ANNO XIV. Capodistria, 16 Settembre 1880. is:018 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. EFFEMERIDI ISTRIANE Settembre 16. 1634. — Venezia riforma la nuova imposta sugli olii istriani che passano nella provincia del Friuli. - 53, 299. 17. 1848. — Vienna. Ordine ministeriale che esonera la provincia dell' Istria da pesi perpetui. - 53, 357. 18. 1203 — Udine. Concordio tra il patriarca Ottobono e la^ Repubblica, con il quale il patr. accorda a Venezia durante il compromesso papale 1' occupazione di alcune giurisdizioni in Istria, col patto di contribuirgli in due uguali rate 1' annuo censo di 450 marche di argento. - apodistria. Il Vescovo Zeno accorda al sindico della città, ser Andrea dottor de' Tarsia, la permuta di una casa di beneficio ecclesiastico, senza di che sarebbe stato turbato il bell'ordine del progettato edificio del Collegio di educazione. - 12. 20. 1341. — Venezia. Il senato invia ordini al suo ambasciatore presso il patriarca di Aquileia, perchè gli riferisca gli enormi danni causati da un suo suddito, Giovanni del castello di Stamberg, ai veneti dell' Istria ; 1' avverte a nou ritornare in Venezia fino a nuovi avvisi. - 11, XX, lO.b 21. 1521. 11 capitano di Trieste, Nicolò Rauber, avvisa Salm e Katziare a impedire, che i veneziani si fortifichino di troppo in Raspo, come i" avevano fatto in Neumarktel (Castel Nuovo i sui Carsi). - 58, IX, 87. 22. 1291. — Venezia. Rinunciato ch'ebbe Andrea Zeno alla nomina di capitano dell'armata in Istria, il maggior consiglio vi elegge ser Marco Bembo, e questi pure vi rinuncia. -6, I, 186. 23. 1509. — Trieste. Il consiglio mette a disposizione del capitano, Nicolò Rauber, cento cittadini per assediare Moccò col patto che cadendo nelle loro mani sia consegnato al Comune; in seguito a questa offerta il Rauber domanda alla città altri cento uomini cou cinque capitani per dar l'assalto assieme all'esercito a Castel Nuovo sui Carsi, ingiungendole a provvederli di pane e vino per seigiorni. - 13. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Dn numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 24. 1291. — Venezia. Essendosi rifiutati Andrea Zeno e Marco Bembo di accettare la carica di capitano delle truppe in Istria, il consiglio maggiore passa ad una nuova nomina, che pure cade. - 6, I, 186. 25. 1352. — Il senato accorda a Guercio di ser Giov. de' Verci di Capodistria. confinato a Venezia per la rivolta del 48, di portarsi in Istria col domicilio in Pola e coli' obbligo di presentarsi ogni dì al conte; proroga a Nassin-guerra de' Tarsia la sua fermata in Isola pel-altri sei mesi. - 11, XXVI, 98 a ! 26. - 1346. — Il senato permette al neoeletto capitano di San Lorenzo del Paisinatico, Giovanni j Morosini, di comperare in Istria 200 staia di grano e- di portarlo seco in San Lorenzo. -11, XXIII, 62.a 27. 1425. — Ducale Foscari che ordina al pod. e cap. di Capodistria, Giacomo Venier, di inscrivere ser Giovanni Cano e suoi successori tra i nobili di quel consiglio. - 4, 61,a 28. 1538. — Il doge Cicogna delega i podestà di Pirano e di Umago, e quello di Cittanuova, ser Andrea Bragadiu, perchè facciano rispettare i diritti del feudo di San Giovanni della Cornetta, portati in campo dal capitano Rizzardo de' Verzi (de Guerciis), procuratore del proprio padre ser Giacomo di Francesco, Marco e Nicolò del fu Cristoforo de' Verzi e di Antonio e Pietro del fu ser Luigi de'Verzi. - 55, 9 e seg. 29. 1509. — Il castello di Moccò, occupato dai veneti, s'arrende ad un corpo di Triestini (100 uomini), comandati dallo stesso capitano della città, Nicolò Rauber; nel 1511, 22 sett. Moccò era di nuovo nelle mani venete e vi figurava qual capitano ser Girolamo Contarmi. - 13. 30. 1509. — Trieste. Il consiglio delibera di dare in appalto il gran dazio per quattro mila lire di piccoli. - 13. Degli errori sull'Istria*) in. Ed ora di quell'altro sproposito del regalare il nome di Libnrni agli Istriani. Non sono molti anni T errore fu messo in commercio dal Fanfulla (ne ha tanti dei peccatacci sull' anima quello spensieratone) e rimproverato poi non so da chi, sgattajolò, citando Orazio : Ibis Liburnis inter alta navium Amice, propugnacula, Epod: I. facendosi bello delle note del padre maestro, e dissertando sulle navi alte e sul modo di navigazione degli antichi Illirici, dei quali i Liburni erauo una tribù. Siamo giusti però. Siccome una piccolissima parte della nostra penisola di là dal Monte Maggiore non è a rigore di termini Istria, ma Libumia; tanto è vero che il bravo De Franceschi nelle sue Note Storiche ha scritto uu capitolo — La Liburnia istriana — così non è a maravigliarsi se qualche scrittore, usando di quel comodo traslato che è la sineddoche, ci abbia dato il tutto per la parte e viceversa. Ma adagio ; la storia oggidì non vuole più fronzoli ; è tutta intenta a investigare, a frugare ; le figure, i tropi e i commenti del padre scolopio nou ci hanno a che fare, carissimo Fanfulla ; e con tutta la sua mutria, e le sue superbe omissioni, e i suoi dispregi, l'Istria sarà sempre Istria e nou Liburnia, perchè anche nell' ipotesi poco accreditata, come si è veduto, che gli antichi Istriani siano stati nei tempi antichissimi Illirici, formarono sempre una tribù bene distinta col suo bravo nome di Istri e da uon confondersi coi Liburni sparsi alle falde del Monte Maggiore sul Quarnero e sulle coste, dalmate e croate. — „L'ampio tratto di paese, scrive il De Franceschi, che a settentrione confinava uel medio evo cella Carsia, e ad oriente mediante il fiume Tarsia, odierna Recina, colla Croazia, formava anticamente parte della Liburnia Tarsaticense, ricordata dall' anonimo di Ravenna, siccome estendentesi da Nona in Dalmazia, sino all'Arsa, costituendo quindi l'agro giurisdizionale della città di Tarsatica, suggerito dalle coudizioni naturali geografiche e dalle etnografiche del paese." (pag. 429). Liburnia era adunque quel tratto di litorale addossato ai mouti da Nona iu Dalmazia fino al confine romano all'Arsa, dove cominciava l'Istria propriamente detta e formante con la Venezia la decima regione d'Italia, Risponderanno alcuni : Gettiamo un' occhiata sulla carta geografica : la penisola istriana vi si disegna netta, precisa nella sua unità, posta tra il golfo del Quarnero e di Trieste. E voi altri la rompete quest'unità naturale, perchè vi torna comodo, e per eliminare forse tutti quegli Slavi che popolano oggi la parte dell' Istria tra Albona e Fiume iu su quel di Oastua, di Lovrana, di Moschenizze ed altri paeselli distesi alle falde del Monte Maggiore, e che ci vorrebbe una bella faccia a far passare per italiani. Ma la natura, rispoudesi, nou ha già lavorato coi compassi della politica ; e si è compiaciuta di sbizzarrire un po' a suo talento. Ha sì le sue brave leggi, e che leggi ! ma che nou hanno a far nulla con le nostre leggi di convenienza e di tornaconto. Guardate per esempio alla penisola danese; sappiatemi dire dove finisce la penisola, e comincia il continente germanico. Quanti spropositi non vede il politico sulle carte geografiche ! E così avvenne dell'Istria. La penisola nostra, vista così a colpo d'occhio si rappresenta nella sua unità ; ma un più attento esame ai monti, ai fiumi, ci farà persuasi che il territorio di là dal Monte Maggiore è un prolungamento, uuo svolgimento naturale della costa croata che noi di tutto cuore abbandoniamo alla Slavia sorella. Uno sguardo alla storia invece, e vedremo che gli uomini hanno avuto sempre la pretesa di correggere un pochino gli errori ed i capricci della natura, per portare i confini ed estendere il loro dominio fino ai monti ed ai fiumi come suggeriva la sicurezza ed il tornaconto. E in quanto alla penisola danese informi Sadova. Qualche cosa di simile è avvenuto anche alla penisola istriana, come a tutti i paesi di confine, dove la natura non si è dato alcun pensiero di segnare e dividere con la esattezza del matematico. Perciò nei tempi romani, il fiumicello Arsa non fu preso sul serio quale confine ; ma inchiusavi subito Albona ; perciò gli stessi Liburni di qua dal Tarsia, almeno per riguardo della difesa del confine e della relativa amministrazione militare devono essere stati dipendenti dalla colonia di Pola, come l'indicherebbe l'estensione orientale della diocesi polense sino al Tarsia, dacché la geografia ecclesiastica si conformava alla geografia politica, ') Adunque se i Romani prima, e i Veneziani dopo (ma questi ultimi invano, perchè trovarono il feudalismo radicato anche di qua dal Monte Maggiore nella Contea di Pisino) hanno tentato di fare di tutta la penisola istriana una sola regione, ciò vuol dire che ci hanno avuto le loro buone ragioni, quando era necessario in tempi di barbarie, di prepotenze, di guerre dinastiche di cercare sicuri confini. Adesso che alle guerre dinastiche sono succedute quelle di popoli, c' è da sperare, se il progresso non è una vana parola, che i popoli sappiano meglio intendersi fra di loro con reciproche concessioni, quando di qua, o di là di qualche confine non bene determinato dalla natura, la lingua, o meglio la civiltà di un popolo ha saputo estendersi non per improvvise prepotenze o per artificiali burocratici accorgimenti, ma lentamente, lentamente nel corso dei secoli. Dunque intesi: Istria di qua dal Monte Maggiore, Libumia di là. Sono contenti quei signori di Zagabria? Rimane però fermo che l'Istria non fu mai Liburnia, non ebbe alte navi, non propugnacoli (le corazzate dei tempi antichi) ma paramele e trabacoli a vela latina; e che perciò quando Orazio augurava il buon viaggio all'amico Mecenate (a meno che non si voglia credere che avesse bevuto qualche bicchiere di più, e che il Cecubo e il Falerno gli facessero girare le carte geografiche) non intendeva di mandarlo nell' Istria, ma dritto dritto in qualche porto della Liburnia in fondo al Quarnero. (Continua) P. T. INDUSTRIA MARITTIMA Ecco il Memoriale della Giunta istriana al Ministero, intorno alle tristissime attuali condizioni della nostra marina mercantile *) Eccelsa Presidenza del Consiglio de1 Ministri ! Nella seduta dei 22 giugno a. c. sub la Dieta provinciale dell'Istria deliberava la seguente Risoluzione: „1° Doversi sollecitare l'Imperiale Goveruo a presentare quanto prima al Consiglio dell'Impero il nuovo codice marittimo; 2° Ad impedire il sempre crescente regresso della marina mercantile nazionale rendesi necessaria una riforma delle leggi ed ordinanze relative alle imposte ed alle tasse cui vengono assoggettati i navigli nazionali, nel senso di accordare alla navigazione nazionale protezione e favore pari a quelli goduti nello Stato da altre intraprese, sia colla diminuzione di imposte e tasse cui son soggetti i navigli, sia con esenzione tem-poraria dalle prime nel caso di ricostruzioni, o di nuove costruzioni ; 3° Restare incaricata la Giunta provinciale di presentare analogo memoriale all'Imperiale Governo." In adempimento del datole incarico, la Giunta provinciale si fa debito di rassegnare con alcuni relativi cenni, la suddetta deliberazione dietale ai saggi riflessi dell'Eccelso Ministero, invocando ogni migliore opportuno provvedimento. Non è necessario di dimostrare con cifre la realtà, sgraziatamente anche troppo accertata, della già da alcuni anni costante diminuizione della marina mercantile austriaca. Il male, ond'essa soffre, deriva non solo dal generale ristagno degli affari, ma più ancora dal non trovarsi essa in grado di procedere di pari passo nel commercio mondiale con altre marine più progredite, le quali al dì d'oggi contano un graude numero di navigli a vapore, che effettuano tutti i trasporti a corta traversata nei mari mediterranei; mentre, invece, alla nostra marina mercantile, composta soltanto di bastimenti a vela, non altro resta che di tentare la concorrenza coli'estero solo nei viaggi transatlantici. Onde mantenersi soltanto, e non già anche per progredire, la marina nazionale viene necessariamente spinta alla strasformazione del suo navile, ad operare la quale manca peraltro agli armatori nazionali il capitale occorrente. Animati da quello spirito d'intraprendenza, che, accompagnando nell'azione l'onestà all'ardimento seppero essi acquistare alla marina mercantile austriaca la riputazione che gode presso tutte le nazioni, e forti della volontà di conservarsela, gli armatori veggousi paralizzati nelle loro intraprese ed obbligati a perdere poco a poco il vistoso capitale, frutto di lunghe ed aspre fatiche, impiegato nella navigazione, di tutte le industrie te più perigliosa. ! Chiedendo perciò de' provvedimenti, non intendono già che si venga in loro soccorso con sovvenzioni o sussidi, o con premi come in qualche altro Stato si usa, ma domandano solamente che il Governo, per principio di equità, conceda alla marina mercantile quei favori ond' è largo ad altre intraprese più lucrose e meno arrischiate, e fors' anco meno importanti, e dia \ alla medesima almeno quella tutela efficace, che ad ogni istituzione, come ad ogni cittadino, deve esser data nello Stato retto a' principj di una vera giustizia distributiva. Gli armatori lamentano anzitutto ed a ragione, la mancanza del codice marittimo, le tante volte solleci-citato da loro stessi, e dai loro rappresentanti al Consiglio dell'Impero, e le tante volte dall'Eccelso Ministero promesso. Pur troppo il pessimismo s'impossessa degli animi allo scorgere che tanto si tardi a colmare qualche lacuna j nella legislazione, e va insinuandosi il dubbio che il Governo trascuri i'industria marittima in tutto ciò che risguarda l'assicurazione di sua legale esistenza e di suo consolidamento, e se ne ricordi soltanto per sfinirla con regolamenti di polizia che scemano la libertà del movimento, e con ordinamenti fiscali che continuatamente le aggravano di maggiori ormai non più sopportabili balzelli. Senza condividere queste esagerate opinioni, pur troppo qua e là accolte dagli armatori, la Giunta provinciale ritiene però, che all' accennata lacuna nella legislazione si possa attribuire con qualche fondamento la lamentata mancanza di capitale, in precedenza indicato, occorrente al progressivo incremento della marina nazionale. Ed infatti, vigendo nell'Impero, a seconda delle diverse sue provincie alla costa, diverse leggi, usi e costumanze regolanti il diritto commerciale marittimo, il tutto non più pienamente conforme agli attuali tempi, ed all'attuale ordine di cose, ne consegue che gli armatori, aveuti la più grossa parte dei loro capitali investita in navigli, o non trovino credito, od in misura insufficiente per il bisogno sopraindicato. Sul capitale proprio degli armatori, investito in bastimenti a vela, che oltrepassa i venti milioni di fiorini — e certamente non è poco se si rifletta al numero degli armatori, ed alle condizioni economiche dei paesi costieri •— su questo capitale dicesi, nou dovrebbe riuscii e difficile di conseguire 1' ottenimento di uu vistoso credito. Ma il capitale altrui, sia di nazionali o esteri, non si presta facilmente per le operazioni di una industria delle più azzardose, la quale non trova nella legislazione del proprio Stato la piena tutela de' suoi diritti. Giova ritenere che facendo cessare questa mancanza di una legislazione uniforme, anche la popolazione dell'interno dell'impero prenderà maggiore interesse alla marina mercantile, che presentemente viene da quella trascurata, e quasi ignorata. E per questa via indiretta i il Governo coopererà ad animare i privati, ad attivare istituzioni atte a portare alle imprese marittime nuovo impulso e vigore, e valevoli a redimere le popolazioni costiere da queir abbattimento che va giornalmente aumentando, e ne minaccia seriamente l'avvenire economico. A raggiungere questo alto scopo contribuirà poi vieppiù accordando alla navigazione nazionale anche qualche leggiero e temporaneo sollievo dalle gravezze che «ssa attualmente sopporta. E un fatto che la navigazione più che ogni altra industria è colpita da pubbliche imposte e tasse, e ciò non solo nello Stato, ma anche all' estero. Oltre alle tasse e diritti che ogni naviglio deve soddisfare ad uno Stato estero nel caso di approdo ad un suo porto per causa di commercio o di navigazione, esso deve pagare auche i così detti diritti consolari al pubblico funzionario, che vi rappresenta lo Stato Austriaco. A questa tassa, che altre industrie esercitate nello Stato non contribuiscono, vanno aggiunte la tassa di patente o scontrino, i diritti portuali-sanitari, cioè, le tasse di sanità, di tonnellaggio, di lanternaggio, ed il contributo al pio fondo di marina: gravezze tutte che sono accollate soltanto ai navigli. Comune colle altre industrie hanno essi poi l'imposta d'industria, e quella di rendita. Di sovente si levò qualche voce per chiedere P abolizione dei diritti consolari, perchè contrari al sommo principio che la protezione dello Stato debba essere data a tutti indistintamente i suoi membri, e non obbligati alcuni di essi soltanto a pagarla separatamente; più di frequente si disse che le tasse di sanità, di ton- nellaggio e lanternaggio dovrebbero essere pagate coinè iu qualche altro Stato uua volta sola per tutto l'anno, e nou come da uoi si usa, la prima ad ogni approdo, le altre ad ogui to6eata di porto per farvi operazioni di commercio. La scrivente però si limita a far cenno di queste voci, e di simili desideri riconoscendosi non sufficientemente istrutta delle cagioni per cui in altri Stati possano sussistere gli indicati diversi modi di percezione, o commisurazione di simili tasse. Relativamente alle imposte d'industria e di rendita vengono pure sollevate dagli armatori varie lagnanze, e principalmente intorno alla loro commisurazione, dolendosi eglino che l'imposta sull'industria venga qui da noi regolata diversamente da quanto si pratica relativamente ai navigli nelle Provincie ungariche, e contrariamente alle disposizioui della legge 31 Decembre 1812 regolante tale imposizione, e che la rendita venga rilevata, per così dire, a capriccio dagli incaricati delle relative operazioni, i quali non tengono conto della realtà dei fatti, e compongono anzi a lor talento i prescritti rilievi commissionali, per guisa che, giovandosi anche del rimedio del reclamo, gli armatori non ottengono poi, per causa di siffatti erronei rilievi, la dovuta giustizia. Senza assumere alcuna malleveria della verità di questi fatti lamentati dagli armatori, la Giunta provinciale non può dall' altra parte ritenerli neppure come affatto infondati, dal momento che i fatti medesimi hanuo dato motivo anche nella Dieta del Reguo di Dalmazia, di chiedere che l'imposta d'industria sui navigli debba essere regolata allo stesso modo che è praticato nelle Provincie marittime, appartenenti alla Corona d'Ungheria. La giustezza della quale doiuauda vuol essere apprezzata in massima, ed iu ogui caso dovrà esserne tenuto conto all'atto della riforma già stabilita del sistema d'imposta, e tanto più dappoiché nell' accordo coli' Ungheria, fu stabilito che la navigazione debba essere regolata uniformemente in ambe le parti dell'Impero, e sia perciò equo e giusto che anche relativamente alle imposte e tasse uua parte della marina mercantile non sia più favorita a danno dell' altra. Sarebbe pertauto conveniente ed opportuno, che fino a tanto che non segua la riforma del sistema d'imposta, venisse accordata alla marina mercantile qualche diminui-zioue delle attuali imposte e tasse, forse l'esenzione dall' imposta di rendita ; tanto più essendo a tutti notorio come la marina già da più di uu triennio uon solo uon abbia realizzato nessun guadagno, ma subito anzi una perdita nou indifferente del capitale investito in quest'industria. Il favore però che in ogni caso dovrebbe accordarsi alla marina mercantile allo scopo che essa possa sostenersi e progredire, dovrebbe consistere nell'esenzione per un determinato periodo di anni dall'imposta di industria e di rendita per ogui nuova costruzione o trasformazione di naviglio. Si accordano pure di queste esenzioni per costruzioni di caseggiati, o di ferrovie, e quand'anche si volesse negare l'analogia fra navigli e caseggiati, questa non manca riguardo alle ferrovie; mentre queste, come i navigli, servono al trasporto di persone e di merci, e ad aprire in ogni dove nuove comunicazioni, e nuovi commerci. Quasi tutte le industrie nazionali trovano favore nello Stato, o mediante privilegi ed esenzioni d'imposte o mediante dazi protezionisti, e la sola marina mercantile che ha pur tanto valore nell'economia nazionale, perchè dovrà essa essore gravata a segno da dover cessare la sua attività ? È notorio che ripetute volte gli armatori e le Camere di Commercio ed Industria dei paesi litorani, si sono occupate di quanto si riferisce all' industria marittima, tanto rapporto al relativo diritto pubblico e privato, quanto riguardo alle tasse ed imposte, cui essa è soggetta. Ai loro postulati nell' interesse della marina stessa, ed affinchè la medesima contribuisca pure all'utile generale dell'Impero, la Giunta provinciale, in nome e per incarico della Dieta, cui sta sommamente a cuore lo sviluppo di quest'industria, della quale all'incirca una terza parte è esercitata da questa Provincia, aggiunge quindi il suo fervido voto perchè l'Eccelso Ministero, compreso della missione e dell'alta importanza della marina mercantile, voglia compiacersi di sollecitare l'effettuazione delle desiderate e promesse riforme, mercè le quali essa possa mantenersi, e progredire. DALLA GIUNTA PROVINCIALE DELL'ISTRIA Parenzo, 20 Luglio 1880. L'Istituto ili credito fondiario in provincia Togliamo dal Resoconto stenografico della V seduta della Dieta provinciale, (21 giugno a. c.) le seguenti comunicazioni date dall' onorevole assessore avvocato Amoroso, relative all'Istituto di credito fondiario: Nella sessione dell' anno 1875, la Dieta provinciale sopra proposta della sua Giunta, ha votato Jo Statuto dell' Istituto provinciale di credito fondiario pel Margraviato d'Istria ; e poco più tardi esso venne anche approvato con Sovrana Risoluzione dei 15 marzo 1877. Votando questo Statuto, la Dieta provinciale lasciava l'incarico alla Giunta di attivare tutti quei provvedimenti, i quali potessero condurre all' attivazione dell' Istituto medesimo. D' allora in poi la Giunta provinciale si è ripetutamente occupata dell' oggetto, nel senso che l'Istituto avesse ad essere attivato sotto condizioni tali che ne assicurassero il pieno successo. Non dirò ora per esteso tutte le pratiche fatte nei tempi addietro dalla Giunta provinciale per arrivare a questo scopo con Stabilimenti bancari, e con privati capitalisti di Trieste, per la formazione persino di un apposito consorzio; e non esporrò neppure le ragioni per le quali non fu possibile di venire ad uua conclusione soddisfacente dell' affare. Il tempo e le circostanze non erano ancora mature, e da ciò sorsero insuperabili difficoltà alla creazione del divisato Istituto. Appena nel mese decorso, e devo dirlo, in seguito all'appoggio premurosissimo dato alla Giunta provinciale da Sua Eccellenza il signor Luogotenente Barone de Pretis, il quale spontaneamente si prese a cuore di condurre a buon fine quest' affare, è riuscito alla Giunta provinciale di aprire le concertazioni relative coli' i. r. Istituto austriaco di credito per Commercio ed Industria che ha la sua sede in Vienna, ed una filiale a Trieste. Il punto più difficile a vincersi era l'ottenimento del consenso di massima della Banca centrale per assumere la vendita delle lettere di pegno, e di prestare delle anticipazioni sulle medesime. Questo punto di massima, lo ripeto, fu felicemente superato mediante la benevola intromissione di Sua Eccellenza il Sig. Luogotenente; ed ottenuto questo primo successo, non si presentarono dippoi altre difficoltà intorno ai dettagli del convegno, che anzi, per le condizioni offerte, ha superato perfino ogni nostra migliore aspettativa. L' Istituto provinciale di credito fondiario per 1' Istria venendo perciò attivato sotto 1' egida di uu primario Stabilimento bancario dell'Impero, anzi europeo, questo solo fatto influirà anche ad accreditare in anticipazione il nascente nostro Istituto. Le modalità del convegno di cui mi pregierò di dar ora lettura, sono così precise, e chiaramente determinate, da non lasciare nulla di vago e d'incerto, intorno alle modalità delle relative operazioni bancarie; sicché da questo lato possiamo riposare intieramente tranquilli sulle sorti future dell' Istituto. Va da sè, che la Direzione dell' Istituto dovrà poi circondarsi della massima prudenza nella conchiusione degli affari, considerando ciascheduna domanda di credito dal lato oggettivo, e soggettivo del postulante. Oggettivamente, procurandosi non solo un'assicurazione ipotecaria appieno sostanziale, ma astenendosi altresì da operazioni di credito in quelle parti della provincia, nelle quali i terreni non hanno uu valore mercantile, e dove l'ipoteca uon si possa per conseguenza, in caso di bisogno, prontamente realizzare; soggettivamente, prendendo anche in considerazione la solvibilità e moralità della persona che domauda l'apri meato di credito. Osservate questo precauzioni di massima, è da ripromettersi che l'Istituto di credito fondiario sarà indubbiamente fonte di grandi vantaggi alla provincia, e. potrà non solo fare onore ai propri impegni, ma concorrere eziandio potentemente a rialzare il credito dell' intiera provincia. Ora darò lettura del convegno stabilito fra la Giunta provinciale e la Direzione dello Stabilimento di credito pel commercio ed industria rappresentato dalla filiale in Trieste: (legge). „Di conformità alle verbali intelligenze fra 1' on. signor Vice-Capitano ed assessore provinciale avvocato Andrea Amoroso ed il signor Oscar Gentilomo, direttore di questa filiale dell' i. r. privilegiato stabilimento Austriaco di Credito per il Commercio ed Industria, si ha l'onore di partecipare a codest'Iuclita Giunta essere la scrivente filiale ben disposta di assumere la vendita delle lettere di pegno dell'Istituto di credito fondiario provinciale pel Margraviato d'Istria, la cui attività avrà da cominciare col 1 gennajo 1881, e di accordare sulle medesime delle anticipazioni, alle seguenti modalità, nell' esenziale pienamente conformi a quelle contenute nel pregiato rescritto di codesta Inclita Giunta di data 9 giugno corrente: а. Sulle lettere di pegno emesse dall' Istituto di credito fondiario suddetto la scrivente filiale anteciperà un importo di tre quarti del loro valore al corso del listino ufficiale di Borsa; dopo realizzata la lettera di pegno verrà esborsato l'importo in più ricavato dalla vendita. б. Il minimo limite della realizzazione delle lettere di pegno verrà fissato da questa filiale d' accordo colla direzione dell' Istituto, prendendovi a norma il prezzo corrente di Borsa delle altre carte della stessa categoria, e nominatamente quello delle lettere di pegno dell' All-gemeine Oesterr. Bodencreditanstalt. c. Il tasso d'interesse da corrispondersi alla filiale perle anticipazioni sulle lettere di pegno sarà in generale quelle che per simili operazioni viene conteggiato dalla Banca Austro-Ungarica ; non potrà però in nessun caso essere inferiore al cinque e mezzo per cento annuo. d. Per la vendita di lettere di pegno la filiale percepirà la provvigione del mezzo per cento, e ciò dal momento in cui le dette lettere verranno sovvenzionate; inoltre verranno rimborsate alla filiale le spese di senseria nonché le altre spese che la stessa avesse ad incontrare per inserzioni nei giornali, ecc. e. GÌ' interessi sulle lettere di pegno, nonché le lettere di pegno stesse che verranno estratte, saranno pagabili, oltreché presso la Cassa dell'Istituto in Parenzo, anche presso l'i. r. privilegiato Stabilimento austriaco di Credito pel Commercio e l'Industria in Vienna e presso la scrivente filiale in Trieste. f. La Direzione dell' Istituto di credito fondiario dovrà fare in tempo i dovuti passi presso il Governo imperiale, affinchè le lettere di pegno siano quotate alla Borsa di Vienna ed a quella di Trieste." In appendice a quanto ho avuto 1' onore sin qui d'esporre, non posso dispensarmi di fare pubblico accenno che anche il Direttore della filiale dello Stabilimento di credito pel Commercio ed Industria iu Trieste, signor Oscar Gentilomo, ha per molto contribuito a facilitare la conchiusione di questo convegno, e che oltre a sua Eccellenza il sig. Luogotenente, dobbiamo perciò pure a lui la nostra gratitudine pella buona riuscita dell'affare. Società Alpina Istriana La Società Alpina Istriana intraprese la sua gita alle ricerche di Nesazio nei giorni 23, 24 e 25 Agosto p. p. dopo aver visitato i castellieri di Gracischie, Canfanaro, Due Castelli e Dignano, in conformità al programma, a cui aggiunse una corsa a Pola, per ammirare i tanti e pregevoli suoi monumenti. La Direzione della Società è intenta a pubblicare la relazione di questa gita in un opuscolo che sarà distribuito fra i Socj. La gita riuscì interessante sotto ogni rapporto; la comitiva alpina ebbe dovunque, ma specialmente a Dignano, non solo cordialissime e festevoli accoglienze, ma fu anche appoggiata assai validamente nelle sue investigazioni — 11 Dr. Cleva in particolare le fu assai largo di buone indicazioni, e così a Pola il Sig. Nicolò Rizzi. ITotizie La spettabile Rappresentanza Comunale di Decani nella seduta del 4 Settembre ha deliberato di cedere a certi patti stabiliti, i diritti d'acqua sul Risano dei singoli comuni Cénsuarj che costituiscono il comune locale di Decani, e la vendita delle sorgenti del fiume stesso, che appartengono al comune censuario di Besovizza. Queste cessioni e vendita furono fatte per 20 mila m. c. d'acqua con impegnativa reciproca, limitata ad un dato tempo, ad una impresa costruttrice Triestina, la quale ne approfitterebbe al caso che l'inclito Consiglio della città di Trieste, infrattanto, deliberasse di scegliere tra i varj progetti di conduttura, quello del Risano. Sappiamo che la stessa impresa continua le sue pratiche anche coi comuni limitrofi. La grandissima maggioranza della popolazione tanto del Comune di Decani come degli altri comuni, è decisamente contraria alle accennate cessioni di diritti e circolano parecchie petizioni munite già di centinaja di firme, per essere presentate all'Inclita Giunta Provinciale onde protestare contro la massima della cessione dei diritti e vendita delle sorgenti, deliberata dalla Spett. Rappresentanza di Decani, e contro le condizioni stabilite, vantaggiosissime per l'impresa acquirente e per necessità dannosissime per i comuni cedenti; condizioni ridicole e neppure confrontabili coi vantaggi sempre goduti dalla popolazione lungo la vallata, e coli' importanza del corso d' acqua del fiume Risano. Alcuni comunisti di Decani presentarono un ricorso all'Inclita Giunta Provinciale contro il deliberato nelle sedute del 28 Agosto e 4 Settembre di quella Rappresentanza Comunale, per illegalità commesse nell' applicazione del vigente Regolamento Comunale. Una ghiotta notizia per gli archeologi ci viene riferita dalla stampa triestina ; secondo questa, il Dottor Bizzaro, Membro della Sezione proviuciale archeologica, avrebbe trovato a Santa Lucia, sulla sponda sinistra dell' Idrizza, uu campo romano. Gli escavi avrebbero dato per risultato una quantità di urne cinerarie, di spille ed ornamenti muliebri, oltre un vaso ripieno degli stessi. I lavori continuerebbero nella certezza di risultati molto importanti. . .i>i - Il sig. Enrico Jurettig, venne rilasciato in libertà il 2 corr. a Trieste (ove lo avevano trasferito dalie carceri di Gorizia) dopo oltre sei mesi di detenzione. Partì alla sera stessa per Gorizia, e quando vi giunse trovò in attesa stuolo d'amici. (Un.) Cose locali L'illustre Maestro Alberto Giovauuini sta musicando nella nostra città la nuova opera Tito Vezio, sopra libretto del bravo poeta milanese Fulvio Fulgonio. Togliamo dall' Unione del 9 corr. : Il giovane bracciante Giovanni Pecenca, detenuto fino dal 21 luglio p. p. sotto l'imputazione di avere macchiato la nota lapide nel piazzale S. Domenico, venne assolto dall' i. r. Tribunale Provinciale il giorno 30 agosto. _ Il signor Arturo Pasdera, dopo cinquanta giorni di arresto preventivo, venne messo a piede libero il 1 corr., essendo stato il giorno innanzi sospeso e differito il dibattimento in suo confronto presso 1' i. r. Tribunale Provinciale. >,'Ji . ■ ■ ; i • !'■''- ——- Commissione provinciale istriana per i provvedimenti contro la fillossera Nella seduta tenutasi a Pirano il 3 corrente, vennero presi i seguenti deliberati : 1. Continuare la disinfezione delle viti trovate ulteriormente infette dopo il 2S luglio p. p., giusta deliberato dell' anteriore seduta, salvo per il trattamento delle viti periferiche di esperimentare il palo Gustine dopo le modificazioni da introdursi nello stesso, non avendo esso corrisposto convenientemente finora nel funzionamento meccanico. 2. Continuare fino al novembre l'esplorazione alle periferie dei focolai disinfettati, e procedere alla disinfezione delle viti che si trovassero atta-cate, previa inventarizzazione giusta il deliberato al punto secondo della seduta 2S luglio p. p. 3. Abbinare alle operazioni di stima dei vigneti trattati col solfuro di carbonio la rilevazione dei dati che si riferiscono all' invasione dell'insetto, giusta apposita modula. Compilare un piano topografico dell'invasione fìllosserica, nel quale appariscano le accidentalità orografiche, le acque e le colture. Appunti bibliografici Programma dell' I. 11. Ginnasio superiore di Capodistria. — Capodistria, Priora e Pisani 1880. Questo opuscolo oltre contenere gli atti del ginnasio e il piano speciale d'insegnamento che è il vero programma (quel benedetto piano, lasciamolo ai generali ed ai capimastri) reca nella prima parte una dissertazione del Prof. Stefano Petris — La Dalmazia nella prima metà del XIV secolo, lavoro eruditissimo e con fitte citazioni. E non è già uno studio d'interesse locale che getti solo lume sulle cose della Dalmazia ; ma il chiarissimo autore ci mostra le relazioni dei Dalmati eoa le potenze vicine: la Venezia e 1' Ungheria, e perciò il suo scritto diventa una pagina di storia universale; e potrà essere consultato dagli storici che trattano delle condizioni dell'Europa nella prima metà del secolo XIV. L'autore ci dimostra come le città dalmate litorali soggette all'Ungheria erano una specie di municipi senza avere però l'energia ed il seutimento dei comuni italiani e come dotate dai singoli re di larghi privilegi, il dominio straniero ungherese pesasse ben poco su di loro anzi servisse di patrocinio contro le mire di Venezia; e come poi oppresse dalla tracotanza dei conti di Bribir, e lontane dall' Ungheria che nou le seppe o uou le potè difendere dalla prepotenza dei conti croati, si videro finalmente costrette a cercnre il protettorato della repubblica di Venezia. Quando si trattava la storia drammaticamente e a grandi quadri, ci doveano essere i personaggi secondari che facevano una breve comparsa sulla scena in servizio del protagonista. Così si parlava per incidenza di Zara nella Dalmazia nella lezione sulla quarta crociata ; e toccato appena così all' ingrosso delle relazioni della Dalmazia con la corona di Santo Stefano, si tirava innanzi facendo una bella descrizione del porto di Zara, per navigare quindi coi venticelli della rettorie» in poppa alla conquista di Costantinopoli sotto il comando [ e la guida dèli'orbo famosp. Ma la storia è oggi scienza e non vuole chiaroscuri ; la cronaca di uno staterello, di un muuicipio possono divenire soggetto di gravi studi, avere una grandissima importanza nella storia universale, e servire di guida al politico ed al semplice cittadino anche nelle attuali vicende. Noi non abbiamo nè interesse, nè voglia d'immischiarci nelle faccende interne della Dalmazia, dalla quale ci divide il tempestoso Quarnero. Però quel destreggiarsi dei vecchi Dalmati tra Ungheria e Venezia per conservare la loro autonomia e libertà, e quel rassegnarsi al domiuio veneziano come male minore per non cadere sotto la sferza dei conti croati, può servire di lezione anche oggi, e dimostrare quanto fosse savio il consiglio del grande dalmata e scrittore italiano, il Tommaseo, che voleva indipendenti i suoi e nou assorbiti da uua grande Sia via, perchè fossero come intermediari tra due nuove ed amiche uazioui. Nella seconda parte dell' opuscolo e' è un breve ma opportuno scritto del direttore Babuder — Alcuni riflessi sulle modalità meglio opportune a promuovere la sorveglianza domestica della gioventù studiosa. L'autore tocca la questione dei convitti : arduo tema dove i pio e i contro sono tanti, e specie i contro dopo certi scandali. L'egregio direttore crede chela causa dei tanti collegi in Italia, mentre in Germania prevale un sistema di maggiore libertà, si debba ricercare nell'indole più viva e perciò bisognosa di maggior freno nei nostri. Sarà benissimo; ma c'è un' altra causa ancora. In Germania, diciamolo pur francamente, è più sentito l'amore di famiglia, e quindi i figli non hanno bisogno di famiglie artificiali. Pur troppo i convitti sono una triste necessità; ci sono, e ci devono essere, come è necessario ci siano ospitali, brefotrofi, case di salute e istituti pei matti. Guardiamoci però dal fare per questo tristi raffronti tra l'Italia e la Germania : tutto il mondo alla fin fine è paese, e certi entusiasmi sappiamo che valgano, compresi gli entusiasmi del povero Riccardi, suicida l'altro giorno a Cremona, Dio lo riposi. Questa difficoltà nel dare l'educazione di famiglia in Italia non dipende già solo da rilassamento colpevole dei vincoli di famiglia, ma proviene dall'indole nostra vivace, dalle nostre abitudini, che si trovano anche in famiglie morigerate e sotto ogni aspetto rispettabilissime. Sapete la vera causa per cui ci sono per esempio tanti e tanti collegi in Lombardia? Perchè la donna lombarda, forte, intelligente, operosa è uu validissimo aiuto al marito nei negozi e nei commerci e sa dirigere benissimo una bottega, mentre il marito è occupato altrove, e perciò i genitori non hanno tempo di attendere all'educazione dei figliuoli; malfanno invece ogni sacrifizio per mantenerli in collegio. È proverbiale la fiducia che il marito ha nella sagacia ed esperienza della moglie : le è buona a tutto, le fa tutto : che él parli con le dice spesso l'uomo a chi gli propone uu qualche affare che può essere benissimo sbrigato dalla sua brava metà. E non si deve già credere che l'uomo stia intanto iu ozio, e carichi di pesi la donna come fanno gli schiavi: entrambi lavorano e aumentano così con forze unite i loro capitali, per apparecchiare una miglior coudizione ai figliuoli. Non dico con ciò che questo sistema abbia i suoi inconvenienti; ci sarà il suo prò e il suo contro anche in questo, come in tutte le cose del mondo. Ma in ogni modo così vuol essere anche spiegata la prevalenza in varie parti d' Italia del sistema più rigoroso d'educazione. Nel Veneto poi, dove in generale le donne hanno assai poco da fare, affidate loro l'educazione dei figli propri e degli altri, trovate delle buone pensioni ; e che il cielo vi scampi da collegi e da seminari di fanciulli, dove spesso si sommergono gli studi sociali per dar V andare ad un genere d'idee e di adopramenti antinazionali, e si reprimono gli slanci confortevoli per dar fomento a un falso pietismo, e si misconoscono il rigoglio attuale della scienza, il fascino che essa esercita e...... Piace questo stile ? Scommetto che no; scriviamo adunque alla buona in nome di Dio! Un'ultima osservazione. Per la biblioteca dei professori si comperarono in un anno 18, diconsi diciotto opere tedesche, e cinque italiane. Sono pochette davvero! In che lingua s'insegna nel ginnasio di Capodistria? E non si potrebbe dare un po' di più fomento alle cose della razza latina, tauto per sapere che vento spira oggi di qua? Ecco, consiglierei subito subito per la biblioteca il libro di Ruggero Bonghi — «Perchè la letteratura non sia popolare in Italia." P. T. INTORNO ALLE EMIGRAZIONI DEI RUMENI SULLE ALPI DINARICHE E SUI CARPAZI del Prof. Francesco Miklosich Membro effettivo dell'i, r. Accademia di Scienze in Vienna. Vienna, 1879, (in 4,n, 66 p.) Studio critico del Dr. ANTONIO IVE, istriano, tradotto dal periodico francese Romania N. 35, aprile, 1880.*) Se noi teniamo conto di tutte queste concordi testimonianze degli storici, e se vi aggiungiamo un altro fatto non meno importante per bene giudicare della nazionalità di un popolo, la fisica impronta possiamo con tutta sicurezza unire questi Rumeni del Carso a quelli che si riscontrano nella valle d'Arsa. I Cici sono effettivamente partiti dallo stesso paese, od almeno sono passati innanzi di arrivare in Istria per le stesse contrade dei Rumeni. Yi sarebbe motivo di credere che i Rumeni del Carso non abbiano ricevuto il nome di Cici che in Istria nella seconda metà del sec. XYI, avvegnacchè sino alla fine del secolo stesso si continui nell'isola di Veglia e nella Dalmazia ad appellare indifferentemente vlah o morlacco chiunque parli il rumeno. È quindi dal continente dalmato o croato che i Rumeni della Yaldarsa sono giunti in Istria,, passando per l'Isola di Veglia. Quest' isola, situata fra la penisola istriana e il litorale croato e dalmato, ne forma, per così dire, 1' anello di unione. Dotata di un clima dei più dolci con fertili vallate e numerose praterie, Veglia poteva non solamente servire di sosta alle popolazioni nomadi, le quali, indietreggiando innanzi l'invasione turca, si riunivano là prima di passare sul continente opposto all'Istria ; -——— *) Continuazione; vedi n. 17. ') V. oltre le opere di Valvasor e di Combi, già citati, un articolo comparso nel 1875 nel periodico Le Globus, v. 28", N. 1, e ciò che dice il sig. G. Obédénare nella Roumanie eco-nomique (Paris, 1876, p. 395). ma ancora poteva sedurre molte di loro e determinarle a stabilirvi*!. Annotiamo d'altra parte che i conti Frangipani, feudatari dell' isola sino alla fine del secolo XV, aveano tutto l'interesse a ripopolare i luoghi che erano stati desolati durante le guerre. Essi dovevano sempre più favorire lo stabilirsi d'una popolazione di nazionalità rumena (o che almeno era stata rumena) importata dalle loro possessioni continentali, che questi nuovi venuti, il sangue de' quali era già mischiato, potevano facilmente accordarsi cogl' indigeni, i quali, come vedremo più sotto, aveano un dialetto assai vicino al rumeno. Questo passaggio, o se vuoisi questo trapianto di popolazione rumena sopra l'isola di Veglia, si è effettuato come lo dimostrò il signor M,, fra il 1450 e il 1480. Fra questi due limiti si appoggia un fatto assai importante per meritare che si faccia menzione qui; cioè il giudizio pronunciato il 10 nov. 1465. dal conte Giovanni Frangipani a proposito d' un processo sorto tra il Comune d' Omigal (Oastelmuschio) e i Vlahi stabiliti sul territorio di questo comune. Nella sentenza che si è conservata % questi Vlahi sono appellati alternativamente anche Murlachi. Se si ricorda in essa come nel 1463, secondo la testimonianza del prete Frasic, alcuni Cici del conte Giovanni Frangipani prendessero parte a un' invasione nell' interno dell' Istria, e come nel 1465 questi medesimi Cici, secondo il documento croato, si appellavano indifferentemente Vlahi o Murlacchi, bisogna conchiudere: 1. Che i Cici dell' Istria non sono che Valacchi, o, come gì' Italiani e i, Croati amano meglio chiamarli — Morlacchi, — e che non debbono esser punto separati dai Valacchi di Veglia; 2. Che questi Morlacchi, dopo il loro arrivo in Istria fino al principio del sec. XVIII, hanno parlato rumeno come i loro congeneri di Veglia ; 3. Che secondo i saggi della loro lingua che ci ha tramandati Ireneo, e gli altri che gli abitanti di Poglizza (nell' isola di Veglia) hanno conservato fino ai nostri giorni, si è autorizzati a ricongiungere i Cici al ceppo della famiglia romana che trovasi nella Valdarsa2) e che ha riguardato il rumeno come la lingua materna accanto alla slava; 4. Che questi stessi Cici hanno compito il loro passaggio in Istria un secolo dopo i Rumeni 1) V. Kukuljevic, ì. cit. ;p». 97, e Miklosich' p. 64. 2) In appoggio di questa nostra opinione, potrebbesi citare il fatto che gran parte dei notili di famiglie che si trovano nei Rumeni della Valdarsa. è anche comune ai Cita; così i nomi di Turkovic, Jìatacic, Dudic, Marcellia, Klania, Possedei Sudohc, si riscontrano tanto presso i Cici che i Rumeni della Valdarsa. propriamente detti, vale a dire verso la fine del secolo XV, seguendo la stessa via. Resta, malgrado ciò, una difficoltà a risolvere. Di spiegare, cioè, come i Morlacchi del Carso abbiano potuto (eccettuati quelli di Zejane che parlano ancora rumeno) rinunciare alla loro lingua primitiva per adottare un dialetto slavo, misto, se vuoisi, di parole barbare e d'italicismi, ma in fondo slavo, mentre che i loro prossimi parenti della Valdarsa 1' hanno conservata fino ai nostri giorni ? Noi non pretendiamo risolvere questa questione molto difficile; ciò che soltanto possiamo fare per renderci conto di questo fenomeno, si è di ammettere che i Morlacchi dell' Istria (Cici), aveano trascinato con essi un numero considerevole di Croati, e che questi essendo in maggioranza hanno finito per imporre la loro lingua ai compagni, oppure che al momento del loro arrivo in Istria, i Morlacchi si sono incontrati con delle masse di Slavi, talmente numerose e compatte, che hanno dovuto abbandonare la loro lingua ed amalgamarsi con essi. Ciò non potè aver luogo coli' altro ceppo rumeno che si era stabilito nel secolo XIV nella vallata dell' Arsa ov'era compatto. Esso resistè in un modo più tenace ad ogni conato di assimilazione slava, e facendo in quanto alla lingua delle numerose concessioni a' suoi vicini, seppe conservare intatta fino ai nostri giorni l'impronta della sua nazionalità. Abbiamo detto più sopra che i Morlacchi di Veglia hanno conservato fino ai nostri giorni delle traccie della loro lingua primitiva. Il signor M. nega il fatto con una sicurezza che ci sembra un po' troppo sistematica. *) L' eminente filologo vorrà permetterci, secondo gli indizi da noi presi sopra luogo, di rettificare sotto certi riguardi la sua affermazione. Fra le parole rumene che noi abbiamo intese durante il breve nostro soggiorno a Veglia, noi citeremo qui le seguenti : bou (bove), che si riscontra sotto la medesima forma nel rumeno dell' Istria, in quello della Macedonia e della Moldo-Valacchia ; basilica, per la quale il rumeno dell' Istria ci da basaerica e il daco-romano biserica; mnielu (agnello) come in Istria (trovasi nel dacò-rumeno la forma miei, nel macedo-val. la forma nielu) ; oila (pecora) nel daco-rumeno oaie, in Istria oia; vitel (veau) che si riscontra presso le due famiglie rumene. (Continua) ') „Es ist nicht bekannt (ci die' egli a p. 5), dass sich in der Sprachc der Veglianer eine Spur der rumunischen erhalten habe." : :__fcoa