ANNO XVI. Capodistria, 1 Marzo 1882. N. 5. LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per nn anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo.*) 1232. — giugno. L'imperatore Federico II, venuto a Venezia e ad Aquileja, si trasferisce nella Puglia, e durante il tragitto prende alcuni corsari che infestavano l'Adriatico. Mur. Ann. d'It. 1232. — Il patriarca Bertoldo, dovendo accompagnare l'imperatore Federico II nelle più illustri città d'Italia, elegge a suo vicario spirituale nel patriarcato, Enrico Vescovo di Pola. (Continua) Mane. Ann. d. Pr. To. II, 312. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati di quello fatto da altri istituti della stessa specie, 1 dovendo l'istituto provvedere al pagamento degli interessi, con un percento più alto di quello che rende la lettera di pegno, sulle sovvenzioni che riceve dalla filiale in Trieste, sino a quando le cartelle emesse vengano da lei realizzate, e bisogna aggiunga le spese di provvigione e di senseria. Deve inoltre l'Istituto raccogliere il fondo di riserva, sostenere le spese di amministrazione, sempre in aumento, e garantirsi del rischio che corre di eventuali perdite tra il prezzo della cartella pagata al mutuatario, e quello che ottiene dalla vendita successiva della medesima. Ma se l'Istituto, anziché scontare le cartelle, le avesse consegnate alle parti, che cosa ne sarebbe avvenuto ? ... Ecco quanto riceve oggi chi si reca a contrarre un mutuo di f, 1000. Lasciate da parte le spese per l'istanza, le perizie ed i necessari am-minicoli, il mutuatario riceve in Parenzo il 96 per cento in denaro, cioè f. 9 60: poi diffalcato l'interesse di sei mesi anticipati, f. 25 ; le spese di regìa, f. 1.50; di cancelleria soldi 60; stampiglia soldi 30 ; bolli, tasse, competenze erariali, f. 10 circa; assieme f. 37.40 ; gli restano quindi netti in mano f. 922.60. Per l'importo minimo poi di f. 200 domandato a mutuo, ed è questa la somma generalmente più ricercata, il mutuatario riceve netti a domicilio, f. 182. Se questa operazione di sconto non venisse fatta presso l'Istituto, il mutuatario, per solito, come abbiamo già detto, un possidente sprovvisto di quattrini, dovrebbe recarsi in persona a Parenzo, o mandarvi un procuratore, donde appena fatto l'affare, sarebbe costretto di proseguire il viaggio a Trieste con le cartelle in saccoccia; e là, senza offendere nessuno, come scrive l'onor. articolista dell' Istria, e in ciò tutti vorranno convenirvi. L'Istituto di credito fondiario provinciale L'Istria del 18 Febbraio, facendo seguito all' articolo del numero precedente, del quale abbiamo fatto cenno nell'ultimo nostro, confutando le osservazioni dell'articolista dell 'Indipendente (d. d. 28 gennaio), dimostra che la nostra provincia non avrebbe potuto fare da sè; ch'ella cioè non avrebbe potuto mettersi in piazza, senza credito, con le sue lettere di pegno, ed esigere subito fiducia e acquirenti. Fu adunque assolutamente necessario l'appoggio del potente stabilimento di credito per l'industria e commercio in Vienna a mezzo della sua filiale in Trieste; quello stabilimento mise per condizione del suo appoggio, che le cartelle istriane non venissero vendute da altri stabilimenti, per cui furono quotizzate subito a Trieste ed a Vienna a f. 96. Oggilafiliale le vende a f. 97.75; ma se questo è il prezzo di vendita, ci vuole poco a capire che non potrà anche essere il prezzo conteggiato al mutuatario, che si rechi a contrarre un mutuo in Parenzo presso l'Istituto di credito, il quale concede oggi le lettere di pegno a fior. 96; ed è già un prezzo di vanteggio a confronto 34 nove volte su dieci, cadrebbe nelle panie dei soliti faccendieri, e dopo spese sopra spese, ritornerebbe al suo villaggio, moggio moggio, e spennacchiato. Certo anche il più destro, non avrebbe netto l'importo di f. 182, come glielo dà oggi a domicilio l'Istituto di credito istriano. „Ma c'è ancora di più", scrive l'onorevole [ articolista; "molti sono i mutuatari che ricorrono „all'Istituto di Parenzo, non per altro che per „saldare altri creditori; i quali essendo ipotecati, ,nou accorderebbero lo svincolo, se prima non „fossero certi di ottenere l'immediato pagamento. „Alla parte debitrice non credono, ma riposano „ tranquilli invece sulla fiducia che ispira l'Istituto, ed accordano tutti lo svincolo sotto condizione, bene inteso, che l'Istituto trattenga alla „parte l'importo del loro credito, e lo passi a „loro mani. Come ciò potrebbe farsi, se il mutuatario, anziché denaro, ricevesse le cartelle ? „E quello che vale pei creditori ipotecari, vale „il più delle volte anche per l'Erario, e pel „fondo di esonero, che hanno assicurati sui fondi „i l'ispettivi loro crediti." È assai necessario far conoscere il modo con cui funziona il nostro Istituto provinciale, ripetendo, magari, parecchie volte le notizie; perchè non è a credersi quante idee erronee si sono divulgate in proposito. CORRISPONDENZE (L'assaggio dei vini) Parenzo, 21 febbrajo Nell'ultima mia corrispondenza accennai alla importanza di un pubblico assaggio, ed al bisogno che anche qui da uoi si peusasse quanto prima d'istituirlo. Io non vorrò ora intrattenermi sul modo più semplice e conveniente di adottarlo ; che questa è cosa che si lascia fare facilmente. Intendo soltanto in questa mia corrispondenza di trattare la parte tecnica dell'assaggio; vale a dire il metodo di sottoporre ad esame il vino per potere scientemente e giustamente giudicarlo. Per far ciò, è necessario partire da certi punti principali, di giudicare ciascuno di questi particolarmente, e dall' assieme poi formarsi il giusto criterio sulla bontà e sul valore del vino. In seguito alla mia pratica credo di poter consigliare come giusto il seguente ordine nell'assaggio: Si consideri anzitutto, del vino che si vuole giudicare, la chiarezza; quindi il suo colore; poi il grasso e l'odore ; e finalmente l'armonia e l'età. Si prenda annotazione di tutto quanto riguarda ciascuno di questi punti, e si avrà infine materiale sufficente per esporre un basato giudicio. Vediamo ora come si prosegue nell'assaggio, ed a quante cose deve mettere attenzione chi vuole essere veramente perito saggiatore. ,JRÌ l ) r • | i ! Si spilla il vino d'assaggiare in un piccolo bicchiere, pulitissimo, fino circa un terzo; si osserva quindi verso la maggior luce se si presenta perfettamente chiaro e limpido. Nella passata corrispondenza ho detto che precipua condizione pel commercio si è che il vino sia serbevole e di difficile alterazione; ora se il vino che si esamina si presenta anche leggermente torbido, sarà segno che tiene aucora sospese delle sostanze estranee, ■ e sicuro poi le albuminose, le quali siccome sono il nutrimento dei germi parassiti, così possono considerarsi come principale fomento delle malattie alle quali i vini vanno soggetti ; sarà segno che il travaso non venne eseguito, oppure poco bene, e meno poi la filtrazione, la quale oggigiorno viene tanto consigliata, specie pei vini rossi che con le incollature o poco o troppo perdono sempre della loro materia colorante. È vero che con la quantità di tannino che contengono i nostri vini rossi, le sostanze albuminose vengono coagulate e precipitate al fondo, non sempre del tutto però e non sempre è possibile in questo modo di spogliare il vino da quei corpicciuoli che stentano tanto a posarsi e che solo colle filtrazioni ed incollature possono essere allontanati. Oltre a ciò credo bene di osservare che un vino apparentemente chiaro, può, esposto che sia all' aria, intorbidirsi, e ciò succede più spesso, ed è più facile anche di osservare nei vini bianchi i quali per il loro colore giallo dorato doinaudauo una straordinaria limpidezza perchè possano dirsi veramente limpidi. Ciò bisogna ascrivere all' influenza dell' ossigeno sulle sostanze nitrogenate, le quali diventano insolubili offuscando il vino. È per questo che prima d'imbottigliare bisogna porre la massima attenzione, chè il deposito nella bottiglia è cosa intollerabile; ma su ciò tornerò iu altra occasione e quanto prima, perchè" qui (fa uoi, a dirla franca, purtroppo, uou ci si abbada molto in proposito, ed è invece cura necessaria per chi manda le proprie bottiglie in paesi lontani e le espone ad un giudizio. Iu seguito a questo primo esame il viuo potrà trovarsi torbido, leggermente torbido, chiaro, oppure perfettamente chiaro. Passiamo ora a giudicare il suo colorito. Molte sono le variazioni di colore che si possono riscontrare sì nei vini rossi che nei bianchi, le quali servono nella maggior parte dei casi all'occhio esperto dell' enologo, talmente eh' egli può formarsi uu buon giudizio tanto sull'età del vino, che sul metodo di vinificazione seguito per confezionarlo, e ciò nei vini bianchi specialmente, e talvolta poi anche sulla sua bontà. Infatti quando uu vino ci si presentasse d' uu colorito rosso rubino intenso, sarà molto probabile che abbia degli acidi a sufficienza, e potremo poi dire con sicurezza che è giovane, inquautochè la sostanza colorante quando il vino comincia a diventar vecchio, per il lento diminuire dell' acido carbonico nello stesso, e per l'influenza dell' ossigeno, diventa insolubile e si precipita, alla qttal cosa, concorrono poi auche gli eteri che si vanno f rmando dalla lenta combinazione dell' «alcool cogli acidi tartrico, malico, succinicò ed altri ancora, ne' quaii essa è insolubile, per cui il vino prende uu colore giallo rossiccio, che si chiama appuuto colore di vecchio. I vini bianchi hanno in generale un colore giallo che tende al dorato, il quale nou si può attribuire ad ' una speciale sostanza colorante, ma bensì ad una ma- teria bruuastra affine all'humus che si fwma in conseguenza all' ossidazione del tannino e delle sostanze estrattive ; il colore dei vini bianchi si fa sempre più intenso, al contrario dei vini rossi che vanno lentamente decolorandosi, ed il loro giallo dorato si muta in bruniccio quanto più vecchio diventa il vino, quanto più forte cioè l'ossigeno potè agire sullo stesso. Talvolta però si riscontrano dei vini sì rossi che bianchi, i quali se si giudicassero dal loro colore, si correrebbe rischio di commettere un errore, giacché possono possedere il colore di vecchio ed essere ciò nonpertanto giovanissimi; la qual cosa bisogna attribuire ad una irregolare vendemmia in seguito alla quale venne mescolala all'uva buona quantità di grappoli deteriorati e di acini muffiti;-oppure, pei vini bianchi, alla fermentazione colle buccie che non si deve usare, perchè è certo di danno alla qualità del vino. Si noti che in generale nella confezione dei vini bianchi le buccie non devono restare in contatto col mosto che poche ore durante 1' arieggiamento, e sempre prima della fermentazione inoltrata; si è costretti invece a lasciarle un tempo più lungo, quando si tratta di avere un vino con speciale bouquet p. e. Tramiuer, Riesling, Muscatello ecc. perchè l'essenza aromatica si trova nella buccia dalla quale essa non tanto facilmente si stacca. Bisogna procurare però in questo caso di allontanare dai grappoli gli acini offesi ed usare la massima diligenza nella confezione del vino per ottenerlo ricco di bouquet e quanto più possibile bianco. Uopo questo secondo esame si potrà notare pei vini rossi: rosso rubino intenso, oppure rosso rubino sbiadito, o giallo rossiccio o giallo bruno; pei vini biauchi: leggermente giallo, o giallo dorato, o giallo dorato intenso o giallo bruniccio. Dopo ciò si dà al bicchiere un moto di rotazione orizzontale in modo che il vino venga ad umettare le pareti interne fino all'orlo : si lascia quindi il bicchiere iu quiete e si osserva la parete bagnata. Tanto il vino vecchio ricco di eteri che quello giovane fornito di zucchero non ancora sdoppiato, danno origine a delle colonne che discendono lente lente dall'orlo. Se queste si mostrano tosto, e se nei vini rossi sono leggermente colorate, allora è segno che il vino contiene ancora dello zucchero, il quale può essere poi coustatato coli' assaggio ; si noti che un vino il quale contiene dello zucchero anche in piccolissima quautità, subito che la temperatura si innalza comincia ad intorbidirsi, perchè il fermento sdoppia il glicosio in seguito a cui ha luogo lo sviluppo dell'acido carbonico le cui bollicine trascinano seco anche dal fondo parte delle materie depositate. Se invece le colonne anzidette sono limpide, inco-i, rilevate e lente noi discendere, allora si potrà dire che il vino è grasso, che contiene cioè degli eteri, formazione dei quali succede in epoche differenti nei differenti vini ; in generale però si può ammettere che prima del terzo anno essa nou avvenga quasi mai completa, mentre alcuni vini durano 8-10 e più anni prima the manifestino la loro preziosa fragranza. Dopo questo terzo esame per la cui classificazione ti potrà dire o niente, o poco o molto grasso, spoglio (provvisto di glicosio, si scuote il bicchiere e se lo avvicina al naso, il quale ci rende accorti con facilità ii molti materiali che sfuggono alla paziente ed intelligente analisi del chimico e che donano al vino Iprofumo e grazia. Infatti l'esperto saggiatore può co- noscere con che vino ha da fare, se con vino vecchio 0 giovane, se con acido od alcoolico; non so se azzardo troppo col dire che gli acidi stessi nel vino, anche i non volatili, si appalesano al senso dell' odorato, ma nella pratica ebbi occasione, dirò quasi, di convincermi di ciò. La distinzione poi fra vino vecchio e giovane, appoggiati anche all' osservazione che si è fatta più innanzi, riesce facile appunto per la maggiore o minore quantità e per la qualità di profumo; giacché mano mano che il vino invecchia per il processo di ossida-zioue fino massimo della sua perfezione, ha luogo a spese degli acidi e dell'alcool, come sopra accenuai, la formazione di eteri composti che sono il principale fattore dei suoi più squisiti profumi. Per poter prendere annotazione anche del risultato di questo quarto esame si potranno adoperare le seguenti classificazioni: odore di vino giovane, odore aggradevole di buon vino, ricco di profumo, molto ricco di profumo, odore di vino vecchio. Arrivati sin qui si passa finalmente all'assaggio. 11 palato esercitato del buon gustaio più ancora di quanto ho detto pel senso dell'odorato, può giustamente giudicare un vino e scoprire in lui tutto quanto ho detto di prezioso o di disgustoso. — Nel degustare bisogna avere presenti tutti i giudizi che si sono fatti sin da principio dell'esame per sapersi regolare, e quello che anzi tutto deve interessare è la risposta alla domanda: conserva il vino ne' suoi componenti una certa armonia? Ho avvertito già iu altra occasione che a questa è dovuta iu gran parte la squisitezza di un vico, il quale in conseguenza cesserebbe di essere perfetto ove la risposta fosse negativa; un vino veramente buono deve essere aromatico, vellutato, morbido, proprietà che non sarebbero mai ben distinte ove p. e. gli acidi organici si facessero un po' troppo sentire. In seguito all'assaggio si potrà precisare se il vino è debole o forte, munito di molta o poca sostanza estrattiva. Sarà vino pieno quello che anche alcuni minuti dopo degustato si farà sentire al gusto. I vini con molto estratto vengono maggiormente pagati, perchè con questi i commercianti di vino possono eseguire dei tagli che coi vuoti non sarebbero possibili. I vini rossi d'Ungheria p. e. che in generale derivano dalla Kadarka, qualità di vitigno maggiormente esteso in quel paese, siccome sono provvisti di poca sostanza estrattiva, quantunque in certe località distinti, non vengono comperati che a prezzi mitissimi dai commercianti francesi perchè appunto essi non possono con quelli eseguire 1 tagli che desiderano colle loro qualità d' uve. Il vino di Dalmazia, che adesso essi cominciano a comperare a prezzi discreti, corrisponde loro benissimo tanto pel colorito che per la sostanza estrattiva che contiene, e con l'arte che posseggono, di cui soao anzi maestri, è da credere che lo riducono talmente che sotto ad uno specioso nome qualunque lo vendono poi ad altissimo prezzo. Per classificare ora il vino dopo questo quinto esame si potranno fare delle osservazioni : perfettamente armonico, poco armonico (acido, tannato), privo di aroma, aromatico, bouquet poco o molto pronunciato, ricco o povero di sostanza estrattiva. In riguardo all' età ho detto più sopra alla meglio quanto basta, credo, por formarsi un giudizio sulla stessa dal colorito e dalla fragranza ; per poter stabilire però con sisurezza in quale stadio il vino si trovi, bisogna anche accuratamente assaggiarlo. Non si creda che un esperto e perito saggiatore possa sempre dire di un vino che ha 3-6-10 anni, chè questo è impossibile, egli potrà soltanto dire cou precisione questo vino è in via di {orinazione, è maturo, è vecchia, è decrepito, è vicino allo sfacelo, stadi questi che non sono altro che le .modificazioni di uu vino in seguito all'azione dell' ossigene, la quale è tanto più potente quanto più elevata è la temperatura che l'accompagna; ora se si lascia un vino in una cantina la cui costante temperatura non oltrepassi i 4-6° R. e se s'invernicia la botte per impedire l'accesso dell'aria nel vino oltre ai pori delle doghe, si comprenderà facilmente che quest' ultimo anche dopo 10-15 anni non potrà chiamarsi vecchio, perchè sarà ancora forse nel primo stadio, vale a dire in quello di sua formazione. Da ciò risulta quindi che un vino non sarà sempre vecchio perchè avrà degli anni, ma che la sua vera età dipenderà dalle circostanze di temperatura ed areificazioue a cui venne esposto. Esaminato quindi un vino dietro quest' ordine, credo che si possa dare in fine un giudizio abbastanza giusto sulla sua qualità, sul suo valore, e determinare se o meno possa venire apprezzato nella piazza ove si tende di fargli strada. Infatti se nell' assaggio si fosse notato : Chiarezza : perfettamente chiaro. Colore : bel rosso rubino. Grasso : molto, spoglio di glicosio. Odore; aggradevole, ricco di profumo. Armonia: perfettamente armonico, aromatico, ricco di sostanza estrattiva. Età : maturo; credo si potrebbe giudicare il vino come di buona qualità, mentre invece se si riscontrasse, Chiarezza: torbido Colore: intenso rosso rubino Grasso: poco, contiene glicosio Odore: di vino giovane Armonia: troppo acido e tannato Estratto : povero di sostanza estrattiva Età: in via di formazione si dovrebbe concludere che il vino è di qualità per lo meno secondaria. Io ho ammesso d' aver da fare sempre con vini sani ed adatti al commercio, mentre trascurai di parlare di quelli che possono aver subito delle alterazioni e credo di aver fatto cosa giusta, perchè se avessi voluto parlare dei secondi, prima di tutto mi sarei dilungato di troppo, e poi tutta la tiritera sarebbe stata, mi pare, fuori d'argomento. Prima di por fine a questa mia corrispondenza, trovo necessario di avvertire il cortese lettore, che le classificazioni da me esposte dopo ogui singolo esame, I non le tengo per assolutamente sufficienti in tutte le circostanze ; ma che sono persuaso anzi, che in certi I casi si renderebbero utili delle modificazioni ed aggiunte per potere con la massima precisiona far ispiccare le qualità sì buone che cattive di un vino; aggiunte che non possono essere sempre comprese nelle regole generali, e delle quali mi astenni anche di parlare per la ristrettezza con cui dovetti trattare l'argomento. Spero che i miei comprovinciali vorrauuo credere, che nel vergare queste mie righe, altro non ebbi di mira se non di cooperare, a seconda delle mie forze, quindi senza pretensione alcuna, al migliore benessere della mia patria; con tale unico scopo, seguiterò con coraggio e costanza ad esporre le mie idee, ben lungi del volermi atteggiare ad Aristarco, intimando a tutti il quos ego. Z. Pisino, 22 febbrajo L'articolo di Pisino, inserito nel N. 8 dell' Istria tratta del deperimento delle viti in questo distretto e in molta parte di quello d' Albona e di Pinguente, e raccomanda di provare tutto ciò che si riterrebbe giovevole per far risorgere la viticultura, dalla quale soltanto gli agricoltori di queste regioni possono sperare un reddito, necessario ad assicurare la loro sussistenza. La questione però è semplicissima. Le nostre terre sono esauste, e manca letame per rinvigorirle; quindi la vite vegeta come può, ma non dà prodotto e deperisce. Se si debba credere che la vite non fa in terreni privi di potassa, qui certamente dovrà far poco, non contenendo queste terre che traccie soltanto di sostanze alcaline ; e le viti qui non prosperavano che per un lasso di tempo nei terreni nuovi, sieno stati pascolivi con grossa cotica erbosa, oppure boschivi con terriccio, il quale man mano si andava dissodando, ed in quei pochi che poscia ancora venivano concimati. Ora è posto freno al dissodamento dei boschi, e di pascolivi adatti non ve ne souo più; sebbene in alcune comuni di collina si abbia imparato ad approfittare di qualche brandello di terreno pascolivo, sia pure in malagevole postura, per dissodarlo, e piantarvi le viti molto superficialmente per avvantaggiare dello straterello superiore alquanto fertile, e così avere presto qualche prodotto, ma per pochi anni, che la piantagione viene dilavata e scomparisce. Ci vorrebbe adunque letame per piantare viti nei terreni esausti e letame per conservarli nello stato di fertilità. Il rimedio quindi in nul-l'altro starebbe, che nel promuovere l'allevamento del bestiame in quantità corrispondente ai bisogni del paese. Chi conosce le nostre condizioni agrarie, deve rimanere come sbalordito ogni qualvolta gli viene di leggere qualche proposta ad incoraggiamento per piantagioni, 0 per l'aumento e perfezionamento delle derrate, allo scopo di ritrarre tutti gli utili sperabili mediante un bene avviato commercio ; perchè sembra nessuno rifletta, che per avere produzione si debba anzi tutto avere il terreno produttivo. E sì che ognuno è alla portata di persuadersi, che un terreno bene letamato, sia pure neglettamente coltivato, darà qualche prodotto; mentre un terreno coltivato colla meglio applicazione di mano d'opera, e non letamato, resta sempre più o meno improduttivo. Facciasi adunque in primo luogo, e senza perdita di tempo, ad avere terreni fertili, ed il resto verrà da sè. Si prendano quindi tosto le debite disposizioni per aumentare il numero del bestiame, in ispe-cialità gli animali bovini, e per tal modo si avrà il letame per fertilizzare i terreni. Osservo pure, che quando si adducono come esempi le migliorie fatte eseguire da alcuni pochi possidenti, 1 quali possono disporre dell'occorrente denaro, vi rimangano ancora più perplessi quelli che non hanno mezzi di seguirne l'esempio. Ma se di fatto la società agraria, la provincia, oppure il Governo, intenderebbero di prendere delle disposizioni ; è certo che mai si verrà a stabilire qualche cosa senza previa discussione; sicché intanto taluni possono concretare qualche buona idea in proposito, e produrla all' occasione. Le -viti americane *) 1. Caratteri delle viti americane VII. Vitis Bupestris. Forma dei cespugli, spesso priva di viticci, raramente rampicante, foglie piccole, leggermente lobate, con denti larghi e grossolani'; la pagina inferiore è liscia, d'un verde chiaro giallognolo, inferiormente tomentose. I grappoli sono piccoli, acini di grandezza media, d'un gusto buonissimo. I semi sono rotondi a punta corta, ottusi, con piccola calaza, funicolo molto sottile quasi invisibile. Finora non essendo coltivata non si può accertare della sua resistenza. Le opinioni espresse fino ad ora propenderebbero ad affermarla. Vili. Vitis Coribaca. È una vite dei paesi tropicali, somiglia alla Labrusca, ma si distingue pei suoi grappoli lunghi e per la lanuggiue che si stecca dai suoi rami. Il frutto nou è maugiabile, e non ha dato alcuna varieta coltivata. IX. Vitis California. E la vite selvatica del paese a cui deve il suo nome. È poco conosciuta, rampicante, i rami sono tomentosi, foglie relativameute piccole ma accuminate, dentate irregolarmente, a 3 o 5 lobi, se giovani sono biancastre pei peli fitti che vi si trovano e che diventando adulte scompariscono, rimanendone qua e là dei resti. X. Vitis Arisonica. Nou si hanno dati precisi. XI. Vitis Cordifolia. Questa e la specie seguente sono le viti piò robuste degli Stati Uniti. In molti autori si trova la Riparia fra questo gruppo, però l'illustre Millordet dimostrò come quest'ultima formi una specie a parte. Le Cordifolia cresce ognora in tutti i suoli, produce ramoscelli che al principio dell' estate raggiungono la lunghezza di 4-6 metri, di un legno molle, contenente un midollo compatto e facile agli innesti. Le radici sono dure, coriacee, con libro sottile e duro, crescouo rapidamente rendendole in tal modo capaci di resistere alla fillossera. Si arrampica coll'ajuto di cirri intermittenti, foglie medie o piccole, in forma di cuore ed appena trilobate, liscie e lucenti superiormente, nella parte inferiore talvolta vi stanno dei peli sulle nervature. Colla Riparia è la specie che fiorisce più per tempo, i grappoli sono grossi, serrati, gli acini a polpa coriacea, di gusto forte di fragola. Racchiusi in questi ci sta un sol seme, di tinta bruuo olivastra, con fossette colorate di giallo verdastro, di media grossezza, a forma irregolare. La calaza ed il rafe come nella Aestivalis, ma più marcate. Si distinguono anche da quest' ultima per la maggior grossezza, pel buco molto subilobato e colorato in scuro. In un grammo ne contai in media 20, corrispondendo a 20000 per chilogrammo. XII. Riparia. È simile alla precedente, ma di taglia più piccola ed a foglie più grandi, più o meno trilobate, di colore più chiaro, la dentatura più accuminata, e sul finire dell'Estate vi compariscono dei punteggiamenti biancastri. Finisce un mese prima della Coidi-folia, i grappoli sono più piccoli e serrati, gli acini più grossi, matura 8 giorni prima. Prende più facilmente per talea, il gusto del frutto è più grato, resiste completamente alla fillossera. In un chilogrammo si contano 60000 vinacciuoli di color cioccolato, le fossette sono di colore rosso marcato, becco al vertice più scuro, l'estremità superiormente subbilobata, calaza poco mar- cata, ovulare, più larga in basso che in alto ove termina insensibilmente nel rafe lineare appenna sbozzato, calato in fondo a un solchetto mediocremente cavo. Questa vite finora è stata coltivata in selvatichezza, e come tale la si alleverà quale prezioso portainnesti. II. Le viti americane che a noi interessano Passate in rivista tutte le specie di viti americane, il lettore avrà osservato come non tutte ie specie sono atte a resistere alla fillossera. Interessandoci soltanto quelle che resistono, ho creduto bene di aprire un nuovo articolo, nel quale oltre di riunirle parlerò anche sulle loro varietà coltivate. Ho creduto necessario di esaminare tutte le specie di viti americane per far conoscere al viticultore le specie stesse, affinchè nella pratica possa sceverare le buone dalle cattive. Dopo aver parlato delle varietà, intendo trattenermi anche delle ibride, cioè delle piante derivate dall'incrocio di 2 specie differenti, poiché fra queste ne troveremo di buonissime. Le specie resistenti sono : la Botundifolia, Cau-dicans, Aestivalis, Bupestris, Cordifolia, Biparia. I. Botundifolia. Questa vite va assolutamente immune dalla fillossera. L'insetto piuttosto che cibarsene preferisce morire. Sfortunatamente però non possiamo farne uso uè per produzione diretta come abbiamo già visto, nè come porta innesti. Una sua varietà sarebbe la Scuppernong. II. Caudicans. Dei suoi caratteri abbiamo parlato altrove. Qui giova aggiungere che quantunque intaccata dall' insetto, pure resiste completamente. In causa del tessuto legnoso compattissimo, si propaga difficilmente per talea, per cui l'innesto bisogna farlo nel luogo di abbarbicamelo della pianta. III. Aestivalis. Questa è una delle specie più preziose, quantunque si riproduca difficilmente per talea, pure per la sua buona qualità d'uva noi potremo coltivarla per produzione diretta. Le sue varietà sono : 1. Herbemont. E delle migliori sulla quale si può contare sia per vino come per uva da tavola. Il legno di 2 anni ha una corteccia piuttosto aderente ; a maturità sulla base dei tralci si osservano dei peli subulati rossigni (la cui caratteristica vale per tutte le Aestivalis) più o meno numerosi. Cirri intermittenti, le foglie a tinte cariche, meuo la pagina inferiore che è di tinta glauca fornita di due specie di peli sulle nervature, alcuni lanosi, rossastri o biancastri, più abbondanti iu gioventù, e altri incolori predominanti in epoca più matura. La fioritura è tardiva, i grappoli grandissimi, lunghi e compatti, acini piccoli, sferici, neri, tendenti al bleu, seuza polpa e di gusto grato e profumato. La maturauza è tardiva, ma dà buoni vini alcooloci che contengono più zucchero di tutti i vini americani. 2. Cunningham. I tralci sono a legno forte, i nodi sono massicci fusiformi, con alla loro base pure dei peli rossicci. Foglie di color verde carico, più o meno trilobate, la pagina inferiore glauca meno bluastra del Jacquez, a peli più abbondanti. I grappoli sono medi, compattissimi, acini piccoli, sferici, di colore nero ardesia, di uu sapore vigoroso, zuccherino. Si riproduce abbastanza facilmente per talea. 3. Jacques. D'un legno più chiaro delle precedenti, i nodi sono rigonfi, spiccatamente fusiformi, il germoglio lanuginoso, fortemente colorato d'un rosso violaceo. Foglie a tinta carica, i grappoli grossi, lunghi e compatti, gli acini piccoli, neri, di forma sferica a buccia delicata, il sapore è paneo. Prende facilmente per talea, più delle precedenti, ed è di resistenza incontestata alla fillossera. L'innesto riesce bene. (Continua). D. Dr. I. Archeologia istriana L'egregio direttore del Museo civico di storia naturale in Trieste, Dottor Marchesetti, c'invia, a proposito della cuspide romana di cui abbiamo fatto ceuno nell' ultimo numero della Provincia, le seguenti interessanti notizie: „oltre alla cuspide, (eh'è di ferro e non di bronzo, come è accennato nella Provincia) ebbi recentemente da Verino, mercè la cortesia dell'egregio mio amico, Prof. Podersay, anche un coltellino di selce e vari resti d'ossa bruciate, rinvenuti quest'ultimi iu un'urna, che fatalmente andò spezzata. Sono persuaso che la località di Vermo sarebbe degna di accurate indagini, che di certo non resterebbero infruttuose, ed ove potrò disporre di un briciolo di tempo mi darò premura di visitarla. Pur troppo, le mie molteplici occupazioni nou mi permettono di occuparmi seriamente di ricerche archeologiche, avendo abbastanza che fare collo studio della patria Gea e Flora. Non è che per incidenza, che posso dedicare qualche po' di tempo allo studio delle nostre antichità e continuare 1' esplorazione delle nostre caverne, delle quali ne avrò digià visitate una ventina con vario successo. Forse interesserà i signoridi Capodistria ilrisaperecheappuntoquella che giace nel loro territorio, la Grotta di San Servolo, contiene numerosi avanzi d'ossa umane e d'animali in uno stato subtossile, tra i quali mi venne dato ritrovare una bellissima fibula di bronzo a spirale." ITotizie Come abbiamo promesso nelh scorse numero, rechiamo qui, dalla «Perseveranza", alcuni brani di un lungo articolo critico del valente Filippi, sulla nuova opera Bianca da Cervia del nostro bravissimo comprovinciale, lo Smareglia di Pola, a cui si apre indubbiamente uno splendido avvenire. Il pubblico della Scala, scrive il sullodato Filippi, era non solo numeroso, ma anche intelligentissimo, giusto, ed il lavoro dello Smareglia fu apprezzato per le sue belle qualità d'ispirazione, di chiarezza, di effetto e di sentimento drammatico. Un successo alla Scala di due pezzi bissati e di quasi una ventina di chiamate, per un maestro giovanissimo, che è ancora alle sue prime armi, è da valutare assai .... Lo Smareglia, oltre essere un musicista di polso, un armonista gustoso, un istrumentatore che ha la tavolozza ricca e robusta, ha anche la fortuna di possedere il dono della invenzione, delle idee, so-vrattutto se segue il suo istinto musicale spontaneo. È anche un buon coloritore del dramma, se il libretto gliene offre il destro, quando ha una bella e forte situazione da rendere. Passa quindi il Filippi in rassegna le cose migliori dello spartito del giovane istriano, il quale avrebbe avuto, secondo lo stesso critico, un successo più completo, se non fosse stato disgraziatissimo con alcuui dei più importanti elementi dell'esecuzione. Conchinde infine col dire che al giovane compositore si prepara un bell'avvenire per la sua facile invenzione, sicurezza e temperamento teatrale, ed aggiunge però che musicalmente parlando, lo Smareglia può fare molto di più e di meglio di quello che ha fatto colla Diana da Cervia, avendolo già dimostrato in altre cose sue, specialmente nella bellissima Ouverture che scrisse in Conservatorio ad illustrazione della Leonora, la celebre ballata di Btirger. In una corrispondeuza da Pisino nell' Istria del 18 febbraio, s'invoca l'appoggio della Società Agraria per sollevare dalla squallida miseria molti comuni del distretto di Pisino, Pinguente ed Albona, dove la vite è scomparsa o vegeta appena per 1' abbandono in cui fu lasciata fin dall' epoca della comparsa della crittogama. Il corrispondente dell 'Istria vorrebbe che la Società Agraria istituisse in quei luoghi dei premi per vigneti modello, impiegando a tal uopo il sussidio di fior. 1000, che annualmente le viene dato dalla provincia. L' Istria, per dimostrare in appoggio a ciò cita scrive il suo corrispondente, quanto scarso sia il prodotto delle viti nel distretto di Pisino, fa conoscere i risultati dell'ultima vendemmia, la quale pur si ritiene abbastanza buona; ma che ha fruttato la media rendita di 1 y2 ettolitro appena di vino per jugero, presa per base di calcolo l'estensione coltivata a vigna nell'ultimo catasto; media questa che raggiunse un basso limite in 30 comuni censuarj, dove il prodotto fu di 1 ettolitro per jugero. L Istria richiama l'attenzione delle autorità provinciali sulle tristissime condizioni descritte, e ritiene che sarebbe necessario dare un più razionale sviluppo alla succursale iu Pisino della Stazione eno-pomotogica provinciale. -Stazione eno - pomologica provinciale Me La Direzione della Stazione eno-pomologica rende noto, che allo scopo di facilitare ai Signori Vinicultori della Provincia la conoscenza sul valore dei loro prodotti, il Laboratorio Eno-chimico annesso alla Stazione resta fin d'ora, come gabinetto di saggio, a servizio dei privati. Vi si eseguiranno dietro richiesta: Analisi chimiche sulle uve. Ricerche chimiche e micrografiche sui vini nei rapporti di composizione — alterazioni patologiche e sofisticazione. Determinazioni e saggi chimici sul valore industriale dei capi— morti del vino (vinacce — feccie — grume eccetera). Un saggio tecnico sui vini, che comprenderà il dosamento dell' Alcool, dell' Acidità complessivadelle materie estrattive e del grado di tinta, verrà fatto gratuitamente dietro domanda, spedendo franco al laboratorio, il campione di almeno 1 litro per qualità dei vini da saggiare. Per ogni altra analisi o determinazione di ogni singolo componente del vino, verrà fissata equa tariffa stabilita iu modo che sia solo risarcito il laboratorio del consumo di materiali e reagenti. La stazione occupandosi inoltre dello studio dei parassiti animali e crittogamici, infesti alle viti ed agli alberi da frutta della Regione, — i Signori agricoltori potranno ad essa ricorrere ogni volta che rimarcassero in queste piante sintomi di malattie non conosciute, o ricercassero i mezzi per combattere qualche parassita che accennasse ad allarmante sviluppo. L'Istituto infine funzionerà sempre come ufficio consulente pei Signori Provinciali in tutto ciò che si riflette alla coltura della vite e all' economia della cantina. Parenzo, Febbraio 1882 LA DIREZIONE Callegari Reggente. "Varietà. LA FIERA DI PORTA GENOVA in Milano Questo star sempre fra i libri mi annoja ; l'arco troppo teso si spezza ; farla da savio in mezzo a tanti matti può far passare il savio per matto e viceversa ; facciamo adunque una scappata a Milano e caviamone materia per una corrispondenza briosa, smettendo dal sussiego di Ser Appuntino. Queste cose diceva tra me e me la scorsa domenica grassa ; e cacciatomi in un carrozzone della tramvia, mi trovai dopo un' ora e mezzo a Milano. Bravi i Milanesi ! quando ci si mettono riescono in tutto, hanno sciolto anche il problema del carnevale. La baldoria d' un tempo, quel girare urlando per le vie, senza uno scopo, non si conveniva ad una nazione risorta ; ed urta troppo la moderna musoneria, il corso di gala, il getto furibondo di confetti e fiori, quella porcheria dei coriandoli, i sacchi di gesso rovesciati dagli aristocratici balconi sulla matta plebaglia e le furibonde lattone sulle tube provocanti, sono tutte cose d'altri tempi: itibus, diceva prete Pioppio. Adesso si fanno le cose un po' più a modo, e giacché è deciso che il carnovale ci ha- ad essere si convenne di dargli un altro indirizzo ; balli di beneficenza, fiere di beneficenza, mercati, pubbliche mostre. Divertitevi pure, fate il diavolo a quattro ; ma sempre sottointeso a scopo di commercio e di beneficenza. È già un passo su quella benedetta via del progresso. — È un passo e non è un passo, risponderà qualche aristarco. Lasciamolo dire e tiremm innanz. Cambiato indirizzo si cercò anche un altro campo d'azione. Dall' aristocratico corso, il carnevale ha trasportato le sue tende laggiù nel ! nuovo quartiere di Porta Genova dove si agita, suda ed affatica la borghesia, senza imbestialire, speriamo, come i borghesi del Pot-Bouitte dello Zola. Anche è buona l'idea di dare alla festa il colore locale di qualche città sorella ; è pur questo un mezzo per compiere la morale unificazione ; molte feste di città, di provincia ricordavano antiche lotte di fratelli, come la rua di Vicenza e sono cadute. Rimane in piedi il carnevale che ci unisce; Milano e Venezia, dopo di essersi picchiate ben bene, fanno festa insieme ; l'anno scorso nel corso omonimo sorgeva Genova ; quest' anno toccò la volta di Venezia; tre città, tre rivali, tre eterne nemiche pacificate in un anno dal carnevale ; si può essere contenti. Tutti scendono verso porta Genova ; tutti vogliono vedere Venezia; il corso Torino è animatissimo ; la folla insacca la stretta via di S. Simone, siamo accanto al medioevale arco dei Fabbri che rammenta l'edificazione di Milano dopo la rovina del Barbarossa ; un arco che attira l'attenzione dei dotti con certa curva leggera accennante all'ogiva. Chi diamine ha tempo di pensare all' arte antica in mezzo a tanto movimento dell'arte viva? Ecco invece un grande arco improvvisato in tre giorni che dà ingresso al corso Genova, e a tutto tm quartiere sorto in pochi anni ; un arco di marmi e di porfidi preziosissimi venuti fino da Cartagine e da Legnago, con due archi minori di qua e di là sullo stile dell' arco di Tito, e ai lati statue di certe balie e baliotti rappresentanti la beneficenza, il commercio, la carità e non so quante altre virtìi teologali, cardinali e industriali, e sopra tutto nel plinto il leone di San Marco, ma un leone con la giubba arruffata, con irto pelo, con lunghi mustacchi; "Terror d' Egitto e d'Israel conforto, che guarda i bimbi con occhi spiritati e insegna alla nuova generazione la storia veneziana. Passato l'arco siamo in pieno canalazzo. Tutto quanto è lungo il nuovo corso è pieno di gondole, di bissone, di burci, di tartane, di navi venute quali dai più lontani mari del sud e dell' oriente ricolme di aranci, di limoni, cedri, datteri, fichi e carube, altre dal nord con carichi di trombe, trombetti, tamburelli e ogni maniera strumenti guerreschi, a fabbricare i quali sono espertissimi quei popoli sottentrio-nali e specie della belligera Norimberga ; ed altre ancora di pelli della Tana, di tele d'Olanda, di cachemire della Persia, di tappezzerie del Marocco, e della non meno lontana Abbiategrasso e Bar-lessina, di pergamene e papiri d'Egitto e dei fondachi di Santa Margherita con le antichissime storie di Aleramo e Adelasia, del Pescatore di Chiaravalle, di Luca Gava; la geneologia della Serenissima Casa e la storia di Bertoldo e figliuoli. È vero che il colore locale non è sempre scrupolosamente osservato; molte di quelle gon- dole e burci arieggiano el barchett de Boffalora, e tutte quelle antichissime arche di Noè, che facevano prima della introduzione delle tramvie il servizio diurno e notturno fra Paneropoli e la Martesana, per la cascina dei Pomi, Crescenzago ed altri non meno celebri luoghi sul vastissimo piano, "Dalle insubri giovenche pascolato„. Anche si potrebbe osservare che le nuove case e i nuovi palazzi allineati, bianchi, uniformi, nulla hanno a fare con la Cà d'òro e coi palazzi Fo-scari, Pesaro ecc. ; ma le sono sofisticherie. Fatto sta che i bimbi, le bambinaje e le serve si credono a Venezia, e tornano a casa soddisfatti e contenti, per aver veduto Venezia senza la tiratina d'orecchi e alzata come si usava una volta. Ecco di fatti il famoso ponte di Rialto che giganteggia laggiù in fondo, e si vede di lontano come un grande cavalcavia. Da una casa all'altra; ci siamo sotto, l'abbiamo passato ; eccoci in laguna : la piazza di Porta Genova. Ve' il palazzo ducale, le colonne di Todero e Marco, la log-getta, il campanile, il bucintoro, un vascello, sì signori un vascello con tre alberi; e poi chioschi, baracche, fiori e drappelloni pendenti: un ditirambo di carta. Solo il vento della scorsa notte ha prodotto qualche avaria nel sartiame del vascello, ma sono cose che succedono appunto anche in alto mare ; i gradini delle colonne in Piazzetta lasciano vedere oltre a certi fori l'apparecchio di assi e assicelle ; e guai a chi volesse sedervisi sopra; il campanile, il famoso campanile è un po' tozzo ; ed è precisamente alto come il campanile di San Paternian di gloriosa memoria; e in generale l'arte veneziana qui fu soggetta a qualche modificazione e resa più gravicciuola, spagnolesca: effetti di quella beata fusione già rammentata di sopra. Mancano anche i colombi senza dei quali non si può immaginare Venezia ; ma invece dei colombi, gli Inghilesi e altri visitatori nostrani ci troveranno le più pure e candide colombelle sotto la forma di Foni aretti, di Lucre-zie, Cornelie, Bianche, Marie ed altre eroine romano-venete, pronte sempre a servirvi nei chioschi e nei caffè, buone tanto e pronte sempre a venire a cogliere il becchime offerto tra il pollice e l'indice, e senza alcuna paura meglio dei colombi di Piazza. Ma come descrivere il baccano, lo strepito, il vociare dei rivenduglioli, il pigiare della folla, i gallinacci e le stecche false dei ballerini (in palazzo ducale si balla di giorno e di notte) le grida dei pagliacci e elei proprietari di cento e più baracconi dove si fanne vedere le cose più strane ed ammirabili del mondo, le voci fesse delle sonnambule che annunziano ai villani goccioloni il pianeta, i bramiti delle belve, gli scaracchi della foca e degli orribili coccodrilli nel-l'aquarium ; lo stridere dei presepi meccanici, e delle giostre a tramvie, a velocipede (una novità del genere) dove in paniere, in carri, in carrozzoni si fanno i più strani aggiramenti e risvolte seguite da rapidi dirizzoni : una vera ginnastica dello stomaco da far venire il mal di mare anche all' imperturbabile vostra giustizia che dall' alto del vostro palazzo, da tanti secoli vede sotto tanti e tanti barellamenti senza punto scomporsi ? E neppure si può, senza averlo veduto, immaginare l'effetto che fa la nuova piazza veduta dall' alto del Bucintoro, donde la vista spazia sulle rive dell' Olona che per compiere l'illusione viene proprio là a svolgere le sue acque verdognole così placidamente "che se vada o se stia mal si presume „. E se poi stanco, trafelato del lungo cammino vi ponete a sedere sul cassero, ecco accorrono subito i marinai, vecchi lupi o lupe di mare che siano ; e per pochi soldi vi confortano di vini e liquori tutti navigati. Ora alla pratica conclusione. Non potrebbe la mia Trieste far qualche cosa di simile ogni anno, invece di ripetere sempre queff eterno corso, quelle due lunghe righe di carrozze procedenti al passo delle letane? E sempre nelle debite proporzioni, le feste del carnevale nelle cittaduzze istriane non potrebbero mutarsi in piccole fiere, in esposizioni se non altro di fondi di cassa, che si potrebbero vendere a buon mercato alle villane ? È un' idea come un' altra. Maturatela nei silenzi della santa quaresima, nei passeggi del pomeriggio Sotto Riva, al malinconico suono della campana delle foche. P. T. PUBBLICAZIONI Poesie di Federico de Gravisi (istriano). In Napoli presso Domenico De Falco e figlio. 1832. È un elegante volumetto dedicato dall'autore alla memoria di sua madre, Maria Luigia Masiello, e contiene poesie scritte nella metrica in cui oggidì ha levato tanto rumore Euotrio Romano. Queste poesie mostrano nel Gravisi potenza non comune di fantasia ed eleganza robusta di forma; disposizioni che avvalorate dallo studio severo e costante, possono essere pegno iu lui di bell'avvenire. B ciò lo diciamo apertamente, malgrado il troppo umile poeta s'attenda di essere I pigliato dagli aristarchi... a scorze di limone. (!)