Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 81 Patrizia Farinelli UDK 821.131.1.09Bontempelli M. Filozofska fakulteta, Univerza v Ljubljani DOI: 10.4312/vestnik.6.81-93 patrizia.farinelli@ff.uni-lj.si IL NOVECENTISMO: »UN'IMPRESA CONTRO IL DIAVOLO«. NOTE SUL PROGETTO CULTURALE ED ESTETICO BONTEMPELLIANO 1 LINEE DI UN RINNOVAMENTO ARTISTICO-CULTURALE Massimo Bontempelli fu capace di rimettersi più volte in gioco nella sua vita rivedendo le proprie posizioni in fatto di scrittura e critica culturale oltre che di politica1. Qui ci si sof-fermerà sulle linee socioculturali e poetologiche che improntano la sua attività tra la metà degli anni Venti e la fine degli anni Trenta ovvero nella fase in cui lavoro all'elaborazione e difesa di quella tendenza di rinnovamento culturale che fu il Novecentismo. L'intento è di evidenziare le caratteristiche salienti delle posizioni abbracciate in quegli anni, com-presi i nodi che vi emergono. Lo faremo sulla scorta de L'avventura novecentista (1938), la silloge di scritti teorici, critici e polemici in cui lo scrittore raccolse articoli, lettere e note varie, fra cui gli articoli programmatici sul Novecentismo che aveva pubblicato sui Cahiers du "900" (1926-1929) riproponendoli in traduzione italiana assieme ad alcuni interventi di ragguaglio e commento2. Nel loro insieme quei testi, ordinati secondo un criterio tematico, permettono di seguire sia i presupposti in cui si concretizzo la teorizza-zione del Novecentismo, sia la difesa di tali posizioni negli anni successivi all'esperienza della rivista mettendo cosí in luce il disegno di fondo della riflessione estetica e culturale di questo intellettuale in uno dei periodi più decisivi della sua attività3. Il discorso affrontato ne L'avventura novecentista è ora polemico, ora analitico, ora programmatico e, sebbene intenda avere una portata generale, nasce dal bilancio dell'e-sperienza estetica dell'autore delineandone a posteriori anche la personale poetica4. 1 A lungo Bontempelli credette nella capacita innovativa del fascismo, come testimoniano la sua adesione al partito e la difesa d'iniziative culturali fasciste. Cio non gli precluse, tuttavia, ancora prima di passare all'opposizione, di esprimere giudizi critici e assumere posizioni di rifiuto verso determinate richieste (in primo luogo di propaganda) avanzate da funzionari politici. Rende conto di quella svolta anche il volumetto di scritti critici Dignità dell'uomo (Bontempelli, 1946). 2 La rivista era stata fondata nel 1926 assieme a Malaparte e i primi cinque numeri uscirono in francese. Già la sola scelta di lingua indicava l'intenzione dei redattori di aprirvi un dibattito letterario di respiro europeo. 3 A segnalare quanto le tesi sostenute negli interventi saggistici degli anni Venti e Trenta stiano in collegamento con posizioni difese già prima della guerra, è l'inserzione nel volume, quale lettera prefatoria, di uno scritto del 1914 in cui si lamenta lo stato di stagnazione della letteratura contemporanea. 4 La presenza di figure di candidi in diverse opere stilate prima del '26 mostra che una prospettiva capace di stupore e meraviglia sulle cose fu centrale della poetica bontempelliana ancor prima della formulazione teorica del realismo magico. 82 VESTNIK ZA TUJE JEZIKE Dietro la voce plurale che talvolta affiora in quelle pagine, ad esempio negli articoli già usciti sui Cahiers, a delinearsi è la prospettiva di un io, e precisamente di un io sicuro di restituire con le proprie osservazioni e i propri giudizi di valore un'immagine centrata dei problemi della cultura italiana del tempo. Bontempelli nomina con reticenza perfino i collaboratori ai Cahiers, si pensi ad esempio a Nino Frank, che fu la sua spalla forte nel lavoro di preparazione e lancio della rivista5, ed è anche poco disponibile a riconoscere i meriti di altri intellettuali contemporanei impegnati a sviluppare esperienze artistiche innovative; vi fanno eccezione pochi, fra cui Pirandello, Savinio, De Chirico. Quanto alle scelte discorsive, non puo sfuggire il tono esortativo talvolta presente negli scritti del volume, il che evidenzia quanto il loro autore recuperasse suo malgrado, anche a livello retorico, elementi dell'esperienza avanguardista e nella fattispecie modalità espres-sive del genere del manifesto6. Ma il linguaggio adottato tiene conto anche della scrittura giornalistica; cio non è casuale considerando il favore che Bontempelli le accordava, al punto da ritenere che questa avrebbe avuto molto da insegnare anche ai narratori. Attraver-so un registro linguistico colloquiale ed espressioni incisive, prive di smussature, spesso ad-dirittura irriverenti e sempre orientate a far presa sul lettore, in quegli scritti egli combatte, da una parte, una battaglia per lo svecchiamento della cultura italiana e difende, dall'altra, la specificità dell'ambito letterario. Un ambito che concepisce - con precisa sensibilità no-vecentesca - nella sua piena autonomia, ma senza che cio implichi la tesi di una separatezza della realtà estetica da quella storica e sociale. Tutt'altro. Nel volume s'individua, infatti, una viva attenzione anche per precisi aspetti socioculturali cosí che le due prospettive, estetica e sociologica, restano continuamente intrecciate7 nonostante l'autore tenti di circoscri-vere le riflessioni su fatti di costume in un capitolo specifico, dedicato a interventi polemici su alcuni mali tipici della società italiana. In quel capitolo denuncia, tra altri aspetti, la ten-denza degli italiani a fare del poverismo una virtù, il loro abbarbicarsi ad abitudini e codici culturali anacronistici, l'insistenza a valorizzare la lettura di testi sorpassati, fra cui quella »immoralissima« di Cuore (De Amicis,1886),8 e polemizza di conseguenza sull'esistenza di istituzioni - famiglia, scuola e università - diseducanti. Scriveva ad esempio: »[q]uanto alla famiglia, in generale il giovane universitario esce da famiglie borghesi, la cui cultura è fatta tutta sulla Domenica del Corriere e sulla Settimana enigmistica.«9 Il solo fatto che Bontempelli, anticipando posizioni che sarebbero circolate in diverse teorie letterarie del XX secolo, assumesse l'opera d'arte come una forma comunicativa 5 La centralita di Frank nell'impresa dei Cahiers e evidenziata nel carteggio Alvaro, Bontempelli, Frank, 1995. 6 Lo ricorda anche Sandra Milanko nella sua recente monografia »E indubbio che questa arte di fare i manifesti e stata una grande lezione per tutti i seguaci o non del fondatore del futurismo, non solo nei termini stilistici, ma anche nella stessa scelta dei termini o immagini di stampo futurista che sarebbero stati adottati per esempio da un Papini o riciclati negli anni Venti dallo stesso Bontempelli [...].« Milanko, 2014, 13. 7 Cfr. AN, 50-52. 8 Cfr. AN, 151. 9 AN, 156. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 83 e v'individuasse una portata política, indica il nesso sussistente, nel suo orizzonte di pensiero, fra arte e societá, fra opera e ricettori. Osservava al proposito: »[L]'arte e co-municazione, e linguaggio. Percio essa presuppone l'uomo consociato. Percio l'arte ha sempre una portata politica. Un'opera d'arte, se ha valore artistico, ha implicitamente anche valore politico.«10 I fini che guidano le due battaglie appena segnalate, difendere cioe la specificitá e autonomia dell'arte e della letteratura da istanze poetologicamente normative e da pressioni di potere, e tenere conto allo stesso tempo del contesto socioculturale in cui si realizzano, in particolare quello di una realtá di massa, possono forse apparire poco conciliabili fra loro; trovano tuttavia plausibilitá se si considerano i presupposti del progetto utopico di rinnovamento culturale in cui s'inseriscono, che e la lettura proposta da Buonanno in un convincente articolo di qualche anno fa11. Di quelle frizioni, o piuttosto sfide, daremo nel seguito qualche esempio. La necessitá di un rinnovamento culturale e in effetti la parola d'ordine di Bontem-pelli. La sua spina nell'occhio era un mondo intellettuale che vedeva arroccato su dei valori e delle concezioni estetiche sorpassate oltre che cieco di fronte al nuovo pubbli-co. Oggetto di rifiuto era un'arte giudicata infeconda, tardoromantica e tardoverista12. A contrastarla avrebbe dovuto essere un'attivitá artistica e letteraria intesa come rischio, da affrontarsi con senso di avventura13 in termini antitetici a quelli cari allo spirito bor-ghese14. Di fronte all'opera d'arte, scriveva, bisognerebbe: »[t]emere sempre che non si tratti d'ispirazione, ma di trucco. Tanti saluti ai bei comodi del realismo, alle truffe dell'impressionismo.«15 La sua arringa contro residui romantici nell'orizzonte culturale italiano, e nella fattispecie in quello letterario, andava a colpire non solo l'immagine romantica dello scrittore come genio e della scrittura come ispirazione, ma implicitamente anche la corrente dell'espressionismo e del frammentismo lirico, rappresentata in Italia soprattutto dai vociani. Questi si erano impegnati per un costruttivo rinnovamento della critica e della letteratura, ma da una prospettiva che lasciava uno spazio centrale a quella soggettivitá che Bontempelli invece combatteva16. Non mancano, in tale polemica contro una cultura inadeguata al nuovo secolo, delle note provocatorie secondo cui gli autori avrebbero dovuto affidarsi ai consigli dei librai. Il che indica non solo un interesse di questo intellettuale per il rapporto fra letteratura e mercato, ma anche una concezione 10 AN, 314. 11 Cfr. Buonanno, 2003. Su certi concetti problematici presentí nella riflessione teórica bontempelliana, in particolare quello di mito, si veda anche l'istruttivo articolo di Airoldi Namer (1975). Per un bilancio storico del Novecentismo resta ancora utile Falqui (1953, 73-130). 12 Cfr. la lettera prefatoria e gli interventi »Avanzi di una polemica«, AN, 264-265. 13 Cfr. AN, 36. 14 Cfr. AN, 136. 15 AN, 19. 16 Per la nuova impronta che La Voce ebbe a partire dal dicembre del '14 sotto la direzione di De Robertis, cfr. Falqui, 1967. 84 VESTNIK ZA TUJE JEZIKE dell'attivitá letteraria come lavoro, ben lontana da quella difesa, tra l'altro, dall'estetica crociana. »Bisogna ricordarci« scriveva »che la materia prima della poesia e il mestiere: l'arte é un mestiere mediante il quale si raggiunge qualche volta la poesia [.. .].«17 Pensate come inadeguate ai tempi, e fatte oggetto di critica e d'ironia, erano tanto le posizioni dei futuristi, quanto quelle di letterati del primo Novecento non avanguardisti e propugnatori di un concetto puro dell'arte e del linguaggio. Era in altri termini una distanza dalle posizioni degli intellettuali che Brioschi ne la Critica della ragion poetica avrebbe indicato rispettivamente come difensori del criterio della »Purezza« e difensori del criterio del »Nuovo« (o con piu esattezza del nuovo per il nuovo)18. Dei primi, indivi-duabili nei rondisti, Bontempelli rifiuta la difesa di una lingua pura19 e l'impermeabilitá verso il grande pubblico20, dei futuristi non lo convince la retorica, il soggettivismo e il persistere nell'imporre regole formali di scrittura. Riconosce tuttavia la positiva funzione di »sgomberamento« che ebbero nell'ambiente culturale italiano del primo Novecento21. La capacitá di considerare senza pregiudizi la produzione artistica per il largo consumo e la rivalutazione delle arti applicate lo avvicinano tuttavia ai futuristi anche nella sua fase novecentista e piu di quanto egli fosse stato disposto ad ammettere in quegli anni. Dietro alla comune difesa di svecchiamento culturale, le modalitá e gli strumenti d'in-tervento individuati erano comunque ben diversi: non si trattava, tra l'altro, di far piazza pulita del passato, ma al contrario di rivalutare la grande lezione dei classici. Mosso da un'esigenza costruttiva di rinnovamento che trapela anche nella ricerca d'immagini e di un lessico tratti dall'architettura22, egli traccia dunque nei Cahiers, tra il 1926 e il 1929, le linee di un progetto per l'arte e la letteratura che avrebbe voluto essere adeguato ai tempi. E su quel progetto sarebbe tornato anche in seguito con delle precisazioni e integrazioni di cui rendono conto appunto diversi articoli de L'avventura novecentista. Dall'arte pretendeva innanzitutto trasfigurazione23, capacitá comunicativa, anonimitá, autonomia rispetto al terreno di crescita. Tali caratteristiche non indicavano, pero, solo il profilo richiesto al prodotto artistico per il nuovo secolo: erano pensate pure in termini sovraepocali come peculiari dei classici. E allora, in una dinamica a doppio 17 AN, 74, corsivo nel testo. 18 Cfr. Brioschi, 2002, 31. 19 »Ho una gran diffidenza verso l'aggettivo "puro", di cui i soccorritori fanno un grande abuso, e che non vuol proprio dir niente.« AN, 50. 20 In un articolo degli anni Trenta afferma: »[...] oggi il pericolo non è nella "letteratura", ma nel suo contrario. [...]. La protezione politica favorisce involontariamente il più mediocre dilettantismo, e la schiera degli orecchianti e dei faciloni se ne ingrossa.« AN, 299. 21 Cfr. AN, 35-40, versione it. dell'articolo »Analogies« apparso sul nr. IV dei Cahiers. 22 Vi ha già richiamato l'attenzione Piscopo (2001, 207-214) osservando come Bontempelli non fosse del resto solo nella difesa del »canone dell'architettonicità«. 23 Bontempelli è ben attento a non confondere »trasfigurazione« con »deformazione«. In una nota su De Chirico scriveva: »[...] verità suprema dell'arte [...] è la trasfigurazione (non la «deformazione» come molti s'ostinano a dire).« Bontempelli, 2006, 22. La nota compare in una recente antologia a cura di E. Pontiggia di scritti sul realimo magico comprendente alcuni articoli dei Cahiers e altri brevi interventi bontempelliano di estetica. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 85 senso, l'opera novecentista assurgeva al piano dei classici e i classici a loro volta erano misurati col metro del Novecentismo. Bontempelli non si stancava di ripetere che l'Odis-sea aveva avuto la capacità di parlare a tutti24. Nella sua riflessione, gli autori di opere che tennero nel tempo erano state in grado di dire l'universale attraverso il fatto singolo, di svincolarsi dal contingente proiettandosi verso il nuovo. Si precisa cosí anche il modo in cui egli intendeva sia la storia letteraria (lo sviluppo della quale poggiava a suo avviso su dinamiche interne, sulla capacità dei grandi autori di assorbire quanto tramandato per andar oltre), sia la tradizione, il cui motore fun-zionerebbe, a seguire il suo ragionamento, grazie al connubio di continuità, innovazione, indipendenza: »Perché la tradizione c'è, si, non è vero che sia una invenzione: ma è fatta della continuità intima, profonda, tra manifestazioni di inaspettata novità. Ognuno degli autori che la tradizione accoglie, è un ribelle all'aspetto immediatamente precedente di essa: era uno che della tradizione santissimamente se ne infischiava.«25 I testi assurti a classici rappresentavano ai suoi occhi i valori del sovratemporale, sovraspaziale, sovra individuale, tutti valori che si augurava potessero imporsi come distintivi di un Novecen-to da lui ritenuto, alle soglie degli anni '20, non ancora veramente cominciato. È in essi che cercava esempi autorevoli di fondamento alla nuova letteratura26. In una simile concezione estetica emerge allora un idealismo (di origine romantica, più che platonica)27, secondo cui l'arte è impossibilitata a mantenere una forma definitiva. »[L]'arte ha per natura fondamentale di non ritrovare mai, di inventare continuamente la forma nuova.«28 Tale posizione portava Bontempelli a esprimere considerazioni attualissime in quegli anni - e centrali ira l'altro in quell'ambiente formalista ancora del tutto ignoto al mondo culturale occidentale - sull'opportunità di guardare allo sviluppo dell'arte e della letteratura a partire da dinamiche interne di rinnovamento. Nel contesto novecentista la poiesis avrebbe dovuto concepirsi come rischio, come trasgressione rispetto al già consolidato, come continua ricerca di rinnovamento. Tali posizioni non precludevano tuttavia, come già osser-vato, la difesa di un'arte e di una letteratura popolari, nello specifico di una narrativa capace di contaminarsi con il cinema, con la cronaca e con generi letterari considerati meno alti come il romanzo poliziesco. E qui emerge appunto quello scopo duplice, difficilmente conciliabile, tra l'idea di un'arte capace di aprirsi al nuovo, tesa a evitare percorsi consolidati, straniante, per assumere la categoría proposta da Sklovskij (Iskusstvo kakpriëm/L'arte come procedi-mento, 1917), e la richiesta che fosse popolare. Scopo difficilmente realizzabile perché, come noto, un'arte e una letteratura tese a cercare se stesse, pronte a oltrepassare i risultati raggiunti 24 Cfr. AN, 145, 155, 298. 25 AN, 34, corsivo nel testo. 26 AN, 39. 27 »[L]'arte non è se non un riflesso di quella raggiunta attuazione dell'uno col tutto [...].« AN, 320. 28 AN, 331. La perfezione raggiunta appare a Bontempelli come irrigidimento ed esaurimento: »[...] come stile non c'è mai da imparare dai più perfetti, ma se mai al contrario dai più semplici e grossolani e iniziali [...].« AN, 59, corsivo nel testo. 86 VESTNIK ZA TUJE JEZIKE rimettendosi in discussione e sperimentando il nuovo, tendono a tradire le attese del grande pubblico e si rendono facilmente impopolari. Lo coglieva chiaramente Ortega y Gasset all'al-tezza dello stesso periodo (1925) ne La deshumanización del Arte e Ideas sobre la novela osservando appunto (anche a proposito della pittura) per quali ragioni l'arte contemporanea, con la sua tendenza all'astrattismo, non potesse essere accolta che da élites29. Il realismo magico, che e la poetica o piuttosto (con termine preferito dal suo teorico) la "tendenza" perseguita entro l'utopia culturale del Novecentismo, poggia sulla coscienza che l'arte non puo essere mimesi. Compito dello scrittore e dell'artista sarebbe stato elaborare, attraverso l'immaginazione, situazioni tratte dalla realtá fenomenica, per mostrare il doppio fondo di quella realtá30. In tal senso l'arte era intesa come una sorta di magia31. Era in gioco la difesa di un fare artistico e di una visione del mondo capaci di valorizzare lo stupore esperibile anche in situazioni quotidiane, in momenti capaci di lasciare immaginare una dimensione ulteriore. Era richiesta, con cio, quell'attitudine a staccarsi dal contingente che Bontempelli riconosceva essere il carattere basilare della poesia32. Una simile posizione solleva la questione del rapporto tra letteratura e attualitá, questione che egli affronto tra l'altro in uno scritto di obiezione alle richieste agli scrittori da parte dell'ambiente fascista. Vi sostiene che all'artista spetti rappresentare il proprio tempo in maniera indiretta. »La "rappresentazione del tempo" che piu o meno artificiosamente sogliamo trovare nei poeti, e sempre ottenuta in modo indiretto.« E ribadiva ancora: »La "glorificazione" di una con-dizione storica contemporanea non puo essere il tema di un'opera d'arte [.. .].«33 La portata politica e morale di un'opera d'arte, osservava ancora in un altro contesto, e lungi dal tro-varsi nell'esplicita trattazione di un tema politico o morale. »Ecco il solito grossolano erro-re. Il piu o meno di moralitá d'uno scritto, si crede consista nelle idee esposte, nei costumi raccontati; no: esso sta tutto in quel senso ineffabile che e l'arte, senso di umanitá, profondi-tá, naturalitá, aura religiosa, che e dato come ho detto dal tono, e che solo costituisce la vera sola efficace portata morale dell'arte.«34 L'esigenza di »inaderenza«, di una distanza rispet-to al presente (raggiungibile non da ultimo attraverso l'ironia)35 e la necessitá di uno sguar-do nuovo sul mondo, da primitivi, erano centrali entro il progetto novecentista36. Altrettanto basilare era la richiesta che l'opera letteraria lasciasse spazio alla fantasia e all'inverosimile, 29 Ortega y Gasset, 1997. 30 Giustamente Airoldi Namer (1975, 266) fa osservare che tale realtà è pensata talvolta come altra, talvolta come intrecciata a quella fenomenica. 31 Nel capitolo »Lettre d'Italie« (1945) Contini ridimensiona la portata che quel concetto assume nell'opera dello scrittore: »[...] la prétendue magie de Bontempelli a son origine dans la trouvaille d'une agudeza, d'une «pointe».« Contini, 1972, 280. 32 Cfr. AN, 304 e 331. 33 AN, 309 e 312. 34 AN, 325-326, corsivo nel testo.. 35 »L'ironia è la forma artistica del pudore al cospetto dei nostri sentimenti, è un modo di allontanarci dal contingente, di liberarci da un'aderenza troppo minuta con le superfici delle cose.« AN, 27. 36 In un articolo del '38 intitolato »Primitivi d'un'epoca« si legge: »Quello e non altro era poesia: popolare il mondo di creature immaginate, in cui le esperienze quotidiane si siano trasformate e risolte.« AN, 304. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 87 s'incentrasse sull'intreccio37 e, in analogía ai miti antichi, consistesse di »favole e personag-gi« che potessero »correre il mondo«38 uscendo alleggerita dal peso d'istanze autoriali39. Al soggettivismo Bontempelli contrapponeva, infatti, l'anonimità dissuadendo gli scrittori dal trasporre nei propri testi delle esperienze personali. »L'ideale supremo di tutti gli artisti dovrebbe essere: diventare anonimi.«4® In un altro contesto scriveva: »[...] il poeta non puo rendere se non sentimenti che non prova. «41 Analogamente rifiutava un tipo di critica mirante a cercare nelle opere i sentimenti dell'autore. Ne rende conto fra l'altro un articolo del 1933: »[v]orrei una critica che dimenticasse nel modo più perfetto l'autore e le sue intenzioni. Che considerasse ogni opera come un oggetto, come valore a sè [SIC] stante e assoluto.«42 Ed è una posizione che lo avvicina di nuovo enormemente a quelle difese dai formalisti. In ragione di un rifiuto della soggettività, arrivava perfino a escludere la poesia lirica dal quadro progettuale di una nuova letteratura. Posizione per certi versi poco comprensibile considerando l'ottima tenuta di quel genere e la profonda capacità di rinnovamento che proprio la poesia in Italia aveva mostrato negli anni che precedettero e seguirono la prima guerra mondiale. Da anticrociano, Bontempelli lottava contro la cesura ira arte pura e applicata, fra arte alta e popolare. Riteneva necessario o l'abbandono di forme artistiche che avevano ormai esaurito la propria funzione o il loro radicale rinnovamento attraverso stimoli rin-venibili anche in generi di consumo.43 A partire da tali posizioni intravedeva, ad esempio, nel teatro di varietà e perfino nei grandi incontri sportivi dei possibili sostituti a quel teatro di prosa che a suo giudizio non aveva saputo rinnovarsi perdendo il suo elemento specifico: la capacità d'imporsi come »spettacolo«. Con simili argomenti, in cui emerge senza dubbio un'intuizione lungimirante sul futuro del mondo dello spettacolo, egli finiva tuttavia per sminuire anche le esperienze teatrali più sperimentali avutesi in Italia negli anni Venti, fra cui quelle di Campanile, di Antonelli e di Pirandello, prima di tutte, oltre che le proprie, le migliori delle quali, assai innovative, risalgono al periodo compreso fra il 1919 e il 192844. In merito a quella fase del teatro italiano Bontempelli scriveva: »C'era stata una vampata, subito spersa.«45 Anche in questa critica radicale al teatro ci sembra di 37 Cfr. AN, 28. 38 »[N]oi cerchiamo l'arte d'inventare favole e persone talmente nuove e forti, da poterle far passare attraverso mille forme e mille stili mantenendo quella forza originaria; appunto come avvenne dei miti e dei personaggi delle due ere che ci hanno preceduto.« AN, 39. 39 »Anzi la vera e suprema forma poetica, direi che non è la esaltata descrizione del proprio stato d'animo (quale è di solito intesa la poesia lirica) ma appunto la creazione di miti.« AN, 169, corsivo nel testo. 40 AN, 32 (dall'articolo apparso nel '27 col titolo »Conseils« sul III Cahier), corsivo nel testo. 41 AN, 317, corsivo nel testo 42 AN, 92, corsivo nel testo. 43 Cfr. AN, 30-32. Negli stessi anni Savinio constatava che il suo romanzo Angelica o la notte reggeva su principi tratti dal cinema. 44 Siepe a nordovest, 1919; La guardia alla luna, 1920; Nostra Dea, 1925; Minnie la candida,1928. 45 AN, 376. E di sé afferma: »Come scrittore [...] non sono mai stato nemmeno approssimativamente quello che si chiama "uomo di teatro".« AN, 373. 88 VESTNIK ZA TUJE JEZIKE scorgere un nodo problemático nella visione estetica dello scrittore poiché in nome di una tesi, per il resto convincente, come quella della basilare inadeguatezza del teatro italiano del primo Novecento a rispondere alle esigenze dell'epoca e del nuovo pubblico, egli finisce per togliere importanza anche a qualitative esperienze innovatrici. Il Novecentismo contempla l'utopia di un'epoca radicalmente nuova, la terza agli occhi di Bontempelli dopo quelle classica e romantica, e tale progetto tocca evidentemente gli ambiti etico, esistenziale ed epistemologico46. In base a quei presupposti avrebbe dovuto imporsi, infatti, un nuovo tipo d'individuo, non piu soggetto disorientato, esposto al contingente e confuso con la massa, bensi cosciente del proprio destino e dei propri compiti. Sarebbe stato urgente altresi perseguire una nuova temporalitá e una nuova spa-zialitá, capaci di fronteggiare le visioni contingenti e relative di spazio e tempo47. Solo qualche anno prima, all'altezza del lavoro sui due antiromanzi La vita intensa e La vita operosa (1919-1921) l'operazione bontempelliana volta a porre un argine al relativismo non sembrava ancora cosi urgente. L'esigenza era piuttosto farlo straripare, il relativismo, portarlo all'assurdo con ironia e con una volontá di denuncia48 e sperimentazione49. Di fatto le opere stese dallo scrittore tra il primo dopoguerra e la metá degli anni Venti mostrano un'originale elaborazione di inputs, anche formali, accolti dalle avanguardie e rendono conto di esigenze condivise negli ambienti letterari europei piu innovatori. Si pensi solo all'uso di manichini e burattini come attanti, a numerosi fenomeni di sorpresa, come l'uso straripante della digressione, alla pratica della metalessi ira piano testuale ed extratestuale o ancora alle situazioni surreali di molti testi, ottenute fra l'altro attraverso la decontestualizzazione di oggetti e situazioni, l'animarsi dell'oggettuale o l'oggetti-varsi dell'animato. E appunto di quel periodo (siamo nella prima metá degli anni Venti) il Bontempelli che maggiormente s'avvicina ai surrealisti, per quanto il suo surrealismo non abbia certo i tratti di quello teorizzato dai francesi risultando meno straniante oltre che privo di finalitá politicamente eversive50. Ed e altresi quello il Bontempelli che sta in piu stretto rapporto di empatia con Pirandello, nonostante le diverse strategie abbraccia-te. Un cambiamento nel modo d'intendere la funzione della narrativa, col conseguente 46 Riaffiora nella considerazione dei concetti di »classico« e »romantico« la tradizione schlegeliana. Bontempelli vede quelle due epoche contraddistinte rispettivamente da uno sguardo esteriore e interiore sulla realtá. Per quanto concerne la sua tripartizione delle ere culturali, Airoldi Namer (1975, 255) ipotizza vi abbia pesato la filosofia di Vico, tornata in auge in quegli anni anche per merito di Croce. 47 »Il compito piu urgente e preciso del secolo ventesimo, sará la ricostruzione del tempo e dello spazio [...]. Quando potremo credere di nuovo in un Tempo e in uno Spazio oggettivi e assoluti, che si allontanano dall'uomo verso l'infinito [...] potremo con sicurezza affrontare il secondo compito, che sará il ritrovamento dell'individuo, sicuro di se [SIC], sicuro d'essere se, di essere se e non altri, se con alcune certezze e alcune responsabilitá, con le sue passioni particolari e una morale universale: e in cima a tutto ritroveremo forse un Dio, da pregare o da combattere.« AN, 17 (versione it. d'un passo di »Justification«con cui si apriva il I dei Cahiers). 48 Saccone (1979, 30) rileva ad esempio nel protagonista de La vita operosa (figura di letterato/reduce non integrabile nel tessuto economico-sociale) la difesa di una non omologazione, una »resistenza sottile, quasi anarchica, alla pianificazione, alle esigenze dell'apparato produttivo«. 49 Sulle strategie discorsive di quei due lavori cfr. Mascia Galateria, 1977; su La vita intensa cfr. Guglielmi 1996. 50 Fontanella (1983, 142) parla al proposito di un »surrealismo razionalizzato«. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 89 raggiustamento delle strategie retorico-discorsive, ha luogo sul finiré degli anni Venti. Agisce in tale metamorfosi, il tentativo, ben registrabile in interventi di riflessione e polemica, di reagire in modo costruttivo al relativismo quale causa della malattia del proprio tempo, di cui coglieva l'origine nel peso eccessivo che era stato assegnato alla soggettivi-ta, come chiariva nell'articolo del gennaio del '28, dal titolo »Spazio e tempo«. »L'orgia metafisica dell'Io come misura unica del mondo, prima, poi come unica verita, portava fatalmente l'individuo a non credere piu nemmeno a se stesso, cioe spingeva l'umanita al suicidio morale.«51 Nello stesso contesto menzionava alcuni fenomeni di quell'eta »decadente«, collegati all'imporsi della misura unica dell'io: dall'estetismo e impressionismo nell'arte, alla tesi che criterio di giudizio artistico sia l'intuizione individuale (con rife-rimento esplicito all'estetica crociana), al freudismo, tendenza volta a fare dell'umanita »una dispersione di larve vaganti dietro le pallide spinte di frammenti di immagini di sogni«, fino a un concetto deleterio di spirito democratico, inteso come »immaginaria liberta« astratta »da qualunque legge superiore«52. In una postilla a tale articolo, risalente al febbraio del 1929, anch'essa riportata nell'Avventura novecentista, Bontempelli rias-sumeva la sua diagnosi e la sfida che si apriva: Il diavolo ha bisogno che l'uomo non creda a sé stesso e al mondo [...]. Per qualche tempo la cosa gli e riuscita per mezzo del materialismo e poi del suo luogotenente il positivismo; quando non li ha piu potuti tenere in piedi, ha dovuto ricorrere al relativismo [...]. La nostra dunque e un'impresa contro il diavolo53. La preoccupazione che motivava tale impresa era quella dell'intellettuale del tardo moderno, ben cosciente del disorientamento concettuale indotto da un pensiero basato sulla soggettivita e dunque sulla relativita di ogni verita e giudizio e sull'ambivalenza dei valori. Bontempelli non faceva che condividere un disagio diffuso ira la stragrande maggioran-za dei letterati del modernismo. Come rilevato da Peter Zima, la tendenza ben visibile in narratori attivi tra fine Ottocento e inizio Novecento era allora quella di cercare, ma senza troppe illusioni, un'ultima chance nella salvaguardia dei valori dell'identita, della coerenza e dell'autenticita54. Esprimendo preoccupazione rispetto a un relativismo esasperato, Bontempelli si mostra intellettuale del proprio tempo. Tuttavia il ductus utopico con cui affronta il problema, il tono apodittico che usa nell'argomentazione, la consequenzialita con cui ap-plica le sue tesi nella produzione letteraria matura e, piu in generale, la fiducia che lo porta a credere si possa mettere davvero riparo a quella tendenza di pensiero e inaugurare una temporalita svincolata dal contingente e dal soggettivo, fanno di lui un caso isolato. 51 AN, 45. 52 Ivi. 53 AN, 46, corsivo nostro. 54 Cfr. Zima, 1991. 90 VESTNIK ZA TUJE JEZIKE L'intenzione di ridare saldezza a concetti ontologici trova attuazione, nella prassi letteraria, anche in una revisione della figura del personaggio: quello con attitudine interrogante delle sue opere dei primi anni Venti, sia esso scaltro oppure al contrario candido e disorientato, tende a perdersi negli anni successivi, in concomitanza con la teorizzazione del Novecentismo e oltre, per lasciare spazio a una figura più salda che combatte una battaglia contro il tempo contingente. Paradossalmente il personaggio bontempelliano si disumanizza non nella fase in cui lo scrittore fa agire nelle sue opere anche burattini e manichini, oltre che figure calate in situazioni fuori dal mondo, ma nel momento in cui farà vivere al suo homo fictus vicende da cronaca, attribuendogli tuttavia i tratti di un'umanità superiore55. Tale trasformazione è esplicitata anche in al-cune note critiche, confluite poi nell'Avventura novecentista, in cui si esprime appunto la volontà di contrapporre l'eroe alla figura d'inetto dei romanzi francesi tedeschi e austriaci. Riferendosi nella fattispecie alla narrativa di Céline, Bontempelli affermava: »L'uomo di debole volontà, preda dei suoi più facili istinti, incapace di ogni risoluzio-ne, antivirile, è il tipo prediletto messo di moda da questi detriti del più basso romanticismo europeo.«56 In quel contesto (si tratta di una lettera del 1934 a Bompiani) scri-veva in termini di obiezione: »L'arte narrativa che si vuole imporre all'Italia è un'arte di disfacimento. Noi sentiamo il romanzo come poema, il personaggio come eroe. Eroe del bene o del male.« 57 A condurlo a quella svolta poetologica non c'era solo il bisogno di riproporre in ambito narrativo un personaggio che rappresentasse un soggetto integro e orientato, ma vi giocava un ruolo centrale anche una preoccupazione etica. E pero nel perseguire un simile intento nella propria attività di narratore, egli avrebbe finito per scrivere dei testi meno carichi di quel senso dell'ambiguo riscontrabile nelle sue opere dei primi anni Venti risultando meno convincente. Volendo trarre un breve bilancio, il progetto ideologico-culturale novecentista di superamento del relativismo appare, specie se letto a posteriori tenendo presente gli sviluppi del pensiero e delle lettere dagli anni Trenta in poi in Occidente, una lotta persa in partenza. Verrebbe da dire che Bontempelli aveva sottovalutato la forza del »diavolo«. Il relativismo e con esso la crisi d'identità e la perdita di salde categorie ontologiche non sarebbero stati fenomeni arrestabili, tali da essere contrastati. Restano tuttavia innegabili la straordinaria lucidità con cui egli individuo l'essenza della mo-dernità novecentesca e il convinto e coerente impegno adoperato nella ricerca di una poiesis capace di corrisponderle. 55 Luciana, nel romanzo Ilfiglio di due madri (1929), o Adria, in Vita e morte di Adria e dei suoi due figli (1930), o ancora le figure delle nipoti, in Gente del tempo (1937), adempiono in modo conseguente il destino che incombe su di loro. 56 AN, 265. 57 »Quella gente [coloro che vorrebbero imporre "un romanzo di disfacimento"] vede il romanzo sotto la sola specie di trattato di storia naturale, e non sa trattarvi l'uomo che come fosse un coleottero, i costumi degli uomini come la vita d'un formicaio. Non voglion ch'esistano "persone" [...] c'è tra i romanzieri una morbosa corsa al materiale umano più basso.« Ivi. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 91 BIBLIOGRAFIA (abbreviazione) AN = BONTEMPELLI, Massimo (1938) L'avventura novecentista. Fi-renze: Vallecchi. ALVARO Corrado, BONTEMPELLI Massiomo, FRANK Nino (1985) Lettere a "900", a cura di Marinella Mascia Galateria, Roma. BONTEMPELLI, Massimo (1946) Dignita delluomo. Milano: Bompiani. BONTEMPELLI, Massimo (1978)5Opere scelte, a cura di Luigi Baldacci. Milano: A. Mondadori. BONTEMPELLI, Massimo (2006) Realismo magico e altri scritti sull'arte, a cura di Elena Pontiggia. Milano: Abscondita. AIROLDI NAMER, Flavia (1975) Gli scritti teorici di Massimo Bontempelli nei «Cahiers du 900» e la ricostruzione mitica della realta. (Studi novecenteschi IV, 12). 248-269. BRIOSCHI, Franco (2002) Critica della ragionpoetica. Torino: Bollati Boringhieri. BUONANNO, Errico (2003) Il novecento immaginario di massimo Bontempelli. (Studi novecenteschi, 30, 66), 239-262. CONTINI, Gianfranco (1972) Altri esercizi. Torino: G. Einaudi. 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Note sul progetto culturale ed estetico bontempelliano Nel presente contributo, sulla scorta degli interventi teorici e polemici raccolti ne L'avventura novecentista (1938) si ripercorrono le posizioni di Bontempelli legate al progetto di rinnovamento culturale (il Novecentismo) di cui questo intellettuale fu promotore negli anni Venti. Vi si segna-lano le battaglie difese e la lungimiranza delle vedute, ma anche i nodi problematici o piuttosto le sfide che quel progetto lanciava. E qui rientrano l'utopica battaglia contro il relativismo, la difesa dell'autonomia dell'arte assieme alla contemporanea richiesta di una sua apertura alle esigenze del proprio tempo, la ricerca di conciliare un fare estetico orientato alla rottura di norme e attese con un concetto di arte e letteratura popolari. Parole chiave: Novecentismo, realismo magico, rinnovamento culturale, autonomia dell'arte, su-peramento del relativismo. ABSTRACT Novecentism: Battle Against the Devil. Notes about Bontempelli's Cultural and Aesthetic Project. This article, with reference to theoretical and polemical essays collected in L'Avventura novecentista (1938), retraces Bontempelli's perspective on the project of cultural renewal (the Novecentism), which he himself promoted in the 1920's. This article presents not only the battles he sustained and his farsightedness, but also the problems or rather the challenges of this project. Along these challenges came the utopian battle against relativism, the tendency to defend the autonomy of art and the contemporary requirement that this autonomy be open to the necessities of that time, as well the attempt to conciliate an artistic work, inclined to break the norms and expectations, with a concept of popular literature and art. Keywords: Modernism, magic realism, cultural renewal, autonomy of art, overcoming of relativism. Patrizia Farinelli: IL NOVECENTISMO... 93 POVZETEK Novecentizem: Boj z mlini na veter. Nekaj beležk o Bontempellijevem kulturnem in estetskem projektu Pričujoči prispevek s pomočjo teoretskih in polemičnih spisov, zbranih v delu Lavventura nove-centista (1938), osvetljuje Bontempellijevo stališče do projekta kulturne prenove, ki jo je v dvajsetih letih minulega stoletja sam spodbujal. V članku so predstavljeni njegovi kulturni boji in daljnovidnost pogledov, pa tudi težave - ali bolje rečeno izzivi, ki jih je projekt sprožil. Sem sodijo utopični boj proti relativizmu, težnja po zaščiti avtonomije umetnosti skupaj s sočasno zahtevo, da se ta odpre zahtevam in izzivom tistega časa, prav tako pa tudi poskus združitve estetskega dela, usmerjenega h kršenju norm in pričakovanj, s konceptom ljudske umetnosti in književnosti. Ključne besede: Novecentizem, magični realizem, kulturna prenova, avtonomija umetnosti, boj proti relativizmu.