Organo quindicinale della Gioventù Antifascista Italiana Anno I Capodistria, 5 agosto 1945 Al GIOVANI Lungi da me l’idea di tenervi un sermone, sarebbe un fuori luogo: tuttavia quattro parole di viatico a questo giornale che intraprende la sua faticosa via, sono necessarie. I tempi maturi di eventi esigono un programma, un’idea che sorta dalla immensa tragedia dell’umanità possa brillare come il vostro simbolo, «La fiaccola», illuminando del suo bagliore il vostro risveglio oltre la ristretta cerchia del vostro campanile per plasmarsi nella anima di tariti giovani desiderosi di sorgere per combattere la diuturna lotta della vita. Ed in questo istante, le parole del grande maestro Victor Hugo, che propugnò l’amore degli umili, mi ritornano in mente, a tanti anni dalla sua morte, sincere e profondamente umane così come fossero uscite da quel cervello possente, ieri. Il vecchio libertario che sognava di chiuder nell'amplesso sublime di una carezza d’amore tutta l’umanità sofferente, volgeva l’occhio al sole, eterno della gloria invocando l’ideale di pace, giustizia e lavoro. Volgevano tempi critici per colui che osava parlare di risveglio negli oscuri momenti della reazione borghese capitalistica di allora, per quanto il tuono della rivoluzione francese si facesse ancora udire come affievolito rombo lontano. Ma di quel seme gittate, l’umanità colse l’isterilito fiore d’una speranza, ed i tempi continuarono la loro monotona corsa verso l’infinito, lasciando agli uomini il peso del loro destino. Guerre seguirono a guerre, nell’impeto distruttore d’ogni diritto umano, travolgente nel gorgo d’un abisso la suprema e sognata conquista dei popoli — la libertà. Tragici ist^iti che furono una sofferenza ed uno spasimo, per tutto lo strazio sentito nella carne delle creature umane Ma nell’ istante supremo una fiaccola di speranza s’accendeva di un novello fuoco divampante l’incendio di una promessa — era l’ideale — che risvegliava come il sole la certezza della non lontana vittoria. E il mondo come in un fremito d’una gestazione cosmica preparava gli eventi futuri che la nostra generazione dovette subire. Si ponga una immensa pietra tombale sulla voragine che separò con l’odio e la morte i popoli, spinti l’un contro 1’altro ferocemente da interessi di pochi. Chiamiamo a raccolta le nostre esauste forze per sorger compatti innanzi al compito novello che ci attende — specialmente voi giovani — e accettiamo in pieno il peso di quella responsabilità che ci ha posto il destino in fronte. La posta è l’unione fraterna delle genti in un’ armonia di affetto universale. Bandite dai vostri cuori l’odio, porgete le vostre anime in un’ offerta di pace sincera verso tutti, fate un sacrificio della vostra volontà con la paziente rieducazione dei vostri simili, entrate nei cuori degli umili, dei diseredati, e dividete con loro il pane della bontà, ma sopratutto amate, amate tutte le creature della terra che sono a voi d’intorno — amatele infinitamente senza riposarvi —: questa è la propaganda di una sola ed unica giustizia, che scaturita dalla volontà del bene abbraccierà il mondo, in una degna cornice' di esaltazione idealistica d’amore perenne, per il quale milioni d’esseri umani diedero la loro vita. Unicamente così saremo degni di preparare il nostro domani nell’ambito di quel realismo sociale che marcia per quella conquista fatalmente attesa da secoli. Giovani studiate, lavorate tenacemente, l’arma dello spirito è più potente del ferro forgiato ad arma di ________________________________________N. 1 distruzione della avidità dei guerra fondai. Essa è la nostra arma che penetra profondamente nei cuori, incancellabilmente. Preparatevi alla vita, dite sopratutto sempre quelle verità che la scienza debellatrice dell’ignoranza vi ha offerto come potente leva a distrugger la superstizione atavica inculcatavi da errati processi di trasmissione ereditaria. Sentitevi liberi — sopra tutto liberi — onesti nella dirittura del vostro carattere, poiché la forza morale risiede nell’onestà, onestà che non ebbero mai i nostri avversari per i quali sentiamo di non poter applicare le teorie dogmatiche di ipocriti perdoni, unicamente in omaggio ad una menzognera propaganda di sommissione che offende il diritto della dignità dell’uomo. Siamo al crepuscolo degli dei, l’Olimpo si sperde come una fiaba nebulosa, come un mito lontano su cui domina fulgente la realtà sociale sorretta dalla scienza che ha fugato le ombre superstiti del Medio Evo vissute tra noi sino ad oggi: eredità di concetti convenzionalistici posti come ostacoli alla libertà del pensiero umano. Libertà del pensiero che ebbe i suoi martiri ed eroi, e che oggi vincendo l’immane lotta tra luce e tenebre grida al mondo la sua vittoria nella esaltazione della verità una e sola — il risveglio — ad una nuova vita di progresso, libero dai ceppi che lo incatenarono al nefando passato. Giovani, eccovi il vostro giornale; vi sia esso caro, sventolate la vostra bandiera che è una fiamma di luce e amore e rammentate il saggio detto di un lontano antico poeta cinese: Yozei Tenno. ..Come il torrente che nell’abisso liberamente salta a slanci impetuosi, poi nel tuo cuore quietamente si raccoglie....“ E così nel vostro cuore abbiatevi il mio augurio affettuoso, augurio di vecchio comunardo. Giuseppe Borisi ODIO DI Non è necessario sfogliare le pagine della storia per vedere come tutta una lunga serie di conflitti armati sono stati scatenati dopo aver seminato l’odio di razza con tale maestria per cui i popoli furono trascinati gli uni contro gli altri in una lotta a mofte. Che ne pensate allora di questo odio di ra?za? Vi sembra forse che esso porti all’umanità qualche cosa di buono? Nessuna utilità può esso portare al genere umano, e sono persuaso che decine e decine di milioni di uomini la pe sano come me. Anche nella preparazione e nel codo dell’attuale conflitto è stato seminalo 1’ odio tra le razze e i popoli. 1 responsabili di questa guerra, i colpevoli del suo scatenamento sapevano bene che cosa volevano: volevano imperare, volevano dominare, volevano fare schiavi gli altri popoli e perciò hanno seminato largamente l’odio di razza. 1 più accaniti provocatori sono stati i fondatori del fascismo e del nazismo, sono state le orde crudeli di Hitler e di Mussolini. Per anni e anni la stampa nazifascista ha sparso il morbo dell’odio di razza per scagliare popoli contro popoli, facendo leva sui sentimenti più bassi. Essa ha incitato i propri popoli a odiare quelli che godevano di un regime di democrazia, ed in partic.o-lar modo contro i popoli dell’Unione Sovietica, che descriveva come popoli barbari privi di osni senso civile, e che perciò non avevano nessun diritto di vivere e che occorreva sterminare. Quando questi capi del fascismo credettero che, oltre alle armi da fuoco, anche l’arma dell’odio di raz- LA GIOVENTÙ un caMienine Sto riordinando e ripulendo da eventuali libri fascisti la mia biblioteca, quando mi capita per caso fra le mani una rivista dell’ormai defunto regime n a zi - fascista. Incuriosito la apro e subito nella prima pagina mi colpisce un articolo che porta per titolo, scritto a caratteri cubitali : „La gioventù in avvenire'*. Invece di passare oltre, come avrei fatto ai tempi della sua pubblicazione, comincio a leggerlo per poter poi fare fra di me una differenza tn quello che cl volevano far credere e quello che veramente vediamo „Dovete combattere - dice l’ar- RAZZA za era valida, non esitarono ad aggredire quelle nazioni che non volevano tollerare il nazifascismo e non volevano divenire schiave degli Unni. In uno dei suoi tambureggianti discorsi, Mussolini gridò: * Italiani odiate gli Inglesi dalla mattina alla sera, con tutte le vostre forze’’. E il capo del nazismo tedesco superò in questa seminagione di odio tanto Mussolini quanto tutti quelli che lo precedettero. Hitler proclamò, sulle orme di Federico così detto il Grande, al suo popolo: Noi siamo la razza eletta. E’ risultato in seguito, ed ogni giorno ci apporta nuovi documenti, che la belva' hitleriana prima di varcare la frontiera sovietica ordinò al suo esercito di uccidere quanta più gente era possibile, in modo da mutilare la razza slava, che non potesse mai più levarsi in piedi. Non è necessario aggiungere altro per dimostrare quanto sangue innocente è stato sparso, facendo leva sui sentimenti di una contrapposizione tra razza e razza. Purtroppo finora l’umanità ha tanto sofferto per l’influenza che questa invisibile arma ha avuto su certi popoli, e specialmente sul popolo tedesco che paga e dovrà pagare fino in fondo il suo operato disumano. Sotto gli auspici della coalizione Anglo - Sovietica - Americana, l’essere umano, mettendo in luce i suoi migliori sentimenti, si è unito per combattere e distruggere definitivamente i colpevoli della guerra Soltanto quando questi criminali saranno assicurati alla giustizia popolare, l’umanità troverà quella pace anzi per meglio dire quella felicità che da tanti secoli va cercando.- Pietro Bussani ticolo - dovete lavorare per la nostra vittoria se volete evitare che i vostri fraielli minori vengano strappati dalle poppe delle madri, dovete evitare che voi stessi siate tutto il giorno rinchiusi nelle miniere degli Urali in uno snervante lavoro, sotto le sferzate degli aguzzini sovietici. Dovete collaborare con i vostri camerati anziani per impedire che quell’orda insanguinata che si cala minacciosa sull’Europa dalle steppe della Siberia tenti soltanto di avvicinarsi alle vostre case". Bisogna ammettere che questi criminali sapevano fare molto bene la propaganda e che erano molto abili nelle loro menzogne, tanto da far inorridire molte madri e molti giovani inesperti, trascinandoli poi alla rovina. Ora, dopo tre mesi dalla nostra liberazione, ci sono ancora degli elementi intorpiditi da quella nefanda propaganda, che se ne stanno inetti e timorosi sempre sotto l’incubo di veder avverate quelle funeste profezie. A questi giovani rispondo: guardatevi attorno e vedrete liberi e rispettati i vostri parenti, amici e conoscenti, vedrete rispettate le chiese-e i sacerdoti, vedrete rispettate le vostre donne e vedrete anche i „criminali" partigiani: ma non come vi venivano descritti; bensi li vedrete intrattenersi cordialmente con i cittadini ed occuparsi delle loro necessità sia morali che materiali. Queste non sono menzogne del tipo fascista, ma fatti che si possono constatare giornalmente sia qui da noi che in tutti i paesi liben ti. Vediamo che per i giovani vengono istituiti luoghi di ritrovo, di studio e di divertimento fondati sulle giuste basi della nuova democrazia progressista, e dove per la prima volta si uniscono, sinceramente affratellati, i giovani di tutte le classi sociali senza distinzione fra studenti, operai o contadini. E voi giovani che siete ancora incerti sulla via da seguire, provate a frequentarci, a vivere per qualche giorno la nostra stessa vita.e vedrete quanto differenti noi siamo da quello che vi viene insegnato' ancor oggi dalla abile ma non eterna reazione. Non ci devono essere più malintesi nè odii fra classe e classe, ma dobbiamo finalmente unirci e lottare per il felice avvenire di pace e di giustizia che già ci si profila all’orizzonte. Remigio Pavento EL NOSTRO DIALETO AI balo dela G.A.I. — Ti voi baiar 'sto giro, bela mora, senti che musicheta che te fa mover le gambe sole! xe mezz’ora che speto ‘sto momento: el xe 'riva! — — Afe dispiasi, no son libera ancora: per questo tango me ga za impegnò Gigeto, e po con lù mi vado fora a pasegiar in scuro per zitd. — Ma là xe anca ‘na bionda che ghe piasi, e che ghe ridi: lu ghe fa 1' aceto. Eia disi de sì e presta i baia. Col tango i spegni mezi lumi in sala; lù la struca più forte sul so’ peto: no ghe voi tanto che scominsia i basi... Ricordo de Semedela A Mariella S. Ti te ricordi co iera T istade, che andavimo a far bagno in Semedela? E là che divertide, che nudade, e che bei bordi co la barca a vela! Coreva el batelin, e che filade iera le nostre: e ti te ieri bela, vizin de mi, al timon, e le mie ociade iera tute per ti, cara Mariela! E po ti te bufavi in cavario co ierimo ’rivadi in alto mar: mi co’ un salto te vignivo drio... Ma 'sto ano so’ andò kolo a nudar, ti za te xe sposada : ti ga un fio... Quel bel tempo no poi mai più tornar! El paolan Ricordo di Sergio Bossi «Giusta di glorie dispensiera è morte» U. Foscolo Da quasi un anno Sergio non è più tra noi; s’era proprio in questa stagione, l’altr’anno, quando egli fuggiva da casa, in compagnia delfamico Lonza, e andava a raggiungere le file dei partigiani, nei dintorni di Capodistria. Lo faceva perchè era veramente un «puro»: perchè non tollerava divergenze o scissioni tra la sua coscienza e'la sua vita; tra le sue convinzioni politiche e morali e la sua posizione di lavoratore della «O. T.»; tra la causa ideale che meditava di servire nel suo intimo, donando per essa le sue fresche energie giovanili, e la causa effettiva, odiosa, assurda, che era stato costretto, nolente, a sostenere. No: Sergio Bossi non poteva pensare da uomo libero, da spirito indipendente e, al tempo stesso, prestare la sua opera all'- ombra nefasta delle baionette naziste. Non era, egli, tale da poter conciliare, in un facile compromesso, le due estremità di tale dilemma: e quando la sopportazione d’un simile stato di fatto diventò impossibile, capi che il suo posto era tra i compagni, che realmente lottavano da prodi, nei boschi, per il loro ideale, in un’evidente condizione d’inferiorità, sostituendo con la fede e col sacrificio la mancanza di mezzi adeguati, superando col loro entusiasmo le enormi difficoltà della battaglia. Sergio fu uno di quelli che sanno guardare in volto la morte, senza tremare; uno di quelli che ; ffrontano decisi qualunque disagio e pericolo, opponendo la loro tenace volontà e l’indomito coraggio all’avversità del destino. Sergio combattè per la sua causa, imbracciò il fucile coi compagni, in giornate di fuoco e di sangue. Ma l’invida sorte non volle che egli fosse,' oggi, tra noi, a veder realizzati, nella finale vittoria della causa della libertà, i suoi ideali di uomo e di combattente. Egli doveva cadere sotto il piombo tedesco, sul campo dell’onore, lontano dalla casa e dalla famiglia; doveva essere uno di quegli eroi che s’ammantano di luce, e come luminoso ricordo restano perenni nell’animo di chi li conobbe e li ebbe cari: testimoni del passato, antesignani dell’avvenire. * * * Povero Sergio ! Io ti rivedo ancora, quando si passeggiava insieme, discutendo animatamente di letteratura e filosofia; procedevi col tuo passo spedito e deciso; alto, sicuro nella parola e nel gesto; sottolineavi spesso con un sorriso ironico le tue caustiche affermazioni di sfatatore di miti e d’implacabile fustigatore di fame usurpate. E poi, nel silenzio della tua stanzetta di studio, mi leggevi i tuoi scritti, le tue originali poesie, con voce ferma e suadente. Nella sua giovane età, Sergio Bossi aveva raggiunto una non comune maturità di pensiero: appassionato ad ogni problema, era veramente un amico prezioso, la cui compagnia veniva avidamente cercata in ogni discussione, in ogni sano scambio d’idee. In uno degli ultimi colloqui eh’ io ebbi con lui, pochi giorni prima ch’egli ci lasciasse per sempre, Sergio mi parlò con calore della causa del popolo; della santità delle aspirazioni libertarie; della necessità di combattere l’usurpatore tedesco col suo turpe succubo fascista. Mi parlò della libertà della patria, della libertà di tutte le patrie; della causa della giustizia e del lavoro, che doveva ac comunare in uno sforzo solo le genti di ogni nazione. La sua voce era nobile e calma. Forse, quando pronunciava quelle parole, che rammento come se fossero di ieri, come se un’eco persistente me le risussurrasse ancora all’orecchio, — in quelle parole io vedo compendiate la fede e la missione di Sergio. Egli è stato davvero un cavaliere dello spirito per la causa della libertà: quella libertà che voleva possedere anzitutto in se stesso, nel profondo della sua coscienza. Sergio ha dimostrato a tutti noi come la verità e la bontà degli ideali vanno sperimentate sul terreno della pratica, nella fulgida attività del combattente. E sono tanto più feconde, quanto più sacrifici comportano: persino quello, supremo, della vita. La Pittura di Lionello Pacchietto (In attesa d’una Mostra Personale) Preparata, da un’ attività pittorica spesso timida e incerta, basata su alterne esperienze e generosi tentativi, a volte esemplata su modelli di maggiore o minore vitalità estetica, a volte protesa in un deciso impegno di far da sè. al di là di qualsiasi tendenza e di qualsiasi scuola, - si è maturata silenziosamente a Capodistria, attraverso uno svolgimento illuminato sempre da una volonterosa intenzione di conquistare un proprio linguaggio, l’arte del gio- vane acquerellista Lionello Pacchietto. Noi seguiremo brevemente uuest’arte nelle sue progressive affermazioni ; ma prima di accostarci ad essa direttamente non possiamo tr*scur*re tutta una rete di addentellati e d’influenze., che l'avvicinano da una parte alla pittura di due sinceri e freschi paesaggisti capodiatnanj. Vittorio Antonio Cocever e Leondino De Stradi, e dall’altra alla pittura di alcuni coloristi triestini, delle cui mostre il Pacchietto è stato sempre appassionato visitatore. Voglio dire che, se dai lavori del Cocever e del De Stradi egli derivò in gran parte il suo gusto di ritrarre gli aspetti naturalistici del paesaggio capodistriano, e di far oggetto di rappresentazione certe calli ricche di scorci e di vivide chiazze di sole, o certe case inondate di luce lungo la riva del mare, - dall’ arte dei maestri triestini (Rossini, Bergagna, Brumati, Garzolini, Meng ecc.)egh fu iniziato alla comprensione della pittura più nobile ed alta. Capì allora come dal chiassoso e retorico accostamento d< tinte, alla Raimondi, si possa passare alla pittura discreta e (ine, all’armonia e alla melodia dei colori; intese come dal facile, contenutismo, dal predominio incontrastato del soggetto si possa giungere a certe soluzioni chetamente formali, le quali denotino che l’artista ha non solo saputo vedere, ma ha anche saputo ricostruire e rielab- rare la realtà secondo un’idea, una intuizione, un modulo ritmico cromatico ideologico; che ha saputo comporre quella realtà in una figurazione che solo per empi-riva illusione possiamo confrontare con ciò che ad essa ha offerto lo spunto. *** Lo svolgimento artistico del Pacchietto è simile a quello di ogni esordiente dotato di alacre ingegno e consapevole di aver qualcosa da dire. La rappresentazione rea-list ca della natura gli si offre spontanea, quale mèta iniziale della sua attività. Egli vuol dipingere soprattutto ciò che vene, come 10 vede; cerca di trasporre, sulla carta quel-1’ incontro di colori ch’è proprio dell’ a-sp-tto naturale. Viene prima, evidentemente, 11 disegno: poi vi si sovrappone il colore. Naturalismo visivo, colore locale, prevalenza dei contorni lineari : ecco le caratteristiche di questa prima fase dell’attività pittorica del Nostro, non scevra di palesi difetti : mancanza di misura nello stemperare alcune tinte dissonami e troppo accentuate, una certa qual secchezza e prosasticità di concezione, un tocco talora impacciato che dèm ta lo sforzo. La seconda fase della pittura del Nostro è costituita da una serie di acquarelli. eseguiti nel primo semestre del 1944, che hanno, vorrei dire, il loro battesimo ufficiale nella mostra collettiva capodistria-na del maggio di quell’anno Sono anche questa v«.Ha paesaggi capodistriani. manna più matura e meditata esperienza coloristica, un piglio assai più schietto e sicuro e un sensibile affinamento di gusto rendono la nuova serie di dipinti assai migliore della precedente. L valori disegnativi prevalgono »ncora. ma il gioco dei colori non appare più "n semplice sovrapposto accidentale, bensi la necessaria rifinitura, l’ideale ambie’ tazione degli schemi lineari. E’ il momento di equilibrio tra disegno e colore. TI colore adotta una gamma vivace e briosa, limpido e solare negli esterni in cui l’aria e lo spazio prevalgono sulla massa figurativa ; fondato sullo squillo sonoro dei verdi in certe rappresentazioni di prati e di campi, o di alberi fruscianti al vento estivo. La nota principale di questi dipinti è un rea'ismo coloristico, o meglio un naturalismo legg'iadro. che sorge sopra una commossa rapnresentazione paesistica. Ricordo, per esempio: Semedella, Val Stagnon, Calle a Capodistria, Riflessi ecc Del luglio.’44 ^Casolare, che, per quanto mi sembra, s-'gna il passaggio tra l’attività pittorica sin qui considerata e quella successiva, che si svolge tra gli ultimi mesi del 1944 e il primo semestre 1945, In Casolare si osserva una nota nuova, e cioè una più felice armonia di colori: una sapiente disposizione cromatica, nella quale ogni tono non mira a valere per se stesso, bensì tende ad armonizzarsi a tutti gli altri: anzi, è uno stesso tono che domina e conferisce a tale quadro una vera e propria unità pitt' rica Dal colore locale, si tende ora al colore ambientale e tonale. Disegno e colore si fondono sempre più saldamente, e il contenuto vien già dissolvendosi nella sua pr( lezione e illuminazione formale. Così s’inizia la via che porta alle più recenti migliori affermazioni del Pacchietto. Un passo avanti è dato da Sinfonia di verdi, del novembre 1944. In questo lavoro il superamento del contenuto é ancora più strenuamente realizzato attraverso il gioco dei verdi ; il pittore s’ è trovato ormai il proprio linguaggio, solerte, mobilissimo, efficacemente illusivo, e si vale di un desto lirismo nella figurazione paesistica. Le stesse doti ricompaiono nel gruppo di acquarelli del 1945, la cui ispirazione è oflerta sia dalla campagna e dalla città di Cap'distria che dall’ ambiente triestino. La tecnica si fa più attenta e sottile, la visione si arricchisce, diventa più libera e ap rta. Questa maggiore ampiezza rappresentativa è eletto soprattutto della nuova impostazione coli ristica, che risplasma e ricrea i valori lineari del disegno. Il colore ha un suo registro definito e l’intonazione complessiva puntualizzata intorno ad un singolo accordo - ciò che si disse l'effetto tonale - consente accanto a sò la riuscita apparizione di note acute e squ Danti. Così in Panorama, Casa di campagna, Dal Monte S Marco, Strada solitaria, Veduta triestina, Barche a Bossedraga. ecc.: dipinti che attendono un adeguato apprezzamento da parte del pubblico, in una prossima mostra. E poiché mi si presenta l’occasione, voglio ricordare che Casolare è stato accolto nella Mostra degli artisti triestini, organizzata dalla Galleria Trieste nello scorso febbraio. E mi piace terminare questo primo tentativo di sistemazione critica della pittura del Pacchietto con l’auguro, che vuol essere, fervido voto, che il giovane pittore si faccia sempre più esigente, verso se stesso, sibi imperiosus; e badi più alla qualità che alla quantità dei suoi lavori; più agli schietti valori dell’ arte che a quelli impuri d’una superficiale pubblicità. Solo così potrà giungere, domani, ad ambite, vigorose affermazioni. Bruno Maier „Popolo, non strisciare, mendicando la libertà ! — Sii fratello degli altri popoli e guarda con fronte alta i protervi". G. GARIBALDI Mostra collettiva di pittura La G.A.I. di Capodistria organizzerà prossimamente una mostra collettiva di pittura riservata ai giovani dilettanti locali. Coloro che intendono partecipare a detta mostra, sono pregati di passare nella sede di Ila G.A.I. il giorno 14 agosto p. v., dalle ore 18 in poi, per comunicazioni finora ha dato la sua adesione il giovane Luciano Parovel, che presenterà una decina di quadri ad olio, per lo più paesaggi. I giovani che sanno trattare pennelli e colori e vogliono affrontare il giudizio del pubblico seguano l’esempio del volonter.pgo Parovel, aderendo così ad una lodevole iniziativa, che non mancherà, siamo certi, d’incontrare il consenso dei più Direttore responsabile: PIETRO BUSCAMI Redattore Capo : GIUSEPPE BORISI Stabilimento Tipografico Giuliano - Capodistria Congresso di Lubiana Parla il Capitano dei Garibaldini Mario Depangher Tra la lussureggiante natura del Tivoli, tra aloni sventolanti di rosse e slave bandiere, una massa compatta di circa novemila persone si accinge ad udire la parola dei Capitano dei Garibaldini, delegato del nostro Litorale, Mario Depangher. E il momento più beilo e più significativo per noi italiani, ascoltare, nel cuore della Slovenia, nostra amica e sorella, le parole incisive, persuadenti di un nostro provetto combattente garibaldino. Con semplici parole, come semplice è il suo animo di operaio combattente, egli rievoca i tristi giorni di lotta, che in fraterna comunità d’armi, italiani e slavi hanno intrapreso contro i iiitzi fascisti oppressori. Continua dicendo che il sangue versato da si generosi cuori non deve essere stato versato inutilmente, poiché essi dalle tombe imprecherebbero contro noi, che ora, per mezzo del loro sangue, abbiamo avuto lavoro e libertà. Così è nata quella sincera amicizia e fratellanza, che forse illusi e cervelli contaminati tentano ora di minare con una sfacciata ed ipocrita reazione. Ed è perciò che la lotta non è ancora finita; un altro nemico stende tremendo le sue dannose reti su tale libertà, su tale volontà popolare, tanto sanguinosamente raggiunta. Le reazioni interna ed esterna sono ormai sulla via del tramonto, ed è per questo che, racimolata l’ultima loro energia, tentano di soffocare, di stroncare, di intaccare questa nostra democrazia progressista. La reazione di oggi non è che il fascismo e il naz'smo di ieri, che vogliono ancora, anzi con brama ancora più ingorda, rubare il pane e succhiare il sangue all’umile operaio per poter continuare a riempire i loro sanguinanti e già ricolmi portafogli. È questa la lotta dell’oppresso contro l’oppressore, la lotta del lavoratore contro il parassda privilegiato, dell’uomo onesto contro la belva immonda e ripugnante del fascismo. Sarà una lotta dura - continua il capitano - a cui i proletari di tutto il mondo dovranno collaborare, come nel passato, a cui i popoli ora liberati dovranno partecipare prescindendo dal fatto della diversa nazionalità, razza e lingua. Auspica l’unione di tutti sotto un solo simbolo ,,Bandiera Rossa", simbolo di libertà e di giustizia, simbolo di unione e di lavoro, simbolo inattaccabile di tutto il mondo proletario. NOTIZIARIO SPORTIVO Problemi Impostare l’attività sportiva in una cittadina di notevoli proporzioni come la nostra è tutt’altro che una bazzeccola, perchè non ci si trova a raccogliere frutta già mature, e da gustare, ma in un terreno incolto da disbo-care e seminare. Se lo sport per se stesso è forza e salute, praticarlo e dirigerlo bene significa dargli il manto dello spettacolo. Perciò noi ci sforzeremo di impegnare tutti i n stri lettori a vedere in un'attività sportiva non semplicemente un passatempo e un giuoco, ma qualcosa di più e meglio e eh è un problema alla cui soluzione coilaboreranno la passione degli spettatori, il talento degli attivisti, l’intelligenza delle autorità proposte Il motto pertanto ehe formuliamo è: fare dello sport con intelligenza e con amore, dilfondere la sana passione sportiva nelle ammuff te stanz" degli ambiziosi che non pensano che ad affari e al denaro, farla passeggiare a fianco delle signorinette, le quali non scivoleranno più con tanta h g-gera abnegazione sul terreno della frivolità, farla scintillare dai polnarci e dai muscoli dei nostri giovani. Noi abbiamo questa intenzione. Siamo certi -he riusciremo a vincere, e che fra qualche anno Capodistria avrà un nome importante negli agoni sportivi giuliani. L’immersionista V Sul blutf della riunione natatoria di domenica 22 luglio all’ Ausonia di Trieste, in cui Popovich l’ex primatista dell’immersione e i suoi degni compari si sono presi beffe del pubblico pagante e dello sport sopratutto, ii nostro Piero Zamarin, da buon capodistriano ci ha sputato sopra. La gagliarda muscolatura e il c> raggio di un uomo hanno annullato l’enorme pressione del mare che schianta i petp come frad ce, canne, per la durata esatta di 3'54”3 5. I presenti in gran folla hanno applaudito entusiast;pamente al primatista mondiale. E l’applauso vigoroso di Capodistria avrà ragione di ogni p ssibile camorra professionistica di chi volesse intrigare contro il fenomeno Zamarin. Il calcio Regista dell’attività calcistica è l'U.S. Capod'striana. Da olt'-e un mese la seconda squadra prepara gli elementi di rincalzo alla prima squadra, che inizierà gli allenamenti la seconda quindicina di agosto sotto la guida di Bruno Scher e Mario Cociani. Assicuriamo gli sportivi capodistriani che quest’ anno avremo gradite sorprese in questo campo. Nel prossimo numero daremo ampi dettagli sui progetti della nostra società, i cui dirigenti invitano tutti i capodistriani a serrarsi attorno alla loro squadra. Del resto è logico e onesto che se i dirigenti tanto lavorano per preparare un programma sopraffino, non manchi da parte dei cittadini l’aiuto che sarebbe inoltre riconoscimento e sprone. Una visita al C. C. Libertas Lo specchio d’ acqua di Porta Isolana intende pulirsi e animarsi. Nuotatori agili e muscolosi vogatori: Forza anziano e glorioso C. C. Libertas. I dirigenti hanno idee, elementi ci sono e altri molti verranno. lì programma dovrà essere degno di Capodistria.