ANNO XXVII. Capodistria, 1 G-ennajo 1893. N. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA \U/C\J -flt6Ü Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-Jrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. CENTENARI ISTRIANI 493. Pola suddita del gran Teodorico, re dei Goti. 793. Fiera carestia affligge l'Italia e si estende anche alla Francia. 1093. L'imperatore Enrico concede ai patriarchi d'Aqui-leia la nomina dei vescovi di Pola. 1093. Voldarico, patriarca d'Aquileia, ed Arrigo, figli di Marquardo Luca di Carintia, danno all'abazia di i Rosazzo la chiesa di S. Andrea, fuori le mura di Capodistria, con campi, vigne, oliveti ed altre rciHÜto e l>.-ni. La. suddetta chiesa era situata vicino all' odierna chiesa di S. Anna. 1093. La città di Pola, vedendo nei Veniziaui i futuri distruttori della sua prosperità, tólera che i Pisani, aleati dei Genovesi nella guerra contro Venezia, ne prendano possesso. Enrico Dandolo venuto iu Istria con 1(3 legni incendia nel porto di Pola alcune galee Pisane e smantella le mura dal lato di mare per prevenire altre resistenze e s'impossessa della città. 1093; Arrigo IV conferma al patriarca Goffredo le regalie su vescovati istriani, meno quello di Pedena, ed ogni altra donazione fatta al patriarcato dai suoi predecessori. 1393. Enrico de Wildenstein vescovo di Trieste vende la sua casa in Cividale, un dì di Giacomo Ribisino. posta nella contrada di S. Francesco presso la riva del Natisone. 1393. Enrico vescovo di Trieste viene ammesso alla cittadinanza di Udine in seguito ad istanza di Doimo Frangipani signore del castello di Porpeto presso S. Giorgio di Nogaro. 1393. Il podestà di Pirano, ser Eenier Vitturi, condanna il contrabbandiere di sale Almerico Schiavimi. 1393. Mario Venier podestà di Capodistria. 1493. Domenico Malipiero copre il pošto di podestà e capitano di Capodistria. 1493. Truppe turche si fanno vedere nel territorio triestino. 1493. 11 vescovo di Capodistria, Giacomo Valaresso, tiene in Udine nella chiesa di S. Antonio le sacre Articoli comunicati d' interesne generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Od numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Ordinazioni nei mesi di marzo e settembre in qualità di Vicario del patriarcato aquileiese in sede vacante. 1493. Ducale Barbarigo che esonera la terra di Muggia da ogni prestazione all' armamento della galea di H Capodistria. 1493. Ducale Barbarigo ordina al podestà e capitano di Capodistria, Domenico Malipiero, di ingiungere al Comune di mettere in assetto la civica galera, affidandone il comando all'eletto sopracomito ser / Giovanni de Verzi. 1 Gregorio Trevisan, podestà di Parenzo, conferma nell' antico possesso della peschiera di Cervera la mensa vescovile parentina proibendo di pescar e di caricar legna a chicchesia, non solo nella peschiera ben anco nello stesso porto di Cervera. 1493. L'accademia di Capodistria dà saggi della sua esistenza; reggeva la città in allora ser Domenico Malipiero, podestà e capitano, mandatole da Venezia ; il preside accademico era ser Giorgio Almerigotti, passato in seguito professore di diritto all' università di Padova. 1593. Si estingue la famiglia dei Verona, nobili di Capodistria. 1593. Si estingue la famiglia dei Ronzani, nobili di Capodistria. 1593. Estinzione della famigiia dei Giroldo da Capodistria, feudatari di Calisedo nella Diocesi di Parenzo; riceveva l'investitura dal vescovo di Trieste. 1593. Venezia s'impossessa del feudo di Calisedo o Geroldia dei vescovi di Trieste fin dal 1187, e ne investe le venete famiglie dei Cappello e dei Morosini. 1593. Estinta la famiglia dei Giroldi, il veneto governo confisca ed incamera la baronia di Calisedo al Leme. 1693. Il Capitolo di Rovigno avauza istanza presso il senato Veneto a difesa dei suoi antichi diritti, che gli venivano contrastati sì dal vescovo come dal municipio locale. 1693. Pola conta 590 abitanti, dal 1690 un decrescimento di 79 abitanti. 1693. Il consiglio di Rovigno offre nella sua povertà alla Repubblica lire 3962 soldi 19 di ragione del fondaco per la guerra col turco. 1793. La popolazione di Capodistria ascende a 5150 persone, 100 di più che nel 1792. 1793. La società arcadica Romauo-Sonziaca, stabilità in Trieste, dona la propria biblioteca alla città. 1793. La colonia arcadica di Gorizia si trasporta a Trieste, e fa dono della sua biblioteca al comune, ciò accadeva reggendo Pompeo co. Brigido le cose della città. Capodistria 26 Dicembre 1892. D. A. M. --—--:--- La lingua slava nella liturgia in Istria (X proposito di ima risposta del Canonico Volar i é) Ecco in poche parole l'antefatto. Un dotto critico, certo appartenente al clero nostro istriano, scrisse un erudito studio, dimostrando come gli Slavi non aveano diritto d'introdurre novità, e di usare della lingua slava nella liturgia iu Istria. ('Vedi il supplemento al N.o 40 dell'Eco del Litorale di Gorizia/ Gli rispose nello stesso foglio al N.o 44 il canonico Volaric, deputato provinciale, tentando di ribattere ad uno ad uno gli argomenti del primo. Non è compito nostro seguire i due sacerdoti nelle loro argomentazioni, e di trattare a fondo la questione: lo farà, se crede, il sacerdote istriano, con maggior competenza. A noi basta rilevare qua e là gli erróri ed i sofismi del Volaric, ed esaminare la questione più dal lato civile, alla luce della storia e delle gloriose nostre tradizioni, non escludendo del tutto gli argomenti religiosi. E per vero la questione presente non è solo ecclesiastica: tutti sanno, come della religione si abusa nell'Istria per la propaganda slava, e che questi abusi esistano non osa negarlo neppure il canonico Volarió, benché ne tocchi appena e sorvolando nella sua risposta. Il sullodato canonico si fa anzi tutto forte del privilegio benignamente concesso agli Illirici dai Pontefici, di usare dell'antico slavo nella liturgia con Messale e Breviario stampato in caratteri glagolitici; ed accenna quindi al Rituale scritto con caratteri latini in lingua croata. Contro a tutto questo nulla abbiamo ad opporre; con la solita equità e moderazione siamo pronti a riconoscere anche la validità ed opportunità della posteriore concessione del rituale in lingua croata, come la chiama il Volaric; perchè chi non sapeva decifrare il latino del Messale e del Breviario anche non poteva servirsi del rituale romano causa la grande ignoranza delle lettere latine. Si noti che accentuiamo la parola ignoranza-, la quale, come si vedrà più oltre, fu la unica causa di queste particolari concessioni della Santa Sede. Quello però che gl'Istriani non concederanno mai si è il corollario dedottone dal canonico Volarié, e in che latet anguis. Ecco di fatti le sue precise parole — Solamente il Rituale è scritto con caratteri latini ed in lingua croata si può dire odierna, perfettamente comprendibile dal nostro popolo neW Istria. Anzi tutto osservo che il signor canonico ci cangia qui le carte in mano. Il libro de quo è di fatti così intestato — Rituale Romanum Urbani Vili Pont. Max: iussu editum illijrica lingua. Romae ecc. E nella dedica leggesi: Prudenti ac piissimo Consilio factum est Rev: Paterj ut Rituale Latinum fierel Illyricum. Che l'illirico sia il croato odierno, alcuni ammettono, altri no; e lo scri^ vente non ci mette nè pepe, nè sale. Pare però che di questa somiglianza non siano persuase altre tribù slave che parlano differenti dialetti, i Serbi p. e., e gli Sloveni ; anzi ci sarebbe da scommettere che in fondo, in fondo non De è troppo persuaso neppure il Volaric stesso, se n' esce pel rotto della cuffia con quel suo eloquente — in lingua croata si può dire odierna. Quel si pua dire è una di quelle solite scappatoje, con cui un uomo di scienza e coscienza (e tale noi crediamo il Vo-J laric) cerca di fare una transazione tra le sue passion-j celle politiche del momento, e la sua coscienza storica' e filologica. Anche si potrebbe aggiungere che la nota norma di diritto canonico — favores ampliandi, odiai restringendo — è applicabile nel primo caso, agli Slavi; nel secondo al popolo istriano che è italiano non slavo J Perchè è odioso sommamente odioso per noi, che di detto) privilegio si usi con danno gravissimo del sentimento nostro nazionale e della religione pure, come si vedrà a suo luogo. Ma, passiamo oltre: quello che c'importa subito rilevare si è l'errore del Volarié, il quale creda perfettamente comprendibile il croato dal nostro popola dell'Istria. Da qual popolo di grazia? Dal popolo dij tutte le città della costa, dove non si capisce verbo d» -Slavo, per confessione del Volaric stesso? E nfppureJ aggiungiamo, dal popolo delle cittadelle, delle grossa borgate, e castella dell' interno corno Bujo. P^ytcü^ Pia-' guente, Visinada, Grisignana, Albona, ecc. ecc. che ebbero sempre cultura italiana, e le quali il Canonico dimentica del tutto, per non dire di qualche villa aperta come Castagna, Oltra, ed altre che usano tuttora del dialetto veneziano. Questo è il nostro popolo egregio signor canonico, il popolo che ha tradizioni eminentemente italiane, e che ha sempre pregato Dio con la lingua di Roma, e non con quella dei Santi Cirillo < Metodio, i quali hanno altrove esercitato il nobile ministero di dirozzare la barbarie, e non da noi che coi la vostra antica barbarie nulla abbiamo avuto di comum nei secoli migliori, e che avevamo basiliche famose < vescovi illustri e scrittori insigni quaudo voi eravate ancora pagani. E poi, parliamoci chiaro, qual diritto avete, egregio signor canonico, di adoperare l'aggettivo possessivo nostro, parlando degli Istriani? Voi siete nativo dell« isole che storicamente non fecero parte dell' Istria; e cha come è noto, opposero viva resistenza a Francesco primo! quando volle dopo il 1815 aggregarle amministrativa-j mente all' Istria. Con ciò non intendiamo di asserire cha nel paese vostro e in parte dell'infelice Dalmazia siano tutti pronti a seguirvi nelle aspirazioni slave, di cui vi siete dichiarato così valoroso campione: non Veglia certd che ebbe antico statuto italico, non tante città dalmate] insigni nella storia della nostra civiltà, e nell'affette alle istituzioni latine. Ma vi ha ben altro ancora. Il peggio si è che nep pure i vostri Slavi sono pronti a riconoscere essere 1; lingua croata la lingua del popolo dell'Istria: se anz furono gli Slavi stessi quelli che con tutte le loro forz ; impedirono perchè la liturgia vecchia, così detta glago litica, potesse durare in quelle parti finitime all'Istria, o nell'attuale Istria amministrativa, dove si era introdotta, e come passo ora a dimostrare, non con la citazione di veccliie carte ma coi fatti alla mano. Nella Liburnia, in moltissime parrocchie, forse in tutte; in quella di Lovrana per esempio, antico era l'uso della liturgia glagolitica: e chi l'ha sradicata del tutto furono i preti della Caruiola, che non la intendevano e trovarono quindi più comodo, di sostituirvi il latino. Protestarono i parrocchiani, e se ne dolsero come di una intollerabile novità, ma inutilmente. Tutto questo è notissimo in quei luoghi, e chi scrive più volte l'ha sentito ripetere da un egregio prete di Lovranna — il defunto don Antonio dr. Stiglitz, che non fu prete da strapazzo, ma colto, alieno dalle presenti brighe del mondo slavo, allievo del seminario superiore di Vienna, dottore in teologia e cappellano domestico di Monsignor Legat Vescovo di Trieste e Capodistria. Se dunque i Cragnolini, che sono pure Slavi, non intendevano il vecchio slavo della liturgia glagolitica e trovarono più comodo il latino, come pretendere che gli Sloveni, pure diffusi anche oggi nelle campagne dell'Istria superiore, comprendano il croato perfettamente comprendibile dal popolo dell'Istria? E proprio il caso di ritorcere il latino di Sant'Agostino, in nostro favore, e di ripetere al canonico Volarié — vere defecerunt scrutantes scrutationes. Se tanto hanno fatto al vecchio slavo gli Slavi, come si ha poi il coraggio d'imporlo al popolo istriano come lingua di chiesa? Non agli Sloveni, non alle tribù Serbiche non ai Rumenici meno che meno del Carso superiore e dell'Arsa, non insomma al popolo slavo della campagna frazionato in tanti dialetti, e vernilo alla spicciolata du luoghi così diversi, come fronde disperse dal vento : e che fin 1' altro giorno, avevano in orrore il croato, nou esclusa Veglia, dove le madri per far paura ai bimbi cattivi dicevano: taci, se no verrà il croato a mangiarti. Dove poi il canonico Volarié passa la parte si è nel tirare 1' acqua al suo mulino a proposito della tanto abusata parola — Illirico. Ila un beli'approfittare dei tanti errori e in basso e in alto ripetuti in proposito, e della confusione del linguaggio introdotta dal capriccio di Napoleone I, e da altri diplomatici o ser ttori di cose ecclesiastiche; ma con buona pace degli Slavi, e di qualche scrittore di Curia, che non ha sempre la geografia per le maniche del sajo, l'Istria non fu e nou sarà mai compresa nell'lllirio; e perciò la concessione fatta da Roma nou la riguarda punto. Se mai, sono concessioni ad Illirici ospitati nell'Istria, ma non all' Istria come regione. E non si frccia bello il Volarié della citazione famosa di Strabone — Yenetos ipsos Illyricos nominai — 11 canonico ha troppo cultura; e non vogliamo neppure per un momento confonderlo con quei rozzi panslavisti che presentano così bene il fianco alla facile caricatura coi loro colibéti di Adamo ed Eva parlanti lo slavo nel paradiso terrestre. 11 canonico Volarié sa che gli -flavi tanto hanno a fare con gli antichi Illirici, come il lumen Christi del Sabbato Santo coi fuochi fatui dei sabbati delle leggende. Che se pure avesse qualche dubbio, legga in proposito il seguente brauo di autore istriano — Gli Slavi non hanno perduto il bene dell' intelletto fino a sostenere sul serio che gl'Illirici fossero dei loro. Nep- pure il Vulicevich nel suo libello contro il Municipio di Trieste1) ha osato tanto, anzi a bocca stretta confessa I che non ne sa nulla, e che anzi i Tedeschi (i quali, sia detto tra pareutesi, ue sanno più di lui) credono che gli antichi Illirici parlassero quella lingua che di presente si parla in Albania. Lo stesso opinano i Francesi, e Fauriel va più in là sostenendo che anche i Veneti furono tribù illiriche e che parlarono un dialetto illirico2) e che la lingua illirica esiste tuttodì ed è l'Albanese la quale ha tanto a fare con lo slavo, come la gentilezza, il senso comune e la logica col signor Vulicevich nel sopraccennato articolo. E poi si prenda l'Atlante del mondo antico del Menke ad uso delle scuole, e si vedrà sulla carta del Regno Persico ai tempi di Alessandro il Grande, ed in altre antiche, segnato in verde l'Il-liria fino alle lagune venete; ma poi, voltando carta, ai tempi dell' Impero Romano si troverà disegnata l'Italia fino all'Arsa; e la scritta in appendice avvertirà chi noi sapesse, che il nome d'Italia s'estese a settentrione a poco, a poco, che fu ristretta prima alla parte meridionale; ma che finalmente ai tempi dei primi imperatori anche una parte dei popoli vinti fu aggregata all'Italia e che questa, conquistati i suoi naturali confini, si estese dal Varo fino al Formione, e all'Arsa poi, onde l'Istria fu aggregata a regione italica col nome di Veuetiae et Histriae, o semplicemente Venetiae, ciò che sanno anche le oche al mio paese. — (Vedi lo studio di Paolo Tedeschi. Degli errori sull'Istria. Capodistria 1886 pag. 7 e 8). Il decreto posteriore di Roma, concedente adunque la liturgia slava non s'intendeva applicato all'Istria che non apparteneva all' Illiria, e non era allora abitata da slavi. Ed eccone una prova irrefragabile. L'illustre Papa San Gregorio Magno scriveva nel Luglio del 600 a Massimo Vescovo di Salona dei travagli che gli slavi davano alla Dalmazia e de'suoi timori per la minacciata Italia, nella quale aveano cominciato a penetrare per l'Istria. —• Et quidem de Selavorum gente, quae vobis valde imminet et affligor vehementer et eonturbor. Affli-go>' in /lis quae jam in vobis patior, eonturbor quia per Istriae aclitum jam in Italiam intrare coeperunt. Ed erano si noti bene, scorrerie e devastazioni di slavi predoni e non stabili sedi. Longobardi cum Avaribus et Slavi Istrorum fìnes ingressi universa ignibus et rapinis devastarunt. (Vedi ,11 sentimento nazionale degl'Istriani." Capodistria 1889 pag. 21 e seguenti). Adunque il grande Papa Gregorio sapeva molto bene la geografia, e non si è mai sognato di concedere ai preti della sua Istria latina di usare del glagolito, e di pregar Dio nella lingua di quegli slavi pagani e devastatori dei quali avea per la sua Italia tanta paura; e per ammansare i quali scese fino alla concessione della vecchia lingua slava. Sono queste le gloriose tradizioni del Papato; e ci vuol altro a scuoterle che qualche recente sproposito di qualche scrittorello, o le alzate d'ingegno degli slavi per interpretare a modo loro la mente del regnante Pontefice. Leone XIII non vorrà certo rivedere il latino di San Gregorio Magno; ne siamo sicuri. La chiesa romana poi in tutte le sue consuetudini, in tutti i suoi scritti ha considerato sempre le chiese istriane V Slavi e Italiani. Trieste 1877. 5) Fauriel — Dante e les origines de la langue et de la litterature italienne. come facenti parte dell'Italia. Le sedi vescovili dell'Istria furono fino ai primi anni del presente secolo sempre occupate da prelati italiani, e non già solo veneziani, (ciò che si spiegherebbe con la ragione di stato), ma Milanesi, Bresciani, e Bergamaschi moltissimi, quando la elezione del vescovo facevasi dai singoli capitoli o più tardi per nomina papale. E i Papi mandavano a Trieste e nelle altre sedi dell'Istria distinti prelati a governare le nostre chiese; anzi le conferivano spesso a titolo di premio; ed a queste da altre sedi minori trasmutavano i Vescovi, come avvenne nella nomina del Vescovo Arrigoni, segretario ed anima del Concilio di Costanza, che in premio del suo zelo fu dal Papa trasmutato da Lodi a Trieste: ciò che certo non sarebbe avvenuto se la ckiesa istriana fosse stata riconosciuta tutta in mano di clero rozzo ed ignorante che non sapeva neppur leggere il latino. Bel compenso davvero, e nobile premio per un vescovo italiano! E inutile quindi che il canonico Volaric si affatichi a tirare le somme delle parrocchie istriane dove nel secolo XVII era in uso il vecchio slavo. Noi glielo concediamo volentieri; ma lo sfidiamo nello stesso tempo a citarci un solo e-sempio di chiesa illustre, di parrocchia in una cittadella o in una grossa borgata dell' Istria in cui si usasse della lingua slava. Il glagolito penetrò solo nel XVII secolo nell' Istria, e vi fu portato da qualche prete della Bosnia e della Erzegovina che si rifugiò col suo clero nei domini austriaci e veneti dalla tirannia dei Turchi. Lo sappiamo dall' Ughelli citato dal Volaric — Ampia satis Diocesis est, quae partim Venetam, partim, Austria-cam ditionem aitingit; magna ex parte. Ulyrica Iltens lingua quae natio eo est in hac diocesi popu-losior, quod multi ex Turcarum tyranide huc se recipiunt. Adunque in origine il privilegio concesso agli Apostoli slavi Cirillo e Metodio non fu applicato nell'Istria; ma solo nell'Istria fu a poco a poco importato dalle tribù slave fuggite dai Turchi, e che occuparono chiese deserte per le guerre e pestilenze, e dove fino allora si era pregato in latino. Questo è il punto più culminante della questione. Il glagolito poi (circonstanza questa non meno notabile) fu tollerato allora dai Vescovi italiani delle chiese italiane di Trieste, Capodistria, Cittanova, Parenzo, Pedena e Pola, a malincuore, e come una momentanea concessione per evitare mali maggiori. ... ob linguae latinae imperitiam et sacerdotum inopiam, sacra, Illyrico idiomate celebrantur. (Vedi sopra). Più esplicito è il vescovo Ursino de Berthis, (citato dal Volaric, dandosi della zappa sui piedi) il quale si lamenta che nella parte della sua diocesi soggetta al Dominio Veneto1) si trovano plures sacerdotes ex ritu Illirico et Sclabonico, ciò che gli riesce di gran incomodo nella sua visita canonica. Ci spieghi un po' il canonico Volaric come mai Koma abbia potuto mandare un vescovo ignorante della lingua illirica et sclabonica a Trieste sempre nel suo supposto che Trieste e l'Istria sia paese illirico e già favorito da Koma del celebre privilegio. E proprio il caso di ripetere — Ex ore tuo tejudico. E così si lamentano il Vescovo Marenzi perchè ') Sono i Veneti più ancora degli Austriaci che gettarono nell'Istria i ponti d'oro agli slavi e ne sono rimeritati cosi bene oggi dagli energumeni panslavisti. in qualche villaggio come a Poterai vi è un curato il quale non sa altra lingua —- aliam linguam praeter illiricam sive glagoliticum non callet. (loc. cit.) ') L'uso del solo glagolitico era dunque indizio di grande ignoranza e barbarie ; e che sorta di preti fossero questi schiavoni n' è ancor viva tradizione in provincia. Ed ecco perchè legittimamente i vescovi tutti dell'Istria, anziché favorire, combatterono l'abuso dello slavo antico, contrario nell' Istria alle antichissime consuetudini, e sistematicamente lo abolirono un poco alla volta, mandando nelle parrocchie preti italiani o anche slavi ma colti ed esperti nella lingua latina. A tutto ciò si aggiunga il colpo di grazia dato, come abbiamo veduto, dagli Slavi stessi nella Liburnia: onde tutta l'argomentazione del Volaric crolla come la casa del Vangelo fondata sulla sabbia e ci autorizza a conchiudere che la bolla — Grande Munus, non può avere nessuna applicazione nell'Istria. Ma si domanderà: Come mai, proprio ai nostri giorni, dopo che il glagolito era da anni morto e sepolto nell' Istria, per confessione degli stessi avversari, si tentò di resuscitarlo a'nostri giorni? La ragione è chiara, e la vedono i ciechi. Fu per agitare le plebi slave contro l'aborrito italiano che si ricorse alla religione; fu per obbedienza ad una parola d'ordine; e donde venuta tutti lo sappiamo. Usare della religione come mezzo per abbindolare le creduli e semplici pecorelle, e disporre così il terreno al passaggio alla chiesa ortodossa: ecco il movente principale. Concessa la lingua, sarà più facile far accettare per mezzo di questa il nuovo verbo russo. Sono cose notissime in Istria, e il Volaric lo sa benissimo e ne parla nella sua risposta, naturalmente scivolando, e cavandosela con frasi generali: nostro compito non è di sindacare se e quanto siano fondate le accuse e simili che a chFsa leggere "tra le righe mostrano chiaro che il canonico conosce benissimo di caminare sopra ignes suppositos cineri doloso. Che le accuse poi siano fondate lo dimostra l'agitazione medesima nella Carniola ed altri paesi slavi non contemplati nell' antica concessione del glagolitico, e nell' Istria dove non c'era nessunissima ragione di resuscitare lo slavo vecchio, dopo che si era spento come abbiamo veduto, da sè e per opera di tanti nostri vescovi zelanti. Lo dimostra fino all'evidenza l'uso delle stesse arti a-doperate nella Russia dove si fa una guerra accanita agli Uniates cioè ai miseri contadini appartenenti alla chiesa greca unita, come ci accade di leggere con vivissima emozione nel più diffuso e accreditato periodico — La Revue des deux mondes. I fatti poi accaduti sotto i nostri occhi nell'Istria, la condotta di alcuni preti, ') Il fatto del glagolito in uso a Capodistria non è serio, e non merita alcuna confutazione. Tanto varrebbe come dire che Venezia e Trieste sono due città armene, perchè hanno chiesa e monastero dove la lingua liturgica è l'armena, e Venezia poi schiavona di giunta per la gran ragione che ha la ohiesa di San Giorgio degli Schiavoni decorata da pitture dell'illustre Carpaccio, dove si radunava la confraternita dei Dalmati, e probabilmente vi si celebrava in glagolito. Non ho argomenti per asserirlo decisamente ma cedo ben volentieri questo incarico al Volaric; e sono ben contento di fornirgli una tale indicazione. Quanto ai frati di San Gregorio a Capodistria è un altro ponte d'oro della Repubblica; una concessione a benefizio dei bombardieri e degli Schiavoni tenuti a presidio nel castello, e una prova dell'importanza della città: ciò che con la presente questione c'entra come il cavolo a merenda. le loro mene politiche, sodo note lippis et tonsoribus. Nelle parrocchie io luoghi di nazionalità mista alcuni sacerdoti di loro arbitrio ribellandosi alla autorità .ecclesiastica, osarono cantare la messa in croato, e usare di detta lingua nell'amministrazione dei sacramenti; e sappiamo di pie persone di nazionalità italiana, che ne rimasero scandalezzate, e piuttosto di ricevere la comunione alla pasqua con la forinola croata, furono costrette o a recarsi altrove o ad astenersene del tutto. Si vuole una prova palmare dimostrante essere l'accusa tutt1 altro che campante in aria? Si legga l'organo degli slavi nell'Istria — il Diritto Croato, e si vedrà con quale compiacenza recentemente si annunziò il passaggio di non so qual prete o frate dalla chiesa cattolica alla russa. Oh non dubiti adunque il Reverendissimo Canonico: il Nunzio a Vienna ed altre autorità più alte ancora, tutto questo sanno benissimo, e come è di stretto loro dovere vigileranno, perchè con la scusa del glagolito non si metta la discordia e s'introducano novità nella chiesa istriana, catechizzata da San Mauro, da Ermagora e Fortunato, e che fu sino dall'origine figlia della chiesa aquilejese, e non ebbe mai per apostoli Cirillo e Metodio santi sconosciuti del tutto fin l'altro giorno dagli stessi Slavi dell' Istria. E non s'illudano gli slavi. 11 Leone non si abbasserà certo al volgare ufficio del gatto per trarre la castagna dalle brage a benefizio della Santa Russia; di ciò ne siamo certissimi. Ancora una parola al canonico sulla faccenda dei privilegi. 1> privilegio (è lui che ce lo dice) si perde se uno ne abusa a scopo delittuoso, o se comincia a recare grave danno alla comunità, si incipiat secum ferro grave delrimènlum co?nunitali. Ora qual delitto mag-' gioie che quello di abusare a scopi politici della religione? E quanto al grave danno ne viene alla comunità nell'Istria, non occorrono troppe parole a provarlo; i fatti parlano chiaro. Che più? Se il privilegio del gla-glolito vige tuttora, in altri luoghi, (e ciò siamo pronti a concedere con la solita equanimità) non nell' Istria certo, dove gli slavi stessi, qualmente si è veduto di sopra coi fatti, dichiararono di farne senza, e l'abolirono. Rimane l'altra questione della consuetudine. Ma non è ne-: cessano essere canonici per sapere, come sanno tutti i legali, essere norma di diritto canonico la seguente — . Gunsuetudo habet vini legis modo sit honesta, laudabilis et tacito vel expresso cotisensu pastorum inducta. Che sia onesta e lodevole in Istria dopo quanto si è detto nessuno che abbia fior di senno vorrà certo sostenere. Nel caso uostro abbiamo il fatto dei vescovi istriani che protestarono, ed abolirono il glagolito, e crédo che basti. E qui tralasciando il noi majestuticum, assunto perchè ho la intima convinzione di aver parlato a nome di tutto il popolo italiano dell' Istria, che è il nostro, permetta l'egregio Volaric che gli diriga da ultimo quattro parole alla buona. Troppo si è disputato, troppo si è attentato alla pace d'Italiani e di Slavi, che vissero fiu l'altro giorno iu buona armonia sulla stessa terra. E pur troppo gli animi di molti sono alienati dalla religione per odio alle persone, che del loro altissimo ufficio abusano ogni giorno nella chiesa, nei consigli, nella dieta, nel parlamento, e insultano alla nostra lingua, alla civiltà, alla storia, alle secolari nostre istituzioni. Paco, pace, una buona volta! Novus in ordine saeculorum nascitur ordo. Alziamoci, caro canonico, a quelle nobilissime speranze di fratelle-vole carità, di concordia tra le nazioni, a quegli alti ideali che sono frutto della civiltà e della religione ; e procuriamo quindi innanzi di farci perdonare i passati trascorsi; io gli impeti e i traviamenti d'una tarda e violenta gioventù, voi i bollori, le secolaresche brighe, e la guerra a quanto un popolo ha quaggiù di più caro. Uniamoci piuttosto assieme nella conquista del bene; nella speranza di un regno di pace, traveduto sempre nelle intime aspirazioni dell' animo, e non posseduto mai; e usiamo di tutti i mezzi possibili alla debolezza nostra per poterlo in parte almeno raggiungere. E il latino perora ci unisce-, lo slavo ci divide. Il latino fu la lingua di un grande popolo che naturalmente apparecchiò le nazioni alla grande unità degli spiriti; e Roma, erede dell'antica sapienza forse conserva la stessa lingua, per nuove glorie e nuove conquiste. Ed è con questi sentimenti che stringo in ispirito la mauo al canonico Volaric, ed auguro a lui, e a tutti i lettori, felice e apportatore di pace l'anno novello. 1892. Nella vigilia di Natale. Un istriano -------------------■ ILT o t i z i e I/ ultimo numero di questo periodico venne sequestrato, e ci venne intimato il seguente: N-236 ORDINE APERTO col quale viene decretato il sequestro di tutti gli esemplari del giornale „LaProvincia" dd. 16 Dicembre a. c. N. 2 5 reperibili nei locali di redazione ed amministrazione e nella stamperia Cobol-Priora, nonché l'apposizione del suggello d'ufficio ai tipi o la loro decomposizione assenziente il tipografo. A tale misura diene il motivo l'articolo ,Degl'intendimenti di Domenico Rossetti" riservato l'esame degli altri articoli. Capodistria 17 Decembre 1892 p. L'I. R. Capitano distrettuale EEBEK m p. C A 11 L 0 FATE T T 1 La patria piange su un' altro caduto : Carlo Favetti, spento improvvisamente al primo corrente. Morì si può dire sulla breccia, dopo aver speso tutta la vita pel bene della patria. Con tutte le forze lottò perchè Gorizia avesse municipio conforme ai tempi nuovi ; e quale segretario comunale agi in questo senso con prudenza e costanza. A' suoi funerali concorse si può dire tutta Gorizia ; e non mancarono egregi patriotti delle vicine città. Seguivano il feretro i rappresentanti di molte corporazioni e di varie secietà recanti corone. Ed era davvero com- movente sentir ripetere : Questa è opera sua ; a lui tutto dobbiamo ; il Favetti era l'anima della società : così, come sempre, il migliore elogio fu fatto al defunto dal popolo; sparito l'uomo rimungono le opere sue. Anche giova ricordare che, più che a mostra d'ingegno, usò anche dell' arte per mantenere vivo il sentimento nazionale, e compose in vernacolo versi che gli meritarono in patria la lode di facile poeta. Ed ora un osservazione. Della vita e della morte di Carlo Favetti, solo trent' anni or sono, appena, appena sarebbe giunta una debole voce nell' Istria. Oggi il lutto è comune. Come non ci sono più confini alla Ro-sanda, così sono più che altro un ricordo storico le due colonne di Santa Croce ; nel Friuli orientale, e nell' Istria « Siam fratelli, siam stretti ad un patto ». Tutti siamo legati dello stesso affetto alla regione che l'illustre Ascoli con potente sintesi ha denominato — Venezia Giulia. Tutti tributiamo un fiore sulla tomba di Carlo Favetti goriziano. Pace all' anima sua. E a noi, dietro l'esempio suo, la lena a durar nella lotta. Martedì 27 decembre compivansi i cen'anni dalla nascita di Pietro Zorutti. 11 giorno 26 questo anniversario veniva solennemente festeggiato a Gorizia. Nella sala maggiore del Consiglio Comunale venne collocato il busto in marmo del poeta, omaggio del popolo friulano a cui egli diede il fiore del suo ingegno, le immortali canzoni improntate dalla più schietta poesia. 11 giorno 27 Udine la nobile città friulana dove Pietro Zarutti visse e mori, ne commemorava la data gloriosa e suggellava così in pari tempo le onoranze del Friuli al suo Poeta. i—----——Mi—---— Dopo che ne hanno scritto tutti i giornali della provincia, e perfino da alcuni provocata una nuova manifestazione dell'opinione pubblica quasi che vi potesse esistere ancora alcun dubbio; malgrado che nessuno di sano criterio possa neppur sospettare in noi una opinione contraria; crediamo necessario per togliere o-gni equivoco al nostro silenzio, e in omaggio ai santi principi svolti dalla egregia consorella di Parenzo, riportare per intiero l'opportuno articolo delll' Istria del 17 dicembre pp.: La patria non c'entra E a tutti noto come si è svolto e come è finit alle Assise di Rovigno il clamoroso processo promoss dal sig. Augusto cav. Wassermann contro il sig Cari Martinolich, direttore del Giovine Pensiero di Pola. A un punto, quando se ne erano udite parecchie e ansio samente si aspettavano le deduzioni finali degli avvocati tanto della parte civile che della difesa, — deduzion che dovevano determinare il solenne e inappellabil verdetto dei Giurati — dall' una e dall' altra parte s fecero delle dichiarazioni, colle quali dicevasi, che tant< 1' accusatore che 1' accusato facevano olocausto sul 1' altare della patria dei loro risentimenti, differenze e> accuse, suggellando, infine, con baci ed abbracci, in mezz all' aula dei dibattimenti, la improvvisamente ric-orapost; pace fra le parti. La qual pace fu poi cresimata in un cena comune, collo spumante sciampagna, e sempr portando in campo i sentimenti di patria e di nazionalit Ora noi non entreremo nel merito dei fatti che : sono svolti in questo processo, nè metteremo lingu sulla pace che all'ultimo momento si volle conchiusa con un certo apparato che ha parecchio del comico. Tutt ciò non ci riguarda nè punto nè poco,- e lasciamo eh ognuno segua sua via. Ci faremo lecito bensì di dire co tutta franchezza, che molto male a proposito si pretes di coprire delle vergogne, se esistevano, col nome sant di patria e coi nobili sentimenti della nazionalità e d< così detto partito. Questi e quella devono rifulger sempre, in ogni tempo e contro chicchesia, puri ed im macolati da ogni labe e da ogni vergogna ; uè vi può esser galantuomo, a qualunque partito politico apparèeng; che per malinteso amore di patria, o per difendere 1 propra nazionalità, s'avvilisca al seguo di transigere c< più elementari dettami dell' onorev dell'onestà e dell'in temerata coscienza. Povere a loro se la patria e 1 nazionalità, per sostenersi, avessero bisogno di sorpassar I, su questioni di onorabilità ; no, no, alla larga ! eh ognuno lavi i propri cenci sudici come sa e crede ; m non si tiri in ballo la patria che è uua cosa be superiore. Padroni, dunque, padronissimi di far la pace e, s vuoisi anche, di iutessere una danza macabra sopra fati i che per anni ed anni, scandalizzarono 1' opinione pubbli« i del paese : ma si lasci la patria a suo posto, e non 1 si invochi, quando l'invocarla fa comodo, ripetiamo, pe coprire, forse, delle azioni men che oneste. Noi abbiam un ben diverso concetto e della patria e della nostr augusta nazionalità e del partito a cui ci onoriamo c appartenere, nè vorremo mai che i loro nomi casti puri s' imischino nelle lotte delle passioni personal anche se rese di pubblica ragione, e tanto meno nt fatti lubrici della vita intima di questo o di quello. Ne qual criterio, grazie a Dio, non siamo soli, anzi possia ino dire di avere dietro a noi la grandissima maggiorauz del paese. Ed è per questo che noi, e per 1' onore del paes ai cui servizi ci siamo dedicati, e per la dignità dell causa e del partito cui abbiamo 1' onore di rappresentar non possiamo esimerci dal dichiarare solennemente, eh in siffatte transazioni e comiche declinazioni, decliniam ogni e qualsiasi comunanza di pensiero e meu che tuen di approvazione e di solidarietà. Aggiungendo ancora, che qualunque fosse stato 1' esito finale del detto dibattimento la causa della patria e della nostra nazionalità, e per conseguenza quella di coloro per le quali generosamente nobilmente e disinteressatamente combattono, non avrebbe patito di certo detrimento alcuno; avvegnaché essa s' appoggi sopra incrollabili principi di verità, di giustizia e di moralità ; nè abbisogna niente affatto di soppressioni di dibattimenti scandalosi, o di verdetti di giurati. La patria non ha che vederci colle malefatte, vere o false che sieno, dei singoli ; chè ognuno è figlio delle proprie azioni : nè essa, la patria, può essere per ciò chiamata responsabile, nè pnò ridondarle a lustro, e men che meno a gloria col sopprimerle, magariddio coi baci e colle lagrime. Anzi tutt1 altro ! Sta bene che tutto ciò si sappia, in alto come in basso ; come stava bene di ricondurre la ragione e la coscienza pubblica sulla retta via, per la quale devono sempre camminare. r------ÄIÄCÄ------ ■ Cose locali Pietro D'Andri è morto improvvisamente domenica mattina 12 corr., e lasciò molta eredità di affetti, perchè era un uomo di carattere egregio; sempre pronto ad ogni sacrifizio, patriotta Hell' a-nima, affettuoso padre di famiglia ; abile amministratore copriva la carica di massaro del pio monte di pietà Grisoni, e altre incombenze che esigono intiera fiducia gli furono affidate. Capodistria ha perduto uno dei migliori suoi cittadini. Alla egregia famiglia Dandri le nostre condoglianze, e le sia conforto il generale compianto. Molti soci della „Sosietà di mutuo soccorso fra artieri ed operai" offrirono alla direzione del gruppo della „Lega Nazionale" fiorini 25, raccolti tra loro, in omaggio alla memoria di Pietro D'Andri, e segno di riconoscimento delle sue prestazioni quale membro della direzione. Nei giorni 19, 20, 21, e 22 dello spirato decembre ebbero luogo le elezioni della rappresentanza comunale. 11 concorso degli elettori fu numeroso in tutti i tre corpi elettorali, e i voti unanimi; ciò che ha dimostrato, come noi avevamo pronunziato, che la popolazione concorde ha sentita la somma impor-tanza dell' atto elettorale. Riuscirono quindi eletti i proposti del Comitato cittadino: Nel III corpo elettorale, a rappresentanti: Al-merigogna Antonio di Antonio — Belli Dr. Nicolò — Cobol Giorgio — Cociancich Pietro di Biagio — De-carli Nicolò fu Domenico — De Rin Francesco — Gallo Avv. Augusto — Madonizza Pietro — Parovel Andrea fu Antonio — Pobega Giovanni fu Matteo. — a sostituti: Longo Dr. Luigi — Minca Pietro fu Nazario — Vescovo Nicolò fu Nazario — Rasman Pietro lu Nazario — Bertoch Tomaso fu Giovanni. Nel II corpo elettorale, a rappresentanti: Alme-rigotti de Francesco — Baseggio de Nicolò fu Bortolo — Bennati Avv. Felice — Demori Domenico fu Crist. Derin Dr. Stefano — Favento de Giorgio — Longo Avv. Pietro — Martissa-Carbonajo Giovanni — Tremul Andrea fu Stefano — Gianelli Bortolo. — A sostituti : Sandrin Giuseppe fu Giovanni — Venuti Leonardo — Decarli Giuseppe di Francesco — Lonzàr Benedetto fu Giuseppe — Depangher Nazario fu Giov. Nel I corpo elettorale, a rappresentanti: Del Bello Dr. Nicolò — Orbameli Antonio — Babuder Cav. Giacomo — Cadamuro- Morgante Francesco — Franza can. Don Francesco — Majer prof. Francesco — Riosa Antonio fu Matteo — Zetto Dr. Antonio — Debellich Pietro — Luches Luigi. — A sostituti: Gerosa prof. Oreste — Vascon Giambattista — Mamolo Pietro — Poli Luigi — Deponte Nicolò fu Francesco. E una bella costumanza che nelle maggiori solennità della Chiesa l'orchestra cittadina accompagni, nel Duomo, il coro durante la Messa cantata. Quest' anno a Natale abbiamo udito una messa nuova del sig. Emilio Ciasca, un giovane dilettante concit-tadiuo, che ha l'istinto musicale nel sangue, e che tra un codice e 1' altro trova il tempo di seguire il naturale suo estro nel regno ridente delle armonie. Il bel lavoro del bravo dilettante, sebbene talvolta si distacchi dallo stile severo e solenne della musica di chiesa, possiede delli squarci di sentita melodia che ricrea e solleva l'animo. La parte istrumentale, più particolarmente curata dall'autore, forse un pochino a scapito del canto, è condotta con la sicurezza e spigliatezza di un artista ; sempre di buon gusto, talvolta indovinata la distribuzione delle parti. Questo lavoro, che dimostra nell' autore un' attitudine indiscutibile nell' arte dei suoni, piaque agli intelligenti e lasciò dietro di se il desiderio di riudirlo, il che forma il più bel elogio che si possa fare al giovane autore. L'esecuzione dello spartito, diretta dallo stesso compositore, fu in generale corretta. Bollettino statistico municipale di ottobre 1892 Anagrafe. Nati battezzati 18, maschi 12, femmine 6, morti 30, uomini 9 (dei quali carcerati 1), donne 3, fanciulli 6, fanciulle 9 sotto i sette anni, nonché 2 maschi e 1 femmina nati morti. — Trapassati : 8 Colautti Domenica ved. Antonio d'anni 76 — 9 Bartolamei Nicolò fu Pellegrino d'anni 85 — 10 S. G. (carcerato; da Zara d'anni 33 — Zetto Francesco del fu Nicolò d'anni 83 — 16 Gravisi de Bianca ved.a co. Borisi d'anni 87 — 18 Milloch Domenico del fu Giovanni d'anni 27 — 23 Tam-plenizza Pietro dèi fu Giovanni d'anni 71 — 24 Luis Anna ved. Grio d'anni 37 — 25 Corrente Vincenzo fu Biagio d'anni 66 — 28 Gorzalini Michele fu Giorgio d'anni 80 — 30 Sandrin Giovanni fu Alessandro d'anni 50 — 31 Comuzzo Giovanni fu Domenico d'anni 73 — Più fanciulli 6, fanciulle 9 al di sotto di sette anni, nonché 2 maschi, e 1 femmina nati morti — Matrimoni : 7 — 11 Hervatin Giuseppe con Maria Kribar — 15 Braulin Giovanni con Maria Schiulaz — 17 Zucca Pietro con Giovanna Rasman — 22 Destradi Giovanni con Giacoma Deponte — 27 Demori Oristoforo con Giuseppina Salvagno — 29 Favento Giuseppe con Giacoma Padovan — 30 Civran Domenico con Anna Valintinuzi — Polizia : usciti dall' i. r. Casa di pena 6. dei quali Goriziani 1 — istriani 2 — triestini 2 — 1 suddito italiano — sfrattati 2 — rilascio di nulla osta per l'estradazione di permesso di viaggio marittimo 27 — per passaporti all' estero 1 — per porto d'armi 1 — rilascio di libretti di servizio 1 — di lavoro 2 — Insinuazione di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 9, per ettolitri 51 di vino nero a soldi 32 il litro — Certificati per spedizione di vino nuovo 4, per ettolitri complessivi 45 e litri 35 — di sardelle salate 4 per barili 116 del peso complessivo di chilogrammi 4988, con 6 barili di salamoja del peso di chilogrammi 374 — di sardoni salati 3, per mastelle 17 del peso complessivo di chilogrammi 207. — Licenze industriali 0 — Animali macellati : buoi 58 del peso di chilogr. 10899, con 542 chilogr. di sego - armente 13 del peso di chilogr. 1999, con 124 chilogr. di sego — vitelli 20 — castrati 135. Bollettino delle malattie zimotiche. Capodistria : Febbre tifoidea casi 2. dei quali 1 guarito, l'altro rimasto in cura — Tifo addominale casi 2 che tuttora ttovansi in cura — Angina difterica 1 caso, guarito. Lazzaretto : 0 — --— Appunti bibliografici Riccardo Pitteri. - Nel Golfo di Trieste. - Tersi. -Caprili editore. - Trieste 1S92. È con l'animo in festa che mi faccio a dire di questi versi del Pitteri ; e vorrei non mi mancasse il tempo e la lena per cercare le parole più convenienti ed elette a significare la mia ammirazione pel gentile poeta. Scrisse già il Tommaseo che 1' oratore il quale sale il maraviglioso pergamo del G i berti deve guardarsi bene dal proferire parola men propria, per non offendere la squisita eleganza di quei marmi ; il monito del critico lo rivolgo ora a me. Ciò premesso riprendo T usato stile e la naturale disinvoltura per manifestare come che sia le mie impressioni. Al primo leggere i versi del Pitteri due belle doti de! poeta s'impongono subito al lettore : l'armonia e la lucidezza del pensiero. L'armonia in primo luogo, e non solo della forma, ma, ciò che è più, del concetto. Non qui alzate d'ingegno, non immagini strampalate, non raffronti o antitesi che se anche per un momento abbagliano, e pare tocchino il sublime, non reggono però a lungo andare alla critica. E quanto al verso è tutto un' armonia, veramente nostra, italiana : e tanto più ammirabile oggi che è di moda il contrario. Circostanza degna di nota : il Pitteri. il Rossi e in generale tutti i nostri poeti cantano, non parlano misurato ; Trieste ha il vanto di conservare le pure tradizioni dell' arte italiana : si direbbe che il nostro cielo, il nostro mare, l'ambiente, qui facciano le ultime prove, ed inspirino convenientemente 1' artista nella significazione di un sentimento che dal contrasto piglia vigore a raffermarsi schietto e potente anche nell' arte. Gli stessi novenari, sgarbati decasillabi decapitati, non offendono, e passano via sonori in questa raccolta. Ho detto ammirabile anche la lucidezza del pensiero che si riflette chiaro, preciso nella parola e nel periodo che si svolge naturalmente. Il Pitteri sfngge le contorsioni, le spezzature,- l'intromettersi di idee secondarie, che fanno perdere il filo al lettore ; non è musica da camera la sua, trasportata sul palcoscenico ; qui si canta, lo ripeto e non si declama. È un' arte antica questa e sempre nuova : l'altra può piacere per un momento, perchè abbaglia con la novità, perchè imposta dalle stamburate dei critici a tanto la canna nei facili giornali. Il Pitteri piacerà sempre, come sempre si ammira, in onta ai gusti moaerni, il Barbiere di Siviglia : chi si diletta del contrario legga certi versi tagliuzzati, contorti e vada a sentire le nenie dell' Amico Fritz risolventisi in un duetto d'amore che è un ruggito di belve feroci in fuga. Ora con tutte queste belle doti, e con tale disposizione d' animo eminentemente armonico, non è da meravigliarsi se, inspirato dalle bellezze del — Golfo di Trieste — il Pitteri abbia fatto una nuova opera degna del suo ingegno. È sempre il poeta di Campagna, di Primavera ; il sentimento della natura così vivo in quei versi, tra i filari di viti e i colli del Friuli, si rinnova e si estrinseca al cospetto della marina, degli antri, dei seni e dei colli istriani, con una certa novità, con un entusiasmo più solenne nella sua stessa composta temperanza : Thalatta Thalatta ! il mare il mare ! Udite il poeta in : Fra cielo e mare La luce d' òpalo A tìor dell' onda Si frange cenila, Verde s' affonda, E dentro al mobile Puro cristallo Bagliori oscillano Di azzurro e giallo. L' acque borbottano Lungo le rive, Fervono in candide Spume giulive. In ogni murmure Che scoppia al sole Mi par d'intendere Note parole, Mi par che i fulgidi Raggi nel mare Formino immagini Gioconde e care, E che da 1' ultimo Vitreo ritiro Le Ondine salgano Con un sospiro Mentre su 1' aere Geni sospesi 11 mare scrutano Con gli occhi accesi, Come se un' anima D' amor confonda Giunti in un palpito L' etere e 1' onda. Con tanta evidenza d' immagini e prestando sempre un così fino orecchio alle misteriose voci della natura, il poeta descrive le bellezze naturali del golfo in : Sulla spiaggia — Al mare — Scoglio — Alba — Istria — Crepuscolo — Attesa — La Pescatrice — In Piroscafo ecc. In altri componimenti poi il Pitteri s'inspira alla storia, ne sfiora, come è proprio della lirica, i fatti principali, e con 1' ala del sentimento il suo pensiero vola di cima in cima sui monumenti e sulle lapidi in — San Giusto — Museo lapidario — L'arco di Riccardo — Contrada di Riborgo — Duino ecc. ecc. Ed è così che vogliono essere divisi i componimenti del presente volume. Degni di nota speciale i sonetti storici — Aquileja, clie ci rivelano un' altra attitudine del Pitteri, onde col tempo forse, e con l'animo più maturo si volgerà a cantare epicamente le giorie del nostro mare. — La battaglia di Salvore ; — e le sventure pure. — Yittor Pisani —- L'ammiraglio veneto, reduce dalla sfortunata battaglia del Zonchio, prigioniero di stato a Parenzo, ecc. ecc. Ma perciò conviene consultare la storia dell' Istria veneta, ricca di gloriose memorie, mentre così povera è nel Medio Evo la storia dell' Istria imperiale. E forse questa stessa povertà ha influito a rendere un po' meno spontanei alcuni componimenti del Pitteri che si riferiscono a cose triestine. La mente sua armonica per eccellenza ha | avvertito subito lo squilibrio tra 1' entusiasmo e il soggetto inspiratore in — Museo lapidario — Piazza — Rena e qualche altro : onde qua e là un movimento un po' impacciato, e minore la magia dello stile. Noi triestini (*) facciamo benissimo (") Dico noi, perché ci tengo a non rinnegare la patria. Sono triestino, nato da madre triestina, e padre da Cividale, e quale triestino, mi sento poi istriano, quindi italiano ed uomo nell'umanità, come diceva il Giusti. Aggiungo questo, non già per vana boria, ma perchè mi spiace che sia cosi 'dimenticata la mia vita: alcuni in Istria mi credono friulano, indotti in errore dall' essere stato educato nel seminario di Portogruaro, altri mi a gloriarci delle romane memorie, e a dare poi più valore che si meritano alle poche memorie del medio-evo ; ma sarà bene, parlando del golfo, anziché attaccarci ad ogni spino, di mirare più al largo siili' Istria così ricca di mo.munenti e di memorie anche dell' età di mezzo. Ed è appunto, come ho già notato, che in questi versi d' argomento storico si rileva un fare un po' dimesso, e qualche inesattezza. Così, o io m'inganno, o il buon poeta perde la tramontana nei versi seguenti : In fondo a tramontana Si perde l'infinito Per il mare ingiallito L'Isonzo s'allontana. San Giusto come tutte le basiliche è volto ritualmente ad oriente, perciò dalla porta maggiore, si vede precisamente Grado e Barbana a ponente, e non a tramontana. Nè l'aurora pone la prima stilla a Contovello che, se la memoria non m'inganna, è precisamente al nord e non a levante, (pag. 125). Anche ho dubbio che fin lassù, e meno ancora a Muggia Vecchia arrivino gli alcioni. E poiché mi viene la palla al balzo, vorrei pure appuntare — i fiori che guardan su «Dritti come volontà» (pag. 12) La similitudine, non con cosa concreta, ma con l'astratto, mi pare un po' ardita. «...... quandoque bonus dormitat Homerus» Ma può darsi che invece del poeta, qui sia colto il critico dal sonnellino della tarda età che si compiace di riposare in queste minuzie. Il lettore poi e il gentile poeta abbiano da ciò la controprova della sincerità della ammirazione piena che ho provato e provo nel leggere questi bellissimi versi. La Famiglia Scampicchio. — Notizie e documenti — Per nozze Lazzarini Battiaìa- Scampicchio — Omaggio di Emesto Nacinovich — Editore Mo-hovich — Fiume. Per celebrare degnamente i domestici fatti di due illustri famiglie istriane da Albona — Laz-zarini-Battiala e Scampicchio — ben fece il signor ritengono da Capodistria, che ho si in conto di seconda patria per dieci anni di dimora, e pei molti e cari amici che vi ho lasciato. Parmi che quel poco di bene fatto in mia vita si riduca specialmente a ciò .* il sentirmi io triestino, con larghezza di intendimenti istriano ; e desidero che questa circostanza sia rilevata. A giustificare poi il desiderio di vivere nella memoria de' miei concittadini, mi giova citare due versi del Pitteri. « La morte che spaventa è nell' oblio, Non nella polve che sotterra va...... Si compatisca alle liete voglie che adornano le canizie. Nacinovich, studioso qual è delle patrie memorie, di darci compendiata in poche pagine la storia della famiglia Scampicchio di cui fu capostipite un Baldo stabilitosi in Albona l'anno 1420; e che poi in vari rami divisa, diede vari uomini illustri all' Istria, tutti rammentati con onore dal Nacinovich fino ad Antonio morto nel 1886, e che trovò lo statuto originale di Albona. Alla pubblicazione cresce valore una lettera di Tomaso Luciani, diretta al Nacinovich stesso, e in cui l'illustre patriotta ci dà una prova novella del suo grande affetto alle memorie di Albona ; affetto temperato però da quel giusto discernimento, che sa dare il valore che si meritano alle carte antiche. «Vivendo fuori del paese, scrive il Luciani, ho dovuto persuadermi che certe minute particolarità non piacciono, non interessano al pubblico grande, e non danno a vantaggio del paese quei frutti che il paese forse suppone». Non è questo il caso ; però, vista certa tendenza in paese, meminisse juvabit. Nozze Lazzarini Battiaìa-Scampicchio. — Tipografia Cobol e Priora. — Capodistria. — Editore Tomaso Luciani. Per queste nozze di cospicue famiglie,' Tomaso Luciani pure stampò un' egloga, composta cento anni or sono da un dotto albonese. In questa unione, scrive il Luciani nella lettera dedicatoria « egli più che un semplice fatto scorge un avvenimento, dal quale il paese tutto ne trarrà buon augurio. « L'Egloga poi, senza essere una gran cosa, opportunamente fu tratta dall' oblio, per qualche merito intrinseco che ha realmente, ed anche quale un documento della nostra cultura, da Trieste all' ultima Albona, sempre italiana. E il merito intrinseco del componimento consiste in una alzata d'ingegno ed in un tentativo di far risorgere una vecchia forma. Ci si sente per entro lo spirito dei nuovi tempi, e la tendenza della filosofia a signoreggiare su tutte le forme dell' arte. Se non che 1' autore ha scoperto troppo le carte, e pare impossibile come non si sia accorto dell' inconvenienza di far parlare con tanto giudizio dei semplici e rozzi pastori. Ci voleva poi anche la sua "bella venezianata — saressim per saremmo ; tanto per conservare il colore locale, ma che mi fa l'effetto di un pugno in un occhio. Comunque, accettiamo I CAPODISTRIA, Tipografia Cobol-Priora anche quest' egloga pastorale che l'ottimo Luciani ha voluto dedicare agli sposi. ---- Nozze Drassich-Crevato. — Capodistria — Cobol e Priora 1S92. E nozze ancora : e non celebrate dai soliti sonetti d'occasione, ma con la opportuna pubblicazione di una supplica di certo Giampietro Celsi, maestro di scuola a Pinguente nel 1559, al consiglio comunale di quella città, perchè gli venisse aumentato il salario, e preceduto da un'opportuna lettera del signor G-. Vesnaver. «Che di più semplice, scrive questi. È veror ma torniamo col pensiero tre secoli e mezzo addietro, quando appunto il fatto avvenne. — Noi vediamo avverarsi due fatti distinti a Pinguente. Da una parte vediamo la campagna popolarsi di Slavi, i quali, fuggiti dai Turchi vengono a chiedere «poveri et meridie,i » un rifugio. — Dall'altra parte invece noi vediamo il consiglio comunale stipendiare maestri italiani per la educazione della gioventù, come usava fare ogni altro comune nostro da Trieste a Pola..... Ed ora ? quale sconforto ! conchiude il buon Vesnaver. Dedichiamo questa pubblicazione al Magnifico Podestà di Pinguente, perchè se la faccia tradurre in Slavo dal suo segretario, e confutare nella Nasa Sloga. Noi concludiamo col Vesnaver — »Se un'Istria esiste ella non è altrimenti che un' Istria italiana*. E non per niente la storia fu detta maestra di vita. P. T. ---—j——- PUBBLICAZIONI Giuseppe Caprin — Pianure Friulane seguito ai libri : Marine Istriane — Lagune di Grado. Trieste, stabilimento artistico tipografico G. Caprin, edit. 1892. --.—-——------ Pregati pubblichiamo : RINGRAZIAMENTO Il sottoscritto, a nome proprio ed a nome della famiglia del defunto Pietro D' Andri, porge i più sentiti ringraziamenti a tutti quei pietosi che in più modi, con dimostrazioni di affetto e di stima, vollero onorare la memoria dell'indimenticabile trapassato, e alleviare cosi nei superstiti 1' acerbità del loro dolore. Capodistria. addì 14 dicembre 1892. Giovanni D'Andri Pietro Madoniz/a edit. e redat. responsabile