Anno XII. Capodistria, Maggio Giugno 1914 N. 4 PAGINE ISTRIANE PERIODICO BIMESTRALE DAL CARTEGGIO STANCOVICH - FRANCESCO DE COMBI Fra le carte dello Stancovich ') si conservano cinque lettere di Francesco CombiJ). Quattro di esse si riferiscono ai lavori letterari cui attendeva 1' erudito avvocato capodistriano, e particolarmente alla sua versione dei Martiri dello Chateaubriand e al poemetto svdVAlopigia; la quinta riguarda la munifica fondazione del conte Grisoni. Se quest'ultima non e priva d' interesse locale e rispecchia, per cosi dire, 1' impressione del tempo e i commenti che si facevano intorno al lascito del generoso gentiluomo, le prime quattro costituiscono un contributo non ispregevole allo studio delle aspirazioni artistiche del Combi, scrittore partecipe delia tradizione classica e delle innovazioni romanticho e che meriterebbe d' essere conosciuto piu addentro, mentre di lui non esistono a stampa altre lettere 3) e rimangono inedite varie opere. Quanto occorra ali' illustrazione del carteggio pubblicato qui per la prima volta, 6 stato raccolto, con parsimonia, nelle note; ne tragga alcuno la voglia di stampare altre lettere del Combi e di studiarne tutta la pro-duzione poetica 4). Giuseppe Vidossich. ') Sul carteggio dello Stancovich vedi G. Vidossich in Archeogr. triest. VII (1913) p. 163 ss. e particol. 174 n. ") L' amicizia fra il Combi (1793-1871) e lo Stancovich (1771-1852) datava forse ancora dai tempi di Padova o Venezia, dove il canonico di Barbana si recava sovente per i suoi studi e potč conoscere il giovane comprovinciale. Sul Combi, che figura nei '28 tra gli associati alla Bio-grafla e poi a p. 41 della Notizia degli Istriani viventi nei 1829 distinti per lettere, cfr. Pag. Istr. XII 71 sgg. — Le prime quattro lettere son tutte del '37, la quinta del 1842. 3) Una sola lettera del Combi fu pubblicata da L. Volpis nelle Pag. Istr. V p. 133 ss. Altre ne promette G. Quurantotlo, v. Pag. Istr, XII, 74. *) Tra le carte di Carlo Combi, recentemente ricuperate, si dovreb-bero trovare anche i mss. inediti del padre suo; v. Georgiche XIII n. I. S.r Canonico padrone pregiatissimo! La molta bont& e propensione ch' Ella mi ha sempre di-mostrato, ed il molto amore ch' Ella pose pur sempre, ad in-coraggiare la patria letteratura, a cui si rese tanto benemerito, giustificano il mio coraggio di tenerle raccomandato un primo saggio di quei poveri studj, che possono venirmi consentiti dai penosi fastidj forensi E' da qualche anno, come Ella ben sa, e parmi di averle comunicato, che per ispianarmi la via ad uscire in campo, con qualche cosarella del mio, (e se-gnatamente col Poema didattico, intorno le Saline e Marine deli' lstria)2) aveva posta al tormento la ben sentita mediocritš, del mio ingegno, per ridurre da prima a nitide italiane forme quella magnifica sacra Epopea del Chateaubriand 3), il Trionfo della Religione; che offre tanta lautezza di descrizioni d'ogni maniera, e si toccanti drammatiche situazioni, senza che fosse comparsa ancora in Italia una libera Versione Poetica, col proposito di far sparire ogni vestigio del primo Dettato in Prosa francese, e di levare quella certa vernice di romanzo, che dal volere al non volere, deve sempre lasciar impressa una semplice prosastica Traduzione litterale *). Con tal lavoro ') Compiuta la pratica a Venezia, il Combi professo 1' avvocatura nella sua cittS. natale ; Georg. IX. 2) E' il poemetto inedito delVAlopigia, di cui non furono pubblicati che alcuni frammenti nella Porta Orientale (1857; p. 24-29 (rist. p. 14-18), nell'^wjwa di Rovigno 1862, p. 117 ss. e dal Bernardi p. 11 e p. 31. Cfr. Georg. XIV, Bernardi op. cit. p. 12, e Pag. Mr. XII, 73 n. 3) Per la fortuna dello Chateaubriand in Italia v. alcune poche notizie in Mazzoni, V Ottocento pp. 140, 221, 224, 707, 1281 e nel libro sullo Chateaubriand di G. Eabizzani, Lanciano 1910, intorno al quale pero sono da ricordare i giudizi di A. Farinelli in II romanticismo in Germania, Bari, Laterza, 1911, p. 204 e di P. Toldo nel Giorn. stor. LVI, 243. Cfr. anche Tommaseo in Dizionario estetico, Firenze 1867, c. 212-14. Poco si ricava dallo studio di A. Galletti sull' Opera di V. Hugo nella letteratura italiana, Torino 1904, e dai poderosi volumi di A. Farinelli su Dante e la Francia, Milano 1908. *) Al Combi pareva che la prosa liricamente mossa dello Chateaubriand si potesse in italiano rendere meglio col verso. Cfr. Georg. XV, e 1' avvertimento del traduttore a p. 8 ss. In versi tradusse i Martiri anche Ferdinando Santini (I Mariiri di Chateaubriand voltati in poema italiano, Napoli, Stamperia del Vaglio, 1873) che non conobbe la versione del Combi o non la cita; e Antonio Bomignore, Savona 1871. preliminare, era mio intendimento di cominciare a raccoman-darmi alla indulgenza del Pubblico, in un abito piu modesto, in quello cio6 di traduttore piuttostochč d'Autore. Ma nell' atto appunto, che quel necessario «labor limae>. mi teneva occupato, onde portare la gi& conosciuta libera versione alla maggior possibile venustA secondo mie deboli forze, ecco, che certa giovinetta di settanta anni (la Brocchi Gabardi di Bologna)') mi preoccupa il pošto, col dar mano alla prima Edizione Poetica 2), che sia mai comparsa in Italia dei Martiri. — Veda maledetto delirio! In questo frangente, confortato da alcuni miei amici di Padova, da cui per crescermi ardire, mi vien ora favorito un Esemplare di questo Parto slombato di Sara, mi determino quindi a non frapporre altri indugj (prima che si diffonda il mal umore, e si renda forse increscioso 1' argomento) a pub-blicare anco la mia versione, accomodata al gusto italiano con parecchie varianti; versione, che per quanto sia ancora lontana da quella forbitezza, e dignit&, alla quale avrei desi-derato poterla condurre, dovrebbe nulladimeno sostenere il cimento con quel troppo invero animoso donnesco zibaldone d' una vecchia sibilla 3). Io soglio essere, e per indole mansueta, e per diffidenza di me medesimo, assai guardingo e rispettivo, a proferir verbo sugli altrui Dettati; ma tuttavolta facendo una eccezione in quest' unico caso, e giudicando spassionatamente, čredo di non esporre una sentenza troppo arrischiata, coll' affermare alla franca, che que' versi sibillini «sieno misurati col fil di refe», e che manchino affatto di tornitura e di frase, altro di meglio ') Sulla famiglia Brocchi Gabardi v. Maxzoni, in VOttocento, bibliogr., p. 1392. 2) I Martiri ossia il Trionfo della religione. Poema d i F. A. Chateau-briand, trasportato in versi italiani da Mantica Brocchi Gabardi. Vol. 2, Bologna 1836, dai tipi della Volpe al Sassi. 3) La versione combiana usci a Padova coi tipi del Cartallier e poi del Penada dal 1837 al 1838, in 12 fascicoletti. Dello Chateaubriand tra-dusse pure in versi sciolti VAtala, di cui fu pubblicato un saggio nel Monumento di Carita, Trieste, Weis, 1857, p. 80-86, v. Georg. XIV. Per gli atteggiamenti del Combi 6 anche notevole ch' egli tradusse liberamente in sciolti la Leonora del Biirger in Strenna triestina del Marenigh, 1840 p. 149 ss. II Rabizzani non conobbe la versione deli' Atala; miserevole giudica troppo avventatamente a p. 104 quella dei Martiri. non offerendo che una prosa metrica, anche le spesse volte goffamente bassa. In questa mia lotta, che vorrei pure mettere ogni sforzo, onde non risultasse a scapito deli' onore istriano, a Lei mi ri-volgo, che ho sempre considerato il nostro Pater-patriae, e la prego colla solita sua bont& ed indulgenza ad addossarsi il disturbo di raccogliere qualche gentil soscrittore, tra suoi co-noscenti, al Programma, che qui le compiego4). Non voglia per6 darsi alcuna fretta di rispedirmelo fregiato di qualche bel nome, mentre gi&, secondo il Contratto, che ho conchiuso col Tipografo Cartallier di Padova, non uscir&, che coi primi di quaresima quel Poemetto ž) in quattro Canti di mia orditura, che ho premesso, per farmi un poco di preludio alla piu lunga Cantata del Poema de' Martiri, il quale poi sortiri gradata-mente (anco per maggior comodo de' S.ri associati) di mese in mese successivamente. Mi perdoni, la supplico, tanta libert& e franchezza, e si assicuri, che se tralascio i complimenti, che stanno fuori del mio stile, sento pero vivamente quell' affetto di riconoscenza, e di vera stima, che sara in me inestinguibile. Capodistria, 23 gen.o 1837 Suo affez.mo Dev.mo Serv.e Francesco de Combi Al chiarissimo, e Rev.mo Sig.re Pad.ne Col.mo Don Pietro Canonico Stancovich a Barbana II. S. Canonico padrone ed amico stim.! Seppi da altra parte che Ella fu cosl gentile di prendere a cuore la raccomandazione che le feci, e di occuparsi in patria e fuori, a procacciarmi dei cortesi soscrittori ai miei meschini *) II foglio degli associati non esiste a stampa. «) II Levita d'Efraim, in quattro canti, stampato a Padova nel 1837 dal Cartallier, che fu il suo primo lavoro poetico di maggior lena ed ebbe le lodi e la critica del Besenghi, v. Provincia 1871 p. 822. lavori poetici che vo ora pubblicando pei Tipi di Francesco Cartallier di Padova. Permetta perd che le riferisca quelle grazie, che per me si posson maggiori, alla sua compiacente bont&, e la preghi per sola mia norma, ora che di giorno in giorno sta per uscire il primo fascicolo della versione de' Martiri, a comunicarmi la lista di quegli associati, che le fosse riuscito di reclutarmi. Avevo data espressa commissione al S.r Lodovico Rizzi ') di Pola di farle giungere coi miei ringraziamenti un esemplare del Levita di Efraim, ed io rimaneva nella sicurezza finora, che cio fosse stato gi& eseguito. Venendo per6 adesso a scuoprire essere accaduto 1' incon-veniente di una diversa distribuzione delle copie innoltrate, e ci6 in un senso contrario alle mie disposizioni, emendo intanto 11 ditetto, coll' acchiudere nella presente uno dei detti esemplari. In attesa di vedermi favorito di un suo cortese riscontro mi riconfermo intanto colla piu verace estimazione ed ossequio di lei S.r Canonico Capodistria, 10 aprile 1837 Dev.o obb.mo Serv.re ed amico Fr. de Combi Al Chiarissimo Signore Sig.r Don Pietro Canonico Stancovich Dignano per Barbana III. Chiarissimo Sig.r Canonico! Capodistria, 10 Mag.o 1837 Nella lusinga che tenne in me alimentata la pregiata sua 12 ap.e p. p.o di aver il bene di vederla qul, almeno di pas-saggio, nel suo recarsi in Italia, ho differito finora di riscon-trarla del ricevimento del Foglio d'Associati che devo alla Sua gentil cooperazione, riservandomi di portarle personalmente li miei cordiali ringraziamenti. ') Nonno deli' on. comm. Lodovico Rizzi; v. I Nobili di Capodistria di G. Pusterla, p. 15. Vedendo per6 che tarda a verificarsi questo tanto bramato incontro personale, mi risolvo a supplire colla presente al dover mio, protestandomi oltremodo obbligato alla Sua cortesia, ed insieme alle benigne accoglienze che si compiacque di fare ai primi saggi de' miei poveri studj poetici. Non per quella scaltra modestia che suoi talvolta velare la presunzione, ma per vero e profondo sentimento di diffidenza nelle deboli mie forze, io soglio essere sofferente e grato ascol-tatore, piuttosto del biasimo che instruisce, che della lode che vizia. — Tuttavolta, facendo un' eccezione in questo solo caso, non le posso nascondere, che la lode che per benigno incorag-giamento mi viene da persona cosi intelligente, e lodata, come Ella Sigr. Can.o, non abbia in vero per me un suono assai lusinghiero. — Sarei certamente beato, se il mio proponimento di non perdonare a fatica ed a studio per correggere (se non altro taluno de' piii gravi) miei difetti, e per recare a termine il Poema didattico de' Sali, animato da cosi indulgente confor tatore, mi valesse la soddisfazione di poter mai in appresso giustificare, almeno in qualche parte, la buona opinione ch' Ella si compiacque formarsi di me. L' amore delle cose patrie che in Lei 6 tanto vivo, e che fruttd ali' Istria tante illustrazioni di vario genere nelle dotte ed indefesse sue applicazioni Ietterarie, le fa sperar bene anco degli esordienti, avvalorandoli di buoni conforti, e proteggen-doli 4). Volesse il cielo, che almeno un picciol numero de' nostri Comprovinciali si trovasse animato dal suo spirito!8) — Certo che la nostra letteratura si troverebbe in una assai miglior condizione. Giacchž perč Ella ha cosi felicemente adoprato a trarla dalla oscuriU, rendendo il suo nome per tutta Italia caro e riverito, prosegua la sua nobile missione che da Dio le fu con-sentita, e non isdegni di calcolarmi in qualunque nuova pub-blicazione divisata delle erudite sue Opere che pregio assai, come assai ambisco 1' onore di poter sempre dichiararmi Suo aff.mo Serv.e ed estimatore Fr. de Combi 1) Molti anni dopo lo Stancovich, travagliato dagli acciacchi, da banevolo si fece acre, v. D. Venturini in Pro Esposizione Pisinese, 1907 p. 27 ss. 2) Vedi in proposito i desideri e lamenti del Rossetti, Archeogr. triest. VII, 171. P. S.') Secondo la manifestatami intenzione trattenird il 1.° e 2.° fascicolo de' Martiri .... poi uniti in buona legatura col terzo, componendo cosi il primo Volume. — Cosi . . . . il ritardo; e vedr& poi tutto assieme che mi 6 venuto il destro nel Q,uinto Canto di . . . . convincenti schiarimenti sulla patria di S. Girolamo 2); facendo di Lei quell' onorevol ricordo che merita con tutta giustizia. Al Chiarissimo, e Rev.mo Sig.r Canonico D. Pietro Stancovich Dignano per Barbana IV. Preg.mo Sig. Canonico! Non posso esprimerle abbastanza di quanto dispiacere mi sia stato 1' intendere jeri a sera, al mio ripatrio, che durante la breve mia assenza (essendomi recato a passare le Ferie degli ultimi di Luglio, presso 1' amico Dr. Pesaro 3), ad Isola) Ella abbia avuto la bont& di recarsi a visitarmi. Mi adiro con me stesso di aver perduto cosi 1' occasione di godere almeno un giorno la sua cara, e pregiata compagnia. Mi conforto pero che in altro incontro Ella vorr& esser meco cosi buono da risarcirmene. Ilesto poi ancora cosi nel dubbio, se il suo passaggio per Capodistria, sia rivolto ali' Italia, o se, giii compiuto il giro che Ella si era proposto, per Padova, e Venezia, or si ricon-duca a Barbana. 1) La carta 6 guasta dai topi. 2) Allude alla lunga polemica, cui partecipo lo Stancovich, intorno alla patria di S. Girolamo, che volevano rivendicato all'Istria. Cfr. il Saggio di bibliogr. istr. N. 1489 p. 208 ss. e il «Dizionario estetico« del Tommaseo c. 516 ss. Sulla patria di S. Girolamo si veda ora Bulic nella Festschrift f. O. Benndorfp. 276 e Lietzmann in Pauly-Wissowa V p. 1565 ss. I versi sulla patria di Girolamo si trovano nel canto quarto (non quinto) a pag. 149: Da nobil časa e ricca, che munito E forte arnese la Stridonia rocca Dell' Istriaca penisola tenea Dentro il precinto, appo il confin che un tempo Gia dal Pannono il Dalmata divise, Sortito il fier Girolamo,..... 3) 11 medico dottor Pesaro professava 1' arte sua a Isola; era amico e coetaneo del Combi,*- ^ ( ^J* tt«JL# i^ti-i^J^A In quest' ultimo caso, rimarrebbe ancora accesa la mia speranza di rivederla in breve al suo regresso; ma forse che allora questa mia Lettera (che in tale perplessit& io dirigo alla piu sicura al luogo di sua ordinaria residenza) non giun-ger& ad esserle recapitata, prima del suo ritorno; e perd I' abbandono alla sorte, come abbandono alla buona ventura la soddisfazione di procurarmi un suo gradito riscontro. Non ho dato ancora veruna disposizione perchž le vengano consegnati li Fascicoli de' Martiri che successivamente al Levita gi& vennero stampati; e ci6 per consuonare al suo desiderio di riceverli invece volume per volume. Era ed e mia intenzione di attendere il terzo Fascicolo che non mi 6 ancora arrivato, col quale si compie appunto il primo volume, per farglielo legare dal nostro Librajo Paternolli, e quindi spedirglielo. — Mi faccia grazia adunque pel ritardo, come necessaria conseguenza della mia brama di meglio secon-dare la manifestatami intenzione. Non posso lagnarmi di mia fortuna, pel buon incontro del mio lavoro, secondo le notizie che mi vengono dali' Italia, e che trovo anco corrispondenti ai cenni fatti in qualche gior-nale. — Se furono compatiti li primi Canti, vorrei prender animo a sperar meglio de' susseguenti, ove piglia maggior calore 1' affetto, e la mano del verseggiatore 6 piu franca. — La mia vecchia emula (la Brocchi - Gabardi) ebbe per lo con-trario nel passato Mese di Maržo una furia di staffilate dal Rac-coglitore Lombardo '); e soltanto in questi ultimi giorni per fare il contrapposto, si lesse in un Giornale Agrario a), con appendice Lett.ia, che si stampa a Milano per cura del Lam-pato, un articolo misurato in difesa ed incoraggiamento, steso ') II Salvioni, che volle per sua cortesia farne ricerca nelle annate '36 e '37 del Ricoglitore, non riusci a trovar nulla. 2) Giornale agrario lombardo veneto, e continuazione degli Annali d' agricoltura, con appendice letteraria. — Fasc. di gennaio e febbraio 1837, a p. 93 e sgg. Dopo aver lodato il soggetto e il disegno dei Martiri, il Romani nota che bene fece la Brocchi a tentarne la versione. La quale pero gli sembra anche troppo fedele, perche mantiene certe antitesi ma-nierate e inutili ripetizioni. II verso sciolto non cade nella monotonia, la lingua 6 pura, benchž «non passata allo staccio della Crusca» ne scevra d' influenze francesi. La poesia 6 piana elegante, ma certe inversioni e trasposizioni troppo ardite. (Salvioni). Questo giudizio del Romani fe ripor-tato iu parte dal Rabizzani p. 103. dal Romani'), che fu uno degli adoratori della defunta sua Nuora, la bella Antonietta Trevisan 2). — Sono queste le par-ticolariti che mi vengono somministrate dagli amici di Padova. Mentre si consumano pili mesi nella Edizione per Fascicoli di questo lungo Poema, a cui ho pošto mano, innamorato della variet& delle belle descrizioni, e scene drammatiche, che seppe introdurvi la penna gentile del Chateaubriand; mi occupo in-tanto a ridurre a compimento il Poema didattico di patrio argomento intorno le Saline, e Marine deli' Istria; e mi sarebbe cosa gratissima oltremodo, se Ella egregio Sig.r Canonico, che ha in capo un monte d' erudizioni in ogni argomento, mi som-ministrasse qualche peregrina notizia, intorno ai primi stabili-menti delle Saline, ed alla probabilitži o meno che questa In-dustria fosse conosciuta in Istria a' tempi de' Romani, o piu abbasso sotto il dominio aquilejense, o de' Marchesi d' Istria. Attendo poi con bramosa impazienza, lasciando queste mie leggerezze poetiche, qualche nuova sua Opera in quegli argomenti piu gravi, e sostanziosi nei quali Ella suole infati-cabilmente occuparsi, ad illustrazione e gloria di questa nostra Provincia, che sebbene estrema, 6 pur parte non spregevole d' Italia. Mi conservi la sua benigna propensione, e compatimento, e mi čreda col piu profondo sentimento di stima e devozione Capodistria, 2 Agosto 1837 Suo dev.mo obl. Serv.re Francesco de Combi Al Chiarissimo Sig.re Rev.mo Don Pietro Canonico Stancovich Barbana V. Pregiatissimo Sig.r Canonico! Ho dovuto mio malgrado differire a dar riscontro alla pregiata Sua, pervenutami intorno ai primi del corrente; per non venirle innanzi, come suoi dirsi, a mani vuote. II librettista e giornalista Felice Romani, per cui v. Mazzoni in 1' Ottocento 461. 2) Non ho potuto seguire le tracce di questo pettegolezzo. Incontrai sulle prime molta difficoM a procurarmi copia del Testamento del defunto Co. Grisoni ')• — La Famiglia pare che ripugni a darla: il Tribunale in pendenza della ventilazione di Facoltž si mantiene inaccessibile. — Nulladimeno tentando qua e la, cogli impulsi del desiderio di servire Persona che tanto venero e pregio, ieri mi riuscl alla perfine di ottenere di straforo, per poche ore un esemplare, colla sacra parola data di non lasciarmelo uscire di mano e di trarne io stesso, di sol mio pugno la copia. Approfittai quindi, col farla all'in-fretta io med.o; ma con tanta osservata fedeM da tener ferme persino le sgrammaticature deli' assai grossolano, negligentis-simo scrittore de Favento *); qualche sbaglio fors'anche di penna, e gli errori d' ortografia, — Le d6 pertanto per esattissima la lezione deli' estratto che qui le acchiudo. — Scrivendolo faceva meco stesso la riflessione, che un Testamento disponente di ricca facolt&, che doveva passare per molti Dicasteri, e circo-lare per molti luoghi, e forse correre in istampa3) anche alla Posterit&, meritava pure una compilazione meno balocca, e se non elegante, almeno piu netta, e concisa. Nessuno che qui si sappia ha pubblicato ancora alcun Articolo necrologico sulla accaduta morte del Grisoni. — Sem-bra che a parecchi sappia d' agresto quella fondazione di una Fratteria in Daila *); e sia risguardata con poco favore, quella 4) II conte Francesco de Grisoni mori 1' 11 dicembre 1841 a 69 anni, lasciando moglie e due sorelle. II figlio Pompeo, nffieiale austriaco, gli era stato ucciso nel '33 a Milano in un farno,so duello, sul quale v. It. Barbiera in Corr. della Sera 21. 3. 1898, e poi in Passioni del Risorgimento, Milano, Treves, 1903 (riassunto di G. Quarantotto in Pagine Istriane I, 231 ss.). Cfr. anche V. Monti, monografia su Michele Fachineiti, Pola, 1909, p. 13, e Pag. Istr. I, 288. *) Sarš, 1' avvocato e giudice Pietro de Favento, per cui v. G. Pu-sterla in I Rettori ecc. pag. 72. 3) Fu in fatti stampato a Capodistria, coi tipi di Giuseppe Tondelli, nel 1869, forse in servizio delle lunghe cause da esso provocate. 4) II conte Grisoni lascio alcune cospicue possessioni al Monastero dei Benedettini di Sta. Maria di Praglia nella prov. di Padova, a condizionc che erigessero a Daila un ospizio composto di cinque monaci sacerdoti, compreso il superiore, coll' occorrente numero di fratelli laici. Faceva obbligo ai padri Benedettini di occuparsi deli' istruzione e della coltura religiosa, morale ed economica di quegli abitanti, promovendone 1' indu-stria e soccorrendoli nei bisogni spirituali e temporali; e di tenere un medico fisico e chirurgo per la cura gratuita dei contadini. Sperava cosi di «civilizzare» quei paesi. mal compassata instituzione di una Časa di ricovero, anche qui a Capodistria '). — Certo che il def.o Co. Grisoni era ani-raato da ottime intenzioni di beneficenza 2); ma, o fu male com-preso, o mal consigliato da chi detto il suo testamento. — La sua divisata fondazione, non e altrimenti nemmeno uno Stabili-mento tecnico per le arti e mestieri, ma semplicemente, come vedr^, un Ospizio, nel cui interno (con uno o due Maestri al piu) i Ricovrati non avranno nel lungo corso di ben 14 anni (dai sei ai venti) che da occuparsi ad imparare a leggere e scrivere, e far qualche contarello; dovendo poi ricorrere ad extra per essere ricevuti nella officina di qualche artiere a fare nello spazio di tre lustri almeno tre garzonati. — Cosi in nessun nuovo mestiere (oltre quelli che possono gi& adesso trovarsi in Capodistria di fabbri, calzolaj, falegnami ecc. ecc.) possono mai venir addestrati gli alunni; postochč gi& non 6 preveduto, di prender nell' Istituto alcun Maestro tecnico pro-priamente, anche da lontani paesi. — D' altronde dopo un corso di anni, sortendo sempre di dodici in dodici mesi una squadra di artigiani, ed inondaudone la cittži, non potranno mai sperare di aver qui commissioni, ed avventori bastanti per vivere. — Dovranno quindi mal avvezzati a viver bene senza pensieri 4) Detratti i legati e la fondazione di Daila, il Grisoni destinava tutte le altre rendite per 1' istituzione di «una cosidetta Časa di ricovero nella stessa sua časa d' abitazione ed inerenti fabbricati in questa citta«. In questa časa — 1' odierno Istituto Grisovi — si dovevano ammettere ragazzi e ragazze di Pirano, Cittanova e principalmente di Capodistria, affinchš, fino ai 20 anni, vi fossero »instruiti nella religione, leggere, scrivere, conteggiare ed inoltre in un mestiere di cui al sortire dalla časa si j)otessero procurare il futuro loro mantenimento, e cio sotto la direzione di un intelligente e pio sacerdote». Nel primo disegno del conte, come esposto in lettera dd. 21 maggio '41 al noto padre Placido Talia, priore del Monastero di Praglia, era previsto 1' avviamento agli studi di tre ragazzi «fra quelli che per talenti, bonta di cuore ed inclinazione promettessero dei profitti nelle belle arti della Pittura, Scultura, Architettura e nella scienza ecclesiastica, legale, medica...« Forse fu il Talia a sconsigliare questa clausola; tuttavia anche oggi qualche alunno deli' istituto frequenta il ginnasio. Per la cortesia della Direzione deli' istituto, alla quale porgo vivi ringraziamenti, potei consultare le carte relative alla fondazione con-servate nell' Archivio Grisoni. 2) II testamento dice: «11 bisogno che dei raminghi abbandonati e che in mezzo alla poverta crescono nell' inerzia e, nell' ozio, padre di tutti i vizi, ricevano una educazione che possa renderli buoni cittadini a sš stessi ed alla societa proficui«. per ben venti anni, o darsi alle trufferie, alle risse tra loro, e peggio; o sbandarsi fuor di paese a cercar pane, col proprio mestiere. — Cosl lo stabilimento diverrebbe un Serainario o di demoralizzazione o di emigrazioni '). Senza farle la corte, ma parlando per la pura verM, le Sue idee, egregio Sig.r Canonico, ch' Ella compiacevasi una sera di manifestare nel mio studio in presenza di Giuseppe d' Andri2), ed altri miei amici, avevano 1' impronta di una molto piu elevata, giovevole ed illuminata beneficenza; e noi vi abbiamo tutti ad una voce applaudito, trovando una vera compiacenza, un' eco in fondo del nostro cuore; ed ammirando in Lei 1' uomo filantropo al pari che dotto, e pratico del mondo, per ben prevedere, tutto ci6 che e previdibile in futuro. Assai mi duole di attendere che Ella si trovi afflitto da mai d' occhi3), ma mi conforto che a quest' ora si trover& ben ristabilito, come le auguro di cuore. Mi continui la sua benevolenza, che 6 cosa dolce, e lu-singhiera per me; e si assicuri che 1' affetto e la stima che le professo, sono certo e saranno in me inestinguibili. Capodistria 24 Feb.o 1842 Suo dev.mo affez.mo Serv.e Francesco de Combi Al Chiarissimo Signore Don Pietro Can.o Stancovich Dignano per Barbana ') II Combi, che vagheggiava un' altra istituzione, vedeva le cose con un pessimismo che i fatti non hanno confermato; e 1' Istituto Grisoni ha fatto molto piu del bene che egli non prevedesse. Confronta gli elogi di Iacopo Bernardi nelle Lettere sulVIstria (Capodistria 1866) p. 46. 2) Giuseppe d' Andri capodistriano, cancelliere vescovile, fu amicis-simo di Francesco e Carlo Combi, al quale forni molte indicazioni per la Bibliografia istriana, v. introduz. VI. L' amore delle cose patrie si continuo nei suoi degni figliuoli. 8) V. Pag. istr. XI p. 11. II Konte di M e II Bico lemtizio ebroo a Cfierso A raccogliere 1' erediti del Sacro Monte sorse invece subito 1' anno seguente un banco ieneratizio ebreo: non v' ha dubbio quindi che 1' istituzione era entrata nel favore della popolazione, se il buon naso d' un ebreo pens6 di farla risor-gere per suo conto. Almeno da quant' egli ne dice nella domanda che rivolge al Consiglio per essere accolto quale feneratore, sembra che 1' ebreo Hieremia q. Salamon Riciardo losse arrivato per caso a Cherso e, avendo sentito che il Consiglio aveva I' intenzione di far venire un ebreo che prestasse denaro ai cittadini, ap-profitt6 per offrirsi egli stesso. La domanda presentata per 1' approvazione al Consiglio venne preceduta da una relazione, ora si direbbe cosi, in cui, tratteggiato un fosco quadro delle condizioni tristissime nelle quali versava il popolo, i giudici e gli avvocati della Comunita ne raccomandavano caldamente 1' approvazione, ritenendo di fare con questa «buona et chari-tatevole provvisione cosa grata a la Divina Maest&». Eccone i due documenti che trascrivo dal Terzo Libro dei Consigli della magnifica Comunita di Cherso, grosso volume manoscritto, in cui sono registrate le tornate del Consiglio dal 1556 al 1588, conservato nell'Archivio munieipale. Proposta dei giudici e avvocati della M.a Comunita di Cherso per la condotta d' un ebreo feneratore. 9 aprile 1577 Cl.smo Sig.r Conte et Cap.o Spett. Cons.o Considerando Noi Giudici et Avvocati della M.ca Comunita di Cherso quanto sono grate a la Divina Maest& le buone, et charitatevol provisioni che si fanno nelle citt& a beneffitio universale et principalmente dei poveri. Percib siamo mossi et intendemo non mancar a quanto siamo tenuti, sostenendone le forze nostre a le qual accresce 1' animo di far ogni buona operatione vedendo che i deputati rappresentanti il populo, et tutta 1' universit& esser d' un istesso volere. Per tanto essendo venuto un Hiereraia Ricardo hebreo, et havendo dato intentione anzi promesso fermamente di venir a stanciar in questa cittži sempre che questo Cons.o lo voglia accettar, con licentia per6 et buona gratia di Sua Ser.tft et imprestar dan.o sopra pegni a tutti universalmente di questa citt& et Isola, et far altro della profession sua, come nelli capitoli a Noi da lui apresen-tati et che a vostre spetabilitži, sarano letti, si vede li quali diligentemente esatninati comprenderano, con la loro prudentia di quanto commodo, et beneffitio sar& 1' Hebreo predetto a tutti universalmente et specialmente ai poveri, i quali nelle loro necessM haverano modo di prevalersi con pegni di quella quantit& de danari che li far& bisogno senza vendere, come si fa 1' Intrade in herba de formenti, vini, lane, formaggi et altro inanzi tempo, con la miti meno de giusto precio, come hanno fatto, et fanno continuamente quelli che per tempo incorsero in qualche bisogno, li quali se non vendono 1' Intrade, conven-gono, tor a credenza biave, et altro, quasi per il doppio pii di quello che potriano haver, a danari contadi, per sostentar le fameglie, et governar le possessioni per non lasciarle andar in bando, et quando occorse dar huomeni a Sua Ser.tft, come s' ha visto in anni passati nei tempo della guerra nei qual hanno convenuto tuor in credenza et vender le lor Intrade al modo predeto, con molto Interesse et total loro ruina. II che adducendo questo Hebreo si veniri a schivar con ....') per ducato al mese d' usura s' accomodarano .... bisogni et ne-cessit&. Perd parendone cosa buona et giovevole a Noi Giudici et Avvocati suddetti de proponere ponemo parte di accettare et condur il sopradetto Hebreo per anni dieci continui, con li patti modi et conditioni dechiarite et contenute ne i suoi capitoli suddetti. Ma perche a questa 6 necessaria 1' accettation et confermation del Ser.mo Dominio quando a Vostre signorie paresse d' accettar et abbracciar la presente parte, con le sue ballottazioni, come si vede essar, et concorrer d' universal volere. Per tanto andari anco parte di dar cargo a Noi giudici et avvocati de procurar con quella minor spesa sia possibile per ottenir la gih eletta confirmatione. Qual ballottata hebbe Prospere 41 contrarie 9; fu presa. *) I puntini sostituiscono le parole indecifrabili per i guasti del inanoscritto. Istanza deli' ebreo Geremia q. Salamon Ricciardo. Havendo Io Hieremia q. Salamon Hebreo presentito, che questa M.ca Comunitik, di Cherso desidera per molti suoi rispetti condui un Hebreo che presti danari ali' Universit& secondo li bisogni occorreranno a tutta questa Isola, per6 essendo io arrivato in questo luoco per mic diporto et intendendo tal desiderio propongo a Voi Mag.ci Agenti di questa M.ca Corau-nit& che volendomi accettare con li infrascritti capitoli verr6 volentieri con buona licentia et auttorit& di Sua Ser.tA, et di questo Mag.co Cons.o servirli per anni dieci li quali capitoli saranno sottoscritti. 1) Che tutti quelli di questa Isola, a quali prestaro denari sopra pegni siguri debbano pagarmi di ozura soldi doi per ducato al mese che sono vinti per cento, et habbino termine di uno anno recuperar li pegni o pagate le osure renovarli, et siano obligati anco pagar soldo uno per bulletino per ogni pegno tenendo io per mia et loro cautione doi libri uno in christiano et 1' altro in Hebreo facendo li bollettini in tutti li doi modi. 2) Li forestieri cioš quelli fuori di questa Isola volendo denari a usura pagar habbino il doppio di usura cioč 40 p. c.o 3) Che la Communit& sia obligata trovarmi la časa per detto tempo della qual io debba pagar 1' affitto. 4) Che la ditta Com.tž, debba assigurarmi da ladri nella cittži. 5) Che tolendo io de piu over li miei commessi di quanto 6 detto di sopra de usura immediate caschi alla pena de lire 10 de pizzoli per ogni volta da esser applicato la mit& al Cl.mo Rettor del luoco et 1' altra mit& ali' accusatore. 6) Che non seodendo li pegni nel termine di uno anno o non rinovandoli, io possi farli vender sotto la loža .... con uno giudice della terra al piii offerente et se vi fusse sopra abon-dante subito dipositarlo in cancelleria. 7) Ch' io possi prestar denari a cad.o sopra ogni sorta di robbe seben fosseno robbate e sel patron de esse le vor& dar 11 miei danari et interessi mei mi obligo restituirle et al patron sia risservata raggion contra al ladro. 8) Che io possi tenir in mio servitio di chasa una massara christiana non levidandole tener la fede sua et andar alli sa-crificij in chiesa. 9) Che ritrovandomi io o alcun deli miei commessi hebrei d' alcuna meretrice christiana sia coudannato per ogni volta iuxta .... 10) Che la M.ca C.t& sia tenuta far passar la presente mia condutta, li capitoli per Ecc.mo Cons.o di pregadi. 11) Che io possi tenir in ordine una bottega con ogni sorte di robba, come in ghetto de Venetia et tenir merce d' ogni sorte et che li beccari volendo far carne in beccaria non posi levidarli a schanar giusta 1' usanza de hebrei. 12) Che uno anno avanti il compimento della condutta sopra detta siano tenuti loro et io dar notitia 1' uno aH' altro se si haver& continuare o restare et dovendo continuare sia obligata essa M.ca C.t& ottenirla da Sua Ser.tži. 13) Offerendomi io passata la mia condutta deli'Ecc.mo Cons.o di pregadi in termine de mesi sei venir alla ressidentia et attender quanto ho promesso di sopra, che non venendo sia obligato pagar di pena ducati 100 da esser divisa, come di sopra la miti alla Comuniti, 1' altra al Cl.mo et offerisco do-vuta idonea piezaria. 14) Io Hieremia imprometto di imprestar alla M.ca Com.tži duc. dusento doguora che haverano haver fatto passar li sopra detti capitoli per pregadi e chio sia venuto in questa citt&, con questa condition che la ditta Com.ta, over li agenti della ditta mi siano obligati dar duc. 50 aH' anno che saria in anni 4 havermi esborsato li duc.ti dusento et non dandomi ogni anno duc. 50 siano obligati pagar di usura 20 p. c.o obligandomi tutti li beni della spett. Comunitž, et tanto mobeli quanto stabeli. * * * I capitoli approvati dal nostro Consiglio non differiscono gran che da quelli che regolavano i banchi feneratizi d' ebrei a Capodistria e a Pirano4). Pifi brevi e piii concisi questi ') Vedi F. Majer: Gli ebrei feneratori a Capodistria, «Pagine Istria-ne», A. IX, N.ri 10-11 e segg. e la Monografia deli'Ive g-U citata. deli' ebreo Geremia Ricciardo racchiudono tuttavia i vantaggi in quelli contenuti; nel caso nostro, per la diversit& deli'epoca alcune disposizioni dei primi si rendevano affatto inutili come 1' obbligo per 1' ebreo di portare il segno infamante indicato nei capitoli di Pirano e del resto di gi& prima abolito in quelli di Capodistria e 1' accenno espresso che 1' ebreo sarebbe al sicurc da ogni molestia. II contratto che la ComunM di Cherso stringeva con 1' ebreo appare tuttavia molto piu vantaggioso di quelli con-chiusi dagli altri comuni, poiche essa otteneva dali' ebreo un prestito di duecento ducati esenti di interessi per quattro anni; piu sfavorevole forse per la disposizione contenuta nel capitolo 4° per la quale la Comuniti doveva assicurare 1' ebreo dai ladri, il qual capitolo nella votazione articolata ottenne un' e-sigua maggioranza, essendosi incontrate »balote de pro 27 de contra 23». Quanto a lungo si sia intrattenuto 1' ebreo Geremia a Cherso non ci fu dato di sapere, n6 quale attivitži vi abbia esplicato. Non sappiamo neppure se prima deli' istituzione del Sacro Monte di Pietft anche a Cherso la fenerazione sia stata esercitata da toscani e poi da ebrei come altrove in Istria: documenti di tale conferma ci mancano e da quelli che ci ri-mangono dovremmo credere che qui sia avvenuto 1' opposto, cioe che 1' istituzione del Monte di Piet& abbia preceduto il banco feneratizio ebreo o privato, anzi che gli abbia spianata e aperta la via. Ci piace per6 notare in fine che gli ebrei a Cherso, sia che avessero in Geremia Ricciardo il solo rappresentante, o che vi si fossero stanziati molto prima come a simiglianza degli altri luoghi d' Istria si dovrebbe supporre, lasciarono tracce indubbie che comproverebbero la loro esistenza in questa citt& anche se i documenti piu sopra riportati fossero andati smarriti. In una scala di pietra, in fondo ali' androna che s' interna ali' angolo di Via Nascimbeni e la Piazzetta S. Martino, ove conservasi ancora intatto il carattere antico della citt& coi magnifici palazzi cinquecenteschi della famiglia Rodinis, il secondo gradino 6 formato da un frammento d' una lapide ebraica che sembra esser stato un architrave di porta con suvvi incisa una preghiera. Rinnovandosi il selciato nella bot-tega a pianoterra della časa civ. N.ro 705 in Via Sebastiano Quirini, sotto una lastra fu trovata una scatola di latta con-tenente una pergamena con una preghiera ebraica che, dai ca-ratteri, fu giudicata molto antica: la scatola aveva sul coperchio un pertugio quadrato ricoperto di vetro e la pergamena era involta in modo che vi apparissero dali' esterno tre lettere scritte in carmino. Oltre a ci6 la calle Adrario, ove ancor oggi si trovano i piu vecchi negozi, viene chiamata tuttora dal po-polo il «Ghetto». Antonio Cella VEESI 1. Al dolore. Guardami in viso, io son di te piu forte: Come un ladro venisti a le mie spalle Avendo accanto la funerea morte: M' avvolgesti d' un velo, e in duro calle Mi trascinasti pallida e smarrita, Sentendoti signor de la mia vita. ■Tu mia schiava sarai, tutto ti tolsi II palpito d' amore e la ricchezza, II dolce riso in lagrime ti volsi, Offuscai la fiorente giovinezza, I tuoi sogni spezzai, ruppi 1' incanto De 1' ideal, che accarezzavi tanto. Piu nulla omai ti resta, alfin ti piega, Io saro teco sempre a tutte 1' ore, Un laccio indissolubile ci lega, Tu sei mia donna ed io son tuo Signore, Me per tutto vedrai nel ciel nel mare, Ne' campi aperti e accanto al focolare. Vieni, ti stendi fra mie forti braccia, Stanca ti stringi al mio fremente petto, Ascondi nel mio sen la stanca faccia, Morta tu sei nel cor, ne 1' intelletto; Solo se dormi il tuo martirio tace. Se vegli non ti di tregua, nž pace». Ed io dormii immemore del mondo, Inerte giacqui senza forza e mente, Rondine spersa in baratro profondo, Ramo spezzato in gorgo travolgente M' avesti in tua balia, ma per breve ora, Ch6 1' anima non era morta ancora. Ella risorse e ti sfuggi di mano, Rivide il ciel stellato sciutillare, Rivestirsi di flori il monte, il piano, Udi de 1' officine il martellare, De la vita senti 1' impeto santo, Della natura il sovrumano canto. Guardami adnnque io piu non ti pavento, Forza non hai di struggermi o spezzarmi, Non aspettar da me vano lamento. Agguerrita mi son contro tue armi: E' rinverdito il ramoscel spezzato, Ha la rondine il volo ritentato. Fin che m' arde la febbre del lavoro E germogliami in cor alto desio, E della terra schiudesi il tesoro Ed ogni cosa mi disvela Iddio, Io mi sento di te, dolor, piu forte, E coraggiosa affronto e vita e morte. 2. Dormi, dormi (a Laura) Dormi, dormi bimba bella, Dormi, donni dolce amor, Di mia vita sei la stella II sorriso sei del cor. Dormi, dormi, o mio tesoro, Per te sogna il mio pensier Non castelli, regni od oro, Ma bonta, virtu e saper. Ti dia il sole i suoi colori, La natura la belt&, Cresci giglio in mezzo ai flori Angiol sii di caritžt. Dormi, dormi! la bufera Via lontano fuggir& Sia mattino, giorno o sera II mio cor ti vegliera. Dormi, dormi, bimba mia, Fra mie braccia non temer, Non c' 6 amor che al mondo sia Del mio amor piu grande e ver. Potran spegnersi le stelle, Mari e monti sprofondar, Ma il mio amor non si disvelle, Non puo spegnersi o mutar. Torino, aprile 1914. Emilia Cavallari Cautalamessa I Consultori della Repubblica veneta Consultori in Teologia, Canonico ed in Iure della Ser.ma Repubblica Veneta. 1607 — 22 maržo. — In Pregadi si nomina consultore «per 1' utile servizio prestato* Prete M.ro Fulgenzio de' Servi'). 1607 — 10 agosto. Si chiama quale consultore in iure il Dr. Agostino Del Bene 2). 1609 — 27 febbraio. — Si da la carica di consultore al Dr. Servilio dal Treo 3) in sostituzione di Erasmo Graziani morto frattanto. 1624 — 27 febbraio. — E' consultore nelle materie feudali Mons. Lonigo '), s' impieg6 in molte pubbliche occorrenze anche nelle materie legali. 1632 — Sono consultori per le questioni dei confini della Repubblica con lo stato di Ferrara: Lodovico Baitelli5) e Scipione Ferramosca6) (vedi nota 2 in fine). 1648 — 28 giugno. — I riformatori dello studio di Padova propongono e viene nominato consultore il Dr. Giovanni Spolverino 7). 1650 — 27 dicembre. — I riformatori propongono e sono ac- ') Fra Fulgenzio Micanzio nacque in Venezia nel 1570. Portato fan-ciullo a Brescia studio dai Serviti ed entro nell' ordine. Nel 1590 venne a Venezia e fu allievo, indi amico fedelissimo del Sarpi. Pu piu volte a Roma ed a Bologna fu professore di teologia. Sornmo teologo, politico e giureconsulto fu confldente ed inseparabile aiuto del Sarpi per piu di 30 anni. Gli sopravisse e della sua memoria si fece un culto. Mori il 7 febbraio 1654. а) Nativo di Verona, il Del Bene fu poi fatto cavaliere, 3) Camillo Treo o meglio Dal Treo era nativo di Udine e gia fiscale di quella Camera. Per i servigi resi divenne cavaliere. 4) II Lonigo era Pievano della chiesa di S. Giovanni decollato di Venezia. 5) II consultore Baitelli fungeva fino allora da giudice nel collegio di Brescia. б) Questo consultore era nato a Vicenza. ') II Dr. Giovanni Spolverino era nato a Verona e si merito il titolo di «Cavaliere». Ebbe uno stipendio di 800 ducati B. V. cettati: il Dr. Alvise Valle l) ed il Rev. P.re M. Pietro Bortoleti 2) ambidue con 1' obbligo di fermarsi in Venezia (vedi note 3 e segg. in fine). 1657 — 29 settembre. — Si nomina con titolo di consultore teologo e eensore delle Bolle dei benefici ecclesiastici, Brevi e Patenti che venissero da Roma il P.re M.ro Francesco Emo. 1661 — 5 maržo. — Si elegge consultore su proposta dei Ri- formatori dello studio di Padova Girolamo Bucchia 3). 1665 — 3 gennaio. — Si chiama a consultore il Dr. Donato Tosetti, cui si pone a fianco 1680 — 21 settembre. — Orazio Fini, consultore in iure in secondo luogo. Morto il Tosetti nel 1684 — 18 giugno, il Fini diviene primo consultore e gli si conferisce '1 titolo di cavaliere 4). 1684 — 21 dicembre. — Morto il Cav. Fini, in Pregadi 6 scelto 4) II Valle era vicentino e fu dichiarato «in primo luogo», vale a dire superiore al suo collega. 8) II Bortoletti era frate domenicano. 3) Girolamo Bucchia era nativo dalla Dalmazia. ") La famiglia Fini era nobile capodistriana. Diede alla Repubblica i due fratelli Pietro ed Orazio, i quali si distinsero tanto per i servigi prestati, che il primo nel 1654 ottenne la distinzione delle prerogative spettanti alla cittadinanza originaria di VeneziaedTl secondo fu fatto cavaliere. Orazio si distinse con scritti di carattere e letterario (vedi Stancovich: Biografia, e Combi: Bibliografia istriana). Di lui si ha per le stampe le «Orazioni» dedicate al doge e pubblicate in Venezia dal Valvasense nel 1680. — Da nostre note rileviamo che ser Giacomo Fini di Capodistria, testa nel 1682, 25 maggio, lasciando usufruttuaria dei suoi beni stabili e livelli sua moglie Aurelia Sereni. Notiamo nel testamento il passo che si riferisce alla časa comperata e ristaurata da lui presso 1' Ospitale di S. Marco in Capodistria «che le doveri servire di ricovero, accio preghino con qualche divota orazione per noi, cio6 le tre camerete edificate ad honor della SS.ma T riniti, e non trovandosi occasion di chi volesse in esse albergare, in tal caso affittarle si debbano ad un sacerdote con obbligazione di celebrare ad un altare privilegiato settanta messe ali' anno. Altra časa possedeva ser Giacomo in S. Canciano presso Capodistria«. Non sappiamo quali vincoli corressero fra Orazio e questo ser Giacomo, ma saranno stati parenti di certo. — Ci sia concesso di pubblicare la supplica che la vedova di Orazio Fini diresse al doge onde provare ancora una volta con quanta modestia e quale onesta i consultori servivano la Repubblica, si da morire quasi tutti senza agiatezza (vedi in fine la nota 7). a succedergli il Conte Giovanni Maria Bertolli'), dottore proposto dai Riformatori. 1685 — 26 maggio. — E' consultore P.re N.ro Celso de' Servi, gii aiuto del consultore Emo. P.re Celso riceve un aiuto in Edoardo Maria Valsecchi, il quale nei 1704 — 31 gennaio — diviene a sua volta consultore. 1708 — 28 aprile. E' chiamato a coprire la carica di consultore, fra molti concorrenti, il Conte Antonio Sabini 2), gnl dal 1696 aiuto del consultore Bertolli. Al Sabini si di per aiuto il padre Paolo Celotti de' Servi, che a sua volta nei 1715 — 28 maržo diviene consultore della Repubblica. * * Col padre Celotti chiudiamo la serie dei consultori della Repubblica, sia perche le nostre annotazioni non vanno piu in li, sia perchčs 1' impossibiliti di completarle e manifesta per la lontananza dei patrii archivi. ') II conte Bertolli era vicentino. 2) La famiglia Sabini di Baldacco fu ammessa fra i nobili capodi-striani nei 1423, si vantava di origine romana e giA, nei 1473 aveva saputo ottenere in feudo dal vescovo di Cittanova Nicolo II i beni del convento di S. Giovanni di Daila. Piu di tutti si distinse Almerico, soldato prodissimo che combattž in Lombardia e in Catalogna al servizio del re cattolico, poi nominato sergente maggiore di battaglia con ducale Molin (28 luglio 1651) da tali prove di valore che, oltre numerosissime ducali laudative, 1' 8 ottobre 1661 6 chiamato a coprire il pošto lasciato vacante dal conte Pompeo Strassoldo, di sopraintendente di tutte le milizie e stipendiati alle tre isole venete del Levante. I documenti relativi si conservano ol-trech(j nell' archivio antico di Capodistria, anche in quello della famiglia Grisoni. — Antonio, oltreche esser dotto, fu di un' attivita grandissima. La famiglia Sabini possedeva vaste tenute e čase, di queste ultime parec-chie in Capodistria, la principale poi ali' odierno Belvedere, e si estinse nei 1736 col conte Francesco fu Almerigo e quasi tutti i beni passarono alla famiglia Grisoni di Capodistria, di cui una Erminia nata il 12 maggio 1626 era andata sposa al co. Almerico Sabini. La lite fatta dal conte Francesco Grisoni per ottenere i beni della famiglia estinta Sabini, duro parecchi anni e diede origine all'archivio Grisoni ove si trovano mal conservate tutte le copie di documenti e gli atti relativi a questa lunga causa. Ora il tutto š in mano della chiesa capodistriana in grazia di una virgola male o troppo bene messa nei testamento deli' ultimo conte Grisoni (vedi nota 9 e 10). Non siamo arrivati a stabilire con esattezza gli anni di servizio ne i precedenti dei consultori Stella da Brescia, Masserini da Udine, Pier Paolo Rutilio e Rutilio Frangipane, e lasciamo tali ricerche ad altri, cui, piu forlunati di noi, 6 dato ancora di richiamare alla mente dei contemporanei le glorie passate della splendida Regina deli' Adriatico. N O T K Trovate durante le nostre ricerche negli archivi alcune note, copie ed estratti antichi, ne pubblichiamo, in appoggio di quanto detto 6 in precedenza, alcune che riteniamo degne di essere rilevate. 1. Consulti del P.re M.ro Paolo N.o 8. C. 180. 1611 II Teologo pu6 servire rispondendo in causa di religione, e di coscienza. In questo governo vi puo esser bisogno di simil conseglio, quando gl' Inq.ri trattano di tirar & quel Tribunale le cause che non li appartengono. E quando si tratta prohibiz.ne nuova di Libri E quando i sudditi Greci havessero ricorso al Pn.pe nelle Cause spirituali contra li loro Prelati, le quali cause, secondo 1' antichiss.mo uso della Chiesa Greca sono state sempre giu-dicate dalli Pn.pi, e cosl conviene che sia fatto al presente. II Canonista pu6 servire dove si tratta della disciplina ecclesiastica, concordando le due giurisdizioni spirituale e tem-porale, si che 1' una non impedisca 1' altra. In questo governo pu6 prestar servitio dove si tratti di publicat.ne di Bolle, editti o altri novi precetti ecclesiastici, In cause di X.me Ecclesiastiche, In cause di Feudi, Enfiteusi, e locazioni ecclesiastiche, In cause de Iuspatronati In cause deH'immunit& delle Chiese, e luoghi ecclesiastici, In cause di qualunque altra esenzione, o libert& ecclesiastica. Quando li sudditi ricorrono, reputandosi gravati dai Prelati indebitam.te con censure, o altri precetti, Nelle cause possessorie de' benefici ecclesiastici, E altre possessorie tra due Ecclesiastici, o tra 1' Eccle-siastico reo, et il secolare attore, Et in altre cause di simil natura, le quali universalraente si puono chiamare cause di giurisd.ne, o competenza di foro. In queste il Canonista, che serve il Pn.pe non ha da ri-sponder sopra il merito, ma semplicem.te sopra la competentia del foro, e se la causa appartiene al Foro temporale. Quanto al merito, viene poi giudicata dal Pn.pe, o dal Mag.to secondo la sua coscienza. II Leggista pu6 servire in cause di giustizia. In questo governo vi pu6 esser bisogno del suo consiglio in Cause de' Confini. In Cause, dove i Sudditi havessero ricorso, pretendendo esser offesi da altri Pn.pi, o dalli sudditi loro. Ma sono cosi congiunti gli studi del Canonista, e del Leggista, che se bene alcuni si esercitano in uno, et altri in 1' altro pr.palm.te e pero vagliono anco piu nel suo proprio, nondimeno possono anco servire nell' altro. Le Cause di giustizia, che sono tra il Pn.pe, e li suoi sudditi, overam.te tra li stessi sudditi, non hanno da esser giudicate, se non havendo rispetto alle Leggi proprie, et alla equit&; onde di quello che il Pn.pe delibera in esse, non ha da render conto ad altri, che a Dio, et alla propria coscientia, per il che non vi 6 bisogno di altro Conseglio. Ma dove interviene 1' interesse di altro Pn.pe, oltre le leggi proprie, 6 necessario anco saper le leggi, con che 1' altro Pn.pe si governa. Con li Pn.pi secolari non possono nascere se non cause de' confini con li confinanti, e di qualche gravame dei sudditi. Col Sommo Pontefice possono occorrere queste, et ancora tutte le competenze di Foro ecclesiastico, 6 secolare, perchfe li altri Pn.pi sono aifatto esterni al Dominio; e per6 non hanno che fare ne sopra il Ter.rio, ne sopra le Persone, ne sopra le cause di esse. Dove che il Sommo Pontefice si tiene P.rone di tutti li Beni Ecclesiastici, che sono nel Dominio, e di tutte le persone Ecclesiastiche, e di tutte le cause spirituali, e delle Miste ancora. E percM si cerca sempre di amplificare, et estendere la propria giurisdiz.ne, e non 6 cosl facile discernere le cose spi- rituali, temporali, e miste, per la coimessione, che hanno in-sieme, vi 6 bisogno di gran dottrina, e pratica, per fare, che ambedue le giurisdizioni, Ecclesiastica, e temporale si conten-gano tra li loro termini. 2. Elezioni di Consultori. 1646. 27 Novembre. Di antico instituto della Rep.ca 6 il valersi in alcune par-ticolari occorrenze di huomini, che per dotrina, e integriti si rendano habili k portarle i propri pareri, onde piu che mai e necessario il provedere di tali persone, perch' & molto avanzato in et& chi al presente n' esercita la funtione. L' ander& parte, che resti comesso alli Reform.ri dello Studio di Padova di contribuire ogni maggiore diligenza per venire in lume di alcun soggetto versato in lettere, che inchini servire la Sig.ria Nostra in produrre le sue opinioni in Iure, quando 1' occasione lo ricchieda, con quel decoroso trattenim.to, e coll' obligo di vivere in questa Citta, che vk ingionto di or-dinario con simil carica. Dovranno essi Reform.ri scrivere con premura a' Rettori Nostri, usando tutti li pili efficaci mezi per conseguire il pub.co intento, il qual b che pili non si diferisca questa provisione. Gl' incontri poi, e notizie, che se ne trovassero, doveranno essere portate al Coll.o Nostro, perche dal conoscim.to de' sog-getti migliori possa opportunamente maturarsi la scielta di chi in q.sta materia piu si aggiusti al vantaggio delle cose nostre. 3. Filza Rettori. 1650. 2 ottobre in Pregadi Per seconda. persona parim.ti sia condotto il P.re M.ro Gio. Pietro Bortoletti in SS. Gio. e Paolo D.r in Sacra Teologia, con stipendio di D.ti 200 ali' anno della med.ma ragione, e monetta, e con incarico di doversi andar istruendo sotto 1'e-sperienza de' sud.ti Consultori per informarsi delle Massime, e del fillo de' Nostri importanti interessi, e non smarirsene i lumi, per poter coll' indirizzo di essi sempre essere sostenute validamente le publiche ragioni; i che principalm.te mira con gran prudenza questo Consiglio. (Nota, che con questa Parte fu condotto anco il D.r Alvise Valle per Consultor in Iure; e percič si dice il P.re Bortoletti in 2.da persona. Che col Valle si diede pn.pio k stipendiare i consultori con D.ti 600 ali' anno B. V. obligandoli a fermarsi in Ven.a.) 4. ivi 1650. 26 Novembre Parte di Senato. Sii data facoM, alli med.mi di veder k parte 4 parte li consulti del P.re M.ro Paolo, et altri Dottori. 5. Supplica al Doge del D.r Alvise Valle Ser.mo Pn.pe Dopo il corso di circa anni 40, nel quale io Alvise Vale nel foro di q.sta alma Cittži mi ero esereitato, ritornai stanco dalle fatiche 4 Vicenza mia Patria, et in essa dimoravo, quando k promotione degl' 111.mi et Ecc.mi Reform.ri si degno l'Ecc.mo Senato honorarmi della elet.ne di Consult.r in iure, la qual carica sempre dalli piti insigni soggetti dello Stato tenuta, fu da me ricevuta per singolar marca di honore, e dali' anno 1650 in qu& con sincera fede, e con ogni piu assidua appli-cat.ne esercitata. Hora arrivato ali' etči di anni 75 mi sento rapito al de-siderio della quiete, rendendosi li študij, e le applicat.ni ad un tanto servitio grave peso agli anni miei, il qual tanto pili si considerabile, quanto che ben spesso la podagra assalen-domi, mi rende impotente aH' assiduit&, alla quale mi obliga la mia fede, e ricerca per lo piu il pub.co servitio. Non restando di confessar di haver gran stimoli per assistere alle cose mie domestiche, e per viver in questi anni tanto avvanzati con miei congionti, di ridurmi alla Patria, alla quale tutto che dalla benignit& degl' Ill.mi et Ecc.mi Savij mi sia alle volte concessa qualche licenza, liberam.te non posso conferirmi, mentre la mia condotta mi obliga a continuar 1' habitat.ne in Venetia. Per tanto con riverente espress.ne della mia, non s6 se debba dir volont&, o necessitA, in riguardo anco del p.to servitio, di far renoncia della Carica, supplico hum.te V. Ser.ta, che si degni admetterla, prestandole benigno assenso. Bensi ricever6 per honor singolare, se anco in tempo avvenire si degnasse comandar, che in qualche particolar negotio mi do-vessi conferir in q.sta Cittš, per esponer li miei riverentissimi sensi, come con altri soggetti 6 stato praticato, non premendo io piii quanto di esser liberato dalla continua habit.ne, che porta seco quelle spese che si prontiss.mo per altro di servire a V. Ser.t& per quauto si estendono le forze di me hum.mo suddito. Gratie. 1660-23 agosto — Che sia rimessa ai Savij. Di ordine della Sud.ta Supp.ne rispondano li Reform.ri dello Studio in Terra, giurato g.ta le leggi. 1660. 5 settembre — Informat.ne de' Reform.ri Ser.mo Pn.pe Siamo comandati da V. Ser.t& Noi Reform.ri dello Studio di Padova di dover rispondere alla sup.ca k piedi suoi pr.ntata D. Alvise Valle D.r, con la quale implora di poter rinunciare, col motivo deli' ettl sua avvanzata, e delle indisposit.ni, chc frequentemente lo travagliano, la Carica di Consultor in iure, per molti anni con intiera applicat.ne, e con frutto da lui esercitata. Noi conoscendo in essa il pub.co pregiudicio per il frutto esentialiss.mo, che dal suo pontual, et acurato impiego si riceve, e le difficoM, che s' incontreranno in ritrovare soggetto pro-prio da sostituirvi, habbiamo con molta insistenza procurato persuaderlo & continuare il servitio med.mo. Egli non di meno persistendo nelle consideraz.ni del bisogno, che tiene di un poco di quiete, li habbiamo detto non havere facoltži di esau-dire le sue premure, onde si e risolto capitare avanti VV. EE. con la sup.ca sopraccennata. Al contenuto della quale non potemo, che considerar da una parte che veram.te li motivi del supplicante di bramare sollievo sono efficaci nel peso degli anni assai grave, e nel riflesso alle consid.ni addotte. Quello pero rileva al pub.co servitio sar& pure dalla Ser.t& V. ponderato, onde a Noi non resta altro, che rimettersi Z.ne Donado j Nicold Capello J Reform.ri Andrea Pisani Proc.r I 1660 — 18 settembre in Pregadi. Oanc. Duc.l Terra. La Carica important.ma di Consultor in iure, sostenuta sempre dai piu insigni soggetti dello Stato, viene dal 1650 in qu& esercitata con li requisiti tutti di dottrina, fede, et appli-caz.ne pontualiss.ma dal C. Alvise Valle D.r, promosso alla med.ma dai Reform.ri dello Studio di Padoa, ch' eseguendo li pub.ci Comandi lo prescielsero come intieram.te habile & so-stenere con trutto 1' incarico. In un corso si lungo di dieci intieri anni ha, con la virtti, e con la diligenza piu accurata corrisposto pienam.te ali' espet- taz.ne, ne' piu gravi negotij ben di frequente accaduti, suggeriti havendo lumi, et informaz.ni, che hanno valso di singolar pub.co profitto. Hora nella eta sua molto avanzata, maggiormente grave per le indisposiz.ni, che 1' opprimono, brama il sollievo, e la quiete, implorando la licenza dal servizio, per li motivi suddetti, et altri, che dalla scrittura hum.te letta si sono ap-pieno intesi. Come per6 la istanza 6 accompagnata da tutti li gradi della convenienza, cosl nel ritlesso alla difficoltči di ritrovare oggetto, che oltre le parti della virtu, che si ricerca, ritenga ancora 1' esperienza necessaria per ben adempire le funzioni della Car.ca pred.ta, conviene applicare & qualche mezo, che senza pub.co pregiudizio sodisfi la instanza med.ma; Perd Ander& Parte, che sia commesso alli Reform.ri dello Studio di Padova, di dover estender le proprie diligenze nella Citt&, e nello Stato, per ritrovare soggetto di Dottrina, di fede, e d' intiera habilitžt per sostenere la carica med.ma di Consult.r in iure, dovendo poi con la scielta migliore proporlo a questo Cons.o, perch6 ritenuto al servitio, e per qualche breve tempo istruendosi dallo stesso Valle delle forme, usi, e del piu che sia necessario alla Carica pred.ta si possi poi esaudire il suo desiderio della licenza supplicata. Ben certo il Senato, che nel mentre continuando con la solita applicatione, e virtu do-ver& ai riguardi del pub.co servitio quelli del privato comodo, e sudisfaz.ne per accrescere tanto pii il proprio merito. Dovendosi poi rimostrare verso soggetto cosl degno F ag-gradim.to dovuto alla qualit& del prestato utiliss.mo impiego con qualche testimonio di honore e di stima solito praticarsi con quelli, che in tal grado hanno lungam.te e con frutto ser-vito, come ha lo stesso Valle & pieno incontrato, sia egli per atto spontaneo della pub.ca benignitč\, e per giusta retribuz ne delle sue virtuose fatiche decorato del titolo di Cav.r di S. Marco onde con questo fregio possa assicurarsi di haver nel servitio stesso incontrata la pub.ca soddisfatione, e stabiliti alla sua persona, e časa li gradi piu pieni di singolar, e ben distinta benemerenza. 1660. 17 settembre Coll.o 132 5 4 19 4 5 o — 1 Domini Seg.rio 6. 1665 — 8 gennaio in Pregadi L' ander& Parte, che D. DonA Tosetti sia condotto al servizio della Sig.ria N.ra nella Carica di Consultor in iure con assegnam.to di D.ti 800. B. V. E perch6 6 conveniente, che vi sia alcun altro, che possa andarsi istruendo della formalM del governo, resti eccitato il zelo de' sopraccennati Reformatori di star in pratica di qualche soggetto suddito di attitudine, e sufficienza, per raccordarlo poi con le solite forme. 7. 1680 — 21 settembre in Pregadi. La Carica di Consultor in iure hora vacante per la morte del D.r Dona Toseti 6 della importanza ben nota. Sia pero eccitato il zelo, e la prudenza de' Reform.ri a versare con ogni accuratezza loro per rinvenire alcuno delle qualitži desiderate. E mentre per il 2.do luogo decretato con Parte di questo med.mo Cons.o: 8 gennaio 1665 concorrono nel Cav.r Horatio Fini di Capo d' Istria tutte le parti di virtu, ed esperienza, L'Ander& Parte, che il Cav.r Horatio Fini di Capo d' Istria resti condotto in 2.do luogo al servizio della S.ti N.ra nella Carica di Consultor in iure. Con assegnamento di D.ti 400.— B. V. Fu ballottata k Mazzo, e senza strettezza. 1684 — 12 ottobre in Pregadi. L' Ander& parte, che per benigniti di questo Cons.o siano concessi al fedeliss.mo Rai-mondo Fini fig.lo Mag.re del qucl.m Cav.r Oratio [Fini] ducati 15 al Mese B. V., sua vita durante. Quali siano in sostentamento dalla famiglia e con obligo a lui di proseguire ne' suoi študij, per erudirsi poi sotto chi sar& elletto Consultore, e rendersi habile al servizio della S. N. (foglietti 33 e 34, contenenti 2 minute di supplica al Doge) 8. 1698 — 6 settembre in Pregadi. Ricerca il Pub.co servitio, che la Carica di Consultor in iure, sostenuta con merito, et intiera sodisfat.ne del Co. Bertoli, sij assistita sempre da soggetti di Dottrina, et esperienza. Con decreto 8 genn.o 1665 essendo stata stabilita la de-stinazione di soggetto in 2.do luogo che habbi ad istruirsi in q.sto rilevante impiego che veniva occupato dal qud.m Cav.r Oratio Finio, hora vacante per la morte susseguente anco del fig.lo, che n' era prescielto sii pero eccitata la prudenza, et il zelo de' Reform.ri h versare con ogni studio per ritrovar persona di virtii, e di cogniz.ne nelle Leggi, di habilita, e che sij disoccupato, per esser impiegato nel carico di Consultor in 2.do luogo; aver-tendo anco il parer et informazione dal med.o Co. Bertolli. Con assegnamento di D.ti 400 B. V. ali' anno. I.a Minuta di supplica al Doge. Serenissimo Principe Taglio prematuro della falce di morte tronco e lo scame di vita, e il corso di profondi ossequi e della fede incontaminata, con cui nel carico di Consiiltore in Iure godesse il giž, D.r Cav.r Oratio Fini 1' onore di servire a V. S. Fu un atto della sua reale clemenza fissare lo sguardo su 1' afflitioni deli' abandonata Famiglia e con testimonio generoso di gradimento verso le lunghe ed indefesse fatiche del beneinerito defonto animare Raimondo di lui figliolo di maggiore eta con 1' assegnamento de D.ti 13 al mese a' študij, et alle aplicatione delle lettere, perche soccorsa la numerosa figliolanza deli' estinto potessero renovarsi gl' olocausti di Devot.no ne sup.titi. Ecco S.mo Pr.pe et P.re nuova sciagura rapito su '1 flor degli anni e delle speranze il preacenato Raimondo quale nell' esercizio del Foro premeva 1' orme del padre per riuscire non infruttuoso, nell' adorato ser-vitio deli' EE. VV. Recise col suo vivere le concepite speranze, rapito 1' apogio magiore della časa rimangono a peso della medesima aftani e sciagure. A Dio Padre ed al Principe che le sue veci essercita in terra la Madre addolorata Ved.a, la rimanente figliolanza del fu Cav.r Oratio nella persona di me A. Fini altro figlio uscito di maschia prole humiliano con dolente ed abondantissime lagrime la serie di cosi acerbe disaventure, riverentemente implorando dali' inesausta munificenza deli' Ecc. S.to la continuatione deli' accennato assegnamento sopra la mia Vita perche sostenendo 1' ossequiosa sviscerata famiglia possa impiegato con animo tranquillo alle aplicationi de študij aver per unica qualche abilita per consacrarmi ali'imitazione del Genitore a la gloria dali'Adorato servizio di V. S.ta e di cadaune deli' EE. VV. Gratie. II.a Minuta. Compatendo benignamente la S. V. 1' infausto caso della prematura morte del gia C.r Orazio Fini che godesse 1' onore di servirle con profondo ossequio, e con fede incontaminata nel carico di Consultore in Iure, con-corse con atto della sua reale clemenza a rimirare 1' afflitione deli' abandonata famiglia impartendogli il sufragio di D.ti 13 al mese in bene di Raimondo silo figlio maggiore, onde la numerosa figliolanza avesse come sussistere e godesse anco la testimonianza del puhlico generoso gradimento verso le lunghe ed indefesse fatiche del benemerito Defunto. Ha udito il S.r Dio che mentre il preacenato Raimondo aveva ter-minato li suoi študij e s' era gi& dato ali' esercizio del foro con aparenze che promettevano 11011 solo un valido apoggio alla sudetta Famiglia ma assicuravano forse oportunamente per riuscire non infruttuoso ad iinita-zione del Padre nel riverito servizio delle VV. EE.y sia pur egli nei prossimi passati giorni mancato sul fiore degli anni con tracollo rovinoso alle infe-licita de sup.titi che delusi delle concepite speranze rimangono nello stesso tempo privi del sostegno che se gli rende piu che mai necessario del men-suale prenominato. Nfe puo temperare tanto affano, ne raddolcire queste amarezze che la sola ptiblica patria caTit&. Nella persona pero di me A. Fini altro figlio del Cavalier Orazio s' umilia con dolorate ed abbondanti lagrime la Madre Vedova, e la rimanente Fraterna, e riverentemente im-plora dali' inesausta Munificenza deli' Ecc.mo S.to la continuatione del-1' acenato assegnamento sopra la mia Vita a sostegno deli' ossequiosa sviscerata Famiglia che porgerš, fervidi et incessanti Voti a la Maestš, del S.r Dio per la lunga felice conservazione di V. S.ta e deli' EE. VV. e per li maggiori incrementi di gloria deli' armi invite di q.ta V. Ser.ma che con paterna beneficent.ma mano ci averš, tolti dal profondo delle miserie. Gratie. 9. 1707 — 28 dicembre. In scrittura degl' Ecc.mi Reform.ri, dopo la morte del Co. Bertoli. Nel chiudere le presenti, trova egualmente opportuno 1' attenz.ne Nostra di rappresentare, che non riempitosi in corr sonanza delle publiche intenzioni il 2.do luogo di Consultore, si attender& da Noi positivo il Comando, pronta sempre la rassegnazione N.ra di renderlo obbedito. 10. 1710 — 8 Maggio in Pregadi. Sia perd eccitato il zelo de' Reform.ri di estendere le loro informazioni per ritrovare soggetto, che posseda li necessari requisiti. Perchš sotto la disciplina di esso Co. Sabini habbi ad esercitare, senz' alcun aggravio della publica cassa, 1' impiego di coadjutore, prendendo anche il di lui parer et informazione. Antonio Leiss Capodistria a Ricolo Bonato (1580-1618) La notte del 5 aprile 1618 i cittadini della quieta e dotta Capodistria furono destati dal tuonar delle artiglierie di Castel Leone e dal rullo sonoro dei tamburi che annunziavano 1' ele-zione del loro antico podest& Nicolo Donato (1579-80) a doge di Venezia. I cittadini si riversarono nelle vie accendendo nu merosi fuochi e lami in molte parti della cittfi, sicche «con-vertirono le oscure tenebre della notte in chiara luce di sereno giorno« e tutti «amici e nemici insieme, deposti gli odii e le passate ingiurie si abbracciavano caramente 1' un 1' altro», ne potendo contenere la lor gioia nei petti, univano altissime grida di evviva allo scoppio delle artiglierie '). II giubilo e le feste in onore del nuovo doge durarono piu giorni e piu notti, come afferma il Manzuoli, testimonio oculare. Al Donato gia prima, nel 1609, i capodistriani, a ricordo del suo amorevole e beneflco governo, avevano dedicato un ritratto del Tintoretto, cio6 di Domenico Robusti, figlio del tamoso Iacopo, con un' iscrizione latina *), in cui i due sindaci, Ottonello Bello e Nicolo Petronio, mettevano in luce i meriti acquistatisi dal rettore nel governo della citt&. Ora, con la scorta di documenti del tempo3), vedremo ') Cosi dicono il Manzuoli, nella prefazione al libro di cui parlo piu innanzi, e Pietro Pola, nel suo discorso per 1' elezione del Donato a doge. 2) L'iscrizione, riportata dal Manzuoli nella sua «Descrizione della Provincia deli'Istria« (cfr. «Archeografo Triestino«, V. S. A. III, p. 179), e la seguente: «Nicolao Donato olim Praetori beneficentissirno in difficil-limo huius Patriae rerum statu semper, sed his praecipue temporibus propugnatori acerrimo, priscae libertatis conservatori invictissimo. Iustini Civitas nuuquam interrituris devincta beneflciis, gravi consi. decreto perp. P. Procuratoribus svnd. Octonello Bello D. et Nicolao Petronio 1609». E' da correggere quindi la data 1619 in 1609 riferita dal Caprin nell' «Istria Nobilissima» p, I, p. 228. 11 ritratto ando perduto, ma una copia o forse 1' originale stesso, di mano del Tintoretto, doveva trovarsi, al tempo del Manzuoli, in časa di un signore non nominato e fu vista dal nipote del Donato, da Giovanni Querini, che vi compose sopra una stanza di canzone (Manzuoli: Raccolta ecc. pag. 90). s) Le notizie sul governo del Donato a Capodistria le traggo, in massima parte, da alcune prose del libretto del Manzuoli, di cui parlero poi e dalla relazione del Donato al doge stesso (Relatione del Nob. Homo Ser Nicolo Donado ritornato di Podesta et Capitanio di Capodistria. 1580, in Atti e Memorie della Societa Istriana ecc. VI, pagg. 85-93 e dal Senato Secreti, vol. LXXXII, Atti e Memorie VI, p. 301). quali furono le benemerenze del Donato verso la cittči, che ne conserv6 sempre affettuoso ricordo e ne onor6, quanto era in suo potere, la memoria, quand' egli mori fra il compianto universale. Nicolč Donato fu sindaco e «avogador» in Dalmazia ed in Albania, dov' ebbe collega Marco Diedo ; nel 1575 podest& a Vicenza, nel 1579 80 podesti a Capodistria; nel 1590-91 luo-xgotenente nella Patria del Friuli, dove provvide alla carestia che minacciava tutta 1'Italia; nel 1594 rettore di Brescia; nel 1598, durante F infierire della peste, provveditore generale nella Patria del Friuli; nel 1602 di nuovo capitano di Brescia; nel 1618, il 5 aprile, sali il trono ducale, per breve tempo ch6 il 10 maggio dello stesso anno, mor) improvvisamente. Nel suo breve principato riusci a conchiudere la pace del Friuli ed a sventare la pericolosa congiura degli Spagnoli, che miravano a spegnere la libertA della gloriosa repubblica. Sotto il rettorato del Donato si cominci6 a Capodistria 1' esca-vazione della palude che minacciava di unire la cittž. alla terra ferma verso Castel Leone e, quel ch' k piii, la salute dei cittadini. «Quest' escavazione, dice il Favonio nel suo di-scorso, altro dire non vuole, se non che questa povera pianta, la quale di presente 6 ripiena di miserabilissime rovine, non diventi piu a guisa di un' altra citt& di Pola'), quasi del tutto inabitabile, che 1' infelice non solamente non incorra in una cosi cattiva, orribile ed abbominevole e nefanda disgrazia di solitudine e di diserzione, ma sia come conviene restituita alla Interessante, e non senza nobiM di forma, a questo proposito 6 il sonetto che il Manzuoli pubblica nella descrizione deli' Istria (a pag. 192), composto da un «nobile spirto» a compiangere le tristi vicende di Pola: Gli Superbi edificij, e le famose Pompe giaccion di te Citta superba Sepolte, ahi lasso, sotto pruni, ed erba A 1' illustri memorie in tutto ascose. Se ben il tempo, con suoi denti rose Ilio superbo con sua morte acerba, Pur la memoria intiera ancor si serba In mille illustri carmi, e mille prose. Tu piu volte cadesti, e giaci ancora Sepolta in cupa tomba deli' oblio Con la vita perdendo ogni tua gloria. Molti occasi vedesti, e mai 1' Aurora, Ond' io dico piangendo, il tempo rio Uso teco infelice ogni vittoria. sua pristina salubritade di aria, sicurtade di sito, e comoditade di negozio*. Infatti la palude era si pericolosa alla citt& che, mentre negli anni precedenti v' erano dieci e fin dodiciraila abitanti, al tempo del Donato salivano soltanto a 5280, ed a ogni nuovo computo si vedeva scemato il numero dei cittadini. Specialraente verso la terraferma la palude era in tal modo cresciuta, che, restando gran parte del giorno scoperta ai raggi cocenti del sole, si levavano ammorbanti e pestilenziali vapori che rendevano la citta malsana. Nel 1580 dali' agosto al set-tembre morirono nella citt& piu di trecento persone, la maggior parte donne e bambini, di cui tre quarti appartenevano a quelli che abitavano il rione della citt& volto verso la palude. Di piii, mentre prima la citt& era una delle migliori fortezze del-1' Istria, perchfe circondata da ogni parte dali' acqua, ora, causa la palude, veniva a congiungersi con la terraferma, dando facile adito ai nemici che gi& allora avrebbero potuto attraversare la palude con cavalli e carri. II Donato invi6 un progetto, de-scritto fin nei suoi minimi particolari, in cui proponeva di de-viare il corso dei due fiumi, del Fiumicino e del Risano, le alluvioni dei quali avevano concorso alla formazione della palude; la spesa sarebbe stata di 1500 ducati, «spesa insensi-bile rispetto al beneficio che resulter& da questo, siccome anco fino dal 1559 a dl 30 novembre et in altri tempi fu deliberato, et principiato a eseguir; ma poi per mancamento de un poco de danari fu intermesso il lavor fino a questo tempo, il che ha causato che quel principio de cavamento fatto si š quasi del tutto ammunido». La repubblica spinta dalla relazione del Donato, invi6 G. Battista Calbo, provveditore in Istria, ed un maestro deli' acque ad esaminare le condizioni della palude, a studiare i rimedi ed a tracciare un piano delle spese e dei lavori da eseguirsi'). Un altro beneficio fu 1' istituzione a Capodistria di un magistrato supremo d' appello per tutta 1' Istria, anche per le isole di Cherso ed Ossero, sicchš cosl la citt& acquistava maggior importanza e diventava di fatto la capitale deli' Istria. Con questa nuova istituzione il Donato voleva por riparo a Quanto riguarda i meriti del Donato e da aggiungersi a quello che scrissero silile condizioni di Capodistria in questo tempo B. Schiavuzzi in Atti e Memorie V p. 319 472: «La malaria in Istria®, e G. Vatova nella »Colonna di S. Giustina >. molti inconvenienti: i poveri erano oppressi non solo dai piti potenti e dai piu ricchi, ma anche da quegli stessi ch' erano mandati dalla repubblica ad amministrare la giustizia e a di-fendere i sudditi dali' oppressione dei prepotenti; poi le cause civili favorevoli ai ricchi rimanevano inappellabili come le sentenze fatte contro di loro; era inoltre molto incomodo ed arrecava grave dispendio il portarsi a Venezia per cause d'ap-pello; sarebbe stato quindi consigliabile istituire un tribunale acl ultima istanza nei luogo principale deli' Istria, per maggior comoditi dei sudditi e per metter anche un freno alle ingiu-stizie dei rettori. Per migliorare la difesa della citti introdusse 1' arte e 1' uso delle bombarde, e affinchč gli artiglieri ne conoscessero bene il maneggio istitui una scuola chiamata «la compagnia dei Bombardieri», con capi e statuti speciali. Oommincič a ri-emendare gli statuti della citti; corresse 1' abuso in cui si trovavano i cittadini riguardo ai torchi delle olive; aperse per privato vantaggio ed utilitži pubblica due pistorie; prestb al fondaco duemila staia di frumento durante una grave ca-restia; procurb a! Monte di Pieti il prestito di tremila ducati, liberando cosi i poveri dalle usure degli ebrei. II Donato fu, non solo durante il suo rettorato, ma anche per circa qua-rant' anni di vita che ancor gli rimasero, il piu valido e benefico protettore di Capodistria, che, a dimostrar la sua gratitudine, incaricd il suo sindaco Vergerio Favonio d' esprimere in un discorso di ringraziamento tutta la devozione dei cittadini al Donato quando partl dalla citti e, perchč rimanesse ricordo dei benefici ricevuti, volle che i suoi piu valenti scrittori det-tassero le seguenti epigrafi latine l): Sopra la loggia pubblica presso la camera fiscale furono incise le parole: «Nicolaus Donato Praetor, Vir, Clarissimus, et ad omnia compositissimus si morer Ingenium Rerum literarumque peri-tiam confideres. Quem tu et optimum iure appelles, si illud spectaveris quod in gerendo Magistratu Iustitia, Pietate, Pru-dentia, optimos quosque longe antecellit. Ne quid tantae virtuti deesse videretur nervos Reipublicae vectigalia omnibus qua ad eam rationem pertinent (quod ante r) Manzuoli: Raccolta di prose ecc. pagg. 121-122. ipsum alius nemo ne cogitare quidem ausus est) sapientissime moderatissimeque; constitutis conservavit. MDLXXX Prid. Kal. Aug. Sopra la piazza pubblica: «Nicolao Donato Praetori vere optimo inter coetera pul-cherrima statutorum emendandorum authori cam post nobilis-simam paludum legationem, pistoriae, tormentorum bellicorum trapetorumque; arctis usum in magnis aedificiis publicis a d publicam utilitatem primus huic urbi procurasset, grata Civitas Petro Doctore Vergerio Favonio et Ioanne Victorio Sindicis curantibus. MDLXXX. Kal Aug. Urbis amor, farna melior, spe maior al umne Virtutis, nostris aderis ut mentibus absens Magnaque; pensabunt magnae tua facta coronae Nella loggia nuova in piazza: Stabit fons Marius stabit tua gloria nostra Inclyte tu Mario, Mario nostro coronat. MDLXXX Nel fondaco: Nulla dies memori Nicolaum hunc eximet aevo MDLXXX. Sopra il disegno della cittš, regalato al doge: Cor ut habes, habeas nostra haec sic Urbis et ore. Nel libro del fondaco rinnovato dal podestži: Inventum boc Donate tuum, et tua gloria solus Fucos, et fraudes sic Nicolae vetus. Quando il loro protettore fu eletto doge, oltre alle feste di cui parlai sopra, i capodistriani decisero d' inviargli a Venezia un ambasciatore, Pietro Pola, per tenere il discorso di congratulazione, e vari nunzi a riverire il nuovo principe. La morte improvvisa di quest' ultimo tronc6 le speranze di nuovi benefici e i preparativi per 1' invio deli' ambasciata. Non per questo gli antichi sudditi si dimenticarono del loro podesti, lo vollero anzi onorare con un ricordo piu duraturo e, non con-tenti delle iscrizioni scolpite in suo onore e del ritratto del Tintoretto, stabilirono di erigergli un busto in bronzo. La de-cisione fu presa nel consiglio il 28 dicembre del 1618, e il proponente, poicM si trattava di si illustre personaggio, co-minci6 la sua proposta con grave solennita: «Se la Citt& nostra tien memoria nelli suoi scritti de' Colchi, che la fondorno, se di Pallade, alla quale era dedicato il Scoglio, se di Giustino Imperatore, che la riedific6 dopo le sue ruine, quanto maggior-mente dovr& mostrarsi memore e grato verso il Serenissimo P. Nicol6 Donato di gloriosa memoria gia nostro benignissimo Rettore, che 1' ha non dico solo nel tempo del suo Reggimento custodita, ed in riputazione conservata, ma anco per il corso di quaranta anni dopo ampliata di gloria ed onore, e liberata da molti e molti travagli, che gl' erano tessuti». Dopo aver enumerati i benefizi arrecati dal doge defunto, per non esser tacciati d' ingratitudine propone «di erigere una Statua di Bronzo al Serenissimo Prencipe Nicol6 Douato con una memoria scolpita in lettere d' oro in Marmo nero, d' esser posta in Piazza, o in altro luoco publico, come meglio parer;'i, ad eterna sua memoria e gloria, il che apporter& anco a questa Citt& honore, nel vedere, che a di nostri habbiamo havuto un Nostro Rettore Prencipe Serenissimo di una tanta Republica, e dar& animo ad altri Illustrissimi Signor di ricevere la nostra protezione, vedendo che non solo in vita, ma molto piu in morte noi habbiamo sempre amato il Signor Nostro Frencipe invitto, e benefattore» '). La decisione del consiglio fu comu-nicata ai nipoti del Donato, che inviarono ai giudici e sindaci della citt& una lettera di ringraziamento per le onoranze rese allo zio 2). Nel 1620 fu consegnato il busto del doge al comune dallo scultore Bassa e collocato, con feste inaugurali, sopra la porta del Consiglio. II. Ricordo migliore pensč di erigere al Donato, Nicold Man-zuoli raccogliendo con amore e con pazienza rime e prose scritte in suo onore, a cui un anonimo, rimatore non del tutto spregevole, premise il seguente sonetto: Scolpisci Egida pur, depingi eterna Con scarpelli, e pennelli in bronzo, e in tele II tuo Donato, il Donator, che ne le Parti di te miglior s' estolle, e interna. ') Manzuoli, 1. c. pagg. 78-79. 2) La lettera di ringraziamento dei nipoti del doge, ritenuta inedita, fu pubblicata nell' «Unione» A. VI, N. 14, mentre, con qualche. lieve ri-tocco e con data un po' differente, 10 gennaio e non 6 gennaio 1618, fu edita dal Manzuoli a pag. 82 del suo libretto. Ma 11011 farai, che quella parto interna Piu nobile di lui, tu mai rivcle Per opera di Zeusi, o Prassitele; Che vuol forma immortal materia eterna. Ben il Manzuol potra con peuna industre Rilevar, colorir in dotte carte Quel, che Pittor non puo, non puo Scultore. L' eccellenze deli' alma a parte a parte, Qual Poeta spiegar, qual Oratore Che soli eterno il fanno il nome illustre. 11 libro, finora poco noto, e intitolato: Rime, e Prose -Di Diversi Auttori — In lode — De,] Sereniss. Prencipe — Nicold Donato — Raccolte — Da Niccolo Manzuoli D. di Legge Giustinopolitano — Et Dedicate — Ali' Illustriss. Sig. Nicolo Donato — Nipote di Sua Serenit& — In Venezia, Appresso Alessandro Polo MDCXX — Con Licentia de' Superiori. Consta di 166 pagine piu quattro carte non numerate che contengono la prefazione del Manzuoli, un' iscrizione latina per 1' elezione del Donato a doge e il sonetto succitato; le pagine numerate comprendono 19 prose di varia materia e 87 componimenti poetici, fra cui 19 di istriani. Ci occuperemo soltanto degli scritti di questi ultimi Certo di far cosa grata agli studiosi di storia patria d' altre regioni d' Italia e di portare un contributo alla storia delle raccolte, pubblico un indice alfabetico, che pur troppo manca nel libro, degli scrittori accolti dal Manzuoli nella sua raccolta, indicando nello stesso tempo il titolo, la forma e il numero dei loro scritti: NB. S. =- sonetto; St. C. = Stanza di Canzone; Dis. = Distici latini. Giov. Battista Al: Orazione nel Funerale del Sereniss. Nic. Donato, Prencipe di Venezia, di Giov. B. A.: Academico a S. Giov. Grisostomo — Preceduta da una lettera di Ambrogio Dei (stampatore) ai nipoti del doge. pagg. 71-76. Isabella Andreini: S. del 1594, per Silvan Capello e Nicolo Donato, rettori di Brescia. pag. 135. Anonimo: 6 S., 1 St. C., 1 canzonetta, 1 madrigale, un'orazione nella partenza di N. Donato da Vicenza (pagg. 109113); una Dichiara-zione delle figure che sono sopra lo scudo del Sereniss. Prencipe di Ve-netia D. D. Nicolao Donato, che fu pošto nella Chiesa Ducale di S. Marco (pagg. 103-04; 6 interessante perche descrive particolarmente tutte le figure e ne da il significato simbolico). Giov. Batt. Bell' haver ; 2 S. Nella creazione del Sereniss. ecc. pag. 20. Giulio Benalio: 1 S. pag. 131. Andrea Ber: 2 S. per la morte del Donato pag. 92. Nicolo Boldii: 1 S. per la morte del Donato pag, 89. Aloysius Bellanus: 3 Dis. pag. 131. Gieronimo Braganze: »Relazione particolare delle feste fatte a Vi-cenza in occasione della elezione del Donato fatta da Gier. Brag. al sig. Giov. Biasio Malchiavelli, uunzio di Vicenza in Venezia«. Vicenza li 4 Sett. 1620. pagg. 41-43; non senza importanza per la storia degli usi e costumi del popolo italiano. Rev. D. Lodovico Daini, canonico: 1 S. in morte del Donato pag. 91. Cristoforo Finotti: In Funere Serenissiini — Principis Venetiarum — Nicolai Donati. — Excellentissimi D. Christophori Finotti — Veneti, ex Senatus Decreto Liberaliurn Artium Professoris — Oratio. pagg. 53-65. Fabio Forza : Canzone alla Vergine Santissima — Sopra la mortale afflizione della citt4 di Udene: 11 stanze di 6 versi ciascuna, piu la chiusa di 3. pagg. 165-166. Franciscus Frescus de Cucaneci: 5 Dis. Ad Illustrissimum, atque Amplissimum Nicolaum Donatum Arcendae Pestis Fori Julij Praefectum. pag. 145. Camillus Giroldus: Anno Domini MDLXV. Nicolaum Donatum, et Marcum Diedum, Censores Dalmatia alloquitur (il Donato fu sindaco in Dalinazia assieme con Mareo Diedo) Dis. pag. 105. Accademia degli Invaghiti: Mausoleo. Al Serenissimo N. Donato Prencipe di Venetia, 1 S. p. 87. Accademia degli Invaghiti: Lugubre querella (sic) in morte deli'i-stesso Principe. 1 St. C. p. 87. Accademia degli Invaghiti: In morte del detto. 1 St. C. pag. 88. Risardo Luisino: Carmina Utini reperta in discessu Illustrissimi D. Nicolai Donati Praetoris 1591. Collecta a Ricardo Luisino I. C. Sono 4 brevi carmi latini in Dis., piu un'iscrizione in volgare sotto la Ioggia del palazzo della citta d' Udine. pag. 133. Ricardo Luisino: De Illustrissimo D. Nicolao Donato, Provisore Sanitatis meritissimo. Ric. Luisini. 3 Dis. pag. 144. Girolamo Magagnati: Una lettera di congratulazione al Donato per la sua elezione. pag. 14-15. Girolamo Magagnati: El Gallo dal Magagno in tel partire del Cla-rissimo Signor Niccholo Dona, degnissimo Poesto di Vicenza. Dalla quarta parte delle Rime di Menon a c. 83. E' una lunga ode in dialetto vicentino di 17 strofe di 11 versi per ciascuna. pag. 106-108. Petrus Marchetanus: Ad Illustrissimum D. Nicolaum Donatum ecc. 6 Dis. per 1' occasione in cui il Donato fu Provveditore Generale nella Patria del Friuli. pag. 144. Girolamo Moravio: Panegirico. Per 1'elezione del Donato a doge. pagg. 1-12. Girolamo Ottelio: Orazione deli' Eccell. Ottelio, Fatta come Depu-tato nella partenza deli' Illustr. Sig. Nicolo Donato Luogotenente della Patria. Recitata alli 21. Luglio 1591. pagg. 137-144 Attilio Parisio: 1 S. pag. 21. Petrus Parthenius: Alcuni anagrammi latini col liome di Nicolo Donato. pag. 24. Alexander Paulinus: Vaticinium De Illustrissimo Venetorum Legato Nella prefazione, in data 24 genn. 1619, il Manzuoli '), col .solito linguaggio ampolloso ed encomiastico, dice il principe raorto «degno di quelle chiare trombe, che cosi altamente scris-sero di Achille, di Filippo, d'Alessandro, e di Pompeo», descrive il compianto dei cittadini e il suo dolore per la morte del doge, di cui si sarebbe accinto a scrivere la vita, . Finisce affermando che le composi-zioni da lui raccolte sono poche di fronte alle molte composte in onor del Donato, che gli furono promesse altre canzoni, alcuni sonetti ed un' orazione funebre da amici, ma per non differire di troppo la pubblicazione del libretto preferi di comporlo con quei componimenti che gia gli erano pervenuti, aggiungendovi quegli inviatigli da Giovanni Querini. Gli scritti si possono dividere in 2 serie, in vita ed in morte del Donato. Appartengono alla prima serie un discorso o «complemento» del sindaco Vergerio Favonio ') (pagg. 123 130) ') Dev' esser quello stesso Favonio, che il 19 febbraio 1579, quale ambasciatore inviato da Capodistria, espose in senato le tristi condizioni della sua cittž, natale, causa 1' impaludarsi del Fiumicino e del Risano (cfr. Senato Secreti, vol. LXXXII, in Atti e Memorie ecc. p. 301, 19 feb. 1579). per la partenza del podesti da Capodistria, un discorso che Pietro Pola doveva tenere alla presenza del nuovo doge e che il Manzuoli volle pubblicare nei suo libretto, e varie poesie. L' orazione del Favonio, pur essendo nelle linee generali simile ad altre di tal genere, rivela tuttavia nei particolari e negli aneddoti che 1' abbelliscono una conoscenza non superficiale della storia e della letteratura, n6 manca 1' autore, com' era naturale ed usuale allora, di confrontare il Donato per certi rispetti con gli antichi romani. Di gran lunga superiore, e per forma e per contenuto, — non solo a quello del Favonio ma anche ali' orazione di M. Francesco Grisoni per 1' elezione del doge Francesco Donato (1545), la quale 6 una delle solite ora zioni elogiative senza nulla di originale, e a quella per Mar-cantonio Trevisano (1553) degli oratori di Pirano, in cui, non-ostante 1' ampollositi, si sente pulsare fortemente 1' amor per la patria, per la loro piccola, ma forte cittadella ') — 6 il discorso di Pietro Polas). L' introduzione, perche riuscisse piu solenne, 6 tutta impregnata della filosofia del tempo avvolta da frasi pompose ma prive di senso profondo. Dopo aver ac-cennato alFinsufficenza del suo ingegno nei glorificare si grande principe, il Pola soggiunge che e difficile, se non impossibile, riprodurre con I' arte della parola tutta la gioia ch' egli ed i suoi concittadini provarono nei cuore alla novella deli' elezione, nello stesso modo come l'arte del colore 6 incapace di espri-mere passioni violente: la gioia smodata o il dolore intenso. «Pu6 ben 1' arte imitar in certo modo le operazioui della na-tura; pu6 la pittura, che avanza ogni altra nell' imitazione figurar un corpo in superfizie piana con la trina dimensione, e servendosi di lumi, ed ombre con simetria, e proportione rappresentarlo cosi al vivo, che alle volte inganna il senso del vedere, sicome si legge, che corsero gli animali, e volarono gli augelli aH' uve dipinte da Zeusi, ed al Cavallo figurato da Appelle, ma non pud ella nelle parti esterne spiegar 1' interne *) L' orazione di M. Francesco Grisoni fu stampata dapprima da Francesco Sansovino a pag. 10-12 nei I Iibro della sua opera: «DelIe Orationi recitate a Principi di Venezia nella loro creazione da gli Amba-sciatori di diverse Citta*. In Venetia MDLXII; poi vide la luce nei vol. XXII, fasc. 1. e 2. p. 205 degli «Atti e Memorie« ; quella degli oratori di Pirano nei medesimo libro del Sansovino a carte 39-40. *) A pagg. 32-40 del libro del Manzuoli. passioni deli' animo, e quelle in particolare, che sono gionte ali' eccesso; lo dimostr6 Timante pittore eccellentissimo nella rappresentazione del sacrificio d'Ifigenia; il quale non potendo con la forza deli' arte, 116 con 1' industria del suo pennello sco-prire la mestizia del doloroso padre Agamenone, pens6 sotto manto di ricoprirle il volto per sott' ascondere con 1' arte 1' im-perfetto deli' arte. Eccesso d' allegrezza, eccesso di gioia, eccesso di giubilo e di contento 6 quello, che io averei da spiegare col pennello della mia lingua, n& questa voce lo puono descri-vere, e rappresentare, onde sotto velo di semplici parole, che sono per se stesse segni espressivi degli affetti, e concetti del-1' animo, andrd delineando in superfizie quello, che sti riposto nel centro de' cuori di quei devotissimi sudditi, ne i quali la gioia per 1' elezione vostra al Principato pienamente si sparse, e riempl tutte le potenze dell'anima». Loda poi la sapienza, la bonti, la cariti del principe, «vero simulacro, vivo ritratto del grande Iddio», la prudenza dei patrizi nella felice scelta; ricorda altri dogi della stessa časa, Francesco e Leonardo, di cui il novello doge rispecchia gli altissimi pregi, 1' eroiche virtii; passa in rassegna le opere del principe, specialmente i benefici resi a Capodistria, i cui cittadini, pieni di gratitudine gli presagirono 1' elezione a doge coi versi: »Urbis ecc.; pen-sabunt magnae tua facta coronae*, e fecero rappresentare il ritratto col capo scoperto per poterlo ricoprire col diadema. E qui rammemora il giubilo dei cittadini per 1' avverarsi del presagio; gli augura infine che possa regnare lunghi e felici anni per il bene della sua patria e della repubblica. Nel discorso del Pola, oltre agli accenni ali' arte della pittura, com-paiono qua e li frasi e qualche leggenda che fanno sospettare in lui una conoscenza abbastanza larga della Divina Commedia. (continua) Mario Udina BIBLIOGRAFIA GENERALE A. Mazzi, Leonardo da Vinci nella guerra di Luigi XII contro la repubblica veneta. Nota cronologica. Bergamo, Stab. Tip.-litogr. Fratelli Boliš, 1914. II compianto prof. Edmondo Solmi nel Nuovo Archivio Veneto, A. XXIII, parte I, p. 318 sgg., trattando degli Schizzi Vinciani riguardanti il territorio Bergamasco, attribuiva ai medesimi «un intento militare a servizio del re di Prancia Luigi XII impegnato nel 1509 dalla famosa lega di Cambrai nella guerra contro Venezia®. L'A. con questo opuscolo dimostra che il re di Francia, dopo la battaglia di Agnadello, nella quale i Veneti furono sconfltti, avvenuta li 14 maggio 1509, essendosi quei di Bergamo affrettati di arrendersi, non pose piede a Berg'amo «ne alla testa d' un esereito fatto scendere con giro assai vizioso dalle valli per occuparla, ne come suo signore per pompeggiarvi in comandati festeggiamenti, ovvero per rubarvi, come a Brescia, le argenterie postegli sotto gli occhi in pantagruelici banchetti da una nobilta illusasi di veder meglio assicurate le sue sorti da armi straniere«, ma si diresse verso Brescia, nella quale cit t ti entro il 23. Cio pošto, riportando le induzioni del Solmi che cio6 Leonardo avesse seguito sui campi cruenti le vicende d' una guerra vergognosa e avesse dedicato ad essa tutto il suo ingegno, le dichiara inammissibili, avvertendone le incongruenze e dimostrando 1' impossibilita che nel periodo di circa sei o sette giorni corsi dalla battaglia di Agnadello alla resa di Brescia si potesse rilevare il bacino deli' Oglio da Pontoglio a Ponte di Legno, e la valle Seriana colle piu importanti diramazioni da Ardesio a Bergamo. «Se pigliamo« dice l'A. «alla lettera le induzioni del Solmi, che Leonardo compilasse i suoi schizzi man mano che era giunto in un luogo, e questo lo dice espressamente per quello di Bergamo e suoi contorni (p. 340), e chiaro. che questo poteagli giovare come sua perso-nale annotazione ma non per uno scopo militare«. E cio 6 tanto piu evidente se si considera che vi sono Schizzi fatti da Leonardo di paesi, «nei quali non si senti la necessitA, di far penetrare il re di Francia». Nega parimenti l'A. che Bernardo abbia mai avuto «la funzione di pittore regio nel sognato suo viaggio col re a Bergamo« e chiude cosi il suo opuscolo. «Quando i manoscritti di quel Grande vedranno tutti la meritata luce, e sperabile, che si trovi un qualche cen no, che serva a fissare indi-scutibilmente lo scopo degli schizzi pervenuti a noi; ma fino ad ora non resta piu probabile che la ipotesi, che essi non sieno che ricordi lasciatici da Leonardo delle sue peregrinazioni nelle nostre Prealpi, un testimonio indiscutibile della sua presenza fra noi ne' luoghi che meglio potevano rispondere alla natura di ricerche cosi confacenti alle sue inclinazioni«. M. Bibliografia istriana A) Opere d' istriani e di corregionali stampate iu Istria e fuori; opere di forestieri stampate in Istria. 41. Bruno Astori: Elegie istriane; Oitta di Castello, S. Lapi, 1914. II libretto 6 bello. La copertina, fregiata di due eleganti disegni, come dicono, stilizzati, vi ride un suo riso fresco e promettente. La cai-ta a mano, co' suoi orli a frange, vi vellica insidiosa le dita. Ebbene, ac-cogliamo 1' invito e apriamo il volume. 1 - . ; f f Vf^ Volli la dolce mia terra, tutta comporre in un canto: il sole volli e il pianto coglierne per la mia breve corona intessuta d' ulivo e di spicanardo, — ch' io deporro tremando ali'ara del mio sogno... . C' e molta dolcezza e molta musica in questi versi; c' 6 un sommesso fantasticare di sogno che piace e che persuade; c' e insomma, a dirla in altre parole, uno spunto di genuina e delicata poesia; anche se non garbi t t f 1' immagine del sole e del pianto colti per la corona del poeta. II quale sčguita: E volli, in questo canto, raccogliere tutto 1' azzurro del mare e dei meriggi e degli occhi bambini e deli' Alpe lontana, la vergine sposa d' un nostro amor bello e lontano onde il cor ne dolora... m L'effetto non k piu quello di prima: qualche elemento estraneo alla vera poesia s' 6 introdotto furtivo nei distici, ha appannato la nostra visione. Forse quell' azzurro dei meriggi? forse quell'Alpe, vergine sposa d' un nostro amore, che non s' intende bene che amore sia? forse quell' aggettivo bello, che, a quel pošto e in quel momento, riesce troppo comune e troppo sco-lorito? Cosi in molti altri canti di questo volumetto. Si direbbe quasi che il giovine poeta, diffidente delle sue proprie forze, sia tratto, negli istanti di ininor estro, a correggere e ravvivare 1' ispirazione con mezzi che poi si dimostrano inadatti ali' indole della poesia sua. Anche certe novitA. metriche, certe anarmoniche combinazioni di voci e certi ardimenti gram-maticali e sintattici alle volte non convincono e turbano il piacere estetico. Ed 6 proprio peccato, giacche l'Astori, quando fa getto di tutte le arcate bizzarrie e di tutto cio che, anche a non volere, ciascuno accatta leggendo e studiando i maestri, si dimostra dolce e ispirato poeta, e sa abilmente trar materia di canto da qualche men noto aspetto delle nostre antiche cittadine marinare, dalle nostre arborate collinette, dal nostro verde-az-zurro Adriatico. Fu gi& detto, da altri, che 1'Astori molto deve al d'Annunzio e al Gozzano. Io sarei tentato di soggiungere ch' egli vede il d'Annunzio e il Gozzano attraverso la poesia di Renato Rinaldi, di cui 6 facile ricono-scere 1' influsso in queste Elegie. Forse, la cosa si spiega col fatto che tU anche 1'Astori, come il Rinaldi, ha il glisto dolle cose vecchie e consunte, delle spinette setteceutesche, dei piani un po' stonati e un po' tristi, delle rose un po' passate. Ma questo gusto un po' (non ischerzo, dico sili serio) prezioso e malaticcio e oggi di molti giovani e sta per divenire (se giA non e divenuto) una maniera. Or?, 1'Astori, ch'e un giovine intelligente e colto, sa benissimo che dalle maniere convien studiosameute guardarsi, quando si vogliano meritare lauri onorevoli e duraturi. Ch' egli abbia at-titudine a fare da se, 6 indubitato. Convien dunque che in lili sorga anche la volonta di fare da se. Cio che senza dubbio accadrž,, non appena 1' esperienza ed il tempo gli abbiano afflnato il gia vivace scnso critico. d.