lingua tedesca le seguenti materie : la lingua tedesca (14 ore settimanali), il disegno, il violino, il cauto, e la ginnastica in tutti quattro i corsi ; la fisica, la storia naturale, la calligrafia nel secondo; la fisica, la storia naturale, la pedagogia e l'agraria nel terzo; l'aritmetica, la geografia, la la storia (e tutte le altre sopra dette) nel quarto. Quest' anno gli allievi del IV corso italiano ebbero istruzione italiana in tutte le materie, solo in via transitoria, e pel solo anno in corso, giacche secondo il piano ufficiale delle lezioni pel così detto Istituto Magistrale concentrato l'insegnamento a mezzo della lingua tedesca deve estendersi gradatamente e finire col farsi esclusivo nel detto ultimo corso. In tale modo adunque s'istruiscono allievi che non sono tedeschi, e che dovranno istruire ed educare fanciulli pure non tedeschi. A tanta violazione di legge anche il vicecapitano provinciale, siccome quello che più di tutti si dovette finora occupare di affari scolastici, pronunciò nella settima seduta della sessione teste chiusa, un discorso applaudito di protesta e di severo biasimo, dietro a cui fu adottato " di reclamare dall' Eccelso i. r. „ Ministero del culto ed istruzione, che il „ piano d'iusegnamento dell'i, r. scuola ma-„ gistrale maschile in Capodistria e della fem-„ minile in Gorizia sia reso conforme alle „ disposizioni dell'Ordinanza ministeriale 26 „ maggio 1874, e che in ispecialità la lingua „ tedesca non sia impiegata nelle dette scuole „ come lingua d'istruzione, ma soltanto in-„ segnata come materia d'obbligo. E a proposito dell'istituto magistrale femminile, merita ricordo il seguente periodo del succitato discorso: " Che se quanto ho detto „ rispetto ai maschi, ho da applicare alle fem-„ mine che studiano alla scuola magistrale di ! „ Gorizia, collo stesso piano d'insegnamento, j „ io dico allora che la è una vera enormità „ quella di pretendere che le nostre istriane, „ per essere accolte in quella scuola, debbano „ portare prima di tutto con sè una conoscenza „ non mediocre della lingua tedesca, e finire „ poi col germanizzarsi affatto nella scuola „ medesima. Ma quali mai, dirà taluno, sono i criteri dietro ai quali furono indotti a credere di poter agire iu questa guisa? Li conosciamo per bocca del Commissario Governativo; sono due: 1° perchè essendo ordinata nelle scuole popolari la lingua tedesca quale materia libera, nasce il bisogno di addestrare nella stessa gli allievi maestri acciocché possano insegnarla; II0 perchè nell'interesse degli stessi allievi maestri si ritiene opportuno di metterli in condizione di poter conoscere le leggi ed i regolamenti che vengono emanati nella lingua dell' impero, e di coltivarsi colla lettura delle importanti pubblicazioni tedesche. Sono argomenti, corno ognun vede, che ci confutano da sè stessi ; non seri e non sufficienti per creare nell' Istria uno stato eccezionale di cose scolastiche, da tutti deplorato, e per nulla affatto corrispondente al grado di civiltà in cui si trova la monarchia, austriaca. Delle antichità di Capodistria Ragionamento di Gian Rinaldo Carli ( V. il N. 10 e seg.ti) XXII. Questi sacerdoti Galli veramente non erano galli, perchè nel giorno che s'iniziavano, quando al suono de' flauti e della frigia armonia a forza di canti e di strida divenian furiosi, (e non già altrimenti per ber l'acqua del fiume, come Ovidio racconta), (1) colle proprie mani, al dire di Firmico (2), si castravano. L' opinione, d'Ovidio è abbracciata anche da Sesto Pompeo presso Onofrio Panvinio (3) ; ma per verità ella non è probabile, sapendosi già di certo, ch\eglino fuori di loro andavano per lo tanto stridere e girare all' intorno, come osservò pure il dottissimo P. Giambatista Belli (4). Tale strage di sè faceano ad imitazione A'Ati, il quale in colpa d'esser giaciuto colla ninfa Sangaride, dopo aver promesso a Cibelle, che teneramente lo a-mava, ch'egli non avrebbe giammai tocco donna di sorta, dhenne. per gastigo del suo delitto, furioso per modo che giunto sul monte Dindimo disse (5): An pereant partes qua e nocuere mihi. An pereant dicebat adkue; onus inguinis aufert, Nullaque sunt subito signa relieta viri. Quindi i Galli imitandolo, lo stesso, fcceano in onor della Dea, perchè (6) Venit in exeplum furor hit ; molles, que Ministri Caedunt jactatis, vilia membra, comis Il perchè da Lattanzio sono essi chiamati nè uomini nè femmine (7), e semiviri da Vairone (8,). da Virgilio (9), da Ovidio (10) e da Giovenale (11). Catullo pure li dice Gallae per derisione ; e femmine in fatti studiavano di sembrar eglino alle vesti ed al portamento; perchè, al riferir di Taziano (12), tal lagge data era dalla Dea. XXIII. Falsamente si crede, che tutti i sacerdoti di Cibelle fossero Galli e castrati ; imperciocché presso Luciano (13) abbiamo altri che si diceano Sacerdoti ; altri chesuonavano le fìstole ; altri i flauti ; ed altri che Galli diceansi. Anzi Strabene (14) ne nominava in maggior copia, e sono eglino Curetti, Coribanti, Cabiri, Telchini, ed altri ugualmente ministri di questa deità. Ne si creda, che di loro sola menzione si faccia nelle descrizioni de' sacrifizi di Siria e di Frigia ; poiché siccome anche in Italia passarono, così molti di loro si conservarono qui nelle antiche iscrizioni, in una delle quali si vede un Antioco Sacerdote (15) in altra un M. Cuzio Rustico flautista (16). Anzi quivi ne ritrovo uno da me non osservato presso alcun altro antico scrittore ed è (17) : L. VETTI0, SYNTB0PN0 RELIGIOSO A. MATRE. MAIONA CAPELLATO Sta qui il Capellato in vece di Capillato ; come alle volte sibe per sibi. Erano dunque al servizio di questa dea anche Religiosi detti Capelluti co' lunghi capelli, per distinguerli forse da' Galli che si dice avessero la testa rasa. Il colleggio per tanto de' Galli non era che una parte, ch'io però suppongo la principale, del sacerdozio di Cibele; distinta dalle altre particolarmente per la loro effemminatezza. XXIV Per la maggior parte gli Archigalli erano della sfera de' Liberti come apertamente c' insegnano l'iscrizioni. 11 nostro però non è sulla iapida denotato tale; ma anzi e'ci comparisce cittadino romano perchè della famiglia Publicia, della quale un Cajo Publi-cio o Poblicio, fu tribuno della plebe nell' anno di Roma DVLV, allo scrivere di Livio (18). Cui fu conceduto il privilegio d'essere seppellito co' suoi eredi nella città ; come sta in iscrizione considerata da Fulvio Orsino (19). Siccome però i liberti si appropriavano il nome de' loro padroni, così non si può affermar con franchezza, eh' egli fosse di tal famiglia. Imperciocché anche Cicerone fa menzione di nn Gneo i Publicio Menandro della condizione di liberti (I). ' Poteva dunque il nostro S intropo esser figliuolo di Liberto; ma nonostante una cosa lo avvantaggerà sempre sopra gli altri, ed è eh' egli non nacque, servo, ma libero cittadino romano. XXV. Ora ufficio essendo pegli Archigalli il presiedere particolarmente alle feste, che si celebravano in onore di Cibelle, giova dire, che di loro diligenti relazioni ci lasciarono Luciano (2) ed Ovidio (3), onde appagar si possa il desiderio di chi bramasse saperne i misteri. La prima loro instituzione mentovata abbiamo nei sempre venerabili marmi d' Ox-fort ; pubblicati per la prima volta colà nel 1676 fog. co' coinenti di Giovanni Seldeno, di Tomaso Li-diato, di Giovanni Marsano e di Omfredo Prideaux; i quali marmi furono poscia in italiana favella tradotti da Monsignor Francesco Bianchini; ed indi dal signor marchese Maffei, la cui traduzione, perchè più fedele e più genuina, fu ristampala in Londra 1' anno 1732 jiella seconda edizione che di loro si fece con molte aggiunte di più. Da questi si argomenta adunque, che l'instituzione delle feste di Cibelle avvenisse, secondo il computo del Seldeno, 1506 anni prima di Gesù Cristo ; nel qual tempo pure Jagnide Frigio ritrovò i flauti. Non solamente però col suono de flauti tai feste, e saerifizii tali faceansi ; poiché l'armonia on-d' erano accompagnati, e eh' era frigia, consistei particolarmente ne' sistri, crotali, cembali e timpani; ed essa era seguita dagli ululati de' Sacerdoti; onde Catullo nel rato di Proserpina Seu tu Sanguineis ululantia Dindyma Gallis. Nella qual foggia facendo, credeano di pianger Ali; il perchè Giulio Firmico disse lugete Proserpinam lugete Atim, e il noto epigramma presso Lorenzo Pi g noria (4). Qui colitis Cybelen, et qui Phryga plangitis Atin. (1) Magna Deum Matris initia Graev. Voi. 7. p. 509. — — (2) Pro L. Cornelio Balbo. Pratio. — (3) Ed. Amstelod 1687. 8. T. II. de SyriaDea. — (4) Fosfor, lib. 4. (1) Fastor. lib. IV. — (2) ^stro». lib. 6. cap. 29 e lib. V. cap. 6. — (3) de Civib. Romanis cap. XXXVIII. — (4) de partibus Templi Augur. cap. IX. — (5) Ovidio Fastor. lib. IV. (6) Ovidio ivi. — (7) de falsa religione lib. I ed. Lugd. Batav. 1660. 8. p. 116. — (8) Frag. p. 150. Nonn. — (9) Aeneid. lib. XII. e lib. IV. — (10) luogo citato. — (11) Sat. VI v. 513. — (12) adver. gent. p. 147. — (13) ed Amstelod. 1687. T. II. de Syria Dea. p. 678. — (14) lib. X. — (15) Griderò p. CCCVIII. li. — (16) ivi n. 10. (17) ivi n. 5. — (18) Lib. 37. — (19) De Familiis Roman. Considerazioni sul mercato dei bozzoli Il mercato si è aperto qui il giorno 14 giugno e chiuso il 1 luglio, iu tutto giorni 18. Furono pesati complessivamente chilogrammi 8143 e decagrammi 88 di gaietta, divisa in chil. 7525, 91 di nostrana per filare; chil, 295, 15 d'uguale qualità scelta per semente; chil. 291, 92 giapponese riprodotta; e chil. 30, 90 d'inferiore in genere. Che che ne dicano i fautori dell' allevamento del baco giapponase, (la più parte com-! mercianti che dall'introduzione dei cartoni ne : ritraggono grossi profitti), noi registriamo con piacere queste cifre, che mostrauo ad evidenza qualmente la coltivazione del bozzolo giallo nostrano vada oguor più prendendo la sua antica prevalenza. Il bozzolo giallo nostrano è ben conosciuto nel commercio dei filandieri, e gode faina d'appartenere fra le primissime qualità. Noi dobbiamo perseverare e vincere ogni o-stacolo che si frapponga allo sviluppo della sua coltura. Notasi come causa principale l'incertezza dell'esito, ma quando si presenterà più facile il mezzo d'aver semente sana ad un prezzo conveniente, quando fra gli allevatori si renderanno più popolari le migliori cure suggerite dalla scienza, e quando l'arte del filandiere, inspirandosi ai nuovi trovati, riprenderà l'antico vigore, noi vedremo sicuramente allargarsi d'assai anche la produzione. Non va dimenticato poi che un esito anche mediocre dei nostri bachi, corrisponde già meglio di quello che un risultato pieno dei bachi giapponesi, Nella scorsa campagna s'enumerarono guasti parziali, ma s'ebbero in compenso prodotti splendidissimi. Un allevamento di quattro oncie di semente confezionata dal distinto bacologo Alberto D.r Levi da Farra, diede il prodotto complessivo di chilogrammi 217, 67 il quale, depurato da' doppi e scarti con chili 15, risultò netto di chilogrammi 212, 67, che furono venduti per riproduzione al bel prezzo di fiorini 3 al chil., con un ricavato quindi di fiorini 638. 01. Moltissime altre partite diedero 40 chilogrammi e più per oncia. Alcune voci sfavorevoli corse sull' andamento e sulle sorti attuali del nostro mer- cato a paragone di un tempo, e' invogliano a prendere in esame il suo movimento, e dedurne le conseguenze, Nel decennio 1850-60, la media annuale qui pesata sommò a funti 46775 pari a chil. 26198. In questo periodo la ricerca dei nostri bozzoli per trarne} semente era grande, e si pagavano a prezzi favolosi. Nel decennio 1860-70 la media annuale figura di funti 20500 paria chil. 11482, epoca questa di grande decadimento per la malattia insorta nei bachi, e per l'incertezza negli studi adatti a rimediarla. Dal 1870, inclusivo, fino ad oggi, anni otto, la media annua ammontò a chil. 15452. In questo tempo, che devesi accettare come il più normale per un confronto, scorgiamo negli ultimi quattro anni una graduale sensibile diminuzione nel-l'affluenza al nostro mercato. I bozzoli pesati nel 1874 ammontarono ridotti in chilogrammi, a 23111; nei 1875 chil. 16552; nel 1876 chil. 13135 e quest' anno sono stati 8143. Di tale risultanza se ne vuol far carico all'egoismo dei compratori, alla mancanza d'un forno pubblico per ammorzare le crisalidi, ed altre più e meno fondate supposizioni di questo genere. Non voremmo negarle in via assoluta; ma crediamo che l'accennato deterioramento, sia più che altro la naturale conseguenza d'uno stato di cose assai mutato a confronto di un tempo. L'industria delle piccole filande, per lo passato fiorente, veniva qui per la provincia nostra quasi intieramente rappresentata; e per conseguenza i nostri filandieri potendo pagare bene la materia prima, ne chiamavano sulla piazza grande quantità ; e la nostra città era la sola iu provincia dove fosse attivato un regolare mercato. Depressa tale industria, e poscia interamente cessata, i nostri filandieri si trovarono alla pari di qualunque altro compratore, ed ecco sorgere in altri siti della provincia regolari mercati con compratori che potevano pagare e pagano come i nostri, ed è quindi ben naturale che a parità di vantaggio ogni produttore concorra con la sua mercie a quella piazza che più gli sta vicino. Questo riteniamo sia il principale motivo della minor affluenza al nostro mercato, ed è perciò che ripetiamo il nostro vivissimo desiderio di vedere riabilitata qui l'industria delle piccole filande mercè l'introduzione del recente sistema Gaffuri dal quale, che che ne dicano i grandi filandieri, i quali dal risorgere della piccola industria vedono per essi una grave minaccia, ci attendiamo per conto nostro grandissimi vantaggi. In un paese di limitata produzione ci sembra assai appropriato un tale sistema, il quale presenta il notevole vantaggio d' un uso proporzionato alla rispettiva produzione. La divisione per gruppi d' una filanda Gaffuri, permette, come nelle antiche filando, 1' uso d'un maggiore o minor numero di fornelli, a seconda dell' ammasso di bozzoli raccolto dall' industriale. Altro vantaggio di questa nuova filanda è la sua facile adattabilità e trasportabilità da uno all' altro sito, ed il valore elio presenta sempre il materiale di sua costruzione, per la massima parte di rame. Affidata poi l'applicazione del motore di più gruppi ad una forza gratuita come quella p. e. dell' acqua corrente, il risultato sarebbe ancora maggiore. In prossimità a noi sta il fiume Risano, che a questo scopo e ad altri ancora, non dovrebb' essere dimenticato. Insomma noi nutriamo viva speranza di vedere in breve attivata in casa nostra la filatura dei nostri bozzoli, dalla qual cosa ne deriveranno tutti quei vantaggi, che servano di sprone all' incremento della loro coltura. Aggiungeremo ancora che in oggi oltre che a far bene, conviene altresì far presto ; ed a coloro che hanno le mani in pasta ci piace ricordare il noto adagio "beati i primi,,. C-l VITTORIO AMEDEO II DI SAVOJA*) (quadro di Giuseppe Da Pozzo) In questo quadro il signor Da Pozzo ha voluto illustrare uno dei tanti e grandiosi atti di paterna generosità e di amore, ondo la nostra Casa di Savoja si rese famosa nell'istoria fino ad oggi, e seppe per tal guisa, al pari che con i fasti guerreschi, procacciarsi l'ammirazione del mondo, e l'adorazione dei popoli d'Italia. È un pietoso episodio della guerra contro la Francia del 1690, sostenuta con tanta virtù dal duca allora signore in Savoja, Vittorio Amedeo II, e dagli alleati. — Partiva il principe a capo dei suoi e con al fianco il cugino Eugenio di Savoja, generalissimo delle truppe imperiali, da Torino per andar a battere i Francesi che avevano portato il terrore e la strage fino a Carmagnola. Frotte di poverelli fuggitivi passo passo s'incontravano sulla via; vecchi ammalati, madri coi figli tenerelli in sul seno, famiglie intere senza tetto, senza pane, senza vesti. Impietosito il duca, cercò soccorrere quei miseri con quanto denaro avea. Ma ben presto, poveretto anch'esso, ne restò privo; e pur desiando aiutarli, mentre ne cercava in suo cuore il come, lo si vide compiere quell' atto di suprema generosità ed affezitne, elio la storia registrò, e che forma il soggetto del presente quadro; levarsi il collare d'oro, tempestato di gemme, dell'ordine dell'Annunziata che teneva pendente sul petto, e darlo a partire fra quei bisognosi. Vuoisi scena più bella e più interessante per un quadro storico, quali' è questa prescelta del signor Da Pozzo? Nel mezzo s'avanza Vittorio Amedeo a cavallo, al suo lato sta il cugino Eugenio di Savoja in abito da generalissimo, in seguito uffiziali e quindi soldati dei due eserciti frammischiati. L'esercito tutto che si perde alla vista nella lontananza fra la polvere, la fermata, la marcia al suon delle trombe. Sul davanti della scena i poverelli si accalcano intorno al principe con la confidenza di figli e con l'arditezza di affamati, sporgendo le scarne mani verso la mano del pio elemosiniere, altri da un lato si raccolgono a dividere gli ultimi denari avuti, una coppia di distinte persone accorrono a salutare il buon padre della patria; nessuno che sosti per mera curiosità. La scena è sulle rive del Po ; lontan lontano vedonsi le nevoso vette del Monviso sorgere fra le nubi che rade qua e là coprono il cielo. Una leggera nuvola di polvere sollevata dal passaggio delle truppe vela il campo posteriore della scena, mentre un mezzo sole di prima mattina illumina ili sul davanti i ruderi di un villaggio distrutto, e sparge sul suolo la lunga ombra delle figure; effetti tutti a cui ha fatto ricorso l'artista per daie al dipinto quell'armonia e quel contrasto di luce richiesto dalla serietà e dal carattere del quadro. Fra le tante e buone qualità di cui l'artista veneto ha fatto mostra in questo dipinto, vi ha pur quella dell'essersi saputo guardare da cadere nel vizio frequente in oggi nell'arte, cioè di dire quadro a ciò che non è più che un semplice studio dal vero, senza composizione e senza assieme. Qui il sigsor Da Pozzo ha fatto invece veramente un quadro; il quale poi non è senza pregio neppur dal lato del colorito e del disegno. Questo dipinto fu eseguito per commissione del vicepresidente della Sociatà Agraria Istriana signor Cecou e fu esposto a Roma alla Promotrice del 1876, dove venne onorevolmente distiuto dalla Commissione giudicatrice. C. D. P. *) Proprietà letteraria dell' IUuatraitoni Italiana (24 giugno 1S77). Cou licenza). Illustrazione dell' anniversario Pellegrino Rossi, fatto studio di giurisprudenza a Pisa e a Bologna, in quest' ultima citta ebbe grido quale avvocato, e a ventissette anni la cattedra di Diritto Penale e di Procedura Civile. Andata a male 1' impresa, nel 1815, di Gioacchino Murat, (dalla cui parta s' era messo) tendente a riedificare un regno italico, gli fu giuocoforza esulare, e fermò domicilio a Ginevra. Ivi, sulle prime, quasi a necessario svagamento, attese alle belle lettere e tradusse in versi alcuni poemi di Byron ; ma poscia, ripigliata gagliavdia, tornò ai severi studii, aprendo un corso di giurisprudenza applicata al Diritto Romano, che a lui fruttò l'applauso di Ginevra, cittadinanza e cattedra : fu il primo cattolico, a cui venisse commesse l'istruzione. K sempre più crebbe in nomanza per mezzo della pubblicazione degli Annali di legislazione e di economia politica durata due anni (1819-21). Nel 1820 sposò una ginevriua protestante. Eletto nel 32 alla Dieta federale, presentò, rinnovandola in tre sessioni, una nuova costituzione, accettata iu fine dalla Dieta e chiamata patto Rossi. Questo patto fu per lui fomite d'inimicizie, le quali lo iudussero ad abbandonare il suolo elvetico ed a recarsi in Francia, ove lo attendeva brillantissimo avvenire. Là ebbe, dopo cimento, lacattedra di Economia Politica al Collegio di Parigi, in successione al Say e in contrasto col Comte; quindi la cattedra di Diritto Costituzionale ; e alla fine venne nominato decano della facoltà politico - legale, e creato conte da Luigi Filippo, caduto il quale venne in Italia e si stabilì a Roma, ove, durante le infauste contingenze del 1848, lo si volle capo del gabinetto : Av- versato da tutti e due i partiti, avendosi egli proposto di assodare il Papato e conciliarlo colle libertà che il popolo chiedeva energicamente, fu pugnalato e morì subito, da mano sconosciuta, mentre il giorno 15 novembre di quello stesso anno recavasi alla Camera ponendo innon cale i cenni dicautela che da varie parti gli erano giunti. Pellegrino Rossi, dichiarato appugnato-redell' assolutismo, apparteneva alla così detta scuola dei dottrinarli (nome originato in Francia da un incidente parlamentare nel 1816), i quali miravano ad accordare le nuove idee politiche colle viete monarchico -aristocratiche. Scrisse le due notissime opere: Trattato di Diritto Penale ed il Corso di Economia Politica. -X!=3X- II monumento ad Erminia Fnsinato. — Si legge a tale proposito nel Fanfutta del 28 giugno : Emula generosa di Trieste e di Trento, la città di Capodistria si facea rappresentare in questa pietosa nazionale dimostrazione da quaranta gentili signore, che accompagnavano la loro offerta di lire 168 con una bellissima lettera (informata, ai più nobili e patriottici sentimenti. Monte Civico. — Sovvenzioni verso pegno nel II trimestre 1877: Introito nel mese di aprile fior. 1678:50; in maggio fior. 1662:50; in giugno fior. 2382; insieme fior. 5723. — Esito nel mese di aprile fior. 2278:50; in maggio fior. 1933; in giugno fior. 1587:50; insieme fior. 5799. Monte M. I*. Grisoni. — Sovvenzioni vtrso pegno nel II trimestre 1877: Introito nel mese di aprile fior. 2674:30; in maggio fior. 1750:50; in giugno fior. 2630:30; insieme fior. 7055:10. — Esito nel mese di aprile fior. 2911:30; in maggio f. 1733; in giugno fior. 2565; insieme fior. 7209:30. È uscita la terza edizione della Gram-maticJietta (in raccontini, lettere descrizioni e proposizioni) del nostro bravo maestro Va-scotti, ben nota ai nostri lettori ; premiata alle Esposizioni didattiche provinciali di Parenzo e Gorizia, ed ora riveduta ed ampliata secondo gl'intendimenti del Consiglio Scolastico Provinciale. Fu stampata nel locale Stabilimento tipografico sopra carta ottima, con caratteri nitidi e coufacevoli: è vendibile presso l'autore e presso i principali librai al prezzo di s. 30. Alla Ristori delle bambine, Gemma Cuniberti, in occasione della sua serata d'e-nore al Politeama di Rimini (21 giugno decorso), venne conferita dai cittadini una medaglia d'oro con diploma, di cui il primo periodo suona così: „perchè a cinque anni, „ nella più educatrice delle Arti, con la po-„ tenza già adulta del gesto e della voce, le „ grazie della donna e gli artifizi! dell' attrice, „ ritraendo meravigliosamente le passioni del-„ 1' anima umana, fe' spettacolo del suo genio.,, Bollettino statistico municipale di Giugno Anagrafe — Nati (Battezzati) 22 ; fanciulli 13, fanciulle 9; morti 30: maschi 11 (dei quali 10 carcerati), femmine 3, fanciulli 7, fanciulle 9. — Matrimo-«ti 1. — Polizia. Denunzie in linea di polizia sanitaria 3; in linea di polizia edilizia 2; per furto 2; per maltrattamenti 1; per contravvenzione al regolamento sul mercato 4; per apertura di esercizii oltre l'ora 3 ; Arresti per sospetto di furto 2; per maltrattamenti 1 ; per pubblica violenza l;per zuffa 2. Sfrattati 19. lisciti dall' i. r. Carcere 22 : dei quali: 7 istriani, 6 triestini, 8 dalmati, ed 1 del Regno. — IJcenze: di fabbrica 1 ; di industria 3, di ballo 2, di concerti 4. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 17 per Ettol : 380 litri 50 ; prezzo al Litro soldi 40 - 44. - 52 - 56 - 60 — CertiÓcati per spedizione di vino 76, Ettol: 81 lit. 47 ; — di pesce salato 0 ; — di olio 14, recip. 22, Chil. 6977 dee. 28 (peso lordo.) — Animali macellati Bovi 56 del peso di Chil. 12230 con Chil. 747 di sego; — Vacche 2 del peso di Chil. 350, con Chil. 24 di sego; — Vitelli 28; — Agnelli 98; — Castrati. 96. Corriere dell' Amministrazione (dal 22 p. p. a tutto il 6 corr.) Gorizia. Antonio Riosa (II sem. del III anno) — Grisignayia. Nicolò Corva Spinotti (II e III anno) — Pirano. Don Giacomo canonico Micalich (II «eia del II anno ed il III anno).