Anno li Capodistria, 15 febbraio 1942-XX N. 12 QUINDICINALE DEL FASCIO Di COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRÌA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI FRONTE DI GUERRA - FRONTE INTERNO TUTTI COMPATTI ALLA STESSA META: LA VITTORIA L' À S S E AL CONTRATTACCO Mentre il signor Churchill salmodiava alla Camera dei Comuni cercando nel vasto repertorio delle consuete menzogne quelle che gli sembravano più adatte a commuovere i molto onorevoli colleghi, le truppe dell'Asse ammiravano anco- l'ennesima volta il non mai abbastanza lodato equilibrio del nostro popolo, che ha imparato a guardare la realtà con occhio fermo ed intrepido cuore, sdegnoso cosi dei facili abbandoni come delle esaltazioni improvvise. Dirà l'avvenire per quanta parte potrà pesare l'attuale andamento delle operazioni libiche sul complesso del conflitto mondiale. Comunque nelle alterne vicende API LABORIOSE IL CORSO DI ECONOMIA DOMESTICA DELLA O. I. L. ra una volta i tacchi dei combattenti britannici in ritirata oltre Ben-gasi ed oltre Derna. Quella che avrebbe dovuto essere una specie di velocissima spedizione punitiva contro le forze dell'Asse in Libiti, una apocalittica passeggiata di distruzione fino a Tripoli e oltre, si è risolta in una serie di insuccessi e di sconfìtte tino al giorno in cui i magnifici soldati d'Italia e di Germania decisero di passare risolutamente al contrattacco: e allora le tappe vittoriose per le nostre forze si susseguirono con la consueta rapidità. E' difficile immaginare come il signor Churchill potrà giustificare questa nuova legnata che si abbatte su una nazione alla quale egli stesso — con una improntitudine di cui si cercherebbero invano riscontri nella storia aveva garantito una rapidissima decisiva conquista della Libia. Nelle scorse settimane, quando l'offensiva britannica aveva già dimostrato di non poter conseguire nemmeno parzialmente gli obbiettivi fissati, ci si era trastullati, a Londra, con iperboliche cifre relative allo perdite — in uomini e materiali inflitte all'Asse; tutte cifre che, se rispondenti a realtà, avrebbero non solo giustificato, ma imposto le più severe critiche alla lentezza dei movimenti britannici e all'inesplicabile esiguità dei loro successi militari. Magra consolazione. Oggi, al pubblico inglese ancora una volta clamorosamente beffato — bisognerà dire che i morti sono risuscitati, che i prigionieri hanno misteriosamente raggiunto gli antichi commilitoni, che i carri armati, le autoblindo e i cannoni e le mitragliatrici e tutto, insomma, l'armamento, già dato per distrutto dall'anglica strapotenza, si è inesplicabilmente ricomposto ed ha ricominciato ahimè — a funzionare. Con quale faccia, altrimenti, si ripresenterebbero al pubblico coloro i quali dettero già per conquistata la definitiva vittoria in Libia? E questo avviene, naturalmente, quando si è costretti a galvanizzare il popolo con fuochi d'artificio e razzi matti privi di intelligenza e di fantasia; quando si è costretti a stringere i dadi della resistenza con miraggi irrealizzabili; quando ci si illude di potere sfruttare un attimo di euforia per irraggiungibili fini. E ci sia concesso, poiché siamo su questo terreno, di sottolineare per L'altra sera sono stata invitata a cena, è un'avvenimento straordinario in quest'epoca di giuste limitazioni, e dove? Alla G. I. L.. Cena preparata da ragazze giovanissime e consumata in schietta allegria. Volete seguirmi? Sarete lieti di vivere, attraverso la mia rapida cronaca, della guerra — soprattutto di questa guerra — è il risultato finale che conta; ed è un risultato che non può ammettere dubbi perchè dipende dalla tenacia; dal valore, dalla genialità, dal cameratismo di quei popoli i quali sanno che le speranze e i destini dell'umanità sono legati oggi più che mai, alle nuove forze della civiltà. fa. ad ammirare l'ordine dei locali e i lavori di cucito delle allieve, la cena è pronta. Nella vasta sala su un tavolo candido fumano i piatti di risotto appetitoso. Una delle allieve gira intorno col vassoio ed offre garbatamente le alcune ore saggiamente trascorse dalle vostre figliole. All'entrata'una mia ex allieva, in grembialino candido, mi saluta. Com'è trasformata! Io le ho insegnato a declinare rosa rosae qualche anno fa, ora la trovo qui a declinare la lista della cena insieme a una gaia brigata di compagne. Mi guida alla cucina ove le dirigenti del corso sorvegliano la manipolazione dei cibi. Una ragazzina cuor contento sta grattugiando il formaggio, attorno ai fornelli un gruppetto si avvicenda alle pentole promettenti. Dopo qualche minuto di attesa trascorso portate mentre la dirigente, con occhio vigile, osserva se le regole del galateo sono rispettate. La prima regola intanto, quella di far onore ai cibi, è messa in pratica, con disinvoltura Qualche bis è concesso agli appetiti più robusti, queste massaie in erba non brontolano per i razionamenti; il condimento migliore, la serenità laboriosa, non manca. C'è anche il dolce in cui le umili castagne si sono trasformate con arte e si adagiano soavemente ìh una salsetta di zucchero bruciato che le ravviva e nobilita. Chi si ricorda più delle declina- zioni? Scherziamo affettuosamente sull'appetito più sensibile di qualche allieva e il... risotto si muta in aperte risate. Le dirigenti trovano il tempo di fare qualche pacato -rilievo sulla correttezza del servizio e sul modo di comportarsi a tavola e subito posizioni o atteggiamenti ineleganti scompaiono. Poi l'incaricata di turno sparecchia senza rumore e la frotta di api laboriose sciama di nuovo in cucina per la rigovernatura e il riordino. Il fiuto sagacemente poliziesco della più vorace ha scoperto che non solo un po' di dolce, ma anche del risotto è avanzato, prima il dolce, poi il risotto spariscono e i piat- ti sono già abbastanza ben ripuliti anche prima del lavaggio. Una canzone si leva sommessa subito ripresa dal coro delle voci giovani, i piatti scivolano dalle mani agili e tornano silenziosi al loro posto nell'armadio che si richiude sull'eco di un ritornello. Le tovaglie, i grembiuli bianchi sono ripiegati e le massaie si preparano ad uscire. Torneranno a casa a tormentarsi un poco sulla versione e sui teoremi aspettando il prossimo turno di lavoro domestico nella G. I. L., preludio sereno della loro vita di donne, italianamente preparate al lavoro. O. P. L'opera della Donna Italiana nei momenti più difficili della Nazione „Credere e Vincere" è lieto di pubblicare la discussione svolta dalla giovane fascista Antonietta Serpan alla presenza delle gerarchie scolastiche e delle camerate delle G. I. L. Il cav. dott. Tomaso Frosi ni, preside del R. Liceo Ginnasio „C. Com-bi" ha elogiato l'allieva ed ha chiesto al Fascio di Combattimento che, quale premio venga pubblicato il lavoro della giovane camerata. * Particolarmente nel momento attuale, in cui le Potenze dell'Asse stanno per instaurare una nuova epoca è necessario esaminare che posto occupi la donna italiana e quali siano i compiti che deve svolgere per cooperare anch'essa alla vittoria finale che non dovrà mancare. Le guerre che si stanno combattendo assorbono il maggior numero di uomini validi non solo per combattere nelle prime linee, ma anche per svolgere la loro attività nei complessi servizi dell'esercito e in quelli del Paese. Perciò la partecipazione anche indiretta alla guerra si è andata automaticamente estendendo a tutti i cittadini abili che possono dare il loro utile contributo. Grande è quindi anche l'importanza" della partecipazione della donna alla guerra, in quanto è essa la fonte di preziose riserve per la vitalità e la resistenza del fronte interno. Considereremo ora entro quali limiti deve svolgersi fattività bellica della donna. La donna, secondo alcune teorie sbagliate, come la femminista, viene posta alla stessa altezza, cioè allo stesso livello dell'uomo. Ne consegue che se questa teoria dà alla donna gli stessi diritti dell'uomo, logicamente deve darle gli stessi obblighi: si viene così a sostenere che la donna sia capace di compiere qualsiasi lavoro che venga assolto dall'altro sesso, osservando che se talvolta essa non riesce a disimpegnare molte funzioni esercitate dall'uomo, ciò è dovuto esclusivamente al secolare asservimento della donna all'uomo, che l'ha voluta tenere sempre come subordinata e legata nell'ambito strettamente famigliare. In conclusione si afferma che la donna può compiere pienamente anche la funzione militare. Noi però ripudiamo decisamente questa teoria, perchè esaminando i requisiti necessarii ad un combattente: veemenza, resistenza, coraggio ecc., vediamo che ci troviamo in presenza di qualità che non possono trovarsi nella donna, nell'animo della quale albergano invece gentilezza, bontà e pietà. E' dunque nelle funzioni ausiliarie che la donna potrà in tempo di guerra portare il suo non poco utile contributo, poiché solo questo tipo di mansioni essa ha la reale possibilità di assolvere. Non occorrono eroine che vadano a morire sui campi di battaglia, ma donne che sappiano resistere nel sacrificio della vita civile dietro le prime linee; che sappiano frenare nel petto il pianto per i figli caduti nel compiere il loro dovere; che comprendano che cosa esiga la Patria da loro; che siano persuase che quando avranno dato tutte se stesse, avranno dato ben poco. La donna italiana dev'essere l'angelo tutelare della famiglia, la sposa fedele che attende con fiducia nella vittoria il ritorno del marito dalla guerra; facendo ciò, o in altre parole il proprio dovere, coopera anch'essa alla riuscita della vittoria finale. La donna deve poi entro, le pareti domestiche, fare economia e non sprecare favorendo così il soldato che combatte, che soffre, che sopporta privazioni che dà tutto se stesso per la nostra causa. La donna italiana non deve mai dimenticare che se anche si priva di un vestito, di un paio di scarpe di un cappellino e, se è necessario, anche di un pezzo di pane, farà ben poca cosa in confronto del soldato che bagna la terra col suo sangue per la grandezza della Patria. I suoi sacrifìci insomma saranno esigui, minimi in paragone di colui, che tutto dà per nulla avere. Vediamo ora in che altro modo la donna italiana possa rendersi utile in tempo di guerra. Negli ospedali, nelle scuole, nelle fabbriche, nei campi, nei servizi pubblici e nell'impiego privato, nella propaganda e nell'assistenza, l'opera della donna troverà sempre quando la sua Patria si trovi in guerra, preziosa esplicazione, svincolando essa dal servizio civile nel territorio gran numero di uomini validi, che si rendono così disponibili per i fronti di guerra. A tal proposito non c'è chi ignori quanto curato sia l'esercito femminile germanico che è oggi per numero, capacità e rendimento uno dei più perfetti strumenti di guerra della nostra grande alleata. Inoltre potremo ricordare, a titolo di curiosità che anche in Inghilterra è curatissima la parte... formale dell'esercito civile delle donne a base di sgargianti divise con pantaloni e berretti che hanno fatto, in fotografia, un giro propagandistico del mondo. Si può comprendere quale utile porteranno all'agognante perfida Albione queste donne così elegantemente vestite. Lo sfarzo e il lusso della loro divisa, è consono alla loia poca sensibilità per le sofferenze altrui, è anche consono al poco cuore che esse dimostrano nei confronti dei loro combattenti trascinati a combattere per una causa iniqua, in contrasto colle altre idealità umane che perseguono, col-l'odierno conflitto, le altre potenze civili dell'Europa non asiatica. Meno lusso e più cuore non è però facile ritrovare neppure in quelle donne di sentimenti assai diversi da quelli delle donne nostre o di altri paesi come il nostro. Come si è visto innanzi, la mobilitazione civile della donna . costituisce una delle più cospicue risorse in cui il paese può far conto in tempo di guerra. Inquadrata in precisi schemi di lavoro e disciplinata, la donna italiana sarà di prezioso aiuto nella guerra che stiamo combattendo. Difatti è una guerra totalitaria che impegna tutti, uomini e donne, soldati e madri, compagnie d'assalto e nuclei famigliari, dal fragore della battaglia al silenzio della casa, dal fronte immediato della lotta al fronte interno. Non è una guerra come tutte le altre: «Questa è una guerra che fissa i destini del genere umano e nella quale sono coinvolti, in modo diretto od indiretto due miliardi di uomini». Gli avversari sono gli stessi che l'Italia trovò di fronte a se nel 1935-36 quando le donne italiane tutte, dalla Regina alla più umile contadina, offersero i loro anelli nuziali. Nel VI annuale della Giornata della Fede, il Duce ha ricevuto a Palazzo Venezia una eletta rappresentanza delle donne italiane — le infermiere volontarie e visilatrici fasciste — ed ha loro parlato, sicuro di parlare a tutte le donne d'Italia. Ed ha rivolto a tutte il suo elogio, esprimendo la sua gratitudine per quanto hanno fatto, fanno e faranno. Il Duce ha inoltre detto che: «11 Popolo italiano sente che, per quanto gravi siano le sue privazioni e i sacrifici del fronte interno, essi sono sempre infinitamente minori di quelli che il nostro soldato affronta sia nelle steppe desolate della Russia, sia nelle dune sabbiose dell'Africa». Perciò, dopo quanto abbiamo detto, bisogna concludere che la donna italiana deve intimamente sentire — come sente -— la necessità, l'importanza di questa guerra e comportarsi conforme alle esigenze del tempo. Deve essa pensare e far pensare a coloro con cui è a contatto che questa non è una guerra come tutte le altre e che non importa perciò quando finirà; ma importa invéce come finirà. Perchè, se la vittoria sarà da parte nostra, migliore sarà il nostro destino di oggi e di domani; mentre, nel caso contrario, tutto sarebbe perduto e ogni sforzo e sacrificio senza compenso, per sempre. Perciò assieme ai nostri valorosi soldati che combattono, sacrifichiamoci anche noi in silenzio e cerchiamo di cooperare in ogni modo al raggiungimento dell'immancabile vittoria, che ricondurrà il Popolo italiano alle sue fatali e autentiche tradizioni di superiorità e di saggezza. Antonietta Serpan SILENZIO I Una parola imprudente può essere fatale ai fratelli che combattono. Realtà Se la realtà esulasse dal suo mondo e si spogliasse del suo abito logico ed inequivocabile, potremmo scorgere qualcosa di bello anche nei destino più brutto. Allora, nella falsità di un sogno ci sarebbe ciò che ci farebbe sembrare questo bello e veritiero. Nella gretta mentalità imbastita di ipocrisia di qualche nostro avversario pare che questa metamorfosi sia avvenuta; ed egli sogna, in sr^b'"' creati dalla sua fantasia, ipotetiche vittorie in supposti scontri navali, o sanguinose battaglie vinte con donchisciottesca facilità. Sogna e sognando è portato, così per natura, ad esprimere ciò che nelle sue appannate e viziose visioni continuamente ammira. Infine, convincendo se stesso, crede ciecamente a ciò .che la subdola coscienza e il falso amor patrio gli fanno apparire realtà. Non si accorge nella sua costruita ingenuità, di portare danno a quella storia che ciascun paese ha, di far nascere, compassionevole ed incurante, una pietà francescana, anche negli animi più accesi da idee di odio e di vendetta. Hello sarebbe, in una rinata atmosfera cinquecentesca vedere gli avversari considerare con lealtà U valore del nemico e ammettere con sincerità le propi-ie deficienze senza ricórrere ad ingegnose quanto riprovevoli menzogne che oltrepassano quel senso di civile pudore, di universale dignità che ogni popolo deve possedere. Questo sarebbe un sogno e noi Italiani, che siamo realisti. non possiamo crederci. Come non crediamo a ejuesto così pure ignoriamo quelli degli avversari, dotati eli qualche senso artistico, ma privi eli sostanza. Attentare alle basi di un popolo no nel corpo e nello spirito, con una strisciante e "viscida filza eli menzogne, minacciare iperboliche cata-strofì per radio o a mezzo eiella stampa, sono assurdi tentativi che dimostrano povertà eli spirito e mancanza d'intelligenza. Tali cose sono degne eli un bambino imbronciato e fanno sorridere con compiacente ilarità. Non si può vincere, o supporre eli vincere una guerra, basandosi esclusivamente su proprie ipotetiche vittorie o danneggiando l'avversario con calunnie artificiose. Per vincere è necessario avere una grande fede, una grande lealtà, una grande sicurezza nel proprio coraggio; è necessario sentirsi legati alla Patria da vincoli superiori a quelli umani; è necessario difen-dere questa terra che ci ha visti nascere e che ci ha nutrito con i suoi frutti, abbellito con le sue bellezze, con il braccio e col cuore. G. S. DONNA CONBÀTTENTE Non crediate che voglia parlare del famoso esercito ausiliario inglese di donne che sono scappate con le sottane in testa alla prima prova elei fuoco nel servizio antiaereo, quelle le lasciamo pavoneggiarsi nelle loro divise da operetta e manteniamo pulita la penna utile invece a far conoscere il santo, umile coraggio della dònna italiana. Le donne organizzate militarmente sono indispensabili in un paese povero eli abitanti come la Filan-dia che ha dovuto mobilitare per la sua suprema difesa di civiltà contro le innumeri orde russe ragazzi e donne. Le «Lotte» hanno compiuto prodigi di abnegazione in un servizio territoriale durissimo come ottima prova è data in Germania dalle giovani hitleriane nel servizio del lavoro. A noi è stato risparmiato epiestò sforzo difficile per la natura femminile e soprattutto per la donna latina, perciò dobbiamo moltiplicare la nostra attività sul fronte interno. Purtroppo talvolta, i doveri più facili sono trascurati, che questo non avvenga nell'ora di guerra: sarebbe la morte di un popolo, l'avvilimento dell'Italia. Il nostro esercito femminile ne>n ha divisa militare, non arcigne co-• lonnelle, non tute nè armi ma si estende per tutta la penisola, opera in ogni casa, conta le sue unità in ogni cuore di donna. Ringraziamo la sorte che ci permette di restare nelle nostre case, di compiere serenamente i eloveri della vita fami- liare e civile ma ristabiliamo l'equilibrio buttando sulla bilancia della Patria la massa operosa delle no-nostre volontà. Non avremo la meelaglia sul campo nè i nastrini delle campagne o del servizio, avremo però la certezza intima di aver contribuito alla vittoria, la gratitudine eli chi combatte sapenelo di avere alle spalle un baluardo eli anime che, senza dimenticare le femminee virtù, si faranno di ferro contro le insielie sottili della lotta quotidiana. Le virtù femminee non hanno da essere dimenticate, i difetti sì: tutti i difetti tradizionali di cui spesso giustamente, siamo incolpate. Non valga in questo tempo duro la scusa: siamo donne, oggi noi siamo soltanto italiane. Gli attributi di madri affettuose,, sorelle buone, massaie infaticabili elevono essere potenziati e spogliati eielle scorie. La donna parla troppo e con troppa leggerezza e se altra volta ejuesta sua attitudine la fece regnare nelle conversazioni salottiere, ora la renderebbe facile alle elebolezze più nocive. Il verbo tacere non deve essere coniugato solo nelle grandi occasioni. è proprio il mormorio basso, il pettegolezzo e'on'ente che danneggia la Patria ed è purtroppo nostro triste retaggio. Siano banditi dai nostri discorsi gli allarmismi, le insinuazioni, il dubbio sconfortato e sconfortante. Il nostro desiderio di raccontare e diffondere novità si spenga una buona volta, non siamo in funzione di altoparlanti e le notizie devono essere lasciate agli organi competenti. Le trasmissioni a onde corte dei dilettanti sono sempre fuori posto e testimoniano cortezza di cervello. Non si pretende di chiudere le labbra muliebri con doppio nodo marinaresco, ma cerchiamo di far buon uso delle corde vocali. Diciamo sempre per prime la parola buona che incoraggia e rasserena, scambiamoci utili consigli per far tesoro delle razioni e comunichiamo pure l'importante scoperta per fare il bucato senza sapone ma poi basta e se qualcuna non può proprio fare a meno di parlare le consigliamo di fare come quel famoso servo di re Mida che, non potendo confidare a nessuno un segreto, pena la morte, aveva scavato un buco in terra e dentro lo gridava a pieni polmoni. L'istinto formichesco della massaia non si riveli nell'approvigiona-mento intensivo a scapito della comunità ma nella valorizzazione dei mezzi disponibili: chi accumula non produce e reca danno alla società. E siamo pur qualche volta cicale spensierate non per cicalare ma per godere qualcosa di bello nella vita al di fuori dell'utile quotidiano, per cantare liete canzoni dimenticando e facendo dimenticare i momenti di oppressione e di malinconia. Siamo in guerra, sottoposti a un regime di vita severo ma dobbiamo accettarlo con serenità senza mettere le gramaglie. Che il nostro cuore schietto rappresenti sempre un porto sicuro di fede e d'amore. Le difficoltà risolviamole da noi senza tediare gli uomini di casa come bambini che non sanno fare il problema; la modesta lista giornaliera si rischiari nel nostro sorriso e non sia commentata da un sordo accompagnamento in minore di lamentele. Tenere madri, spose trepidanti, giovinette che vedono partire persone amale non indulgiamo alle manifestazioni lacrimose del nostro sensibile cuore. I nostri cari partono per difendere la Patria che e la sintesi di noi tutti, ad essi non presenteremo come le madri spartane lo scudo dicendo tragicamente: «o con questo, o su questo» ma neppure ci appenderemo piangendo al collo del soldato che va ad affrontare dure prove e ha bisogno di serenità e di forza. Non riterremo spezzata la nostra vita e non ci sottrarremo ai doveri con la scusa che siamo già abbastanza colpite dalla sorte. A chi parte offriremo l'attesa partecipe, l'augurio del ritorno vittorioso, il nostro volto schietto e fiero di italianissime. La famiglia di un volontario, di un richiamato, è sacra, può divenire la famiglia di un eroe, merita il nostro aiuto e la nostra comprensione ma non è un lutto, bensì una gloria nazionale. Alle lettere brucianti d'amor patrio che i nostri uomini scrivono dai fronti rispondiamo con eguale fervore, assicuriamo che anche noi combatteremo la nostra battaglia e che vorremo essere noi, dalla natura destinate alla creazione, a dare un volto nuovo alla Patria. Forse noi non godremo i frutti del sacrificio, che importa? Saremo vivi ancora nei figli e nei figli dei figli. Consacriamo nel cuore e nelle opere il motto antico di nostra gente, il motto del millenario contadino virgiliano che seminava serenamente l'albero, i cui frutti avrebbero jj raccolto le generazioni future. Ornella Puglisi Morte e resurrezione di Paolino ^Giovane gagà" Verso le tre del mattino Paolino si sveglia ancora, di soprassalto. Testa che gli gira, atroce mal di capo, gran voglia di dormire e non può chiuder occhio causa la maledetta sbornia di poche or$ prima. Gli balenano ancora dinanzi alla mente semioffuscata dall'alcool — quasi vertiginose immagini illogicamente messe in scena da un regista impazzito — alcune delle «deliziose situazioni» di qualche ora fa. Pep-pino che sbatacchiava al pianoforte «Saint Louis» e altra «roba decente», alternando note sincopate, a potenti trangugiate di doppio kummel direttamente dal collo della bottiglia, Lisetta, la divina Lisetta dagli occhioni obliqui e dalle calze a novanta lire al paio (per l'occasione debitamente in mostra oltre ogni umana immaginazione) che ^anta, mollemente appoggiata alla sua spalla e attraverso il megafono improvvisato con una copertina della rivista «Alta Moda». E poi ancora Lalla, padrona di casa, Lalla «maliarda n. 1» honoris causa, la biondissima Lalla infine che adora le «colombo» ed i ballerini di classe come appunto lo è Gi-getto suo «schiavo personale» come dice lei, ed i «quattro folli» Lucio, Andri, Nellina, Walterino nostro che ormai stanchi di ballare — alternano fragorosissime risate a lunghi silenzi, frutto dei loro conciliaboli segreti sulla sofficità del grande divano in penombra e degli ampi cin-cin di Campari-soda.... Prima della... cura Si voltola sul letto di qua, di là, il sonno non vuol venire, dio che mal di testa. Con la mano facendo uno sforzo enorme — cerca a tastoni la luce del comò. Diavolo dov'è quel maledetto commutatore! Lo trova alfine e pigramente preme il bottone di scatto. Luce verde repentina e violenta gli fà sbatacchiare gli occhi pesti dalla stanchezza e dal sonno. Ripreme ancora il commutatore (non si può resistere con questa luce infernale, domani fac- cio cambiare tutte le lampade!) e tutto quel verde irritante scompare, la stanza ripiomba nell'oscurità. Fuori deve ancora piovere, si sente il picchettìo sommesso dell'acqua sulla gronda. Che tempacci, mondo canaglia e siamo già a metà aprile! Riaccende la luce, macché è peggio di prima, dio mio poter tuffare il capo sotto la doccia, riuscire a portarsi sino al camerino da bagno! Ma chi ha la forza d'alzarsi, neanche il Padreterno lo smuoverebbe. «E' stato il Campali di Lalla, certamente, parola d'onore non ne bevo più una goccia per almeno sei mesi!» Povero Paolino ubriaco stavolta, ha inconsciamente indovinato, va là. Giovane Paolino ventitreenne, figlio di papà, terza ginnasio interrotta «per motivi di salute», simpatico Paolino, «idoneo ai soli servizi sedentari» ma formidabile giocatore di ping-pong... tu che non immagini ancora come, forse in quei precisi momenti una compagnia di bersaglieri sappia scattare all'attacco al grido rauco di «Savoia», in qualche lontano settore del fronte... S'addormenta ch'è quasi l'alba. Fuori il ticchettare della pioggia è terminato e le stelle tremule e infreddolite lassù — si asciugano e fanno toeletta alla prima brezza mattutina. La bomba fragorosamente gli scoppia alle dieci e mezzo con l'ar- rivo della posta. «In nome ecc. il militare Paolo Locca, classe 1916, è chiamalo alle armi. Dovrà presentarsi immediatamente eccetera, eccetera.... Una comunissima cartolina — precetto, diamine; che bisogno c'è di saltar giù dal letto a quella maniera (la sbornia è fulmineamente passata), di correre come un matto da papà, — accidenti è già uscito — di precipitarsi da mammà — anche lei è uscita porca miseria —, di sbatacchiare usci, di rovesciare due seggiole dell'anticamera e quell'artistico vaso giapponese del salotto! «Amelia, Ameliaaa! Presto il bagno, anzi niente bagno, i vestiti presto, sì, sì, il completo grigio fa lo stesso, diavolaccio qua c'è un errore.» La povera cameriera corre come può dietro al padroncino in pigiama. «Le scarpe — presto Amelia — la camicia pisello, dammi la guida telefonica, ma muoviti Santo Iddio! Il fermanodi, dov'è il fermanodi, Amelia il mio fermanodi!! Sfoglia con mano nervosissima la guida telefonica: «Deposito Carboni», «Distillerie Riunite S. A.» — al diavolo i liquori, «Distari Mario -ragioniere» no dev'essere più sotto, ecco qua «Distretto Militare 166654». Corre al telefono, forma il numero, sbaglia, lo rifà. Rreve momento di pausa. Le scarpe di camoscio battono uno strano ritmo — non esattamente di fox — sui palchetti lucidati di fresco. Pronto, pronto Distretto Militare qua Paolo Locca. Chi parla? — Ah, siete voi signor Maggiore? Scusate signor Maggiore mi è giunta stamane...» Voce metallica dall'altra parte: dice che sì, sì, è possibilissimo, circolare «Signor Maggiore, scusate, ma qua ci dev'essere uno sbaglio, un grossissimo sbaglio, sapete io...» Ma la voce metallica ripete che no, niente sbagli, è proprio così, si lo sa che è il figlio del coinm. Loc-chi che parla, ma non ci sono errori è così è così, auguri, auguri giovanotto e buona fortuna. Chi lo sa mai perchè quella voce metallica è così stranamente ironica, quella voce che gli conferma essere venuto anche per lui il momento di imparare che «il moschetto o fucile modello 1891 si divide in sei parti principali : canna, cassa, meccanismo di caricamento e sparo...». Ed altre cosette ancora. Sei giorni dopo. Ore sette e mezzo del mattino in un cortile del reggimento X: un sergente rosso dal sole come un gambero, sta facendo scuola a piedi, la normale scuola a piedi di tutti i giorni, ad una batteria di «reclute» nuova di zecca. «Nno, dui, nno dui, dietro frunt, nno dui, nno dui, Maracca cambia il passo, nno dui, nno dui, su le te- ste ragazzi, Locca muovi le braccia, dietro frunt, nno dui, nno dui....» Poco lontano l'ufficiale osserva attentamente lo svolgersi dell'istruzione. Sembra soddisfatto — non c'è che dire quel sergentino è in gamba —. Pensa che tra un mese — al massimo — anche quei ragazzi saranno a «posto» e potranno raggiungere gli altri, lassù al campo. «Sergente Fanelli!» — «Comandate signor tenente!» «Dieci minuti di riposo alla batteria e poi attacchiamo il servizio al pezzo sino alle nove. Mi racco- cura mando che nessuno se la squagli in camerata !» «Signor —- sì!» Al rompete le righe via tutti via tutti a sparpagliarsi di qua e di là — («mi raccomando non allontanarsi troppo ragazzi») chi allo spaccio, ehi a leggere l'ordine del giorno chi a sedersi in un posto qualsiasi; si accendono le «milit» e le popolari. Evviva le popolari, evviva le «milit» dopo un'ora di scuola a piedi ! S'intrecciano frasi, mottetti, risate, le formidabili, sane, inconfondibili risate del soldato italiano. «Nino come vanno le gambuccie, si «sviluppano eh» «Sta zitto — per l'amor di Dio «abbuffattore» di pasta sdutta, non hai per caso uno specchio in casa? Guardati, guardati cocco di mammina bella!» «Dì, Tonini Si va stasera al cinema?» — «Perchè no? Locca vieni anche tu al cinema stasera, ci vieni?» Paolino si volta alla chiamata. Stava scrivendo. E' irriconoscibile nella fiammante divisa di artigliere. Sorride. Dice che «naturalmente viene anche lui». Così, in quell'atteggiamento improvviso fermato dalla voce del camerata bustina leggermente di traverso, capelli rasi alle tempie, occhio vivido, sigaretta in bocca, Paolo Locca è davvero irriconoscibile. E' magicamente diventato un bel soldatino d'Italia. La lettera che sta scrivendo, sull'improvvisa to tavolino delle sue gambe, è appena cominciata: «Carissimo papà, avevi ragione tu quando mi dicevi che la vita militare è bella, sono fiero...». Da lontano giunge piana ed attutita l'eco della città che si risveglia. Gì. Bo. Siamo in guerra. Dovere di lutti è : TACERE e far TA- CERE. UH GIUDEO E LA FRANCIA lTn giorno, in una provincia della Francia, un giornaletto locale pubblicò una poesia sulla bandiera. Un ragazzo di dodici anni, che trova accenti patetici per cantare la-bandiera del proprio paese, deve essere particolarmente caro alla musa della Patria ma quando si gettan gli occhi sui versi composti dal dodicenne, si rimane colpiti e quasi non si crede ai propri occhi. In quei versi sciagurati la bandiera è vituperata con immagini e parole da trivio: il poetastro si dà ad insultare la bandiera come neppure un ubriaco potrebbe fare. In quale scuola costui aveva respirato il tossico? In quale famiglia aveva bevuto questo veleno? Sembra oltre i limiti dell'immaginazione, il fatto che codeste perverse rime suscitassero l'entusiasmo di chi volle proporle all'attenzione di tutti facendole pubblicare sul giornaletto. Il ragezzo fece strada, molta strada, fino a diventare ministro della Educazione nazionale, in Francia. Da ministro si ricordano alcuni suoi discorsi contro il Fascismo; quale onore per noi- avere nemici uomini i quali possono avere il triste e bestiale vanto di aver maledetto la patria fin dalla prima età! Questo uomo manco a dirlo, diventò preda dell'Inghilterra, la quale sapeva di poter contare su di lui per condurre alla rovina la Francia. Fu uno degli agenti di quella «pax britannica» che io rassomiglio volentieri alla «pax aeterna»: il giudeo Zay, l'uomo, il ministro il sicario della sua patria, era il poeta che nella sua puerizia aveva insultato la bandiera e si era coperto d'infamia. L'Inghilterra trova da per tutto uomini di complessione morale identica a quella del giudeo ministro, li compera e poi li lancia al misfatto. Sembra impossibile che possa essere diventato educatore del suo paese, capo delle scuole, patrono dei giovani, un uomo che nella sua adolescenza aveva dato segni così evidenti di degradazione morale e di degenerazione spirituale. Va oltre i limiti del credibile ehe il piccolo giudeo, tristamente poto per quei versi infami, sia diventato il legislatore scolastico della Francia. L'Inghilterra ha fatto il resto: ha mutato un ministro, che doveva tutelare l'anima della nazione, in un sicario della patria. E di uomini come Zay la Francia, suo malgrado, abbonda. *** „La Rivoluzione fascista farà grande l'Italia, comunque, dovunque, contro chiunque". MUSSOLINI ATTIVITÀ DOPOLAVORISTICA Per il ritorno di Giorgio Cobolli Il dott. Arturo Bondi, già professore di storia presso il locale Liceo „C. Combi", invia da Trento alla Cassa Scolastica dell' Istituto sempre caro al suo cuore la somma di Lire 100 con le seguenti nobilissime parole: „ Desidero accompagnare /' offerta con l'augurio che il grande mutilato Giorgio Cobolli possa essere restituito presto alla famiglia e alla sua Capodistria"'. Ali" augurio si associa il Collegio dei Professori del Liceo e, certamente, l'intera città, orgogliosa del suo grande mutilato. IL SUCCESSO DEL ,,BUGIARDO" Cinque rappresentazioni a teatro pieno della commedia" in tre atti di C. Goldoni «Il Bugiardo» sono l'indice primo del successo che ha avuto questa manifestazione dell'O.N. D. di Capodistria. Un complesso di attori, senza esagerare, perfetti, diretti da un competente di teatro come il camerata Rino Rello, attorniati da una folla di tecnici veramente a-posto,"non poteva dare al pubblico una maggior dimostrazione delle possibilità filodrammatiche della compagnia del nostro Dopolavoro Comunale. A Capodistria non si vedeva una commedia così ben fatta da molti anni; il pubblico ha dato pienamente a vedere il suo compiacimento nell'assistere alla commedia, tributando ad attori e regista il più lusinghiero plauso. «Il Bugiardo» commedia difficile a rappresentarsi, per i cambiamenti di scena e per le difficoltà che si presentano nella scelta degli attori, viene di rado data da le filodrammatiche professioniste e dilettanti in special modo. I camerati del Dopolavoro possono essere fieri di aver riscontrato tanta simpatia nel pubblico presentando questa commedia. Di tutti bisogna dire una parola almeno, in modo che venga riconosciuto il merito di ogni attore. Gli interpreti principali sono stati scelti con cura ed hanno dato quanto era nelle loro possibilità artistiche: così Lelio che è stato reso con maestria lodevolissima dal giovane Mario Vesnaver; così Pantalone impersonato in quel bravo attore com'è il camerata Gian Battista Risi; così il dottor Balanzoni fatto rivivere da Francesco Lanza; Rosaura interpretata dalla signora Lucia Scher; Florindo reso da Dario Scher in tutta la sua anima timida. Tra le altre figure della commedia ottimamente vennero interpretate le parti di Arlecchino e Brighella da Pavanello e da Sergi, quella di Ottavio da Perini, quella di Beatrice da Lucia Risi, quella del portalettere da Cralli e quella del vetturino da Carini. Lelio e Pantalone, nel contrasto dei due caratteri l'uno onesto e l'altro mendace, hanno trovato in Risi e Vesnaver due attori degni, che hanno interpretato il personaggio loro affidato con una competenza realmente ammirevole. Ricordiamo tra le altre figure pure quella della merci aia, resa molto bene dalla signora Minca. Graziosa Colombina, Daiia Tremul. Fissati i meriti degli attori, non possiamo dimenticare quello dei tecnici che nei vari campi hanno collaborato alla riuscita dello spettacolo del «Bugiardo». Ecco quindi .Lonzar, il sceneggiatore, ecco Desiderio, l'elettricista, la musica di Milossi, gli amminicoli di scena di Romeo Scher, il trucco di r. r. Tutto il vasto complesso di attori e tecnici ha trovato il disciplinatore, il regista nel camerata Rino Rello: con la passione che lo contraddistingue egli ha assistito il complesso durante le prove e durante le varie serate di rappresentazione, dando il consiglio o l'ordine del tecnico, che sa quali siano i punti deboli da correggere perchè il pubblico sia sereno nella sua critica spesso severa. Ma il pubblico non ha potuto trovare nessun difetto nella commedia; tutto lo ha soddisfatto e la sua soddisfazione è trapelata continuamente con frequenti battimani a scena aperta e alla fine di ogni atto. Rino Rello si è dimostrato capace di dirigere qualsiasi lavoro teatrale: da lui non ci potevamo attendere che una dimostrazione come tpiesta; ci auguriamo che anche in seguito la sua passione, la sua opera disinteressata, il suo contributo fattivo, sieno di sprone ai camerati dell'O.N.D. che in lui hanno trovato la guida sicura per le rappresentazioni filodrammatiche. La serenata venne cantata da Lidia Steffè. Hanno collaborato per le prove pure la camerata Pinotta Venturini e il camerata Lanza. Suggeritore della commedia è stato il camerata Minutti. Vennero date delle serate speciali, dedicate agli studenti e alle famiglie dei richiamati. I camerati in armi avevano ingresso gratuito in ogni rappresentazione. Dircltore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio È UN ORDINE ! (Era la pagina per un articolo, che non è stato pubblicato per mancanza di spazio).