Afobtionamento annuo fiorini 4 semestre f.r 2. Pagamenti antecipatl. Per un solo numero soldi 20. Rivolgersi per gli annunzi alVAmminis. Redazione ed Amministrazione Via EUGENIA casa N.ro 334 pianterreno. Il periodico esce ai 10 e 25 d’ogni mese. Lettere e denaro devono dirigersi franchi all’Amministrazione Si stampano gratuitamente articoli d’interesse generale. Avvisi in IV. pagina a prezzi da convenirsi e da pagarsi antecipatamente. Non si restituiscono i manoscritti. Excelsior____ A PROPOSITO DELLE IDEE di CARLO COMBI SULL’UNIONE DELLE TEE PROVINCIE CONSIDERAZIONI in ordine al deliberato della Presidenza della Società politica Istriana del 16 Settembre p. p. sulle conclusioni del Comitato, dalla Società istituito per „eruire i mezzi di conseguire una più intima unione del-l’Istria con Trieste.11 Parturiunt montes . . . ghignerà più d’ uno dopo aver letto sotto questa pretensiosa epigrafe un articolo firmato da un nome quasi sconosciuto in Istria ; e tanto più che lo scrivente chiede ospitalità al Patria sotto il pretesto che V articolo sia d’interesse generale. Espongo liberamente alcune idee intorno alla complessa quistione della unione delle tre provincie, considerata dal solo lato del patriottismo, quistione già discussa fra altri dal nostro lagrimato Combi, alla cui benedetta memoria mi legano vincoli di affetto e di riconoscenza per 1’ amicizia e per l’amorevolezza onde si degnava onorarmi personalmente a Venezia, epistolarmente in Istria, a Roma ed a Napoli. Lombi fin dal 1871 pensava severamente intorno alla quistione, che egli diceva vecchia e dal 48 in poi formula invariata di due opposti programmi, identica parola d'ordine di contrarie paure e speranze. Egli, constatando Vesuberanza di vita nuova in Trieste, propugnava V unione delle tre rappresentanze dietali, perchè non temeva che VI-stria ed il Goriziano, anche soccombenti nelle proprie elezioni, potessero metter in minoranza il partito nostro nella complessiva Dieta. Ma, togliendo egli ai dubbiosi la causa della loro incertezza, ed inneggiando anche ai vantaggi veri e sodi, che dalla unione provenivano, non intendeva che la unione delle tre rappresentanze dietali significasse fusione delle tre provincie in una sola, E sapete perchè, cauto fra i cauti, Combi in tal guisa pensasse ? Perchè mentre tutt' altro che minuto è il valore di ciò che si potrebbe rivolere qui da noi, oggi forse per mezzo altrui e direttamente più tardi BOZZETTO S’ eran scontrati per via, e 1’ aveva fermata desideroso di barattar due parole. Tornava allora da un suo poderetto posto fra i monti, ove era stato a badare ai lavoranti. Un bel riflesso di luce pingeva in oro il colle, che si prospettava dalla strada, e le bianche case splendevano nei colori del tramonto. Egli era figlio di un agiato campagnuolo; non bello, nè brutto, di modi semplici, tagliato alla buona, ma tanto di cuore, assennato ed onesto. Amava da un pezzo la giovinetta che aveva incontrata, e avrebbe voluto menarla sposa; ma non c’era verso cbe la ragazza volesse badarlo più che tanto ; e quando più teneva di averla in pugno, era allora che la gli sfuggiva di mano. — Belloccia, con due occhi nerissimi, con uno di que’ višini, che bisogna vederli per immaginarli, con una figura spigliata; figlia di un muratore, che aveva un po’ di roba al sole, senza mamma che la guidasse, non sorretta dai consigli del babbo, il quale non vedeva che cogli occhi di lei, era venuta su sventateli, e s’ era camuffata alla moda, proprio fuori del suo stato; e si lasciava corteggiare dai signorini, spensierata, briosa, civettuola. Egli basiva d’amore, cercava tutte le occasioni d’av-vicinarla, si presentava qualche volta in casa col pretesto di visitare il padre, a cui ne aveva fatto qualche parola; si trovava frequente sulla sua via, la soprav-vegliava come un fratello; ma il più delle volte non ci raccattava che sgarbi, che voltate di spalle. Però non si — sarebbe partito veramente sconsigliato amalgamare così, di nostra mano, pasta con pasta, da rendere più ghiotta la preda e togliere al dente vorace perfino la possibilità di risparmiarne parte alcuna. Ecco il lato patriottico della quistione ; ecco la viva scintilla che scattava dal cervello di questo nostro morto, che . . . dopo morto è più vivo di prima ! — Ma . . . alcune idee inducono nella intelligenza tanto zelo per la realità, che il paradosso pare apoftegma. Infatti panni paradossale l’opinione del ( 'ombi : — unione delle tre rappresentanze dietali e non fusione delle tre provincie in una sola. — Paradossale perchè, a mio corto vedere, in dritto pubblico amministrativo non posso ammettere che tre provincie autonome abbiano una sola comune rappresentanza dietale. La provincia, ente pubblico per propria natura, ha essenzialmente la propria autonomia nella propria nppresentanza provinciale, come il comune V ha nella propria rappresentanza comunale : una rappresentanza co-mune a due, od a più enti pubblici significa che ognuno di questi perde la propria autonomia e che da questa perdita risulta un ente pubblico nuovo, nel quale sparvero le autonomie dei componenti per dar luogo ad una autonomia novella estrinsecata nella rappresentanza comune. Adunque, se per le efficaci ragioni che ne espone il Combi, non è necessaria la fusione delle tre provincie in una sola, tanto meno è opportuna l’unione delle tre rappresentanze dietali, unione, che provocherebbe necessariamente V annientamento delle tre autonomie provinciali per dar luogo ad una nuova autonomia del novello ente. Anzi, e dico questo perchè i guai m’hanno fatto maligno, ab alto, dove il nostro patriottismo è . . . quello che è, potrebbe persino venir dato incoraggiamento al programma della unione delle tre rappresentanze dietali allo scopo di spezzare in fatto ed in dritto, anche conservando inalterata 1’ esterna apparenza, queste tre forti autonomie nostre, che a noi sono scudo e riparo ed arra per 1’ avvenire. Per queste ragioni io prego i miei compatrioti a voler riconoscere piena e necessaria identità fra i due concetti : — unione delle rappresentanze die- perdeva d’animo, sperava nel tempo, e intanto avrebbe voluto salvarla dai pericoli, poiché Annina con quel suo carattere di fuoco era lì lì per cadere in chi sa qual precipizio. — E dove si va, Annina, così soletta! fermatevi che parliamo un poco. — — Non ci ho tempo a barattar parole, corro dalla sarta a guardare se m’ ha pronto il vestito, — — Sempre in faccende per farvi bella, e mai un momentino per me. — — Ci ho altro in capo io che sciupare il tempo a discorrere. Vi saluto, — E fece per andare. — Annina, aspettate; siete proprio crudele. Dite, Annina, verrò domani, che è domenica, a trovar vostro padre. Vi troverò? -- — Venite pure, che sarete U benvenuto; ma domani c’ è la musica in giardino, ed io vo a sentirla, Perciò state sicuro che non mi troverete in casa. — E lo lasciò lì su due piedi, con tanto di cuor gonfio, con una faccia contrita, che faceva compassione. Egli la seguì con lo sguardo; poi volse gli occhi al sole, che si nascondeva dietro un monto, e mesto mesto s’ avviò a casa sospirando. Annina non si voltò nemmeno indietro, e giù per un’ altra via, col suo mazzettino di fiori in petto, alternando certi passi civettuoli poti una disinvoltura da farla credere una crestaiuola di città. 0’ era un crocchio di giovanotti che la sbirciavano con certe occhiate assassine ; e> quando passò loro innanzi, il più alto, il più ben vestito, il più galante le si avvicinò con bel garbo e le disse:— Lo dà a me uno di que’ fiorelli? — tali — fusione delle tre provincie. E, perchè non paia irriverenza verso il nostro sempre vivo maestro in patriottismo, che, incalzato dall’ ardor della disputa e dal bisogno di non poter dir tutto in libere parole, poneva la diversità fra i cennati due concetti, il respingere il programma della unione delle tre rappresentanze, io esorto a pensare ai motivi di patriottismo iniziati dal Combi contro il programma della fusione. E, per amore della nostra povera Capra, per carità del caro nostro luogo natio, così lietamente sorriso dal cielo d’Italia, i miei comprovinciali non invertano la quistione, mormorando : vis unita fortior. È dura la verità, ma bisogna dirla ! Il nostro paese non fa parte di un organismo, ma di un meccanismo, perchè è organismo soltanto lo Stato nazionale; infatto la teoria di un tal meccanismo è questa : — viribus unitis — : congiungendo le nostre forze, fondendo le nostre autonomie, spariremo o diventeremo parti inerti ; la nostra lotta, divenendo meno individuale, si farà meno accanita ; non si combatterà più ad oltranza perchè gli interessi più larghi e più generali ci irretiranno. È inutile, pur troppo, mormorare : — vis unita fortior — perchè questa è la teoria dell’ organismo, ed è anche la teoria della cospirazione, cose molto lontane da noi per sentimento, per dovere, e per tante altre ragioni. Ora, che cosa significano le conclusioni adottate sui responsi di un Comitato dalla Società politica Istriana ? Comprendo che quistioni di tal fatta si riacutizzano in questi tempi per le gravi lotte, che si combattono con crescente ardore fra i principi attivi e reattivi, fra coloro che rappresentano il progresso della nostra civiltà conquistata nelle meste battaglie della storia, e gli altri che rappresentano la smania di volersi assidero contro il dritto al banchetto d’ una civiltà che non è la loro, perchè noi eravamo grandi, e là non eran nati, e grandi, per bacco, continuiamo ad essere nella modesta superbia della nostra italianità ed a casa nostra ; comprendo il desiderio giustificabilissimo di cercar nuovi elementi di forza in una a-gognata intima unione con Trieste — ma alla nostra Società politica rammento un fatto e porgo una preghiera. Il fatto è questo. Fin da quando Anilina staccò un bel garofano, glielo porse, e, fatto uno sgambetto grazioso, fece per continuare la strada. — Dica, Annina, ci sarà in giardino domani ? — proseguì 1’ altro. — Può pensare; non ci manco no io.— — Ci vedrà il garofano puntato alla giacca tutto domani, e poi sul cuore. Dopo la musica viene a ballare? — — Che, si balla domani? — — Facciano noi un po’ di balletto. Se viene, la impegno. — — Non dubiti. A che ora? — — Dopo la musica. E adesso ove va? — — Dalla sarte. — — Buona sera.— — Grazie. — E la ragazza continuò la sua strada, e i giovanotti a riderne come si ride sempre di quelle fanciulle che mostrano leggerezza di testa, e che danno le viste di lasciarsi pigliar nelle reti. Il dopo pranzo della domenica terminato il vespero Marco, così si chiamava il campagnuolo, venne alla casa di mastro Tita, il padre della ragazza, ma TAnnina non ci era. Finse di non accorarsene, e s’intrattenne con lui quasi un’ oretta. Mastro Tita lo vedeva di buon occhio; ed essendo a conoscenza dell’ amore del giovanotto, a-vrebbe voluto farlo quel matrimonio, tanto più che sapeva esser quello un fior di partito ; ma non voleva violentare la figlia, a cui lasciava in tutto operare di suo capo, rovinandola anche per troppa condiscendenza. Vedendo Marco che TAnnina non capitava, e trovandosi l’Istria cadde con Venezia, divampante fu custodito il fuoco sacro della nostra nazionalità nel nostro paese per virtù di uomini, per tenacità di propositi, e questo fuoco ha oggi il suo principale alimento nella nostra autonomia provinciale. La preghiera è questa. La Società politica Istriana ravvisi nel non 'pieno accordo ancora ottenutosi fra entrambe le parti un avvertimento salutare del patriottismo veggente. Una Società politica nei nostri paesi non può esistere pubblicamente, se il suo programma non fu prima approvato dalle Autorità politiche ; per conseguenza ogni deliberazione passa in quanto le Autorità nulla vi trovino di diforme ai principi direttivi od ai programmi della politica interna, la quale ha poco che fare col nostro patriottismo, quando non trovi opportuno di modificarne l’indirizzo o di sviarlo dalla meta. Or bene, io non credo che la Società politica Istriana possa avere la matematica certezza, di non essere condotta con un filo invisibile di abili influenze, a deliberazioni prevolute da un programma di politica interna. — Del resto io sono troppo lontano dal mio paese per poter giudicare competentemente di queste cose, ma 1’ eco che me ne giunge mi accende il desiderio di dire ciò che penso intorno ad una quistione che è vitale per l’Istria mia. Anch’io la voglio un’unione, ma voglio l’unione intima, la solidarietà nelle tendenze, nei mezzi, negli scopi, nei desideri. Le tre provincie, le tre diete, le Società politiche cooperino liberamente e fraternamente al medesimo programma ; lavorino divise, non separate, e rimandino la fusione a tempi migliori. Dalle afflitte campagne vesuviane, volto lo sguardo al monte fumante, che è scena e spettacolo alla marina orientale di Napoli, penso al mio caro paese, e sulle ali del pensiero mando un saluto mestissimo all’Istria, così ognora lietamente onorata da tanti uomini degni, da tanti patriotti illuminati e fervidissimi. Federico de Gravisi. -----£} In ogni Consiglio scolastico locale siedono tra gli altri almeno tre membri eletti dalla Rappresentanza comunale, in ogni distrettuale altri tre, e due nel Consiglio scolastico provinciale delegati dall’Inclita Giunta. Per l’immediata esecuzione della sorveglianza scolastica devoluta ai mentovati Consigli, ciascun membro dei medesimi è autorizzato dalla legge a visitare le scuole dipendenti dal rispettivo Consiglio (§§. 16, 33, 42 della legge 27 Luglio 1875, valevole pel Margraviato d’Istria.) Noi la reputiamo questa una sapientissima disposizione, posto mente, che alla buona riuscita delle scuole popolari non bastano una od al più due ispezioni all’ anno degli ispettori scolastici, senza la cooperazione d’altri fattori. — Ma usano di tanto diritto i membri rappresentanti i comuni e la provincia? A vero dire sulle spine, per la brama di vederla si congedò, e avvitissi al giardino anche per vegliare almeno da lontano su lei. L’Annina era in giardino con un bell’abito tutto a sgonfi e a svolazzi, con una sciarpa al collo così graziosa, che le accresceva leggiadria. Ella passeggiava per i viali in mezzo a due altre ragazze, e rideva come una pazzerello, e dietro a lei il giovane del garofano coi suoi compagni. Ad ogni intervallo, fra una sonata e 1’ altra, ì giovanotti facean capannello con le ragazze ; e Annina brillava fra tutte per ispirito, per gentilezza di modi, e pareva sapesse di superarle, poiché la gioia le balzava dagli occhi. Marco in un angolo la divorava con lo sguardo, il cuore gli tremava, certe vampe di fuoco gli salivano alla faccia, stringeva i pugni senza avvedersene, metteva la destra sul petto, batteva il suolo coi piedi, e durava fatica starsene lì impalato menti1’ ella si lasciava fare la corte. Alla sera, sapendo che ci doveva essere un balletto, si recò in un angolo della strada che metteva al luogo del convegno per vedere se l’An-nina ci andrebbe ; e quando la vide passare, gli parve che il cuore gli scoppiasse nel petto, e che il sangue non gli volesse proprio star nelle vene. Non ebbe però animo di salire su in sala, e girò come un pazzo per la contrada, finché il ballo fu terminato e vide uscirne l’Annina. Cercando di non farsi scorgere protetto dal-l’ombra la seguì fino a casa. Quella notte non potè chiudere occhio, e, alzatosi sull’ albeggiare, fece un giro per la città, e passò sotto alla finestra di Annina, che dormiva con tutti i gusti, sognando chi sa che bei sogni. Trascorsero alcuni mesi, e tutto camminava dello i più sembrano ignorarlo, altri, quantunque lo conoscano, pure non ne fanno uso ; rari infine sono quelli che ne traggono utilità. Egli è quindi che noi vogliamo dire la nostra franca parola in argomento, e ciò tanto più, in quanto che è un gran bene che ci lusinghiamo di promuovere con ciò a vantaggio delle nostre scuole. I mandatari del Comune dovrebbero anzitutto recarsi di frequente nelle scuole del relativo distretto a rilevare il contegno, lo zelo, la coltura scientifica e pedagogica, la concordia del personale insegnante ; quali docenti abusino della scuola o della loro posizione per agitazioni politiche, nazionali o religiose ; quale sia 1’ ordinamento della scuola dal lato della disciplina, dèli’ insegnamento ; quale la frequentazione, il progrèsso, la pulitezza degli scolari, il loro comportamento fuori di scuola; se sieno appieno provveduti dei, libri di studio, e degli altri prescritti mezzi d’istruzione ; specie, se i figli della classe povera mancano di vestiti, o degli occorrenti requisiti scolastici ; quale lo stato dell’ edifizio, e del mobigliare scolastico ; quale la capacità, la pulizia, la luce, la temperatura, la ventilazione delle stanze ; se comoda e decente l’abitazione del maestro ; quale la grandezza e la salubrità dei conservatori, degli asili, e così via. — Dovrebbero però avere la precauzione di non fare osservazioni ai maestri durante l’istruzione ed alla presenza degli scolari, mostrandosi anzi tutto cuore ed affabilità, e dando volentieri ascolto ai loro desideri. Riferendo poscia gli assunti rilievi al Consiglio e trattandone entro i limiti della loro competenza potrebbero molto giovare alla publiea istruzione, innalzando la scuola ed il maestro a quel grado d’ onore, che loro si conviene. Se coloro cui specialmente si compete, avessero cura del prosperamento delle scuole, la popolazione stessa si sentirebbe più animata d’ amore e d’interesse per la publiea istruzione. Non puossi pretendere eh’ altri ami e rispetti un’ istituzione, qualora i primari, i più colti e civili di un luogo non se ne fanno sostenitori e benefattori a seconda delle loro forze. Se il maestro lotta colla miseria, od è un agitatore e non un educatore ; se la scuola non è frequentata diligentemente o non è debitamente ordinata ; se qualche locale somiglia più a porcile che a tempio di verità e di amore, chi dovrebbe esser citato pel primo davanti al tribunale della pubblica opinione ? Chi? Su via adunque, egregi Rappresentanti, animati come siete di patriotismo e guidati dalla coscienza del vostro dovere, non temporeggiate; ma seguite di buon grado il nostro consiglio, se bramate di raccogliere un dì copiosa messe di bene pei figli del dilettissimo nostro popolo. ■----:--------------HXg-'"---------------- CORRISPONDENZE. Pinguente, 5 ottobre 1884 Fra le tante piaghe che devonsi sanare nella nostra Provincia, una, e forse non la più lieve, è quella che riflette l’istruzione pubblica popolare. Lasciando per ora di dire in generale, giacché se ne parlò a lungo ed ancora se ne parlerà finché non sarà ben ventilata e regolata ammodo una questione di tanta entità, — mi permetto di toccare brevemente dello stato della scuola popolare di Dragucli. stesso piede. Annina a divertirsi, a metter su nuove mode, a ballare, a farsi corteggiare ; ed egli, poveraccio, a sperare sempre inutilmente, a dislinguire, ad inghiottire bocconi amari, a sospirare dietro quel cervellino bizzarro. Un giorno, ed era proprio un bel giorno di maggio, Marco passava presso la casa di Annina. Le persiane della camera da letto erano chiuse, e sulla porta di casa c’ era mastro Tita duro, impensierito, con una faccia scura, che metteva spavento. — Buon giorno, mastro Tita, —■ disse il giovanotto fermandosi. — Che non si lavora oggi? — — Addio, Marco, — rispose mastro Tita serio serio. — Annina sta male, ha una febbraccia, e non ci ho anima viva in casa da mandare pel medico. — — Una febbraccia ! — ripetè Marco facendosi oscuro anch’egli. — Ci vado io in traccia del medico, mastro Tita. — — Mi fareste proprio un piacere. — — Ben volentieri, — replicò egli ; — ma da quando è ammalata T Annina ? — Da ieri, rispose il padre, fissando Marco che si era tutto commosso. Marco non disse parola, e diffilato corse in traccia del medico. Non era trascorso un quarto d’ora, che capitò il dottore, e dietro a lui il giovanotto, la cui agitazione gli si leggeva sul volto. Si fermò presso T uscio, perchè non voleva andarsene senza aver udito qualcosa di più chiaro sullo stato della fanciulla. Deplorevole e miserando pur troppo è lo stato dell’istruzione a Draguch, e ciò pel precipuo, anzi unico motivo che l’insegnamento vien fatto in lingua croata anziché nell’italiana, come vorrebbe la popolazione. E perchè mo’ 1’ autorità scolastica superiore non fa luogo alla giusta e santa domanda dei Dragucliiani, domanda che porta tutti i requisiti d’un sacro ed inviolabile diritto, perchè scaturisce non solo dalla legge naturale, ma trova anche appoggio nelle chiare ed esplicite disposizioni della legge civile? In tale riguardo però il parlare dei Draguchiani è un parlare al vento, poiché l’Autorità scolastica non sente, finge di non sentire o a dirittura non vuole sentire. Già venti anni or sono, i comunisti di Draguch avanzarono all’ Autorità scolastica ripetuti ricorsi, quando l’istruzione — affidata eventualmente a qualche prete Gragnolino che punto conosceva la lingua italiana — veniva impartita nello sloveno e non nell’ italiano. Non è dunque da oggi che protestarono energicamente contro l’insegnamento in una lingua che non fosse stata l’italiana. Di croato poi, i Draguchiani non vogliono assolutamente saperne, e ciò lo dissero collettivamente ed a chiare nòte all’ ill.mo signor Capitano prov., all’ Ispettore scolastico prov., nonché all’ Ispettore scol. distrettuale. Non occorre ricordare quanto a cuore si prendesse questa faccenda 1’ egregio Dr. Vidni idi, che anzi relazionò in proposito S. E. il Signor Luogotenente, quale Preside del Consiglio scol. prov. Infatti con lettera, Parenzo 1 febbraio 1884, indirizzata al Signor Luogotenente, il Signor Capitano, svolgendo in modo lodevole e con sani e forbiti ragionamenti la questione della scuola di Draguch, chiedeva „un acconcio provvedimento nell’interesse della pubblica istruzione . . . con generale soddisfazione e con possibile rispetto ai diritti nazionali ed ai reali bisogni del luogo. “ S. E. mandava in seguito a Draguch l’Ispettore scolastico prov. Signor Klodich, per rilevare il vero stato delle cose. Al suo arrivo gli si schierarono innanzi ben 50 capi di famiglia che tutti, a nome pure degli assenti, protestarono contro l’insegnamento impartito in lingua croata, e domandarono di nuovo e con calde parole che l’istruzione venisse fatta in italiano. L’ispettore scolastico prov. promise covavi populo ch’egli presenterebbe la domanda dei Draguchiani al Consiglio scolastico prov. nella prossima seduta ; ed intanto, per le insistenti domande di quei comunisti, ordinò al maestro che, interinalmente, istruisse in italiano. Fu una cosa di breve durata ; perchè, pochi giorni appresso, il maestro dovette riprendere l’istruzione nella lingua croata, e ciò in seguito a decreti dell’i. r. Consiglio scol. distrettuale. Sicché la cosa rimase purtroppo allo statu quo ante. Dico purtroppo, poiché intanto la scuola era spopolata con grave danno dell’ istruzione pubblica e con indignazione dei Draguchiani, costretti a tener a casa i figli non volendo dar loro un’ istruzione in una lingua loro sconosciuta, in una lingua che non corrisponde punto ai loro desideri e meno poi ai loro bisogni. Quale sia stato quindi il progresso, non occorre nemmeno dirlo. Basti ricordare che dei 116 iscritti al principio dell’anno scol. 1883-84, in media frequentarono la scuola due giornalmente ! Basti notare che agli esami pubblici, tenuti alla chiusa dell’anno scolastico comparvero otto scolari(H) ed anche questi in seguito a ripetute preghiere ed esortazioni e dopo un' attesa di due ore ! ! Questa la verità nel suo più brutto significato. — Fra qualche giorno s’apre la scuola ; 119 sono gl’ iscritti per quest’anno i quali tutti andranno alla scuola al solo patto che l’istruzione venga una bella volta impartita nella lingua italiana, come lo vogliono tutti i Draguchiani, non esclusi quelli che non hanno neppur tìgli da mandare alla scuola. Ripetiamo : non è un privilegio che va elemosinando la popolazione di Draguch, bensì è un diritto eh’ ella reclama, diritto clic non può a nessun patto esserle tolto senza ledere le norme codificate nelle leggi fondamentali a tutela dei nazionali diritti ! Si aspetta quindi dalla popolazione di Draguch, che la questione scolastica venga ancor quest’ anno dall’ autorità competente sciolta e definita in modo stabile e Il medico visitò la ragazza, le prescrisse non so quale pozione, scambiò due parole col padre, ed uscì. Marco gli si fece incontro, levò per rispetto il cappello, e con voce tra timida e agitata gli disse: — Scusi, signor dottore ; vorrebbe avere la bontà di dirmi se la malattia sarà grave ? — Il medico lo squadrò da capo a piedi, e avviandosi rispose: — Figliuolo, temo ci sia il vainolo di mezzo; e se c’ è, capirete anche voi che non è una bazzecola. Marco restò fulminato, e rimase un pezzo immobile nel mezzo la via ; poi si scosse, guardò la finestra chiusa, guardò 1’ uscio della casa, provò una stretta al cuore di non poter trapassarlo, e tutto rannuvolato si allontanò. Tanto amava egli la fanciulla che non gli lasciava inghiottire che sgarbi. Il medico non 1’ aveva sbagliata, c’ era proprio il vainolo, quel brutto vainolo che mette tanto spavento alle ragazze ; e Annina fu a un pelo di non lasciare la vita. La poverina la scappò per un miracolo, dicevan le vicine. Marco quei giorni non lavorava più, non pensava che a lei. Ci andava ancora al podere, ma non c’ era verso che potesse far nulla ; e se mangiava un boccone tanto per non morire, il cibo gli faceva groppo allo stomaco. Egli non usciva in lagni, non parlava, non diceva proprio nulla ; ma smagriva a vista d’ occhio. Passava e ripassava per quella benedetta contrada, a-vrebbe voluto parlare con mastro Tita, ma mastro Tita sempre inchiodato al letto della figlia, non si vedeva più nè sull’uscio, nè alla finestra, ed egli doveva accontentarsi di chiedere informazioni alla guardia appostata alla porta, secondo i voti dei comunisti. Quando poi l’autorità non voglia accordare la domanda dei Draguehiani, allora sarebbe meglio (ed essi lo preferiscono) che la scuola fosse levata, così almeno la Provincia risparmierebbe quei 400 e più fior, che sono e saranno sempre sprecati, finché la scuola resta al punto di adesso. Porse un giorno, quando la popolazione poltrirà nell’ ignoranza e nell’ apatia, quando non si penserà più alla scuola, quando si sentiranno e toccheranno con mano gli effetti di un’istruzione trascurata ed interdetta, allora forse l’Autorità scolastica vorrà ridonare alla popolazione di Draguch il bene di cui ingiustamente riavrebbe privata ed a cui essa ha diritto per la ragione che paga ; ma allora sarà forse tardi, e di fronte alle autorità scolastiche provinciali e distrettuali tornerebbe opportuno quel verso : „potea, non volle ; or che vorria, non puote.6 Dovrei ancora dire, in merito alla scuola di Draguch, dei mezzi d’insegnamento voluti dai §§ 70, 71, 72 dell’ 0. M. 20 Agosto 1870 dei quali essa è sprovvista quasi affatto tanto da mancare dell’ indispensabile : ma di ciò forse in altra occasione. Per oggi chiuderò 1’ argomento, ricordando queste belle parole di un egregio scrittore istriano: „La legge di uno stato più importante pei suoi effetti sicuri e permanenti, scrive egli, è quella che traccia le norme dell’educazione del popolo.6 — Se così è, si provveda quindi finch’ è tempo : si levino le cause ; tolte queste, anco gli effetti cadranno di conseguenza. Cinabro Trieste Novembre 1884. Giacché il vostro corrispondente di Pisino ha toccato della lingua che contro ogni regola di prudenza, contro i doveri imposti dalla ospitalità, e, a quanto se ne dice, contro il tenore stesso delle leggi ecclesiastiche si adopera nelle funzioni domenicali vespertine a Trieste, mi affretto di aggiungere un particolare che gioverà a chiarire la posizione. Quando chi occupa attualmente la sede vescovile di Trieste era parroco di S. Antonio vecchio, sentì, e ve la do per certa, sentì ribellarsi il senso estetico e quasi noi dissi religioso a quel.mescuglio di devota profanazione e di profana devozione che sapete, e volle che nella sua parrocchia le funzioni si tenessero nella lingua universale della Chiesa. È vero che si lasciò poco dopo intimorire a un ordine superiore, e si affrettò a ripristinare l’uso, o meglio l’abuso di prima; ma è vero altresì eh’ egli dunque sentiva l’inconvenienza di quella pratica, specie per ciò che si attiene alle orazioni che canta solennemente in lingua slava il prete celebrante. Noi si sperava che, divenuto padrone, uno dei primi ordini sarebbe stato che si desista dall’ abuso, e che si adotti la lingua latina ; ma le furono ciance. Come si conciliino queste palmari inconseguenze, è un problema punto facile a risolversi ; e però mi contento di averlo posto : è forse 1’ opportunismo applicato con novissima trovata alla religione. Se ci fossimo apposti, ci troveremmo, noi profani, a quella di far notare che la non è cosa ben fatta. X. ---------------------------------------------------—— Radunanza degli azionisti del „Forvmjvlii" Lunedì sera si riunirono quasi tutti i signori azionisti dell’ ottimo periodico, residenti in Cividale, per prender conoscenza della gestione economica del primo semestre, che approvarono all’unanimità nelle risultanze presentate dall’ ammistrazione. Venne pure approvato all’unanimità il seguente ordine del giorno presentato dai signori Buggero Morgante ed avv. Brosadola, e che pubblichiamo per dimostrare che il Forvmjvlii esprime 1’ opinione della maggioranza degli azionisti, e non è 1’ organo di qualche singolo, come è stato detto o lasciato credere. e le notizie eran ciascun giorno più gravi. Un dì la credettero lì lì per morire ; ma invece il male fece crisi e fu salva. A Marco parve d’impazzire, era fuor di sé, e non poteva star nella pelle per la gioia. Chi lo avesse veduto, 1’ avrebbe scambiato per un altro. L’Annina però era rimasta tutta butterata che faceva proprio compassione a vederla. Quella faccia così bella era sformata, e non ci restava più che il lampo di due occhi neri, vivaci, che la magrezza faceva sembrare ancora più grandi e più lucenti. Quando la poveretta si alzò il primo giorno e si guardò nello specchio, provò una commozione così viva, che quasi ne svenne. La vista di que’ butteri le fece comprendere che la sua bellezza era finita, che nessuno 1’ avrebbe guardata più come prima, che il suo castello di carte da giuoco era caduto. Quello specchio crudele le dava in un istante una lezione terribile ma salutare. Non parlò tutto il giorno. Una malinconia mai provata le pesava sull’animo, le sbiadiva ogni cosa. Ripensò al passato, alle follìe della sua vita. — Era stata bella, adorata da tutti, era stata l’invidia delle amiche ; tanti occhi riavevano guardata, e ciò poche settimane prima ; ed ora tutto si era mutato! — Pianse di rabbia, e pareva volersi proprio disperare. Mastro T'ita non sapeva, darsi pace vedendola così triste, ma non aveva cuore di dirle nulla. Appena Marco stimò conveniente, chiese permesso al padre di visitare l’Annina. La giovinetta ne fu avvisata, e provò una gioia segreta udendo che c’ era ancora qualcuno che pensasse a lei, ma insieme sentiva un rammarico di avergli fatti tanti sgarbi, e una stizza di farsi Il Direttore, profondamente grato ai signori azionisti che lo vollero unanimemente onorare con una tanto lusinghiera espressione di fiducia e di stima, assicura non scemerà mai il suo affetto per questa pubblicazione ad esso affidata. Ecco 1’ ordine del giorno : „L’Assemblea degli azionisti; considerato che il signor Domenico Indri mantenne sempre, quale Direttore del giornale Forvmjvlii, una linea di condotta superiore ad ogni eccezione ; considerato che più specialmente il signor Indri, con ammirabile abilità, ha allontanato ogni personalità e sostenute le questioni più urgenti sia in rapporto agli interessi economici generali, come agli interessi particolari della Città e del Circondario ; considerato che perciò il periodico, quantunque settimanale, è accreditato presso il giornalismo dei maggiori centri ; facendo voti per la ognora più crescente prosperità del giornale esprime al signor Domenico Indri Direttore del giornale Forvmjvlii, i sensi della più viva stima, e lo incoraggia a proseguire nell’ opera efficace da esso sino ora ad esercitata.. Al bravo Indri le nostre congratulazioni, -------------------—-------------------------------- imi li mana SONETTI I. 0 voi, chi siete ? Tra i maligni venti Qual vi addusse con vesti tanto strane, Con cere nuove, dei penosi accenti A spander 1’ eco in quest’ erte montane ? E che demone mai con quali intenti Qui vi sospinse in cerca d’ orme umane, Le spoglie a profanar di noi silenti Nella notte che ancor lunga rimane? Barbari meno quei di Manlio furo Quando coll’ armi questa celta terra Invasero struggendo ogni abituro. A noi reliquie d’ Epulo, serrati Sugli alti castri, voi neppur sotterra Largite di aspettar gli estremi fati. IL Veniamo dalla splendida marina, Dal verde pian dell’ Istria. Di rubelli Non siamo turba che col piede inguina I vetusti ripari, i vostri avelli. Siamo vostra progenie, oggi latina, Che, a conservar 1’ amore dei fratelli, Le origini di voi padri indovina Nelle armili e di rame, negli anelli. Una gente alla Sava, in guerci ludi, II suolo, i templi, gli archi ci contende: Ecco l’alta ragion dei nostri studi — 1 sepolcri parlar — Salve, Istria forte ; Ti fero sempre italica le tende Di Roma e sacra d’ Epulo la morte ! Dai castellieri parentini Luglio 1884. Doni. Fragiacomo vedere in quello stato. Venne il giorno della visita, Marco con volto sorridente entrò nella camera dell’Annina accompagnato dal padre della ragazza. Vide la poveretta, con quel viso così rovinato dal male, comprese il dolore, riumiliazione della fanciulla, e si sentì stringere il cuore come se una mano di ferro glielo avesse premuto. Quella visita però non iscemò punto 1’ amore di lui, ma vi aggiunse un sentimento di compassione che lo rese, perchè più disinteressato, ancora più nobile. — Vi vedo finalmente, Annina, dopo tanti giorni di angoscia ! — le disse Marco. — E mi vedete brutta, rispose la fanciulla con aria vergognosa invitandolo a sedere. — Sempre bella per me, soggiunse Marco sedendosi. Ringraziate Iddio che 1’ avete scappata proprio per miracolo. —- — Avete pregato per me? — — E me lo domandate ! — Mastro Tita, ritto in piedi, guardava i ragazzi; ma accorgendosi che due lagrime gli rigavano le gotte rugose, si ritirò per alcuni istanti dalla camera. La giovinetta e il garzone, seduti 1’ uno rimpetto 1’ altro presso la finestra, stettero un momento silenziosi, mentre un bel raggio di sole si disegnava sulla parete di faccia. — Mi vorrete bene Annina —■ chiese Marco parlando pel primo — ora che il Signore v’ ha guarita ? Oh se sapeste quanto ho sofferto per voi- Annina non rispose e abbassò la testa. — rierchè non mi rispondete uulla, Annina? Vi ho T7" alia. L'Alba, nel suo ultimo numero, in un articolo dove studia la questione dell’ unione delle tre Provincie dal lato pratico, dice tra altro : „Partigiani per ora della sola unione morale, che potrebbe diventare più tardi una unione politico-amministrativa, noi crediamo che si debba insistere perchè questo problema venga in un modo o nell’ altro risolto al più presto possibile. E perciò che accogliamo con plauso la proposta fatta dal giornale Patria di Capodistria, tendente a convocare a Trieste tutti i rappresentanti del giornalismo liberale delle tre provincie, col compito di stabilire il miglior mezzo possibile per attuare una più stretta unione dell’ Istria e del Goriziano con Trieste. Tale proposta potrebbe condurre la progettata unione dal campo speculativo al campo pratico e far cessare i malintesi sorti in proposito. Con ciò si comincerebbe coll’ avere un centro comune, dal quale potesse irradiare la parola d’ordine, e, per quanto i pareri possano essere discordi, crediamo, che questo centro non possa essere altro che Trieste, non fosse altro che per la sua posizione geografica.6 * * * Il Corriere di Gorizia occupandosi dell’espiro prossimo del sessennio parlamentare alla Camera di Vienna e delle future elezioni politiche, scrive così : “Su codeste elezioni richiamiamo l’attenzione della nostra Società Unione, di cui la Direzione sarà quanto prima costituita. Il primo suo atto di vita sarà così uno dei più importanti che possa essere chiamata a compire, e in questo senso proprio crediamo che l’azione analoga e simultanea delle tre Società politiche del Litorale, potrà esercitare un’ influenza benefica ed efficace a prò del trionfo del principio più liberale, cioè nella scelta dei deputati per le nostre provincie. Quanto più la causa è difficile da trattarsi e tanto più essa abbisogna di avvocati abili, volonterosi, zelanti, compresi della serietà della loro missione. E noi crediamo che ora o mai sarà il caso per Trieste, per l’Istria, per Gorizia, di mandare alla Camera un gruppo d’ uomini che abbiano per unico principio direttivo il bene del loro paese, e che formino colla loro compattezza e uniformità di voti un gruppo che meriti e comandi l’attenzione e il rispetto anche agli avversarii. „ * * * Finalmente la diocesi parentina ha il suo Vescovo. Ce lo dipingono un uomo dalle abitudini serie, amante fin da’ suoi giovani anni della solitudine e dello studio, con che non si ha da intendere che non gradisca, se la trovi, la società delle persone colte e ammodo. A Pa-renzo troverà e l’una cosa e 1’ altra ; e i Parenzani si avranno in M.r Giovanni Flapp un prelato appassionato del suo ministero, e alieno, quod erat in votis, dal tramenìo delle politiche faccende. Nacque a Cormons il 1845, ed è attualmente professore di diritto canonico e di storia ecclesiastica nel Seminario centrale di Gorizia. * * * Togliamo dalla Gazzetta di Venezia: „II personale insegnante e dirigente delle scuole comunali di Venezia, addoloratissimo per la perdita di quel benemerito dell’istruzione, che fu il cav. Carlo Combi, volle cogliere la mesta ricorrenza del giorno sacro alla memoria dei trapassati per rendere al caro estinto un tributo della loro affezione e gratitudine. Oggi, dunque, una Commissione formata dai signori Barale Benedetto, Poli Gaetano, Ghezzi Teresa e Bar-biera Teresita, presieduta dal veterano della pubblica istruzione, Giuseppe Ferrari, direttore scolastico, si recava al Camposanto per deporre una corona sulla tomba dei-ri illustre scienziato e patriota.6 * * * tanto amato, ho pensato a voi per due lunghi anni. Nessuno di quelli che vi parlavano, si è curato del vostro male, vedete; ma io, Annina, quei giorni mi sentiva morire. Ditemelo, mi vorrete bene? — — Io, — rispose la ragazza dando in lagrime, — non sono degna di voi, v’ ho fatto tanti sgarbi io. — — E proprio che ci penso agli sgarbi. Non mi ricordo di nulla, non provo che il piacere di vedervi e di sapervi risanata. Datemi la mano, Annina, e ditemi se mi vorrete per marito. — Annina gli porse la destra, e con l’altra si asciugò le lagrime che non volevano per quanto si sforzasse stare negli occhi. Marco strinse nella sua ruvida la bianca ed affilata mano della ragazza e replicò : — Accettate il mio amore, Annina ? —- — Mi perdonate? — — Si, vi perdono, vi amo. — E anch’io vi amerò, Marco, perchè lo meritate, perchè il male m’ ha ravveduto, perchè comprendo che nessuno mi voleva bene fuori che voi. Voi che mi amate anche così brutta, invece di vendicarvi. Perdonatemi, Marco. Vi giuro non sarò più quella di prima. — Entrò mastro Tita. Marco senza tanti preamboli la chiese in isposa, e mastro Tita ne fu beato. Il raggio del sole scomparve, ma la mesta luce del crepuscolo rischiarò una scena d’amore, di ravvedimento e di pace. Tre mesi appresso Annina entrava sposa nella casa di Marco, ove amata dal marito e dai suoi genitori, è donna onesta e felice. M. G. Togliamo dall’ Istria 1 Novembre 1884 : Siamo lieti di poter annunziare, che il nostro comprovinciale, il Dr. D. Tamaro, è stato premiato testé dal giurì internazionale fillosserico — nell’ occasione che si teneva a Torino il Congresso omonimo — con medaglia di bronzo, per la sua Memoria sulle viti americane, e per altri suoi scritti e lavori sulle stesse, e sulla fillossera. * * * Un giorno della scorsa settimana fu tra noi Ulisse Barbieri, venuto da Trieste con una comitiva di carissimi nostri amici. Grati al celebre drammaturgo dell’usataci cortesia, gli mandiamo un affettuoso saluto, quale espressione della simpatia eh’ egli ha qui destato in tutti coloro ch’ebbero la sorte di avvicinarlo. * * * Il Cavaliere Giovanni Bradamante, agente consolare del Re d’Italia in Parenzo, ha ricevuto la somma di lire ital. 258 e di fior. 39.50, raccolta dai generosi abitanti di quella città a beneficio delle famiglie di colerosi del Regno. * * * Il Comm. Francesco Dr. Vidulich Capitano provinciale, e la famiglia dei marchesi Polesini hanno fatto pervenire alla Direzione della Società istriana di archeologia e storia patria uno splendido dono di oggetti assai preziosi per il Museo Provinciale. * * * Il Signor Giovanni Vesnaver, Portolese, regala ai suoi comprovinciali un opuscolo dal titolo Notizie storiche del castello di Portole nell' Istria. Se lo legge d’un fiato, interessante per 1’ argomento del pari che per il dettato limpido e corretto. Di questo risveglio di studi storici nella provincia, che tanto ben c’impromette, andiamo forse debitori a chi si è fitto in mente il comico proponimento di contestare la nostra civiltà e di gabellarci croati. Non ogni male vien per nuocere ; questo ci è venuto addosso opportunamente per iscuoterci dal torpore che ci occupava, e che in corto andare sarebbe riuscito per avventura a inebetirci. * * * Uno scritto del Tribunale dell’ Impero venne di questi giorni intimato a mani del presidente della Società Operaia di Trieste. In esso si indice pel 12 Gennaio 1885 alle ore 10 antim. il dibattimento orale sul noto gravame prodotto dalla Società in merito ai corsi di ginnastica e nautica pei soci, vietati daquella i. r. autorità politica. A questo scritto va allegata una diffusa memoria del Ministero dell’ interno, intesa a convincere il supremo Tribunale, che il decreto della i. r. Luogotenenza non eccede i limiti della legge, ma che viceversa la Società Operaia ha sorpassato la sfera di attività contemplata nello Statuto approvato dall’ autorità dello Stato, coll’ istituire gli anzidetti corsi d’istruzione. Le argomentazioni del Ministero sono le stesse che motivavano il decreto della Luogotenenza, con questo di più, che accenan-do lo Statuto sociale a sezioni interne (art. 30), queste, secondo l’interpretazione ministeriale, non possono comparire in puhlico. Siamo davvero curiosi, dice 1’ Operaio, di conoscere la sentenza che in proposito sarà per emettere il Tribunale dell’Impero, e questa curiosità, siamo certi, sarà condivisa dai nostri lettori. Essi non saranno meno di noi impazienti di conoscere, se per promuovere il bene morale e materiale della classe operaia non basti il permesso di usare di tutti i mezzi consentiti dalla legije (art. 3 lett. f), permesso che noi tutti abbiamo finora creduto fosse dato dall’ i. r. Luogotenenza pel Litorale alla Società Operaia Triestina, quando ne approvò lo Statuto, Tosto che saremo informati dell’ esito di questo interessante dibattimento, ne daremo parte ai nostri lettori. Grli onor. Signori associati vogliano avere la cortesia d’inviare l’importo d’abbonamento da loro dovuto all’amministrazione del giornale. XXVI. Protocollo di Seduta della Rapp. Gom. di Capodistria 16 agosto 1884 ore 6 pom. Presidenza Podestà Avv. Gambini. Ordine del giorno. Lettura del P. V. dell’ ultima seduta. Comunicazione officiose 1. — Conti preventivi comunali prò 1885 già trattati d’ urgenza nell’ anteriore tornata. 2. — Nomina d’ un membro del Comitato finanziario. 3. — Sanatoria per sorpasso di spese per la Civica Banda. 4. — Detta per spesa di rettilineo d’ un tratto di muro nei pressi della riattata via S. Margherita. 5. — Conferma nel suo posto del Signor F. Garetti, maestro di musica. 6. Declaratoria a Contratto d’affittanza del Caffè della Loggia. 7. — Resoconto prò 1882 dell’ Asilo di Carità per l’Infanzia. 8. — Detto della gestione economica prò 1882 del Consiglio Scolastico locale. Trattandosi di una seconda convocazione il Podestà - Presidente dichiara legalmente aperta la seduta e presenta l’Mimo. Signor Giovanni Sussa, delegato dell’ Inclita Giunta Provinciale, da lui cortesemente officiato a voler assistere alla odierna seduta, perchè possa fornire quei criteri e schiarimenti, che riterrà opportuni nella discussione dei conti preliminari prò 1885. Anziché preleggere il P. V. della seduta 2 Marzo p. d., il Podestà-Presidente interpella lo Spettabile Consiglio, se intende ometterne la lettura, essendo stato diramato ai singoli signori Rrappre-sentanti. Il Consiglio dà il Verbale per letto ed ineccepibile. Il podestà poscia comunica : — „Con vero rincrescimento devo partecipare, che 1’ Onor. Pietro Debellich, sub N. 2355 de a. c. per ragioni d’indole privata si è dimesso dalla carica di Direttore della Civica Banda e scuola di musica. Soprassedendo alla nomina di mia competenza di un altro direttore, io delegherò a tale ufficio 1’ Onor. Cons. Referente, Sig. Giov. Martissa -Carbonado. Rifacendosi indi al I Punto dell’ Ordine del giorno il Podestà - Presidente dice: „Senza pregiudizio del mandato affidato alla Commissione, eletta nell’ ultima seduta, per 1’ esame e riferta dei Conti preventivi comunali prò 1885, credetti consulto portarli oggi in prima lettura e per render possibile a quest’ Inclito Consiglio di sviluppare eventualmente i criteri generali, secondo i quali li bramerebbe riveduti e corretti e per attingere il cortese ed illuminato parere dell’ Egregio Contabile dell’ Inclita Giunta Provinciale, assieme alle vedute dell’ Illmo. Signor Commissario Governativo sui medesimi. Avrò ottenuto l’ambito intento se il bilancio preventivo, abbandonato il vieto ed erroneo sistema di un pareggio illusorio, s’ uniformerà ad una saggia economia, che migliori e sollevi la situazione ecconomica del comune, conciliando l’introito colle spese e togliendo l’Esecutivo all’ annuale ingrato imbarazzo di dover coprire con nuovi prestiti le esigenze a cui non arrivano le rendite preventivate. Invito il Segretario a voler preleggere i conti quali naturalmente furono da me compilati, giusta il sistema fissato da questo Spettabile Consiglio negli anni decorsi. Il Segretario li prelegge ed il Podestà apre la discussione generale. Chiesta ed ottenuta la parola, Pillino. Signor Giovanni Sussa così parla : „Mi preme anzitutto premettere che ho l’onore di assistere a questa seduta non già per incarico dell’ Inclita Giunta Provinciale, in nome della quale mi trovo attualmente in missione officiosa alla visita degli uffici comunali ; vi assisto bensì per cortesissimo invito dell’ Illmo. Signor Podestà, essendo qui di passaggio nel mio giro officioso. Visitando anche questo ufficio comunale, appresi che i conti preventivi prò 1885 erano approntati; e dacché gentilmente fu appagato il mio desiderio di esaminarli, mi sia lecito esporre l’impressione avutane e che non può sfuggire a nessuno. La Spettabile Deputazione s’ attenne nel compilarli, anche quest’ anno come per lo passato, ai criteri anteriormente manifestati dalla Spettabile Rappresentanza, coll’ aumentare, cioè, oltre al possibile gl’ introiti e col ridurre altrettanto le esigenze. Di tal guisa al pareggio agevolmente s’arriva, ma un’ occhiata ai conti consuntivi basta a chiarire l’erroneità di cotali bilanci, redatti non alla stregua dei veri bisogni e delle rendite reali, ma colla sola mira di ottenere comunque l’equilibrio. Perciò da un lato le rendite largamente preliminate, come in tutte le amministrazioni, anche private, rimangono di molto inferiori alla previsione e le poste d’esito soverchiano quasi tutti gli angusti confini, loro assegnati, cosicché alle ordinarie esigenze convien sopperire ognora con prestiti annuali. D’ altronde fra gl’ introiti preventivati nei bilanci, a parziale co-primento delle esigenze, da vari anni figurano alcuni importi, più o meno rilevanti, al solo scopo di manifestare ripetutamente nei consuntivi 1’ assoluta loro inesigibilità. Cotali poste perciò dovrebbero piuttosto una buona volta radiarsi dai conti e con esse sparire la oziosa, illusoria evidenza, atta solo a generare imbarazzi nella gestione. Egli è poi strano assai, che un Comune quale Capodistria abbia chiuso il suo bilancio consuntivo del 1883 coll’ esiguo civanzo di fior. 7 circa mentre il 1 Gennajo 1884 reclamava la rata di annualità per il prestito di fior. 100 mila. A mio parere la dignità ed importanza di questo Comune richiederebbero che i resoconti alla chiusa dell’ anno presentassero un civanzo di cassa, se non esuberante, tale però da bastare eventualmente a’ straordinari bisogni ed alle prossime esigenze dell’ anno susseguente. Prescindendo pure dal poco decoro per il Podestà di ricorrere periodicamente al credito privato verso garanzia di puhlici effetti, un tale sistema col successo degli anni, minaccia di sbilanciare e sconvolgere affatto 1’ assetto economico - finanziario del Comune. Onde se a tempo non si provveda, sia pur con gravi sacrifici, ben più imponenti diverranno le difficoltà nel futuro ed enormi i pesi, quando non si voglia porre a serio pericolo una parte o tutto il patrimonio comunale. Certi vieti sistemi a mala pena tollerabili in qualche Comune di campagna dovrebbero bandirsi da una Città - Comune d’ indiscutibile importanza, dove a buon diritto deesi presumere che la gestione amministrativa sia sempre ispirata a criteri più vasti e positivi, scevri da difficoltà ed imbarazzi per 1’ esecutivo. Li prego, Onor. Signori, a voler seriamente ponderare sulla irregolare situazione economica di questo Comune, segnalata loro e testé, e come so, ripetutamente per lo passato dall’ Illmo. Signor Podestà, e abbandonando i dettami di una falsa e fatale economia, li esorto a voler dare un altro indirizzo alla gestione economica, ponendo il Comune in grado di avere una saggia e ben equilibrata amministrazione, quale la sua importanza vivamente la reclama. Il Podestà - Presidente dice: „Sicuro d’interpretare i sentimenti di questo Spettabile Consiglio, a nome del medesimo tributo all’ Illmo. Signor Sussa atto di vivo ringraziamento per 1’ autorevolissimo suo parere e per la squisita gentilezza onde volle favorirci. (I Signori Rappresentanti danno segni di adesione.) ( Continua) --------------------=3S==»|(OlJ«=-=.----------------- AVVISO Il sottoscritto assume lavori di pavimenti a palchetto in legno di rovere dell’ interno a vari disegni a f. 2.80 al metro quadrato, garantendo la bontà della merce e l’esattezza dell’ opera. Capodistria, 23 Ottobre 1884. Andrea Trenini. SOCIETÀ CITTADINA NAVIGAZIONE A VAPORE fra Capodistria e Trieste ---------------------- Col giorno 3 Novembre p. v. i piroscafi /A Hfll [il 15? faranno (tempo permettendo) le gite giornaliere, fino a nuovo avviso, col seguente ORARIO NEI GIORNI FERIALI: da Capodistria per Trieste da Trieste per Capodistria I. Corsa . . ore 7 ’/2 ant. I I. Corsa ... ore 11 ant. U* n • • • „ 2 y2 pom. j IL .......„ 3 3/4 pom. NEI GIORNI FESTIVI: I. Corsa. II. ore 7 ‘/j ant. ■ „ 3 y2pom. I. Corsa . . . ore 11 ant. II- „ • • • • „ 43/4pom. Prezzo di passaggio soldi 30 indistintamente; per fanciulli sotto ai 12 anni soldi 20. Nolo delle merci da convenirsi col capitano. Il punto d’approdo a Capodistria è il Porto, a Trieste la gap- Riva della Sanità “tts Capodistria, 29 Ottobre 1884. gJičeglc ■f