■ ; •• ■ „ \ |F, > f . ^ • .*11 P • 1 ' . ■— - ' 4 •- k=' " y *• N ’ ^ V. w - 6 " . • .• • ^ #6 ^ e- \V iti :l ' ; r i y 4r^ : timly Ubùfitu Savi-, arnico'r^ n o[ ftv? /(,^ i// ) Cc^vTi LETTERE DI XIII. HVOMINI I L L V S T R I. ALLE Q_V ALI O L T R A tutte laltre fin qua flambate , di mono ne fono fate aggiunte molte. Da Tomafo Por cacchi. 1 Ti y E V ET 1 isipprejfo Fabio & *4uguftin Zoppini Fratelli 15 84. T t% • - ,'vW., ^ /jQ'fjc' » v v AL MOLTO REVEREN PADRE, D 0 7Aà ^Aurelio Torcdlaga 350 Franccfco Torre ^ Bartolomeo Stella 73 Carlo Gualteruc 70. 85 Cornelio da Bagno 68 Giouan Fraccjco Bini.jz. 73.80.82. Gabriel Bambafi Giouan Battìjla Galeotta-car. 40O Gafparo Centanni, -A Trionfo Gabriele. 228 Giacomo SSnazaro, A^rco ^Antonio Mìchiele car. 261 Ciò, ‘r Ji v o i \A. Gio.Battifia Giraldi +A BernardoTafìo joo Gman Boccacio ^4lla Fiammetta 260 "Pino de’ I{offi.n'ìoL26jL Giouanni ;Giuftinia-no .A Bartolomeo Canato 360 Giouanni Guidiccio ni 4 V Mar che fa di Tefcaraó 17 P'efcouo di Brefcia 60 Giulio camillo Bernardin Fratina 480 ^Antonio villano 400 Hettore Podocatha ro "Pietro Vodocataharo fuo fratello 40 Lodouico canoi’a Vcfcdi Baius >Ad lAlfonfo de Trotti 6 ^Antonio Stipando 5.9 ClementeTapa P' 11, 1 Francefco I{e di Francia. care. 10.2.1 Gio.Matteo Giberto 3.4 Lotrec 13.16 Madama de Tamps 13 Marcantonio Flaminio. cari. 13 Lorenzo de’ Medici JL Gìouan de' Medici Cardinale 120 Luca contile M. £>o Scipion di Caflro300 Marc'Antonia Mu- la *4 0 Tj k4 . Bernardo Capello 166 Marchefa di Pefcara Mi Trine. d’Qrages 220 Bigina di Trattar a 2^6 Serafina Contarmi 266 Paolo Giouio m. Dionigi Mtanagi 146 Duca di Manto uà 140 Galea^o Florimotio 141 Giulio Papa Terzo 15 o Girolamo Mngleria 143 156. Paolo Manutio Md Mleftàdrino Centinai i$ Bernardinopanbenioi 24 Capitan oliua 125 Cardinal Sata Croce 127 Cardin’aldi Carpi iz6 CarloS igonìo 1 29 Difcorfo intornoall’ufficio dell'oratore 131 Faoflino Delfino 115 Francefco Torto 133 Giouanni Fomento 120 Girolamo Delfino 120 Giulio Mont'alto 5 90 Lodouico Cajìeluetroi io Luigi Mocenigo 139 Monfi.Carnej'eca 133 Otta T V Ottauio Terrario 12S OttauioTatagatho I53 H4 "PapaMarcello li 119 Paolo Manutio 136 Sperati Sperone 131 yefcouo diTola j 20 yefcouo dì Ceneda 13 o ygolino Gualteru^i 13 2 Paolo Sodoleto ^ Cardinal Capeggio 2 10 Cardinal di cario 208 Cardinal Farnefe. 2 2 B 220. Cardinal di Ferrara 286 Cardinal d’imola 228 Cardinal dlurea 2,07 Cardinal Maffeo 200 Cardinal Mignanelloioo Cardinal di Perugia 201 Cardinal fan y itale io? Conte Giulio Bfigoneìg 1 JLtiigi Priuli 19) Raffael Maffei ^ Pficolo Baratti 43 o Regina di Nauara Mila MarcbefadiPefca-ra 269 0 L M. Rinaldo Corfo ^ ycronica Gambara 268 Sebaftian Erizzo ^ Baffiano Landi 285 Giouan Battigia Camox}.. cart. 339 M.G M. 339 Scipion diCaftro ^4/ Capitan Giacopo da Pifa cart. 360 De» Federico di Caftro cart. 3 08 Dncadi Sauoia 200. Soldan di Babilonia Fedi Cipro 398 4© Speron Sperone ^ Paolo Manutio 140 Tomaio Porcacchi Rettore Podocaiba- ro. 430 Erafmè dìyaluafone 49 o Mrrigo Pagelli 458 yefcouo di Stagno 460 GiuTano Maggi. 441 Murerà d'E/i e 433 Paolo vggieri 536 Cipriano Maiucli 44I Sellerine Cleri 450 Caglici- Guglielmo Malìmio 450 Gio.Battìgia del Settaiuo lo 440 Gregorio Macigni . 441 "Paulo manutio 409 Marin Cotti 410 Vincentio Martelli *AllaS.Lucia Bertana Go rona 360 Mila S- Doma Fittoria Colonna 401 Mi March efe diTonema iore 3 So Mila S. Tu Ha d'M'fagona cart. 37O M M. Tomafo Cabì 352 Mi Marchefe dal Fatto cart. 3 3 5 tyj/ Cardinal Mrdìnghel-lo 337 ~i [applico (he fta, & che uipictc* eia raccomandarmi à ifantiifimi piedi di If. S. A M. Gio. Matteo Giberto V efeoud di Verona,§d Datario. ìgnormio. tìo làvp/lradeìl'vhmp delpaffato, <& ìf) per quellaintèndoildijcorfo fatto con Tf. S. foprd le lettere fenute di P rancia ; & le vàlide ragioni ad-dute afuà Santitàper affìcurarla di quella checfla vuol dubitare , Èc fe io fuff capace , cheialdubitationepó teffs nafeere da ragiorténole cdufa,& non da oflinatd ri folutionedinon voler far co fa , chepoffa diffiàcerc all’Imperatore , con lafolita mia prefuntione anderei di fcqrrendóper franar rdgionèuoli magi (fe à mepofftbit fuffe il tròuarliper leu aria detta edufa 'i Ma vifli i mó* di che fi fono tenuti verfoFrancia>& le occaftoni , che fi fono perdute , & che fi perdono per fólleuarla, noti nolendo afficurarCi della ruinapropria con far benefìcio ad altri , io mi fono con molto mio dispiacere del tutto rifoluto , che [ua Santità non fumai per ifcòprirfi coti tra l'Imperatore , taqudle [e mai fuffe fiata dubbio fa , norì dico rifoluta , di [coprirft, certo è che i modi, che t imperatore ha tifati con lei3& l’occdfioné, che le hanno por* „ luh 0 v- 4 poetate i-tempi farebbeno bufiate dfarla prender far me Jota, non che cofi bene accompagnata, Ma /i Tct/c, che piu pretto vuole ttar con l'tmperatcreìn undub-liòro accordo ( fclopotrà hauere) conpublico, & uni ììerfal bìafmo, cb’ejjer con\Vrancia,e con Italia, cantra gionettole, & ferma (peran%a di vittoria , & con eterna laude, dico anco, (piando fi'perdejfe:hauuto ricetto al giu fio, & comeneuolc fine. E t che fi A il vero eh 6 S. Santità non fta mai per unirft con frauda, affai lo dimottra il fondamento, che tjfa, dopo, tanti mifl ,& tate concio foni, prède allafua irn folutionc,che è dìnp fi poter fidare di Francia. V er che fe alla fede , & agli pblighi non vuol credere, non perche nonfipojfa,& no fi debbia , ma perche non vede qual modo ui può effere per àfficurare chinon vuole ejfcr ficuro? Et che vuol dire, che no pone dubbio nella fede dell’imperatore , augi defidera di metter fi alla total difefetion (ita ? TSfon e peraltro fe non che egli è con l'animo inclinaùffimo , & (e ciò non fuffe , vederebbefua Santità quanto meno fi potè ffe fidare dell’imperatore, che di Francia. Ld fdamo cioè fi fa , chi de iduc tfapiugu ardala lafede Jua. Ma prefuppcniamo, che ambedue fieno per ofier-uarla vgualmcnte ; ò per romperla . Se per ojferuarla, manca ogni dubbio. Se per romper la guardiamo a chi la ,rottura porterà piu commodo. L 'Imperatore con effa fi fa Signor d'Italia, allaquatemancando Francia, mette fe, & il regno Juo in fggetiione, augi fe alcuna caurd tmo buttare , per far mancar’il fie della fede, non può ejfer altro, cbe'l timor delia gran degga dell ter paratore tri 4 f0n l MOll*. M eòngiunto con T odiò naturale , effaccrbaiopoi dxirAoa, dì vfaii in quefla fua calamità. Maperche non peri fà?^. Signore fe tanto teme queilo accòrdo , quanto mojìrat che fe ilmpcrator non è totalmente rifoluto di non mai liberare il Reflcome io penfo, che fta, che fi potrebbe-no anco accordar’infreme, fénga clic Sf Santitàfaffé en trata in lega con Francia , <& co fi il refìo d’Italia ? Et in tal cafo faria piu da temere, che Francia affentifje alla mina d'Italia,di quello,che farebbe ffc {offe oblìgato aconfcruarla. Nc credo , che l'Imperatore afpetti che glifìa data caufa per inftgnorirfede • ma fi bene il modo per poterlo fare. Tercbe a chi defilerà , & può torre quello d’altri , affai minor cqufa baf a per farlo di quella, che noi gli babbiamo fin qui data. Ma qual' accordo patria quefla lega caufare , che tauro nociud fuffe all'Italia, quanto quello, che i Franeefl hanno offerto , & che l’Imperatore ha ria filo ? Et chi non co-■nofee,che farebbe minor male per l'Italia, ibe Francià prometteffe gente numetora quanto fi voglia, per acqui lìarla all’Imperatore, & che la defle, che non farebbt darli tre milion d’oro, come hanno voluto fare t Tercbe molto maggior forga, e maggior'effetto farebbe vn ef-fercito unito ( etcfsìdou i denari nò mani htrebbe chi de pendeffe tutto ddql Vncìpf flbeneficio dclqualetornaf-fe la vittoria) che no farebbe,(e fufìe diuile, & che vna parteragioneuolmente tanto aborriffe la detta vittoria quanto l'altra la defiderafe..oltre a i varij cafl , poffo-no nafeerein ogni effercho , & facilmente in quelli » che non fola fono in diuerfe nd'tiòni, ma tanto l’una all’altra tifico/; ? òdiofdtche cercando tutto il mondo, non tvouerctr he inimici,centra i quali piu volentieri combattere eia-[cuna delle parti,&per conchiuderc,dico, che à mcpa-re,the N.S.lema di [degnar l Imperatore,ogni volta che non l’aiuti è far fi fignord\talia,& del rcflo, che faprà fuaMacflà defider are.Bt però non vuole [coprir [egli coìrà; quaficome fe lo [degno gli poteffe portare piu ceno danno di queUo,che li porta il fatisfarli. lo bo ferino affai piu,di quello che io penfaua, & forfè doueua [intiere: ma la difgralia mia vuole,in me ft trottino tre cofeje-quali venalmente mi premano,& di forte, che non mi iafeìno raceretfeben conofo.che il dire può piu nuocere* che gwuare.L’tina è,la molta, & lunga.[eruità , che io porto à noflro Signore:l'altraJ’obligo,& la pietà, cheto ho alla calamità deiKe,&dì quella madre;la terga, la mina d'Italia; laquale mi è fempre innangi à gli occhi; & non pojfo patire,che la procuriamo, effendo in poter noflro lo Jchifarla. State fano del corpo,poi che dcUa mif te altri non vuole. Di renetta » À. Ànt oniòSéripancto iti N'polii T > Suerendìsfimo Mefser sìntomo .Rebbi la Ietterà Xv. uoflra, inflemeeón l'ìnclufa del ricario di fricarico. ^lla uoflrarifponderò io : al ricario rispónderete noi , [e ni parerà però che le fuó bugie meritino tifpofla. Biconi adunque , ch’io ginn fi quà in reni-tiafano : dotte io itcnni cojlretio da quegli obligbi , a i quali mow^s. pi n.Aivs. quali non vo^lio^ie debbo,uè p'ffo mancar^ > La caufd. di tal venuta jb che alla prudenza, voflral tanto facile à'imaginare, quanto à me farebbe difcriuerla. Quello che ella s’babbi a operato non vi dico/apendo che la mol ta voflra defcritióne non faffetta per bora da me cogni-tione alcuna, ffe anco vi ferino, quanto io fta per far quà-.nepartendomi,dotte io fia per andare : bauendo coft foca certezza deli‘vno,come dell'altro. Dia per non Lt-feiarui d’ogni mia cofa incerto,u'alficuro che in ogni Ino go,dotte mi trotterò,vi ft trotterà anco il mede fimo de fiderio,cb‘io bo fempre bauitto,di far piacere, à noi, & di ebedire al Signor Sannazaro: a!quale fc io credcsfi, che io fcriuer mio baueffeportato piacere alcuno (non dirò comodo,come voi dite fapcndo ciò e fere impoffibile )af-ficurereiper tanto la preftntion mia co l'bumanità puf, che ardirei di fcriuer'à fu a Signoria,alla quale feionpn hauesft cofa da dire degna di lei, le direi almen quello > che all’animo mio è [opra ogni altra cofa gratisfmo & ciò è il de fiderio che io tengo di farle cofagrata,& d'obe dirla.^Itro non vi ferino,Je non che à tMj & al S. Ciò. vdlfonfo m'ojfero,& raccomando. ViFenetia. a XX. d’^fgofio. MDXXX. A M. Alfonfo DeTrotti. - - yT lignifico M, alfonfo, Dal d , che piacque.al j[Vl Signor Miffer ^Antonio de’ Coftabiìi farnù tendere (andata del Signor Duca in ifpagna, [ernpre ho combat uto con me He fio , fe iodoueua frincre 4 Foslra Signoria , ma finalmente la natura tnia pif I t B O? ì* 6 libera di quello à quefti tempi s &alld Corti ficonueq-gajia piu potuto della ragiohe. Et però mi sforma à dirui quanto ri dirò fe beri conojco) quanta pocapru-dentià fia il dire contro le delibcrationi de i Signori,maf fimàmente noneflendone dimandato,& douenon èri-medio alcuno » Ma chi faperà mutar natura nell'età, che io mi trono ? Habbiàtepatientia : & tenetemi per profontuofo quanto volete > che non faràperò maggior la prefuntione di quello che fia l’ajfettione, & feruitli mia. lo penfo che il Signor Duca vada in Ifydgna di-Jperato di poter affettare a [{orna lé cofefuey & forfè teme che l'imperadore a qualche tempo non lo sforila rifìituireal'Papa Faggio, & l\ubièra , sì per fitisfat a fu a Santità, sì anche, & forfè piu per hauerei cento mila ducati che furono promesft, in eucnto che tal refli-tutione fifacèffe.Ouero parendo a fua Éccellentia di veder le co fe di Italia a termine tale , chegiudìca ejfer in potere dello imperator di farfene Signore, &peròuuol antìciparey&tentar di moderare queltodio , che fua MaeHà gli può portare per le cofc paffute, tìoraio di-toychè fe qùcfìèfonie caufe, chcinducóno fua EcceU lentia ad andarc(che per me non ne fo imaginaré altre, thè fieno di momento ) ame pare » che piu ficura-hiente , & con piu fuo vantaggio il tutto fi potéffe trattare col melo de’ mmflris che con là perfond fua. Cerche è dà credere , che ‘Efofìro Sègnoté gli farà 'maggior refiflcnia,per moflrar che S.Ecccll. non fa atta a sforzarle a ceder’a quello, che fri qui non Ira uà-luto cedere. Etfebifogno fardi f, darà tutto iti preda mok$. ni bMvs. all'Imperatore & a fiiimniflri, per non ricever tanto f corno. Et i da credere, che l'Imperatore ei mimfìri Puoi far anno pia filma dì fa a Santità , chefimprc gli i Fra:a amica, che non dd Signor Duca inimico, e che non Tireranno mancare a quel capitalo, che fu'fatto, & ac-cn tato per il Vicere, dico anche quando hauejftro mal animo contrailTapa tpcrckenonlo Torriano'tmo(lra-re f, no al tempo d'ef eguirlo.il Signor Duca fi deue pur ricordare'-, che va in parie ove il nomefuo è molto odio-fo n a perfone?che fono bifognofe, c cupide di denari, & Ieri-ali iene frate fempre poco grate a quelli, che hanno faao lorograndhfmi feruitij. Tenfate come faranno acerbe a quello, che fempre hanno hauuto per nemico » Cir acni forfè non ba/lcrà per baucr perdono delle ingiu ricpajfaufleqiialireftanopiu in memoria dì qucl!i;che le ricci-, olio che non di'quclli,che fanno ) quello che con V acca fiòne. de i tempi forfè gli {aria b a fiato a tener Reggio,'^ Rf-bh ra,& ribatter Modena, & asficurarfi di Fc: rard.pQue con quefla fita andata non vedo ihepoffa fare alcuno di quell: effetti,almeno che fià fteuro, & [labileVerchc sa fi mcttcfje folio la protenicne del-f Imperatóre (tcqualpcrò.al creder, mio , non hautii mai eccetto féfua Madia ntnpenfa ferui rfi di tua Ècccl lentiàper mfigncrirfi-a Italia ; ilche riufeendo farebbe la maggior ruinia.ibe po/effe ricever quella,& lapofle-rità fua) pilo effeir cer a,che ogni Tapa, & qvefla Signoria, fempre l'haucranno per inimico , & coftil ter ■ (io de Italia ? Dacie tutti hanno da temere , & coti' feguentemnìe da odiare la grandezza dello Impc^ tore, LIBRO !.. 7 tore, & da tutti i fuoi fognaci. Et fi come fin qui que~ jìa signoria non batteria pa tito per intcreffe juo , che lo fiato vostro fofte andato h’ poter della fhlefa ò d'altri,in tal cafo farebbcsforzata deftderarc la mina vo-flra ; per non batter nel core va nemico tanto potente , quanto e il Signor Duca. Dico nemico, perche, alcre~ der mio qui non f fideranno mai dell’Imperatore. La-feiamo fiare quanto tal condotta dispiacerà a Francia, perche non può fe non augumentar le diffidili à, che fono nella libcratione del Re>& ogni di fune ere , che fc gli fjcciafm quefia fua calamità, nonpuò, fe non toccargli il oore, & refiargli eternamente ìmprefio nella memoria, noi fappiamo quello che pofjano portare i. tempi. l'{è fo, come il Signor Ducapoffia induri'a-nitno fitto d'andare in parte; douc fia affretto dì vedere quel Re, alquale s'è mofirato tanto affctìiona’o, in tanta calamità ; non potendo quelli che par non co-nofeono fina Macfià penjarui fenga granili fimo dispiacere. Eipenjàte,c1ìè affanno farà a quel buon Re, quando ucdrà quell’amico , nel quale piu confidaua che in alcuno altro d’Italia , efferfi andato, con danno di fra Maefia, volontariamente a renderfi pregiane al fio nemico. E anche da confi.krare , che ne i lunghi viaggi accafcàno diuerfìfafiidij , i quali non fipofifono in cafa imaginare. licite però non farebbe niente fi >1 Signore Duca fofic con la finità, che già filetta cjferc. Ztper conchiuderui , dico, che non fo imaginare, qual difperatione s forgi fua Eccellentia.perJaluarfi da un ne-mico, i/quale no le può nuoterei meuerfi in poter d’uri MO^S. D 1 B^IFS1. altro nemico ilquale non folamente può, ma ha caufa dì miocerkyper efìergli Hata fempre contraria. Et piaccia à DiOjcbe quefta andata non porti anco occaftoneal Va-pa di poter far quelle cofe che bora non può. Et fornai fìiit mpfljcbe quelli che hanno che pendere in Italia pen fajfero à guardare gli flati loro,parmi che fia il preferite. Et fc il S.Duca le n allontana tanto commettendo fe,& il fiutlla fila fana, mi tenga per f uo afjetùo- natisfmo fer ultore. Al Vefcouo di V erona Datario. T T Muendo io ^Merendo S .mio,per molte esperie» 1 provalo, cheniun maggior piacere io fento di quello,che mi nafte da quelle laudi che io odo dar fi, & oue m’occorre io do,alle degne operations voflre mi fon i rifiuto per fatisfattion m. a propria nò tacenti cofa, che ' mi nega in mente,che poffa a voi dare argomento di nuo i Ua laude ,&à me mono piacer e,Et p dare à quefla mia, rcfolu- \ MOT^S. DI 'ir[elulione ilpu) d gr.n , & ilp'.ù ragionatele principio che forfè mai mipoffa accadere, in dico,che i cjuejìa $er ra fi troua ungentil'b omo chiamato 7»/. Gajparo Gota fini di dottrina & bontà tale , che forfè l'età noflra non ve ha hauuto un fmik ,& algiudìciq mio , & d'ognit che il conofcc morva maggior dignità, & magior hono re di qui Ilo, che ftpoffa , ò foglia à quefìi noftri tepi coce dcrc.E per dirui liberamente quehbe io fento, ninna, altra cofa bafìarebbe per farmi de fiderare l’autorità , che rei hauetc con 'NoFlro Signore, & i traitagli in- | [teme fe non per interponerla tutta per far quefto rarif-fmo pentii'])nomo Cardinale.'llcheriufecndomi crederei per tal beneficio meritar tanto co la Sede ^Apofloli ca , & coti la Chiefa di Dìo,quittop alcuna opera, che to potesfi fare.Et pò Signor mio , fc mai noi fufle caufa di far danno ò vergogna alla Chiefa,per b oiu;fe farete ,quanto humilmcnte ui fu? , plico, che facciate. Di V emetta. MONS. DI B^IFS. 9 A M. Antonio Seripsndo 7\ /T •^Zu'lfico » ^ putrendo M. Antonio. Due, J_V _L dì fono i hebbì la lettera dì V. S. dì iz . del paffato infieme con le copie, & lettere del nuouo , & •vecchio Ficario. Tiaccmi, che imo fìa arrìnato, <& Ì altro partito, ette bene le cofe fecondo lo fcrviere del nuouo, non fono in cofi mal termine, come m‘era (tato fcritto ,purepenfo non hauerepeccato in hautrleuato l'altro Ficario ; ma fi ben grandemente in hauerlo lan to tenuto .Seuoivoletc, con la bontà , &prudentia voiìra fi rimedierà al tutto , ma nonfo che mi operare del voler voflro. hauendo per due mie non foto accetta to laproferta, che cofi corte fornente mi fac.efìe d'anda re infino a Tricarico : ma anche infiantisfimamente pregatoui,chelo volefie fire:allecjuali due mie no haue te dato rifpofta , penfo per non vi mettere in maggior obligo i non fapendo ,fecommodo vi foffeil (atisfarli. lo rimirila dijperation dell'entrate al voler ve [Ire; & cofi di nuouo rimetto, & lepre [enti, & leaueire]. Quanto allibro del Bembo,[cuferò la negligentia mia con dirui il vero. Tochi dì dipoi che fu (ìampato,rn oc corfepartir di quàper andare in Feronefe, ilche feci con tanta mia fatisfattioneyche io mifeordai quel piacere , che fempre foglio prendere in far piacere a vuoi. "Poi gionto in cafa mi ricordai della dimanda voUr a, & del debito mio, & fcriffi quà,cbevifoffc col rnego de'Tolomei mandato, & cofifit fatto & infteme tra t>n libro dell’Equicola, dimandato da voi: ilqualenon 5 fu I J B \o ^1 /}iacereì& fofpetto, che hanno cjuefti d’Ita-lia,di veder tanta tardità negli aiuti, che s’affettano di Francia:^ perche io conofco quanto danno potrebbe portar talfofpetto alle cofe voflre, ho voluto feri-iterlo ancora V.Maefà,e [applicarla, che fe fa fondamento alcuno in quella hnprefa d'Italia vagli aiutarla gagliardamente.Ilche facendo vi riufeirà (come moke volte s'b fritto ) ogni penfiero:ma facendo altramente, in luogo d’abbajfar l’Imp. lo faremo afai più grande : & vi perderete gli animi d’Italia per ferri prc.perche non crederanno mai più, che s’attenda loro cofa, che fa loro promeffa, vedo imodi , che s'vfa-noin queH'imprefa laqual’importa tanto al I\e , & al Hegno[uo.Etbifgnatcbepenfi, ochenon poffiate far altramente, ò che non vogliate: ilche qual’animo poffa dare à qttefli d'Italia, f .Mae.loconofe af-fai.Et Diofa,Madama, con quantodiTliacere vi ferino laprefente:& quello,che io fa] per ajf curare l’ani tuo del Tapa, & di quefii Signori:ma bormai non Jo più che mi dire:mn hauendo io hauuto mai auuifo alcuno di prouiftone,che fi [a fatta per quefimpref èpreffo vn mefe,che io non ho lettere dalla Core à quelli tempi fi donerebbe fcriutr ogni di per rnoi di /limar quefimprefa tanto, quanto ragioneuolmen-te fi deuc llimare. Etfe non che io fero pur à'bauere 4'bora in bora licenza dal Redi partir di qua, io /arci B ì -ma- IX. ' tifi- fr R.0 . /. ' 5 tnaliffìmo contento:percbef à dir ni il vero ) Madama j fecondo i modi,che fi tengono,non mi conofo atto à pò tèrni far fernhioiilchepar troppo'mi duole, perdendo la. robbdyil tempo,& l’ancma infteme. Et però vi fup-plica,che mi/'accidie partir di tjnà;acciocbeio non perda anco la gratta del Re,& la voHra.fi come perderò ì. fiandoui molto.perche mi farà impoffibile d‘batter tan-tapatientia ottanta mi bifognerebbe. lA zi,di Luglio * MDXXF1, Da renetta, AI Chriftianisfimolle diFranc a i CJlre,OÌ‘ra quello,che ioferiffi aitantibieri àFólìrd O \ide(làm’occorre dirle,come ejuefta mattina ho Lettere da Mnnftgnor Datario d; a. del prefinte : per leqiiali mimoflra-ma tacita mala fatisfattiene di N: Signore, fitta, per la tardità delle prouifiònivoHré che io don potrei [criuere, parendo loro impofjibile ì cbèfe F. Mac. faccffe fondaménto alcuno in quegli i'rrtprefd d'Italia, per la liberatione de' voflri figliuoli,thè quella Idiiimaffi fi poco:màsfmevedendo qua-t’o gagliardamente fua Santità,&quella Signoria fati no più di quello, che fono obligdti. Et certo io compre do,chelé'F,Mae.congagliardi&prefti effetti non affé curagli ànimi di quelli d'Italia , vói ve li perderete ; perche non fi potrà lorp perfuàdere, che F.Mae. non babbitt firettisfima prattica d’accordo con l’Imperatore; perche non volendo quella fargli gagliarda gi:erra,altiavia non vi reFta,che l’accordofdqual ac-* cordo MOÙS. Dì BAlVS. . il tórdo (lì ctìtne infinite volte ha fcritto) noni posfibU le,cbe feguàdimodoichere neposfiute asfhurure , fe n con làforx^,& ne ho più vsUe fi ritto le canfe; il che mi guardo di replicarle bora.De guardiamoci, Si-re,p l’honor di Dio,che gli errori nofiri non fieno ranfia di quella bona fortuna > che tanto fi predica hauet l'imperatore, laquàlfina buona fortunanon ha cofit , che tanto lofioW:ntìquantole anioni noflre.Etpiacefi-fie à Dìo , fe hàuemo a far per fan mire come 1} duerno fatto fin qui, che la lega non fi ftfìc ma] concìjiuja ; perche tutta tornetd ingrandegga > & ftabìlimento dell'imperatore : alqitalefie vi pare hancr tanto obli-gp.che non gli posfiate faùsfare , fi non con farlo figi del mondo F.M. non perda tanta occdfione,quantdha bora di poterlo fare, ina fatica, nb jfefa : ma filo col disperare gli animi a* Italia : perche quefta èia fola via per far conjegtiire a fua Maeflà piu di qiullo f ch'ella faperà, o potràdefiderare.Et perche fire, io ‘vorrei prima effer mono, che veder la mina voftra, et tal fine vi ferino della forte,che io feri to, fir fe tanta mia affettione,&fintiti} rerfo V.M:& Madama,v of fende,vi ftpplico hnmilmente,che mi perdoniate.Sire, doglio anco dire à ir. M. ■ cheftagfi altri difiiàceri di ’ìf- Sig.vi s’aggiunge d'haucr intefó che tarmata volita di mare nò farà prefta pettutto il me fi, che viene, #o» oflante che tanto tempo fia,che fu fcritto, ch'ella tTa in ordine.Et ceno non mi marduiglio, che altri llid itofotpefi di tanta tardità,poi che io, che fon più f> curò dell'animo,& della fede di^M.chenò fino di me me-«. È 4 de fimo LI B P^O i: iìep,7no,‘inì vi ci confondo di modo . chenonfo che mi crvàtrcmon tronando caufa,ne ragioìie, che bafli àfaT mi conofccre,perche F.M.non debba /limare, & con-Jzntare a'uefla lega [opra ogni altra coJa.Sire ,TS/- Sig. per farai intendere l’animo fno,&per chiarir fi del no (irò , vimandaynfernitordiAlonJ.il Datario tanto grato afa Santità,& à fua Sig. quanto alcuno altro » che n babbi a:nc cjfofuo Datario fa niente più difeflef fò.nè d’altri,che fi fappia il detto fcruitore: ilqualeefsÉ dograto à ina Signoria V.M.pito cjjer certa,che è ajjet lionato alle cofe vcjlre: & io ve ne fo fede, perche ne fono fecuro.Vartì il detto fcruitore à i XX. delprefen-te,con vnagalea da Ciuita vecchia.Ferrà con ogni di-ligentia posfibile:& forfè anderà anco in Inghilterra. Ma F. M.non a(petti però il giunger fuo, per far fare , & per folecitare quelle prouifioni, che fon necejjarie t perche i viaggi di mare non hanno certcgg.a alcuna» Deh 4 dÌLÌt^wTMDXXFT. Al Chriitianisfimo Re di Francia* Clire,hointefoquantoV. Maeflàmicomanda cir-O ca il mio reììar quì,mi sformerò,fin che io potrò t d’obedirui;perche co fi vi piace* fé ben mìpenfo mi tenia ìc in qaefla prigionia* non perche F. Maefìà ere-da,che io fiaper fadepiu feruitio,chealtri,che ci ma# dafie, ma fido per farmi patire lapcnita&d-fkllapre-funtion,cheto ufo in fcriuereàF. Maefìchiofi liberamente MOI^S. D 1 B*4iy$é 13 'mente tutto quello, che mi occorre. Ma fe qtieHa è la cau(a}cbe mi ticn prigione,fon certo,che non me ncpar tirò mai,perche mai non potrò tacere quelle cofe, che tacendolepoffa portar danno a Z‘ Mae/ìàlaqual ben fo certa, che mi dà penitenza a(lai maggiore , che il mio peccato non merita. Etjepur japefje qualfuffe tal penitenza,più facilmente la tolererei, perche almeno io feroci, che da quello,ch’io patifeo per fer tùlio a Vt M. quella conofcefle,quanto io le fono Cernitore, fe altro modo nò ho battuto per il poco valor mio da fargli fio con 0fere t A Madama- Xyf Marna,'Poiché al i\e,& a F. placet ioflarò ■lyj. qui fin che mi faràpo(Jìbile,[e he mi auedo, ch’a P. M. pare de battere rngrdn carico di confcientia, f bauermi dato il Fejcouato di Éaius,&però fate quan io potete * dcciocbe vachi sperando forfè a darlo a pet fona chepiù di me lo meriti, fathfatto all’erior vomirò paffato. Ma auettitc Madama , che non carichiate la confeientiavoftra d’vn peccato ajfaipiù grane,fi comè farete, fe farete caufa della morte di me vofiro burnii ti fimo [erukoreb A M; Marc’Antonio Flàttiinid 1 ■ .M;. || ' . [ JJ penfoM. Marc’Antonio che cofi poco vi fodif ■A faccia la compagnia,che qua meco trottata batte te & io t ■ t J- f. io ìnfieme , che ri fuggiate volentieri ogni catifa $ che vi potè (le indurre.ìviucr meco , & che però non volefle vedere il Garzanoitemcndo forfeyche (juel luogo hauejfc tanta forerà nell'animo vollro^che r indncef Je a peti far di fare, quello che già feterifoluto di non uo lerfare. Et fc quella è fiata la caufa, certo volentieri io vì perdono, conofccnd'io ancora quato fieno da fug gire l'occafioniiche ci poflono indurre à viuere co quel le compagnie,che interamente non fathfànno , &cbé preje maLfipoJJòno poi j'enza biaftmo lafciare. Mafe pur vi piacejfe di farci tanto honore, quanto ci farcb-; he,(e dicefle, batter già penfato viuer con ejfo noi, vivendo pur il S. Datario fuor di Rgma ; piu honorati ci terremo di tal voflro dire, che non faremo della pre-fentia di qual fi foglia altro che potè (fimo guadagnare. Ma fe ne anco quefto volefle fare,amando più il giudi-ciò vo[ìro>cbe l'honorno(lro,ci contenteremo noi,& ci sformeremo d'cjfer tali,che ci poffa effere creduto.State pur fanofebe in ogni parte farebbe grato a quella co pagnia, & effa farà à voi, fe non in altro,almeno ragia nando volentieri delle ottime,& rare coditioni voftre* Et baciate le mani in mìo nome à Monfi. Datario > rac-> comandandomi al Sanga,& avoi (leffo, De X. di Ttpuemb. M. D.XXV I. Da Venefid. A Monfig. di Lotrech. Q* E iofufi, llht(Irisfimo, & Eccclientijfirno Signod mio oJ]cr;tandiJJìm del tutto rifolutO) qual delti, due MO^ÌSi Dì B\A1VS'. H tlueUnprele fofteb-rada. prendere, cioèqucUàdiMi Uno ò di Roma., e del Regno di Napoli, volertlieri né fermerei ilparcr mio. Ma ejfendone io affai dabbiofo, poco fo che mene fermerei & tanto meno,non fapedo io, come Milano fi troni fornito di genti, riè d'altre co fi neccfjarie dalla difenfione d'ima tal Terra : nè qual f andamento ò timore ftpoffa bauer di quel popolo. Beri jonio rifol.no, ebe fi ut foffi ragioneuole fperanga di prenderlo pre Ho > che farebbe errore a lafiiarlo a diè tra, perche al creder mio piu c’importa ; per aflìcurài fi dell’Imp. lo flato di Lombardia, che non il detto rè gno:& queflo per la vicinità ch’egli bà -, d’Mlema-gna, d; facilità d'hauergenti, quante ne vuole. La* qual facilità mancandogli, impoffìbitè, che egli poflà fare piu effetto alduno contro aJT Italia, ne ch’egli poffi guardar quel Regno. Ma mentre cb egli ha pie in Lom bardia, non filo manterrà quefla parte d'< talia ingra, fo'petto, ma darà anco tanta ripHtationeàlle co fi fitè del Regno che fi faranno più diffìcili ad acquiHarle;pé •'ò che quei popoli non ardirano a mouerfi ; temedo de ìfùcceffi de me fi paffuti. Ma quando fi perdeffe Mila-dò , io credo, che quel Regno non farebbe refi/ìénga al tuna alle noflreforTfi : perche ipopólinon potrebbon di nono temerfoccorfi ne di Spagna , ne d’^ilemagna forfè prima che ì’kuomo s’accofiaffe -, faremmo af-hi certi della uitioria. Ne credo, che diligenza w>. far f.* alcuna cipòffaportare tane attuò i per acquiHar T Regno, quanto farla l’acquiflo di Milano,e q do per ì* tiputatione, ma pia, perche te gài d’Mmagnq nò L 1 B K 0 1. fìmetterebboìio a yenire cofi leggiermente in Ita* Ha fj'apendo di non bauer luogo , che gli ricoglia prima che giungano nel Regno, ma mentre che bauerdno Milano, non penferannopiù oltre, che airefpericirze paffate. ^spprefto è da confiderare che effóndo le colè della guerra tanto incerte, quanto fono ,fe l'impre-fa di Milano non ci riufeiffe ( benché non redo califfi, perche non debbia riuJcire)ragioneuolmente, nonpof pamo temere diperdere altro che Milano, eia ffiefa fattauì, ma non ci riufccndo quella del Regno , temerti affai, ch’olire alla ffefa, non ciperdcjffmo, ò roui nai fimo le genti. llche ffc aueniffe,non fo come pcon-fèruaffe quello che habbiamoguadagnato in Lombardia . Ut guadagnando Milano, e volendo y olirà Excel lentia fft affìcurerebbe forfè dal S. Duca di Ferrara con maggior fìcurtà, che di parole generali, fi come quel* la andando rerfo il Regno, fideue in ogni modoasfi* curare, e cofi del S. Marchefe di Mantoua, acciochC venendo none genti d’Mlcmagna, non haueffero di loroilpaffo, & che voflraEccell.fitrouaffe in meg0 di due efferati. Et fe quella foffe affai aitanti verjoil Regno ; temerei, chequefle nuouegentif ffepur veniff fero ) tramagli afferò le cofe di Tofiana, c della Chiefft’ llche facendo difficu Iteri cwn grandemente l’imprcfa > ve fifa.,., che filafciafferoper la guardia di Lom* bardia, Inficiando tal guardia a quefio. Signoria, & a’ Signor Due a di Mil ano. ihjuale ffenga. 'Milano poff potrebbe fare. età quefli signori fernpre premerà pi11 il guardar lo flato loro, che alcun altra imprefa, àe MOT^S., DI B ./il V S. i? poteffero fare, olirà che non haurebbono gente atta ad opponerfi ad altra gente, che yenife d'^ilcmagua. Et è da confiderare ( come è detto di [opra ) che guada gnando Milano , guadagneremo anche il Bggno, ma guadagnando 'ritegno, non fole perciò non guadagneremo Milano , ma facilmente cjuellaimprcja fi farà piu difficile, che non è bora, però che ri verranno mio uegenti, non rèfìando alcun altra via all’Imperatore per ricuperar quel Regno con la for^a , fepur’ilpcr-deffe, fe non far fi forte, (fe potrà) in Lombardia . Il che fe facefie , non folo quefla Signoria nonpotrebbe dare aiuto alcuno all'imprefa del Regno , tnabifogne rebbe, ch'ella ftffe dagli altri confederati aiutata,#1 cofi iaffiefa fi farebbe maggiore al Re, <# non fo come fi fu fieil modo d\poterla lungamente fopportare. Et fc i minifiri dell'impcratorepotefjerotrouar modo per (eruirfi delle genti , che bora fono a Roma , fi come è credibile, che vedendofì Hretto, faranno quan to potranno per poterfenc feruire , riufeendo loro, terrier cl , che qucU'imprefa baueffe qualche difficoltà. Cerche fi metteffero a difender Roma, ò qualche altro pafjo , ò terra , douc V. Eccellentia fuffecofirctta diperdere qualche tempo, ananii che ellapote e entrare in Regno, io non vedo, donde ibitomofipotcjfe falere di neffuna qualità di vettouaglie , augi fon cer to , che ne patirebbe molto,#- non è fagiane di poter-fi afificcurare d'hauerne daìi‘armata di mare fepur ne batic feda poterne dare. #- la pefie,cbc è fiata, #- fior le è ancoraviiiuerfalmentc in quella parte , farebbe iit ' L t B \Q. I ia dìfficultà affai maggiore, & V. Eiccllentiafa che il mane amento di vettouaglie Joldi quattro giorni ba~ fla a rumare qual fi voglia bene inflrutto efferato . Et fe quella penfaffe di prender il camino della Marca & dell' Mbbrwzfgo dico, che anco in quelle parti è del lapcfte , & l'M-bbrug^e è molto afferò , & difficile finn er no, ma quel che è peggio (te fi prendeffe quel camino) fi laverebbe in preda a gl'inimici di E^ma (fi può dir) tuttalt alia. Liquali nonbanendo capo t ne obediauia èajjaipotfibile, che fi voltafero verfo To~ )cana,&-Lombardia,youinando tutto , & in tal cafa non fo quello che fi facejfcroi no flri confederati. Dall'altra parte , io conofeo, che diffìcilmente fi ridurrà l’impcrador ad accordo alcuno, [e non fifa laprefa di queli{egno,& ccnfeguevtemente non fi libererà N. S, ne li figliuoli del I{e, ihe è il principalfine deU’imprefa noftra, non parendo a fa MaeFtà Ccfarea di prendere il ino, fe ben perde Milano. Tqe conofeo , che l detto. Vipftro Signore fi pofla per firgq , neper altra via liberare , che per v'tiapace vniuerfale , efjìndo in poter de nemici , ognivo\ta che faranno aflretù a la-feiar a [{orna di condurlo in qual fi voglia fartela del Marame. Ne mai mentre fioràia guerra accela.Jìfide-: "fjltirio di fua Santità, conofcendo quato (hanno offe fa, Fe ; potrebbe effere , che sformati da neeeljuà lo libe reff ro per grafia fomma di denari , ma non vedo , co1 e fu a Beatit dindi poffa trouare , ne conte fipof i affeiurare di coloro , che tante volte l’hanno in-gayiMM > che anco baimi ì denari noìi lo ingannaffe- X9 MOK^S. DI B^Airs. US ro dinuouo. Et fe alcuno dìccffe , che nonpotendofì bauer lapace,che è ilprincipa! fine dell’imprefa nofira, fen^a far guerra al Regno , fi donerebbe , poTpofld ogn altra coja , farla per arriuar tanto p:u presto al detto fine , io confèjferei ciò effer il vero , ogni volta che io fperaffì , che la detta imprefaci douefle riufei-' re,come fon certo che ci riufcirtbbe , fe prima guada-gnaffimo Milano , -tfr atiefe la difficoltà dette di [opra farmi, che fi donerebbe fare ogni cofaposfibile,pcr fh militare la dettaimprifa , poi che da quella depende il fine d'ogni nofira de fiderio. Et quando pur figuada-gnaffe Milano, & che non fipotefiepcr bora guadagnare il regno ( il che mi par impajfibile) batteremmo far tanto fminuite le forgi', & lanttowà ddl'lmp. ha Olendogli tolto la Lombardia, &• Cenema » che ci potremmo contentar della ipcja,che vi boote fiimo fatto. Ma la, dando Milano adietro, & non prendendo il Regno,non /o/o baucremmo buttata la fife fa,ma balleremo anco fi ta i'auttorità di ll'Iinp. maggiore,bauendo indebolita Italia,che non le rejtano forge per re [riere, non ebeper offendere. Oueliefono Signore quelle, fpe tange , & quelle difficoltà, che .mi venganovi men te, circola determinatione , che b Mas bada fare di prender l’knprefa di Milano, ò di /v apoli , della qual detertninatione penfando io,che dependa laviitonu , à il dubbio della mina vo/ira , mi pare non potei’erra Tea dirne il debole parer mio , fenga però dichiarala , qual’imprefa fujfehtra da prendere. Ma tutta lajcio,fi comeio debbo,alprudentegiudicio deh'Eccel I ' * lentia z i b i{ o r. lemìavottra. Laquale io faccio certa , che io non mi faperè del tutto rijoluere, qual fta il meglio,fìno a tanto che iaincn vedrò lei risoluta,perche la rifolution fua far : la chiarezza mia,limando fempreil meglio quello, i hr dall’Eccellcntia vostra farà fatto. .Alla buona g ratia delinquale bumilmente mi raccomando. A MONSIG. DI L V T R E C H. T iht(Infimo Sìg. mio fe io fujft , ò faceffi coftpro-I fefiione di faitio,comc fempre ho fatto , & faccio f ho omo da bene , mi farebbe Slato affai facile il dìfii-rnulare il dijìiacere, ch%io preft di quello, che piacque a vofìra Eceellentia dir di me. Il che fe fi vorrà ricor-dare ,f come himilrneri' r la fupplìco che faccia , Ji ri corderà d’haucr detto qualche cofapiu di quello che mi fu ferino da Trlrffer^^lmbrogw ; ilqttdfio conofco | di tal natura, & fi mode fio, che io fono come certo, , i he mi fi-riffe afiai meno di quello che gli fu detto], che > mìdonejfe fcriuere. Et fe all'Eccell. vofìra pareffe , ire Capra aU'magination mia non mi douea dolere , de IL: forte che mi fono doluto, vi dico > ch'io fon tanto ! gelofo idi'honor mio , ch’ogni minima ombra, ch’io vedo hauer del mio feruitio , mi dà tanto difpiaccre , che non poffo,ne voglio tolerarlo. Et feper altra caufa io non merito, che f £ cci llentia vostra m'habbia per-feruhore, mi par meritarlo co'l farle conofcere, che io {limol'homr mio quanto vngentitbuomo lo deuc{limare . cr h-tuendo io conofciitiO fempre quanto l'Betel- MONS. Di B^IVS. ' 17 ^lentia ucflra egelofi dtU bonor fuo, mipare ìmpof fibìlc che quella non donejfe cjfcr nemica di qualuibe fufle altramente, pur s io 1‘ho offefa hauendolè Jcritto della forte, che io le fcriffi, mi doglio, Sign. mio,di no potermi pentire, non efjìndo in poter mioil tolcrar quelle cole, chemipar, che mi poffano dar carico.Ttfè voglio far giudici altri dell’bonor mio , ma voglio io fieffo giudicarlo, non effendo alcuno,che meglio di me fappiaffepur'in me è parte alcuna dihonore ) quanti anni > & quanti (lenii mi colli Et però alcuno non ft deemarauigliare, dio mofiro hauerlo caro, & dio uo glio femprepiu [limarlo, ihe la uita, fi come voglio. %Alla parte, che voflra cccdlcntiadice, che per quan to è (lato in me, non Cono mancato di fami perdere la beneuolcntia di quei fgnori, rifondo, che non Co ima-ginarefopra che la Eccellen. uoftra fondi tal'opinione perche non ho mai (crino cofa, che vipoffa dar tal fo-(petto di me. Ma chchauereiio potuto fcriuerepiu di quello,cheinfinitevoltevoflraEccellentiaha detto al magnifica meffer Tietro,etpiu dì quello, che il ì\e diffe al?Mmbafcator in Francia?Dico,quando iofufsi ilpiu maligno huomo del mondo . vi accerto, che ha uendo io piu volte viflo quei Signori maliffimo contenti, & per quello ch’era fiato ferino alBe,&p quii lo , che s’era detto al predetto Meffer Dietro, h mi fi sforato far loro conofcere, che quel che uoftra Eccel lentia diceuaera foto per beneficio loro, per (limolargli a far quello , che tanto loro importuna ,& che n/i ftucea, che di tale officio le ne doueffero battere gran-v. c dijfimo . l i e iio. i. àisfimo cbligo,& cofi che quella hancffe fcrlttoin Fra eia, che leprouiftoni di coflà non fi faceano di quel mo do, che erano obligati. 'Per il che vcftra Eccelletia [cri ueua,acciò che il l^, & gli altri della Corte non sador mijjero[opra leprouìfioni di qui, & cofi da quel canto ft mancajfe a i bifogni dcU’mprefa dicendo loro tanto della viri tofa natura di vojtra F.ccelkntia , & delle rare conditioni, che fi trouano in lei, che [e farete tale, non foto ve ne potrete Monftga. contentar voi ,ma la Francia fe ne potràgloriarc affli, dibatter prudano un tal Principe. in quanto a quello , che l'Eccellentia vomirà dice, che ho muffato di limar poco la perfona no (ira, hauendo fcritto quel ch’io ho fcritto , potendo io effer certo , eh’a lei farà da dhterfi canti fatto intender iltutto,rispondo,che non ho mai fritta , ne fermerò co fa,laquale io no mi contenti, che fa vifìa da ogni uno. Ma non voglio già credere, che vofra €ccellentia bah bia viHo quello,ebebo piu mite fcritto di lei, & anan* tì che venifje in Italia,& dapoi; perche, s'io il credeffi non vi potrei tenere per quel buon Principe,che tu teri go,parendomi, che fife molto ingrao, hauendo tale opinione, qual ino frate batter di me, perche baureflt cono fiuto per lo fcriuer mio,quanto ri fono ajfettiond to feruitore. Et per rifonder a tutto,dico, eh;- ho hati-r utopiù rispetto a voi Mnnfignor, che non hebbi mai* quei Pontefici,che hojef ui:o>nc al t\e,ne a Madama. Et fe no fra Eccellenti a haurà y ifh , I? come ptnfo che Labbia,le lettere,ch'io ht 'C*i t > alle loro Maefà, coti0 feerà , cb'ioU dico il vero, ne m/i fruirò a patrone^ MOT^S. VI B^tlFS. 18 tft'io non gli pojfa dir tutto quello , chefni eleggerò di àirgli, ilclie conofco che non fi può fare con r oftra k c-cellentia.l^e crediate Monfi. duo tanto yi flimiper il luogo,che tenete,ma fola,perche penfu chela meritiate & maggiore, fe ui fi poteffe dare,che henfo io,che fimi li dignitàper fe non fono : prometto, che da me non fa ranno max llìmaù,& habbiano pure autorità, quanta pofono Irauere. Et ancor quello può l'Écc'èlléntia vo-flra, per gli effetti hauer cono fiuto. Et per conchiuder letico , .che quando io comprefiper la lettera del Màg. Mcffer’ylmbrogio l'opinione, che l- Eccellentia voflra moflraua hauer di me,mi rifolfi per minor male, di no mi impacciar piu nelle cofe di quella, & tanto piu me ne rìfoluo hora,conojcendo per la lèttera fta,che n^n fo lo m'ha per negligente,&piu affettionato ad altri,che al Ee,ma anco m’haper maligno, llcbe quanto fia lontano dal nero, fyero in Dio , cheue lo farà conofcere. Supplico V Eccellenza voflra che mi perdoni di co fi luti ga letterai'.aquale non hauerei fritto , fe non flimaffi tanto,quanto fo,la buonagrazia fua. ^lllaquale burnii, mente miraccomando. > Il fine del primo Libro. «JBj C t DELLE delle lettere D I XIII. A V T T o R I *v ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuonamcnte aggiunte. LIBRO SECONDO, DI M. Gl 0, B^TTlST^i Secretano di Vapa Clemente. Al Cardinal Campeggio, à nome di Giacomo Salniati. ^ l'altre ferine a V. S. Reuerendifiima que~ E ^ a è la quarta,che fcrisfi,&quaft del mede fimo tenore Trita che l’altra. Et fe prima [offe fiata in dubbio della caufq,ehe induceua N.S. a ricordarle: eh 'ella andafje rattenuta piu che patena » bora dette efiei ne chiara;perche.,ò effendo ancora alla corte del Cbrifiianif. vednper quella^}) e ferine al RC iieredisfimo mio figlittcdof' esfito, che ha hauuto Tint-frefa del t\rgno,òàf[hmlo paffuta piu aitanti; fua S. neren liff. le madera quanto ferino. Come V. S. Rgue» rSdiff. \a,tcnedofi N. S. obTigatis(ìmo,come fa, a quel Sr.rcn\sfmoRe,ncffunacofa è fi grande, dellaquale no ‘leftderi compiacerli,ma bifogna anchora,chefua Beatitudine, vedendo T Imperatore vittoriofo, & sperati do in quefia vittoria no trottarlo alieno dalla pace,per l'inten- I L S 7{G vf.' 19 ì'mtentloni}che ne ha date continuamente>ìion fi preci piti a dare all’imperatore caufa di nuoua rottura feco, laquale leueria in perpetuo ogni fferan^a di pace. Oltre che al certo metterla fua Jdntitd a fuoco,&àtota-le eccidio tutto il fuo flato,che con ogni picciolo attacco quell’ejjercito fu la viteria faria del re fio, & eflingue-ria del tutto quclpoco,cke ci rimane della riputatione3 tir dello flato Eccleftaflico. Et per quello replico a V, S. Bguerendisfma il medefimo,cbe per l’altre l'ho ferii to,che quanto può fenga fcandali^are quel Serenisfi-mo Re , vada intrattenendo fi nelviaggio. Et quando pur le pareffe troppo,e eleggeffe dipafj'are in Inghilter ra,almanco faccia tutto il fuo sformo con fauttorità di fua Santità, & buone ragionfebe y. S. Rpuerendisft-tna (apra addurli,di rcitegrare l’amor di quel Serenifs. Re con la Serenisflma. Regina Ma quando pur fuffe a-flretta, fta almanco auuertita di non lafciarft ridurre allo flretto,&coflringere a pronunciare, fenga mona :tir efpreffa comisfione di qua. Hoc fummum,& maxi mum fltmandatum , &c.DaViterbo vtii.diSettembre. 1528. Al Cardinal Campeggi, a nome di Giacopo) guluiati. A A t veirg0£n° formai replicar tante volte il mede Ì.VJL fimo a Voflra S. Rcuerendiff. mas fune rflen-dofì ejja partila di qtta’Cofiben iufln tta dell'animo di "typ/ho Signore , che ancor fengfaltri ricordi non po- C $ trio, tyr ,V L\ ì B 0 '. rl.l zirla errare di niente. Ma replico no per diffldentia, ctie /babbia,ò dellamemoria^ò della prudentia fiia-yma fecondo che [iranno (coprendo ognidipià riue ragioni, per lequai fua Beatitudine ha da ricordar a rofira Sig. ;l[ucren:li(]ima, che uada raitcniita,& vfi la efficacia ffua,& la deffrexzp quanto può, in rimanere quel Se-ravfì. Re dal defidcrio, nelqitale é,& teintegrarlo neh,’ antico arnor con la Sereniffima Bigina. Ma quando no ,poffd,& fi vegga allo fìretto.non pronunci] in modo al _c un offenda nuoua , & effreffa commiffion di qua. Se .nel fatisfarea fua Mae. non correffe altro pericolo, che ■il priuato di fua Santità, è tanto l'arnor che ella le porta, 6~ iobligo, che (Ima batterle, che fenga alcun riguardo correa a contentarla. Ma doue va, non dirò il pericolo, ma per le cofe fucceff'c la certa mina della Je .de Mpoflolica,et di tutto lo flato Ecclefiafiico,c forga, ebeper fatisfare a fua Mae. fola, non accenda vvgran di fimo fuoco nella Chrifìianità,che fta incjlinguibile. “Per lettere,che fi hanno di Spagna,&per quanto ft.ue de in queffi nnniftri ddl'lmp. (ita Mae. Cefarea moflra effer molto ben contenta di Ifoftro[ignare , &per la neutralità nella quale 5 è contenuta,& mediante anco fa i ricordi di fua Santità.non oliarne le ancor frefebe, &grauiffìme ingiurie dello efferato [uo,&l'inftantia che glie nè fiata fatta datutti i\Vrincipi, bauerprefo dilci confidentià tale,che èper condèfcendere colme%p fuo alla pace : allaquale quefli agenti firn qui dano cet infima ffer.inrga,che fua Beatitudine trotterà dopo que fta vittoria la Mae. fua più facile, che nonbàuriatro' 1 L .IS Jt N G W". 20 Wto prima,perche li parerà con ben or fuo poter conti ■tàrft di qualunque condiùoni yonà,in modo, che dono bora fiia Beatitudine ha qualche fperan'^a di poter rì--fanar le piaghe della Chriflianità,fe fi fa all’Itnp. ma ingiuria tale,laqual al fermo riputerà grauifima, non fola fi perde la fperawga della pace yniuerfale,ma precipitale^ la Cbieja in ma profondisfima,e manifejlif ftma riiìnadaqualefepotejfe fuggir laperjonajua, no 'può fuggir lo flato Ecclefiaflìco , che refia tutto in preda t & a diferelione de i minifiri dell'lmp. Vero nonpa ia fìrano a vofìra signoria Reuerendijs. che tante yol te fe le replichi,che non fi lafci ad ajcun patto trafeorre re a pronunciare , fenga bauere di quà efpref isfma commisfione, ma vada menando le cofe in lungo, che forfè Dio in tanto metterà nel cor di quel Screnisftmo He qualche fantopenfierodinondcftderardafua Bea titudine cofa; che fenga ingiulliùa,pericolo)& fcàdolo fuo,Je lipofTa concedere. E prego Dio, che dia anche a Polirà Sig. Heuercndisfma felicità in perfna'dere a fua -Mae. quellOicbeTfpflto Signore de fiera, -da Viterbo. M.X VI. diSettemb. 1528. • A] Signor Afeanio Colonna* T 'X Efdero edificare fopra quel fondamento che ho J / già fatto di jernitù con yofira EccelUntia , & perche non poffò aJatisfattion mia,je non '{landò Caft- C 4 tua 01 LIBRO, ITI I tic a b ma olenti a tra 7\(. Signore, & lei, io (lìmo an* torà nonfoterla. Cernire in cofa , che piu grata le fia, thè in fare, quanto è in me, che S. Santità fia ogni dì piu chi a ■ a del buon'animo fuo,per quefio piglio ficur-tà di ricordare a V. S. liberamente quello , che filmo ejfèr difuoferlìtio. Sonfcruitor di 7s(. 5'. <&• ha f^oftrd S. da oenfare > che fé io non vedesji nell’animo di fua, Santità tal difpofittone, che crederft poter congiuntamente Jeruir'anco a Foflra Sccellervga riferberei la vo lontàmix diferuirla ad altro tempo. llSig. abbate di l^egroM’ba detto per fua parte, che quell' animo,che mi mo flro batter a Lente , conferita ancora, & è per ■mantener fempre. Di chtio fon certisfmo,r.e mi pare t che in deliberatione nata da [incero ,<& prudente giudi cio,po[fa efitr mutatione, & ora è il tempo deftderato di poter moflrar con gli effetti Et fecondando voflrd Eccellentia la volontà di 'A(. Signor , & procedendo con quel riguardo,che [iconuiene alfbor.or di fua Sari tità,vojlra Eccellentia otterrà da lei ciò che de fiderà. Hauendo fua Santità in man fua lo flato già della buona memoria del S. Fefpafiano,& non effendo per torre a F. Eccell. ne al S. Trolpero.per dare alla Sig. Ifa-bella,maperfargmfì'uiaad ogn’vno , hauria volutoi che non fi moueffero arme in ripigliarlo. Tsfl vendicar l’offefe centra ogni debito fatteli dall’abbate di Far fa, ègiuflisflmo lo /degno di voflra Eccellentia,ma fua Sà titàper quiete di quefio poueropàele , vorria, che non fi feguiffero dalle perone prudenti i vefìigij del* Ifdbbateftn abbruciare,^ minare, come fifa, come me- , il s jt h n-jt: u Meglio rètyórrà M.Girolamo Tuonato, chefiut Sanati le manda à quello effetto.Supplico V. E ccell.vii per donale’l de fiderio mio di vederesche t'inflauri maggiore, & piu bella che mai,la bcneuolcntia, che baueua con la Santità fua mi traporta a dirle prefuntuo[amente il parer mio,nelqualc jia V.Ecvell. cena efferfede,& a-mor fingolariffimo del feruitio fu o. &a fornai 3. d’Ottobre. 1528. A M. Girolamo Rórario i à nome di Giacope Saluiati. T T Ora da rifondere afe voflrc de xxv. xxvì. xt J_ Jfiimo del pa(lato,&primo del prejente, lequali bencne[critte da -voi diligentemente, non hanno por tato a N. S. niente di nuouo , in quanto all'animo di quei /ignori: perche fua Beatitudine fe nè già perita-fa,quanto fipoffa perfuadere ■. Et di quefìopuòefferià ftgno il ritorno f>o a Bgma, che e flato a pcrfnafio-ne dell’llluflrisfimo [ignorTrincipe, & di tutti quei flgnori, la fede de’ quali ha potuto piu nella fantità fua,che tutù quelli,che la diffuadeuano al venire, & che i mali portamenti di quelli tche vanno turbando ciilpaefe.Et cofibieri col nome di Dio tornò qui, doité affetta da lor fignorie tutte ogni fnuore, & buono officio poffìbile, & che a quello honore, che hanno fatto alla Maeflà Cefarea, & fe sìeffi di ritornar fua fantità, & la Cbìefa nella fua fede, fieno ancor per *gginngem» come hanno offerto ,&prmejjò, ciò - ^ F che i.t . L I B 1^0. ri.i che bifogna pur mantcnerucla ancora nella dignità debita. Etptr quefle non reilerà fua Santità di ricordare, che fi faccia ogni co fa,per levar l'arme, che fono ak>intorno, &preveder, che ctifino gli incendij, che fi fanno delle cajleUa di cafa Orfina, mas fine che ha-uendonegià arfe il doppio piu, che non ar[e l’abbate,doueria l’odio effer fatiato.Spero bene, che la pro-uifion fatta di mandare il S.^f anio, & ilfig. Sciar-rà,batterà, pur'apropofito è che fi replichino le mede-fme cornmh fieni, fin che fi veda feguito l’effetto, che fieno obedite. Isfon è manco neeejaria la diligentia d‘vn buon medico nella conualefcentia dello infermo, che in cacciarli da doffo la febre, perche , doppo una' lunga infermità reflano mille foprosfi; & ognidì in qualche parte del corpo fi fcuopre qualche male. Coft nonbafla acoteflifignori hauer folleuata la fede jL-pottolica,cbegià era afflitta,ma è neceffarpffmo aiutarla fin che la fiaben confirmata nello effer buono , perche reflano tantepiagbeper la malitiapafiatn che ogni dì qualcuna pulula, & prima che di cofià poffi venir rimedio,è feguito del male affai. Quella del Sig. Sciarra è querela vecchia. Quetti fignori Sauelli abbruciano ogni dì di quetti lochi della Sabina. If. Sig-benché rispondeffe fempre,che non era perfarcofa cb' tra ilferuitio della fantità fua, pur s’intefe hierrnatti na,efiendoTfofirofignoretraqui, & Viterbo , che lui con circa cento fanti , & quaranta cauallihauttt pafiato il Teucre per andare a far nouità in N. Cefi in quetti tempi turbulenti ogn'un fi piglia hcentU 1 t s \A G Uf .az ^dì far del male, &'fi rìcuopróno fotta l’ombra della •Mae.Cefarea ; come fe per feruitio di fua maeftà, or* tton per priuàte lorpasfoni facejfero quel che'fanno . Con ma feuera ammonitione del fig. 'Principe fifaria cader l’arme di mano a tutti quefti tali. Et defidcrc-ria fua Santità da fua Eccel.cbe mandaffe a chiarirli, cbenon èpertolerare, che le male opere loro macchiano la fama dell’lmper.& l’animo che ha fin'cefif firnoverfo laftg. fua ma che pregherà fua fantità a Cafligarli fenTa alcun rifpetto, che esft fi face ano fer uitoridifua Maeflà : ir che non fola li abbandone-*àtma aiuterà anche fua fantità bi fognando per poterli cafligare. Ma perche non habbiamo ad effer ogni dì a quefle parole,di gratta follecitate, che venga a tutti •quefti, che moftrano ripararfi fono il fauor dell’Imperatore , vn tal comandamento , che habbiano a pen-far d’offender ì’Impcrator proprio in ogni minima co-fa, che offendano l’animo della fantità fua ; dr co fi fi eftingueria tutto queftofoco. Che altrimenti Jariavc-nuta qui, non a ricreatione di quefta infelice città , alla quale pare che da Inerì in qua comincia à tornar lo fpirito, dotte prima era vn corpo fent^a anima, ma faria uenuta a tolerar con piu dishonor fuo le cofe mal fatte,che non faceua, ftandone abfente. Et però replicherò , chedigratia ftprouegga a far quietar non foto il fignor Sciarra, tfr li fignori C oloneft,& Saltelli, Or tutti quefti turbatori della quiete del pae-fe>maancochcperviadimarepoffa venire aiuto al 't’iuerdiRoma. Quefto Cafiellano d’oftia pur non coffa L 1 B ^ 0 Ili ceffo, fhrdclle riprefaglie a mercanti, dicendo dotieìè bauerda altri, & che ruol’efferpagato da chi non li deue,& fono anche per mare rerfo Ts^ettuno, delle fre gate,che fanno del male affaflequalì facilmente fi lene riano,dandouicotefìifìgnori quello ordine,che lor pa re.Tqe guardate, che fta la cofa piccola, perche fanno a Romagrandiffimo danno,che la robba non ci venga, & anche alRegno,che non la può fmahirc. Direte che fta troppo il faliidio che fi dà cotefli fignori, pure fiaui argomento della fede , che jua Santità hagiàprefa in lor fignorir. La virtù del fignor alarcene se fatta co-nofeere co fi dalla Santità fua,che faria cofa nuoua,quì do ella non continua f e in far per effa ogni buono off - ' ciò pulfibìle,& fiia Santitàfe li tiene tanto obligata , che piu effer non può. Ter ogni buono officio, che ellA faccia ringraziatene affai lafignoria fta . non dico Ut pregherete a continuare, perche fe le faria ingiuria a Spronarla correndo per fe fleffa in ogni cofa di ftruitio alla Santità fta.Cbi voleffe,cefi,come [uà Santitàinte de qualche cofa fatta per lei,render gratin per breui , non bifogneria mai far altro,bafla,che voi [applichiate col fig.Gio.d’Vr bìno.et col fig. Caflellano,alqual fu A Beatitudine ha obligo di cole aj]ai,cir precipue del buo trattamento , che fa a quei Reuerendifs. ftgn. oftaggi. Hebbi ouefla mattina le vo re,non ho dapoi potuto ef freon Monf.di Salamarua , però non ho fatto f officio r il fecretario del ftg. sthr cone.malo farò, &intnO buche credo farà er ■i’o.Et per tutti quelli, che s’ope-> ■ ; fruitio dì jua Jantiià, volentieri m’adopcrcro ancor IL S G iA. 25 oncor'ìo.'Diteal ftg.Morone.c N.SÌg.fa,quanto fua ft~ gnoria fa per effb, & che benché non s’vfino cerimonie dì ringratiarnelo ogni dì,non è che fua Santità non babbia impreffi nell'animo gli officij, che fa per là del continuo, & che nonpenfta far , che fua (ìgnoria da qualche effetto conofca quanto fua Beatitudine fe ne tien[eruitai&fatisfatta.Et a voi mi afferò, raccattando. Di Roma. A j. d'Ottobre. MDXXrilI. Al Sig, Afcanio Colonna. TV T Onpiu come feruitor di bloflro Sig. che di vo-i. \ fbra Ecce II. mi rallegro vedere in lei quell'animo,che conuiene alla virtù, & prudentia fua,laquale non fo in quafattopofia mofìrarfi maggiore, che nel temperarli nell'occafwne di vedetta giufia, come ora quella di V .Eccell.cantra l’Abbate di Far fa, benché le cofe fieno andateinmodo, che fern^a volontà di P-EccelLall'Abbate è Unto dat i gran cambio de' dan ni fatti, & ella per hauer’hora rimediato , che'l male non proceda piu auanti,ha la laude fua. T^on folamen tc fua Santità,laquale ha deftdcrato , & amato fera-V'tein y .Eccell. quell' animo , che vede effreffo nelle lettere fue,ma tutti iferuitori di E'.Eccell. hanno preio grandifimo piacere d’incender lavolontà Jua , dì fiuere per lo auenire buono amico, & feruitor di7<[. ^-perche doue queflaponerapatria è afflitta dal paf- Jato, r- ■ L 1 B \0 II. X fato, comincierà a respirare con la quiete, che [pero in Dio babbia ad bauerper molti anni;& tanto piu, qui to refta bora V. Eccell.maggiore, & inlei fola quajfi so vacche tutte le for%c ddl’tlluflrisfima cafa fua,laqnal gratta riccnojiendo V.Eccel.da Dio, non è cbidubiti, ch'ella non fia per vi are tutte a fuo feruitio,ad in/ìau-catione della patria [ita,con bonore,&gloria fragra*. de.j\^s.c0r.ofcc,che con quell' am or e,eh e V. EcceÙ.bq già pofto rerfo fra Beatitudine, difeorre &xonftglia, quello che giudica fuo feruitio,& fi promette di lei nit te manco di quello,che p'.Fccel.fcriue , ma non difeen* dorò bora ad alcun particolare,con la fperan%a,cbe oliami dà del fro pr elio renire in quelle parti , perche inoliò meglio discorrerà con fra Beatitudine effa mede fimo. ihe non fi può per lettere.St {pero, debba trotta re anche in fra Beatitudine tal corrilpondentia, che ne farà contenta,&a quella citta farà di grandiffimo con fortori, chiarir fi della rerisfima reconciliatione trafua Beatitudine,& F.¥ccell.& l illuftrifs.cafa fua, donde fiera rifìoro, come dalla difeerdia n’ba battute tante TuinCydelleqitaU fon tertisfimo,che V. Ecccll.fenta altrettanto dolore,quanto alcun'altro; come quella, che eonofce,chela grandczxadella cafa, & fua, confiti1 nella grandezza di Roma;&della fede .Acattolica, ho me ho detto a F. Eccel. a frettando,eh'ella s'accadi fr qua non rifpondo ad alcuni particolari. Bafii per boro dirle,che le lettere fue, & la volontà, che in effe fi ite' de di F. Eccell.fono fiate a 7f.S.gratis fine , & che io credo , (he ambe in fua Beatitudine trouerà ella tali 6 - „ animo, ri s jì v^g\a. 24 Mimo, che ne refìerà fatisfatta , & conoscerà l'hnen-tion f ia volta Tempre al bene. Io rìngratio V. Sccell. guanto piupoffo,che fi degni farmi tjuefio bonore, che fà di communi care ancor per mc^n mio l'animo fuo a M S. Et quanto pojfo bumilmente me le raccomanda . Rinoma, àXV. d’Ottobre. 1528. Al Cardinal Santa Croce. Econditioni dellapacetrafua Mae. &ilCbri - I___.flianifs. fi fono tanto ventilate, che nonpar fi pofja trottar cofa piu,cbe non fiagià propofla , & ra-gionata.ma perche niente è macato a congiunger quella concordiate no la fede, che pofavna parte pigliar *elPahra,k necejfario, che come fua Mae. ha prejo fe-dein lajciar la perfona del Cbriftianisfimo , coli la PlgH in qualche parte ciccale ficurta,cbe le faranno date,&quefio medefmo officio farà fua Santità , in perjuadereil Chrifìianifs. a voler la pace con quelle pìu tolerabili cÓditioni,che hauerla potrà vcrche, fe l uno, er l'altro di quefìi Vrincipi pcrftfle m l propoft to fuo, Celare di non voler manco di quel che ba domandato il Cbrifiianifs.di dar ancor manco di quello, cbe bugili offerto,uededo le cofe in miglior flato , che “Hora no erano, nò fi vedrà mai fine a quella miferia chegodeua quietiffimamente, & il primo anno del > fuofiegno balletta dequi fiato con tanta gloria,fu fpifl tfo d’I alia conperdita d’infiniti perfonaggi ,& delle Miglior genti di Francia, s'è trovato frigi oneri ha ho tra i figliuoli, & fi trotta quel Pregno, chefelea e fi et fi lìcisfmo, & ri echi fimo, effauHo, & impouerito dal la lunga guerra, ddlaquale no uede ancor fine. L’iwfi r.on s'è tf ouatoin veruna fimil calamitàtpur fua mete-fla anchor dopò lame rivorie dcll'eflercito fico fi vede la guerra nel Pggno di Kapoli, la maggior parte d'effe alien cita rovinata cucila nobili sfuria città la Spdgn* ancora e fi au fla d’huomniì età’un infinito teforo^ 1 L S JL K G A. è vfcìto : morti a lungo andare tufi li Cap. prandi , che fu a Mae. baneua. Et benché moli fhmin o f deità, quella di/uà Mae. ebabbia bauue 'àe vii or'u,pHr chi le confiderà pei bene, e con animo veramente ebri filano j ci vede dentro un infinita mifena . lìcbe alcu-*io non può giudicar meglio, che la Mae. ua,allaqual tome a Trinche Chriflianiffìmu che è, debbono pur "venire fpefjo in mente le mine, & li danni,che ha fat to quell’ejjercho fuo , tante anime innocenti , tanti poderi orfani, tante vedoue, tante religioni,tante dogel le violate, tante Cbiefe fpogliate, le reliquie de’fami, & il fair amento buttato per terra , & tutti li facrile-&ij > & crudeltà fatte da quefì’effercito , domandando "Vendetta a Dio delle calamitàloro. Et benché ftemo contra la mente della Mae. fua, pur folto il tuo nome, da’fuoi Capitani, dal fuo efferato, fono fiate fatte :& *ion fi può negare che almanco non fappia fua Maeflà di tener quefì'effercito fengapagamento alcuno a pa-fcerft tanti anni già del sangue de’poucri, liquali Chru fio tiene in tanto conto, che dice, Qtùcquid fecemis *ni ex minimis iftis, mici feceritis. Dcllequai cofe , e deU'haucr'hauuto prigione quello > che fua Mae. <&-tutta la chrifìianità confeffa tener per Ficario di Chri-ft0 > e degli ftratij ,& delu foni fatte a tanti prelati, *^ni volta, che fua Mae. peri fa douer render conto a. ìfw, imposfibile è, che cjfendo quel buon Chrisftianif fimo che è, non tremi tutto, & non dcftderialle volte tffor più prefto vn priuatogentil'huotno, [che fignore $Jette mondi con tanto pefo, ma la infinita misericor- L I B II o fin dia di Dio dcue confortar la Mae. \ua, Sbattendo animo di correggere,quanto può,le coft paffute, no lo putta della gratta fua. Si come F.Sig.Rguerxnd. ha 'detto fempre,fm quando renne laprima volta di G> anatat l'animo di fila Maefià è d’hauer per amica ,non per foggcttal'ltalia, doueria per contento d altri lajciaf quello Duca di Milano inifìvto. M quello , fe fua M> diccjje voler ben fatisfar alt Italia,ma metter in quello flato un’ahro Duca, s'ha da guardar la difficoltà di leuqrnequeHo,chchainpoterfuo làpiitfotte città di quello flato, &. di chi li popoli fi contentano.Sua Mae. lafciando goder l’Italia del nome di libertà, lafciando la nella fua quiete,ne farà molto più patrona, che non farà mai con la forga-, & ne hautmo gli efjttnpi inan tgi dì tante città Taccheggiate, & rumate , fentfalcun vtiledi fua Mae. augi con danno,& diminutìone dei la miglior parte dell’effercito,& biafimo grandiffìmo, odio vniuerfale contea il nome (uo. Vero hauendo fua Maeflà quell'animo, che V. Sig. ReuerendUfimt promettexontemift d'affettar le coje d’i talia, perdonila chi Tbaueffe offefa,&limi guadagnare affai piu gloria col ricuperare a Chriflo,& afe, l'Mlemagna > (hp Cotto l’Imperio fio [egli è ribellata, che l'acquifl^ all'imperio a'uno flato di Milano . Et facendo , fu* Maeflà queflo , et quietando TItalia. , (e ne potrà fetuir più, che di quanti l{egni ha,a più glorio fe i ei più laudabili imprefe. V. Signoria liemredisftma fri c he nelle ojfefe,che fi fanno tra i prìuati, merita quale ( he rfioro^bi dall'altra ha patito danno ; però efie», rie 1 l $ Wt{ G \J, %6 do NoRra fignore,& la fede ^tpoRolica rumata, quel to dall’effèrcito di [tèa M.ft conuiene a lei,dal cui cffcr-cito è fiata damiifìcata>& come a primogenito figli no-lo,penfare a darle qualche rifioro, in parte ddquale pi ZhfràTs^.ftg.quello,che fila Mae.farà di rimetter delle TagtoniJue,per condur lapace,& mettere l’Italia in H fofo, Al conte Baldafiare cali.gliene, XT 11 Cemento de'Trinnpi di Germania, che fi JLX L'ece circa yn’annox me^o fa aspira, fi deter-ìnmò di fare ogni opera con l'Imperatore, che procu-tafie conKf. fig.cbe fra qneflo tempo s’haueffe a rimediare all’htrefie Luterane, che tuttauia crefcono, tonvn Concilio generale, o particolare, come a lua M.meglio parefiefilche non se fendo fatto , era intimata a ]\dtisbona rriaira dieta da far fi il Alarla paffuto [opra ctuefle herefie,& altre cofe, laquale da fua al. Ce farea fi mandata a prohibire per il peneren-dif signor Trepofio d'Fualt Kirch , 'alprefente pofta. hto per Fefcouo Hildcfm nfe,come daquclla,chepru dentemen e pensb,po*er facilmente e fere, che ne fitei f òdefe qualche nò buona detrrminatione. E enfi quell la dieta di Ratjsbona non ha ha .uto effetto. Hora iW. $‘g, è auucrtito per lettere. & per huomini a pofta del Heuerend.6' l'Iuftr.Sig Card.Maguntino, & d’altri ignori di credito,c d'ai'ttorita,ch’ai tutto queR’inuer tid!a}o auantifOpoco dopo le feste di "Sfatai, fi pfja ceri p 2 librare I I S ^ 0 ZI. Icbrarevn Concìlio T^ationde(cbe co fi lo chiamano ) cioè della natione Germanica: nelquale^penf ino tracia rediqueflajettaLuterana^ delle altre cofe infinite,& hannofubietti pericolofisfimi,ancor piu ef orbi tanti,& cantra l'opinione di Lutero, perche già incominciano negare la Euchariflia,& Baptifmum puero-vim, & appreffo molti è riuocata in dubbio ancor la diuinità di Chrifìo* Cofe horrende, che pure a penfare di dubitarne , non che a metterle in controuerfia,& indiente, èimpietigrandisfma. Di che e fendo fua ‘Beatitudine auuertita, & che per la mala mente di moltipuò effer che nefucccda qualche per nidofisfma deliberadone, defidera, che fi troni rimedio a tanto l'candalo,ma fen^a la Maeflà Jua non può S. Beati-tudinepur imaginarft rimedio,che bafìi alla granita del cafo.Vero V.S.per parte di fuaf’antità lo farà intè deralla Maeflà fua, pregandola , & aflringendola con tutta l'efficacia,che può, a penfar di prouederui, non fpettando manco alla Maeflà fua, che a 7s(. Sign, anzi tanto piu, quanto piu forze ha,&maggior aut-. torità con quella natione di rimediarui. Ne fuafand-tà può altro , che pregar la Maeflà fua ad abbracciar auefla curayconofendo,che'l male è tanto oltre , che biitbipjgna fumarlo che non s’è filmato fin qui, .] fuaderfi,che unte le rittorie acqui(latc,e tutta la glo' ria fiu debba cfjìr ricoperta da quefla nota,[e fotta S. Zilaeii.i, maggior Imperatore, che fia flato da moltift' coli inquà. La Germania fi confermerà nelle bere-(:: i'ch. vi fon nate.Tcnfa bene fua fintità,che’lmaleè ftpoten- ì t S ^ Al 27 ripotcnte,chenon fi può curare} fenon c.o'l tempo, e fatica grande, pur vede anche,cbe fua Maefià fi rifen tirh come la grandezza del cafo ricerca , fi potranno al manco far dc‘difenfiui, che nonlafcinoilmz le caminarpÌH oltre, facendo ojferuare, (jitanto fi pud» quello editto fuo fatto a Form alia. E* differendofi ari cor piu il far uipr ouifione,chiaro è,che non vi farà pia Riparo, i t però fe ne protofla a Dio & per [carico del [a confcientia fua,ancor con fua Maefià, & con tutta rimondo. Terche quanto affetta a lei, non mancherà di metter la vita,bifognando per feruitio di Dio , del-la Chiefa,& conferuation della fede. Etper quello a-ffetta con maggior defiderin il ritorno del Reuerendisfi Mo Card.di S. Croce .per intendere che difegno habbix S•Maefià di rimediami, come fua Beatitudine mandò a pregarla,che faceffe. Terche vdita fua S. Reuer. ^ l'animo di fua Maefià faprà meglio fua Beatitudim ”e rifoluerfi ancora ella a quello che [offa farci, ma mtanto ancor (en%d affettar altre lettere di quà,fe pii rc il Reuer. Trefettotardaffe ayenir.F.Sig.folleciti , e infìi per il rimedio. Et benché fi fiimi, che ancor che fia difegnatofar quefla mona dieta verfo il Jsfatalc, dia andrà piu in lungo,pure, perche al: ra proni fio 'f°npuò efferftprefia,fua Macftà peti àfare, coni prudenti Medici, che nelle malatic acute , & peri le,voltano la loro cura a mandarle hi lungo. & p riere,che quefla dieta shvpcdifca » fi diIfcri'ca C)ffi può, che tanto più (patio s’b > ridere *ìrìmedij. stfcriueparticolarmente [opra quello a I l B 110 IL fod Macflà il brève, ibe Folirà Signoria vedrà per U ìnchija copia.Ètinfuà buona grafia quanto poffo, mi raccomando. DaRoraa. ^Lì^.d'Ottobre. 1528* Al Cardinal Campeggio a nome di Giacopd Salubri, T Ofìro Signore è rètlato mobo fatisfatto delia nè u. Al godanone di F olir a Sig. Reverendi [s, finod qui,parendoli che in tutto fi fia gonernataprudentiifi-inamente. Et ceno dal vedere i‘off ciocche F- S'ign. Re-uerendifs.ba fatto con la ferenisfhn.i Regina, deuefuà Maeflà comprendere l'animo dì [ita Beatitudine di co-piacere E comprendendo queflo, date penfare, che lè caufe,perche non fi precipiti la rcfolutìon, che Torridi fieno co fi potè mi,che leghino la volontà di Jua Bcatiiil dine, lacuale per fe flcffa è prontiff ma à fatisfarè ella Maettà jua. Ma F. Sig. Rcuerendiff md vedé con quanta confidtxatiouc e da procedere in ma rifo-lutiontdk, & però non doiteria.no tanto afìringer lei nlla rifolutinnc.Er benché molto chiaramenteF. Sig» Reuereiìdiffnia dica,che non venfamo, ch’ella pojfd jòftentr molo per fe fola queHoptfó , pur douendoft mandar prefìo.come il Caur.liet ftpHchf F.Sig.Reue-tendisfima più lar^d rijhrìL^iuiraiengd per amor di Jnb.nèft laici tirare vrifajh pinci- re di quello a chi i proceduta fin oflro Signor -a,&ddgli effet- ti hd conofciuto l’ottima mente del Reuètendisfmo > &llluftr* Monfig. Eboracenfe verjo le cole della /è- 1 t S A V G J. ^ deiApbfìc>lira, g*- ha ptr certo, che con quello mede-finto animo ptnoneffìe fu a Signoria Reucrcndiffima a fate, che il $ trans fimo I\c domandaffe m legato pet qnijia caifja, con tutto che da "Prelati del Regno li fuf-ft detto., che potata far ferrea,ma volcfie Dio,che Jua-Sig.Reuet.haucfJe lanciato correr la co fai perche, fe il Ri; haueffe determinatafen^a lauttorità della Santi tà fu a, ornale, ò bene che baucjje fatto', faria fiato fen^a calpaJ& biafimo della fatuità JuaCViaccria ben a fua Beatitudine,che la Sercnisfima Regina s’inducef fead rehgionem,perche benché la cofa ftagrande, & infolita.pur perche contenderla ad ingiuria di per fona, fi ci potria penfare con miglior atiimo.Et a queflo quel la Mae (la vede che Tfofiro Signore le dà tutti gli aiuti, che può con l’autorità fua,& femprefarà il medefimo in ogni cofa,che Jua fatuità potrà fare con ragione, & giuftitia a fua fatisfattiene. In quanto alla diffenfa di maritafil figliuolo con la figliuola del Re,fe con hauev in quefto modo (labilità la fuccesfione, Jua Maefià fi ri mandaffe del primo penfiero della dijfolutione , fud R^atitudine v’indinerà affai piùéMa di tutto mi rim et to a fcriuerc più diffufamente al ritorno qua del Canai lierCafale. Il Reucrendiffìmo Eboracenfe è in errore , fe crede, chc&fare non habbia quella cofa tato a cuo Te,quanto Écun’altt gnor ne ha no è tutto il fagliai fiorii}, i> 4 L I B l^O IT. tic fuffe ferina Ciandiilo, et quando fi vedcfle, che con r afone poteffc farfi a volontà di [uaM. ls[efi creda fua Sìg. T\euer.che per rifpetto delle cofe Imperiali fieno ite prospere fua Beatitudine fia fredda in compiace re il l{e,come voflra frgnoria I{cuercnd.fcriue,che coftl fi Codetta,che quando ben mille volte fua Beatitudine fofje rifilata d'accofìarfi con l’Imperatore ,, non per quefio perderla mai la memoria dei beneficq di quel Se renils.Reverfo fe particolarmente,&ver fi la fede A-poHolica,nèper Cefare, nè per tutto il mondo infieme faria a quelfereniffmo Re vna minima ingiuria,tenen dofi di fua Maeflà tanto fatisfatta,quanto offefa dagli altri.fi che per la vittoria di Cefare fua fantità non bit fattomutationealcuna , neper ejfcr ritornataaRo^ Ma3s’èperò dichiarata Imperiale; &c. Da Roma. Al Cardinal Campeggio. Ono flati co fua Beatitudine i fignori Ambaffiato \fjri Ingltfi , ma non molto a lungo per la debilità di fua fantità. Dell'animo di fu a Beatitudine ‘ili fatisfare allepetitioni del fcmiisflnjb Re, mon accade ch’io dica a voflra fignom Reuercndisfima , eflendo ne lei ccrtlsfima ó' ancor credo,cfiefua Maeflà , & Monfìgnor Reucrendisfimo puff.'.no vederlo. Ma le domande della Maeflà fua fintali, che non può futi Beatitudine da Je fieffa rifoltierfi finga configlio , & IL S 7+ G i? ^'alcuni l{f’ & volendo fua Beatitudine interuenire a tutta la difc ufilone che [opra effe s’ha da fan, bifogneria potè fi Je ilare le cinque,& fei bore ferma a configliarfi,&pa-tocchi dì,come fece faina volta , allaqual fatica non oomportano ancorale for%e di fiaBeatitudine , che poffa metter fi,non dico fen-^a pericolo, m fenxa cer-te7Xa di ricadere, il che farà un differire, non accelera' *e U rifolutione. Eti /ignori ^imbafiiatori medeftmi ^oggon oculata fede , in che fiato fua Santità è che ^on può far piu. Ala (pero bene, che fra pochi di fuà fantità potrà attendenti , ne però in tanto fi pèrderà, te Vip o in far, che quelle perfine valenti, & intendenti cerchino di tutti quei modi, che fua fantità patria pigliar per fatisfare alla Aìaeflà fua , come defiderà: fi è molto ben notato tutto quello, che Vofirafignoria Rc-ttorendifiìma prudentemente difeorre fopra quèfia ma teria , & quando altro non si poffa, forfè fi pènfe ià odauocarela tàufa afe. Cèrto è , che frtà Beatitudine1 torria pur fatisfare quella Maefià,ma in cofà, che po-tra nel mondojmnerbr tanto fcandalo,bifegna, che eli ‘t’nda mifufgtamente, & contai confrderaùone , poffa giuflifìcar fempte Cattion fua. So , chevofl gnorìa Ifiuerendifimdfia [o pefa,& anfia diqt^^^ JUa Santità tertninarà inqueflacoja * hauendóàfpet tato tumidi U’hauer rifpofta > lavonia veder da fi i i b ^ o. n; tra forte,che quefto voti ì,pnr'ìo ncnpoffo dir piu oltre che quanto cauo dalla fatuità fu a ; Iferenisfimo He,et Monfig. Heuerevd. hanno fritto a ftgnor congratu ^ landò fi delta conu alefentia dijuafanthà,allequali let tere jftrifponde per gli alligati hr cui. TSon ne mando copia a rofìra fgnoria Reuerendisfmapcrcbeil conte rutto d’esf vedrà per il fommario. il S. Dottore Stefa~ nohaprefntato altre lettere di mano di fttaMae. & di fita fig. feueren.fopra il def derio loro, & c. allequtt li farebbe bijognato, che fua Beatitudine di [ita manO rijpondejjfma non fi può bora, &c, Daficma. *4 XIX. di Marzo. ME XXIX. Al Cardinal Campeggi ,5 nome diGiacopo Sauìiati, 0 On certo,che V.fig. Ifiuer. fa inmolta fofpenfion d animo,& con grande anfieta di intendere, che tua fanti’a Labbia fauo qualche rifolutione [opra le co fe,che ella ha ferino,efi- che praticano q-'i quefii fign-^imbafiiatori Inglefi. Credo bene, che ‘auto manco fi marauigli , che non fi determini cofa alcuna quanto^ pii! inteiid^equefia^ > fm,-?, può effondere, 1 1 » ^efua Beatitudine ] Hai a, ò anma:ata[è fi /refi* ì l $ J N G J. j o falla conuakfcentia ■, che trapencolo che ogni paci pefo j che pigliàjjc de'ncgocij, lafacejfe ricadere > ha fenrato, che appreffo la fu a Mae. doueffe efkrà e(cufd taladilationc t che fi faceua. Et però non è fiata fino qui anfta comeor.i fl iroua perche dalL'vn canto vor ria fatisfare alla Mae.pa & per quefìo ha corninef-fo a i RenerendijJìmi Monte, & Santiquattro, & al i inerendo Simonetta. che odanole retierifeano a f‘à fantitàlepeùtionidiqueflifign. iÀmhafàatori. bai l'altro farge ogni dì maggior difficoltà > hàuendó que Hi S. Imperiali formati protetti , & attràuerfandofi ton molle ragioni , deìli quali non manca lor copia ad ogni rifolatione, che fua Beatitudine fffe per fare, (i che fuafantità fe ne tro ia in gràhdisfmo faftidio. Et tanto piu ,non hauendó V. S. Heucrendiff. potuto fo-flencre la piena delle domande, che fua Mae. fa, che "regna tutta qui. Et le duole molto, nè può imagi-dàrfi come ciò fiaproceduto ■, che coftì hauendo bduu-ìo fferfnza, chefuà 'antra fujfe per riuocar quei èré ili detta fe me. di Papa Giulio , che ottano al defideriò dì [uà Màettà [opra laquale (peran^a è detto a fuà beatitùdine, che fono flati mandali qua anche gli am-bàliiatori. Hauria fua Beatitud. defiderato, che co/tì iorfiffe fiat ampliata quejlà (peranga, con far loro fatele cau che ella non può concedere : perche quanti piu L I B 110. 11. pio oltre vi entrano , tanto più grane lor pare poi noti ottenerle; & importa molto , a far che refiino manco mal fatisfatti quel che in fua Santità non può fare,il no bautrfcne effi prima molto promcffo. Etquefi officij talipuo roTlra ftgnoriaReuerendif ima fare con mi-mire a ?\[. Signore fallidio, & fen%a pigliarne effa alcun carico fepra di fe,non volendo le leggi, & ordina-tionìScclifiaHicbe,di chi ella èperitifsima, che fi poffare altrimenti. Fojlra Signoria Rcuerendifsma ù prudente,&è fu’l fatto. Teròpenft a rifecare,più che può, i faflidtj che vede ordinar fi di mandare alla Santità fua. Quello , che dico fopra de’ proteHi de'Signori Imperiali, che tengono la caufa della ferenisftma Regina , ho intefo, che hanno mcfjo ad ordine le cofe loro , ma non fon già venuti ancora a publicare. Et quando lo facciano, voflra fignoria Reuerend. ne bautà le copie. L’indìnatìone,cheTs{. S.ìha difatisfare , fepotef-fe al ferenisfmo Rp, è tanta, che non patria per la fpe-r unga di guadagnar diete Città crefcer punto, però nef dette fua Macslà, & Monf. Reuerendifsimo affettar la rifolution di quefto fuo de fiderio , prima che uogliano afringer per tutte le nie,che poffono.Tf. alla reflitutio ne delle terre di Kqo[Irò Signor ,\fi come non ha fua San ^tità altro obietto , che dijatisfar, quanto alla parte, che non fi fati sfanno de, che fe quello rime, con odiato, thauriano bau to vnp, v qui non ne b'anendo trouato ninno fua S, epoffa. Et rimedio t inondo, afifufje la fina nono-fiante IL S .A N G JL. 5r Bmtemoki,cherihanprnpofli, chenon vadapericola fìfsimo,fi marauigha affai di pnetta loro diffidentia che sha di lei,&per argomenti fi debili, come è per batter vitto la liberatione de i Cardinali, e la reflit ition delle fortezze: quafichejita fatuità non doitejje accettarle, per non dar lofpetto, che fujfe d'accordo con l’Imperatore. Ma jìa come fi vuole, a f.ta Beatitudine batta fa pere iintrinfeco dell'animo fuo, delqualefe fua MaefU non retta >o isfatta,ba certo t ^ottenere,&c. perche quanto macobereranno dì qui fle cofe imponibili che domandando tanto manco refle ranno ìngannaiit&c. Da l{pma. UXXl. d’aprile. MDXXIX* Al Cardinal Campeggio, Tr\ Oi che fua l’antìtà fti fatit fatta in fate intender* 1 alla Uaeflà cc orca la volontà fua pronta , & lutto quello,che Soccorrerà circailconcilio , qualità tfue rilolutione fe ne faccia bora , ella reitera fatisfitta. Ter quello , che Monf. di Gambata ferine > & (er IL S G „4. 3J . "per nnromatìoìie ibeporta alla M. Cef. Fede ?<(.' S. ihe x.S. s’e goueniata prudenti (imamente in tutto qucflo negociOi&nereda (titanio dn fipuò, fatisfatto , Ff per didurbigrandi(iimiyt ‘babbia haivitì, ne'p sp ranxa , thè fi fa alle volte ivo lira, che il T ureo ho fuffeper pinfar p’-eflo at'd'mprefa d’Italia, ha mai Tf. ftg. moffo il peti fiero da quel fegno ■ douc dal principio dclTontificato fuo l’indc'iXf.ò > ditrouare vna volta forma , che la patera Cbriftianità non bau effe a far fempre in paura d’effer lacerata da quella fiera, fe non 'ilpnfcnte,r anno futuro. Mala guerra , ebe fin qui è durata tra r bripfiani medi fini non bapermeffo, ebe fi fia potuto ne fare, ne di fognare alcun buon’effetto, ef-fendo poi piaciuto a Dio conceder lapace tra Cbriflid-ftiPua “antità con l'animo più quieto fi c fermo nel poh fier luo. Et perche della volontà della M. Ce fare a , cT* del firenisftmo He fio fratello, non fa dubbio, che non ftiferò per far [opra le forge loro fi per lainclin aliane, cbeba,mo alferuitiodiDio , fipergliinterefiipartì-c°laride' lor Degni di ipoli , Sicilia , & Fngbe-?ia,bafua Beatitudine penfato , che tuttala difficoltà ^effe in diftorrc da quefta imprefa il Cìnillianifimo. il yual non fipuò muouer per altro,che per Fbonore, & feruitio di Dio , bauendo il fino Degno più lontano dal Pericolo,& cinto da Trouincie Chrifiiane. Et co fi ha fta beatitudine cercato di animare quella M. alla di-fenfionedella Cbriflìatihà , coninoflrarlcilferuitio di yo l’obligo, c‘ba di corrisponder allagloria, & nome yyfifoi anteceffori^fr anco il pericolo, che fc ben è più $v":» "M E lon- L I B H_ <5. ir. fontano, non è,che no armi anco alla Maefìà fua A/4 alla fine la conclufio ne è fiata fempre , che laMaeflà fua Cbrìfìianiifinta non mancbeùa dì fare ancor*ef]A il debito [no, quattdo gli altri 'Princìpi conueniffero far la guerra offenfina vniuerfale contra il Turco. Tet che alla difenfiua fola,ò per il I\egno di Tfapoli, òpet Fngheria,bafiauano affai le forge dell'Imperatore, & del l\e fino fratello. Ne piu di queflo s'è mai potuto ca* uarne. Et effondo fi tpefio dijcorfo nel far quefi a guerra offenfiuagenerale,che forma fipotcfc pigliare tper l’af parato grandc,cbe fi vede,ci Jaria neceffario,per mal* diipofition de'tempi, non fe riè venuto a deliberationf alcuna. Ma frequentando boragli auifi degli appara ti del "ureo per affaltarci quefi'amo fua Santità cor» municò l'altro di con quefli Signori. Cefarei un nuoul fuo di fiorfo. Et quello è , che vedendo/} chiaramente > che a lega d fenfiua il Cb/iftianiffimo no è per oblìgarfi ftpenfaffc di metterlo nell'offeufiua,che fe bene non s'I offerto,fi non all offenfiua uniuerfale, penferà >ua Bct titudine, che facilmente con l'obietto dell'honore, ch(i fegliproporrìa, patria metter fi invn’imprefa parùcot lare offenfiua,che furia poi configuentemente ancor fcnfi:ta;con proporli,che fua Maeflà CkriHianiflinia fi difponeffeycon quel piu numero di galee,& di naui,cbl tra le fue quelle della M. Cefarea, & altri potentati^ poteffero mettere in freme,&con ^ufficiente efferato f gliar i'imprefa d': g:tto>& di Soria;bauendo Tf. S.tf tiffmaau’co , che non con gran gente fi patria pigl^ ffandriafiaquak è difito, che prefio patria for w carfi 1 L S U \ G A, ?4 t«rp,e battendo futi Mae. Ctfirea la Shiliaì&Tripoli}, fi fotria con molta facilità foccorrcre ne bifogni di gente e di vettovaglie. Oltra di quefio non bail Turco in quelle parti forge dapoterfarnioltarefìflentia, & ipopoli fono mah fimo contenti. Di modo che avanti , tye potejfe foccorrere quelle proi che pochi anni fa fon fatte fue, lequali veggono , Ae hp« s attende.ad alno,che a Jpogliarle,e rouinarle. Ha io fon beneinetto ad eflendermi tanto, & con Vof fta ftgnoria R^nercnd.masfime, laquale molto meglio di me fa e f empi efifìorie antiche, & ragioni, quanto' potrei io mai racone in mille ani. Quefti Sign. Cejarei-fon hanno potuto fe non lodare ildr corfo di fua Santi ' , moftràno bene alcun dubbio ìielTeJfequirlo, & tra S?i altri, che talhord il Chrifìaniff. irmi arido fi ir. ma~ ** con una tal armata, & tanto ejfcrcito, non péfajfe djl’imprefa ò dì Genoa , ò di 7qafbH,ò dì Sicilia.di che P^ròpare a fua fantìtà.che non fi debba temere, non fo lo perche non è da credere, che un principe d'bonorr, o'ontra Dio, Scontra la fede fua facejfe vna tal cofa: . ^a anco perche volendo non paria, potendo c(Jcr cer >cbe dall'armata, che fud Maeflàgli de fi e, nè dall' altrc, furiatale effetto fcruhio. Elie fua Maefìà-P~cnsa poter defendere i Bfegnidi >1 apuli, & dì Sicilia dallapotenga delTureo, che dubbio potria battere in cafo a difendergli dal Chriflianisfmo ? Olirà che,-nfari ano molti altri modi d'afjìcurarfi. Si che non: Pfre a sua Beatitudine, chequeflo foretto douejfe: rt}ardare vna tale imprcfa .Ho detto Vna fot par-’ tedella commodirà ‘ & ftcure^Xg, chefe ne fuccede--tm alla Cbrifliatìità, non io detto faine, che sono aw cfìgrandiljìme, e importanti f'me alia quiete d’Italia, perche òccupandofnlChi ifiianisfinto in una tale-im- E } prefa L 1 B ^ 6. //.- prefà > laquale come bauejie cominciati, /drzi cefitei to mantenerla, leueria piu facilmente il penfiero dii le ccfe d’Italia , l'amore di queHa nuoua gloria la faria a poco a poco feordar di quello. Et tutti quefli fono argomenti di quello, che per ragioni bimane fi de ue iperare. Ma debbiamo pure anco sperare t che DÌO in cofa di tanto Juo feruitio, vorrà metter la man fua, L’animo perturbato dalle nuoue, che ferito ogni di de gli apparati grandiffmi del Turco, & della poca prò» uifione, che veggio p refiflergliy fonte in queflo dijcot fo tanto piacere, che Foflra Signoria Beuerendijfi* ha da perdonare aU'incttia miu da effemilìe(fo in tati te parole. La concluftonc è, che fua Beatitudine de» l filiera cheFolita S.Eeiterendisfma Communichi quello penfiero con fua Maeftd Cefarea , & fc vede, che troni luogo, intenda la volontà, & ld opinionejua circa il venire all’ejfecutione ; &fele parrà , òche l’habbiapraticarefuafantità col Chri flianiljmo, ò voglia praticarlo lei di coflà, ò commU nemente, & che il Chrifianisfimo foffeperdifporfi,d queflo, per quello che fra Beatitudine ha già altre Volte intrfo deli’animo fuo, ne haueria ottima fperait %a. Oltre a quelli, che ne vengono di coflà, frequenta no molto gli auift di quejli apparati delTurco,per via di Ragufa, di Scio, tir ( bene che non per letterepublt che) di Genetta ancora. Vero tempo è che fi venga a qualche rifolìinone ; & forfè uio vuole,che fua Mat fià Cefarea fi troni in éj(ia occafionein luogo, che fa' cilmeme fi poffa ncgotiare,per darle grafia di far qua f I l s UH G a. (hecopitileuata iofuo[erutto , &aperpetuagloru. fra. ^i foluAyCdeliberi bora là^epcnfi che da fua Santi tà non fi mancherà in cofa alcuna di quelle, che pofjam io far fi dal canto fuo, perche fua Santità non [la però co fi ferma nell' opinion di quella diuerfiene , che non penfi che ci fieno ancora degl’altri modi d'afftcurare U Chri(lunitày& òpigliaffeil Chriflianiffimo ònò, quella impreja fuafantttà non mancherà fare [opra le fot \ejueper difenfione della falute comune, come ha ragionato con quefìi Sign. Cefarei. Giudica bene, è con metterlo in quefta imprefa, ò come fi fia, che importi m Ito tirare in compagnia il (brifiani. & de modi da tirarlo fi rimette alla fine in fiiaM. Cefi Ma non però fi tefii di fare il prineipal fondamento in effa M. Cefi nel fratello,& nella fua Santità.Quando fi penfitjfe a fare à quefta d‘*4lejjandria,ò qualunque altra impreja, faria neceffanjfiimo pratile aria con fomma fecrctcr%a<, Quanto più difficile pare,che e/fendo il Turco [potente Ò" la Chriflianita tanto afflitta, fidebbiapenfare d‘affettare lui f tanto più facilmente potria riuscire il dise g»o. T{è pensar ebbe egli aprouedere quelle parti, che reputa più lontane dal pericolo. Ma pur torno ad effer metto,in non fapeie[piccarmi da queflo ragionamen-*o< In bona gratin di V. Signoria Rgucrend. quanto pi» fofio humilmtnte mi raccomando. baj^orna lAtS.diFcb. MDXXXl. 1 tifine del fecondo libro. R 4 toELLt DE L LE LETTERE D I XIII. A V T T O R I I I. L V S T R I. i •• ' ■" . v;.: : V : x- • ; - v - CON ALTRE LETTERE : i nuouamente aggiunte. LIBRO TERZO,. DJ M. Gl 0. G VI DICCI Q N / PefcOKodiFojìombruno. A M. CLAVDIO TOLOMEI. 0 R per dìfcwvlictmì in qualche paN te deUegame della pfòmeffa, ch’io vi fé' h ci,quando iopanì da voi, di voler’alai* «ìz volta tcncrui auifato di me,et de’miei péficri,iu vi ferino alprejenie,e vi redo certo,che fuori chel’ejferconvoi, ilquale amo alpari della mia Vita, dr quanto conuienft alle vofìre virtù , io meno i miei giorni tranquilli , cora , che perauentura nonafpet»' Panate ch’io douefjì dire, ritrouandomi in quefta jerui tu , come più volte habbiamo ragionato, nemica mot • tale d'ogni ripefo, maegliè pur coft. Verciocbe io ho ricominciato à gufare i dinini cibi di Tintone, la dol* ' ceZjta. de’quali', come fempre ruole, ma come più deut-nella età più matura, m’ha tolto dall'animo ogni anni vo.&liberatomi-da mille baffe cure,le'quali l’ambitio ne, e la cupidigia (io non mi vi celo) batte comincia* 7. z. te Mp^Ùrf'DtCCìOVE. . 37 ^ » fi teglia re in me, /o/'/é perche effe non fi addormef Afferò mùpw.Duó> cheto m fono dì nuouo meffo a" ' feguitarc aitanti, {Indiando lepre di "Platoney<& mi ri' trotto in mexp 'di-quello intero numero de dicco Libri della Ripulì. Ne per effe'r tra loro mi (f attento, ch’i» non dica, ch'io defìdero, che dal voftro ingegno tiafca ({nelprato, ilqu xl tante volte con pricgb'i,et con virte' ragioni mi fono ingegna'o di far ut mandar fuori, per Nettamento di lutti i buoni, & forfè per correttione de'canim .Parlo di queifei libri della Kepubl.ì quali v *® »'■ effortauan rinouare , in memoria di quelli i qua lÌM.Tùliio cómpofe allbora che reggetta il timonè della Romana l^p. e de'quali, colpa piu toflo de i di ; ^uttq dellegenù barbare , che del tempo, noi fiamoprt vd‘ lo vi e (fortuna a II bora, et bora maggiormente,oer die mi pareua ,cpare cb’eflcndo tapatria voiìrà ili ti berta (comeche al preferite per opera delle Corrotte Adenti de malti agi fta ridotta à tirannia di pochi. Il-che iddio con la foulna di tante dégne perfone non può longamente (apportare (fi conuenìffe.a voi.come a Oc, ufo, & eloquente figliuolo, co i buoni ricordi,co'fede h co figli, econgli antichi, & moderni effempi, d’de* tèndere i vofiri fratelli all’accrefcimento di quella, disporli a bene, & ordinamente viuere, & à fargli a fiHepublicì bifogni pronti -, come foileciti ne'priuati, e a,»e ancora non fi difdiceità di cercare, finga pulito Cuocere a voi tenga mia fatica, digiouare, & dare aiuto co i vofiri sudori alla città. Laqual come chè Pacala fin ,nondimenoiienepnrfomadi Rep. &frd v '• ‘ tante LlfJLO, J/.r •• taterouinettltaliaperdiuinabcnudeancher ftfoflit e foflerraffì credo, fe danoflri mede fimi a^i datl'auari tia,che ini entro fende,& allarga i confini del fuo imperio,più che in altro luogo,n»n è fatta cadere a terrai ch’io non me ne afficuro.cìoè s'egli vuol fare panerò ilmondo, cric* chi i cieli con lafua anima,penheintendo,eh'egliè inférme d'una acuta febre.T^on mancate voialtri huo-toini virtuofi di aiutarlo,come io fo cbefatete,& prefittegli quei pietoft officif,cbe richiedono i fu pi merith &offeritemeglìper quanto vaglio, eh'iddio renda a la faniià-.'tt" à voi conceda quel che dcfideràte,ciolt •enjctnprc, Uii> A M. Gabriel Vallato.' EfferC hbYìd' m'w gentili (fimo. M’increfcC ’ grandemente , che la mia partita habbia t ’ come modi aie, dato piu largo campo d'offendenti ad ' Jimorq ilquale, fnediantii miei buoni ricordi haneto percjitaiLke tempo febifato. Ma neivero aneboret ’ ch'io fospicaffi, cbcl voflro perfaterare in liberti fnffe piu per vergogna di me> &perfarpruoua, fe la voflra virtù vipoteua tenere in vita, fenga l’obietto della cofa amata, che per volontà di mantenerui libe-roinonniìvoUiperòmaiyCome fedele amico, rimane-recTammoriirui,diriprenderui,& diporui dauanti a gli occhi vno specchio, dentro alquale poteflcil volito fallo vedere, & veduto correggerlo, come i fa-uij fanno.Et giouami di credere, fe tirato dal fumo di quefia mifera Jeruìtù, io non fu (fi allontanato da voi * che io batterei alle rofìre piaghe quaft rifanate quel rimedio rcca'Oy ch’egli mi fi tonueniua ; & di cui ballettate piu bifogno , che de fiderio. E piacciuto aehi ' può,che io non fra con voi, & a voi dilafciarui riue- ' Luèyfenga pur far legno di difera. Onde io, come vedere te,mi sforgo con due miei fonati, nati tra quegli ; bofchi,di fuelgerui dal cuore la radice di quel van furore,laqndl fi fortemente vi fi è apprefa, & di Jparger / uiifemi della Filojofìa, i quali producono frutto dol-cijfimo -, & vide alla conferuatione dì quel demo, che Dio ha dato per guardia de’noflri corpi. Ma io temo affai,che lemie fatiche faranno fyefe a voto : per MOWi G FJ QUC 1^0 NE. 39 i^hcheilmale haprefv troppo di vigòrp^Nondimen i ef fetido"quafi come mia deliino , di perderne moke delle altre , & in feruitio di quelle perfone, ten tali a pe na conofco,l’bauerperduta quella concai ilqitale amo da yero fratello feon mi potrà parerete noti co fa letìfera , oltre che io jodisfarò ( ile!)e fempre con tutte lefor^c dell’animo ho cercato di fare ) a quello rihoit debito della notira antica antiflà- richiede , gir \comc colui* ilqualcporto pari a ffanno eon voi. Ma con quella medeftma-, con laquale ho di-feacciati i miei dolori, purgato il cuore d’ognì defide-fio,che l affligeiia,& ritornato in vita chi era morto*t con quella flef a ho voluto tentare di quietare lado-fiavollra yliberaruid’ogni penftero meno che hone-fio fcamparui dalpericolo dell anima Jaquale fola è degna d'effere,come caro teforo}riguardata, & fli-toata,&albata a quelle parti onde ella venne* che fono proprie fue. I),poi che de fiderate intender di me, da che vi lafciai, lafciai tutte le altre cure (ne fo con quanta fodisfattione del mio fignorc) mi diedi con tutto lo fpirito a contemplar le fwgùlari bellezze , & opere egregie disiatone , nelle quali fi fini furato piacere ho fentito, & fento,che a me di me mcf.cfìmo Vii fono doluto, & doglio ct.baucrmai riuóUofgli oc-tbialtroue. Coflui(& fta detto con pace , & licenza di Madonna la corte) feguitocome pttimo Duce , &feguitar vogliali rimanente (Iella may\pi,rfer&n-tt dif 11 b \ o in. de fotte il fuo feudo non pur difendermi da i colpi dell* fortuna,matrionfar di lei. Di Gradali. *43. dì Settembre, rjje. Alla Marchcfa di Pefcara. V T Offra EccellSliami farebbe tener da molte pU Y che io non mi teugot& che io non fono, fe io no {onoftefjì lapouerti del mio dire,& il fuo co fumé d’ef fallargli humili,poiché ftfcula meco di batter tardato a fcrtkt mi,& è larga di quelle lodi a i miei fonetiche farìano debìtel& poche ai fuoì.Ma io fon certo, che fo nulla:?? non cerco altra gloria di loro, faluo che di fa* ! pere;che fieno flati letti da tei,perche d'ogni mia fatica, òp\cc\ola,ò grande,mi parerà di ricever gran premici quando io fta di ciò ficmo,& quando iopoffa farle co noJcere,cbe vengano da perfina.cke ron èmaffatia di fiuellar di lei, & dipenrare all'alba vi- ti) deh’animo fuo.Lt fuffepìacer di Dìo , che io m’ai'icìnafji tanto al fuo detto,&leggiadro flile;che io poti (fi , nonvoglio dir con tyeramfa dì laude, ma f no^a timor dì riprenfio ne,comporre vn rerfo. Ma poi che ella ha fi buona op‘ niotie di me,mi sformerò con ogni fludio di far sì, che ella W^tijoffenfca molto roffure d’hauer fferato qualche fimo di coft fleriì pianta.La ringratto della liberi litiche ella m’ha vfata del fuo ritratto, ilq-ale nonpi te a venire dinanzi a gliocchi,gr nelle mani d'aleuto itqi ale coti maggior merenda,^r conpiu ttefiderio U MON. CriDlCIO^iE. 40 vcdefìe,#- rtccuef[e,di quello che farò io, come mi fi* mandato,cbe donerà effcr pretto, fecondo che io ne jon’auìfato da chi n’ha cura. Degli vltimifuoi tre bel-lifjirni fonetti fimilmente le ren do grafie, iquali m’han n° tanto ripieno l’animo & l’orecchie,quàatò fogliano k co fetcke fi gufano faporitamÙe,& che piacciano af fai-Etparmi.che‘l Bembo nhaueria da deCtderare qual tl-pno nell'opera fua. h t non dubito punto', che ella fia p r acquiflare ogni giorno piu a fuperar con piu mirabil Cofc fé medefme,quello,che già non mi fariapotuto cà pir nella mente,pare ndomi che ellafuffe arrivata aql-‘a finezza,&perfettione diSiile,& di conce ti, che fi può imaginarpiu vera,&comprendo,che l’antUaglo ria di Tofeana fi rinoucrà,angi pafferà SI tutto nel La tjo.lo le mando alcuni miei fonetùper ubbidirla, & p imparare. Le porgo humiliprieghi,che vogliapalefu-qGiofeppe fuo feruitore i loro errori,accioche iopof-fa àfftmonito da lui correggergli,&emendarli.Tra lo-r° ne farà vno indriggato a lei,per loquale nónfo,fe io meriti perdono a non confentire,che fi valorofi donna ìinca il dolore,& l’ira.Delle tante offerte, che ella mi ■fa,confua buonagratia n accetto vna, & fa quetta , chele piaccia degnarfe di penfare alcuna volta, che no hahuomo al mondo,che la riuerifea quanto io, ne che piu deftderi di moSlrarnele. ^ilùtquale mi raccoman* prego ogni felicità. 'v-"u rì M. L 1 B 1^0 1 IL A M. Antonio Minturno . T On fono ancor ben f miti due anni, eh'* JJcrJò \ in Gì nona col mio Sig. ilifiiale era Liyato a Ci fu>e > M. Bartolomeo de’mobili y mio flretto pareri' ti,& voflro ini)in eco amico, mipcrtò vna vojlra tó teraytutta piena di buoni rie or didi qu di' amore, i/ .qualemibquete.fcmpreportato, oltre il merito delit mie qualità : ma niente piu di quello che io porto d voi. Lacuale fe mi recò piacere,non fa bifogno, clrt io ve le dica, filmando ebe per litempi a dietro bah' ■bìatcaflaiben compreja la natura mia , laiual non t mai latta d'intender bene de gli amici,e quegli amare) ■& con ogni (Indio cemmedare. Et perche per la uofìrd fnbitpatiodi tcmpo fariano manife!te,e care a ci-ricbeduno, che mi fìa bora in quefta feconda flato di dispiacere il conofce te, che fta in poter de vna lingua quel che io non ere deua,cbe fofte di mille mani,di feiogìier quel nodo d'a-Wcitia, che m’ha tenuto lungo tempo flretto con voi, & l'intender, che altri me incolpi di malignità, & ri-farifea, cheto babbia detto male dell’opera voftra.Che (lafciarno tiare, che to non v’habbia mai fenon firn* tTfhonoreuolmentenominato ,douunque trouato mi /òhoV^t che io foglia fempre con ogni modeftia parlar dtglihuomini litteratiJio fono d’opinion del tutto con traria a quella,che colui dice, che io tengo. Concio fin Cofa , che reputi ejfer viltà lo ftar fempre rinchiufo nel circolo del Tetrarca, & del Boccaccio,e maffma-ntente a quegUftquali s’hanno acquiflato co i loro fudo ri qualche credito di vera laude. Ter che noi debbia *fo penfare,che ejft non differo ogni cofa, & che fe piu lungamente,0 d'altre materie baueffero ferino, batte-riano vjato altrelocutioni, & altre parole. Et però quando il Minturno, ilquale è hormaigionto a quel fogno otte è piu toUo percojfo dalle lodi, che tocco dal- F L I B li 0 in. hinuìdiayTjajfc alcuna voce non detta da loro, non fo lamente non lo riprenderei,ma lentia più auanti inten derctlo lauderei, ausandomi che egli haueffe veduto I Oratio nella fuapoetica, & che egli per lo continuo j leggere & fcrìuerc haucjìe actjuifiato tanto di giudi* CÌo,cbe fapefie difeernere, fc ella fojjepropria, & dolce al juono,ofe ella foffe Hrana, & ajpera. T^e fola-mente fono di questa opinione circa le voci, ma io non mene difcoflo ancora circa l’imitatione dello (ìile. “Perche io non biafmo punto vno, che componga, fe egli non fifa feruo de imitate vno.foglio dire,che, fe bene vno non va dietro all’orme proprie del Tettarca^ feeglifcriueverfi volgari,nc di Virgilio,fe Latini, non èdaefferriprefo s fiperchevno fpirito eleuato de fide ra la libertà^ & d’effer detto ritrouare di cofe nuo-ue,& fi perche conofce, che il più delle volte dalla tit taimitatione fi cade in vn errore, ilqual molti lodi'* no,& io lo danno,di furar gli altrui concetti. Ma lanciamo aparte quelle ragioni, non veggiamo noi tanti antichi Toeti,Hi{lorici , & Oratori di gran nome, tutti eff'er buoni,?? nondimeno tutti caminare per d* uerfe vielEtpuo cllaefferefe non laude grande, e forfè la maggiore,il fare vno ftil mifto ? Tercioche fi mo-ftra almeno d’hauer veduto molti auttori, e non vole-do giurar la fede ad vno,piu che a vn altro, fi pofon0 pr edere da ciafcheduno quelle parti, perlequali tu fi* giudicato huo-r,20 digiudicio, u hauerftpuio conofce' Tt,&fmìacr il migliore. Li piu auanti non mi taci' rò, che quando io ve ggio in alcuna compofitione q^ che MOX- CFIV1CCIÒ?{&: 42 che bello Jpirito Toetico,ò qualche nuouo andamento, e l'oman dall’ufo ile' volgari,quantunque in quella io troni alcune macchie fparfe d'errori in lingua, o a al~ trovile nò m'offendono punto, nepoffono fe non come-dare l‘auttorexamado in nagi quel diuin furore, ilqual Spcffo ( come fionano le parole di Socr. nclllmonc* fa co dolce armonia cantar inettispmo Voeta^h’oaia-do quelli piccioli errori,iquali la poca diligBia, ò l’hu-mana conditione fuol fare affaivohc.Ecco M. Antonio nùo,ch'io v'ho (piegato tanto della mia intcùonc, eh'ageuolmentepetitecoprendcr, ch'io hofempre con fome lodi ejfaltate le coje voflre. Lcquali ancor che io non habbia vedute molti anni fono, però che elle mi fu ron iolte,ncndimeno mi ricorda, che die mifoleuanó parer bdlhfin,e,nt mi fi lajcia credere,che quelle, che battete dapoi compoHe,nonfieno molto piu dotte, & piu polite. ^Adunque non ha vjato off ciò conueniente agt,,:1 huomo echi , ilquale ha tirato le mie parole af alfe perfuafioni. Ma perche voi prima ccpcrtamcte mi dime frate, che die fono vfeite con altri di bocca di M. Girolamo Campo,& dapoi affermate, che con voi egli ha fa' dlato d'altra maniera,& poidi Jotto mordendo lui,di e quafi il conir ario,lafciandomi piu inni-lupaio ne' vofri dvbq,è neccJfario,che io ui apra l’animo mio,& la opinione, laqual prefegià gran tempo di lui,ne ho dipoi potutolalciarc, accioche tanto meno crediate , che egli fi hautjje lafciato traf onere in quefia colpa; quanto (or le mie parole concfcerete , vhpbénno d’Eccellenza, i juci cofurni. Ora è il fine L t B J^O llt. idi'ottano amo, che io ho quafi fempre continuata tei ta intùnfecha dìmcsliche'Z^a col Campo,quanta hauef fì\mai niu altro huomo, &parmi di conolcerloperfet' tamcnte.Tercbe quegli anni della giouinegjta,che fi co fumano nc ipnòtici jtudij fono veri dimoflratori de’cuo ri.Et tanto maggiormente,quanto par,che aghfcolarl fia lecito d'vfare ogni forte di Lcenga, fi perche è loro tolerato, vedendo che il loro obietto principale è il bene, fi perche effì douendo poi viuer dottorati, risìretti , & moderati tutta l’età,giudicano , che fia benesfor-•garfi , & fare ingiouentù quelle coje; che nella vecchietta faria vergogna,&danno che faceffero.lo l'ho conosciuto in fìudio,doue fiamo viuuti infume, nè credo che najceffepenfiero in lui,& fo certo,che in me non nacque,che infume non conferijjemo.lo ho trottato s&-pre in lui vn’animo buono, netto & acccfc di de fide-rio d’honore cefi cbiujo a biafimo altrri, come aperto alle lodi,non meno al beneficio dello amico pronto- foe tardo a i danni dell'inimicoco;flumatiffmo in opere, et in parole,oltra il creder di ciafcheduno. Et però fia co-fa debita al voflro[ingoiargiudicio, feufando me dei-terrore,ch’io non commifi, & di conofcer meglio lui * cJr dì am urlo,come veramente merita,& comeboper fermo,eh’egli debbia amar voi, hauendo in coflume di amare,& riuerbe le valoroft,°ne perfine, come Voifiete,cbe quando voi noi facefle per altro, fiildo-ttrefìe voi fare, per con fermare il miogiudicio d’hauet faputofare ciclone di v ero arnica,^ di leggere dtffofi tion di quel nuo o amico fopra il Tetrarca,ilquale coft MOTI. GVlDlCClOUt: _ 4J co?>ie hauete operato ch’egli ami, e diuenga mio con le voflre parole,cefi ancora con quelle fìefle non vi parerà noia di ringraliarlo a nome mio, & d'aljìcurarlo » che non mi vince di beniuolenga. Voi [cacciando prU ma tutti i fofpetti, voglio che di me vi promettiate tan to, quanto di vero amico fi può fperare,conciona cofa, che la noflra antica amicitia , Cvfanga miaverfogli huomini virtuofi, & le nofìre laudi , e officii verjo di me,richieggano, ch’io mi sforzi di far tutte quelle CO-Je,che fieno di vojlro de fiderio,& honore. A M. Bartholomci Guidiccioni, che fu poi Cardinale. A Igiornipaffati fu la morte di Trionfi. Datario^ jr~\ la S. V.fu inuitata, & ef orlata per vn breuc di ì\. .a doucr prendere, & efcrcitare quell’ufficio, QueHagrata dimojlratione di fua Santitaporfc qua* fi vniucrfal piacere, parendo che quel luogo [offe non meno debito alla (cicza,e alla pratica della V. Sig- che vtile a tutta la corte , e fuori del fofpetto d'ogni huo-mo, che dalle fue mani poteffe vfcir cofa,che non fuffc accompagnata dalla rettitudine.Ma panie a voflra S. di ricufarlo, fi come quella, che ama tutto il fuo hu-mile flato, e la tranquillità della mente, quanto odici Vambinone il trauagliatoviuere dì Corte. E per qucflo auuène, che in quei dì fu accennato da per fona che interuenne a meltiarlamentifc Pio fa, co che af~ F 5 fanno „ L X B 1{0 tft. fanno Xdriimo tinteft)che fua Santità fi todnudpocó dell’zmoreuole'Zfm di F.Signoria , e molto meno della diligenza mia,ba: èdo qualchefofpetto,cheper con-feguire io quel htogOybauefJitenuto modi, perche ella non ycnifie.Cofà per certo molto aliena dalla riuerert-'gd)cbe io porto a F.Signoria,&dal de fiderio , ch'io bebbi tempre,& che ho più che mai, che fua Santità fia ben jcnnta,&da chi pià le piace. Duoimi, che fin caduto in quefla fo7]ntione, laquale non è già caufa-ta dapratichc,che io habbia fatte, ne da alcuna altra tnia ambhiofa oflcntationc.Et pià mi affligge, che non fi riduca a memoria, che nel proceffo della longa fet-uitù mia, & nelhimportantia de i maneggi , & dellé commisfóni battute, ho fatto femore legge della fud "volontà a tutti i miei deftderij, & interesfi, & ho di-. mofìrato hauer tanto libero,e netto l'animo, che la Un gua non ha maihauuto forga. d’alterarlo, non che l’o-perationi. Maifofpetti , fi come fono prodotti'1 pià delle uolte dalle falfe pcrfuaJtoni,cofi debbono e fere eflinti dallapotetia del aero , come jpero che farà que-Jlo,& molti altri col beneficio del tempo . Sua Beatitudine è poi andata continuando in quella prima opinione,che ella debbia uenire a Roma, & però ha fatto fcriuerle caldamente dal Reuerendisfimo nonfig. Vicecancellieri,che era per comandamele in virtù di Sala obedientiaj'e non che parendomi , che fi diminuiffé della dignità ^ipoflolica : dcirhtMt di fua Santi- tà,delqucde fui iempre auidìsfimo,fuppBeai che fi tardale fino aliar fpofla della mia lettera, la qual ripe- MO%GÌ'lMCClO'tfÉ. 44 ■flabduendotoltoqueflofcropolo^e èproceduto pet quefio altro modo piu hone(io,& più caro a fua Sari ùtà. Ft perche non pofforitrouarmi preferite} quando la Signorìavofìragiungeràin Corte, neejjerui cefi lofio, dovendo fvdisfare ad alcune mie particolari du .uotioni, & ridurre a qualche buon termine le cofc del yefcouato mio, che [ono in gran di/ordine,non ho ro luto mancar di fupplire con la penna. Conciofia cofa % chenonrimarrei quieto , feio nonauertijfìF. Signoria d’alcune co fe,parte delle quali ho comprefe dada natura del Principe, & dal cofhme di V. Signoriate parte ho conofciuto per l’efpcrien^a , & di quelle ho fatta.rcgola.Fcfira Signoria Vun chiamata con quella riputatione, che ogni buomo fa. Tercioche fna SÌ tità non fola l’ha honorata con Breui, & con lettere » ma l'bafubhmata col teflimonio delle parole. Ilqual teflimonio ègrauiffmo, fari f acuto f & infinitogut di fua Beatitudine in tutte l altre co fé, come per che in queflo fuol’effer moderato , cono (tendo ( come io credo ) che tutti gli buomini hanno qualche i mper fettione, & cheti più delle volte lo artificiofo uiuere ■ occultailvitiodell’animo, ilquale, comefìriene (coprendo, co fi in quelli, che laudano, feu opre roffore.E neceffario dunque yolendo corrifpondere a tanta a-fpettatione, nata prima dalla fua dottrina, & bontà, <&• accrefciuta poi da{l% faconde parole di Typftro Signore , chela Signoria rofiia non folamcntc perfeue-ri ( come foncerto che farà J nel suo santo propofi-to d'anteporrel’boncfìo, c7' il giuflo a dmgmpar- F 4 titolari L 1 È K 0 m. Ùcoìarì, & alle paffioni, ma che ella fi (iccomiModì, A molte cofe contrarie a'fuoi co fiumi. & alla rifa, la~ cjuale ha vinata trenanni fior dì corte, fen^apenfa mento di rhornarui ; Et ha da tener per con fi ante,che da ie quanto fta fiera, & tyanentofa-comc ho veduto,& ,r pronatoio. Et però è ragione, che in qualche cofa pre ji Si fede alla efpcrienga, laquale voglio reputare, che fia fiata piaccuole a meffi io faprò, che fta fata fcut-tuofà a lei. Fujfe egli pure fiato piacer di Dio,cbeio baueffinel principio de gli vndìci della miaferuitù , tono fiuto della mente di fta Beatitudine quello che da vno anno in qua ne conofio. perciocbe ardifco di di ' *e, ibe non fateipoucto della fta grafia. Ma mentre fono .."'dato imefìigando, & indouinando, in che mo do poteua piu fodisfare afa Santità, I ho forfè anno lata, ò de fruita, ma ho ben certo offe fa la natura,& ilgiudicio mio. Hor per tornar a quei ricordi, che io lìim,cbc faranno utili alla confruatione della fuà buona fama, & della grafia di S. dico,che ella ha da fruir la grafia, & il decoro fuo, non fidamente co l'integrità della vita, come ella fa & fece fempre,mct ton la parfmonia delle parole, perche il parlare ab ori dante fa careflia del bene, nè fmpt e è interpretalo ,o riferito quello che f ìrjende, con quella purità, chi noi il diciamo, onde ne nafte fejfe velie prciudicio in. L 1 B R 0. liti fe » dr* fcandalo in altri. Et fon più che certo 3 chc-moltì prenderanno domeflichcx^a con V. Sig.folperfarti trafcorrere in qualche ragionamento , {opra ilquale poffano fondare qualche lor maligno penfiero . Cerche ella ha da credere che quefta fua venuta non fole difpiacerà ad alcuni, iquali. fono in grado appreffo Tsf^ Signore, ma ancora a qualche Cardi, perpiud'vnrif petto,che apiu opportuno tempo piu diffufamente le di rò. Ha daguardarfi ne i ragionamenti, che terrà con qual fi voglia amico, ò parentesi non riprendere mai anione alcuna di S. fi perche non conuiene a buon fernitore,nè piace a fua Santità , come perche il no* flro intelletto non penetra molte volte alla cagione , laqualmuoueiTrencipi. Et io mi fono ingannato mol te volte , ilquale ho giudicato qualche anione di ftti Beatitudine riprcnfibile,che il tempo poi ha refo vano il miogiudicio. Se la Signoria voflra farà ricercata da fua Beatitudine del'uàparere, ha jempre da dir / ; fe rità, ma con quella molejlia , & fommiflione , che fi appartiene a vrio, ilquale conofce il Ino grado infe' riore, & il con figlio piu debole. Et fe talhora fi viene alla dìfeu sfiori e d’alcuna materia , non fia pertinace nelle cnntradittioni,ne troppo liberale nelle repliche s ma fi ripe fi fu t opinione di fua Santità , laquale con' fiderà,g? rumina piu fornimenti ogni cofa, & per ti capaci àdeU’ingegno delibera alcuna volta fecondo le coferdite , e~ a con figlio d'al’ri, ma jempre circo' fpettaménte. Tfon ha da ìnmnfccatfixon alcun Cafe di. fatuo co i vepofq e majfimamane col mio Sig- Far-< . nefe, MOK. CrWlC'ClOtiÉé 45 hefejd cui fi dee bauer dipendentia < nè conuer^ir i sé 'non con quelli,che fono ben veduti, & ftimuti da f perche s’occupa il campo a jua Beatitudine d'trt'àr liberalità,gp rnx-gnificemia fecondo il fuodiscretigiudicio . La S. V-, (per quanto fua Sàntitì s'è humiliata a conferirmi} ¥‘rà etettain quello principio per fuo (^icàrio, ilqua-le officio è piu importante di quello che altri s’auifa, & piu atto a poter iimoflràre la fincerìtà de co fiumi, & teffempio de Ila dottrina. Era già coHumato di darft 8 Cardinali fecondò che da fta Beatitudine ime fi , & che ho tocco con maiìo » ch’egli è cercato. Circa quello , prima le ricordo che dia graiisfima vdientia > dr h lecito a ogni bora) & a eia feuno,di/duellare , perche la diflantia de’tribunali delle babita:ioniì &• ì la grauegja delle liti , tnasfime tn queflo anno, eir [n moltitudine delle facende , non permettono , che lnegotiantipo(fanopf,rd riempo ihafpcttare , ò in tornare, per efjirafeohaii. Et fo che molti offì iali ' L I B B, 0 ìli', ' N1 fono odiati , & be/lemmiati per qnefla' cagione, ; Secondariamente ella non cerchi rinouare il mondo t perche fedifyìacc in luogo alcuno Tauflerità , & d freno delle yfarine trafeorfe, difpiace in Roma, doue è p(rmeJ]o la liberta del riucre. Se bene ha ella da prò* vedere a qualche trafeurato abufo : & a feruarevnd cena mediocrità,mediante laquale rimanga rejfecuù* uo,&il manjueto,tra il buono,&il fugace, ^iuuerten do fopra tuttochéfua Beatitudine non poffa mai fo(pct tare, che ella faccia co fa alcuna ingrana di Cardinali, L’yfó della humani’à, & delle cortefiparole, è moltO^ ■laudabile , & concilia mirabilmente gli animi de gli huomini. Etpcrò Sottra S. fi moliti graia nell’ajpettOf ‘benigna , & piaceuole nel fall tare, >iardifidel riprendere , & da pungere altri, perche a pochi pi* ce lo fare a maestro , & a ninno feffir’cjfefo, & qutt che meno pare che curino le punture , quelliJ0gl1'.‘Ó eonpiuperuerfa intendimento vendicarle , rjr di na~ feofto nnreere- Bjcuopra più (hepuò con l’humiltade t favori, che'Ef. t,. le farà, {empre guardandofi dined riferire co fa vdita da fa Santità, benché minima, & cerchi sella può, che ninno poffa comprendere quell0 che ella negottj,battendo a memoria di inoltrare piu t° fio,che fieno faconde frali,che importanti , accioch0 finuidia, laquale è infuna, vft meno la forza fu(1, S’apprefenti ogni mattina nell’bora dilla meffa ordt^ riamente aitanti a fua Santità, fe cita Ha inpalaZ^P1 je (ìarà fuori,ogni due,ò tre dì. T^cl tefìo, non frequed ti il c et aggi are,accio che quello,che [o certo, che V- MOTI. GVIDICCIONE, 47 farta per gratitudine de benefitij, & per la diuotione, thè porta afta Beatitudine, non fufje interpretato prò cedere da ambinone. Negli altri tempi di Conci fiori, & dt l caualcar del Tapa compari ca, et alcuna uolta, l'.accompagni, fecondo la qualità de' tempi,'t de'luoghi Tenga de funi amiciìCt de’miei quella memoria , Ct quel conto,che ftpuò maggiore,perche (oltre che ren-I dcrà merito della beni .olearia) s'acqui(ìerà quel buon j nome,ilquahorta feco co'l tempo v!ih;à,&grandez? Zft. Et douc può far loro benef.cio,& 'pendere il ìuo fa uore, non perda occaftone, &fta intorno a ciò tanto officiofa con altri,cpianto rilpettofa co’l Papa, perche ò molto piu espediente moderar fi nel chiedere , per poter giouare a buonpropofito ne i parlamenti ali amico che domandar per non ottenere,ò perche ottenendo gli fiaprecifa la (hada di poter altre volte confeguiregra <* come di molto mio Signore. Ma non vorrei, cbecofi finga ragione ella corre fica riprendermi , cheto ho folio , & pongo ogni Hudio di procacciane bonore (fihonor può dareperfona a chi riè ricchiffmo) trio* 1 ' (tran- L 1 B J^O. 111. ftrdndc>,& recitando i [noi verfi. Conciof;acofa, cheft non fujje cefi cbiarijjìtna a chi gli vede quanto mentii no le laudi, io tacerei forfè, ma in pace mi recherei io certamente, che ella mi riprendeffe . Et perciò io noti non voglio furarmi da nio[irargH,& da re citar gli,per nonpriuafaltri di queflo contento, lei de'fuoi honori » & me di qitell'officio, che la mia fere 'uà richiede.per-cicche mi parrebbe di commetter grufali ,fe io facesft ahrinnnù,<& tanto più, quanto ella ha aggiunto affai ■di ttcrfettionc alla landidczc^ù del fuo dotto flile. Gli al trifonetti fuoi,che ella ferine barn rmi mandati, ho ri' cerniti tutti,fuer ch'uno, cheellawi ferine hauer mandato per huomo non connftiulo da lei, come che egli le diceìie di conofcermi. Di che mi doglio affai, <& fé io nonfi‘ftirlputatoprefentuofo,iole porgertiprieghi > che non fifdegnaffe di rimandarmi lo. lo le ricordo cori molti pneghi,che ella fi ricordi di me,& offerifea qvel la feruitù,che ho con lei, al signor Conte fuo fruttilo,et mio patrone. A M. Francefco Bellini. T 0 non mi'poffo dìfporre a douer credere , buina* J. nifjìmo Meffer Francefco mio, che dimore tenga,fi fu ette le mani della fu agrafia con voi , fi come v'ingegnate di perfuadermi. Conciofta cofa , che cfendo voi tutto amore,<[t virtù, non deuelarciarni fenXf frutto lungamente affliggere. Et Diavole ffe, cheinf f fìe conceduto d'efferui apprejfo, come mojlra , (Jl{ MON. GFIDICCIONE. 49 noi de fiderate,non perche io che intorno a ciò vi potef-f arrecar femore > ò fallite alcuna (perche con voi ve li portate femore) ma perche jhererei, che noi mi face-fle qualche picciola parte del molto,che ni ananxa . St di qucflo fa detto affai. I vostri [ovetti fono appretto di me in ftimatione,comc le cofcdi cara,&amicapcrfo na fogliono effere. T^e fo perche vi venga def derio d'in crudelire verfo di loro coir a la voftra vfanà^a. Ter me non farà mai, che à mio potere non li tenga difif dalle Vojìre mani. Sarebbe ben voflro off ciò a mandarne qualche vn'altro ; perche non folamcntc accompagnc-refe qtiefti, i quali malvolentieri fanno foliimanb to gliereUe a voi medefmo la gloria, che da loro vi rie-uc. E cofivipricgo a douerfare, & recami per la me~ 1 tooria,che vi tengo fempre fiffo nella mia}e terrò fino à tanto 3 che mi fa conceduto diviuere. Al Card. Santiquattro". Signoria F afra ]\cuer. offende veramente In 1 ^ feruitù mia,à tenermi ricordate le cofe fue, delle ‘inali Monfgnor Rp arrendi fi Ghinucci lè può far fede, ‘heauanti ctiio partiffì di I{oma,neparlai con Tff. S.et attenni la tratta del [uo grano di Faenza. Et feto mi Scordai di far quefio officio conlff. S. Si ha pur da ere ' dere,ch’io non mi fa dimenticalo di farlo con me mede fimofilqualc non bopenfìcro, che piu mi [limoli , che & quella hauer riuerita, & da molto più reputaci che li piaceri, cr / 0, io,crederò di non meritar bia finto, ancora che io non l'habbia potuta acqidfiore > fiuantoper auentura al depderio, & a gli anni mici tareria, che fi richiedeffe. Tenete dunque in (.nafta farte dirmi felice, poi che io mi fi acquetare’ nella L ì B \ 0. ni. ' fperan'Za di fchifar biafimo. Ma io noti però condifceft derò mai a creder vói infelice f come per lungo difcot' fo v'ingegnate nella voftra lettera di Infoiarmi per ere denga) per effer voi imiefligator delle riccbeggc, fe co quella mente le cercherete,& acqui[}erete,cbegid b/o tempo bautte voluto che io creda d’ogni voflra attio-ne,cioè per folleuamento de gli amici,per nodrimento de’poneri,& di chiunque camina fi ori della fìradadC volgari. TSfè meno crederebbe voi tirato dalla cupidi' tà facciate cola meno che gin(la,& virtuofa. Et vi fa' prei confortare a non accertare il viuer voflro per al' lungarc la ricca tela, che teffete, fe io penfafiicbe bifO' gno n’bauejìe. Ma io giudico, che laprete moderatami te fopportare vna boneUa, e mediocre fortuna, fengf lattarci pur un punto fignoreggiare da i defiderij > i quali non mai1 attj, femore fi sformano d’allargare nel le ncfhe-mnni l’imperio loro. lo,fe piacer farà di Dio, che io vhia rantolerò di to/ìo fuggir da queflo effetti fio di vitq,& di godermi il nuìeto,& il bellifìmo otif delle lettere,legnali con tanto più feritore abbraccerò , quanto bora (colpa della fortuna, che troppo ftrinje M mani della luagratta al padre mio) meno mè lecito di poter fare, boi, fi come io non bomai d bitato del vp' ftro amor verfo di me, afficurarete voi medefimo de mio verfo di voi,ilquale è nato da verogiudicio feci delle v>[lre virtù-,& cresciuto poi,&foflenuto i grati, amorevoli officq, che battete fempre vla verfo di me. biuete contento,^’ fpcrate quanto/1 c01 viene. mm- MOTi- GVIDICCIOXE. Jx A M.Lionoio. *T E voftre lettere hanno operato in me quello che I y vn lungo corfo di tepo, & vn debito regioneua ÌL-yt/Joncflo non ha operato,cioè, di dispormi a j cri iter* al Tic,d'afiicur armi di [aiutar noi con quefle mie , ilqualnonpofjb [enx_a mio carico mancar di tener aiti fo dime, & follecitato di far intender di voi. ^Al Ti» (per parlar liberamente co voi, come sèpre f oglio con tutti) io nò ho portata da vn tepo in qua quella affettine,che fi couiene,&che io defdero di portare a chili quefeguitagli fìudij, & di qlli fi diletta. Tcrcioibe da poi che io conobbi lafua,non v oglio dir iniqtà, ma piu preflo frettezga nello in [ignare [io mi rimafi d'amari» ne per quello, ch'io creda, era per tener più di lui memoria,fe non quanta fi tiene dicofapoco cara. Orano fo come,&prima ancora in buonaparte, dapo che io congiunficolvofro l'animo mio , io mi [ento non pur dentro mutati ipenfteri,ma infiammati d'amarlo,acca restarlo,& offerii aria,fi come io fono per dimeftr urbi. uoi temeua di fcriuere,conciofta co fa, che mi pa- reffe che baite (le nel configlio dc'volìripenfierichia-matala difperatione,& non a torto. &perciocbe Jem pre a mio potere ho fuggiti i defpcrati,co i quali molto '•t>ìu JìpHÒperdere , che guadagnare, non mi fon ar-vfchiato di /ibernami homo. Ora che lafpcran%a del Venire a Rgma fra podi giornifii’ba ritornato in alle-Zra, vitali caciaia da uoiogniÌprefiione,cbc ricenuta C 4 hauefie ha j ma di comandariù,cbc ilei mio caro arciprete babbitt i te ottima ciira,&lì poniate quella pietà , 'che fi deu* portare a vno,che fio. poco attero /offerir difagi, et me no a fapermojlrareil vìfo non fomigliante al core, fon-•Zj le quali cofe voijapete quanto fio. in Corte vana, & ajìra la fianca. Col mio Delio,&, voflro, per no torni la vqSlraparte,io fo dolce vita, & direi felice, fc non che m è toba la voflraprefenzj., & quella del mio Bel lino,che fia piacer di Dio di quefta, & di quella confo' larmi tofto,come le voflre lettere mi promettono,ac ciò che to impari a conofcere, che ancora in [entità fi uhtc lìbero,& felice. Vai attendete , non dimenticandoui Itt fallite voflra ad amarmi, come fempre hauete voluto » ch‘io crcda.chc voi facciate, & di me vi promettete ttt to quanto fi può ^/erare di perfetta molto amica,& no macchiata d'alcuna ruggine cortegiana. A Madonna Mafia Bartolomei. 7\/T 1 dijpiace, gentililfima commare , chebab-Ji V jl biano potuto più li prieghi di Bartolomeo di V aggio in voi. clietion hanno fatto imiei adifyouà a [criacrmi,conciofia cofa, che i fuoi non penfo ne debbo credere, che fieno flati e fficaci, & caldi , come mol' ti,che iien’ho mandati io, che alcuna volta uipiaccid tener memoria di me, il che vedo che non haurcBefat to,fe non uifoffe flato ricordato. 2^è voglio conceder-ni, eh e vi fenfiate,che per non parer prefontuofa, vip* Af017. GVlDlCCIONE. 55 te rìmafa di farlo, attenga che io non crederò mai , ne nitrì che ri conofca > che laprefuntionc pofjd capere in quel luogo, doue nafce lagentilnx^a>& otte fi tnu-tùfcela cortefta,&credo, che chi vi dejfe ilgittramen to}voi non Caprette mai dire,in che modo ella [offe fat ta. Et però quelle rottre fcufe non voglio accettare , fe non mi farà comandato da voi,che potete farlo, per che per debito di ragione le poffo ricufare, & le rictt-f°. Della infìrmità di voflra madre, & mia, che co-toc tale n/onoro, io porto a lei,a voi Uittì,& a me rne-dcfirao quella compaffione, che fi contitene portare a quei, che temono aneti hanno per certo, di perder la P'tu cara cofa, che effì habbiaho. Sia piacer di Dio liberar lei da quella afflittione, & dare a noi quella al-legreg^a dilei, che meritano i nojìripietofi, & giu-fà deftderq. M. Giovan Battifla penfo che habbia fatto congiuration con voi di piu non fcriuermì ,per-cioebe fono tre meft,che non ho veduto lettera fua. Et Cerne cheegli,coftper la dittatia del luogo , come per efer cor fi tempi fatico fi,& atti allo {Indio , fipoteffe con qualche boneflo modo feufare , non voglio però-immettere la feti fa,temendo di quello ch'io ho detto, checgli non fi fia accordato con voi : & le raccoman^ *ationi,cbe uoi mi fcriitète > che v'bnpofe ,che mi fa-ccfle, non voglio accettare,fe non quanto tornano a toaggior confufione del lungo (tltmio dalle voflrc lettere. Arcangelo vottro compari ) & mio m'ha tooflrata' vna vottra, & preio il parer* mio intorno * quanto voi v'ingegnate di pervadermi, s’t rifalli* L l-B F^O 111. to, che ogni volta che hahbia da legar fi nel matrimonio,égli vuol farlo mediante voi, & per vcflra mano , auenga che non fi lafci credere, che fiate per fargli nodo,thè non fio.gentile, &bello. Che.coft fuffiio ne'ter-minifuoi,cornefenga molti priegbìaffettare,[libito per 7ne%p voflro farei anello, che egli va allungalo con carico fi0,& con voflro poco piacere, zf molta noia di fcriuere.Et però farà buono,che fe defideratc l’viilfuo, lo Unghiate non folamente jollc.citato,mA riprefo, che cofi m ingegnerò di far io: giudicando che fia bene , & che noi n babbiamo poi da riportare da lui, voi gratti di parole,& di fatti,& io dimoflration di volto , cbe noi l’habbiamo ben configliato. La lite del compare ho piu volte raccomandata al procuratore con quell’afa tione,che io foglio fare,& che vi porto, & doueiopf' trògiouarli,potetegiudicare,che fenga xilparmio lift ì\ca,lo farò co fi volentieri,come per memedcfimo.J-1 tendete a viuer fani,& a buona feranga della grand di Dio,(3r faluiate tutti i voflri a voflra commodità fot nome mio, ma a Madonna Camilla Bernardi m’offerii tc.cf - raccomandate tanto quanto vi pareria ragione-noie,che io doueffi de fiderare , & vedete di non efjet fcarfa di parole con lei,come fiate Hata delle tetteremo co,perche fraudereHe di molto ildefideriu mio. M0% GriblCCIOTTE, U A M. Trifori Gabrielli T 0 nonhoparole comenienti a fcufar'H mio poco X àuedimento d’hauermi lafciato guidare a queHo ponto jfenz^bauer prima fcritto a Sig ne furono fcufaycbe non m accafi.Conciafiacouc cbe quell’una , cbe mi rimaneua,di non hauerle yoluto recar noia, io flofso me la taglio, 'multato no meno dal deftderio di itti P arar e,che vinto dal bijogno; percioche io le mando ^na fatica tale,cbe potrà far manifelto à tutti,non put *lei,cbe niente altro può [ecoportare , che faHidio. Q^eflafatica farà vna luga, mal detta Satira(fe diqne &o nome di Satira è degna)laquale bofattapiù, pché (i conofca da chi fi deue,che i loro vitij fono confiderà-ti» cbe perche io creda di riportarne laude. La prego «dunque, cbe voglia male /pendere due ore in corrcg-Zerla,&fcriuermi poi tutti ipenfteri, cbe leggendola le jaranno nati. Ife lafci di riprender quei verft , shelepareranno pigri,duri,non ornati,ambitiofamen-te ve[liti,fr poco chiari.Ma auertifcafmilmente, s’io ho mal difyoflo il [oggetto, fe vnaféntetia fi conueniffe .piu in vn luogo, cbe in vn altro , fe io ho mal'vfato la proprietà delle parole, &infomma d'ogni mal fatto, c detto m’ammonifca. Et potrò poi con quefta occafio-difagli altri quel ch’io conojco,ch’ella è quel diuiho '4riftarco,colgiudiciodelqualefifabello il noflrofe-colo, & hauerò di ciòje no qll'obligatione,ch’io debbot «imeno quale potrà Jopportare la debolezza del mio (lato, pregandola, che infime con Monftgnor Bembo m’bah- z i b iio ni. in'babbìa per fuo buon feruo,l'uno, & l’altro dei quali fallo iddio quanto io ami,& riuerifea. AlSig. Leonello Pio, Luogotenente di N. S. in Ancona. TT'X rze lettere ho hauute da P'.S.llluflrifs,' l’yna fi __J raccomandatione de iferuitori fuoi, e del Rene' i rendiffimo Sig.Cardinrde fuo figliuolo, l’altra dal Con- | te Marc’Antonio Manfredi.Egli è vero, come ella può faper meglio di me,che i luoghi in quefla prouincia fono fcarft, & io n’ho daprouedere a molte perfone raccomandatemi & abocca,&per lettere,dal Reucrendij fimo Sig.Card.Farnefe,dalle Eccell.del Sig.Duca di Cafro & del Duca di Camorino, Tuttauia mi porterò fi modo,che Fr.S.llluftr.& il Cardinale ancora, potrai no conofcer chiaramente il ri{pctto,cbe s’haurà loro,et il defidcrio infieme di feruirli. Mi C onte Mare’Mntenia Manfredi. & per la miferia dello flato fuo, degno ue ramente di compafflane,&per la raccomandatione no meno efficace, che amoreuole di V. S. Illujlr. prefìerò fempre volentieri il fauore,&l'aiuto mio. Et fi confi all'andar fuo a Roma per lettere lo raccomanderò, cofl non pretermetterò mai co fa alcuna,che iopoffafare fi benefido fuo. Et in buona grana di voflra signoria il* lufriffìma mi raccomando. Da Macerata. M0\. GF1D1CCI0N E. 55 Al ConteLodouico Morello. Fatilo me befognaua,che voi con lettere mi fa V / facefte fede della beniuolenga, & amoreuo-vofira verfb di mc,non neejfendo io mai flato in dubbio Janto mi fi fa bora piu cara la memona,cbene fate,vedendo io manifeftamente crefcere in voi di pa-ril'amore,& la cortefìa.T^cllaquale fi come io corifef-/° da voi ejfer vinto, coft voglio,che voi crediate nel-^ ahro efler Jiiperato da me. Et q uè fio mojirerò io ogni folta,& in ogni occafione,che potrò farlo, ferrea effer r,cerco. Vi ringratio molto dell'bonora 'a mentione , chc v’è piacciuto far di mein quell'oratione vofira ; ^ molto piu ve ne /ingranerò, fe alla prima corte fu ^giungerete la feconda, mandandomi la copia d'effa. fon quàydcfiderofo di far piacere a voi, et tutti i Por luefi,de' quali fono amoreuole, &gelofo , non meno ritcfefujjero miei compatrioti,o fratelli. Et mivi rac-c°mando. Da Macerata. *418 . di Luglio. 1541. Il fine del tergo libro. DELLE LETTERE D 1 XIII, A V T T o R I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuouamentc aggiunte. LIBRO R T 0. p i tu, oio. Matteo c iberjt o- Fefcouodi Verona. Al Serenisfìmo Mefler Andrea Gritti, Duce di Venetia, S E D 0 piar cinto alla Santità ài fri E S. nella difìributione'de benefìaj del Reurrend'Vs. Cornaro buo, me,eleggere meper Vefcouo di Verona, comico efitt entrato fono a molto piu grane pefo, chele forge mie non ballano a foflenere, Ma poi'cbeb parato co fi fua Santità m’ingegnerò portarlo almeno con quclti fede,che fi conuiene, dirizzando piu che io potrò tutte l’attioni mie, come a /iella, & guida del mio viag-gio,aljeruitio di Dio , dalquale ho già quefta fwgold riffìma gratin,che douendo beche indegno, e fere ruo de’ paflori deigregge fi o,fia almanco di ma delle no-bil'.ffìme città d'Italia, & giuflifìmo dominio , fot19 Uquale è cefi aue%za <^4 mo dejìia, & buoni coft1*" mi, che ninna fatica haurà il yefcQuodi correggi MJtf-ÉO. 5<5 ™ • ‘Piacernì ancora douer bavere la fede della vec-tkic?Za mìà nello Ható di quella llluftris. (ìg. allagale ancor piu , che quel che deco al-fenfo eoe di buo ballano, fono fla;o fempre denotisfimo , parendomi federe in e fa la viltà imàginè dell'arnica grandeggi & della vera liberta di Italia . Laqnul'affettion mia co nofcìuta da fua santità,credo fin fata tra le prime caa fa muoverla a darmi quella Ghie fa, firn andò che m Pl>i bauerta potuto fare di quello fato befferei nato di quello , che faccia l’amore, & la deuotione, cito io, ho , come ha potuto fempre chiaramente conofeerc il Alag. fig. ^imbaf. Tfe dubito, che a V.fcrcnità non f‘a ancor coft chiaro, che mi reputi degno della grana fua, gir che alci ,& albltluRr, fgnoria, non fa per parere che 7^. S.habbia eletto me a quel Fefonato, c°niefornitore non piu di fua fanùta, che loro. Vero ^ par mio debito far con quella m]a,reuerentia,a no fra ferenha, allaquale, & allllluflrifs. Sig.efendo, già prima dedittisfimo , non fo bora , che piu offerire della jeruhu mia ,fe non il continuarla, hauendo forn mo piacere, che quello, che per l’adietro ho fatto per elettione ,& inclinaùone d'animo , habhìancll’aue-^e a fare per obligo, come lor buon figliuolo , GT fuddito. f rametto adunque avo fixa frenili , & aHa lllufìrìsfme fìgnoria quella mede firma fede , & Audio difenuere , che ho a fita fóndita propria; gr pre %"le f degnino accettarla con quell'animo , che è loro 0fierta. igei gouerno del Fe fonato non fard falò il Affetto dìfàtìsfare a F.fercnita,& all'Ulufrisfìma Sig. L I E B^O III. Sìg. ma anthe a 7^ S.per rìjpondere con qualche ope* ra algxudiciOìChe (ita Santità ha fatto di me, mafopU tutto alferuino di Dio,dalquale, nonpoffo mancare s£ 'Za danno dell’anima mia, che douendo ejfermipiu cara,che tutto il mondo,creda voflra Serenità che per no fapcre errerò,ma non mai per volontà, co/t habhia per certifjmo. Et in fio buona gratin,dell illu(triJfimA Sig. quanto piu pojfio humilmente mi raccomando. Da Roma. 9. a’^goflo, 1514. A M. Gìouan Battifta Memebiiona/.’ * ‘ T ^ificieròflar daparte la morte del nofiro Sangtt, che è per rinouare il dispiacere a tutti noi. che meritamente l'amauano tanto, poi che è piaccialo cofi à Nofiro Signore Dio,& a noi non è le cito di fico-ftarci dalla volontà fina, & vi ririgr alierò dell'atti-fo,cbem’bauete dato particolarmente con molta mU confiolatione , fi che in quefto pajfio ci fta moHrato quello,che doueua afpettare da vna virtù,&bontà ta le fi ancora, che per voi, & tutti quelli che amattait lui,& me,& in vita & in morte, fi fan fatti quegli officij di carità, cbeciafcbeduno doitcria deftderarc, che fujfino fatti a je in fimili cafi. Et ben che il difpifi cere , che ha fentito Nofiro Signore aggraui il >'3l0_ dolore,per batter fua Santità perduto vn fi raro [crup tote,nondimeno dall'altro canto m’è fiato d alleuiatnc tot OlOr^X MATTEO. 57 > vedendo ilgiudìcto, e la clementia di fua Beati, in (jueflo cafo, che cede in laude di quella per fona , che amato^come me ftefio.Qui s’era detto no fo che baia thè lapouera madregl’era andata afaipreflo appref-f° j & della nonna fi penfaua non ce ne fuffcpertre ho Vc>m* vedendo qudto mi[cTÌuete,ringtatio TSf S.Dio, {be nonpa feguito tanto male, & che fta rimafa ceca fl°ne di poter in loro far piacer alla memoria del mor to y a chi l'amaua . In che uipriego, che da mìa parte facciate ogni officio ,come dilor figliuolo , & fratello^ efe confortiate a tolerar patientemente,quanto èpiac fiuto a7{.s- Dio.Del paffo di Viacen%a, io non ho ha uuto fretta d i fcriuere, e fare quelle coje, co importa tità, che ft fogliorofar d’altri in fimili caft; nc ver fa d^a intercesfione di quella, che può fare il deftderìo, di quelpouerino, & la perfetta chi efogiudicaua la-fatarlo. Sequeiìo non bafìa, ogn’altra cofafaria viti a fa per me, che non mai fui auido,ne importuno di coja alcuna mia particolare con fua Santità, e molto meno conuiene efferle alprejente . Se a voi farà di quel f tacer lo fcriuere a me, che a me farà lo fcriuer a voi, facondo che mi dite, ch’io faccia per ordine di S. fanti faylo farete molto uolentìeri,come fo io.eper fegno dl ffa uipriego , che ringratiate fua Beati. & fin che non vi verrà a noia, anderò appreffo. Le lettere mie parti tofari fono di niuti momento, & uiprego, che & quel f>c'haucte,&quelle,che foffero reflate, ricuperadole f bufiate. Le fritture poi del mio tepo,che facendo e,luelpoucnnopiàviuace di me, non ne haueuavn Il L 1 B n 0 mi penfmento al mondo, vipriego, fupplichiate naftro Signore che le faccia conftgnare a M. Troiano , che fegna a.voler di fna Santità, & a mia in[iantia in cafì fua. lo hard piu caro , che fi bruciajfero da noi, mafe non fi contenta di quefio ,fi degna ad ogni modo fatami quella gratta non habbiaM. lac. in quel conto (he io deuo, ma ejfo faria quello, che ci guardajfe wd f o. lA Fenetia ban tolto il Giubileo infinite perfine > & coft per lo Hata loro,&pt nfo ftano fiati tutti quel li, che hanno buona confcientiq, & temono Dio, & foa penfato poterlo fare per il tenor della boli che dice effendo publicato, ò venendo a notilia. Snon fapendo lo animo di fua Santità, mi (limo, che lepiacerà ratip fareper fua clementia col fola ajfenl'o il bene , che bau Xan fatto. Di quefla co fa. non nso ha parlato alcuno, fe no il defidedo della fallite, & bene del prosforno, M Beatitudine faccia quel Tfplìro Signor Dialo fpire'. rà. Lamentandomi col Goiiernator di Loreto di certi preti ignoranti, & da pochi, che haueua accettati , &promosfo a benefiaj, & rifpondemi che fb^. tta fatto per voflre lettere, & commisfìon data a frt-da N. Signore, me ne lamentai col Sanga : & mi la co fa, come fìaua, li rijpofo, che reflaua fathf" to. jL me,& voi,& ogn’vno,che marna, non potrt fare il maggiore piacer, che operarfii feruitio di ‘f'h la Santa calà,cbe tenendo quefla brighaper honof" la glorio foifoma Madonna, vorrei hauer'vn m'ull° di compagni tali, ch'io fujfo il mimmo. Ma fapp'tdtef che uno de maggiori hwori , <& femtij, chefe leP°>: ■ - ~ ■ fotti giov^x Matteo. 58 fan fare,fi è, darle buoni mìnijìri,ò li manco mali, che fitrouinoyefe quelli dicala fono ignoranti,e inetti, lor fanno,non Ji dette batter piu rispetto a loro che aDÌo,e alla faluta di tanta moltitudine, che còcorre ìh.Et qua to alle commitfioni dilq.S .è facil coja a chi l'ama, & farne d di cuore,a riparare, che fata Santità lajjì (lare & far'effequirc quelle cofe,che fi muo ue a ordinare ad falìantia di quefao,e di quello,che impetrando la gente tallo, bontà fua vna cofapin che vn altra, quella bori-fa fempre è più difofìa a farii meglio quatto le è rimo faato. M.Achille mi fcrijfe a quelli dì della venuta del \o Sco^gefe,e della pruoua,che voleua fare, che bora ni mi dite batter fatta. Viringratio dell’auifo per ej~ farcofa noua,e rara,mafa fu(fì in lui,non andcreigià in torno facendo quelle dimoHrationi, le quali nella via ffe i Cbrifìiani fono poco lodate. Fi prego a baciare i sa tifimi piedi del padrone, & ringraiiar con altrettante Xaccomandaiioni il mio M. Carlo "Palone. M. Celfo & fatti i vottri. Et noflro Signor Dio v'habbia nellaJuf-gratia. Da Ferona. Jiiz.d’^gojìo. 1533. AM.Gioiun Battifta Mentebona. A Ndando afar,come era mio debito,compagnia Monf. TimpineUo,quando è paffuto di qua j V'correndo la fua mula vn poco dipcricolt nel puf-fa* d’un ponticello rotto,fen^a però male alcuno , nè Scorgimento di lui, che v era fopra mi venne detto , quell» era rno de Ila torte de’ benefici], che noi ri-fiujamo faejfoda Sig. Dio fcn%a accorgercene , se z z b mi. penfamì,ne rcndernegligratic; & cht chi s imbattef* fe a leggere vn puffo in vna $11'opere di S- Gio.Cri'oflo ma,che c infogna come fi deuedar gratie d’ogni co' fa alla fua Mae. fcbiferia quello vhio, & s armeria a poter più facilmente acquHìare ogni bora beneficio mono.Mi pregò, che io negli volesfi mandar vna CO' pia,&co fi fo pregando voi,che glie la vogliate dare» come arrm,fe alla riceuuta di quefta,nonfarà già di'-rinato.E fon certo, che nò folamète ne pigliarete vni copia voi,ma che non farà,fe no caro al Beatifs. che ne 'facciate fare vn’altra per fua Beatitudine. Quando Monf.Vmpinello è paffuto di qua,me ha ragionato per fua gratta, &per faper la feruitù, e fede mia verfo Sig.in tutto quel ch'ipaffuto nel fuo tepore’ha negotia-to & fonrimafo, & per il debito mio verfo fua Santi tà, e per l’amor ch'io porto a Monf. detto molto con tento dell' animo,& voluntà,e ragionar fuo, come fi' no certo, che molto più reflerà juà Beatitudine laquale haurà,più tempo a v dirlo altro gufo a giudicarlo. Ma certo m’è partito vn fchietto,& molto finciero huo tno.non dico del refloiperche fi conofce afiai da ognU' no:&perche queHe parti fon tali,che da fe fanno arnl bile ognipcrfona>& degna ddlagratia del fuo padfO' ne,ilqual me paruto,ch> egli ami grandemente, & fa animato a mo‘bario do uè bifogni.Sfon certo,che tando lui,che ~N.fig.fi degni moftrare, &con le parole & con qualche fatti che ha per tale,che S. Santità per la fua fomma henignitàgli darà caufa,non fola di mali tenerfi in quefiofuopropofito, ma di augumentarl* • GlÙVUX.MiATTtOl w £t quello,& tutto quello offich}che voi farete, mi fai rà cefi grato come fe tornaffe inmioproprio comodai %Almio M Carlo Vaiane,& a Monf. S orando fetida fi ne mi raccomando. €t bacio i Santhfmipiedia 2^o-flro Signore. Da Verona, *4 6. £ Ottobre. 153». A M. Gìouanbattifta Mentebuona. Ó £ io hauesft fatto per prudentia quello che è futi cejf° a r afo,di far,che 2^. S.trouaffe le cofe di Lorc to nude, & tome fono fiate fempiicemente tanto tetti po,mi pareria e fiere fiato molto fauio & vero profeta tor di quel loco,per moflrare alpatrone l’urgente bifo-gno di rimedio, isoifapete, che èvn pc^go, che M. Giouan Battifia vi fe chieder licenza queft’anno tt tuia ordine per andarci, che Dio fa quanto ferino, e parlo,ricordo, & importuno. Effo non vi potè andare per nuoue commisfioni bauute da iSfiS.benché ad ogni modo non hauriafatto quello,che voi hauete fatto ho ra, chefua Beatitudinen’èfiata. Laprincipalcofa , che in ogni loco facYofi puote attendere ( a miogiudi-cio)è la bontà della uita,& la dottrina, & fe altroue è neceffaru per ordinario, quiui è neceffarijsfima,per effer loro,doue chi capita ha bifogno d’effere & confo-lato,eir edificato in modo dell'una, & dell'altra , che fe ne habbia a tornar dìmiglior animo affai dì quello cheti andò. Quefte due parti a Loreto fono a punto a punto dell’altro eftremo contrario. Et poi che ho bali 5 unto i i b i^ò ini., vitto rjuejlagratiat che [ua Santità vi fia capitata j e? labbia tocco con mano che bifogna flirpar puella vlJ gnUiir piantamene vn altra, c labbia a far miglio^ fr ulto,, pi prego,per quanto amor portate allhonor il £>Ì0ì& di quella Madonna,& diTua Santità Cele il mio rifpetto nonha da effer’ìn alcuna confideratione i dotte è il maggiore,che fi pòpa ftimare al mondò) noti ripartiate da ifantiffimi piedi del patrone, che rifai' itiate-, che fi proueda, che nons’babbia afentirpini che bifogniproueder a difetticele fi nominano la, cb( fenato, vergogna nonfipojfovo nominar non fo doue> tlproueder arn Gouernatoie,che fua Santità fi de* gnerà penfare clipo/fa occorrere, & ancor io onderà imielìigando,e buon rimediOfCOfi d’affittare, & coni' puti{li,& fmil cofe, lequali io apprezzo , quando d principdldelTlonor di Dio,& fallite,& rimedio dell? anime lìiabene, ma fenxa quello , fi patria trarre d lavn milìon d’oro, & far le fatue di man di Vraffite le,non che del Sanfo tino > ch’io non lo f interò niente t & quello,eie accompagnato col primo, permediocrf thè fojfe, mi pania ampliffimo, a quello modo ampia ttpiapofla,nonmiparniente.OrpoicbeN.Sig. è spirato in quefafantisfima opinione, non lo voluto dtf ferire vn punto di riferiuerui et rifcaldarui a farla m11 dare ad effetto . Intendo cbe‘l Reuerendisftmo Moti' fignor Fan alino,l unendo intefo da voi,& da M.Gio' uan Battifla quello mio de fiderio , v’è entrato larga' mente, diche lograndis/ìmopiacere, che,effóndo A per fona della eiperienga,&virtù, che è, dòueria rnu GIOV^X MJTTEO: io a trattare in affittar le cofe della cafai Vi ricordo et far li patti chiari,& di non hauer a litigar con rifiorii & fimil baie,hauer buone fìcurtà,& no lafiiareufUr-par le iuri/ditioni.Ho hauuto l’operaiche m’ha manda to Monf. l'^Arciuefccuo,& ne ringratio fua Signoria * vedendolo me li raccomandante puf affai. Bacio i iantisfimipiedi del patrone,&prego N. S.Dio,che HI guardi col mio M. Carlo,& tutti ivoHri. DaVerona. *4 26. d’^iprilei tsg}i A M. Gio Francefco Bini. | T0 riceuute le due epiftoìe di Monf. nofiro Sadfè J \_leto,&diM. "Paolo ± quella degna del Sadole-to , equefia d’un fuo nipote: ilqual fi vede molto ben caminare per li mede fimi vefiigi] del gio. Laquat tofa m’ha dato piacer grande,perche viuendo l’uno,et l'altro feeddo l’ordine della natura,non faremoperpef der cofi preflo il Sadolcto. lo ho piu volte hauuto defi-derio di chieder alcune grafie a fua Sig.ma quando per y>ia cofa,quando per vn’altra l’ho differito, ilche non fui pare di douer farpiù,hauendo masfimela comodità dell’opera vofìra,che ò m'aiuterà à ottenerla , òd farmi efeufato della mia poca,ò mode file,è prudenza. & prima comincierò da vn rimordimetoì eh'è comune don fua Sign. d’hauer'operatoafafhauer Cauaglione dlfipuerend. M. Mario,& vedereiquato il buon’hnoti 4 m quanta lìima fa delgiudicio del Ifeuerendisfttnp Signor Cardinale Juo ■gin, eoi quale nioftra accordarfi 'n amar quelli,che fa efferamati da fua Signoria Rette Vendifs. allaqualefon tanto obligiitò de fauari, che io ricetto da quefto gcnùliffìmo Signor quanto s*iqgliricè beffi da lei fìeffa qui prefente ; & già che non la filmò ojjentc,riconofccndo molte partì di lei , & Vantino fo-pra tutte nel detto sig. Ilquale non contento delle dìmò Hrationi,cbe ci fa qui, vuole ancora dccomular quefla tortefia co'l mandar’vn fuo a guidarci , riuerirci, &. ^onorarci al paefe, & con tanta efficacia , & cTf/rcf fwn d’animo ci co fìringc , che fa violènti à alla mode Jlia del Signor Legato,a cui non è poflibile rècujav, ne Quefla , ne altra cortefia di queflo Signore ,fenga far' ingiuria a fua Signoria,che con tanta proniegga l'offerì fee. Sarete conteto andar fubito a baciar Umani a fu1*-Sign. Rcuerendifs. in mio nome, & le direte, che 'difi fidandomi dì faper trouar forma di parole , eberifpon-àaallabwnamtadilei , &àl'ebl'igo mio > la fut- plhf i i b i^o. ini. plico Apreflar maggior fede al mio (itemio, che non fa* tebhe a tutto quello , cbepotefjì dire in ringratiarla dei continui fauori, che riceuo da lei. Delfignor Legato ni ìli dico altroJjunendo uoi intefo per allremie,& inted derido bora per la di pia sig. peuer. del fuo buono fiata tielquale ogni dì più fi conferma. Et non rollandomi al tra forò fine i raccomandandomi a uoi di buon cuorei Da Viacenga. 4. di Margp. MDXXXyil* AMiGio.Francefco Sini< "D Erche non è chi fia meglio informato di noi del cri JL dito di Monfignor di Baius, buo.mem. con Monfi llluftrifi. Triuultìomio Sig. bauendo io mandato a flit fig. Reuer. lopoliga di mille feudi, de’quali refiando d pagarfi ancor li dugenioperrofira tndnoynonmoccot te perfunapiu atta di uoi a ricordar'ilpagamento di q* fiapoca fomma : Idqudl fon certo, che non fia fìatdpa-gataflno aquenahora,per le óccupationidilei , che l'baucran tolta di memoria queftapicciola co[a,& pel la mia poca diUgenga,deUaqual temo piu, che la uirtU di quel ftgnore nonfiJtdndaìigi,cbe dell'officio,cb’iof'i debito alla fede, che ha moftrato in meMonf di BaiiB' Et quando mi fouiene di queliti, che pia fig. IlluHr. s k degnata di mofirar’in me in cofe d'altro momento,tan* topiu mi uergogno , dubitando ch’inficine con la rnid lenteggia nonaccuftilpropriógittdicio. Onde trouandd mi io debitore di queft'officio fi come ella de’ denari}# _ GIOFJK MjtT~EO. 'fi non ftrìngendo meno la mia obliga^one,che Idfua, vi piacerà per farmi ufcirdi debito infume con lei, rìcor-darle^ per mia parte fupplicarla,cbe fi degni di com-tnettere il detto pagamento, ilqnale è volto a enfi buona , & pietofa opera, che fon ceno,quando anche non foffe debito,lo commetterla. Et[o,cbe lagrandexxa del l'animo,& lapietà di fua S. Heuer. & Ululi, è tanta , che fefuffe prefente, non altrofignore , delqualtni fcrìuete, che fua Santità ha hauuto occafwne di mojlrarfi altramete di quet lo , che io lo tengo, cioè colerico : ilche io mi guarderei di bauer mai detto del mio ftgnorfilquale ho prona-to femprcpieno d'ogni humanità, & quando non fujfe quell , non direi mai quel poco di lei, che a mepotef-fe effer'oppoflo in molto. Mapenfo , che fia flato modo diparlare,come flfa,& m’allegro, che quellapo ca colera habbia hauuto quel poco ricontro di patisti* che ejfendo la mia maggiore, ci è bifognatapiugagliar da , & continua medicina , & di tal forte, chefe "H-S.Diononteneflfeprotettionpeculiaredi me , ne meneria il cattino, e quel poco, che ci fujfe di buono. Et con queflo farete contento baciarne humilmentelt mani a fua Signoria fleuer. & llluflrifs. M'bauete fatto piacere a communkar le cofe voflre coft domeflica-mentemeco , & pa-iicipo conyoidel piacere di cefi dolce, buona,&gìocoda copagnia,con laquale fe io non MATTEO. 6; Mitruoiio fyejje volte co'l corpo alla fua. bella vigna, io la godo almen co’l penfiero, »e miperturba molto » thè la riprefaglia fatta dafua ftgnoria habbia tolto a toc quella che efia ha guadagnato, fiorne voi ferine-te, che fo bene, che lo Icriuete per burla, &'che a uoi Omnia prae campo, Tyberino flamine fordent.ma tonte fi fta, potete riputare il concento noflro femore aperto, come/ò, c/?e lo reputa per fuo il notlro M. Ga kaggo. Mi raccomando a fina ftgnoria, &a M.Emi ho t & e uoi, & priegoui a raccomandarmi al Mgni fico M Stefano Sauli, quando v'ocorrerò vederlo . Sono alcuni anni, che capitò qui Vier Bugiardo carne fiere alias della [anta memoria di Lione ,e perche l'ha Ueua conofciuto feruitor di quel padrone, alquale fono tanto obligato,non mancai farli quelle cortefie, et aiit to, che rrfiparueconueniente, comparendo in forma d'huomo da bene, & non da faltambanca,come lo ui j de la feconda volta, & lo cacciai via. Hor quetto mi-firo fi maritò qui con vna difgratiata, laqual piantò , fubito , &hauendointefochiellaè,&non fapendo fiilmatrimonio è fermo,o nò,eJfendomi venuto a noti : tia, ho cercato per piu vie di chiarirmi,maffime fe que fio mifero bauejfe mai hauuto ordini [acri,per liquali , non effendo il matrimonio valido, quella poucra don ; naroflafiefciolta. Mora [emendo effendo follicitato dalparrocchiano di lei, kopenjato, chefe non lo tosò per uiadelBjuerendiffmoM. Baldajfarrt , • ^ Emilio non lo potrò fapere altramente non bauen f*9 queflo bugutdro voluto confefiare il vero, quando 11 s i{ o tiri: fèjfato dimandato. Se potete far qncfìa elmofrnd,& ejferpofioju la ria da loro, non n bàttendo certa noti-tiatf arete vn’opera di tanta carità , quanto è fiata di qi, che perche giudicava officio fuperfiitiofo in:errcmperl per nfpettod'alcuni [ignori , che pretendendo tntereffe.mi soppofero , fua Beatitudine fe imaginò di compiacermi con minor difpiacer loro per cjaefla via ì che i detti benefici^ Capitolari riferuò a [e medcfma:fa cendorni gratta dei tre primi Canonicati , che/offe-re per vacare,a nominatione di quelle tre perfone, che a mepiacejje. Lequali fono (late da me nominate,&fi pra dette riferite fono fiati già eP^tditiBreui ; nefinoa quefi'hora è accaduto il calo, che pur la prima di loro babbitt battuto effetto. Onde vede Voffra Signoria Re* -uerendijiima,& lllulirift. come è fiata mal'informaUt che dame per fmil'effetto poffa. effcfobcdita. Benché per la verità la ntgociatione,che ho alle mani , e tale, che oltre alle altre continue molelìie, che da quella mi Jorgono ogni giorno, quella è vna delle principali, che non pofja piu delle volte comadato obedire a quei miti figr.!)TÌ,nel ctti feruitio mi pania di riceucre gradifftmo beneficio. £t dapoi che KlofiroSignorchehavoluta farpritoitadidifione di mio confentimento di quello ch'io , perche fua Santità me l’ha dato, che la mia ih inPirìfììma Signoria,thè fecondo l'vfan^a bauria ha* unto grato d’efiere fiata compiaciuta , fi fon dhiariti, ch'io per buon rispetto non poffo in queflo comandare a me medefimo,fifon degnati d’acquetar fi , come ari eorahan fatto molti miei ftgnori , fraiqualitcnendo l’. Sign. Reuercndisfmia,&■ llluflrifs. & l1 Eccellentif fimo Signor Duca i principali luoghi ,fon certo, che fi . GIQV jì,K'M>ATTKO. degnaranno d.'hauermi tarilo maggior copafflane,quoti to credo pur che tappiamo, che nella mia bafiexga, d’a-tiìmo , jo bn mnllrato femore pi n deftderio di far fcrui-tìo,cbc di ricever lo. Et co quello alla l'uà buona gratiA ^umiTiffmamentemiraccomando, DiVtrono.o fùngere, non mè riufeìto , F ( perche alpre ente più gratamente delfolito quei po-Uer’huom ni fi lamentano , auioeb’io non babbea mai timor dimento di confcientia, di non batter telato ogni dia d'aiutarli, ne V. fig. caufa di doler fi di me, mè pa I tuta àùucre a leiprepria, con mandare unfcbijfo (in | (critico da parte <1 Ile predette di quc(l’buomo ; pre-| gondola che fi degni mouc, fi a finii dar rimedio non j dirimenti di quello, che fon certo farà. Mapercbe ef 1 fo M. T. piofira empre in parole d'haue, mi riceuuto, tri gratin , & in quanto al mio particolare, non pofia fi non coment arme, prego fengu burla v, ftgnoria che fiacontenta, far d, forte, circa ilrimediare a quefla co fi i che ferrea mancare della opportuna prò fifone io tu habbia a conjeruar qttefìo huomo in quella buona dispofittone verfo di me, che mojlra. Et ilmodo m< pa reni quello, che quella moflr:[le haitere bauuto auifo da altri, che da me dc'portaminti di quefto triflo, turche ordinale a lui > che fne^a parlar con perfona ,fofi-fi da me , mi ricerajf. dajuaparte, che caltigasfi l. % que- L I B HO r. quello triftófe foffer vere le colè oppofìe; ìequalìgli pò-trìa mandare in foflanxa^ma [otto forra a,che nóparef' fe,ch’io l’baucfji mandate. Ma pur che feguiti l'effetto > che quefto triflo [otto ilfauor, cbefpacciadelfignorvO ftro padre^he egli vuol far giardini mirabili,non bab* bia a paffarfene cofi di leggieri di quello c’ha fatto , ^ perfeuerarper l'auenir,del modo,poi che ho detto quel lo che me occorre,mi rimetto a quato parerà a y. ftgno ria,laqual fa meglio ch‘io non le fo proporre, quelcìnt-urà a ordinare per effere obedita,& conferuamene. V1 chela fupplico quaft tanto .quanto della prima preuifo ne. Etfepiacerà a quella, poi che fcriuerà di quella co-fa,commetterli,che nel refio, & ejfo,& M. C. & M. 5-fià co me,& facciamo quato io ricorderè,mi rimetto al laprudentia fua. £t quello ricordo folo,perche non pò* trà jenongionarc quello rinfrefeamento delle commis' ftoni fmili,che fon certo,che efta gli ha lafciata. Et vO< fignoria fta certa,che non mi arrogo tanto,che quando la verità portaffe cofi,io non pregaffìpiù volentieri qh la,che gli raccomandaffe le cofe mie,che mettermi api' gliar carico della fua. Ma la carità pr ima,e poi lafetui tù miapriuata,mi flringe a far quello officio, nelqnaU fe io erro fo,ciré facilmente impetrerò perdono dalla no bile,& benigna fua grafia. Mila qual femprc miracco mando,& bacìo le mani alBeuerend. miopadrone,rdt comandandomi al ftgnor’Mrciuefcouo. £>aytrona. M Jp.diFebraro. 1541. GIOV^X M-ATTZQ. 67 A I.’Arciuefcouo di Napoli. XT On potei fare, che nonmi marauigUaffì , che J[N1 y.S. Reu. ricereaffe l'aiuto d'vn ^pppo nelfuo camino che ha prefo , (5* la guida di chi ha bifogno di guida,fé la Jua molta humanità non rn ammonire , che ciò pcffa effcre, come alle robe m’accade che ricco Signore ilauale fi troua hauer la cantina piena di perfetti vini,manda a quella del penero feruitor, non per bifogno,che n’babbia, ma per farli fano re, Accetto aduli que queftofuo humano officio per tanto maggior fattore, quato piu fo,la fua lautisfinta menfa hauer men bifo gno delle miepouere viuande. Et farò mettere in ordine,& manderaffì in mano di M. Carlo fuo feruitor, & mìo fratello,fol per obedirla, quel poco, che mi truouo in cala,pregando ilfignor Dio,che lo aiutila guidi, & illumini nel ruo fanto deftderio,come fon certo,che farà dirnaniera,ch’clla potrà effer d’aiuto a gli altri, & tei che mi conferui nella fua gratin. ^illaquale con tutto ilcuorerni raccomado. Diyerona.^d aq,diaprile, MDLII. Alla Signora Marchefana di Pefcara. T lettera di V. Signoria mandata per la campa ; JLv gnia dell’llluftriffimo , & Reuercndisfimo Si-I gnor Legato,con fperanza che mi douesfi trouare ad ac 1 cenarla in (ita compagnia , non mitrouando mai fìa giunto di fjbirito , ni è fiata data in tempo qui f 3 in , l i s ,n o mi. iti ffenetia}che [pero in T^r flro Signor Dio,che noti iàt df.rà molto a far fi il mede fimo con U prefentia, poi chi ì pìac’Mo afua Maeftiinfpirare negli animi ài quelli Signori a far quella dichiatation di me,che marito, nari io>ma quella grati a,che ella m’ha data , dinonhauei inai hauuto un minimo penfantento,chepoteffe con ragione effer’altramente. Et cofibauenda nel configlio là ro ai xv li. propojìa la cofay & paffuta larghisfinta-Mente,la mattina feguente,mi mandarono a chiamare., & mela fignificarono con tanta efficacia d'amore, & ìmpresfiori buonàiche mojìrauano hauer di me, dicendo d’bduermi nclgrado,che m’ban fempre hauuto, & thè io facesft quanto mi torna bene,& che m’era in pid cere,&c. che fe non fife il peccato di chi riè fiato caU-fa,quaft che direi doucrmenegrandemente rallegrare, & forfè con tutto quefio lo debbo fare, perche Nofiró Signor’Iddio mi dà campo di molti begli effenittj fpirì-tuali,&prima d’effercitar la carità, pregando per qité [li tali,& defiderando loro, ogni vero bene, & tantè altre belle cofe,che m occorrono,& prima, &poi. Ter lequali refio in modo confidato per la cfperienga > che fua Maelìà me riha fatto fare,chepoffo dire quello che il fimiffuno Gìofefdifie ai fratelH,Fos cogitati! facerè tndlum,& Deusconuertit illud in bonum.Onde fuppli co Vofìra Signoria,che mi aiuti,non tanto rendergrO-tic a Tff. S- di quello che l’ha Jupplicato, & è fiata effaU dita fin qui,ma di quello che importa molto più , cioè, che io nefta ingrato per l’auenire, & fappìa mèglio fpè dere,di quello c’ho fatto fin quì,i talenti,che mha fatti fio- J GtOVjl'S^MArTtO. a /coprire in quello cafo effer molto piò di quelli che iopt? fàua, Tenfo fra due dì partirmi per Vcroncti e nonpo-irò mancare di dar'vna corfa a Manica per dare,& ri cenere confolatione>& poi affettato eh auro vnpoco le co/e a Verona /che questo terremoto ha dato altedif-ciò vn buono/quaffo) ma fpero che'l fondamento flitt /aldi (fimo, andrò aTremo,con guadagno ceniffmo del godimento,che haurò del signor Cardi naie,& della co pagnia. Del refto farà poi quello che'l padrone [coprirà alia giornata che gli piacciale fi faccia a feruitio fuo piaccia a lui ch’io fia conofcìuto,& abbracciato, co tne fon certo,che ne faràpropofta comodità ampliffimct & mentre che fi farà in quefla battaglia, che lo spinto proporrà vna co/à,& ilfenfogli verrà aU'incoìitro,pre go fua Maejlà neproueda di molti Moisè , iquali come farà vofra Signoria, impetrino la vigoria dalla buona pane, & ella dalla fua propria grafia tradutta dal nome a fatti, Cantei domino gloriose : & mentre fari in quefi fanti defiderq,fo che farà piò accompagnata # che mai. Et allefue Jante oration’^quantopiù pojfo fera pre mi raccomando. DaVenetia. Mio. diNQHem* bre. MDXLII. tl fine del Quarto librot 1 4 DMÌ- DELLE LETTERE D I XIII, A V T T O II I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuouamente aggiunte. LIBRO £IV I TS^T 0. DI M. FR^T^CESCO DELL^F TORRE» Secretarlo del ytfcom dì Verona. A Madonna Cornelia da Bagno. ^4 Polirà vltima dì xv, mi fu data coli yecchia, cb’ejjaido venuta con tanta negligenza j à me partita di non efiefobligt __ to a rifpondere con diligenza, non bauerl do tuttauiapretermtjfo o fficio nccejfario intorno a ql-lo , che fi contcneua in ifi'a di maggiore importanza. Et per dire a Voflra’Sìgnoria ilparer mio del Contermo, comctni comanda , io ho detto fi mpra e ridico» che non fi può penjar meglio,che condurre il deno Coti tornio aTAantona , nellaqual ddiberatione s hanno & coìifidcrarc tre coffe,l’rtile^cbe ne configuiran queigiO uani;l'honore,che ne confeguircte voi, e la (pò a Ogan to all'vide, io v’affermo , che e quefl'huomo da bene viene alla difciplina de’volìri figlinoli per tre ò quattro anni ) fara/i tanto progreffo nclk buone lettere* che F^T^CESCO T011K?- 6t cheque fio farà de i Maggiori benefìci], che babbitt-ino riceuuto da voi. & quefii far un li meglio fbeft de nari j che altri, che habhiate ifcfi mai. TSfel che fate quefit)guadagno di più , che date commadnà à M.Fa brino di far tanto fruito nelle lettere, quanto moflra d'hauer deftdtrio, il che gli feruirà per [cala d'afeende re a quei gradi d’bonore, che s’ha propofti nell’anima Quanto all'honore , non farà perfona, che non vigiu-diebi non Colo madre amoreuole, ma donna di buon Sudicio j & di gran cuore e, che nella più importante deliberatione de figliuoli ,fappia vedere il meglio, & prontamente eseguirlo. Della fpefa, q uè fi a è chiaro, che la prouifwn de i cento è grande, & eccede quafi bt condition voflra, ma con fiderate poi, che non è per petua, e non ha à durar più che tre, ò quattro anni , che quefìi tre. ò quattrocento feudi mi gli inueflhe in unapoffelfionperpe ua, & pefieffwn tale, che alleai contento dell’animo 3 può portar tanto honore t & tanto vtile in cafa voflra, che potrete dir di batter dati quefli denari ad vQtra a cento pei' vno. Con-ftderate ancor che feperdete quefla occafione , ò ter^ tete vofìri figliuoli in Manioua, doue perderan mi fedamente il tempo priui di buon maefìro, ò li mdnde-rete fuori ,& potete effer certa d’hauer a far maggio-te fyefa, & incerta molto più che non fie e bora , del fiuto, che nepoffa nafeere : fi per la difficoltà, che fi dfuoua di buoni maeflri, fi ancor perche molto più futilmente queigiouani fi fuieranno lontani da gli oc-tbiiivfiri, & dalle vaftre bum ammonttmi. La q$ & ' L I B n.0 P1. de alla voflra preferita,fiimandoui come debbono, & comefo che fanno (‘ejjendoycome mìpar di conofc-rll i di natura rotta al bene & di buono ingegno, & dibo* na indinatinne alle htzerej non fi ouòfe non fpcrarne ogni bene dilato,& in cjuanto a i coHumi, che s’hanno a fiitnar[opra ogni altra cofa,& in quanto alle let- i ttre.Maponiamo che mandandogli fuoriroi Ppende-§te meno,& effi non fi futa fero , & vi juccedeffe tutto quamo de fiderà.'e, ditemi, nonhauete aftimat più la commodità.che date a gli altri due,a M, Fabri • tio,& a Aì.Ippolito,di Studiare (fe da loro non man-4 ca:& che n’habbiano quel defiderio, che mostrano) chenonimporta quel dì piu,che Spenderete i Et fe mi dicefle Horfc no !ludiafJcro,&fi gettacela SpefaS io vi rifondo, che quanto alla volontà loro, io voglio piu lofio Sperare il bene, che temer del contrario, mostrandola bora buona,come moftrano. Quanto all’effetto,p affiamo effer come ficuri,cke e fendo i campi loro di buon terreno, fe faranno colmati da bo lauoratO re,e feminati di buona fimen^a, no fe ne potrà coglia fenon buon frutto e fe (aràaltramente,faràper difetto della lor volontà.l^elqual cafo s’tjfi perderanno u lor frutto,voi non perderete il voflro della interior fi" tisfattione,di non batter mancato al voflrodcbito, & piu ancor’hauete a Slimar quefia,e l'honore, che not vi può far perdere la colpa loro, che la perdita di tre t è quatto ceto feudi, i quali hauete comodità di Spendere deUevofire entrate , len%a mettenti in vn minimi dijordine.Quefla è la opinion mia, laquale v'ho detto p^j%cèsìó ro^KE.' 70 tàn pìu paroleiche non hàiieà peritato. Pcrciocbe hà* aedo ragionato in puefia materia col Cote I{aimondo , riè partito di vederlo vn poco forpefo in qnefia fpe-no coft rifolutOiCome vorrei. & pchepehfo che y'bauerà fcritto,o vi fcriuerà io non voglio mai poter ( dolermi di me fle/Jò * £che non mi fta fatisfatto in co-» fa > che mi dette premer mollo ogni rifp t to . Mi hà Vtoffo fi al'altre quefla difficoltà,che deCide arido Mi Prancefco d’hauer la promeffa da voi di ti e anni) cjuc-fìo obligo vi rnetie.in feruità, fé la natura dell buono hon vi piace vi toglie la libertà di madar voftrìfi ' alinoli allo jiudio,fe avoi 0 a loro,ne veniffeyvogha^-nàti quel termine,come a lui piacerla. Quanto al primo,io no credo,che per ogni peccato veniale folle p fallar ui di lui,&fo che fopporterefle molte imperfeitio-hipcofi buono effetti, fapfdo che no fi Oono coglier lè lofe fengap'ingerii le fe fàceffe cofa, che non Itteritafeyche foffe (apportato, chi nò la .che cantra là folotàvoflranonci darebbe,ancor che ci fo fero tut-li i patti del mondo? Quato alfetodofio fono alieni js.dà ! Quella opinione di mandargli allo fìudio,batt endo què fa comodità.Laqualeelettionein fomma , virepìico ih'io prepongo ad ogni altra, che far fi pojfar in queflà j materia,&perche M Ciac. Pellegrino mi dijje, chee-| rinate rifoluta di volerlo ad ogni modo in càfa, fe ft Patena, auengà che mi potei fi contentar del ragiona-keto,ch'egli haueùa battuto con lui,con quella amore-Holcgjra ) che mofira in tutte le cofe verfo tutti noi piu che verfo ipropnj fratelli, non volfi tuttauia mari L T B E^O V. car di ragionar lungamente fecoMehe <(fo ancor defidi ratta, no ci partimmo l’uno dall'altro,ch’egli non >’£ ne in minor deftderio di venir in caja vi lira che io che ri veniffe,talche non vede l’hora d’ejjerui. Et quando non fiate mutata di propofto fi potrà fitr che venga sé ga conditione alcuna di tempo, & con libertà di lui di i fermarf quel tempo filo,che piacerà alni, & vofirUt di tcnerlo,quanto piacerà a voi.Ma a mepiaceria piu queli’obligarf parendomi che ciò fa con più voftro » che fuo vantaggio.Mapercbe altra i voflri cento,vieti con tyeranza di guadagnarne altri cento da diuerfigio ueni,come japete ri bijogneria adoperanti per tirarne fin ad otto ò dieci,chepiu numero non ne vorrei, che gli dìfero fin x.ò xij.feudi per ciafcbcduno, & facendo parlar a M.Lodouico Stregua .&a i Capilupi.cbe fon quelli,che conofeo io di profiìfon di lettere in Mantod facilmente,per quello che lonoinfcrmato , fi trotterà queflo numero , ma voi in ogni cafo non vi bauete da obligar a più de’ cento. Vero è , che non trouandoghfi queft’accrefcimento, temo che fi penferia a nuouo par tito, eT pur que[iu vi conforto a farne far diligenza • Sarà h ormai tempo,che faccia fine battendo detto tan to,chefon quafi venuto infafìidio a me felfo.Tregotà a pigliar’ogni cofa in buona parte,& le v’haurò faf i'"-diala , datene la colpa a voi medefma, che per farmi honore,piu che per bìiogno che nbauefie,m’hauete c° mandato,che vi dica 1‘opinion mtafaquale fe nonèpr** dente,è certo amoreuole.Mi raccomando a V.1,co to l’animo,&pregala a falutarmi tutti i fratelli, & r relle> TT^.A-Ncnsco ~01{RE. jr relle,& defidero Copra modo vedn M. Marc'Antonio, ìlqnal douredc pur mandar a Piar qualche giorno co* noijptr riconofcerc, /r far fi riconoicere da’parenti* bìyerona. ih. dell’anno. IJ15. A M.Gio.Francefco Bini. T7 ^w&prudentemente. Dì Ferona. *413. dì Decomba MDXL. A. M.Francefco Bini. 13 Erche alle uolte il filentìo delle lettere,par che fa X glia genera/[olo nelle am icìiìc, !e quello accade a uoi,ch’attiene a mc,quclìdno^rohaueràfatto effettocontrario. "Percioche l'amormiovcrfo uoinon fu mai enfi fueglia'o ne coftgrande inprejentia, come borain quella lontananza, nella quale dotte manco Hello fciiuerefupplico ne' frequenti ragionamenti,& eontinua memoria, & de fiderio della uoflra giocondif-finta, & elegantiffima compagniafaqual fola in quello tempo mi patria far grata la folitudine di poma ,J che credo perù che di gran lunga ftafuperata da quella di Cabrai, & di tanto fuperata,di quanto Combrai Superato da Roma,&quella ragione da quella, nel h qual mi par uederui regnare, & in quella ahiffimtt Quiete,dalla quale noi fumo tanto lontani, ^ifpetto da noi parte de’ Capitoli bellilfmi. Qui ci fermeremo f quanto piacerà a Dio,&a fua San. doue non c’è altra. Cofa, c babbiate ad inuidiarci,che’lfrefco,cbe no ci ma (bera ancor’in quel tepo, che noi arderete di caldo in Koma. Vorrei dirui qualche coja di nono del nojlro viaggio, e del flato delle cofeprefenti : maperchc non 1 è cofa,che uipotefie effer grata, farà meglio , chea» [penando altra occafwne faccia quifine,col raccoman X dami -vi Z B J^O ì , ^ar>ni alla grada vojìrajnjitmc con tutta la cafd v°' ! ' {iriffìrna.L.TrifunctBcntio,Dentato,^ipronio, Tardi' grado,!'ar die ni/a , &■ Chimcrafilius aggiunge ejjo > che èprejentc,mentre fi riu-o, ui[aiuta,e quello non vi paiapoco fauorc,ch’è fatto formai tanto fuperbo , cht pon degna più altre perfone,che Legati, ò ahnen Fefi0 -ìii,e qui non è Intorno della turba minore , che fi pop vantate d'hauer qualche fauor da lui,le no io, che pF ■grada fua fon veduto con bon'oeelno da fua S,laqudc vi fi offere, & io vi priego ad amarmi al fulito & rat' comandarmi a qualche voftro amico, chefofe rimafi )n i\oma. Di Sambrai. 9. di Maggio, 1557, ' A M.Gioan Francefco Bini, ,.T lettera di Foflra Signoria di x.vi. di __,gito y ho riceuuto aitanti lapiùveccbia di Giir 'gna venutami da liegexfuf arcinata, & molto [cari' camper venir p:ùleggiera in quefli gran caldi. v/ tr( quelle M ent è loco di fuggire,come la peflc. 7\[0,, f bifiuria co fi lunga, della quale vn galante buon10 non fi poffi fpedire breuibus.Con l'ultima mia, con f •quale vi diedi auifo al miogiugner qui, vi ri tigrati A* .anco delle corone rit enute , & poi che mipromcttett d‘ ani cenar ui a quelle Mlpi, io vi confermo la pronti fafit:aui,s‘io ve la feci,& non fallendola fatta la f9 .hfira^lifarui ringraliar da perjone, che non [ontnen 4<&-u. de i vofirì Capitoli,&deiy afro amore, di qufé T'O R FJ7-, 74 ■ (befóffe, che mìfeg’à quafi alle mani col vojlro mai-, ; firo,cofi Juperato da v oi nella poefia; come voi da lui nella mufìcaiilcbe fm coflretto a dir per la verità, ap-(or che nella mia infermità babbia ricevuto grandiflì mio benefìcio dalla voflra Juan: firn a armonia, alla qua lenonpenbo derogarper queJto.Seviverrà veglia di >enire(ilcbe non [pero,[e il Turco non vi caccia) mae-flro Bernardino,&io habbiamo fatto mille bei ctìpgni, 0 che concorfo,fe conducete il nobito Beuerendo Flóri-tnonte,&Francefco da Milano,quafi che non ciJaprci poi defiderar altri che il votivo OYtofilquale fe intende Cefi bene,comeparla,vi fvgmràiaferiga dubbio,fi vov rete adoperar le mani, & la voce nellaguila che fefìe quella fera della comedia delgargpn di M.Galeaggo , Scrino a M. Carlo,&gli mandoCinuentario dellerob-be di Monfi.ccn lequali vipriego a mandar’anco le mie con quelle di M.Lobardo. Le detterebbe nonbanda yenire,fe non quando farà prefintata ma mia in que Ha materiafiolo da colui,che piglierà la cura di mada-f e,che farà forfè quello,che la conduffe in la: farà ben fatto,che ogni cofa fia apparecchiata. Vn inuentaria ielle mie rcflò nella caffa. Foi fi farete prouido,per la tncdefma via mandareteil meglio della votira gaga , & farete a pericolo d’arricchire ilTurco, Io mi vedo $’à contumace,erto fo finire. Ma perla verità nelle co le d'importanga non fi può ejjer breue. Flora fini fio , pcegandouia baciar bumilmente le mani in nomemio ullTllufiri s.& ficuercndits.nììo Signore il Sig. Cardici diCarfiiEt di grafia que fio officio non v’efca di £2 te L B 110 r. le raccomandandomi al mio molto bonorando M.Frdt ce co da Carpici Conte,& a M.Benedetto con roi mi rallegro de i voflri nuoui bonari. di Verona, iq. d’^igoflo. 1531. A M.Giouau Francefco Bini. On fo fe vidiceljt, che verrei a Venetìa ma beni che ci /on vennto,&che me ne panirò domatù 71 a lenita fallo per Ferrara,e Mantoa,auanti che radi a Verona. Q^.i boriceuutalavoflra , lacuale , ef Jendo bretàjjima, ha ancor bifogno di b^euiffima ri' Jpofla.Ho ritenuta quella delReuerend. Cittadino cott tu’to quel che defideraua da fua Signoria , & ti VoClra.Vi ringratio della diligenza, e»r dell amba feti ta del nodi 0 M.Ttifone,buomo, et Voeta venuflifSi DaMonf. non ho lettere da poi ledi iq . de.lpaffato , ti’a pettaua con la po(ia,cbe s’afpetta di Fiandra, mi non eflendo ancor gionta,mi parto con ordine, che nii fian mandate dietro,& farà forfè domane. Credo chi fua Signoria col Reuer. & Illuflr. Legato non puffi efler molto lungi. Tfon ri fallate da qui innanzi del nonfcriuemuouc, ch'io non accetto cofi fatte feufe» Dite chela fatica vipeja,&queflariperdono,comi yorrei.chcfoffeperdonato ame,chein quefla parte ■vincerei gli occhi. Et feri verrà alle volte uoglia di fcriuermi(ilche fia quando,& quanto ui piace, e feti-Za obligo di rifondere alle mie ) mandando le letteti FI{y47^CESC0 TOKJtZ. 7? in mano del Clarisftmo M.Marco Contarmi,vena» jt fure/Mi raccomando k V Sig.& al Rcucrendisfi. Sijfc Blofto mio Sig.bacio le mani. Da Femia, *l26.d'Mgofto.i 53T. AM. Carlo Gualterucci. C* Ignormio.Lavoftra lettera dixx.& molto pii) la j^J> vofìragentilezza,& diligentia,meriteriano,fe no hauesfi ayenir per altro,che yenisft apofta a Viacen Z?*,per ringratiarni delrofiro amoreuole animo, eSr eorteft effetti,non fola yerjome , ma yerfogli amici miei, che fono però ancor voflri.Ma bauendoui a ueni re per comandamento di Monft. Quanto contento ne habbiapcr quefto,& molti altri rifpettijenfatelo uoi che con l’acuto occhio del voftro iudicio mi penetrate fin di la,dotte fete,nel me%o dell'animo. M. quel tempo rijeruo tutta la materia.Et bora non m'eflendo più oltre,che in dirui,che uoglia e efier contento pregar li no flro Reverendi-,fimos iella,rhe m’apparecchi yn tauo lino nella fua camera, & il Signor Triuli yna fponda del fuo letto. Mi raccomando alla gratin yo[lra, & di tutti. Di Ficenza. ^.i io. di Marzo. AM.FrancefcoBini. T_Jfinendo roflra Signorìa intero per la di Mon-I fi gnor il ca(o della morte del noftro fratel- K 3 lo L I K T{ 0 r. le ìiquaiec'i ha dì m.ivtera contrifìati tutti > chepofffr dire » che noi ancora non ftamo r.imafi del tutto vini * non fo che ttìaggiunger altro, fe non che tutta la perdita è la noftra, raccogliendo egli bora il frutto delfe^ me fparjo in ulta,&godendo della eterna felicità,cht ha fempre fperata, & tra gli altri, io fo fede a uolìrd Signoria, ebeelta hapCrdUio'cjuanto alcuno altro,ché fia } hauendo fpefo ragionato meco delle ccfc voflre i fi’pra lequali penfaua, come fopra Ic fueproprie .' fieramente che io non conobbi mai il più dijcretof ne art-thora il più amoreuole giouane fenga niun tritio, &. picnd’ogni bontà. Ma che fi può altro? ci bifognd batter paticntìa, &■ conformar(ì col voler del Signo-fe della trita, & della morte. s‘egli [offe vino , vipo-tria render testimonio ddia mia affettione verfo uoi j parmi dapoi la Ina mone neferobìigato d’aumentar la, ac ciò eh e quello, che bàttete perduto in lui, tr onici te acumulato in me. Tregotri quanto pojjo , che fiat& contento, ch’io entri in luco fUojChc cedendogli il reHà tdprometto non uoler rt[largii inferiore in amore, & : defiderio di ferule tri. mi raccomando a V. fig.& la prò go a tenermi nella grada del mio Signor M. Biofio. di Verona. MX X j/i di Luglio. M £> XXX Vh - ■ - . ... V . [{accontando a uofìra Signoria la lettera al SigHoir barone, laquale è di un buon giouane,che fu altre voi te feruitor di fu a Signoria. Sarete contento fai'inten-^ dor ai Signor M. Stefano Sauli il cafo della morte del, pouero Al. Giouanni, laqttàl mona ,Jò , che gli farà & marci PHJfiCESCQ T QÌ{RP • 7é 'nAra,rna fo ancor,che lafoppcrterà con patientia, hit uendogli T^.Sig- Dìo dato molte occafioni cHeffercìtarfi *n quella virtù,ncllaqualc,comein molte altre, ha ho* tnaì l'babitoperfetto, raccomandandomi afùnSigno* ria jenxa fine. A M. Bartolomeo Stella. I" vdpportdtor di quefìa farà rn fornitore del Cd* ,1 ytaìier Campagna mio parer,te,ma molto più ami co che parente, in tanto che nè piu l’amerei, nè piu, farei amato da lui, je mi fofìe fratti idrnale. tl detttk Caualureha tenuto molti anni fa ad affino vna badia-in quefla città dcll'llluflrifimo, & ìfeucrend. Signor Cardinale di Gambata mio fignore , & perche de fide-, ra continuare nell’affittanza & con quella nella feruti tu con fua Signoria I{eucreridil]imà, Monfgnor ferì-, Ue l'alligata, eh e vi fi mdnaa aperta,acciochc parte di quellaìfàr parte da chi viprefcnterà le lettere, vofìrct. Signcridpoffa hauer quella infomatione del ncgoA tio,chefta bifogno. io confido nella detta lettera affale nò meno nel caldo officio,co'l quale roflra Signoria l’accowpigncrà per amor mio , fi come la pregtf,. con tutto f animo, ma molto piu confido nella benigni e liberal natura di qu el Signore,che nen ia, nc può là-feiar partir da/e mal contento alcun ferultore. PJ perche fua Signoria Pcuerendiffìma, & llluflrìffimi mi ha gin fatto degno d’efier notato in quèfto numerai V piacerà dirle , che. la gratta fatta al Ciuàliert* G. K 4 ftopl L 1 B \ 0 y. non farà fatta meno a me, che non defidcradola meni) di lui, uerrò ancor'à non e (serie meno obligato,fi come le farà l'anima del Capitano Camillo, tanto dinoto fot uitor fuo,non foto per rifpetto del fratello,ilfjual’ama* ua teneriffmamente,ma per cagion d'un figliuolo, che ha lafciato fotta la tutela del Caualiere, leni modo,& beneficio torna anco in commodo, & bencf.cio del detto [no figliuolo,Et per che dalportatnr di quella, uofìrct Signoria farà apieno informata di quanto farà nccef-fario,non entrerò in altro..che in pregarla,che fi > conti ta di credere, ch’io defideri molto più il buon fuccefla di quello negocio,che fe l’intereffc (òffe in mio proprio, perciocbe ejfendo del Caualier è d'un mio caro amico, parente,&fratello,& è ancor mio,coinè fono tutte le cofefue,&fe uofira Signoria crederà , corida quello nafccrà,cbe s’adopererà con tutta quella efficacia,con laquale è folita d’adapc rarfi per quelli, che defiderano fare altrettanto per lei à cut con tutto l'animo mi rac-comando,&la (upplico a bacciare le mani al detto ll~ luflrisfimo,& Reuerendiffimo patrone , & al Signor Cardinale nostro. Raccomandandomi al Magnifico Triti li con tutta la cafa . Di Verona, ^ti 19. di Cataro. 1541. A M. G o.Fi ancefcoBini. era il uoflro gmdicio , quando per coft J___spicciola richi/Ju fatta à perdona , che u ama 4r stima tanto,fe/ie tanta frittura* Dotte era, quando F^AtJCESCO TORRE. 77 tfò con meco, che fon quel ch’io fono,fpendejle tante pa-*' fole per [bufa della v offra, che non fi può pur chiamare ambinone,ma ambitioncclla t Et tutto che quello (pi rito gentile,che tiranneggiai principi, & regna [opra i gran Pyejnimico degli animi villani, vi fofje entrato ai doffo, haurelìe forfè à [degnar itene ? Et chi ve ne vorrà biafmare t l<{on fapete voi, che quel vento e tanto fonile,che penetra nelle più frette chiufure de1 monatto rtf,& non perdona a i piu remoti,& fccreti romitori ? $copriteui pur libera. & apertamente, & mettete da parte le infmuationi, che non hauete alle mani caufa , che la ricerchi, & lafciate le fcufe,fe non volete fcufar tei del poco animo voflro in domandar co fa inferiore x tvoflrì meriti. Delle opere fatte,me ne rimetto a Mon-fgnor,cbepcrlafna ve ne dà auifo. Et non foche min dir altro, fenonchemipar di veder far fi quel voflro ài. Orto tato fuperbo,cbe non fi degneràpiu di compov r>erfì che faria vngra male. Jf [petto quelle frutte nua> vi raccomando pregandoti': a raccomadartnè «■tuttigli amici. DiFerona. ^l iXXV 1U di Kouembre. Al DX XXIX. A M. Carlo GualterucéL j v£ voflra compagnia è vna dì quelle > che Boti JL/ /at'a Mài > an^ lafcia fempregli amici con piu fece. Ala che difperatione è quefla , veder fi cefi tare volte $* yeniffe almeno il “Papa ogni anno vna volta - L ì B 0. V I r . 1 volta a Botogra , ò noi o^ni anno per rti mefe a Bonià » lenendo il mioM. 'b{icolo Ormanctto > mio fratello t priegoui,oltre al rifletto di MonJ. ad amarlo per mio et tnoresan%ì t d amarene riconofcer me in luiiilqutyetrO ueretegiouene di lettere,di buona natura, e Jopra o%nl cafa amor e noli (limo. Vien con animo, & con commi-[siane di commetter fi in tutto alta vojìra tutela. Voi lo guiderete,egouernarete,come parerà a voi, perciochè non ha a mirare ad altra Tramontana,che alla vojirett Mi Jcn ricordato de’roftriguanti, e con quefìa commo dità ve ne mando vna doreria,liquali fe non f no amO do vofìro,non fo che farcino bene, che jono de’migliori ibe fi facciano quì,<& de’ piu belli. Fra quefti ce n’èrtt paro di foderali.nogià di capretto peonie mi dicelle,met di certe pelli,che ui fruiranno meglio. Se vorrete delia foggia di quelli di M, Bartolomeo, mandadorni vngui topcr mollra,mi sformerò diferuirui. filtro non mi ri Pia che dirui, fe non che vipriego a farmi h umili fiima mente raccomandato ainoPlrifcuerendisfmi padroni fendendo piu meno parole,doue piu , & menù Japcie che inclina l'animo mio. Et nella gr alia della lf, luflr.& Eccellentifs. Sign. Marchefajc cbepervoflrd corte fa baierete memoria di rifu'.citarmi. B^tccomad datemi poi a tutti gli amici dimoilo in mano) coficomd ve ne ricorderete. Da Verona, vL ij. d’O.tobre, MDXLL *AM* - A.Mi Cario tìualcèi'uccii T lettera, di Vof. S. con ì'auifb deìtàrrìùàr fuo itt I -L»» Èologna^t col capitolo,che [crine del Reuerendo \ Patrone,ma portato quel piacerebbe fogliono le nuouè tfaùe , & defiderate j ilqua.l crefcerà poi in cento doppi coti t occafionebhefpero d'bauer predo, di fare alfvno bumile riuerengaye l'altra abbracciar dolci/fi* I ''riamente. Uguale officio fra tanto fo con lei coti [ani-\ rno,econquclla.&defidero , ebedaleifia fatto pet tnio nome con fuà S. Reuerendifs. Et perche Unoftri !d. Domenico della Torre^ M. Eficolo mi fanno non I f° che cenno dellagratia dell’ejfccunone, non fo bene * : 1 io mi doglia tanto della poca ventura di mio fratello^ pianto tu'allegro della collana protettiónè ^ & fauO. te del noflro Reverendo ) & benignifìimopatrone » ! della cui autorità,volontà ffero tanto, ebe nonpo f-,fe ancor difperar della grafia, lagnale fe nonmcriùa-I tno coinè fer nitori di fua Signoria Reuerendisfima. , & [e prima per queda cagione ci era lecito di fperarla > j ’ìoraperpromejfag[iàfàtta,& replicata dà quel Signo té, potendo chiederla,come co fa debitaiparmi che deb ! hamo hàuerne certcTgga. Lapromeffa fu fatta a Jud Signoria,allaquale non vedo come fi pojja mancare di hi Signore. Stfeft diceffe,cbc di qua fi fanno romori, i ''é.mori fi fanno da principio,& cejjano poi, & lagrima noflra nonper Brine, ma per vna lettera, conie è ' ■ flato L 1 B II 0. V. fiato fcrUtOypaJfera fecntamente, & noi non preferiti remo la detta letterale non ceffatigli flrepiti, a tempo cpportunisfmo , quando le cofe faranno qnìeìisfime. ‘prr^oui adunque , ihe vi piaccia di rifuegliar laco A r- I memoria di Tua Sign. l\euer. laquale fon ccrtis fi-' mo,c e in lungo,‘cmpo, & occaftone commoda raperà i( tu r tai mudi, che non mi caderà di mano la gratta già ottenuta laquale farà piu grata dopo quefle difficol à, chf fé fofle paffuta per la plana . E'non facendo Icufo dell'imponunitàper non offender la benignità di fud Stg. & la dulccgga ro/lra : a lei bacio bumilmente k mani & aV. §. mi raccomando con tutto F animo. Di Verona, di Maggio. MDXLll. A M.Car. Gaalterucci. T infinita benignità cortefìa del Keuerendif- J—t fimo Signor Cardinal Btmbo;cotinuata dal otiti' àpio fin’al fine nel ncgotio della effcntione di mio fratcl lo ^, ricercheria , che non contento della lettera,che già "crisfi a fu a S. licueren. gliene ferine fii vn altra di rtuotio, ringraliandola de i nuoui offici] fatti, & tante folte replicati per h fi tot fornitori, ma la confidenza • cheio ho,che foi fiate per finis far e motto meglio di mi aq efìaparte dinoflro debito , fach’iomifearichidì q eTlooefn, mettendolofopraleJpalle-pofire , molto piu atre a portarlo. Trogoni adunque a fupplicare cori fila S. I^ueren.per roi facendola certa, che la nofir* FJ^.yiT^CESC 0 TORI{£. 79 gratitudine d'animo, delcjual fola ella fi contenta , non è mi nor dell’0l'Ugo, ilquale come è infinito , cofifarà perpetuo, dr alla buona iratia tua vi piacerà raccomandarmi bumilmente inficine con e fio mio fratello. Et confèffo a V. S. il mio peccato uhe non poffo tanto dolermi della moleftia data , (apendo maffìme, che no è fa'a prefa per molefha, quanto, mi rallegro dd fa-uorriceuutoda i due miei Re -'erendiis.patroni, uni Sig. mio non fon per dir'altro fc non che fappiate. che ioJo quanto vi tono obligatoy<& quello non è il prima conto , che babbiamo infieme, neiquale vi refli debito re , ma non piu fra noi. Io [limo l'effetto fi , ma molto piu (limo gli animi in filmili cafi. La lettera venendoci dalla bottega del uoflro Reuerend. Mafeo , nonpuo effere, che non venga profumatiffima, & efficace. la la defilerò duplicata , perche dando Cuna, l’altra mi ferua per teflimonio , che fi fia entrato al pojfeffb della gratta, fe doppo quelle fi metteranno piu altre decime, che non e fendo mio fratello nel Breue,credo, che tornando a bottega,gioueria mofirare, che fi f offe in pof-Jeffo della dettagratia,&fe a Polirà Signoria parefie altramente,me nc rimetto in tutto a leiflaqualeeffendo feritm tutela mearum,vede,& opera per me,che quel lo che fifa per mio fratello, fi fa piu per me mede fimo Et non volendo dirle altro,mi raccomando infieme con lui alla gratta fu a, et coffa Monf. Michele ; che ha riceuuta lafua valigia, et predica della fua corte fia, DiPerona. *4 17. di Maggio. 1543. A M. Carlo Gualtenicci, "T'"X 0 menìcapaffata, a’ .r.v.t. la mattina alle xvif J____/ bore, del corpo yjcì quell'anima beata> accolli pannata dall'angelo , che quel dì appunìo era la (uA fetta. Et perche io mi trouaua con l'animo afflitto, & cfì’l corpo occnpatisfimo, diedi carico a Al. 'Elicolò di fcriuermi quel poco che occorreua di necejfario per ali duplicatali/ fienaia, e di Bologna , accompagnando i due plichi mandati pir due corrieri con diligenza con due mie breuisfìme al Magnif. M. T. & M. D omcnico della Torrc,con ordine che l’una, & l'altra màdate d frego uoi a fupplire dotte bìfogna. Et all llluHrifs. & J{citercndisfir/!o Sig. Cardinal d’Inghilterra,vi piacerà raccomandarmi buniilmente,facendo i [olili offici] col Magnifico Triulucon M. Marc' .Antonio, co'l Rguerctt disfimo Stella,*!? con tutta la cafa, con M. achilie,& co’l re fio degli amici,*!; patroni. Et a voftra Signoria con tutto Hanimo mi raccomando. Di Verona. Ih. dell’Mmo del MDXL111I. A M. Carlo Gualterucci. Z™X Vefia è la fera, che le fi fpaccia, & foncondof V J tofina dopo cena e non ho hauuto tempo mai di prender la penna, & fon cofi Ranco dell'animo, & del corpo, che ho voglia dlogni altra cofa , che di feri* ueve. FK^tHCESCO TO 1{ZJ£. 8r nere. Lodato fta Dio del tutto. Lavoflrarltìmaèdi quelle che accufate , mandate per la f afta di Fiandra non fon comparfe. Ho letta con doloro fo pia cere quella parte della v olir a , doue m’efprmetc l’effetto dell'llLJirif ima Sig. Marchesa, con laquale mi ho defidcra’oprefenteper far compagnia in quel punto, & in quell’off ciò a fu a Eccellen. neiquale off ciò ho [entità fempre, & dolore efrerno , & e fremo refri gerio, Dehil mio M.Carlo,fiatepur certo, che il fatto t’ofro è vn folaggo , e?" che è troppo gran differenza dal veder le cofe ali'vdirle. Federe,& ydir le cofe, tire habbiamo vedi’te,& vdite noi,#- far forte,non èpof ftbile, enga vn grande aiuto della grafia diurna, ni a fi inamente a chi per x vi], anni ha afsiduatnente gufati i frutti di c off anta,&gentil compagnia,come ho fatto , io trattato da quella nobilisfima anima piu che da fratello,ò figliuolo. Che ben che la natura jua non ha-ueffe fempre tutta quella dolcezza che haueria de fide* f ata la mia temperaua poi la Jua imperfettione in quel la parte con tante altre perfettioni, che quella au ferità nonpoteua offendere. Io vi prometto, fratei mio ho-norandijf. che non vorrei bora far altro, chepcnfare , . Icriuere, & ragionar di lui. €t quando mi ricordo l’a-j More che m'ha mo firato in quello eRremo della vita, le dolcisfime parole, che m'ha dette da folo , liteneri abbracciamenti, che m’hà fatti,\& la paterna benedit-tione, che m'ha data, io mi maramglio,perche non fi* feoppiato di dolore. ^4 tutte queflc dìmoftrationi d’a-fWore non folo diparole, ma d’effetti mirabilifftnfi, dr £ di dì quelli (he fapete, & d altri, che per me è mancati! che non fieno feguiti,non fo,come baieffì potuto rijpofl der mai con alttOyobe col morir per lui, & molte voltt mi fon trouato di voglia, che l'haurei fatto. M'accorg» che entrando io nell'amarlffima dolcetta di quelli ragionamenti,non fo però finire. Terdonatemi,ethabbi& teme compaffione. Et alla detta EcccllentilJima Signora Marcbefa raccomandatemi denotiffimamcnte,]applicando fua Ecccllentia , che ft degni di donarmi viti picciolapartedcllafuagratta, llqual dono , tutto chi fiagrande,non mi effer negato da lei ricercadolo. comt 10 fo,per virtù de'meriti d; quella Sanùfiimamemorih Oltre a quello che mi fa 'mete nella voflra delle cor te fi > & liberali prò ferie,dell’lll cheT<{. S. batterà il modo di ricuperare la obedienfa, e la lua dignità, facendo quello,che la fua buone > & religiofa naturali detta, & cr?d[d per quanto potrò, operarò quello che f/a honore di fua fantità. Egli è ben uero > che le cofe mie fono di forte diffipate, & rotte, che ir non faperei ben pigliar parti to, pur farò ogni tforgo. L’animo mio è fermato in vi , & in morte jèruire a Dio nella Ghie fa mia , ancor ch'io fta indegno ferito, & poco meriti la grafia fua ; pur tanto piu fono obligato, quanto conofco,la mit fua onnipotente efiere fiata (opra di me, che chi fapeffe i modi del mio venire vederla chiaramente non efft re Slatocafo. Et benché coft fta fermo, et deliberato,pur da lui medcfimo batterò licemiaper tre, ò quattro me fi, per andar’a far quefìo officio per il mio terrefirepa drone, dalquateiononmipartìgiamaiper abbandonarlo ; ma per tronarmi apprefìò l'altro fuo maggiore olc/uale ancora mi conofceua più obligato : Di vietro , d'ell’.Afpello, di M- Labaro, ho banutogran conforto intendere, che io flaua molto dubbiofo della falure loto , coft di Claudio mio, & dflibri. Ma d’Èrcole vo- l 3 Jlro £78^0 VI fìò di non buona ■voglia. E fi parti di fiulegi* leequel dì mede fimo che io, efjo per l\oma ì & iopet CarpcntraS , e'ldìfu(fe benntiricordoja'xxijidt aprile , & mi tcneua certo che fi fujfe trottato a Ho* mainanti il grane cafo , levoflrelettere moflrand di nò, vorrei ,fe n’intenderete niente , me ne de Ré auifo , & anco di tutte l’altre cofe. Di voi Bino mi<> vói Sapete, che iure veflro potete fare Jìima di me t & di quel poco che ho , ch’io non fia per mancanti mai, ma mi confido , che tornerete a’fcruitij dillo* firo Signore, perche ha bifitgno di voi, & mi confidai che fard battuto gran ri fpetto a fua fantità, & rendo' mi certo che quefle cufi fono cantra la volontà , & mente dell’Imperatore, ò vero piu fede non bai mondo . Ture quando altramente fufte > che aio ne guardi, io fcritto, come mi richiedete , alfignor Ercole , & vi raccomando a Moti fignor di Rauenna, & maffi me effendo fatto Cardinale. Diche direi hauer grati piacere fe la fori una de tempi non mi priuaffedi tal vocabolo. Qua partito non faria pronto, bifogne* ria peni are , benché c’è il Reuerendiffimo Salutati } che fo haur'ia caro unpar uofiro , & il Cardinal di Loreno , a chi fen%a dubio fareflegrato. Et in ogni evento non haueie agettatui tanto al baffo , perche d Mi non mancherà ricapito buono , enfi non bau effe A mancare a tutti gli altri. La donatione fumando, come domandate , fatto prima confuItaria qua a che mO do fiaautennca , 0: buona. lo delle cofe mie ho altro a fanno che dei libri, nò quali la Fortuna m’èpur HA ’GIjICOTO JJDOLETO: S4 Tempre troppo crudele ,10 ne bauea fatto munìtione di molti antichi Greci congrandifiima fpefa. Tur (e et àio cefi piace,cefi fu. il danno delle altre cofe mi porto in pace, &più dolor piglio del male degli altri , che del mio fiejfo. De fiderò intender dclnoflro Monfignof di Verona,ilquale amo,come fratello,&prego Dio, li dia bu ona forte , & ripofo doppo lefue tante fatiche. Cefi di mille alni,che voi CapeteJiaurò molto caro fen-tir nouelle. fignor Barone rispondo, & a Nicolo F4 bri. Le alligate maf ime a mia madre,& a Tietro, ve-detefin qualche buon modo inuiarfidatamente, lo ha-ueua ferino vna Epiftola i giorni paffati a Monfignot di V eronafiaqual credo non farà andata bene. Sonoac cefo di gran volere,di'fcriuer di nuovo fi a lui,& a N, fignore,ma non èpofsibile trouarprincipio,nè materia conueniente. rispetterò adunque, et pregherò tuttauia Dio per loro,come faccio, & jfofare continuamente in tutta la mia dioceft. Et per bora altro nortvi feritierò, fe non che vi diate pace. 1 e,& quelli,che vennero con meco qua tutti fiamo Jani. In Carpetras. viXXyill di Giugno, 1517. A M. Gioan Francefco Bini. T,X 0 ritenuta fhumanifsma lettera di Monfigntrr J JL di Verona, accompagnata con una vcflra, & l vna,& Caltra ni'è Fiata forte grata. Sua Signoria ferine hauer fatto di quei dinari tutto qurllo,che domi dauanOf&Jon certo è coft,nia ì ncslri di là, de iparen- L ì B 0 VI . fi mici parlòygìà tanto tempo non ci hanno fhritlò nuUÀ di che mi doglio piti che marattiglio. lo rijpoderò A fu A Signoria comehàbbia vn poco di tempo, & agio, & •paolo Sìa con meco,cheper lapefte,c'ba Cafpì:tràs,ftid rnodmft;&eglipià lontano, perche più pericolo è di lui, che di me. Valtro giorno vidi vna velica letterA M. Binomio,doue paflduate di non Jo che pagamento di mula, lo non\fo[e voi cominciate a deporre l'amo? thè mi portate ò vi diffidiate del mio verfo voi. Vorrà che U mula fuffe la meglior del mbdo,\latjuak era però buona,? ferrea foretto di mal vefuno\, fe haprefo mald t\a,è non tanto voftra fmiftra forte, quanto mia , chi àeftdererei bauerui dato,&poterui dare cofa d’impot tantia. Veròyfe mi volete bene, non vfdtc con noi tali modi,più tofiopeniate,tutto quel chehauemo effervo-firo,poco in fortuna,affai nella buona volontà^ & fogliateci bene,&peniate,fe mai hauerete libertà,che de fiderate, come cofa veramente deftderabile, che non è perduta la fferanga,che ancora a qualche tempo non ci babbiamo agodere la conuerfanone l'uno dell’altro. 10 manderò a Paolo quefla lettera,ilquale fcriaerà copifr' farnente avoi oa Oon ^tntonio,che ètuttovno. Et componendo fine vi pregherò , quando baiete tem* po a feriuerci alcuna volta, & raccomandarmi a tutti gli amici,&precipue al mio Beuerendifsi. Bauenna, Bai molino. *4 3.7. di Giugno. MDXXXh UM. Gi^fofrb à^AbOtETO* 8$ A M. Gio. ferancefco Bini. T) ^r pià roflre riceuute dì me in diuerfe volle ; mi battete dato tre co}e da parte di T^ofìro Signo-rc,ch'io douefjì pigliare, & mandare à fua Santità in formation certa del valore,& c(italità;& impcr’antict dimohedi quelle fue Caccila.CheJUa Sanfitàvoleua, èh‘io m’ihterpoheffi nellecofe, thè fi faranno da qut liifiioicommif]arìj,perchcio haueffi rifguardo all’ho-nor,& anco al profitto di quella.Etche voleua vedere f oration tnia ^ch'io già cominciai cantra ladinos. Ter ribolla dellequai cofe, vi dico alla prima ch’io vi mando bora l'informatione di tal valuta di qitéi luoghi,feondo ch'ella l’bapdtueo hauere , & come fla i libri qui della camera jlpoflolicct, perche altra ìnfomationepublicamente’dellagrandegga, & numero delle cdfe,non m'è parato decercaretpèr non offendergli animi di neffuno truuadomvib tra certi òbli-ghi,che difficilmente h aurei potuto far quefio » feiigx far pigliar qualche motta opinion di me da qualcuno-i. Terò mene fon rìmafo,pcnfanao , che fua Beatitudi-tie,chc è prudentiffima,faprà molto bene, & intendere le cagioni,che mi hanno riceuùto , & prokedcfè à qutfìacòfa, fi come meglio bifognk. 'Quatito alla, feconda, che [uà Èeàti1 udine mi commette, ebeiò habbìa cura all'honor fuo qui in quefle tofe, ciré debbono effer trattate da fuoi comminar fi', in quello lè prometto io largamente ogni opera , &/Indio , per- L I B 1^0 ri. (he per r amore ardeMì/fimo,ch’io pcrto,&porterò st pre a fra fan tit d quefìo è flato il primo , & prutcipal ptcpoflto,dopo hauer latisfhito a Dio,& att’obli^o,che io ho con Ini,al feruhio del quale ho dato, tl dedicai* quefto mio rimanente di vita principalmete. Ma dof9 quelle nefft na cofai che più tniprerf.‘a,nèin che io fft da più volemier l’opera,& i penfier miei, che nella. t-Ò feruatione dell’honor difuafantità.llcbefhrò, adeffo tantopiù prontamente, effendomi co/i comandato da fua Beatitudine, ne lafcerò anche dipenfare ali utile , <ìr commodità fua,quanto però ft potrà fare,non efse* dodifgiunta daU'bonore,come io fon ftcnriffimo, che ì la mente di fua fantità.Ma delle cofe di quefle commif-ftoni,& dello fiato di queflopaefc,fua famithfarà pienamente informata dal nobilisfimq M.Ciouanni da TI feia commifjarioftlquale vienelàper quefìo , & dirà ancor qualche peri faro mio , col quale ff ero flpotrà, trarre qualche vtile per quella,few^a fuo alcuno disho nere. Deli’or adone io non deliberaua di mandarla fuo ri,perche,come fapcte,dla tra partita in dueparti, ni mai feci la feconda,perche quefla caujà allora cefsò,et io fui difuiato da altri penftcri:& ancor quefla primi non,è mai fiata fi veduta, & aflctata da me che io lo approui col miogiudicio.Ma voledolajuafatuità qual’ ella è gliela mando. Nella quale potrà vedere il tcftimo riio ch'io do della virtù,& fanta mentefua.Laqualvif tù fe co fila Fortuna hauefje fecondato con facceflìprO Fieri,come io fon certo.ch’il mio teftimonio è vero, v* dcremmo fua Stntitàin tal grado di honore, autorità &vc- ei^covo saùóiutò. U VtràgrZieZ^ ga^he&efja & in alcuna parte ojfufcatoy& labrfaHato .diafì piu collo la colpi ad altri,perche io per me noiìpojfo dire alita nènte , fe non tbefempre ho vi(toy&tono cimo la mence di f;4 Santità in tutto defiderofa.& Folta al benc t’.q al he* ne-,p'ercbc tutti li fuoi babbidno parimente de/ìderd?pt fi fono tfft però ingannati in di cernete il vero dal fal- lo.Ma diquetyo non èpiuluoga dt parole.lo non man-. lo di pregar fqjfìro Signore Iddio in ogni mìa oratio-ntiche Foglia mantenerl i lungamente fui Santità, & darle prosperità. Mllaquale bumilntente baciarne li fiedì per mia parte ringr aliandola infinitamente dell A bumanitàfua verfo me^ pregandola però che per t’à lenire mi voglia dar manco di qui fi; imprefetcbe'arà Posfibile,perche non babbia cagion di diflurbarci miei fhtdq,ne quali io tuttoi/giorno m'occupo con grandii* fimo de fiderio & animo,& in cole di maggior impor* lamia,cioè ,nc gli fl» dif delle [aire lettere,de'quali feri “o ancor a fua Santità-Io comìncio a fentirla veccbi g. \a,& mi mancano molto le forge & la vifla ; & fe bon ch'io m'aiuto col buongoi che btbbe meco M. Gio* Frantela Bini, mentre io era in Fpma, & tamo* re, ch'io li portali* ,& la (lima,ch'io faceua di hit perla fuavirtù,& fofficientia, & integrità ; lequali co fe erano in lui tali, cheto in tutto quel tempo,che fletti nell'officio del Secretorio fotta Clemente , filici tncmoria,mi valli molto.con miagran comodità , & honore,dell’opera ©~ induflria fua in quello effercHiOt eflcndr lo dii di h i accettato per mio, quando par- ti] di là,e fio -meriiò d’effer nel detto officio in gran p'»f te mio 'ucceffore,e fendo chiamato alferuitiopiii fé-creta,& piu familiare di fua Sani ita. Tflclqual luogo cbri qu am afe de, ■& diligenti a ftfia femprc portato » non dubito,cbe V S.l\puerendiffìma , che è fiata pre-féntc lo Ioppia ancor meglio di me. Ora offendo egli per la morte di faci jantilàrimafo fen^p patrone , GljtCOTO S^DOLETO. 87 Quel che piu nfincre ice , [en^i premio della !c‘.i\tù f*a pari alla l'uà virtù , non poffo fare di non ripigliar penfiero di lw, r'r delle co re pie, & di non cercare c->>t °gni mia opera d'ai darlo, doue io ne vegga l'occa/ìo-*e. Et però credendoft, per la elettione fatta bora da 2^. S. di vi. Fabiano da SpoPti per Pio ecretario , Che il viHro 'acro Collegio vorrà in l ioga di l •i oro-ueder d* n altro nell'0fido del Chericaco, che il letto M. Fabiano'eneua prima y ho voluto raccomandatela quello a y.S. Reuerendisftma il mio fopradet-to M. Bino, & pregarla con ogni mia affcttipne , flndio,che accadendo, che fi faccia elettione d'alca-no,ella uogliaper amor mio,con l'autorità , & fh ior f>o, fare opera che fia preferito,& eletto a quello officio, ai] naie è atth fimo ,& [ufficiente. Che fe E'o-stra Signoria Reuerendifi. inclinerà uerfo lui, & l’appretterà ella con la fua fententia porto fermis[ima opi-nione,cb’ei lo debbia ottenere, conofeendo io per iaut torità, che ella mentametehain quel fiero Collegio: quanta prerogatiua fiaper fargli apprejfo tutti i Sig. ì^uerendis fim i quel Jìio giuditio , & approbadone. £t per quella tanfi ottenendolo lui, io accetterò tutta quefla gratta da pr.Sign.R^uercndisfima,& glie ne baueròobligo , non come ella mhabbia prefiata una foce [ingoiare , ma come ch’ella m’habbia donato tuttodì benefìcio. Di quejìo io fapeua bene, che piu tolto dottata ringratiar vojira Signoria ReuercndUfi-ma, chepTegarnela,hauendointefol'aifetùone, che elfi ha da fe medefma ad efio M>Bino, & fi menno- i i b n o' vi pe}cbegìt ha già data della fua volontà, ma ho voluti jeriutrea cjuet'o tnodoprfgandola,accioche V. S. Re-tier.fappia,ihe (]uello,ihi mila dettìon diluì ella èpe* fare pergUiditìo,& rolon à ,ua,io voglio nondimeno riconofeerìo in tal modo da lei,& talmente e ([irgliene obligato^eme jtellatvt’o ciò baueffe fatto[oloper #-7ncre,&raccomavdaùon mia. ^Alìaquale quanto pof fo mi racc< mando,pngando 7q.S\Din,che la mantenga l ngamentc <£r projperi. Di Carpinttà$A %A 16. di Febraro. *535, A M.Gio. FiancefcoBìni, T\ Effer Binomio . Ho letta la lettera yihe voi J_V 1 ferirete a Taolo molto volentieri,& duoimi, che fempre pare , pure che dubitiate di Jtriuerci apertamente il vero,ccme fé nei ft ffinio per hauerlé a male,anij tovìprego, che coft facciate , & f mpre ye oeringratkrò^uando lo farete. Quanto alla coft. Vìi par,che roipenfiatel& (limiate, 1 h'io mi fa [degnato per conto delle cenfure.Dì che io non potrei ha-uerpeggior nouella. I> non farti Chrifiano. fe coft, fo[e,& tarci molto in'olente , s’io volesfi torre la libertà a chi hq:te fa di dire,oh (crii, ere,come li renif-fe voglia.Le cenfurt non miJondijpiaciute, & chiunque 0 iucrà cótra di me per dimoArarmi la mia ignt fantia non m’offenderà, nèvorrei,che quel Lippomt-Itti. fofle ajfuafo d'eflequire quanto ha comincia- (e CU COVO S^DOLV.TO. 88 to ,<&■ vi prego, che operiate , c/;e «on fta impedito, ddà laprobib'uion de'libri m'è doluta fin a mortefa*-ta co fi nominatm, & in fpecie , gir ih ciuilmente, del h (joule ne furio ni ha ferino, come -voi peri fate,ma ne è Haio tanto che dire a Lione in ^iuignoney & intut-te le parti circonuicine, che in vita mia non mi trouai fi mal contento già mai, & qua fi non poteua aliare ilu ifo parendo a tutti, che ciò foffe auenuto , non per opera a'vn fola , ma pergiudìcio publico della Corte Romana, lo fa M. Bino, che infieme co me haueteprefo lore, gr Jdégno , gir il mio grane affanno v’haueria forte commoffo, & non mi darefìe tanto torto, quan to ber mi date.CbtJe’l Maeflro non volcua,cbe'llibro fipublicafie, baftaua affai la generai probibitione,e lo poteua far con modo gentile, & honoreuole,s’egit èta k > qual voi dice, me è {lato forila per ouuìareata *a infamia, mandar le cenfure, & le riffa fìe a Lione, "don perche ft ftampino, ma perche fi vedano, & fri nere a qualche huomóda ben e la, con lamen'armi dell'atto del Maeflro. llche è non pocogiouato , che pure, & qui ,& la, s'è feetnato il tanto romo-fe , ches’era diuulgato con mia gran nota. Et che "foi dite, che le riFpofle pungono , non fi può ( ere-do io) rispondere, fenonlì redarguifeono leraggio-nideil’auerfario, & le allegationi non ft dimottrano *on bene allegate, ouero uoi qualche altro modo me 'xnfegnate , che io lo piglierò volentieri. Che per aU tre mie riipofle , con tutto il dolore,& {degno ,fon-però modefte , lequali fcnonfaùsfaon . mi parerà fica- L 1 B 110 Vh franò, effèndo Hate con tanta cura ejfamindte , & di battute da buomini non manco dotù, che fi a ’d Mae~ jjro. Ma come fi fta lo fermerete!? off onere b libero àafeuno, & io non figgo d’effer rìprefo, angi > qud che noi dite, ejjer che dica, molti altri luoghi merita? riprenfwne, mi far a forte grata, che mi fpeno moliti ti, che tempre imparerà qualche cofa, & lo auedertrti delta mia ignorantia. mi fera buona dottrina, laqua-le ignorantia, io non la difdico in me, fol dico che fe > quelli, che vanno a Tariggia {indiare in Teologia , i# jei anni s’adottar ano,io , che l'ho {indiata otto anni co tinui in Carpentras , non donerei ejfer dalla natura fi ma’ dotato , ch'io non ho {Indiato Durandi, Capriola» Ochan, ho {Indiato, la Bilia, jan Vaolo , Agoftino » ^Ambrogio, Chrijoflcmo, & quei digniffmi Dottori, che fono le colonne della nera jcientia. il mio Lib?Q tome fta prefo, & quel che fe ne dica, io me lopafio, (he la mia confcientia è netta, & fa che l’ho fatto pef gloria mia, teftimonio nè, che a me ne uiene incarico &mdeftia , di che Dio mene riconpetifi fecondo l’O more, con che l’ho compaflo. Nè ho cercato premio dal He ,{e non vno, cb'ei fi mantegna nel buon volett d’efiirparl’erefìe, & fe altro premia baite (fi voluto » (redete a tne,che non mi faria mancato, ne mancherà1 quando io voleffi. Diche ut potrà far fede , quel chi bora hauete in Carte Beuerendiffrma Bellai. Che tni propongano tanti pericoli, & contentioui,& ritratti tieni,io ho ho poca paura,fentendomi nella mia co0 jtia non malfondate, Benché del modo, che s’è prff* accoro StADOLETO. 8p fodiprocedere,tutto mi piace quel eh è approdato dn "voi .che fo, che riè da buó %clo,e cura dcll'honor mio. Se’l maeflro è tale.qual s'è dimostrato verfo di me, »» doueua io fare altramenie,che come ho fatto, itegli é, cerne dite voi,modiflo,&dijereto,batterà e:cufato il fìufìo dolore,cbe m'ha moJfo,& non lopigtieràin ma-hipartc.Ter lequai cefe tutte M.Bino mio, ringratian doui prima,che coft[obietto,& fincero mi friuete quel lo, che vi par di fcriu ermi,bautte aneboraa pen'ar di me,che non mi muouo fenga ragione. Et quando per quefta lettera baierò perfuafo a voi prima, poi a gli altri amici per mego voSlro.che delle cenfure, & dello foiucr cotro di me,io nonpiglin [degno, angi co equifjì Dio animo le porto,haurò confeguito il mio defiderio , che io non fia e filmato altro che quello,che in verità lo Do.^ltro non fcriuerò per bora, (e non che vi pregherò che mi Jerbiatc in memoria,& vo(lra,& degli altri co Diuni amici. bai Buccio. Uio. d'^gofto. 1535. Al Cardinal Bembo. 7V/T EJfer Ciò. Francefco Bini, mio antico fami- .o li B K O" Vi i. fa verfo luì,quanto noi fi può penl'ar maqfiore. Tra quali,';primi,mi nomina voflrà S.Kru,& i Roferendif fimi Signori min'b{apoli,Contarino . ^Bruntlnfino, Di d e io ho prcfogran piac re doppiamente ; fi perche iobo mJio caro ilbcnc,e l'bonore del mio famigliare, masfimameniegiudicando,Io-io, &.per modefiia , & per (fperienria,& dottrina dignisfmo di quelluogo;et fi perche m allegro f mpre fimmamete, quando io ueg go procedere tali dimoflradon'i di bcmuolentia verfo me da quelli Signori,i quali con tutto il core io amc,ct TÌueri co, Vero non (olamente di ciò ringrazio infinita' fnente vollra Sig Bjuerenuisfma, ma etiandiu la prego , che a nome mio ella fleffa voglia rendere infinite grane ài prefati Reuerendisfimi Signori,aàiocbe esft tanto piu chiaramente conofeano, quan-o ftagrandeà piacere, ch'io ho prefo di quefla loro officio‘'a volontà yerfo me , quanto da piu degna perjona faranno pel pie tingi aliati, S ■'.» . Al Cardinal Fernefe, /'"'XtP'e/, che per la mia prima obligatlone fio hocfì V / Sig, &per li nuoui bcncfìcq, ch’io ricetto tutto il forno da fu a Santità,&da F.S-R. & da futi tala /'uà flpiflrisfima cafaJjaureifemmamente defide-rato di ftrt io medtftnio, fcl'ctà , & gli anni mici me Ihaueffe facilmente conceffo, cioè,di venir prefential-rnente a Lione per vìfitare,abbraccia, & far riueren-fta a voflrq S. Rea, in quefla fuo ritorno mando Tao- Gl ^4 COVO S^DOUETO. 90 lo mio, perche in mio luogo l’effeguifca, & come quel-lo,che è twn fittamente confilo, rna niandio partecipe dell'affettione,&gratarolontà3cheiotSgo verpt U uq flra llìuftrisfma cafa, poffii efporlc,&far tefiimonio di tutto l’animo mio piu pienamente, che le lettere non battano a fare:fé però egli ancora farà bacante a narrare le ivpnitè obligationi,che io non fon già, 0 appena fono baftanteà foflcncre.FoflraSig.I\cu.farà contenta nella perfona di lui di conofccr, & accettare il cor mio,<& non tanto dalle mie lettere,nè dalle paròle,f e, quanto dalle cofeifteffe,& dalla mia natura allenata, per molto tempo negli {htdtj,èbe ciinjegnano lagrati-» tudine, & vera Immanità, voglia per la bontà del j«o ingegno comprender ella medefima,quanto fta in cff'et to l’obligatione mia,ancor a che per la difgiuntione de' luoghi io fta priuato delle occafione di poterle dare dì fio quelli preferiti inditi], che alle volte defidererei. Ma nonperò dubito punto, che benché io non fatisf accia a gli occhi di 'ì^efiro Signor e,& di uofìra signoria Fpue rendsifima cotidianamcnte, &(athfarò nondimeno all'animo,& all’honor loro-.come per rdatione di mol ti fpejfopotrannointcndere.Tiaceràar.S. Re», dare al prefetto Taolo quella compita fede, che darla a mO fnedefmo,e farmi gratta alja ifieffaxofi nobil mc?o co tne ella è di raccomandarmi al mio Ifiu.fratello,& Si, Monf Marcello,Et a lei con tutto il coreJemprenn rap (Ornando. Di Carpentràs, MI di Maggio, 15^0, «. - 'Vv . ~ ..C t, ;v ; v... • . M % *AM, LIBRO FI. Zi M. 0 10. Fusiti CESCO B ITI li & M. Franccfco Maria Molza. Mici miei come cariami fratelli. Ter che io mi (lima,che della fepoltura del Nodro Monft.de Jeft a penala à chi ftpiflrpenftetakuno,per e(ler an-darò le (ue rabbe in ditto f maniyperò^tdpotendo macare alla natura miagrani)ima>in ricordarfii benefici} non lobritenuti,maetiandio dijfegnatidifarmi, non dirnen'icando il !uo amorevole giudkio , che ha fatto di mefia;dandomi herede de i juoi beni,ancora che di tale ht redhànon ho battuto, [e non il dolor della morte dell’amico, & gualche danno nelle robbe , che mie non ab(lantibi> s, ho deliberato fargli la fepoltura a mie fyefe,& affai bonoreiiolmeute,(juanto le mìe pache fa colta pofìono comportare,& di tuttoquefio ordine fi feri te a pieno a M.T.Taolo nofito agente in Roma, il-quale fta con voi,&vinformì a pieno della mia voli tà, Ter tanto vi prego per t’amor ch'io viporta.&pef quello,che %che voi portate a me, vagliate pigliar ut cura,cbc fiafatisfata a quello mi» bone (lo. & (amo de fticrio .accioche il mio caroamico.La dotte fi trova, & come in mi perfita-byper la Dio grana & mifcricordia, in ottimo loca.conofia, <&■ intenda,eh e come per bini mancano nell'affi, io di pregar Dio,cofi non voglio ma» care,quan:operme fi potrà,di conferuar la (uà menta fiaapprefio agl, huomìni.Quefio è ch'io vi domandai Gl^COTO S^tDÙlETO. 91 prhna che fi proued come le parerà.Ben fupplico a VoHra Signoria peneri dhftma^che habbia quefH popoli raccomandati, & Come ella dice, che non ha de fiderato batter quefta le-* fattone per crefcere ili robba,cofi moflri in effeio, & habbia curadi metterai officiali,che gouernino co giu* fitia, & fenga auaritid.Et in queHo modo nel cor di queflegenti s'edificherà vna fortex^a,che potrà effer vtilc in tutte le varietà de' tempi. Ho parlato con Mi Gio.huomo fuo,deigran defiderió,ch’io ho, che fta ha* unto rifpetto ad vn fruitore delQ^M. L. huomo da bè he,quanto io habbia conófciuto vn'altròfilquale dapoi ■il mancamento d'intelletto di fuòpadrone, gouernan-doft per miei configli con ejlrema cUrà,& diligcntid t virtuofsftmamente s'era mejfó a reflituire in quefid paefelàgiuftitid^heprimaeraperdutai &boramai le cófè erano ridotteiri buonisfimo htogo.Egli è Capita nò di ponte Sorgd.Trego l^.Sig.KeUerend.che in co/lùi ini voglia far piacere, & gratta dilafiarloui qualche leni* Giocavo sjtbotÉTO: $3 tempo , che in nonpntrciin tutta quefla Legaùnne r]C6 Iter la maggiore.voHra Sig.'ReuerendijJ'.lt degnerà raC Comandarmi a i fanti piedi di 7 Al Cardimi Farnefet T-x Oppo il ritotno da Lione da glt lAmbafciatorl t J di quello Contado, ferii fi affai lungamente, a V. Signoria HeuerendiJ]ìifiai & llluflrisfimadime t & delle cofe di quella prouincia per purgar mi appref-fo di lei di qualche calumnia che m'era fiata data, de* ■ftderandoio folamente) che non reftafle nell’animo fuO fi come non è l’effetto, alcuna minima fofpitione di filo , che di me l’era [lato inculcalo. Se però è conuetiiert te che in quefta ritma età,#1 fi lunga efperientia dela mia vita %ft uenga in dubbio della fede, & fmcerit.i mia, & [opra tutto della gratisfma offtruan^a & at demìsfmo amore, che io porto à y,Signor. Reuerend* Jlquttl mio amor uerfolci , folendomi io doler tra me mede fimo di non bauerpiù fpeffe, & iUuflrit occafioni di dimoflrarle, quanto fiain tffetti, mi faria pur trop po acerbo, & intolerabile, fe ancora in quelle poche occajìoni , che mi è conceffo di adoperarlo in (eruitio ■delle fue cofe di qua foffero l’attieni mie interpretate t & riferite nella contraria parte, Ma spero # sbeP. Si gnoria Reuerendiff hauerà coni [àuto, ò conofcerà rà felamente la mia iniiocentia in tutte quefte confufio-ni di quà , ma etiandio i buoni offìcij & òttimi confi* gli, che io hofemprepropo[li, & daciperbeneficio,et fomma eflaltatione, et laude di quella, feimici pareri , iquali erano anchor ftmili ài comandamenti ,et uo hontà di F, Sig- feuerend. bauefder trottato in chi ap- fiarteneua ■ Gl sACOTO SJfìOVETÓ >/ pMtèiiekaditJfcguirli, qutlla buona, diffido fittone di'* nìmo, & di rdontà, che doueano. Bora per no bauér io piu a uenire in ftmil dubitatione, e di’!fruta,e per poter que/U pochi dì di vita, che mi reftc mo jipofar qtùe tamente ne i miei (ìudij, & nella med'itatione della vita auenire, deliberando io, come fcrijfi a V. Sig. %cu. di fpogliarmi in tutto dettamminifi;raUone, & cura di quefióVefcouato, mando lapr&cura della mia lìbefx ceflìone di quello in porfana di V anlo fuo Jernitàre^ nlqualegia molli anni egli è destinato. Vregoy, S. Ifauer. & llluftrijf.che perfauerando nella fata falittt benignità , & larga cortefia Uetfa noi Voglia in quella qua fi ultima domanda, <& efpeditioH'o mia, cjferci fèiioreuole, anzi pigliare tutta liOpròtàjtione noftra > | aiutandoci a farci ej]enn da quelle Tpp.fa , delkquali fogliano effer liberi quelli , ebeper far qualche buon* opera, <& fedel feruitù, hanno, ■m„-vclt0y che li padro rii loro li facciano di fere-dallo file comtnune > & dalU molto ffiapr orpayfc qi(etli 3 che fanno cjpc ditione. Dotte r' Meriti non fon batiali fup- P^à*ef tant0 pm dì la!id£hauerà,ilriberalìffimo ani m 'ai queliti , attento , malmamente che nm fiamo 1 lutto inipóieni rifar fpefa d'itnporiahÌik,tQfae V* $• tteueren.farà informata & pregata a mio nome dal J^uerend. Vaolo ,<&da M. 'Carlo da Fano, & io fap pii co lei à uoler intercedere per me , et ti detto vaofa fuo feruìtore apprefto la fonma dementici ', & bemgnt tàii Mofìro-Signore. Et io Monfignore , che notti fojjfo più crescere in amore verfo vòjia Signoria ■ ■ •: faer. i tifino rt '. un di quello,a che fon giorno fin qui; enfierò tuttdmd piu in obligamnc,rion mi dolendo dinoti poter pagar lt tami &■ tami beneficili h‘io ho riceuuti da lei, ai che certo non mi dorrei; le io hauesfi a far tb qualftroglid altro fig. rifa rallegrandomi,® congratulandomi, che ella fia anfiatatanto alto in bene fidar e li fuoi /< dtlif finn, & affettionatisfimi feruitori : che. a ne finn modo fipofjafatisfare alla obligaticne, Ddlaquaicefa fare prego Dìo, thè ogni dì più dia à V, signoria fi & Farti mt>,& le facultd, Et baciandole le mano, in jua buoni grada,® memoria,quanto piùpo(lo,rni raccomanda DiC arpentrat. \AXX.di Marzo. 1541, A M. Carlo GualteruccL *1) Er la tetterà, che io ferino al fieuerendifsimo Sigrti JL noflro Taolo, ® a Monf. Biafto,vederete, corni io fon rifoluto di fogliarmi in tutto dell' ammutìflratio ne , ® tnradt qttefio P'tjcoudto- , & dar loroalU fuccesftort di Taolo, parendt mi ejjer ber amai tempo t sì per l'età mia debole,® inferma , ’c:r sì perla fui già conf erita!aJ ® piena, che [Òtientrì in luogo mio i rjtnJlo laboriofò , ® fanio efierciuo Fcclefutjtico. Qltra che utini difegni , & dt fiderij mìei fono hogg1 più thè n a] fi fiero ,. allontanati dalle cure di qutjd cofe, ti" maiuggi ntìnri mondani, ® volti allo fiudio^ ® coni imi lai tene dèlie co fc dittine , ridottale eferd tio (pero nefla benignila dì Dio, cb'iopotrò fare qual' che miglior frutto, & per me,® per altri, 0 a quefìi Gi^eftTQ S.;UJ>.OLErÒ. $4 6 àhri tempi, che fin qui nell’altre mìe attieni non flato conceffo. Hauerete con quella le procure per la cesftone a mio nome i Laqual cesftone defulero, che ftx fatta per l’organo del feiterendis fmo nólìro Polo , fè cofì vi parerà,che fa conueniente alla dignità [uà, pre gando Monf Renar. Farnefe,che ungila ippreffo Tfpfìi S. propcnere effe la cofa,^ fare con l.autorità f a, chè eliaci fiaefpedita fauoreuolmentef& maxime,quanti} alla parte pecuniaria, ft come ul far a da Paolo particolarmente fcmto,allc lettere deiquàk, intuito mi rimct io. Stimo ben^iche per ottenerlo ut farà bisogno ma Uà caldo femore ,ma anche fero-, che la benignità di 2y. Si verfo di me,&fìmilmeme del.t^uerendufimo Farne-fe f/ghor no.HrOjnon farà fredda, o lenta,malf ne aae-fa,& (peronata da buoni officij del l{cuerendijfì. Volo» & de\ yi, r ' Al Cardinal farnefc. T3 T. K due lettere di f'.Sig.Rcuerendilpmd» àtitt X grdti[Jme,&giocóndiffitnej’vna di x. l’altra, di x ruj. d’aprile,ho conofeiuto quello , che già m’erd ben noto ,l'animo giuHót& cofìante di quella, & chi non filafcia yolgere alle rclatiovi , & in formationi dell’iena parte > riferuando fempre il fuo faldagiudicio ad intender prima le ragioni dell'altra , Laqual rir* ili non filo naturale , ma ancora piena d'alta prude# jìa , che fa congiunta con le molte altre, delle quali Dio ha ornato qutlnóbUìfftmo animo di F'oflra S. Rgut vend. fimmamen-c mi congratulo i & allegro con Idi '&fa, eh’ogni giorno più mis’accrefie, non l’amore t che in quell a me par d'effer già gran tempo fa \ per* venuto al fommo, ma quello intrinfico contentai ch’io pigUo damare ,rii'érirCj& offerii are sì degno t & fi nobile Signore,& padrone, ilqualgiudicio i & amot mio reno lei io porterò fino alla morte, Quanto alle co fi di quà, tìon mi flendirò per bora molto fapendo certo, che il tempo, & la fama , g& vili,& nanfolp con la fatica della, poi'fona,ma con la vita,& fangue nofìro,fiamo appa* tOccbiati fruirla,obedirla, & accomodarla ferrza niu Ka eccettione doue a lei piaccia valer fi, e fatisfarjì del noflro ferui:io,effendo dalla partc.di lei tutto l’impe io dalla noftra,tutta la obedien^a,^. fidtlisfima leruitù.. Et pregando Dio,che donine. S. Reuerendisfma ogni contentezza , & profperhà, bacio le mani di quella, raccomandandomele con ogni riuerenzz>et “jfctùone, Da San Felice. ^ vitj. di Giugno* a D XLllll. Al Cardinal Farnefe. T 0 fono auifato dagli amici miei, come K^. S. dife-1 gna di chiamar in broue per còlo dii Còcilio tutti. i Card, abfenn ondepSJiamo,ihe fua San. farà a me ci toraintedere ch'io rada, il che mi fatiafopra modo ca *0 di poter fare,fi per obeclirrtcome sèpre è fiata la vo-lòta el'obligo mio,a’ comandamentijkoi, e per far’an-cb’io in quelle accorrentìe della Janta Cbicla parte del l’officio di Card. Ma oftaudo a quefto mio deftderio, & prontezza d'animo la mposfibilità, come Vof. Sig. J{. et illufirifs.horamai può fapere, ho volato còffa pre garla.cbe cotne ha per il paffato (per grafia fua ) lìm~. pre fatto,voglia anche bora bauermi in protettione ap-, prejjofua $, Tertbe nel vero le facoltà mie fono tali » che I 1 B R 0. VI fhenMpùfto in alcun modo, non dico venire, veftar» uni in quella Corte , ma nc anche far viaggio di quat* fro giornate con q/irllo apparato neceffarioa vno ben jjuediocre Cardinale, tanto lino piccole, & deboli l'entrate mie-yleqUali anche in tutto fi poffom dir mie > bi-Jogvandomi diifenfar buona parte d’tffnn pagar debi ti, da quali non fono ancora in tutto libero ; & anco ra per batic rne afl'eguata parte a lochi , & offictj ptj > donde no» fipuò Iettare. Oi.ra che di cavalcature , di muli * <$ di tutte l altre cofe che que/ìo grado pur ricerca fono più sforniio}che altri fuffe mai. Et [e ben » che a fu a Santùàènota la neceflità mia: laquak bau e» domi piu d’vnarolta dato intentione di prouedermi, irti rendo caro , che mainon glie ne fi a mancata i<* buona volontà ma miptrfuado, che non ne habbiafttt qui battuto buona occ afone, per la difficoltà de’tcmpt-irta la medefima difficolta deurà feufiere me ancora ap frejfo il benigniffimo animo di quella , ft non patri venire , efiendo chiamatOyapprejJo etiandio la quale prego dinuouo, & [applico Polirà. Signoria Reaeren, che voglia ejjerc mìa protettrice, & farle fede del mio buon anmo,&deUitimpojfibitiià, in che mi treno, ac-cioche il mio non venire non fia interpretato in altrd parte. Ma accioche fua Santità concfia , che io in que fli tempi non defidtro di fiat mi odo fo , an%i dì fare officio di buon Trciato,& adoperare a honore di Dio * «jr della fua [anta Fede , & della Sedia ^ipojìolica i quei doni, che m’ha dona;i,quali ft fieno,dico ,che nott gqundoin modi alcun* venir e , nefiarmiin Rom*t GlJtCO’PO S^DOLETO. (}) r ten%a efìretna fordide^tt, & derifìone dcl Cardinali-tornando a fu* Santità piaccia de fiderò di trovarmi A queflo tanto Configlio , dounnfue fi farà, perche quel foco,ch’io ho, mi baderà per andanti privatamente, et quaft come Ve'couo mediocre, & andandovi (comepi: ferei di fare) in qicfìo modo , ogni quantunque piccolo numero di fcruitQru& ogni podtiuo, & baffo flato mi pania che non foto in tal luogo dildicejfe, ungi fi'(le ho noreuole & laudabile. Et quando fua jantità ftcovten ta(fe,che io andar fi come fu (fé tempo, mi sformerei con l'aiuto di Dio,di non far dishonore alcuno,ne a lei,ne a quella [anta fedia,ne alfacro Collegio, Et piglierei coft Volentieri in quefli miei vi imi anni perpruitin di Dio quella incommodiià ( ìperócofl fi doueffe chiamare Vna tanto [anta peregrinatione (che quando fusfi certo di douerni lalciar lavila non reflerei d’effegme il tnio deflderio. Il che ho voluto far fapere a V. S. Tiene, per la molta fede, che ho in lui,& per la Jeruità.cbe le porto , & porterò fempre, non cedendo a qual fi velia fuo affetionatisfimo,& Migaùsftmoferuitore. Et baciandole le mani,me le raccomando con tutto il cuore, Di Carpentras. jìiq. diDecembre. MDXLUII. tifine delfeflo libro. X DELLE PELLE LETTERE Di X III. A V l TORI I L L V S T 1U. CON ALTRE LETTERfi nuouamente aggiunte. LIBRO SETTIMO. DI M. NICOLO ARDINGHELLI. a.4 L CMI^D lì^ML CO NT\A f{INO< Legato in Germania, à nome del Cardinal Farnefe. I X di qtteflo , doppo mei^ngiorno compar* fero le lettere di Folirà Signoria Reuerendtf dei XXIX.&XXX. delpajjato, conia nota degli otr icoli de'Trotéjlan i , &c. llcbt tut'o ft commanicò fibito con T^iflro Signor infieriti fon le lettere'-del "Xf'tnrio, alleqFaìiV(idra Sig- Renet> nellefue ft riferi re ; gir perche il coruen tto, di pel' ile , & li 1 elle è congiunto in,fieme , & rifguardi la commiffìone principale di F. Sign, HeuercndifiìttiA > re fionderò a lei quanto occorre a fua Beatitudine, co* fi circa le lettere storne circa gli ^Ìrt\foli. Poppo ha* uer fatto leggere il tutto la mattina fegtente in Conci' fioro, com r'mportanàa della co'a ricenaua, & h* uec in efo [opra l'opinione del ollegio, gir nondimeno quella mia lettera fta per rifiofta commini. Fo'lr* V : • • Sig. VICOLO DK^IVGH. pS £'■ 1\euér et al tslunùoper non banere à replicare il me defmo due -volte. Qiial fta l’animo di T^oflro Signore circa la lega Ca talicaì& quanto fua Santità fu fiata fempre dijpojla a ftonfentarla battendo V. Sig. Batter, intefo di jua hoc-ù auanti ch'ella partiffe di Roma, èfuperfluQ > cheto più ne replichi, & per que Tto dirò fola, ibepoiebefi è da quatch'un dubitato, fe fua Beatitudine vi fia cÒptfy fa o nò , fi manda con qucflo l'infìrumento publieu d’ef falega, acciot.be F. S. Renercndift.pofja chiarire ciaf-'cimo, il che deuc fare ad ogni modo : perche nonpojfd tjfer qttefta verità occulta; laqual cofa fua Beatitudine fiori /lima che fta per offender perjona. Ottanta al depoftto per conto (Cefi a lega No [irò Signor fece ìnfino da princi io,come re fra Sig. Renerai difiima [a , laproniftone, & lo sborfo a mercanti qui in effetto;^ non in paiole ai cinquanta mila feudi, efr fendo di tanti richicBa ; come alibora i mintflri propri/ della Mac/ià Ct firea videro per le lettere del cambio, che Monfignor di Modena portò feco tAganoa al Cenni; io. Le quali lettere poi non andando in effo C onuento la 'lega Catolicapìù imanfi che tanto : ma piu preflo raf freddadofi, rimandò al Reuerendisfmo Cardinal fanta Croce, come fuo Sig- ferine nelle fuc lettere d’hancr fnt to fcde,doue è bijognato ; l Iqual Cardinal (anta Croce le tenne apprejfo di fein Fiandra fino alla fua partita, onde non gli effendo domandato du alcunotnc. fatto mai parola delta fopraferitta lega,le portò -eco a Roma,do- iir^o vn. ve (uno licite fin qui con -eruatt, fen^a letiar mxi il depO j filo. In modo che i denari lemprefono tlaù parati & fempre ri >V oo'utn far Copra certo, & ficuro fondami! to;ne dipoi è fiato fatto mai più richieda, o di cjuefìi, 0 d'altri denari per conto della lega Catolica ne a fua Jan tifa, ne ad alcun de fuoi miniflri, fi come ne anco fin (fui è accaduto difenderci, per la grana di Dio&però a cui ha detto il contrarie, Dio perdoni. Et per C. 0. S. v?. con tutto che fta flato digrandiffìma fpefa, et non di piccola importanza a tfueiìa [anta fede, non è per» fht to tocco da fua Beatitudine un carlino del fupradctto de poftto dei Cinquanta mila feudi defiinati per la lega Cd tolica, fe ben ciò ha impedito fcJre,&pericoli,in che ci teneua detto N. Laprouifione[opra fcritta de i cinquanta mila feudi non s’ha da riputar piccola fi per effer fatta per princi pio , & arra infinti che occorrere bitogno di maggior fommaftlche non è fato, & fi perche niun altro principe (includendo etinn f Imperatore) per la rata fua fola l'ha fatta maggior: di qurfla. Oltreché Jua Maeflà no i’ha tenuta «neo morta in ma dC mercanti,come ha fot toTJofiro figno>etma s’è valuto di quei denari in altri [noi bifogni', lafàandofolo il credito a nome, come ben ^icoto d^i^gh. 99 sà tra gli altri Mortfign. di Modena. Ne anco ftdeue al tun doler di [uà Cam uà, che fino a qui non babbia deter minata la fuapottione della [pefaynon potendo fi ciò fi* reprópor‘ionatamente,feprima non fi fapejfeil nume* to,&la qualità di quelli, cbaneutmo da ejfer comprefi in detta lega, accio che la tuffa fiuffe diflribuita giuda-mente. Di che da rn anno in qua non è fiato mai parla <0 copi alcuna, 'ìqonoftantele cofe fopradeM , poi che Monfignot di Granitela fa inftantia in nome della Maefià Ce]areat che fi mandino denari per conto di quella lega Catolicct accioche yencndofi a l’effetto d’effa , non fihabbiadtt affettar la proni fion di quai fa Beatitudine è fiata con tema , che fi mandi con quefia Tordine, & le mede [imelettere di cambio rinfirefiate de i fopradetti cinqui ta mila feudi , come voffra fignoria Reuerendhfima THedràp le lette proprie,che fai ano co quefle & vuole, theella exnuncgliojferifia , & gli [penda co» effetto ad ogni requifi ione , che li farà fall xinca 'o che fi Venga all’effetto , per ilqualeeffa lega fu fatta. Mtfiicurando di più fud Maefià , &■ gli altri Vrinci-pi , che ci fon comprefi , che Jua Savtiiànon èper mancare fecondo il fucceffo » & hi fogne, di re/an-dar degl'altritan^i è paratifiima per c nferuaiion del la lega , &ldiff'efa della religione , ejpontr tutte le facoltà della chiefa, & anchor la vita tua quando bifo-ini. Tfè quefia offerta dette effere chiari ara troppo gc ferale, poiché fuafantità comincia con fi buona lom- 2^ } ma. 4 . LIBRO V l Ì. irta, & i dinari fi {pendano* fucceffìuamentc fecondo /<* proportion delbiogno, & fu a Santità non èfolitamati, (ar di lla parola (uà,conte con effetto fi roderà. ■ Fi perche pare, cheMonfignor diGranuelapongd. per mode’remedij prhuipali nelle prefenti difficoltà delle co!e di Germania , ìlracquijlar con le armi quel ohe nonfuffe fuccejfo col %clo,& con le ragioni ; (alche ftgnifica non folo difender fi ,ma affaltare ) certo fita Sci, tità,come non de fiderà tal cofa,angi la aborrifeeper pct torli, che a fmorgar leerefie la ria non (ia quella, coft Von potria mai mancar a fua Macflà}<& agli altri Tri, dpi Calo Ilei,quando per necesfità. & beneficio della rej ligwne pigliajfcro da per lorpiù rn partito, che rn altro , douelor bifognaffe aiuto da fua Beatitudine. Tfet qual cafo è per cocorrere a tutta quella fpefa, che lefóf %e fue, & di quella fama Sede potranno fopportare t ma non già nè ruol’cffere A adiutore , ò configlie-re, effendoci muffirne miglior rimedi'), come piu baffo fi dirà. , Quando ancora i Trote franti fi poffano.condurre d-ticonofcer in tutti i punti la rerità della fede pacifica-, mente, & che per quello conto bifogna fic far qualche fi e fa , fua Santità è contenta , che in quefio cafo an chora fi Spenda ò tutto , òparte de i cinquanta mila feudi predi tti, fecondo cbcilbifogno ricercherà, &eX nr.nc ne dà commifrione a vofrra Signoria Reuerendif-fryna. ^Avertendola però che fua Santità non intende, che la ipefa fopr adetta fi faccia in modo > che la fede fi ^ compri ytlCOLO ^i1{p telati. ioa tómpri da per'otta, o che la religione s'ejìimi con,da* tari,}: e anche mole che fi dìeno denari, in cafo che la tidMtiione, & concordia de’Troteflanti co’Ca. olici fuf Je palliata , ò che li Trote fi ami yolcjfcro rimanere in alcuna parte delle loro opinioni dannate, etici per vid di tolerantia , perche cefi fifarebbotio dice errori }pr\ tna di consentire , & dar maggior fortfi alla falfitd (ilche fi mpre s’ha da fuggìrc,tncJJ:me nelle cefi dt Ila f fede J dipoi, perche'il pagare, cucicchi' fi rimanga ne gli errori non farebbe altro, che inni: ar gli huominid far peggio, poi che in cabio di pena, lor f i-Jfe dato pré mio. Onde V.Sig. Keuerendifs. habl ia l'occhio a cotto, & in cafo che per quefìa reale, & integra concordia ff tycndeffero, o tutto, ò parte dies fi cinquantamila fetf di, non per queHo fi r^errà a mancare alla lega Caioli Ca , perche fegnendo la riduttione, ctjja la bga, come, per il contrario non farà, ncccjfario di fare jpefa per ridurre d'accordo i Troteflanti, quando fi ùeniffe alla guerra non potendo far infime quelle due eoje co fi; repi guanti. Li due partiti fopra detti della guerrd co'Vroteflatiti, o della riduttion loro per ria di concordia , comprendono tutta qu e fa cari fa per quel che occorre a fua Santità. Et però il tergo partito della tolerantia , etiam che fi faceffe in una parte t & che nel reflo esfi Troteflanti cede fiero alla -peri* là, non merita d’efferpoflo in delibtrqtionc , effondo) gii articoli che refiino controuerfi, tanto efìentiali del la fede , che finga nuoti a procura di Cicju Chiifio. Xlofiro Signore noi qua giù non pvrfiamo pigliar* N 4. /<« L I B ^ 0. y li: ne Jicurtà , àn^i habbìamo la kgge^uod nonfu^U11" derida mala, rt euemant bona, penbecjj'endo là fedi ìndmfibtle,non lo può adottare in parte, chi noni ac~ tetta in tutto, quanto al poterfi chiamar Chùfìiano,& fare un corpo medefimo nella Chiefa Et però TfpftrO Signore con tutto il Collegio , nomine difcrcpante, b& rìfol ito di no poter dar orecchie in alcuno modo a q«È flatoleraniia , che fi dimanda , ne per quel ciré toccherà afua Beatitudine macolare quella fncerità della fede , che ì [hoi Vrcdeccffori hanno fin qui conferitala , comprobando con fegnì, che questa è la catcdrA di San "Pietro , per la fede delquale pregò de fu Chri-fto Cfojtro fignore ejfendo fua Santità fiata pofta da Dio in quella Sede per conferu ari a fino alla morte, "Et però ponga f da parte il par lare di quefta tolerarri* perche oltre al peccato , & offefa di Dio non farebbe altro , quand'ella fi facefie, chein cambio di racqut farla fede ne i Troteftanti (licite però anco non (egui-rebbedafeiandoft quegli in errore') perder tutto il resto^ della Cbrifiiamtà,laqnalpotrebbe con quefta Jcufa imi f ar gli altri, & lafciar di pigliar da qu i innan j la norma della fede,&religionfua da quefta fanta Sede . come per l'adiet/o ha fatto , poi ch'ella vedeffe yariarÉ^ da jèftiJlfa,&- maatlandnfi accommodarft a gli crton d’altrui perche la tolerantia , dellaqual fi parla > noì> ■puoi dire in effetto altro che quello,effondo la tohran-tia nel Vapa -vero confenfo, & fiatato , come V- fe%n’ Reuercndifsima fa . Etpcr tanto confidcratoxhe nclld ècncordia tra’ Chrijtiani è fi. cceffo y cr la tolerantia è dannofa» ^ÌCOIO lARÌ) ÌT^GH* zer ianmfh, & illhitisfima, come fi è vitio per ìlpafla* io. & la, guerra Ji$ile, & pericolo fa ,re(ìa cheli ri corra a quei rhnedij che poffono prouedere abifogni della religione, fenga danno di per'fona, de’quali qua do alla Aìacflà Ce farea tne [occorra alcuno > che hab-bia tutte te pani neceffarie. farà bene intenderlo, & d‘ auifarnenofìro fign. Quando ancora ( ilchepiupre fio potrà aue nir ) pare a fua fantità che ft ricorra al ri medio del Concìlio, come quello rifiato fempre ufato per Indietro in fimìli caft da nofìri padri, e culquale fi jon terminate le altre erefte. Ilche fua Beatitudine Fti-ma, che fua Mae (là vdirà tanto piu uolentieri, qua» to iba fempre domandato con molta inflantia , come , f ero & unico rimedio delle difeordia de nofìri tempi nella fede, & quanto s‘è indutta qucfla Dieta, imperiate con tal difiegno ,<5r compofuofcìoè di finire le [opradette dìfeordie, ò per concordia Chrifiiana, ò per il concilio, come vltimamete nel receffo d‘ Aganoa apparequando fi determinò di farii colloquio di Vor malia, <& laprefente dietà Imperiale, ol re che il fimi le fia ferino quafi in tutti gli altri receffi fuperiori. M. qu efto s’aggiunge, che domandandoft la tolerantia daVrotefìantif fecondo che Monftgnor di Granuela dice') fino al Concilio ,& nonpotendofi in niun modo concedere detta tolerantia per le ragioni fopradette , il cafo ,& la natura propria ci infogna che ft dette far efio Concilio inga altra toleratia, ò dilattionedi tipo, perche effendo prima inditto il Concilio ,epoi fofyefo in grana muffirne di fua Maefià Cefarea, tfr del Sere- 'niffi L 1 S 1^0 Vlt. tiiff me B? de Bl mcaiiycome appare le lettere a fine fi le tl'c l’aFjcttare l'tjfito dilla perfidio di Ila pace f d e allbcra p.ra cmentt fi mattana tra la Ct farea , & ( 1 rjlianlfftna MaePacuirò, che altrar/.étc la Mae*1 f,à Cejare a fi potè fife ritreuar prefemialtriente in Jti--Viarùaypa far l'hlùmo cenato di ridurre a jatiita, & chi dieiia quella Trouincia.hora ehe nè duna, nè faf tra cela èfinceffa, come safiettaua,Tengono ad ejjcf joltiria tutti quei rifjeettiyibe fecero fare allb or a detta fcPrtnficn del C oncilio, & per configuente aneli efjt r da lardar più in congregarlo y&ficgr irlo, yeden-defi il danno tnide ntc,cheil tempo ,&■ la ccfiaiion fino ad bora ha periato, & chele cofe non portano fu* dilatione,a voler che non ruinino, & ma (finte che f(f •ter ir ne all’effetto non accade far altro, cbeltuaryi^ la detta fofientìonefiaqualfu a beneplacito difuafiati-tità. Etcefiferi\a offender Dio, ficnt^a cntrafin peri" coio d’alterar l’altre natio ni, <& ferula partir fi dalla (ìrada,che la cbitfa èfolita tenere in fimili cafi , po ràfier aria pace, & vnione della fede non fola di Germania in fé fiefia , ma con tutto il refio della Chrif pii anità, all a quale fu a Beatitudine nelle cofe della refi" gicne ecernmuneD’af.cre,& però egualmente ne dee tener a ra, & non per furiare rnapatte, commettere,che l’altra dimmi hf ma. fit jp pur farà codiente di mutare,o tokrarerito alcuno, fi farà fentf xfcandolo in quel loco, done faranno congregate tutte e nationi, perche altramente ferrea dubbio tali re tta-lioet.parendo loro effer eflimate, fifcandah'zerebbc.' NICOLO ^RDIT^CH. roz MìEt è doucre, che ìuuendo fua Beatitudine fin cjui fh Condato ilparere di fua Maefià in quefìi tramati parti-colari della religione y nonperjperanga, che ba.tejfe d'alcun buon effttoycomepiu volte>& a bocca? & in fcriptisyle ha fatto intender per lì fuoi mimf'i, ma fola perdefderiodifatisfarle, bora che lacofa è condotta a f grande eftremità,&pericolo, è dovere,dico , che fua Mae. lafft governare vn poco quefabarcaa fuct Beatitudine,appartenendo muffine a lei. M dunque V. Big. Reuerendiffma deve communicar con la Maefìd Cefarea,prima che con altri,amorevolmente, & con Ogni dimoflratione di beninolentia,&ftneerità, que-Jìarijolutione dilsf$ig.& dirle, che fua Beatitudine per le ragioni {opradette non vedendo altro remedio a ìpreseti pericoli della religione, ha determinato di leuar via la prerogatione della fofpenfon del Conci* lioycomeè detto difoprd:& di dichiararlo, & congregarlo quanto piu prefto f potrà, (perando conlagra-tia di Dio, cheì Troiane?ogni natione volentieri vi Verranno. Ét quìvoftra Signoria\Reuerendisftmapo tràintendereda fua Maeflà il tempo , chele paref-fe conveniente ( fenga però moflrar di pigliarne licenza dafìta Maeflà , ) da preflge -, nella Bolla , & Brevi di offa fufpenftoneflaqital Bolla fua Santità farà, Cubito che voflra Signoria Beuerendisfma le da fàrifpofla di quefla lettera , hauendo voluto prima communicar con fua Maeflà quefla{pa deliberatione, che eflequirla,tanto per il rilpeto,&afettion, che le porta, quanto per intfdere da lei fe forfè le [occorreffe z i z vn: altro modo miglior, oue quello non le fatisfacefle > zZ-chepeiò non fi crede, attenendo bene che in ogni cuert to (faluofefitrouafiemodo miglior di queflo ) Jud Beatitudine-per falute della Chrifìianità è deliberati di voler pròfegnire elio Concilio in ogni modo,& d’in-uiare la BoÌlai&Breui>comeb detto di [opra per tutti Chùlìianità allari/pojla di V. Sìg. Beutrendifiìma » laqualdeue mudare a fua[antitàcon ogni diligentia» E! perche anco gli altri Trincipi, e 'Prelati di Germania intendano quella dehberatione di fua fanthà date F.Sig.Reucrendiffma, poi che Tharà communicati prima a fua Telatili,come s'è detto, fignificarlaparì-mente a loro, & efiòrtarli a venire, ó mandare al Concilio. E: irouandol' mpcrat or e effettuai rimedio prefentaneo,fi fopraieda,& auifi come ò detto , altri inenti voflra Signoria Reuerendiljima fiefcufi con k ragioni fbpr a de ite, & con teff et le cole troppo aitanti. Et fe fitte tutte queflegh'flifcationi ,■ & offerte , fisa Maef/àncn acccctafie il Concilio ,Y? non trouaf-Je altro modo migliore, itrb? per niente non fi’ crede , in 'alcafb voflra:Signoria RenerendisCma, tecondo iti form i della fia inHrustione,dichiarando che fua fan-tità non (mende nelle altre co fe partirTi,ò rcemar putì-] to della beniuolentia,(Y congiuntione, & laquale ha con rua Mae dette con enidente. & perpetuo crete fio non aoprouare,rre conren‘ire cnCa alcuna , che non fiabene, chìar rmctne Catohra InchcPf. Signore" lauda mof ori CoHantranime diy .Sig. Rguerend. A voler piu prefto patire ex trema omnia,che brutta- VICOLO tAICHT^GH. I0f M alcuna nella Chic a di Dio,dico tanto de%ti articoli, che reflano controuerfì,quinto di quelli,eh' fra i Theo logi f tjfero fino ad bora flati accordati, perciochegià fi fi nte per la corte et ’am ’ra i dotti genera le un i opinione, checo'ìì fia determinato, come le ooerenon fono meritorie poi la gratta, parend* che non fu fia toefpreffo in quello articolo de fede , & operibus , quanto bi'ognaua. Ond^i anco più da auertire,come per la mia precedente le fenffi, che non li toWt da vo-Slra Signoria ierendi(fìma,cora nonC italica , mt etiam ambigua. Etq tefio bafti quanto alle lettere del 'Vftnùo. Horarifpondendoa quelle diF.S.'R^’terendiC. quan toal fegvir lei in Fiandra l’Imperatore, ca o che ti-tornafie in quegli flati y & non paffaffe in Italia, a fua jantità pare,che fz. Sig. B.e: che yoftra Sig.Rcu.fiarà nella legatione,faccia ancor el la,<6~ procuri ogni bene, ch'ella può con quei i/efeout & Trelati,cbejì trovano in corte,ò per douella pajfe-. rà,& del refio venga informata,perche al (ho ritorno (egli pojfa dare perfetticne. Tfon s‘É perduto vnbora di tempo dal dì che ginn-fero qui le lev ere di F.S.Rfucredlsfima, ma fino a qve fla bora per mandarne rìfole.tarifpofia , quanto piti prefto era posfìbile,ma per la irnportantia del negociot Cv per la confi,Ita, chegiùflamente è bifugnato faine^ prmain Coniifiono, cornei ditto di f'-pr.i,&poi co i jfy ■ he edisfimi Sig.dcpUtati.nc.n s’è potuto in fine fpe-dire il preferite corrierèfilqual fi manda apofia co ogni dilìgenùa,prima chehoggi. Flojiro Signore hadefiinato per fuo Tfimtiò appref Jo il Re de’ Romani Monfignor Ferallo,Fefcouo di Bet iirtoro , il ualc attènde ad efpedirft per quella legatio-1 neqanto che prefio farà in viaggio,&intra Raltre co-Wl'sfiontyche bavera da fua Beatitudine,faràuenic drit to a Ratijl ona, acciò che F.S Rguerend.glipoffa dar piena informatone delle cofc di Germania, di quanto Jaràpaffato in quèfta dieta. Ilebe ella-farà contenta di far largamente,perche c'ofi defederà fuàjantìtà, '& & feruitio di quefìafanta Sede lo ricerca, '& il fivtile dico a Monfi. Tfurttio. Il Trefettv, delquale più giorni fono,fita jantità ha '■ i deli- 'NJCOLO 10+ deliberato la partita per venir da fua M.ieflà Ceiarea, a tende ad efpedir[ì,& intra pochi dì fi metterà in ca-mino per aoitnon tanto con le parole,quanto con lo effempio.Onde efjendo io vno di quelli,che piu toftoha hi fogno di confolafwne,che poffa darla ad altri,preste rò folo la Maeflà yoflra,ccmc faccio flrettamente , <* credere che niurt altra cofa pofja farmi parer men grane vna perdita co fi fatta,che il vedere,che vofìrà Mae fià mi reputi,& mi fyenda per quel vero,tir fedeljet-uitore,cheio le fono, rimettendomi nel rejio a quanto le efporra in mio nome ilSig. Giroimo da Correggio mandato da fua Santità alla Maeftà voflraper queHd cagione tncdefima,& bumilmente,&c. Al Cardinal Farnefe. T ^j/poi che a J^.fìgn.è piaciuto per la molta fua I J benignità moltiplicar le gratie fue fopra di me, ^ICOLO roj melandomi il Vefcouato di FoJJonibrone,non bo po-lutopreternMtere di baciarne con quefta humìlmente la mano a V.S. in otre pregarla che fecondo , cheper queflowezp fon crefciuti gli oblighi miei con fra SaìU:tà,&tutti i fu oi, co fi ella voglia comandarmi più jpeffo,cbe non ha fatto fin (fuì^non perche io mi co-fidi poter rispondere con le opere a quello , che in tanti modi fono tenuto,ma accioche con la prontezza, & co la fede,(perche quelle non mancheranno') fati*faccia io qualche parte alla feruitù,ch’io debbo,& ch'io porto a y S. Bpu.Ullaquak himilmenie raccomandando mi priego ogni felicità. All’Arciuefcouo di Napoli,bora Cardinal di Sant’Angelo. altri ohlighiyche io ho con Dio, per hauer-X.mi fattoferuìtorea cafa Farnefe, è, che douendo in riceuer da lei tanti, & cofi fegnalati benefici] > mi fieno dati ancora in effa patroni diuerfi, in feruitio de' quali ftendendo in tutto quello che farà in me(h abbia Je non con gli effetti,almeno con l’animo tanto maggior campo dimefìrarrnene noningrato. Intra i quali patroni haucndo la S. Foflra peucrcndiff. appreffo di me quel luogo,che fi conuiene, non tanto al debito cS mane con tutti,quanto alle rarisfime qualità fue, & alla fingolare benignità , con laquale m'ha riguardato fempre, fon forcato a credere, Che la grada 0 che » L 1 B n 0 VII. thefna Bcatitud.m'ha fatto dì crearmi Cardinale, ni' habbiaportato nonpoco piacere,tpcr cflerfiaccre ciu-to quello bonore in vnaffettionato feruìtor fuo, & fi ? tffer Tenuto di mano di fua fantità, £r per mexp del fi gnor Duca fuo padre,& di Monfi.B^uer. fuo fratello » per liquali rifpetti,& congiunti,& feparati douendo io nonfolo congratularmene,come faccio con Voflra Signoria Keuerendiffima, ma rendergliene ancor gratie f articolari, fc ben m è parato di poter fatis fare per let tire, la prima paate di quatto officio di rallegrarmi, (C to,conalco nondimeno,che quan o all'altra di ringra-tiarlanon fono in modo alcuno bafante,ni con parole tiè con l'opera in mille migliar a d’anni.Onde rimettendolo afa prudenza diro fra Signoria Reuerendiffìma la pregherò fnlamente,che pref tpponendo non hauer' alcuno che pia volentieri fa per fornirla di me,mi faccia gratta di darmi quella occafione eh'ella può d'effet citare quetta mia volontà.Et V.S. &c. A ....... O £ la nuoua dignità, che a fua Beatitudine è pia-cinto di darmi,non haueffe adeffere commune a quelli,eh e m amano,&fono amati da me, nonfolo col piacer prefente,che ne rifulta, ma con ogn’altra forte di fruttof fc frutto ne ha da narcer)rio potrebbe edere, Jf non poco, & debole il contento, rhe io ne pigliofi , il l he non dubito ,chehion fa facile aperdonare a ve- 7^1 COLO ^RDniGH. log lira Signoria, quando ella non habbia mutato natura in conofcere,& Rimare gli amici fitoijaqual coja, per che io non credo di lei,nè mi perjuado.cb’ella habbia à credere di me non le dirò altro in / 'trofia della huma-niffima lettera perlaqual ha voluto ccngratularfi meco di qucsìo argumento d'honon:,jè non che come io so CeniJJimo, che ella fe nè rallegrata di cuore cefi di cuo re l.ejjorU) a prometter fi dime, non fola conia ficurtà mede [ima dì prima,ma con Kanto maggiore,quanto el la (rcda,cbe con queRo nuouogrado fu accrcfcìuta in me 1‘occasione,ò il modo di affaticarmi per lei. ..... T E di V. S. de’ xxx. mi fono Rate gratifjìme non per telìimonio della memoria , ch'ella tenga di mefperche quefto mi jonopromefìofemprejmaper ue der’in effe,che le fatiche, & incommodi non folo non l’hanno raffreddata nelferuitio di7{. ma fattola pitt ardente l’un giorno che l'altro. Nel che fe ben non man tana degli altri teftimonq che lo icriuono, appreso di me fi preponeva tutti l’affetto dell'animo , eh io comprendo nelle fue parole ifhffc, onde in ca tnbio d'efior-tarlafilche per 1‘ordinano haurebhe ad e fere iljubiet to dì quefla lettera) mi vedo pia toRo ohligato a rin-gratiarla,ma perche io/o , che F, Sig.no n de fiderà da me,nè da altri quefio,nì altri offici], che pofjano haue-te ombra di ceremor.ia, la prego folo , che attenda 0 3 alla LI B \ 0 rii. glia fanltà,& fi fernet di me come fratello, fe di qu4 06 corre, ch’io pojja cofa alcuna per lei,alla quale mi raccomando fempre. Al Cardinal Morene. T bontà naturale di rs.Beu.e la vera, & anti f I ^ cu feruitù mia con efio lei m'haueano fatto cer- S to,(en%a altro tejlimomo, che ella fi faffé rallegrata del la nuoua dignità, che a fua Beatitudine è piaciuto collo car nella perfona mia. Nondimeno non per quefìo mè flato manco c ra la humaniffima lettera di r.S.K. nel l'vjfi io di congratular fiche ella se degnala di fare me co per effa jfmgratiola adunque burnilmente de l'uno, & dtU’altroJ & la fapplico con ogni efficacia,che tenl:~ domi per quel medefmo !eruitore,che le fon flato fem pre,aggiunga taa.o piu di fteurtà in comandarmi,quitto ella crede,che poffa effere accrefciuto in me di com-modiià mferuirla,perche quattro alla prd eg^a di far 10 non cederò ad alcuno de "li altri fcruitori fuoi,an%i per quello che le mie deboli forze comporteranno, mi sforzerò dipaffarli tutti, come fono tenuto di fare per 11 rir;ffiiii,cbeF’.S.lfs'èdegnata di ricordarfi,& di replicarmi nelle le rere fu e, leq tali le ben m\ vergogna da ma pane,che m’babbiano preuenuto in uno officio di quella forte ,mi contai o però,che quella mia tardità habbia da'o occaftone aF.S Ifeu.difar fanto piu fe t gnalata la hu manità fua verfe me. tt burnilmente le bacio la tgano. Dafyma>A%.diGcnar<ì. 1545 • mcoto UXypi'HfiK- t°7 Al Cardinal Grimano. f~*\Vanto è maggiore il debito , & defiderio mia y / d accrejcere con l’operey & con gli effetti, fe crejur fi può la reta, &fedel mia feruitu con F-Sig. Bguerendisfima 3 poi che aJua Beatitudine è piacciuto accrefcermi di grado, & di dignità, tanto fono flato manco [ollecito, & diligente in volergliele fignificar conparole.Donde ènato,.cbeiofla flatopreuenuto de tamoreuoliffma lettera di V.Sìg. fleuerendisflma, de iv. delprcfnte, aitanti , che io babbia fritto alci in quella maniera,che mi fi conueniua in vna occafla-ne di quella forte, laqual mia tardità fe bene da una parte tn’ba fatto vergognare,m'ha però dall’altra ma-flrato tanto piu chiara, & fegnalata 1’humar.ità di Km Sig. llluflrisfima, & l’aflettione,ch’ella s’è degnata di portarmi Jemprc.flingratiola adunque doppiamoti* tedi fi cortefc,& amoreude officio,& la fupplhohu rnilmcn’c , che conUmedeftma certezza , che V, Sig. Kéuerend.vuole,cheio hablùa,& che io bavera-mente,&delpiaccrc , e£r conunto fio di queflo mio profpero fucce/fo,le piaccia prcmetterfi, & tener per flcuro nonhaucr co fa alcuna tanto pronta,& difpofla alfuo feruitio.quanto fon io con tutto quello ch'io pof-fa,&potrò mai. La qual mia dìfpofnion d’animo,quitto più fpeffo mi farà data occafione de F. S. Hf ueren-disfima di ridurre in atto, tanto piu fard tremata fem-fre,&yiua,& verde; perche co i comandamenti fu ai 0 ì ere- libico rn. a . crefceranno fenipre apprcjjb di me,&lì fattori > & f}1 obhghi ; ilcbe iomo da me è detto con vera fmpìicità diparlare t chcvoflra S.Beuerend, s’è degnata lodar qualche vaia,eofi debbo confidare, che ftaper efferpt gliata,& creduta da lei,con la fmcerità ftta{olita. On» de Jcn^’altro bumilmente le bacio le mani. Al Cardinal Sant’Angelo. T Ntra tutti i feruìiorì deltillaflrtUima tifa Farne* \^fe,come non è alcuno pìà obligatodime a ralle* grarfi del fuoproserà fuceffo, Così confido,chevo* fìra Signoria R^ucrendìsfnna , per la bontà fu apre* fiera da fe Beffa, che io non fiatato inferiore à pud lunque di loro in fornir piacere * che ella fa fatta Cardinale , ancor che non volendo far tòrto alierà tìsfime qualità di vofira Signoria feuerenditfima # debbo con ffar , che non tanto il debito della fnitt feruitùi&T>niuerfale,&particolareiqudnto la Fperatt %a Certa , che ella habbia àrendet alla Sede ^ipofio licacon le opere àfuo tempo in molti ) & moiri doppi, quell'ornamento , ch'ella riceue bora da lei per ntart di fu a Sanità,fanno e[fcrÉ,&parer grande appreflo di me quella allegrcgga,perche quanto alla dignità in fet ancor che ella fta tale , cheognigrdn fignore fé ne foglia tener ornato accadde nondimeno in vofira Si* gnoria ì{euere. che per le circonftange che fé l’aggion* go-,,0 ella habbia ad cfi;maria molto Maggior di qua* t. nquCaltro, che ai noflritempifta venuto a queftó gra* NICOLO lA^rn^GH. toi grado, ilcbé non è fiato permejjo da Dio ,fen%a cagitQ ne 5 ma perche le rarisfme virtù di F.fig,l\eu. [offerti ancor'honorate con rarisfmo eflempio d’cfier Cardinale infume con un fuo fratello germano, Congratuli mi adunque con vojlra fig. ì^uer. & con tutta la fuct (afa ; e-r non meno con la fede ^pofldica, & con me fìeffo, con tutto quello affetto d’animo che io poffo, et humìlmente l» bacio la mano della humanitfima lette rafuaportaiamìda M. ^dcfiandra Manali : fuppli cadala a lenir viua in fefìeffala memoria della miti fcruitù j col comandarmi qualche uolta, & e. Al Cardinal Sant'Angelo, T L congratulami con uofira fig. fieuer. della tino-I uà hgatione JW farebbe ojficio}ch’io nofacesfico tutto l'animo, perche febtne da urta parte iodebbe rallegrarmi non fola per fuo conto , ma ancora per quello della proemia, non può dall’altra piacermi , che voflra fig. Reuer. habbia per quefio da flar lontana da Roma. Confolomi nondimeno . &perteffetto ilqualehamofjofua jantità a quefia deliberatione perlafperanga , ch’io ho,chetai ùaabfentiapoffapor tarle qualche cccafione di comandarmi di qua . ilebe itila fi degnerà di fare , come io le Juj plico humUmett te fata temperala in pane quefìa mia tndeflia . Mi confido fra pochi giorni baciare inperona Umano a voflra f/gnoria Reuerendisfima, alqual tempo mi riverbero a raccomandarle due perfine , allequaliper Q 4 mdn r L 1 B XO V K' ' molti ricetti non poflo mancare di tale officio. V no è M. OlinierìSitante da Foflbmbrone , ilqua'e bafìr* uho, & ferite diprepnte alla cancellarla della legano ne non nel primo luogo ,maptr un» de’foflituti ; che bifognando hebbe quello officio ad inflanha mia)&co me me referito, haferuito bene. Onde quando ('•Sig* X'*cr. trouieffercofi ,che col lafcinrlo conùnouare no fi tolga il luogo a i jèruitori fitoipropri;, riceuerò moI tagratia, ch’egli non fi babbia a patire. L'altra per fona, ch’io raccomando a V. S'g. Reucren. è BelLcalxa da Bologna, delquale m è fatto relaiione molto buona , & effetto della raccomandarione, farebbe ilJeruir fi di lui per argello in alcuna di quelle Terre della prouincia, che fo io fohte a tenergli. Totrà ejfcrc che, V. Sig Xuer‘ riprenda la mia poca modefliain domandare tante cofe a un 'ratto, ilebe io non cuferò c5 altro, che col dichiararmi cb‘io nointendo nhhora nò mai fupplicarla in queflogenere dico'a . con laquale non fta congiunto il feruitio di y. Sig. X'uer. allaqua-le himilmente, & c. Al Cardinal di Caddi T Lcafo della bona me, del Signor Luigi m ha noti 1 l'olo afflitto, ma flordito, nondimeno con tutto que ito non ho raiuto mancare del debito mio, con vofir4 Sig. Xfue.in dolermi ieco di così grane -, & accerto accidente, ilqual officio io non fo per dar'.e, ò cóflglio, ò conforto, fi perche io nonmi finto atto a farlo >&fl Vicolo D K ,Al V CU10^ perche lo non dubito, che quelle confolutton che in tale tali ft pofjono pigliare S R. non basterà voluto, che le fieno date da altri,che da jc medefima. Senùrà dunfy quello mio officio per fati sfare a mefieffa, & parte per certificar lei,che in due volte, che io ho parlato di quello calò con [ita fantità, l’ho trouata fempre con di giacer grande della morte del fig. Luigi,&con ottima volontà verfo i figli, che ne fono rmafi, laquale io non dubito,che V. S. R. non fta per trottar fempre. Refla ,tbe fe in quefio tempo che fua fantità flaràfuora occorrerà ch’io poffa feruire a cofa alcuna in quefto propofito, Fr. S. Retter. melo comandi,perchelafarò non punto man co volcntierfcbefe fujfeper li fratelli , & nipoti miei propnj, perche co fi fono obligato a quella bon, me. Mif. G iouannì Banclsetti m'uiiffe due dì fa certe parole, che V. S. R. gH ha ferino a queHi giorni de’ enfi miei inpro pofito di M. LorZga Bartoli,lequali-,mhauerebbono d(>jìo altramente y ilche quando fia , la-Jciando da parte tutto quello , che tocca al diffiutare U caufa pergiuflitia , prego r olirà fignoria quanto pii* ■tiratamente poffo, cheper amor mio non jolo non vo-glia,che la grafia di M. Figliuccio fra impedita , maft contenti difiabilirla,per quanto tocca a lei, in ogni mi gliorforma , tanto , che confeguifca il Canonicato . pacifìcamente,repHtando,ch’io lo chieda in grafia, co* mefo , arofìra fignoria, nonperche io ccnojca ,chd la domanda in fe non è picciola , & che etiam a quella bora ella può trouarfi obligata a qualunque altro t ma NICOLO ir» Mdperche come Ai. Figliuccio merita da me Molto piti cbeque(iononè,cofitincl)eionvperfuado non pacare il fogno non fola a domandarla,ma etiam a promettermela da V:$. mifurando l'animo fuo dal mio>& nel re fio Capendo che non le mancherà modo a fuperare ogni altra difficoltà per conto di quei, che concorrcffèro, ir tanto piu quanto fecondo ch’io tengo M. Figliuccio è (1& to il primo ad battere ilpoffelfo del Capitolo,non voglio [pendere con v.fig. piu parole, parendomi ch’ellapojf* per que/la affai comprendere non fio quanto quella co fa mi fta a cuore,ma ancor quanto obligo fiaper hauer gliene,il che certo farà tanto quanto di qualunque altra. gratia,ch’iopoffamai domandarle. Ondeil nuotto la priego non mancarmenefaccioche il mio me%p non vaglia manco appreffo di lei , di quello che egli habhia fat to appreffo di fua fant’uà,-dalla quale impetrai la prima gratia,a vosìrafgnoria mi afferò, & raccomando. ’&C. Jt • ... . > v "VT 0 V ’)>nd,ma piti cagioni foii quelle thè mi muti nono a ricercare con ficurtà vnà grana da ìèo-Jim jtgnoria : perche oltre alla corteft-ì fud ordinaria, che per fe fola mi può dar q tejlo Ammò,àl deftderio eh" io tengo d^doprarmi per lei , dòuunque l’óceàftonè Mi [porta, ci S’aggiunge, che la cófi, ch'io le dimando, è officio di clernentia, & di benignitài& per molti Listoni". altri rispetti tanto eftimata da me guanto alcun altrdi thè yoffra Si°n. pojja fare in qnefto tempo a mia inffA tia M. Incoiò, ilquaie è fiato domandato a V. S. dal fign. Duca'Nofiro per tenerlo a [ho perniilo, fi ritrova ancora in galea di commiffione di V. S. per rn bornia dio camme[fo da lui nella fua iurifditione, ilqual pecca tofe ben per fefieffo apparifee grane, nondimeno efsen do flato a caffo,come fu,& con mohe altre circonfìan-ùe aegne di compasfftone lafcia la flrada aperta, fen%& offe]a di Ila ginflitia a me di chiederlo in dono da V. $• & aloidi farmene gratia , & tanto più,quanto perii longo tempo,eh’egli è fiato in galea , ba ffatisffatlo albi maggior parie della pena gii fireniffe, quado bene il de Uno non hautfffe alcuna elcujftionc di Ile. molte, ch’egli ba,nellaquale perche io non intendo di fondare inalctt va parte quefia mia domanda, priego P'.fignoria quan to piupoffo,a concedermi ingratia Ugnatala la Ubera-tione di quello huomo. (. on laquale yof. J1, oltrea{ fare opera degna della bontà ita , nir bligo per fempre con vincolo affai maggiore,che non C rutilo, eoi quale egli è legato alla galea. Onde din-,ohoprirgo V. s. con efficacia a non mancare a quefia fede, ch’io ho in lti,al fiiquale mvlto mi raccomando. AMonfig, Poggio.Nuncio in Spagna. X Imervì di Monftgnor mio ffeiteredisfimo,di cefi j & la bontà ordinaria V. S. mi fanno creder f* ciimente , che apprejfo di lei fia fupafhio ogni o fficio, che " incoio jupn^GH. in che fi face u, ò dame, ò da altri, per raccomandarle la (aufii dettapenf/mc di Toledo,per lacuale fua S. l{ene. pretende efler creditr'ue digrojja fomtna, cornei. S. a quefl hora è info mata a pieno. N ondimi no offendo mio debito estimare proprio o'ini interejfedi fua S. er, & -vedendo che ella fi confida, che y, S.fia per ha ter tanto più per raccomanda/a la det'a cauta, quanto che ella intenda di farne eùam piacer a tm,non ho voi ito prete- mettere il fignificarglielo,per quella,et pregarla^ come faccio llrettamentc,che fe in cofa alcuna y. Pign. de/idcra di farmi cofagrata,come fempre ha moflrato, & come io Jo di -loter confidare, Éga per ccrto.cbe que fla cauf.t di iVlo"J mio f\euer. diCefijìavna di quelle, nellaquulciofiaperhauerle obligo fegnalato diluito quello ch’ella farà in commodo di fua i'. Keuer. non altrimenti chefdfujfe meffo;angi tanto più, quanto è bonetto preferire le cofe de’patroni, alle proprie. Onde di nuouo raccomando a voHra Sign. q iejia caufa. con U maggior’efficacia ch’iopojfo. Et me le offiero}& raccomando. Il fine del fettimo libro. DELLE delle lettere D I XIII. A V T T O R I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuovamente aggiunte. LIBRO OTTAVO. DI M. PAOLO MANVTIO. u V T ^ M B^C E l L 0 Ili Beatifiinio Tadre. *lr~v F.nedetto fu Dio padre di tutte le grafie ^che co 8—^ la fusata mano ha poflo a federe in quelfeg gio vojìra San'hàf dep otràfouuenire algri bifogno della religione Chriftiana,& dare ri-th‘ d.o.. tati mali,cheguafìano la.piu bela parte del mo dc,& hanno tolto il pregio alle virtù, c fatto quafi cadere ogni lodcuole coTLme. lo la conobbi fempre di alti,? nobili peti feri dotata: fempre la vidi ripiena di ardite pietà ver fi Dio,d'infinita carità verfo il prò (fimo* hor^ è venuto il tempo,che la f'.agiufta mente partorì rà l’afpettato frutto, bora ^oflra Santità con quel cdfi gito, di chef mpreabondeuolefu,e con quellapotefià » che nuuuamcntc iddio l ha ecceduto, alle cofe hum'v.c tiara forma, e correttwtie,efaralle, cjfere dalle dittine fuetto dijcordanù,cbeper auentura non furono giamai qitefia ’P.AOLO M^i^FTlO. Hi quejla Cpcrari^a della quale fi Jpcra che prefìo appari rà l'effetto c'ha generato in ogn’nno,epanicolarm ente in me, che già ma Iti anni cominciai ad amarlay& boi la tempre coll’offeruangi, e coll’affettione fcruita,vna contentezza, &vnagioia ; oftgrande, che tutti i cuor Jimuouono , e tutti gli occhi sfauillano per allegre^ Za^e quanti parte di affetto, e di uinù dentro a gli ani mi fono fparfe, tutte fi rnifeono a rendere grarie a Dio di quefto beneficio : ilquale nonpoteua effer donato al mondo, nè a bifogno maggiore, ne in tempo piu oppor luno ,fianef mpre lodata da ogn’uno, e co la pace,e co gli fyiri. i la fua diuina clemm^arlaquate io prego bu-milmétc, che liberandomi dalla grane infirmila degli occhi ch’io foflengo da tre me fi in qua , degno mi faccia di ucnire a ha filare i fantifs. piedi di Sant che ferà giorno di quanti giorni ho viuutoilpiù febee, fra tanto, per non mancare in tutto a queflo da me no me deftderaco, che donato officio; con h ornile fembianie la mè: e le inchino, e quella poff't{[ione della feruitù mia che già gran tempo le donai, la medefma bora quale ellla fi fta con ùuerente affetto le dedico, e dono. Di veneti a, il giorno di Vafqua. Di vofira Beatitudi ncbumilijs. & deuotis. ferito. Taolo alanutio. Al Sig. Aleflandro Cer uino. Cf Ignormio offeruandisftmo , ecco che di quel fi-ne, che noi ajfettauamo, et alla bontà era douuto n-s* ZlB'KO Vili -S. Dìo ciba confolati. Tapa e borati froda lei tS to riuerito fratello, ballo creato non arte butnand, fi co me egli è auuenuto alcuna volta ma la virtù dello Spirito fatilo;!aanale fi cotKe.boraglic fiata 'cortapet far. lo montare a quel grado, oltre alqualr falire a mortale buomo no leceìcofineli'auenire in ogni anione tacconi pagnrrà mostrandogli col fino diuino raggio la dritta via,dd bene di fama Chic fa, e della (alute del mondo « già fi vede che lagiufiitia,ch'era volata in cielo, jeende in ttrraperhabitaruilungamente;& che quellevirtùi che molto tempo co'viiijhanno contefc,hora vincitrici trionfano,e la maluagi à del f o foggio abbattuta, ij confola a fi giace, meritamente aauoui la (ama in poca bora è tra (corpi, & ha recato alle gì nti vicine, & alle lontane tauifo di cefi dtfiderato auenimento : merita* mente fi rallegrano i buoni,e premetto, fi l'età del [eco lo d'oro.quanto fio Rema bella, quar, ofimik a quella che fu ne'migliori tempi : quanto farò io più di ogni altro quell’bora contente,ebe prefenutndomi a voflra Si gneria raliegm omi ccnefio lei, non tanto colle parole» leqttali fodisfare alcorretto della mente non pofi'ono , quanto coluoho,e sengli occhi,ohe fi noveri meffaggie ri del cuore, c'r dello flato interno chiara tefiimonian-•ga ne rendono,pcrcioi he io per quella lettera non lepof fo diruti o fab o che battendomi la letitia ogni fintimi to occupato ir.guifa tale , che tcglimodo d’i(primevC quel ch’io Cento,la prego adimaginare fra fc fiefia quel che a me di mart'tfeflare coti la penna,o con la lingua no c conceduto» credendo fermamente, che quantamente bimann TjLXJLO M-UJiVrIO. Iti humana può godere di nouella ,che liete coféle appor-t ti,tato ho goduto io,intedSdo effer fatto sicario di Die quel Signore,cui voflra Signoria per [angue è congiuri ta più di ogni altro,& io per clettione quanto altro che ffìemai, ò poffa maieffere. Etinlua gratiabumilmeQ te mi raccomando, di Venetia. i X V. d‘aprile. . Di vujìra Signoria feruicore ajfettionattifiimo,- Euerendisfmo Signor mio ojferuandiamo. S’e- gli è vero, fi come certamente è, che l’hauer co* pia di amicizia parte di felicità, egli è veriffimo, che Vbatterglivirtuoft , l'hauerglihonorati , pa felicità molto maggiore ; douendo tjfere tanto più nobile , &* più limato il pojfeffore, quanto e più gradito, e di più pregio la cofa , cb’ei pofjìedegran cagione ho dunque io di contentarmi dello flato mio , e di tenere in grado me flejfo ; poiché fendami per l’adietro fempre fiata cor tefe la fortuna nel darmi degli amici, p come molte al tre cofe mi ha negato bora la virtù loro a quelli honeri gl’inalza , che non folamente fono premio delle lode* voli opere , ma di potere ogni di piùlodeuolmente , operare , porgono occapone. La ondò tornir allego fommamente con voflra signoria ; che fta flato creata da fua Jantità fecretario: ne folamente io me ne ral- Taolo Manutify Al Vefcouo di Fola. T legro 115 *iod. r b x .o.; t nm k. ‘€ti configli di, vnTapa , maperche la eìdùonefallad‘-lLi per/ona. fmdalgiudicio di vn'tal V ipa, nella cuicuaùone non bah autap arte nijfunacofa bimana-, portato jeco più che-ilgrado medefmo, ripHtatione. eila fcràfetnpre a lato di fua Santità, entrerà in parte dekfuc i diuinipvti fieri ; batterà occafione con intta di ampia mente ado ferarfincl\ferMgio di Santa Chicfa , hauràpoteftà grande digtouare altrui , & di condurre all'atro quel le rirtù dellequali e fendo fata già molti anni intenden te , & effondo fi c,ferciiaWcon ioiftudio, e con l'ingegno,non ha però fin bora potuto in quella maniera, che ■defideraua , 'notifieareccm gli effetti'.' alche fare", bora che il modo.ne le è dato , io non deb-bò confortar nela , battendo cortoCciuto'fin da quel tempo, che mj degnò dell'amvitia futi xbofu iannò fecondo dt Vado quanto ellafià,&per natt bene intenda, fola*-mente la prego;corne che di tanto richiederla no mi fi •comcnga;ma cederà U ragione al de fidino.; & ardirò dipregarla,che nelrnefxo de’fuaibùn meritatihonori, C*r diqueUe alte cure > onde fia la mente fitta del com--timo occupata, & onde fi afpettano-.effcttiaU'vniuer-fìle falute cotan o importanti, le piaccia alcuna volta. 'di rìuólgerel’animo al noflro baffo flato,con-quelbeni-grìo affetto, dalqualóu quelli dì paffati fi fofpinta ave nire a vedtmi1&a confortarmi con amoreuoliparole TisiOLO Ttf. I14 neU"mferirùtàmìa, con proferir mi infime ? & quanto potefli;,ogni fuq aiuto, colquale vffìciò tanto di tfjrìgL rio mi porfe, che tra per quella cagione, e perche dipoi fbpragiunfe,la defiderata novella, della crcations del riè flro Vapa DI are dio, io fono ito fempre migliorando,ci troHomi hora, Dio mercè quafi inferamente rifanatò. piacimi di bauere xoncbiujo la lèttera con quefìofiac, fapendo di douernde recare molta coìitente^gà. Ts^. $, la confem. Di yenetia}aUi. 4. di Maggio. Al D L V. Serti. Vado Marnilo. Al Signor Alcflandro Ceruino. t-v /"'l H E fìe di yoi ftgnor iAkf andrò mio honorato poi che quek’ynico foflegno ci c caduto,,che no (ira vita reggetta? benché non è egli già caduto,quanto alla JUa più nobilparte,antfi è [alito a piu he!grado, e apiù illuflre figgio.che non fu quello, che lafiiò. vede egli bora vicin d fommo ben,cui fempre cotanto ambio vedelo viabilmente,in chiara luce,ne più come dianzi la ftta amata vijla mortai nebbia gli contende,, nè fòla mente il vede in parte à fc vicina ima egli ènei fommo beneSìejfo , &jl fommo bene è in hi non potendo ef fere jeparatione,oue termine nonè.ni termine nelle co fi diurne, ou’è perfetlhne. la onde egli è beato- , e vera mente non una,ma tre,igr quattro volte bèàfgjChe can gio ii corrottibile coll’eterno , e noi mifcr\ chencgiacciamogli e tutto ciò che all’eterno bene è contrario, & ~^............................. ?" »*W ' : : ' l l B H O. FU itùfcri tanto maggiormente, perchehabbiamoperduto ltn,Hqualc patena,lungamente fra noi dimorando, col l’ejfempiodellafiid-Jantiftimavita'ammaeflrarci, 6T agni fa di cclefte raggio ad huorno , che per dubbiofo calle vaneggi, & erri, il dritto fentiero della felicitaci haurebbe dimojìro. fono adunque le noflre lagrìmee douute,egiufle , per.lapietàdinuimedefimi cdelno Uro grane danno, cui rifìuro vgtiale non è, ma fe miriamo aliti , che vincitore drl mondo trionfa bora in ciclo fra l’altre disine fulìunze . e godendo i premi di quella fori 7$* d‘ animo,con laquale combattè femore conira le voglie,a Dio nemiche e tutti i vitij [aggiogò; merauighofo con forto riceueremo da quello penfiero, & a piu to/ìo rallegrar ri,eh e dolerci,la ragione ci condurrà; maf imvmente che douèpur vogliamo intendere folamente al nodro particolare rilpetto , non però morte inuidiofa (ìruggendo il corpo, che per effer ma-terialcaki, erafuggettà ha potuto infieme dsìlr ugge-re la memorìd delle tante , & tanto honorate qualità di quel fingolarifìimo [gnor e. percioche refa , crederà femp-'e [colpita in molte lodeuoli opere la forma del le fuedittine viriù.nc lagualieràil tèmpo, nè forza di accidente la muterà : & indi noi, come da cofa perfetta, ci (Indieremo di fare ritrattole verremo in que-(laguift ad alloggiare grandemente la perdita di quel tanto, che malvagia forte ne ha tolto. onde concbindf che quanto a l i. noi debbiamo Jentirae contentezza , ejfendo egli giunto alfd£boli e lett te le forgc-dello fpiritònengo per ccrto,cbecon l'efftm-piofitto y. ftgnòtria,dccreficerìdomi il rigore,mi inciterà, e'per quefìa cagione,& infietne per confiolarmi in par* te col l'afféttofuoifi come con riua imagine di quel tari to da me fiempre riuerito fignore, intendo di venitea ri filarla a quello fiettembre e di jìarmi qualche giorno còti effio-lei, dopo molti amiche non l’ho veduta, fra qnefio mettgo tempo confieruimi nella memoria fida, e mi ami fecondo tu(ato,e tanto maggiormente , perche hóra,cofi à'D iópiacendó, è divenuta heredc di tutta la fieruitù mia e tutta la offerii anta ver fio la fida lllkììrijU {ima cafid. Di Venetia, alti 1 $« di Maggio. M D L Vt- k 8 À Monfig. Carneièccài g» Tverendo fignor m]o offeruandisfmó' ,"je Ma' g'X dejfiela fòrte /òpra l’uno diqué duecbevoflrd fignoria fommattiente defìdfra,& io non meno di leitfia rcmmo riflòrdti a piena della grati pèrdita, che fi è. fat ta , per làrrtorte del’iqpfiró'Pdpa Marcello i laquàle dì quanta mera tàgli a, c di quanto cordoglio mi fita fiata cagionenon fa bifiogno che con parole io lo dimo-? ftri T\AOLO tiU.TiVri0. 116 ftrialhi Jc l’imagìna;e fe bifognaffejwnpotYéì ..cbib^i uerebbe ‘mai penJàtotcbe vn coft uiYtM'fQ. !PnnfipeìtoJi^ fintamente creato j coft neceffam affinate le afflitte^ parti non pure della religione tnd di tutto il mondo.;, à&\ tro a i termini di r» meje cidoufffi eflctéjtolto? non fu inai cola meno efiettatai à me reramefe èparuto ché-l; Sole di meg^o dì fta caduto del Cielo , .cbe noi ftamo ri—_ maft nelle tenebre, in ubiti in una folta nebbia di mille errori,# di mille miferie, ma chi fi la cagione fiotti-de è auucnutof# il jine,oue IpetftMfiim epici cbénoi\ cattìui interpreti bene fpeffo.delbeue > &■ delmctieao+s mime danno riputiamo che fta f è forft Coft acuta l’hu*] mana prudenza ,che pofja penetrar e ,e fmgetc i Jecre(ió della mente diurna / Dio è fomviapietà, & fe-mpte in. fjuetia virtù ftmile a feflejfo non fecondo le noHte paf-. fioniitna in jemedefìmo,cioè fecondo il nero,inni/fiiléf & occultò a gli occhi noflri. 1 a onde io porto fieranx^-. che egli fta perprouedere con l'inteUtttQfiio all'y.niust foie bifogno,con troppo miglior modo, che a meriti no-fìri non fi ccnuerrcbbe,ihe non fa di pari con le noflre colptda diurna cltmen^a. Que’due veramente no hanno drbontàfiperiore ne furio,# eglino di dottrina, di valóre fio no’fitpemri, a tutù fuori che l‘uho all’altri} ,e /opra tutto di quella grandezza d’animo, thè è madri; della benififenza,e par tori fi e ogni lodvuole effetto. ^ e _ ga adunque per confilarci quefla lieta nauelluilaquale io^non pure affetto, ma imitato daldefidetio le yo in-cono colla mite,# àtecipo,prima eh’ella venga, parte di quelpiacere^hefintirò,quando fìcgiunta, maggior V 4 ch’io -m ''r i e * o Fin ' (Wìo fentìsfi giamitftn tutto il fpatio della Vtta che hd tìrafcorfo. Dopo la panica di voftra Signoria, ò perche ella mipriuajje di molta contentcìgj, priuandomi dei filo afpetto,& de'fitoi dolci ragionamenti, ò perche fo-f ragiunfe l’auifó della morte del Tapa, che oltre modo > mi contri(ìò3io ho [entità l’infirmità de gii occhi più gra ue}'& più notofa dell'vjato, bora da quattro giorni itt quà fono alleggiato di tantoché altretanto di miglio ramento mi condurrà alprimiero [iato di [unità , ò* 4 V. Signoria non mancherò di fcriuernefi come a quella che deftdera di [aperne ■: La mula mi [e molto cara per Veffetto, acb'ella e per[eruirmiyma piu per la cagione, ère amendue con vguale defiderio a[pettiamo. quant ù que[e ciò auucnijfe, [pererei che V. S. douejfe ella adoperarla per [e mede [ima : che [arebbepiugiufla cagione,che il donarla a me;grio la perdita di queflo dono a gran guadagno mi riputerei. Diyenetia,alli t^. di maggio. MDLV. ' Seru.Taolo Maniitio»\ -yf tt.t itèt.» ; /■'I L^U[JSStMO Signor compare honorando. Nok fi marauìgli Voftra Mugnifìcentia [e bora iò non le[criuo dì mia mano;perche da -aeriti , & piti s giorni in qua mi fento effere talmente ofj'efo l’occhio de ftro,che egli non può[ofienere la ltice,&ttommi a fine-ftre ckiuje di cantinouo , tutto inuolto nella nianinco-nùt i & trifiipenfieri. non ho però voluto , che quefla cv mìa TAOLO M.A'j^rTlO. 117 $flza noitì/zz infirmiti > ìkì vieti di fare almeno in parte l'yffìcioyche debbo, & come borapofo , la ringrati»-j delle candele mandatemi , dicendole che le fue molte \ cortefieyconftdcrato ({Hell' Amore,ondeprocedeno,mile'( gnno di tale obligo che non sò,fe per co fa, che giamai pojfa fare in feruigio mi verrà fatto di feorgliermene in qualcheparte.Nojlro Signore Dio le doni la fuagrtt t\a,& mi co feriti ne f amor [ho ,del quale,cofa piu cara non mi può ejfere, & a va lira Al ignifcentia bafeio le mani* Sera, Taolo Manutio. ; A M PranCefco Delfino» ÌV yr lignifico Signor mio, Ò^iffuna cofa pìà deh-\ bo, & neffuna piu voglio, che foia fare a •voi M. Faulììno,ea M. Luigi voflro fratello cttifem-pteamaj molto,per la ffsran^a, che iniporgeuano i (ludi voHriiigr bora,efJcndo tamore pervenuto al font tuo,comincio ad bonoraru'rpcrcbe quella virtù, eh'a-ffettaua divedere in voi,ella è già quà/iprefente.fi come da chiari fegni poffo comprendere,jè d *nqtte era vf fido mio, fe de fiderio infieme fi come veramente era ù quello,&quello di rispondere alla vofira lettera, tutta ripiena di amorenole^ga, tutta adorna di ebquen-Xatnondette cadenti neU'animo,ch'ìo mifta rimafo di farlo per le mie vfate occupanoni,mà più collo , perche alcun (ìraordinario accidente me ne babbi ritratto,co fi vorrei crcdefle, e che eofifia > la voflrapruden* 11 n ilo vnv. \a we ne rende tjuafi cenoMdenilLorenxo a lètte) & hàràijiitnò., rapportato qvello, eh'io pii nanaì; cbd■. quel n io catarro quel fui* fempiterno nimico dopo di'-bauet nàpìù ìoltC a [latito, fanpre con danno della co-1, pìcffìone. ero finalmente venuto a ferm'armift fopret T occhio deflro,etormeniaualv inguijit,cbe l’vfato fcr-itigibiion rendeua.cofi diffi a Lorewgp.a voi dirò bora quellojthe fo douerui recare molta contentezza; che il dolore jlqu ale con agre punture mi baJenuto in affanno per parecchi dì è bora fcetnato in buonaparte:e donerà quella tsperanza,(%e mi regge,onde maggiore he nefìcio che da medici riconojco,bauermi lofio rendutd l’intera mia fanhà.che cefi a Dio piacda.-alìacuivolo tà intendo(empre che fia foggetta la volontà midolli iludi,allefcienZe,dlhoperare in ogni cofa lodcuolmen-te,a che debbo io confortaru’dfe picnathent&io vi conti, fico,egli è fouerchio. ma chi meglio alla i>irtù tn’inulta che la bellezza di lei mt di fimaififfate gli occhi in qud jla M.TaojUfio,e voi M'.Luigi,cofi pari d'itlgtgno, come in amore tOngiuntije folcirete incontinente Yapiru fa. jjbel de fiderio di gloriala quel defidcrio, che al bifauol&-Toflrofttjcala di fallite incielo ."Padova,come che fia tihà,oue più,che àltroue,quelle dottrine onde nafte if ben vivere,fi appréndonefha ella però dimoiti contrarli difetti fiofira,per la mcf olanzu de’costumi diuerfti da’ quali, cerne dà diubft honori in vn eofpo -, ma bf qualità può generar fi aquefii contrari p$fcctido,fi come pen o alcvna vohaf c'r 'tenerfZ'ZàdeìdhonoY vofìro ■¥» fortéti) ente Jarci io fretto a umert, fa non penfaffi in-' •PAOLO MAliyriO. 118 freme,che ‘voi hauete per conofcergligiudicio}e per fug girgli l'animo ben difpofto^qiii, fendo voi di età minore, che bora non flètè,parte riuolgendo le carte de pregia ti antichi,parte conuerfando co* buoni e diro ancorale dì tanto dire mi lecefil fuono della mia voce vi [eterne S^o affinalo neglibabUivirtoofi,crefcono in uoiglian~ nicrefca il valorein(ìcmc,&a princìpi)confonda il fine.tiè crediate però che cofi io vi ferina perche io dubiti fe facciate,ò no,quel che di fare vi è richie/h; ma perche facendolo vi rallegriate,giovandomi di credere che qualefempre fofle,tale fempre efferè vi vogliate , cioè tanto diligente ad abbruciare ogni lodcuole,cperti quanto autduto afaperui ritrarre di [otto certe occa-t frani, dalle quali alcuna brutta macchia fopra i nome ’vóftro può cadere c cotale credenga è cagione,che recando in poche le molle parole,vna fola cofa io intendo di ricordarui,dalla quale tutte le altre,che a beneficio Voflro potrei dirui,dipendono,quefla è',che in ogni vo-tlro penfiero, in ogni vcfìra anione vi Cia femore giti- 1 da il timore di Dio,ilquale ri trarrà fuori degli errori j del mondo,e per fteura via a quel fine,oue mirate, con J infinitalodevoflra, e confomma contentezptadi chi f vi ama,ageuolm^te ui condurrò fiate fano, e nelle vo- j » Hre lettere piacciavi di fempre [aiutare da parte mia il ; Claris fimo voftro padre. Da/enetia^lli ij.diDeccrnbre. 15 J4. Seru.^aoìo Mànutió» ti s r o riti. A M. Girolamo Dolfino Capitano di Zara'. T Etti accidenti,di che la noHra vita è piena, ra~ 1 > gione, è che cerchi diporgere conforto l’uno a-ruico all altro, ft veramente,quando dak’vno de’ lati raancaprudcv'Za,per confolarefefleflo, dall’altro non è dolore,che la mente ingombri, & le contenda quelle ragioni,onde può nafcere fortezza. Voi, Sig. comparc,ihc contraria fortuna giamai non vinfeitut-to che ella v'habbi piu di ma fiata come ad ogn vno è paleje,aframente percoffo.onde traggo argurnento , che nel calò auenutoui a i dipanati,cafo inappettato , e veramente troppo fiero , non vif/ano mancati di que’ rimediyche fono a cofi fatti li ogni non folamente op-porttini,manecefiari;jò . che hcturete conftderato, e quanto breve, e quanto fta dubbialo il cor fu della vita, nollra:baureic veduto la lunga filiera de'mali , che del continuo fi aicompagn.,no : & il picciolo numero delle prosperità,che alle volte r incontrano, e cofi di-feorrcndo, farete finalmente pertichino a ocello puffo ette,beato chi fi ferma,che l'bumana finità non ronfi fieni l vii’ere lungamente,& aggirar fi afai fra le tenebre di quef>o carcere terre (Ire, ma nel partirne to-flo,dotte per liberarci la voce cijenta, & tiraggio fi veggio di colifi,chefolo fine alle noflre mi ferie ; e filo principio a no siri beniouò effere. elle cofc, & altre a qtfefic homi filanti facendomi io a credere che ri fiano pajfateper la mente,feudo voi,come Jete , di com- •P^ÒLO MAVVTIO. ir? eoritpìuto ferino, fi per l'età, fi eùandio Ber l'ejperien ’^a : ho giudicato fouer bia cora il prender cura di con fotarui intorno alla morte della voftra tanto da vuoi amata, e tanto honorata conforte, lyj folamente non mi fi conueniua di fare cjuedo vfHàu, non c fendane appo voi bifìgno, ma do:ie fofe bil'ognato , imoofibi-le era ch’ioti fa efi, trovandomi \n di [fata maniera addolorato, per vedere voi, mio carifimo Signore , fcioltoda tuel nodo , ove voflra elettionc vi lefò, del la piu dolce, & piu cara compagnia del mondo. & bora non che io debba ingegnarmi di reccarea voi nel tafflittionefoHenimento, ma, fi come,penranio alla perdita c'bauete fatto , /r allo fiondo [opraneauto a’ihtprauifo alle coje vofire. per uoflra cagione mi a marico & a ft mpte più ramarle armi fono tenuto; coft mirando con la mente in noi e feorgendo la pace ,e la trdnquilnà dell’animo vofiro, parimente per uoflra cagione mi conforto , e*r onde il male è nato,indi aprf dere la medicina affai volontieri mi difpongo. Ben decìder erei , che i nostri due figliuoli, quali fono bora in Tadoua, & a uirtuofamente viuere fi danno,cercaffe ro di confortarft nell'occorenza di quella fiiagura con l'effcmpto della votìra temperanza, & infìerne face fi fero vfficio con la voflra Magnifica madre, ch’ella no fi lafiiaffe trafportarepiu che tanto dalla forza del do lore, ma come a fauia. donna fi conuiene, & a donna di fauijfimo padre generata fi ferma fe in un moderato pianto, dentro a que’termini, che la ragione le coma da>&la humanità non le difdice. al qual effetto per •K xs ’ auettm OTI T Z B ^. 0 FUI.- cr aurntur'a rimi, & abbattutida jouerchiapasftone no baunanno potuto fodisfare.ma donerete voi,di che l’a uedimento vofiro mi afficura , hauere in cotale bifc-gno giouato,& atei col con figlio,&a lorocont autori tà,per non mancare nè in c/uella parte, che ai amore-mie figliuolo,nè in quella}cbe afauio padri è richieda, chefe tanto riguardo bauete alla falute, & al commo-r do di cotefia città,laquale quella Signoria lUuflrfisoti ha commcffa,q’ antopiù tenero ri bifogna effere della quiete di colorofiquali Dìo,<&: la natura vi ha contarli 'datiima-non entro a dire quel ebevoi intorno a tal prò poftto non [blamentepiù dimefapete,ma piu droghi ài tro cffèruate. donìrdfua diurna Mae. contentezza piu lunga nel rimanente della uoHra famiglia & rcnddni lofio a noi con prò (pero auenimer.to deluofiro gouerno in tanto dietro ftguendo a bei principi) digiufiitìa, e. dì va lare ;& vlk lodatoli opere voi medefmo con l’efie-pio delle uoflre paffate maggiormente incitando atten dèteft come fate, a perpetuare ricll'ho,norata fama il nomevo&ro,& alcuna voltandone le putitele cureil cui vi concedane,fateci degno delle uaflrelettexc. y Je-qualiml d;!piacere,cheper lalmitananga uoflra fopr poniamo,di non piccolo refrigerio ci laratmo cagione» Vi Genetta alti iz, dì Gennaio^ 1544. Seru. 'Paolo Manutio.. , tv.; AMefler GieuanniPormenco Ambafciatore in Milana dsIlaSignoiia di Venetia. T T Onordtisfimo Sìgn. mio. Che Foffra Magnif ce 1 I Uà mhabbi tempre amato,fi come più volte con cucrgtien'ze piene dì cortéfie affetto mi bada cono fiere to ne faccio quellaffima,che foglio di quelle coffe, onde molto honore mi nafee. Ma che ella bora l'amore mi dì moflri nella!pia cara coffa^h’io babbi al mondo: che è la perlina di M. ^Antonio mio fratello ; creffce a colmo la conte hfèxza mìa ; & volentieri con quella lettera quelle graticci: e io debbo,ne le renderei,Jefo/fe in mia mano di trouar parole alla volontà,& al peiifiero con formi.ilche non potendo,refìafebe d quella parte,che io pujJPWnf&fffndiQ intenda ch$ è dicnflodirc eternamente mlta memoria gli effetti della fuagentile'^g.i, di rammemorarli a me fitffo del ((.ntintto, di predicarli altrui con q::alt*,nq_ iè ouaftone mi fi offejfrà. c benché jì dffiderjò (fe fé piaccia dì jerfencrare ul l corpo della [ua amoreuolcgga, & hu-manità,con porgere a mio fratello nelle f%cende,che co ftì egli tratta,»arte del fuo fauorr.nond'meno i’opinio-ne,cbe fempre ho porta to'dell a [ua bontà., confermata bora dall'opere ch'io ne veggiopreffcnii,mi ritiene , è dammi acredere che ciò faccio, ftréi ufficio paconc-cejjario.ìa qnde,là'c}ato da canto ql che repuro Joucr-cbÌQjprcgolafjlamète, che afefiejja faccia a credere , • -z Té ii o ritn c che, quato eUa ha di già operato a beneficio di effo mio fi-ateìlo,ciob di me ftejfo^ol ClarìffmO'Sorandito antt to opera tuttaulàirìaccarezzarlo,& hónorarlo,e final menu quelli effettiycbe dalla fuagentil natura verfolui proccderannoifia per cffers tm nodo che- .amendueci le gbi rà nelloficruangaye feruiiu di leiji che fciorlo forza di tempOyò varietà di accidenti non potràgiamai: e jenga piu dirle alito,alla fua buona gxatia con effo lui burmlmetitemiraiconiando, DiFenetiaalli 23. di Marzo. 1545, Serti. Taolo Manutio i ’i' /' '-Slb lisWl-.Vl . ',,.u A M.Ottauiano Ferrano. Z^I Ome frati Ilo. T^è le lettere fcrittemi a di pa f-j fati da M. sintonie mio fratello, nelle duevo-fre vltime, amendue di amore, e cortcfe affetto ripiene,co fa nuoti a mi hanno dato a vedere, mottrando-ani [affanno che voi battete poflenuto per lamia grane infermità, CT allegrezza c’kaucte fenlito intenden-doycome io era vfeito di periglia, co fi piaccia a Dio » che di eoteflo amoredi coft fatta difpofttione dì animo io ve nepoffa vn giorno rendere con gli effetti quelle gr atte, che a tutte Ih ore con la mente vi rendo. & ■voglio che fappiate, & ternate per fimo, che fecoft alcuna è, laquale poffa rendermi piu caro ci mefìejjb quella è, il veder mi effere coft caro a i voflthcbefetea VyAOLO Mji'HVflOl 121 molti,e donereste ejjere a tutti carisfmop merito del-la dottrina e bontà uofint.Horaf acaefccrui contete^ lavare di hauerefinalmente,aiutandomi Dio, uinto il male , dopò.uuacontefa di molti mc/i, nel quale io mi fono trottato più d’unauolta a duro partito, e con rifchio grande di lardanti la vita, èbeti vero , che vi ho confumate leforze eperduto il ftngue : ma spero, che mi verrà fatto dì predo racquiflare e quelle^ quello,accrefiendo,fi come ho cominciato,ogni dì con moderata mi fura la quantità del cibo,&l'ufo del L’eJ]ercitio.Oltra,che da certe altre colejeqoali quefo verno ho prouato che dannofe mi fono, io me ne guardo come da mortai n'mici. licite non fo come voi fiate per comportare, effcndoci fra qitejìe un grande amico vomirò,di cui però io non fo fé io m debbo affai to dolere conofcendo,che quanto egli mi ha nociuto al corpo,tanto m’ha giouato all’animo.ma,per bora fiat tenderàfolamente allupane più nece[faria,che coft il bifogno ricercale della più nobile fi terrà cura a me-gliortcpoiconforlandomi maffmamente voi ihefcte filofofo, che allo {ludio della vita,lafàato da canto o-gni altro f lidio,io riuolga ogni mia diligenza. E con troppo bell’arte,perciò maggiorrnctc jo finger ni quella parte vi hauete foggiiitito,ouc direbbe mio fratello promette di volere procacciare a me, &a miei figliuoli quanto di commodo dallo ingegno,e dall'indu-flria mia potrà mai nafcere.Tiacemi olirà modo, non tanto che egli fta a ciò fare difpofìo,di che non mi cad de mai nell’animo di penfare altramente, quanto che ral- L I B F^O FUI. rallegri di raggionarne cògli amici. Jcgno manifefledi troppo ferunne amore ilqualeio voglio fctiipreJlima mare affili più,che quanto frutto,e quante foflangc me nepojfano auuemre. a voi Signore mio del fouerebio vffeio, cbc^con efio lui baucte fatto, incitandolo nel corfo,gratieperòio fono tenuto di rendere , & le vi rendodicuore^niranlopiu alla volontà voflra , che allo effetto.a lui, per guiderdone di quella bontà fpero che pio donerà miglior fortuna, ebe fin bora non ha hauuto : & la piu conforme al dcfiderio fitofo che fiera,dipotere meco infieme,douunque io darò, menare futi vita:intorno al quale effetto io mi fon da due anni in q uà grandemente affaticato con poco felice auueni-mcnto,ma non intcdo,cbc piu oltre lui di me, & me di lHÌ,alirui durezza neprini;&bopropoflo,non potendo , oue più'voleua,ini goderlo, ouemifie conceduto, egli mi fcrijfe ai giorni paffuti, che voi mi mandare-fte il libro , di cui borami fcriuete. Vorrei che co-fi hauefie fatto. Tercioche farebbe a qttffl'hora affai vicino alla /lampa.La dotte, conuenendomi al principio di Luglio girne a’ bagni, & Piare in villa niente meno di due mefi,mstì fo quafivedir tempo , ch'io poffa fodhfare in ciò al dejiderio mio, maggiore certo del voflro,&fomigliante a qui Ilo del compare, & a. mc%zo Settembrepenfo d'inuiarmi verfoKoma. dotte/o flato della mia compUffione il comporti , & altro non mi occorra in contrario.il Mureto,degno vera mente dell’amicitia voflra, fi come voi fete digniffi-mo delia fuatvi bonora molto per le mieparole, & in me T^fOLO M^iNFT 10. 122 me per quel che ha vdho da altre pcrfone de.Li ito-[ira eccellente Jcleir^a, & ttniucrjale notula 'ìklle liti gue : & /ente infinita alLgrc^xa , che cotanto uipià'c eia il [ito commento fopra Ca ulto : tic fi eira cììclMo ro il riprenda, battendo cipolline ebe’l loda. Mandoiù il mio difeorfò, ebe chiedete, intorno all’ufficio, dell'oratore , ilqtiaie, deftdercrci che difputando della ela-quenza, c 0fi eloquentemente par l affé, che ni fqcefie buone te fue,ragioni. Ma.pare, che quaft prcjant del contrario., timidamente a noi tic venga . io veramente, fi come poco dell’ingegno mio co fi,molto dtll’bit-manità uofiramiprometto. Foglio dire, che non cf fendo io ufo di confidarmi, che queflo mio compimen io v’babbia a fodisfare , perche conojco, chi uci fete, & chi fono io, fi mi confido almeno, che uoi fiate per fcorgerlo douunque vi parrà,che ('opinioni cotcngano errore , e.douegiudicherete, che quefìe bene filano , piacciatti nondimeno di ritoccarlo, et ripulirlo co la li ma del uofiro giudicto, per abbellii lo di certe gratie di lingua, ch’io veggio rilucere per drcnto ailofcriue-ve voSlro, & intendete, 'come io ferino , cioè, fenice veruna ironia, che non mipiace in quefìaparte dipu to raffomigliarmì a quel- tanto [auto ntaeflro del vo-ftromaeflro . Ho qualche capriccio, fc batterò fanità & otio,di (piegare l'arte della retorica per via di difeor fo, e fopra tutta la materia dello imitare : nella quale, ho ghiribizzato gran tempo tarparmi di baucrcitro-uato di molti fecreti .i quali fin borali uolgonon co» nofee, che me ne con figliate ? Siate fatto, e raccoman 1 datemi L 1 B VHU datemi al S'.gnor Bartolomeo Capra,&al Sìg.jtmnba lo dalla croce. Vi^enctìa}alli 26. di Maggio. 1545. Taolo Marnino. Difcorfo intorno all'ufficio dell'Oratore. CJI come la lode,&biafmo nafcono da quelli effet ’V'ti, che fono propri] di noi medefmitOnde non fi loda alcuno,per effere ricco,ò gagliardo; ne, per e (fere pouero,o debole,]} biafima-.douendofi ricono feerie rie cbe?gc,& le forge piu dalla fortuna,c dalla natura , che da noi mede fimi.r.ofi l'oratorc,(cperfuade, 0 non perfuade.non però Tempre di lode , nefempredi biaft-mo,è degno.percbepuò & non pirfutdere. ór nondimeno e fere buoiì oratore, fi come può effere buon nocchiero vno, che rompe la naue;e buon capitano uno , , che è uìntoie fendo forga maggiore nelli accidenti, ne l'arte del nocchiero , & ncll intclligenza del capitano è dunque l'ufficio dell’oratore il parlare in modo chepof fa pcrfuadereiór ballargli a dir bene quantunque a ql, olirgli dicc,ncnfempre l’animo del giudice confenta , eparmi,che il dir bene, ór ilperfuadere habbino fomi-gtianga con l'bone'la, ór con l’honore. percioche, fi come non fempre dopo l’honeflo fegue l’honore : e non dimeno l’honclio è lodato perche il fuo fine non confi-fienell’honore , ma nella perfettione dell’anima intel-leliinaicofi non fempre , qualunque oratore eloquentemente parla al fin per fi. adc: ór nondimeno perche è giunto T^OLO MiAT^yriO] Hi giunto alfine.cbc è la perfctticne delirate, dette efler lodalo, fe deliarte feguifte ftmpre qucliejfetto , che lo artefice defidera;fcmpre farebbe utile la medicina. ; la quale è però inutile molte uolte, per colpa del fogget-torma nociua ella non égiamai, e/fendo amminiHrata damedico perito.cofi, l’arte della retorica non può fa re fempre felice ioratore",perche troppo alcuna uolta è inferior alla natura della ceti fa ; ma può benfarc,che egli non commetta cofa,per laqual [ia infdicr.di maniera,che fi dette amarla, non Jòlatnète perche molte mite è utile ma perche non è mai danno fa. E biche , quanto a lei,non può errarctpcke fc erraffe, non fa-* rebbe artetnondimeno tanto maggior e fetta produce, quanto è più capace & piu fertile qiteliingcgno, otte ella è lparfa,e feminata,pcioche, fi come l'arte è nata dalla natura,cefi uttole efìere da lei nadrita,& aiutata,c quanto più di lei manca,tana più fi fa debole, è caduca,aguifa di tenera pianta,che mancando del fuo natiuo humore: agcuolnittre fi [ceca la onde e di amE due, non può effere l'oratore parimete partecipe , è più deftderabile,che fia in lui difetto di arte, & fo-prabondanga di natura : che all’incontro difetto di quella, & foprabondanga di quella e fendo ragionevole ,cbe. doue il periglio è commune,ft dcfideri la conferì', anone del più nobile, e che fia più nobile la natura, fi conofce da queflo, che ella è madre dell'arte , & comeproduccnte dette efere al prodotto anteporla. Ma fe atterrà, che perfetta arte con perfetta natura fi ricontriipii) feoprirà la uirlù dell'una e dell’altra : fi 3 come L I B Vili. come pitiproduccrn fenile terteno, quando è da dotta & dilìgente mano coltiuato. per cieche nè .Impelle col pennèllo,e co' colori di yn altro pittore hakYcbbe pota io formare coft bella quella Venere , che fé flupìre tutta la Grecia;nè col pennello,& co’ colori di pelle, vn altro pittore la medefimà Venere bar crebbe dipinta, neceffario è,che quelle pani Icqr'aH concorrono alta pfetione del tutto,ciafchednna nrli’efjere fio fia-no per fette.ne jenga elette pietre firmo edifeio fard qual fi voglio bene intendente architcltorne tenga fine armi yalorofo fidato comba tendo vincerà-, ne fcrà chiarala luce del fioco in ariagreffa: quantunque egli di fa naUtra,come fuoco,fta lucido,& apparente, on de fa di mep.iero,che l’arte fta con la natura accompagnata. & effondo cofi l'artefice lomminifirerà ali’una pigliando dall’altra ; & amendue dipoi con la effer-citathne accrcfcerà,condncendole tanto oltre , che ò nero elle arriuino a perfettione, ò almeno fi allontanino daque’ vitij, che mofirano l'mperfetione. Di quefte tre parti l'oratore fi Cernirà intorno a tre generi: & fcr uiraffene in tre modi.leparti fono natura,arte, cfferci-tatione.igeneri.Ùimoflratiuo, Deliberanno, Giudi-naie; i modi, t’in fognare , dilettare , muoucrè. Le parti fono tutte tre in ogni genere neerffarie : i generi, hora feparatamène fi trattano,bora tutti tre in vna occafione, come quando fi difende vn'homici-da benemerito delpnllico. perche, cfendo a l'Itera il proprio genere Giuditiale, nondimeno l’oratore c co-Jìretto ad entrare nel Dhncfìratiuo, & loda il reo , T^iOLO M^TÌ^VTIO. 124 quanto più può, di quello ch’egli ha operato a benefìcio dellapatria.&,fatto quesìo , firiuolge alDclibc-Tatiuo ; & confiderà fe fi deut recidere vn’bomicida ytile alla patria.&perche vede,che lo auicinarfi allo fiato della caufa,è contrario al fuo difìcgnc: va dinegando nelli altri dui generi , a huijà di aueduto foldato,non ifeopreper quella parte,oue può e fiere of-fefo,ma dotte piu ficnro, & meglio armato fi conolce co quella parte fifa incontro all'inimico. 1 modi,beche tutti trefìanoneceffarij ; nondimeno, j erche l’oggetto deli'oratore è di muoutre l’animo del giudice, & dì condurlo dotte egli defideratpare che rmfegnare, & il dilettare ftano inferiori al muoucre alquale come me-%i alfine fono indritt^ati.Svtro, che rmfegnare non è in tutto feparato dal muouerc-.pcrche l’orator,ch’\n-fegna de cognitione al giudice, e ogni cognitione è moto dell'animo. & medefìmamente il mttouere non è prillo in tutto dell’infegnare : perche l’oratore non può mnonere,fe non dmoflra quel che può feguire, ò di lo-de,ò dibiaftmo,ò diviUc,ò dì danno , & coft in vno iflefìo tempo viene ad infognat e. 'Nondimeno èpiu efficace,&piu accomodato a perfuadere quell’oratore che mohomuoue, & poco infogna , chequello, il-qualc infognando molto,poco mitouc,&però , nella caufadi Ctefifunte,Efcbinc, cbeinftgnaua, fu vinto da Dcmofiene ebemouetta, fi come adunque al dilettare l’infegnare , cofi all'infegnare i! muoutre è fupcricre , & benché di qucHe tre parti Tutfegnare babbiper fondamento la giu fiuta , fopra laquale fi JJìorie,o perche la caufa. è tale,che Parte non può fare ejfetto,fi come auiene alcuna Tolta, che •mpratico arciere conferire,ouerr,ira, non perche non jìa dritto lo frale ; ogiufto occhio che hinuia: ma perche lo piega il ycnto, & faljo ufcire di quella, linea, che dall'occhio al fogno era condotta, & pc*d fipuoconchihdere, che l'officio , &infìeme lalods ' dell’oratore non confile nel vincere la caufa , ch’egli tratta : ma nel trattarla di maniera, che per colpa fua non fi perda. & a fuggir e quejia colpa , cioè a confe guirla dottrina del mettere , nellaqualeft contengono l’inuenùone, & la difyofitione, come che ni fiano mol ti precetti, nondimeno a me non par che ba[li quel che nell’antiche e nelle moderne fi legge, pche alcuni feritori fi fono affaticati intorno a certi generali, i quali per la maggior parte ad ogni melano ingegno , feti •za eTlrinft’có lume fono manifefti, ^Alcuni altri , di piùjottile di Lorjo, Cr più alto faperc dotati, bano det to,& in fi guato cofein vero molto utili, e belle,et fo pcrto mef i fgreti, che alla ccmmune intelligenza e-rano accolti, ma non hanno informata l'arte con gli ef fempilaqnal, a giuditiomio, è parte tanto nectffaria quanto a giudicare una pittura ì neceffario il lume. La vera ria farebbe, per condurci ageuolmente a lode di eloquenza , il formare vna rettone a JopraDe-mofìene, e Cicerone, & ridurre quelle due perfette nature letto l'arte, & riftringere l'arte [otto a pochi capt. Tercioche quella farebbe arte perfètta, laquale conio efempio di perfetta imiterà fofle dimojlrata , non V\AOLO M.AUFT10. 126 fion potendo ejjcrc eccellente ma idea, fe non fono eccellenti i particolari onde ella nafee. ma chi è, che tanto -vaglia ? chi [apra fare paragone della [ingoiar virtù di quei dui diurni intelletti? chi fvpìirà , ouefonfmili l'uno all’altro,otte diuerfi, otte contrari] ? chi moftrerà le ragioni, Terche offendo i diuer fi , contrari] , ne l'uno , ne l'altro pecca , ma l'uno claltro è maraui gl'iofo , & eccellente ? & fe-queflo è difficile ; come è veramente : quanto più difficile farà [opra i loro efem-pi formare altri efempi, che di bcllegga corrifpondano, e coligli accidenti de’ tempi nojìri affgurare il lume del Pantica eloquenza > io non voglio , cheilretore mi moflri oue fia lanarratione , ne dotte fi diiùda , ne dotte fi confermi quelli non fono i femi : onde può nafee re la ver a , epurajofìanga dell’eloquen'ga.queflaè vna commune, & materiale viuanda, che contenta, e fatiail volgo,più delicato affai , òpiù (pirituale è il cibo , che appetirono i nobili intelletti ; quali non fi contentano della mediocrità, ne a baffe , e5“ ordinarie imprefe degnano di chiarir/} , mafemprealla gloriofa cima della immortalità penfano di afeendere . *4 que-fti tali adunque io voglio che fia ferina vna retorica di uerfa da quelle ; che fi hanno ,& voglio, che il retore , che la fcriuerà,babbi nella mente fu a due idee, l’u na imperfetta, l'altra perfetta , & che coni imperfetta mi rapprefenti la mia imperfettione , dr con la perfetta la perfettione de gli Antichi, cioè , di quei due che/ragli Antichi furono in perfettione, & co/i, mette ndornimnanti a gli occhi due efempi di parlare. Z I B ^ 0. Vili Imo cattivo forma'o da Ivi , fecondo U corrotta yfanxa degli oratori moderni, l’afro buono fiiclro de' fcritti degli antichi. nel catti’, o mi faccia veder dou'io pecco ; nel buono m’infegni la norma di non peccare, ù che lume, ò che chiare^a fi bavera da ijuefio para gore : it*ii Euerendiffimo Sig. e fignor mìo offeruàdiffìmo. Effondo piaciuto a Voftra S. Keuerendif. di far mi dono di dugento feudi, iquali il Gouernatore del juo Vefconato Inerì mi annotterò ; io confiderò quello fio yirtuofo atto in due modi, e per fe Heffo, e per le circo-flange.per fe fleffo egli è tale, che merita lode da ogni uno,&obligo particolare da me. imperoebe la fua ìibe ralitàgioua amecon l'effetto, &aglialtripuò recar vtilc con refenipio,vcggcndofi che i/ignori, a quali per effer nobilmente nati, & per batter loro Infortuna po-floin manogranparte de‘Juoibeni,di moltogiouareal mondo fi conueniua, pare che non lappino entrare nella via della benef cenema,fe chi loro vada innanzi, prima non veggano. Doue adunque il benefìcio di V. Sig. fe io uoglio mi furarlo a ragione di quantità,par ermi af fai grande,fi come veramente e, come che io mi renda certo, che l'effetto non pareggia la volontà , gir alf,o nobilijfmo animo non baproportione nè corrilpondtn %a. marni gfioua di pcnftreinfieme alcune quali à, le-qualirendono l’obligo mio qua fi infinito. perciocbe A". S.prima, che operajfe in me queflo cortefe effetto, non fu mai da me feruita in alcun tempo non miparlò, non mi vide mai : aneti quel giorno ilìcfjo che mi conobbi in .cafa Monfig. Egtutr. Legato, ilquale infra miei più foli cigiorniho poflo,dopò bauemi accolto con benigno af petto Z I B II 0. Vili fctto,&con parole bonorate fi dìfpofe inficine a farmi beneficio, moffo-primieramentedaJìoflo,defu derarei molto,che voflra S. laquale abonda dipru-devga , mi conpgliajje in queflo cafo fe io ho da tacere per non offender niffuno, ò pure, anteponendo a partieoi ar rispetto,Utilità publica notificare,modeftamS te però topinione mia, quale eBa fi fia. nel qual campo fèy.S.R.mi configlierà ch’io entri, giàprcueggio con l'animo quel che nc feguirà, ir da quante bande jerà Jàetato il nome mio, ejfendo a’tempi nojìri di piu porga affai i‘ambitione,che la verità, ma io fempreche ciò a-uenga, mi conjolerò affai con la verità ifleffa, laquale ho fempre amata,e coprirommi, come fotta ficuro feudo,con l’autorità dìV. S. Rcu. i cut ccnfigli, e£r coman damentihanno haukto,& batteranno tempreappreffo a me forge di legge, hauendo compre fo da molti anni in qua, che lo Spinto [auto lagoucrna, & che guidata dalfuo lume non può errare. Me le raccomando burnii mente. DiyenetiajalliX.di Maggio. M D LUI. Seru. Taolo Marnilo. IL L J B K 0 Vili, A Mefler Bernardino Parthenio lettore nella Academia di Vicenza. O Ignor compare,& con roi mi rallegro,& co quel jJj la magnifica città dell'bonorato penfiero intorno all'^.endemia : dellaqualeyjciranno, come dal cannilo Troiano,in poco tempo eccellenti fiimi giouani, che empieranno non pur Vicenda, loropatria, maltalia tutta della gloria del nome loro .non fi può veramente farne altro giudicio confiderata con la prontezza di co telìiingegni,cbe voi barete da esercitare , la finezza delle un [ire lettere, & la gentil maniera propria di voi foto,nel dimofirarle. duoimi,che il mio ^ildo non fta, ò in età maggiore,almeno di due anni,ò in migliore Hata di complefiione : che non barrerei in coft fatta occafio-ne mancato a me fleffo. entrate pure,Signor compare% con franco animo in quefìa ber cica ìmprefa, et commu vitate altrui i tejori della vera dottrina,parte con la vo ce,et parte ancora con la penna che non ho dubbio,che neh’amenità di quella vaga Sìangamon vi fi defii de fi derio dì qualcheb lla^oefia. ^tlcbedoue à foffmger ui la rimembranza,che ogni tratto il luogo vi darà,del dotti fiimo Tnffinofin cui, agiudicio mio, clariffmo ef sepio ha veduto i età noflra della perfettione delle tre più Pregiatf lingue & io non mi rimarrò,fe a ciò fente tardo,difyronur:'i,& fe corretet, d'inanimarui, & lo-dan-hiome (pero che aunerrà. Tregoui a [aiutare ci Venetiajl i. di Maggio. Scru. Taolo Mamtio. À M. Carlo Sigonio. Onte fratello-Hora thè ho prefo,per ifcriueruiltt V jpenna inmano, che vi fcriuerò io ? nulla di certosa qualuquecofa in bocca mi verrà, nella gui-fa che vftamo ne’ noflri ragionamemi.cbe quella Jìcitr ta ci dona i'amichici novità,le carezze , c’}e ‘ì111 ml fono fatte,& le offerte, &gl'inuitinon crederei di po-terui dire a pieno, fe io bauesft cento lingue , e cento bocche,come diffe quel noflro rubando da quell’altro, di maniera > che nellaltre parti io pareggio quella città alle prime d’Italia, e nella cortcfia di gran ìugo quafi a tutte Vantipongo, no norrci kauer detto la to,ma l'ho detto,e non voglio cancellarlo,perche , oltre che io con voi parto coinè i o me fteffo, finga copritela verrtà con alcun velo dUìmulath>ne;non dico co-fa,che non babbiate voi éprima di me conofciuta, Cr prc- LIBRO vin. fredìcata,econaltri,e conmelìtfto. Il commento dei iioflrogUtilifìirno Ragazzoni è riputalo da molto vùlc fatica,di alcuni però alquanto Jletile,a quali ridondo, che fra,galani'bu omini, che amano l'effetto piu che l’a pannza,que£io dogma è commune,di non direpiù oltre,che il bijogno ricerca.e toccar fola le ragioni ncccf-farie,binando la vanità delle parole fouerchie. La mot te di ^Alberico Fjàace a molti , e fonofi mandate le fue poejìe a Roma al Caro,cbe le rnojìri a Monfignor della tafana fine che giudicate , & approuate, fi tampino . Il noflro Corrado è tornato da Reggio, e mette ogni Jlndio perche quefli Signori con paniti borwra-t'iffinn reggiano di ritenermi : «M.Nzxiyoù^tu /tìfir^urtnìmcS-»* perche come voi J'apete , yxvti'»-. -rXt fiera contentata ; che mi fi ma dajfero, ^ ballettane data commifftone a chi ha ingo-uerno i libri > e le fcritture del padello Cariin. & que fia è (lata la cagione, ch’io non mi fono curato di ri* cercare v, ftgn. di quelle che ella[criuendo a Monftg. Carnefeoca, haueua detto di ritrouarfiprejfo di fe bora. & quanto a quejlo le dico, che mifie cariffvno di hauerle, oue, a lei il mandarne non fta difagio,e dell* piflolario che Ifig.fuo padre s’offerifce, la prego a por ire a jludio che la Corte fta fta predo fi conduca ad effetto a fine, che io babbi tanto piu di fpatio per fare ql la [delta; laquale deftderando io cbejodisfaccia a bene intendenti della tf> nana facilita, non fperei che ciò mi douefte uenirc fatto, [calla tardità dell'ingegno mio la lunghezza del tempo non (oppiliffe E per dar. lanaoua occaftonedi beneficarmi > a che ftta gentili."^ Za m inulta : a molta grada mi rareb he, che dal [{ette Yend. & llluflris. Card. Santo Angelo, noflro com-munepadrone > impetraffe lelettere Icritte a rui/ig, l\euerendis[ima . in materia di confoladone nell'acerbo cafu del Signor D uca fuo frettilo, che Ydccoglièióji tutte, porto opinione, che con la quantità .e cola qua iìta affai bello volarne fi farebbe, di, che pen ra ndo che L 1 B HO. Flit che non mi fia neceffario aggiungere altro con raccomandarmi molto alei,& al Signor [ho padre, faccio fine.Di Fenelia.alli 2 9. di Decemb. 1555. Ignormio bonorandoje voftre difefe tuttàuia diuengonopiu deboli, credo, perche il tempo incomincia a fare defnoi effetti, onero perche doppo cjue’primi ({ordimenti, la ragione vi fi moTlra nella fua natura, manifefìa e chiara, in modo, che conofcS dola, l'abbracciate già non fon io coft tetrico , nè cefi alpe/ire, che non ammetta, c dominiun moderatodo lore, thè il non dolerfi punto,humana cofa non è.eflu pido ytjuanto al corpo, e ftero,quanto all'animo,fareb he, cui non mouejfe la morte d’uno amico, ò di un fig. ma che dica ilpadre Otlauioda fua morte ha difìrutta la tuia vita, io non poffopiù, il dolore mi ha vinto, c fonomi fcordato di me Sìcffo, edellarctgionc. qflo non potrei io tolerarr in amico ch’io mi babbi, non che in voi; cl}e oltre aU'effere fra quelli, ch’io amofilprimo, non ho darci coftdcrata lavirtà,uofìragiamai ajpet tato cofa meno che perfetta > & bora , che’l contrario ne auiene. grane affanno nettammo nejente, e fono* poflo a contendere con uoiper' gelofia dellhonor vo~ Uro , nè debbon o le mie parole ejforui noiofe, eonofcS do, ch’io ui richiamo a cofa che è per confermare la lo Seru. Taolo Manuùo. Al Padre Ottatiio Pan ragàthd. de 'PAIOLO MiAVVTIO' IJS de voftra,acquì(iataui con tante fatiche e vigilie. & co forme alla religione noflra : ncllaquale dourefle ejjere affinato,per valeruene non a difputarc in camera, come molli fannotcon belle e fiorite parole,ma nel refifte re attualmente agli accidenti ; ilquale è il vero frutto degli fiudi,a cerio,fe borascben’è venuto il bifogno, no incominciate, non fo vedere a che fìagione vi ferbiute, e fendo voi già nell’età matura. La carta mi ricorda ch'io finifca.fìate fano. Dì Fenegia,alìi 6. di Gennaio. 1554. Scrii.Paolo Manutio. Al Padre Ottauio. frignar mio bontrande. Lacaufa, chemimuouea ^JJcriuerui, doneràpiacerni, & e, che dominica manina mi nacque vn figliuolo mafehio, ben formato in ogni parte, di che renduteprima quelle gratie ch’io deuo a Tsf.S. Dio , me ne fono rallegrato con gli amici in fpirito, c~ bora con voi per lettere, fapendo che voi più di ogni altro mi amate. Vi piacerà far parte di quefìo auifo al ’hfS. Auditore : da cui s'io credejji di efjcr amato per la metà di quanto io lui honorn,par rebbemidipoffedereitbefori dì Graffo, maperchcle cagioni, che fono dal canto mio per muouer a dare effetto almio defiderio , fono di gran lunga inferiori a quelle che fpingono me nell'amore, e&“ 0feriianga di lui,non ardifeo di fperare piu oltre che a meri i v ici non e richiejìo. Io mi fono r a freddato nella correttio- I l B P,0 Vili. ne dì Varrone,intendendo da rote >dal Signor Trotto re VatXjthe jua lantità vi laurra intorno ; a c ; uglorie è ch’io ceda in ogni varie , afpvtaròaHntj. ^ che la mia (lampa fra honorata dah’inctaftria fna , & io fra tanto baderò ad alno, a fua fantità non fermo p re cr attorniato fempre di mille brigbeiparte dellequali voi Japetr, ma più d’vna volta il giorno in vece di fcritter-le,le fo con l'animo riutrenga. State (ano. l>iVinetta, alii 15. di Gennaio. 1555. Serti. Taolo Manutio. A Monfig. Carnefecca, 1\/f' Gito buon Sig.miojhtri Mcnf Becradcllo le IVI gaio di (ha Santità,e'lSig.Verò,innome div. S furono pre enti al batti fimo di Girolamo mio figlio q lo;ibe cefi è il fitto nome, bora lento, thè mi fi è jfiarja p l’animo vna nuota contenttgga. parendomi ihecjne-Jìo Jantoatto l'amicuianofiira fia eonfertnataè fiabili ta afidi meglio., thè per via di vfficif Immani non fi può rtfìami apregarc1{. S.Dio, che , viuendoiljndetto mio figliuolo,fua diurna Maeflà lo feorga colfuo lume perla via dritta di ben vuiere,a fine che rielea tale , che fia pegno dell’amore di M onj. Legatole di V. Sig. iqu ali,quando auenijfc di me quel che pi ò a tutte l’bo re autniredi cgn unticelo che in ogni tempogli feran no benigni (fimi padri,fi ccn.ehaurei (pcrato del mio I{e ur, M*J)C0,fe (glifofic viuuio^qttantopana che nitri VAOLO MjIXVTIO.- 136 taf?e hora : perche qucfla mia ft>erarr%a più fi corifee-mi;dt fiderò di fentire che V.S. babbi fatto qualche a -quifio di lanità'-a che oltre la diligenza de' medici, e la. prudenza di lei flcffa, douevàporgere aiuto la q alità della fìagwne,auicinandofi tuttavia la primauera: la-quale poffo credere che le apportar à gran gioii amento per queS'a ragione,che fin bora come A'. S. foffe nella parie deli’anno più contraria, du . . -l'affanno,che più naìcere da firn',li accide ■; io già il mio Rfiambcrù,equefì'anno N.S.D.o m’ha z i b vut: fl Cardinale Maffeo mio Signore, e fratello: nèpoteua anenìrmi co fa, laquale maggior cordoglio mi arrccaf-fe-.nondimeno io fu violenza a ìnesìcffofnducendorni ce volere cjuefche vuole chi maino» erra,nè ci da cofa , che ria fa ; benché fpejfo le apparenza c'inganni per ht cecità del noflro intelletto, io da lei medefima,perche Le (onefco,fpero ilfuo conforto. Le bacio la mano, di ycncfuiia' q.'di Gennaio. Jgriifìeo Signor mio honorando. Intendo con miograndiffimopiacere , che Federico veltro %io ha tolto ad affitto dalla Trocuratiavnapof-fcffione di que fi e noflie di Vico d’argere , fperavdo tuttauia cVegli non ne debba godere finga uoi : ma percicche il piacere della villa delie e fiere congiunto entl'vtilità^accicch’cglipiù lungamente la legna , e coji crefca ilpiacer mio nel vedenti, eriuederui più volte in qutfla mia folliudine,mando a V. Sig. queflo mio amico a far certo il voflro gio di molti danni pre [enti, e-r ad afiìcurarlo de futuri, degli darà fede alle fieparole,a tutte le quali trotterete rifpondere l'effetto, fe ne vorrete cercare. percioche la poficjfone de lavoratori fta male per piu cagioni,molto bene conofciu-te dal gentil’homo,che già la tenne, e fu sforzato ala filarla, pur perciò nè credo che mai ne debba efiere Seru. Taolo Manutio. A M. Paolo Manutio. bene •PjfOLO M^ANrTlO. IJ7 iene fornitale al configli*) del mio amico non vi appi* gliateMqualc è huomo da benei& conof e il bene, <9* il male di quella villa vi conforto ad rdirlo, & effer gli me^Otfi ch'egli parli con effo M. Federico, ma non fcnxa la voflra pre[en%a e vi prometto, che del cono» fcerlo,& del dargli fidrt & dell'accompagnar fi ion lui non potrà egli fe non rn^lto acquistare, ma non gii credale non cerca la verità:#- io,vsnendo egli a ccr. care.k afferò la fianca afai agiata, rifpcno all'ul'o di quefìa vilh;ma fi voi venirete, meglio anco la iroue-rà,percioche io feròcon voi con’inuamente adin^ e ' • garla,ò per dir meglio,agiutlif care la già inuefliga a. Lamia apologia ha dormito vn lunghifimo fonno;ho» ra fi va\uegliando,ma a poco apoco.cofi vnotirla ditione del mio viuere troppo [oggetto trauagli del n i do,el la non vfciràdella camera, che non fi specchi nel yoflro giuditio. intanto voflra Sig. flia jana & ami me,come io amo,# offeruo lei, allagale mi raccomi io. Vi yillaalli.td.diFebraio. 1554. Seru. Speron sperone., A M, Speron Sperone. r Olto mio Signore. Haurei uoluto perfonalmen-JW.tc fodisfareal defderio uoP.ro , # accampa-gnure il gentil’huomo , cui mi raccomandate > da mio %io : ma trouandomi impedito da medicina prera qua/i nelihora ifleffa, ch’egli mi recò la uoflra lettera fui corretto f mal grado mio,a non ubbidire al «0- S firo L l B \ 0 Vili. fl.ro comandamento, che coft fempre riputerò ogni vo-ilra dimanda.nonperò volli mancare in tutto al debi-to,e defiderio mio,& a mio 'Zio fcrijji di mia mano,(acido ognipojjìbilt officio a fine chci amico voftro cdcbiu deffe alcuna cofa conforme ali’anima fuo;la<]ualepcrò, voi mi ballettategtàperfuaro,che non più a lui,che ad. effo mio ziogioueuoledouefìeefterc.e dolmi,che dal ra' gionamento feguito fra loro non fta nato quell'affetto ,■ c batterei roluto;nè pero,come prima mi fta data'com-modità di abboccarmi co mio ^io,reflerò di rattacarne ragionamento,per operare in ciò, fe non quantojpor-rei,almeno quanto debbo;parendomi di battere manca to al debito mio,non ejfendo ito a parlargli, fi come la yofìra lettera mi commetteperfanalmente, a cui vera mente io porto giufla inuidia di quella pofteffione, per la vic\nanza,c batterà con voi;jì come gran compaffio ne mi pare di d ouerg/i ba!terc,perche egli non prezzerà forfè quello bene,quanto fi connicne. Hora Signor Sperone , io mi dileguo nel defiderio grande che ho di vedere vna volta fornita la voftra ~4pologia.muoue-mi la gloria voftra,dellaqual io fon vago al pari di ql-le cofe,cbe piu a cuore mi fonoidouendo io effere a ciò difpofto per quell'qffettionesche verfo voi ha generato ih mela virtù voftra;muouemi ancora il giu fio, dura cofa parendomi a fvpportare,chela verità non appari-fca àgli occhidi ogni vno in quella forma , che a cui la conofceffeamabile la rende , al che penfando mi dòncigrandemente , fe non foffe che miracconfo f1ilafperanza)moflrandomiU ragione,quantofic cono T.AOLO M^n^vriO. 138 fciuta vana l'opera di coloro, che hanno préfo a binft-mare le voftre lodate fàticbeyfe voi parie di quei beni che è piaciuto a Dio,& alla natura di ornarti per or~ nareinfieme l'età noflra,impiegherete i dijfefa vofirax promettoui;cl)e qua fi baucafra me flcffo prtjlt partito' di venire a ritrouarui a quefla Tafqua , per confortami a dar pre/ìamente a co fi lodeuole opera co ni pimento.ma feniche altrui muou a , deuete effere yoi„ flcffo lo [prone,per incitarui a piu oltre feguirc, & a faruitrapaffare ogni difficoltà, laqtialepcr impedii ut fi attraiurfv.che troppo foio,quanto è fludiofa tu fortuna diopporfia principij di cofc honorait.n ìf • -di fugiàtempo,chepenfaidipoteruiimitare, mai- [offe temerario ardire,bora l effetto mi dimofira. amatemi tanto uoipcr cortefia, quanto io amo, & honoro voi per merito delle uirtù voftre. Di Venetia , alhr. Maggio. M.DL1I1I. S eru .Vado Maniitio. A M.Speron Sperone: T_J Onorato Sig.mio TrhFederico d’Mfola mio %jo, JLjL a CUI V.S.per mexp mio r accomandò a dìpaffa-ti l’amico fuoi bora, mi ha fatto molta infìà'za-cb'io no glia a lei raccomandarlo, aàdofi a credere quel che ve-risfmo èicb’ella è coll’autorità,& col configlio fuo in ogni occorrenzapoffagiouarligrandemente.La onde è perche egli m’è di [angue Jirettamcnie congiunto , & S a per t £ r S ^ 0 FUI' perejferc buomo di gran Jenno,&d't mo!f> potere,ì« li prego a fai le conofcere , &boracon le parole , eouene appurila il bi agno, con effetti, che io ho fatto con effo lei quello vfficio di raccomandarglielo, percpe egli non ha punto dubbio, ch'ella molto non ami,& babbi l'ani mo difpofìo a farmi, & ogni piacere fi come io per am bilione uo predicando, dandomi animo di do fare la fu a gentilezza, collaquale noumeno, che colla dottrina (ita laquale è feiìza,pa>i, imita è tira, chiuque la conofce nell amor juo, & in deftderio dijeruir la.^tf pettarò adunque ; chi mio syo net ritorno fuo mi rap porti, confermata da gli effetti quella opinione collaqu quale bora fi parte di qui,che uolira signoria le babbi •pfato que’ modi di accoglienze* C7 di offerte ch’ella po Irà maggiori per amor mio,& che io yferei ad ogni v~ no, cke da lei fofie amato,&col fine me le raccomando. Di Fenetia.alliip.diyprile, 15/5 . Scrii. "Paolo Manutio. U fixe dblvott^fo libw. PBLLS DELLE LETTERE D 1 X 111. A V T T O K I I L L V S T R I. CON ALTRE LETTBRl nuouauicnce aggiunte. LIBRO 7^0 H O. Bl M OH? lGHOIlT>>AOLO Glorio rejcouodi Al Duca diMantoua. E tifo cbc’l Trctonotario Bofchcto fari fiato ccrtefe in raccomandarmi bu+ milmite a yofira t tedi. & accaditi do iocafionedi fcr'mere, ho uoloto ce ejucfia rinfnjcartla memoria i dell* mia jcru'nù t5 quella dandole un forti maria ragguaglio delle nuoue di Tunifi,ifirato dalle let~ tcrediHS-& dalle proprie di Ce fare all’ ^imba dato re fuo,& dar e piacere agli occhi coldijegnodi Tutti fi. So bene,cbe’lmio M.Fabritio Tellegrino Juplirà ì molti particolari,i quali la fi io adeffo, come diligeiiffimo . Cefare a quindici fu anifla d’africa , & le nani entrarono a Torto Farina , ilquale amicamente f* Vtica, & k galee pararono auanti al capo di C art agi-fica Maefà difinontà proprio nelle ruine della gran Cartagine t molte galee, fi Jpiti fero dentea S i net LIBRO IX. j;rJ ?oìfo di Tunifìi& andarono a vifiadella Goletta, '"<&■ Jaìntórono a botta,&rifpofla fen^a danno.Sua M, [montò con gli Spagnuoli d'Italia,& co i To del chi, & gran parte de'grandini fua corte. L'altro dì sbarcarono glj Spagnuoli di Spagna nuouamcnte venuti , & gli Italiani.Fu finalmente difordinc nello sbarcare,per che ogni vnoanido di terra,acqua,frutti,fi sbandana a sgalinare , di forte che gli nimici pochi , & . rari rìamaVgprono qualche vno,<& fcriuono ,fegli nemici fafferò venuti grosfi,& impetitòfi con arte di guerra, haurebbono dato trauaglio , & danno grandisfimo. Si fientò a ridurre le genti,ad or dine,c fu vn cafo peri-colofo a C cfar e,il quale fu quafipcrcoffo da vnTcdc-fco,che non conofceua fua Mae.cffendo violentemente cacciato all'ordinanza. S ono nel Cito die artaginevndeci villette , & vn giardino del Re , & tutto il campo s‘è difiefo verfo la torre dell’acqua, laqual è no [ira, & tiene più di fette miglia.'blons’ètrouatavettouaglìa di momento , & il terreno è arenofo (ècco,gr con acque, lequali hanno delfalmaHro.Gli antichi haueuano dell’acquedotto, il quale ruppero i Romani campeggiando Cartagine, cornei Gotti ruppero quelli campeggiando Roma, Li mari del paelè fono rari aportar vettauaglia.Verò bif-cotto,carne falata,& buon vino fathfanno all'efierci to , quali cofe non mancano ; & tu tt ani a è ordinato nel Regno di Sicilia,Sardìgva,& l'altre Itole , che vengave:touaglia.Sbarcato,& accampato, & raf-falato ì'efferate, s’è intefo per prigioni Turchi , dr da MONSIG. G10V10. 140 da, Mori,&da Chriftiani fuggiti da Tunifi,che Barba-rolla ha fortificato ma parte della Città di T unifi}ver fo il Cafelio,ilqualè è molto grande-.però non forte, dr con baloardi,&- bafUcniJjaefclufofuore più della me tà della città.Ha feto circa dieci milla Turchi, esfi un buon neruo di Giannìzeri. Ha tra Mori Gerii yalent'huomini,& altri ^fricani,da dieci milia. Ha circa yndici tnilia caualli, tiene prattica di condurre Bencadi Capitano d’alarli,con otto milia caualli a • fuo feruitio.Hapo/la dentro gran vettouaglia. & qua fi tutto il raccolto,perche matura di quindeci di prima la. che in Italia. Ha denari, & hadifcgnodi guerreggiare alla Italiena.Tiue in ficurtàcoi Tunifi,hauendo-ne il fior per ho faggi in ca[tello, &gli altri tiene allo flecco.Etpià y’ha molti Spagn.Siciliani,Italiani,& fi rhìli mal contenti,0 ejuli,&parte ne ha liberati co prò meffegrandi,dr dicono,che ne è capo do Tedro di Gu^ man, ilquale volpe ama%7jire Don Tcro di Vellec{ dì Ghueuara in Bologna. Ha artiglieria affai,& molti un loro fi Capitani di fu fle , & fra gli altri vi fono que fi piufamofi. Sinàm Cefutfd efl il Giudeo, Haydin l{ais,id efl Cacciadiauoli. Deìicatosgià Capitano di CircelU. Tabach l\ays. Topici Memith. Effe Rays. HafufRays. S 4 Gefer L I B \ 0 IX* Gefer Kays. ^tgìa ^Ariadin,Hecchio cor faro. Tanifman Rfys,Uiogotenente delGiudco. SalechyRays. tfebemedi ^ays. ^tmorath Bgys. ^tlicolarCorjò rincgato» lAILi cudodìa della Goletta è potto Sìnànt Cefùt co tre milìa fanti capati, mille caualli. La Goletta è • larga tanto , quanto a pena può entrare nello (lagno una Galea, (enga (lendcr e il paramento , & ha fi foco fondo,che bifogna [caricarla del tutto,& a brac~ cia,& (palles’aiutano ad entrare, & vjcire. La torre ì affai forte, & già fa battuta,uinti anni fa', da ^tn-drea Doria,&Tre Gian Fractfe,quando ui fu f^trci-ciuefcouo di Salerno. Barbarofa l’ha fortificata di muro intorno,&ripari,& l’hapofla come in i(ola,fa-cendo unafofa a Vonente,uer!o la terra ferma, oue è campo no(lro.Pr’hanno polla artiglieria affai, & ha [otto la Torre uoltate a Tramontana , da quator~ dece galee da ordine, lequali danno ficure , & difefe dalla Torre, &ripari , & le no (ire Galee nonpojfono acca fi arfi. Dentro della Goletta nello (lagno fono più di fettatnatre Galee,& Galeotte. Ha fatto un ponte leuatoio ropra la Goletta,perpoter riceuere, & man-dare gente per la uì a de monti della banda di Bjta , lequali non pofiono effere impedite da noflri. La no-fra ai mata è tutta tra ilgolfot^p Torto Farina , & i tanta , Moys. Giono. i4t tantoché à vederla di lontano pare la feluct Ercina.O* ternani in qua non fu mai la piu poderofa armata, ne' liti d’africa. Ccfave,come magnanimo virtuofo , & vero Cbrifiiano,tiene vn’ordine mirabilefra le altre cofe a tutti i i Mori dona Hbcrtà-dicSdo loro , che non è andato in Mfrica,fe non percaftigare Barbarof-fa, &icor[aripublicinimicidituttoilmondo , & che vuole rimettere in cafi il Re loro naturale, & re~ flituirgU liberi fuori di mano de‘tiranni carfari. il che dà gran fama per tutta la coda. Effendoft dijlefo il campo noftro Jopra la torre dell’acqua, laqual è lontano tre millia dalla G detta,vi s'è fatto vn baH. e-ne, quantunque il terreno non fu molto idoneo, & rare fieno lefrondi in quelpaefe,da far canonicamente ibaftioni , & {la alla teda del noflro campo per fronte alla Goletta,acciochcgli nimicipronti, & agi- li,& molelìi ad ogni bora al campo non habbiano cefi facile ?ajfdlrare,& (ìraccorrere. Et perche gli Italiani per ordinario uogliono sforzarli di ricuperare l'ho nore andco , & prendono le piu volte dure imprc-fe,il Conte di Samo,come valete,e cupido d'bonore , tolfe a difender quello ba{lione,& il giorno di S.Gio-uanni vennero i Turchi ad af aitarlo con grandijfitna brauura, <& quantunque per U continui affalù della notte le genti fujfero afiai {bacche ; però foftenneon l’impeto, li ributtarono due volte, & alla terza dar-doglivn gagliardo rifrufto Umifero in fuga. Et perche il fatto non voleua, che’l conte andaffe a maggior S,loriatnon ballandogli A'eflcrfi difefo, & fugati i ni- L I B 1^0 IX. rrìci,&morti di loro affai, tirato dalla rea fortuna r-fcìfuore a dar lacarca alle Sfalle de nemici, & dopò hngoffatiohaHendolibenbatUiti:s"mbattèin una im lojcata di gente nuoua, laquale non potendo [ottenere per efjere già tutti ttraccbi dalla fatica, & dal caldo, & dal ccrfo, uenne in difordine rinculando fi con grane danno, di forte eh’i Turchi entrarono wefcolatinel battione, oue erano più di mille fanti, & qui combattendo francamente li più reterani Capitani fono re-fati morti, ^ll Conte [opra il baffone fu tagliata la tetta, & la mano dritta, & portate poi inprocefflc-neaTunift.In queflo difordine difendendo/} il retto malamente, vennero tre bandiere di Spagnuolial foc-corfotmapiù tardi di quel che faria fiato il bifogno,per virtù de’ quali le reliquie potte in tumultuaria fuga fcc(rotefta,&ricuperaronoil bafiicnc, ma non diedero più nellefchiene a Turchi. Queflo difordine, fi come ha dato terrore,cofibapoflo ordine, che ninno (fca, & tutti ttiano vigilanti, & beato colui che impara alle fftfe d’altri. I Turchi infuperbiti di queflo poco Jucceffo,quantunque fra loro coftato caro,non cef famno mai la notte fogliente d’cfialtare in vari] luoghi, &tornientar’i no flri, di forte che la mattina a’ a 5. effendogià come [curigli Spaglinoli, & altri Italiani vicini al negro bafiione del Conte pofando l‘ar-me,& ripofando quafi di firmati, fu reno a dare l'affal to al Marcheje del Fatto , doue con grandi (fimo tr auaglio fi [ottenne il primo impeto,& fi videilvol-to della brufeafortuna. Il Manhefe del Fafio co! menare moxs; Glorio. 143 tiare delle mani,&gran fudoreconferuò la vita , tjr thonore,&il baftione,& diede vnagran ributtata di nemici. T^ellacjual baruffa ]on morti più di J'eflanta. Turchi ,& da cinque , ò fei fegnalati. Il Marche fe non volfe dare la carcaper non cadere nell’errore del Conte. M 2(5. battendo li Turchi [opra la collina , che gira lo/lagno, & fi Rende verfo Tunift, piantati certi peggi d‘artiglieria, co’quali fcopauauo il campo fio Chriftiano , battuto etiamper fiamma della Torre delia Goletta,Cefare fi determinò d’andare in per fané a trottargli,& co fi co’ Tedefcbi, & Spagnuoli d’ita UafiGianneitari di Spagna, & la gente d’arme della Corte fina , andò alla Collina,oue erano da mille ca-uallì,& molti fhnti.Cefiare fu fielicc,&gli pofiein difor dine, & loro diede Un calzo vicino vna lega a T uni-fi, & ptefe tre pezXld’Artiglieria Eì Turchi fipor-tauano da valcnti,mafime i caualli,da' quali fu paffia ta la corazzai a buoni colpi di ferite di zp^Aglia al Marcbefe di-Monteggia generai Capitano de Gian-nettari. Dipoi s’è fatto con figlio fommario,& dìfputa-to, fe farebbe meglio lafciare adietro la Goletta, & fafiare c combattere Tntiefì,s‘è rifoluto di nò, per non perdere il commercio delle nani, attefo che quelli della Goletta fi metterebbero alla ftrada a rompere la vet‘ouagUa.& volendo la/fare vno,o duepreftdij nel camino, per afficurare ilpa]fagio,fi fminuìria di buona fomma di faldati il campo, ilqualefecondo il graffo numero,che tiene Barbarofìa.non farebbe poi ftpo-tente a dare l’affatto t & fare batterìa , maffimc che 11 b n o /x. fi tiene per mexa, dns'z tctrfi vitrcrid i/ conquido della Goletta,douejonoglidctti carfari , iquali mal potranno frappare, & le galee difuore,& didentro faranno noflre in’.erc,o che ft brucieranno. Vero è , che farà vn calice d’aceto,& non rofato.Vero vi van no con le trincierei colp i di Xfippei pale, & vogliono entrare nellafoffanuoua, &■ -voliarui da jcoe tiri d’artiglieria di terra, & damarci di già vera no fono con le trmcere un tratto di balefìrai fi dì-fegnauadidarela battaglia a' cinqu'e di Luglio , a (jueR’hora è fornita lafefla, & già fono venute lettere di Trapani per via de’ rnercanti,lequali dicono che la Goletta fu prefa a’ quattro,con morte di piu di due milia Chriftiani. Terò nè fua Santità,nè la Corte oft creder leggiermente , & cofmon ft tiene per certa qnefla nuoua,utpettaraffi il gcppoi Dio voglia, che fi a coft, perche i caldi grandi non comportano , che ft faccia gran dimora in quelli arenoft.afcìuti.gg mal lani fri.Dico qiteflo,verche ictiuono, che a megp dì ftleuavn vento, ilqualeporta nella faccia vna di-fpcttofa arena,& che l'acque buone fono fcarfe, & li poggi hanno alquanto del lalmafiro, ne ft trotitì da fguaggare carne f é ca,& a pan bianco, nè vi fono molti capretti,nè molte frafcbe da far frafraft. Vero è,che è arriuato.filano» con la fra caracca piena d'ogni bene , & è arriua o il Commendator Ifrfa con l'artiglieria da Catalogna, & s'è incaminata la vetto vaglia da Sieilia & Sardigna,da Malta, & da g'at>oli,& non fi dubita di fame, girper bora l’efreu aiuGiono. 14? ...vèfano, &pià vengono i Mori a portar rettona-glia poi che il I\o Muleafie è venuto. ^4.’ ventio'to efkndo.andati aitanti, & tornali gli ^tmbafciatori del prcfato di Tunifi, efio Ke arri nò in campo con 3 oo.caualli.Cefare fece porre in ordinati •ga il-catnpo,li> cvrtein ala,&fi mife in Sedia nel Vani gUone.vfcì, battendo mandato il D n ue tinti grandi andando intorno. Et qxeRo .Ariadinper fua virtù è fatto Re d’Mgieriy & di Tunifi, & BafsàVifirdclTurco,&Beglierbei di tutte le mari-7ie,& UgnidelgranTurco. Ehuomod\66. anni , di per fona quadrata,& neruofa,ha le ciglia pah fé, & graffc.fauio,c rifoluto,&dice voler morire Redi Tu-nifi. lo vedo, chele lettere di là fanno giudicij diuerfì, L I B XI. io per me credo,che Dio fauorirà la gitfJìa caufa, rifpet ter a la bontà, & aiuterà la -virtù di Ce fare, & vorrà} che cjitei ladroni Carfari peno caligati. ^Altrimenti ha-ueremo a dire,ludicia Dei abyffus multa, & fua diurna Maelìàgouerna a fuo modo,&rutti ci babbiamo a con forinare àlavolontàfua. Da Rgma.il 14. di Luglio. M D XXXV. A M.D onigi Atanagi. T"\ e! bel libro volgare, ilquale merce della voflra J___/ cortefta Ito battuto, ne ho ragionato col fignor Marche fé- il qualpitt vale,che io nelle cofe T ofcane.,ma per effcrvf ito dell’erudita bottega di M. Claudio, non uba luogo il giudicio de b uomini delle hit fole bafie. Le tradoitioni fono belliffime. Terò quefic lungole di verft paiono alquanto frane alle orecchie ufe al. 'Ifon affettò gi amai contai de fio. Sipuò dir, ch’ogni cofabaprin-cipie& il grane fondamento tratto da gli antichi gli po tra darriputatione, & col tempo non mancheranno de gl'hhi ami iquali daranno fama,& dolcezza alla nuo uà rima. Siate adunque contento ch’io non efea di cafet v.i't,<£~ ch’io ne diagitidicio per le orecchie, & non per fentimento. Ringratio voi, che tenete conto a torto del mioguidicio, & Mef- Claudio,poi che è fato miglior mae]tro,che^ìleffandrode-Pazzi, ilqual nclleTrage-e’.V at accò vna codetta allifuoi verft, & la foggia gli ; r pò adojfo,tome l’Omega al Trifino. Raccomandate- MOT^S. Giono, 144 mi & ìfignori della virtù, & al figliar Secretarlo. DalMuJco. xxiiij. di Gennaio. M D V L. AM. Hicronimo Atigleria. TV >T Dito trilla ricompenfa mi porta la fortuna del J V I. letame, & fi lunghe fatiche mie in far conti a vitti,& a (fucili,che ver annoigli magnanimi fatti de’ yituofi Re. Capitani , & Cauallieri , poi che mi feri liete , Monfignor d'Orfè non fe ne contenta,&fe am motin'a,fe io ho ferino , verbi grafia , barbara cru-delitate, quando li Guafcogni, & Suixjeri a Mordano di Romagna ammainarono li fanciulli nelle cune. Ts^c fi trotterà mai, ch'io hahbia appellato Galias Baf-h'arosfenon quando hanno vfato immanità, & crudel tà di guerra , che allora in Italia non era vfilata fra fòt dati. Si che donerebbe effo Monfignor mettere a conto, & contrapefo il fa feto di tante belle cofe fcriitead ho-nardi quella natione ,ilqu al dette pefar più che vngua cialdipiuma , prejfo a’prudeati ejlimatori. Mapcnfi pure,ér dica Orfeo,& Euridice,ch'io non mancherò di moflrare al mondo in quella bi(loria,cbc non ho tenuto nè arte,nè parte. Et mi pare vna burla il voler fatis-fqre ad ogn vno. Sapete ben voi quante sfiancate ho battuto dagli imperiali,come tenuto per Francefe, & a molto bene il minor Isfotturno,con quanta furia, & sdegno io ndhaueffi agiufiificare, & chiarir le pofic co 'Imperatóre medefimo in Bologna, Di chi n è andato I 1 t 1^0 IX. infornato Monfignor di Torrione. Ferrei che hloafì-gnor d'Orfè hautfsfe il giudi ciò di Monfignor di Bdlai, coìqi.ale mojlrando i libri ho conferito le cofe,& affet-tate,perche gli uerrebbe voglia di donarmi il vin Fra» cefo in botte con la tagga luffuriofaper beucrlo allegra mente, come (ua Signoria F^uerendiffìmafece ad boiler del Magnanimo Re Franicfco, & del virtuojo Re Tnrico. Compare,li voflri auifi fon confrontati franai Ni /juà più hauemodi nonoffe non che Venerdì fi affetta lo Ffofo,dr gli iflrioni vanno in volta. Siate contento di dar linciti fa al Sig.Card. diFer-rarajlqttale e atto a poter riedificar 0 feo,come potrà ancor fare il MiiiorTfptturno. lo vado più prefio mi-gliorando,che altrimenti,&[pero,che Dio mi fardgri tir di poterui vifitare, & baciare il piede afua Santità. Cofiavoi mi raccomando,!!^ il me de furio fa Maro. DiFirengg.il di Ottobre. 1550. A Mefier Galeazzo Florimonte V efeouo d’A» quino. f ^ Onte dijfcTlatone.agnofeo nobilem Sacrati tr» niam, della uofìra vrbaniffima fecondalet-tera Icritta alla Iirogffica, laqual m’haurebbe fatto atroffirfpcrnonbauerrifpoìloaUaprima , Je non m’efcitfafie l'afftuaùut, nellaqual fono (lato d’ab- GlOriO. 145 laccarmi con y. Sig. nel p a fi are al Concilio y comeel lami diede intentione. Et co/i mi auuedo > tbepoiihe. Bellona fura, fpespacis friget, l-'.S/g. non pafferà dì qua fi predio non fi può andare a folenne et /aiutar Concìlio} come defederà il buon Tapa Giulio > fu prima non nafte Madonna la Tace, che partorifea age-uolmenie], & in altra guifa nafccrebbe la guerra rnul-torum capiium. iQuanto a quel che ricerca -:Ar. Sig. di cenapontifìcia a richiefìa del gran E cacali oro , io farò vna confejfifìngcnerale di miei concetti a quella dicendole , che domandandomi il S, Card, di Carpi,ch'io gli faceffi un trattarello de'vini, che fi beuon a {{orna , 10 gli rifpofi, che qnefìo trattato entraua nel libro de , efculentisypoculentis ; ilqual foro mi venne in mente in compone, quando hebbi ferino, & flampol’e-ludito,et faceto libro deTifcibus, imagfinandomi,chc v'entrarebbono molti dottrinali difeorfi d'animali,et d'vccclli, & frutti; lequali, parlandone latinamente non fola farebbono innamorar li galant'huomini, ma etiam li curiofi pedanti, liquali harebbono imparato 11 nomi Lanini di molti vccelli, & animali buoni, dr ufati da cuochi gola fi alla cucina ,& de i fiori, & del-l'herbe d’infalale crudi. & cotte, lequali in acetariffo no tanto filmate qui in Fiorenza. Ma a dimi il nero , dapoi che la fatica de'pefci mi andò uota col l\eue rendifjimo Cardinal Borbone, al qual dedicai il libro, rimunerandomi effo con un beneficio fabulofo, funaio nell’ifola T ile, oltre l’Orcadi parendomi d'hauer fcar-tabcllato lo fcartabdkbile indarno, & cfkrne con- T dannato I I B O. IX dannato nelle fpeje,mi ritornai fecondo il mio genio fa-fra il cominciato lauoro dell'bill aria , lacuale jen^n d*bio,fe non i fiata limata darini di qui (lo fecola^ farà forfè lodata da quelli }cbe ver anno dopo noi, alme ve conarnoreuoliparote, poi che da quelli che poterà-po, non voljer dar fatti all’incontro di tanto nobil fati ca3ndlaqHal tuttavia fndo per condurla a fine,& in hi ce » imitato dalla generofità di qucfto benignifjìma 'Principe , &■ lodato Dio miftorfee ancoriti capo la memoria uiuafe bene le gambe fono frappiate,&(pero vivere vn pc^go doppo morte con lode & bonefto piacer di coloro , che leggeranno le vigilie mie. Et fe papa Paolo non mi (limò degno della mira della patria mia,pDjponendomi ai alrri,gr mi burlò per giunta dellapenjionprotne(fa non re(ìo d'effer viao,&di contentarmi di quel tanto , eh io ho , accrefccndolo con la, frugalità mia, muffine non hauendopiu il rabiojo capriccio d’edificare, basendomene canata la foia, affai compitamente. Ma per ritornare a propoftto,dico ch'io mi fon diffidato poter condurre quello libra , perla varietà della materia diffìcile ad vno,cbegia ha renun ciato allaTerapcuiica , &• per effer libro più atto di farfi alla lucerna d'un confumato medico,filofofo ; & humanì(ìa,comsèilgran Fracafloro vnieo all'etàno-jiraper poter durar felicemente qucfla fatica, la qual gli farebbe gioco nd a, & gloriofa,ejJendo chiaro al mondo quato egli pofja bSrifoluerelecofecolfuo dotto gin* ditto,e benejcriuere con la fua defiriffìmapcmia laqua le ha voltali/ fin (òpra iZt/iitb delfuo molto Laulap t AfOX'3*'- GtOFfO 14$ (ittabarbadeglieccentrici, & augi fabulofi, Comes' £ ancor uifio nel fuo libretto ddT\Antipcubia per lajcia, re il leggiadro pomeadelmal Francefea chilo yuo* te.Toflo dunque dir le parole del vcflro ^/lucrrce det-jefopra la falutationedelle apparentie, & accottimo--darle a quello propofito, cioè. Speraham alias me in-uentiirummotum congrttentem celeflibus fybaerk , fed nane defperopropterjenium. Sarò ben contento, d?aiutar qualchegdant huomo, ebe voleffe jeriuere, Ò faper di quefìe cojefudette di menfa circa i uocaboli, dc’quali in buona parte fon rifoluto,trouado il Latino, alyolgare, & il Folgare al Latino , maffimamenie &pater}& nauta qucefo fit uterque teatus. Uor Signor Compare ui dico, che auanti la domenica Utare Cierujalem io barò condotto a fine la guerra di Fiorenza , laqi cheplenumoseoumefi amaritudine^ tir maledizione , & facilmente noti potremo sbrigarti di quello Trento,che non ci sfruiji d’acqua calda. Et quanto alla guerra, fe fuffe vero quel che dice il latore della prefente Mif. Matteo Bondici dà Lucca j per relationc di lettere da Lione > io ardirei dire > che Luni cruentabitar in Squartò , verfo i confini d'atrgentina . Ma perch'io non credo j nedifcredomoltoinHi B. D. F. come foleuamo dir col notturno minore fio mi riporterò al giudicio di quel Laido ceruello delpruden-tifjìmn ftgnor Cardinal tornane, perche iófo, che noti fuol dir bugia,e dicertlipur da mia park baciandoli là inano * c!) io ho temperata la pennaperfcriuerqùefli fuccefii. Ma vorrei bene, che mi racccmandaffe al Signor Cardinal dì Guifa , che faceffe, che’l Fefcouo di Tul fuffe huomo da bene, con pagami là penCtone per tanima del magnanimo Re Francefco, & per la felicità delgenerofìljìmo ffe Enrico,liquali fono flati fin qui honoratàmemc celebrati dame. y orrei ancora Sighi Compare,che all'apporta'or di quefla facèzie quei degni faubri,cbe fdpetefare.à chi dimanda giuftitia ; & he ferine al S. Governatore. Non lafcierò di dìrui come fogliate fiirlafcufa mia col fìgnor Rocco,alqualnoti MÒÌ^S. Gloriò. i4§ ho rìfynflo, fche mi coucnuto non vedere,ma ftntir lé fcfle di qttefio Carneuale {landò fcrr-ato in camera per vn pochctto dì catarroMquai volendo hfciarmi,mi uot fe dare vii pbcho di ricordanza di ch'iragrettcì. Vero tì to pidceiiole, che m’ha dato agio di fcriuerpiù di quin-deci giorni circa tbifloria , che altre volte non ho fatté in due me fi. tiegnateui di ricordar il Cardinal diMen~ do7^a,che mi rimandi il librò della vittoria Titnetanà di Cejare,con baciarli lamanOi&raccortndi molto, H fe vivenijfc fatto di parlare al Signor Cardinal Monte pulciàno » vogliate prtgarlo ft degni nelle fue lettere al S. Card 'Poggio di ricordargli la protncjfa opera circa il farmi pagar lapenpone di Tatnpalona. Ètperche il danaio eli hbdie Janguis iecundus,pregate vn poco il S-Car. Maffeo,che ini renda agende USig Bozzato, coti esortare ancora Lippomàniter Meffer Frane. Carotiti a voler efferegaldntltuomo , & non troppo riferitalo' erga T>etere$Je?uhores Lippotnana dorimi. Quello fignòr Duca , Re de'virtuoft,co i fuoi diuinì fglifla {ani fimo,et lodato jia Dio,in fecnla fecklpruvu ^imen. Di Tifai la vigilia di Carneyalei M D L 1 t. L’arciprete tutto affettiondto di V. sig. vi baciti là fttano con tutto il cuorei T 4 M Tapdt L I B 1^0 TX. APapa Giulio Terzo". (' Hìarttcofa è Beatiftimopadre ibel’ajfetionedel T animo fecondo le qualità loro portano gra, (or ■za dahcratione al corpo preparandoli gli bumori a di-temperamento nemico della'fanità. Etperciocbe to-ftra Beatitudine co i fuoi altisfìmi.penfieri,cgrane oc-cup attorie quali di necesfità arreca fico il perpetuo flu-dio,^ cura delle cofepublichc, non può fare alle volte finga qualcbeperturbatione della mente ; di che la vera medicina è il faper trapalarla col me 7^0 de’pajfati tempi,io fimo ilpiu viuoflpiu nobile,& più boncsìo» fobleitamento dell'animo, caufato da qualche varia, dp grane amenità di lettionc. Verilche m è par fi di ma. darle il frefio volume del re fante della mia hi feria, laqual doucràportarpiaceuolc, & vide lenimento all'animo di quella s quando come fracca, ella fivorrà rubbare dalle noiafe occupationi. Supplico adunque la fantità voflra,che perfua corte fa, & bontà f degni farfelo leggere,perche fin certo vi trotterà dentro il ve ro ritratto degli amici,& difegni deVrincipi, & vaio roft buomìni morti,& timi daUjuale altra il piacere, el la nc potrà prender vtil cautela nel fabricare un’aureo & felice fato alla republiea Chrifiana. Et humiimtnte bacio iJantisfimi piedi di uofra Beatitudine.di Fiorèga il giorno, XXFI. di Settembre. M D Lll. I! fns ddTqpno Libro, DELLE DELLE LETTE R *E DI X III. A V T T O R I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuouamente aggiunte. libro decimo. M M. TMSSO SECETE- tarlo del Trincipe di Salerno. Al Principe di Salerno . -yO non fono,nè di fi poco giudicio, ne ditanta teme-B rità, Eccellenti fimo Signor mio, ch’io non cosi nofca} che a me non fi conuienc configliar u-•^napcrfonadi molta prudcnlia , & di lunga e-fpericntia quelle co[e come fete noi ; perche ne io faprei dami quel configlio, che fauio, & approuato foffe y nè uoi d'altrui configlio hauete bifiogno. Verò ■piu lofio per uia di difcorfo ragionando con ejfo uoi guifa di cote, con le mie ragioni aguggerò il ferro del uojiro intelletto,roipofciaycome buon giudice > confi derate le rnie ragioni, conofcerete , chefefaranno note di prudentia, elle almeno faranno piene d'affétliane , &di fede. 7^on credo lllufìriffimo Sig- mio, che fia alcuna perfona di giudicio,che non fappia, che dopo Iddio,niun alligo è maggior che quello, che hab'oia ma Z I B K Ò X. mo alla patria,& che.etiandio che caro ne (ìa ìlpàdrè tir la madre,cani figliuoli $ i parenti gli amici , che la caiiià della pàtria abbraccia , & Siringe infiemé tutù ejuefii art ori ; di maniera,che le l'ingrathudine è i^Hcly itiOycbe più d'ogn i altro dobbiamo fuggire , & odiare,niuna ingratitudine è maggiore d i quella, che i'yfa rer[o la patria, perche douc è maggior l'obligaùd ne, iuiè maggior la ingratitudine, &l‘obligo, che le habbiatno è tale, che nelle fue necefptà rn animò nobile ha da preporre la morte fua alla feruità,al dati no,& airmfamia dèUàpàtria fua.Sequefio è j come potreteroi con feufa,chabbia,nèdelragioneuole, nè dell’honeflo ricufar quefta andata?dallaquale dipende la ripwatione, il benefìcio,& lafalutc rniuerfale di quefio regno, Tfon voglio ripigliar le ragioni , clte vipotrèbbono dilfuadcrda quella imprefa: poiché vai tnedcfitno Ihauete con fiderai e,conofcìute,& allegate, ^tllequali , per non ejjcr nccejfario di rispondere particolarmente,risponderò Jolo conrna parola,diceti do,che piu toflo fono fondate fu l’utile,che fu l’boficflo (ir per quefio indegne della volita prudentia, & della grandezza dell’animo pofìro.C hi vuol mifutàre le pafìate operationi della vita uoflta > vi giudicherà per caualicro integro,mdgnatnmo,valoTofo.Volete ho Sa mancar del decoro della vofira dignità ? Tdonfa-pete, che egli di meSlieri, che l’attieni noflre jetuino fempre vna equalità, & vr,a concordia ? Ut fi coinè ne i liuti, & nelli altri ìfirn menù muftcali ogni piccola d:fon unti a è riprefa 3 & biafimata, cefi igni nofìra BrfV^vfRDO T^fSSO. ito èpbrat'tone, che non corrifponda al uirtuofo iftitutó della uita novità, è da riprendere, & biafimarc.Qja l più bonòrata occupane, & degna dell'intelletto , & della grandezza uojìra, vi poteua portar la fortuna , di quella I Ella v°ba aperto vn largo, & fpatiofo cam po, per ilquale vagando con la uollra virtù , potrete moftrariagrandegga dell'animò uoRro, con odisfat-tione, eran%a d’altro, guadagno che di que flagloria ,laquak perauentnranon èné ucra, nè forti ma gloria, come farà quefia uoflra. Que fa è imprefa , ncllaqualeferuite a Dio, fate beneficio alla patria, a i parenti, agli amici,& alla uoflra pofierità, nellaqtta le non fola non offendete il l{e voliro , ni cagione gli date di deaeri nè riprendere nè caligare, ma gli fate jeruitio, vtile, & bonore facendolo fignordegh a-nimi, er delle volontà degli buomini, che l’efler fig. delle robbepiu toflo fi conuiene a tiranno , che a le-gilmo fignorc..Vigliate forfè imprefa diffìcile, o peri cclofa ? Certo no ma facile, & ficura . Tffc.n andate per offenderjua Mee'ia , per tenarie Cobedientiet dì quefio regno,per folle a are i popoli, ne per fare altri effetti nella lolita fedeltà , per acquetare i tumulti (V per accreicerla deuotiatie , & la fede loro. Vi mancano forfè ragicni non a. parenti, ma vere, non probabili, ma nt cefi arie, & fondate fili feruitio di Dio delia relì gin ve, sul beneficio di fina Maeflà , & fu l utile di quefio regno ì 0 è forfè fina Maeftà un principe barbaro, empio, & non capace di raggiane è T^pn conofcerà egli , ebeniunacofaèpiu atta BEKJI~4RD0 T AS SO. rjr alla conferuac'wn drglìliuti,°l bnorrij: che l‘ef~ fer amato,& ninna-più contraria che te-fer temuto ? T^on faperà che s‘ba in odio colui,che ft terne, et che agliodii di molti nimaootentia,per grande che ft.i , può re filiere lungamente? Che fine potrà mnoucre il prudente animo di l'uà Maefià a uoler far quello ? Se la religione,quefia città è delle piu am iche,che conobbero Cbrifio, et quella , discolo in’ecolo confir-mandoftnella fua fede,et nella fua religione, ha con tante operationi Cbrittianc\, et piene di fede t et di carità dato esempio all’ahre , et perfitafele ad ef-fertali. Quale è quella città, non pur in Italia, ma in tutta Europa, dotte fieno tante Cbiefe bene inflitui-te,&governate, tanti luoghi pii, dotte fi facciano tante elemofine, tante opere cantatine , & Chriftiane I lluoler negare, che in quello regno , come in altri luoghi , non ci fieno de trifii, & che meritino ejfsr caligatiJarebbe un contradir al nero, & un moflrar temerariamente d'cjfer troppo degni della gratta di Dio, ma quefli fipojfono cafligar per la uia ordinaria, conflitutati da gl'Imperatori, dalle leggi , & dalle buone confuetudini. Che a qucfto modo li trilli folamente fi cafligheranno , douc a quel!'altro ft punirebbono piu li buoni , che li trilli, lo non uo-glio muouerui molte altre ragione da poter perfua-der fua Maefià, perche fono tante , & ft ne gli occhi d’ogn'uno : che farei troppo ingiuria alla uofira prudentia a uoler ricordarle. Il danno , che ui poteffb uenir di ricordarle. Il danno ; che po- LI t \0 jp, voflroparticolare, in comparatone dell'rùlgrande- „ f/x nf tornerebbe in rniuerjale a quello regno. Et voi come canahero magri animo. & virino la , bauete da prepone il benefìcio vniuerfale alpriuato.Ma qual da no po rebbe efjer cefi grande,che non fta maggior luti le,cbe ne jerriretelmoflrando al Re voflro l'amore,che vi porta quello popolosa fede,i he ha in voi il rijpetto , che v’ha la nobiltà,&la riucren^a,che tz porta tutto, queflo regno,mcf{randpgli che non ha miglior nùniflra ite in frumento di voi per conferuar quelita città > &-quello regno nella fede,& deuotione fu a, per pervaderli a fodisfàre a qual ft voglia de{ìderio,bifogno, di neceffita ua.Et potrebbe ejftx di li ggiero che quella ri-putaiion.e,& quel credi o , che non bauete per maln fortuna vo(lra potuto acqnUlarprejfo di lui, con tante fatiche,c’bautte prefe, con tanti pericoli , c bauete Cor fi nè con tante ì\>efe,c bauete fatte in feruitio fuo , Ifacquiliafle ccn queflo mcxzp.lt quando non negua-dagnafle altro ACiTifccrcufl accrefter fi può) & l’a-mcr che vi porta queflo regno,& tcbligo , che v'baz fallirete a Dio, fodisfatete alla confcientiav afra, & aU’afycttatione che ha di voi tutto il mondo, & nem& fi, crete tanto maggior virtù,quan o farà minor la ffe yan%a del premio,di forte,che vipotrefic.come potetex p, omettere de gli animi , & volontà di quefo regno, qual fi voglia co fa. Mi rendo certo ,valorofiffimo Sig. mio, che je vedi/le ma bella verghe da voi amata ar dentifììmamente, fcapìgliaia,& lagrimofa, in pericolo. ÌeUbpnoret dr iella vita, ad alta yoce cbiederui[oc-. uffa BEI{7^^I{pO T ^4 S SO, rjs Corfo,cbe voi,che fiele d'animo nobili/fimo ,&genti le j fin^a timor di pericolo, > di ddno, correreftepronta ai aiutarla.QHejln è quella bella vergine, laquale ragio-vcuolmentefopra tutte laltre njofe , deuecjjer amata da voi,poicbe ad alta voce vi chiamatoti mancate al fuo bifogno,nè fate ingiuria al voHro nobil'animo, da-toui dalla natura a fimili operationi di vinù,&gran-* dega Polirà Eccellenza perdoni all’ardir mio, & pigli di quello mioparerepiù lofio il buon’animo, che le Me ragioni. A M, Vincenzo Martelli, 'T~T Tiandio cbeperrtlatione di molti baueflì iute-, che vi dolcuate di me , nuUadimeno non bauendou’io datacagionc,non lopoteua credere , ma efendomi detto dal Signor Trincipe noftro , eJr al-Ibor ch'io aggiunft qui, & bora per l'vltime lettere , (he egli battete liritto di Roma,non vorrei, che queHa ombra i che di me v‘è caduta nell'animo, a guifacto-blÌ7,o caduta fopra il panno,tato vi dmoraffe,che peni tràdo,& allargando fi foffe poi malagcuole di tenaria. Io non veglio feufar con voi la mia innocèntia, perche 1’cfcufaprcfnpponc alcuna colpa, ma fi difenderla con l’armi della ragione,&della verità. Se fatto mi uer-rà, ch’io fodisfaccia a uoi,mi farà caro,fe non Jodisfa-rò a me mede fimo,alla mia confcientia , & alle legt {lcll’micitia,laqnale m'«bli£a a far queflo officio, co^ me LIBRO X. me cbligdua ancor uni,fefoffe flato uer amico. Ter-che unamicitia di tanti ami, con tanti offici] di bene-volentia,& di gratitudine,confimata franai, non fi dourebbepcr una fcmphcefofpitione, o per informa-tione ài perfette di poca uirtà,ropere finga uolerne in ttderc la ueritàt&fepiir s ha da rÒpere,defidero,cbe’l mondo conofca,cbe jìapiù lofio per uofìra colpa, che per mia.Tcr quanto m'ha detto il S.Trincipe , &bo intefio da un mio fornitore, mi par di battere ficoperta la radice di quefiauofirajofpitione, & (pero con le foxgc della uerità di poterla fiueller dell'animo uo-firo. Et perche ella ha due capi, rifipondendo prima all'uno,ui dico, Sbattendo uoi ferina quella lettera , per laquale diffuadeuate al S.Trincipe, che non pi-gliafie l'imprefiadi uenire a fua Macfià per beneficio iella patriafiaqualpoì,di uoflra uolontà, non uoglio nè pojfio credere, ma forfè per opera d'altri peruenne alle mani di fua Ecccllen.&fu lettapublicamente, fi che anotitiauenne di ciafcttno, ne nacque e fendo le co [e di Napoli in quel termine,che uoifapete, una fia-fpitione ttniuer/ale cantra di uoi,di forte che bauendo il S.Trincipe ferino,che ui lafciaua in Roma, perche donafte ricapito alle lettere ch'egli fcriueua, & che gli erano ferine dalla città fapendo che io haucua da paffar per Roma m'impofero , che ie trouaffi perfona che in uoflro cambiopigliajjcqitefia cura , & che io ne donaffi notitia al S.Trincipe, perche in alcun modo non parcua lor di poterft fidar di uoijper molte cau ejequali perauentura lafofpitione , che la ragione BEBJÌARDOTj'S sol IS3 lor faceuci parer vere, lo in cjuefio cafo era più lofio tenuto d’obedire alla loro uolontà, che difender, o fett far la caufa uojìra . non haueadorni voi ne moflrato ; -nè detto cofa alcuna della lettera , c'baueuaie feruta, come a molti altri, de'quali ragioneuolmente non ni doueuate fidare piu che di me. Che polio, che io hàuef fi fcritto una lettera al Slg.Trincipe in contrario della uofìra opinione, la fufìanxa della quale, pafieggian do per lo dormitorio, vi diffi in s. Sebafìiano, non do ueua pero qucHa diuerfitàde i nofìri pareri fare, che-ui fidafìe meno di me di ciò, che doueuate,e tanto piùy che quel fine mede fimo del beneficio, & della riputa-tionc del Signor "Principe, che mafie mea fenderla, moffe anco uoi. Ma voi camina/ie per la firada del-Vutile ,& io per quella dell'honeflo, & tanto maggiormente, che, come fapete,fua fìgnoria, non uolfe pigliare qucflopefo, allhor che’lSig. Carlo Bracano li venne a parlar e in nome della città, fe non con condì--tiene di non bauer a negociar cofa, che [offe in pregia dicio dell’Illufi. S. Vicere, nè altra inpregiudicio della patria, fuor che l'offermtione de Capitoli, & che non ftpariaffed'inquifhione. Che potrebbe efferc,fe le cofie fofierogia venute in quella rottura,che poi uè nero per la morte di quei tre. quando fcrisfi quella lettera, ch'io haue sfi lafciato di fcriuerla, tutto che effa non operajfe altro, effendo fua fignoria rifoluta d'andare ; & non hauendo, nè in quefla,nè in altra fua de Uberaùone bifogna d'altrui còfiglio che s’operi lo fpro na 'al cauallo > che uolontario corre, & Dico, adùquc, V che L I B 1^0 X . (he fé io era più obligato d'obedireloro ,. che diffende* te la caufa uoslrxs.on bauendomi noi col farmi parte; cipe della co fa date ami da poterla difendere. Effettuo obligato, feci ciò, che non patena lafciar di far fen-•ga riprendane,&fenxji biafimo, ne mi, effendo ig flato più toHo miniflro dell’altruiuolontà,cbe efkcu-tor della mia,haucuate da fdegnaruene con effo meco. Elfe quel nofkro amico Enrico, per batterlo come per perfonadifobedicnteeinutilctdipocoferuhio, & di manco uirtn^imandato, con intentione di noti feruir-mene più forfè fotta coperta di Telo d’amore, & di cari tà uaggutnfe alcuna co fa del fan, & col tofeo della fua tnalignitàuolfe sparger di uelcnola nojìra amicitia , noi come prudente, battendo uisle tante efperieuTe dell’amore, che io ni porto, doueuatepiù credere a gli buoni effetti della mia integrità,eh’alle trifìeparole dellaJua malifia , & tanto maggiormente che per prona battete conofeiuto, ch’egli è di fua natura mali-gno,cchenonhamaggiordilettatione, ch’allora che emina di jcordia,& odio fra gli amici. Hor uenenda all’altra parte della uoflra querela, c della nfidgiuflifi catione, ni foggfmngo, che le lettere di raccomandatio-Ite, poi che coft ni piace di nominarle furono da me dettate,&da Enrico ferine,&[c e^li ue l’haueffemo, firate , come era mia uolontà,& mio ordine, l’bare-fte uille fparfe di molto amore,&di molta affettione, & fe battendole perdute per ricoprir con la malitia la fua trafeuraggine, ni diede a credere ch’io l'bauefji ripigliate f conte da quel mio fernidore mi è Hata riferito; T-4SSQ, tosnon deueuate ccofi facilmente crederejion bruendo \a cofani fe,ne del verifmile, tic dell’boneflo. Et per più mìa fiuflificatione, e fotlisfanione voffra , voglioi f/je fappiate ,0 banendo io ferino a i Deputandone,& a chi baueuano a drÌT^ar le lettere in Roma,& ah «-pe altre cofe di molta importantia in credeva Jua, non fola perde le lettere,ch’io baueua ferine ricercato da y oi,ma queffe anchora,di maniera, ebe quei Signori non battendo batti[o alcuno da me,fi dolsero della mia negligentia,c forfè della mia fede'., & far neceffttati di ttouar altro me%p per mandar le lettere.Cbe s‘io ha. ue(Ti voluto ritormi le lettere, cb'ìn voflra raccontati*: datione haueua ferine,pentito forfè d'bauer vfato ql-lofficio di cortcfia,non baurie ritolte le lettere , ch’io fcriueua f Deputati,eh’importauano l’bonor mio, t i, còmodo loro.Cbi meglio di voisà,cb’io fon di natura , per aucntura più lìbera, ch'alia malitia di qucflo cor-yotto fecola non fi conuerrebbe? Io rorreipiu lofio cf fer nemico [coperto,eh’amico fimulato,dandomi a credere, cbefpeciefta di tradimento portare il mele delle belle parole nella bocca,&tenerli veleno dell’odio na fco,ffonelcore.Daduefontixenondapiù, come va meglio di me fapete, può dcriuar quefto deftderio del l'ofeja, ò daU'inuidia,o dall’odio.Odio nò vi può effer, effendoui io flato amico,nò battendo voi cole farge del [ingiuria , e dell’ojfefa rotti ifaldi legami della noftra, qmicitia,&dclnojlro amore.[L’inutdia s'efìende e i beni dell’animo,&è inuidia nobile, &illuflre, & più tpflo da lodare, che da riprendere, & a gli beni della : " £ 2 for- L 1 B H 0 X. fortuna,&è inuidia bajjd plebea, <&■ degna d’efier non pur riprtfa,ma caftigata. Quanto a i beni dell'animo lui o che voi [ite di rariljuno , & di peregrino ingegno /è tri'è lecito, ancor che con vn poco di rojjore di rei il vero,per no far torto alla liberalità , che in que-Hapaneha vfata meco la naturalo* ho che innidiar ni,come eoi non hauete che inuidiare a me. £f?anto a quelli della fortuna,eciandio che fiete piu ricco dime > come per la c perientia della mia paffuta vita, ageuol-mente fi può conofcere, io ho lemure poco apprezzata la robba , nè effa farebbe poffente di far cader l’animo titio in defiderio cofi baffi,& co fi vile. Duo me de fimo, mente lono li modi dipoter’a fender alcuno, m cogli tf fati, l'altro con le parole Non credo c’habbiate veda to effetto alcuno del mio edio,n'e della mia inuidia, potrete forfè credere, che mi foffero mancate le forzet ma non la volontà d'o fenderui, ma poirefle anco in-gannarui,perchetien è buomocoftdapoco , che non po[fa,afpettando di quelle occafioni, che il tempo fuol fecoportare,ofender’iinemico,anchor che fiadi gra l .nga maggi r di lui. uapofto calo, ib’ionon ìtautjfi potuto nuocerai congl'efctti.h.virei potuto con lepa-role & volendoui con q-‘e(le ofendere,riferbato mi fa rei a parlar, doue haueffìpo'ic'O far la piaga del vo-flro danno.o del voH'o biafimo maggior e ibenche taf vii delle parole ritornino il piu delle volte nel petto del mede fimo feritore. Io non ho mai fatto profefwne jc nongiouare agli huombn,come vbidicnte alla natte ra , riè credo che il fignor Principe in i patini, ch'io BEZVN-tfRSO TjìSSO. 155 l’bo feruìto,nì’babbi(i eniito dir male d'alcuno, Jaluó dotte fta importato l'etile, & la ripittation jua in quello cafo ancora con tanta modeftia, che può jua Et celierà haecr conofciuto;ch'io faceua quell'officio più to(ìo sfor?ato,che volontà) io, &più per debito , che per malignità. Io fo c'bauetc vifii molti effetti della mia affettione>& della mia fede, iquali non fono però flati di fi poco momento, che vi debbono efler caduti della mente,fenoli gran voflro biaf/mo, e quando pur vene fofle dimenticatoci Signor Trincipe ncflro pa~ trotto, colquale quaflilirumcnto, & miniflro della voHra fortuna,procurai il voflro benefìcio, & la vo-Jlra dignità,(e ncricorderà,& non pur fua flgnoria ma la [ignora Tt incipeffa & tanti altri gentilhmmm de gni di fede. Scndoui dunque fìa'o amico tale,come vo~ letc,ch'io vi fta nimico diuenuto, non me n’battendo voi data cagione f1 Effamina’e bene il fecrelo della voflra conlcienùa,& basendomi data cccaftone,ch’io dkamal di voi,o procuri d’offcnderui, doleteui di voi fteffomonhauendomene data oc cafone,e fendo certo, ch’io vi fono fiato amico.non bande à credere, che io habbia mutata volontà, non battendo voi mutati, nè (opere,nè gli offici] d’amico. E fe crede e altrameritet faràveriffmoargomenio, cbem’babbiatc offefo, & che m ifuràdo dell’animo voflro ilmio,ne facciate que fio giudicio tanto lontano dalla verità. il mede fimo, che a voi (fiato di me,a me è flato detto di voi,&for fe dallemedefimeperfine maio ccnofcendo di non ha~ uerne dato oocafione non ho nè potuto , nè voluto era-' L I B ^0 X'. 'àer qitcflo di voi,che voi credete di me. Voi fete di natura. troppo piu fofpettofotcbe non fi conuiene alla boti tà del voflro ingegno, <& certo eiiandio che in voi nòli babbià loco quella vniuerfale opinione,che la fofpitióh nafcadaignorantia,nondimenone Jarete [etnpre piu toJlóriprejro,cbelodato.Etauerràavoi , comefpejfe volte la fiate ftole auenireiebe e fendo l’aria ancor che chiara, fparfa di picco le,& rare nubi,benché 1‘una dal l’altra lontaneìtanto a poco fi vanno auicinando che iti ficme congiunte alla fìne^in grandine^ Òinpioggia fi tifoluono .Ognipicciola nube di fofpitione, che ui cag-gia nell’animo,caufa che ogni altra nube,ancor che lo tana dal vero, tirata j & congiunta con la caufa dellà voflra fofpitione,firifoluepoi,ò inpioggia di mala opi nion,ò in grandine d’ingwfte querele,& lamentationi i Talché fen-^aalcunagiufla cagione, òperderei"amicò Je l’amicitia non è ben legata,& congiunta, ò almeno l’offendete,cofa certo indegna dell'intelletto vofìro, & della vofraprudentia.ìo ho fatto quello officio con uoi per nonpartirmc dall’antico inflituto della natura mii che è di non romper mai amicitia,etiandio, che a voi loferiuermi piu fi richiedeua,pretendoui, cheio u’ba-vcffìoffcfoydoueuatedolerueneccncjfomeco, & noti andarefpargendoilfele»delle voftre querele in tante p arti. &/eroi hauefe il medefimodefiderio, c’ho ió dì coìiferuare l'amico o di non perderlo, almeno p mia /cagione lo bauerefìe fatto.Horperche mipare d batter afidi bene gì tflifcata la caufa mia,con la ragione delld Verità, non farò piu lungo.Se rimarrete fodisfatto , mi tMsó: x$é farà di grandiamo piacere,quando anche no ?pferò j thè habbiate prefa occafioncper partirui daldamhitià ‘mia & bauendo iofodisfaito alla mia confcientia, & al mio debitore afeerò la cura a rci. Il signor Trina cipe ri potrà far fernpre teflimonio dell opere mie, & della mia volontà verfo roi-Io mi parto per Fenetid) dotte te in alcuna cofa vipojfo feruire}comandatemi3et uiuete lieto. d’^Auguflai Ài Signor Francefco Torre ; (y E’itnio fcriuerui di rado,Compadre,&Sig. mio of fe re andijji m o non [offe piu fondato fui uoflro coni modo,chefopralamia neglgetr^a.ioprocurerei, ò di correggermi,ò difcufarmi.'Nèui crediate, che per auf tura queHofia vn principio d’un paràdofso,ech‘io pi~ gli ardire di uoler lodar la negligènza ,pefo certo dife-guale alle poche forze dell'ingegno mio.Ma non uoglió in alcun modo [apportare,che mi riprendiate per negli gente, doue mi dourefìe lodar per confiderato,&per di fcreto.Cbe s’iolafcio di fcriuer è, perche io conofcold voflra d'rfigentia,& officiofa natura,laqualvclendo fodisfare,borper legge di buona creanza borper obli-go d*amìcieia,a tutte le perjcne che ri ferirono j ui tiì: quafi fempre la penna in mano a lambiccami il cernei lo /opra HfogUo,perrifpondireaquefio, a quell’altro, thè il piu d( Ile uolte vi fetiuono f nza,alcun propofilò teme etiandio io faccio adejfocbè potrei & dentei V q Jtar- ! • L I B \ 0 x: < flamene, & lafciarui creder di mentici che ri pince i Dico adunque che hauendo rispetto, & compaffìone a l le voflrefhticbe, non volendo concorrere con gli altri in qiteflo errar e,vi feri nodi rado,per darui ancor di m do fnflidio di rispòwermJo fobeiuTdiJpi.icere, che ci f orta tali'bor la nece(]ità di douer rispondere advn fa (lidiofo,& importuno.& lo prono bene(peffo, ma come in quefìapgrte voglio effere",& manco diligente,et manco ben errato di voi, n/ofìro alcuna volta,ò di non batter riceuute le lettere,ò di tjjermi dimenticato di rispondere,^ laffo la cura a loro.fe lo vogliono credere, ò nò. Habbiafymi dunque obligo s’io vi fono rr.cn fafìi-diofo di dò,the Je non donnei almeno potrei ejjerc, $* comandatemi, che fe m alcuna cofa farò atto a potcrui feruire,mì troikrete piu diligente a feruirui, che non fo no a fcriuerui.Hormai è giunto il tempo,che la venuta di Monfignor 1'^Arciuefcouo dourebbe Jodìsfhre alno-firo defìderio,&alla nofìra Speranza , & all’obligo dellapromefja fua,Je non ci volete daroccaftone di con fermarci in vnavulgare opinione diuulgata fin qui p tutto,che fu a S.B^tien fpoco cara quella fua C Ine fa , che penfa di commutarla,laqual cofa rincrefcerebbc in vniuerfale a tutti, &in particolare a me,che le fon tenuto peruitore,& obbgato. Viuetc lieto, & comandatemi’, facendomi certo della venuta loro, affine che non venendo,non vi reSìi più lungamente debitore. , Di Salerno. (■ . di 4, di Settembre. 15 $p. jll 2?EJVN>*XD che i i b n o x. chegìufìitia non mi fi dette negare, ma qual fi uoglid dì tra mentde, & grana, & fe'pur io farò inganna*o dal là mia Fperan?a,& dalla mia opinione,[uà Mae. non fd ràgia mai ingannata dalla mia volontà. Ho uoluto dar ne nolìùa a V. Etccl. non per pregarla ch’vfi ogni ope-ia,<& fauorfuo in benefìcio mio,perche l'affcttione'-, & offeruantiaithe io le petto, m'afjicura della (uà volontà: rna affine ^ ih ella fappia,come in quello regno fonò tratati,e riconolciuti iferuitori difuaMae. Et qui faccio fine pregando Hofiro Sig. che la faccia contentai DiSalcrnOi A Meffcr Petronio Barbato. T 0^'dubito gentili!fimo Mefler Vetronio mio, che il lu ngò de fiderio, che hauete della rifpofla delle lettere che mi [crinelle per Meffcr Vice figo Bello > hor rifaccia men care qutfìe mie,& auenga loro ciò , che allerofe del verno fuolauenirc , lequali etiandio, che il medefmo colore, & vagheggia habbiano ; il mCdeft-mo odore nòti battendo, fono in manco efìimatione, & pretto tenute , che nella fuaflagione forfè non fareb-beno. Come fifa, io v’ho voluto rìffondere, certo fa- 4 ctndoui,che ne Sonetto, ne altre lettere ho bauute > fe non q(tef!e,che fe altrimenti [offe,ancor che io non ha-ueffipagato il debitofeenfefferti almeno di efferui debi toro. Etfenvn fo fi flato diligente,ri farci grato. "Efulla dimeno io ve ne voglio bduerquell’obl/go, che je ì. atte fi hantt 0 l'una,& l’altra , chele la poca fede del BEKÌiJÙJiÒ T^ISSÒ. 158 i'apportatoréba mepriuato delpiaccre,cbe m’baureb-bono portato,non deuepritiar uoi ielToblìgo, che io bò alla rojìra ajfettione, dellaquale tanto più fon tenuto, quanto che col voftro giudicio mi fate di maggior meri io di ciò che forfè fono. Qual,io mi ftà j farò fcmpre bua tonofchor del debito mio,&della vktùroflra-. Fiuè ie lieto^ amatemi. D i Salerno. Alla SignoraDonna Victoria Colonna, "W* È lettere di F.Sig- ìlluSlrifiima piene di rna hi | y finita cortefia,<& a giù fa di ferenó cielo di varie flette , di diuerfi limi dì ingegno , & di leggiadria i ^ alti concetti(fiarfe , hanno di maniera acciefciutct Ì‘ajfettione ; & ófferuantia , ebeioviportaua , e l'obligo, che io vi baueùa, che ne queHo ne quella fo-hoatte a riceuere accrefcimento. Duoimi, ebedouè prima io vi erà. feruidor per elettione, hor fia sforxàtà di effendi per obl\gatione,& m’babbiate tolta la ffieran ■Qi df ogni merito , che per legge di gratitudine póteud tielfanimo voftro guadagnar la mia volontà,&cerio', tbeiononpoffo , fe non dolermi di quefla for%à, ché * forala chiamo , & fe iohaueffiardirdidire j dirci ebefuffe quàft vna certa fpeiìe di tirànnide il uoler ejfere amato , &bonoratopiu iofloper obligò , che per elettione , & volontà. Ma fta còme , fi vòglia ì poijche i vofìri meriti fono infiniti i infinito voglio, che fla l’obligo m'b . èr ficome io fon certo, che a più liberale j & magnanima Creditrice di uoi, non p ifjfó Ufi 1 . féf L 1 B 0 X. fer debitore,cofì defidero,che crediate, che in piu affet- . ticnaio,ne grato animo del mio,non potete difpenjarei doni della -vofira. gran liberalità. 7^on raglio già in alcun modo [apportare., chequejla nuoua forte di cortefia vfata da voi fola, faccia torto al mio giudici o, ilquale, tutto che in ogni altra ccfa ingannar ftpottffe ageuol-nientefin conofcerralte'ZXa>& dell’animo, &dell’inge ano uolìrfì,ingannar non fi potràgiamai. TSfon voglia-te,Signcrarnia Ulufl.hcrconqueflanuoua Jpetiedibu manità & di cortefta, riconofeer da me queh'honore , che darai nafce,& è coft voflroproprio . come raggio di lunie,chefarebbe rn farmi manifefto rubator delle lodi vepre,vn farmi tener per huemo adulatore,o di po co giiA, fi può dire,fe non che quefla malaria Ul t'trfe”l! lta mo^° ofiinatamcnte, & io ' ' u bo quella copasfionc,chc nei fleffo ui do §p|l@ry F tute imctginare Tutta uolta ,non mi dolina tanto delm de,che hauete, aeramele quanto di quel fo che ui par dibatte) e , utggendo dal uofiro fcriuere che moftrateJlarc,et di temere ancora affai peggio, che non si /crine dagli altri. Di che molto mi merauiglio, ui ricordo che non tri lafciate tor la franchezza dei-l’animo, alla indi^ofiaione del corpo , che altrimenti farefìe torto a uoi fieffo, Lafciate ui medicare a chi fa. Pinete regolatamente , & nonni mettete penfiero , che la natura uojlra hgagliardisfima, &gli mali non fono eterni. Di colla noi hauemo certisfime promeffe della uofira finita , pur che ui ci aiutiate ancor uoi , che dalla prudenza , & continenza uofira non fi dette fperar altrimente. noi di qua u’auuertiamo tutti di sommunparere , che non ui mettiate di quefto tempo LIBICO. XI ■* ’ n in viaggio, perche la natura bapatito affai ; idifagi eh I cambiò fono grand:,e’I freddo è mortai nemico ro-Jiro. yA tempo duetto fate rela col padre zefiro, che fa rete rifiorito ancor voi. Gli amici fanno tutti bene, & tutti vi fi raccomandano, & v‘affettano paffato iin-uerno però,che noi. facefle quefìo errore di uenire adef fo,per quanto baitele cara la vita. Tricgo Dio che vi renda la defiderata [unità, & voi che non ve ne differiate. Di l{onr a. Ai li. di Gennaio. M D XLII11. A1 Sig. Gio. Alfonfo Muurello. T N fino a bora io fono flato d'rna certa fàntafiapoe JL tica , che jc l'amor ita, come dicono ignudo, per paura del freddo, non capitaffe mai nella Fiandra. Et (jucflcgcnti ditamorate , & quelle donne ghiacciate che mi par di vederci, me ne dattano vngran fegno. Ma bora m mi ridico,perche trotto tanto amore in vita donna fola,che quefìo mi bafla a farmi tener tutto que Sio paefeper amorofo. 0[gnor Gioan .Alfonfo, che co Jcfa , che dice , & che penfa la roflra[ignora Mar ghcritapelvoflro amore > Io mi fonmoffoa fermenti qucfla lettera per vnagrancotnpaffionc , ebemiève nula della paffìone , & dell’affanno fuo, ilqualepoi che non potete vedere , s'Amor farà con voi , fon certocbeuimoueràfolamenteafentirlo. Dopo lavo flraparinacUamiriceuette incafq con Meffer Aure-liOj& mi diede le voflre fianzp di [opra, Trouai, che C^.\0. 161 Voi l’b a nevate co fi bene edificata di me, che per amo-ife,& per detto uofiro,non uìpotrei dire , con quanto honorc,& con quanta amoreuolerga fi tenga. Etpir che nel ragionarmi di voi,ha trouato.che io vi fono ql-lo amico, che per moki ricetti uì debbo effere, è re>in-ta-libcramente a •'coprirmi il grande amor, che ri porta , & a sfogar fi ogni giorno me co dilla grami: (fima pena,chefosìiene delia roHralonrananT^i, laquale è tanta,che non mi ballai animo 4'eff rimeria. Solo vi dirò, che'l fio amor eh paffuto in furore , & che le fi girano per lo capo diflrani penfieri. Vedete in che ri-ficàta delibaratione era ultimamente caduta. Vita dò na di quella granita , di quella prudenza , ediqucl buon nome,che mi pare, ch’ella fia, era 'deliberata la-feiar Infuri patria, la fua cafaft figliuoli, & non curando laperdita,ne della robbajte della fama, ne della ri ta propria,venir tanto lontamfàtér diMuefii tempi a trouaruiaRoma. Vedete,comefenga rij&uo alcuno uo lena mettere in compromejjo tutte le più car^'cojc, che fi pojfono hauer nel mondo per uoi. lo non pofio poti fa re , ch’ella finga , perche alle donne innarnoràWdl difiimulare è dijficilifiimo , & voi non douete credere , che io ci aggiunga , che fe non penfaffi , chef offe cofi , io non vorrei ueniruiborain opinione di troppo conino ,o di troppo imprudente, che conofeo beni (fimo che non è vna fronda di porro la domanda,che,v: •' da fuaparte , & che’l venire in Fiandra non érn a uìar allauigna.Ttirconfideratoognlcefa ; mifonìijoluto diperjuadcruclo per pietà di lei, & anche in parte per X bonor LIBRO XI. bonorvoflYO,perche queflci fua dcliberatìone era tan~ to oltre j che già fi cominciaua a metter in atto. Et per che io fono andata confiderando, che avn gentil’bicorno d'animo nobile, & grande come fitte voi fia molto per difpiacere , cb’vnafimil gentildonna fi disbonori per voi ; mi fono ingegnato Ut raffrenarla^ di per-fmderkì che farà vergognata lei, & grandifiimo difpiacere a voi. Et che voi fiele figeneicfo, che non ui lafciafie mai uincerdi corte fia a buomo,, che uh', a tanto meno ui lafciarete uincer d’amore a una donna, che h adori. Et dicendole, che s’etla uifcriueffe facilmente noi uerreHe a rìntderla , & confo Urla s'é auuednta dell’errorfuo,& confcffa, cheui faceua torto ad baucr fi poca fede in noi, & non le parendo di douer mandar lettere a torno colJho nome, co i piu caldiprieghi.tfir co la maggior pacione cb'iomdtfii in donna mai m'ha fup ficaio,&■ jconfiurato pi rla contcntegTpi, per l'bonore per la fallite fu a, ch'io ni debba fcriuere in [uo nome. Etbauoluto , ch’iole prometta, non folamcnte ch’io lo farò per modo , cbcuelo perfuada. Et fi ingegna diperfiiaderla me (uedete come^mcr la fa rethori-ca) dallamia laude , dicendomi , ch’ella fa da uoi, quel che può la penna,& la facondia mia, udendo dite,che fe non ottengo quella gratta da noi, ci metto feto ddl'honcr mìo. Me lo perjuade ancora dalla facilità mofirandomi che noi me l’hauete dipinto pertanto uo-/hoantico , cbel'au'.toritàmiapoffaappreffo di uoi ogni gran cofa. Si chetinole , che io ci adoperi tutte le for-xf dell’ingegno i & della amichi a. Ala per che con iAT^I^IE L C vdf R 0. Ida con l’uno io conojco di non ualere, & con l'altra io non fo,&lajfo che la pic a U humanità, & la grandezza dell'animo uoflro facciano il debito loro. Quefla è una donna , bella , gentile ,graùoja,come koijapete, è innamorata di itciy&tanto innamorata,che per dami fi tutta, fi è tolta afe medefima. Confiderate i fegni che n battete h attuti, Etpenjate da qual grandigia d'amo)' può nateers in una donna, che fa p/ofeffion di bonoie, pigliare :m partito,quale è quello, c’ho dettoci venir’a trottanti,& dotte,&quando,& come,& quel ibe laf-fa,& quei che perde,e i difpiaceri,e i danni,e ìpericoli, e’I bia/imo, che ne l'incontrano. Andate magni ardo, di che animo poffa effere in fe medef ma,e verfo di voi quando fi difponga a voler abbandonar filami nte quel la angioìetta d’Orfolina,per non dir degl’altri juoi figli-uolifdella madre,delle [tirelle, de i fratelli, & della patria.Ter Dio S. Gioan. ^ìlfonfo che mi paiono fi gran cofe, che a rifpctto di quello non mi par nulla, che voi regniate per lei fino in Fiandra, & agoder fi gentil co fa. Venendouigiudicate la contentezza,che le porterete , non venendo, di quanta difpcratione , e di quanto fcandolo le potete effer cagione. £ credetemi ch’ella ù dannarla rijolucrfi ad ogni gran cofa. Fammi penfar qitcslo , che non la veggo con quella facilità di pianto, ne con quella debolezza di lamenti , chefogliono e/jer nell'altre. Ella [la fi fa in penfiero profondifjìmv» fiduoldi vn dolor p che le macera l'anima , fi sfoga X t fola- fi) quanto mi uaglia appreffo di noi,'finga troppi argomenti , ni metto fidamente innanzi la qualità del ca^ L l B HO, XI folamente con ceni fofyiri , chcpare , che fuelgano il cuore,&non fi fermando in alcun loco ita per cafa a guija d’infuriata, Tiene di continuo a capo del letto il voflro ritratto ; érquandr riman fola in camera, o folamente con me, ya alla uolta fua. Tonfate, hor uoì in che termine fi trotta la poucretta. La fonimi è quella , che io giudico,che [cuoi non ucnite , facilmente fta per u cir di quefto fuo amore qualche flrano accidente . Io l’ho dimandata quello chef ttuol particolar-mente,che io iti ferina. Sull'altro niìharifpolio , fe non ch'io l'amo, & che io patijco molto per lui. E che de fiderò , che uenga qui fin tanto quanto (limo la ulta , & l'honor mio, & non per afro, chepcr dirgli y-nafola cofi ,laq ale non poffo ne fnuere,r.l dire a per fona altra del mondo, che a / i, e ditegli qucflo quando non fi fha qùpiù , che unhora,fpno confolatiffima ; & contentiffima ver fempre. Io non fo quello thè fi no glia dire , ma di grande itnpo tanxa mofìra che fta , Moflra anco dibattere una ferma $l'eranxp » che uoi uegniate, oche ella fi prometta affai dell' amor ttoflro. opur che uoi le ne babbiate data intentione ; bafia t che ui difetta quanto prima, lo per tutte quelle cofe, per hauer prouato, che co fa fia d'effere aiutato tic' trattagli d’amore , non poffo mancare di perftaderue lo , & di effer miniflro di queflofantifìimo officio. Et tanto piit , perche non uenendo , non folamente pare , che fi tenga ingannata da uoi, ma da tutto il nome Italiano;perche fuol dire , che temo in opinione di {iddi amtorif & di remeri humini. Si che auuerti- UìjUlB^L 163 te, cbeìn quefìo cafo ui portate con noi l'honore , e’I biafmodi 'uttalanaùone. Etdiuoi particolarmente fi terrebbe tantoingannata. che quando non [offe mai per ufeirne altro dljordine, che la difgratia fua mi pare che poni il pregio di ueni fin qua. Voi fapete, che le donne non hanno met^o. 0 amano, 0 odiano eftrema-mente ; & fi fmifurato amore non fi può conuertire fe non in uno fmifurato odio. Quando io hauerò chiaramente cono àuto,che uoi nonfète per ucnire , non fo lamente non le parlerò più di uoi ; ma io me le tonò fìibito di cala, fe farò in quefto paefe, perche non m’affiderei di poterle flar piu manzi. Ma quefie fono pur giufie , & honoreuoli cagioni a un cau alierò per far maggior co fa maf imamente per amor di dama. E per queflo , & perche jo , che’l di,'agio dille pofic non ui da noia, ne anco la fefx clic per manco honorata acca fione bauetegittato uia piu groffamente , non dubito punto , che non fia-e per difiporui lubita auenirein quanto a uoi. Enfiamifolarai nte a penfare , che pofìia te ejjer impedito , 0 dalfh uigio del S. Duca, 0 dall’a-mor d’altra donna. Quanto al Duca , non ardirei di dir ni , chela facefie altramente che con buona gratia di [uaSccrlLmaio cono'co quel Sig. di tan:a humaniti , ebefe baràmaiprouato,che cojafia am re, ui compiacerà facilmente,cbe noi uegniate ,?s ni darà anco m -do , & feufa di poterlo fare, (ti. za [coprir la ragion ", correndo horanegoctj, dapoteruicon buona occafione far correre fin quà. Quanto alla donna io non conofco la Vofi, Sig. di colla,credo bene, ere firn deg'ùfiima del- X 3 l’amor I 1 B HÓ tl. Warner uoflro ,pol che l'hauete eletta per tale, ma ferì* %a pregiuditio dell’honor fuo, ella può ben credere alla conditione, & all'amor di atiefla > et noi mille » tor ti farefte algiudicio uoflro fe volefte antepor, lei, che -tSawa forfè fintamente, & di certo inficme con molti, a quella, che v'adora folo, &■ da vero. Ora racco gliendo ogni cofa,per quel tanto amore,ch’ella vi por ra .per quel [ecreto eh e non può comtnunicar tonai* tri, per la fperan'^a , che tiene in voi,per quella, che tnofiradi hauere in me,per la difperatione,etper lo dif honore, che ne verrebbe d lei quando uoi no uenijle, p l'bonor uoflro,&della natione,pcr la comodità > ch'io fpcro, Sbatterete di farlo, et per la uolontà che ne do urefte qattere, penfando ftgran contentezza, che l’ Uno l’altro nhaueretefio uipriego,per fuaparte,e mìa & tengo firmififima fpcranz^a, che vegniate , & cojt ho promeffo, fornendo Jubito, non accade altro.indug giando qualche giorno, ri fpondete con diligenza, & datenefperanza. Non volendo uenire , auifatemiad ogni modo, & prouate fe le fiufe giouaffero, il che no credo. La ri/polla , quando io fta qui leggerò fubito a lei, quando fia altraue, m’ordina, come gliela debbo mandare. Se intendete co fi à , che'l Nontio fia per an* dare in Ifpagna, & che io fta raffermo dal mio padro ne in Corte,mandatemi le lettere per via de’ Caualcan ti, foto coperta a M.Gio.Tomafo Criuellilor corri fondente. Saie fano, comandatemi, come a obligato che fono alla uoftra corte fia, e ni priego, che mi legna te in buona grafia di fua Eccellenza, u’^inuerfa. l/L M. Cjì^ò: t64* A M. Roberto dc’Rosfì. If" rojìrd letteradi 19. di Luglio , col dono, che JLv mi fate de i tre bellisftmi librii per hauer fatto Itt girauolta da \orna, & per e/fere io flato a M antoua , do::e ai giorni p affati correndo alla Corte Cefarea cad di malato dopo due mefi quaft m’h venuto alle mani itt 'Piacenza. Imperò m'bauerete per efeufato ; fe Tei 'rifppndo tard\ et per rifpofla ui dico che la cortefla,et l'amorcuolezza yoftra mi fecero veder tali nel inio paf fare da Parigi,che ben ingratiffinto fatei a non ricordar ìnenefempre. Si che non era neccflario , che con al* triftgmmelarapprefentafle , 0 con lettere me le riduce fle a memoria, Foim'honorafle, & maccareof-Zafte allhoraaJJ'ai , piuchenondot euateunaperfo* nanoneonofeiuta , & di fpoco affare t come fono io. Mora che dauantaggio ni paia d bau ermi fatta pouc tra accoglienza , & come uoi dite , magra cera che uc ne feufiate > & mi v'offeriate di nuouo > & di piu , che mandiate a prefenta-, mi , fon co/è , che procedono non pur dagramtezg/a, ma da foprabendart Za d'amore, & di libertà. £t con tutto che mi carchi no di fouerchia obligatione j nette fon obligato ft volentieri i che non ne fentograut.z/zd > & ful1 tanto defderofo di renderuene il cambio , (he noti ne temo vergogna , perche doue non giungeranno gli effetti, con noi, che modefisfmo fieteflupplirà U gratitudine dell’animo. Dall’altro canto ho prejò vrta allegrezza X 4 infini- LIBRO XI- infinita, della molta [ììma che mofitate far dell'ami- citìamia , perche non vedendo , eòe ripoffaeffer mai dì frutto alcuno, poi che fi Aerile la coltiuate, dì fi lontano la mantenete, & per tempo non la diminuite y ne ri trago , che confideratamente, per vera ajfcttion d'animo, &per buona conformità di natura,mi vi fiate dato , & babbiate accettato me per amico, & non per vna commune vfinya, fetida rifeontro di volontà, & con quei di fegni , con che volgaramente fi fanno j h oggi dì l’ami citte. Et per tutti quefli ricetti mi per-fuado che fincerifiima fia, & cofiantisfima debba ejfcr fempre la beneuolen%a vofira verfo di me. Ora fe ro^ penfate,ch’io jappia , quai fieno gli obligbi della vera aniici:ia, & quanto vi fia tenuto, & di quanto merito uoi fiate , vi donete rifoluere dal cantomio , che co. rifinia mi fia quella uofira affettione , come prctlofa, & che con ogni corrispondenza d’amore co tutta quel la prontezza d’officij che nel perfetto arnica fi richieggo no , m ingbgnerò continuamentìK^i conferuarla. Si che da qui innanzi hauemo a diSfirc , uoi di me , & io di voi , come ciafcuno di WKtedefimo . Eicon quella confidenza «z raccomand&ji coftà Fabio mio fratello , dico quanto a ricordi,&• alle lonuerfationi. che net re fio; Raffio £on Monfignor di Fermo , penfo che fia braprouifio * Ma egli fi loda tanto dell'amore* uolezgavoHra , che di ciò vi debbo piu lofio ria gra-tiaf,cbe riclimlfirc. Onde cofi di qucfto, come ddl'ho-nor, che mi fate,^ dell’amor,ehe miportate , virin-gratio1qi:aniopol]òt& a rincontro amo , &bonoro uoi. \A'Kmt>AL CAT\p. voi,quanto debbo.StaioJàno.di Tìacen^a. a X.di Settembre. 1555. I Al Sig. Bernardo Spina. Y vf nuoifa della morte del Sìg.Marchefe m'ha ta- | to(lordilo,che non fo quello, che mi vi debba di- re.Fra'l mio difpiacere,& la compasfione, che di noi fento un dolore incomportabile, & non credo mai piu confolarmenej penfate quanto fon'atto a confolar uoi. Et però me ne condogli jol amente, & v’aiuto a piangere una tanta perdita^he inquanto a me la fortuna non mi polena percuotere bora di maggior colpo. Se in *», tanto dolore penfate che raprefentare all’Eccellenti!fi-ma Signora Marcbcfe quello de gli altri,non gli acereta affanno,moflratele il mio con le lagrime uoflre. Et Dio (la quello che ne confoli. Di 'Piacenza, a’ 5. d'aprile. 1556, All’Albicante. T 0 non fo,con chi ue l’habbiate,eir miete, & che c5 batta per uoi.ll nome del nemico midoueuate feri nere, piu lofio che ricordarmi l’o fficio mio , ilquale è fempreprontisftmo ne’bifugni degli amici. Ha poi chei cartelli fuola'zgano, doueròéapgpMtcor’io lati-uerfario,& la qucrcla.Quello , cbeTtjppabbiaa dire, òfareindifefadell’honoruoflro , non uelopoffo dir bora: Ma bafta che douefentirò nominar folamente , y/ìl* t 1 B 110 Xì. otlbicate, rrfingallvT^erò tarilo ài quello nome, chi m affido di far gran cofe, & da meritar quafi d’ejjer fricfjo tra i rofìri Taljdini,beticbe rei non hauete bifo %r.o dime > che potrtfìe bene hauer de’ritmici a orno # che m foto di quei vcHri rimbombi,che [carichiate loro adofo pi Perdite tutti.Etgià che fiele (lato atupet tu co i‘ che non fia per tremare a ma fola [coffa dilla roritra, C olierò rihanno prefo animo adoffo, forfè perche fiete piccinof&non riaueggonOyche fapéte far de’ Giganti * andate alla r otta loro animofaniente,che non fofterra. no peri'ombra iell'incontTO “poflro. Io riprometto po co.perche voglio manco.ma in virtù voflrdftcome ho deUc)mi batta (animo di far piu che non mi ricercate* State [ano. Alla Signora Marchefa del Vado < T Bingratìameti,chey.Eccellen. mifaperógni fud \_Iettera,fono affai piu, che non fi conuengono alla grande%xa!ua,& all obligo,ch'io tengo,di (eruirla.Et però il riconofco dall’abondan%a dell'hutnanità , & della coi tefia fua.p la fupplico a porci fine > accìoche io cofiofca chemi habbiaper ftruitor familiare, Tcrebri (opere mn fino a bora,a rifpetto dell'animo, ch’io ho, fono di fi p,^) momento, che non meritavo appena d’efft r cono(ctKkriki,non che ticcnojcinte con tanto affetto.' (qwcilfc par fo di dirle bora perfetnpre* Tenie ella no,’, duri molta fatte a per contentarmi. x' che lA^^lByL CtARO. 166 Che contentìjjìmo mi trono d'efferlc in confiderationei godo di feruirla>& tengo per gran ventura, cheimiei piccioli feruigi le fieno accetti. Etperqucflanon m’oc correndo altrot con molta riucren%a le bacio le mani. DiTama.a’3. diDecembrc, 15)6. Alla’ Signora Victoria Farnefk f 0 farò l'ultimo a rallegrarmi co Vojlra Ecceì. del Jifuo feliciffmo maritaggio, come fono degli -virimi fuoi jernitori. E. thauerì) quefìo di piu de gli altri,che al meno la tardanza di quello officio le farà venir la mia allegrezza in qualche confideratione, doueprima farebbe fiat a forfè 0/curata da quelle di molti,&di rnag gior momento,che non fono io.Et per tarda, ebequefèa mia allegrezza le fi mo^ri,non è però, ch'io non t'bab bia [entità a buon'bora » cerne è diuemta in qUe-fìipaefi. Rallegramene dunque pertuttì quei rispetti) cbemuouono tutti i ftrnitori a defìderar la contente^ Za>& la grandezza de' lor padroni. Dipoi per quelle circofianze t & per quegli accidenti > che hanno fatto per parere almudo quefia fuafelicitàmaggiorci Tol che ( ) L I B XI. che s’è vi fi a chiaramente deftinata da Dio,premia dal prudentiffìtnogiudicio di T^.S. affettata da lei con tari tafna laude,defidcrata communemcnte da tuttif&Juc ceffapoi quando da ciafcmo era tenuta per lontanijjì-r>:a.& ([uaft del tutto difperata.yltimamente te ne godo per conto mio,che oltre alla conrmune fedisfattionej che ne fento con gli altri,ne [pero prinato fauorc,& co modo pe r mc,& per tutti i miei,per effer la mia patria vicina alla fna Ducea.Tiaccia alla diuinaprouideno^a che la medefima felicità continui in là,fi difenda i tut tiifùoi>& fi perpetui in quelli della fra fuccesfone. p intero compimento dilla iperan^a^he'lmondo ha con cepu ta della fuo gloriola fortuna,per merito della tìyim,& della bontàf>a,allaquale io particolarmente fono deuotisfimo. Et perche il mio molto rifpetto, che mi Jeruirete in tutti i modi, perche oltre, che noi fece, voi cotiofco,cheuolete bene ame, &• veggo, con quato aino ai mette particolarmìtte a quefla imprefa. Et da qutfla noftra prontezza d'ape/are,ho conceputa una gran perfezione dell’opera .Siche fatela, quando , i£r come be ui torna, che ancora dell’inuentione mi rimet toauoi ricordandomi d’un altra fomigHanga, che ha la poefia co la pittura,& di picche uoi fiele co fi poeta come pittore che nell'una, & nell’al'ra con piu affezione & co piu /ìndio s'imprimo noi concetti, & Idee juepprie, che d'altrui, V r che fieno due fig ire ignude, huemo, & donnafche fono i maggior figgerti l’arte no fra ) fate quella hi feria, & eon quella attitudine, che uipare. Da quefi due principali infuori, non mi curro, che ni fieno multe altre figure, fegia no fo fieropiccicle, & lontane, perche mi pare, che l'affai campo dia piu grafia, & faccia piu rilieuo. Quaio pur uolejfefaper l’inclination miaf pedone, & la Ve nere mi pare un compimento di duepiubei corpi, che pcffiatefarc, ancora che fu cofa fatta. Et rifoluendó mi aqueflo ,bare'obe deibuono che imi:afe piu che fojfepoffibile,ladeferìttiondiTeocrito. Ma perche tutta infieme farebbe il groppo troppo intricato ( ilebe diceua dianzi che non mi piaceua p farei jòlamcnte l’adone abbracciato, & mirato da Venere con quel lo affetto, chefiueggono morirle cofcpiu care , po flo [opra una velie di porpora , comma ferita neU L I B I{0 X f . la cofàdtCon certe righe di [angue perla perforiamo gli urne fi da cacciatore per terra,&fe non pigliaffefrop-po loco,co» qualche bel cane.Ut Inficierei le Jfinfe, le 'Parche,& le Gratìc ch’egli fa,che lo piangono,&que gli amori,chegli minìjirano intorno,lauandrjlo,& fa*-cendoli ombra con l*ali,accomodando [blamente quegli altri dimori di lontano,che tirano ilporcofuor della Selua,de quali uno il batte con l’arco,l'altro lo pan ge con uno [ir ale,e’l tergo lo Hr afeina con una cor da,p condurlo a yenere.Ut accennerei, fe fipotefle,che del fangue nafeono le rofe,& delle lagrime i papaueri.Que fia,o [mileinuentione.,miua per la fantafia,perche oltre alla uaghcg^a,ci uorrei dell’affetto,finga’[quale le figure non hanno[pirito.Se non uolefiefarpiu d’una figurala Leda,&fpecialmenic quella di Michel Minge-lo,mi diletta olir a modo.Ut quella Fenere,chefeceql-V altro galant‘lmorao,che ufciua del mare,m‘magino, che farebbe beluedere.Utnondìmenofcomsho detto) mi contfto,di quel,eh’eleggerete noi mede fimo. Quato alla materia,mi se ri fio luto che fia in tela di 5 .palmi lu ga,& alta,di 3. Dell’altra opera uofira non accade,che ni dica altro,poi che ui rifioluele,che la ueggiamo infie me con queflo mego finitela di tutto, quanto a mi che fon certo,che ci barò poco altro da fare,che lodarla. State fimo. Di Roma. *4 io. di Maggio. 1548. di B .A L C BJ{0. 169 Al Signor Bernardino Rota. fTf pioppo larga vfura m battete pagato di vn Jaht-I to cofi a fecco,corne quello, che piponò da mia parte il noftro M.Giofeppo, Et per vergogna d’ejjìr di fi gran lunga foperchiato da la voflra corte fa, voleri -doni rifondere alle rime,fon ricorfo a' miei ferri cofi ruginofifCome fino in quefia pratica, & v’ho fiat 0 rn Sonni 0 pitr’afiai mal garbato,come vederne.Co tutto ciò,io rei mando fola per riconojcimcnto dell’offcr-uanga,ch’io vi porto,che per altro fo, quanto fi a dife-guale al vofiro,& con quantapoca mia laude farà letto a parangon d’efib.Ma io [apporto volentieri, che fi conofca quanto io vi ceda d'ingegno, pur che voi fiate certo,che non mi juperate in amore. StateJdnò. Dirama. Wj'd'Ottobre. ij;8. Alla Signora Donna Vittoria Colonna. T prima volta, ch’io fui {aiutato in nome fi vo J___y fra Signoria llluflrisfima io le dirò il vero, ne prefi quafì maggior marauiglia,che godimento, pen-fando alla nouita del faluto,donde veniua, & a chi fi mandaua,& non vedendo del canto mio, ne merito, neferuitio,nepur conoJcenxa,fl)epoteffe bauermof-fo vna [ignora fica pari a degnarmi di tanto. E benché io conofcc sfi dal canto di lei}ibe la grandezza dell’hu- T manità, L I B 0 XL. tmnltà>& della gentilezza fuajjaueffe potuto difiitn-fare ogni mia indìgnità;y_r abilitarmi a tutti ifkoi fattori,non però Ugo (lana interamente, enfi per non ftn-tiruifeome ho dettoJproportfrnato a nutrirgli, come per dubbio, cbe'lfuogcntilbuomo non baxcjjc prejo in ifeambio me,o non bene iute fa la comtffionfna. va poiché il S. Don Gio.Manric mi ha fatto chiaro che in ci 'la fortuna bamancoparte che Inerita mio , & che di nono mi balata in nome fao, & delia Signora fua madre,cr ini fa fede che parla honoratamente,^ di mc,&mi reputa degno della fuagratta , arricchito invìi tempo dclgiudicio,& del tefiimonio, & del : la beniuolcnxa di vostra Signoria lliuflriffima fon ite nulo in p'vi pregio a me Heffo, & n’ho fi mito quello eflremo contento, che fi fiuol Cernire d'un grande, tir Jubit'ó'acquila, cornei fiato il mio. llquale , oltre ali e jfr per fe mede fino drftderable ad ognuno , è flato Pf’ccialmmtccaro,?" prc iafo a me, per tante fue circo flange,poi che noe. l\i7jct:ando, noi meritando di fitto proprio moto fé fitto incontro al deftdcrio , che io ho fempre h.muto d'rfjer conofiiuto da lei per Tno d’infiniti,che uffi- ruàno, & ammirano la gran-degga dillo fj 'rito, & della vlnà fi C^HP. 171 fldoHete fapere, quali fono Bati, & nonv’bauete à marauigliare,[dogli bofentiti, perche tutte le parole , & tutti gli atti voflri incontinente mi toccano il cuorc.Ilcbe non farcbbe,fe io purv'amaffi co fi freddamente,come parche vogliale inferire. Ma quefle vo-flrcpunture dall'un canto non m'hanno dato dolore , perche mi fono auueduto, che dite co fa, che non cre-dete.Dall’altro m'hanno portata infini’a dolcetta % perche non pofìo efp-r riprejo per difamoreuole da uoi che non moflriate a me , che l'amor mio vi fia caro. Ma ne anco per difamoreuole è da credere che mi habbiate,non effondo credibile che voi non [tate voi, cioè quella giudi ciò fa & amore fa donna,che ftete, & che in quello atto mede fimo n‘bautte rno tirato de fiere. Sono l'amore, e’igixdicio due grandi inuefliga-tori de'cori abrui , & fè bai ete l'uno & l'altro con voi, come è,cbevoi non vc?giate,cl'in v’amo,& che v'amo,con tutto l’affetto deli’anima mia? Come potete effer non certa di queflo che non inganniate voi mcdefima ? Poi Japcle pure, come fm fatte le bcl-leggc, fipcte quali fono le virtù, fiele nutrita nelle gcntileg^e,cono [cete in fentma tutte le parti,che fanno le donne amabili, & Signore degli animi nolìru Et fe le conofcetc, le doueie ancora riconoicere in voi, douefono Jupreme. Et per quefto hauete a peniate d’effer defiderata da tutti,che vi veggono, (jr amata,^ adorata da tutti,che vi comfeono, perpochisfi-mo c’babbiano dell’amorofe, & anco dell’bumana. Come dunque volete voi credere, che non vanu io. , L 1 È 1^0 Xlt: tt che non v'ami io.lt perche? fon i‘>forfè fen^occhi ? fono fl tpido di fenfoffono Jaluatico di cuore? Volete, chf 4more,tanto pofjente jopra ogni cofa nonpojfa fo-pra di me?Credete, ch’io fta tanto lontano dalla natu^ ra dell'huomo,chenon conofea le Taperc almeno ? 0 Signora mia,troppo gran torto fhrcjlc al mio amore , & al vo(lro giuditiofe voi tcnejlc vcramece,ch'io non V arnalfi.Voi ftete,come ho detto amabilifjìma, & io fono,non pur inchinatola deliberato,& sformato ad amarni,& tanto maggiormente de gli altri , quanto piu di tutti ho conofciute l’eccellenze dell’animo , ^ della perfona voftra. Oltre a quefle ragioni,n battete atl cora veduti fegni,&tali, che all'accorgimento vostro f deuc credere, che babbiano fatto piu lofio cer-tezzc- he congettura. E fe piu oltre non mi fono arri-fchia’.o.gid per quel che s’è proliato potete ejfcre chiara,che non è proceduto da mancamento d’amore. credo, che m’habbiate per tale, che fu. rettalo per viltà ai cuore,o per ruflicheZjca di co [lumi, perche l'ttna no m’haurchbe lafciato entrare , nè l’altra perfeuerare ad amami , come ho fatto fi lungamente. Bi fogna dunque,che vi rijoluiate, che fta venuto,o da mode-ttia,ò da riuereza,o da foretto d'ojfenderui, e ciafeu na di quelle co[s,c tutte tre infieme vi debbono effcr’ar gomcnlo di magg ore-., di più pefito , & dì piu falda amore.Chi leggiermente ama , di leggiero fi mette a pericolo della difgratia delia [uà donna; & chi molto ama, affai teme, ft fuol dire. Et fc ben fi dice ancoraché amo'genera ardire , non s’intende per que- C.AVxO.' tjt fio , che l*ardimento fui con tifico d’o fender la per fa* tia amata, o con poca a o u’acccrgefìealmeno , d'efief amata dame. Scandalo forni fi proponcua chefuf-fe ■ (apendo, thè le denn>. hanno la piu parte > opef dishonore, o per peccato, o per diuleto , opercau-tela d'accettar lettere , & per afronto anchoradct chi la manda , oda chi le porge loro. Ma perche queflafuperfìit one cade folamtnte indenne , oper meglio dire iufemine di penero {pirico, io mi farei ri T 4 folate LIBRO XI'. foUrto in ejuefla parte d'ajjecurarmi dal canto mi ol ^Nondimeno comepoteua io ejjerftcuro dal canto d l-mefto, che per fedele ,è difcreto, che parejfc a me non fu fie in qualche modo fofpetto a mi > St come potata inueUìgare di che uoiui fidarle ,[eio fono (lato femore con noi, quaftdipa flaggw? Ture con tutte quefle difjicol'à il mio cuore è (lato fempre defidcrofo di mo-sìraruift. Et uoifapete, quante unite, quanto di Ionia no, & con quanti Hratagetni mi fono ingegnato di ■venire a uederui,perche voi conofcefle quello, che no mi pareua tempo douerui dir e , &perdiruelo ancora, nafeendomi occafione,o tficranga di non difpiaceT Ui: Ma fe gli rifpetti, gli fofpelti, l'incomodità del, loco , la [carfeTga del tempo, la conditìon mia, la ritira re-gga uoHra, non m beino lafciato, che potata io fare altro, che dolermi,feruirui,tacere. & affettare?Sapi do masfimamente, che a’ffirìti nobili non fi mofìra dE effere affettionato con l’ejfer multo profontuofo, e che vno intelletto, come il uoftro , per molte altre dima-ftrationi, & manco fallaci, che della lingua, <&■ della penna , polena chiaramente comprendere, quanto io l’amatft ,& la cagior.cperche tacesfte Lequali dimo-f rationi battete vedute in me tutte, & tanto temp o, che potete efier cena, non folamente dell’amore, ma della coftanga mia. Ritorno bora al mio filentio , allo Fur rattenuta, & al proceder con. tanti riguardi , & iti replico che quefte cofe v’hanno a moftrar dipiu , ch'io ui'fono riuerente, che non fono auuenturato, & che mn tengo poco penfiero dello fdegno , & la m ' fu- 174 fnitatìonevoflra. Et di qui doucte canate all'efìremo * ch’io y‘amigrandemcnteicbt non fia precipitojo , eSr poco auuedmo in amami , & che l’amor mio fia congiunto con ibonorvoftro . Mefcolatr tutte quefìe co-fc infteme, & farete yna compofitione d'vn amorve-ro,confiderato,nontcmerario}nonpericolofoinfomma datutte le parti perfetto. Già dall’acuto molto , che m'bauetc tirato,(ir dalla millerio fa lettera , che m’ha Uete ferino, io ritraggo, che ne fiele accorta ; & fon certi fimo, che tenete quel cl/io vi dico per vero , perche la verità,e‘lgiudicio rofiro è tutt’vno. Et però io mirifoluo , che le uoflrepunture non habbiano voluto dire, che uoi riputiate veramente , ch'io non v’ami t ma che m’habbiate accortamente voluto moflrare,che io uì debba amare. Cofa '-che m’ha] ripiena, d'vn allegrerà incomparabile, d’vn obligo infinito, & d’una gran marauiglia della prudentia i della cortefta , dr della grander? dettammo voftro . Tradenti filma fa cendomiconofceredall’vn canto librette , & amore col modo , c'hauete tenuto per accertami dell’affettio-ne,& della femerf mia’ Corte fi finta, quando poi t per noi §ìefià,preiiencndo le mie preghiere, con fi gentil imito mi hauete ajfccurato ; & di uoftro proprio moto, fiele venuta intorno aliatemene > & alla dignità mia. D'animo altifjimo, quando nùnguardando a quei rifletti, che tengono irrefolute le donne debili, fi francamente vi fiele difpoHa , nonpur d’accettar l’a-mormio , ma di riconofcerlo-f & di gradirlo [opra al mio merito. & quando io itera maggiormente fuor dt fye- Z f 8 0 Jf/? fperan^ct. flora Signora mia dolrìsftma^uandoio noti haucffi bauiito mai punto d’inclinatione al roHro amo re,confiderandò come da voi mcdeftma, con f/real di* irioUratione m’bauete am/crtilo di cjucflo belio animo uofiro farci sformato ad amami con obligaùone. Ma vci ftetcgia certa, ch’io v'amo dauantagio per elettio-vc,<£ per de flirto. Et io mi tengo accurato da voi, che m'amate a rincontro per gentilezza,&per gratitudine. Dì che io mi reputo feliciffmo. Et mi goderò di que* fa (per unga coft di lontano,fino a tanto, che con la mede fm a prudenza , & defiregga uofira ni degnerete di dare dijeretamente ordinc^che io venga in cofyetto vo-ftro,&gittandomi rhterenicmcntc a i vc/ìri piedi, con quelle lagrime,ch’io Jpargo già di dolteggga, & co quel le parole,chà non fono flato ofo a dimi infino a bora, vi dimofìri apertamente il mio core , & vi renda quelle gr atte,che per me ft potranno,[e non quelie,che vi fi co uragano della fuprtma. liberalità voflra verfo di me. DeÙaquale attendo il giorno, ch’io dico della mia beati tudine,& colpiacer di imaginarmelo, vicino , &tal unita preferite,vo temperando il defiderio che mi confi* ma inf.n che non giunga. yiucte lieta. 1 Il fine del rndecimo librOé DELLE D E L t fe LETTE R+B t> I X III. A V T T O R I I1LVSTRL CON ALTRE LETTERE httouamentc aggiunte. LIBRO DUODECIMO, 33 1 M. CLAVDrO TOLOMEl A M. Appollor.io Fiìaretd» 0 LET^T 1F farei venuto cori voi Ufgyìfm altri Utrapafjar le none dì quefli caldi tra qut'frefcbi di Ronciglionc, & dì Capra-rolà ; ma poi che io fon rimafo a Roma, parte per impedito , ^ parte per difutile * ho alme no gran piacer di riceuere fycffo voftre lettere > lequa-li mi addolcì fcono in non fa che modo l’animo , prima che io legga,bor cbepenfate che elle faccian poi legen-dolcì Ma jopra tutto mi ha ripieno diconfolatione quel che per la uoHra de XPll. mi fignificate. 0 come do-uete Meffer Mppollonio ringratiare Iddio * che vi ha jpirato fi bclpenfiero ì onde vi feguirà contenterà all’animo i perfettione all'intelletto > ornamento alU vita, grafia , & laude appreffo di tutti > jl me par Veramente , tbel'buomo non pofìa tpendert L 1 B l^O X II ìefue hore che veli mpar are. Q^e/io è de fiderio naturale dehiu ale io non fon già in chemodo glibuomini elafcianofpiare , &diBorre. Ioccrto,s’iopotef-f, non uoneì far altro giam ai , ebepafeer l’animo di queftofoauisftmo,& diuinisfimo cibo, Ondefpeffofoglio dir con cjuelnobile G urifconfulto Chanfon etecon entis ero cebo profiibulimin. si come fece Solone , ilcjual ntlìcflremo della ulta fua dr'rgxò il capo foprc.il letto, per intendere quel , di che difputauano certi fuoi amici. Veramente è nera quella [entenza, ebe tra vn fapiente , & un che non fa, e quella ijleffx dìfferentia che trauribomo nino , & un dipinto , o tra un‘buotno,& un [affo. Quefla è lettiera , & na-turalperfettion del nciftro intelletto, con laqual ci auui chiamo io nonfo che modo a Dio, fonte prima, & origine di tutti gli intelletti. Qj:elia porge un piacere > ùn contento all’animo noflro, ilqual non lafcia auuici-tiarfi moleHia , che l’avnoi, ne pontura,che lo trafigga . Cftcfia nella tranquilla fortuna, ci bonora, nella torbida,ci conforta, & ciatftcura. La onde bendiffe lamblico. Ca ar ecis à sylloto temenos in aretin ormi-teos opos is mi de mi an agenni tycbic ybrinon ecdotos. OVelfa ci fa uiuere iltempopaflato , il preferite , &l’auuenire. Concio fa cola che leggendo , & con-ftderando, gr gufando i detti nobili, &i fatti glorio fi di cotanti fpiriri HI <(iri, che già fon morti , ci pare in nonfo che mode efferci pre/enti , & goder quel fecola infieme con cfTo loro, ilqual ci par ueder con chiara vi fla, comes eglifoffepur bora. Fluiamo:,lorefentc , perciò- CLJVTxlQ TÙLOMVA. ry* percìoche quella degli ignorami non fi mo chiamar ve ravita,non ardendo elfi, non intendendo y nonguftan-do le belle cofe di Dio della natura, & dell’arte fola ql-la ne Capienti è vera , &uiuauita. Fiuonoancbor dotti neliauenire col mexo della fama, & della gloria Onde fi vede che Platone,^irifiotilc,& tanti altri fono anebor oÌHÌ,fr unteranno con fempiterna laude, cotan to falde fon le radici della uinù loro. Onde he dijfe il Te trarca di .eficfjb. T alche sanino al de fiato porto. Spero per lei gran tempo: Viuer quando altri mi terràper morto. Ma doue di auedatamente mi fon lafciato trafiortet re? Troppo è largo troppo fpatiojb , & pien di fiori , di frui i quefio campo , oueio fenxa auuedcrmcne fontrafeorfo , oue larghisfme fon le porte per entrar nellefuegran laudi, Jlrcttifiimeper vfeirnegiamai. Et però licitandomi altroue,vi dico, che mi parpruden tifiimo il uofirodifegno di entrar e in quefta folta felua delle dottrine con la guida delli fcrittori Grechi , & della lingua Greca , pcrciochebenfipuo dire , cb’cf fi fieno imae(iridi tutti gli altri , & principio , & erigine di tutte le buone fcicnxe , iquali meglio è affai legger nella lingua lor propria , che nella tradotta , perche in quefta non fi uinamete ft fcolpijce il fentimen to , &laproprietà,air lagratia > come nella nativa. E dipoi cefi dolce , cofi ricca , cefi uaria, co fi atta ad agni (Me, di prò fa,& di tur fi , la lingua Greta j che (vi per quefìo doterebbe da ogni beilo ingegno L I B B^O Xl'i. effet'intefa, quando mai non glie ne fèguijje altro frutto. Tiacemi ancora, che difegnate di bauer per voflro maenro,&pcr roftrafcorta M. angelo Calano,ìlqua le ha fatto con la bontà & con l'induflria fua quel bt l- lo,& nobile legarmelo delle lettere^ del co{himi,& ha coft bene accompagnate le lingue con le dottrine, che in quelle, & m quelle è divenuto eccellènte. Fate in ogni. modo dibatterlo appr effe di voi percioche ui fard, &■ di grandifimoprofitto ali'mparare,tt di fommo al leg gctimtnio aUefitiihe, che fon congiunte con l'imparare. Ma di ciò non dito piu oltre. T^on ho mai potuto ve nire a capo con quello amico della facenda, di che io ri ragionai qui in ìfema . ciò auieneper lapoca fufjiciet!ga,oper la troppa fa ritrofaggine. Mi farete cofagra'a fcrinendoli torni rn capitoletto in racconta dation di quefla cofa,cbe s’egli non la farà poi,farò certo del tutto,che egli non la vuol fare, attendete a ftar /ano, Dil{oma. XI. di Luglio, M D XLIU. A M.Gio. Francefco Bini. T tifino ad bora io v’bo tal volta battuta compaffw-ne , ma bora comincio ad haucrui inuidia. Ecco come egli è ageuol coja voltar i’vno affetto nell’altra fio contrario, ff'baueua cor,cpaffone, perche nivede uainuiluppato ne’ Cardinali , ne Conciflori , ne Va pi, ne gl’imperatori,ne gli abbe ccamenti-, ve' viaggi , negli alloggiamenti, nel gridar con gli hofli, & mille CLJ.VÙIO TOLOMZI. lyt altri difx gì , di chì noi per una ito [ha lettera facezie meco Hnpocodìfibiama^i.Horaui hoìnuidia, p<'i che piantati tutti que/li trattagli, ve ne gite a piacere col mio dolciflìmo, & gentiH(fimo Fefcono di Brefcia la doue grata accoglien za, buona compagnia, piace-* itoli intcrrenimenti, corwfie di parole, & d'opere, fempre ritrouercte ■ cheeffendo ripieno di uirtù, &glt tik'Zga, fpira fempre fa or qualche bello effetto co forme alla nobiltà deli'animo !uo. Voi inficine uederete Verona, anica, & nobilcv.tà, madre, & nutrice di molti tcUcgr.ni ingegni, non fola antichi, ma moderni molto piu, tra quali uederete il nofìro Al. France-feo Torre, ornato di lettere, & di collumi , ma fopra tutti d'unadolctjjima bonetià , d'una boncfliljìma dol ctlga ; alqualegta molto tempo è, che io fono Hata amico, & bora per le fue rariffime patti t’ho in fontina riuerenga. Voi rifilerete il Reuerendisfimo Ve [cono di Verona Specchio di bontà, & uiru),nella cui lode non ite gito entrar al prefente, potendo piu agevolmente trottarne il principio, che l fine. Bafta che fi può ben dire, che egli fia fiato un deprimi, d a fue-gliati i Cbrifìiani, eir mcHrato lor la nera aia di Chri fionc'noflri tempi. T?iaccrauHÌ,uencndoui ap opojito racomandarmegl't con quel modo piu dejho , che nei faperete. Ma doue entro io bora araccontaruii di ti,cbaurete intorno al bd lago di Garda ? vcdtnd a ti bei cade Hi, fi vaga riviera, Sirmione & la v'-ilA antica di Catullo, tifi furiti ingegni, figratiofcv.lle? Dove ancoratoptnjo narrarvi la ricchezza,& nobil L 1 B \Ot X tà di BrefcU, la uagbe^a, & grafie^a dì quelpae-fetDoaes'iouoglìo ragionami di t'icenxa gentilìffi-macittà, & generalriie di molti belli ingegni? Doue per Dio > s'io uo diruidiv adotta, madre di tutti gli fin dij, ripofo de trauagliaù, ficurtà degli affiati ? Dotte finalmente , c’ìo uoglioallojìuporc, e^r miraeoi di/Veneti a , laqttal vincefen%a dubbio ogni imaginatione. Certamenteparangonata a Bpnta, potremo dir col Sannazaro. Quella dirai la pofergli buoinini, quefla i Dei. Io rauuolgo tutti quefii uojlripiaceri in unfajcio, & li trapaffo feiegaparlarne,perche prima io non farei baìlante a narrargli dipintamente, dipoi. perche nel-ragtonarne mi s'accrrbeerebbe l’tnuidia. Ne ri lo celar quejìo mio peccato honeflo ,poi eh'ci nafte da ho-nefìa cagione, perche io sìimo boncfiijfimo deftderio l’efier con noi. colFefcouo ; ragionare, diffmtare, ca ualcarc, intertencrmi con l'uno, & con l’aLtro,veder quella ncbilcittà, quei beipaeft conuerfarcon quelli terati, con quegli huomhù da bene, con quegli ingegni pellegrini, imparar da loro, o lettere, ò co fiumi, cucr auertimenti nella vita bimana. 'Non è queflo honeflo appettilo ? Hor uoi ni goderete tutte quejìe co -jeperme, & per voi, checofi vuole, & comanda la legge dell'amicitia, & poi io non poffo cjferui preferite, fatemene almen partecipe con qualche uoflra lettera. Statefano& conferuatemi in buona gratta del Fefcouo. DiRoma jlai.di Luglio. 1553. A M. Ambrofio Catari no Vefcouodi Minorica. 1JL fon paffuti due anni, & me%o', prima che io partici di Epma,^ prima che la man di Dio mi vi fi t affé con quefia afflittióùe degl occhi,che, [indiai j & loffi alcune cofe [òpra i principij della religion Chrifliana: la dotte conobbi chiaramente che queìpor-gmcnto Ecclefiaffico , cioè quello Jpirito ^ipofiolico trapalato nella Cbiefa: Chrifio di mano in mano , per continuan^a de’tempi, fetida [crittura , èrnodefal-di, & ben fondati principij per infognarci dirittamente la vera religion noftra. Laqual cofa fi come è vera , cofi sbatte , & diflrugge , &rtiinaivatiièdificijdi molti her etici. Laonde ejfi,che di ciò ben s’auedono, ft sformano torci quefìoprincipio , & sfacciatamente ce loniegano. Ma non hanno ragion che vaglia, &fon conuinti (fe dritto fi giudica non fole dalla autorità di molti fanti huomini ripieno dello fpirito dì Dio ma [da manifefle ragioni , & dall’Suangelio Sìeffo, & finalmente dalla vera , & viua verità acuì contraporfì, nulla altra cofa è , che contraflare a Chrifio mede fimo. Era l'animo mio finir di fcriuere alcune cofe fio-pradiciò , lequaligiaiccominciaiinEpma , &poi per diuerfi diflurbi l’entralafciai , ma intendo , che nel [acro fanto Concilio , il quale in qitcfli tempi fi celebra {otto il SantiffmoTaoloTerzp , è fatto vii decreto, ilqual determina , & diffinifee a pieno quefia Z ma ' L 1 B 0 XU. Materia, lo de fiderò di vedere perche fon rifaluto,tutto quel chf ttif^ddiffinito,abbracciarlo, & tenerlo per vero effrndo chiaro jtiegli fta venuto, & dettato dallo Spirito Santo, Uguale in modo veruno non può fallire\. la onde vi prego inerendo Signor mio, chcfenXa in-commodita uotlra facciate fi,ch’io nhabbia ma copia, (indeiopojfapafcer l'animo di vn nuou.o cibo Jjnrituale eJr diuino. Stfe enfi vipare aggiungeteui qualche dono j della noftra[ingoiar dottrina, ^luncnà forfè, che egli partoriràin me qualche frutto di piu t.inafede, &.di caritàpiù ardente. Deh no lafciate Monfignor agghiac dare in me il def derio, che io ho d'intender ben quefti principe,iqualiio fimo,che ftenla vera porta per entrar nei fanto tempio de minijlrij di Dio. State [ano, & pregate Iddio per me. A M. Dionigi Atanagi. ^ifcicr'j dapartekcondogliengcypernon rifref-|_v carmi nell’animo quel dolore, che io cerco,quan to poffo,di fu eliermi della mente, & pur non ni trouo per ancora rimedio alcuno. Tfon me lofmihùifce iltent pOy::.nme l'aqueta la ragione,ma non itoglio hor dirne ne più-Terò venendo all'altre parti della uofìra lettera lequali cof mi addolcifcono,come quefia m’inacerbifce & mi tarmi nta femore,dico, che fi l’opera del Raddoppiameli tv ve cotanto piaciuta,come mi fcriuete, n’ho gran piacer eùlqual mi i'accrcjce ancora ,poi che dite. OLiA FD IO T.OLOMEI. i7| $h'elh ha dilettato a tutti i belli ingegni di F{oma., che l'han yeduta. Del Infoiarne trar copia,non mi raccordo perche dubito^be allargando fi troppo.non uenga in mano a qualch‘uno,iU]ual fenga ricetto, ò ccnfcienyi veruna,lamandial macello del Barbagrigia,o del Zop pino-.onde ella fi troppi tutta', <& p fuuarci. Oltre che uoi fapetebene,ch’ella non può andar fuor a in pablico, (ontra L’ordine della fu a religione. Ai , pur fé mi feruire te, chi fon quelli,che cofi la bramano, forfè che non ne farò djfcortefe, confidatomi nella bontà, & ciferetiov loro. Quell’altra opera del Raddoppiamento det fi II ab a, a fillaba,è ancora in man mia. Non la la mandai a M. Qiacopo Cenci, percwche quando io la uolcua fartra-fcriiicreper mandargliele, fucceffe quelloaccrbijfimo cafo,onde poi non ho bauuto n'e tempo, nè commodith, nè cerucllo per attcnderui. Furie ella non vi piacerà 4 mono,chabbia fatto quefla prima,che fe bene tuttafin uentionc non è cop nuova, ella forfè non è meno vide ; la douefon molti ponti fottilmentcf fe io non m'ingano ) inueHigati,& chiaramente dimoftrati. Non manco di fcriucre ogni giorno qualchccofetta,makntqmcnte,per cioebe la prima mia mrcntiont è di procurare,s'io potef fi,o guarire,ò alme migliorare di quefla mia fcucrama-latia degli occhi,acciocbe iopoteflipiu arditamente at tender’al fcruitio de’ padroni, al beneficio degli amici, & al piacer degli fludq. Dclvenirvcflro in queflepar • ti,non vorrei che vi rìfoluefle infin a tanto che ancora io no farò rifolto del venir mie ò nò fi cotefìehade. Quel fumo,di che mi parlate nella voftra, mi dà poca no'14 Z 2 ancora L I B 110 XII. ancora che io habbiagli occhi debili,per che io ho la te [chiotta,&falda. Di che per bora non ni ferino piu ol tre,ma quefia altra Je*tmana,come credo , ue neferi-uerò a pieno.Onero fiero far conojcere, che cotallfumo fi rifoluerà in vna chiara] luce di laude dell'innocenza mia,& del vero. Alla Signora Vittoria Farnefa Duchefla d’Vrbino. T7 ì\t affai per contentarmi,che voi signora Eccellen-JC ti\fimafacejle rifondere ad vn vofiro\, fen^a che Voipigliafle fatica difcrinermi di manpropria cofi bel la,&amoreaolc, e cortefe lettera. Ma la benignità ne gli animi nobili non ha mi .ra ; & quando ella ha ben fatto [opra i meriti di chi la riceue,& quaft jopra lefor \eproprie,in ogni modo nonfifatia apieno, cotanto i grande il piacerebbe gli firiti genere fi fi prendane nel far bene altrui. Ecco che non Itilo m’bauetc con folata fcriuendomi,che ancor mhauetc (cri'todi uoflra mano lungamSte. Nè ciò v’è badato,anzi a quella amorcuol dimojlrationc battete agiunto l'opere parlando coft caldamente di me, o te io defiieraua, & promettendomi rinfrefear con più vitto affetto cefi bello officio. Duerni pare Eccelientiffima Signora che uoi babbìate unagran uentura,pofcia,ch’io ne ho forza alcuna per ricompen- f far tiene ne pur parole a bafiaza p poter uene ringraùa j re,chefe in me faffe ò l’uno ò l’altro,farei certamente col fretto a venir uiafaftidio per il gran deftderio, che è in me di moflramigrato riceuitorc di tanto dono. Cofi io CL^FDIO TOLOMEi: 179 tue ne pafferò con filentio, & noi non fcnùrete la noia, che re ne rcrebbe, <& infìcme rityltnderà maggiormen te la roftra cortefta,fatta ad rno,onde nonpuote afpet tar guiderdone,nè di fortuna^è di grafia nè di gloriai Ma aitando poi in fine della rofìra lettera mi canflrin-gete,e mi ftangvirate,penb‘io ui (crina Jfeffo, che deb-b’io dir qui? fé non che da uoi io fono sformato in tu ti i modi a errare: percioehe fcriuendouì mancherò a molti debhirifpetti cheficonnengono uerfo ma Signora cofi honorata rirtuofa,& Ulnare,nonJcriuendoui manche rei al roflro comandamento ■ Sceglierò dunque di due mali,il minore giudicando,cbe’l non obediruifia il mag gior peccato,ch'iopojjafare. Oue{pero,che (otto la ho-ncfta,& splèndida uefle dell'ohedienga fi ricopriranno & nafconderanno tutti i mancamenti del mio debile;et ponero intelletto. Che fiate per partirai tofìo di ffoma, n‘hograndiffmopiacere.parendomi t'hoggimai fta >e-po di ricogliere qualche bone (lo frwta delle rojlre fin-golari uirtù . "Piaccia a Dio ricompenfarui c< fi lunga tardanza con vn fummo contento della vita auenire. 2 5 L 1 È I{ 6. XÌi ÀI Cardinal Cornarò. IV volte il Magnifico M. Gioitami Micheli rn'hd I [aiutato in nome vofiro, lllitflrifjtmo Signor mio « leejnàli falutaiioiiiyft come mi fono fiate gratiffime, cofi m hanno in non fo che modo fatto arrojfire, & vergognar di me fiefo. perche venendomi dà fi nobile, &■ ho noràio Signore,non hanpotuto fe non arreccarmigran-diffima confolationeidi cui in ogni tempo fempre, & in ijitefio affai più conopeo haucr bifogno . Ma riperifandó poi,come già lungo tempo io fono fiato [eco in vn rufli-co filétio,nèin due anni,ò più, paffuti,gli ho fatto puf vna volta con lettere riuerengajto infieme vergognati domene biafimato il fallò mio , & tanto piu lodata là benignitàfua , latjualc m‘ha confortato t on vna finirà fperam[a,che fi come ella è fiatagrande in mandarmi à falutàr cotanto cortefemente, cofi ancora fetà maggior in perdonarmi liberamente il fallo paffuto Bfn granoni dunque Monfignor lllufi. & dclPhumanità, & dell’d-moreuoleg^a * nè per bora ve ne poffo rendere altrò guiderdone,effendo a fatica rimafo in mia forza l’animo,& le parole, il Rpucrendiffimo fig. mio, mi trouò qui im’adouafafpintod,et battutoci da fieriffima tetri pefia , la dooe infieme con altri ho patito acerbìffimò naufragio, fiitrouandomi nudo d’ogni ben di fortuna ; ma ciò è poco pofeia che none un male , chéfidinnòi fiesfi. pqtruouomi della per fona affai Pìcmperato, & affìitto,& temerei ogni giorno di /{arpeggio, fe non mi tori- tÌAVDlO TOLÓMEl i8<5 tóiifolaJJ'e un poco la bontà dell'aria la quiete della tei1 ira,(ir l'eccellenza de medici, che ci Jouo. I^eftamifola l'animo,ilqnale è mio per aticoraitiè la fortuna hapotu to in/ìn qui batterlo in [uà forza nè pcn/Oiche lo debbia hauerper inanzj > perciocheio m'ingegno d'ingagliar* dhló ogni gU:rno:&di farlo piu forte,&piu laido contragli a falli di quella paz^za dggiratrice del mondoi Onde io cori eterno decreto l’ho confermato in alcuni fermi stabilimenti. Di cui il primo è di rion far mai,nè pur pentare (quàto Iddio mì daragratiaj tota indegna d vnhuoma da bene,& d'una perfonartftuofayetprie go iddhyche prima mi fi diparta l’anima dal corpo, che mai fi dilgiunga dall’bÒne[ìà,(t dallagnifliiia. Ilfecon do è,che in qualuncbe auenimenUib di rea , òdi felice fortuna io mi diffranga ejferfempre il medefimo, no mi lafciando nè balzar dalle bone venture, nèibatttr dalle dijgratie,da cui jen coft sj’ejfo rifilato c’hormai a lo ro è poca laude i3aflalirmi,& a me non è cdfa 'nuoud il contraflarui. quefti due n’ho aggiunti due altri, de’ quali l’vn riguarda il debito della ragione,/altro l’obli go del mondo i (fi elio è di pigliar (ft come ho fempre fatto, ) la Chic fa di Bgma per guida infallibile della ué ra religione cbrifliana, a quella mirare, quella feguire efstdo perfualo,& cn dendo ctrtisfmamtritej che n iuta certa verità ci fi mofìri fuori di cjuella, ptt laquale 10 griderò a guifa di S.Vaoló. Chi mi dipartirà mai dal la dilettion della Chiera è la tribù latto ne, ò l'drtgoftiui la perfecutionc, o la famtU'ignudezga, o il pericolo« 11 coltello è Qcrefi’altro è poi d’haucr l’animo fempre af 2 4 fettiond o f L 1 B 0 X IL fcttionato, & dinoto agl’Hlttfìriffìmi miei Signori, ci quali battendo vna volta confagrato la [entità mia, no pojfo per me lie([o,&Jcn%a licenza delfommo facerdo te farla profana,che cefi comandan le buone leggi. Ma oltre al mio obligo,mi iti foffìnge, & mi ui tira la nobil tà,&uirtà loro, laqualmifa ‘vergognare di me fteffo, poi che in fino ad bora non bo fatto cofa,non dirò confor me alla grandetta loro (il che nonpoffò) mane pur co jteneuole alle piemie forge mie, direi altre mie rifolu-tioni,ma non voglio , mentre io de/iderofar’a fi gran mio Signor riuerenga, porgerli faHidio, Onde Ljjando ogn altra cofa da parte,dirò folamete quefla, che lo flar quiper molte cagton mi diletta. Ma quando io ccnftde-ro,ch'io fonpr'mo della dolce,gir- bonorata conuerfatio-ne dimoiti miei amici,&patroni,ch’io ho in Roma,al-Ibora l’efferne lontano mi fifa di[piaceuole,&‘ moleflo. Tra i quali voi ]\euer. S. mio ftete uno,neIla cttigratia, & bontà riceuuto,io fentiua infieme conciarmi, ho norarmi. Dunque aggiungendo cortefta.a cortefia,non ui fta noiofo con qualche piccola letterina addolcirmi la noia,che io ricetto di quefla mia lontananga,che ben fpejfopocbiffìmo cibo fojiiene vn corpo indebilito per Hi go digiuno. Di Yadotta. CLuiPtotO TOLOMÉL i8r A Mi Bernardo Taflb. T ^Amoreuok j & ingegnofa lettera uoflra de i 3 ^ XXII. diDecembreni ha. fatto ageuolmente cono fette 3 quali dourebbono efjetlemie, che noi cota to lodate. Tercbe dicendomi, & montandomi fi mi-nulamente le belle parti delle mie lettere, m'auuedo, che la'uoflra modeflia mi fa conofcer per una gentil aia, tutto yquel, che in quelle defiderate. Ond'io V Signor mio obligo doppio, l'uno delle benigne laudi * l’altro deltaueduto ammacHramento. Che fe bene io cono fio non meritar qtiefle lodi,nonèpero, che le no mi dilettino , non migiouino in/ìeme. Dilettami neluedercon quanta agenolegga uoipiutoHo lodandomi ,cheriprendendom'^niindrig^ateper bellaJìra da di chiara gloria j Ciancimi molto piu quanto ch'elle m'infiammano io non fo che modo a far fi per l’aite-uire, ch’io nonmene moliti del tutto indegno. Dunque fi come io ue nho obligo doppio, cofì ancora dop* piamente ue ne rìngratio ypregandoui ch'm’agiugna-teimanoua cortefia t col manifcfìarmi apertamentei ttSr non con auuertenge tanto benigne, de gli errori > che fono [parfi in quella opera. Che uer amente mi farà cofigrato, oforfè pìà ilfentireì miei biaftmi t come dolce mi fa paruto bora il nedermi lodare Concio fa cofa che la ginftariprenftone del buono, & fauio ami co produce maggior frutto ajfai che non fa la loda * 'fiori no dir per efiufattone mia alcune cofe di quch l’opera, z i x il ó xii; IV-era no f mìa.■volo'J.maptr altrui violenta, wadd tain luce,perche [o, che fe bene elle fon vere i nondimeno tienivi fare bbono credute i onde io fon difpofio più teff A domandar perdono in cjueflo fallo,chi fiufat lo.Che vi piaccia il vedaui sbandite le Signorie * £r / £ celiente jifr tallire loro sfacciate JortÙe, ri barrati piacere , certo elle, con troppo vana baldantg ftuan tutfcolande per tuttofa [peto che je uoi, & alcuni al tri begli incigni k(tacciaretepràilmcntc dalle voflrc fcritture itile perdi ranno affatto la riputationejdtjua-leper tùie adubilione degli huonnnibasfi,&per ifeìoc ca vanità de' (ignori, s’hauCuanó accf ni fiata. E^ngra-tióuinon menò delinibammarmi, che fate,a fcriuere altre core fiche dame ifommamente de ftderato , & quafmullajperdto. Tefche, cime quante [pine j tfudnti intoppìi quanti sbattimenti putigono,aitrai er-fano, interrempoho quefìó bello, & honor..todi]e-gno,la debolezza dcltititclletto ji(affidi dell’animo # le mala : ie del corpo, i difagi, e i tran agli de’ beni di fortuna,non milaffan cambiar per quella (rada, oue ro (ìandomi veggio innanzi il tempio della virtù & della gloria. Mu pur non potendo in tutto quel thè io uorrei.farò in ogni modo quel poco,ch’io pojfo'. il di pegno ucflro dì porre in luce i due libri delle uofìrc lei tere,non poffo fe non lodarfommamente;percioche , otre che ne feguirà maggior ornamento allariojìrd lingua, v ci moHrcreiÉ ancora,come non meri per la ferì tura delle belle prò fe, che per la tesatura de'uo Uri leggiadri ucrfi, {ìetedegno, & difommbonore * tlAVÒÌO fóto ÀÌ È i. ìh ^ di gloria imttòrtàle.Il mio {lare in quefte bade (poi che me ne domandate)(limo farà infino a Tafqua , che dipoi prenderò qiiel viaggiò, loqual iddio mi porrà infrangi per migliore. Se'n tanto è cofa -veruna ch’iopofi fa fare per voi,vfatemi(ri priego) cortefia in farmela papere. Re fiate felice^ & amatemi .di Tadoua. Alia Regina di Francia; “I" 0 mi irouo combattuto da vno efiremo defiderio > jL& da vnfommo rifpetio. Il defiderio àrdentemeti te mi fprona a fcriuerui qualche volta, Sereniffimà Reinà,a ricordarci l'antica feruitu mia con l’iUuftr ifJi-ma cafa de’ Medici ,à farai fede della continuata mia affettionevèrfo la corona di Francia, ma [opra tutto à fignifìcarui, quanto io fìa con fermeg^a d’animo di-uotisfmo feruitore dellagrandegga voBra, [pinloui affaipià dellefingolarisfimè virtù voflre,chc dalial-tegxa della fortuna,doue ella è poHa. llrifpeiio mi 'Yàffrena,ricordandomi il mio baffo Slato difeguale iti tutto all’altcgja vofira. Le grandi, & regali voftré òccupationi di non cfjere interrotte dalle miè ciance , me ne ritranno.il fajlldio chèverifimilmente vi porgè irò fcriuèndomi mel vieta.Là onde irouandomi, come ho detto, combattuto da quelli due contrarijì alla fine mi s’apprefenta là diurna virtù voSlra, la-quale mi ha follènato l’animo,& datomi ardire a fcriuerui , fapendo che voi,a famiglianga di Dio fparge-té i raggi della vofira bontà co fi i>crfc i bds(i,&hùriii LI B 1{ 0 XH. li,dome verfo gli alti, & potetiti,che voi per la prouidS Za delle cofegrandi non lafàateperò d’hauer cura delle p\cciole,che voi non v’arrecate a noia, anzjprende-te in grado laferui'ù, & purità deti’animo aUmi,benché vi fta di poco frutto ,ò dì niun conto. Coft dunque con ftcurexga,& riueren%aviferino , fupplicandoui che accettiate benignamente queflapouera offerta,che io rifo dell’anime mio , laquale quanto è certamente picchia in ualore,tanto é forfè grande in ardore, & in e fetta di cuore.Io ui fcriuerò qualche uoltafe intende-rò,che non uifiaa difyiacere. Et a uoi humilmente mi inchino,& mi raccomando. DaTadoua. A M. Gabriel Cefanoi altro fu maiil mio guidino,che fuffe il uo~ (Irò,ma tato piu era in me, quanto io a bora pev bora uqdeua , & conofceua tutti gli accidenti deli ammalato. Vi chepofjo in qualche parte confortarmi,poi fhehop una noltafola,& ad una per fona,ma piu, & piu uolte a uarieperf:ne,doue era conucniente lo d'ufi &predi(]i. Ma auenne ame, come a Caffandra,perche non Ài fu creduto da chi bifegnaua. Or lafciamo andar quefto ragionamento,per non ria fi e car le piaghe3 eguali per uarq ri f etti ini fon troppo dolorofe . Io ui nngratio affai de’ buoni fr amareuoli configli, che uoi t ti date, gli quali conofco fccndere da abcndanXa d’a-ihoref&prude, <&■ m ingegìmò feguhlijecodo che CL irmo T 0 LO MEI. 1S3 piu potrò & che Dio mi darà grilla . Etjopra tutti me ingegnerò continuare in vna ftncerijfima dìnotione ner fi) cotcfla Chrifiianisfima l\eina. come mi configliate, laquale,&per debito delia mia amica feruità, é per la. grandezza della mrtù fua, & per falda decreto di mia uolontàjfon cofìretto ad bauer fempre in [omino honorem riuerenga. piu pellegrini ingegni, tra l'altre f aliene, cue ci porje quell’autore,luna fn,& forfè la maggiore, che lo ri-trouammoinmoltc[ite parligua[io , corrotto , & [opra tutto nel nono libro , CT nel decimo molto, piu.La doue ne con fette,0 uero otto tcfli ferini a mano neper ammaeflramento d'altri fcrittori, ne per ejjem fidi cofe antiche nè per fagace congeniti a ci potemmo italere a baflanga tanto che L’animo ci s’acqueta fe- & rcslaffe[opra di quelle materie ben fodif-fatto. llcbe in tutti gli fludij è di grande impedimento all'inteiidcr, ma molto piu in cotali ilìrumenti p Unti, la doue l’huomo non ftpuo aiutar con ejfempio, 0 ritratto alcuno. Onde tra le altre cofe mi ricordo che nell’bidr aulica, & nella catapulta rimanemmo moltolofpeft, benché nell’una , & neh’altra andarti-rno tanto oltre , &qq[i tù ritrouamwo alcuni c A M. Francefco Sanfouino. pri I I B 110 X II, prìncìpifache ben fipoteua dire, che noi nymtendesft~ mo qualche parte, Etnclld catapultaci rifoluemmo, chiaramenteycbe quella deferitta o dipinta da Giocon-do,non ègiàquella di Eitriivio.Cbepiiìhbe di K/afQ U ci fu mandato ildifegno d'ynay ilqual ftmilmenie non ci [adisfece. ~Nonpojfo dunque virtuoftsfimo M, Franccfco dichiarare a noi quel che incedo già io, che non foloper quefia cagione,ma per ejfermi già q.. anni difilato da cotali fludi, non fono atto adejferin cidi buondijcepolo,nonchemaefìro. Etloprouo con gli effetti,perche aprendo bora il libro di Fìtruuio, molti luogbiycbe allbqra ni erano ageuolisfmi, adejfo mi fi fanno ofci-.rì,‘Otaria foiTaha iy[o ,<& lo ftudio in tutte le cofe, Ho cercato tra le miefcritture s'ìo tro-uasfì alcune annotatipni, ib’io feci in que’ tempi fo-pra nari luoghh&non l'bo trouate, onde fiimo ha-ifcrk Infoiate a^ma, e l cercare ha fatto fi, che io jon [òpra jeduto un giorno piu a rifponderui.Vi piacerà dunque hauertnìper efeufato , fe defiderando di (ontcntqrui,nolpo{fo fare,&Jpero, che agevolmente prederete, ch’io n habbia maggior fajlidio di yoi . yoi forfè è nuinfa di non ricever da me quello pia dere,ma ame è gran tormento,prima il non compia-centi,& dapoi per cagion della miaignorantga il non poterui compiacere.Statefano , & raccomandatemi all’boiiorato fignor voflro padrc,a cui fono perle fue yirtù già mclt'anni obligato.Et fe altro è in me che vi pofia efier caro, vfatemi uipriego in cor te fa farmelo japcre, porgendomi occafone ad acquetare ildifpia- cere, CL^lVDlO TQLOMEI. 184 fere,ch'io ho,di non vi poter in q’tefta nostra prima do manda contentare, A M. RafaelGamucci, T *\^P01 venni qnà inTadaua,non ho maiin | J telo noaella di noi, & la deftderaua per ftper primamenie,oue u\ trouatc,quel chtfaìe,a che [ìudij,ct ehe ejjercitij attendete. 'Perche non uorrei,che‘l uojiro hdloingrgno fojje intrigalo per cc.lpa di fortuna i qual (he cola baffa,tùie. Oltre di ciò mi farebbe caro intender qntl che fa di quella uoflra bell'opera d'abbaco faqual nidi già corni nata ì Pspma,& no fo,re mai fu da, noi finita- Defdcrerei che la conducete a fine, perche mipareua.che uoiprocedeflepcr bellefìradc, & age Uoli,& forfè piu fpedite, che molte altre. Voi che uhi uete durata gran parte della fatica, non lafàatc ui priqgo,per negligenzaperdtrla.ne apprezzate cefipo co le cofe uoStrt,le quali fin dagli altri apprezzate af fai. Triegoui ben,che intanto che la finite, mi mandia te un poco quella ragione di partir la piramide tondain due parti eguali.moftrandorni per nera rnifura la rigo ladicotal partimento. Di me non ai dirò altro, fé non ch’io u‘amo come ho fatto fempre piaccia a Biadarmi forgi di paterni ancor giouarc,fi come io de fiero, & noi meritate. Rifeontrai a i dìpajjati in Venetiail ito firo Signor Ce fare, ilqual mi dimandò di uoi con gran de amore.Io non glie ne Jcppi dar contcntezza- Egli ui [aiuta, lo mando qutfia lettera a M. Giouanni uoftro 4R0- L I B Zitti BPW!liACC‘l0C^e Egl'hilqital forfè fa, doue noi fiele, ue Tindr'v^ziper buona firada. Non ri fcriuerò piu, infin a tanto, che da voi habbia pieno auifo di tutto lo fato -voflro, qual vi defidero felice,&contento, f come qualunque altro amico, che voi babbiate , & come a qualunque altro amico,ch’io habbia. Di 'Padotta, a 4. dfdprile. 1558, A M-Lelio Tolomei. ~ On voglio,ojferuandiffmo Sig. mio entrare in \ contrailo con voi d’human ita, & di ccrtefta , perche fi come in tutte l altre virtù, & belle parti dell'animo,io vi cedo debit amenti ,cofi mi vi conofco af-fai inferiore nell’ejfer humano, & cortefe. Che quando io non haucffi di ciò tanti lumi, quanti ogni giorno di ciafcuno chiaramente fi veggono,affai baflaua l'hu maniffma vofira lettera a firmi conofccre Un finita he nignità vofira , allaqtiale affaipiu mi fi conuien cedere ornandola,che inuidiandola contraftarle. Tfcan cor a prenderò cura di moflraruiilpoco valor mio. perciochevedcndom tenuto davoi in qualche conto , non voglio parer di ripugnar’al finiffimo giudkio volito , anci incomincierò a tenermi in qualche pregio , conofcendcmi amato, & apprezzato davoi. Perche non iftimerò mai, che manchi in voi ingegno per comprender dirittamente,ne fmeerirà d'animo per dirmi li lermente il vero, fapendo io affai bene quanto , di quello, CL^FDIO TOLO MEI. 18$ quello,& di queflo file riccbisfmio. Ma bP ri dirò, che io farei troppo pre l'untuoso , je io rolesfi recar fopra di me queflo pejo di ridri'zxarc , e riordinare l’ampia, e [patiofa materia delle querele, fi come ella ha bijogno <£r fi copte fi conuerrebbe ridurla. Se io mi perfuadej-fiJteffrr Intorno da faperlo fare, non farei degno di ef-fer amato da voi. Di piu alti ingegni, dà maggior dentri ne, di maggiori efpericn'gi!, di piu fini giudi ij ha bi-fogno quefia materia, che non è il mio foto,ben mi /o-7)0 offerto,fi perche fi faccia queflo gran beni fido a, tutta Italia,fi perche s’accrefca la gloria dell’Eccellen tisfimo Signor Duca , pigliar di queflo pe/O q iella, parte,che le mie debili Jpalle potran folle fiere, le quali,come credo,aiutate dalla mia buona volontà, fi fa-ran forfè piu gagliarde a poterlo /apportare. Ella è imprefa veramente degna del Signor D ea vofiro , fi per la grandigia della dignità,?? fortuna fu a, fi, & molto pià , ■; er la r.obUità,& Eccellenga del fuo animo, volto sPpre ad imprese lodevoli,et gloriofe.Laqual operaJarà,come flimo,altramente grata , faccetta a l’Italia, che non fu caro al popolo Bimano quel libro, che già anticamente tolfeFlauio Cancelliere di ^tppio Claudio,& lo donò al popolo ,ilqual dono gli fu cofi grato che Flauto ne fu fatto Tribuno delta plebe,& Senatore,&edile. Q^iello era pieno di liti volgari^ di poco momentc;qucfla di coje ahoncre, & di grande importanza. Quello fu dato al popolo Bimano Jolantentc,quefla a tutta Italia , & buonaparte d’Europa . Quella fu da 'Flauto rubata, nè altro vi LIBRO XIK pope del fiiOtfe non U furto, quejla da beUhftmì ingegni contemplata , da molta efperien^a indri^ata, da itarie dottrine arricchita, da ffetti giudici] rijoluta,& fopra tutto con regolarisfmi ordini incominciata, je~ guita,& condotta al fine farà tutta opera nuoua, & degna di gloria immortale. Quello fu daun Cancelliere^ da una b affa perfòna dato al pepalo, quella fa-daun'altisfimo principe, (T uirtuofisfimo compofla per beneficio d italia.Ondctantofaràildono, &mag-giore,&più grato,quato ch'egli uerrà da pura bòià , < talloni dt*tti quejìi virinofisftmi [piriti , lecondo t che mi richiedete per la voflralettera, da gli quali, fa certo,che fteteamato,& bonoratograndemente, llche tanto piu vi deuc efer fi grado,quanto esfi iiglia,intendendo,come uoi fete a Mi-Uno^mentre ch'iopenlaua, che uoi folle in Trapali , addolci- CLjìVdIO TOIOMZL 187 Addolcito,e «dormitalo da quelle Sirene inuefcatrìci , C?" addomltatrici degli animi altrui. Onde ri ft può qi-fiato non ho diffinito, nooho dato ripvflt: agi • de gli antichi GiurijCQnjtih , in teò modo c I f B R 0 mi. vìe ponìnopregiuditio gràdc alla caufa, ma foto adS fan.'^a d’auocato ho fatto alcune aUegatiom , lecjuali tutto’lgiornofiyedeno farcia ogni questione , eJritf ogni lite dall'vnaparte, £r dall’altra sforzandoft gli auuocati porre in luce le ragioni del lor cliente piu , che ftpuo. Dapoi queiprimipunti, che uoitoccate& dell'effer religiofo, & deli ejfer’indifpofio , non fon» mai venuto in campo^ nè furono mai allegati, onde di quefla parte non s'è mai difputato, ch’io fappia. Ben ho fcritto nell’ultimo punto,nelqualc a me parue , pare ancora, che da quella parte, ch’io vi fcriffit fujfe lagiuttitia,&penfo ( s’io non m'inganno)per viuis-fime raginnihaucrlo dimoftrato.Se altri fiima altramS te io non l’impedifco,à ciafcunl libro ilfuoparere.Tfe mipar giàbonefioin quefle fimilicofe incatenare i giudici] altrui, che non ci pojfa credere quel che cipa re piàragioneuole. No» entrerò qui nelle particolari allcgationi .perche ciò farebbe un riuangar tutta la caufa dal principio al fine, oue uerrei a voi, & a me in grandiffimo fafiidio, neiquale entrai althora piu per comandamento altrui, che per voglia mia. Quando poi nel fine della uoflra lettera de fiderate , & hauete a caro di intendere lo flato mio , quel ch’io dilegui, & mi vi offerite di entrar galiardamente forfè fopra ogni altro, in qualunque imprefa, per honore & ben mio,cbepof[oio quidiref fenon che conia molta abondantia d'amore non mi laffafle luogo pure di ringratiarui .nonché di rimeritarui. Io M. luca mio, me neflò in Tadouaja ione io uenniper far una ritma Cl JrDlO TOLOMEf, lis ’vhlmaproua,fe con la quiete del luogo,con la Iota del l'aria, con l’eccellenza de i medici,con la diligenza mi poteuaguarire,o almen migliorare di quella mia oflì-natam alalia degli occhila tutto è flato rana. Di che pur lodato Iddio.Sommi yolto ad alcuni fludij, che mi poffono fhr l'animo fempre più tranquillo, sforzando-tnii que/la mia difgratia di fortuna difyreggiar la grò. dezza delle fortune altrui.Scrino ogni giorno qualche co[ettatpiù per paffar tempo, che per defiderio d'acqui farne frutto,o digratia,o di gloria, quantunque alcuni,che fon talbora partecipi di quel ch’io [criuo,miprò mettano luna, & l’altra copiofamente. T^on intendo già quel che voi dite,che v oi farete forfè piu per me , fbe qualch'uno in ch'io ho hauuto maggior fede.Crede ■ te quel che dite, ma non sòfnibi io habbiaqutflxfc-de,ne quel ch'io babbia fperato,bo voluto.ln molti ho fede,come amici, e inpochisfimi,come veri amici. In fomma io mene fio qui,come in vn filentio, quieto, ri-poflo,(egreto, lontandagliflrcpiti, tolto da’ rotnori. ho cofa veruna,& niente mi manca . Iddio lar-ghisfimo donator de' beni , non mancherà di ffarget qualch’una delle fue gratie/opra me ancora,quantunque io nefiaindigniljimo. Statefano,& amatemi» DiTadoua.a’ i^.d’Ottob. 1548, A M. Francefco Cenami. ^ IgTicr mio. Vamoreuolisfma vojìra lettera più me Rinfiamma al venir a I{nma,che non fanno tutte le si a 4 Jperan- L 1 B ^0 XIi; Jperanxe ch’io v’babbia,o vi po(ìa hauerdi profitto, 6 di faxore.Tcrche laconurrfation d:‘ buoni anici fcm-pre arreca con ficco dolccxxa,&contento, la dotte [en trar nelle jperamtc,& ne' fanori riempie altri di fumo & d’amaritudine. Ma io veramente non intendo, perche io debba venir a Bpma, nè qual fondamento hab-bia qitefta mia venuta,nc quale fiprone mi ci fpinga a venire. 'Perche quanto gli amici Copra di ciò mi rallegrano,mi par per ancora, che gli fia tutto in aria. Onde io llimo,che fia manco male lo filar fi. Che fe furio po-tesfii feufarmi con la obedienga, haurei qualche degna ragion di venire. Bjngraùouidtl confiiglio, & del con-fortOyche mi date, ilqual nafice tutto da fiomma amore-uolegga. Iddio faccia, che iopoffa cofi fami fede del-l’amor,cheto vi porto,come io ben conofco iluoflro* He fiate allegro. Di Vadoua. * 27. d’ottobre. 1548. A M. Giufeppe Cincio. A Qncftomodomitrattautobelfauorc, che mi jf^bauete fatto, i’io non riceu altre grane da voi io veramente v’ho un’obligograndisfmo. Hauetc mo-firato a Madama quell’ultima lettcracàa,cb'ìo ui fcrif ft,o bella cofa. Può efjere, che vi fia panno bone fio far uedere a quefila cofi nobile, & cofii Eccellente Sig. vna leverà fatta a ca 0,dettata dopò cena nell’andar,c ne a d mire, quando thuowo èfonnaccbio/o, jeritta di due mani,p iena di vnguenti,^r di medicine,gr d'ai CLUVDIO TOLOMEt. 1S9 fre cote fconuenettoli? Cerne mai uè n‘ì baflató l’ari imo lononfo , come Madamanon ue ne -voglia yn mal di morte : ma ellaè troppo virtuofa , & troppo benigna , & credo , ch'ella bavera detto. Co/lui , come medico, fi diletta di mofirarmi coje , che parlino di malatie. Mafe ben ella mi perdona per ]aa gentile1^-•%a , io fono alquanto rigidetto non ue la perdono co(i dileggierò , perche ( fe Madama non c Jopra ogni fegno bimano difcrcta , & benigna) fo, ch’ella mi batierà tenuto in puoco buon conto dicendo. Guarda qui quefio fuenturato,cbi letteraccie fcriue. Ma io fent predirà , che non penfaimai , che quella venifjein cofi bonorate mani; perche pur mi farei affaticato, che dUnon fujje veduta ce fi fronda, con fornirla quanto io pof fo. Et vi bifogna ripormi tanto in buona opinione ap-prejfo di lei,quantome nbauete tolto uia con moflrarle quella {conciatura. Muti ertile ancora di non le far veder quefta. 0 farebbe bello , che per farmi perdere a fatto la fua gratin , voi correrìe a far legger que-ft'altra, l^on crediatescb’io non conofca, quanto debbano effer fine, & ben compatte quelle cote, che i’ap-prefentano dinand aduna Signora cotanto valorofat & diurna. Onde s io non fo far' opere, che fiati degne di ‘venir’4 z i b xn. “Venir'al coietto fuo. mi piace almen di conolccre, che le mie cofe non nelon degne. EtperòM. Giffeppe mio taro non ri pigliate più ragheiga di firmi dilpreccia-re da chio fommamente vorrei effer trattate inqaalcbt pregio altramente ritornerà in dileggio ueflro tenendo per amici hu omini difprecciati, & fcherniti. riuet alle-gro,& con mcltariueren%a baciate in nome mio l'ho-noratiffima mano a Madama. DiTadona. diDecembre. MDXLVlll. AM. Pietro Arciino. HE rctponderòio allavoflra cortefelettera, et ^____y piena tutta di vino affetto?Io conosco effew to lontano dal poterle rifondere,come fi conuer^ & come merita la bontà,e cortefta vofìra , istori cord come ui ringr alierò del grande bonore,che i nel voflro fcriutre, tanto forfè altamente lodaMomT, quantoio penfaua effer lontano dal meritar lode alcuna. Che Je la voflra fmeerità non m'aflicuraffe, & non mi moftraffe come in un puro (pecchia , la beltà del voflro animo,io dubiterei forfè,che quefìe lodi non mifuf fe date,perfar tanto piu rilucere l'ignorawga mia. Tur fapendo io certamente,quale, & quanta fia la chiare1^ “ga,&purità,eh' è invai, "[comincio tal’bora ad apprcg giarmi vn poco,vedendomi coft daluoflro giudicio lodare. Ma come diffe. non fo,nè poffo ringratiaruene,CQ me vorrei,onde v'èfor'^a rimettermi per cortefta quello debito, poiché con la voflra cortefia l’bauete in me generato CLJLVt>10 TOLOMM. ij>o generato , & fatto cotanto grandctcbe io non jono piu ballante afodisfaruenc. State fano, & amatemi come fate. A M. Francefco Pacidtto da Vrbino. T 0 fon ricbìefio, & quaft sformato di ritornarmene X aHpma > laqualcofa fo io da un tato mal volentieri , perche quefio fno, quell’aria , quefla ficunt^. • za}quefta libertà, quefta virtuofa conuerfatione, cb è in Tadoua,troppo mi d letta, & m’addoUifce l’animo. Dall altra par te vengo affai di buona uogliafiperobe-dire a miei fignori,cbe me lo comandano, fi ancora per goderei miei amici , dai quali fono Hata già piu di tre anni lordano. Che non fo in qual modo uia maggior diletto figufla nel riueder'gli amici già lungo tempo non uedutiyche nel vederli continuamente. Tra i quali dol-ci(jìmo M. Francefco fiele vn noi,da me per le virtù ho ftre tenuto carOj&fommamente amato. Oltre chepet quelpuro amor , che uoi mi portate fono obligato pet legge di natura,et d’amore,ariamar ni. Ma fate ui pregò che alTarriuar mio in noma, io vi ci ritroui perche defi dero,non pur veder uoi,ma quelle voflre belle,& bona rate fatiche,che uoi fopra tantigaglie di t\pma. Laqaal opera fe mai conducete a^ne ella farà veramente degno del felicif imo ingegno vojlro , & recherà infrme vtilìtà grandi firn a al mondo,&a uoi gloria immortale. Ma di ciò non uoglio parlare piu oltre, percioche mi trapanerei in troppe lungo ragionamento.Solo vorrei. I I B 110 XII. che f amor vìio (fe forfè non l’hauete già fatto) uni mi furale con fomma diligenza, come fate fcntpre le Terme ^intoniane3non foto nel corpo,ma nel ricinto, (ir in tutte f altre appartenente, & non pur uorrei ueder Impianta,ma le facciate,^ ijcorci,& i ritri, & lepar ti metano, dr le forame, rapprefentandomi a parte 4 parte tutta quella grande, & marauigliofa opera in piu difegni. Se ciò farete come (fero,non jol ui amerò.come fo ftrnpre, ma ui aggiugnerò difopra , qualche grado d’bonore, & di riuerenta. In tanto uiuete allegro, dr • amatcui,appettandomi,con lagratia di Dio uerfo la fin di Tcbraio. Da Tadoua. v< 27. di Decembre. 154$, e Al Signor Girolamo da Fifa. fandifìimo difpiacere batterei fentito della rifa-luiione , che s’è prefa qui [opra le cole uo(lret fé non mi foffe fiato temperato da una mefcclata alle-gretta • "Perche amandoui io,&honorandoui quanto già lungo tempo u'amo, & ubanoro, non ho potuto fe non fentir granfaflìdìo non uedendo rijoluerci le cofè fecondo il U' (irò de fiderio , & molto meno , fecondo i meriti dell’bonorate uirtù uofire. che mi fag-giugneua il'penfar quanto affanno piglierà la mia patria della uofira poca contetta , laqual non pur u’ama , maui rherifce , &ui/itieneperg>andiffimibene-fctjda uoiriceHuti}obligata , & dauoiinquefie/ue prc- CLUVDIO T 0 LO ME I. i?T preferiti afl'tinioni, comedafuo fingolare amatore , (pera, aiuto [allenamento, & conforto. Ma cornei}» detto m’batemprato quclìograndi^iacere il vedere chiaramente, che fe la virtù noflra non è riconofciuta come ella marita, almeno ella è cunofciuta, & confef fata da eia cuna. }^.on c qnagrado non me^ana,nopie dola perfona, che non conofca.ty- nopredichi la ragia yoBra , la uoflragiufHtia, il uoftro valore te tutti co, egual concetto gridando-,che ilpremio da mi domMa. to è inferiore al merito uoftro. Et quello benigni(ji-mo,& Chrifìianifs. He, no maca ( oue gli fe ne porga occaftone ) parlar di uoi con molta laude, & honore. Onde io mi fon j ottimamente allegrato, che [cuoi non hauete il degno premio delle vofire fatichetalmeno no ne ftete riputato indegno, antfi degnìffimo, & di quello , & d'ogni altro maggiore. Di qui mi confido, tbe’l vofiro nobile animo debbia a fi ai ricrear fi vedendo che H mondo fa cofi chiara tejhmonianza di uoi, aprouan do che fe uoi non hauete riceuuto il debito premio,l'ha uete almeno altamente meritato. 7x(è [limo efjer minor gloria anTÌ affai maggior’il meritarlo, che‘1 rlce-uerlo.Vercheilmevitarlo nò può nafeerfe non dalla virtù propria, il riceuerlo vien talhora da un puro ap petitodiTrincipi , & affai bafia , che la vera virtù fta premio a fe fleffa. La ondefauiamente direna Cata ne, che voleua piu tofto che [offe domandato ,pche ex gionenon erano fiate pofic fiatile à Catone, che p qual cagione erano fialepofiefiatue a Catone ; parendogli che neiprimo cafo la uirtù fuafofie certa ,mafi dubi tafe L 1 B 0 XII. fajfc del premio , & nel fecondo il premio [offe chiaro pia incerta la uirtà. Ben vi dico, che quefti franagli noghdouete airibuir'd per fona che fiat& molto meno che ad altri, a i nobilitimi Signori di quefta Cor* te, iquali v'amano come ho det'Oydr confef ano il ua-loie, cimento noftro , ma crediate per certo, ihetut to nafee da una malignità di fortuna. Laquale inuidio Ja deuofìri bonari uedtndoui correr per cotanto ho-fiorata ficaia s’ingegna, et fi sforma por ui degl'ìntop-fi, & delle trauerfe dinaniQper impedirui vn co/i bel corfo. Afa temperandola,& uìncendolavoi con laprtt dè^a, e co l'aliena dell’animo,& tutto vi farà poflo inan^i a maggior tflerciào delle virtù vofìre. Onde ve ne jeguira ,& laude, & gloria maggiore .Ver la-qnal co fa, fi l’amor che io ui porto,merita ch’io ui pof fa liberamente dir’l parer mio, ui dico i & ni prìego , che bora piu che mai ufiate temperanza , & pruenza, lrattcnendoHÌconderez.Z*i<& appettando che tra-pafiì qtla torbidezza di fortuna, laqual’bora fprfe vi trrfige, fiche spiro che fata prefiameute. cefi reggiti molti benigni venti riuolìi arifehiarire l'ofcurezgza del l'aria . Diche farete cofagratiffma, non foto a tutto q fio regno, ma come {timo, ai primi, & al primo di q fio Regno, Sara co piacere di tutti i buoni d Italia, di tutti gli amici, & ajfcttionaiiuofiri ,incrcdibil farai fottio, che ne sftira l h>u(l, S. Ticno Stronzi « ilqual nonfo fe egli ama piu ft firfio che uoi , ne Jojeda uoi èuinto ,è pur vincete nello amami l’un l'altro. Che di fò della (iuà, w\ad\Sienafiaqual'hauendoprouatolet mot CL^yDlO T0L0ME1. Ipi mtr voftro, e'I valore fiera ancor della virtù uofìra ri ceuer nuou9l&maggior beneficio, & in fomma quando uoi per coffa da quejìo trauaglio,pigliafìe altra rifo-lktione,che di refifìerli con la fortex^ > & con lapru-dentiafio non jo a chi voifacefle cofa grata fe non anemici uofiri. in queflo mcxp riconfortando uoì licffo,go deteui della nettezza, & chiarezza del uoflro animo. Hicreateui con l'opere da uoi ualorofamente,& virtuo famente fatte. Confolateni con 1‘amor che ui portano tutti i buoni,&con l'uniuerfal tefiimomaoza della «ir tù>& del merito uoflro. Hallegrateui con la Speranza, che queflo tempo torbido quafi vn nuvolo di fiate, debba puff ur toflamente difgombrato dal faldella verità. Et chel travaglio, in che bora vi ritrovate fi debba rivolgere in maggior gloria,&cffaltatione l'oflra. Di me non ui dirò altro,fe non che prima pregherò Iddio, che non v’offufchitne u adombri in queflo faflidio quel bel l'intelletto,che v'ha donato,anzi per fua bontà gli piac eia d’accrefcerui jemprepiu chiaro lume,&fplendore, bapoi fecondo le picciole mie forze,non mancherò mai doue io poffa,di adoperarmi a voftro benefìcio, et bona re. Et [e da uoi mi farà accennato,che io mi affatichi in cofa alcona , fentirò fubito raddoppiarmi le forze co’l grandi fimo deftderio,cheio ho difarui cofa grata. Che Dio ui confoli, & contenti. Di Compicgna. JL i di Maggio. 1554. Il fine del duodecimo libro. DELLE D E L L B LETTERE D I X III. A V T T O K I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERE nuouamente aggiunte. LIBIiO THK.ZO DE CIMO. DI M. PAOLO SADOLETTO Veicouo di Curpentris. ^4 MONSiCNOP HIV'}? OLITO Cardinal di Ferrara. Vando lorìpenfo Rcucrcndìfl. & Ululi. Signore, & patron mio ( olendiffimo , ^f«i* a tempi pajjati, & alle oicafivni che Si mi fono ocicr'e di rcdere, & ccno/cc* : re ,& prattuar V• S. Fpntrend,fi. dr ill’ifl. mipprefetrano alla memoria tante, & benigne dimofìrationi dell amor ji*o uerfo la buona memoria del Cardiinal mio %io,& rerjo di me particolarmente, fatte non fucatamente, né al modo ordinario delle Cor ti, ma con rn'animo candido , & [incero , pieno di genero fa, & neramente nobile cortefta, che io mi tifai no, dopo la morte delprefato Monftgn. mio ^zo non affermi re flato Sig. alcuno, colquale io habbia maggiori, ér p in fretti vinteli fabligationc , & dfuna nera a TlAOLO S ^AD 0 LETO. ip? & denota , & affettionatijìima fcrui:ù , di quelli che ioho convolìra fignoria !*.& llhiflrijjìtna . claqual ftruìin , fi come io conCerno gratamente nell’animo, cofi defìdercreialle uolte bauer occafionedi metterla i effetto, & dìmoftrarmi etiandio in qualche modo yti-ìc feruitor di quella non folanttnte affettionato. Etpe rò di quefia mia jianxa, ch’io fo in quello loco ritirato, & lontano Jaquale per il reLìom’bgioconda , accordon doJì,& alla yocatione , &• alla natura mia, cJ- infic me al feuero precetto,che di ciò midiede qlla da ine fitti pre veneranda memoria,, mi riprendo txll'bora.quando confiderò, che ella mipriua di quelli ingenui piaceri , ch’io [cnùrti conuerCando nelle corti , e luoghi dt’gran Trincipi.cioè di vedere alle uolte, & h onorar e, & fer Mire con la per fina ,& afiiftEùa mìa,i miei benemeriti, Irene amati Signori,come verfio vofira Signoria Re-uerendifìima baurei potuto fare piu fpeffe volte in Fra cia,& bora ch’ella è in Roma, farei mol’opìu lotidia- . namente,epiu quietamente, lecufifufle accaduto, che quella fiamma fi confacele a i disegni della uita mia. Ma poi che molte , & giufii(lime cagioni mi ritengono inqHifiaoccupat\one,&effcrcitio ì ccìefiafiico , & nonmirefta altro modo di jodi<:fare in parte all'affi't-tionemia,#- all obligat'wne, cheioho con lei , fenon con qtir jto officio delle lettere , io l'vferò qualche Molta per dar ricordo a uoftra Signoria Rene. & llluftrisfi ma , come io conferuo fempre nell'animo la memoria, & Indebita gratitudine de’ molti benefici^ riceuutidat fi ngoUie humaritià fua,&per pregarla, ch’ella vo- L I £ HO. XlTt. glia degnarfì di mantenermi fcrnpre ntllo amore , & protettiontfua[olita, liibeio ho in ogni tempo ftitna-to cjfer uno de maggiori ornamenti,& fauori, ch'io mi bar bora quafifi pub dir filo. Io hoprefo gran-dilfiuio piacere dell'andata di n olir a [ignori a l ilo [ir ifi f/ma a Roma, & del difegno, che ella fa di fermar ci fi in quella honoraiipima protettone delle cofe di Francia,parendomi quejìograue,^ honorato fiato,da preferir di gran lunga aSa vaga.ej lab o rio fi Vita di quella Corte , & efierepiu eff odiente non filo alla quiete dell'animo,ma etiarn alla confiniat ioti del corpo di vo fira/ignoria lllufiriffima. Vciego Dio che le proferì fempre ipenfuri, & le attieni fie. lo faròfemprc yno di quellìjche m'allegrerò, fmntamente de ìfuoìforuna-ti,& h onorati ficee (fi. ifi€l (he ha prefentata a tiofira Signoria I{eucrendifma qnefla ima lettera,è Ai.Giaco po Sacrato mio cugino,figlitml che fu 4i Ai. Gìo, Batù-fia,huomo di <7 m Ila bontà, fu jf.ciaiga, ry integrità che io fon certo ella ha concfiiuta lpcr efkr’egliftato molto insrinfeco , & denoto fornitore della fia lllullrisft&a Cala, il figliuolo camino gagliardamente per li ycflìgif del padre,efi fi faràidngi égià talperfina,che vngior-no ,a vofira fignoria Raterendìffima , & gli altri Trin dpi'. , & Signori vofiri naturali , fe ne potranno pre Hifi re ne i firuitu. lo ho relitto darlo a cotiofcere avo idre, signoria lllufiriffima. , <&■ come affa lionati fimo fnsf,idiO fuo,<&~ come ancora curii fimo parente mio., ac cioè,he in mio luogo poffa alle u ohe farle riucrentia, & dar mi piu particolarmente anijo dello flato, & anioni T^ìOLO S ^BOLETO. 19+ di quella, Nella cui buona gr atta centuno il cuore blu. milmente mi raccomandotDi Carpentras, *4XX. d'ottobre. A Monfig. Bernardino Cardinal Maffeo. "’KT 0 TS[tni bafla l'anima di potcr'effrimere con Ict penna quanta fia l’allegrrzxa)& il piacere che io fono della promotionedi Vomirà Sig. Bfue. al Cardi. , vaiato, però dcfiderereiejfer coflìprejentepr vn poco di tentpo,accioche ella poteffe più facilmente, e più in- ? trinficamente cono [cere dal volto, & dalle parole, & da igeili mici l'amoreuole affetto dell’animo in queffa j cffaltation fua. Benché io mi confido,che ancora coft af\ [ente V. Sig. Keverend, per la certezza che ha del fin-gelar'amor ch'io le ho d’ogni tempo portato,moffo dalla molta virtù fua,& da quella ingenua beniuolentia , con laqual ella m'ha fen.pre abbracciato, penetrarà co. gli occhi della mente fua nel profondo del cuore, <&■ fen jìmici,<ìir vedrà ancor cefi di lontano quel mede fimo, ch'ella vedria fe io le fu fi prefente,cibe che io non cedo I 4 qual fi voglia,ò amico,ò*collrga,ò compagno, ch'ella, f hauejfe,in hautr caro,&grato tale honor fuo, ftiman- ) do fermamente,che benché per quefla nuoua, & eccellente fua dignità,ella fi fa inalzata [opra l'antica equa lità nofira, ella riterràfemprt nondimeno in je l'equali tà dello amore, & che noi hauremo bora in lei, fi non più il mcdcftmo nofro compagno,ò collega, almeno fot to il titolo di più honoraù vocaboli il medefimo vero , Bb ^ L I B H_0 XIII'. ,<#r cofìante amico. TctÒ di tale fua protnotione io m'al legro con tutto l’animo con V. S. l{ener. & con me me-defimo,&" con tutti gli amici fkoi:&prirgo Dio,che o-gni digliene facciafentire maggiore confolatione. Io ha netta prima (comeV. S1. fa^molte & graniifjìme oh ligationi al R^Hercndifl. .-{ir lìiuft. Farncfc mitro, & in ogni cofa fu* foglio con ttmauiglia lodare iigiudhio , & La genero f:td del (uà animo, ma tcramenie ancora in quefìa,&per qxcfla è crejciuta in me verfo fua Sig. IlluH- & l’obligatione,& l’ammiratione. Terò hauerà molto caro,fe da F.S. I\^lefaranrefe amio nome'le de bile grattò di tal dono,& tal piacere, che per mego della [ingoiar liberalità , & magnanimità l'uà ridonda in tutti noi. A V. s. con tutto il cuore mi dono fempret & raccomando. Di Carpentras. A 6, di Maggio. M D XLIX. A MonfìgnorFiliberto Cardinal D’Iurea. • TV/f 1 pare,chci,anrica,& amoreuolefamigliari-J V 1 tdnojira , intrattenuta alcun tempo fra noi con reciprochi offictj , & fempre ritenuta fedelmente con l‘animo,ricercbi,che fi come io mi fono fommamcn te allegrato in me mcdhfìmo della promolione di Voflra J(.€MCYCtìdl(JÌi7ìA y di QYAlide b0110X6 del CdYdi TiAOLO S^tDOLETO. i$f naiato , cofi io debbiapermeìydiynamìa Ietterà al legramentt con lei , il che faccio con tutto l’amore » & cordiale affettione di vero amico , pregando 7^o~ Hro Signore Dio,che le renda ogni dìpiùprofpera , & più fortuna tale dignità jua : & che come ella è gran de], & Jplendida in fe, co fi ancora le dia Jempre caufx di vere, & [ode confolatìoni. T^pn fi comteniua altramente, nè alla perfona, e valore di vosi. S. Fgu. ne alla lunga fuccesftone degli bonori dei maggior firn,che ve de re rinonata nella fua perfona , an'gi più lofio continuata quella dignità,che è fi lungo tempo durata , & è horttai come hereditaria nella cafa fua. Torà quanta piùdiconuenientia è in quefla fua promotione , tanto maggior piacere nctifulta,&in me medefimo , in tutti quelli, fon certo che amano la virtù , & il bell’ordine nelle fuecofe ; vedendo fi che iprewij della, fortuna fieno cefi bene in lei corri fcndenti a i meriti. la che (come le disfi in Roma ) ho tutto mito il mio fine in flarmi alla cuftodia di qucHo picco!gregge > che è piacciuto a Dio di darmi in guardia , ilqualepefo è già in troppo fuperiore alle mie forze, felina, che io cerchi di fottopormi a maggiori,mi riputo hauer fatto vn gran de acquiflo nello accrefcimento della dignità fua » Aerando in ogni occorrentia o mia , o vero di quefli miei raccomandati, le amabili qualità de quali fono co fi ben note a lei , come a me mede fimo , di douer fempre in V. S. 1\. vno amoreuolepatrocinio,& ricorfo, aliaqua le fi conte a i bifogni noftri noi morremo con fede , cefi teniamo per fermo , che ella non negherà a i nofìri Bb g giufii : . i / 5 Ziti’* giufli prieghi lo aiuto delfauore,& autorità (uà. A fr. S. bacio lemani,^r con tuttoil cuore mi dono,&rac comando. Di Carptntràs. lA VI. di Maggio. AI D XLÌX. A Monfignor Al fftndro Farricfe Cardinal,del t-empd che effo M. Paolo era Rettore per lui del Contado Ventilino. T 0 fono auuertito da Kovi.i,cJJerc flati fatti apprefi J fo F. S. I\eu. (jr Illnllr. alcuni mali offìcij cantra di me, daperfona di qua , chen ha fatto di fimi li cantra Monfignor mio ^io ; talché fono andati ancora all'orec chicdiXfofìro Signore, & parc,cbenell'animo, eidcet io di [uà Beatitudine habbian fatta a ncftro biaftmó qualche imprcfìione. Di che io fono reflàto tanto mard~ )iigliato,&tanto attonito, quanto io mi finto efftrpu* ro,& innocente,& quanto io mi fono confilo, muti di-Cordine, o mal feruitio nelle co/e di quà di F. S. R. effer mai flato caufato da me. Et già per alcuni fegni bene hct tteuamo potuto comprendere l’animo d’alcuni miniflri qui di Foftra S. /(. efferfi allontanato da noi, & vedevamo le fete , & wtcndeuarno i di fegni, &ne era fo-ffetio il frguito j che quel tale cerca per ognintodoba-uere nelpopolo.talche ben temevamo di qualche nuouó di( 0 LTLT 0. demi. Ma tanta temerità , & perfìdia certo nom hauremo mai affettata daperfona, quantunque inmì ca non che da uno, che ha ri euuto da noi tutte le beni gnità, 6' h onori, et dmo(iratieni di bemuolcnxa.paf te per noflra buona ufan%et, & ingenua natura, ór Z grandijfmaparte ancora per rifpetto, & konorediu» firafignoria B^uerendìffima fi come ella fhffapuo meglio d’ogni altro giudicare, rie ordandeft delle fpef-fe, ór honorate teflimoniange che noi t’haJtbiam date di coftì nelle nofirc lettere, llche bora non ci ferue d’altro, Je non d’hauer data autorità alla malediccn-tia fna centra di noi. Beche quanto a Monftgmr mio Zio ( fe pur fi lungo, & innocente corfo deila fua una * t tanto continuata opinione della integrità fuaper non dir altro, nolpoffono fare ajfente ancor lui dalle calìe ni e de maligni ) mi allegro, che egli è per uenir fra po chi giorni a Boma, doue farà per bauere in prefen%a. la Santità fua, ór vefira fignoria Bóntrendiffima è-quiffinh , ór fapientiffimigiudici, & fgnori.QuantO a me, benché non mi fa mo!efla,ne mi reputi dishona reuole d’efferc incolpato, da chi ha ricolpato Monfigé Sadoletto, mi è nondimeno molefio fommamente, ór f ento effer troppo indegno alle qualità dell’animo mio d'hauerrni cefi fpefìo a purgare delle rdationi falfe » Ór calunnie, che di me fen date. Btmiparemolto ni* fera, ór dura la conditione, non fola di chi ferue, mct ofo dire, etiandio di chi bfcrmto a queflo modo, non potendo mai, doue è tanta liccntia di rapportatori, ri [fruitore penjare al buon jeruitio del padrone con tùt l i s xrit: to l'dn'mo riposato, & qnìeto, ne il padrone fuo afiì €ura*ft della fede del feruhor fuo.Ondc è ben for%acbe regni fetnpre confusone, et dipordine,e{fendo tanti uet nj gli obiet.i , fr le pafìoni delle perfine , che o per un conto , o per altro fi trotterà fempre in chi fa molti ncgotq ,occafione di colorata calunnia , majjimamen te effondo ( come fifa per l ordinario ) taciute da ire latori le buone t & laudeuoli parti, dotte elle fono,dì" affegerato, & aggreuato , dotte lor par dipoter dipin gerenti poco d'ombra d’imperfettione,ò d'errore.llche torna non tanto in dishonore, & dispiacere di coloroy che fono accufati ( percioche la luce della iterila in prò ceffo di tempo fuoldifcoprire le occulte infidie denta Ugni') quanto in danno, & pcrturbatione del proprio ftgnore. laqualcofanoichcfiamoprcfcntiinfu’l luogo , & reggiamo le pratiche, <£r ifini, a che tendono le perfette, conofciamo occultamente, quel che roftra Signoria Heuerendtffimaper la lontananza fua ,eper loccHpationi dell'altre maggiori facende, conofctrd piu tardi, & Dio uoglia , che non con danno irrepara bile di qtte fle cofedi quà Io per me mi jon conofciuto & di ciò iti potranno dar teflimctiij i feruitori di t^o flra Signoria I{euerendiffima, che le uorranno efferfe deli, o Dio me lo darà ejfo qualche giorno, che in que fio officio. che io ho e/[erettalo homai cinque anni co n tinuiper lei, non ho mancato mai, ne di fedeltà, ned' amore, ne di cura del nero feruino, & honore di Vostra Signoria Rettsrendìsfuria, come s'etiafoffe (cm-fre fiata prefente a tutte le anioni mie. Ne mai ban* TjlQLÓ S^tDOLttO. 197 no bauuto alcuna pur minima for^a a.ipre(fo di me nè priegln,nèpreniif, nè amore t nè odio di perfunaui nenie,ch'io tion habbia adoperato,& cercato, & oro-pofto fempre a F.S.R. & a i fuoi yicelegatiper mni-firiyipiù atti,#- [ufficienti huomini, &• di miglior fama, chenoibabbiamo in (jueftopaefe.non rifparmian-do etiandio di fpedere del mio proprioi e d'obligarmi al trai per amore del luogo, & per facilitar lama piu la efpeditione della giuflhia fei miei buoni ordini , prc(Ì foffero fiati,ò di cofià gaglìardamfoc aiutati, 0 di qui non impediti malignamente.Ma carnaio diceua rìngra tso Dio,che in ninna delle coffe fopradette , non mi riprenderà mai confcicntia. 7fe anco mi p’*a riprendere alcun di[creto ,& giufio giudice, che cono fca le. qualità, & valore delle perfette di qua, fi di quelle , che fono adoperate per autorità mia & fidi quelle art cor a che fono fiate,& fono propofie da altri, che cercà quefio feguito,(Sr quefta ambitione,dipotere a fto arbitrio far dare gli offiaj a chi lo adula , & a quelli che fonofeguaci delle opinion fue. ,/tlqualejuodiCrgno 0 forfè otto flandoin quefio officio » fi come l’autorità del Cardinal mio gli è molelta, fiando qui prefente% Ter tanto per non hauer io a venire ogni giorno in contentione,& contrailo, & perche il mio nome non fta stpre bersaglio di chi cerca qui coffe nuoue [effendi) la mia natura troppo aliena dal uolere uenire in queflione,&difordini) onde altra alla perturbatione della mia pace, nè potrebbe feguir effeto diuerjo da ql lo, ch'io mi ho folopropofio in tutto l'ejfereito di que- n b k q xnr. fld mìmRrdtlone.cìò in luogo della beniuolerv^a, egrd* ùa di F.S.Boiler.ch’io cerco cen/e mie fatiche d'acqui ftarrni,incorrer piu toflo in qualche faflidio di quella ; fono sformalo a de fiderare,&(s’io il pofjofare con tuttala fatiifanione di V.S.KeuerendifJìma)apregarla $ [applicarla,che voglia hoggimai pcnfare a mandar vn fucceffore.Voi che offendo in aueiii modi combatti* to [autorità mia da quelli, che fopra tufi la deuereb-bon mantenere, fe batteffer per obietto il feruitio di V. S. Ifeuer. & lllulìr. mi manca ilprincipale ■ & piu noce fario fondamento per poter benferuirla inqvejlo luogo. I tempi,[t l’occafìoniporteran forfè vngwr^o, ch’i Ila di fognerà di fcruirfì di me in qualche altro conto,douc ella mi trotterà fempre alla medefma affé trio-nata,^- ardente volontà nel fuo feruitio, jenga punta mai di varietà , o mutatione alcuna, vercioche la fede,& dcuc>ticnc,&feruitìi mia verfo lei, non è accomodata a’ tempi,ma è donata in tutto, & dedicata al nobililfimo animo dH/'.S.Reuerendifs.& a quel raro ef fempio d’ognipcrfetta virtù , che io ho fempre penata veder in lei a i tempi noftri.ln buona gratta dcllaqua le con ogni ritierentia,& Imtniità mi raccomando. Di Carpcntras. 2 2. di Margp. A M.onfig, Aleffandro Cardinal Pamele. /'"""'IO» mio fommo dolore fcriuo la prete lettera R V jF. Sig. Rcucrcndiffima , llluflrhftma, ha- uen- 'pyoLÒ sUbOLUTO. I|?S ■tiendomi a condoler Ceco della grauisfimaperdita, cbè ellai&[uà lllufir.cafa3& U fede .Apoflolica, & tutti non affctùonati fcrultori fuoi habbian futa per la mot te di '{{.S. la inai perdita è talc,& tinta, che non pura lei,di cui èìlprincipal danno,ma ami che l’amiamo i & deftderiamo le projperiià ine, tiene la mente oppref fa dalla conftderàtione talmente thè non dopiamo irò uar parole luffiùenti a e fariniere il dolor noflro , noti che a penfare madi,& ftntcn%t, che fieno atte a confò lare il dolor f l’animo dellacfuale cccel-fo, & grande è in modo tjfercitato nelle varietà delti fortuna,che da per le per la lunga infiruttionee, & e-fperientia,vedc quel che, & nelle àuuerfttà birogna fpè rare & nelle prò [peri à temere & fecondo le dimrfrà degli accidenti,è già v nàta di adoperare, hor la ua^dé fìia,hor la coflantia,temperando fenìpre le core vane> &inlìabil delti fortuna,con ti certa, &vmforme regola della virtù. Laquàl moderatone, & fomma pru- •' dentia, quanto fono i colpi della fortuna maggiori,citi ' deue cori tan ‘o maggiore fl-tiio adoperare, 'nrper trari ( quilluà jua,cT per contblatione ancora di quelli, che ' Ì amano , & che par icipano fedelmente conici de idi-fpiaceri,& incommodità fuc , nel numero de’ quali id fono,& farò quanto Dìo mi prederà di vita; don fola-mente nonràllettando lamia antica affettiondtà fer-uìtà verfo voflra SigJfuerend. & llluflrisfma, mi àn’gi tanto più de fiaccando di moflrarla in effetto iti qualche irhportantefcruitio di quella,qUantopotrà hó 11 b k o xtit: ra piu parere ciò far fi per mera gratitudine, & affet* tione,eir non per difegno alcuno. Cofi prego lei, che mi conierai fewpre il mio antico luogo nella memoria, neh' amor fu o. In buona gratin della quale con tutto la rimo mi dono,®- raccomando fempre. DiCarpcntràs.iAiz. diNouembre. IJ49. Al Conte l’uluio Rangone. T T rivendo io riceuuta la lettera di 7.$. & yedu--r2,toinefala fottojerittione delfuoatne carijji-mo nome , Jentij ma fubita allegrerà, come fifa dintendcrenoua delle perfonee che fono defiderate,& carcmapoiché leggendolo ridi il mc/io argomento di quella, il mio piacere fu conuertho in fommo dolo re per la gran perdita che io mi reggo hauer fatta in fieme con F.Sig. nella morte della Signora Lucretia fua madre laaual non folamente alla cafa,dr famiglia fua,&alla Città. no(ìra,ma a tutte lepcrfone.che han^ no hanuta cogniiione,& amicizia conici , fi come in vita col fio raro, & ammirabile efempio ha data stupra molta e(falta'ioneJ& contentezza,cofi bora mancandoci ne Uffapriui di tanto honcre, & confulatione che haucuamo della esemplare conuerfation fua , ejr ci riempie d'altrettanta rr'UeZppa, & dolore. Talché fc non foccorreffe alla fragilità hu tnana il difeor-fo,& la confideratione del mutabile flato di quefla no- •PlAOLO S lA D 0 LETO. ly? Mflra vtta mortale, delia cond'nìone, con laquec le noi fiamo (lati tutti frodottìin quello mondo y& molto pitt ancora quella piu alta ,& diurna ragione dell'altra migliore, & immortai ulta, alla quale fono chiamate dal Signor Dio quelle anime, thè non hanno po(ìo il fine, & denderio loro ne gli effeeti di quelle cofe terrene ; certo [aria malgeaole ad acquetarli d’una tal perdita, & d'un fi grane danno. Ma altra Vohligdùone fopradetta, onde ci aHringe la vera ra~ gione a tolerarpatienternente quello che, & dalla na tura, da D o è fiato coft ordinato per m ggior he-ne , & felicitànojlra, hattendo noi altri àmoreuoli, & affettionati della lllutlre cafa uefira, quella altra particolare cagione di confolarci, per laperfona di va /tra fig.che ci refia erede fi come della riputattcne, et de gli bonori , cefi delle virtù , & laiidabUlljhne qualità dc'fignori fuoiprogenito'i, debbiamo alicgge rire affai il dolor nofiro, & non tanto puf are al per dii to bene , quanto a quello, che per metgp di V. S. fegui tando dia l’orme de'predece fiori fiioi, ne farà rappre-fentato nel tempo a venire. Di che io fentirò femore tanto contento, quanto ricerca la mia antica affittio ne & offeruanga uerfo hpredetti/ignori,&la reelpro ca bcniuolcn%a, & efii hanno fimilmente battuta «er fo diime. M che ancor ap articolarmente l’amore noie dimoHration e vfatami da V. S. con quefìa fra, bu-maniffima lettera, molto m'obliga, & afh inge.Tcrò ringraùaniola quanto io puffo di tal amor fuo, & del la amkitia, ch'ella fi benignamente m’òjfnifce voler con- I l B HO XIII. conferuar meco, io le prometto all’incontro di me ogn\ (i]}ettione,zy honorecon vno ardente defiderio di jer-uirta,doue mi ft preferiti l'occafume, nonpotedo ane-pirmi cofiicbe piu mitighi il dolore.ch'io ferito di rima nei prino di tali due Sig.& amici miefanali fono flati liiig. noipadri,e wa 'df ejfemplarvà di vita fi fono fimpre mofiri digfi’fjimidi tal h-ogo, cefi per mode-fiiaiér p ropria vola njà loro ne fono fiati alieni. Ferrei « .0 ■allegrarmi conF.Sig.diquefl’aelettione , ma ti .v} che » animofuo non aecctu gratamente la con gWhl* T? ,.4 0 LO Sv* DO LETO* 200 gratulation nsia,fapédo ella meglio d'ogn'altro, qitalpe Jb, & qual cura porti feco quefla tale vacatione U-qual cola chi vuole drittamente contiderare, truoua in effetto,che fimili gradi, quando Dio pur ad cffi di fu propria volontà et chiama, debbono ejjer accettati da noi piu tofìo con obedientia, che con aliegrcz^a alcuna,fi come mi ferine il mio M. Giacopo Sacrato , e fiere fiato fatto da voftra fignoria nello Jicffo atto della ac-cettaliane, & conjenfo , ch’ella ha di ciò preflato alla molta,&giuHiffima infiantia di T(pftro Signore, & di quelfacro Collegio, motlrando infume chiaramente,^ l’animo fito ejfcrefciolto da tutte l'ambitioni, & cupidità,nellequaliihimanavita è auilupppata', & fuddito nondimeno & fommeffo alla volontà,& vaca tionedel Signor Dio. Vero offendo in quefla digni(firn a elettiou fina tante cagioni di rallegrar fi, fi per La co-fa in -e llcffa}cotiie per li we7j,& modi, co quali ella è fiata fatta,p'. S. mi darà licentia iCallegrar l’animo al (albgrcgga falciando bora la cofidcraìione della quiete & ripofo fuo che ella banca maggiore nella vita pri-uatapenfiando (diamente al beneficio d’altri, all'ho norata propofla del voflro lUuHriflìmo Senato, al di gri: fimo gite diete,cleuiane di blflfiro Sig, alla rara virtù,& equanimità di vojlrafignoria, laqualericu-fandò, & fuggendo la grande offerta diramo honore , s’è mojìrata dignilfima di molto maggiore. Dio benedetto,done er aio quel giorno,eh’io non fui prefenteafi dilette noie (penacelo? per poter contemplare il volto , & igeili grani di Ffi.fi,euer, &pafccr l’animo di cefi hondìa. LIBRO XUI. boncfta, & ingenua dolcezza f1 Benché quel -piacere, che l'affentia mi toglie,l amore, c!r ardente affenione mia mi rapprefchta;tal che nò cedo a qual fi voglia p-fona,ihe lenta piu piacere dì quella promotion, dir. Sig di quei ch'io jento.Etcojiprego Dio che, tir a lei, et ante ,& a quei popoli, a quali ella è fiata per buona ivr forre,data per Taflore,voglia lungamente perpetuar,,tir tendere ogni dì piu profpera questa noftra co folutione, & contento,Et per metter homai fine a que-fia lettcra-.laquale dubito non fiafparfa a V.S.troppo lunga,lapricgoprima ad amarmieffa femprc comefuo le,& dapoi mantenermi nell'amore,eg- de fiderà! a gra tia delhto,& mio amantifiìmo Signor Card.Vaolo,col quale ancora mi congratulo molto;& delpiacere, & acli‘horiore,ilquale ri folte a Cua Sig-Reu. che al mondo appari,'cane fi degni alleui della /uà rara,& laudatisft ma àijciplina. ^4 V. S. con tutto il cuo re mi offerì, & raccomando. Di Carpentiàs, ^Ìi6.di aprile. 1551. A Monfig. Pietro benino Cardinal di Fano. A 'Npora che per li tempi paffati non fia accadu-ira noi co/a, che nhabbia data occafione di jenutrei Cm l'altro, io nonfo peròdubito,chepcril vincolo dellaputtiufcbe la natura u ha dato communi T iAO LO S ^BOLETO. 101 ve U princìpio del nafcimento noftro, & fi ancora per la fimilitudine della vocatio no fra Epifcopale, a che Dio ci ha trasferiti già molti anni agfiuniauì quella hrieue cognitione, che in fi lunga diflanga di luoghi, alcuna voi'a noi habbiam potuto haucre infierite, V. Sig. Reu. m’ha fempre tenuto nella memoria, e amor fuo,ft come io ho ftmilmete nonfolo amato lei>magrati demente ojfcrnata,& riferita, come Icfue 'molte virtù & rara dottrina, & altre landatìffimeparti (opra il comune vro,me ne obliga>iano>& allegrandomi jem-pre fommamente tra me medefimo , de’ degni progr, fjì ch'ella focena, & nell'amini[Iratime della fua Chie-fay&etiandio nel maneggio delle cofe publiebe , che le erano commcffey parendomi che la fua laude rid on daffe ancora à vn certo modo [opra di me, & come co patriota fno}& comehuomo del mede fimo ordine , grado.Et di quello animoaffettion )nia;ver[o lei , io andauapur penfando di darle vn giorno vn nuovo ricordo con mie lettere,^ confrmare con fcrltiu-ra quella beniuolew^a, laquale tra noi perii pafjato è fiata trattenuta folarnente con l’animo . E lodo Dio, che m'ha offerto bora quella opportuni(Jima,& accct tabilisfima occaftone di farlo,cioè d’hauermi a congm tulare con yofìra Signoria l\euerendisftma della dc-gna promotion fua all’honore del Cardinalato . Della qual co fa io mi fono allegrato quanto mi è difficile a efprimer co lettere f molti,& infiniti rispetti, ma co/i Dio mi profferì - & moltiplichi ogni dì la cagione di quejfa mia allegrezza <&■ come il principale abietto Cc del L I E XIII. del piacer mio, è flato il rifpetto del ben publico, & di quella comodità,che può portar alle cofedrl mondo, & della Chic fa, l’opera di tal perjon a , quale voffra Signoria I^posla in quel luogo. Terciocbe s'io volefì al-grarmi con lei folamcnte della porpora e dello fylendor mondano,che tale dignità portafeco, dubiterei dipare re à lei tle/fa poco pratico,&poco grave s & di batter male offeritalo quello,di eh: io hopttr battuto molti an ni d'ctperientia,efr ef{rinfeca,cr domenica , cioè legra dì obligationi, (jr le (èruitù & difagi, che folto quella porpora fi nafeondono. Ma in quanto quel grado più e-mincniefa meglio comparere le virtù delle perfcne,& da loro piu ampia facultà da metterle in efitreitio a maggior benefìcio delle cofepublicbe, & etiandio privatamente di molti huomini dotti,& virtuoft di tanto dette cfiere lodato,&battuto caro da quelleperfone, le quali Dio ha dotate di taigrana,che non ricufino d’accettare gratamente [opra di fe le incommodità proprie per beneficio d'altri. Mi allegro dùnque con V. S.I{eue-rendisfitna doppiamente,/^ con la gran dignità,della-qual Kfosìro Signore l’ha bonorata,&più ancora delle qualùà dell’ animo fuorché fieno tali, ebe ella con la fincerità delle fi/e opinioni, &con la libertà delle fentE %e,& con [ ■‘i!cfìd,& gratuità della vitajìa per darci in quelli c ft-ft tempi vii raro ejìcmpio di grande, c ucro Cardi)' le.Io certo non cederò mai a ninno, & n» pure al Pigi re Guroncfuo fratello , in allegrarmi di tutti gli ho, ri,&laudi,& efifialtatioìii fue,cbcporte-tannoi tempi, & tanto biu quanto elle faranno più febiette T^AOLO S ^.DO LETO. jo* fchiettc,& più nere, & pià congiunte col feruitio d\ ciò, ejr beneficio degli buomini.i a buonagrcuia di uq (ira signoria i{eu. con tutto il cuore mi raccomando, a 13. di Decembre. 1551, A Monfig.Gio. Montepulciano, Cardinal J di S. Vitale, T O Piana afpettando v'na occafwne opportuna di (crincrearofira Signoria Eeucrt ndisjma prrdefi derio.che io haueua di ritornarle alla marineria l’inn n fica,e cordiale amicitia,che la buona memoria del Car dinaie mio zjo bebbe fico, lacuale c sepie fiata accopa guata,& cotinuata da me,con quella fedele offeruapa, & amoreuolferuità,che alle molte uirtù fue,& a i de^ gni màgislrati,& alla fermerà,&gratitudine mia fi coueniua . Et bora ringratio Dio,che ni ha data di ciò qlla occafwne, che fja più defìderabile cioè Sbattami a rallegrare coti Goffra Sig.Rtue. della elettione fatta da 1s{oPlro Signore della perfonafua al Cardinalato. Ilqualgrado;come è grande, &■ ampio in fe,per la fa~ (ultàycbe porge di ben fare,nelle cofcpubliche ,& nelle priuate di molti,co fi quando è congiunto co i meriti & col ualore delleperjcne. fi come yeggiamo bora in V. Sign. Rpucnndisfima,raddoppia lagrauder^-'ga,<& lo fplendor fuo : tal che no aggiuge più di dignità & d’bonore a degni fi,bictti, che tfjo ne pigli da lo-,-M,Mi allegro adunque con vofìra Sig. Rene, con tut-. C c 2 to t \ % L I B I{0 XIli. to il cuore,di tale effaltation fua,&pricgo Dio, che va glia femprc proft>erarlc,& qxefta dignità, & tutte le anioni fuc,che da quella dipendono,forando io molto, che l'opcra,& autoritàfuapcr la rua prudentia,&per la lunga cognitione,&efperiemia,cbe eUa ha dei gran "Principi,aggiuntaui la intrinfeca famigliarità,che vo-fira Signoria Beuereniisfma ha con ^Signore, debbia portare grangwuamento alle cofe publiche, in que Jli bifogni,che ne ha la qualità de' tempi. Di mele ri-, ' cordo,che io viuo,& viuerò femprc ajfettionato ferui tor Juo,deftderando hauere,ancora che ajfente, Tnpoco di luogo nella mente,& amor fuoe^onper altro dife gno.fe non per quel piacere, che fi fonte d'efj'cre amato dalleperfone tanto degne dell'amore,& riucrcnga d’o gni vno,quanto è y.S. Allaqualbacio riucrente la mano, DiCarpentràs, 24. diDccembre. 1551. Tur ma volta venuto quell’afpettato giorno ; cb'io m’habbia a rallegrare con vofìra Sig. Rene rcndisfma,&con me mcdefmo della degna,& dejìde rata pronontia [ita all'honore del Cardinalato , il-quale per tati rifpctti & meriti fi paterni ^come fnoi , & delibonoratacafa fua,già fi lungo tempo , che la tardanza di queflo effetto non ci ha caufato per li tcm pi papati manco dolore , che bora ne caufa piacere . A Monti". Aleflàndro Campeggio Cardinale. T ^0 r.0 S ABOLITO loj otonauduorrei in cj flaoccarwneditrouarmi appresa dì F. S.Ke per abbracciarla, etbaciarla, etmoflrar le col yVo, & con tuttige/ii del corpo, ò attamente, òetiandio inettamente,il granpiacere ch’io ferito del la effaltatione, & del contento fuo ? Veramente a me paref & feil gitidicio nonm’inganni)di non credere qual fi uoglia , ò [eruitio, ò amico congiunto, che ella, haabiain fentire di ciò una interiergioia, laqual mi penetra in fin a più teneri, & amoroft [enfi miei, ripe Jando fra me mille uolte Tbora Ì allegrezza fua , &• de fiicn virinoft/fimi, &dilei amoreuoliffmi parenti, & della patria, <&■ della famiglia di quella. 0 Dio,do uefono io confinato, che non mipoffa trottar preferite a cofi lieto [penacelo t Kora ft che quefla mia oflina ta flanga in quefli paefi, mi pare rufìica, & iname~ na, poi che mi priva di qucjìeftmili dolcezze .farei co tento d’efjerion lei un folgiorno in queHa occaftonc, & tor dapoi licentia dalla Corte in perpetuo. Non vede uo fra Signorìa, come quello mioferiuere è tumul tuario, equafi trafportato dalpiacere?fifartemìfpro ria, facendomi feordare hora,& laffar da parte lagra ttità ZV [altre circofianze, che forfè alleperfone, che noi Cofleniamo , & alla meteria, di che fi ragiona, fi connerriano, ma certo ira uoflra Signoria , & me , effendo noi quel che noi fiamo infieme , [ariano fu-perfine,&inette.Vinca purdunqueperbora , (jr* habbia tutto il luogo in noi quello dolce affetto del piacere, & con [enfiamo d’accordo per qttcfla volta quel che già inpueritia mi ricordo haucr letto in Cc 3 vn L ì B 1^0 xìlt. vn libro Greco,che la più pretiofa delle mondane co fé * aHxidiuinodonofe ì'bonorc. 'Nelqnalpoi, fedentro e punto di mcfcolatr^a di (entità,o d’altro pefo , che non la (fa (entire co ft pura la dolcezza, bifferemo a parlarne vn altra volta,&nngiouafperàre,che quefta di V, S.IfdebbaefJerealei d’ogni parte, & inogmtepo (baite. Bafta per bora, ch'io m’allegro con lei con tutto il petto aperto,&priego Dio, chef come m'ha data quella confolinione,dì veder voflra S.R.in queftogrado, il quale non è dato folamente per premio, ma per continua Caìtfa di maggiore , &p\à illuftre eff'rrcitio delle virtù deglihuomni,coft maccrefca ogni dì nuouipiaceri, intendendo di lei opere,&fi niente degne della di ynità,•/■7 per fona fua,& di quello animo gencrofo et coi dido,cheio ho fempreconofciuto inlei. Inbuonagra* ria dellaquale con tutto l'animo mi raccomando* Di Carpcntràté a' 22. diDecembre. 1551. A Monfignor Fabio Cardinale Migtii-nello. f come io non ho mai dimenticato la memoria di B'oflra Signoria lllufiriffima, et P^uerendisfima, mi ìafjato diportarle qitell'bonore , et ofieruanZa , epe per le fine mol e , et gran umà le è douuto da 0-gni perfona ingenua, et che ama ejfiere nel numero de uir;uoft,c(:jt(fiero,eh'ella fhnilinente,o non baucrà VAIO LO SiADOLET 0. 204 in tutto laffata U memoria dì me, ò almeno col mtxo di quefìa mia lettera le farà facile a ripigliarla, laquA le io ferino av. S. K^per cominciarle il grande, & (jcn degno ,& ragioneuolc piacere, c’bofentito della promotion fna all’bonore, & dignità di Cardinale, Et quefio non tanto hauendo confuierationeal bene commoiità fuapropria ( per ciò cbcfimili gradi a chi li accetta con animo d'effercitargli al fine, alqitale fono flati ordinati, no portati [eco manco di grandezza,che d’ornamento, e fplendore ) quanto penf irido ali'utili tà publica , & alle comodità, che la 1 edta ^ipof.è per baiiere dtllaperfona, & opera di voflra signoria B^i queflitrauagliati tempi. Mi rallegro adunque fico * con tutto il cuore del degno giudicio fatto di lei da no- L flro fignore ,& priego Dio , che fi come nc’tcmpipaf-f fati in tutte le anioni, & maneggi poi V. Sig. s’c mo- \ Jirata dignìfima d'effere bonorata dì quefio bonore , co fi le dia bora fpeffe ,& grandi occafioni di potermi dere ella fìcfìa ìlmedefimo bonore più bonorat o > & più illuflre nella per fona fua. lo faròftvipré un di quel li, a cui ogni laude, etefaltationc di y. S.R.farà qua to può efer cara, et de fiderata, pregandola, che, ben che io m’babbia eletta quefla ulta lontana dalle corti , et occupata folamente in quefiopofttiuo effercitio, eferuitio della mia propria Chic fa, che però nò m'bab biaper morto,fecondo quell’afpropròueibio della cor te, ma mi voglia tener uiuo nella fua grata , e corti ft memoria,facendomi parte dell amer fu obliquale fi co me bor.onrà me tòmamente cof: io mi sformerò ai por C c 4- *11 ? M I 1 B 1^0 XI IL Jìarìni in modo vcrfo là in oJferuarI,&honorarla,& finirla douunque mi l'e ne porga Coccaftone, che ella conofxrà nonbaucr mal politi inrne ralportionc della humanìtàfua.ln buona gratin dì y.s.B^con tutto Cani nio riucrente mi raccomando. Di Carpcntràs. iz.di Deccmbre. 1551. A Monfignor Girolamo Dandino, Cardinal D’Imola,à Roma. TO ho tate cagioni di rallegrarmi della mertùfjìma j^oromotione di F.S.B. alla dignità di Card.ftpcr l’a micitia,& fratellanza no fira antica , e fi per rodere chele tante fatiche viaggi, fatti da Iciper la Sede Flpotl.babbiano trovala degna,& conuenicntc rimi* neratione, & fi ancora perciocbe il vedere vn fuo caro amico inalbato a tal grado d’bunore,^ di fortuna , fa parere a gli amici di participare a vn certo modo fe~ co della medefma fortuna fua.Qiufte, & tante altre cagioni,cb‘io non dico,ho di rallegrarmi con V. Sig. che fe l’l?umanità,& cortefia fua , no mi foccorrcrà in qucflo capo,degnando fi di penfarc ella Jìe{Jai& il fom-tno piacer ch'io fento dell’bonorJuo;& le parole più ef ficacl, cbeficonuerriavfireper dimodìrarle queftct mia allegrezza,io dubito di parer rauto,&inetto, & che peggio è,poco offìciofo vcrfo di lei'. Vero io la prie-go a volermi rileuare effa (leffa delpefo, che la foucr-cbia allegrezza delle profferita fue,m impone,&pcn-farc,che talbora non è minor jegno della forte, & potè T>AOT.O S^bOLETO. *05 te ajfettìone de gl’animi nofìri, il non poterla efprimer con parole-,che quando ella fi pronuncia, & ft dimoflra. facilmente di fuori . Con que/ta (peran'Za deìl'humanità fua.che fupplirà il difetto della mia penna,mi rallegra- / rò con V. S. R, co fi alla piana>& con parole communi, | deU’bonore , & ejTalta'ionfua, pregando,Dio chele faccia fentire ogni dì maggiore piacere, & contento di talefua dignità,/? non folamentc nelle cofe della forttt va , che la fogliano accompagnare ; ma etiandio molto più nell’cjjercitio della virtù, di che e [fa dignità da mag gior campo, lo conopeo il grande ingegno,&giuditio di V. S.If& nonfo dubbio,che ft come ella ha femore of feruato con molta integrità della rna fama tutti i mtfi, cbepoteuano,&doueuan, condurle a queflogrado, coft non mancherà bora di penfarc a offerii are quelli , co i quali (i mantiene vn tal grado nella uera, & laudata dignità fua F. S. l\. ha hauti, & ha diprefente in quel grane Collegio dignifimi effempi da poterfi proponere a imitare ella fleffa è coft allenata , & coft esercitata , et ha in modo faporato Ugnalo della vera laude, che no fipuò Iterare altramente di lei, fe non che debbia fare riti [cita di degno, & grande, &vero Cardinale della Chiefa di Dio . Di che io porgerò prieghi a fua diurna Maejìà che gliene faccia gratta,e piglierò tanto piacer, e confolation d'ogni fua laude, quanto farei della mia propria. In buona grafia di Fof. S.}{. con tutto il cuore mi dono,&raccomando. Di Carpentràs. vi 1J. di Decembre. MOLI. v< Moh- L I B 1^0 XllU A Monfig. Fuluio. Cardinal di Perugia. A Al cor a che io no babbia per lì tempi paffuti hau JìSl. uta dcmeiliche^n con l-/ofl. S. I\e. per la mia Unga, & cì‘*af: ordinaria lontananza dalla Corte,cau Jata dalla refidentia ch’io mi sforai di fare alla mia chic fa ,ft come, & la fìcfia uocatione,& linffinto miopro-prio,&l’cfjortatìone,anzi comari da m ctoefreffo , che di ciò mi fu fatto dalla buo. me. del Card, mio %io , me ne allringe, & obìiga ,nondimenobaiicnd'iodopo t’af-fmtìone della San. di Tff S. alpcntcficato , yd'uo celebrare , & comodar molto il nome di V. non tanto per il rincolo delfangue,che ella ha co fua Beat, quanto per le dignisfinte parti di virtù, che fono in lei fteffa, io le ho da quel tempo in qua portato fempre vn tacito amore,& offeruanga dcfidcrando che mi fi preferir affé vn giorno occafione di potergliela dime firare in qualche modo,che non parejje ch’io fufft a ciò piu lofio inni tato dal fauor della fua buona fortuna , che tratto dal la bellezza , e decoro delia fua virtù fi come fi canute ne alle perfone ingenue , & fmetre ,ckenonfonma{-fe da di'egrio ò cupidità ueruna,ma[diamente dalla regola dell’officio , che è richiefio tra i virtuoft , & buo ni. E> accaduto che Voil.S.I{conm\o fommo piacere è fiaiapromoffa aldignisfitno grado del Cardinalato, laqualc occafione benché mifoffe defideratìlsima di [cri ' ncrle,p.er congratularmi feco nondimeno per lo mede fi mo riffetto , detto difopra , npphouolutoaciòcor rere in fretta con gli altri > ma ho indugiato alquanto a ’V'.AÓtO S jDÒLETÒ. io6 fare (fuetto officio, deftderando che quatopià fauordeì le turbe egli parerà a V, Sig. Reu. cauffito folamente dà "vero amoreicbe io le porto, & da rerogiudicio che io fo dilli virtù fue, tanto più refi impreffa nell'animo li memoria dime ,& dell’affettionc , órferuuà, ch'io le offierifo, con farmi gratin ancor'effia di qualche par* te della beniuokntia 'Ha. Mi rallegro adunque con Vi S. R- con tutto il cuore della effiaLtà’-ione>& honore, ai-quale ella è Hata chiamata <^Dio , che co fi è da tener per fermo, che tati elèttiontp^fUtctno dalla vocationè diluì, quando conia dignità degli bonari è giunta in ftd fneladignità , & fufjìcientia delle per fané , &prie* go fua diurna Mac. che voglia renderle ogni dì piu bona rato,e piugloriofo beffi rcitio di tale dignità fua,con fkr lef mire continuamente di quei veri , &grandiffimi piaceri,che vn’animo candido , & ingenuo,come è il Jfuo, tutto uolto a benfficio d'altri.. & in publico , & ili prìuato, in vna tale fortuna, & facilità di ben fare fi dcbbe delle fue degne,&laudate operationi meritameli te feruire. Deftderando io ancora, e quetto come membro della S. Cbiefaffienche di poco momento, che i lem* pi,nei quali è accaduta quettadignità di Fotti i\ Rene rendi ffima , fi riducano a tale ferenità'-, & tranquillo corfo , che noi pofìiamo bauere piena l’allegrezza delle cotepriuate nottre , fendo congiunta coniaprójpcritd delle publiche. io certo delle mìe priuate ho da contentarmi molto,e da lodar Dio,percioche tutta la mia dio* Cefi fi truoua molto netta,&pura dalle nouitd,che bari no trauagliato,&trauagliano tanto in altri luòghi. Et L 1 B \ 0 XUf. Etpruouoper efyerienùa quanto importi la prefentla j & cuflodia delpaflorc[opra il fuogregge,et quato Dio perfua botà/m tal nojìro sformo,aiuti, & fìtpplifca cjfo (imperfettioni noflre, StbScbe io fia collocato, & fijfo in quefto effèrcitio, & in quello luogo, ferrea proponi-meto alcuno di lavarlo mai, no rcflo però d'bauer cura della beniuolentia,& buona opinione dimoiti S.& per fene rirtuofe della Corto di Roma, come madre noJìra9 falatandoli alle volte con lettere,e moflrandolor fegni della collante amicitia,& oJjerHantia mia,con mettere il mio fine folatnente ncll’amor loro ifteffo, & non in al cun altro effetto ejleriore. numero de'quali fi come io aggiungo il fuo a me carif & bonoratiffimo nome,fc co fi piacerà a V. S. d'accettar gratamente l'offeruan %a mia,&darmi qualche parte dell’amore,&benino-lentia Ina,'.io referò di ciò fommtimente honorato', & mi reputerò di fare fi grande acquilo, che io farò a me fleffo affai più caro, vedendomi effer amato da talfig. & datai perfona,quale è F. S. Reue.^r Illufl. In buona gr alia dellaquale con tutto il cuore mi dono,& raccomando. Di Carpcntràs. 6. di Marzo. M D 52. A Monfignor Priirli. TTJT Ome dotte erauate voi, quando V,. Signoria dell jTJl berauadi far quella elettione dime, e chiamar mia Roma , e levarmi di qui dalla miapropria cura? ò pur doue crauate,quando è bifognato a me far ri ipofi a alla futilità fita, & deliberare, fé fi lattea da accettare vuoto SU:DOLtTO. 207 tare ò nò tale inulto ? In qualunque luogo di qfìi due • V. S.ftfojfe trottata , fo no bauria macato di Jouuenir mi, e [occorrermi al bifogno, et del configlio, & dell1' aiuto fuo.Talche io nò mi trotterei nella perplcflìtà,otte bora mi trono fendo corretto tra quejìe due neceffuà,à d’accettare con perdita della, libertà, dr della pace del £ animo , dr confcientia mia, ò di riputare con perdita viputaùone, & buona fama. Ma poiché F. S. non m’ aiutato nè a diffuadere, eprohibire tale uocatione,che facilmente lo potea fare col nome, & auttorità del re uer. Sig-TS^. ne anche mi ha fritta. & auertito qual fo[fe ilparer fo, come mi hauesjì agouernare in que fa cofa, che m’imporla tanto. Se io forfè nella rifolu-tione, che ho prefa d’obedire, non baierò be ueduto da meflejfo , abbandonate dallo aiuto yoflro, qllo che mi coueniua di rifponder , & di fare incolpatene voi, dr no me,&no mi (late poi a riprederc di quefla mia venata in corte, & a farmi elegi cantra,come facefle dre Galateo, ch’io diròfmpre ad ogn uno, che noi fie te fato cagione del mio errore, no hauedomi dato il yoflro con figlio in tepo che’l doueuate, & palettate fa re, Mado al mio M. Giacobo Sacrato copia della epi Hola ,cò laquale io rifpondo alla [antità din. S. per moflrarla a V. S. Ifueren. et al no (irò I{euer. padro ne Idellaqualcfe ui parerà, che comegenerofofaldato, che è aflretto da maggior forga la fciar‘ lago > io pur nel cedere, et ritirarmi cofcrui almeno la debita digni tà, et il decoro , non mi farà tanto moleflo l'eflcr vin to tirelle molte incomodità, et dif onci delle delibe I I B I\ 0 XIII, Ydùoni della vita, <& peti fieri miei, che fono in qnefln Inopinata mia uocatione,ha:& cb'cto d’bauere a riuederc,& godere qualche (patio ditepo la dolcifìima conuerjatione del R.S. 'IV. TolOiCÒ. la uojira amo tato,& cosìgrata.^ipa recehiateui pure a farmi rngran ricetto,&albergo nel Li famigliarli à,& amorro/ìro, et difponete,vi priego, non ;olo roi fief[o,ma etiandio il S. abbate,M. Carlo,, M. Bartolomeo,& Ai. Gio. Frane. S tella, & tutto il re fio di quei noflri rirluofi, & dolctjjìmi compagni, ad. accettar gratamente qnelìa venuta,e fepnr non ri po-tete tener di biafmarla fatelo con me filo , & non mi fcandiliga’e gli altri. vi yoffro Sig. con tutto il i uore mi rai comando,et nella bona grada del !{■ S. N. infinitamente. Fi priego a fare opera col I{eue. d'Imola,eh io. Labbia qualche boncfta,& comoda flangia in p alaggi), jefiapofiibile, acciocbeio uipoffo effere tanto più pref fo,& piu afìiduo nella compagnia ttoffra,cr ancorale fioche, [epur io ho da effere nueruo foldato in quell'al fra rnilitia,almanco io fa nel numero de'Talatini F. S, fita fana,&marni del continuo. Di Carpentras, fi X X. d'.Agoffo. M D L 11. A Monfìg. Girolamo'Cardinal di Dandino, ■ r la lettera di Fcf S. Reuer. di xxv. delpajftta Jl (eritta di ma tua e co la Jùa rara, & incpparabil gemi leggi, cz dolctgpfa, ueggo l'bonoratopefo, ch’è pia- 'PAOLO S A BOLETO'. 20S giacinto a N. S. d’imponermi, chiamandomi ai luogo di /ho fecretario. Delcjual honoratogiudicio, altra Un finita, e principale obli^atione eh iomi fento batter'alla bemgnità,& beneficientiafua,io fo bene quanta par te io ne riconofca dallo amore,&affet ione fraterna di y.S.R^ verfo dime,& dal fuo de fiderio del ben mio. Jo accetto tutto per bene,&uogUo credere,& jperare, che fiapcr nofira falute, quello che fenga alcuna opera noflra è ordinato dal ftgnor DÌo,maffmamente col mc~ ■gp di comperatoti fi degni,et di fi buona mente. Bendi co V. s. Beuered. che s’clla hdueffe yna uoltagufato, quali fieno i piaceri, &le fmccre dilettationi, & dolce^ ■ge di quefia aita libera da i negaci,& dalle feruìt'ù fumane,& ferita di Dio,&del proprio & principale of fido della uocation noflra,ilche tanto piu poi fentono co loro,che fono di piu pura uita,che non fono io,ella faria forfè andata piu ritenuta in turbare queflo flato a un fuo fi caro amico . Ma di queRo parleremo più lunga-menfe inprefentia. yeggapur V. S. Kruereudiljima di tinti hauer per fouerebio amore ampliato troppo il fuo teflìmonio di meiperciocbe s’io non m’accorgo , che ella babbiapromeffoper medi troppo granfomma,farà for tga per poterla pagare,ch'io mi riuolti ad improntar da lei della fuffiàentia, & eloquentìa[uà V S. vedrà p la mia ritfiofla al breue di (ua Santità, conno m’inclino a far l’obedientia , tratto in nero più dalfamor di (ua Beatitudine ond'io fon prefo, per amoreu'olc fua dimc-ftratione uerfo me,che da alcun'altro obietto, non eff- n do mai i difegni,&defidcrij miei rfeiti de'termini della medio- L I B \ 0 Xlll. tnedtocrUhpdrendomi,cbe in quella conftlìa la vita piu felice. De/idero , & commetto al mio M. Ciacopo Sa cratOycbe la detta mia lettera ftaprefentata afua fanti tàper mano di y. S. Bf.uer. acciocbe col mexp della de fra maniera \ua le fia tanto più grata, & ancora accio che V. S. Reuer. parafare la cu fa della tardane d’ef famiarijpofla, lacuale e Stata caurat a dal ritenimen-to del breite, che da Lione infin qui è flato per via 14. giorni come ella potrà vedere per l inclufa fede di chi me l'ba dato. F tperche io vengo con difegno di acco/lar ni quanto più mi farà lecito,& di flarfijo difuafantità per lo gran dcftderio, ch’io ho di moflrarmelegrato mi feria caro, d’batter qualche flantga in palagio dotte pataffi habitare non incommadamentc,&con qualchepo co di decoroyvolenào io nel reflo nonperdonare a fyefa fecondale facoltà mie , per fare honorc. In quello fe V. S. I\euer. mi potrà aiutate, con vfarcperò ogni mo-deflia, & pudore a mio nome nel domandare , hauendo ricorfo ancora al patrocinio del Bfue. & Illuflr. Card, di Monte,mio ftgnore coft humanamente, et fpontanea mente con lettere da fua S. R. offertomi, certo ella mi fa rància [ottimamentedefiderata,& cara. In buonagra tia della quale con tutto il cuore mi raccomàdofempre, DiCarpentras. 30. d'^goffo. M D Lll. ìl fine dei ter%pdecmo libro. LETTERE DI DIVERSI A V T T O k I ILLVaiRI, SCELTE da TVTTI I LIBRI fin qui Stampati. LIBRO Qjs^lrt 0 decimo. A M. Trifon Gabriele. n LT 0 MPpreJJu ogn'vno Eeu 'fido , C da meófferuandiftìmc M . Trifone, Già forre dirce, oner dodi a g orni il no- __________ ftrovfjìciofifìimoRambern , mi tnoflrà yna leverà di V. Signoria,Ccrina al nojirogen’iliftimD M. Luigi Vriuli , per lacuale ricercati a da lui , che douejje conferire con me, qual differentiafojje fra ME te, & Intelletto ,& atei ne feri ueffi la mia opinione. Ilquale yfficio M. Luigi non hebbe modo di fare : perche era già partito da noi, donde il Lamberti mi ricercò, ch'io ne ferine fi quello , che a me paref e à V offra Signoria,quando mi ritrouaffr otiofo. Tcrocbe in vero quefloprefente Meje di Decembre , ntroliandomi Ca po de iDiece , fono flato fr mprc, & fino hoggidì fono occupatifjimo. Ma ritrouandomihoranclii notte del giorno di Natale , fen%* alcun negotio , ho penfato frame , che fra bene fcriuere alquanti ver fin tal ma feria, & ragionando con p'oflra Signoria pigliare vn " y d poco LETTELE poco di rìcreatione , & di piacere, fendo fpecialmente quetia rneditatione non dei tutto lontana dalla Menni-tàdi quedo giorno. Dico adunque a y. S. che fevolef-ftmo ragionare dell'ampia ftgmficatione di quefii dui no mijcioc Meme, & t ntclletto faria grande difjìcultà di poterne trottar differenza fra loro; imperocbe fi dice la Mente lìnmanafe Menti angelichey& eùandio la Meit %e dimna, & fmìlmente è confitelo dirft l'Intelletto dittino , & l'Intelletto de gli angeli, onero delle intelli-gcntie,& CIntelletto humann. Tqè folamen'.e fi cóiama intelletto lapoientia,& virtù,per laquale intendiamo, ma eùandio Io ambito, per ilquale comprendiamo i pri mi principtf delle fetenze, fi chiama intelletto. Ter tato lafceremo da parte quefia co fi ampia fignificatione , e alla propria (ignificationc di quefii due nomi, Mente , gr lntelletto,ci riflringeremu , Mente è vocabolo lati-rio,ilqtiale a miogiudiùo e dedutto da quella opcraùo-ne dettammo noliro : laquale noi Latini chiamiamo co minifeentia. Io credo, che a queflo [Latino rifponda il Greco nome dia noia. Intelletto è vocabolo anco egli Lei tino,lignificante,quella foliantia,onero potentia,per U quale $ intende. Quefia cotale opinione, per quato pare a me, viene da Greci molto meglio cflicata, che da noi Lai:ai , per queflo uocabolo noein , ilquale qual che fiale vfano eùandio per il vedere, dode chiamiamo anche la fofianùa, ouer virtù , che è principio di quella cperaùonc ,noue, 'ÌSfoi, come ho predetto, lachiamia mo [i: :elletto,&intendere. Hor fatta quefia poca di fi-fmont,riduciamoci a memoria quel bel difeorfo che fa quel DEL LIBI{P XIIII. 310 quelgra Filofofo nel libro ottano dell’hijloria degli ani tnal/irioè che la fipien^a diurna coft ben congiunto in~ fieme tutte le cofe,e fofla>i%c naturaliycbe fempre la fu-prema fyecie dell'ordine inf i. nere è congiunta coti la in {ima dell'ordine juptriorc , talmente , d e tra que-fti ordini fi ritrouano alcune nature melane , lequali non fappiamo bene a quale de i due ordini fieno appar-teueti- Fra li metalli,^ fra le piante fan: certe nature-, ielle quali dubitiamo fe fieno metalli, ò je (ìeno radici, che fi , ilquak non fappiamo beae fe vtello fia,cucro alno animale, che rlua in terra. Cefi fono ivituli marini de landre, le e/ih.-di ne,& le rane, ^fdunq; ha la F/atura congiunti Prettamente infieme gli ordini delle eo e inferiori con qlli del le cofefupcriori. Ter tanto (/fendo alo nr foflan^r del tutto incorporee ( chiamo foftan^ji qui l'e fi ernia. la na tura,oucr foi ma,e l’atto Jojlantiale delle cofie) e alcune altre corporee,fra quefie loftage,<& fra qucfli ordini ha pofiola naturarne erto mexpto , ii,uale , benché ftajen?a corpo (per quanto io mi creda) è però molto mpeifetto,e hagmndi/Jìma congiuntione con le foP.an-7e corporee Le o'ìan^e di l tut o incorporee fona q: cci m affline i “Poeti, y f,ino i’intendere per lo vedere, & però tjnel fui Verba meglio cimanifetìala for-xadiquefltt cpera’ione, che è intendere t che non fait 1^ orbo de'no-ftri Latini. Quelle foRanxe adunque , tequali ferrea difcorfo comprendono la verità delle coffe, ft chiamano Intelletti. “Propinqua a quefta : ma molto imperfetta è la ff-iprema pane dell’anima dell’huomo, laqualcnon fi può propriamente chiamare intelletto, per che non ha tanta capacità , nè tanto lume , che fubito , & fen^i quel dtffcoifo, che bìffogna, comprenda la verità,ma imperfettamente la comprende , & con grande fatica, & lunghi diff:orffi, eccitata dalla cognitione del le co(effenfibili,& da quelle afeendendo alla inuentio-ne delle cauffe loro, & della pura verità d'effe. Quella operatione propriamente fi chiama difcorfo, onero, per piu accollarmi al Latino, fi chiama comminiffcentia, laquale voce non fi ritruoua nel nome latino , ma fi ben ndverbo. ^tdunquela uprema parte dell’anima Ijh nana , per laquale habbiamo la virtù di ricordarci; propriamente ft dimanda M‘tue , & quelle incorpo ree foli inge propriamente fi chiamano Intelletti. Ma per meglio efflicare la differentia fra quelle operatio~ ni , & fra quelle fodange , Meme , & intelletti^ addurrò que/ìo effempio. Se prendete vn fanciullo,#" un huorno già dotto , quello huomo dotto , fubito che’gli vetìgapofio un libro innanzi , ffen'ga penffarui fu lo legge,#- intende, e lo fa dichiarare. Il fanciulli- DEL L I B 110. XIfll 2ÌI fio «è leggerlo, ne intenderlo è bacante, fe prima ai "Pna ad ynanon combina le lettere,& inftemele fillx c , ponendovi entro affai fatica,& errando affai fpef fo per l'tmperfettione cl/èin lui. Severamete farà un piu proueito, cb‘el fappia leggere, ma che impari Gra manca, non lo faperà intendere, /e non, come fi dice, coflruendo, e prima ritrattando il verbo principale co’ nomi foppofni, & appoftei alni, et da gl'altri per l’or dine di trarne il fentimcnto . Eccoui Mons. il modo del difeorfo detta Mente bumana ; laejuale ua caminando et coflruendo nette cofe fenfibili, & da quelle compren dendo la uerità imperfettamente, gir queflo è il nerbo Latino comminifci , & lapotcntia che è principio di quefla operatioue, è la Mente. Quella dell’Intorno dot to è intelligenti a. gir coflui è fimile a giintelletti in co paratione del fanci filo . Tal è la differenza,per quato pare a me, tra Mente, & Intelletto. Ma ben è ver o, che nella Mente bumana quel lume intelligibile , p er lo quale intende, fta foflanza, onero fia accidente , fi chiama intelletto agente , lo quale fa l’ufficio del mae-ftro , perche da lui la Mtn\e noflra fifa dotta, & fitx pi£te,d'indotta,& ignorante, che fi truoua. Se è foftx Za, certamente è un de gli intelletti Ittperiori, oueroil primo , come diffe Mleffandrò ^ifrodifeo, onero l’ulti irto , come vuole Mukenna. Se è accidente, non è altro , fe ìion vna deriuatione da quegli intelletti fuperio ri nella mente noflra, fi come nell’aria il lume altro non è, che deriuatione della luce del fole. Queffo adì* que è intelletto, onero foflan ga o vero come deriua- Dd $ tigna Z E T T £ n Z tìone dagli intelletti,che fono fofian%a,dalche etianiìs rbabito,per Uguale la noHra Mente conofce i primi pri àpi] delle fàenxe fi chiama Intelletto come poco di fo-prababbiamode ta: percioche li principi] fi conofcono jeniz diforfo: ma folamentepcr lume intelligibile del-l’intelletto agente. Quello c Signor mio,quello,che mi è potuto cofi ah’improui 'a ■venirmi detto intorno a quello che mi ricercate, fendo tutto dì inuolto in altripenfìe ri,& molto allontanato dagli Rudi], conforto d'animi gentili come è il voflro. Ho ragionato con voHra Signo ria confammo mio piacere per quella vìa poi che quel l’altra di vfar la viua noce mi viene interdetta. Se et queflo poco,che mi è venuto a mente uoflra Signoria ag pungerà alcuna co fa del molto fiperfuo, ò almeno in qualche parte degn rà di corr ggere,mt farà cofagrata & miferiuerà ( com e di fuo gentil coftumefbreuemen te,quale fta il fuo parere-in tal materia tenedomi nella fua dolciffima memnria,& Mutando a nome mio quei ■Jpiriti diurni,che cojiì filofofano. Di Feneiia. Cafparo Contar inot Al Magnifico M. Marc’Antonio, TV /T O LT O Magnifico Meffer Marc .Antonio ", jLV 1 àoi mi bautte tocco àpunto doue mi duole, à ricordarmi la mifena dillo fcriuere. Oimè , che io ho tirata quefia caretta fi può dir,da che cominciai apra- ticare JDEZ LIBKO XtUt. 2i8 (zfdil'e con quel traditore dell' iAbc, & doue uci fìete bora in qMtfìa difgratia di paffaggio , &per acciden~ te,io ci fono flato,#- farouni mi dubito condannato in perpetuo,# per deflino. yoi dello flratiocbeuifa,yi potete vendicare con quei cancheri , che ne mandate dal Difetto, & confolaruene con la fperan-ga del [no ri torno, ma io ( poi che non ft può fare, che quefla pef tenonfla) non cibo rimedio alcuno, nepojfo sfogar colera , ch’io n ho con altro,che col maledir Cadmo,et chiunque fi [offe altri di quelle tefte matte , che riiro~ uarono quefla maledittione, che a punto non manca-ua altro a Madonna Vandora per colmare a fatto il fuo boffbletto, Ma poiché mi trono feioperato,# doue voi vi Capete,per fuggire la mattana,# perche veggo , che uoiuokte il giambo , non poffo far meglio , che dir:nunpeggpmalediquelìatriflitia. Cofloro , che vogliono,che fia una bella intientione, debbono fcriue-re molto di rado, che fe pronaflcro Wgiorno, & la notte di romper ft la fchiena, di ftemperarft lo ftomaco , di confumar fi gli fpiriti, di dàfgregarfl la vijta , di logorar file polpa ftrelle delle dita , & (come uoi dite') di cader di Conno, d’afliderarft di freddo,di morirfi di fame, dipriitarfi delle loro confolationi , # di flar tut-tauia accigliati, per non fare altro , che fchichcrar fogli,# verfarfi all’vltimo il ceruello per le mani , par-lercbbono forfè d'un altro fuono. M quegli altri che dicono , che non fi patria fare fenga effo bijbgneria domandare, come fi faceuaduanti che /offe trottato , & come fanno bora quelle ro-g^e perfine, # quei pope- D d + la, LETTELE llieU’lnd\enuoue,chenonnebamo notino.. Se credo no che ftaneceffario per dare attirò dì lontano , &per far ricordo delle cofe, che occorrono , io dico , quanto di ricordo t che non fanno che cofa fta laprouidentia , & l'ordine della Tsfatura,laquale, dotte manca vtia co fa y fupplifce con un altra, & dotte (upplifcr Ima fa che l'altra non ha luogo. Coffa mede [imamente la ar te y laquale in ogni cofa e fcimia dcllalslatura , donde ft dice che Domenedio manda il freddo fecondo ipan vi y &i panni f fanno ancora fiondo il freddo, doglio dir per queflo , che fe non /offe lo fcriuere , farebbe un modo di uiuerey che non ne haueremmo bi o-gno y & in [ua rece feruirebbe il tenere a mente, con-ciofra che per quefto la più parte bora non ci rammentiamo > perche fcriuemo. Che fe le memorie fufferoef fercitate, & non occupate in leggere, in intendere tante cofe,quante non f leggerebbono, & non intende-rebbono, fe non foffe lo fcriuere, per quelle, che ordi-'nariamente occorreffero , hauremmo tutti certe memo-rione granii , lequali baurebbono, & pi t buchini,piu fpoftigliyCfr piu fucciarebbdno,<*r piu terrebbono,chele /pugne , (ir come piu adoperate, piu perfette ce le tro ueremmo , perciocbe fono agilità delle vejficbe, che ■quanto più tramenate , piu s’empiono , & piu tengono . Federe che i contadini, & quelli, che fono fen* t^a lettere, hanno per lo piu megliori memorie , che i cittadini , & i letterati. Et per qucfoTitagoranort molle rnai fcriuere, perche diceua,cbe fendendo haureb .he fatti i fuoi iìfcepoli infingardi , conciofa che con- DEI Lt ÈRO Xllll m? fidando fi nf He fcrittiire, fi Jarebbono difiolti dalla ef-ferciratione della memoria Ma diranno forje co fioro, 10, fcriuere ci fa pur ricordar le cofe quando le legge-rno, fi, ma ce le fa pur ricordar le cofe anco le feri-uomo. La onde Vintone in una fua le ter a, esortando bionifio à tenere a mente alcuni fuoi precetti, li dice, cbel miglior modo di ramentarfenc è di non ifcriuer- 11, perche non può effere che le cofe fritte non fi di- mentichino. Et per queflo, dice egli, non fi troua, & non fi trouerà mai ninna di quelle cofe di mano di pls ione, Etquefle , che ni dico bora l'bebbi iogiàdalauo Socrate, quandoeragiouane. Etpercbe non fi iro-uino fcritte in q -efla, letta, & riletta che batterete la-lettera , abbruciatela Et per quello gloriandofi Tento Egittio nel Fedro di batter troiate le le tere per aiuto della memoria,gli fi fa rirqondere,cht la mmO ria non ha egli ai -tata, ma fi bene la reminifeentia à la rememoratione che noi la chiamiamo . Qieflo è bene affai diranno eglino, certamente , che è qual checofa, ma me folata con tanto faH’dio.cbe no gli fi può faper grado d'un benefìcio cofi eaneberof, tanta più, che in quella parte none anche neccjfario , f'en* doui dell'-altre cofe, che fi feruirebbono in 'ito fcambio quanto al rammentarci.Vercinche lafiando fare ,cb^ non trouandofi lo fcriuere fi trouerel be la memoria artificiali piti perfetta, & che la locale farebe piu uni uerfale piu ricca, noi fapete, che gli Egittij con Aiuerfe figure rapprefentauano ai popoli tutte Ih leggi , & tutti i mil'ierij loro. Poi vedete boggi , ebet fonie taglie, con le dita, co legni fu-per le mura', <2> con molti altri contrafegni dà notitia, & fi fa me-moria d’ogni co fa. Et nella Magna con certe paletto le fino alle donne fanno, & tengono ogni forte di con ti. Ciafcunodiquefìi modi mipotriano rifpondere è molto ben capace,cbe quello dello [criuere : onde che rammentandoci poche cofe, faremmo sforzati a fare pochhfme fheende. kt qucftoè quanto di bene fa- i rebbe nel mondo. Cappocchi,& ignoranti che fono , ' che non fi aHeggono,che i molti trauagli, i molti pen-fieri,le pratiche,&icomerttj con molte genti , fono quelle cofe che ci inquietano la vita. Se non fofje lo fcriuere,hauremmo notitia di poco paefe, ci riflringc-remmo a poche conferuationi,hauremmo, e5r debbere mo poche cofe, & di poche baieremmo bifogno, daremo, & ci farebbono date poche brighe, & cofifecon do me farebbe vn bel viuere.Et quanto all’auifo, ]cr uirebbein jua vece Hmbafciata,& non hauendo a ire molto lontanof comes'è dettoJper comedo noflro.o de gli amici,andremmo in per fona, & ci faria piii coniala itone di riuederci più Jpeffo, intenderemmo, & faremmo meglio i fatti noflri da noi, & non manderemmo le cofe a rouefcio,come facciamo, operando le ma ni a parlare,<&• la lingua aitar cheta, non faremmo ingannati, nè anco mal jeruiti dalle lettere, lequali no fosfiamo mai fi bene ammaefìrare, che in mano di chi vanno ,non ri riefeano tempre fciammitc,&frei de, nonfapendo ne replicare, nè porgere vivamente quel,che bifogna, nè auucrtire la difpofttione, & i h£L LÌBICO Xlltt. 214 geflì dì cìn le rìceue come fa U lingua,il rifa $ & l ac* corgimènto de fbuomo. Et nel tornare, ò quando id altri yengonoicomc di quelle , che fono bugiarde, & fenga vergogna,non ciposfiamo asfi turare, che non ci rijpondano ò pià,ò menOyò non ci neghino, ò non ci dimandino con più audacia che non farebbe in pref;n~ tia.colkiìche lefcriuc. Molte volte no S:intende quello* ch’elle dicono , non fanno ioue fi vaiano, fi fcma-no,fi fmarifcono,f)no intercetteper la H'a là non vati no doue fon mandate, nè ritornano , do uè fono àfpecta» te, & cofi bene fpeffo non ci fanno ilferuigio doue da. noi medefmi faremmo ogni cofa meglio, nonpglierem tno moltigranchi > che pigliamo tutto giorno per cede^ re allo f;ri:' ere,& effercitando i piedi , &la memoria, non faremmo tanto poltroni, ne untofmemordtu O non faremmo anche tanto dotti, perche fe non fofe lofcriitere,nonfarebbono le fcien'ie.lfteflo che imoot ta ; la prima cofahioi non faprcmmo di non fapér-le, & non potremmo dire d'effer pri'iàùdiq’tel chi nonfojfe.Dapoi, lefapesftmo manco goderemmo piu* & faremmo anche migliori , perche io non veggo *• che queflo apcreall’uhimoci firua ad altro,che a fo-fraffdr quelli, eh efanno meno, à larnbicarci tutto giorno il ceruello dietro alle dottrine > della maggior parte dellequali non ft ha certegga , che n’acquieti l'animo, & non fi caua altro frutto, che la cìnar.* chcira & la maramglìa degli ignoranti ^ E ben W* ro, che certe cofe fono nccejfaric a fapere* ma quell? folamente, che appartengono alla ulta j & alla quii- I E T T E te dell’hucmo, & quette fi faprebbbono ad ogni modo fenolo fcriuere: perche fi yede i che dalle fpcrien'ze degli huomini fono nate le faenze,& che le belile,non che noi,conofcono quelle cofe, che fanno per loro. Di ejueTle efperien'ge ji farebbe ma pratica,laquale ba-heria che aguifa della Cabala , fi flendeffe per bocca degli antecefi ori di mano in mano a i dcfcendenti. Et quella per molte cofe,ch'ella comprendejfe,t imparerebbe, & fi terrebbe a mente fenici frittura. Laqual cofa mi fa credere maggiormente teffempio de’ Druidi,già farerdoti della Calila,i quali non fcriueano co-Ja alcuna, ni imparauano,nè infognati ano per me%p delle (crirture,erano nondimeno fapiemisfmi, & tene nano amcnte , & fi larciauano l’uno all’altro molte miglia di rerfi,nei quali Ct conteneuano le fcien^e, e le cerimonie de’lor facnficij. Hora confidnate per yoftra fe , che jiraccata vitafaria la noflra, fe no fa pesfimo,& non fi curasfimo, fe non diquel che ueg-giamo, & che il Infogna , & dall'altro canto non ci fuffero tanti fafiidi, tante occnpationi, tante chimere, di quante è cagione lo Icriuere a i Trincipi, a i Mercantici Compuntoti,a i Segretari , a iVrocac-ci. C c fedita guidi t\a ft farla ft non fi trouaffero Dottori , Vrocuratorì , fqotdri , Copiti] & colali altre ^Arpie de Teucri huomini. Qu anti manco po-TÌcoli,&quanta piu fanità ci ri ulterebbe dal mancamento de’G aleni, de gli ^Auicenne, efr difimili infiniti medicinali, imagirateui che bella purgamne del mondo farebbe , fefipoteffe cuacuare in un tratto de DEL L1B\0 XllII. 21? de' R^gìflrì, de' t\rcettarij di tanti libri, libretti , li-bradi,leggende,fcartafacci,cifere,caratteri, numeri, punti Jinee,& tante altre ìmbratterie , & trappole , che ci affasfinano, & ci impacciano il centrilo tutto giorno. Ma come faremmo de piilolotiid'dimore ? li rete uoi,che fete innamorato. O/jucHoft, che ci prillerebbe d’una comodi’à, & d'una con olationegran-disfma,n n pntendofi con più facilità, /freon manco pericolo negociar per altra via le cofeamorofe. Tutti volta voi fapete, che l’annr ftipcramaggior diffcul-tà,che quella, fr che la piu parte gli innamorati fanno (ernia tcriucre,& noi, quando lo fcriuere ne man-cajfe, faremmo piu induflriofi a trouare altri modi di conferire le nofìre occorrerete, oltre a quei delle imba fante, & de cenni, fr quando piu non [e ne trouaf fero,affai mi pare, che gli innamorati (i parlino con le inani,con gli occhi,s intendano in ifpirito , fi rih ouino in fogno fi vifuino col penfiero,<& fi aauifno con infiniti contrafegni. f ino ad un ttfchio d‘affino feruìgià a una galante donna in ucce diletterà, fenga mandare altro meffo alfuo amante, ft per mfino in (ula Luna s infogna hoggi il modo di far leggere di lontano ad vnadonna ilfuobifogno. Tronfi direbbe a pena con lingua,nè fi fermerebbe un foglio intero te cofe , che negotiq di lontano a quefiigiorni co i gefii, & con le mani una ingegnofa giouinetta innamorata del uoftro lei. ^Antonio, lofo che cofioro potrebbono dire anche mille altre cofe in difenfione, & in lode dello fcri-ticre?& io ne ridonderei mille altre in contrario, ma lettere * vn rìnegar lapatiarza a yolcrperfuader lecefe, a ql li, che nov perpetrano più a dentro, che tanto. Ba-jfla,che la -verità fila ctft.&cbe voi, che [ietegalante hiio7/io,la intendiate come me.Vclete^h'io ri dica che 10 credo, che cjHtfla btSiiacùa dello fcriuere faccia feggio annodo che non fa quel vttuperofo delthono* tei Lafciamo fare tutti gli altri dijagi & dijoréini che à vengono da lui, & diciamo p ur vna cofa d’impor* tanc^a,che egli et puua della propria liberà. Tercio-che ft noi duimo vna cofa,fatuo in arbitri» noUio dì iH'dirla, e la vegliamo vna volta, posftame vn’altra uoìta no volcrla,ma jcrina,chel'habbìamo.va dì,che posftamo non kauerla jcritta.ò ni n volerla, cbeje bene ti tornard in pregiudicio, feben ce ne pentiamo, fe tifiamo flati ignoranti,& che ce ne vada la robba,& la vita,bifogna che noi facciamo quel che habbiama fritto (ir nò quel che vogliamo, (Ir che giudichiamo 11 nofiro n-rgho.allegano ancora m fattor juo, che’e gl ci dà bum ammaefìr amenti,& boni e fan pi, ma non dicono d i altro canto, qnante truffe, quante fallì tà , quante rii tilde cofe fi famio, e fi trattano per fuo 9iu Tv,quante forte di veleni, di congiure , & di incanti fimi,quante [porcherie,quale herefte ci fi infegna rio con tfo,quante bugie ci fi dicono,(fr quante carot-%e,à fi cai ciano, fi che ne anche in quefla parte fi (la in capitale col [ano ho, lo mi lento da fare vna lunga ìnttme-a'a de iJnei mancamenti,ma l odio,cbc lipor-tofli torna in beni fi. ioipercuche non lo fo per non capitarle alle mariinimetneonhaurei ferino quello poco» DEL LlE\0 Xllll. 216 co, fe non moffo dalle cagioni difopra, & oltre a quelle dal ritratto, che io ho fatto dalle voflrc lettere, che io vi farei piacere a dirne male, ma dall’altro canto dice-domi,che vorrefle,cbe io vi fcri.tesfi qualche volta,mi fate dubitare,che voi non fiate co fi ben rifoluto de ca fi fuoi,coms fono io, Vercioche fra il voler che vi fu fcritto, e'I dire che volentieri fcriueresìe egli amici, & lo fcufarui,che lo facciate di rado , mi date a credere, che voi habbiate a noia pia certe cofe,che fermiatetcbe l'arte dello fcriuere,& fe ne catta un correlarlo che uoi giudicbiatelo fcriuereper vno articolo neceffario nel-l' amicitia,laqual co fa è cantra mio dogma, & fe non fperasfi , che'lbon gmdicio voflro ve ne faceffe di (crederete ne farci fi fatto r amore, che perauentura non mi fcriucrefie mai più . llcheionon vorreiperòpera-mor voflro, quando voivoleflepure effere di cotefla opinione,che all’ultimo nelle cofe piu neceffarie, per no parer di quei, che uogliano riformare il mondo,mi la-feio trafportare a quella cattiita itfanga ancora che gli voglia male male,&lo faccia (opra fèomaco. ÌSfon dico già co fi dello fcriuere in borra,che co fi chiamo l'empitura di quelle lettere lequali(come difieil 'pagani) fipuofarfenga fcriuerle,perciache in quefia forte feri uo non folamente mal volentieri,ma con difpetto.Etfe vi ri (pondo bora cofi borreitolmente.come vedete, la fo quefia prima uolta, per uendicarmi in parte con que fio ajfasfino dello fcriuere,per farne piacere a uoi,dei-quale fono innamorate à difpetto della uoflra barba.et perche voi non mi legniate un Marchiano a fatto aue- LETTERE'. gna (he non uì ri fondendo, & non fapendo voi qme-ft-i ma fan! afta p<‘trofìe fo?fcttare,cbc io lofactffì per afmaggine,per infingardaggine>per dìntcnùcan'xa, per faperbia , òper qualche vn altradi qutlicmalecofe , che fi elicono, tìorafc nella vofira lettera il non batter tempo da per dir dietro ai voflri amici,vuol dire, che non potete :criuer loro, quella giufìificaticnc é tutta borra,perche non jolammic non potendo ma potendo, fìr bifognandoui, quanto meno fermerete, tanto più ga-lant’buomo farete. Diavi (campi dal farlo perforaci , come fa-e bora,& a me,che non ci ho fcampo, habbia tene compaffuinc. Degna cui per mia parte d inchinar^ Ut‘a Monf/g.P.enerend'tffimo Gouernatore, & alni * (erto,quando farà tornato,&bora alla gentilc%p^a vofira vi piaccia di ricccmanclarmi. Dalla Serra S. Q^tirico, A madonna Ifabetta Arnolfina de i GuidicionL T T Onoratiffima Madori a l'ghetta fignoramtia , I g &c.lo mi fcufo con vofira Sign. dell'hauer ta, toindugiato a far ri'pofla allafua lettera , prima per bauerla ritenuta molto tardi,dapoiper non effere fiato fino ad boradi/po/ìo a rifpondcrle fecondo il miodtjidtrio. Et bora le dico che doppo la grauiffi-maperdita del Ptfcouo fuo cor diali sfimo fratello, <&• mio DEI LÌBICO XlIIll xty Wio nutrito Sig. fono (lato tanto a condolermene con e(fo lei,f arte per non batter potuto rifpirare dalla gran dc%x? del dolor mio, parte per non rinouellare in leil'accerbeT^adelfto. Terciochefiriuendok, òdi dolor e,ò di confolatione conueniua, che io le ragionaf-ft.ll dolermi con una tanto afflitta,mi parata T>na fpe-cic di crudeltà. Confortare ma tanto fauia, mi fi rap-prefentaua rna forte diprcfuntione.oltre, (he da uno fconjolato,& difprrato, quale io reftaiperla fua rnor-tc,malpmamente in sù quel primo fiordintento , niun conforto le patena venire,ne manco donata penfare , che ella ne fufje capace, bora im itato dal f.w dogliofo rammarico, non mipoffo contenere di rammarica,rme ne ancor io.i t come quello,che n ho molte cagioni, me ne dolgo prima per conto mio hauendo perduto un pa-l drone,cherni erain loco dipadre, un Signore, che mi] amauadafratelloam'amico,un benefattore,da chi \ ho riceuuti tanti benefici),da chi tanti rìafpet ava, & in chi io haueua locata tutta l’offeruatia , tutta l’affet-tione, & tutti i penfu r miei. Oltre al mio cor dogliofo, mi traffige la pietà del dolor di V.S. perciocbe infin dal l’bora che ioprimamete la vidi in fipmagna, e poi che in F off (imbruno,mi fu nota lagetilcga, e la virtù fua , l’ho sépre tenuta nel mede fimo grado d'amore, e di r\-~ ucrcga,cbe'l V> feouo, no tato p effer {uà fonila, granata cordialmSte dalai, qua^o p hauerla conofeinta p dona rariffma,e degnap fe fteffa d'effer Cernita,#1 ho-norata daciafcuno.Me n’affligo ancora pijl, che coma nemete lo deue piacere ognuno^ effer màcato un bui E e mo. LETTELE Tto tanto fauio,tantogiufto,tanto amorexole, yno,chc eral'eifempio a’ nojln'^giornì di tutte le virtù, & rifu-gio in ogni hi agno a tutti i] vinuofi, & tutti i buoni , che io conofceuano.Ma[opra ogn'altra paffìone m’accora il penfare , clje doppo tanto fuoferuirc, tanto pe regrmare,tanto negotiarc, doppo durate tante fatiche corft tanti pericoli, fatte tante tyerien-ge di lui » tjuando bavetta con la fjrtcT^ga,&con lapatienga fu perata la fortuna,con l’humil à, (jr col ben operare Spenta l’inuidia, co iinduHi ia,& con la prudenza git-tati i fondamenti della grandc?p^a,della gloria, del ripolo i ■- o,la morte ce l ha co fi d’improuìfo rubato,aua-tiìChe il mondo n’babbia colto quel frutto, che riasfet tana, cìr che di già vedeva maturo. So, che io pojfo ef-fere imputato di fare il contrario di quel, che douriat portandole rriftegga, quando ha maggiormente bifo-gno di conforto.Ma la conipasftone del fuo dolore, & l’impatienza del mio, m hanno sforzato a rompere in quello lamento , néperciòmipenfo s’accrefca in lei punto d’a\flìttione,poi che la fua doglia non può venire nel maggior colmo ch'ella fi ha, & dal!altro canto potrebbe effere, che qecflo sfogamentoper auentura ladegeriffe , ò la,diffonejfe almeno a conlolatione , percioche ad vna gran piena fi ripara piu facilmente a darle il fuo cor fo,che a farle ritegno.Hauendo adunque derivato vna parte dell'impeto juo,già, che infie-me habbiamo fodisf:irta all’officio della pietà , & compiaciuto alla fragili à della natura, potremo con manco dijficulta tentar di jeere do, Non fono già DEL LIBICO XIUl. zi8 dì animo tatuo faterò,nè tanto compofto, nè coji Icg-gìermentcfon opprcffo da quefta mina,che io m'affidi di fcaricarmi , ò che cerchi in lutto di foUeitar lei da yna moderata amaritudine della fua morie, imperò le confano per maco biafmo,ancbora della mia tenere^ •za. che come di cofa bnmana,humanarneme fe ne dal ga,voglio dire,che il dolore non fta tanto acerbo, che non dia luogo al conforto,nè tanto oflinuto,cbe le conturbi tutto il rimanente della vita. Et per venire a quella parte,ebe maggiormente ha bisogno di confola-tione,dotte accenna,cbe m tato fi duole,per thè fta mor to,quàto perche fa fatto morire,imagmavdomi,che fo jpctti di venenofe dico, che l’inganTio non dette battere in lei piu faga, cbe'l vero,; ercioche Je coli crede , di certo f inganna, & per tutta quella fede, che può ha nere in vnjcruitore. quale io Jono fato al yefcouo , & cofi curiofo come f puòpenfare,ch’io fa, d’inten dere la cagione di vna morte, laqual mè fata di tanto danno, & di tanto dolor, la prego fi voglia tor dell'a ìiimo queflafalfa fofpitione,perche ricercando minutamente , non trono lapiupropinqua oceafone del fHomorìre,chelamalignita delta malaria,& ( come qui giudicano i me dici )il tardo, & Icario rimedio del fangue,dallafupeifuitàdtlqualcx dal caldo, che fub-bollì tutto il corpo nel ir a tportarlo di quella Ragione 3 fi date credere,che procedef e pai la deformità ch'ella dice,delfico vifo,& non da altra maligna violila, & che di tiòfof]c,quefa la cagione, f vide quando fu Aperta,che gli trottarono il cuore tutto apprefo etfofa £ e 2 fegato L E T T E fogato nel fangue. jltre che io non veggo,donde fi pof-Jaefiere venutovnn ecceffo tanto diabolico contrav-no figliare,non fola innocente,ma cortefe, & offìciojo verfo d‘cgnvno.& quando pur di lontano fipotejj'c fo fpettare, che a qualunque fi fia baueffe portato impedimento lafua vita}mi fifa duro a credere, chefifof Ce arrifehiato a procurarli la morte,ò che fi baueffe tra unto fi federato minìflro ad ejfcquirla. Ella dirà for-fe(come io dianzi mi doleua) ch'egli ci fia Ciato tolto troppo per tempo ,main qnefta parte cipofjiamo doler fola , ch'egli fia mancato al nofiro ddefiderio , & non cbe'l tempo fia mancato alla fua maturc^ga, per' cioche,febene a quel chepoteua uiuere, nbba lafcia-toancorgmuane,dall'rfodeliavita fi può dire, che fia morto veccbiffìrno. egli s'aneg^ò tanto a fpender beneifu igiorni, dy per infino da fanciullo giunfea quella perfettiane del fcnno,ddgiuditio,dclle lettere et di buone parti dell'animo , che rade volte fi pofliede ancora ne gli vItimi.Da indi mangi,è tanto viuuto tanto s’è iraaagl>ato nella pratica delle Corti, nella ptregrinatione del mondo, nelle confulte de' Trincipi, nel maneggio de gli Ciati, ndgouerno delle Vrouin-cie,& de gli efien iti, che dalla lungbegga della vita non gli polena venir molto piu nè di dottrina, nòdi Cpe rii ngx,nè d’autorita,ne di gloria, che di già s'baueffe acquiìlata.Mi replicherà forfè uoflra Signoria che poteua peruenire a maggiore allegra di grado , & a più ampie facultà-Veramente chefi,& erano in viat ma quello era più lofio a nofiro beneficio, che a fua fo- iisfattiontt DE£ LTBHO XIIII". 1Z5 ihfattione, conciofia che per le egli non caraffe più ni Vana coja,nè l'altra , co tutto ciò banca di tutte due confeguito già tanto yCÌtefe non era, aggiunto a quel t cbemeritaua ,haueanondimeno'eftintainlui la cu-piditày&rambinone, & in altrui fufcitata quella in-uidia,laqual di continuo s'èingegnato d’acquetare co la modelìia.Oltre di quello la breuita della vita l'ha liberato da infiniti diff iaceri, che auengono di quelli , che ci viuono lunganiente,L‘ha fottratto dagli incom-modi della vecchietta,da ifaflidij delle infirmità, dal-l’in fidie della fortuna.L’ha tolto da quell’affanno, che ftpigliaua continuamente della ntaluagità de gli buoniini,de corrotti coflumi di quefla età, della indegna fentità d’Italia y dell’oftinata d'ijcardia de’ Trincipi , del manifeflo difpregio,&del vicino pericolo, che ve-dea della fcde,& della giurifditione ^tpoftelica. Dette ancora confidcr are , che quefla nofìra perdita fia fiatati fuo guadagno,?? la fua contentezza y poi thè da Dio è flato richiamato a quel fuo tanto defiderato ripo'o. Sanno tutti quelli,che lo cono'ceuauo , che’l fuo trauagliare è flato da molti anni in ewà per vbbi-diengapiù lofio,chepdcfidcrio di dignità ò di Jofian-tie. Egli era uenuto ad vna moderatione d’animo tale, che fi contentaua fola della quiete del tuo fiato . Et come quello , che cono [cinto il mondo, & efja-m'mata la conditione bimana, non uedcuaquàgiu. cofaperfetta, nè fiabile, sera leu ato ioni animo à Dio, & doue prima haueua femore cercato di ben vittere: bora non pevfaua ad altro,che a ben morire. Et 3 multa L É T T É \ É ^iHa cofa defidera.ua maggiormente,che ri tirar fi.Poi feto fare,quando renne rltìmamcnte a Lucca, &no fu lafcìato.ifdufeft alla fu a Ch'iefi, <*• fu richiamato. Hifolfefi doppo la fpeditian dì Valli ano di venire a ripofarfi pur in patria, & ne fu fon figliato. In fomma la affettionfua non erapiu di nuà.La Vita, che gli reflaua,voleua.chefofje fìudiofa, & Chrifliana-La morte penfaua, c fi auuhinaua ogni giorno, chefof-fe vicina come d'un fuo ripafo ne ragionana , & di continuo ri fi preparaua. Tfe fanno fede gli virimi fuoi fritti. L‘ultime fuc difpofttioni aitanti a quelle in-firmità, Icquali non furono fe non di raunare,& di ri-uedere lefie compofirioni cercare di fcariearfi de'fuoi henifcij,per.fare alla fortuna de’pofleri, elegger fi, & farfifino a difegnare il modello della fepoltura. Tfel fuo partir per la Marca mi di[fe,cofc,leqitali eran tutte accomnagnate colprefagio della fua morte. Nè con me lolamente, ma ccn diuerfi altri in più modi moflrò d’ami,ted.- rla,&di defidcrarla. Et fra le molte parole, che diffe in difpregio del mondo , & d'effa morte , mi la ciò Colpite nell*.mimo qiieRe, che delle fue tante fatiche banca pur rn confortatile prc/ìo faria iripoft-to, & che auan i che foffe paffata quella caldiffmo. fiatcflaurei ved ■io il fto ripofo. llnofìro M. Loren 70 Foggino il male s’è trouato alla fua fine, può hauer riferite a V. Sig. cole d’infinita conjolatione dell’al-ltgre7gga,cbe fece nel Ino morire,di quel, che rapito in Jpirito diffe di veder, e di feutir della [ita beatitudine . vi tutte qfle cofc pfando (fenon h abbiamo p male U con- ' DEC LIBICO Xlllt. 128 Cateto,e la. quiete fu a) non cidouemo dolere della futi tnonefi quanto a lui.In quanto a i nostri danni ci hab biamo a doler meno 3jegia non iflimiamopià la corno dilà, chejperauamoda lui uiuendo, che la fua uita. tie di poco conforto ci faràin quejìaparte il penfa-re à quelli, che àfono reflati, liquali fon ben tali,che doneranno un giorno adempire quella fperan^a, ebep molti lor meriti io fo che ella n’ha conceputa, & che in tante guife lè fata piu volte rapprefentata. Benché il piu nero rimedio faria ad cjjempio fio non curar del le cofè del mondo,poi che egli che tanto feppe, & tanto banca fperimeiato, uiuendo le difpregiana,& mori! do le lafciò uolontieri. lo potrei per confortarla venire per infinite altre aie, ma non accade con una dona di tanto intelletto entrare,a difeorrerefopra luoghi vulgati, & communi dela confolatione. Ella cono-fee molto bene, che cola fa la fragilità & la coditione dell'huomo, la neccffuà, & la cenema della morte, la breuità,& l'incofantia della uita. Sa i continui af fanni,che noi di quà foportiamojappetua quiete, che di làcif promette, vede la fuga del tempo,la pfccHtio ni della fortunata uniuerfal corrottione.no pur di tuC te le coje mondane, ma d’efo mondo fleffo , ha letto tanti precetti, ha ueduti tanti eflcmpif pajjata per tei ti altri infortuniif che può , & deueptr fe ftf.t,ferina che io entri in quejle uane difpute, deriuar , da tutti quelli capi infiniti, & efficacifjirni conforti, che le uat rebbe quella grande tta, di(pirito, & quella virilità, diche laconofco dottata, f uoleffejapcr grado della E e 4 /«* L E T T E 11É fua corolatìotiepiù toflo alt'altrui parole, che alla fua propria uirtù ? .A che le fornirebbe il fuo fopere, fe no ottenere da fe mede(hna,& non anticipale in lei auel che a lungo andare l’apporteràperfe fìeffa la giornata ? Che fe non è mai tanto arpro dolore, chef terrfo lo difacerbi, & anche non lo annulli,perche la prudi! ita , o la coflantia non lo deue almen negare, non de-uendo altra forgi di fuora,potere a noftro alleggerimento , piu che la ragione di noi medcftmi? Lieuifi dii que uotira Signoria dell’animo quella tiebbia, & de gli occhi quclpianto, che fanno bora non vedere la felicità di quell'anima, ne conofcere la uanvà del no-firo dolore, confermift con voler di Dio,acquetift alla difpofttione della natura , contenti fi della fua propria contentezza, che contento ceriamole è paffuto da qae fta uita , v2r beato douemo credere, che fi goda ne II’al tra,non potendo dubitare, che la bontà, lagiuHiùala cortefia, la modefìia, & tante religiofe, & degne ope re vfeite da lui non ritrouino quella remuneratione > fSr quella gloria, che da Dio a'fuoi detti ft promettono. Oltre che ancora di qua ftpuò dire, che gli fia toccatagran parte di quel riderò , che del mondo fi ruol dare ajuoi benefattori, poi che è fla o fempre in uita, et in morte honorato, famo n , amato,dcfiderato, & pianto da ognuno, nella , che le ricordi blamente,che in ucce di tanto amaro de fiderio , riferbandofi di lui piu tofto una pietofa,& icmpre celebrata memoria procuri,com ella fa,da magnanima donna, dìi onorar le reliquie 41 fuo corpo, d’apliar la fama file fue virtù. ÙÉL LtBRÒ XUlt. _ ist dì da? vita a’ ittoi ferini, & d'impetrare da gl'alni ferii tori la perpetuità del fuo nome , iìu\ue flap arte io le prometto , che io farò fempre diligente , cr infcr-ttorato minitiro della fua pietà > & prontifftmópagatore del mio debito > Et mi dolgo, che to non fon tale, dit potere (com'ella mi giudica) confacrarlo alla immortalità. Troppo gran domanda èia fua ad vn debil inge ■gno con?è il mio , ma fc rabbondangadell'ajfettione fuppliffe al mancamento dell’arte > dico bene , chenrn cederei a qualunque fi fu(ìea lodarlo. Comemi vanto d’ejfer fuperiore a tutù in riuerirlo. Et con ’utto ciò da me non fneflerà d'operar tutte le mie forge , non dico per celebrarlo : ma per laffare > comunque io potrei •qualche teflimcnianga a gli hu orni ni del mio giu dici o 'verfo le flte rari fiime uirlù delfobìigo , che io tengo a la fua liberalità,& della diuoùone, che io porto ancora a quell'offa. Et per ciò fare, la iniemion mia è quella che ferifti già molti giorni al noflro Or Cuccio, laquale ■ fenga l'aiuto Iprcialmente di V.Sig. gir degli altri fioiy non battendo maffmamente le fue fritture , non mi affido dì poter condurre. Et per quefio la differirò fino a quel tempo , che dal Foggino per fua parte miè flato accennato , ingegnandomi in tanto con ogni altra forte-, di dimofirationc , di farconojcere , che io non fotr men pio, & collante conferita torc delta fua memoria , che mi fuftifedele,&cTKOrcttole juo Jeruirore, Horalo la pr iego , che come erede dellatnia Jeruiià verjo il fitto caro fratello, fi degni procurar con Morifignnr Vg: itercndijifimo,con Cbonomie Mcjjcr sintomo, colgen L E T T E t{É ìli Mefjèr 7~ bonefla. A che fitte tanto più obligato , per bauer voi già dato qualche opinione nella adolcfccntia vofìra dapoterne (perare tali frutti. Saria cofa molto vituperofa, & fuor del debito vofìro, & afpettatione mia,quando nel tempo , che gt altri fogliano acquiflat JDEZ LIBRO Xfitti 222 ragione > & miglior forma di vita j «oz domentiaZ fleil uofiro buono inflituto. bijogna adunque, che vi sforgiate alleggerire il pefo della dignità che portate, vivendocofiumatamente.eperfèuerando neglifludif conuenienti alla profefjion uoftra. L'anno paffuto, io prefi gran confolatione, intendendo , che fnga,che al cmo ue lo ricordale dauci mede fimo vi conf-faité più uoltCyC communicafte. Isfè credo che ci fu miglior via à coferuirfi nellagratia di Dio , che lo habituarfi ìnfimilimodi , epefeuerarui. Quello mipareilpià ytilerf conueniente ricordo, che prr lo pei/no vi poffa dare. Conofco , ch'andàdo roz a R^oma,entrate in mag gior difficili à di fare quanto vi dico di fopra , perche non folamentegli effempi manca : ma non iti mancheranno particolari incitatori, & corruttori, per he co me voi potete intendere, lapromotione vojìra al rar-nalato , per l’età vofira,&per l'altre condi’ioni fiiprd dette arreca Ceco grande inuidia, & qttcliitcbe non hi Ho potuto impedire laperfettion di quefla voflra dignità, s‘ingegneranno fottiintente diminuirla, con denigrare l opinione della vita uofìra, & fanti sdruccio lare in quella fleffafoffa, do se effi fono caduti, confidando fi molto, che debba riufeire per l’età voflra . Voi dotte te tato più opporui a queV.e dlfficultà quanto nel collegio bora fi vede manco virtù,& io mi ricordo pur'hauere ueduto in cjl collegio buon numero d’huO mini dotti, buoni ,e di fama nua,perb è meglio feguiC quefli efsepi,perche facendolo farete tanto piu cono-jciutose/limato,quanto l'altrui coditioni vi dijligtmì no LETTELE no da gli a Uri. E’neceffdrio, che fuggiate, come Seti la, & C ariddi, il nome della bippocri/ìa , & come la mala fama, & eberfiate mediocrità, sforgandoui in fatto f ggire tutte le cofe, ebe offendono in dmnflra-tione, & in conuerfationc non mofìrando a» ferità ò troppa feuerità, che fono cofe, lequali col tempo in i derete, & farete meglio a mia opinione , che io non le poflo efprimere. Foi intenderete di quanta impor tan^a,&esempio fia laperfona d’rn Cardinale, & che tutto ilmondo farebbe bene, fc i Cardinali f>(f no, come dourebbono ejfere, perciocbe farebbono Jè-pre un buon "Papa > onde nafte quaft il ripofo di tutti i Chrif iani. Sfor%ateui dunque d’effer tale : voi, ebe quando glialtri fujfmo co fi fatti, fe ne poteffe appettare quefo bene vniuerfale. Ft perche non è maggior fatica , che cunuerfar bene con diuerfi buommifn que faparte uipojfo mal dar ricordo , tè non che v’inge-gnìa'e,chelaconuerfationuofracongli Cardinali , & altri buoniini di condirione, fa caritatiua, fen-%a offenfene, dico , miiurando ragioneuolmen:e,^r non fecondo laltruipalftone: perche molti udendo quello che non ft dee, fanno della ragione ingiuria. Giu fifcate adunque la con'cientia uofra in quefo , che la convcriaùon no fra con ciascuno, fra fenga of-fenfione. Et que fia mi Pare regola generale , molto a propofto vofìrn , perche, quando la paffìone pur fa qualche inimico,come fi partono quefii tali fenr^a ragione deli’amicitia, cofi qualche uolta tornano facilmente, Credo per que fa prima andata uofira a J\o- DEL LIBICO XI111. li? WMifta bene adoperarepmgli orecchi , chela lingua^ Hoggimai io vi ho dato del tuVo a Meffer Domenèdio , & a fama Chic fa, onde è nccejjkrio, che diuentia e vn buono f lc Ufi a (ì'uo, & facciate ben capace ciafcunn > che amate l'honore, e lo (iato di fama Ch'ir fa , & del la Sede ~4pofobica, innanzi a tutte le cofed^l 'atondo, pofponendo a cjueflo om’alnro rispetto. hi è vi manche rà modo con quvflo ri eruo d'aiutar la citta, & la cafa : perche per quefla città fa i‘unione della Ghìe fa, & voi doucte in ciò effer buona catena, & l* cafu ne va con la città . Et benché non fi poffono vedere gli accidenti, che verranno , cofi in generai credo , ebenon cibab biano a mancare modi di faluare (come dicea) la capra , gricauoli tenendo fermo il vof reprimo pre-fuppoflo, che anteponiamo la Chic fa ad egri altra co fa. yoiiftete il piàgiouanc Cardinale non Jolo del Collegio ma che fife mai fatto infìno a qui , ór però c noce fa rio , che doue hauete a concorrere con gli altri , fate il più foUecito, il più bumilc , fetida firni affettare ò in Cappella., òin Conciforio, òhi Deputatione, Voi conof crete prefto li piu , & li meno acco fumati. Co imcno fi fuol fuggir la conuerfatione molto i trinfea, nonfoUmenteper lo fatto in fé > ma per l’opinione, & a largo conuerfar con ciafebeduno. fiitlie pompe vo-flre loderei piu prefto fardiquà dal moderato , & che di là: & piuprcsio vorrei bella falla ,& fimi fio. ordinata. & polita, che ricca, & pomoofa. Ingegna-teui di vìuere accofurnatamente , nlmen ò t poco a poco le cofe al temine che per effer borala famigliai I -E T T E V^e eilpddronnuouojnonfipuo. Gioie, & fetainpocheco fe {‘.amo irne a pari uofiri, piu prefio qualche gentile^ % , di top' antiche,& belli libri, piu prefio famiglia, ac-coftntnaia,& dota,cbe grande comùtarpiu ffefjo, che , andare a conuUi,ct non però [uperfinamente. ^fate per la pc jona vofira cibigrol]ì,& fate affai ejfcrcitio,perche in e et ehi paeft fi viene prefìo in qualche infermità eh; non fi ha cui a . Lo flato del Cardinale è non manco fteuro,che grande,onde najce, che gli hubmini fi fanno tvgligetiti parendo loro hautr conseguito af ai,& poter lurticinlenne con poca fatica,& qiteflo nuoce ffeffo,& aUa conditionc, <£r alla vita, allaquaie è nccefjarioche habbiategrande auutrtenxa, & pii, prefìo pecchiate nel fidar ni poi o,cbe troppo. Vna regola [opra l’altre vi confori' ad ujare con tutta la folleciiudine uofira, & qi.efia è,di leuart i ogni mattina di buon bora, per, he oltre al conferir molto alla fanìtà,fi penja, & effcdifcC tutte lefaccndc delgwrno,& al grado,che bautte, ha-jicndo a dir l'cffhip,(indiare, dare and'untia, &c, ve’l trouerete molto rtile. (/ri altra co fa ancora è fommet, piente ncceffaria ad vn par v>cflyo,cioèpcnlaT fempre, et maffimein quefìiprincipi] Ja fera amar,gì tutto quel le che bautte a fare ilgiorno feguencc;acci che non vi uenga cefi alcuna immeditata. Quanto al parlar ro-fro in Concifono-,credo farà piu cofum at egra,&piu laudali! modo,in u itele occorrente che vi fi proporrà' Ve,riferii fi alla fantiià di 7\!. S. petijando,che per effer yoi gwuane,’& di poca effer'voga fi a piu officio roftro rimetterni, aliaJanùtàjua^ alJapientifimo giudici!) z>ez zrsj^o xun. 224 di quella Ragionenolmen te noi farete ricbieflo di parli re,& intercedere appreso abfS per mole fpecialità. ìngegnateui in quejii principi; di richiederlo maco che potete, & dargliene poca moleflia, che di fua natura il 'Papa è piu grato a chi maco gli (pexptj gli orecchi. Que fìaparte mi pare da offeruare per non lo infàjìidi^e. Et coft l'andargli innanzi con cofe piaceuoli,» pur qmndo accadeffe,richiederlo conhumiltà,& modefliattàucrcl fodis farli piu}& ejfer piu fecondo la natura fua. ' Statefano. Di Firenze. Lorerigo de' Medici Al Mag. M. Federico Badoaro. P) Enfatc quanta dolcegga io habbia ferititi) dal ra-X gionamento nofìro di quefta mattina, che ritro-uandomi bora fola, ninna cofa piu grata di elfo mi va per la finta fta,&p aggiugerui no fo che dìpiti foauita, mi fon mcjfo a fcriuerui , quafi continuando nel pro-pofuo noflro. Ben è ucro,ch’io peafo che meglio faria , chel difetto mio foffe fepalte nelle gratitudine deli’amo re , che mi portate, che uiuontlteslimonio delle carte , che io non fcriuo , ò ragiono con altri vocaboli di quelli , ch'io ho imparati dalla madre , & corretti dall’vfo migliore di quella fauella t nellaqualeio fon nato Lettele Mio, fi perche a. me non piace , cerne vcceìlo Indiano Viari’altrui lingua (peòalmente nello feri nere domefli-co, do.ie altre parole non u a gli oh o , che le communi fi per che non u: ho polio molta cura , è diligenza . fe non pt r vn < erto piacere, & alle uìa ninno di pai fieri, come (fucili.che non fanno dipingere, è fonare, (ir pure alcuna rotta con le Itile,a carbone (.■•nano i fogli,ò me tìandojedita ili per gli tfìrumenii mtficali , )ì diletta no nell’arte non conrlciuta , <3' fepercafo fono laudati daimaefiri della pronte^'a , & facilità, che ha vertano fe uolefero c{Jcrci:atfi,artoffifcono,ucrgognan do fi di ncn japtie quello, che facilmente potrebbono acquiftare, C ofi intrattiene ante fi'ffo , M. Federico mie caro, circa lo cri nere, & tanto piu dìuenta roffo , quanto alcuna voi, a li n?o, che voi mi fate tale, quale io non mi conofio d’cfpre. L t lènon foffe, che non è meno vanità il rallegrar/} delle (alfe Udì , che poco fa pere il contrai a con chi troppo ama, ri rifponéerei, che giovando piu i fatti, che le parole , qui Ile Ludi, che fi danno inno, regi l’iUuflrtpojjefiicne della virtù ,fi deueno tifare piu predio per ifpron: alle fatiche virtuo-fe , che per meriti di ejja virtù , & che prima , che i’buomo fta arricchito de i tefori delle fiicmre.ty{tritato del lume della vera gloria ( ilche la lunghègga del tempo , & il [udore dello flvàìo , mego delle arti de gne de gli huomnti liberi , & nobili ci acquifla) la af-f et alito ne , che dì lui fi ha, Ila maggior nemica, che bautr fi peffa. Tcrihhenon fi deue bauer piu cura ielle parole» che dilettano le orecchie » che follhitudi- DEL LIBEJ) XIIII. 22$ ne deìte cofe, che nodrìfcono l’animo. Onde feguitando il ragionamento fatto,egli b certo che tutto quello , che noi con la mente trauagliamo penfando , & intendeti do, col parlare fi difegna ,&ft ejprime, doue chi cerca di fapere più preflo ragionare , che intendere ciò che ragiona, è fintile a coloro, che con belle,&ornate ye~ Sii l'Indiano di coprire la cantra fatta , & bruita figura del corpo loro. Che cofa vogliamo noi fare di belle t ma otiofe, & inutili par ole ? le quali, come haueffero Eali. prcflamente fe ne nolano, & fparilcom, fe dalla granila, & fermeipga dellefentcnge ò ritardate, ò fia-kilite non fono ? che fine,di grada, procacciare tanti fiori di dire , & tanti fughi di idiomi fengq poi farne ( dirò co fi) la cera d’alcuna ville , & dotta compofitto ne, ò il mele di qualche dolce , & dilettemle ragiona-tnenlo t però che altro non de uè effer t opera dello inge gno nofìro, che vna cera, & vn mele vtile , & foaue all animo,& al [enfo degli huomini. Ella è cera, per ef fer tutta d-vn filo,tutta d’vn tenore,tutta vnita,et corti pofla,& afe medefmafomigliante. E mele , perla foauità dell armonia,& dolcetta delle parole,cbe per l’orecchie dell’animo fi fogliano inflillare. Isfon prima haurebbepotuto quel grande oratore vltcniefe , rnara uiglia delle genti,con tato fpirito commouere i cuori de gli afcoltantijfe onero del gran Tintone (iato non foffe diligente difcepolo,ò qualche altro illuHrc maeflro foli lecito imitatore. J^è fi loderebbe Roma, per la copia di tanti diurni oracoli (cofi voglio chiamar i veri oratori) Tullio,Craffo,Qrtenfto»^4ntonio fè da’primi loro anni a LETTELE - & del contìnuo in ogni etànon haueffero con lo (Indio del dire accompagnata la dottrina del fapere. Ver àmen te i bei concetti fono padri delle feelte parole,& al [aldo gmdiùo di chi ragiona la lingua fi trotta conforme. Ragionano i padri noflri nelle occorrente della repubiica, fenga gran cura di parole , coji grauemente , che con facilità pervadono ogni cofa , & ciò nafcc della efferienga, e»r vfo delle cofe , & roi ne conofcete al quanti, iquali, benché fuggano l'ejj'cr tenuti dotti, & intelligenti pure fi comprende, cbe’l grido, & l hono-re, che vien dato loro da' fu oi cittadini, tragge il vero principio non dalla loro eloquenza, madalfapere,Jen Xa ilqual ninno può effcrc eloquente. Tuo beneffere, chel’vfo , & laimitatione yaglionoalcuna cofa, ma vè quello, nè quello faranno yn huomo differente, & [ingoiare. Venitel’vfo , & fengacoguiiione è, come vn cicco nato, che per ogni luoco camina. Et io almeno biafimo quella imitatione, che s'acquila col far to , & quel furio che non viene dall’arte,penhe l’arte è madre della fomiglianga. Ha veramente ciafeuno da naturai fuo genio (eparato da gl'altri, come la voce la faccia, U fcrittura , & molte altre co(e,le quali in •virtù dell' artifìcio non pur conuengono, ma diuentano conformi. Ecco che con l'arte no folamète le voci huma ne, ma ififchi degli rccelli, & de gli animali [fanno fomigiuinti,firiue(i per arte ad un'ijlejfo modo da molti,&' alcuni vfano di cofi bene imitare,che come pittori rapprefentano gli atti altrui, le facce, & i mouimenti. Terò quelli che credono effre poeti , foratori,per DEI L I B i^O. XHII 226 che rubbano, & gli oratori, & i poeti, non fanno thè nella infìnitàdelle cofe alcune paiono, alcune veramtn tcfono. La belletti del corpopnò effer naturale, & può anchora dall'inganno procedere, Oro non è ciò che ri fp tende, nè gemma ci ■> che riluce , conofcefi l'oro alla pruoua , & la gemma nel paragone. Ilragionare come gli altri , non fa , che noi tali (iamo, qua fi cf-fi fono. Manca alcuna uolta la natura, onero s'indebo-Ufcc,& ft l'arte non le da vigore, ò ilgiuditio ualore, ò che fi refìa fredda. Grande & mirabil cofa è, & non fem^agratia'di natura frugolare, in brci e/patio confe-gnire ciò,che da le fleffo > è tale,che con tempo, & fatica s’acquifta. E quii giouine pieno di spirito, come vn nuouo vafdlo di feruido,&fumofo mofro,& apcna fi contiene, che non rampa, per il femore delle cofe, che nel petto gli bollono,fa chei mondo affetti miracoli da lui. Ma eccoti fi raffredda quel calore, fi rifrringe quel lavatura, & mancandoui l’arte giuria cofa è più agghiacciata,& morta di quella,chc da tali ingegni proce de. In troppo fpatiofo campo mi conduce la verità, dal-quale mi richiama il mio poco papere. Baflami adùquc hauermi dimofìrato, che fono grani quei falli, chepof-fono effere corretti dal uolgo,benché altramete il uolgo fra giudice degli oratori. Et quefto dico perche la moltitudine potrà bene accettare, òricufare la lingua, & le parole,ma non potrà far e ninno cauto,prudute,viua ce,pieno difririto , fi che lafà ne gli animi di chi ode il mordente /dirò co fi, o’ip'u caritè dei ragionamenti. Dee collinare adunili ognuni i foLhi dello ir.ge, no fuo Ff a fo» lettele con le buone arti,feminandoni le facrey&fante femen •^e delle dottrine , acciò raccolgano i fiori delle ornate parole,& ifrutti dell’operegloriole,in vile, & dili-gentia alcuna apprejjo il Re Cbrifiianifiimo ,per difpo-nerlo a venir liberamente a quella fua pace , fenga tante minute confidarationi de’ punti d’bonori. Condo fta cofa cb’offendo fua Cbriflianijjima M. tanto bene merita , quanto lappiamo , della Religion Chrifìia na, in ch'io non rogito eflevdermi con gli cjfernpi, che ne potrei adurre moltivoglia ancora farne chiara tefìi monianga con quefla occaftoneprcfente, laquale quan to più contiene di pericolo , & quanto ha in fe più ap parente la ruma di tutto il popolo Cbriftiano , tanto con maggior auidità debite cfftre prefa dalla fua Cbri-fìianifiima Maefià , laquale quanto più conofce per la lunga efyerientia delle cofe udite , & vedute, tanto più deue inchinar fi, & aprir T animo fuo, perche le co fe,cbe concernonoil benefìcio pu Làico,portano gloria a chi le conferita in qualunque modo , auuenga, che non il proprio c ammodo, ma vn certo duino Spirito ci muo Ff $ na ’ L É T r E F H Va procurarlo. Già è manifejla la poten%a di [ita CbrU jiianiffimaMaeflà , giaftteng no per certe , & per gagliarde leprouifioni, nèft dubita die poffa far refi-Jlenza a quello efferato. l\cfta quel dubbio , chele pare flrano battere a capituiare, mentre che la Cefarea Maefla jià nel fuo Regno armata. Ilche pare arguifea poca riputatione. ^dlqital dubbio ridondo, che quan do bua ChrijiianifìimaMaefìà non haueffe all’oppofìto un florido effercito , quandononfoffcpotentedida* nari, quando non s'haueffe à fortificate le terre , che ■diffegna tenere , facilmente poiria effere , che alcuno cadeffe in quella dubitatione t ma effendo il cantra rio 5 ciafcuno con verità dirà , & potrà dire , che ■ha fatto honnreuolmente , & prudentemente, prima in non confidarli della fortuna ,&in non periclitar le 'forge, & honore, 6" il regno juo, potendo batter con ajfaifìime honefìe coadiiioni, come mi rendo certo che potrà hauer quello, che lungo tempo ho de fiderato, & quello , per ilquale fi e moffo a prender l’arme , per thè con tutto che la Francia fia marauigliofa di fito>& di for legga , & che contenda irtnumerabili popoli de itoti ale bri fiianilfimo Re , fia piena diriccbcgge, & fua Maelìà Chrifiianiffima abondan'e di conftgho, & fortifìima di gente , imperò bauendo in cafa un Vrin tipe prudente , & tanto fortunato, conftnumero-fo , & valido efferato, atto a combattere con molto maggiore è da ponderare molto bene la prefente fortuna con la incertitudine della futura. Et fe fua Macfìà Ch rìjhanifitma peri fa, flando armata finga combatte re DEI X li II. Ì28 tcuìncere , oncceffìtare l'Imperatore a prendere ite ' cordi dishonoreuoli , per creder mio le fallirà il pen fiero;perche è di tale natura, che non lo cofentirà mai, ■ & debbo confìdcrarc, che fu a Cefarea Maefià cono-fce tutto queflo,( & io lo fo ) & penetra più a dentro & ehe ejfcndo di quelgiudicio che è, non haùcria tentato inconfideratamente le cofe imponìbili , & come perauentura fua Maefià fi auifa che altri non intenda ilfecreto fuo, enfi di leggiero può effere , che efft non/appi i difegni deU’Imperatore. Secondariamente fi dira,che ilI\e chrifìianisftmo ha uoluto per bene fido della Chriflianità, della quale porta il titolo di fu perare, & anco [cacciare da fc ogni altro duro propo filo , & dimoflrare che il •gelo della fantiffima fede lo infiamma molto più, che il fumo dell' ambitione, laqua, le fe da i "Prìncipi fife con fiderata più fpeflc volte , che non permette loro il carico delle grande occupatio-•ni, & fjffe ben mifurata la breuità della vita fumana , certamente cheeffi > & i feggetti niancheriano di molto travaglio. Si dirà fmilmente , che fua Chri-■ftianif ima Maefià , come piu p>ouettanell’etadeha voluto rappacificarft con rn fuo cognate , per amplia re vnitamente con lut i confini della grane opprefionet la Grecia , & redimere tanti Chrisiiani cattivi , per liprieghidi fi buon Pontefice , per ridurre alla ria della verità , mediante la cclebration d'vn concìlio tanti erranti , & pei fidi , iquali ritardando queflo vnico rimedio , infetteranno infiniti altri , & final niente per la quiete fua , & de fuoi popoli , & pa: Ff 4 la L E T T E e iafahitetniuerfale. Queflefono -veramente, Mònfigì mio Reuercndiffimo, iefolide ragioni,^ quefle fono te nere glorie , & creda Voflra signoria Reuerendifli-ma a queflo mio augurio , fe per i'altezza dell’animo di quel Cbrifliani(limo , & per Teffortationi del 'Papa , & per Taffìduc preghiere di t'olirà Signoria Re uerendiffima fi piega alquanto della fua intcntione ,& •vien Uberamente a quefla unione tanto laudabile, non folamentc cumulerà infinita gloria all’opere fue regie , & grandi, & fi ornerà di doppia coronai ma Dio fard nafeer cofi,che conlaprolugatione della vita gli reche rh felicità incomparabile . Circa la partita che voflra Signoria Reueredifiìma fcnue,tbe hauedo bora à doma dare il Re, domandaria per fe il Ducato di Milano > mi tparfo cofa molto aliena dalla concluflone della pacet come etiandio é parfa a quefla maefìà , come appare nelle fue repliche, perche doue era co fa di laude , che fua Chriflianiffma maeflà , pergChiconuenienti che Vede che feguono,& feguiranno alla Cbriflianità , ve niffe a qualche conditione piu trattabile , vedendo che lepene,&vuolepiu ajìio uantaggw , cheprimanon ttoleua , mi danno certamente difpiacere. Et però per amor di Dio,non fi Hia fu quello, venga fi a qualche co fa honeflà , & conforme alla bontà diurna di quel Re » non s’intermetti tempo. Quanto aìl’altra parte , che Voflra S. Reuere. non vede il deftderio dell'Imperatore, circa la pace, fintile al fuo pigliando argomento dal lo effer paffuto i monti , & venuto armato ad affalir lo nel Regno fuo, dico , che fi queflo fatto feràprefo per DEI LlBÌ{P Xllìì: ììp "ftrdrìtto uerfo, fi cono [cera che l’imperatóre con* ■tludendofipace in Italia, non poteua far altrimenti-, l^c crcdo iochc fua Cbriflianifjima MaeHà , effendo-ne’termini dell’Imperatore, haueffc proceduto in al* tra maniera. & fimilmentè faria pocaprudentiu, per -quanto a me pare il ritornare indietro con quefo ef-fercito con difpendio intollerabile, & con inutile con* fumationc, per iflare affettando i ragionamenti della, pace, iquali fin qui non hanno potuto porfittare qmh 'dopiu doueuano,con tutto,che fua Beatitudine uhab ‘bia interpoflo le parti, & l’opera !ua. Et però poi che i tempi non po fono rapprefentare altre figure, & rnó di di procedere, & le cofefono ridotte in quegli termini , poiché la Maefld Ce farea è nel Begno di E ran- cia , d’onde non ufàrà fe pròna non ha fatto l’e fremo fuo conato-, & quantunque non le riefea quella > che :ha in animo > non per quello il Re Chriflianiffirno è ficuro di hauer lo flato di Milano, potendo efferguar dato con affai minore fpefa, che quella che conuerrà fare per conquiflarlo. Ver quefle ragioni adunque feria pure glorio fo forfè utile alpe chrifliàniffl mo sformar'un fuopenfiero, & fonema guardare a tati ■te fottilità, dire apertamente, che non vuole difcoflèir fi d allcvonditioni ragioneuoli, che vuol pace, & che vuol e ferii buon cognato, come io tefìifìco . chel’ltn peratorc è Sìato, & faràpiuchemaiuerJoilRè , per molti maneggi, & ragioncuolmenti bauuti meco . J5c f* che foffeparfo a fua Maeflà cèfairca di poter ripofar 0 dell’animo del RgCbriftianisf/mo , non folafnente -LE rjT- ERE glihauna dato il Ducato di TylilunOfma fatto qualchi altra [egrialata dimojlratione a beneficio di juaMae-ftà Chri(lianis/ima,& de fuoi figliuoli, fi come ha detto a me.Ver laqual co fa io credo,ogni volta che jua\Cri Slianiji. Maefià venga lonrn liberalprocedcre, che fi concluderà qualche fruttuofo bene. Ma io reputo bene neceffario alcun me'go, & quando fi potefie ottenere il mandare vn perfonaggio,[aria molto a proposto, non ottenendofi.crederciche F.S.B^uer. fàcefjc ben a veni re fin qua,poiché noi fiamo vicini con qualche cofa cer ta in mano,ò ad amcmimi di quello,che debba fare,che vorrei,&farei tutto quello,che mi fofjc ordinato, & (omefj'o dalla S.y.lf:uercnd. perche defiderando il he ne di ciafcuno di qucfli due buoni Vrincipi\, & ferme colonne della fede, come fo che de fiderà Jua Beatitudine,non perdonerò a fatica, nè a co ja alcuna con tutta rmdisfofttion miafiaquale intenderà da M. Sebafìian fuo.Ne mi dica Voflra Sig. Reuerendisfima, dunque ti perfnadi,cbe non folamente il Re di f rancia faccia pace, hauendo in cafa il nemico, ma ancora vuoi che s'in chini allhumiltà ? io non voglio quiponere inme%p molte ragioni, fi come io ne laffo di dir’alcun a ne i di-fcorftdijopra per non toccare altrui alvino, ma dirò fola, che piu tosto farà data laude al R^,per che doue fi diceua,che l'Imperatore eravevuto per pigliar la Fra eia,fi toccherà con mano,che fui più bello habbia laffa to lo fiato di Milano, delqual rienfaua voler fentirpiu ragionare doppo il termine de i 2 ^.giorni. Olir a che chi confiderà quel che è proprio,&pojfeduio da altri. DEL LIBRO xllll. ZJO è ben conueniente,cbe non vnofto credo vi fiate a fiuftencre & a ritenere ogni configlio,& ogni conforto, che fo-fiegnovi pofia dare alla fhtica.Tercbe,come à materia difpo fina prender T aiuto del medicare, parmi che piu da Uar non fi a fen'ga fcriueruì. Ilchenon lafcerò difnrc,qu(intunquelabaffexxadelmioJlato, & la deprefja mai conditione tolgano molto di fede & d’autorità alle mie par ole. Terciò (e alcuno frutto farà lo fcriner mio, fommopiacere mi farà, <&-doucnon lofiueffe, tomo fono vfo di perdere delle fatiche mie, thè l'hauer perduta qitefla mia farà leggiero.Soglion fi adunque (fi come a piu fauij pare) nelle nouità de gli accidenti,etiandio le menti de gli huomini piu forti commettere. Et quantunque voi,& forte, & favi» fiate,in fi grande empito della fortuna, come colui , cui quafi in vn momento giunto addoffo odo, che fieramente,&doluto, & turbatovifiete. In verith non me ne maraviglio penfando che ccnuenuto vi fia lafciarc la propria patria, nella qual nato, allenato , & crefciuto fiate, laqttal amavate, & amate [opra ogn’altra cofii,per etti li vofiri maggiori, & voi, ac- DEL LIBICO Xllll. 2jr fioche faina [offe,non folamente l’hanere, ma ancora leperfone ci battetepo/ìe. Ala yi voglio dire ancoraché (juefìo tirale,che è il primo, che l’esfilio factra, fta,& jpecialmente improuifo, digranisftma pena, & noia a foftenere,o dariceuere,che dirvogliono, nondimeno conicene aU’hnomo difereto, doppo il piegamento dato da quello,rifurgere,^ rileuarfi, accioche Sìandoftinterranon diuenga lieta la fortuna d’inte-ravittoria.Etaaioche queflo rileuamento Ctpofia fare,& poffa il rileuato refiftere, è di necesfità d'hauer gli occhi della mente riuolti alle vere ragioni , & agli effempi, & non allefhlfe opinioni della mohitu. dine indifereta,ne al luogo,donde,& nel quale Umifero è caduto. Cogliono ragioneuolmente gli antichi fi. lofofi, il mondo generalmente a chiunque ci nafee ef-Jef una città, perche in qualunque parte di quello fi bona il difereto , nella fini città,fi truoua,nc altra va-riaiionc cdal partirfi,o dall’ejfer cacciato da vna terra,& andare aflarcinvn altra,fe non quella che è in quelle medefime città , che noi da /ciocca opinione tratti noftre diciamola vna capi partire, & andare ad habitare in vn altra, & come ipopoli hanno nelle lorparticolari città a bene efferc di quefle fingolari leggi date, co fi la Telatura a tutto il mondo l'ha date vniuerfali. In qualunque parte noi anderemo , trotteremo l’anno difiinto in quattro parti, il Sole la mattina leuarfi,&occultar fi la fiera, le Stelle egualmente lucere in ogni luogo in quella manieragli buo-mìnr,&gli altri animali genero fi, & nafierc in Lettali- L E T T E R E uantc,nella quale nel Tenente fi generano, & nafeo-no.T{e è alcuna parte, oue il fuoco fia freddo l'acqua di jetea compie*fione ,ò l’acre grane, & la terra leggiera , & quelle medefme forge hanno in India l'arti & l'ingegni, che in Ifpagna. 11 in quel mede fimo pregio fono i landeuoli cofiimi in che in qualunque parte dimorerete, non fìa-te in quel pregio,che in Fiorenza crauate, ò maggio-* re. Et fepur Togliamo il yoflro accidente non permu-tatione^ma cffiliochiamare,vi deuete ricordare , non tffer primo, nè folo, & 1‘hauer nelle mifime ccrapagni [noie cflcrgrande atteggiamento di quelle, & il vcde~ re,ò ricordarfi dette maggiori auuerfità in altrui,fio-le-ò dimenticanza,ò atteggiamento recare alle fue. Et però,accìochc non crediate, nello effilio,della fortu~ naeffere ingiurialo, er che habbiate in cui fiffargli occhi, quando, la noia detto cffilio vi pugne, filmo non fen^a frutto il ricordamene alquanti inolio maggiori flati ne’ lor reami,che voi nella vofìra città,co‘ quali, fe atte loro miferie guardate , non cambiarefte le vo-flre.Cadmo I\c di Tebe,di quella medefìma città, che egli haneua edificato,cacciato vecchio morì sbandito, appoglillliri}.Sarca,l\cde‘Moloffì, cacciato da Filippo Re di Macedonia, in e sfili o, finì la mifera fica veccbiezZa-E»csifi tiranno di Sirafiuj’a cacciato , in Corinto diuenne tnaefirp d'in fognar leggere a fanciulli. Sifùce Re di Ifumidia, d dia fu a piti jbrmna afi tezza vide il fico grande effercitd [confitto, tagliato , & '^cacciato, & da nimici il futi ffgno Gopupato,^ DEL LIBRO XlHL 23$ città prefe,ér Sofonìsba fna moglie, da hùfcpra ogni altra co fa amata^olkbr accia uide di Mifnùifa , juo capitai nimico. tir' oltre à ciò,fi prigione de’Rpmani, tir carico di catene , non folarneme honorare della fua miferia il trionfo di Scipione ma rallegrar generai mente Va ù i Romani,^ ultimamente rincbiujo inpic' dola prigione, fatto l'Imperio del crudi Iprigionrro , menare il rimanente della fua uita,ver[èo, l\e di Macedonia primieramente fconfiito , tir apprc[io pnuato del Regno,& dalla f.ga inftemeco' ruoi figliuoli , ritratto,& dato nelle mani di Vado EmiUo. (ìmilmen-te le catene trionfali,la (Irette'g'ga della prigióne , & la rigidizza del prigionero infin alla morte onta fa prouò Pitellio Ce]arefcntì la ribellione de fuoi eserciti, & in fe uide riuolto il Romano popolo, nè gli na.1-fe l'efferft inebriato,per fuggir Jen%a fentìmento, l'in-giurie della commojfa moltitudine, ch'egli noncono-fcejje fe prendere,^ fpogliare ,& fìcarfi fiotto il mento un’uncino, tir ignudo uituperofiamente per lo loto conuolgerft,& tirarfi alle ficaie Gemoniane, dotte morendo a filento fu lungamente opprobriofo fipettacolo di loro,cbe de’fuoi maliprendeuano piacere. Io potrei oltre a a quefti mettere innanzi le catene d’oro di Dario, la prigione d’olimpiade, la fi.ga di Nerone, lo /lento di Marco Attilio, tir molti altri,la quantità de’ quali farebbe tanta, & tale, che a ficriuerla niu-na forte mano baflarebbe. Ma fenga dirne piu fola-mente riguardando a’ cotanti, non dubito.punto, che alle hr Macftà>alle hr corone,^' a i Regni le loro mi' " - Gg /èri? LETTE \E ferie aggiungendo, voi non cambiai elle quelle,che per ilvofìro esfilioriceuutohauete. "Perche accorgendo-ui, che la fortuna non v'habbia fatto il peggio,ch'ella puote,& che molti de’ maggiori huomhù,cbe voi non fofìe mai,Hanno troppo peggio, che voi non (late,par mi che voi habbiate a ringraùar Din,&con patienota quello a foflcnere che gli è piaciuto druty/ènga che , fealcuno l«ogo afpiriiopuntofbifofunoinio a uede-re,o ad habitaruija uoflra città mi pare un di quelli, fe a color riguarderemo,& a' lor coilumi, nelle mani de’ quali perla [cioccherà ,òmaluagità di coloro1, che iha.no hauuto a fare, le redine del goucrno della nofira Kepublka date ano. lo non biafmerò effìer a ciò venati,chi da Capa Ile,& quale ad CiHcciuuole,& quale da Sugame,ò da Firninicciò,tolti dalla cagitola,ò dallo aratro, cr fublimati al nofh o magillrato maggiore .prrdoche Serrano dal fetninar menato al confolato di [{orna,ottimamente con le mani usò a rem per le dure'gclle della terra, fo(ìennc la unga eburnea. Lucio Quinto Cincinnato efferatà il magnifico officio della Dittatura. Et Caio Mario a l padie cre-feiuto dietro agli efferati facendo ipinoli, a qua! fi legano le tende , foggiogato africa catenato ne nien > a Roma Gìugutta.Eacciòibeio queffipiu non raccon-tifpercioch'e non mene maraùìglio pen andò che non fintile alle fortune piouaiio da Din gf animi ne mortali, nè ctiandio a quali noi cogliamo piò originali cita dini diucn&do) quelli o per batter d infatiabile accanii a gli animi occupaci^ dif spòla imoierabile enfiati, o p d’ira DEL LIBERO VOI! ILI. 254 è d'ira non coueneuole acceft,ò d'inuidia, nonlbauer pablico^a ilproprioprocurando,hanno in miferia tirata,& tirano in (èruitù la città, la qnalt bora diciamo nofira,& della quale(fe modo non fi muta)ancora cidorràcjfer cbiamati.Et oltre a ciò iti ueggiamo (acciò ch'io taccia p meno uergognadi noi li ghiottoni , & tauernìcri, & puttanieri, & gli altri di fintile lor dura disbonejtihiwmini afiai) quale con grauisfima continentia,quale con non dire mai parola, gir chi con landargralando i piedi alle dipinture , & molticon l'anfanar e,mojìrarft tenerisfmi padri,& protetto ri del comnottne bcne(iq!ialitntti ricercando , non fi trouerebbe, che (appiano annourrare quante dita bah biano nelle mani,come del rubare quado fatto lor uen ga, & del barattare fieno maefìri fourani) effondo buoni buomim reputati da gli ignorami , al timone di cofigran legno in tanta tempesta faticato fono po fli. Leparole,l‘opcre,imodi, &lefpiaccuolexje di quefii colali,quante,& quali fieno, & come fioma-cbcuoli,& udite,uedute,&prouate l bauete : c*r però lafcerò di narrare,dolendomi, je tante uiolentie , tante ingiurie, tanta disboneflà, tanto faftidio uedu-to,uì dolete d’efftrne flato cacciato . Certo feuoi ba-uete quello animo, che già gran peg^a hauete uolu-to,cbe io creda, uoi ui denteile uexgognare,<£r dolere di non efferuidi quella già gran tempo, gir ffontanea-mente fuggito.O felice le cecità di Democrito, ilquale non uolendo gli fludij ^tteniefi lafciare , piu lofio ekffein quelli uiuere fen f occhi , che uedere infie- Cg i me L E T T E R E me i fdcri ammaeftramenti della filofofiay&gli flomtt cheuoli coflxmi de’j'uoi cittadini, i quali per non ue-dere,& il primo ^Africano,& il ls[aftca ScipioneJ’u-no a L'interno, & l'altro a Vergamo in ^4fia, prefo Molontario esilio,je medefimi relegarono. Et fe’l mio piccolo nome, Cr deprcjjb meritajje d’ejftr tra gli eccellenti huomini detti dijopra;^ tra molti altri,che fe cero ilfimigliante, nomato io direi per quello medefi mo batter i iorcn%a lafciata & dimorare a Certaldo, aggtungendouifCbe dotte la mia pouertà lo poter fi, tati to lontano me nanderci,cbe come la loro iniquità non veggio, cofi udirla non potesfigiamai. Ma tempo è homai da procedere alquanto più altra. Diranno alcuni,che,pcrcbe dalla terra fi leui ilSule,non in o-gniparte i cari amici, & parenti, li Micini, con i quali rallegrar fi nelle profperiià,^ nelle auucrfttà co dolerfigli huomini fogliano trouarfi.Dico, che de gli amici è diffidi cofa,ma degli altri èfanciulefca cofa cu rarfi.Ma,perciocbe molte fono piu rade l’amifìà , che molti no credono,non è d'bauere difearo l’hauere alme no in tutta la ulta dell'buomo uno accidcte,p loqttale i neri da ifintifi conofeano.Se quel furore, che in Orefie uéne,nò fufie uenuto,nèegli,nè altriperfolofuo amico Tiladt bauria cono fiuto. Et fe la guerra de’ Lapidi non f.jfe [urta a Teiitoo,fempre baurebbe fiimato di fauer molti amici,doue à qlla jolo Tefeo fi trouò ferina fià.et furialo caduto nelle ifidie de’ caualieri di T urna , prima allafua morte s’accorfe quello effergli Tfifo che nelle profferita dimflraua,Muque come ilpara- gone delubro Xiin: tu gWiyCofi l'amerfitàdimoHnxchì è amico. Habbi&ì dunque la fortuna in parte poflo.tiellaquale difcernc re potete quello, che ancora non potofìegiamai uedere cioè chi è amico di voi,& chi era del M.fiatò. Ter che vi deue effer molto più caro, che difcaro l'effer da lor JeparatOyC’òfiderado che fe alcù trouate al preferite , che F.amico fiafaprete nel cui fenoi vo(ìrì configli, e la V.anima fidarpoffiate.Et doue no netrouafle,potre te difcemere in quanto pericolo pii paffuto viuuto fi a te,in color voi mede fimo rimettedo,che quello,che non erano,dmoflrauano.S fe forfè dicefle, io ne trono al* cuno,& da quello mi duole l’effer diuifo, dico quefia non effer giufìa cagion di doler]/,pcrciocbe il fruttai n il bene della nera amifìà non dimora nella corporal co giùtione,an'fi nell'anima .nella quale l’arbitrio fu di prederò, di lafciar i‘ami(ld,e quantunque il corpo fta dall’amico lontano o lofìenuto o mpregionato,a coflei è fempre lecito di fiate, e d’andare doue le piace . Ouefla dinari da fedi qualùque parte del modo può co uenir che l’aggrada.Chi adunq; s'interporrà,che uoico l'anima non posiate a’ uoflri amici andar,e flar, con lor o,e ragion are,e ralle granii,o doler ui, o farli dinan da voi menare dalla iióftra mente,equini dire, udite,dimandar,rifondere,con figliar e,c prendere confi* glio?quefle cofie fieno a uoi felina dubbio tato pìùgra-tiofe in quefia forma,che [e prefinti col corpo fufjcro 3 tanto esfi udiranno, quanto a uoi piacerà di parlare se %a intenopere le parole giamai. Effi quelteragione 3 che voi approuateapproderanno, & quello rìfponde- Qg 3 ranno. L E T T É 11É ranno,che uoìpotete. 'Nìun cruccio, ninna otiofapd* rola potrà ' fter \ra voi, loro tutti pretti, tutti proti* ti ad ogni vcflro piacere,verranno, nèpiù ftaranno , .che à voi aggradi.O dolce,&dilettenole compagnia , Ór molto più chela corporea da volere , & majfma mente pensando, che come voi con loro , &cofteJJi con voi continuamente dimorano,& dotendofi de’ vo-firi cafi con ragioni più vtili,che forfè le mie non fonot vi confortano, & oltre a ciò,quello abfenti adoperano » che per auentura voipref nte non potre/ìe adoperare, fen^a che pure alquanto più euidentemente quefia prejentia addimandata,la natura con honefla arte ci badalomodo divifitarci, cioè con lettere, lequalìin poco inchiojlro dimollrano la profondità de’nojìri a-tdnù,& la qualità delle cofe emergenti, & opportune fanno chiaro. "Perche feco i vojlri pie la doue i voflri amici fono andar nonpotete, fare che le dita che vi portino, & in luogo della lingua menate la pennarelli a voi il fimigliante faranno. Et tanto grate a vottri occhi faranno le loro lettere : che non farebbono le parole a gli orecchi , quanto le parole vna fola volta v dire Ile,& le lettere molte potrete ri-leggere,<& cofinon diuifo dagli amici ma fcmpre farete accompagnato. Saràfnon dubito punto) chi di-tà, forfè èpoffibile a f jfi ir legrauegge [opradette , ma l’hàuere i beni paterni, &gli ac quitti perduti de’ quali, & mantenere ilcanallcrefco bonore, & alle-u*rlajltrgente famiglia fi conueniua , & il vederci già ricino alla vecchietta corpulento , & grane in- tor- D£Z USUO Xltnà 136 tarmato da moltitudine di figliuoli^ di moglie,fono c« Je da non poter con patientia portare. 0 quanta ftoltd cola è l’opinione di molti mortali > laqual eprofìergatd la ragione, folo al defideriodel cocn pifcibile appetito ■»a dietro.Ftili cofefono U bene adornate ricchezze, mam'dtopiul'honrliapoucrtà Iponabile, perciocbe ad effa ogni picei da cofa è molto, alla mal difpofla rie ibezja ninna, quantunque grande fta è aflai. La polleria c libera, & ef'pedìta, & ancor feivzgxpaura nel la folitudine le é lecito di babitare.La riccbez^apiena di bon millefolitndini,&da altre tante catene occupa ta,nelle fonisfime rotebe teme le inftdie,& deue quel la conpocbc co e fodisfa alla natura, <&■ queftacdla moltitudine la corrompe . la pouertaè ejjercitatri-te delle uirtù fenfitiue, & dcfiatrice de’nojiri ingegni , la doue la ricchezza, & quelle, & qtieHi addor menta , & in tenebre rid ce la chiarezza dell’intellel to. Citi dubita, che la Trattura ottima proucditrice di tutte le core non boucfje con affaipicciola fua faticaci proueduto a fare con gli huomini nafcerele ricchez^ Zjte ,fealor conofeiute fi baueffe utile come ella tutti ignudi produce nel mondo , cognofcendo lapouertà baileuole? laambitione de gli animi non temperati trono le ricchezze, recolle a luce , baucndole cerne fu perfine nelle pròfondisfime interiora della terra,la Ifatura nafeofe. 0 ineftimabile male. Quefiefono quelle, per leqnali i miferi mortali piu, che lorono bifogna s'affaticano.per qutfìe s'~.zZu)fan0 Per W'flc combattono, per queftela lor fama in eterno vitupt- Cg 4 rano LETTELE Yaho, per qUeHe de’ tioflri Trìori nanamente fono Cd-rnincìaiiafirfiFefou'hnèdubitOychefeben nel paffuto fi fuffè guardato nbaueffe molti pìumitriatì Id nnflra Corte. Qjtefle altra a tutto queslo fono quelle } perleqnali.o perche perdute, ohpe.rte diminuite fieno.è intolerabile la noftra fciagura tenuta, quafi fen-%a cfie feruare i’honor mondano, ne allenar le famiglie fi poffonò. Ingannato è chicofi crede. ^Ampliò U pouertàla MaeflàdìScipioneinL'interno,doue il limi iar della fua cafapouera.come d’un[acro tempio, da ladroni rifilandolo fu riuerito:&adorato. Etfimil-mentela picciola quanti'à de’ferui menati da Catone inl^agna^onolciutoil fio Malore , il fece maggiore che l’Imperio. Io aggiungerò a quella co fa, con laquale io con agro morfo traffigerò l’abomineuole auari-. tia de’Fiorentini,laquale in molti fecoli,tra fi grande moltitudine di popolo,ha tana adopera’(>,chemagnif canìenre d’honeda po iertà più che d’m folo cittadino non fi poffa parlare. La volontaria pouertà d’ 4lm dobrandinodaOttobuonogliimperrò, & honore pu~ blico,& imperiale fepoltura alla mone.adunque non igrandi palagi,non l’atnpiepofesfwni, non la porpo-rà,non l’oro.non li uai,fanno l’huomo honoraretma la rimo di uirtù iplendido, fa ancora a ipoue i gj‘Imperatori riuerenti, kt chi jarà colui fi trafeuraio, che di effer pouero fi uergogni, riguardando il Fumano Impèrio hauer la pouertà battuta per fondamento? recan dò fi a memoria Cincinnato bauere lauorata la ter- rà ? M. Curio daghambafeiatori di Vino efjcre flato trottato Z) £ Z L t B 1^0, XIìli 237 ìf ouate fora una ruflìca panchetta federe al fuoco 'mangiare in ifcodella di legno, & dare parole conue^ "nienti alla graderà dell'animo fuo, et battere indie-tra mandati i tefori diTirroì & Fabricio Licinio gli doni de i Sanniti ? e con quefloguardando, quanti,& quali cittadini quefli foffero in Rgma tenuti, e in qua ti, & quali cittadini quefti fafferò il detto Imperio , Hqualtfpo continuamente s'è dilatate, quanto come iarisfimo matrimonio fu da’cittadini bauuta ; et offer Uata lapouertà ,e come le riccbcgge con ia lor mor-bidelgga per le priuate cafe cominciarono a entrare , tfio a diminuir fi cominciò,e come Vauariùa uenne ere feendo , co fi quel di male inpeggio venendo, nella rui ■na, che al prefente reggiamo, ch’-é in nome alcuna co fa, ma in esfiflentia ninna . Che dunque al foflentamé to dell'bo nove adoperano le ricchczgge, chela pouerti non faccia molto più innanzi ? quelle niente , quefla molto. Le ricchettfe dipingono ihuomo , e coìrono e nafeondono con lor colori, non follmente i difetti del corpo, ma ancora quelli dell anima, ch’èm olto peg gio. La pouertd nuda, & difeoperta cacciata la hippo crifta fe fleffa manifefla, e fa che dagli intendenti fta la virtù honorata, e nongli ornamenti. Et perciò fè quello fiete, che già é buon tempo reputato v'ho, mal < to maggior honore vi fa per l'aucnire vna griffa coi-tardità, &pouera, cbeicaridrappi,& vai nonhamt fatto per lo pajfato. Conceduto quello , fi dirà l'bonoi . nutricar la famiglia, non maritar le figliuole, non*fi fìentar nelle coje opportune la moglie. Rigida rifipó* '■ 'LETTECI! fla agììhodkrni,ma vera . ^ vtile cade a tale 'òppoft* tiene. J^e’ prim i fecali, quando ancora la innocent ia ha bitaua nel mondale ghiande cacciavano la fame , & ifìumi la fetedegli huomini , da'n itali dijce fi noi fama. Lecj 'ali co e, come che hoggi fi [chifino tei tatto, nonceffa , ch'elle non pajfana chiariffima dimoBra-tionefare, dipiccaliffime , di pachi fiime cole la na- tura conten'arfi. 1 mani efferciri otto l’armi,per S ole,& per pioggia di giorno,& di notte combattendo, ò càminandofi lor campi affi [landò, ninno altro guer-nimento per fodisfkcimcnto della Natura por auano, che yn poco di farina per vno,con alquanto lardo, non dubitando di trovar dell’acqua in ogni luogo. Quanto adunque più leggermente fi debbono poter pafier coloro,che nella città difarmati , & in quiete dimorano? Tolga Dio, che voi in fi fatta efìremità venuto fiate , che quello, che coloro faceuano , con la rofira famiglia fi convenga di fare. Ma fegia quello, che io dico, fi fece, & roggi notrimenti fono ingloriofa fama venuti , che quelli , che nelle morbideggc fono fiali allenati. Infraiquali per certo fegranforga di naturai diffiofnione mugli Ira, fofpinti , mai altri , che cattim, pigri, fupcrbi , & ftig^ofi non fi troveranno effer flati. Et chi ciò non ere de , riguardi agli ^iflià , & Egitti aci Re, tralede Ìicategge,&gli odori strabici effeminati, & appetto a loro fi ponga Dauid, il quale nella p a tiara degli at menti la fuapueritia effer citò , & Mitridate, ilqual nella fuagiouinegga, non altroue, che ne ba chi , & trrle ferchabi ò. Qjaefliuitiofamente uiuenio, &in fefl ffo riuolgendo leguerrc,cOTne allenati erano, co-fi effeminatamente marinano . Di quelli altri 1‘ vno "vincendo le genti vicine , .fi leuò in marauigliofa gran-degga , & ampliò il fuoregno , l'altro di viti!idue na-tioni diuenuto Signore oltre a quaranta anni con grauif firn a guerra faticò i I\nmani. Di quefii efiempi n'èpiè no ilmondo , & però piu porne farebbe fouerchio». Pinete adunque , & concedendo Dio, conmengraf fa fortuna in maggior f or legga trarrete la vofira fa* miglia LETTERE miglia. H»rnonfo io , [cuoi fiete nel numero di co* loro , che ft dolgono piu dellavecchiezza alcuna tra-uerfia auumirgli , chefc nellagiouineTgaauueniJJe? Ma perche già tra il limitar di quella vi veggio entrato pofjibileè , che quella come male aggiugnente allo ef [ilio , òloeffilio , aquella , reputare piu grane. Il che [e cefi fuJJe , pouero configlio farebbe. Chinon fa che la lunghezza , & la certezza del tempo , al lunga, & raccorcia la noia ? Taluna tribulationepuò nella vecchiezza cjjer lunga , conciofta co fa , che la vecchiezza medeftma lunga non fta. Ella è per ultimo termine, or a quello è vicina la morte , laqualogni mortai grauezz? decide , gf porta uia . Oltre a ciò come il /angue a rafj'redar fi comincia , coftleconcu-cupifeentie tutte a mitigar fi cominciano , & temperato l’ardor nell alte cole dìfpiacciono fnza dubbio meno le minori, lequali [noie lo e fili o ad altrui recare. Et vniuerfl regola è gli accidenti confueti non farpaf-fione. Etniunvcccbioè(faluo fe Quinto Metello non seccettuaffe ) ilquale per varie auuerfnà non habbia già molte unite pianto , moke dolutoft, molte la mor te de fiderata. Nelle quali cole ejfendo indurato , & callo hauendo fatto con molto meno di fatica le cofe tret Herfevegnendo firiceuono , & portano , ebeigio-uani non furiano , a i quali ogni picciola cofa , come nuoua difpiace , & è grauofa. adunque poiché venir doueua quella turbatione, pietofamente ha con noi la fortuna operato , effendofi nella nofìra vec-chiezzZ’ indugiata. Et percmhc la vecchiezza de* con* DEL LIBRO XI III 239 Configli è reuerenda , ne i quali /Ila vale piu che al-cun altra dà, la corpulentia. ai efia congiunta l’aggiunge quella granita, che for e l'età ancor non hau-rebbe recata, noi non hauete a correre fedendoui, ne ripcfandoui. Vedete con la mente lecofe lontane, & chi con acuta intelligentia , di quelle fecondo l’ordine della ragione difpone. Et l'hauer moltitudine di figliuoli,in ogni fiato è lieta, & gratiofa cofa, iquali Cornelia madre de’Gracchi per fua fommariccheggam» ftrò alla fua hofle Capuana. Chi dubita, thè rifurgen-do anchora in loro nella debita età lo Ipirito de’loro pajfati, esfi, riuendo noi non ui fieno ancora digran-disfima confolation cagione, & morendo di futura ffie rango. ? La natura ancora nelle mani de'figliuoli pofe il coltello uendicator dell’onte fatte a i padri , & la gloria de gli auoli loro. "Perche in luogo di " ricrea-tione,& non dipefo in tanto affanno li deuete battere. Ma che diremo dell’h auer moglie, non folame fife uoflro rammarico, ma quafi vniuerfal di ciafcuno ? affermerò,come che ioprouata l'habbia,che doue ho na, & valorofa donnanon [ia, effer molto piu grane nella felicità, che nelle miferie a tolerare,perciocbe co meyna maluagia piata neiterreno graffo {ubito in ma rauigliofagrandeg^a fi lena, doue piu humile nella piu magra dimora , cofì la maldifyofia anima, le fu-perbc corna, che fuor caccia nelle profperità, dentro ritira nella mi feria. Ma fé ad effer buona, dr pudica , <Èr ualorofafiritroua,munaconfolatione credo efler poffa maggme alt infelice. Ma, che l’uno , & f altro LETTELE irò con alcuno efjempio apparifca, mi piace. Uabon-darc^a de berti temporali trajjc Elena figliuola di Tin-darò in tamia lafciuia , che con Taris fuggendo f.mife Menelao ino marito i fratelli, iparenti, tutta Grecia, & fi a in importabile fatica , tgrquaftin eterna di-flrnt ione. fftfla mede fma abondangain tanta fup bia eie nò Cleopatra moglie di S et or Ee d'Egitto , che cae ciato il maggior fgliuol del ]{egno inimicbeuolmen-te con armata mano perfcguitollo , & l'altro , che per la ero delà di lei Cera fuggito , riu oc aiolo yparan dogli inf/die il prenotò ad vcciderft. Et Cleopatra, che fu i rhma regina d Egit'o, & daquefìa medefìma lu fingalo jn tanta < op'uii à ai piu ampio regno lafciatcfi mrnar deppo mille adul eruydiucnuta moglie di Marca Antonio , & del nomano Imperio inuagbita , non requ,ò irfino a tanta , che lui bebbe Jofyinto amoucr guerra ad Ottauiano , per laquale non jolamente non ‘ccq ijh rcno quello , thèdefiderauano,mapcrduto (filo. i he poffi. deunno a volontaria morte dar fi ajfediati , ej- r rt fi diuennero. i o lafeerò fìar la rabbia di lefabel, H furor di TulliaSer. dia , la luffuria di Mefjalina , qg gl’import abili co (In mi di mille altre nel grande (lato j & cefi la intemperata arrogantta di CaJJandrafi glt>.da di Viiamo, d'olimpia madre del grande Mlcf /andrò , d'.Agrippina moglie di Claudio Imperatore, & ai molte aire , pelvenire a auciavarte , chepiu ■ •prò con/olation recare. €> -fu omegià diffi, ninna ■ «» olatione credo che fa maggiore , che la bona moglie alio infelice , fi come Ipfieratea con chiarii- BEL LIBBJ) XIIII- 240 /ima fede ne trjiimonia. Coilei {ommamente Mitridate fìe di Tonto amando , &l ù reggendo in continue gue rt , polla giù la feminil morbidezza , & a cannili , & all’arme adula!aft ,tonduti/i i capelli , dr sprezzata Ulna bellezza , m babito d'buomo fempre il feguitò dannino affanno vinta , & mulfimamente quando egli da Pompeo fuperato fu co/lretto di fuggire tra Barbare,& varie nationi > nella quale auuerftià troppo piu di confolatione por'e ella al marito, che non foriero di fperanga le molte genti , che ancora alni erano foggrtte . ttSulpitia , quantunque guardata molto da Giulia fu a madre foffe , di najcofo bauenlo Jeguito Lentulo Tru'cellione fuo manto in Siciliap -o-fcrino da’ Trium tri , fi deue credere con quello amore , & fedehautrgli porto non meno piacere , ibe noia la profcriitione riceuuta. Io potrei aggi ingr. e a quelli ejjempi la forte , & pietofao e a delle moglie Menie , li carbonidiTortia , la Juenturata mette di Giulia di Tompeo , con altri molti fimiglianti. Ma perciò ch’io credo , ou* il bijog 0 lo i biedeffe la yo/ira monna Giouav.naelfcrevn altra lpfieratea } 0 quale altra delle predette volete fnzapiu dirne mi pt re di poterpaffar'alprelente , vale mo venire a q ella parte , laquale al miogiudicio , per quello , che a Labbia vdito , piu che nino'altra nel prefcnie ejfiiio"ài cuoce. Brami adunque per alcuno amico liuto detto > che ognigrauezptache laprefente amterfitàbau [fé po tuta porgere , òporgeffe , vi farebbe leggieri a com fonare doueinojiruittadtni, i quali noi baueru - LETTECI? lonta alcuna vofìra fcufa , quantunque vera x & legìttima fiata fta , riccutle, in gratia reputate non vi haucjfcro , conftderando , con titolo coli a'>omi-.neuole cacciato » come fatto hanno * Certo io non ne gherò , & luna , & l'altra delle dette cóle effer Capra ad ogni altra gra ifirn a a comportare. La prima, percinche , qnantunq-ie eia-un buon cittadino non fo-lamente le jue cvfe , ma ancora lijuo [angue , vita per la commune bene , & pcrlacflaltatione del [afìtacittàdifponga , ancoraba rifpctto , che dotte in alcuna co-fagli reniffe fallito ( perciocbe etiandìo i piu uirtuoftfpefeuclte peccano J egli per lo Juobene adoperar paffaro debba trottare alcuna mifericordia , girremifjìrneitpnanzjaglialtri , laqual non trottandogli , h molto piu grane la pena , che fe meritato U beneficio non haueCe. Et fp alcuni cittadini nella no-fìra città [opo, che per la loro opera > o de' lor paffuti grafia merii afferò, voi fimo clic fiate di quelli. Ter-fbe non trovandola } fi conte veggio, che trovata non fbauete, menomi rnarauiglio fe vi dolete. Ma doue fi “vegga fido a nobili httomini effer'inuidia portata, & per quella batter la ingratitudine , quanto di male ha, potuto,adoperato ; (Cimo che qualunque colui fi fta, acuì , quefto ine annerile nte aueriga , conofeendo quello, che auanti credere non haurebbe potuto, come fgannato, & (ertificato dal vero, fe al numero, de’va lent’buomini aggiungendo, come ogn'altra, noia , f o/i quefia ancora dalle fatiche de'pafiati aiutalo, deue fo fitneer. Et però quante volte quefia ffina ni trafigeffe, DEL L1Jì\0 X1I11. 241 prlego ni reduciate alia mente, che Tcfeo, le cui opere furono marai'.igliojc,*#1 degne di perpetua laude , da quelli mede finn ^Ateniefi , li quali egli in qua , & là per la Grecia di/perfi haneua , ncllalor città riuocati, eir con vtiliffme leggi in cit adinefcauita ordinati fu d\Atcne cac iato, & in quanto a loro) je’lgenerofo a mmo di l’bauejje patito ) di morire in mifera vec-cbìe^ja coftretto. Kfè fi trono chi per con afe erga di riceuuti meriti , l'off a di lui, che contro loro più non potcuano alcuna cofa , da Tiro picchietta Ifola , doue sbandito batteva ifuoi giorni finiti fai effe ritornare ai ydtcne. Quefli mede fimi Solone : ilquale con fanti sft-nie ccnfìitutioni gUhaueua ammaeflrati , & le cui leggi ancoragran parte del mondo ragìoneuolmente go vernano.coflrinfèro già rocchio d'andare iti Cipri shan dito j & la morirfi. Quefh medefimi Melciade, il-quale dalle catene de' Tcrft , infinita moltitudine di quelli maranigliofamentevincendo in Maratone. ha-uea tolti , nelle loro catene in ofeura prigione fecero morire , nè prima ilfuo corpo renderono a fepellire ; che Simone in quelle medefme catene , che trar fi de tteano al morto corpo àel padre , fi facejfc legare. ILaccdemoni a ninno altro huomo offendo tanto tenuti piu oltre . Ligurgo giufiiflimo huomo con le pietre ajfalirono , & rltmamente di quella città , laquale eglihaueua con fanti f ime leggi regolata , ileaccia rono. Eti Romani [offerfero , cbe’l liberato)- d’Italia, cioè il primo ^Africano , poveramente moriffe in Lqnurno . Ut l'Mfatico , che de T(fori d’Mntie^ LETTELE fioco haueua riempito l'erario loro, patirono che [offe meffo in catene, & tanto in prigione tenuto,che tut to’lfuopatrimonio venduto, &publicato fo'Je. Et il fecondo africano, hauendo Cartagine, & Numamia fuperbi[ime cind, il Romano giogo Sprezzanti, abbai tute , trouòinI{omavcciditOYe,&nonvendicatore, Tenbe m’affatico io in raccontar tanti ? tutte le ferii ture de ipaffati lono piene di quefli mali, La ingrati/tt dine èanticbijjìmo peccato de’popoli , & è fi radico, ta in quelli , che non fi , come l’altre cofe , inuec-chia, ma ogni dì più verde germoglia , & dopo i fiori conduce in grandiffima copia li frutti fuoi. E però, fi come altra volta ho detto ^quello, che a molti fi vede effere àuenuto, & allenire, fi deue con molta minor noia patire, ^ippreffo affermo, la feconda coj’a hauer piùdìyeleno ,& maffimamentc ne gli anni, nei quali alto lenimento genera piudijdegno, Laqualcofd (redo , che da quefìo attenga, cioè, perche tutti naturalmente con fama de fide riamo prolungare il nome noftro, & mafiimamente coloro , i quali dirittamente fentono della breuùà della vita prefente. Et chi di ac-quifìar fama, ò guardar l'acqui fiata è negligente più tofio bruto animale , tir feruitor delfuo ventre fi può chiamare, che ra ionale; tir coft quella vita trapaffa-Tio , come fe dal parto della madre foffero portati al fepolcro. Et per cicche la fama è feruatrice delle antiche virtù , tir predicatrice de' vitti lenza reftare gran demente fi guardone ? fauij di contaminarla, ò di fama ir ^mutarla, iti infamia, tir te ìaggwnefommamentefi l. " mtbn DEI L1BB0 xmi 243, turbano fe è da altri in alcuna maniera contaminata. Jet quinci molti a gran pericolo già filono tnesji per Uolerla purgare, [è forfè alcuna nebula in quelli* foffe da falja opinione fata gittata. Ter che fe di ciò ui turbate, & yj dolete, eh"alto animo vi jictc, non me ne marauiglio}nè riprendere ne nc f pici,ma tutlauia, & a quefia, come all' altre pas foni, ha la ragione del le cofe modo, &tcrminepofle. Fatta bauete > feton-do che io intendo,di ciò che appofio è alle uoftre realtà, & di che il mobile volgo vi fa nocente, ogni fcafa. che a noi èposfibilc. Scritto bauete non vna uoltajuek molte, & apriuare perfone ,& a i vojhi magi (Ir ali, & con quella grauirà , che per voi s è potata mag-> giare. Ingegnato vi fiele dimofìrar la vostra iena ccntia, & oltre a ciòbaui te lavoRra teRa offerì : , doue del fallooppaflouidinan'figiujiogiudice , non adimpettiofo,fiate contetuo.Nédubito, e bauefieba unto a fare con huominifi ragionatoli, come fi tergono ? Fiorentini, che /ariano flato le vcftre leu/ bafte noli ad ogni debita pi,igatione. 'Perche in queflo credo fi po/jàjenùr e - i giudici effert ofunati, gtr l'acca fa to innocente. Direte forfè,quello non bajta a me,le no, tioni circonaìcine in un medefimo errore co i cittadini fono ,& le generale opinione quantunque falfa/a in luoghi di verità è bauuta, e cofiauu ne, che io fenga. colpa oltre al danno, boia nei gogna. Ikbe non fo/è io me l conferita, ma colano in que/to ai di r mi piace. Tf^un meglio di uoifalluero di quello , che ftdi.ee, gy-Je innocente, uiconofeae, affai ba/taalia. Uh 2, liofili LETTELE yolìra quiete, nèp’mfaàuoi quello3che altri dì voi fi creda, chefaccia altrui quello,che voi men che giufta mete vi crediate . in ninna parte per l'altrui credere fi turba la quiete delfauio. .Affai battete in quejlo ffe con pura confiicnza potete negare ciò effer vcro,et do uete molto più effer contento, che in cofìfatta parte più lofio falfaraente dì voi fi Himi chefe fofie ragia neuohncntecreduto. Verciochepcr nim’altra cagione Socrate dell' bumana fapietia certiffìmo tepo ybeué do il ueleno riprcjc le lagrime di Satippafua moglie , fe non perche effa in quello fi doleua, lui a torto bere il mortai beveraggio, qua fi roleffeffe ragione beuuto lo haueffe, l i dovere dolerfene, & per contrario beuen dolo,a tono non dover fi dolere. Vcrcbe paffuto queflo primo impeto, da riaocare è la prima fmarrita virtù , C^r nel fito luogo con piu vide conCiglio rimenar la par tita quiete, e con Papere per manzi far sì, che ciafcfi che me chegmfiatnente ha creduto , ò crede, fe medefi mo facendo mentitore, [e ne peni a. Et doue le ragioni predette non uipareffero b afte noli, recatevi almeno a quefio, che quello, che inaiti migliori di noi già foffèr fero . no fiauergogna a vai di /offerire. Scipione afri cano,delquale quato più fi parla piu refìa in fua laude da parlare, & del quale non credo che più giufto na-fceffe in tra gecili, ne pin d'boncre , & meno di pecunia cupido, acquiflata la gloria della recuperata Spagna,et Italia fatta liberta, & joggetta Africa, trovò in Roma chi accusò di barattaria,vè furono cofi ahi meriti di quitta potécia^heì quella mtdefima nofoffe chi rice T)EL LIBRO Xlltl. 24? chi nceuefie l'àccu[a,& chi lo ckiamafle ingiuditio>&‘ ancora chi di quella condannare il rolejfe. Giulio Cefa re , le cui opere non (olamcntel’eflremità della terra t ma con la fama toccano il culo, quella mcdefma infit miaincorfe , nella quale voi dieffereìncorfa boravi granate. Et perciò che già difje ,je per alcuna cofafido~ «effe romper la fede, per il Regno era da rompere anco fa ’ono di quellijcbc’l fuo Jplcndcr s'ingegnano d’ojjuf care. Ma come (begli inuidioft conira l'altrui fama dicano , diremo noi, o creperemo. Scipione barattiero ? o Giulio disleale ? veggendo quanto , ah'vno , & al-l'altro Dio itero conofcitor de gli atti birmani di f ecidi gra \a concedi fle i ceri onò. E nella no Eira età fappìo, me noi quanti , &.quali ndlanoflra Città, & altro ue non fclar,lente conpeirfterorma con aperta dia/osira tiene, 6" in rinolgmento degli Sali communi babbia-ho adoperato, er nondimeno,o cbe'l continuo vfo di co fi faste opere, c l’uniuerlal de fiderio di veder mutarne ti, o la ferrai di pochi anni roditori 4’ogni co fa che fatto [t i r;abbia ì cittadini babbiamo poi veduti , & con aperta fronte tra gli .diri non olanurde procedere, ma, tenere il principino. Et fa qttej'.o, che gli bnomini ban no (oferro , &foffreno , [offrirnon volete, audio che cbrillo . ilqualefu Dio,gr buomo, fajferfe, non vi donerà in quefia parte parer duro a fc, ferire. Et ma nìfe/ìifania co fa e , che fai , maeflroveraciffmo, al curii chiamarono Jedntiore.ttp altri offendo egli figlino lodi Dio , minifìro del Dianolo, & molti furono , che lui dijfero effe? Mago, la fu a deità negando del tutto, Hb 5 Et t t r t è t^v. Ef fi' dì cnftui,ch’era > & è luce > che illumina ciafctiìì kuornOychc nel mondo Mutuanti conuicìatori fi troua-roi 10,1! n fi drue, alatribuomo,quantunque giafìameit te, & puntamente rima, marauigliare nè impatìente* mente portare fe truoua chi la [uà fama, & le fue ope re con fopranome ignomiriwfo s’ingegna dì uiolare, o di macchiare. Seguitino , come gli di fìif opere v olire con trarie al cognome > & sforginfti maldicenti quantò •vogliono.egli non folamente non procederai ma quello, che è proceduto,come fe flato non foffe, in niente fi rifoluèrd di leggieri. Ètàcciocbe ad alcuna concbiufid ne vengano le mie parole , gli argomenti, & conforti, dico, ebeperfuadere rii douete -, voi ejfere in cafa rà (ira,poi che unìuerfal Citiàdi tutti è tutto il mondo,& quante uohe le cofe opportune alla natura hauerui tró nate, nón pouero , ma fecondo nafura ricco vi [limate > gr la vecchiegga,come {fermentata negli affanni, & piena divtili configli, Irdbbiatepiù, che la firaboccbè noiegìouìhcgjjx cara, & maftimamente in queflo capo fenga r am ari carni della corpulentia agghlgni trite a quella digrauiti uenerada,e coft i figliuoli apparecchia teuì per baùone, doue forge mane afferò alla Vecchie^ gà, EL tlÈI^O Xìlìl 144 &sP%à curami di ciò,che curadotti altro che vergognA twn uipuo accrcfcere, cioè del titolo della voflr a cacciata , auifo che leggermente lo frignerete. lo potei perauentura afidi honeflamcnte far qui fine alle parole nta l’dffet tiene mi fos finge a dsuere ancora con un’altro puntello l'animo vofiro agramente dicollato^armi-re alfuo foftegno. Et queflo farà la buona fieranzafe cui forge fono tante , &tali , che non Jolamente nelle fatiche foflengcnoi mortali , ma ad effe volanti riamente fott entrar gli fanno. Si come noi manifcfla-mente reggiamo. Chi doppo molte fatiche farebbe i poueri lauoratorigittare il grano nelle terre }fe quelli non foffe ? Chi farebbe a’ mercatanti lafciare i cari a-mìci , & figlinoli , &lc proprie cafe , & {opri alle nani , & alte montagne , & per le folte felui non fteure de’ ladroni dare , fc quefla non foffe ? Chi farebbe a’Eg votarci loro te fori , producere ne'cara pi fatto ['armi lor popoli , & metterein forfè lelot Maefla , fcquefta non foffe ? Cofìeil’vberiferaricol ta , gli ampi guadagni , & le gloriofe vittorie prò* metteancora, debitamenteprefe,'concede. Sperare dunque ne grandiffimi affanni fi vuole , ma noti ne gli huomini, ch'egli è maledetto quellhuomo , che b a nell’huomo Speranza. In Dio è da operare fa fui mìjericordìa è infinita, & allefuegratie non è nume* ro , &la fina potentia è incomparabile > ne fi può la fua liberalità comprendere per intelletto. In lui adutt qne t’anima}& la Iperane^a vo/ira firmate. Sueope-re furono , & non fenga ragione, come che noi rapii b 4 poniamo LÈTTELE poniamo alla fortuna che Camillo effondo in e fillio ap~ fogli ^Ardenti, non folamsnte ribandito foffe, ma dà quei me de fimi, che cacciato l’haueuano, fatto Bitta-torefn Roma trionfando ritornafe; & che ^Alcibiade, lungo trafittilo della fortuna , fato non foffe con tante effecretationi da ditene cacciato , ch’egli in quella poi con troppe più benedittioni ,e chiamato, e riceuuto non foffe, an%j non buffando al giudicio di coloro, che cab ciato l'baiieua.no il fargli pienamente nella fita t mata gli humanihonori, infume con quelli fecero ancora i diurni. Elfo largbifjìmo donatore fimilments perrnifet che Maffiniffa cacciato, gir a quel punto condotto, che rincbiufo nelle fecrete fpeluncbe de monti, delle radici d'herbe procacciategli da due feriti , che rimafi gli erano de’ molti tfferchi, ma non effendo ardito d’appa rire in parte alcuna , fo(lema ffé la vita fua, nè molto doppo con picciola mano d’armati venuto à Scipione , & prefo , uinto il fio nimico, non (olamènte lo flato priflino , & il Cuo reame ricuoeraffé , ma gran parte di quello del nimico fuo aggi unto ui, tra gli altri grandi fimi fe del mondo fplendidiffimo, & in lieta fe licita lungamente, & amici fimo de’ ffmani, de’ qud li nella fiagiouinegga era fato nemico viueffe. lo la-feierò far la diuina benignità, ne gli an ichi contento di mofrar quella, ih’egli rsò in vn nofropicciolo citta dina ne’ tempi no fri, ilqual fio delle mie (etere degno f ima fi lo nominerei, ma è fi recente la co fa , che lèggiermete fenici nome il conofcerete. Ricordare adii fue ri potete , efiere fiato chi in non più lungo fpd DEL LÌBICO Xillì: iì ò d'undecì me fi effendo con acerbisfmo bando dfld mfira città dijcacciato,e de meno poffente fattograde, itebe in difgratia}ft ftamo ritrofi, ci riputiamo & oltre accio con quelle maleditioni chepojjono in alcunogit-tare le noflre leggi elfere aggrauato,&ad'bora che e-gli più lontano fi credeva effer a decer pronai- l'bima-nità de’fuoi cittadinì,di mercatante, non hnomo d’arme Jolamentc : ma duca divenuto d’armati,con troppa maggior yifta,cbe opera, meri ò di ricadere la Cittadi ìianza,& nob le>diplebco diuentare,&ancora al no-fìro maggior màgiflralo falire. Che adunque diremo,Jè non eh'alcuno quantunque opprejfo fia} mai dallagra iia di Dio non fi debba difperare,ma ben’operando sE-pre a buona fperàn%a appoggiarflìfiuno è fi difcreto & perifiace, che conofeer pofa ifecreti configli della fortuna,de i quali quanto colui, cb'è nel colmo dlla fua rota,puotc,& dette temere,tanto coloro, che nell’infimo fono,& debbono,&poppano meritamente fperare. infinta è la diurna bontà.& la no fra Città piu che altra è piena di mutamenti,tanto che per efperienxa tutto dì reggiamo verificarfi il verfo del nojìro Tocca, Che a mego Tdouembre, Non giunge quel,che tu d’Ottobre fili. Et però reggete con viril forza d'animo dalla for-^ iurta contrarici fofyinlo & abbattuto, & cacciato vi il dolore & le lagrime, lequali più lofio tolgono a g afflitti configlio che elle non danno aiuto,quella forti'.-ria3che Dio v’apparecchia.fperando mcgliorc, patìeit- teme ri te LETTERE ttìncnte fofferite. 'Ne crediate, ch'eglifìringA piti le m& ni della fuagratta a voi, ch’egli habbia finto a quelli i che di [opra ho nominati, <) a molti altri.voglio,eh e ■voi diciate il r.oflro cit radinefeo pronerbio. v< bo co fot tator non duole il capo.Ben fio io , che dal confortare al ì operare è gran differenza, & doue l'vno emoltoage-uoleffaltro bmàlageuolefornmamcntc. Ma chi dà ch'egli ha non è tenuto a piu. Se io vi potefft in opera aiutare,fi come in conforto,forfè da rifiurar furiano,fe io nolfiueffi.Et io non mi pojfo nafeondere a voi,che fd pete ciò chepofjb.ln quello adunque vi jouuengo, che conceduto mi è.Ut deucte ancora fapere,chefe de' con* forti ncn fi de fiero, molti per catiuitàd*animo nella mi feria verrebbono meno. Etpercioche molte parole ho fpefo intorno a quello, ch’io credo che vi bifogni fec6~ do il voHroprefente fiato, prima, ch’io fàccia fine, d mofirarni qual fra il mio,alquante ne intendo di ferine re. lo fecondo il mio proponimento,ilquale vi ragionai fono tornato a Cer:aldo,& qui ho cominciato co trop po mcn difficoltà,che io non eflinian.a di potere, a confortarla miavita,& cominciarmi giàigrosfi panni d piacere,# le contadine viuande,# ìl'aon veder l’am-bitioni,e le (piaceuokz^.6 > & 1 fàfiidij de’ noHri citta-dini,mièdi tanta confolatione nell'animo,che fé iopo-tejfi fàrfenga vdirne alcuna cofa,credo che'l mio ripa* fio crederebbe affai. In ifeambio de' folle citi auoglimen-ti.&continui de cittadini,veggio campi, colli, arbori di verde (fondi,# di fiori varq riuefìiti, cofe ftmplice mente dalla natura prodotte , dotte ne' cittadini fona t)ÈL tlBild Xìliì. ì^S tutti fìtìrij, odo cantare rofignolì , & gli altri vccelli non con minor diletto,che fujfegià la noia d’vdìre tutto di gli inganni^ le dislealtà de i cittadini nofìri. Co* tniei libricciuoli}quante yolte voglia me ne viene > feti Ka alcuno impaccio pojjo liberamente ragionare. Et ac tioche io in poche parole conchi ada la qualità dell a mi te mia,vi dico, che io mi crederei qui mortale, come io fonoguSlare,& fentir dalla eterna ftlicitd,(e Dio m’hà uejje dato fratello,q noi mi hauefìe dato : Credettemi » quando prefi la penna doncrui l'criuere vnà lettera con ueneuole,& egli m è venuto Cerino preffo, che vn libro. Irla tolga via che io di tanta larghezza mi fcuCi ì sperandò,che fe altro adoperar non potrà la mia jerit-turà.almen quefìo fàià,che quanto tempo* in leggerla metterete,tanto a vottri fofpir’i ne terrà iLuca, & ad ^/indr’djUquali intendo,che cofià,Orno quella compassane porto,che ad infottunio d'amico Ci deue portate , & je io haueffi che offerire in mitigatione de' lot mali, farei volentieri Tfondimeno, quando vi paia ql-li conforti,che àvoi do,quelli mede fimi, & mas finamente in quelle parti, in che a loro appartengono inteit do,che dati fieno.Ltfenza più dire,prego Dio, che coti-foli voi,&lorOi Il Boccaccio* Àik Fiammetta * Ó ME , chea memòria tornandomi le feli-ci;à trapalatet nella mifena veggendomi, doue LETTECI dcue io jonorrà fieno dì grane dolore manifelìct cagìo* ne,non rn'èper tanto dij'caro il ridurre [pejfo nella faticata niente ,òcrudel donna Jaimagine della vo/:ra intera beìlegtga laejualpiu poflentc, che il mio proponimento,di fe,^ d’amore,giouane d’anni . di fen- no,mifece foggetto;& quella quante volte mi venne ccn intero animo contemplando, piu tofto celeftiale t che hnmana figura effere con meco delibero. Et che efid quello,che io confiderò,fa, il juo effetto ne porge argomento chiarie fimo. Terò che ella con gli occhi della mia mente mirata*, n^l mego delle mie penne ingannando,non fo con cheafcojdfoanità, l'affitto cuore li fa quafi le fue continue amaritudini obliare , tir in quello dife medefimagenera vnpenfiero bumi-iifirn obliquale mi dice, Quefia è quella Fiammetta, la luce de’cui begli occbiprima inoflri accefe , & Igià fece contenti con gli atti fu ci gran parte de’nofìri defii. 0 quanto allhora me a me togliendo di mente» parendomi effere ne’primi tempi, liquali io non immerito bora conofco effere Siati felici,fento cont’olatio-ne.Et certo fenon fioffero le prontefollecitudini,delle-qualì la nemica fortuna m’ha circondala , che non vna volta,ma mille,in ogni picchio momento di tempo con punture non mai primate mi Spronano, io credo , che co fi contemplando, qua fi gli vltimi termini della mia ee-\fttttdiHe abbracciandomi mirri. Tirato adunque da quello , a che quantunque fra fiato lungo lo Jpatio,apena effere Sfato mi pare,quale io rimanga. .Amore, chei miei Joffiri tonofie, il può vedere , DEI ÌIE^O XIÌII, 247 Uguale ancora, che uoìingutìamente dì piaceuo'e fde gnofa fiele tornata, pe, ò ‘inn m abbandona. poffo no, ne potranno le cofe aunerjè, ni il a offro turbato afpetto fperigere nell' anima quella fiamma, laquale, mediante uofira belicila. ejjb ui accerc, an^j 'fifa piu fornente, che mai con fperanxa yerdiffimia mi notri-ca.Sono adunque del numero defino fogeltii, come io folca. V ero e, che dotte bene auent rato già fui, ho-, ra infelicififimo mi ritrcuo, fi come mi volete,di tanto folamcnte appagato, che to tre non mipotete.che io no mi tenga per uofiro,& ch’io non v ami, pollo che noi per uofiro mi rifiutate , ^ bumiUà,qucft’ vna co fa fola per fupremo dono addima-do,che dando ad effa luogo,ilprefentepicciolo libretto, poco prefente alla voflra grandezz*> ma grande alla, Via picciolezzu tegliate. Qucfio jc’l fate, alcuna volta ne’ miei affanni farà di refrigerio cagione ; pcnfando che in quelle delicate mani, nelle quali io piu non ofo ve nire,vnu delle mie cofe alcuna voltaperuenga Jo proceder eia molti prieghi più fe quellagratia, laquale io> hebbigià in voi,non fe ne /offe andata. Ma pero che io del niego dubito con ragwne,non volendo, che a quell'uno, che dijipra ho fatto,& che iofpero, ft comegiu-flo di ottenere,gli altri no ce fero , &fcnza effermene taiuno conceduto mi rimanejfe,mi taccio.ultimamente pregando colui,che mi vi diede allhora,ch‘'i6 primieramente vi vidi.fe in lui quelle forge fono, che già fu fono,che raccendendo in voi la fpentafiamma, a me vi rendala quale, non fopcrcbn cagione,nemica fortuna m’ha tolta. Incapali. Udì 15. d'Mprile. 1341. il Boccaccio. LETTERE, A M. Hercole Perinato . la noBra de i XVI. del pa/fato uoì mi V jrcriuete , ofji piu trflo (fi come io fti-mo'fò da latente innidia,che portano all'eJJ er mio Jan cor eh'eì non fiatale, che meriti di e fere inuidiato ) 0 daliapoca efpericn%a,che hanno delle cofe,che da fa-nogiudit%o,o d'amore, che per def derio dell'utile, èt fonar mio. in cotalguifa II faccia parlare. vi che ri spendendo,dico,che fe e;;;citi tali vorranno perauentu va leggere,& maturamente confidarar le hifiorie de i tempi fa fi ali, conofcéranno dico , che quei fauij, & yen mai a betflan%a lodati noHri maggiori non folo fi dilettaua.no molto di fare, & viucrc alla uilla , ma eùandio con ognilorposftbil cura,& diligenza, il la iterar, &colnuarlaterrafiia.jfaticauano. Conciofia che appo ciafcuno era in tanto prezzo, & bonor l'a-gricoltura,cke i Trotif Filofcfi, i Signori, i Trincip /, s Re medefinti, non folo baueuano per cofa magnifica & DEI L I B 110. XIIII. 249 &g\or\ofo lofcriuer libri dell'arte, & precetti di qlld (come fecel'rrone.EpicarniOf Filometorc , .//Italo , Mp.go,^irchflao>D'wdoro,Filone>^iri!landro, Lifima co , Sfiodo , Virgilio, & infiniti altri, che da Marco Fanone,#- da Columella fono annotieratè)ma fi van tauano ancora, & figluriauano molto, nelle rufììcali opere con le fne man proprie di effcrcitarjì. Xenofonte nella bella,#1 vtilisjima fua Iconomica, per dimo-ftrarfi,cbe non è cofaalcuna^cbc tanto Ci coni/enga alla grandetta d’un Bp, quanto la cura d el ben collinare i campi, introduce Socrate,che recita qualmente ciro minorepa etitfimo Bp di Terfia,buonio d'ingegno eie-’ uatisftmo,# di gloria ilh‘Jlrc;t fendo lanuto a lui con doni Lifandro Lacedemone,perjona molto rirtnoja,pr accorta,in ciafcuna cofa fidimoClrò piaceuole,# cor-teje verfo Lifandro, # che vngiorno per ricrcatione glifece vedere un fio giardino,ilquale era comarfiria grandisfma ferrato d'ognintorno,# con artifeio mirabile piantato, # diCpofìo.Hordopo che Lifandro d i co fi bella opera tanto stupefatto, # marauigliofo fu buon pe^o flato fòpra di fé, conflderando a parte a parte Caltela,# la dirittura degli arbori, l'ordine , & laproponione, checonegualdiflanxafluouAua f ra loro,la terra purgata,# ben coltiuata, la vaghezza de'frutti, # la foauità degli odori,che dalla copi* deivarijfiori dolcementefpirar ft fentiua , allbora di fi e : che non fola egli lodane forte la diligentia , ma moltopiu ancora la gran prudenza di colui, che con tanta arte , # cojì maefinuolmente haueua quelk LETTELE tofe ordinate, & di&. con la manomo Jlrando loro Que§ìii$ìrumenù,a.d alta voce gridò, qne-ftefino 0 Bimani,quefie fono le malie, & i miti iman, tiyd'unafolcofa, m'incrcfce egli grandemente,& è, di r.onpcur condnr qua fu la pianga,& mofirarué le vigilie,! fudori,gli {lenti,& le fatiche,che io ho durato, & duro la notte ,e'l giorno per veder fertile il mio terre no. Ter laqualcofa egli fu con buona gratin da'giudici afìolu;o,e(fendo molto la indù {ir ia, cjr diligentia fua commendata da tutti. E certamente ilcohinar dilla terra non confile tanto nella (pefa, che vi fi faccia , quanto nella cura,opera,&fatica,che vi ftponga, ac cioche ella diuenga atta aprodur molte cole. Onde ft folcita già dire in prouerbio,che colui non era già buo no Agricoltore, che compraffe cofa alcuna, laquale il fuo terreno gli haueffe potuto produrre. Similmen-tediceuano, colui non cfler buon padre di famiglia^ che di giorno facejfe quello , che egli haueffe potuto far la notte,&peggiore, che le fcfte facejfe qualche Optra, che fi hauefe potuto fare il giorno da lauero , Mapiù d'ogni altre pasjino quello, che nel giorno fe fev.o lauorajfepm tosìo ine afa, che alla campagna. Hor fe a quei tempi ( come ci atte [la Marco (Catone ) la maggio riode, che dar fi potere ad vnb nono, era il dire,egli è perforici da bene, & buonisfmo Agrieolto-' ve, perche cagione doterà bora e Aere biafmato colui , chefefjhìdo capo, gfr padre di f.miglia,cerne fono io) ad ìmitatione de juoi maggiori, fi diletti di /lare alld Villa,& di procurare ch’ella fia ben coltiuata , & a-doma?ìfon reputo io , checjuei prudentiffimi noflri antichi, felina gran fondamUto di ragione, faceffero tati tailima dell’agricoltura,però che olirà igran piaceri, contenti ch’ella ci porge continuamente,noi veg-giamo ancora,lei cfjer tanto vtile, & nccefjaria, chi jenga ilfuo aiuto, & fànoregli hnomini,& le città per alcun modo mantener non Jipanno. An%i, fi come le madri debbon col latte proprio nodrire ifigli,coft U terra, clu ènofìragran madre,ha daporgere il cibo a tutti noi che fu oi figliuoli ftamo. La qual terra prò» Hiamo tutto’lgiorno effer verfo di noi tanto cortefe , benigna,^ liberale,che fempre mai (pur che i ce le {li influljì non timpedìfeam) ci rende afiai più che nonriceue. Dalla neeellì à dell’agricoltura habbia» no ancora il teslimonio di Crifosìomo, Unitale fonde» rando le commodità, che ci arrecano le arti meani» thè,afferma la agricoltura effer molto piu degna , pili eccellente, & più necejfaria di t me le arti. Concio» fta che chiaro è , che noi potremmo viuereftn^ip A ni,fenga,rtflc, fenga cafe, & ftmili, ma fenga i frutti dell'agricoltura non potremmo giamai. DÌ qui è (dice egli) che i Scithi , gli ^fmafobij , & gli GimnifofiHr, parendo loro, che le altre arte fieno yane , /r inutili , <& giudicando l’agricoltura foU effer neceffariaperil viuerc humano, & a quella fo la danno opera,a quella fola attendono, in quelli j#la tutte le fatiche 3 tutù li lor fenfieri , & ogni lo* DEL LIBICO Xllll. 851 lor fludio compartono. (juefta vectjjità confidc-ràdo Romvlo, & il prenominato I\e Ciro, /ragli altri /ìbdij,&efferchij bellifjìmi da lor trouaù.in'egnd-tono a Ino f ddhi priruipalmente l'arte della militia, & dell’agricoltura ; acciocbe con il megctn di quella fuflcro atti a difetiderfi da qualunquecercafle di far loro ingiuria',[& con l'aiuto di quejìo lungo tempo in vita fi potefero foften'are.Terò prudente confi gito, & lodenolco/hmeparmi che fuffe quello de' Suig^erischcffi come intendc)baueuano cento ville , delle quali ogni anno j'ceglieuano mille buomini, li mandauano alla guerra , & quelli che reflauano a cafa, lauorando i terreni i quali erano fra loro com-tnuni, glimanteneuano. L’anno (eguente poi , quelli andauano parimente alla guerra, & qudli tornauct *‘0 a cafi,cefi per ordine [ucaffiuo la militia, & l'a-gdcolturaejjinitando. 'Più dico, che Homulo pro-foneuafimpre gli agricoli ori, ai cittadini,& damai to piu gli Pimaua, parendogli, come quelli che alla telila guardano gli armenti, non fono da agguagliate a quelli,cbe alla campagna lauorano la terra, cefi quelli a punto , che all’ombra delle lina dentro le mure viuono olio fi, fono di gran lunga inferiore ma molto frut-tuofopodcretto, di fua mano con ognipofibileindù firia , & diligenza lauorandolo : pcf alcun tempo di quello non era mai vjcito. ^ipprefio f Agricoltura (fé io nonnt inganno) direitamenta rifguarda dna fini, fu no e la vtiliià, che del continuo da quella fi trac, l’altro è il piacer , che thuomo piglia del verdeggiar della terra, della vaghezza,foauità di fiorì, del germogliar delle pìame,del nafeer de i frutti, & del multipli-■car de gli armenti , liquali quafi noftre creature, up-lenticri,& conpiacergrandiamo veggiarno trejeer di mano in mano , Ne crederò io mai, che alcuno fia tati JDEt LIBRO Xtlll. 254-fo ìndìfcreto, 0 tanto arrogante, che mi rileghi, che no fio. digrandisftmo & quali ineflimabile diletto, i/ ««-dere una yoflrayitia di giorno in giorno fin bella,fin ornata ,<& fià fruttofa, laquale fta abondante d ogni buona, ytilc maniera di alberi, doite fien folti bo~ febi,yiuisfmi fonti,chiarii fimi jìumicelli,colli piaceli , valli tmbroje frati, amenijjimi, & cofe fmile,che ricreano gli /piriti, e dilettano gl’occhi ncHri mirabilmente. La onde non è marauiglia, fe Hornero, Voeta diuinisfimo. introduce Laerte vecchio, chef allenire et mitigar l'ardente de fiderio, ch'egli banca de figlino lo fi fole ad ingraffar un campo,et a coltiuarlo co dilì-genga, quafi volendo inferire, che non èfpa/fo alcuno , che fta da proponete, 0 fipojja agguagliare a que fio dell'agricoltura. Samolo quelli,che lo prouono,et ne rendono tefiimonianr^a quelli, che l'ban franato, & perche no crediate,che parliàpasfione,a corobora tion delle mie parole, voglio narrami d'olcuni f fecon do,che tni offeriranno alla memoria ) 1 quali tirati dal gran diletto dell'agricoltura , Infoiando le dignità, igo uerni, i regni, le uittorie, & i trionfi al colmar della terra con tutte le lor forge dell'animo s'applicarono. Fra i quali primieramente mi occorre Manlio Curio Dentato, ilquale doppo l'bauerninto , & fcacciatoil Re Tino d’Italia, &dapoi eh’egli bebbe tre uolte con fomma laude, <& gloria trionfato, & infieme au gumentato /’, mperio a i Romani, andò [lene di nuouo con incredibile apegregga a lavorar il ino terreno do ne in gran quiete , & molta tranquili:a d'animo paf- LETTELE sóli rimanente degli anni [noi. 7(on minor fegno delguallo f laceredimofirò L. Quinto Cincinnato , ilqualc chiamato da'Senatori alla Dittatura , dignitàgrande, & regale,fu trouato nudo, & tuttopolue rofo, arare un fuopicciolo campicello, chenon pa[fa ua il termine di quattro ingerì, &toJlo, ch'egli hebbe liberato Minutio Confalo infiemccon l'ejfercito ajfe-àia’oda gli Equi, depofta l'autorità , & l’in fogne del magifirato , vrìaltravolta con affettograndiffmo a collinare ilfuopoderetto fe ne tornò. Souit mmi appreso di tAl'alo, ricehifjimo Eedell’afta , quando et depofe la regai dignità ; & Inficiata iamminifìraliane del Regno, a lauorare certi orti di fua mano , con ogni indukria, et foliicitudine fi diede, tanto era il pia cere, & contento th’egliprtndeua della agricoltura. Ouaficheio mi era f ordatcdeU'imoeratore Diocle-tiano , ilquale rimettendo la cura dello flato nelle ma ni della Republica, & de federando di venire a fe fleffo fi riduffe a Satana, patria fua , & quiui godendo la tranquilità della ulta ruflicale , in beatiffimo otio fe ne flette buon tempo , & quanjunque egli/offe molte uolte dal Senato , & con lettere, & con ambafeiate per fu afa, & pregato a ripigliar l’Imperio , maipero della cara ,& amata riila tua , non fi uolfe partire. Che direni noi del buono Attilio Calatine? che per le fe Cue molte virtù dallo aratro , & dalla •fappa tolto, fu creato Dittatore ? co fiuipiaceua tanto la con- tinen%a, & la parfmonia, & tanta dilettatione preti deuatgli dall’agricoltura > che baurebbe eletto DEL LI B EJ) Xlllt. IJJ piu tallo di sìar e ne alla villa panatamente, 'pappando , & arando la terra , che diuentare il primo buomo di Roma , & bauerputc[ìà fopra tutti i wagifirati. "Per laqual cola parmi , che Cicerone molto argutamente riprendere Crucio, ilqualetajjaua Sello Ro do ^merino , perche del continuo , & qnafi [empre mai lo vetleua dare allaf^illa, quando gli dijjè , per certo Erucio mio, tu[àre/ìi flato vn vano , & ridicnlo accufaiore, fe tu forinato a quei tempi} che gli htiomi ni erano tolti dalle manate , & da gli aratri , & fatti Senatori , Confoli , & Dittatori di Roma. Con quai parole e (fallerò io la magnanimità di Marco Regolo ? ilqualeeficndoin africa Capitano generale de gliejfereiti , & intendendo che per la mone de i la-uoratori , il fuo podere gli et a molto dannifeato, non curandofidi vinone, o trionfi, fubitò domandòlicen-tiaal Senato di poter tornare a goucrnare, & c^jtoiir le cofe fu e, non per altro f non per C amo r grande, che egli portaua alla fua billetta , & perlimmenfa di-lettatione ch'egli pigliatta dell’agricoltura. Laqual lì-centiaperònongli fuconceduta , mai ConjoHinfie-me col Senato determinorno,che la l\cpublicapigliaffe la cura de i fuoi terreni, & diligentemente face fidi col tiuare. Quanto bene par ni M. Hcrcolemio , msri-fiafferò i Pifoni ? i Fabijf i LentpM i Ciceronef & que fio per hauere ciafeuno di loro flando alla Villa troua-to la buona , & vera maniera di feminar quellafpe-cie di legumi, da i quali con tanta gloria trufferò il co gnome i oi quefti fipotrieno aggiungerei luntj, i L E T T E S Tauri, iStatilij fiVituli, i BifìolcijVitelli, iCaprei, i Torcij, & altre,che pur dal pafcere, & governargli armenti,in colai guifa furon nominati. Che diraQi del grati Scipione .AfricanoMqaal dopo le molte Vittorie, gr igloriofttrionfi ottenuti, fyejft volte per, torfi de gli occhi alla plebe, & [chinare in parte la grande inni dia,chegli era portata da molti, ò je ne flaua in grande nafeofameme, è fe ri andana in uilla atraflularfi con l’ aricoltura, & quiuì buona parte dell’anno non jen%a gra quiete, ^contento dell’arimo, co i[noipiu cari, & piu fida'i amici iimoraua . Et hot uoranno quefii nofiri corio fi accufiaiori effer tanto impudenti cheriprc dano vn padre di famiglia , che fiatre , & quattro mefiaua villa , non tanto perii piacere quanto per ■ville , ejr gouemo delle cole fitte ? In villa piu che al-troice (per dirne quel ch’io fentoj parmi che a punto go der fipoffa quella maniera di vita , laquale dal Fiuti o , & eia moli’altri fauq per eccellentia è chiamata vi ta , & è quando l'huomo fiiolto dalle pajfioni, & libero da i trattagli, & dalle rnolefiie, che fioglionoperturbar gli bimani peni , e contentandofi , di quel eh egli ha, vìue con l'arimo tranquillo, vfando però f tmpre, & esercitando il prettofifiiimo dono delio intelletto,col mexp fuo ffieculandoconfiderà lo infialici bile appettilo della prima materia , la fodererà della ferrala rarità dell’aere,il f luffe dctl’acquelatrajla-renga del fuoco , lo jfilendore delle cornette , il latte del Cielo,leproduttioni delle netti,il cader di llepiog-gie y U congelat'me delle grandini, Ufo fiuti', dei uen- ' DEL LIB RO ' XIHI. Z^S ti, /e s'inchinano Ter la copia de i frutti i rami, e porgono Le biade igranile i fonti fcaturijcano > E già d'herbette iprati fi riueftono. El ogni co fa al fin gioì] ce c giubila. La cndeparmi che affai rei ijimilmentc affermaffero al cuni , che nello spugnar d'ariete il mondo foffe da Dio fapientiflimo fabricacbe (uegha l’intellettoie raccedono in noi il de fiderio d’inuejligar le cauje degl’effe ti veduti. Ter Si K 1 queflù L E T T E € queflo rìffietto il filentio , & la /òlitudine della villa piacque tanto aiVeirarca^che egli folcua mettere a có io di vita folamente quegli anni, hquali Randa in Pal~ chiufa trapalò conmoia fta jodis fan ione. Di quii, cb egli jpejfe robe inaitauagli amici a goder [eco la bel leg%a t la felu Ita della villa fi come noi veggiamo in molte delle fu e rpjlole famigliari Jcritte ad Oàmpo. Et ; per poter u/icora meglio dìmojtrare i comodi, {5- la vii l'uà della folithdine,egli compofe rn libro in laude delti vita folitaria,poi alti fi’ e,accordando con le parole gli ejfetti,elejfe in compagn a D'apol.o , & delle mufe in uirquà, villa piaceuolijj'.fil Tadoano, di ffender Fauci rgo degl’anni fioi. Se uoi eonfiuerate bene M. Ercole, tutti gli biom ni lludiofi>& letterali fi >on molto dilettati della villa . Verciucbe olirà quell'aere libei 0 , ti giocondi (firn a verdura,laquale della molto lo ingegno, ricreaglilpirui,& agwxpga l’intelletto mirabilmente, llcbe ci fu dall’iftejfo Petrarca dime (Ir aio ì quei uerfi. Qui nonpalaxX1 > non teatro > 0 loggia, Ma inlorvece y ri abete,vn faggio, vnpinoi Tra l'erba verde,e’l bel monte vicino. Onde fi fa ndeip ottundo ,e poggia, Lena di terra al citlnoHro intelletto. CU Jludif ancor a,& l’agricoltura facilmente,& con modo dolcijfimo fi congiongono infieme , & poffonfi quelli, & queflo , con piacere ,& frutto grandiffimo esercitare. Quanto fojfc deftderofo, & amator delti villa il Suino^ d'mofiram panuhie Jue cpiflole « DEL LIB^O XII11. a?? tonlcqualì egli multa gli amici alFandare } & flarfe ne alla villa ccnejfo lui nel fuo Monte yccchio , luogo ameni ffìmo per Jpccial gratta ottenuto da Co fimo de’Medici, accioche iui in piu felice olio, & maggior (juiete d’animo potere filo fo fare. Troviamo ancora , che il Vico quello inefaufio fonte dìfcicn'ga, et il Voli tìano huomo dottiffimo, & /ingoiare habitauano noia fieri nella villetta Fejulana non per altro certo , fe no per non poter meglio, ir con più atten’ione dar opera agli (hidij delle buone lettere . Tiùoltrauolete voi vedere, quanto fi dilettafie Vlinio Tfipote di Ilare alla villa ? Fdite ciò che egli ferine a Fundano del fuo piaceuoli/Jimo LaurenUn, Q^ i in non odo, ne dico co/a alcuna, che di hauer detta , ir rdita mi giaccia.Tfiiu no è, che con falfe calunnie mi accufi apprcjfo altrui ,• io non riprendo alcuno , fe non folo me [ìejjo, quando talhor’io non ferino a medi mio ; io nonfonccmbattu to nè da Fpcran^a, nè da timore alcuno, ne mi rompo no il capo i romori, ir le ciance di quello, o di quello. Coi miei libri, ir con me mede fimo ragiono.0 beata, ir finterà vita. 0 ofw d olee, ir bonetto. quaft d’o-gni negocio migliore . 0 mare, 0 Uto vero, ir fecreto ricetto delle Mu'e, quante co/e mi fomminijirate uoi? quante me ne infognale ? Vero lajcia ancor tu come primate ne venga occafione quefio lìnpito , ir quello nano aggiar qua, ir la , ir le indegne , ir inutili fatiche ab andana, ir datti con litio il cuore agli fltt-dij ir all’olio. Verciocb'egli è multo meglio (come dot thfinamente, & faceti/jimama tc Uifie il no fi tu KK 5 tilio) LETTELE tìlio) io effere otiofo,che far niente. Vorrei che voi hi nette (fi come ho io con grande mio piacere) rednto U ■villa idoitc fi riduffegià Bartolo a Jludiare, laquale l (opra una diletteuoUjfma collinetta, lontana da Bolo-1 gna poco più d'vn miglio. Quitti più che in altro luo-go,egli -criffegli acuti, e dottiffimi commentarti, iqua-li con la chiarezza del lorg'an fplendore hanno, fi può dir illufirato, & dato Tanima al corpo della legai difci-1 piina. Laido di dire,che li Dei,& le Dee ancora cfti fuf fero (ludlGfilJmi dcllaviHa, & autori deli agricoltura, come fu Bacco, Cerere, D iana, Saturno, Flora, ‘Pale,& ai. ri. ma ritornando a gihuomini d'ingegno, e di giudicio perfetti fiime, chi fu mai più vago, & innamorato della Villa di M. Tullio ? ilquale, quando da i negati) della fico, o degli amici non era impedito , bora nel Formiano, hor nel Cumano, bora nel Tumulano,&bor nrlTompeiano, con diletto grandiffimo andana/} diportando. Et fra gl'altri tanto li piacque il fitto , & la vaghezza de’ campi Tufculani, che quiui ad im.itation di Dionifio Siracufano , cominciò quafi a far vn^icademia. Però che molti gentil'huomini i{om-mofii dalla foauita della dottrina,&imiti dal candore della C Ueroniana cloquentia,fpe(Je volte ad vdii lo vo le n‘ieri, colà fé n andavano. ttn quello luogo adunque foleua egli riuedere, & limar l'opere fitte. Quitti rifor-maua, comeTatio Rgiffb, Lucio Luctillo. Q. Sceuola, Caio Mario , (V altri quando pure io pen-fafri, che ipiù nominati fin qui non doueffero baftare. Et potrei dirvi d'alcuni bonorat frinii per ferì aggi, che K K 4 fie no L E T T E Ut fono , &d(iroi , & da me parimenteConojcwti * iquali, lafciata la cìttà}q.,aft lamagglor parte del tent po fe ne fanno alia qui ccn piacere infinito go dendo, &goucrnando le cofeloro ,in libertà grandini ma fe ne viueno . Taccio ancor de gbinfiniti Baroni, (ir nobili Francefi che habitano di continuo ifuoi villag gì (doue in dannare, inpefearein -vccellare, in anda~ re a caccia, & cotali altri fyafti, non fenga gran con-tentegpa , diftenfano gli anni loro ) per non parere ch'io voglia bora tejfcre il catalogo di tutti quelli, che Hanno molto piu vokn’ieri alla riila, che alla città. Ma ditemi vn poco per vita vofira , perche credete , che fio ffero ,& fieno in pregio gli orti , &i giardini delle Città? non peraltro veramente fenon perche ci apprefentano la figura , & la imagme della P'iUa,&' dell'agricoltura . Ben chein quei primi [c coli non erano ortinelle Città , & Epicuro fu il primo che facef-fe orti in vi tene, onde egli fu ragionenohnenie il macero , & inuentor de gli orti chiamato. <. ol tempo poi la dilettation de'giardini crebbe di maniera , che io trono la Reina Semiramis di cotale Eh:dio infiammata, nello abbellire,& addomare certipioionieelli, bauer fatto (pefe eflraordinaria , & quafì incredibile. e pcnjb ft-Ynilmente chabbiate vdito ejuata fujfe la fitperbia dì quelli di Mecenate, in molti luoghi tajfxta da Oratio » & di qual magnificenza,&Jontuofìtàfufjero quelli di Salufiio, di Cuculio,di Tlautw.di Seruilio, di Luca-no>&d'altri ch’erario celebrati da tutta. Italia. In fommaio voglio inferire,che tutte quelle diligente » che s'ufiwano.s tifano,& tutte quelle fpefv,cbe fi face-nano , o fannofi intorno a gli orti, tutte procedeuano procedano dallagrandisfima aficttione, che porti nano,& portano gli buonùni alla riìia , & all'agricoltura. Laquale ( fi come di [opra bautte ititelo) contiene in fi tante vtilità, tante commodità,& di tanti piaceri-che s‘io volcsfi bora estendermi nelle meritif fime fiie lodi, come fi conuerrebbe,io farci ferina dubbio troppo lungo. Et fe ben’io hauesfi mille lingue-^ ne parlasfi nuli’anni, mi rendo certhfimo , che piu toìloiltempo,che lamateriami\>errebbe meno . La ondet&pernonfaItidiriàconfiproHffa lettione (che purtroppo m’aueggofin quihauer pafjato i termini della lettera)&anco per non affogarmi talhor in cofi vaflo pelago,rimetteri,uni a quel,che ne hanno feruta i (opranominati anttori. Et fe mi volete beni M. Hercole,di grafia uedete, ciò che ne dice Oratio > H-quale in parecchi luoghi del juo poema lauda i piace* L Z T T E K 2^ yì>& le commodità della Villa. Coize in quella can'ZC ne a Numatio Tlanco , douc da lui è celebrato il bel fito di Tibure, in quell’altra a Tindaride, riellaquale egli commenda affai l’amenitd della villa Sabina. Et vna epi/ìola ferina al fuo caflaldo , douegli afferma, coliti effer veramente beato, & felice , cbelajciando la Città, fe nebabita alla villa. Da Tibullo voi batte te la prima Elegia del fecondo libro tntta piena de ito modi, & de gli ffnsfi, che ci dona la uita rttjlicale. Non iti aggrotti anco per amor mio , dare un occhiata a Statio , nel primo delle Scine, dotte egli effalta molto la villa Tiburtina di Manlio Vopifeo. Et nel fecondo delle mcdeftme, quando ci commenda tanto il Surrentino di'Polito . Etnei quarto pur delle Sel-ue, detteci fi dilegua proprio dttcnere^a , dipingen do il bellisfimo fito della villa di Scptinio Settero. Et leggete il Pdittano nella Selua ruflicus, laquale egli tolfe tutta dalla imitatione di Efiodo. Et ( fenoli v incrcfce ) vedete ancora il Pantano, nel fecondo del l’amor congiugalc, doue egli fi rallegra molto degli orti , & della villa fua. Tfe lafciate di ueder Pietro Cri r ito, ilquale neiprimo libro de i uerft ,gioi]ce affai in lodar la bellezza , & le comodila della felua OricelU ria. Ne meno laf late di ueder e quel bello epigramma di Claudiano fcritto al Senator Vcronefe. Et ap-pr efjo UggeteM.Tullio de Sene biute , la doue egli due. Io vengo bora i piaceri degli agricoltori , che quitti vt> he cofe in laude , e boncr della villa, c della gricoltura ritratterete.Ma chi mai laudò lei meglio, o ■ fhonorò DEI IIBi^O Xlllt. Ì'honoròpìà a lungo del buo Virgilio f1 ilquale ne uuat tro libri della dmrnfs.Georgualche da Faltarino plofo fo è Rimata,e meritamente la piu bell’opera, eh'ci facef [e imai)nb ragion a a’altro.F.t no loloraccota le vtilità, <&• i piaceri che da quei ci nafconot, ma con modo de-flrifs.ancora ci infogna l’arte,e ci mojh a i precetti, che nello ejfercitarlo feruar debbiamo, acciocbe maggior piacer e,e molto pi à largo frutto cene fegua. Da quelli piaceri adunque,e da queftevtilitàfpejfo 'multato, & infteme dal debito mio(cbe fon pur padre, egenerator di famiglia)fojpinto, fyeffc volte (ft come voifapete) me ne vègo alla mia villa,nella quale ho taxi, & coft uartf fpafjì,& houui t anteco fi grate commadità , che io non poffo mai Rami fe non allegramente,&uo-lenticri. et prima quanta all'aere principalisfimo alimento del viuer noflro, io lo trono in quefli luoghi pià puro, tir migliore affai, & molto pii) appropriato alla mia complesfwne , che quelle di Ferrara non è , ilquale di pia natura è graffo,& humido, & confequF temente pieno di maligni vapori, ilche quanto ftad’ìm portanza per la [unità; credo , che lo intendiate. Quanto all'habitare ancora, io ci ho vna buona , & molto comoda cafa, nellaquale q!ìo anno ho fatto certe flange frefcbìsfìme per la fiate > & vtiiiyfime per l’inuernOydi maniera, che io ci fio molto agiatamente. Circa il viuer poi, non è dubbio , che qui fi hanno buonisfime,& delicate carni,pane bianibisfmo, frutti ottìmi,vini generofl,/#-perfetti. Ftbauuifì d'ogni tempo buona copia di tutte quelle coj e » che fono al viuer Z £ r 7* £ ^ E y’iuer nofironeccffarie. Q^-antoipiaceriprluatì (ibe deipubluiio ne fon fèn pre ò autore ò confapruole ) in cafa nefìra egri giorno fi fanno tnufiche dipiù for* t'hyi fi giucca a tutte h maniere digiuoihi leciti, & dilettatoli. Vi facciamo alcunavolta ballare, per ricreare,& allegrar la brigata,ri fi leggono libri piace noli, fi fi ragiona di Tariecofe)& in fomma vi fi han no tutti qui gli intenerimenti, & tutte quelle ricrea-tioni,cbcbonefìamentefipoffonodcfiderarc. in tanto , ches’io non temiffid’efier tenuto arrogante in far quejìacompara:ione,io ardirei di dire, che fi come in irtene la cafa a'Ijbcrate f t della la fcola ,& la botte-ca dell'arte oratoria , cofi la noHra qui fi pojfa con yerità chiamare Tarmarla de gli [pafli, & il funtico de’ piaceri,& (per dhlo in vna parola) il proprio albergo deli'allcgnria.Oltra dì que fio,la comodità , che noi habbiamo della Chtà><& luoghicirconuicini , nin mi parefpe> moke occaponi, cbefogliono accader tut to il giorno) che debba eferpoeo apprezzata. Ritro-uafi adunque qrefìa noflra A' HI a, quafi a guiia di centro pofla nel mezo aparnehie città-& cafiella , chele fono d’ini orno. Conciofia che da Le-ante ha Ferrara, daTi nenie ha Modena. & leggio, damez? dìè Bologna,& Mlantoa da Settentrione , cia'cuna delle quai terre non è piu difl ante di vna giornata , olirei molti cafielletri, che le fono p’-i come faptte per afai minore {patio propinqui. Ma quando ben io nonpi-gliasft altro frutto, nè canai fi altro tyaffo della Villa, che t.t catto infini:i,neguadagno almen quella con- BEL LIBICO il f. 163 folaùone,ch’io f iggo, & /chi ìo (oer quanto è in me) le infolentie,gli odq,le detrationi,il fh lidio, & la noia di mol i, ìquali(tff ndo vngra :e,^r iniicilp fo della terra, & indarno venuti al mondo) altro non [ano fare,& d’..Irto non fi dilatano,che d'imped re , ò di-jlurbarla quiete d'altrui.Vero alla y illa godendomi lx grata,&dolcisjìma mia libertà, ho quitta contento , ch'iopoffo andare ilare, fare , gr viuereamio modo , fenga fotyet 0, ò tim ire che alcuno di qaedi ignoranti, che peggio dir non fi può , mi ghigni dietro le fpal~ le,ò fi faccia beffe di me, come fogliano far di tutti ql-li,che veggono ejfer dUfmili alla vita loro. Et perche io fui ftmpre alienis fimo dalle ambitioni, ni mai mi so curato di fumo,ombre ò fauori,cbe tanto coflano, & che di tanti affanni,& angojcie.fono colmi, contentati domi molto dello Eia o,in cui ìnbapnflo lagran bontà di Dio, me ne ttò con l'animo ripojato,& tranquillo > sformandomi a tutto mio potere fecondo il buon precetto di Socrate di ejfer tale, quale io defidero di effer tenuto. Lequai cofe tutte fe diligentemete tjr con maturo giudttio farcino ponderate, & efiaminate da' miei riprenforifio non dubito punto, antiporto fermisfmx opinione, ebefia ingra parte per ceffare in loro la ma-rauìglia,che hanno del vedermi (JjefJè volte andare,#’ flare alla Villa, masfimamente confiderandolo , che perbauerio(comebodecto)fulefpalleilpefo , & il gouerno della famiglia, mi è molto necefiario polendo in quetto imitar gli antichi noflri maggiori, divfare 9fp'arte é cura,opera t & diligenza circa tagricoL tura. £ e r r e j^e {uì"v't>allaqualc ,jì come uoì bauetein parte rdlto da m?,precedono tante vtilità,tanti piaceri, & tante comodità, che chi perauentura non le c nofee ò non le ha gufiate,ha torto efyrcsfufimo a biafimare vno,che co-nofccndolc,cerchi di poffederìe & chi l’ha qualche noi la prova e,ò conofciute,merita alparer mio,&ripr-e fionc,<& cafligo,fe egli potcndptnon lego de, & non la y fa frequentemente. State (ano, DcUarillaLolliana. j il.d'Ottobre. 1555. ^Alberto Lollio: Al Principe di Oranges, £7 E per lo ferhtermio fopra cofa di tal qualità,pare-rà forfè che l’autorità fa minore, che la materia,et l’audacia mia maggiore che’lmeri!o,attribuifca V.Sig. la colpa alla fortìina,che tanti,& tali parenti, che per cbl:go,& uclomàai -icriano Fabrieio Maramaldo,fte ■no morti,à abfenti. Onde necefjitata io con la luce fola della uiua meni ria loro, fon coflretta riputar le mie tenebre più chiare,che alcuna uolta non fono. Ma più lo fio veglio effer tenuta per audace,(he per ingrata. La fmceriid di Fabritio,& ld rimi dì y.S.mi asfirmano, thè ne applicar l’uno digiufhtia , ni efeufar l'altro di colpa,mi conuiene. Ma perche le fwifìre infomatieni, che hoggidìsufano,pottia forfè far dubitar a no firn Se cellemia effer posfibile coja remota daognifosfbilità, ho Holttto f cmerU,& certificarla, che in coja difmil qua- DEL LIBRO XIIII. 264 qualità Infelice memoria del Manbefe mio Signore fe ce infinite volte efericntia della Hirtù,fi)iceritd,&-fede di Fabritio, & in tempo,cb'erain minor grado, che hoggi non è. La onde [Irania colami parrebbe, chela candida fede divntal Cattalliero, affinata per tal ma-litia di un triflo potejfe offendere^ maculare. Supplico adunqueF.Sig-IllufiriJs. che confiderata laprudentia dd Marche fe mio Signor e,che lo opprouò ber buono , quella del Signor Marchefedel Fa fio,che lo confermò la fua isteffa, che per adietro parte del fxo efferato gli ha fidato,voglia rimuouerfi ogni dubio dell'animo, con quella chiarezza,& larga volontà, & ottima opt nione,che a tal Tnncipt fi conuiene,deliberi conforme agiH(iuiaI& a ragion, er lareflituifcd nell’honorato grado,&auUorità,che ifuoi feruittf ricercano. Che la natione Spagnuola,come hidinatìsfma allhonor de’Ca uallieri,nelo loderà,<&■ la Italia crederà,che V. Sig.la tenga in più eftimationc,che alcuna mila non fi crede, gr noi tutti lo haueremo a fingolar graùa. Et Lsfpfiro Signor Dio la conferiti a lungo. La Marcheja di Tefcara. LETTERE AllaRcuerend. fina madre Suora Sarafina Co ntarina ioreiU m Chvijtohonoranda, ‘*1') Euerenda Sorella , & in Cbriflo madre offcr-jy uandisfima. Se io non fapesfi, che Fofira Re-t,< reruiauiue ormata diurni quei Jcudi diurni , che von lafóano paffar troppo dentro le punte delle [dette humane , non baurei ardire di fcriuerle in fi grane, C«r acerbo cafium i ricordandomi delle fue pie,&dolci lettere, quando comitaua quello amantisfimo fratei lo adefidcrar diritrouarfi con lei alla vera patria celefìe. & della dimanda,die gli fc nell'efponer certi Salmi,ebedinotauabaucrlairnorte,pasfione, & re-furrettionediChrijlofiempreimprcJJanel cuore ; mi fono arrifchiata ad allegrarmi in fpirito, co lei di quel thè col fenfofomvtamcnte mi doglio, d\r<) che degli honorì mon dani era già fi carico,che venendolo a trouare,comtin lor propria fianctafiuipià prejìo, qua fi faticofo pefo gli ha depofti.che esfi mai in mun tempo l haueffero la feiatofi guai fi fintamente uti ttt derè SSZ. m^O X7I?/ 25$ ieròa ragionar di lei col [{tucr.di Ferrara. , ilcutbel giudicio fi dimojlra In ogni cofa,& panicolarrn- nte in nutrir là Mae. V. Fi mi godo di veder inq eilo Signo te le virtù ingrado tale,che paiono di queif antiche nel l'eccellenza, ma molto me ce a gli occhi no/ìri troppo houai aivialufati. Tfe ragiono afai col uerend.Vo lo, la cuiconuerfatione èséprein ciclo,*? Iòle per l'al trai vtilità riguarda,^? cura la terra,& fpeffì) col Rg-uerend. Bembo e tutto acce fidi ben lauorarein quelht tigna del Signore he in ogni gran pagamento , lenza tnormora ione de gli altri,fe ben tardi fu condotto, gli conuiene,& tutti gli miei ragionamenti m’ingegno che habbian principio, e fine da fi degna materia,per haue re vn poco di quella luce,che con la mente nell’ampie^ ^ade’ fuoi viaggi, rofha Mae.fi chiaramente di cerne &fi aitamene honorajaquale fi degni ìlluflrare ogni giorno più fiprctiofa Margherita, poi che fa jìben di-Jpendere,& impartirei tuoi f lendori, che te'auri^an do afe fa ricchi noi altri. Bacio la fua Reni mano , nella fua defideratifjìrnagrafia humilmente mi racco-tnando» DI V. S M. obligathfima ferita, • La Mar chef di Pcjcara. . . -ÀI Signor Marchefe del Vallo « T Lluflrisfìmn > eìr èccellentisfmo S gnor mm» JL Credo che Z, Signoria doppi) l'bautrmi jcritto vna L l 4 jua L t r T E \ t fra Tn^'Ti Tebraro nonrcr\ ‘effe pili innanzi la batfA ’glia.cbe fi a Cefi quella gloriala mano, che poco prima fiera affaticata in farmi gratin, ch'io uedesfi ca ratteri da lei formati, fi affaticò poco dopei i còfeguire co fi famofa vittoria , che ha ofeurata la luce di tutte t altre fatte di qua a gran tempo.Terò tanto ne rhigra* tionofìro fignor Dio, quamo èil piacere ch’io finto > che ncn fo dare maggior comparaùone;& allegromi » che de’più honorati caualieri del mondo hanno cai fn di tenere inuidia a uoffra fignoria,& che non folamett te effa men-re che uiue,ma poi che farà morta ancora^ & darà splendore,à chi da lei hauerà deprndentia. si che torno di nuovo a rallegrarmi con me fleffo deliba» ver fa to quelgiudiùo di l/. S. che effa coftbeneba co» probato con lopere.Baciole le mani,&la certifico,che non tiene più affi-ttionato feruitor di me. bto/iro Sig* Dio guardi,&profperifuaecci llentisfimaperfona. InMadril.^i i^.diMargo. 1525. BaldaffarCaftiglionc, Alla Signora Marchefa di Pelcara, "T lluflritfima Signora mia. Hauetldo cofi ragione JL‘ol caufa di fare qualche tefìimonio del piacere r cu’iofento per li profperi, & glorio fi fuccesfi della lllujlrisfim Signorfuo conjorte,fono fiato in opinion d’ufat del Lisnj) xim. 1G.9 èTi> far'altro termine che lo fcriucre, partitomi .he qui fìa pa cof'a troppo comm ine,che ftufa ancor in moliti-minor allegrezza, maljimc non fapendo io far di modo, che habbia in fe alcuna frngolarità fuor delle altre li 'Iti altri pegni ancor come far fuochi, fefie,fuO'iit cavialtre tali dìmo(lraùoni, per ragioneaoliri-fpt ■ ì mi fonparu'to affai minori che fi concetto delfa tiìr omiOyperb fonami pur tornato allo [criuere confidatomi clicuofira fignoria debba uedere quello ch’io ho nell'animo, ancor che le parole nonio estimano* thè fe vanendo v.fig.hauuto de fiderio 1 he quaLlfun» ferineffe il Cortegiano, fenga ch'ella me lo die effe, ne pur àccennaffe, l’animo mio come presago,&propor-ìionato in qualche parte a ferì irla, coft come effa a co 'mandarmiilointefe, & conobbe, & f< obedientifsimo il queflo duo faci'o comandamelo,non fi può fe non pen fare chef animo fuo medcfitn-imen’e debba intendere quello, ch'io penfo, & non diio,& tento piu chiaramente,quanto che quei fublimi (piri i dell'ingegno [ue> 'diuino, penetrarono piu che alcun altro intendimen » humano alla condi ione (fogni cofa, ancona gli altri incognita, però della fodisfattione ch'io fènto dehon-tento [uo,& della fama fa gloria del ftgnor fuo con[cf tefilqual trionfa di doc tanto eccellenti uittorie ,& della ferutiù mia verfo lei,le fupplico a dimandar a fe fìeffat&a e fleffa crederlo ; perche fono certo, thè à fe fleffa non rnen-irà di quello,che non folamfntcef fa, ma tu to il mondo nede uafparere nell'animo mio, come in cbriflallo punfumo » Cefi re fio baciandole le mani, L E T T E rnant, & raccomandandomele humilmente in buoflt grana. In Madril. ^tXXXl. di Mary. M D XXV. AlIaSig. Contefladella Somomaglia. Tnmx obligaua la virtù, &gcntile%ga di Voti» 1 Sig. a tt ner continua memoria di lei)& defide- riodifornirla, malacortefia amorenole , ch’ella vra verlo dime nella fua di 28. d’Mprile,milega tan'o piu puanto io mi lento manco meritaila , p. rcbein vero U fortuna m qflo,come in molte altr co'c mi è fiata affai dunerfa,non mi offerendo mai occaftone di feruirla,i he fe in mia confchn>ia mi conoiceffi meritare tanta beni-uoleny,quanta ella mi offerì fi: e, pareriami hauer minor carico (opra le sfalli. T^r’io oncontento di quefia mia obligatione,confidandomi che s‘io non potrò pagare tanto debito, V. S. mi rimerera quella parte, di che lamia poucrtà mi [cu‘a. il libro mio di fiderò io piu che V. S.ln veiga,ch'effa dì vederlo ,& fe fu^i fiato infìn qui in Italia,di già l'haurebbe veduto, ma Ulongo viag gin m'ha difiurbato da quella,e da molte altre co e. .Af pettelo d 1 alia da ceni miei amici,che l'hano nelle ma ni,&battutolo procurerò che fe ne facciano tantiebe V. S. toffa fatisfarfien a me ar m d a gratta po- ter par lare con lei,fiandole ancor tar.t lontano . come bor mitrouo}con Fferany di parlarle piu vicino. Del* Baldaffar CafligUone, T>tVLIB\0 Xlllt. 17» ìoa io mi hanno sforai io a farlo irafiriutre tale, qi aledalla breoiràdeltem-po mi è flato conceffo, & mandarlo a Venetia, perche fi fiampi,& co fi é fatto. Ma le V. $. pen afe, che que-fìoha efjt battuto for^a d'intepidire puntoti defiderio, che io tengo dìferuirla, errerebbe digtidicio , co fa che forfè in fu a rifa mai piu non ha fatto, arufi reftoleioco maggior obligCjpr rche la neuffi à del farlo tofto impri mere,mi ha Iettato fa’tica di aggiùgerui moltecofe, che i:1 haueuagia ordinate nell’animo, lequalinonpoteua-vo effere,fe no» di poco momento,come le altre, & coft farà dimin ito fatica al lettore,^ all'autore biafimo, fi che ne a V. Sig. ne a me accade fipentire, ne emendare,» a a me tocca baciarle le mani,& in fu a gratta ferii pre raccomandarmi. Di Burgos, ./Zzi. Settembre. i 5*7. Baldaffar CafUglionc* AI Sig. M.Mai c'Antonio Michicle. "TX yT Olio Magnifico , & offeruando fignort. In J_V jL tante cole uofìra fignoria mi mofìra l'amoret che mi porta,ela curajhe tienefmpre di farper me > che DTL LIBICO Xtlll. ij; tn?>chedi neceljìrà mi coflringe ad efferlc perpetuameli te obligato. Certo con dìTjnacer fommo bo intefo l ini V'fi’à vj'ata cantra di me, per quel non Jo chi ribaldo Ulfario,che V. S. ferine, farft mio conofcente,& fami ibarc, & anco Napolitano, che faria impoffibile. De effervfcito da qualche vìi Vrofcuca , òdi Calabria 0 di loco più grido, &perimbellirfi fi fa di Tfapoli, e *flo ami co ^be p offa giurar non pecco per memo- ri*) in mia vita mai non hauer intefo tal nome, non cbe conofer fi cartina beflia , & fané quefto l'argu-totnto, che tenendo tali colìumi,& efjendofi dijcouer-*o tanta ribalderìa non potrebbe con me hauer hauuto iKai corner fattone , & qualunque la gli modi, &la ^ttamia , omibafolvijìovuauolta, non patria per niente credere, che di fifatù animali io potejji dilettarci- ^Allego in que/ìo voftraftgnoriaiHefla , & Cui do mio compare , dalquale non hebbì mai lettera fo-fra tal materia, ne fapea nuoua di loro gran tempo è, & ne ringratio quella me ne habbia donato auifo. Ma Me/fer Dietro Summonùo pochi giorni fono, era fato lenito di quanto voflra fgnoria gli fcriueua , <#* credo le rijpofe quello, ch'io giimpoft. Mora quei tuo tifi fono feouerti in pioggia, ht ho veduto, come ha ben trattato il nome mio. Mi rincrefehauere a com-battprpcol vento , Dioglicloperdoni,chem‘ha fatto paf are per latrila quei penferi , cheperauentura non cip affarono mai. Io non mi ricordo infino a que-ftaetà , batter ditf taciuto mai a perfona , ne grandine picciola i & priego Dio mi teglia quefia volon- him tà. '^LETTERE. tà,nondiròpiù.Ben dico chelaingi :ria,m’è fiata fatta in qiulla terra, donde io meno l affettala . tfp‘ flato vulnus abbsfìe tuli. Che afro eque fio, ehi un libello fimofo f* in ogni Terra, & muffirne nelle pnblicbe, tal delitto fipunifcc. Se lo ha fatto per darmi honore, io non ne lo ho pregato, nèdeuea effo (p°\ che mi era tanto famigliare) farlo ftrrga farmelo pt'1 ma fapcre.Se per farmidifpetto lo ha fatto, potrebbe ben’efìer, eh-qualche dì cade fé jopra la tcfla fua. Sf fi feufa farlo per uiueretuada a •pappare,aguardar por ci, come forfè èpiu puf arte, che impactiarfùn lofa» che non mende. Se fi è guidato con quella gr< ffìcrt affilia,mandar fuori gli falli,perche in faciìa egri re gli altri, re fa ingannato. Lecofe mie non meritano ujcire f iori, & queflo non bifogna, che ah i mel dicM che Dio grada il canopo io flefio. Gli riardo f a fa' pio,che tante fpronatè mi patria dare,che mi faria eft; dere il braccio tnfìn là. Meliut non tangere cla^o. Se pur'é vero,che effo mi concfca, fon certo che nonllti conofee fi vile , ch'io habbia a comportare quelle corna. Se è prete,dica la me fa, & rne la; ci Ilare fen^a fonia,che non la veglio per tal mano. Benho Signori} & amici in Venetia,ach\ potrei ben ficurarheute,com' metterla,& fo che per loro humanità, pigliariano ogfo affanno per me. Ma non f no a quello ancora, Rtflarni fuppìicare V. Signoria fe fi può prouedere , thè io noli habbia più di quelle percoffe, che certo non le merito » $ maffìme che mi peno date fotta tal clipeo ai quell* ittxjlriflima Signoria, dallaqualeper l’ape. tiene, chi /f«J- ' LE-L LIBICO XUJL 274 fempre le ho portata,<&■ porto, Jfletto honore,ritti', atto ne &graridezza,& non abbattimento del nome mio. Htctornandomi alla Signoria vojìra, al Signor Mtjjer Andrea Ts{anagiero,a Guido, et a qualunque altro mo firn arnatrni. DiJiapoli. Giacopo Sannazaro. A M. Marc'Antonio Michiele. /T Olio Magnifico,# benorando [ignoro il ftgn. JLV I Secretano M. Girolamo Diodo, con la fu a of fiùefifjìma Immanità è venuto a cafa mia;# di [ita ma n° tni ha pn-femaia lagratifjìma Intera di Vof sìg. cól belìo,#{ingoiarevajo di Toìcollana, chetila mi man da, A'fi/j potrei esprimere la confolatione che io ho pre fa 'ut uè do di me ftrbarfì tanta memoria nel petto di tal per fona. Rjngratio Dio chc'lpricgo d’Mufmio in me fi adempia, sim cartusamicis. Et benché queflo foloba-fìafie a tenermi contento tip. efentedaje è tale,che me ritaua miglior cafa,ihc mia, il che quanto piu conofco, tanto in maggior obligatione mi truouo. T^cn ajconde-ràil difetto mio bauuto infino dalla pueritia, fé pur difetto / può chiamala tempi nofri quello che ad „4m-gufio fu dato a nota, dilettarmi di f miti fapelìeitili. 1>are,ihe S. fa (lata indouina deh.'animo mio. Ben che in parte l'hopur rafiedato col freddo della età, che t/è oro nè argento mi fi, mai / caro, quanto quelle dd-licatez^c, # per venirmi da V. Sig. nqn lo cambierai < ■. “ Mtn z c.n L E T T 1 T^E ton lo fmeraldo di Genoua , & /ara ferbato appnfi ili me, come vnafinijfuna gioia in memoria del mio A' Wifrofìlfìmo & vinuofo Al. Marc' Antonio.' Sono ft*' tovn poco tardo a risponde le, nonpernegligentia^ ramente t ma per la indifpofitione dei tormeiitatiffw111 flumjco,cofa che a Pena mi Uffa rejpirare. Di Ione ctt mi fa effere inimico di carta di penna, & di libri, e p>lf ci ualejfe. Quella è la prima volta , che ho potuto fai quella tumulti iria riffo/la, alla quale vo/ira Signori* dara venia,per f ametteruidinan'zfd gliocchi quelle cole , che voiinnanT^a queflauoRra Jciagura co fi chiaramente hauerefle vedute, come effe bora vi tono dal velo del uoflro dolore contefe. Grandifima vcramentera la perdita , come dite voi t dì cofi nobilpatria , & io v'aggiugno di quella pct'ria, nellaq naie tanti anni,&tanti fecolila voflra famiglia con fuohonore , e con vtilità di lei è Rata llluRreCit ladina. Grandiffìma èia perdita de gl1 amici » i qua ■ li al preferite fptrauano di dare a noi il premio delle rg Rre virtù , & afeacquilìarhonore della uoflra amici tia ; Et jb ben'io , che ogni fubira mutatione delle co fe > fuole con una gran perturbatone , & qua fi con vna tempeda dell’animo auenire. Ma di tutto ciò , che fin bora ri pare d'hauer perduto iti eliimo , che via maggior danno fiere per hauere , fe anche voi fleffo vi perdete , che mi pare , che la mutatione della fortuna non debba pu nto mutare l'animo voRro collante, ce pruderne, colquale, non folamente voi, & la voRra famiglia, ma anche molti de i vodfi umici (viete reggere, & con figliar e. Non vogliate adunque tanto ricordami là prefl nte calamità, che vi /cor diate uoi fleffo. Et vedrete quello , cbeiouidicejfeef-fer vero , che fe voi vi dolete per defiderio del paffa- DEI L1E\0 in: 275 tO bene, vedrete che niente, opaco di bene fin qui hit-ueteperduto, vedrete , che niente dì nuouo,& in ‘fi'et lo è a noi (mentito, & (he la fortuna incontro a noi no hapun'oilfuo cofìume ,& la fua natura mutata. El la è femprcinfìabile, incollante , & cieca, an^i più to/to douerno dire. Che anche in quella voflra jcia-gura , ella habbia ubata la fina propria, & naturai co Hantia, che è d efferfi mpre incollante, & di non (ìa-Te mai in un mede fimo fiato . Ella era tale ,& non altramente ella era,quando ella ai daua Sfera^a di qual i gran bene, & m ofiraua di volermi ejfaltare. Et %ellauiha cofia mezo'lcor'oabbandonato , dittemi Vn poco, chi è quello co fi felice, che fic/iro fta,che ella Un dì non fia per abbandonarlo f1 dolete noi vedere, che niente del uofiro haueteperduto, confiderate, che fe noftrefofi, ro fiate quelle cofe, delle quali vi dole-*e > in ninna gitila perderle non baucrefìe potuto . bPE-fate voi > che fia da effire molto caro iflimato quel beve jilquale fempre su l’ale per dipartirli, & fuggirfc ncfi fiia?ilquaiea noi colfuo fuggire (iaper arrecar ^va infinita noia ? aneti iti dico io .fi la felicitàprefen fe ritenere non po/Jiano, &{e ella da noi partendo fi , infelici ci debba la dare, che cofa fi può dire, che ella fit quando a noi ne u\ene,fe non una ct rùsfima arra fidouerne fare infelici ?pcrcioche colui è. veramente in feline, che a qualche tempo è fiato felice y & vera-' mente intende , che cofa fia il male, colui thè ha prò* nato il bene. Et però con figlio è il fare con la patte n-%aleggieri quelle cofe , che dalla forya cc$fretti Mm 4 >.»- x e r r £ zt e noftromalgrado conuen'mn patire. Ut che coOi èaU irò itjjer ìmpaitn.edi ciò, che mutarlo altramente effernon può di quello,che flato è, fenon esacerbare, j & accref ereil fuoproprio dolore ? Ma feio v'addi~ manderò,[cuoicredete,cbe'lmoTido fiadaun jupre* mo intelletto con ragione gouernato , non direteroi che fe non ui confermerete appreffo, che, da ejueflo in telletto fieno, & legrandi\,‘n & piede le co fe ordinate , & rette t & che ninna cofa non fi fa qua giù , che da lui colà sù non fia uoluta , & permeffa ? non credete appreffo, che non effendo dal finito allo infinito , pro-portione alcuna, la uifia de* mortali, che è piccola, de~ iole, inferma , non può nel prof nido, ^ inuiftbile diuinofplendore ferma'fi, o feorgere cofa, che fianel fuo fecreto^ certo fi lo crederete. Credete noi , che da quefta mente del mondo vna bontà infinita , pnffa mai altrOyche cofa buona auenire ì Mi direte, che rò, ma pur non fo che vi dorrete, dicendo cbe’l uotlro e fillio a uoinon pare , che buono fìa. Ma leu attui d’attorno quellapaffione, &fanamentegiudicandoiluerofcor gete,&feuoi uedete , che tutto quel ehe fi fa al mondo fi faccia col gouernod'un fola , ilq ale con cau/e a noi incognite fempre fa bene , & mai non fa male , uo-gliate anche credere , che quefto uoflto (fìllio fiada que fio infallibile con figlio per bene auenuto. Chi fa, che per quella uia , o piu che mai grato non fiate per ritornare agouemar con gli altri la uofira nobil patria &a godere iuofiri caii amici , o qualche altro bene (tuoi , <&■ alla uofira famiglia non fi apparecchi * 0 quanti DEE L I B ti 0. XIIIL 177 0 quanti hauemo noi veduti per mcxi noto fi,& dolo* tofiefferafommafdìcità.egloriaperuenuti , edopà fmilieffilij, cfscrc con fuafomma lande flati, rcflituiti' nella patriad^pn fapete uoi quello eh’a Camillo, Lei'* ' tulo.Cicerone,a Tcmiflotle,àd JLrijìidt Melciade , Ci* mone, & tanti altri Greci, & Romani, ampU/Jìmi cit' ladini auuennetnonbauete veduto nella voHra cz'fi molti, & molti, a i quali l'effilìo di queHa città è flato quaft un'adito da. potere al mondo dìmoflrare il toro valore,&hanno mentre uiferoflodeuoli, & egregie opere operato , & morendo fthamo un immortai gloria partoritaìtra quefli fu il Mctgn. & ÌHuflrifs.Cat" io Zeno, & a noflri dì il Serenifs. Gnmani fu da l'eflilioriuocato,& alla [uprema dignità di quella Re* pub. condotto. Ma che vi debbo io più din? :e non che quefla vita è come un fogno, nelqual l'anima dorme mentr’ella è accettata dalle tenebre di quefla carne » non altramente, che fi faccia il corpo la notte da grane formo opprejfo. Et èdacrcdere , che non ftamo da Dio creati p fermarci qui. per do eh e rari ono coloro,* ejmli molto più d'amaro, che di d< lce non tentano in tutto'l corfò della una loro fi compii dottiljimo noflro Trisftno ci dimoflraich'è necefario in ogni modo nel-tentrata di quefla ulta più d'amaro che di dolce pcollare.Et la forte di felicita de'mortali è tale, che tempre l'huomo è in nuoui penfieri,& fillecitudini, <&• la buona ventura, ouero non ne uien mai dato a pie-. tio,ouero poco ci dura. Quello abonda di ricchezze , mad’ejjcr ignobile fi uergogna, Quefl'altro nobile » &pQ- i n t t t &pouero vorrìa la \ua nobiltà con la ricche1^1 P??' piUtavr. Q^dl al ro ricco,sr nobile , perche non ha fi* glicoli fi lamenta. Et chi ha figlinoli fe ^li ha trifii , •vorrebbe efltrnepriuo,'egli ha buoni teme mai Jem* predi perdergli. F t chi ha quello, & queir altro , l'ar, poi del corpo v dell'intelletto ìfermo. Ondeauiene che non t'alcuno,checonia conditione del fuoproprii flato s'atcordij& non è da credere,che Dio cihabbic fatti per hauer molto male, & poco bene, fi come ir quella brieue,& trilla vita babbiamo,perciò è da fermare le noflre fyerange ahroue,& aupnga, che puri da flimare, che buono fu tutto quello che accade. ll-chefe a noi forfè par male,giudichiamo, che non cofi fìa,ma cofi a noi falbamente appaia,perche non posfia moperla noHra infirmità feorgere le cagioni delle co-fe.Confiderate compare che colui folamente è mifero , che fi reputa efier mifero, fi come colui veramente è ricco,che di poco fi contenta,& la felicità, & la bona fortunanon confifle nei magfiflrati , & nelle rie-thegj^, ma fi nell’equalità del deftderio. Onde a me pare che ciaCcuno poffa da fe la (uà fortuna buona fot niarfi.nè temere,che auuerfo cafo ò tirano accideme no ter glipoffa. dolere rotvidere, che lavera felicità detl’huomo no può in qHa vita acquifiarfit Ditemi vn p 0 o,chi c f ira a q efia felicitàfò che nò 'a , creila fia pcrmutarfije non fà.comepuo effer felice, colui, che Jia gnoram ef' $V sà, che le rote della fortuna fono in-(labili,forga ò che tema di perdere il bene, che poi fede fapendo ceno di douerlo,quandoché fia, perdere. DEL LIBRO XltìL & a che modo può efier felice chi in conùrtua paura fi titroua ^ dirmi potre/le, che chi non fa moka (lima di e] nello, che tiene ,nondè temer di perderlo. Vi rifpÓ do,che non può efjer fatto felice colui da cjl bene, che poco (lima. Et che ogni felicità di quefla nìta, perdere ci fi contenga , non fa bifogno altro dire,(e non che i colpi ineuitabili della morte, tutti ad un modo ci fi ni fcono , & ogni cofa difperdono ,ft come lafubita,& a tutta la città lagrìrnabile, et a noi dolorofijjìma morte dì M. Leonardo Lauredano no(lro, fi amaramere co tue chiaramente ce lo ha dimagrato. Quelle cofe, che Lo ad altro tempo ho da voi vdve,&apparràte,mi so moffo bora a dirleui, non per infcgnarieui,ma ver far leni conofcere fi come uoftre, e che noi furie all'acerbo dolore abbagliato ,yeder non potete. Non fiete voi queU'iflefo , che al uof.ro da n n dipartire mi dicerìe , che l'cffer foggetto a quefli Illufifisfinii Signori era una grandini ma , <£r ficitriffima libertà ?che cranale per e fìequir le loro ddibera:ioni, ancora che piu afprc vi f afferò parure ? & che non meno che la giuflitia, è da laudare la loro clementia ? delinquale fp:.rauate tanto quanto era rinefiimabile uofl o defi-derio, digiunar con la fatica, conia ulta notte a, & de’ro fri figliuoli a quefla, Eccellemisfima Repn-blìca. Sperate adunque , & uiuete, che io fero che perche uoi flètè Intorno da non effer perduto , & perche quefli illuflriffìmi fignori fono pftdcnùsfim} fiate per rihauct tutto il perduto , & d'au ingp affai. Se punto di giouamento vi hattranno le m:é ' pa~ I n T T E parole donato, mi faràgra'hfimo, ch'io hahbia alme no ma rolla fatto Lcn>ficifì a cui, molto, et debbo , & dtfidiro fe elh'non ribauranno fiottato, non mi farà Fato moleflo l'baut re quefla pel^a con voi ragia va o. Mi raccomando a voi,& alla magmficamia Q9 mare jjalutando la brigata. Di renetia. tiare ^Antonio da Mula* AM.lodouico Canigiani. T) £ R levogire lettere ho vedutola giuflifica-X tione , che uì sforiate fare dill'anioni vojirc verfo di me, & delle coje mie, & infime vna non ce lata , ma aperta querella cantra di me, più oltre forfè thè non ft conutene a modeftogcntilbuome, di che voi fate tanto profesfione, & fopra tutto molto contra il vero, ilquale da ogn’huomo da bene deue ejfere (opra faine cofe appresalo, ktperò m’ingegnerò per la veri àprima render conto di me,& poi raggionerà di noi, non fa , ch’io Siimi ■ che mi fìa neceffario vfar qu e Ri termini, e fendo l’uno, & l altro di noi ben cer io della fua confiii ntia, ma accioihe occonfdo,fi pof-Ja da ogn'vno coni fiere il d-ìtto, ei torto.Ty e voglio, che in qucflo mi gioiti a'ittorità, òritpetio alcuno,mA tb? la ragion Cola, tfr f afferò faccia parangon del v( ro.Sapete, ch'efjendo voi già tre anni pa fiati in I\o*-ma, l'enea appoggio,finora ricapito finga modo di V. uer)ÌQuiraccolfi incafamia>& non[olo feci que- DEL LI B1{0 XIII. 179 flOfmaper l'opinione, ch'io baueuu, tV;e roi a//u$leil bcne.cr t'bon r mio vi poli in mono t tu le fhcul-tà,& tutto lo ìtala mio confidandomi, che come io li-mente mi riponeua in voi, co fi voi douene a > andare conte buone op’ re voltre la mia confidi mia . cr per queflo vi hon<>rai,&‘procurai, che da tutii gli altri molto maggiormente f ijie bonorato. <\e quello mi ballò fare, cbe m ingegnai con beni fiaj fatimi, far cbiaro,cbe al buono ammo mio cornjpondono 1 buoni effetti. La coja non vi ricordo già per rimprouerar-laui, ma perche m i sforiate con la quetela voflra ri-paffare lutto tjueio , di è occor 0 tra noi. Et in quejia opinione continuai infin tanto , che mi conjtringt jle co’ modi voìhi a partirmene, cheje voi non mi baue-fie chiarito delierrar mio, io frei (lato jempre in quel penfterodi honorarui,y bentficiarui. Se adunque mi battete dato occultane di penfare altrimenti, incolpate voi,cbe ne ftc.e /lato cagione,non me,cl/cra obligato a riconofcere me fteffo , & lo flato mio. Scio ribub-bia hauuto ragione,ò nò, nò voglioper bora errare in molti particolari, liquali forfè [copi irei bona il proceder voUro,eir la mia troppa facilità nel credenti, ma queflo baffi che iejfetto del vostro procedere mi è fiato dannoftfjimo, ritrouandom i alle vostre mani creato vn debitograndijffmo, & impegnate tutte le mie en trate,& certo volendo voi viuerc da jignoie, & far tduole damagnifìcha, & dar graffe proui foni a voi, & a tutti ivoff ri parenti,/eru/torhèy veliirc, cr donare}&fareilgrdnde, non fi polena far jensta int- pe- LETTERE fcgnarm’il'entrate ,& & [affarmi vn debito grande addojjO.Di che certamcte vi Lo per ifcufajofyerche ha tu ie y ìima apeiar al a mmodo rofiro.ihe al mio, & toicheiohauea ripofla rgnicofa inman vetìra, era peni: bone fio ■ iheroi vfafle per rofhe le cofe mie. Quefto u'eicti'a deil'bauer yoi Lanuti i mici danari in tnano, & nondimeno prepone jcmprcfcpra dime ad int xefpe dell'batter errato ne' conti a mio danno, et no (irò Lentpcio,& molte altre cofe, ch’io veglio piu to-fìo taceri,ibericordarleui. Cedutomi per tanto, ancorché turdìjCudutoinprandlflimo difordinc, no credo chabbiateper male, Jemi fieie quch'ajpettionatoperni ’ tore, che dite ch'io non babbiavoluto perjeucrarti. Quejlopcr non federe alle particolarità,credo,thè ba hi a far cono-cere, perche io non Labbia continuato in quella opinione di prima ucrfo di noi: Che dipoi no hab bia uoh' ■ ofai vederci uoflrhoti, mi marauigiio a (sai et. 'rcdu.ic cefi, pctchenon mi battete lajciato Ji leg gkr puntura , che io non mi fia uoluto riuolgeic a vederla. M'mtrefcebene haucrli troppo veduti, perche v’ho cci ofciuto dentro vnefìremo mio danno,por 'Jefen%jt alcuna mia colpa. £t s’io non v’ho chiamato fin 'bora a ddurli, non douete voi di qtteda mia corte fu doiau'..Corti fui la chiamo, poiché tanto indugio a ricomandarui ti mio.Ma pappiate però , ch'io Ihofat-fo per fahiar prima con gli M Itouiti ,lic[uali hanno i lor conti complicati co’uofri, & acciotbe per gli uni pi rgit altri fi t onojca maglio,come le coje Starinoci (me jicno pafide.- Mi ricordale, ch’io paghi quelli, ■D'EL.LIBJ{0 Xllll. tSo Ù,chefono creditori ne'rnkilibri, cioèin quelli, ihc uoi bauttelcritii>& va baite e lajciati. Q^cHo ricordo è bone (lo, & amoreuole, & però baurei caro, per meritaruencome hofatt’io, tutto’} giorno a quei fon ardati fi ni'hma patietia. lini io uoler ucdae, & còfiderare trof po minatamente la bi licai di qu lpaejC,an^i di cut» te i mondo,mi ha condono a quefio, Vi Roma, ^Aurelio Vergerlo. ’ AM. Pietro Aretino. T N fatti,diffe il Fiorentino non ho pago di ri {fonder J per le rime a la iwflra diuinìsfma, & sjogaùsfmi lettera,con laquale mi battete rapprefentata una tripli cita di eflrt ma bellezza,del candidisfimo fpirito del fi-gnor Daniel Barbaro, del mirabile pennello deh'attico Signor Titianoytinto non in laca,azj rri,&- uerderame ma intleùsfimo liquore di mifiura d’ambra,mu co & %ibetto,&- dell'aurea uoslra penna immortale, & donatrice dilunga ulta a chi uoi portate affettiune. Io ui fingratio adunque alla Lombarda puramente, & feri-faille ebetto delle cerimonie,hor mai fallite in Corte, & ui priego uogliate efferui medico, & cnnjeruarui , hor che l'età fette ua alla uolt a di Santa Scuera , non molto lontana da Ciuirà Pecchia,come faccio io uiuen-do con le bilance di Tapa Taolo, con l'^tftrolabio del Gauric(>,& colgroffb di Salamoiarne Bartolomeo Sd licetoportaua intorno alle mutande:perche a dire il ue 99 io Morrei pur campare, per poter fcriuerc di veduti que- DEL LIBRO XHUl 38^ ^Ueflo moflro, ilquale fi.ì nel corpo di quefla lenta oacs geauida d'otto meft.Son tutto uftro,ma perche il pitto re non feppe cattare a miogufio l’effìgie noflra delia me daglia,che mi doneHe^defidcrerei d'ha^erne uno chàx, "%p de' colori, fe ben de’paftelli, & piccolo di me-go fogliose non,in tela da un q.iah he terguolo del ftgnor Ti tìano , acciaile al [acro Mufeo fi uegga la propria < ffi-gie,& non trans formata in un peregrino Rem o. E: di grafia tenetemi in gratqsjima delfignor compar TUici-tio. Bene ualttt. Dì Roma. *dXVI. di Mar^o. t/urelio Vergimi Il fine del Quarto decimo libro è K* 3 DELLÈ delle lettere DI X III. A V T T u R I ILLV STRI. CON ALTRE LETTERB nuouimente aggiunte. L l B II 0 I 0 D E C I M 0. NEL QVALE SONO TVTTE LETTERE nuoue, & non piu Rampate. ^ I C {is SI M 1 , ET BVO'KH amici noflri,gl'officiali della Balia,eConferuato-ndettaHcpublicadi Siena. Enrico Re di Francia. MICI Carìsfimi. Hauendo intefio dal Signor di LanfjCigentil’huomo di camera nofirutalfino ritorno ver fio di noi }cb e voi de fiderà nate di ha ucref capo delle gèli di guerra,che volete riuner nella voftra Città, il Capitano G rolamo da Tifa , ancora che noi hauesfi-nio deliberato di fornirci di lai, & adoperarlo alerone in cofa di grande importantia,come perfotiaggio molto degno,nientedimeno, defidcrando di gratificami in o-gni cofa,ci fia ri diati di fatisfarui in rjueflo, e hoThora ve lo mattiamo,con[peranga,che voi lo tratterete con f Oil rifptttofè con qatlU tonfideradone, demerita . T' jiq ' ■DEI LÌBICO xr: 28? ^0 le fue vìrtuofc qualità , & le raccomandationi cbt Ulfipoffono agaiugntre d'una affetti'ó grande che gli habbiamo,^ l’opinione nella quale lo teniamo : Il che ticeucremo a piacere fingelarijjimo.Tregando Diotam ù carisfmiydi tenerui nella fuafanta, ^ degna guafr dia. Scritto a Beins. jll']. d’Ottobre. mdlii, AlChriitianisfimo Enrico II. Redi Francia. O Ire Chriflianisfmo.Quefla ritma rolta, ch’io fo no Jlat0 da rofìra Maefìà , quando le parlai prima nella fu a pie dola galleria di lontanableo j prefi dalle fue parole f rmisfma fperan%a di hauer’a con __ fumare tuttoilrchante della vita mia nei Juoi feruì-tij, vedendo non pur l'infinita J ua bontà ve) fo dime t ma anco la mala fodisfattione, ch’ella moflrù hauere d'alcuniluoi ntiniflri , iquali in luogo di procurarmi ricomperi fa di molti fegnalati feruitij, che in fi breue tempo ho fatti a vo/lra Maeflh , baueuano cercato ogni via di attribuirfi quella parte dell’honore, che di ragione è miay&ofeurare quelle buone opere, per il mcTrp delle quali, & con l'aiuto di Dio l'imprefe <£!• talia,lequaie fono fiate guidate, & effe quii e da me * habbiano hauuto fi felice fucccffo per benore, & gran deg^a della Maellà Vofìra . Si conte ella fiefia difje ante haucr conofciuto benisfimo ; con firmandomi che con gli effetti farebbe conofcerc al mondala (li-tottcbeellabafemprefaitay&faceuadime, & che ’ì^n 3 »«« LE T T EK É Iton mi farebbe mai fiata ingrata, an%i che mi ricoriÓ feeria di forte^ch'io batterei buona, & giufia occafto-ne di contentarmi dalla parte mla.Lecjuai parole, fono rrtejje,che uoflra Maeiìdmibapià uolte dette , & fatte dire\& ancora fcritte per le fa e lettere,cbe io [et bo appreso di me. Ver laqud cofa ode do io da fi grande , & magnanimo , ch’ogni cofa promeffami, & fatto ch’io babbia promeffo ad altri in nome fuo, acciò che non fi potèfjero dolere di meicome fanno , farebbe interamente offeruata,m’acqitetaijubito , & pofefne al parlar mio.ancor ch'io di già l’bauea dimandato li-ccnàa, pregata che mifofje lecito per l’età, & indi-fpofition mia ripnfarmi con l'uà buona gratin,Contert tandomi ch’ella [t degnajfe pigliare in dono tutte le mie falche, & pericoli per lei fo/lenuti. Maraccefot & infiammato dalle dette parole bombirne& pro-mrjfe della Mae (là uoflra, mi propoft di nuouo di non lafciare an< he per l’auenire cofa alcuna intentata per fio feruitio, come per adietro ha fempre fatto amia vótere, Fttitroudtn di tua commif ione Monfi-gnor comefìabile a Scarnigli, per darli conto delle co/e d’l'alia,dellfiquali(s’iogli disfi U Uero , fi come fempre bo fat^y» dna offrano gli effe iti, io fui fi cortefe-mente accollo,& bonorato da fua Eccellentia, che mi confermai rnoltopiu nell'animo, Verilche ritornato Jeco a Fonianablrò , & tra tandoft lì della ffedition mia,con quella piu modeflia, ch’io feppi mi lafciai in tendere da uòftra Maeflà, & le feci conofccre per le giujìe repliche fatte anche alla Maeflà della Regina, t>Ét Lì BÌ\Ò W. 384 Ha* & al Signor f onicflabile ■, comi' non haxeua caU* Ja direnar lodisfatto fola per quelli 45 00 D. in circa , che mi fece dare a conto di quello ch'era creditoret quali non fon baftanti a pagare il debito, c’baueuafat to nel tempo , che non mi \ono mai f ate datele mie pa ghe, & altre fpeje, ebeper fuoi feruitij bu fatte come fono fate nife per li conti ^ che ho da'o cofà,preuedl> do io d'effer creditore dì magior soma,due alia Terra preme fami da Monfi. di Lanfacinfto nome , quando venni a fteut, in quel tempo , che cond iSfaiferut tq fi oi il Signor Comedi Tirigli ano, & che feguitò la liberatton di Siena . & che pur poco auanti s'trano buttatii forti alla Mirandola doue ci feci più che la parte mia, come ognuno fa. utile quai repliche, non mi fu rifpofto mai altro da tutti yfenon ch’io diceria il "vero, <& ch’io haueua ragione , ma che voftra M .e-f a uiprouederebbe, Et vedendo io talprouifione andare in lungo, forf per la qualit cì de'tempì, er perle Jue moL e oc cupationi, & facendomi lei follecitare di ritornarmene in Talia , per leruirf dell’opera mia in quelle parti, anchor che mal volentieri me ne ritorna uv tenga qualche f gno di rirnunerationè, piu per l’ho note > che per l'utile,pur diedi qitelmemoriak alla Rgt gina, laqnale lo mandò per Monftgnor d’Orfè preièrt te C ot, figlio a voftra Maeflà , doue , mi fu accettato f.n%a alcuna replica . Ver l’effecution delqua* le iafeiai li di fuo ordine il Capitano Giacopoda Tifiti & de uro hormai della mia efreditione ,no ad altro pè fondo} che diferuire con quanto poffo, & vaglìoAt Ttji 4 fri ile, Lettere tubile, & bonor dì vojìra Maefìà , [(guitti dltegrà* niente il mio viaggio,quando fra Bles,&Molis, mi oc-torfe la caduta di quel cauallo,per laqual fui sforma* to a trattenermi, & farmi medicare tra uia, itone io tredeua certisfimo per tale impedimento, che effen-do l’cfpedition conforme alla promefla,il detto Capita no midoueffe aggingnere. Mainfuo luogo io beh-hi lettcre,nelkquali mifcriueua, cbeinfino a quell’ho-* ranon folamenle non s'era tf equità quello che] piti importaua cerca l'entrata promefami,mane anco ha ttcuabauute quelle due lettere,t'una del Tefauriero di Lione per la offeruantia della patente fattami gid due anni di potermi valere ad ogni mia ricbiefld de gli 8 5 o«. ducati mieproprij dinari ; fenya laqual pa~ tente,io non glibaureipofìi in quel luogo, che adejfa per non ejfermi fiata offeritala, con tanto mio interef feglibo cauati.Et l’altra,che le mie prouifioni ordina» rie,ftabilitemidaPofiraMaefìà, mifofiero pagate infteme con quello eberefìo da baite re del mio fata» rio in Tarma)dou’è la mia carica mefeper mefe, fi convella mi dìjfe non voler tolerarpiti,che mifojfe fatto far fomma delle mie paghe di due altri anni, com’è flatodaipaffati,&ch’io non farci aniuato a Lione t che dette lettere mi ferìano fiate mandate appreffo * Et certamente effendo cofe,come fono tanto bonefie t giitlìe,&facili da fpedire, comcncnl’bebbia Lione, douc più giorni mi tardai, ammalato, mi fincominciò a trauagliare il cernello, fi come nauifai di la fubito il[\euer.Temone, cr maggiormenteadeffo mi fitta» u agli a, DÈtttBBJ) xrt 485 Vàglia i tjìeiido'pctffato tanto tempo. Nè potfo fare > io nonfiafufpvjb)& confa fo di tal dilaùone ,fi co-tnc antbora ferìsfi alla Maeflà della Regina, & al SÌ &or Contenabile fm quando venne coftà il Signore Enea Victoìomm. Dì modo, cb'oltrail male, ch’io hebbi perla caduta del cauallo, m’èft caduto l’animo lefor^e appreffo > che non fo più doue riuolgermi >• ”er per alcuni [noi minifin dì maniera, ch’io non fo ehi fi haueffe bauuto mai tanta p alienti a, come è no-tisfirno, noirfi offendo curati d’offeruarmi cdfe,cbe mi fiene fiate nonfol promeffe -, ma anche per fua patente date fi come fu prima nel luogo delf ^Artiglieria » k patente dedaqnal non mi fu adempita, & co fi poi della guardia di Siena ; fe bene il detto loco l’hatteuX haunto auanfi dal Signore Duca di Tarma , & all* guardia la fiefla fiepublica mi dimandò a voflra Mi. fi per dimofirarmì gratitudine, •& ricompenjarmi in quanto per allbora polena, come anco confidandoli , thè cofi com'er a fiato buon ifìrumento > &baueu* P°flo di mici dinari, oltre a tanti pericoli delta vita,f la lor liberta, che co fi douesfi efjere il medefimo per aiutargli a confèruarla, di modo , che in un medefimo tempo mi fu tolta anco quella rimuneratione, che mi dì chel’opete mie n'han^ no refo chiara teflimonian'^a. Ma per cochiuder, chi io dcfidero pur un di d’ufcir di (jueììo trauaglio , & quietarmi l’animoefiedo hormai circa tì 'toemrftch’io lanciai in corte il Capitanfudctto >& io fermatomi ad ajpettarlo con mia grand'incomodità, fpefa, ha- ucndomi egli già [crino, ch’io flesft di buona voglia, eh'almeno per Mons. di Bufcer fpcraua di mudarmi le dette due lettere, dettequali per bora mi faria quietato. Hovifloch’adefjonelfuopdjfarc , in luogo di quelle non m ha portato altro, che le [olite buone pa~ role, & sperante in nome di F. M. asCicurandom del fuo buo animo verfo di me,&poi il Capitano frart ciotto m’ha detto il fimile , & io uoglio credere ogni cola, non haucndolegiamai data alcuna cagione, che dot-effe ejjcr al rumente. Vero ella da me n’ha vifli < & hauuti gli effetti, nè potendo più flar co fi, f ìduìone,quando non fia conforme al le promeffe fattemi per voflra Mactìà j la tennò per vna rifoluta liccntia,cofa eh'ió non [pero dalla be dignità,&■ bontà d’un tanto magnanimo , attefa la diuotione chefempre l'ho battuto,& aitanti, grpoi ch’io fono fiato a i fuoi ferstitij , fi conte dalle coCe di Tarma può chiaramente hauerc conofcittlo, non effen do mai mancato in ce fa alcuna, p'cfponendo la roba , gli amici,&la vita propria, fi com è manifeHo nonfo-loalla Macfià voflra, ma qitafia tutto il mondo. Ture fecofi farà, non farà per mio demerito, neper tniacolpafcom'ho dettofnèmancovoglio creder per fua,ma di qualche malo fpirìto , che ci fi farà in'erpo fio. Ben mi faria dolwo meno,che fi (offe prefa quefla tifolutione , quando le dimandai colà buona licen Ita , tenga farmi lafciarla il detto Capitano condan "no, & fpefa mia fenga alcun profitto,pure in tal ea~ fo mi contenterò anco pallentemente di quanto piace "rdaVoTlra Maeftà, pur che in ogni dcliberatione , che piglierà vagli farmi pagare di quanto re fio baite He del mio feruitio, & farmi far buono quanto ho perduto in ritirare li miei danari da Lione , per non cfjermifiata offeruata la fua patente predetta , che Tiene a effere la terga , che non ha hauuto e fetta , àcciocbes’io vorrò reflare fenga alcuna remunera-Clone , non refii almeno con da nno , & perdita del toio. Mfpetterò adunque la rlpofla in quefio con- fine L E T T E l{t fine d'Italia,rlfoluto non feruir p\ù,ne paftar piu oltrdt fe l’indico fittone non mi riformerà adare a i bagni,fin* ga fapere, ckerifpondcre a chi m’addimanderà torn io fia flato trattato da roflra Maeflà,dapoi tanta gloria f che per mego mio ha configuito in Italia. Laquale N* Sign. Iddio confimi lungamente felici/fima. Etiocott quella maggior riuerentia,chepo]fo}& deuo le baciolt yalorofifimemani. Dalsè. tA 17.di*4prile. M D Lllll, Girolamo da Tifa, Al Serenisfimo Signor Duca di Savoia. X catena d’oro , che in nome di roflra ^Itezga t ,1 miprefcntòin Signor dil\acenis dopo la fuapar-un%a di Londra, non mi ha punto piu [ìre tamente legato al fio firuitio y di quel che feccia fia reai cor-tefia , il fecondo giorno della fettimanapaffata, qua» do nellapicciolagaleria di yaufmeflre , palleggiando fico tre bore , volfe minutiffmamente ragguagliarmi di tutto il maneggio della guerra feguita in Fiandra, dapoi ch’ella è Generale in quelle parti. Tfilqual dif-corfo con mille catene ftrinfc l'^ltc^xa roflra , & lt gò a perpetua feruitù l'animo mio quand’ella chiufe il fio ragionamento con queFYiflcffe parole. Io ho forfè affai più liberamente dificorfi con roi , & fcoperto le tanfi d’alcuni ficceffi di quel ch’io m’hauejfi fatto coti DEL LIBKO XV. 187 fi voglia altra perfona del mondo , tanto mi affi furo della fedele , & [incera cond'uion deU'animo vo fifa. Ella fera poi,perche non bafiò il giorno in cofi lun ga hijloria, elocjuentifiimamente, & con mirabilpru-dentia mi difcorfe le cagioni, che la ritennero a non vo lerauenturar le cauallerie nelpaffo del Canai , ilgior no di San Giacopo,quando il Re Sereni fimo d’Inghilter *a io maggior pietà,che pompa, celebraua in yinceflri lefue noxjie con la Regina Maria:accortiffimamPtc rif-pondtndoada malignità di coloro , che all’imperatore baueuano affai diuerfamente dipinto il fatto , & non mediocremente alteratogli l’animo. ~Ne tacque meco f Mhe^a uoflra i nomi di color ^da quali nacque il di fordine della giornata del Bofco, fono aretino. Ter la fui imprudentia fi perde la migliore,e piu felice occafto ve, cheàll'lmp.fifia offerta già mai. Mggiungendoui, fhe chi fu cauja il giorno dei.non vincere, farebbe flato la notte baflantiftimome%o al perdere , s'ella con due altri del fuo parere non fi foffer contrapofli almalpre-fo configlio del mutargli alloggiamenti. Quellafìcurtà, & fede,Sereniffmo Signore,fono i prefènti che muouo n(i,&le catene, che flringono gli animi liberi , & ve famente nobili , perche l'altre dimoflrattorti, fono nelle Corti bene fieffo commune con buffoni, & congen ti indegne di uita , non che di doni. Mi è però fiatoil prefente (pervenir da tanto "Principe ) gratifftmo , & difommo fauore,poi ch’ella ha col fuo effempio mofiret to a certe pecore con la lana d'oro,per qual camino vati %witchefom veramentt Principi, & della gloria non __ . LETTERE men capaci, che diftoft.La ringraùo adunque con ogni afletto di cuore,& la JuppJTco a credere, ch'io di fede & affettione non cedo al più fedele, & aflettionato fer tutore ch’ella hahbia .Di che [pero in breue farne appo, rirc un perpetuo teflimonio.Da quello laberinto de ir* refjoluii''ninon riènuoua di darle, non efjendone fogno di benprefente,ne{peran%i di futuro.Simle in tut lo agli Elefanti (fc tiopiaflunghisfimegrauidanxe, & fempre obortiui. Et Dio -voglia ch'io non riefca profeta . Di Londra. 15. di Gennaio, MDir, Vi S. affettionatisfitno fer ultore* ScipiondiCaftro, A M. Basfiano Bandi, O' Cristi già alcuni giorni a V, Sccell. quando ella l^yper ficicortefu mi mandò M. Ce fare fratello fino a Ejte.col libro mio,& allora la ringratiai, come do-r.eua , dell honoreuolefatica per me prefa nel tra-feorrer il mio trattato, & dirmi ilparerfuo.Etle pro-mifi appre]fo,che poi al ritorno mio in Venetia, co piu agro farei la riipofia, F. Eccell.intorno a quelle cofe » lequali ella miponeua nella ùainconfideratione, che appartengono pur al detto mio Trattato. Onde inco-mindando prima dal titolo , cb'efla mi dice,che meglio quadreriain quella guif a, Dilla prefiantia del-(infìrurnento diuifiho, onero delia eccellenti* del me- DEL LIBRO XV. 2S8 lodo diuifiuo le rinuncio, cb io giudico,che il titolo fi foitia mutare, onero raccontiate in quello modo . brattato deltiftrumento, & uia inuentrice de gli an-ùcbì.Tcrciochcy.Eccellentia confejla ancora, thè U-diuijìone è iftrumento,per loquale ritrouiamo, & con ibiuimo le parti dell'arte. EtEufiratiu in conformi d, dice topra ^rifiatile q ielle parole. IsIam fecun-dumconuenientem nrdimm diuiftones facicntes dijfe *entias omnes inueniemus indtfe[ìuosè,ex quib sd fi nitio componetur. Dallequali parole di h uflraùo fu ino ammaccati, che per m gp della dbùfione noi ri. trouiamo quello,che più nelle cofeimporta , che fono tinte le differentie loro e[feniiali,dalle quali la difini-tione fi compone.Olire che Vintone fi lafcia intende te, & cimo[ira chiaro,che la facoltà diuiftua confutili ce le arti, & che per quella s’acquifla l'initcn-tione,anzi rfandola egli rnedefimo nelle fteprop Re Tnaierie & nelle fue quejìioni, (come ferino nel E rat-tato) te lo fa vedere , come egli per cotale iflrumen'.Q ya ritrouando tutto quello che gli fa mrjlieri. Et .Arinotele ancora pone tutte le difj'erentit de gli anim-li nel libro delle parti,(ome ci aficura Galeno anchora con quefleparole. Conaturenimincalibro^driRotc-les omni m animali-itn differeniias enumerare. Si cl e non bifegna tramare da quefto fentiero,che la diuifh -ne ha ilirumento,& via,(che è quello che i Greci din no metodo) muentrice delle cofe. Tfè fi puòin ale. ) mode din che perquefla non fi acquijti l'inutniione qpantiinque ftpotrut AireiCbt il titolo , che vofìr EcceU z e r r e ^ e Eccellentid mi fcriue dimoliraffe più nella prima fronte fintentione dell’auttore, che è di trai tare dell'eccel-lentia di queflo metodo >àriì> io rifpondo, cbeftudiofd mente da me fi è fatto, di porre vn titolo co fi generale, Jfen%a fpecificare in efio , quale fia quefìa ria iniien^ trice , per condurre apaflb apajfo colui che legge , 4 Jcorgere particolarmente il detto metodo, & infiemC colnomc gli effetti fuoimifer abili /piegare. Oltreché egli dà non fo che di Splendore, & di granita all’opera il tenere colui che legge fofpefo,quale fia in particola quel metodo che ci conduca all'muentione delle cofe. Et que fio fa, (he in ma co fa , che pare altrui nel primo incontro leue, & di poco momento, fi fcuopre poi rni facoltà , & mo iftromcnto eccellente al rHrouamen* to delle cofe. E appreffo conueneuolc all’eccellentia della materia che fi tratta, di tenerla coft /otto queflo yniuerfale velata,fcopYendola nel procefjo del trattato a poco a poco, & iimoUrando altrui la fua for%a. l'altra obiettione, che voflra Eccellentia fcriue, che fi patria fare in quel luogo, doueella dice ch’io chiamo h refolutiua, & diuifiua principali feientie, rìfpondcn-do dicottbe Troclo nel primo libro della T eologia fecon do Tlatone, in quel luogo, doue egli va inuefligando il fentimento vero, & il propofito del Tanneniade di Tlatone, dice quefle formali parole. Ma la dialettica voflra,per lo piu r[ale diuìfìoni,& le refolutioni, corte prime, & principali feientie, & imitanti ilprogref fo de gli Enti dall’ vno, & la conuerfwne da capo al me defimo. Et quefle fono le parole proprie Greche di effo "Pro- DE£ lin\0 Xv'. 25p "Proclo. ji’cTÌ 7r«/j i7ju7/ J'/£tAeXTixn',T«< «V treAAa «T/o/osirtì fyi’Tui <5u £tv6tÀu>er/,toV 'BfnwpyoTf ìtti^vipcif, K5“ m<-7li|' EVTaiy , •syoVJ'oc ÉX TOt/V CVOf -zy l'f oU/T»' frctAti h:?i>o>i7i> Ile quali Y. huet vide iiia>o, ibe lo,ioa Vrvdu medefimo cofi le chiama alt autieri à del quale io non ardirei oppormi, ne laprei mutare o racco tiare le fiie parole. Baftacbe comeio jeriuero dame le chiamerò vie,i[lrimenii,o-er metodi de le ani ,& dii Icfiicntie. Oltre a ciò dice F. Leali, che fot e fi patria liprenderc t uclla. parte del trattato , do te io foiego da principio tutta la fattura deimondo da Dio , cola per . aucntura troppo lunga,& che tira gli ascoltatisi fuori dipropofijo. .A quello oltre ihe ella mcdefima ri pende con dire,che l'auttore in ciò ha vol ito molirare va~ riacognitionenelfuopropofito,atigiunto ch’igli era ne ceffarioper prouare,che l'ordine fife amato,& tenuto da Dioipartitamente andar di correndo nella creatione dell’uniuerfr co fi mirabile magiflero,& quanto bello, & confeguite foffe quell'ordine tenuto dal luo fatare, l-'vlùma obiet tane, che voHra Eccellentia dice che fi patria fare, è che parerà per auentura Urano il citare le parole di Platone cofi formali,&con tanta lunghc^ga m quello trattato. Al che, ol re la fu a rifpofla bonijfi-Ma che in cofa nuoua, & quaft refufcitata alla mente di Piatone, & de gli amichi bifognaua citare le parali formali , ór nulla pretermetter e dico, che per trouare Eterna opinione faceuameBieri di tefìimonq , delle parole formali de i quali fempre fa luogo nelle proue a fornirci , cofid.ue quegli chiari fcrittori ne fecero 0 o ampia- LETTELE ampiamente mentione , come ne i hogbi dotte vfarido la fe ne jenàrono. E: altrimenti facendo in cofa, ionie ella dice, nuotici, non foracreduto nc a W‘,né allera-gtone,ch’io produco. Ter U jual lofa fi vede ejfere flato neceffaiio il citare quefle lunghe dicerie degli .Autori, ne in ciò fono io piu fouerchio di quello, che fa bifogno, arrgi in moli luoghi vaio rifìcingmdomi.prctermcUeft do, a‘allegare degli altri pafli, & fpecialmente, doni "Platone nel Dialogo del ciuile fìtto la perforici dell’Ofll flftende in dare molti auuert.menti notabili intorno & quello metodo di nifi no. Ma a qneflo propofuo ancori ut è alcuno, che mi dice, che allegando io in mdiijjimi luoghii tefli de gii ruttori propri],flotterei citargli neh la lingua, che quefìi hanno ferino , ò Greca ò Latina > che ella. fl fo(fe,& non allegare le traduzioni,oucro fc io pur non voleffl citargli nella lor lingua propria far-gli tutti uguali in ciò , 6' trafportar quei luoghi in lingua nofìra,con forme all a lingua di tuttal’op-ra.Sopri che non effendi} io ancor rifoluto.prego ttoflra Eccelkn tia che mi dica la fua opinione, & parimente lafua ri o Ittione intorno alle obiettioni, cb'tlla mi ferine che fi potriano fare,adequali in quefta mia mi pare à baflafl poter ri pondere. Delle lode poi, che offa dàalTrat-tato.cofl intorno allo fide,le parale fententiei, come intorno al'efficacia delle ragioni, la catena di tutto il Trai tacottfr lo epilogo,ne la ringratio infinitamente. Et come cheto faccia grande dima delgiudicio f,o,nondin>t ito cicfatinbuiicoinùallaffettionfua verfodime, ch'io suda ibe coji fta. lo adunque attenderò quello, che ro- DEI L1B\0 XV. 290 a Eccellenti a intutte le fopradctte cofe mi rifp onderà tifoluendofi, & fra tanto le bacio le mani. Di VtnUiA •zi 17. di Nouembre. MD LUI. v Sebafliano Eri^o. A M. Basfiano landi. s. T 'filtro hieri Meffer ^igoflin Valerio mi mandi .1 j a cafa il libro degli opufeuli di roflra Eccelli n-tia , il juale ft come molto Iffileraua di uedcre , co(i tni fu , riunendolo , oltre modo caro. Dcilaprifa tiene [opra gli ^ifotifmi d'Ippocrate , de i cjcah offa promette di mandar in luce i Commentarvi a me dedica li , molto ne la ringra- io , il che ho ancora fatto in un'altra mia precedente. Ondefe la noftr’amifìà boggi mai diuenta antica , & iamoreuolcTgalua , da me aliai ti che bora concfciuta , infieme con la corte pari chiede fiero , ch’io di nuouo rcndelfi a uoflra t ccellen-tia maggior graùe , di qui Ile ch’io le rendei nella mia prima , io le fan i. Ma peri ioche io rep . to fcucrchiof Udi/Undcrmipiù oltre in cerimoniale parole, le quali fono fenica, uilio fra gli amici lìce unte, le Lficròi da parte. Mi piace haucr reduto quello,ch'ella mi fcri-ue "ella lettera ananti la pcrfettione,ibe quel Trattato de i metodi, (jr degli ordini, che ha nodulo il Valerio, non ancora compiutamente perfetto, s'è da voftra Ec- Qo a cellcnfu z e r r e ^ e trHentìd per horu differirò a mandar fuoù , rispetto t tj elle persone che hoggidì ui:tono,le cui qualità ueggiO tb'effe molto bene intende. E certo quando M..Agoffi‘ vo già fa alcuni di mi difie,cheft erano da lei perman» dare in luce quelli trettuti de’ metodi, & ordini, iquall per quinto ho compreso kgandofiJflringonoi& infegnt no tutta l’arte,pr-fi non picciola ammirazione, che do* vendo a uofìra EeceUeiaper ragione ballare di fcriutt com dUfa,ex arte co fi eccellentemente uoleffe ,enan‘ dio [cnpri'e l’arte, fenga che a ciò alcuna ne ce (Ut à li finngepuprincipalmente,ch’io non ufdeuaaqual fine. Terno eh. fe la fcriueua a còlerò,che non fanno,non fi cera orofino alcuno,ohe che fe quefti erano maligni,!) in,ùdi (come molti fi ritrouano da’ tempinoftri), haut riano con acuto dcn'ed'in'àdia lacerate leco ejuemot d niole, & cofi l’oro , & le gemme fariano fiate gnta* te a' oorci,da che biafima feguito ne farebbe, la do ut lo de fido uria cercare. Et fe all'incontro uofira eccellenti a fcriueua .c dotti,&a quei che intendono, haurebbt tanta lo fat o pai e quell’.irte , cheà ninnaguifacon lo efpmpio de ffi antichi ri dette far commune cofiatut ti; rjr il proceffo di poco tempo le haurebbe leuata la ripetanone , di rottandoli St ben fa uofira Eccellenùa, che ciafemo ra%gio artefice infegnandn altrui la fu a at te,riferba alcuna co'a per fe, che non fa pal fe. Ma s’id prima che h ri n n l'ho uoltto fenuert alui,è fiato per due cagioni, l' na ch'io credendo quel tranato effereaì le (lampe giudicati a non potere operar niene. L’altra, eh io temeaaper ciò non offenderai ,pur come fi fia, io DEL LIBRO XV'. 291 fondando la prudente deliberation uoflra uì ho detto il parer mio^ihe è,che non mi pare a prcpofitr,fiir quelle (oje communi a tutti. llthe olire alle ragioni fopradet truche mi muovevo a cofi fentir()hc da roflra Ecce lieti udito dire alcuna volta che fi dee fare. A/V paruto ae\ueflopropoftto didouere fcriuere a lei eji efle poche parole, mojjo fj>icialmcnte dalla buona opinione della {ita lettera,accioche e (fa le ponga in quella confideratio *0, che le parerà, che le torni meglio. ^tllaqual bac-* «io k rn ani per tempre. Di Vcnetia a 4. di Marzo. ^ D 1 ih Sebajìiano trizio. vf G. G. M. XT Qn fatorei con parole piegare, Magnif. /r rar'fft IN mo fratello,qual di quefti duo ape ni il maggior fa Hata nell'animo mio, 0 del preio dolore, ter l'aier-ha nouellafcrittarmi d'intorno a uni, 0deit'allegnzza \ubitatche al cor mi corfe, vedendo le u ]in lette re ft fecon dritto giudi io mi furando nguaido alla fine della con folatione, ch’io d'bauer Iperaua della volita frittura , altro non potrei ritronarc, che qn-ilo di co-ueru\ fa>'ani lato del vollro bc n ifft re, a che opponi 11 domifi in contrario le parole dalla no fra lettera, lari-todimojlranice di mal fino animo , quanto piena di 0 0 j cera- L * T T ER E.' tompaftione dì ^an lunga la prima concetta confuta tiane trapalando, l’animogìuflo dolore occupa, cioè ,che rammaricandola meco voi di efferui horainnamo-rato, &inuaghito dinuouc , & inc/ìimabili belici Z? di donna come voi ieriuete, che con fi fatta for-minore nella mente riceuuto hauete, che nè giorno nè notte in altra parte hauer paffute il pcnfiero , onde afpra ,& grane pena , &intoler abile tormentati •voi ne uienc, tan'o neramente me ne fogne di cruccio > quanto un’amico deue, & quanto, che hauendo la rd gione fuiata dietro alla torta flrada del fevfo , &pre cipitofo f • rare, uenite a me per conftglio , ilquale meglio da noi , fe non haitefle la mente del fuo migliore fta ofcacciata, baueflepotutotronare. K(ond'menot acci che hauendo mancato del debito d’huomo,non te-ncndo^on contraffando il freno alla ragione, io in pat te non manchi nel dubbio dato uojlro d'ufficio di fedele amico, quel conftglio ut porgerò , che a noi non deuC per mo lo alcuno nenie manco. Et an?j eh’a quefla pat te uenga , intendo primieramente dimofìrarui la qualità della mi'cria , in che ficeem1'fio , flruggendoui per codei di queflo amore ,*& abbandonando per altri noi mede fimo. Certiftima cefi è, [eriga che /opra ciò molto lungamente mi diflendc in parole, che’l nobilif-fimo degli amori in quefli duefenfi confìfk,nei uedet, & nell'udire ; & perciò la natura di tutte le cofe fag-gia moderatrice , quefli [enfi infieme con l’odorato non hauendo per necefiarij all’efjere dell’Intorno, ne al la conuerfaùone della fia Specie Rapiti toflo comodi & utili D££ LIBICO XV. i$t & 'trìti riputandogli, a loro termine alcuno liìato non fofe, percioche, uè il poco, «r i/ fouerchio ujo dì que gli l bromo dii fuo i (fi r priua : ne perche effo buomo quelli jStimenti no adoperi,maca perciò della propria gtneraiionc[ucceljìua , ma tutto’l contrario la natura comune madre,e operatrice dell'uniuerfo determinado ucgl al ri 'enfi delgufloe dibatto, pofei loro termi-tii, uictando a quella fenfibil parte efprefTamente l'ec-cl ffo, alqualp appetito irragioneuole fojìero trafpor-tarì • Tercioche non meno necejfario è non lafciarli trappaffareilpref ritto fegno ce gli ufi fuoidi quello Cr)e/ìaper conuerjatione della ulta, et della fpccitbu ^Mamodcramcntefcruirjene. Eficndo ciò a tutti chiarifjimo, lo abufo, & ifconcio fintimento di quill fi delgufio , come del tutto apportare euidentisfimo danno, & propria mina al'individuo. Oue ilprefète dileerfo dame fatto non fia per altro , cheperdimo* f rarui, quell amore, ilqualnoi come manifefto , reo della faluteuoflra accufate prouenire dallo eccejfo di quel enfo, che e fa natura nel legame delle jue leggi artifiiiofatnenteriRrÌTi!c.Qucl cofifollecito amorc,che J’inffla.alquale voi mif ramane apri fi e la via,e che venuto con gli occhi, <&• fatto-inejìmgui bile nella mot te uoflra, prtfc tanto di forza, alno ueratnete no è, *n acccfo,et legretodifto,di perfetta unione vofra,con la per fona amata fqueflo mezp del tatto, laquale sen '[penetrare dell’uno, nell'altro .gfia mai effer non Patria, Et dò ne gli spirituali interni, & incorporei ef fetti agcHohneme fi può fare t, ^quando la menteìn jg O 0 4 ftfa LETTELE fl(ffa raccolta, per contemplare l'amato, & belliffimO oggetto , tutta intorno a q te/la contemplariones’im» piega, & ftvni'ceiti femcdefìnia. Et quando qiirfla aHrattione con efficacia ricolta intorno a quello Pani-ma di Ile parti eflreme fuggendojabbandonato il fcrtfo, elmouimento , con l'unito vigore delle più parte de gli fj'irtti a quella interna contemplatione fi ritira, ori dekauendo la imaginedentro di Je fcclpitadella trotta bellezza della perf na amata,vnira la bellezza con la più nobil parte de lianima,che è la mente f rnifee in quellag’.i'a l'amante con la co:a ama'a , cjr fi conserte in vno. Ma ne’iorpi fcparati, de i quali da'cuna (1* da per fe, il penetrare l’un l'altro, & l’vnirf non può per modo . leuno bauer luogo. Quinci attiene, i he doppio la vera unione incorporea, & spirituale che fa-l'amante conia copi amata , bramando ancora più oltre d'vnirfi corporalmente col t tto, & conuertire fe Hef-fo in quella n-n effondo dalla natura pcrmeffo il penetrare de’ co> pi quanto ferventemente defiaiido non gli può venir fatto, nè fi da lungo al de fio tanto al ,iad o-gni mi ura credendo fraboccbeuole maggiormente procurando l'amante di conuenir) nell'amato oggetto , per q <([lovili(fmo , & impoffibil mezzo con moltiplicala affezione angolciofa , & ineffabil pena Jof iene. Onde non portando lana-ural difpofuione delle co fe ihe l'vn corpo fedo , <&• fnftbile con l’altro penetrare in alcunaguifa fipofa pirunione , &con-uerftone corporale, reità che qt.elio amarne,coi nobi-lìffmo nodo d'amore diflringe, peraltro piùvirtuofo. DEL LIB1{0 XF. ^ìnàeuoìmc^pppjfaconuertbe, & viìire fe fte/fo litlla perforici amata, & ciò farà per lo fenf > elei vede-fe> ilijHalt ittiche fta Meno alla confo uatì^m dell’ef-fcrhtJtnatio necejTarìo,che quel del tatto & dal guRo,. tpf tò più rccdhnte,& degno, riputato, per efferc gli Occhi corpi lucidi di a funi, & Spirituali, non di quella f coffa carnalità componi,ihc fono ver am e’e gli ifìrti Inenti z quali tanto deccellenza le al re parti del co>p& Irappajfano, che quando fono belli , & fcintillanti, hanno qualità di ejfere alle Sulle appatcggiali del' HiOlo. Oltre,che ilproprio egetto dei vedere è non fo-hmcnte il mondoinferiore,»! a iicdeftc: onde gli al-trijènfiimperfet’anrente comprendonovna fola, & picciole parte del mondo inferiore-. 1 mogi de gli altri fono Ò carne come neitntro,òvaporc, come nell’odorato,ò buMiditì,come nel gusto . onero il rnofìo aere, tome nell'audito, ma il digniffirno mego quando co’ penetranti raggi trapajfa gli altri in feria-ridife,&gli clementi fieno alla terra.Et fi come allumina egli immediatamente qneP.o mondo fenfibilt con la f in voi non s’accenderàpfornente dipo, che di graniffìme amaritudini vi riflringa il cuore, S! è vorrei anco,cht'lfined'occuparui milabellcggd diquefìa donna [offe tanto per fe,quanto per altra ca-gionc,perciocbe altro la vera bellegga non é, ihevnd, certagralia, laquale l'animo dilettando p rifee, & col [uo conofcimento il muoue ad amare.& quefle bellcg-%e inperiori, che in diutrp[oggetti nei mondo [colpite vegliamo, altro certamente non jono,cbe pure ombre précédenti dallo[plendore della diuinità , ilquale molto piuperpettamen e alluminando la natura angelica,} ccieP.i corpi,gli eh menti, & il Sole, qua giu ne ì mijìi pajfando lajcia qua fi ombra , gir non lume per- D FI L!Sl{0 XP. Perfetta nelliibum tnz forma, non dijfimlledella lact del Sole, laquale, fi come alcune parti empie di vino, ccjplendore, alcune di opaco lume, ilquale a paro del lo Splendore chiarilfimo, che in quelle lafcia an^ì ombra , che Splendore, nominare , & riputar fi [noie,cefi queHa humana belle^a, ri'petto alle piu perfette cel delle imelligc ie,#" di q uella del Creatore [(tura ogni QltrabellezjtJ creata eccellentiffima, non può ejf re altro che ombra , D:mq ; voi, a cui per eccedenza d’t Zegno dnano quefa diffcreXjt conofeer piu toHo nell’ombra ,& nelle tenebre ni fermerete.che nel vero splendore della belle giga ? Quello certo non mi poffo ìoind arre nell'animo, no mi perfadendo gt amai, che ‘fogliate ad vn di quegli animalieffer fintile, che offe-fi dalla luce del giorno , per laquale ogn altro $'alle-Zra, s'appagando delle tenebre,#" non escono fuori fe non quando la notte l'aere imbruna, ma be porto opi ^tone contraria ,pridendo da me quello co figlio , che nf)n folamentc haurcte per meggo gito echi, faccdogli lucide fi,ie[h e alla mente dì quella bclleggi , che è in lo pregio, ma pighareteper ficura, & dilettatolegui da ejfa bellegga ancora. Onde uolando l'anima co l'ali della fu a dignità p quelle mortali b elegge, che a'nobili » e chiari in cileni deggiono effere ficaia al Creato-fepotrete d una in altra slbianga, leuarmi a'ie bell, g* intelligibili, & unito alcune uolte perfettamente c°n quelle, baurete per cofiume di fepararc la diurna Parte dell’anima, della'terrcna Scorga, volando con quello duro, #• grane incarico infitto al cielo ; & gitile- Z £ r T £ fierefe di quella beata morte di Mosè,& Caroti,Hquà limorendcaUorpOy&viuendo a Dio, per attratta có~ iLmplaiicneiTtiditaroTio, che alcuni de gli antichi ìuoi bau/ro a dire.che baciacelo la rifinirà; & Iarde imitatore d’uno degli effetti de’ celejìi corpi, cioè della Lunatlaquale da' Filofofì meritamente fu tenuta fmu latro dell'animo ; perothe quando ella dalla fourana parte è in congiungimento col Sde, è ver/o di lui lumi no fa,?? tutta a que fio mondo inferiore tenebroja.Qu a do all'incontrotrafporta la luce fua dalla fourana alle inferior parte verfo di noi è lucida & di foura tene-broja,parimente l'anima humana dr rofìra, laquale £ la fua mutabil natura,di l eemulktt1 ale,& di corpo tale tenebrofttà è compofìa alla fourana parte del cor fa uolta,ch’ì la luce deliin'elletto, lafciata la inferiore,& animale, ft vnirà per cotrempLuioneimeUigibi-leconeffo,^ cc.fibauend') di fouerchia dolcrggj effct anmaincbriaia,menerrte f Hcifììma rita. Ondefepct contrario fuffe tu’ta alla infima parte del corpo inten • ta,relìcrebbe alla lupn ma ttnebrvfa di contemplano-ne,di vera dpientia pri a , & la 'dando la fua ooera-tionepiù propria, che è d mire fe medefma con lo in-tellet’OyCome fa la Luna col Sole, uolgeria quella luce ennef ìtrice,c'ha l’ nuUetto,nel brutto abufo delle cefo corporali. Et all'boraui farefle uaffalln di quella Ve nere con Volt ano maritata,ch’allegoricamente fignifi-ca il Ilio del fuoi o inferiore, ilquale è il calar na urale neirhuomo, che divenuto per la concupi lentia arden-dijjìmo merita dibatter nome di fioco,& firto in tal DEZ LIBRO XV. 5f? fio fuetto g < HereSìe del frutto di Mirto u'icfi fi tenere applicatoci frale di p ane odore ripieno e sS pre oerde, dimolìrante le uanijjtme peran^e aworofe fimpreune , ma entiretleoo) laamiritudine dieffo frutto,che fi da ancora a Venere per non effeve abro il fine d'. Amore,che malinconia,& ang ifita. yisappre fentcria la vaga, vermiglia rofa, attribuita alla lieffa Venere,per la fua bellei^a,ma refieretìe all’ultimo pù te dalle acute 'pine (ue , c’ha jènfo di fignificarc a noi di :j vanie palfioniì&pungniui tormenti, (juejio cieco Cupido ne trafige il cuore Molto pio ree,mi ere, & di-fpiae noti quali ui po'rei aggiungere, eh e gli antichi filolofanu hannogiutlamente appofte a quetlo crude-, liffimo tiranno del mondo. Ma perche in tante parole non mi diflenda,ho eletto di laici arie da can,o)au\fan-dauì,the quello mio angi diicorfo, che lettera non fu fat oper altro che per non hauer'altre uolte daferiuer uipiù in fi fatta matteiia,Et affai bafleràxhe ( econdo l'ufficio dell’amico a voi quel fedel configlio babbi i da to,alqnale io medefimo nelpcrigliofo fiato poflo in che voi ftete,accollato 'àrei.lje altro per bora occorrendo Mijcmere,ui bacio le mani. Sebafìiano Erilgo. MM. I E T T £ tir. A M. Giouan Battila Camozzi. ‘f~ Y Ieri uenne qui da me rn fratello di V. S. a por' j_ j^tarmirua fitalcttira^.iUaquale ella mi profe-r u i quattro libri Grecid'u/llejfandro,[curala MitA fife a è’..- rifìotclc, che fono ancora tradotti Latini di queliti Spaglinolo,cerne f'.s.f.’. Et bemhe io nonbab-bia il h o libi o veduto & i he per quello che Juo fratello mi dice,il re[iofaar.ico,le rifondo, che e fendo i li b> i (opra la mete fi fica ir adotti Latini, de i quattro Gì e ci,non ne fu molla fima,a me di c< fa,di thè iopoco me tic potrei ,'èii ire.ol reiht F.S.dei faptre,cheper com-ninne o, inione i libri,ibe di ^ tcfjcndro fi credono /o-pra la Me offra, fono veramente di Michele éfcfio. 7-’i rò q ‘i f.c libro di ^b f andrò non mi tornerebbe a propoftto Ma perche i Ila effendo qui,mi dice,che haue va aire la Tracio /opra ilTarmcnide di Vlatone,libro che » ? potrà efferedi qualche giovamento , f per dilettar h Ho de gli efpofitori [opra Vlatone, come etiandio pireferequefio libro un commentario a’vn Dialogo d e c Vlatone il piu diffir ile,fé E'.Sig. larà conti nta in ifeambio dillo . lef andrò mandai mi il Trocolo, l'ac-cr rnmodo‘ò molto volentieri del mie Olimpiodoro fo-pra’i Gorgia , il.jiialt ho da quello effemplare antico , ehe ella ni.it n< I mio fin dio fatto tra fcriucre.Et il libro a punto è di nuovo (eòirato corrittirfimo,delqualeanici ai Ila porrà r( umfi quanti le piacerà alla lenione dillaketcrha a’niriflutele come niifirhie.Ondeper io efjer DEL L I B 110. XV. 196 tfferpiu lungOyV.S.intendi l'animo mio,tfr qual libr9 faria per mefil quale fe e [fa manderà qui a [uo fratello, dkv q -.elloycbe flafermoin Venctia,& me ne farà par tecipe, tanto(ìoio d irò al deno Jho franilo l'Olimpio-doro, fecondo che ella nella fua lettera mi richiede, & forfè alla giornata,accomodandoci l’un l'altro de' libri a penna io le farò parteà’ altre co fe migliori. !>{èoccor rendami per bora altro,a V.S. molto mi raccomando . D Venetia J'rltìmodi Dccembte. MDXXLIX. SebaHiano Erafto. Al S. Aurelio Porcclaga. E non foffe,ch'io mi tengo certo, che l’EcceU. Sig. l^ictngg, ito fratello, cr mio compare può efftr tm r non te limonio appreljo diV. Sig. che fefto ni f n doluto foco, di non hauer fatto prima rifpofia alla cortefisfima lettera fua de X-di Febr.& di quella me-defima cortefia,cbe l'ha Spinta a fcriuermi fi humana, <&■ dolce lettera, l'babbia anche tenuta di non entrare in qualche fmiflra opinione di me, non fo fe fina quella carta non fi arrosfijfe meco li vergogna, vedendo c\ e V. Sig. per vnamia fa'ti anone fubito mi criffe fi getilm nte,& io quafit'cppo rogamcnle ho indugiato a riff ondale infino alberaprefentc , Jeforf- non è //<$- L E T T E flato ragionerie, che anche in quef/a parte di diligi io i edesfi a vofìra S'g. da cui io era già Rato viti' to » efjendo conlafuaprouoiatoa faiuert. EtcontC chemolle c«fe ioports/ì dire per mia (lift fa, nondime» no ■ perche m qualunque modo , ch'io mi difendesfipO farei per rimaner qiuRa itolca perdi’ore , le lajcerò di pane 3 ri ponderò alla fuaf facendole prima fede» che tanto mi fa cara,quanto meritami » e mi fono tut tek cofedi voftraSig. & tan’o più che riconobbi in (fa queUeifna alci propria gtnùb gj^a >■ HtmdaquaU conduce, & accompagna iurte le fé anioni . Tercio rin prima ella fa fi grande {lima enfi pur troppo do-uutaallerir.ù ue, che c della n;(inolia eh io tengo di hi, & dipoi me ne ringraiia con fi gentil modo, dice» do di hauer perciò ramo obligo mete, che quaf; che rrù parto dalla opinione di quei grandi Ir omini, che vogliono , che l'operar bene fi debba far folamente , per* che fa ben fatto di coft fare t che queRo fio laRi pir fne alqual debbano mirargli b uomini, & per ti tocontentarf di baver b: n'opra-o .Ma poi eh'oltre a quello fine, che mipropofì tenendo vinai» mela rat moria divoRra Sig. perche giudicami qutfloefer debito mio di fare, contcnt andom fio di Imuei ui fuppli jo, bora uedanafers un’altro effetto, & maggiore ; cioè , che no fra ftgn-ria ne vuole entrare in obligo meco, & me ne ringratia ancora, ( di che non mifn to tanto dtgno perche io coft faccia , quinto che Ubici fimo, cr di ripreuftone non facendolo degno farei)mol iopindimcreflofatiofattocontento , mirando iter L T B 110. XK 2P7 qucflo frutto cbemc neriefce, cbepcr conto dibatter fatto ifueljo che mi ft conitenitta. Et però conftderi yo-flra Sig.tjuanto torto ba fatto alla Filofófiatmettet:dQ' mi fu quefli [alti con la furi humanitàfdir , fouenbia. Della quale iogiu/famente, pr fetida pregiudicio di ql primo fine,ye ne debbo bemingratiare, come cbeà ql c'bauetefatto, a$ìretto\ion fojìe da veeen debbo. La onde ne vie» ad effere l'obligo mio maggiore cfr* il de fi derio dì ((icgliermene grandi*fimo/Je pur ini fa p*sfi-biledì tanto operar per 'èrtritio,& comodo di F,9ign. quanto mifento,& yolere,& douere.Cbe ‘ara il fine, I non finetido però mai di raccomandarmi a & a ì i fignori /Jo TadrUgir fratelli, & con (sfi parendola di ' [aiutarmi il mio fignor Mario Lana. PiTadoua.^A i $. di Maggio, MDU. Girolamo della Bpuere, AI S. Aurelio Porcelaga. To Mi rallegro con tutto il cuore con vofira Slgno-X ttia, &col Signor Capitatilo fuo fratello che co fi bonoratamente>& con tantagratia, <& bontà di que* Hinofirigiuftisfimi, & btnignisftmi Sig- babbiate fu-ftrata la perfidia della fortuna, & inuìdia delle perfo ne rnalìgne.llche ancor che non fi fia fatto jengaqual-(b? trauaglio yoblio , vi iouete però confidar ifj4 Tp fb? eh? appreffo tutto il mondo fi confermar^ topinione della voftra vera virtù,conforme alla no hiltà, laquale non può produrre fc nonhonorati,& lodatoli penfte ri, & rilucerà fi fattamente per l’anemre lo /plendore della voftra l>on’à,cbe abbaglierà gli occhi ad ogni vo-firo ingiujìo nemico,&■ gli confonderà in eterno : lllu-ftrando tutta la vita vojlra con infinito piacere di tutti gli amici,che è quanto à dire suiti dì i buoni : Godenti parimente di ritrovare efìer pur vero qusìlo>chc io da principio diifi,quando intefi il capo vofiro,cìcè, ohe da fi buone piante non efeono frutti je non buoni. Impari adunque ciaf cimo a renderfi certo,che centra virtù ni ente vale la malignità, & tutti ì buoni Tpecchiandcfi in voi viuan lieti, &fìcuri; non temendo punto fotta quello fantiffmo Domìnio le calunnie frlfe , & i morfi ■ dcirmuidia.Et a V.S.& al Signor Capitano, inficine col fignorfuopadre,pregando ogni colente^., mi rac comando fempre con tutto l'animo. Di "Padova. JL XV. di Luglio. 155. Franco fio Fgbertella', A M. Giò. Matteo Bembo- T ^.4 (lampa, che mi battete mandata, è quella '_^rpropria,ma la lettera mi pare vn poco graffa 11 un 10 per effir nuda,,) per efier vecchia . MoftrateUF al Ramiufio inficine con quella delle rime , accio-i' eh’ei veda la di(fereniia,&fappia dir che difetto què BEI LIEPJ) XF. 2pS Pa ha, fe ha difettot che/. 'io,ch’ ei je ne infida benif lìmo . Se non haffetto 'tarlate con lo Jiampatore, & ledete, che b netta 'arte ef' bavera da darmi. Vero, che vogliovrariapiu tof o della prima che al~ tratnente: drfcrh;etrmi icceffotcheno vedo thora di far rifìampar que' : ber bere rime. Se non potete venir cjutfìo Carncnak qui in Vicenda , potrete venirci poi fra qualche giorno. lo per niente non [imo fa bene mandar Febo fenati voi. Di M. yAgofàno mi piace, & degli amici, che peno per far’il debito . Di Madonna littoria fasciano erft. me rincrefce di M. Bernardo, & difua madre,il qual falutaretea rnio nome. Lettera di chatione , che battete battuta « far al Clarisfme M. Lorenzo Loredana, & confor ti, batteria un difordinein e/Ta, che dovendo dire auf tifette dell'inflantc, diceva a uentifette di quarefima. 'Per laqual co fa i Loredani, che balenano battuto aui Jo, che di qua alcuni altri conforti erano flati citati per lo feoondo dì di Qj4arefima,cbe è il dì uentifete del l inflate, fono loparfiagli ^Auditori, & hanno nana to, che non è conveniente, che parte de i coforti di una lite flf citati un di, e parte un’altro. Et però gli ^Auditori bano fofpefa quefla cittatione,frinendo al Tode ttà queflo difordine,& dicendoglfcbc fe egli ha alcuna coft in contrario,ilrefcriua.il Vodefìà rifponde al le lor Magnifìcexe,et dice,che lorjcrittor della citatio ne fl efeordato dir quella parola a vetifetie ddl'iflante però che in emenda dell’errore ;fua Magnifìccntia, ha replicalala citationcper li ventifette ddl’iflante, che Tp 2 è il 1 t T T T. è il fecondo dì di Quarefima, icconìo che in quel?altri lettera di chatione,cbevi mando,fi contiene. Vi mando anco la lettera eh’ci ferree a vii ^Auditori, acciocbe la portiate voi medefmo alle loro Magnijìcé%e, <& fac date anche yoi la fi «fi dell'ere r, c, dicendo come egli è proced to, & pregandole fi} detti CUriefuni Lorcdtini v ole fiero iofiender quefia dianoneche le fine Magnificente noi faccia no,:chc esf hanno ben tanto tempo di venir qui,che gli può bufare,arì^ fire,che le loro Signorie lenino la fofpenfton fatta, poi che baueran no intefo la cattfi dell'errore,che fegli Auditori non le-lìèr anno q:tefa fofpenfton loro già fatta , la cilatione non fa per valere, racen-lo loro intender,cheli Clarisf mi Loredani non attendono fé non à impedir con fmi-U lungbegTT, &■ Jofpenfioni la tnia giufìitia . fate in quefìa Malente, acciocbe non ft perda queflo ntczpper niente,U Vodctlà mofra fin quà efier vn bromo molto giuflo.Verò voglio far ogni co fa di efpedir quella cauft fotta di lui.Si che bora dal ttoftro catofattitijcntire.€t feui v}fogna aiuto, menate noi iluofiro compare Bon-fo . Voglio yn di quelli dì mandarui da comprar'una catenèlla d’oro da don ir’a fio figliuolo, come ragiona tno. State fano. .A ij. di Margp * MDXXX11I, Tielro Bembo Card, A M. Glo. Bcmboi \ ifO^o Magnìfico figliuolo carifjìma'i Vi marù i\±do cria procura fatta in perfetta yofìra , & che diciate al Clariffimo M. 'A(i colò, che lo prìego, fe iopofjò cofa alcuna con jua Signoria ych'egli fui contento, fe egli ha in animo di candar l’Jilciaio, boggirnai condirlo, & lengapiù indù giù trar a fine quefia trama, che già piu di fei , onero otto rnefi fi ordifee. Se egli ha in animo di non condui lo ,/ìrifclua j & deliberi di non condurlo,«ir uel dico liberamente. Mcciocheio pojfa rifolntamente rifyon dere ari M-lcìato, che già molti me fi mi fcriffe fopra quefia fua coridutta, hauendo battuto auifo fopra effd per lettere deli Ignatio a neme de Re formatori, che allliQ- £>££ LIBBJ) XF* jfoir etano. Quello òjolqucllo^cb'io da fuà Mugnlfì-centia richiedo, et de fiderò ottenere. Del Clurifiitno M, Loren^onon dico però che fua Magnificentia mi bapià d'una uolta detto ejjer rifoluta » /è egli batterà còpagno Ricondurlo. jL fuaMagnificeniiami raccomandate t E {late jano. Di T adotta, ^.z^di Fcbraro. U D XXXIII. Tietro nembo Card* A M. Gioan Matteo Bembo. 1\ -T olto Magnifico , & quanto figliuolo. Seri* X V x sfondo tardo a tre voflre lettere » caufa ne fo no fiate principalmente le molle occupationi c'ho bauli* le,, quefligiorni paffuti,poi in effe non era cofa alcuna, che rìctrcajfe pretta, rifpofia. Ilo vijìogli fonetti1& gli epigrammi fatti in laude uoflra ; gli vni, & gl'altri fono egualmente belli . ho vi fio ancora l'oratione* laqual ancor eflaèbella , & tanta più mi è piaciuta, quanto che ui ho trottalo molte cofe di cafia nvflra, ch'io non fapeua. Tdon l'bo acconcia altramente, che non neio nebabbia bifogno. Maramglioroi bene , che in quei luoghi fieno co/i begli ingegni , maconofco che b virtù uoflra è quella che li fueglia > & accende, & fa che cantino di lei in verfo , & hi prò fa , dì che mi rallegro con uoi,& non manco con mejìejfo, che per la nottra congimtione mi pare hauer parte nelle vo-flje lodi. Ffeuirincrefca fe l'officio c bora tenete , è lenza LETTERE jenXd guadagno di denari perche facendo voile belli opere begli effetti che foletc fare, & come fono cet to che fempre farete douune[uefarete,guadagnate mol to m affiori ,& più [labili ricchezze,che fono l’honore, & la buona fama, lequali cofe vi [pianano la via, & aprono le porte amaggior grado, & a quegli che foni per virtù ej]aitati,non mancano le altre facoltà,che N- 5 Dio fempre aiuta : buoni. Et già vedete che ivo fri figli" ^li corniciano,ad accomodarfi.&però pigliate atte gregna,&fattisfatione di loro. Vero (èguitatc allegramele il camino che hauete incominciato,che egli viprO .Spererà fempre. Le bolle di Marc Antonio fi [pedifconO tuttauia. J'i è tardato affai, perche il mandato fuo è ve nule qui affai tardo,et prima che venijfe,non fi polena far niente,et fs fi tarderà ancora qualche di, non vi ma rauiglicrete,che ogni cofa,&mafiime fimili cfpiditkn’b fi fanno qui molto tardo;no fi manca di Collecitarle, & 6 fubito che faranno efpedice le manderò. Che M. Co-la anchora voglia rinuntiargli d e firn benefici], io l'ho (aputo prima di voi, che frinendomi Mef. Cola hauet quello in animo,gr dimandandem: dame parere,& li-cernia,io lo laudai,& confortai a fado,cernficandolOt che mi faria molto piacere come fa certamente. .A ivi. sìntomo Delio mi fono offerto le vofire raccomanda noni in t'dto quello, chepcr me fiphò a bene-f.cioJi'o,& nonglimancberòper rifpetto uoflroinqua lunque coda ricercherà. La infirmila di Mons. Vefcouo di Capo mi difpiacC affai, baurò caro lo facciate nifi tare da parte mia,et gii faccia- DEZ LIBICO XK ?02 facciate buon animo, & ejfortiate d l'tar’allegrarneHtex che coti più facilmente guarirti. Ben mi piace ^ebe co gin Jlilia bàbbiatepotuto affoluerc i juoi, ebe tanto lipre-tneuanoyilche deue effere flato a fia Sign. di molta jath fanione. La èfpedìtione di M. Trancefeo Diodo, è a buon porto, fono fegnate, & ejpcdite le fapplicatmi, & fi afpet ta da lui rifpofia, fb vuole che fi efpedifcanole bolle fue onero le mie fole, battuto che fi haurà la volontà fua ,fc ■gli darà fine. Intendo motto uolentieri ìeprodeXXt di Lorengo,et di Luigi,&che fieno tenuti,& lodati per valentigioua ni. piglio vnagrandefperanZdychcfibabbiano a fare" boncre,&■ riufeire in tuite le imprefe, & habbiano ad cjfere in molto feruitio della nofira patria, bauendo cominciato ad acnuiflar credito , & buonmmein fiyfìo-ucìtil età- N. S. Dioglìprofperi, ór faccia felici, & per Lifpctto loro proprìo;órper nofira confolatrone. Bacia-rcte Marcella in nome mìo, & Bafliano, & Verinofl-(luali mi piace che attendano alle lettere , ór che voi. babbiate [peranga, che almeno imo di efii vii:abbian far frutto. Fin che fono in quella volontà,fe gli vuol fa te attendere, ór accenderuegli, che come cominciano a pigliarne piacere, da fe mede fimi pegni taro vdlemicr ì, Órfene imamorano,ór non lep offe no più lafciarc. Flauioje,ór la fua caufa uì fi ricco-,ridda,thè e (feudo ^oi giudice, facciale chepofliate giudicare,con fa r la ricordar alfuo procuratore,,che la folle citi, che altri non ^mìn quella città , che ne babbea a pigliar piu cura di hcì L E T T t -R. É yoi. lo hauerò caro che fi efyedifca, & gli fàccia te h ' nere I faci danari , che’l credi-o fuo è chiaro, & et Ihada pagare è potente a pagarlo. State [ano con tu ta la y o fra famiglia. Di Roma. vf 3. diNouemb. "Pietro Bembo Cari» A M. Gio. Matteo Bembo, VcHavlfofolo , accioche diciate al Magnificò V ^ Quirino che io mi allegro con ftaS. dei bello, & r lite,et /ingoiar giuditio,che in fuo. parte effo ha fai io nela elletùd ingcnìofiffima del vice Coll atte al di Va dona. Vero che io li fo intendere, che il detto eletto è/ld lo amico di 16. ò 18. anni del Santiffimo Broccardo, il più caro,&pia intimo,&piu a lui fmile, ch’egli hab-biagia mai battuto. VleUaqual elettione oltr'al daunO della patria noHra,cbe fcguh d da tutte quelle bande,eC per tutte quelle vie,che i ghiotti, &feleritati.che fonò ingenio fi fanno trottare ali’ vtìte pariicUar loro, fe fud Magnificcnga batterà ojfejb dite i'ttoi veri,et fedeli ami civoi,&me,mancandomi della fua fede, & promeffd datane coft pianamente in copi coji honefla, &ccfi del noi defide ata,& coft propria, effo almeno ba\feruitc i a fatto infinito piacere al V(fiottato di Bnfida,che ual bene altretantoplqual refe otto per l’amicitia fatta 1 d cofilii DEL IIBKJ) XP. 39; cojluì a tempo del Broccardoglì ha ogni fuo[morepre ' at° & (juefìa ìmprefa. TS[è ha linfelice,& mifero altro f°Ilegno alctftio battuto in Venetia, che quello del Fef-l'°« . Etfe'lFcfcouononera,ejTo non fi /aria pollo et tal richieda, Bt fimo, fé M. Girolamo banejje al Fé co vo donato un btnfuio di due. 100 di entrata , non gli ^auria fatto maggior piacere,né più rilegato fcruitio di {l'le$lo. Saperci adunque hoggwiai quello, cbc haueffi a fare , quando io piu dcfdtrrafi ottenere alcuna co fa da l Ma non più. State fano,^ degli amici ambitiofifì-dattui poco,fc poco volete ejjer ingannato, 1 quali meri tre vogliono,& procurano che tutti a loro freno amici, Tcr cijeguirc i defiderati,& cercati bonari effì a ninno feri amici rimangono. Onde io poff» ben dire. Come ua ^ mondo,bpr mi dilettaci piace,quel che più mi distia ‘lue. Fn altra volta fiate [ano. ^4 1^. di Mar%p. M D XXXIII. DiTadoua. "Pietre Bembo Cari, A M. Gio. Matteo Bembo. A/T Olto Mag. figliuolo. Tcnfo che già haurete fat jp-'X. to pigliare lapoffeffione del beneficio di Caja c> perche le difficoltà del Bgtuerendiffìmo Cardinal TU ^no> ilquale,comeper l’altre vi diffì, ha jeritto a’fuoi rfffi kjnno da partito , efr la fimo ìimprefa, perche non lettere mn hanno ragione in ejìo beneficio, & ilfuo Vicario di Treuift non t'ha potuto conferirei emendo uocato in J^nmapcr morte d’itn Camerieri diT^. S .Se pur non l'b.rkefir ancora fu :a prendere, non tardate piu,accio che non gli interuenga qualche altra difficoltà. Fate 1 opera di hauetne l icentia da a nei Sig. e mandate a pigliarla , come per la prima uifcrisft, & fate diligèxf d intenderefe ci tJ da rifeuotere, qualche parte de’frut fi, o fiito de’ejjo beneficio, che è da credere , che qual che co fa ci fta da rifeuotere,perche buona parte de ifitt ti fi tuoi pagare a 'Fiatale, & ancora dapoi Natale. Et effeniocidarifcHOtcre,fatecbefirifcuotaal tempo , thè fideucp agare.Etfe quel Giuflimano,alquah èfttt io il benefìcio conferito, ne haueffe rifcofjo alcuna pai le, dimandatela, &fate opera, che uifia reflituito, perche no bau&do ragione nel beneficio, come non hi potuto rifeuotere, nèpuò temere i frutti di eflo. Et nel refio fate fecondo la prima lettera , che ve ne ferir fi. Sono Hata afìretto a quelli dì , fcrluerema lette' ra a V. Mag. che le farà preferiiàtafin fattore d'itn Federico da B ogfgplo, ilquxle nonio., come haor.io di guerra hauer f aldo dall’ili ufi. Signoria . logli rifpofi, che la fignoria non fiwl dar folio a ninno,fe non a teM po di guerra, & quando ha bifogno,pnr non potei r.C' gare di fcriueruene. Nondimeno V.Mag. quando fit-rà ricercata, fxccixlin quello quell'opera, che le pare rà conucnien:e,&bonehlàdi fare,et no piu ohra,che^ nonmi curo >cbe offa fine [caldi piu che quanto giudi cherà DEI LI B HO XV. ' 504 tbera che fia ddfarey&le piacerà. Vero non l'ho volu ta auerttr con cpaefia. Salutate Marcella, dir fiate [ani. bi noma a’ 25. di THou. M D XLII. "Pietro Bembo Card. A M. Gio. Battila Rannufio • \T 0 hauuto le opere del Fracafloro, & darollcbog JL gi al Sig. Giacobo con bordine rofiro. Mi ri!pon aoiope>òche M Cola non è qui, ma è a uìlla nona. Te To ho aperto L- yofi re lettere. Quanto al mio uen'n\chc de fi clerate farei già ueuuto , s’io non bain-JJi ueduto Ict città tutta infaconde, & fefìepcrlo fig. Duca di Mila-ìì0- Lo lafcerò adunque partire non Jolo di coLlà, ma an cor diPadoua,& fubìto me ne verrò. Quelli che dico-ìl° ch'io non fcriuerò quefla benedetta biHoria,ucdran Kofpero, affai tofìo quello che non uogliono. Et già ho incominciato fatiche àquefìofine, ancor che io uorrei cheejfi haueffero quello carico piu toflo c batterlo io , & farei contento ctiefiifafferò in ciò contenti fi come contcntiflbno fono, che'lbuon M. Gio Battilìa Memo babbia battuta la lettera con ducati cento,che mi ferine te' Mnxi ui priego ue ne rallegriate con lui da mia par teJo lo ucdrete. Lt certe ancor quello premio è leggie-Yff1Uolo,& certo fono bene,&gentilmente tradotti. Cre dotuttauia bauerui ritrouato vno errore nella carta. 63. della fecoda facciata,dotte dice. Dico,che t'ananga. piu di fette ni la leghe.llcbe non é po(]lbile}chcpoco &ponetelo nella libraria (erìga fameparola io cj cuno, che partendo, M. Ciò. Matteo,non voglio che’l 1 ro refìì f timo di Luglio, M D X LV1, di Roma. Tietro Bembo Card? IA v' H tempo contrario ,perikhe trottandoci noifo-PJ a Salamoia,giudicatnm o meglio lo [montar li;et an ayeper terra a Barcellona, maljtme, che ninna cofet ! Partita piu comoda * che effereprefli ad abbracciar “terra, ujcirdet mare,&dire, & nirnio telluri! ‘faorU amore Egreffi optatapotiuntur Troes arena. tc°Ji facemmo, (montammo a Talamoja, ikbeperò l°n potemmo fare fenga qualche danno ,penhea me >lotte innanzi .ditte caualli,ch‘io haucuaimbarcati Jfa0ri vno il migliore, ch’io banc([i;dapoi il morello ^cbinea. In Vaiamola ci è conuenuto tardar per 1^‘irogiorni, fi per li caualti,cioè non fapeano anda ' terne per ribauer noi, eh"tramo rnegi morti . vi’ etto partimmo per Barcellon a > oue arriuammo zittiate H primo di Maggio. Qui habbiamo trotta-«nto mal modo di metterci a cauallo, che conicene c t^darpiu di quello, che non uotremo, e ci farà ne Jl^io far grandh fma fpefa. Tur faremo ogni no (Ira ài partirji prejìo per la corte, laquale è in To-Osi 4 (^v^V • > LETTELE ledo, & penftamo di far la aia da Cefar’^iugufla, chi ci è detta effer la migliore, & più breue. M. Gafpa-ro fcriuemmo fubito aggiunti a Talamo fa.&penfiatno trouar fuc lettere a Saragogga,che c informino di quel lo,stabbiamo bijogno. Tf<)i d’Italia non poieuamo pAt tire i peggio informati del tutto, di quello , che ci pat' timmo. fk Genouapoi,tanti giorni,che ui ftemmo, wi non hauemmo nè lettere publiche (di che però poco ci maranigliammo) ne priuate da amico alcuno , ilcbeA noie flato digrandisfma marauiglia,&non fo imagi' narmi la caufa. Qui in Spagna Dio fa quado fiamo pel hauere lettere,pure nel tutto cigouerneremo al meglio, che per noi fi potrà. Ter lo mangi Dio faccia, che al tut to non fi fcordinogli amici noflri di noi,e uoi [opra ogni altro non mancate di grana a fcriuermi ogni uolta, che ui è data l’occafione. Tenfo,che meglio uediate uoi quel lo,che occorre,che non facciamo noi. Ture dirò queflo, che’l carico,che noi teniamo è difomma importantia, e forfè de maggiori, che già qualche anno fia flato alle jpalle di alcuno,per ciò uedete,che di là non fia manca' to di quello,che èil debito,di tenerci beniflrutti,e infot mati di quanto è neceffat io. lo .dapoi che fon fuori di Fenetia , non mi Cono ancora trouato con l’animo più quieto, di quello che hard mi truouo,& tutto è,per ch’io mi truouogia fuori del-l’andar per mare, & tutto il reflo mi par nuda, auert-ga quello che fi noglia. Non fogià io poi che una uolta ho fuggito queflo monJlro,qual cofa mipotria indut DEI LIBRO XV. S°9 r( * tornarci. In nero il pericolo, ìlquale noi babbia-?x° lanuto, é flato di forte tale, c/;’zo nì0 bello,neiquale vorrei che eh l Poncr tanl° fpeffigH arbori piu di quel che fono, fi;la men ^ meZ.° inpù par effe tutto vn bojcofoltif-V 0 ' muro, doue fono i conaflrclli, non mouen^ lPer° yucllì,vorrei, che [otto l ìnuerno facezie pian-I *Wtipesfi, fi che con tempo fe ne poceffe fare Uncl y lera > & il medefinno facefìe appreffo quel mu~ ^ t (l fi fJ fa p 7 / ì /in vr\ rr e» zi vi y/ zi >« yiv» m-. .. * » ^ m ^ jTI f 11 _ I y # V •#» vn-vy * ut j kuv/ig uyfstcjjv fllW** °> dotte è il lauro grande pernierai conaslrelli al 1 altro _____ ^ - ■■-■•V v tir u giuuuc f/zi megy i oununrcui altro muro, doue fono le rofèfiafciando però le refe. ln cbe quei crefcono , vo?rfz che fede metter ci-PresTi r. ,z,„ j:__________ic /:__n. r../_____n. i (ivi VI CJLU/IU i vuitcì LUc jcllc frie ilei Pfesfi fpesfi fi che anco di quelli fi potcjje far una ffal-!era,ìquali bifogna che non fieno sfrondati da pie ; *' "OCrlf* S l - + , é 11 9 ì rflzLe » » e* yx ^ P , / , — - * * ** )±mM i / mi “iiquau uijogna ette non peno sfrondati da pie ; ac-Moche vefta tutto ilmuro a Sdita, /tire altra il retto , l frate metta quanti rofari fu possìbili, fi che tutta Barcellona è bellhfima città, ?» bellhfimo fito » cdaquale mi pare doucruì f riacr'alcune poche cofe Vfrfoflrocontento.Ha gran cnpiadi giardini bellifs.di 'flrtì>& naranci,& cedrile cafe buone » i^r commo-J'frbricate di pietra,& non di terra, cow nel reflo 1 Catalogna.llpofla al mare,ma non haporto. Ha vn ^finale, doue altre volte [alenano hauer buon nume-^ t^filccjioyd noti mt betnno ulciitia. rtyou è molto u-* frante,ne d\pane,nediuino, mah agran copia dì la cau/a è perche ilpaefe manca d'huomini.ll C )e dicono,che è per la guerra,che hebbero col .j*an>per caufa dclfiglìuol Don Carlos. Oltre che tttto llpaeje di Catalogna é piu prefio abondante di diuerfe imi \ i i /i; $ m L E T T £ 1{£ forti d'albori,come pini, & altri jcluatici che nolp^r at:o aefl'er feminato di frumento. In Barcellona ut lauda loro,che è coja bella, &■ fimi lì a monù di Fent* lia, vellaquale ui è una grandiffma fomma di denari' Sono [oggetti alla Corona di Spagna,di [ore,che cffif rò gouerr.ano la lor T erra,con tre Con foli, & il confi' gtip,&hànotdtipriuilegiychepoco èquel,cheil Re hi può comadare.lt di quelli lorpriuilegi,^ coHumi 'hanno, in uero molti fono poco honefli, cornei baiti! c hanno fra loro,& il coftumc, che chi porta uettoud' glia alla città ancora che ui habbia morto unhuorrtO) uipuo andare impune,c molti altri fmilitche moHrF no,che abutuntur della libertà che hano, &piuprefto fipuò chiamar licentia,che libertà. Fano pagar gradi] fimi datij à'ognicofa,fenXfiperdonar nèad^imbafch tori, nè ad altri,nè all'lmp. mede fimo, Ile nani che forgono nella [piaggia loro, ancor che non [carichino II robe.fanno pagar di tutto quello, che dentro rihanno» Oliando ui uala Corte, ft fanno pagar i fitti delle caf fuor a di ogni hcnefià,& in ogni cofa fanno fi, facendo' fi Corte, i danari che da.no all’lmp. uirefiano in Bar' cellcna fono affai belle C hìcfc & alquati rr.onaflerq dt monache non offertiàti. Tra le quali quel di luncherdf è bello,& memorabile. Le donne di quello monaslcrio fono caualiere di Sàt’ago,&portano la fpada rofia,cO me i caualierì,& fi pofiono maritarc.Vicìno à Barcel' Iona uibunmome, opromontoriofoprailmare , che chiamano Monginifilqual dicono alcuni; che è quel, che chiama Tomponio Mons louis.In Catalogna àcaf dona DEZ LIBBJ) XV. srt l >nongH farò ingrato. / o c«ro piu baucr quel loco, Murano bello,che altra cola al mondo..Altro per bora [frinii occorre,fe non che mi raccomando. Salutar:mi M.Vettor Fautto.e'r auando fcriuete a Verona. le araico,fin che io ritorno. ^‘WceUona.A $,di Maggio. Mù XXV. ^Andrea Tfauagero 1 A M. Gio.B attilla Rannulìo. \ Tlmando M.Gio.Bat. fratello, per il Magnifico . W. Gn0 trouato huomo chepyometteua di fxperlofare , &feì quanto io ho di qui intejo , la cofa è ridotta a buon tei' mine. Tocopìu innanzi vi fi vede vefligtj pur’anth chi di vn acquedutto di acqua, che fi conduceua ptf ^ monti dall’altraparte del fiume , che comehode0 fon altri piu che la Città, & fifaceuapafjar’il rio, fi entrar nella! erra, & forfè quel che fi vede , eh1 erajopra il rio, non era fola molto di acquedutto >' ma anco ponte,Certo òche da quella parte a quel cavi’1 no fi tritoli ano i canaUfchecon mirabile artificio co»' duceuano l’acqua, & per ffiatio di qualche miglia [> veggono ogni tratto, & fi conofcono al modo del rrf rar de glian ichi. "biella Vcga anco fi veggono vcflifl certiffmi ,& tyedochefian dnc.Icanonici,thè fon molti, hanno il P‘uottoche ducatiper uno,epoihihan nieno,mà viti 169 difetiectnto.uiltre entrate ha aflai,& ni so LETTERE tapcllanì,che han duccmo ducali Canno di modo cbt* patroni dij bolcdo,& delle dóne precipue, fonoipfl ti,i cfuaìi hanno benijjime cafe, eìr trionfano dando!1 la miglior vi! a dt l mondo,(or^a che alcuno gli ripre1t da. Il aerano di detta Chiefa è anco lui molto ricdi pieno di affail]nvi paramenti, & altre cofe. Iafetici vari] !\g, & .Arcme'couiper ornamento della fa.uifm molti drappi d'( ro con molte perle,&gioì1' & ira Caltre cofe ma cujìodia, ò tabernacolo da po1 tarilcorpo di Cbrifìo tutta d’oro, & d'argento co11 gioie poffein qualche luogo, la^ual dicono valer t’^ tamila ducati,certo è che è beUisffma, & Jupttbifi' ma. y\è anco ma mitra molto ricca,che ha alcun1 fe^ge di gioie molto b- Conte di Fonfalida, huomo di non molta entrata: d'ali-aparte di Selua è capo Don Giouctn di Ribcrh che è C 1 / 4 del l i b k o xr. 774 enei ficco, De'cauallieri,pochi fono che haboiano toolra mirata, ma in loco di ciucilo fuppli cono con JHperbia, ò come efìi dicono > con faniafia , della* Jiitlfon fi ricchi, che fefujjiro eguali le facoltà.non “ftefia il mondo cantra loro. Molti Signori han bei Palaci nella Città, & vi ho bit ano alle volte. Co-^ il Marchefc di Villena, il Conte de Zifuentes, & atT fa fai.Tra gli altri iti ha un btlpalai^o Don Ute J5° di Mondezza, che fu fratcldel Manhefe di Ze-ntte, & fecondo fìgliuolodi DonTeto Geniali s di Mendoiga citte fi ouo di T rledo & Cardinale. ML CoJìui, hauendo fatto il primo Genito Manhefe di ~lnete con trenta mila ducati d'entrata, l'afò ilpa-*te quindicimila ducati d'entrata. Fece detto Cardi-naleancovn bellisfimo hofpidale in Toledo . chet fetido alla porta di alcantara. llquale è bcnifjì- 71,10 fabrkato,et molto riccamente, fent^t fparagno di Co'a alcuna. Fuora di Toledo vi fon alcuni monafle-*}t' ma tra gli altri,duefono malto belli. Fno detto las s as 1 che i de Frati Girolami,nelqual vi è vn bel e a f0 di acqua, che fa il luogo bello, & abondante di aT ori> cofa da e filma f affai in quelpaefe. L'altro è de frati di San Bernardo, & fi dice San Bernardo,pià °n(ano, che las Islas, & dalla parte del ponte di San latino : ma bello ancor è efJo,con alcuni pini molta eu'>& altri arbori affai.tìa anco qfìo vita bella ac* ^Àalla qual fifa la belli Tja del loco. Io ui ho fcùt ®° diTuledopiù che da principio non mhauea penfa-l0‘ St*te fatto.Salutatemi il Fracafloro, & gli Signor IV * T»r lettere Torri, fcrìuendo a Verona, & attendete arricchir U yo/ira y"ilia Rjnnufu dimoi obegli, g-r diletteuoli arbori, accioche alla mia eunuca, dopo Murano, & Seluatfoffafar qualche buon pe^n della noflra uit* in quelle contrade co’i nojlri libri. Mi raccomando, XI. di Settemb. In Toledo. M. D. XXK. ^Andrea T^auagero, jl M. Cieuan Batti fi a Bannufio. T 0 mi pano domanper Siuiglia, & faccio,il card l no da Guadalupo,luogo dìuotisfmo, come vna SÌ ta Maria de Loreto in Italia, de lì vi friuerò, d'O gui altro lunga ch’io mi trnuero batter comodità.I du-cento ducaci,che quella Iditftrifjìwa fcgnoria m’ha do nati, (è n‘onderanno in q uè fio viaggio, già n’ho fpefo buona parte in muli, che mi mancauano, & alcuni caitalcature, lequali rni fono cottale carisfime. yadù a tSpo che già la prima nera è fuori,non lafcerò acca-fian di confidcrar qualche herba,metterò anche qual che penfiero alle regioni,&nomi antichi.e fe la pati' ; ra di nontardar troppo non m’impedifse,forft arriuC ' rò à Menda,già Emerita Mu gotta, nellaquale vi fi' no molte antichità,&tra falere vn teatro, & Mnf‘ teatro, gfr un Circo,a acquedutti affaiyne ad andarui i’a lunga molto iliamitw, pure mi co figlierò per viag gio,da uoihaurei caro d’tntEdereall’incòtro,comepa{ Jan k caje mie di Sclua, di Murano, Et come fon» ben BEL LIBRO XP. 3T$ en trt,nti que luoghi in qucjlo mio peregrinaagio,& rn*s<ìme à Murano come fono jpesft i Lauri,#- quan-t0'Crt fonti. Et finalmente , comeè bengouernatoil n‘[0 Hudio, c'ho a Genetta. Gran carico è quello 9 C l 10 dò a uoi,mt maggior’è l’amore, che mi portate. Uqu.ik vi faràparer’ogni pefolieue, Voi forfè,che con figliato foRe al principio qu ndo vi pigliafle I* foni ma nelle mie co'e volontariamente, je volete hora ejfcre flimato l'buomo, che (tetc , non pote-e fe non perfeuerare, altrimenti pot^efie effet fatto reuf Mandati. Laqual cofa fapete quanto falena efiergm Ueappresogli antichi. Di trilla Rannufia,# del Mar fango vofìro de fiderò, fe co fi vi piaci JJe,mi d /le qual che nouella ,perchedoppo i miei lunghi trattagli, # faHidij, non lo dcue habbia da tronar maggior tra~ ftiUa > che dal leggere ?feff0 k fo/lre lettere . ^Agli amici tutti raccomandatemi, fenga ch’io vi nomini Pfmnolarmente alcuno, & mafjìme a i f/gnori Tor* rh &fignor M. Tinto Bembo, col Calino. Di Tote-“4 XX. Febraro. M. D. XXn. Andrea Kauagero. vf M. Ciò, Sattifla B^nnufio. |X Okifsimo fratello. Io non ho cora alcuna pili ■1—/ a cuore,che hauer Murano i # Selua benhfe to0 piantaci al venir mio . caja fe non vi fojfe * nofi.ro modo t fe vi puoi far in pochi dì » tir j li t e r r z ^ ff Il piantar vuol tempo, & che firn piantati tanto chi ftò fuori io, para me un gran guadagno, per ritrovar gli arbori già crefciuti alquanto. Vogliammida^ quei Signori quei carichi,^ dignità che gli pare,io iti giuro per quanto amor,uiporto,che io non fui mai d nimo fi rimoto d'ogni amb\lione,come[on'bora.op* mio fine, ogni mio contento, ogni mio diffegno f incofa, che pochi fono y che il crede fiero. Macoftèt io il farò di brieue uedere . Bajìerà a me batter fatto crederà molti, che anco a conseguir quefle tal tofe,non fono ft inetto, comecredeuano. Del rcfìoft ben io quel che mi penfo. T^pn dico che difpregi co-Ja alcuna, ma vi dico,che il mio fine è alerò, & molto diuerfo da quel che penfa ogn’uno. E: fe mai fui fermo in queììo propofito, bora io farò; a queflohot molto importa a me hauer Murano prima,poi Seluat di forte ch'io me netruoui contento. Tercio uoi ue» dendo ch'io non ho alcun maggior deftderio, che que» flo,non habbiate rifpetto a cofa altra alcuna, fe non 4 veder ch'io mitruoui fodisfatto di quanto io cerco. ^4 Selua molto mi curo ctbauer‘un borco piantato à fila giuflo quanto fi può, & con firade per euagli . Tero fate a ogni modo che p faccia , & fia di quel che p voglia. Vi marauigliarete, che tra loccupationi ch'io ho di quel momento che fono » habbia cura di quelle fralche, che in uero molto propriamentep pon dir frafche. Ma non ue nema-rauigliate. T^uria cofa è, allaquale altra il carico ch'io bo J ifrpiù volte , tirpiti uolenticripenpi \ ------- " Terè DEL L I B 0 XV. aiutatemi uo'i I^rnnufio rriocaro, per ilpntep Hofìro in queliti cnia come nella maggior & piu im-f Pronte,che poffìatefare per nie,& penfate ch’iofìa Epicuro, ih e habbiaafartutta lamia vita negli or U,loftn qui u’bo ferino del [attornio, bora uenòa Hbidhcndciii^hc le [mente che io ni mandai con gli frangidolcij/onodi Ladano.Quelle chefur manda tc di Canditi aincflro frate di San Francefiononfur dduero Ladano.Qui ne fon moli] monti pieni,i qua-h quando nifi paflii, rendeno un taiodor di Ladano, l^e f una cofa marautgliofa. Qu ando giunft qui di Toledo’eh e era la primauera, la pianta era fi piena di quella uifcofÌ!(ltcbe dice Diofcoride,cbc ha nella pri-rnauera, che lafciaua folle mani il medefimo Ladano ncZrofmile a quello, che uien di Cipro a Findia. dicono qucjlipaflori, che lecapre in queltempo l0rHano piene, <& le cofcie, & tutidl re fio della iuta “'fla pinguedine,no la colgono perdine fan quel che 'diawa la chiamano xara. Fa una rofa bidca,fmile * quella del Cifto, ma piu grande, & con certe altre btf'Qirie. Se le efaminaretè, & che nafeano, uede-Tete d tutto.Se def/derareie hor fapcre, don e hot mi ambe di quefto, comedi mio cojln me fapete cf r Ye ut ne darò auifo. Son iti Siuiglia città pofìa tut-ain piano alla ripa fini flra del lieti s , le dicono ho-r* Gtiadalchibir. Può circondar da quattro in cinque miglia. biffimi glia molto allec'rta a* [alia che “J** Città di Spagna. Ha le [rade larghe, & bel* * M*a le cafe il piu de loro non molto buone. Vi fon 4 per» LETTELE però alquanti palaci, dellequali non ho io uiflo i gliori nei più belli in tutta Spagna. Ha affai giardini dentro,&non poco vacuo,come Città,che non è mol tobabitata, & ha poco popolo. Ha alquante belle Chicfe,&mas finte la maggi or,eh' e bellissima et giare di quella di T oledo,ma non tanto ornata, ne fi ricca. Hanno però i canonici dì Siuiglia ancor'esfi di 400.i« 5 00 duc.d'entrata l‘ajtno,per uno. jl canti la Chic fa ha un quaft clauflro,ò corte grande murati allaCbiefa, fi che tutto par una fabrica . attorni vi fon portici,& capelle,& tra 1 altre vna,doue vii il corpo del fanto , che dicono quando ft moflrat rende vn'odor mirabile.in mego ha come un bofeo di bellisfimi ^arancicon una fontana in mego . intorno tutta la fab ica, & di -jueHo clauflro , & della Chic fa, dalla facciata dinaagi,& da un lato di fuO-re ui è un falleggiato di marmori,affai largo tutto (et rato con catene, dalqual nel pian della JU ada fi difende per alquanti gradi . Qjii Han tutto il giorno moltigenùlbiomini, & mercaìanù apaffeggi*-re , & l il piu bel ridutto di Siuiglia . Quejh chiavi an legrade.nella ficaia, & piagga che è dinanzi, vi pratica anco fempre molta gente: iui lì fan molti in canti, & è come un mercato . Detta piagga è afia[ larga da due bande.come ho det o,gr da una molto di bella lunghegga. Giunro alla Cbieja ui è vn campa-nde,cbe é belltsftma,& alcisfma torre,fùrnita di bel lisftme campane , & grandi . Fi fi monta per una fiala mollo piana, & fenga gradì,come quella di Ve- netia ì) E L L ! B 1{ 0 XV. 517» ™l,a del campanil di S. Marco, ma piu comoda,& Plu chiar a.Di dietro la chi/ fa, poco lontano vi è /\y< t ta^er, che è palalo, che fu de i Z^f Mori molto rie-Co>& bello,&fabricato alla Moresca, fra bellisfmi marmi per tutto , & per tutto un bel capo d’acqua. Vi Jon bagni Yy fate, & camere afai, cheper tutte T^Qa l acqua, l oghi detctteuolisfimi per Pettate. Ha patio pieno di Waranci & Limoni bellisfmi . Et *l dietro piu bellisfmi giardini, & tra quegli vn bo-fio bellisfimo di tfaranci, che non ammetteil Sole. Et linuerno non ui è for e il , iu dilette noi luogo in Spagna. Fuori della Terra ui fono di bellisfmi wo -na(lcrtj.Ma tra gli al ri dalla parte che d Siuigiia , il ^natterio San Girolamo, de’frati Girolami, ilqual d bellisfimo,^- di fabr'u he.&digiardini pieni di T^a ranci,Cedri, & Mir i infiniti , Da li’altra parte delriovìi Umonatterio dcllas Cuevas di Ccrtojint, {be i)poflo in bellisfmo/ito,et èabondanris(tmo di bo febidi Kfaranci,&- Limoni, & Cedri & Mi u U n-’Kffìne , il fiume, che gli corre appreso le mura dii bardinogli dà grandisfinta gratta, & fa una loggia, cbe ha/opra l’acqua,hellisfima. hanpoi vn’acq avi ,,a di forte, che par che non gli manca cora alcuna, a <]vdla compita helle^a , che può hauer un l ogo . Efiongrado hanno if a i,cbe quiui viubno a montar di U al paradifo.Ftuono a quefio monafieno. tutt o il Pacfc è bellisfmo,& f rtilisfirno. vijcno infint i bo-Jjfhidi N aranci, che il Maggio, & tutto il re fio delegate rendono talfoauitd d’odore,che no è eo a piu LETTELE grattai mondo. Da quella parte del fiume vi fono>rt* moti alquanti dalla riua,colimi fertilijfi m'u& belliffi mi pienipur di Limoni,Cedri,& Naranci,&d’ogni forte di frutti ddicatisfitnti, tutto però più per natut* che per arte,perche la gente è tale,che ri pone pochif firn a cura.C omincìa nei colli di quella parte un befio di Oliui,che dura più di $ o. leghe, tengono gli Oliut beUilfimi,& fanno Oliue fi belle,&grandi, i h'io coti fefio non lehauer redu e in altro luogo tali. VaffatA la Certo fauna legha,opaco più da Siuiglia,ui è urial jro monafterio detto S. i fidar o, do uè dicono,che era Simiglia anticamente Ma èfalfo perche Siti:gHa. era ione è . Il momfhrio è affa] bello anchoì’cfioytriA qualche è piu bello, è che ui fi veggono infinite ariti” ihe.Traquellcuièun Mnfirea ro non molto grande, ilqualferba ancor tutta la forma & ijuoigradi,mA molte pani fon rinnate^ tuttiimarmi^ pietre ri uccheuierano, fonoleuateuia.yi fiueggono anco i vefiigij d'un tempio, & diTerme, fecondo che fi può comprender, maniunaccfa è fi intera come tMnfi' teatro, tutto ilreflo i confufo, & folamentepien di ruine,cbe non moflrano quel ch’trano le cofe . Certo è,che ui era una città, ma non penfo già io che fuf” fesiuiglia, ma piu preflo quel che dice "Plinio parlando di Smglia,ex aduerro oppidum eflet.J quella parte del fiume,ri fi paffa [opra un ponte fatto fo-pra le barche ; Et paffuto il ponte fi truoua ma parte di Siuiglia, che è bene habitata, & ha molte cafe, ma non ha il mede fimo nome. come luogo di» DEL L 1 B I{0 XP. |tS fi chiama Triana • s.tmolti fono che crtdonot chc (jHrfio fa Offet. Maio pongo qntflo. come par* tt>o borgo di siuigtìa- fin al ponte detto il rio di G ix* datcb'ibiry £ navigabile da navigli affaigrosfi, & li marea nel crescer dell'Oceano monta anco due teghe P‘u fu che Siviglia. Lagnai in u ro fa tornare il fiume in fu con grand'impeto, con ilqual fi fa facile il ut nirfn a j nauilij.Trima ch'entri in mare/a alcune if» kpMtendofì in due parft.lequai fono grandi at2ait &* fono bomffimi parcoli,pieni di animali,fi p glian mol tipici in ietto fi irneycom’ fi irioneycbe ft chiama in IP^fni folli' & aitre forti di pe^ci, ma fop^a tutto in fiihacopia di Caxalli, che fono Laide. ifteflifona tflitnati molto bunni,& in uoro fon molto giu gran* piu graffi che i no/lri, & perciò anco molto «li glìofi , òafta parte del fiume, che è duiglia>di fui-fui fono molti Monafìcri olirà fan Girolamo, tut-tl buoni, &• belli, & anco ut fono motti giardini, mct ^ugli altri ve ne. è vno, che fi chiama la Huerta del K?y % che è del Marchese di Tariffa . In que^o vii ""n palagio con una btlffjìma pe‘chicca, & tai balchi di tranci, che de i frutti loro ne cavano vn4 &randi(Jìma vtilità. incjueflo giardino ho vìfìoio9 & ìn altri anco in Siuiglia, Mranci ahi corno là da nfl fonate piante delle noci . Da queflaparte del y°ì nella flrada, cheuaaCarmonauiìunacque-ftto, per ilquale uien un acqua da Cannona.! voi fClf acquedutto,durano circa vn miglio,o poco piu futf i di Siuiglia . Ilnft j del camino di Carmona fin t e t t e n e là, uìen l'acqua per canali parte fono terra, & dlt volte dij'opra, al capo de gli arc hi uetlo Carmonaft vede un pc^zo difub/ìruttion annearouinata per lA qual fi con/prende,che anco gli antichi cond cenano quell'acqua. Tutto il paefe intorno Siuiglia e mo to» bello,& molto abondante,& dì frumento,& di vint & di 0gli,eir di ogni altra cofa. Le biade ft raccogli0 no l'aprile per il gran caldo, che viè/Uqual in ulto beffate beccefftuo.pure ufanomoki rimedi) contra i caldo,perilche falena dire il l{e Catolico, che era bt<0 no farei’e fiate in S’riglia, & iluerno in Burgos • Jo poi che ui f no ho fenato tal caldo,alla fine di M0* Zp,& l’aprile,che in Talia nonfntì mai il maggi0 re,ne il Luglio,net^4gofìo . Vero è,che dicono , chi queff’anno è centra ogni r gionr,rjr coflume del paefe.il Maggio poi é uenuto pii'< fic co di cucilo,ch’eri bifcgno,&bper Venti da Tenente, che regnano pel alcuni di, iquali auando fpirano ancor che fa metf eflatc,(oglicno faretti quefle parti,nò fola fre co, w* alle notte freddo . Per e fer Siuiglia nel luogo che è tti vanno ia\i di loro alle Indie,che la Città refi a mal popolata. & quaf in man di donne. per le Indie f ^ ciano tutti i lor frumen i.et uini,& mandanouigiu? foni,camicie calgt, & fimili refe, ihefin’hcra noti fanno fire,delle quali fanno infinito guadagno . Vii qui in Siuiglia la ca a delle contratttation dell'Indie» io,>.e conuengono uenire tutte le co e, che vengono d* quelle parti, ne pofiono le naui (cat icaiein niunaltr* porto. 'Ne/ tèpo ch’armano le naui fi porta a detta c* D E L r. I B l{ 0 xr. 319 *a Mo'to oro, dclcjuale fi battono molti doppioni ogni *nuo , eJr il quinto é del Re , cbeftol ejjer quaftftm-fre intorno a cento mila ducati. dicono però gli mercanti, che da vn tempo in qua Viene manco oro di ql d » cl°efoleua uenire, pure il viaggio c6:inua,& ogni anno vi vati nauiglij,& vengono in SÌuiglia;io ho ue date moltecofe dell’indie, & ho battute di quelle radici,che chiamati Batata^, & le ho mangiate,fono di fapor di cafìagne.Ho vifìo ancora rn beÙisfimo frutto , che non mi ricordo come lo chiamano, &neho Mangiato, perche è flatoportato frefeo, hailjapore del cotogno,infteme con quello delperfteo, con alcu-ftwilitudine anco di melone,è odorato, & in vero gentilift'gufdo. Voi vi ho veduti alcuni giouanidi yfoLpaefe, che fon vendi co vn frate,ch'é ftatoapre lCareÌ quelle pani,per imparare gli cofiumi di qua > ^ fono figliuoli digran maefiri nella terra loro.Fan 710 coperti al modo del fuo paefe megi nudi,fola co alcune, come carpe1 te,hanno i capegìi neri,(3- la faccia iarga col nafo (ch'igeato, come Cercasfi, ma di color Plu traggono al berettino.moflranodiejfer di buono ingegno , & efperti in ogni cefi, ma cofa fingolare è flato vn giuoco di palla, c hanno fatto alcofiume del fUo paefe.La palla era di un nodo di arbore molto leg giera, et che sballano affaisfimo,digrandeg^a di un perfteo,&■ anco maigiore,q na (anitra da dare maro' triglia afciacuno, ridendo il modo,col quale ella è fa fincata "Prima ha tutti i muri eguali,&biatubegg^ tij & fono fatti in tal’arte, che vno che vada appreff0 il muro, & ponendogli la boica , dica quel thè volt quanto baffoni ole,& rri altro che babbi poi l’oreC' thia al muro, da qual parte fi vogliadella camer Ot intenderà del tutto qui Ho, ehe dirà colui, ilqual ti' giona. Et vn’altro, che gli fia appreffo, quanto ft^ fofiibile, pur ehe non babbia 1‘orecchia al muro no» puòfentire co fa alcuna, et quell’altro per diflante che fiafentireriltutte, ancor che il muro tra lorofuffe in' terrotto da porta, o da balconata, che vi fi fia.La D» che (fa di Medina Cydonia ha ma cofa da notare,chi è vngarxpn nero pe^ado di bianco cofa rara, & di tnarauiglid . Et qui facendo fine a voi, & gli amid tutti mi raccomando. Salutandoci per parte del Sip Baldeffareda Cafìiglione 'bfuntio di fua Santità, & di M. Scardino. Salutatemi voi il Fauflo, & gli Sifc Toni quando gli fcriueretc: & il FracaHore.^t Jf//« di Maggio. M.d.XXFI. Di Striglia. jtndrea Tfauagert. \A M. Gio. Battifla Efnnufio. Xyf Effer Giouan Battifla fratello. M. Soardint IVA non è per venir per bora in Italia, perciò ili" bri , . DEI L I B 0. XV. 310 rì Spaglinoli dell;' cofe dell lidie, ni fi manderanno quando fi ir onera comm oditi migliore . Fra tanto ^adunerò q tei che potrò più,& mmderoHui poi ogni cJ)fa infume. di quello venni a Granata hauF uo prima pajjdto a g'tagjgn il Guadaxenil, ch'era Sin guis, il jual na'ce della Sierra neuada, & viene ap-fio le more di Granata . Ter limerò deUaquale ^llro l{io picciolo,detto il Darro. La Città ti Gra-,,at* $ polla parie in monte, & partein piano, ilpiù Pero in monte. La parte, che ènelmonteèin tre colli tutti diuifi vno dall’altro. L'vno fi chiama ^tibaeg^ *dn>pcbe vi vennero ad babitare i Mori di B.ieg'ga, quando i Chri[lianiprefero la lor Tei ra L’altro è det~ t0 ^iUa^aba. li tergo „-ilbambra . Queftapartec P‘u fparata dall’altre, che falere tra loro . 'Perche tra quefla,^ f altre parti vi è una vallctta. nellaqual Tlfon molto ipeffe le fabriebe, et per quella pafja del Darro. Deità ^tlhambra ha le iuemura-X le intorno , & e come vn caflello feparata dal reflo etla città, aUaqualpredomina quaft tutta. Vi è den-tfo buon numero di cqfe, ma la maggior parte delio Yatio è occupato da unbelpalagjgp , che era dei I{e 1 Mori, ilqualein viro è molto bello, & fabricato t ^ofilfimaweritesofide’mirmorifini, come di tut-f. attre cofetilquali marmori non fono altrimentipo tne j muri, ma fono ne i fuoli in terra . Vi e poi **grqn corte, ouer fpacio al modo Spagnuolo, mol 0 e^a 1 *& grande, & è circondata di fabricaintor °ì madavnaparu ha vna, Torre ftngplare , & L E T T E II n i, belliljìma,ch^ p chiama la Torre dt Conmares,Tifili’ quale ui fnm alcune (ale,& camere molto buone, le Hnefhe fatte molto gemile, & comodamente, eo,i lauori More h hi al’ai eccellenti co fi ne’muri,come nC i cieli delli alloggiamenti.I lauori fono partegefjo co# ero a(lai,&par e di auorio,& oro accompagnato,i# turo t Iti bcllilfimi, & rneffìme il cielo della [alai# baffo,con tunì i rmri intorno. La corte è tutta faleg' gìata di finiffi>ni,& hianchijfimi marmile i qualiut Jor.o peijftgrandiffmi.per mr^^o ut è come un ca## le pieno di acqua riunii una f emana ch'entraua i# detto pala\%p,ftr fr ne còduce per ogni parte, f & conglifuoi luoghi a poter fi lunare Jono tutti di marmo, et hanno la Ucf dal tetto fono molti uetri pojli, come occhi in o-gni parte. Di quefto palalo fi efee per unaporta felceta di dietro, finora della città,c ha intorno, &fien tom un bellisfimo giardino di un palazzo, eh'è piu al ‘ ulto in fui monte, detto Gnialarif. llqual Ghiaia-'fifiancora che non fia molto granpala%zp, è però bg fatto,e bello,pieno di giardini,& d’acque,è la piu bel a C(>fa,chehabbia nifi a in Spagna. Ha pi àpatij,tutti con acque ab ondantisfinte, ma tra gli altri uè ne e uno y acqua corrente,come un canale per me%p, pieno di belli sfinii Mirti,&^tranci,neiquale ut è una loggia, che alla parte, che guarda di fuori, ha [otto di Mirti tato alti}Che arriuano, o poco meno alparo delle balconate, i quali fi tengono cimati fi eguali,&fono tato Jposj),che paiono non cime d'arbori,ma uno egualisfi rn°,& verdeggiante prato. Sono quefli Mirti dinanti tutta quefia loggia, di largherà di fei, onero otto pasfi,di fiotto a ì Mìrtì.lfol uacuo, che gli refla folto ,• pi fono infiniti conigli, i quali uedendofi alleuolte tra 1 ffimitebe molto tralucono, fanno bellisfimo uedere. £ eicqua va per tutto ilpalagio , & ancoperle cadere quando fi vuole, in alcune dellequali rifanno Unpìaceuolìsfmo h abitar la Hate.Voi in un patio tilt touerde, od è fatto un prato co alcuni bcllisfimi arbo ti fi fan venir l’acque di tal maniera, che feruandofi alcuni canali, ferrea che l’huomo fè n auuegga fiando * ‘ Sf nel L E T T E % t itelprato fi forte crefcc l’acqua fattoi piedi,che fi bt' gna tutto. Faljì anco mancar fen^a fatica alcuna t & ferina che alcuno fe ne auucgga. Vi è una cof' te più bafia,non mollo grande, laquale è cinta diede' te verdi(Jìme,fì che no n fi redepunto il muro, con ah luni balconi,che guardano da un/coglio , dotte èp0' fio,giù in una baffexga per la qual pajja il Darro, v* fta bi'zara, &piaceuolc . In niello di quella cot* te vi è nnagrande,& beUifiìma fontana, con un vafi molto grande, et la canna di me^p getta in alto f(,c qua più di tre braccia, & è capo groffisfimo d’acqttd ài modo che fa un joauifiìmo cafcare di gocce , chefir tando intorno,& fpargcndcfi d’ogni parte,fanno fi1' fco anche a coloro che riguardandole fanno . fiù alta parte deliaco in un giardino ui è una bella fi la larga , che monta a un poco di piano, donde dà ad JaJfo,che ui è entra tutto il capo all’acqua che [eruca' palazzo,come è detto.Quiuì e ferrata Inacqua co te cbiai,i,dijorie,cke(ifaentrarqiiàdofi vuole, d0 me fi uuole.La fiala l fatta di manii ra, ch’ogni tad' to numero di gradi ha un poco dipiano, nelmeXfS ha una concavità da poter raccogliere dell acqua ■1 foggi anco della fiala da un canto, & dall'ala0 bàrio lepietre, che fono i cima benijfmo cavate codì( canali. ^tll'altro poi, dotte è l’acqua ui fino le cbtd' ui [sparate da ogni parte di quelle,di modo,cbe quan do uogliono aprono l’acqua Jaqualpoi corre per lic* nati thejono,ne i poggi;quando uogliono , quellatb1 on.u nelle cócauhà,ibefono ne i piani della (calai# quandi DEL L I B I{ 0 XV. J22 quando uoglìono tutte inficme , &[eucglìono anco Maggior quantità d'acqua, fia nel lor potere di farla ^eJccr tanto, che i luoghi loro non lapofono capire , fl che fpargendo per la fiala, tutti i gradi dì tjja ri-Mf^gono molto ben lunati, & anco bagnaogn uno % che ui troua,facendo mille baile di queflafine. Ma {,ljomrtM al loco non par a me,che ui manchi cofa al~ CUna di beUex^ì&piaceuolfZ^a,[e non uno, che lo C.0nffccJJè>&godcJfc,uiuendoiii in quicte,ctranqi il~ ‘!a>ne gUfiudq} & piaceri conuenienti aunhuomo a bette, de fiderio di piu abbracciare.Del Gniha ai if al tempo de i Ifi Mori, montando p iù alto fi rn-t]rfuain altri bcUifiimi giardini di impalalo, che cbiamauano los Mlixares , pei di qt elio ne igiardini ® Ut> altro detto Doralhaioga, che bora fi chiama *anta He lena,e tutte le Hrade, per le quali fi paffaua a luogo a luogo, eran con gli (aoi Mirti da un canto, & dak'altro, bora il tutto èqua fi r'Guinaro,7ie fi ue-Ae altro, che alcuni peggi ar.cbora in piedi, g? le Pcfibiet e finga acqua per eflcr rotti iconduuì; &.i ’^cfiigij.doue erano igiardini, & da i canti di Ile flra-“e> ancor che tagliali,pure ripitllulauan i Mini dalle Radici. Daralboroga era fopra il Gnihalarif pur dal ■aparteJopra il Barro. Lor Mlixares , effendo per ^dietro dell’Mlhambra è a mandritta nell’al ro jo-Prarro, verrinato alla piaggia a man dritta ut 9 Sf 2 yn altra l ■ e r r 2 il. £ m'altra Zirada dritta , & piena d’ogni forte Ìarù,ld> quale [i chiama il Zagatin, & è bonejtamer.te larga, laquale va a un’altra pia^a bella, & grande » qua' ira,&giuZla,ma èpiù lunga, che larga,con una bel' hffima fontana da uno de’capi,che getta molti canoni d'acqua in un bel vafogrande. ^Andandoper laZlra-da del Zagatin,prima che fi arrìui alla piazza,a mari dritta per una porta piccola fi entra in un luogo deU to l’Mezzeria, che è un luogo fenato nel megp & due porte, &con molti([ime,& belle ftradettepero-gniparte tutte piene dibotteghe, nellequali fanno i Iti or efebi a vendere fete, & infiniti lanari di diuerfe forti, & cofe varie,&bcomeunaMerciaria, onero un i\i?Jco appreffo noi ; perche in vero ha infinite varietà di cofe, maffìme di fete lauorate ingrandif fim.i femma . QueHa parte della Città, che è in piagno,è abondantifjima di acque,ne ui è cafa, che no hab bia acqua che vi va per li fuoi coduttì, & quando vo gliono ferrano i condutti con fuagran commodità,& fé la Città èfporca di fango la panno tutta lunare, dico la nane piana. Igon fola vi entra advfo della Cit-là la finente di ^ilfacar, come di [opra ho detto,ma moltiffirne altre acque da ogni canto, dellequali però ilpiù fi dannano come troppo crude. ^Andando lungo il Darro un trar di arco bugio fuori della Città, ui è una belliffima fonte chiamata la Cliente della Teia ; per l’acqua di quella muda il più della Città la fiate , et è molto firefea, dicono anco che èpiù fana deli'ahre. %AncorafiQ;i della porta di Fluirà a me^a lega,òpo DEL I. 1 t \0 XV. 314 topìà »z è vna fonte,che dicono efter fanisfima,fer la •juale fi manda affai la fiate, & fi chiama la Fidente della l\tyna.tìa Granata due fiumifil Darro,chepaf-Imperla città,& il Zenffche paffa a man manca,ap-M° la Città, voltando la Città la faccia al piano. Ticino a Granata a leghe cinque 0 Jei v’è una gran toeTitagna,&molto aUa,iheper ejjerfempre con ne-tifi chiama la Siena neuada.Q^efla non fa l’inucr-1,0 freddo qui in Granata,per e fier dalla parte di me-dì alla città,& la fiate rifa frefeo per la continua neuc, che ha , laquale vfatw anco affai a leuere qui ne ìgran caldi.E la detta montagna abondatedi mol te herbe medicinali,&in quefia trouarono ilfrumen Editantefpiche. Hapoinellafommità v» lago non ^ho grande ,ma tantoprofondo,che per lafuaprofo d>:à l'acqua par nera.t)icom alcuni, che in vero ella, ”&non turbida.Di Kefio lago nafee il fiume diXenil, ilqualpoi fi uien *ugu)tiPtàdo di molte acque,e paffando appreffo Gra-a,Inficiandola a man drittafini riceueil Dana, er ddpoi quello dell’altr‘acquerai ua appreffo Erya,cha (pa ^iflìgis, & Talma. poi più baffo entra nel Be-l,s-llxenil,è quello,che gli amichi dicono singilis . ^ que fio fiume fi adacqua buonaparte del paefe,do-Uepa(ìa,&fa grade vtilità,ancor che l’acqua èfred ^ molto, per uenire dalle neui. Ella Vega di Grana, t&grandìsfiiM fasjì,alle uolte,che ha nell'alueo,nè mai tacito . le riue ombroftsfme, &altisfime, & tutteue/litt da un canto,& dall'altro.Tra quelle uien moltop^' cenale,dall'una,& l’altraparte habitato di moltisfp me quantità di cafette, tutte con gli fuoi giardinetti» & effe pofle fi tra arbori che paiono in un balco, & l pena fi ucggono,in tante parte fi diuide l’acqua di qtit fio fi'.micelio,eh e anchora che eidafe non faria molto grade, fi fa molto minore,&ha fempre poco alta l’ac quaffe non alle uolte, che come tutti gli altri, crefi^ ancora effo atempodipioggie . Menano l'acqua di quefìo fiume per tutti quei colli in moltisfme parti fi per adacquare il paefe,come per molìni, & altri tali edificij.Vna parte menano per l'alt*e del monte,pi' gliandola in luogo alto,& Valtra piu baffo . Quella di alto ua più uolte di folto terra per miti canati nel monte,che è piaceuolisfima cofa da uedere,& di tuU tefihamoltevtilità . La vailetta, per la qual paf fa,è bellisfma,&piaceuolisfima, ne dà men grana al fiumicello,che riceue da lui;èdomefiica , & lauo-rata quafi tutta dalle cime ingiù fimo fi Ipeffa di arbo ri fruttiferi,che par faliiatica,&tutta bofco . Doue non e lauorataj però tutta fpeffa,&piaceuole piena | d'^lrbuti,& Ilici,&altri tali arbori. Ver quella tal Falle paffail- Darro,fin chcentra in Granata,Unir alt do paffa a i piedi del monte,nelquale è la .Ari)ambra, poi per la ciltà,^ di folto la piazza piccola,e poi pff fando BEI LIBRO XY. sàdo pureper la Città,efce di quella,& ya ad entrar VelSingilis . ‘per noejjer la Città molto antkamen-te de’Chriftiani, non uifono molte bellisfime Chiefè. "Pur ui è Santa Ifabella, fatta da la Regina 1 fabella , aJfai bella,mli'alto dell’ ^AlcaTtab a,nella quale ui flati no Monache,& al baffo ri ftfabrìca la Cbiefa maggiore mollo grande,che fin bora èflata,& è nella MO fibca, che era dei Mori . Mpprejjoa queflaCbiefa fabricò il Re,&la Regina Catolica una bella Capel-piu pretto,è da dire unapicciola Cbie fa,che cct-pella. rNcl!aq ita le lafciaron o rordine,& il modo,che fidiceffe ogni giorno afiaisfme meffe per Panimela i'o,& per la meffa cantata,che fi teneffe un bel Choro di càtori.Qui fecero fare le loro fepolture di marmo, aflai belle per Spagna,& apprefio il deprofìto,non ef-sUo ancor finita la fepoltura, in una tom ba alta di le gno ui è il Re Filippo, per eflfcr quello il luogo, do uè ordinarono ipredetti Re, & Regino,che ft fepeliffero tutti i Re di Spagna per effer terra., che haueuano ef-fì acquiflata di man d’infideli , jlll'aliar grande da un canto è il Re, & daWaltSò la, regina dal naturale >& pittura meglio in due altari che fon piu bau fi un da un canto, & l'altro dell’altro deW,Aliar grande, "f i è in una pala la Regina con tutte le [uè figliuole, nell'altra il RgcnlVrìncìpe Don htan fuo figliuolo, tutti dal naturale, .A quefla capella lafciò la Regina tutti i libri fuoi,& medaglie,& uafi iiuetro, & altre coje fimili, le quali cuflodijcono fopra la Sacriflia. "H? meno lafiiarono molti argenti, & tapeg£erie,ep r. e t t e n n f ut Arnesi di!eia,& d'oro. & ornamenti per tiittigfi altr'bó' per le tY>> o epuìttire coperte regie di metti r-ui i giorni fc Ieri ni. Ogni altare ha le cofe.con che ri ferue , di argento, &ipanni, che (tpongono inat ^jt fono moho beili di e arie fete, et foni tanti infteme co iparnmentiperlipTeti,cheognifettimanaft m tano di nuovo .Dei raTgi anco fi fornifcefpi ffo l.i Captila del Coro. Fi otto amo ntl Sacrario molte belli fi* me reliquie,Lfciate pure da'detti J{g,& Bigina . in* vanti fa Capeìla del Coro vi è vna rete di ferro, bellif ma, & beniffiwo lavorata, che dicono, che coflò affamimi dinari. Le{epolturefona in detto Coro nel me %p> durro dalla rete [opradetta. La Chiefa maggiore , che fi fabrica, farà vicina a quella Captila , di forte,che la Captila de i J{c uerràaeffer da uno canto. EfeptUìtoin Granata anco il grandiffìmo Capitano, & porgi) fuoi heredi fi fa fare la Chiefa di San Girolamo,per fare in quella Sepoltura, &poneruiil corpo come egli ordinò. E San Girolamo fuori della città,& la chiefa cerio farà belliffwia . Il Monqflc-rio certo è bclliffimo, & è deifrati Girolami . Ha gtardini,&fontane,*? due elnoiìri bclliffìmi, liquali non foto a’bauerurdutiinaltrotuogo.l’un,& 1‘altro ha una fontana nel mego.Mal’uTio èmcltomag-gore,&più magnifico,&nel mr^o è pieno di bellif-firni ,s>'ranci.&fpalliere di Mini, & altre verdure delicatisfime.Ter non effer ancor firnitala Chiefa, il corpo deigran Capitano (la in dtpofno in S.Fracef to,i*r ha intorno tutta la Chiefa una infinità di badie BEL L t B 1{ d XF. 316 guadagnate in Marie battaglie. Banca la cafa f..a il detto Gran Capitano in qkefta città di'Granata, & qui babìtaua. Di poca girata che fi tmouaua al prin cipioscon la kirtM,&fatiche tue >alla mone la'ciò piè di quartamàìla ducati d’entrata, olirà che lafjò dopo fc tal nome, che ofifra la fama cCogni altro, che fia Hafcmo zoo. anni fa in Ifpagna. Fuor della porta di Elma vi è anco un bellisfimo hofpitale, fabricato tutto dipietra ritta, & ornatiffimo, cr ferdgranfa~ bica. Ma non è ancor fornito.Fu ordinato dalla Bg-$ina Ifabdla, & fi uà facendo. Fuori della medtfi-1n‘tportapiu a man dritta, & un pcxzp piu lontano 'fi è un monafierio dì Certo fini, che fifabrica tutta-*i(tt&farà bclliffìmo . Habitauano prima piu alto in cima un monticellopiù a man dritta, bora fifone rì tirati piu al piano.Ma la Certofa vecchia,che babita-uzw,a me par e,eh’era un de i beili,gr allegri fui.che fi pofiono ritrouare.Ha bellisfma veduta, & è Inalo ritiralo un poco dalla conuerfatìon dellegenti,mtutto fipicno d’arbori fruttiferi, comi frani d’ogni forte,perficbi,fichi,cotogni,alberges,al~ bercocche,gh'mde,& altrìtaifrutti,cbt appena fpu\ ueder’il cielo fuora della follerà de gli arbori. Tutti j frutti fon beUisfimi,ma {ragli altri quelle che ch'ut~ mano gbindasgarofales, fono le miglior che fianoal mondo. Fi fon altra gli arbori fopradetti tanti grit-nati,& fi belli,&fi buoni,cbe non potriano efler più uuc ftngolari di affaisfimeforti,&masftme di Ztbv li fen^a grani.Tfe mancano gli Oliui fi fpe: fi,che paiono bofcbi dì querce .Da ogni parte intorno Grana-ta.Jra i moltigiardini,cbe ui fono,fi ne'lpiano, come ve i colli,feuì ueggovo,anzi fono (ancbor che no fi ueg gano per gli arbori j tante calette di Morefchi(parfe qua,& la, chcmeffeinfinve furiano un altra Città non minor diGr anata. Fero è, che il più fon piccole, ma tutte hanno le fue acque,&roje,mofchette, e mir tì,&ogni gentilezza,& mofìrano,cbe a tempo, che erano in man de Mori’, ilpaefe era molto piu bello di quel chora no è. Hora fi fanpur anco molte cafe mi-vate,^giardini andati a male,fecodo che i Morefchi piu pnfìo uanno mancando, che crefcendo, <&i Morefchi fono quelli che tengono tutto quello paefe lavo rato,e piatane tanta quantità d’arbori quitta ui è. Gli Spagnuoli,non fola in que fio paefe di Granata, ma vi tutto 7 retio della Spagna medefmamète, nófonomol to indHflriofi,nepiantano . nelauoram uolentìerild terra,mafi danno ad altro,e piu uolontieri uanno alici guerra^) alle Indie ad acquiftarfi facoltà,che per ta- DEI LIBRÒ X V. “ ^e. vZncor c/;e in Granata, non ri fia tantagente» come era quando era dt' Morì,non èperòfenonpopo 1°fi (Jì tv a , & non vi è forfè Terra in lìpagna, che fio. fi frequente. Tarlano i Morefcbi la lofan ica,&na-~ tia lingua Morcfca,& pochi fono quegli, che uoglio-no imparar lo fpagnuclo. Sono Chnftianime’zj.pev fortfayma fono fpoco iftrutti nelle cofe della nofira fe de,e fi poca cura iti fi mette, p effer piu guadagno de * p ti,che fieno cofit,che d'altra maniera,che nel jecrete loro.ofonofìt Mori come prima, ò no credono in fe de alcuna. Sono molto inimici di Spagnuoli , dai quali anco,non fono molto ben trattali. Le donne vedono tutte alla Morejca, che è habito molto fantafli-co,portano le camifcìe no molto piu tughe, che all'om belico,etpoi fus ’garagolles,che fono bragbejfe di tela, tìnta,lequalipur che entri un poco la camicia bafìa. le calge dalle bragbejfe in giù,o dipano,o di tela,che fieno, fono tutte rugate, & le [ue crefpe fatte perii trauerfoydi modo,che fanno le gambe groffiffime. Ife ìpìedinonportanopianelle,malefcarpepìccole , & affettate .foprala camicia fi veHono una uefiicciola affettata,& corta,con le maniche affettate,quafi co-tne una cafacca Morefcajlpiu a diuìfa di due colori, & in cimapanno bianco di tela,che le copre fin in ter vaynelqual fi riuoltano,& coprono fi, che fe no uoglio «e non fon conofciute. Il collar della camicia portano communeméte lauorato y & le piu nobili lauorato de orofdche anco fi uede alle uolte nel panno bianco,nel qual fi inuolgono,et ni fon dì qlle^he loportano lana rato z e r r e il E rttto intorno d'un lauor d'oro. Et nel re fio del ve* fi\r non meno è dìfferentìa da. quellCtihe poflonopiù » alle communi. Ma la forte dell’babiio è tutto rno • Tutte anco portano i capelli neri , iquali fi tingono con r>na ùnta ,chf non ha molto buon’odore, tutte \t rompono le tette,fé cr cfono,&pendono affai, & fie no grandi, che queflo reputano bello . Tutte fi tingono le vnghie di ^Llcobofche è di color come incarnato , Tutte portano in tefla yn conciamente come rotondoyche quando yi pongono in cima il panno, loro ri dà la mede finta forma. yfano molto i bagni glihuomini,& le donne, mamoho piu le donne. ^ tempo dei Rg Mori dicono, che ilRedi Granatamet-teua infime piu di cinquantamila caualli. Mora al tutto quaft fono mancati ò andatifene i Caualieri, & fcrjone nobilitò- quelli chefon refiati, tutti fono po-pvlo,i&genterile,da alcunipochiin fuora . Quando il He Catolicoconquifò quello fegno.gli conceffe, che per quaranta anni non yi cntrafie rmquiftione. Qtufli forniranno fra qualche mefe , & aitanti ch i mi parta di quella ^mbafeieria , forfè vi entri ranno gli inquif tori. llche patria facilmente rovinar quella Città,fe vorranno feucramcntc inquirit & proci der conira Mprefchi. Vero è che dicono, che fare tino introdottigli inquifìtori piu per inquirir co» tra i Chrifìiani, che vi fono , che centra i Morefchi. Vzrcioche con lo feudo di queflo privilegio , thè per quaranta anni non vifofe inquijitione, da ogni parie dì Spagna ri fono in qveflo tempo venuti ad habi- DSL L I B 110 xr. 32$ tMftinltipìfpettijer niiierfiam . Ma anco quella far à di danno a fiat alla belie^a, & augumento della Città Ter che tutù queftifabneano di belle cafe , & erano grosft merendanti. 7^on venendo piu alcuno, & deHruendofi di cjuclli, che ut fononi tutto under À *agioneuolmentepeggiorando . TSl^n vi è in Grattata gente di grande entrata, eccetto alcuni ftgnori, cbe.hanno flato in quel pegno , dtlrefto il piu dei Cbrifiiani fono mercatanti,^- fanno affaifatende di [eia, che in tutto quel regno è pt rftttisfima . T^pts fi pafeono i vermi in quelle pani di foglie di Moro fiiahco>an,zi a pena fanno, che fi truouiMorobìan-co,ne hanno esfi altro , che Mori negri . Dalche fi può comprendere, chela foglia del Moro negro è qU' Ila che fa la rtU buona . Silauora ogni forte di panni difeta, & per tutta Spagna han grandefpac-^lamento i panni di feta lauorati in Granata, ma non h fanno/i bene come in l'alia . Vi fono afSaisfirni te lari, ma non fanno aneli or b cnìsfi m o l’arte del la-ttarare.Tanno però i taffetà molto buoni,&forfè mi-lUoritche in Italia, & Le farge difetaiuellutiancho non fon trifti, t»a ancho in Ifpagna fi fan migliori in Valentia . il retto non fi fa far molto molto bene . Tutta la città può itecÒdar da quattro miglia. & inetto poco più, ma per effer'in monte non è di 'anta circonferentia,come faria fefuffe in piano . Ha rnoUe P°rte,ma le principali la Eluìra,quella che ua a Gna~ dix.gfr la Ramila,doue è lamafira de i Ca a'HMol *• trattagli o bebbe il B£ Caioli-, o a guadagnar quello. ZITTE E A ftcgno di man de'Mori,e fece una lunga guerra . la fin con la lunga palletta l’acquijìò, &fer difcordii che Henne tra Zio,&nipote l'uno et l'altro I{e di Ora nata . ligio teneual'^iìhambra, & ^ilcaggabaf nipote l’^dlbacggin.QHelio fi accordò col l{e Catolh co,& ancora con piega la città nelle fue marivhebbc grandhbmafaticha il I\e a fornir quella in/prefa. La Regina lrabdla non lafsò mai di ejjcr’infteme col Re* & con l’ingegno-fuofingolare, & animo virile, & virtù rarisfme inhuomini non che in donne,non fol» gli fu di grande aiuto,ma per quato afferma tutta Spa gna fu bonisfma cagione, che quel Regno fujfe acqui fiato. Tu rara,dr uirtuofisfima donna, & delinquale tmiuerfalmTte in tutti quei paefi fi dice affai piu che del Re, acorche fujfeprudeùsfmo, & a [uà etàraro-Fu gentil guerra,non ui erano ancor tate artiglierie f come fon venute daf>oi,&molto piu fi potè nano cono fcer'i ualenti r;: per copiacerui.Salutate il S. "M.Raimondo Tarre, &il Fracaft. jll’vltimodi Maggio. Di Granata, ti* D. KXVU Andrea Nauagero, Tt jiM* Z E T T £ R g M. Giouan Battìfta Rannufio. \ A ^&nific0 Giouan Battila. Del torto che t* IVI ho a non baucrui ferino f opinion mìa , circi Icfemenxe mandate, la fuaparte ne ha il Signore Tri.Raimondo Torre, il quale in quella parte defw flki, come non molto importante apprejfo lui noni molto officiojo quando gli fcriuete. Ho hauuto primi certa ferne/r^a con foglie di mirto fenon fallo quejìo l anche di qui,eft chiama mirto gtnùle.appreffo erano (erte femenge,le quali io non fo di che fieno,ma la n>1 tà d’effe ho feminate, l’altra metà feruata alla primi ucradafeminare . Voi erano due fpetie di or'zpjpet quanto fcriuete;l’una il mondo, l’allrail veflito , & fxluatico .di quello che chiamate mondo ancor qui hi uemo,&noilochiamamofegalamarina, diche nt facciamominettra,fola per nonbauergrandeabon' dantia.lo altre mite tm penfai, ebefoffe quella, che apprcjjo gli antichi era proprio Siligo,cioè quella fpl tie difoymento delicato,& piu lene,& bianco, et gii ne hauemo fatto pane dclicaiiffimo , & bianco, mi yoimi bauete fatto far nuoua opinione ; pur per nof ejferc anche certo, che fia or^p mondo,io ne ho femi' fiato di tutte due le forti, per vedere fe è piu fpecieti frumento , che d’orbo. Io anche glipenferò megli°> et vederò quel che ferine dell’orzo,certo è una fpeà1 (Forzo effere,ch’èpiu bianco,quel che Omero laudi’ ma che fu quello, io per bora non poffo dirne altro. P E L L I B K 0 XV. 330 &rAndisfimo piacere à me farete fe dì quelle fpeiiedi ferri a -poi note, me ne farete partecipe, &■ anche ne firmerete in quali difion,legnate dal Ciouio.perche io Mcora,benché fia bicorno lungi dal mare, ho trouato ìtelfuo Libro alcune ccfe a mio giudicio, che non flan falde. Come della Iccufla^dcarabo, e come del file-r°~ Mandatemi ogni modo le voflre annotationi, che quando a noi piaccia gliene fermeremo , & le voflre, & le mìe.Vn giorno poiché io habhiapìu tempo,ui uo ilio fcriuef alcune miefantafie del condro, della tip-fi>delia %ea,dtil’allea,di che M . Iconico in parte ha firitto.lo uorrei appreffo l'altre dami un poco di fati (a,che farà per ciò afai facile a uoi, & a me quafi ne sfuria cofa fapere, cioè che vedefle appreffo Taolot & .Attio, quel cheferiuono di Ekphantiafì,et lepra, *0» dico i rwitdij, ma la dcfcritùone,&i fcgni,et tra dotto lo mandafle quando bautte olio, che è poca co fa-forga c che io lo fuppia.perche io ho unpoco emen data al meglio,che ho pernio quella mia cofa de morbo Gallico al Signor M.Tiero Bembo, & appreffo ne ho poi ferino in prò fa aìffuffmenie, che a me pare no "’tefia ancor ferino iome niente, benché diuerft ne ^abbiano jeritto .vene farò poi partecipe , an\i vi fregherò, & flringerò, per t'amicitia -, che mi aiutate, <&■ diciate quanto a parte a parte ri offenderà. Molte altre cofe farian da conferir con noi, ma alpre fintele’ lafceremo, perche il San Gio. Batti (la Torte mi ha dato fretta al jeriuere. lo faprei rolentie-«j , chi fu queldifcreto fifico che medicò la poucra Tt a Ma- L n T T K li f. micinoflrilu’ti fono janiy & vojìriin tutto.auojìrd tio ho hauuto due lettere,una pochi dìfa,oue mi fct1 ue Har bene,& fucceder le cofe fue con buon credito' egli fi irò uà in Corfu, mi ferine che lui hilT ùrbit,< » Taluiro , & che me ne manderà a tempo nuouo, & Caffi,&obiter ftauì detto. che qui fi cominciò a der a xxy. di Settembre,&fi uideinjìno a quattro M di Dccembre,che faria la fua duration giorni Jettanti tre,co fi rara . Quanto alKficàndrofw giudico effif poeta Uupendo,&honnehauutopiacer infinito,dell* ' tradottion di ^Andromaca, certo non ftpuofenon li* dare confiderato ogni cofa,&che fi è fatto aflretto al ìefententie, & parole ifleffe, pur ci è qualche co fai che fi patria migliorar ( come penfo)& anche quale* na,i begli pedanti non la patirieno, ma fotta foprafì vii duo (lare mi farà caro hauer le tradottion del tUt‘ fcriue le offeruationi,che ha fatte Cerca la cometa,& fono molto conformi a quelli, ch'io ui fcrisfi del mio fieri* DII LIBRO xr. 3ji yeri41'anime, ne anche ne ho tempo, ma per vedere a Cofa‘ Poi hauetepenfato la materia d’un bellijjmo Poema, chi traducete à modo uofiro, & vedo che Indicate bemfjìmo, mapenfo, che faria fama d’albo fpatle, ni per bora ci haucrà chi gli penfi . Va-te Ptr fatisfanion uofira ho co fi tentato, come que-£“ > che prouano il Cua^o, & ho fatto quefli po-{hiuerfi ch’io qui ui mandò, per liqualipenfo vedere te>che non mi rìufcirig. la cofa. Delle Mede molto h» Aitato altre uolte col Mote,nèpoffo fatisfarmi.To* *rebbeefter che fofieil Milax, ouer Mili.cioè il Taf-ftypur’è un indiuinare.per bora teniamo coft. Del mio ‘k SteUis,altro non ho fatto, fé n'ó eh’è in effere, come 1 apra il tempo, onderò fino a Tofcolano,e uedrò quel cbe potrò fare. De i libri ferini in Greco di Roma, io n( lafciai cura al Gaietto, chepromiffe darmene aui-ktoa non ho mai intefo altro.fe Mon. Giberto noliro ^efeouo aderà a Bologna,ue lafcerò qual ch'ordine x ^■Fraceco lorre,cti onderà con fuaSig.& ca'o, che tlnon andaffe, il Signor M. Galeazzo Florimòte mi ba promeffo[crii-erne,& farne hauer cura,ìlauale è tlft!o vofìro, quando habbiate otio in qualche Libretta vedete di comprarmi gli M-riflotdi Greci, &gli tradotti,per l‘^rgiropolo,chegli u nei haurrr, or T'ando Icriuererein qua,midare e aui odel predo, fé unebeni accadere parlare con qud Mac firn che fece le no flr e sfere di ma allo , vo'entier faprehhe cofte-da una fehitt 'a, ma perfetta che fuffe diametro d’pn piede.non altro, je non che infinitamente mi racemi Tt } da L z T T Z H z da. a voi > & alla Magnifica M.Tomaris volirà Md‘ drejbaeiandoVaolino i DiverontiiiAXXll. di Ceti' imo. M. D XX XI IL Magne Isfero nobh qui das tuta otia C& fareflìmo ogni Jpffa,cbe ci andajjey et [aria cof£ ytile,& a me dì fornmo defiderio;penfatcci,& auifx teciin che cofa potrete darci aiuto . lo fon molto in tjuefìa fantafiai& cipenfo ognidi,ma ho bifogno età-tuto.La Vipera hauremo qui pronta, Girolamo Fracafloro, Gio. Battifla Rannufto. \j[^g*$co M. Gio. E atti fa . lojpejfo ( come IVI quello cbepenfaai fuoi mancamenti) ho con-fiderato donde fia che co’grandifjìmi amici io fpccial-rncte manchi di quello fi bimano officio ditfejfo fcri-ucrgli; <& non fofefia miofeculiar diffetto, opur fin in me come medico;penbe trono affai medici,fu.M è il mio gentilffiìm Monte,in fimìfpeccato,mapoipe-fando che quello può accadere à i medici, che fon mol to occupati o nelle pratiche o in altro, come il Monte in tradurre,& io che no ho pratkha alcuna,ne tradì* co,nefo lite,ne /Indio co fa, che non poffa a mia pofia lafciarefw conchindo ch'altro no è in colpa che la na-tura.laqualepiàpuò in me cori quelli,che fò'n grandif fimi amici,come più facili a perdonare aijhoìamic'up che bifogna che anche uoì me lo perdonar e,come peccato della natura . Se di me defiderate come depere-gre profeto,faper doue mi troni.e che uita fia la mia,-fappiate ch’io fon in Verona’ McftatS increpitans fera %fpbyrofqi morantes^ boramai pochi fono che mi ce Tt 4 no fi a- L E T T E R É nofcano per medko per la gratin di Dio, co fi con welt guadagno, mxp'iii contento me ne nò da piagna à c& fa. I miei (ludij fono affai bigarri, dapoi ch’io ufi) di quei Eccentrici mi ho laffato traportare nelle cotagio ni, di che appreffo i medici fi può dir niente effer trai* tato, effondo altramente materia piena d’infinita am- ' tnìraùcnefio nho ferino vn buon trattato, ho etiatlt ferino delle caufe de i dicretici a mio modo , & ho tol ta quella fatica alla Luna.laqual bifognaua a ognuno che sammalaua, ogni fettenario mandaffe nonfo che al letto,che feffe le cri fido faluo ogni co fa col moto de i noflri humori. Totrefle dire ch’io fujji matto» <2r perde fi tempo,e che meglio faria guadagnar qual che feudo.del che non uoglio darui la rispo(la,che fuol dar un noflro canonico *AlcbimiHa,cbc manda in fumo tutta la fua entrata,& qualchecofa piu.egli a chi gli dice che non douria far cofi, ma fpcnder meglio il tempo, fuol dire.Niun tempo è meglio fpefo, che quel che fi butta via. ma tra lui, & me è quella diferen-tia,che egli butta via il tempo ,&la robbaùo fe no la accrefco non la butto via. Co fi fe Manderemo pafandò,finche piacerà a noflro Signor Dio.Ma per rifpon-dere all'ultima parte delle uoftre lettere, fe Dante prò fetìgaffedel Crociero,o ne baite(ie qualche cogriuio-ne, per quelle quattro Stelle, che ferine batter uifie nel purgatorio iononfo.Bèfo ttedere, che quelle quat tro (ielle uol efjere in luogo, dove non è il Crocierai perche egli vuole che fiati fotta il Volo cintar ico, co me fi comprende prima dal fitOtdoue lui fi pone, citi s U È L L l B XV. 3s3 ljfjuincttiale, poi per quel che dice,ò Setientrionalue *ono ;ouù Vuo le < he non fipnfjano uedere dalla parte fettentrmalejUhe efalfo del Crodero^dcllaqualpar te fi uede anebora in ^tleff'andria^e tutto il Meroc, et ln °gni luogo che fia non piu di quindiciyouer quattor dici gradi di qua daìl’equinottialeJo mi penfo, che al tempo di Dante, per ogni modo doncJfe ejfer qualche fama di quelle quattro Stelle, che fi ueggono uerfo l ^ìntartkoyma era famaconffa, & non fi fapea b£ quanto fofjero lontane da quel Telo, & egli ftpenfaf fi che foffe proprio fatto qllo, et co fi fece quella pce~ fidi benché alcuni dicono ^che per le quattro {Ielle ft~ gnìfica le quattro yirtù.Sia come ftuuole, non può fi gdficar II crocierò nel luogo oueè.Et quefto quanto a Dante.Quelcbca me da più fastidio, che nopoffoa quadrare,alle informationi,chc ucifcriuetehauere di quefto,è,che fe le voflrei nfo r ma tieni fon nere, certif-fimo, & neceffam è, cheparte di quel Crociera fan-710 le {Ielle? che {orto nella gamba de {bradi dietro del Centauro, dico il Centauro, non quel di Sagittario , ma l'altro, percioche quelle felle fono in gradi tren-tafopra V Antartico, & fono in medio Cedi alla fine dì Febraio,quando il Sole -è nei {ine di pelei, & uengo ^proprio a effir nel Calura, che diuide la Libra, & ùmilmente f/no in medio Citili a quindici di Gonna-io,circahoretre mangi mega notte a & hanno breui-tcr tutte le conditioni che uoi fcriueteapparer per le rdationi de i piloti Tortughefi : ma quel che mi fa il dubbiotè,che in quel luogo ninna Stella ingra.3 j. laqual L E T T 1 ^ £ laqualpòjfa ejjerper pendicolarc in medio Cali, con quella che è in trenta, (&far capo, & piedi del Crociere iti una fìejja linea, come fcriuete uederfh quando fono in medio Celi, oltre ciò mi fa anche dub' hio, che s’intende quelle Stelle effer motto grandi, $ notabili, ilchenonha quella nella gamba defir a db Centauro, delle quai ninna è della prima magniti ne,fi che non fo che mi dire, fe le offeruationi fon re.Mapenfaua,che forfè quella Stella, ch’è nella ba de/ìra nelpiede dinanzi pur del Centauro, piti ti' gicmeuolmente /offe quella, che fa il capo del Crociò' ro,fe’l capo chiamate quella, ch’è più "vicina a noi. Laquale è preci fa in gradi 3 o.fopra l’antartico, & è della prima magnitudine. & pen fatta che vn’altri non in } 5.ma in 2 ^.fofi e di fotta uerfo il Toloperptf dicolare inmedio Cali,con quella, & poi i piedi fvfit' roin 14.& i<).Come fcriuete* ma non faria nel Ci' lux odi Libra,ma poco diftante.ne fimilmenie rifpoft' deria precife il medio Cedi nel fine di Febralo, map ca differenza di poco più di bore una,&mcga.Vnd tro dubbio ho anche che fate il capo, &piedein 30. & 3 5 .gradi,ma i bracci in 14. ér 15 . laqual difìan' tia è molto grande,offendo forfè digradi 15. & farli Crece maggior di quella che iCapuccini fecero met' feriti Cittadella.Confiderateciunpocoanchevoi,<& fe non hauete mandata uia la balla Celefle, uedete un poco quel Centauro, & trotterete tuttequefìecofe ch’io uifiriuo.fe uipareffe fcriuer quefti dubbiai fifr Quiedofi che lefiriuaio,forfè non farla male, & di* tì E Z LIBRO XV. Riandarli della Siella che è nel piede defiro, che è cofi notabile, fé ne harì cogniiìone jeparata dal Crociera, ò pur (è è pane di quello,ne altro fo che dir ni di que[h. Ma pche m'hauete trauagliato con Date, & dato oc cafìone di legger alquati Capitoli del fuo purgatorio; nò uoglio che anche noi andate coft fciutto,che no hab hiate a fare,e faticami nel purgatorio * gr vorrei mi . dichiarafte vna coja, f he io no poffo a modo niuno in ledere;fe voi no volete quella fatica,dimandatene a gualche DdùSlatche vi j>metto: che ne l’itèdono benei Lui fcriuc pochi capii, dopo quel delle quattro felle. Già era il Sole altOrìgpntegiunto. Il cui Meridian cerchio couerckid Gierufalem col fuo più alto punto, È la notte che oppofita a lui cerchia D i Gange vf’ciua già con le bilance Che la cagion di man quando fouerchià. Dichiaratemi come può effer, che la notte efea dal Gange quando il S'ole è nell’0rixpute,ìl cui meridiano pafia p Gicrufalfatiito,che aliar a,già è notte piu che lantetà nell‘Oriete,oue è Gange , & come efferpoffd the'l Gage ftagradi 90. lungi da GierufaU!, nelche il Landino piglid digrangràchi,& dice che Date fignifi (a che Gierufalefia t mego del mòdo, cofafalfa in fe, e cotra /’ Autore. E t coft facedofine mi raccomando, Mutando la Mag. MadÒnaTomaris uoflra madre, & la con forte. Bacciate Taolo vofìro per parte mia, Vi Verona, J.X, di Gennaio. 1534. Girolamo fracattoro LETTERE che noi attribuimo al cafo,& alla fortuna, non co fi, ma fia il Fato, che regga le cofe. Cerio a caffi foteuaauribuire,cbe voihauefleritiouato cornerà0 con un nel Mondo T^uouo, che ui deffe notitia di tate cofe che fi fan di là,& non altramen'ene folle inftrut tocche fe habiufe in quel mondo, ma che poi immediate renìffe vn altro a‘engroue1ant,& difol oilV0 lo Mrtico3che ui apriffe}ció che fifa là,&facete tavole di quelle regioni,io no fo comepoftiamo dire,cbe etiam queflo fia calo,ma concediamo anchora quclì* tffer fato ca'b, chi dianolo ha portato vnah ro dall0 linea dtll'Equinottiale,che ui debba dire, ciò che fi f° ancor eptiui? lo credo, che qualche gran Fato voglia coft,an%i di corto afpetto vn altro, che venga dal TO lo Antartico afarui intendere come fta là quella parte . Se forfè voi non v’hauete imaginato tutte quelli cofe,&fatto burla co noi. Ma poiché della habitati° ne folto la equintìttiale,ne fcriuete molte belle cofe, < dimandate fe io dubito in co'a alcuna, & fe ho da di’ mandami qualche cofa,io ui fcriuerò alcune cofe,ch° mi occorrcno. Trimafcriueteperrelation diquelg^-tu‘hnemo,che tra itropici, ouunque il Sole è prrpeti-dicolareyjemprepioue, & t aere è molto n ubilofo. 'd-chr io facilmente credo,&^rifiatile quafi lo accenna nelle Meteore,ma in quello, che aaduceteperf- gno D E L L 1 B K o xr. ns Zn° dello increme o del T^jo, mi fa un poco dubbio, percìnchc fe quella f iffe la caufa>bifngncria,cbe fern-Pre il T^ilo crefndl\4u/irale cbenel fettentrionale , C? fe è piu caldo nell'^iufìralc,tolto via il rifpetto deve ti, & de'monùidi che nell'altra uoftrafcriuete, chef fotria concferpo 1‘altre parti che fono fotta detta li pea,oue non è tal rifpetto,& dichiarateci un poco ft che dicono gli ^iflrologi de gli Eccentrici, eir corni fecondo loro bifogneria, che nel Cancro il Sole fofie più remolo da l’equinottiale,cbe nel Capricorno,&fi di ciò fi può batterfegno alcuno edam faprei volendo ri,Je tolto via il rifpetto della pioggia, che fa il Sole ! mafolum per flar tanto folto terra quanto difopraf DEL L 1 B B^O XV.’ 36^ Quella ragione farà forte calda òpur temperata; etìa intendere di che colore fon li babitanti , &fe è pia c*ldo làiche folto gli tropici,& che ingegni produce. Sirniliterdi quel Crocierò diche magnitudine fino èfl le ttelle . ^ quanto fono alte fjpra il Volo nel loro nego del Cielo.Io ho molto con fiderato intorno a effe per lo auifoxbe bauete del ftg. Ouiedo; maio certo *on intendo bene lo auifo,no fo fe uoglia, che di Gennaio nafeano come fcriuo,circa la mega notte,&poi circa l'alba fieno nel mego Cielo, perche quando fof fe cofi,a me pare co fa impofiibile, ne può effere, che t>no Orìgpnte babbia tanto arco fopra la terra,che la metà pane bore fei,& non fta Orìgpnte delle notti, fe non à noi in quarantacinque gradi, almeno agli cren ^cinque, e co fi farie delle delle fcritte da Tbolomeo . Opeflo feguita, perche in fan Dorninico di Gennaio fo no almeno tredici bore la notte,pertiche protrato l'O riXpnte di fan Domenico tfe alcune {Ielledoueffero in parte alcuna di quello batter fei bore dall’orto al me-?P Cielo, bifogna che peno lunghe del poh cintarti co almeno quaranta gradì,& coft fari! di quelle,che notaTolomeo . adunque èncceftario, che quello ^onpa di Gennaio, ma fia quando il Sole è nel tropi-c°efliuo, otte la notte può efier ben circa bore 11 . & bifogna anco che nafeano quafi un’hora innanzi nega notte,&che fieno in medio Celi forfè meglio-ta inàgi l'(dba,& coft fipuò ueripcarc, che tali {ielle fieno lontane dalv oh ^.rflr ale forfè a . ouers^. Sra^b Via fe fenomeno di quefio, non può effer nero l’ap L E T T E 11 É Vapparentici jcrhta,chenafcano circamera, notte, $ Che fieno in medio Cali all'alba, in Orinante alcuna» Si che informatali ben del Uitto;& dubito, che cjnt' Crociera non fta delle felle pofie da I olemeo, e fot' fe fieno le{lelle,chc fono nel ginocchio del Cauallo de> Centauro,maquelle fon nò più della i. magnitudine-Io afpetto con deftderio loifirumeto di legno;poi do ui piacerà leggeremo le cofe notateper mi, fopf* la rimerà dell’^ìfrica,&Etbiopia,et anco il libro del l'lfola di S. Tome . Dimandate anche a quefìogen* til’huomo della Spagnola, delle malatie peculiari di la,maffme delle: Contagfioni, & fe hanno ilGuail co. Voihaureteilsig. M. Raimondo Torre di corto tragli Oratori noflri.Tsfon fo con che grado ritornerà a noi.voflro debito farebbe accompagnarlo a Peroni & la[ciaruivedere,&godere-Mi raccomando. Sali tate M. Titian.raccomandandomi in bona gratta del Clariffi.M.Marc'dintorno Cornare. Di Verona. ^XVI.diFebraio. M D XXXIX. Girolamo FracaftorO’ Lf ’M.Gio.Battifla Fginnvfio. TV yT lignifico Sig.mio.Vi confeffo, che aliavo' JJV JL fra lettera fcrittami in morte del Sig. Conte finimondo Torre,io no potei cotener le lagrime, fouve rendami coft rara,et copgentile amicitia, allaqud1 nuli’altro penfo fipcfa boggidi comparare il fondi' DEL LIBRO XV. Mento j &fofìegno della quale cofirepcntinamentc è caduto}& toltoci per non douerlo mai piu ucderc. 'Hpn cercate per Dio più altre amicine, che ogn'altra a ri fretto di quella riparerà un rifa,nella quale nul-la Jìpoteua deftderare. Poi & io pur trappolo fa-perno,ì quali le guardammo a queljolo, c habbiamo perdutOydouercmnio tutto quefìo rimanente di vita di continuo dolerci: ma pur bifogna portarlo pattante Menterii ch’egli morendo,tutti ci pregò, fempre dicen do, chi uorrà far piacere a me non piangerà . Et fon ctrtìfrmoribora anche, fepuòfaperdinoi, fiduole del dolor noflro. Benché io fin qui non fo trottar modo nè occaftone che mi mitighi inparte alcuna . Le frequétìe degli huomini,oue vedo mancar quello che Malora ornamento.mi accrefcono lapaffione. Sedo i fuoi amici,i parenti infiniti che ne hauranr.o bifogno. he foli tu dini mi riempiono d’una triftegga tale, che ho in odio me flefio. Incafa per tutto lo nodo, & quella che prima per la propinquità mi era fi cara, bora per lo ifteffo mi è in e [iremo faflidio . Et co fi mi riuo nejopià a chi medicare fe non fo aiutare con tut lo §ìudio,& faticai miei amici. Venfo anche[pefio a uoi,e uolentier uorreipoter trouar modo diconfolar Ul • La uoHra forte vuole anche, che fumo fcparati, che fepur fofrmo propinqui, mi pare che quefio fola potrebbe effer all’vno , & l’altro alleuiamento asfaì, Mfipoìchecofi è, facciamo, come fcnuete, che con le lettere ci rifiliamo, & ragionarne inficine frefio, il tetnpopoi ci apporterà quel communc rimedio che F n porta L E T T E R t porta tutti.Come babbia un poco piu difpoflo l'animiy fermerò al Signor Ouiedo,efarò quanto mi effortate.^ fe nonfoffeil uerno di certo venirci a flar dieci giorni couo'hma fon troppo ueccbio,&mifento molto sbatf luto, prima della morte del fratello con qualche di-Jìurbo di molte cofe feguite da quellayma queH’ulcimj mba battuto a terra,patiecia di tutto.confiamo nati» Innan^tche intrauèni/Jero tanti malici fu forzi aggiugner’un trattatello a quei miei Homoceirici,nel quale difendo molte obiettioni , che da diuerft luO' gbimi erano fcritte,muffirne dal Bocca di ferro , & M. Bafilio Sabbato , & altre ) che’lReuerendiJfmo Card. Contareno già mi diffe.Se’l Giunta per aliente rafoffeper rifampare quell'opera, gli potrete diref che gli manderò anche quefta giunta.cercheròdidi-uerlirmi anche con quello. Ts^e più dirò,fe non che mi iti raccomando,et uipriegoà far forza cantra il dolo re,& cercar ogni diuerftone, il che è il maggiore rime dioche fi tritoni, Baciate "Paolo noflrofigliuolo per parte mia, ani' fatemi circa le lettere Gre eh e,Orlatine, cr circa U compiejfione,ilprogrejfo fuo.Di VeronaaXVlU di Nouembre.MDX L1. Girolamo Fracafloro. M.Giouan Battifla Rannufto, "X T IVTf^i Letteraà meuien piu cara, & pid xN dolce , chele uojlre : etiandio fe comparia' DEL L I B 1^0 XV. 3_j8 quelle di Bgma de'Canomcctti>& (ìmili coje . la rìccueile uoTlre co’i Dialoghi rimandati, (jr glidi-fcorfi uoUri[opra il Viaggio dì lambclo}&poi 'due al trCiOllcquali nfpondendo, prima quanto appartiene al Dialogo,che fi può dire il precipitato, conofco tut-tl i precipitij ejfere flati molto ben confiderati da noi, & dall'Eccellente M. Giouita : de'quali alcuni potete attribuir ad incuria>& negligentia, alcuni a uexa i-Rnoramia,alcuni a poca prudetia, cr uedo effercida. filr‘afjdiy&d'alcune cofe di metter, come da'affettar le>alcune nonpofjopromettere, come dar alla perfo-Xa del Tqauagero la fua cloqucniia, & non tifare alvine diflintioni Dialcttice,&fcolaflice, lequali yfate negli ftudij bimani,non panno fentiretma qui è da eonfiderare fe'l Dialogo le patifcet ònò, però che ì° fedo Tintone efierne pieno , & tifar diuitas , & fidili,& Cicerone ufar'itermini de'Logici, & non fernpre effef oratore.De'Dialoghi piu moderni non di Co altro,pur lo riuederò quando hauerò tempo, & h ridurrò a qlla forma migliore che a me farà posfibile, & fe degnereteriuedtrlo,lo rimanderòpoi.benuirin &ratio dell'uno,et l'altro.Nonpotcua riccuer cofapiù Sfata, che le uofìre correttioni,che n'han fatto auerti to>& prudente,&fé farà posfibile piu culto . Dodo piu igrandi, & dolcisfmifludijvoflri cir-Ca le nauigationi fatte in tante ctati,& eccetto ipen-fieri della Filofofìa,non fo qualipofiano effer piu ammirandi, che quelli , che uitraeno à confiderar cofi grandi,& marauigliofe cofe . Il viaggio piu facile, 1 V t 2 <& LETTELE pia 6 rjeae che fcriuete da e fi et pigliu to alle fpetié rie,non fo tjnalpoffa ejferefe non quello da Vananut alle Molliche,o 'agitando quel poco fltetto dì terrchO dando aia a ì Cameiiperle rnori'agne facili. . Quanto alcrefcimento del Tsfilo, io cograndiffimo deftdcrio a petto d in endere la vera cagione,et quel' lo,che gli antichi oefaro no. Tantopiù mi jaràgratat quanto per ilme^o ito'lro veniràin luce . etiche vi eforto}&inanimo, perche ancor che quelle cofe noti fieno eterne,cioè le cofe de’fiumi, de'monti, & dellt terra, fono però uicìne alle eterne. Del Dialogo de inteileiìionc noi ni battete co fi fmat rito nell’altro, che non ufciràfuora cofi immaturo et cupido d’ejfer villo maffime, che non ci uedo luogo di eloquèt ia alcuna.ne da parte della materia, ne dapat te deliauttare,pur una uolta lo uederete,e fe cofi bar baro configliar cte,eh’efea i lue, ci ufcirà,fe non figo derà di quella folitudine di Monte Baldo,o forfè quii la materia fermerò al modo ch’io ho fatto delle fmpd tbie,o pur poco i mporterà al mondo, & a me, che A riwn modo fi feriti a,&fiaueduta. Tenuta quefla vfi giorno,ho riceuuto la uoilragratisfima,qudto aluiag, gio di [ambulo, et i difeorfi(opra efio vi ho fcrittopet l’altra mia . Ostello,che io Icriffi, dellTfola Zeilaih voi pigliafle che iopenfafjì, che ellafoffe la TaprobA na, quando fcriffi Z:ilan, ouerTaproLana, ma uolp dire che la fola trottata da labolo fu Zeliamola T* probana, che bS fo, che fon diflinte, che la T aprobanf è quella,che chiamano Samotrafia zeila,fopra la mìa T) E L L I B I{0. XT. 339 vatia del modo è quafi[otto il capo di Calkut, et è pò flanella linea equinottiale, pertiche piwte effer che La trottata da lambolo[offe o la Ztilan} otter la Ta-probana.pnr credo fuffe la Taprobana. Quanto al Difcorfordiro delle fyecierie, io non L bo dittitiato ma imparato da voi, che già me ferine-fle e fedo in Trento, & come baite nano edificate for teXj(p nel Zilolo. Benbaueròpiacirc d’m&er quei "Piaggi chefcriuete che già iSo.anni fifacettano, & Tipriego me ne madiate qualche nofvia, che nò fono plàtan o occupato,che nòpofl'a legger cofi beile cefo, angi ho poche occnpa:ioni,che mi tengano oppre ffo. lioraparlando del crejeer di l T(ilo vi dico hauer let to infume con M. Tiecro Beroldo con grandiffmo fpajfo il maggio di quel DonTietro ^luare^, e par-mi,che s’incontri con quello che altre voltemi [crine fìeper relation di quel mercante delti fola di i\ To-Pae,che tra i tropici fempre pione,oue il Sole è perpen dicolare,o uicmo,che bcofi bellifìima.Sivede anche (he ql Do Tietro non era lontano dalla Merce. Quan to anebo alla cauta del cre/cer dd tiilo,mipare, che habbiale taciuto una concau[a, laquale per mio giu-dicio concorre col’ a Motta per voi, yo’caufate 'ola mente lepioggie,che fi fanno in quei l ioghi, come il Sole comincia entrar nel Cancro, ma io ri aggiungo un'altra,laqualc è che il Sole in quel tempo t) perpen dicolar fopraimonti Libici,dolche f fanno d eco'e^ l una la pioggia,che dura continua ,mtn re che l Sol flain Cancro, & parte di ione, peri he allora qua fi y u 3 non LETTELE, no fa mutttien (enfibile di luoghi,L'altra è la colliqui tion che fa delle netti,che fon fapra quei monti. Dalle quali due cofc,fi fa tataprecipitation di acque nel rN} io,che no lo può fiancar al mare, ma èfer^a che tato gonfino,che allaghino tutto l'Egitto .Etjemi diceflei perche non fi colliquefanno prima le neui in que'mon ti,conciofia, cheuedemo quando il Sole è nelTam'O inondare in Italia il Pò. & altri fitmiùn India l’Indo & il Gange, & tamen non è il Sole perpendicolare? dico che i monti Libici fono altijfmi, & una caliditd temperata non può colliquar le loro neui, ma ci bifi' gna il perpendicolo, &quella è l'opinion mia del ere jcimeto del Nilo iparata da i principi] baùnti da noi. Ma perche toccate un punto,che nella region Tra ' gloditica non filo ut pare ci fta iinuerno fcritto da dà Tielroqna anche un’altro,fi forfè ni àcaro hauer una regola da trottare in ogni habhatione,come fliano i te pi dell’anno, con gran facilità la trouarete a que/lo modo.De gli .Angoli che il Sole fa /opra la terra col fuo lume fanali fono tre,Tunobilpiù acuto,che poffa far in quella parte,l’altro è il più obtufo,che poffa far pur in quella pari e,l’altro è medio tra quelli due, & queflo fi ditide anche; pèrche òprocede il Sole uerfo l'acuto,òprocede verfo l'obtufo . JL quefii trouarete tutti i tempi,in ogni habitatione,perche quando il So le fla dall’angolo medio all’acuto,allhora è Trimaue ratdall'acuto all’altro medio è eflate,da quello medio all obtufo è Mitunno. dall'obtufo al medioè yerno. £ftc(lo tal proceQ'j del Sole batterete vedendo in che fegno, D Z L L 1 B TlO XK 340 fegno1& donde fi pam,et doue ra,nel fuo cìrcolo Za diaco. Et ucderctc che noi Settentrionali, che fiamo inora del tropico, habbiamo quattro tempi. Prima-nera,che è dall’Equinottiak fino al Tropico,cioè dall'angolo medio all’acuto ; perciocbe ilpiu acuto, che pofjafare il Sole a noi è il Solfìitio eHiuo: il più obtu fio,ilfolflitio biberno, il medio è l’Equinottiale, dunque Trimauera è daU’Equinottiale al folflitio.poi fe-g’ Leone, fi tirate una linea dall’unputo all'altro, in quefia linea faran gli angoli acuti,nno in me^o Tauro, l’altro in megpLeone,gli angoli obtufi faranno in due Tropici, ma l'uno propinquo a quella linea, l'altro molto remoto.gli angoli medij faranno quattro, l’uno dadali-nea ali’agolo medio, tra efia e il tropico eHiuo,e’l me- l •go l’altro tra il tropico eHiu o.e’l megp uerfo la linea, l’altro il megp tra la linea il Tropico biberno, l’altro il Tropico biberno,& la linea, T>uq; dall’angolo medio fino alla linea in me%p tauro farà Trimauera, dalla lìnea all'altro angolo medio fa rà Efiate,da quello angolo medio al Tropico e [lino fa ràautunno, dal Tropico efiiuofino all'angolo medio farà Verno, daquefio angolo medio fin allalinea'in megp Leone farà Trimauera,dalla linea all’altro angolo medio,farà Eflate, da quefio angolo medio al tro fico farà autunno,dal tropico all'angolo medio farà d Verno,fi che noi dite uero,cbe nella Trogloditica sort due uerni,ma quel che fifa nel Tropico cfliuo, è molto caldo,&ben dite che è verno di pioggia,pur comparatine DEL L 1 B 110 XP. J4r paratine fi può dir Verno,?altro molto freddo nel tra pico Verno , e quello che è detto di una parte propor-tonalmente,uale nell'altra,ma oppofitamente. Mi perdonaretefe fon poco conjiderato a fcriuere Ucofe cheperauenturafapetegià trenta anni, ma hi-h&napur empire ilfogliotma bauendo cofe degne, et tare,come fono queibei Viaggi,i quali fc farete flam pare con Paltre geografìe, oltre alla vùlita che uoi darete al mondo^ciafcun ne ricetterà tato piacere, qua lo di cofa già gran tempo Rampata. Hauete fatto be-M a inanimirmi a fsguire i Dialoghi,perche facilmen le fi come già molfanni han dormito, cofi anche gli lafcerei dormir per fempre;tanto poco mi fido nelle co femie.Tfe altro perhora;mi raccomando a uoi, & al U uofira dolce gentil ^Academia, falutando l Eccel~ lente M.C\ouita,&iVoeli. State fano. Di Verona* 'dXXVÀi Gennaro. M D XLVIll' Girolamo Braca fiorò « jl M.Gio.Batftfla panmfio. TV yf lignifico Sig.Gio. Battiti a. lo hebbi i Dif-IVI corfi,uollro,& mio, col maggio della Ethto piailquale ho letto, & mi è flatogratifjimo, uero è ohe fin qui non ft cauano moltexofe ,pur quelle poche feruono affai.ue lo rimando, acciochc poffiate manda te il reHo. (f tanto al defiderio che moflràte che fi do-UeJfefcriuer contrai'opinioni de gli antichi, mi pare L E T T E R É che /? che in ogni luogo fon 4 fecondo gli angoli,acutifimOi cbtuftfJìmo,&medfeome già fcrifjì. E ben vero, cl>e per qualche acciden*e fi mutino,iquali accidenti noti faria male chipoteffe fapcrgli, & fcriuergli. Vna co-' fa fola a me par ebbe degna da effer fcritta, cioè la tatione che fa il Sole nella terra,in diuerfe parti per il fuo moto,co fi quanto al caldo,freddo, hurnidofecco, come ali altre cofe,cioè venti,neui,piogge,generatio' ni, varietà di coflumi,d’ingegni, & fimili.ma chi vo le [Se fcriuer fai cofe ci bifognerebbon cofe afai, fi che le lafceremo ad altriy&a qwflo findurria il crefci-mento del Nilo,il flufò,&reflujfo del mare,& molte altre belle materie. DHL L I B I{0 XK 3^z per bora anderò dietro a i Dialoghide'quali ho , ^fcritto quello della poetica^ è aj]ai mutato fccon 0 [e eofe notate per M.Gmica, traforino etiam quel e ‘Mmortalitale anime,che prcfio ui madera,poi pia Ce>‘do a Dio finirà anche l’altro de intelleftione, il-f'ale forfè porterò meco atcmponuouo a Fenetia . wllaqual materia no cipoffamo rifolture, perche ne atlcbe la cafa di Volfelippo è rifoluta. Quanto mi ferirete di M-Vaolofodofommamente . e&i fi tnitq a quefla (aera difciplina della stirolo Ita, & Geografia degne di ogni letterato, & d’ogni l^Hlbuomo,maffimamete battendo tal maeftro,egui (‘‘z, quale è il noti (fimo Vedemonte, dalquale procedo n° tate belle cofe,ma prima ioni perfuado,che faccia lehr'a M.Taolo due sfere folide . L’una dotte fieno tiltte le figure celefii,con le fue dmfioni,& cerchi,ri-fcbe fono circa zo. gradi piu ®rientali.Valtra,che fia Mappamondo, fecondo i mo ^mifsqualì egli hahbia nelfuo studiojempre dinari "Q'Della prima fi feruirà in mille cofe, & le farà oro-fygio di dì, & notte, adoperando il quadrante delle aho7xe,vedr.rà anche ciò che fi uede nel Cielo . Toi gancio farà bene introdutta:UOglio,che per mio amo te gli facciate leggere quelmio libretto de gli Homo Centrici,oue conofcerà,cbe cofe fta ^Asìrologia ,ma p •«■dcjfo imparerà l’^tflrologia comunejaquale è trat 'iata tanto barbaramente, che perde lafua Maeflà « Z £ T r E R 2 . fliavciiendo alle famafie del nofìro amìcO) , priwa,che anch'io fon d'opinione, che gli caladi de1 ‘Pianeti molto fallino; mala cagione no mi pare aue la che fcriuete,pcrihegli ^tfirologi facciano un Zr diaco imagmario nella nona sfera,che fa mwolnpt angi gli po fermi lo fanno mobile, cioè chela te fi fio 'maginato in giallo , fi muouc in lvngitud,n ogni 200. anni circa un grado, & feco mone anco‘ sfere inferiori,ma la cagione che li calcoli non rifj1^ dano,che uogliono,cbe la ottaua sfera col fuo *Ariett faccia due piccioli cerchi itorno l'ariete della noni> gir fi muova per moto proprio,per il moto dellatrt' pidalione,&facciano quelli duepicioli circoli , fi compiano in fette mila anni, qual calerlo non riffi de in tutto,maifme in Saturno ,& Marte. Quan^ al fecondo,che fcriuete,non mi par cofi, ouero io »°!> intendo la fantafa fua. Perche fecondo gli Mfirof' gbgli Equinotnj della nona,&della ottaua vanno p preinficme ,fenon quanto per gli parui circoliietf1 de gli Arieti fi fepar ano, ma quello, che uoi feri111 te,che lo Equinottio, cioè lo Mriete dell’ot auasfid^ t in Tefce & Vergine, qi efio è ver o per rispetto de pariti circoli,e aco uario per rispetto del Zodiaco, fa il Sole di anno in anno,perche certo è quando H ^ le entrain Slitte,cioè la Eq1 inottiale, è lontano fi lo Ariete ottaua sfera per forfè venti gradi. ,, Quanto a qui Ilo che ferirete hauer lai trovato1 modo, cel quale i naviganti pò farro trcuare Ufi?0! 9 ue fono in lungi, udìne, credo, che qutfio faria cofi bel- D e L L 1 B \0 XV. S4S ftuif/ima, perche ninno mailo to‘è ironare, j'c non t^gli Ed sfi,ne mi fo imaginare come e[$erpofìci,per fiocheneceffario è[iatuir’una c<[a jiija , ò in Culo, à ln terra,tir in Ciclo niente è fermo, fe non ilTolo. che ‘teiò non può far niente, ne fi può dire tale (ieila.deue e or a efferp:p~a Atefjand io, e non fi ha un’altra mi fura,per tannale G fappio il luogo,oue fi é. Delle carte del navigare,w do fta nero, che nò por fìtto ilgiufio,riduci ndo le Un- e rette alle sferali, ma fttì maraviglio, che. nelle tauole nanamente flampate figari,èvia carta da nauigan ,laq-ale il parevo da Candia a Cipro non porta per garbino, & greco, ma Per Cenante, & Vanente, con differentia foto diun &Yado,ile/naie anche fecondo Tolomeo nelle fueTaito ^ è co fi.Ma còcliiudendo quanto pèfo circa quefì’hliO fttOjio pgfo che fia,digrandisfimo ingegnose capace di fttoJte dottrine,ma(e fia rifolutisfmo in ogni cofa, io Mn lo fo,ne poffo fapere. Dei miei Dialoghi, io poffo dire Laus Deo,chefir finente fono forniti,& tr aferitti, ma a dirai d nero a hma,è un poco graffa,&ci bifogneria tòpo,& forfè eruditione maggiore,pure fi uederanno,& quando farò configliato, gli manderemo in luce. Verilchefe ahro non ni’interrompe,ho deliberato ogni modo à té P° nuouo uenire auederuì,&fìar con uoiycntigior-tìh& forfè troueremo in V enetia qualche Filofcfo da Conferirglì,et mi aiutaretepure a dar loro qualche la ce . Ver bora nonmirefìa dirui altro, fe non che mi fumiate l Eccellente M.Giouita, &gliuoflri Voe- lettere tìtiqualì ben mi doueriano far vedere qualche lor coti pofttìoni fatte,& partorite in quegli ameni luoghi no fri difilla Rannufta, poi che a compiuta fodisfattio ne brogli hauete lafciato goder una gr a parte di qt& quando dice piu Hi tico,intende, non alfapo-,e>nia all’operationc della fubftantia. Ma quejlo[a-}ja uoler efer troppo MuiceniUa. Della figura man-neuamente del Eeubarbaro , & battuta da quei Tur- L -E T T E II E Turchine è cofi il vero, certo quel eh’è fiato portato in Italia con foglie di Laparonon è ubarharo. U non tacerò che’l Reuharbaro^che mi maniaflej pcf fettiffimo.prima a manicarlo è dolce molto compari tion deU’altro,potè pieno difucco, & fol:&dilette' noli auifho con qualche raro,& fignalato dono ; C.O' me anco l’altro giorno face[lc,>nandandomipcril no flroM.Michele, S. Michele il bel libro di Torfrio dell’aflenerft da mangiar carne.,gentilmente tradotto dall’Eccellente M. Ciouan Bernardo Ftliciano va* firo, ilquale.per molto che fio. flato ftampato, & da to in luce da lui già mole’anni non hauea veduto. TantoSlo,ch’io l’habbia fornito di leggere, vi fcriuO il parer mio, poi che con tanta infìantia lo ricercate. Quanto che mi fcriuete del commento d’Muerroe fo' fra la Toetica, io no l’ho maiveduto,ne curato di ve dere,per che non ci può ejfer cofa,fe non da ridere,ec' cotto s’egli non citaffe qualche commcntator Greco, cnde fipoteffe cattar qualch’vtile. Quello del RO' bortello io non ho veduto, flmilmcnte, ne quello del Maggio BrcfcianOjcbeintendo ha fatto fauorgran' deal uoflropenero M. Bartolomeo Lombardo, altri bnendogli tanto. Peduli ch’ioglihabbia, vi ferine , DEL L 1 B 1^0 XV. 545 r° quel che ne fento.D 7 bel libro Tortughefe dell’Io-die,donatoui dal Signor M. Tomajo Giunti ho bautta togìandisfimo piacerei &piu caro ancor farammifa pere fe quella foglia che vfano tener [empre in bocca Quegli Indiani,che dicono alleuiargrandeìncnte la tc lia,et confortar lo flomaco, dando aiuto alla digcflio ne, fta il Mal ab atro,ò nò, perche gli Malori mofìra-»o haucr hauuta poca cognitione di che modo fi gene Ture Thniopar che ne faccia una fpecir,che è foglia d'arbore,&potrebbe effer quefìa. Terchecaufa h bagnino fempre con la calcina io nonfaprei dirc,fe non fofeper leuarle qualche fai e dine, ò altro fap ore; febe Thnio lo fa falfo,benché Dìofcoride dica il cètra 'rio.ma credo,che i tefli di Dìofcoride fieno forftfalfì, & uoglia dire,nonnulla falfedine,oue dice nulla.Ter ebe par cofa molto ragioneuole, che in qitell'efjìccatio ni delle paludi,oue nafeono dette foglie, fi debbia ac-quillar qualche falfedine,ma [opra tutto quel nome Indiano di Bettelle mipiace,che ne Greco,nt Mrabo, ne Latino fuona in alcuna parte. Vani fa delle carnagioni d’Inghilterra rnè flato gra tìsfimOjperbauer intefo particolarmente il tutto di quello,ch’io già fcrisft vniuerfalmcnte.Et certo è cofa feeretisfma nella natura , dalla quale non fi può fi* dìfcorfofe non generale, come di molte altre cofe. Le caufe delle quali non ftpofjono faper'in particolar, ne difeendef alle proprie,et immediate. Etparmi,chc a fofficientiaiogia ne trattasfi in aucl Libretto delle Contagioni,ouc dico,che è l’egritudine tenuisfima,rrìa X x acuta, LETTELE acuta,il [oggetto è [imdmente tenuiffimo: dico il [oggetto-.quella parte nel corpo nnftro, allaqualeil pria àpio della contagiane ha analogia, come fono gli [piriti,onero la jcbiuma del [angue,Di qui [i può carneo la ri[pojìa al quefito uo{lro,jè tal’infeUione può ejfef portato lontano, come in Francia,^ iti Italia,& dico che noverche non può efìcr portata [e no a luogo prò pinquo a quell'Ifola,& la cau[a è,che effondo ilprin àpio tenuiffimo,&il [oggetto [milmente tennis fimo non può per contagion di corpo a corpo ejfier portata lontano.!? erciocìo e termina [abito,& in ungiamo,tal rr.onlc-chslo infetto non può portarla piu chepotcfie per ungiamo allontanar fi . Similmente il principio, cioè l’aere infettOjnon può ejfcr portato lontano,perche quella particola infetta è tanto tenue,che [abito fi altera,come è lontana dalluogo,oue fijìa.Terò s'è ue dato qualche fiata e fier fiata portata fino alla Fiadra litorale, ma più altra no,& non è come il mal Fran-ccfe che e fondato i materia crajfaì& ui[cofa,che può durar molto tepo,&effer portato enfi da corpo a cor po.come de’itcnti affiti lontano.ma fe dimandale, fe [offeposfibile cofiin Dalia, pernoua, & infolitapu trefattionefarfi tali infi teationi nell'aere quale mi no i:am aite mi fcriitete effer nell’Inghilterra, dico che nonrepHgna,cha fi potejfiè fare , gir forfè è fatta tal uoltain qualch' !ino,ch£ non fe gli èpofio mente. Ma credo,cioè ciò ftamoherare u.olte . percioche fi come nell'Italia non fono i printipij che generino il Tepeffi Gengiouo,etgli Elefanti,coft anche no ci fon i princi- DEI LIBRO. XV. 346 pij>& la materia dotte fi faceua tale citagiorte quale fifa nella Inghilterra. Lh'ali bora fiati qticfiiprinà pij.et materia in Inghilterra io non lo fne'quali ve li regnino neper dódepasfino,nè quale fia la terra, onde i vapori fi lettino, benché fi dice, che ptr effer di gefìo à certi tempi fi lettino uapori fottilisfimi acuii, che fanno tali infettioni per tutta quella Ifiola , ma quali fiati quefie confiitutioni di tempi , & come fi facciano fio penfo, al prefetti e niun faperlo. M. Michicl San Michiele, col quale ho ragionato di uoi,&di M.Taolo, hier mattina a cafa de i Signo ri Tarri vna buonapega}m’ha detto noi aparccchiar nella nofilra Villa Rannufia vna bella fabrica,& vn bel ponticello di pietra [oprai Marfango. Tfiell’arco delquale, per memoria ch'io alcuna volta fia fiato in que luoghi uofiri, voi ci uclcte fare intagliare que quattro uerfi,ch'io già feci effendo ini con uoi, & col Signor Conte Raimondo Torre gli anni paffuti, Io ue ne lodo gràdemente perche hormai fia tempo, che ap parecchiate a M. Taolo qualche luogo da foggiornar con gli amici fitoi,& voftri. Ut piu comodo, ò honore noie a noi,& alla cafa,no credo, che posfiate ritrcua re,di Villa Rannufia nel T?adottano; ma che vogliate faregrandisfìma jpefa in fare intagliar in marmo qi nerfi miei,non ve ne lodo,Se pur volete fatue memo ria a qualche modo fategli fcriucr piu lofio da qualche pittore,d': riuerfo del ponte in qualche cantone. Et acctoche fippiate,ch'io defidero di compiacenti e-t iadio deue gitidico:chc l’opra mia poco ò nulla poffa X x z giouar- L E T E T II E •giouetrm ho uoluto cambiar quei quattro ver fi miei in quelli dui Epigrammlfi quali vi mando inchiuft-Tdteuoi elettione del manco male. Srate /ano, &fii lutatemi M. ‘Paolol’Eccellente M. Giouita,racco mandandomi in buona gratin de i Claris fimi M.Bernardo Tsiauagero,& M. Daniel Bar baro.di Verona ^.XV II I.Di Maggio. Qjs I te populea cingit Merfange Corona, Duke Ut in vmbrofs cornibus aura fonet, ^ìc ne unquam inficiat lutulenti forddia plauflri Te rota,fub firmo dat tibi ponte viam. Vicine cultor VilU Rfoamnufus,borii, Mgr'vf, & dominus ripe vt iusque, rogai. Lenii vere flue,atque niualiprouidus unda Mrida in pftiui (ydera pace Canis. Sic tibigrata T{ap& gtminabit [erta quotannis, €t tua par magnis amnibus ibit aqua. Qui modo fons Merfange bumilis, modo cornibus Ter falicum rapido laberis amne nemus: (ingens Vere nono Merfange mibiflue lenior vndis, Vbcriorfìtiens quum coquitarua canis. Erigente^ aììate tìbi Rbamnufms timbrati. Spargi*,&adgclidas ipfe fedebit aquas. Vereroiaw.riclasfyferet^iflasq, corollas. Tulchra tibi bitte Nais,binc Galatea dabit. Girolamo Frac aforo. J M. DEL L I E HO XV. 317 jLMì Taolo E^nnufio. 71 A* Effer Taolo come figliuolo : Ho rìceuuto ì J_VX rcrfi eroici,che m'hciucte mudati, ér l’Ele già ancor ella con gli Epigrammi è fiata molto in topo,poiché è giunta ad bora ch’io era per montar a ca uallo,& andarmene in Cafiì. Vedrò con comodo mio (juc-fie compofitioni tutte;& poi ne le rimanderò,ac-ciochepiù lofio che fiaposfibile, posfiate mandarle a Poma come fcriuet e. Vi r ingrano del fattore che fate almio Caffi.& delle lodi che gli attribuite. Remi duo le infinitamente non poter feruir’il Magnifico ~M. G. L. B.fi da bengentil’lmomo,tanto amico ttoflro, & patro mio. perche io-ne ho, ne hebbi mai quell’aglio che fina Magnificentia è fiata informata effere apprci So di me, ne mi fio imaginare, come fila fiata fatta tal informano da perfona. S’io per altra via pofio farle fernitio offeritemele pronti fimo,&p amor r adiro, & fno, che molto defideropoterle far cofagrata. Di te al Magn.vodlro padre,come io ho riceunta la Terra figillata co miograndisfimo,& infinito contento,, laqual tega piu cara che alca altra cofa ch’io mi bah bia. Tfipnpotea certo fua Magnificerà far piu bclla^ piu lodata opera,che far venir da Cofianinopoli ([fio-fi mirabile,& eccellente antidoto per commungioua mento,& beneficio degli amici. Serbate quel refian. te chehauete in cafa con molta diUgentia,& rendete afua Magnificentia infinite grane di fi gran dono, a. Xx 5 nome LETTELE nome mìo,che ceno mele rìtrouo ejjèr obligato molJ to. Qj'g/i 'o veramète che egli mi Jlriffeper l'vltimt Jua portatami dal Conte gentil della T arre del modo di tronar le diflamie dell’habitationi, per le congiuri tieni della Luna co i pianeti,^ le Stellefiffe ; ditegli parimente che non fi può fé non laudar quefta opinio jua,ma ben dico , che quanto a mcpare ba molto più difficoltà,cbe‘l modo degli ^4flrologi, per le congiuri tioni della Luna col Sole , o l’oppojìtioni, quando fi fingi' Fclisfhilcbe in tutto o in parte fifa molto fyef-Jo.ne in quello ci è yalaggio dalle cogiontion della lu na co i pianeti, o felle fife; ma benin altro c’è difaua taggio,0 difficoltà in queflo nuouo modo. Tercbe biffo gnu preftpporre una coffa per ferma,che chi voi veri fìcar le dif amie dalle logitudini bifogna farlo co vna cofa,cbe fi veda in Cielo ad un tèpo da tutti ograpar tc degli habitanti in un medefimo Smìffcro,come gli Ecclisftf quali a vn topo fi ueggiono in tante partuEt perciò fi può intendere, qnàdo fu vifto in Granata in che aliegga era il Sole,& in che al legga, qnand o fu veduto in Marfiglia,e quando fu veduto in Venetia, e co fi fi può copular le difantie per l’altegge diuerfe. Ma nelle congiuntioni della Luna con vn pianeta o alva fella non fi può fare cefi . Ver ciò che a tre mòdi fi fan le congiuntioni, & fmo o congiuntìon di affitto^ digrado,o diflejfa lìnea in longitudine. Se è congiùùon d'affetto,que fa non fi può far in un me dèfimo tipo a tutti,ma prima ad vno,poiall’altro, il-qual topo non jì può trottare,fe non con gran difficili-' , BEL L I B I{0 XV. 54S1 ta •'Similmente fe è congiuntion di grado non fi può ad un topo uerificar mafjime oh e l'Orinole è obliquo, perche o lajhllanafcepiuprtfìo, o piu tardo chela luna, anzi in uno Heffb Orixr.nte male fi può uedcrc yuefìa conghmtion con l’occhio,fe non in medio Cali, biedefmametefe fard congiotio di linea: percioche la luna quando auicina ad una (Iella, l’ofiura, & quella ofeuratione no fipiiò uedere egnalmete i tutti,ma prima ad uno, poi all’altro,tal che p quc(li modi,mai In Cielo non fi potrà uedere una cofa ad un tepo da tut ti,o molti, per laqualfipoffa battere quanto ciascuno [la ài[ante da gl'ahri.Ver laqual cofagl’ajlrologi, et rnaffme Tolomeo, a’quali non erano ignote le congiti doni della luna co i pianeti,& le (Ielle fif]e, non uolfer trottar altra uiaper uerificar le longitudini,fe non per le congimùoni della luna.&del Sole,ctper l’oppofi-tioni.et in quefle fono le cofe che mi fanno difficoltà in quello nono mondo ritrouato,o forfè io non lo capifco bene,ma a qualche altro tepo ne parlereo con fua Ma gaificetia piu dijfufamcte. Quato ali'ojferuatio de l'ho re del fluJfo,e refhtffo, io credo fta nero circa Venctut ehecofifia, ma fe quando limar in Venetia corre iter Jo Voncnte,colì anco faccia nei mari dì Spagna,& di Tomifìitanfio lo vorrei intendere,'#- fe tal (tuffo, & Vfluffo ua per le parti alternathn, opur uada per la. trtetà^ioè che quando quella di [opra corre uerfo Levante, l'altramctà di [otto corre uerfoTonente, et P°i per contrario : di che ancor parleremo vna volta, & io ne feri iterò forfè qualche trat lattilo . Direte- X 4 gli lettele gli .vico, che M. Michele dì Sci Michele ha ueduta U mia palla del mondo,li piace.ma non ha à mente i gradi delle cofe principali, & dice, che noi ne hauete vita, & non fa fe conuenga;io quando verrò a mi tot rò in nota i fui principali, & molto de fiderò uerifìcat li con le nauigationi,& co quel che fi è trottato, di che penfoycheniunpiu nefappia cheuoi di là,cioè il Magnifico Signor uoftro "Padre. Quanto a qlla del Cielo, baimi anche caro potere fcotrarvna che n’ho io,c6 quella che fa far il.Sig. vo flro padre a voi.Et uedere come le figure fi affronterà no,eq:iato farcino riportate 'maxi le flellefiffe.Io le ho riportate gradi io.non fo s'egli habiaaltra opinione. Wialogi,come gli feri fii, fon finiti,ma haurebbono hi fogno di linea,& di confa Ito in certe cofe,pur fi veder anno. Per boranoti ne manderò alcuno di loro a fua Magnificenza,perchepur’ogni tratto vi correggo qualche cofa. Le vcjlre profetie Virgiliane fono molto vere ,fe fono fiate fortuite, Noi qui nehabhiamovna,che tan to particolarmente dimofira Inghilterra,che ancor vi mette il nome,ma Dio fa quel che faràfdqual ce la mct di buona. N e più dirò, fe non che mi raccomando a voi, al Magnìfico Sig. vofiro padre, & all'Eccellente Meffer Giouila.Salutate,vipriego,a mio nome il Con te Gio. Battifia cibano,&il Magnifico Meffer Tfiico lò Barbarigo vofiro. Di Verona. M. XXL Genaro. M D L. Girolamo Frctcafioro. DEL L 1 B XK 3^ ■Alla. Bugino, di Francia. TT Oggi ho incontrato un corriera, spedito da Mo X JL fìg.di Lodeua,Uguale m'ba detto, come il Duca di Fiorenti ha mandato il campo a Siena.Or tutto fra in buon'bora.Ver quello non fr ha da maca* di far tutte Le prouiftoni ncceffaric. Et inprima [uà Mae'Lì quantopbtprejlo rimanderàil Duca a Tarma,il Con te di Titiglìano & Mirandola, alle ca:e loro, tanto meglio farà perche efiendofi già cominciale amouer l'arme in Italia, non fi può imaginar’i cafi che po ef-ferojuccederein loro abfentia . lo per la difgraiia.che mi fucccfle, mi fermai in Lione, come ha-.erà intefo dal Capitan Giacopo di Tifa, ór penfaua uoler’afpet-tare in quella città quelle due lettere, una alTeforier di Lione, conforme alla p ■ tenie, che mi fece (ua Mae flà, di potermi ualer dentisi danari a mia polla, che con quelle codìtioni io ueglipofi fin da principio quaìpr' dousnni alferuitiodifua Maejìà. Diche fi deueri-cordar molto bene il S. Contefìabile, che me la fece fpedirc,laqualc io uorrei che mifoffe offeruata, chefo no lafomma di circa 8500. ducati.Valtra lettera è a Monftgnor di Fornoiio in Tarma, che mipaghi dal ’ìfouemb.paffuto in quà,&continui poi mefe,per me fe,per che non uorrei piu firfomma, nehauer’a effer fafìidiofo. Le dette due lettere mi paiono tanto giufte. Ór bone [le, che non fo penfar donde proceda quefla di latione. Ci èpoi quel jaluoconduttoper quel miopa-. ' ~ ' rente. L -E T T Z II E rente,che uorrìà pajfar di Spagna in Italia, ilqualefe è cofa infolita a quelli tempi,&dia punto di fallidio, Lafcift [lare, & ejj'ofarà il meglio cbepotrà . Or come ho detto,fono fiato qui, fi per affettar quelle cofe fermo in Lione,fi anco,perche qtuflo mio piede fi for-tificaffe unpoco Meglio, ilquale di continuo mi me,lofio. . Maildefìderiograndisfitmo, chehauea d’ejfer quanto piu pretto col Sig.Tie;ro,ma(fme quando iute fi, que'difpareri, infr aiquali forfè bau crei fatto qualcbeprofisto, contrai'opinion di qualch'uno, perche non ho •rnaihauHto, ne ho altra mira che il proprio feruitio del I\e, mi uolfiporre in uiaggio. E ben nero,che uon pojfo far piu che da due o trepofte il dì. Ma da hoggi auan’.iper quetta nuoua, che ha data il detto corierofio mi sforzerò ufar tanta diligltia, qua tapinmifaràconcejfadaquefiomio male . In tanto io defidero, che fua Maeflà ueda per ogni modo ri-inandarmi il detto Capitan Giacopo di Tifa, delquale ne i fuoiferuitij mi fono fempre ualuto, & doue io no polena andare inperfona, mandaua lui. & quando l’anno pajfato non era poffibile di mettere in Siena i danari per le paghe mentre ci era il campo, fempre fu ejfocbeuegli portò,&per grada di Dio, fempre (alni . In quetto medefìmo effetto [aria forfè neceffario valerfcne al preferite, che per effer pratichisfimo per quei camini,conofciuto affai,copiojo dipartiti, & ardito, non fo chi fi poteffe frollar pare a ejfo, non che migliore, & èdipoifidatiljìmo. Sichefefua Maeflà me lo rimanderà prefio, farà più il fuo feruitio, che DEL L 1 B K O. XV. al fine quel che aletta di tyedir cofìà per me è cofa molto leggiera,#- fucilifiima a fu a Maeflà, co fi di farla (fedire,come d’bauerme la fcrmisfimamen-tepromeJ]dfen,z{altro.Eti>umilmcnte,& con quella piu rìuerStia chepoJJo,& deuofic bacio le mani, che Tf. S. Dio fdicisfma la conferiti. Di Lo}ana. JlXll* di debraio. M D LUI. Girolamo da Tifa. jll Capitan Giacomo da Tifa, *r L difcorfo mudatomi da V. S.fo' ra tutto il maneg X. gio di queftaguerra , & de'prmipij donde ella nacque,è (lato bè chiaro tefiimonio a tutti coloro che l'hano vifto,#1 dell’ingegno,e del yalor(no. Tcrche non finga faldifs. giudìùo (.irebbe potuto cefi pfctta-* mente difcorrere,com'ellafà,nè lenga ejperiena di co Unito ualore fi farebbono fidati di lei coloro, che co fi larga parte le ha fatto de’fecreti maneggi, che ddaua ho attorno negli affari d’Italia. Gli e fui de quali han fatto chiare dimoilo laprudlga,e’l valore,di chi li a è come principale,ò come accefiòrio goaernatijarlo dell’ornaùfs ?ig- Girci, da Tija,c dì V. S. come ado perata da lui,&affinata, da cefi eccellente , & mae-fireuol mano,Ho anco c'ómio molto piacere letto qlla parte, doti ella raccota ig> adì,e fognatati firuigfifat ti dal detto S. Girolamo a uà Trlaefià Chriftianifs. in it alia gioite no fo quale delle due cofe fia di maggio? con* lettere Conftderatione>& maraitiglìa,o il grande, & conti-' nuato corfo dì felice forlunayche egli hebbe in effegd re cotali feruigij, o quella neramente monftruofa mal i uagità di forte yo d’animi,che fi attrauersò a non farli | conofcer da chi principalmente fi douea. ^Afpettaui neli’ifìeflo capitolo (hauendogliene io co fi caldamente richiefio)che ella s’baueffe Inficiato cadere qualche parolina del fiioparticolare,gia che ueniua a prò pofitto,hauendomi più volte il Signor Girolamo narra to le fatiche,& i pericoli,*#' trauagli infiniti,che uo-ftra Signoria ha paffuti,bora andando a torno con ira portantififimi maneggi bora con gran quantità di de- | nari.#' bora con ejpreffo pericolo conducendo genti. Ma certo a ragione difje quel Greco, che ilprimo fi-gillo delpriuilegiode’ualorofi,hlamodema , &il parlar poco di fe (leffo. Veròio dalle cofe, eh’ella ha valdrojamentefatte, & modefiiffimamente taciute, conofco in lei vn dono rarififimo de cieli, che è d’ha-uer congiunta a un grande ardire d’entrar nell’irapre fe , unagrandisfimafelicita nel riufcime. llchel’ha inalbato,#- inalba tutto giorno molti dal ciuile (lato priuato al colmo di tutti gli honori, talché di qui è nata una regola generale, che a coloro fi può ficura-mente augurare ogni aumeto,&grandezza di flato, ne’quali fi uede un con figliato ardire accompagnato co una felice fortuna nelle cofe che ardifeono. Et quel fatto benigno, che guida co fioro ueggfiiamo che illu-flra ancora,#- profpera l’imprefedi quei Trincipi,ap prefifode quali fi ti ottano. Et aquefio propofiiofa- DEI LIBRO XK 55r prei tronarle il cafo in termine, in vngran 'Principe dell’età nojìra,Ugnale èparuto al mondo fortunati^fi no, fola per la felicità de'Capitani. Mi rallegro dun & ftmili altri titoli. Et auuenga che l’auttorità di M. Claudio a tempi no fri fi a grande, & a quella anche io mi douesfi acccflare,&maggiormente effen-do comvrobata in quefto caro, &(eguita da due co fi rarigiuditif,quali fono M.Bìno,& il Caro,a i quali io (come diffe il Battifìa di Cbriflo) non farti degno di fi lo' re la correggia del caldamente,nondimeno,per che egli non fi può fare,che ciafuno no babbiail fno parerà^ b & a F.S.mcindarle,che ne fiagiudice . T\cn dirò ^ « F.S.perche fin di qui mè ca,rc,cbc ella, conofttt ‘ivamo io mi difcofii dui lor parere.In difefa delquale M-Claudioinfiammo adducequcfte ragioni . Trinici degli antichi MaeHri della lingua T cJean a non ufa-y°ìio quello modo dì par lare,appreso , chevfandolo noiuegnamo à leuar la feconda per fona de’ragiena-rfìeniiycoJa>cbe nonpHÒeffere . Finalmente non par ^aijche alcuno,a cui della Signoria, o di fimili altro titolo fi dia,babbia fatto,ne ben geniale alcuno, fe ^uien che nei uogliamo di liti lodare o biafimare. Et t0>tcbiude, che da quello ragionar in terga perfena Kfce uno intrico troppo gran de,ilqu al non lafcia di-fcnguere iprefenti da i lontani, ne colui , alqual fi taria da gli ahri.Et che dotte noi crediamo di piu ho-ìl°rarlo, l'bonoraremo meno,perche la ter^aperfona ^ tnen nobile dell’altre due, ne il dir Foflra Eccellen KF>o signoria , puógiamai crefcere nelfuperlatiuo S.t'ado . Hora io centra qttefie ragioni metto prima Sfondamento dell'ufinga contraria,laquale dee tnol t° bene bauere annerita d'introdurre,&conferuare ’fntal modo di dire , fecondo quel che Oratio nella fifaToetica ne ferine, & fecondo , cbel’efperien-tiaiiedimoflra.'Floninqueflofolo , maancbornel dar f o i aduna fola per fona . Et di grafia affé-l'nimi Meffer Claudio una ragion di differenza , & 7711 dica perche è lecito dir V o i ad vna fola perfo-na?ìfon altro mi dirà ( credo) fe non tufanga del- LETTELE la Tofcàna fauella.Dunquequefla medeftma ufan%} bauràfcr^d ancora di fare, che poffa dirfi la Signoria Fu lira. Ma egli v'aggiungerà per uentura t’aut-torità.Etiociaggiungol’auitor'ra, ^ la ragione • Quanto aÙ’auttoriià,cbe uolle dir nel Boccaccio il C'1 ma,quando alla Jua Donna ragionando co fi conche fe.^idùque fe co fi fon uollro, come voi dite, cbefonOi non immeritamente ardirò di porgere ipriegbi miei allauofra Mtei&a, dallaqual (ola ogni mia pacd, ogni mio bene,& la mia fallite uenir mi ptiotrtl^prt volicelo mefcolandoui quella ^tltegga, prender beneuolentia della fio, Donna,&honorarla? certo fu Mapiu chiaro nella terga nomila della feconda gior nata babbiamo la figlia del tfc d'Inghilterra a parlare al "Papa in co fi fatto modo . ^Accioche la uoftra Santità mi maritale, mi misfi in uia.Etpoco appref-fo nel rnedefmo ragionamento. Tiacquemi fornire il mio camino fi per uifitaregli fanti luoghi,&reucren di,de'quali quejlà Città è piena,& V. Santità,&c. iqon ui fi può negare adunque, che con autorità del Boccacio quesìa vfanvyd non fipruoui, ilquale fe ben piai non dijfe (che io per bora lo concedo) neVO fìra Signoria , neFofira Eccellenza : nondimeno riceuettc,come fiuede chiaro,il parlar con la feconda perfona in terga.Ilche fece ancora il Tetrarca in rnol ti luoghi,ma fpecialmente in que'uerfi. Deh perche è tua pietà uer me fi tarda. 0 sfiato di mia uita fofcegno. Et fono io bene acconcio a credere, che con l'altra la- DEL L 1 B XV. zìi l&fciuìa delle cerimonie que/ìa parimente aumentata fifta di giorno in giorno fino a i Tempi noUri. Tuttavia chiaro è, che auàti il Boccaccio anchnra ella fi u-faua . Et dauafi proprio Della fignorìa, come hoggi fifa . ìlchefiuedein Dame da Maiano, di cui molti fonetti e cannoni in lingua Siciliana faine fi leggono . Et io per queflo tengo, che tale h funga nella Corte di Sicilia cominciaffe. Ma perche Tauttorità di cofìui non intendo,che qui mi uaglia,pajfo alle ragioni con le quali quefìa ufanga fi f>£liene. Et prefuppon go prima che tutte le perfine, a cui fi dà della Signoria , onero della Eccellenza , o di quale altro t itolo fi truoui, degne ne fieno, o fe degne non ne fino^almen degne nellafacciala cortefia delparlatore.Queflo co-ftprefuppoflo dico, che tale fi prefime effere huom de tro,quale ci fi dimoflra fuori, perche il frutto couìene thè fi fimigli all'arbore. Sènga fantità non fi faranno mai cofe fante,nè finga altegga alte, nefenga eccel-knga eccellenti. Quando adunque io dò della fan-tità^eWMltegpfa,ouero dell'Eccellenza ad uno, & dicofuerbigratia)uoflra Eccellenga,faccia,onero ditata detto,ouer fatto cofi,a me pare,che con ragione Honpoffa effer riprefo,perche e fendo esfi fanti, .Alti, & Eccellenti forga è, che habbiano in fefìesfi fanti-tà,r.Altegfia, & l'Ecccllenga. TSfpn dico per tanto tbe non fi poffa loro anche dar del uoì, chiamandogli nel reflo Santi, ^tlti, & Eccellenti, & co fi di titolo . ^titolo,ma non è mal però il dar loro della Santità t dell’rilegga,& della Eccellenga. Ty tAngi L E T T E ^ E jh'Zj. loro fi può dare invno flefio ragionamento, et l'uno, & l’altro , come appare nelle due K[ouefi le dame [opra allegate, lequali può leggere, chi noi crede. Et piu olire anchora irouafi il Boccaccio nella noudii di Grifdda, lacuale in tutti ifuoi ragionari bonorò (come fi iiede, & M.Claudio confeffa ) foni' ni amente il marito,hauergli fatto da lor dare quando del T V, quando del F 0 I, laqnal cofa non fo come M.Claudio in altri} che nel Boccaccio compor luffe . mi fi dica,che ragionando io fidiciamo)col ‘Papa, o col D tea di Ferrara di qualche cofa, ebeeifi habbiano malfatta, io non debba lor dare in tal cafo della Santità,ne della eccellenza, perche effi non hart fatto quella opra ne (anta, ni eccellente. Imperò che io rìfoondo.la differenza che è tra'l maggiore, e’I mi' nore,non perciò leuarfi aia, onde fempre il minor b& da parlare con il medeftmo irifpetto uerfo il maggioro, qualunque fia l’occafione del fuo ragionamento. Ce ragioni di M.Claudio niente fanno. Tercioche , oM ei dice .. La feconda per fina torfi de'ragionamenti, qua»' do in tal modo fi parla,io ri fpondo,che l pronome del la econdaperfoaz, ilquale ui fi aggiunge, quando di damo Foflra Eccellenza , v.olirà Signoria , & fi', , migliati parole dichiara beniffimo di qual perfona ti°l parliamo. Et che fia il aero, in un medefimoragio' nare, fi come ho dato,'è lecito dir voi & Fofìra EC' fellen^a, onero Signoria. Che nafea intrico dalp‘tr' DSL L 1 B XV. 354 Ìm dilla feconda perfona inguifa & modo} cbepaia, che tcYT^a (ia (perche pure è forza ibe‘l nerbo in ter-Kaperfona fe le accompagni)io dico naf :cre, aiibora quando da chi parla,lafar non fi fanno conueneuolmf te le parole, come in quella lettera, di cui egli arrecca i effempio . Che‘l uoler tuttauia replicare voHra fi-Scoria peuerendiffima,quella, lamedefma, &tali e°fe, hanno (enza dubbio del noiofo. Co fi il dire an-cora, S V vd Signoria o Eccellenza,a colui colqua^ h fi parla,non ha ne garbo,ne propcnione. St quando colui parlando col Duca dii Tiacenza dii Duca di Ferrara diceua tutta aia Sua Eccellenza , tanto dell'ano, quanto dell'altro, nepiù,ne meno ballerebbe parlato confufo,fe baite fe detto continuamente Egli, & Lui. Che fi bonari più alcuno con la feconda perfona , che con la terza, rifponio effimero, allbora, ohe gli f dà la terza fola,ma quando i’vna, & l’altra figli da infierite, & con la terza delvcrbo ,fi aggiu-S,nc la feconda del pronome, allbora egli fi bonora Più, perche fi come la feconda perfona vale quel \fo-^o y a cui fi parla, & la terza ogni altro, co fi mettendole noi amendue ìnficme, uegnammo quafii ad ivfe-tioe, che cofìui non quanto uno buomo fola uagita, ,ha quanto tuttigli huomini ìnficme. Et maggiore bonore far Jeglipofia, chiamandolo aprincipio infeconda perfona E C C E L E 7\r-FOSSIMO, che dandogli poi deICEco ■ nga « lacIfal nòn riceue mai fuperlatiuo rifondo, che gli Epiteti boggi ufi d‘aggiugnerfi alla jnnf l.ee figno- Ty a ria, LETTERE via, come dire Illuliriffima, ò Reuerendiljima fup-phjcono in pare a quello dijfetto. ^ipprefio, oue tali Epiteti non baflano a fupplire ^ iodico, cbe'l dire Ec-ceucnujjìmo. ò Beatijjirno, ancor che fuperlatiuo fta , nondi .tuo c qualità fcmpre inferiore afiai per grado alia f;sianza Jua,cioè all'Eccellenza, & alla Beatitudine, onde deriuano : & ntllequalì fon tutti i pofiùui, & compar acini, & luperlatiid . Et quando altri dica,qjlo effer uero,allbor che indiffnitamen te fmoma.L’Sccellenza,onero, La Beatitudine, mct non quando fi riflringe a dire Vofira eccellenza, & la Beatitudine Voftra, io rifpondo,che ejfendofi per-nteffo quel termine Ecccllenrìffìmo , ouer Bcatijfi-tnofempre che fi replica Sccellentia , ouer Beatitudine, ella fi prende in quel grado d‘Eccellenza, òdi Beatitudine, che prima s'è detto . Etcbincgberà non ejferpiu honore femprefil dir Vomirà Eccellenza, ò fi gnoria, ò tale altro titolo advno,che Udirgli Voi # concìofia cofa,cbe Voi a ciajcuna per fona , quantunque fta di poco ualore,fi dice, ma quelli titoli a ninno cannengono,chefingolare non fta. Et quefia fingola-rità medefma fi moflra piu col primo numero dicedo Tofira Signoria,o Eccellenza, che col fecondo dicendo Voì.rlggiugedoci, che fi come la fecòda per fona è piu nobile della terza,coft il primo numero è piu nobi le,cbe’lfecondo, Gli buomini,come dice ^Arifìotilc, nacquero prima tutti eguali, ma le uirtà dapoi hanno diftintit & fatto l'unmaggiore dell’altro, talmente f che Jet mondo ordinatamente Jì reggeffe, il men tilt- tanfo c £ I L I B \0 xr. 3ss tuofofcmprc fornirebbe, g*r [aria /oggetto al più tàr-tuofo.Quando adunque noi chiamiamo Signore uno 3 & gli diamo della fignoria(che queflo è piu uolgare titolo, che hcggi s'vfi) acni amo a confejj'are che egli (la piu virtùolo,& per confeguente in maggior grado, di noi, come chela verità poffa e fere altrimenti, nondimeno l'Immiltà del parlatore,ò il uolerfi acqui-fìurbeniuolentiaapprelfo di colui, alqualparla , fa che egli fi chiama fuo feruilore, & chiama quella di colui Signoria uerfo di fe,&la fua feruità nerfo di co lui,diPtinguendo co fi la maggioranza altrui dalla vn borita propria, ò fia quel tale S.òcbe prefopponiam o che meriti d'cfferc.Et quando non fiume meriti d’ejje teja colpaperònon è del titolo, ma di chi immerita-tuente l’ufa . Bacio le mani di uofira S. Della Terra *ofha di Careggio.M D LI X.lfel mefe di aprile. Binaldo Corfo. *Al S,Bartolomeo Canato. X T" Tsf altro giorno dipiu,cbe tardaua la lettera V divofìrafignorianonmiritrouaua in Ve~ “Uetia.Verche eflendo io fin da gPvltmigiorni di Mar venuto da Capo d’iftriaper far riuerentia allafe-renifjìma Regina di Volonia, & effendomi tra Tadotta,& Venetìa intrattenuto affai di piu di quello che ì0 ff banca pofio in animo,hora ch’ella sè partita,& eh io mi fono (bedito di quello > & d’ogn altro mio af. 7y 3 fare L U T T É U fare in quejie partirne ne ritorno fta fem col nome di Dio,non fo s‘io dicci a i miei trancigli foHti,òphì tcflo alla mia (ju;ete,poi che cefi mi fon difpoflo di batte-‘Zarla comunque fia . Bora io ringratio inolio uofìra S. della memoria, che tiene di me,& della certexpta,che rnoflra d’hauef dell’annuo mio verjo lei, poi che fi degna di ualerfi in qualche co fa, ancor che piccola,dell’opera mia. Io S. mio gentilijfmo,po ffo molto bene in queJlo,cb’ella mi ferine, (òdisfare al de fiderio di F. Sig. &diquels. ò perf ntaggio,che a lei ha impello que/lo o fficio, per cieche fen%a andare ne dal Barbaro, ne dal l{ufcelli, ne dal Venmo,ne dallo Scoppio,ne da altri, io mi ri-trono batter tutte quelle lettere,che F.Sig.dimanda, e/fendo io coinè Ila mi ferine,&io uolcntieri accetto queste lode,diligentifjìmo in batter tutte quelle cofe de gned'effer lette,che uanno attorno. E ben vero,ch’io non I ho qui in Vinetia,ma in Vad oua,&queHa ferct fermerò all’Eccellente M.Marco Manina, chef degnerà di adarle a cercar tra le fcri!tnre,ch’io le dirò * • & me le manderà fubito in qua in cala del Ctariffi-Falercffo,ouevofìra S. mi ordina,ch’io debba darla. Inquanto poi a quello,che vofìra Signoria mi feri ite, che da Milano un perfonaggio di conto la ricercò per lettere,ch’ella uoglia auifarli ,fein Venetia fi ri-troni al prefente il Capitan Giacopoda Tifa , & che cofa ni faccia,& cheperfona egli fiafio pojfò parimeli te fodisfare V.S.& il detto fignore,cbe ne la richiede perche già molti giorni io l’ho conofeiuto molto flret- t amente DEL l I B T^O XF. 35<> tamente,perche egli pratica di coni inno tra le altr tn cafa di due de piu cari amici,& ftgnori,ch'io bab-bìa in Eenetia.Tit oltre a i detti, da’quali ho di lui ha uutapienijjma informa!iene, n'hopoi ititelo ragiona *e in piu altri luoghi,&da perfonedi conditione.cbc fdben vofirafignoria,che in una Città , come que-ftafi fitolfempre far aiiucnin in cono fere , & in giudicar le qualità delle perfette di qualche conto che tengono conuerfatione co igrandi. *Aiìa partita che udirà fignoria mi ferine,ch'io l'auift, e lo che co-fu egli faccia in Fenetia,ór quanto fiaperifiarni, io non lepoffo dircofa certa. Terche quella non è fiata cofa,che fin qui mi fia appartenuta di ricercare;et Ita uendomi apariir quella fera,come ho detto,non lofio ^e andarlo a trottar co fi [ubilo,& dimadarlo fecreta utente fen%a alcuna occaftonc,di cafa che forfè no glipaia ne conueneuole che gli fi ricerchi, negli tomi bene di uolerla dire. Tff l relio io dico a uoflra figno-cia } che il detto Capitan Giacopo , in quanto alt e-tà può effer di trentacinqne in trentafei anni, a giu -di ciò mìo . Di perfetta è grande, & molto ben prò pontonaio , dipelo cafìagnino , & di carnatura bianca colorito,con un ttifo molto ingenuo, & molto grato [opra tutto vefle molto bene,non fola di ve/liti bonoreitoli,ma chepià importa,ben fatti,che dicono €fiere ilprimo faggio, che fi habbia nel cognofcere il gindicio de gli buomini,&delle donne ■ S 'egli habbia lettere, lo non jo . Ma fo bene, che di tante,c tati-te Mite,ch'io mi fon ritrouatoinconuerfatiorit , oue Yy 4 egli egli è (lato,io l’ho vdito fempre difcorrere, & ragiO* nar molto jenfatamenteiallcgare bilione antiche, & modernecofigli autori delle cofe della guerra ,& altri, fecondo i[oggetti de'ragionamenti, che occorre v.ano.Et oltre a ciò mi fa crederebbe egli (ia perforiti di ftudij3& di lettere il uederlo di continuo conuerfat con yirtuoft.Se egli fia bora ne i feruitij dell{e, o del l’Imperatore,o d’ahro Signor grande, io non lofouC ramente.■J.n'zi dico veramente a voflra ftgnoria.cbe più uolte bo deftderato di faperlo,ma non mi è partito coniteniente di domandarnelo,per non moflrarmipit'i curiofo di quello,che mi fi conuenga. Ho ben attefo co ogni diligenza a poterlo congetturar dalle fue parole & in effetto,benché egli parli fempre con molta mo* defila di tutti iVrincipi, non dimeno il feniirlo effah tare tanto fplendore, lagrandc^ga , &ilualoredi fua Maefià C e fare a,& dfeorrer coft bene intorno al le cofe di Siena,&a tutte l'altre fatte dal Signor Gì* rolamo davi fa,mi han dato cerài fimo fegno,che egli pieghi alle parti Imperiali , & che fi truoui ailo* ro feruitij . Della fua perfona io bo intefo dir da tutti ■vniucrfalmente}chc egli è ualorofisfimo, & di tanto animo,&co fi asficurato nelle fattioni,che par ch'egli s’babbia propofio quel fine,che ogni perfona di conto fi deue proponere nel mefììer dell’armi, cioè di nonpo ter tener infieme il defìderio, o difegno di uenirgrart de,col rifpeito,& de fiderio della uita. Et intendo, che il detto Colonello Girolamo da Tifa, fe nè ualuto fetìt pr e nelle cofe di maggior importagabofi nelle fatuo B S L LIBICO XV. $57 lu>come ne i maneggi,& andando egli inperfona alla Cortedifua Macìlà, & del Sereni (fimo d'Ingbilter ra*l° menò,!#- l'bebbe fempre feco,& co fi in Fracia» oueàcborlo lafciòad ejpedir lefacede fnc,ritornadofe ne egli in Italia, & fu effb,che co molta lode domadà ln pnblico al Cbrijli ani fimo Enrico licenza per il dei t0 Signor Colonello. Et queflo è quanto io goffo dire a Voflra Signoria intorno all’informatione, che ella ne richiede,eh’io le dia coji minutamente. beluino di coterie bande,che VoHra Signoria mi ^(]erifcc,io la ringratio fommameate,& ne riconofco (olita cortefia, & beltà dell’animo fuo . Ma poi cbe io mi fon ridotto a flantiare in capo d’I(lria,ft degnerà di conferuarmelo,che qualche uolta -, ch’io ver yò a Veneùa,potrà effere,che infieme con lei io mi co duca a goder qualche giorno cotefìa fua villa, laqua-hffenga che ne ella,ne altri me lo ferina,poffo crede-re>che fia dilettcuolijfma,poi che co fi ffeffb fottrqggc Polirà fignoria a Veneùa,nellaqual chi non viue, /o-gfio dire,che non è interamente uiuo. biVcnetìa vi 111, di Maggio. M D IVI. Giouan Giufimanol L E T T E 11 £ \AlS. Don Sclpion di Caftro. "% T htnofo Sig, mio, Et da Milano, & da Bntjfd' le,&da Londra, fcmprebo tcmito Ibonor^ ragguaglio di V, S, non da altra perfona,cbe dal t>°‘ flro veramente N abili. In Jorama il mio me%p d‘bfr uergli riconciliati,& V, S. & liti m'apporta il rna% gior guadagno >che po[fa fare vn animo uirtuofo, uolto all’honore. In Milano,in BruJJellc,in Ladra, (° amoreuole, & uirtnofa lingua la S, V. celebra, & el [alta la mia poca,ma molto fmeera conditione Et^j rallegro di batter buona forte,che tanti dotti ingegni & di credito per tutto fieno nell’bonor mio d’vnofaf fo parere,d'ù medeftmogrido,e d’rnaferma,e febid ta tefimonid%a dell’eJJ'er mio Di maniera, che pot0 mi batto potuto nocerc i dotti l'enea credito. Ma ti' feiamo adar qneflotche beft cotetanogli amici mieli che dall’opera fi lodi il Maefìro. Ver fatti elùdenti,e per tefìimonidxe egregie fono grato a chi debbo, fon0 accetto a chi voglio, & fono amato da chi è degno. ^ Tfobili mi ha data l'anima in bauermi dato raggi* f glio del credito dir. S. appreso al primo He delitti do,al figlio del primo Imperatore,et alla prima,e cet ta H>eran%a della felicità Cbrifìiana. Laprego a pel' feuerare, perche in un medefimo tempo rmuidia ne crepi,&la virtù ne rimanga premiata. Nonhopi^ tempo,però mi raccomando,& le bacio le mani. DiTiacen^a, Mi 6 di Gennaio. M D LV • luca Contiti" r ni- SEI L I B 1{ 0. XV. 35* vtll’lllujìre Signor Federigo da Cafìro. fiate paflata, quand'io appena giu nto din» *—/ ghilterra in Italia, fui per feruitio di quel l{e Sniffino sfor'Zgito a partir per Francia , foche di .fio JcrifJi a yoflra [ignori a la cagione di tal viag-'^0>& le replicai in gra n parte quel ch’ella fa,che io forfè piu lìberamente di q nel che fi conueniua al mio MtOybauea predetto in l nghilterra a fua Maeftà Ca ^jica, cioè l'efiio, che io per ogni ragione afyettaud fi quello apparecchio di guerra,che cofi grande sera ^fignato in Italia. Vero]ì ricorderà voftra signoria, clìeJbmpre dijjigiamai in quarantanni, che s’ègutr Agiato in Vie monte , non ejfer caduto in mente di terriero,ne piu riufdbìli,nepiu alti difegn’udi quel ‘fhe allhoragridauano le attieni del Signor Duca follia in quella imprefa. Ft ardi fio dire (veda, C*H' Parado ffo ) cioè nelle cofi piu infelici , & difa-1, 0fc > che gli fono accadute a chi fa i maneggi di clUeHa guerra, quel ftgnore è riufeito piu flupendo, i. di maggior prudentia . Ft tanto piu mi mar ani-& i0 del fuo profondo con figlio,quanto che ogni dìpitt tra tanti gal ajit’h uomini, che ne dij corrono, Fon efjcr pur’vrto-.cbe di gran lunga s’auicina a indo-u‘f‘arlo, ,\ja non m\ fcriHa pju di queflo la priego, la Riparlar U volgo a fuo modo , & goder fi ella fola Ynore non fipofjono di fendere, fin^a fioprire i fuo\ difi- I E T T Z 11 E iifegni} nè di quelle fi può parlare, fen^a apefW ma ruma di molti. &oltre a ciò, io non fono oblig^ a fcaldamene piu che tanto, non per male, che iW Duca m'habbia fatto, ma per il bene, che ha lafà^j difarmi,hauendone tanta occafione.loparti di ( doue s'è fatta la dieta de Suiz$eri)agli otto di ^ bre,& giunft a Trento a'fede ci, doue quel gran $ in habito di Cardinale mi ha fatto amoreuo!ilfime ^ moflrationi.Hora chefiamo nel principio di Decer mi truouo nel Taradifo Terreftre,cioèin ^Arco, uc nel cuor del Verno fi gode una fpetua 'P'irnaurt1* di fiori,di frutti,d’aria temperatiffima,(en'^a ajfird' %a di uenti,fen%a rigor di neue, & con una copi11 fi nini piu rari, &più foaui, che fieno (lati celebratii11, mai da quale fi ungila ò Greco,ò Latino icrittorc, cacce abbondantifjime di campagne,di moti, & di^ que,diflendendofiil Contado d’arco fin fu la ttP del yaghijfwio Lago di Gardamella cui lode n on bW pia entrare,poi che quello campo, corri ella fa,è corfo dai piu alti,&piu felici ingegni d’Italia. Qjf' fio filo foggiugnerò io, che qui la fiatura non ^ mancato della lua proportione, perche fi come q™ luoghi tòno delli flati prodotti finga pari, cefi ancof re che habbia uoluto fare feelta de’più begli anit»j ’ <&piu ualorofitper fargli Signori di quefto Taradifo come indegni de gli alberghi communi Sono Signori,&per antichità di fanguc (deriuando dv nobiliflima Cafa di Bàtterà) & per fegnalate pr0^. gedi guerra illuftrifjim}, tra iquali iodefldero d DEL LIBRO. XV'. 35> • S. benché lontana,ceno',ca,&ami l’honoratifi. $• Conte Olmero. Q^efìo è vngioitane di 27. annifga-% !ardii(fmo,e dì beUilJime fattele di corpo, & d’a-‘jrno inuìtto, & eroico,d'vnapntdentia mirabile,pa re delle cortefie,& quello che mi par’un Monjìro di Hatura nato con gli habiti della vinti. Hor vegga ^•S. fe viuendo in luogo tale,& con fignor fìmileal Conte Oliuiero poffa non dico inuidiare, ma ne anco ignare quanti folazp(i , & conucrfationi poffa dav Asma. Talche conchiudo,che ella non è per vedermi 18 Roma per bora,ma ben lapriego,che mi tenga tra tyteflo rnezp in gratta delSignor Marchefe, & del Si Znor Don Luigi,a cuifo riuerentia, che non l'habbia Conofciuto giamai. D'arco. “d Hll.dìDecembre. M D LV. Don Scìpion di Cafro. Il fine del Quinto decimo Libro. delle DELLE lettere D I XIII. A V T T O R I ILLVSTRI. CON ALTRE LETTERA nuouamente aggiunte. LI B HJ) SESTODEC IMO. DI M. VINCENTIO MARTELLI. M LL M S I G N C M L F C l ^ Bcrtana Corona, fL Modena . ^ ^ non 0ffen^er 1 mariti belUfiirt0 ^ givi icio uoilro ( conofcìtore ancora defe gret i deli animo ) c ora io farei fcriuldo rinercntia, ch’io porto alle vcftre genti' Infime qualità,ho fatto elettionepiu lofio di tacermi) e rimettermi a quello che voi medefma batterete e°' ■nofeiuto di me,che col tentar di fcrhterle defraudai1 ilgiudicio uoilro.e la mia feruhù bafliui dunque clrf in conofccrc le vofìre dittineparù/m bonorarie, &l predicarlcio fono ambitiofisfhno, nè voglio cedere* nejjuna perfetta,che urte,nè a quella ixeora, che le nojce , e gufa piu fortunatamente de gli altri. mando un Sonetto piu tofio per prouocar iìiJgefn0 vojlro a partorire qualche bel frutto, che peni) iol° conofca degno dì coparirtti inangj. Mandoui acora i Son,che feci in prigione,nè crediate che quejia top*' VIV^CEU. MAKTELLÌ. 360 $nìa ch'i dò al son. fatto a nome voflro,fta fetida ft-^ificato, perche fon dì- cbecon fi gran torto rofìro attribuite a me,&che co tanto arteficio . & tanto ingegno cercate di farmi ?e' dere,ct è fucceffc fin quì)cbe'dall’autorita di chi lo & Ce, e dalla purità, &dolcezza,con che fon detto,è rtO ia in me vna credenza, malgrado del vero, d’effe^ quel ch'io non fono, fi ch'io comincio a tenermi nfjal piu caro di quel ch’io foglio, e non farò da bora inna» Sfi quelpoco cafo di mecb’ioho fatto fin qui ; cono fi0 $>ene che farieno necejfarie in me tutte quelle ritta I riTICEN. M^HTELLL 361 (he voi v'i?nagmaic,ct molto maggiori per render r,t COn qualche proportione degno ai jeruire a fi bel spiri fi nobil donna,come noi jete, laqualhauesle se Pre(poi ch'io ui conobbi ) ql dominio di me che nelle Cofe,che fono piu uoflre Jolete bauere,ne (perate ch’io tenti coti la rifpojla del Sonetto il mar delle votive lo dìiperche fon tali che fpauentano la libertà della prò-fetmon che la fruii ii della rima,douio fon ponevo,et nell'uno,e nell’altro ftile tanto quanto io fon ricco di Sùdicio in conofccr i meritiupflri, egli obligbi mici. kA M. Tomafo Cambi fin Ifapoli. X yC Olio Magri. Sig. il prefente gioitane uafallo del 1 Signor Trincipe tiene un fuo fratello col luo-Z°tenéte della Sommaria,e defidera collocar quell'al lro,chcuitncon fecotné'feruigi uoslrì, come Intorno rìbabbiahauHto altravoltaffi come mi dice) ^ualcheragionamento,e forfè qualchefperanx,a.Egli à nato di padre affai nobile,e ricco di arimo,fe bene è ■ Pfuero di fuflàtia;il giouane è di buoni coflumifl de vderio fuo lode itole fdgiudìcio ottimo,nclih auer fat-' to ekttione,noi douctegradire lafia itetione, poiché I ,a giudicato uoi degno d’efferc fruito da luì piu che Sfuri altro,io mi ui fentirò anch’io obligaio, perche accettandolo,per mc%p di quefla mia letterato cofer. ^erete in uri opinion che egli tiene, chciopojfa qual~ t )e cofa con voi,e credo che quefl’obligo miofaràpet Zwo coll ufura dalle qualità di queflo.giouane. Al L I B \ 0 XVL kAI M archefe delVafìo, alla corte Ce farea perilVrincipe. "T Lluflrifs. & Eccell. S. le due lettere, che nella par I tita vojìra dì Milano, e nel camino della corte mi (crÌ!iete,poJTono ben far fede della uoflra bontà,c del la memoria chauete fempre tenuta di me, ma no già accrefcer 1‘oblìgatior.i infinite,ch’io tengo con noi,Io-quali in me hanno già prescritto il debito del fornir* mi fi come in voi la potè [là del comandarmi. afpetto co defiderio la terga che farà imbafciatrice dell’arri-uo,ideila fallite vnHra,lacuale io defidero, come la p r opri a: fero ancora d'intender per quella l’accrefà mento della vedrà degnila,fe dalla grandegga dome riti fi può pigliar tal‘ argomento. fùpplicoui che tenia te conferuata nella memoria la mia feruìtu, accioclrf offerendoli l'cccafione con S. M. in quefli trattameli ti delle co/è del mondo,posfiale far duo beni in un fio% ( getto folo furio ualerft dell’opera, & della ulta miai' feruìgo di S. M. e commodo vofirof altro di darque fia fodisf .'tione a me,dipoterukere folto lagradef, %a dellaprotettione volita il rigor della fortuna mia' ^ìl Cardinal Ardinghello a fio ma. la rp lo trattasfi con altroché con noi fieli. S'g. ' C* io peuferei piu quel ch’io domando, ò io jp meno quel ch’io de fide re,ma pcnh’io conojco,t fio, \ .rete' he da' FIN CETs{. M 262 ^ bontà, & prudenza uoflra Vìmmoderato mìo di fidirio farà corretto:& il ragtoneuole farà aiutato,con ‘{nella libertà,cb’è nata meco, & con quella confidai \a che debbo hauere in noi,ni communicherò quello, ‘bemolto tempo fauipromesfi. Signor mio Keucr. io fono fiato fempre gioco del-fortuna, laqual m’ha portato a fuo diletto , qua fi Delphi infimo luogo, forfè per la gran depecca- & in viiimo dalla pietà di Nofiro Sig. Lidio fono purfolleuato di forte, che mi donerei con aitare,pcr-cbe s'io fusfiambitiofoyho ottenuto dalla bontà del S. "Principe tutte le dignità^ tutti li bdnori, che da quel figliarmi fi poffon darne s’io fusfi cupido,dalla fi. a li btralità, quantefa'cultà bofapute domandare fi che 'inanimo bc compofio fi dateria fermare, fifraque fio corfò della vita mortale,ci fi "se piato dì fermerà, egli è be aero,ch'io non credo accrefeere le mie facul-tà,ma fi ben di confermarmi in quelle, ch’io ho, co un grado di maggior riputaùone : Voimà ricercale già di adoperarmi inferuitio di cotefia ili: (Irisfirn a cafa, Tna fu in tempo-.ch’io mitrouauo occupato, & obliga a feruigi del mio 'Principe talmente, che ferina fua fieentia,o finita mia colpa, no barei potuto implicar : n>i in neffima cofa, che non fuffe fiata, econbiafimo t>2io,&‘ con ìfdcgno fio.bora che {.tumulti di Tfiapoli fanno fiar fuor di quel l\cgno,!a qualità dii nego-fio che tratta il S.Trincipe con fua Maeflà, mi fa Ha te aJ]ente da l. i, e qua fi depofitato in Bologna, afpct-tcl>‘do i Jucci sfi,c della qi.ieie d] Napoli,& detta fie* 1 \ v dhione L 1 B Py. 0 xrl. dìùonc del Trìncipe, adopererei volctìeri quefla mia wierza libertà ne i fertùgi dì cotefta lUufiriftima cafit, p-er non iflare otiofo in quello tempo,&per rendermi ppi,dopò l'bauer acquifiato quella nuo.ia"feruità pià gradito ,epiu caro al mio principe. .A noi Re u trend-Signor mio, quelle jono Hate par ole fona cbie : douC con ogni altro di meno intelletto, ! ariano [tate poche per aprirle il concetto dell'animo mio. lo ni fupplicot che que(io mio difegno fin- da noi riprifo,o colorito',fe farà riprefo accetterò con quella riueren^a , efojfe-ren^ayche io debbo,le iarà apprettato da noi,(laro co quella feran%a,e con quella certezza delfine di que fio mio defidero ebefideue hauere in perjona di tanta prndcnza,di .anta fede,di tanta autorità,e quado le occorra p ergiouare a quello mio difegno, l’opera, eilfauore del Bener. Sfondrato,egli è tanto mio Sig-che ni accompagnera in tutti i difegni , che farete in mio beneficio . dispetto con de fiderio la voflra. perche io conofcapcr qnella,o quanto io erri, o quel che io Speri, (Alla Mar che fa della Tadulla. T Ihifìrìfiima fignora mia io, non ho luogo da fcol-JL panni con uoi,je la equità uojlra no uince la ftùd pigritia,e non perdona ad a mia ncgligentia: ma pcf' che fo io quanto è prota la cortefia voflra a perdona re, & rimettere i falli a chi fi rende in colpa, fio confi dato che il preferite apportatore, ilcjual farà Hcrrigo Uno Cancellieiegiufhfìcberà la caufa mia,& ne otter rà lo indulto,alaual io uipregOtcbe crediate, come a. We proprio,& intatto quello, che ri cercherà di fasore appreffo al Viceré di cotcfìa prò: inda in beneficio di certi vaffalli del figrior Trincipe mio patrone f i degnate accompagnarlo con fauttorità voflra, ac doche ne fegua il folleuamento ,& la libertà di certi poderi prigioni. Al Duca di Calattrla, Viceré di Valenza perii Trincipe. T Llu(lrisftmo,& Ecceìlentìsfmo fignor miocjjer-X uandisjìmo , io fono forfè nello fcriuere piu pigro di èjllo che fi richiede,e al debito ch'io tega, e all’offer uanzq.,che ni fi conuienefnondmeno confidato,che il Sfidino uoHro conofca la ntiafedcl feru'nù, e la finte tltà de l'animo mio,mi appago tanto in quefio, ciré io refìo fodisfatto della mia confcìèntia.cpoi,cbe'lprese teportatorfarà il Martelli,mio maggior domo, a!qua le ho impofloyche uenga a badanti le mani, & fami riuerenza;egli medefimo undarà ragione dello flato, Èdell'efftr mio,alquak vii rimetto pregandovi,che in c]fello,che (arcte ricercato da lui infauorire la giu fi iia delle cofe mie,c de’miei uafalli Villa formoja, no ^Mcbialc della folita gr atta,e proteitione. ZZ. 3 ^ L 1 B II 0 XVI. f di mi è parlò noijja'clarla.fon certo, che da noi fifi con fermata con haucr rifpetto al’innccentia, & ue foefi fofpetto di colpa,msdtiplicar la clemerrgaM virtù delle mie intercesftoni, leqnali io d,efidero,chf hablìin quella forga per laliberation di quelle gl111 1 nomo,che merita la mia feruità appreffo di noi, di' la j naie io prego fclicisfima vita. J- r l7iC E QUARTE LU. 5^ uAl Conte Fuluio Rgngone in Moder a. "X yT Oi inganate IlluHre Sig. mio, iforeflieri trop-V po corlcfcmente, c con troppo beneficio della patria voflra: perche (luparia co noi, e vede le vo-flre getilisfime parti, e la etpettationc che in fi pochi ani date di voi, e fi perfuade ancora che tutti gli altri Ul fieno fmili,almeno in gualche parte , laqualcoja vVdcrebbc Modena troppo fuperìore a tutte l’altre cit là e beche ella fta piena di rari (piriti, e di nobilisfmi 'Ì!elletti,non èperò da credere,ch'ella fiapienadìrn'r racoli}come ella farebbe fcgli altri fomiglhftno,e fnf Imo come uoi,alquario prego il fine di cofi belpiinci pio, ^4l I\euerendo Vadre Enea, a Modena, £ CSf ch’io m’accorga che la voflra cortefelet-tera, piena delle mie lodi, fia piato fio contro, quel ch’io conopeo di mexchc coir a quel ch'io defidero nondimeno mi gioita (ingannandomi )pur di crédere cbe da uoi,e da quelle fignore s’kabbia qualche bona opinion di me,e che dal teflmonio del uoftro giudicio mi fieno attribuite quelle beHèp arti, che forfè dali’o Ylginal dì noi fieffo hauete copiate. Tgp cercate digra tia padre mio reueredo3di farmi piu caro a me lieff if 4 con £ 1 B II 0 XVI'. ' ■ e _ io cjjlo cortcfe inganno,che pur troppo gli effetti no* ftri immoderati ci fanno ciechi nelle credente, & i° che non fon fuori di queftepasfioni aiutato poi dallo nofìreperfuafioni, allequalii debbo credere,e per gion d'amicitia,eper quella della uoftraprofefione, potrei agcuolmete fommergermi in un pelago di ud-nagloria,douepoi laman voflra (non fendo la lanciti di ^Achille') non mi potrebbe faluare,come bora ado-perado la pena cofi f digamete,può fare il contrario ■ Lagenùlisfma lettera della S. Lucia, mi fa conofcet gli effetti della uoflra protettione, poiché fetide fa io no polca de fi der are,nò che [perare tatofaucre.digret tia continuate a mantenermi nella fua memoria,e tot tiarefpefjo a dirle,che fe bé la baftez^a delle mie qua lità non aggiugne all’altezza de’fuoi meriti, che que {la difagguaglianza,è pareggiata poi dal feruor della mia feruità,lato quato la mia indegnità è vinta dal la fua molta cortefta. Io ferino alla Sig. Lucretia e al la Signora Claudia,più per lo (pròne de i voflri ricor di,cheper credéza ch’io habbia,che le mie lettere flit lor carenarne noi mi moftrafee.accompagnatele ditti que con le debite feufe, & al fignor Conte baciate lo mani,& a M. Cecchin la bocca a mio nome,e pregateli tutti infteme che mi comadino. Dal negotio ro-ftro ho gittata i primi fondameli, fiate pur fteuro che farà trattato da me co qlla maeflà,e repu!aiione,che fi couienè,& alla fede che hauete in me, et all’obligli tione,ch’io ho con noi. Viuete lieto, & amatemi. X11. di Luglio, M D X Urlili. Di Firenze* 4- ... filiti ri^cExr. m^ìxt. '^Alla S.Claudia Rgiigona^ Modena. 1^ Bifognerebbe llluflrc signore , perch'io poteffì ■C, degnamente lodami, ò che noi meritale meno, è ch'io ualesft piu diminuir del merito noflro è impof fibile,a ottenerlo e ìrnpietofo}a defiderairlo, ch’io uo-gliapUtè foloposjìbile a noi, che foto con tenermi in grado di femidore, crefcerete in me tanto di degnità, c dì ualore ch’io farò atto a rendermi pià vicino alla cognit]on della uoftre uirtii. Dunque innanzi che io entri nelpelago delle uoflre lodi3annoueratemi uno de'fe,■nidori uoflri, acciocheficnro dalla uoflra bontà e [corto dal raggio de'uoflri bellisfimi lumijugga tut~ tìgli/cogli dell'ignoranza, & nauighi queìio mare cruento dclfauor noflro,&colpelo del uoflri gran* 'Infimi bonari. MX11.di luglio, M.D.XLIX. Di Firenze* Mi "Principe Di Salerno* j 0 ueggio bene in noi Eccelkntisfmo Signore la J. magnanimità dMleflandto, ma non conojcogia in me ì meriti d’Mpclle, il quale dipintore a’una carif (ima Donna di quel I{e,ne diutnne amatore ardentìfl fhnoi & meritò che infume con ramata gioitene li do naffe anco i fuoi mede fimi defiderij, cofa di piu chiara Memoria chef uincere le remote nation d'e gli Etiopi, intendo apprettate da noi le bellezza c 1 cofiumi d’una L t B 0. XV1. tfuna ramjìma donna, & u olendo ad imitatlon d‘J pelle rìtrarne col pendio déltintelletto le bellezze del l’animo fuo,e l’altezza delgiuiicio itofìro, mi feriti^ nettar nell’anima una pasftone, da me non piu pronti ta}neprima me ne accorfi,cbe la trouaigia fatta don na della mia libertà,&hauer quafi uinto le mie debili conftderationi: fe come buono cera fico Jo jìcffo non bauesfi con preda, & rigida mano refecate le parli non fane,& armatomi cantra i mici medeftmi penfif ri, alti quali io ho fatto tato di forza}cb’io[pero di $ tona in mio fattore . re fami filo a purgar iojfcfa chi ho fatta a r.oi,nello hauere accattato pur p breuejft tio quedapasfione,percbe mi pare, anebor ebe fa cf tra mia uoglia,bauer profanatala religione del debito rifpetto ebe ui debbo-ierror fu breue,il pentimed1 grande,il remedio pre[lo,la fiufa accettabile, &rn4' (imamente apprefio a un giudice, il quale fa molto be ne,che mi debbòn piacer le cofe lodate da lui. lAM.Tietro Vettori,a San Cafciam. yT 1 dolgo della mia poca cura, ebe dauanti^ jL V _1_ partita no fra non fippi trouar tempo di ^ con mi mefliora per conftgliarmi in una mia rifo^' \ tione,& anco per intendere la uoslra per mio cont^' l to. parto domattina per l’Oreto con difpofitione dit°' nar fra uentigiorni,penfo ebe farete à S.Cafciano,fc ; rò non m’occorre altro che ricordami, ebe fono u0 flro,&denoto delle uojlre qualità, bandoni un ri1 mal FIT^CET^T. 366 Kdcompoflo Soncttojcufatelo, perche quado ancor f0lfì molto peggio detto , la nobiltà del [oggetto lo fa-^pìacere adogni altri,che a uoi.Fiuctc lieto , che to per me fonuoflro, & uiprometto di cuore pregare hio per noi alle deuotioni. ilche mi fece credere fosfi andato achiarirfi di Calcite dubbio per tornare. pur douette laffarui tal Pfgno chenonpoteffe mancare. Con quella farà una estera di un gioitane, ilquale è in grade a jpettatione : "eoasfitnamete pchc in fi poca età è dato tutto alli fin- M Me de fimo, ^4. Firenze. dì LIBRO XVI. di, e tolto a tutti gli atri piacerne Sign. d'un caflell0 fra l’altre fue, che fi chiama ^uftdcna, delqualcfi che harete notitìa bora,perche èperfona honora}d,& piena di mille q: conofeiute qui, che noi non penfate, mene allcf*0’ e mi glorio, che mi annoueriate frai uofìri affettion*' > ti,frai quali non loflerrò mai à'effer uinto. afono11 IJchia}douc starò parecchi giorni, chiamato daquffl . vigno- riN.CZTi. MARTELLI. 3è7 Sl&norey che certamente fono corteftjfime, e piene di irtu , e mas'imamente Li Signora Donna Giouannct dragona moglie del fig.^djcanto Colonna, e la ditti >la Vucbeffa a* Amalfi, le quali perlnr bontà mi fan-mille ca tzxc, benché io n'ho piu obligaticne alla Nttttdine dìcj]lo (caglio, che a qualità neffuna ch'io ubiate perche voi mi lodafte la cacone cheto ni ma. bicorne ch'ella il meritiffe poco,pure hebìn piacere Spùria lodare da voi,colgiudicio di quel amico, & rnaggior voslro,e mio,alquale oltre a mille altre oh lì-. &atl0'nì,ch’io gì: ho , ho caro battergli am or quella : Waadoui due Sonetti,nati d’un pano , pare in queflo fioglìo; % hanno cofit alcuna che piaccia,rhonore [ut 'Aggetto che dalla bellisfma A r agonia beino preludi ricordanti quanto io fon defiderofo dell’bonore, ^ ftdvofiro,èJupercbio, &ìlpregarui ebevoi mi amiatc è troppo.tenetemi in buona gratin degli amici ^ufiriiC nel consolare gii afflitti perfeueratè,che ne ha U1fete premio da' Dio,e lode da glihuomini, & obliga-10neda me in particolare.fiate jano,e uiuetelieto,che ! ,, l°vi profferì fecondo il dcjìderio mio, emeriùvo- ' uri t ^ttaDucbeJfa di TagliacogZp,a Trapali. I hluflrisfma, & Eccellemisfima fignora. ne alla i X 'aha megliore dotte colpente della morte è paffuto y- Trofper^ yj contitene il dolore, nè alla fontina e anitno Mitro,fon necejjarij conforti,perche quel la L I B 0 XV 11 , ìa farebbe manife/la inuidia,Cjue(ìafoHercbia arrogi ‘Za.e fe pure quella parte del fenfo, che uiue in noi > r | hanefcapafcere di quefìi cibi de conforti terreni,^ 1 farei io quellc,cbe tentaci di farlo, perche a me toc^ ft gran parte dello interefjì di quejìa perdita, ch’io ^ b ondo pai di do lare, che di conforto. Di Salerno •Al Sig.^4lfonfoReta,a Tfapoli. -r 0 tengo contro l'opinion nofìra,per una delle rni[ \yenture, che come mi fcriuetefil . . fi dolga & me,checerchi darmi calunnia, publicando che applandere.il Viceré: e non perch'io Jcntiff cefi effe*1 iljcruigio del Principe,togli difuadcfji L'andata all* corte, non perch'io non mi dolga, e perche io non tef ga ungraniisfmo conto , ch’unaperfona di tanto >'1' ffetto,e di tanta prudenza,tolga ftmpre ad impugni re ,e à detrarre tutte le mie attieni, ma perche pAs che con le fueperfecutioni m’babbi a aggiunto fetnp^ piu di credito.e di riputatione,cbe da me fteffo non»1'1 faria potuto acquisiate. Foglio dunque accettare • querele pergratie, e le calunnie per [mori, battendo piu rifpetto agli cffeltuche ne nafcono,che all’intenso ne di chili [emina ; TS[ Ala fuga già del Duca di So A' ma io pcrfuaf cantra il uoio fuo, e di molti altri,l’ data del Trincipe a [ita 7H.il parer mio, e da quel [' gii or e. e dal [uccefio fu approuatopcr buono, quando il v riT^CEN. 36S “ 0!'° fu n-pr ouato per tri fio : in quejl'ultima delibe-Wione io ho e/clamato co la lingua, e fulminato co la 1 fen(tper impedir prima rdettionc,e poi l’andata, do Ue da lorG}el'una,e l’altra di quefìe cofe, fc nò è fata fr°curata}è fiata almeno caldametc defidcrata.Dor-et}bcmi benebbe le parole di chi mi calunnia fusjìno andate [opra cofe che potesfino pregiudicare alla cadi e,:XXa dell’animo mio,et alla fede di che io fon debito \£ A me sìcffo,& alla ferititi} del Trintipe;ma che fmi ^pugnati eglino, ch’io Labbia dato t>n ottimo confili 10 al padron mio, & Labbia tolto in qflo l’officio a 0r°-di questo li ringratio io Lene, poi che vanno co fi bilicando le cofe be fitte da mc;ma lor dicano , che Mtemìone è fiata trista ,fe bene il cofiglio fu buono. Percioch‘io ho voluto per rifpctto del Duca di FitlTe ePetgratificare al Viceré, dir quello ch'io no cSllma-Uo Co/i. Io no niego che'l ueder co giunta co l’altre raduni la conuerfation della gratin dei Duca,e del Vice e uwfo il mio Trincipe, nò mi fa tifi piu animofo a A ffigliarlo, ma non fu quello il principale oggetto rMo,cornene anco di que’ ftgnori era quello ilprinci-y-ff pefiero. Difìrugghino prima diiefti miei detrai °n ^fagianiferiti e, che nel mio parere fi allegano , Affuàdo la mia opinione refli denodala,e fenga apog d° di ragion nefjunafi» mi contento che lor fi faccino Merpreii della mia intentia te, e che piglino h parte r li giare , poiché dalla natura hro P Regno di Napoli infterne, ne fanno fedele qnai di 1°' ro ne’ tempi paffuti ha fatto ne’ bofchi del Principe^ bora nella p>; finte necej'fuàyquel che ho fatto io?d>lC ftat^ di ioroyChegli babbia pur offertoyUon chepreft?1 top. e mila fendi com’ho fatto bora io nella fuaparth ìa,de i è uii non ho pare cau(cla}non che afiegnatV to impedito non dalla imention di quel ftgnore, ma [l bene dalla /„aluagità ài quegli che fono autori di qtit' fie calumnì e. flora tacine di gratta,e cerchino,non co li biafmi almi, ma con le cote ben fatte da loro cuti \arfi jopra degli altri ,enon tengbino la bafjegTfi & gli altri ; per grandezza loro,che qitefio è argomento d’animo vile.<& diffidente di jc mede fimo ; fi che non \ vicuratephe glihabbino malaopenione dime , pot 1 che non è punto migliore quella ch’io tengo di loro:))^ fondata fi bene con più nere, -e con piu falde ragion'» Viuete lieto,& amatemi * A Bafurto Vicere dellaprouincia ad Ruoli,per ilVtimipe. "eccellentefignore , io horkeuuto la lettera v°' JEifira nellaquale implicate legiuflificationi voflre> con lineomrncdità , che iti uengano dal partir M dal caflcilo.fiate certo che fempre vi ho tenuto in grcl do d'amico-,ne potrei credere,quando ben mifofieghi rato, che cantra le cofe mie voi vi moflrafle altrimen 'vit^cen. m^rt: 369 1 che quello che fiele vbligatoper ragion del r olirà t’fficiotepcr quella della noflra amicitia,non vi bau e do io masfimamente dato caufa. del contratto, & trac tandofi digiuriditioni, lequali fono siate acquiflate col[angue,e con li feruigi dcmieipredecc[[ori,&concede loro dalli Rèpafati,e còfemate in perfona mia dafuaTtf. fiche quando io mi fentiffì offe fidarci in ^efiopunto^onmifintireiper quefiavìa : necre-do(bencheper la uofira lettera lo accenniate) che mi ^abbiate in tale openione, perche mifarefte maggior torto in quello,che in quello,di che durate tanta fati~ c tenendomi ‘ritto nt Ila gratin uoV.ra,e nella memoria lore;a i qua li io de fiderò quella felicità, e quella gloria che cipro mettono i lor bellhfmì coll ■mi ,& la prudentia con che uoigli educale,e cu 'odite, it.di Luglio, IVDLXlX. Di Firenze. 'Parere aiVrincipe di Salerno dell’andare alla corte nella fuga del Duca di Somma. '10 non fui mai in dubbio ì llit[ìrisfmo,& Eccellen-À.tisfmo Signore, che ne gli finti di Lombardia il >alor voflro hauejfe a partorire Jcruigi notabili a fta EejareaMaefà , konori eterni a uoi , & innidie gfandisfme in altrui,& in quelli maggiormente,che uorrebbono ejfere co fi foli nello effere lodati da gli ^uomini, come e’fono nello effere affahati dalla fortuna. Duoimi forte che lamaluagità de gli buemi-m in queft’età corro, ta habbia tanto difor%a, che U ’rìnàfia pofìa in dubbio in per fona di quelli,ne' qua-hclla ha fcmpre mofirato tarili cfperimcnti dife,& poi che la fuga del Duca di Somma e in tanta ftima,et *4 a a 1 épo- LI B Pv. o xr. èpofia innari a fuct Maejtà, per co fa di tanto momt^ to ,<&• chi [iticnpiu conto dì una perdita fola che di mille acquijii, nb faprei fe non perfuadcrui che [libito ui conferisji alla corte inauri > che le calunie facefsin maggior fondamentoeperche la lettera delìlmpcrado re,icritta alMarchefe,& a uoi}nchiedegiuft'if catione-,il non farla,ò farla tardità per ter^aperfona,crC' jee il fofpt ito infua Maeftà,l’ardire,& le forze ne'll° ftri aucrfarij, & feema la dignità in voi,perche peti-(tendo qnefla Lice , refereie in qual fi uoglia part? con meno riputatione, che quella che nifi conuiene: di forte che battendo a trattar quella caufaf comepa[ nccejfario ) none dubbio alcuno che fi deue trattar di nanzj al Juo I\c,& non de’fuoi mini fri, perche gli eJ /.etti che ne ufcirannof fendo buoni)faranno piu honO rati,fendo altrimenti(ilebe Dio non confenta) faranno piu tollerabili, potrebbe dire alcuno, che quefeofi può fare per terz.a per fona,&feoprirper quefto mC-Zp l animo di fila Maeftà,figgendo , & lì primi moti dell’ira,& anco la fatica della pofa in quefi tern-pi.alquale io rifponderò ch'io ne neggo, doue uoi refe rete in quefo rnezp, ò col decoro uoftro o con la fi>-lita dignità, ne conofco chi faràperfona di tanto amo re,che vogliaci tanta autorità, chepoffa, & di tanta fede,che debba, in luogo voftro ajfumere cof fot' to pefo,connettendoli porre innati a S.Maeftà lalun-ghczpfa de’feruigi voftri, mal cono fàtui da là) y giufte querele poco inte 'e, la grandezza delle facilità confiniate in fio fcruitio , & rijchio della vW tante ViNC'Èlì. M^I{TELL1. z7l tante uolte, & in tante guerre pojìo per lei, refifiere alle repulfe, & in fomma entrar con uoia parte dello sdegno di S. M. Dico che farà imponibile trouar PerJona per molto congiunta,& di fangue,& dì amo-Te>cbe ni fio., che tenga infe tutte quelle qualità, e fe parefitrouaJfe(ilche non credo già mai)non farà che nie^i) che le quello farà buono finimento che uoi na {iute digrd lunga migliore : perche con la pr e fenica ito fra fola,porrete mangi Cef.una confiderà inftmtayet Una ìm-agin della fede,&delliferuigipajfati,atta fola; Incedo a dar uinta ogni perduta caufa, no che quefla, dotte n'accompagna tanta innocentia,&tantaginfiU lische io non sò uedere con che ragione ella fta ridot-taingin ditio,fuor che dalla malignità,&dalla ittidia, asfìltenti sgpre cantra la uirtùne’tribunali, & nelle corti de‘Trincipi,lequali auuerfarie cadrano [ubilo al la prefentia deU'innocentia,& del uatoruoftro. non 10 duque co che ragia fi muotta nejfuno a diffuadere tycfafauìa deliberationc d'andare alla corte, che col Uoflroflefo configlio hauetefatta, in me hannopoffo tanta rnarauìglia quefìa concordia digiuditij, (califfi tutti a fconfigliarfi quefla andata ) ch’io temo, & f-loro ejfer tenutoprejHntuofotò da noipoco fauio. !‘et*ifcufa apprejfo di loro,&in confpetto iiolho,il de l}° amor che io ui porto,dall'originai delquale ho c non remerò , però di brevemente rifondere alli t tre capi>fipra iquali fi fondano tutte le mie calunnie t nonché la rinerèria, ch'io riporto mi ammoniaca piu LoRo col tacere, a l re',larcalunniato,a conformarmi colgmdiùo volito, che fi usi; beandomi darai ombra ^ c°niradittione,nondimeno mi perfuade la mia inno ccnìia;^- U mia feruitù a ntn mi lajciar deprimere , fe non per altro rifletto, almeno perche fendo feriti-tor roìlroydel p; incipe, io fa alieno da ■ atte le mac-cbie,come fono da tutte le colpe, <&• pc rche apparifea nfla nnagiusiif.caùo'ae la\ cbiart^ja del vero della riputation v oftra in per fona dh nfuo jer nitore. Quait to al primo capo,per lo qual vi dolete, chef S. Fabri' ll0 trancia habbia chiamato ì Pregi del] S. Trinche Per H feudi damila dico che il fa. lodar aneto, era piti °Pera dell’ autorità ho fra,che delle-forze mie., Icona hfon moderate dal potere,& dalle fatuità del SVrin Clpe,e fe voi mi dicefie ch'io tengo ilpefo deli’entrate, e delle co fe pati ìmoniali difua Signorìa,e che per que doueua pigliar cura di quello negotio, dirò chela laurei fatto, però purfempre col meggn dell'autori-ta vofha, allapuale in rutti quelli hi ogni è fermata la tycrangadel Trincipe, & appoggiata la d boltg^ ’Kaniia, non nàparenancceflario , bau-ndo fem-Pf6 inteho, che delti quattro mila ducati della mercè di l'uà ;vlaefià fe negirnua una parte a Fabritio, l'alba a Baron di Corneio , & quando anco fuffe man-(ata quella ria,era aljìcurato dalie parole del Trirt- ^4 a a cipe ti % \ o xyt: tìps della relation de’ miniHri, ch’in quel tepo la trai tarono,che tra il S. Marin Frecciale Fabritio era co# nentÌGne,cb‘ilmedefmo M. Marino lideffèdua mil^ ducati [opra il Caflel dell'M.bbate,per cauar il Triti-cipe di qucfla difficultà. fi che con tutte queile fictd-tà mi pare di viuer ficuro cbe’lS.Fabritio nò s’bauef fe a muouere con fi poco rifpetto delS.Trincipe}ecoH fi poca memoria delle fuepromefie ; ma poflo che non eìfuffe Hata alcuna di queHe cautele, che colpa fari* però la mia,quado le forche del S."Principe fnfero uni nori,che le fue necesfittà?voi fapete lo Hata, e l’ctrato fue, dalle quali ha da nafcere le fine fuifioni aliagli^ rado intrattenimento degli auditori, il mante nimeto delti mufici, & della caualleria,il fofienimento dello liù,& le proni foni de gli auocati, e infinite altre fpO' fe.Io farei troppo potente, rio potesfì far quello, che non puon far Ventrate di quelsig. dallequali nafce la mifura di tutte l’anioni mie.Dolcteui nelfecondo capo, che non uengono danari da quelli erari] dello ft* to.lo lafcierò refponder in mio luogo al tbeforiere del Principe, ilquale a queH’borapotrà danti colo di dii cali... non battendo però lafiato il Principe alla fu* partita adeguamento più che di xviij.mila, fila qua} coftpenfaua,che mi ubauefiepiu preHo da maraut-gliare,che da dolere,&maffmamete, che dell’entra te di Zafilicata,delle quali voi fate tanto conto,itnini fri uollrì rihanno ladato gràparte a uofìre còmodi tà,&non del Principe, & hanno poflo queHipoueri ya falli col carico delle mani vofìre in tata nccesfitd, & .tl fafìldijyche mi par cepaffione a finger lì}e mó Stargli p alcuni rejidui che ci fono. fi che éjfia colpa, n°n èmia}acfifeno è di confenfo uoftro, è almeno dal "opera de’voftri miniftrì, allaqualuoi fiele tenuta Pù pfto di rimediar uoi, che di rìprederne me. ^Al ter Q capo,doue voi dite che i priuilegiati /opra latrate del "Principe non fon pagati, ne fodisfatti a’tepi,farcb oe mia colpa quando io mi ferui(Jì de’ danar loro, o à eommodo delTrincipe,ò a beneficio mio , ma poiché befano in potere degli erarij,per pagarli loro a1 tapi, ebefono alligati,o è colpa loro,che non gli domanda n°sò è diffetto degli erari],che non gli pagano.s* è col Pa loro,che non gli domadino, non fipoffon dolere de Zìi erari],s’è difetto degli erarij, non fi pofiono doler di me,no melfacedo int&dere, perche allhora io farei tenuto,& alla fodisfattione dell’uno, & alla punitili eli altro.ma io dubito pi prefto chefianogli artifici^ “ alcuni,che non fi curano per il biafimo mio, del da del s. Trincipe,facèdoprofejfwnedifolleuare que He diffìcultà,e metterle in campo,parendo loro di dar ne earico a me,no confiderando che voi'cifieteapat te per la maggior fomma .fendo congiunta la riputa-ttonvoflra co quella del Principe,'e fendo uoi inmag Z{°r obbligo a quel Signore,come moglie,che io comè ‘cr nitore, fi che apritegli occhi,e fate chepoffapiu iti ‘t’°i l'obligo,& l'amore verfo il Principe,che lafalfà Rediga,che haueteper colpa degli auuerfari] mieli &pOco amorcuoli voflr’h L I B ì{ 0 XVI. \AlSig.TrincipeMi!sfimUiano)perin?rincipe di Salerno. ^ ‘Iopotcsfhcomio defilerò, SerenhCimo Sign-4 Jer co.!* 'ricino a fernir l'altera ; ojìra co la pe>' Jona,com'io fonjempre con l'animo,io no dubito, che la mia feruhà no f iffè,nclla memoria noHra, p auu* tura con piu [aldi fonda menti,che ora non è,ma nop queBo diffido, che la aofìra bontà no fi ricordi di me> non accetti dalla mia uolontd, et dalla mia deuntionc quelle parti che mancano a gli effetti, perche l’aluf %a, (grandezzadell'animo uofìro, fideue appagar parimente dellduno,come delìahro. t$ga dunquept* fermo di non hauer jer nitore,tè pm certo,ne piu fic,t ro di me,tofi hauefs'io for^e,^ occafioni da moflrdt ] lo,corrilo tengo defìderio, eVuolontàdi feruirlo. 1° mando ilprefen.e Vincenzo Martelli mio maggiori0 mo a rivedere cottili miei uaffallidi Villa formoli l per dar loro a: alche forma dì b o governo,gli ho i,rf polio, che venga a baciar L mani all’altezza vofh'd in mio n<>mf-,t farli la debita ri •erenza, &jupplic^ lai quello,chi libi'ognas fanort a beneficio di qu^ lo dato,6 di que‘uaffilili. Volìra al'fZZa fi degne1^ crederle come àmeproprio, & favorir lo ^orne caffi ffa. vi M. sintomo Taleari,per il Tnncipe. O Oh moltigiomi,che per una lettera vofìra fcfd" \fj ia a Vincendo MarctlU,& per vna epiflola itt- drìZr FlTiCE^M^ìKT. 574 ^iTjata a me,io mi conobbi obiigato non fola di rin gradar;’} con le parole,ma di moftrarmiuigrato con g'i effetti, et dnuendo il Martelli in quel temp'.; pafìar da Lucca, hrbbe in commesftone da me di far firn di quelli rfjìcp a bocca con mi, & l’altro ch'io mi rifer "atta ad ogni voliro commodotofferirui, per ogni Voi ta che ui nolefie valere di me,e delle cote mie : intendendo poi da lui che nonni banca potuto vederejnon ho voluto mancar di far ni fede con quejta d’un'ottica intentiom jbe tengo in beneficio rolire, &pre-garui in- facciate capitale in ogni uofb d occorrenza* cbe non ;olv lo debbo fare, come a perlbna della qua lì‘à che fiete di cbe ferri re ho vdito ragionare bona raùffxmamcit) ma anchora come a cittadino,e nobi-le di Salo no Doue f more cbe vi farà caro di venire afmsdcr l’amica (lirpe uoflra , a me farà cariamo dlconofceruiprefentialmcnte & in quttfo mezxp nnn mi riifarmiate f cbe io non mi dimenticherò di Voi. ‘Parere feritto al Sig. Trlncipe nell’andata della corte, [opra il romor di iqapcli. [0 ho fatto fempre profesftone ,poi ch’io mi diedi X affì feruigi ve fri lUuflrifjimo , & Eccellen’ifiimo S'di leruirui del vero, e dirui quaio me occorfo per &randez^a,e quiete voflra & perche fra tutte le de-werationi, cbe voibauete bauutoa far fin qui non LIBRÒ XF1. ___l paffuta (agiudiào mio) co fa di miglior co/i^ rationCiCbe cjucfia d'àdar alla corte, m’èparfo coW1 feruitorc interejfato nella vopra grandezza) acor$ %a ricbiefla alcuna, fcrinerui (juefle poche parole. ■? le caufe che panno perfuaderui l'andata, fuJJeropM1’ òpoco differetia a quella che vi debbono diffuadeM io cbcorrerei,cbe s'vfaffe da voi quejlo vfficio pict°r verfo lapatriavoflra, e queflagratitudine alla coli' fiden^a di quefta città verfo di noi. ma poi che to può efferpoco,che da voi.e dalla città fe ne trarr.1 & il danno molto,che farà tutto uofìro, mi par chel1 vada a manifefla perdita, non dico del pericolo dell* vita,delqual pur fi deuefarcafo, in queflaftagione* ne dilaffare lefue cofe imperfette* che cominciane pure a pigliare qualche forma, nè della difgratia W Vicere,dallaquale pur nafceranno mille incomntf’ alle itoflre facilità^ mille oltraggiano fri Cernitori^ yaffalli; ma fi bene del mettere in pericolo in un fflC' dcftmo tòpo la grana di fua Maeftà,e la voftra (ìejf11 riputatione, perche poi giudice di quefla caufa ha M effcre S. M. laqual v’è intereffata in due medi, per la riputation deminiftri, liqu ali faranno rende1 piu deboli da qui innanzi in tutti i fuoijeruigi : l’^f tro perche li faranno fiate dipinte congiure,feditionb e quafi ribellioni; & quefte informationi hauranno già fatti fondameli faldiffimi nella mfte di C e fare, fi f non hauer hauto contradittìone fin quì,comeper eli1 re fiate porte da perfine di creduo,e d’autorità, n0^ vedo che buon f ucceffoje nepoffa ff orare, perche chi an- x VIKICEWT. nj *wara a quefìa imprefa , bifogna che fia per fona di af^ttanta fede appreso al giudice, come quelli che ]anno informato,anzi di tato più,quanto bafliaget tar ln terra le prime impreffioni, per po'er poi difpu-tarlf caHfa del pari, laquale ancor che fia piena d'bo efa>e digìufiiiia} non mancheranno però ragioni a c f [a uoglia impugnare,perche e diranno,che le noni a di Germania hano hauuto il principio da quefte fet te>ecbeinquc(lo regno non mancan fauilleper nutrir ‘pteflo fuoco, e che l'ufficio d’un Trimipeprudente è df mediar e a iprincipq.diranno ancora, che da'mU Wridi Cefare non s‘é maipropofla in queHo regno ferale inquifitione, ma un modo diperfecutioneco "“gli bereticifoli: co fa non comprefa ne capitoli paff yl dafua Maeslà.è permeffa nondimeno dalle leggi; . "£ la dimanda haurdpiùpreflo apparentia digra-,a>che di giufìitiat&ne feguirà, che il regno habbia doluto uiolentemente la grafia, chefidouea cercare Per ogni altra uia, che tumultuaria. Quefte ragia-! ^tte innanzi a Cefare, ò allegrate da lui mede fimo Reteranno in terra tutte l'altre, che fufferoportate di clUcl> per molte che poteffèro effere . Tfon refterò di lre,che a fuaMaeftà non piacerà che col ualorc, & ^fltt nobilita &co la moltitudine de’uaftallivojlri ‘ fta aggiunto ancora una uolontà generale di que-°*egno, e una confidenza fi grande, perche quefte °Je. tette in/iemepongono negli animi de’ Trinci-c‘ timore di nouità .alì’intereffe de’ [uccefori, & peV rrinjcguenga defderto di eftinguerli per quelle uie a che I I B TIO XVI. che s’offerifcano loro,& .ioimed'fimo fapete,chepU' ttèparfo troppo a fua Mae fi a aggiugnere allr gr^n deigeuofìrt una. compagnia dì gente d'armi, fi nonvtdo come e dalla caufa mcdefma, e dal difenlo1 d‘ejfa,non '.tengano offefc {'orecchiedi Ce'are, alqio'1" le no n là può persuadere, che la difpofuione de'popw pofja fare gran progreffo, perche con lafrefca memoria della nin a G rmania.pi'i tcJìo t'irritarebbe 1^' legga della fra natura,che ft placaffe. 'lS[e niperfif deie poterci andare di co en''o,ne aperto,nètacito deh Vicerè,perche fi ua diretto contro di lui, fendo riuten-tion di chi manda,e l’ufficio di chi na,la conferitati de capitoli,dallaqaale na ce,ò lapriuatìone dei Vi' re, ò la diminutione in maggior parta della franato' rità, e qttafi in tutto della uariputa tione, fi che n0f ' v è meggC’ di compiacere all’uno fenga efremoà1' [piacer dcli‘afro,& poniamo,che non cìfufir in co»' fa, ne la dì grafia di Cefare,ne lo sdegno del Viceré> ne il pericolo della ulta, nela diminufion dellefacm'^ tà, ne lo abandonare i raffalli,e le cofe due in preda a triti, nc il priuarfi de’fuoi diletti, machejoloreil fe la caufa nuda,d'ottenere onon ottenere, quelfi,lt’ per loquale noi fiele mandato dalla Città, dico oboi Cotterretc(ilchc tengo difficile ) acquiflarete PoC0 nell’openione di que[iipopoli,a’qualipare hauer tan' tagiulUtia, c he per offa fi fon pofte l'arme in man° ’ gir per confcguentcpenfano, che non debba effere ro negata per megggp uofro. Si che ottenendo ha^ te fatto quelfolo, perche eri mandato, & che nc ‘ opcnion V1 N C EN. M ^.'PyT. 376 ®pcnion di co fioro non ha difficoltà neffuva : ma non ottc>lendo,uedetc in chi pencolo hi ponete ; di jiare A Sudicio delle genti ignoranù,di non bauer fodisfaito fda città,batter offefi il Viceré,non feruito a futi M. ìn'rinficatnen'e,ohregli altri incommodi, che nefen lrannoì uaijàui,e ferititori,e le voflre facoltà, & io Perrflc>([uan4'io crederi con tutti ■pteflìdanni,&pe ‘foli nbattesje a nafeen il beni fino della vostra pa trja, /'atei fi quelli che vi con figlierei e p < e^orre tu 1 e't,niuerfale a'danni v,.jiriparticolari,pi r farvi de 'jf>0 'fina memoria eterna: ma perche io non veggio 0Hepojfa nafeer jiteflo beneficio, ancQ fon d'epinio-tu‘ta di ierfuyche per non aggiugver S. A/, ailagra c^\\a dell’alt: e uofire qualità, lan.or di qutlìo A(e-RpOje ben tfne animo di fargli graia neffnnu,non la Mai per il rnego noffro angi cercherà ii differir-3 ,n at ro tempo,dr mandarne noi male fpedito,con Pfea fodisfattione di quelli che a/pettano,che è la gru lagiulìitiafia maggiore, e piu fpedicaper ope-a della uoflra autorità, che ella non farebbe per nef , n altro meg^o. e fi troveranno ingannati con dano °r°>econ d'mtnutione della dignità uoffra, fi che ve and° C^e anc° ^ beneficio della città > con la voflra ì2 a}a diuèta minore, non fo conofcere ne utilità, ne \pYla> che pareggi il danno, & la vergogna, che fe può appettare. lo fui fempre d’opinione, che lefor-jy* }auefiero a fxreindivertirPelettione , perii' n e)r a nenire a qiteffo punto di negare alla città,iV 0ra fonod’openione, che quando fipoteffe evitare fan- I I B \ 0. XVI. Tandata,con colore c’habbia in je dell'honeflo,che w ft lafci di farlo: rimettendomi però al uoTiro piu fatto giudicio>e fupplicandouiperdono della mia teneritt’ beneficij.a me ne tocca.egli cofìgran parte per l'affa iion che ri porto^chc fjn sformato defiderarui la fitt te, non meno per mio intereffo proprio, che per lo d^ no uofiro.attendete dunque a ricuperar la fallite,^ meno per beneficio altrui,fe per auentura (com’è fif io dalle perfune d’intelletto) non lo volerle fare fi* more di noi [ìeffo. Credo che ma parte anebora dtj uofiro male fia quello della S. conforte, laquale do^ doui effere allegiermento, & gouerno, in queftofi*0 accidente ui crefce il difpiacere,e lincommodità > & a me fa doler doppiamente dell’vno,& dell'altro.i^- Ce fare Brancatio farà quefto vfficio in mio nomo < uifitarui, poiché quello dell’offerirmi ui farebbe f°d utrehio. m^CET^T. M ud R T. 577 c/i/ Signor Forante Caraffa. 1 ® de fiderò Eccellente Signore d'efler quello, che u'n dìpignetc nelli uofiri bellisjìnù incbiojìri fp!r a‘Ue^epfttti,ch'io de/tdiiu più lofio,ch’io conc-^auere.Li fcncttifono nati btllisfmi,c tanto piu ‘ ilofi>quanto hanno minor obligo a [uggeito, del-top eJ0Me é (tato piu topo tirato in terra,che aggiti lod^Ut~ di degnila Vi confcffo bene , che fentendomi, to tanta efficacia daperfona di tanta f de,quan Pefr1 a^te ’ nonP0^0 fare dinon effiey pii'caro a mr' del ^ c^‘i° f0gli°V ch'io non creda (malgrado „ Uef°)ctlcuna cofa in mio beneficio.Mi farete durigli f’lfcere acotltiniiarui d‘amarmi,e cc far dì lodar la /e ea^a prima parte rifponderò abodatemete, al l0 rffi>ndix cótta laiiolontà mia ni D onerete defrauda ff2je a nongtamai mpromctterui di me & delle rofe dì Q Uant0 die vagliano in uoflro feruitio. .a’X X. lU&no- M D x L V I I I. di Salerno. '■stila Buche (fa D’amalfi, per il principe. ^ lettera uofira, lllufirisfima Signora ha fa*-(° tanto dì ferga alla mia ferma deliberationc. L L 1 B 110 XVt. che m’ha fatto (iare in dubbio , s’io dcueua diminuii1 lapenna, òdifpcnfareilfolito inperfona di . . eh io teivjo prigione, fecondo la ricbieftauoftra, ò feglitt ilproponìrriento mio i accompagnato nonmen dalb1 pietà, che dalla giulìitia . Ma poi cbc io conobbi le U0' ftre preghiere eìfer moffepiu da una Carità Cbrifì',A' va , che da uoler pigliar laprotcttione d’un cofigra,[e delitto, & ch’io ponderai, quant'è maggior impietri ennferuar nino uno inclinato a tor la uitaagli buon11 ni,&che ce n’ha dato in quefla poca età cofìgra#fA& gio , che tor la uitaad un foto per bene ficio,&ej]er>1' pio di molti, mi è parlo fenga Jifcoflarmi niente dall11 uoflra intention-’, poterla ejlinguer con l’ultimo fa?' plitio > per jicurtà di quegli che refleran uiui, & terror di quegli ch'io fi diano alla vi’a de gli altri,i°s0 certo che fé s'haurà riguardo all'intention voflra,!^ laricbiefla uoflra, & lamia volontà non farà lla,f neffuna contradilione, ma fe fi narra uedere f & lo fpirto a tanti Jeruitori, che dipenderlo dalla filate, & dalla grandezza ho [tra , fra tutti i quali io fano ambitiofo del primo luogo . Ringratio nojìro fi-gnore, e lo prego clw femore ni conierei in quella al-tcZ.Zgt di (lato, & in quella (eli di a, ch’io ni defidero , c fattimele ui doni memoria di comandarmi, &dì ado per are quefia tuia feriti ù, & h altrui di queflaniia fatta,fi come io & l’uria,e l'altra vi ho dedicata,c fi co r,ì to dipendo in tutto dalla uotlraprotettione, & per eh io ferino lungamente a Monfgn.d’^dr asme miei particolari, lafcierò di daraipìn molefiia conprcgare \ojlro fignore che ui faccia ogni di più felice, ^llla Sìg.D.Gionanna di Rgtgona. 0 mi fon fempre perfuafo d'bauer fermato nella I mente di Vofira Ecccllcntia vna fald jjima opimo ne della mia (eruità, non con le opere perche erari tr°ppo dì fu guali, ma fi bene con la ftneerità ddl'ani-ni(>}laquale crcdena aperta & mamfejlaal buon giu fatio deil'£ccelentia itofira e fcaua tanto fermo in quella credenza : chea Ifola non falò non penfatta batter hi fogno di tejiimonio fopra di ciò con lei, ma mi prometteva col tejtimonio di uojira Eccellenza me-de finta rendermi nel medefrno grado appresola fig. ^aichefa jitaforella, ma poi che non fono aito per I’!a ueJJuna far chiara l’intentione mia alla Eccel-taZa uoftra, & che algi;tdi:i > mio mancano tutti gli Rbb a ar- L I B \ 0 X Vì. argumcnù,e tutte le forge Copra di ciò, facciami grafia almeno ella d’in'egnaimi la uia che mena a quello fine,che ancor che fufje il camin della morte, non la-feerò di pigli wloper itenìre ad un ponto con leid’efìer credutOycbe fe ben molti dicono molte parole fimili al lemie,tenga per fermo che non Cono vefìite,ne di quel la fede,ne di quella fmcerità,cbe le mie fono, all'opere non è dato il far fede deli animo-.perche le forge- no confen'ono, etra li meritiJuoi,& h bajjegga mia, è troppo grande disparita:Ci farebbe uno de duci rimedi],ò cbcÌEccellenga uoflea meritaffe meno, ò che io ual-ffi piu, quello e imlofibile ad effere, quello è fol poffibile col fauor di vofira Eccellenga la quale può algarmi, fola col credere che le fi a [cr nitore, a quel grado d'altega, chepoffapoi adoprarmiaferurla, e a e (iter creduto . Ione a uolìra Scccllengane alla S. Mar che fa uolft ragionare della morte del S.Dori^in tonioiperche bifognaua,ò che mi duleffe infteme co lo to & era uno aggiugnere & rinouar il dolore : onero ch'io tcntafjì di co furiar le, & era la mai una jpiiiedi arrogantia di donne di tanto intelletto, <& tanto pii* che’l dolor della perdita era com'nunc,fi ch’io fentiua il medefimo hifogno proportionalmcnte. Dunque l'Ec cdlenga uoflra,printa farà ficura,che io le fon fornitore, e ne farà tao certa,che ne potrà far fede alla Marche fa Et apprefìo mi feuferà, s'to non ho tentato duoiiforta>idolotcrefcere il dolore. riT^CEN. M^I{TELL1. 389 xAlU Signora, burella Sanfeiterina. ’Intempefii 'amortedel Conte fu0 figlio, e mio I lf> Sìgno. e, mi bapofìo in dubbio già fon ito me-Jl>s io donerà, fornendo a uoHra Signoria l'Ii'fìriffi-rr!a trafar del mio dotrrc}ò del [ho conforto. Si riuer del mio dolore,era cYc/ccr,&rinouar quello di V. Si gno.Cerca dì con fonar lei,ron,era cefo dalli mie fot "KS^ne dalla mia ìnoleslìa,masfìmamente, che d'inte-comune di quefia perdita ne fa bifogno a me non indili) Conforti ad nque f.S.e me, la uitadelS. ~4m.t rigo fuo figlio,nella quale V. Signoria, come a Madre,# io etne a 'er no,dubbi amo pigliar qllafpe-raga,ibepromettono i coflumi fuoinobilisfmi, &in ef]a comoenfàre quelli danni con lefperd^e future le quali Tsfoflro Signor accrejia con la ulta di uojlra fi-S/Wia lilajlrisfima. iAlpadri f radino aprente. X T r maraviglierete forfè padre Stradino , che V tra li (ette fatti di Grecia , cb'to noi mando di ongr,,cofa antichi!finta, & fella, non meno che la tif>fha Fata Fuflana, uè ne fanno che tenga for-n,a di b e > non hauendo forfè lettof a i ucjtri fcarta facci, che già in Egitto nacque un bue tanto fauio t the fi fece adorar dalle genti. J_a onde uè forga cre-^ere •’ che fe in quel paefepad»loto le belile bebber S bb 3 tanto L 1 B It 0. X fi. tanto intelletto che molto più l'hàuranno battuto i}t Grecia.ntadrc delle fetente, & di tutte le buone arti, & dono Gioite me de fimo uoife diuentar tale,a conte* pia icn1' d una bella gioitane;che conofcea bene l’Eccellenza dì quella forma.Dunque accettatelo digitici per uno dtlli fette,anzi per tlpiù fauio di tutti.ac-ciocbe din enti atefauto anebor noi,col ueder trasferito il Capere in questa forte d'animali. Degli altri noi* uoglioparlar , pernonfartortoalgiuditiouofìrofil-quale da gli babiii,dalle barbe, & dalle loro graniti piglierà argnmemo di quel ebefurno. K[e ni fcandategli il utderne uno con l'ali , aguifa dipargoletto, ■perche e’ vuole ammonirci , che per molto fauij che fi.uno , fiam pur ['ottopodi alle pazzie d’amore ;& ■voi con l'cjìsnipio di noi medefmo lo jcuferete. In so ma noi che ftete cozzone,de gli h omini vini, che farete dunque delle datile ? io mi fono cinto la giornea 0 ragionar fin qui de i enfi loro,io li rimetto tutti alla di fcrcitioneuoslra , quello ri prometto di loro, ebe fi tratteranno a quella parte dello feritolo, che voi H porrete,accettaranno quei nomi, che voi darete loro, afcolteranno lev olire ragioni fenza contradittione, ui laveranno finire le voflre fattole, per lunghe cbe'l te fieno; non inlcrrcmperanno i voftri difeorfi, coirli fan molte volte cerri importuniibeato voi fe vi fapete godere qndia conitcrfation loro. Chiedete Stradino d quella voHra Fata,che vi faccia conuertire in metallo, perche iti jeruirà la vo lira medefima forma ad efere l’ottano fra loro,per far va i burla alla mortali ril^CEN. M jL BJ' ELI 1. 38® ^ che non hauti giurìjditìone in noi,più che la ^bah la haituto in quefti huomini da bene, che fono /lati fà'He anni fotterà;& fon piu belli che mai.Fiuete He t0>& amatemi. ^il ftgnor Calcagno Caracciolo,alla corte per il principe. T Clulìriffìmo,e molto honorato Sig. La lettera ttOm X sita mi ha portato quelpiacere, che fipoffa mag~ 'Ijorctmaffimamente poi che io intendo per quella lo arriuo del S.MarcheJe uoflro padre a faluamento, al quale io defideroeper rijpetto uoflro, & per i meriti fuoì,ogni fallite,& honore,lo credo,benché l’afientia 'mia u’babbia caufato,per la folitudine, qualche mole ftia,nia poi ch’io jento coft l’effere affenteda noi fra tanto concorfo d’amici,e indillo che la perdita è fiata Maggiore dalla par te mia, che non fu a alla uoSìra co nofcerete anchora,quando ne fentail danno maggio re>poì ch’io fono fiato il primo , a cercar col rimedio della penna,di medicar quefia piaga.Siate certo che n°n battete perfona al mondo,di chi poffiatepiu libe-rat>tente ualeruiyche dime,non defraudate noi ìieffo, ne queflamìavolontaperche farebbe ingiuria com-tHuncfifareflc torto alla bclliffima condition uoflra, & aldefiderio.Haurò caro fempre, che mi fcriuete, saper le cofe,che corrono e maffimamète,quelle, che Recano al bene uniucrfale di quefto Regno . Viuete heto,& amatemi. Rbb 4 ^lla L I B II 0 XFl. tAlla[ignora Donna Victoria Colonna. T ,yf Lettera vottra riceuuta da me, lllufrisf1' | v ma 'yignoràyoi èjtatafooramodo ca^a^nonfV chem bahbìafattomaggior fede della uodra bontà* e della Holowà, che debitamente tenete uerfo un tan' to fertùtor uoftro, ma perche m’ha chiarito un dubbio ndqual ni'Iran e a posìo una mia liberà di fcriuere,c° fermatomi poi dal filentio di duo pr occacì,e mi pareti che la mia lettera fcrittaui ancor che porfaffi con feto ■vna minor parte della mia d'uo ioi,e,c de i miei peri' fieri,f& all: difetti della peti VIT^CET^T. j8e y 'ipplijce f accorgimento uojìro.Accetto com< gru !a divina l’offerta,che rtùfate,& la ccrte'^a che mi a,e > ch’io poffb ejjer buono ad alcuna ccfa in uoHro yuffi°>ef( u ingannarle delle for^dell’animo, & (ll ioclìnatione, non remerete ingannatagiamat. Io Cot>fìdai fempre poco di me ftefio : ma in quefto foget-to vinco con la confiicnga le mie mt defime fo. ze,p?r c )e > feruìgi uoftri,e la qualità del ncgotio , e l’ardo-Te della mia intentane mifaran fempre di piti forte , e di maggior ualcre, che per me medeftmononfono3 Ninnano l’^Arlinghelh tornò da S. M. è portò buone parole nelli particolari dicafa Farnefe, mainquel Sciocca alla redia ,Apo!t.& al bene uaiuerfalc, non ‘"folio ^ perche fi fon ridiati voler un concilio a Trflo 'ìn ogni modo, co fi che non fi consentirà mai da fua 5*1 &n°ria (e fon forcata. Le co fe fon ridotte alle pratiche ^ ogn’n cerca li vantaggi ftoi. Queffi Signori Far-nefi> dico il Card e‘t Duca O'tauio, ritirano quanto e P0IFf no,S.Sig.da feoprirfi Francefe, o per loro incli-jlatione1o per Fintereffe privato , perche quefto fpera l* cicompenfa di Viacen^a,nuello teme di non perder "oolti benefìcq, che tiene [otto la giurifdition Cefarea: ff cbepojjdno affai inmitigare ìa fiere^a delVaoa lT«l "iene firettisfimepratiche co’Fràceft.e congion tls(ime con gli imperiali,e ciafcun di loro, fiicredfef-]or ingannato da lui,et egli non meno fi fida poco di eia dcun di loro : dalhfrancefi fi domanda a fua fignoria Co’eimposfibih, perche chieggono per guardar Tar-"■"dyenetiani entrino nella lega, onero di asficurar fi L 1 B T{ 0 XVI. fi di Modona,& Reggio, per effer Tarmaptudta luogOiChe[en%a quefte forze, tionfipuo difender d* gli eserciti Ce far ci. SuaSig. non folo gli efcludeÀ1 twn poter far neffuna di queHecofe, lequalinonfo*10 \ inJua podeflà,ma che, battendo a dar loro TarvidA? J collegar fi col Re,uuolc che la Sedia ^ipo ftalica ricupera le giurifdittoni di Linguadoca e di Trouengf ' coft: non poffedute dalla Chic fa,già fon moli anni, de fi conofce che domandando ciafcun di loro cofe p off bili ,o almeno malageiioliffime, cercano piu tofi0 di dare parole per qualche lor difegno, che di fìring# lcga,o amiciiià durabile. Si tiene che fua fignoria»0 fa fetida fperangad'accordo con Cefare, e cheque-fìolo facci tener poco conto degli Franciofi;rndcbe fi feruadiloro,per capitolar con Cefare con magpo'1 fio it at aggio, fiche in soma no ft può far giudicio dic° fa certa, fendo l bicorno un’animai pieno d’inganni,$ gouernando hoggi il mondo piu per megp della fiducie,c dell’a(lutia,cbe per quello della ragione & df^ uirtù.Sua M.attende a riderft di tutti; & s^pofto i11 un luogo eminente a confido rare le anioni degli hu»-mini & a fpettar le loro deliberationi ,perfarpoi c°' me l’aqu ila che dalla altera fua, con la accuteg^1 delfuouedere.fi rifoluedoue vuole andare a ferirà & in qualefchiera diuccelli vuole cf eccitar fugndf adoperare il becco,arrotato dalli [degni,e forfè accM to dalla dici a,nella quale ricupererà la for%a.> cteffi' rà la voglia . .ADiopiacciaincaminarlo alla quW, dellapoiura Italia,#' alla parùcolargrande7Xae1> pqfo vinez'KT- M^KT‘ 582 r°:0 della uoftra llluftrìjs.cafa: a quali difegv.i mas fi w ameni e per l'intercfTo mitro, io pregherò femprc froffero e felice fticceffo. Di Roma,alti $.d'Ottobre. MDXLXV111. vi?Z Trincipe di Salerno,in corte Cefitrect. yj'Er tutte le commcdità llluftrifs. Sig. ho fritto X largaméte, & fe bene non ubo ferito delle cofe del mondo,& delle nuoue che corrono, l'ho fatto per C:e non mi pareuaconueniente,chc i fiumi torn afferò f fonte, qui non fi ragiona d'altro che delle cofe di co ]taì& un mouer d’occhi di Cefare, una minima dima ffratione d’apparecchio d'arme,ò di gente fa tremare c&niuno e fa mille comcnti,& mille interpretationi a Hffcfti preti, iqualì fofpctti fono ancho accrefciu-tl dall’artificio de’Franciaftftquali uorrebbonpure fa re dichiarar fua Satità et farlo gittate a qualche ftra ^partito,ma la molta fperieza, & la naturalprudS di queffo nicchio,fa che mifura piu prefeo le forze {fe CQn la ragione, che con lo fdegno della perdita di lafcnza,& con la ignomìnia della morte del figlino ^-Quando ci farà cofa degna diferiuerfi da me, e d’ef e* letta da voi, no lafcerò dì farlo ^ikffandro uiene a cot'te con marauiglia d’ogniuna, poi che la terna a uoftra, & per lettere uoftrc, &perlauacevnl-Ueìfale d’ogniuno è t procinto, & fifa giuditio da chi ^0nfale cofe, fe non fuperficialmente, che fia cofa di V *ndi[s,moneto, poiché in fu l'auifo del ritorno uittt qua/i LI B 0. XVI. 1 ijvafi a molimi il camino, con affai [pela,& impedimento del [cruitio, in e he voi l'haueui lati idtO’ 10 non ho uoluto cfjer curio fu a ricercarne la e ai* a> poiché loro non bau no gi: dicalo necejj'aiioil fa^w^ intendere,f lo ho ritraito dalla poca cautela delirio parole}non ìftimolate da me , che ine ne d'erdint d< ^ [ Tnncipeffa a dijjuaderui il ri’or no: co fa che io nÓp°f' fo,ned bbo creder e.per che quando pur ci f (fi alcun* ragione,che fauorìffi quella nofìra a[fernia, il defd1" rio,che dace batter totalmente quella Signoria dell* prefenga yoflra e la cogniiion cb’elfha dal coltro f1* ditto, <&■ del uoP.ro intelletto , non le lafcerebbe un officio fimile, fengafare ingiuria a noi e torto a ie medefima.Tcrche il prie ar fi di noi è danno & inct^ modo f u,il diffidare della uoHra prudenga,e del HO' firo con figlio, far ebbe ingiuria uoHra,perche oltre di' le fkr noi prudente,fate ancora ricino al fonte dell* deliberattorti fendo uieino afta M. da chi ha ad por fi la legge, &■ a noi, & a ftoi miniftri delle uoflf anioni, & della futura quiete ; fi che da tutù quelli che u amano, e che ut conofco per fauio , e defdera10 11 uofl.ro ri orno prefupponendof da tutti,che lapdf' tita tioflra dalla corte, farà acio.iagnnta da uno tirt* fpeditione.. Tarmi anco a che la t entra d’^leffatt' dro,publicandofi,cbi fiaper quefla cagione; dia Citi' tmo odore a chi la [ente ; perche la diffidenga che tnO' f rano quefli che mandalo, dalroflrori orno , fat thè na!ca,ò di Ha colo a della u olirà confcienga, o d* 1 timore de’ uojbiaiiuerfarij. Quefto contrala dig>ll‘ riXCEW, M 4KT. 58? a ’talor nofìro^ueUa tropo lontana da’Kì ri jì e 'vo Ile fperangc del co firn ri-tQ't'no, e nella pnfenXa di qne^a Ognora, econqt e-tokramo pallentemente tutte le (ìranczjc che f n 0]r fatte^ccme a uofìri uajTal!i,hora vedendofi manca re '& l’appcgio predente, e la perawga d lla uojha ne r‘!tt a perderanno l'animo,c fi por anno indifpofuione I1 ch io giudico,c’h auendo ni fattoTs^1' I Idio Trinci-pc dìSalcmo , e patrone di coft b toni / & amorenoli Malfalli che noi habbiate perdere piu preflo la aita, Riandò bifogno f (fi chela lor protettione, dr io uifo che un giorno foto della prefenga voftra paghe-r‘(loroidanni!&gliincommodi ponti de loro per co f lunga offenda. *A M.Lorenzo de’Medici Cavalieri. | 0 terrò uno f!i!e mollo Mag. e inerendo S'g. A di offerir mini per mego d’una lettera ogni anno Unapolla,quafi un tributo di me(leffo > per marnai t ’fpi in poffejjion di comandarmi,e me ru lla obigattm fh'uirni, poiché la baf]~ ggo delia m a fortuna n-n ! do ria maggior [oggetto dipoterli rnoprar l'animo 10 donale in Cgni importunità che g’i nega per fa 'ti Ccno/cf;- indinatijjime ucrfo di noi, ncn affitterà d e(- fre LIBRO XVI. fere ricerco,-per bora non defidero,fe non che voi à(>> biute quefia openiondi me, e quel defiderio di coWAli darmi,che io ho diJeruirui. vtl Duca di Termoli. T Lluftrisfmo Sig. io fini affai piu caro a me0' _1/Ò, sio non cottofcesfi che la vottra bontà fi effe f cita in vincere i meriti, <&• allungare le qualità de$fl huomini conigli efetti della uoflrafleffa humaridd' Dunque la lettera rictuuta da voi potrà he fare cb ^ tti conofca cortcje,ma non già ch'io mìperfuada d’b*' uer alcuna qualità degna di j;ar cofi niun, e cefi cute nella memoria uoftra,enne vai dite, (egià il conofà' mento del meriio liofilo ììò mi fa meritare,che fe qf0 1 è ni confeffo dì meritar infinitamente,poiché in riut’ rirui,& offeritami,ho cerco fimpre fra tutti iferuti0 ri vojtri d’ottener imprimo luogo.Col S. 'Principe rrj1 Signorc,pcrche egli v'ami,e rineri[ca,fi come fa, noti è neceffaria l’opera fe non dalfuofiefjbgiudiiio, (°‘ quale ci conobbe Jempre,&le molte vojere virtù,à li grande affettion che gli portate. E con tulio l’affumer queftopefo, che m’imponete di mantener^1 velia gratiafua , fia piu pr e fio temerità della p‘ir:t | mia,che necesfità dalla uoftra, nondimeno perche M miafcruità non rcfti otiofà.mi contento accettarlo,10 proteftationc,quando l’occafione lo porti,di ottent‘f' ne da voi vn pia neceffario. In quefto megp fcriueH' mi nel numero de ; jeruitori uoferi, che non v’ingcP VINCER. 584 vante mal per molto che ui promettiate della mia ferukù, fe bene u’ingannarete fempre, che farete fiu-dicio ; che le forte e corrijlondano alla mia volontà. Di falerno. jL M.Bartolomeo T ancia tic hi^per il principe. [\/T Olio Mag.Sig.le relations di TU. Fincentio IVI Martelli delle uofìre qualità m'bancari fat-^ far prima di noi ungiudicio, degno poi della corri-Jponden'ga che nella uojlra lettera ho conofciuta, per f^ualvcggìo la uofìra gentiliffima conditione n~ó fo-himente meritare ch’io iiannoucri fra gli amici piu Caf itma ch’io deftderi cheuoi ui contentate d’efier un ài quelli fiate certo dunque che inme, & nelle cofe r>1:ehauete ottenuto tanto d’autorità,che uipoietepro Mettere liberamele,e deli’uno,e dell’altro,quanto dico di uo[lrc ben proprie,fatene dunque capitale, per non far torto alla mia volontà,& al uojiro merito, L’hori u°lo,cbeper ni ego di M. Viceniio mi f mettete quan-do n6 baueffe in je altra qualità, cb’ejfer co fa da voi, mt farà cari(funo;e ucneringratio.Statefano. M Matteo Vincentio Copola medico. Bntiliffimo Copola,ni'è flato dato ma lettera ito VJ lira, laquale a far mi credere ilfuo frumento, >tbbc bifogno di far mi fi leggere piu volte; &-ancor LIBRO, xn. cor ch'io cercasji d’irtgannare il mio mede fimo Intel' letto,nondimeno mi ft faceva fempre piu chiara U che diuctUatone rerointerprete, vi farò ijuefìa rifpoft^-Veggio che li otto feudi,che dalTrincipc vi debbono efjer pagati,e da meni fono fiati promafuper difetto diportaiìuoua,ma non della mia uolontà, non fon ri» ceuuti da nei,[oggetto baffo da fcriuerfi,no che da do-lerft, e ma^fimamente con chi ui ama con tanta affet' Itone c nanto ho fatto io,hot cerneJla,io mi ui conob' hi fenipre debitore della jalute,quand’era infermato, & ddlamol aajjeitione quand'era fano, neper cofo, che io habbia fatta giamai,o fwtesfi fare in alcun tf-po per koi.harei pèfato di poter diminuir l’obligo che io ui tengo in neffunaparte.perche dal canto mio qtte fi e cofe non [pagano con cefi basftpricghi, anfi ferri prenriteneuadebitor uoftro integramente del tutto-Iddio haprouifìo che non mi refi debito [opra le mie for'ge.e che con una lettera, fola m’habbiatc affo luto del tutto,nellaqual cofa forfè ui potrebbe dire,cheper queff altra uia m’hauete maggiormente obligato, il-eh e mi contentarò di credere fé noi ui confeJJarete,cbe quefta fia fata la uoftra imentionc. Quanto al prC' garmi noi la fani à io certo la deftdero,& quando mi mancherà,la cercherò principalmente da Dio alque» lefe piacerà di i fare il me%p uo/lro reflerò conten» to cheuoi mele rendiate, conofcendola fempre piu dal la gratta fna,che dell’ opera uoftra, quado non lipiac eia co(i,e uoi,& io ci confermeremo con la fua uolontà . lAl portanuoua fi da nuouo ordineptr la uo- VINCER. MiART. 385 fiufodìsfattìone. P^fìante felice, e guardate la let~ tcra mia com’iofo La voflra. iAl Signor Scipion Capete. TT 0 riceuuto Inietterà yoHra, che contiene in fe A JL cinque capi3alliquali,per non vi reflar debitor delle parole don io fon ereditar degli effetti, farò di-‘‘intamenterifpofla. . '-dlprimo capo,dotte mi dite batter fatto tanti buo ni 'vffìcjj per me, fo bene die eri tenuto di farlo, tanto Per l'vffcio della gratitudine, quanto perl’obligo dì %entilbuomo.n’eri tenuto anchora, perche le cofecbe baueui da fare per meteran conformi allagiuflitia di ckefate profef ione, e comandatcme dal patrone, a dn deuete ubidire,e che l’babbiate fatto,o nò mi duo ~ che co mio dano,ec5 biaftmo uoflro i fuccetfi mi mo wino il contrario. Che voi ne gittate la colpa nella ft a'principe(fa, oltraebe miparvfficio non pio , ne degno degli oblighi, che tenete a quella fignora , Von potete ejfer creduto da me, che conofco la bontà i lei,& ialtera dell’animo juo non poter inchinar a Coftbafii pcnfteri,fe non forfè dallo (limolo delle WreperfiJfioL 'fi fecondo dotte mi richiedete perdono, e ui penti d batter falbamente creduto,ch’io fo fi confapeuole clla lettera,di che Don Diego,&tl Duca di Malfifè cf.r° fàto capo in peritino del Pncipefio w mi dolfi al che voi hauesft mal’openicne di me, ne mirai* Ccc legra L 1 B ^ 0 XVI. legro hot punto che noi l'habb'utte buona,perche ine tre che credeui mal di me, mi confermaua in openio-jte d’eflcr buono, et bora con qflouoflronuotopcw mento,mbauete pofto in dubbio di quel ch'io fia > & quafi: fon sformato a tenermi men caro per quefla uo~ fìra yltima openione,ma mi fon rifoluto tener il Wf defmo conto di quefla,ch’io fece di quella . dolgorni ben di non mi porerpentir con ragione agiudicio che habbia mai fatto di uoi,poiche tutte le miejtpenion’1 fono date auanxate dall’opere. lAI tergo,doue dite ch’io ho procurato,^ pratici to faticofamente cheilprincipe in uoflro luogo pig^ jin'altro, vi giuro che l’inclination dels, "Principe è le verfo di uoi,e figiudìciofamente ui conofce che non pure non ha dato fatica a meperfuaderlo,ma egli me defmo s'affatica f moflrar necejfaria quefla mutati ne,&quanto danno gli farebbe il non farla,&al fi*9 ritorno d'^ilcmagna ne vederetegli effetti. ^ll quarto voi mi chiedete la mia cafa di Salerno, forfè per moflrarui con quefla circonfpettione di meno autorità nelle cofepicciole che no hanete fattone* le grandi,voi fendo effecutore della giuflitia, ve fiele fatto patrone,&l’bauete adoperata a voflro co modo,et di chi //é parfo in cofe, & di maggior danno a me,tir dipià biaftmo à noi,che uogliate adeffo inp1 gli arai la mia cafa per voflro vfo moflrare di confo* marui con la giuflitia, & con la ragione,^ abbaffff re il grado uoflro col domandarla , potendouclapif gliaremi par cofa nuoua. & non tifata da uoiffi eh610 ^IT^CET^T. 3S5 ì*clqual tòpo nonio je mai mi fia ricordato di uoit Vof eh io n babbi parlato, fe già non ui difpiacc ch'io mi dolga;c]}£ /e cofe del ■principe ftano mal trattate. cbefe quello ui duole è dibifogno, ò che ui fepariate da loro, accioche ce fino le ruine loro, & le querele mie,o utro,che le trattiate di forte, che con beneficio dì quel Signore fate lodato da me,<& dagli altri, in quello mexp mi duole che fa cofi congiunto l’interef fe del Principe col nome noftro , che io non mi pofft doler dell' uno fen^a biafmo dell'altro. Cercate dnn~ quefefcpararui,ò effer tali in quelli feruigi , che chi t]atompasfone al danno del patrone,non habbiaper ^cefìtà odio all'opere uoflre. *A M. Bernardo TaJJo. | 0 ritenni fempre per arguti fimo , ma qual •X. fumai più bella fottilità, che dopò haucr femina teie mie calunnie per tutte le parti d'Italia, accioche ,or forfè non [e ne perda la memoria, le battete rac~ C0lte con tanto bcllìtfmo ordine nella voflra ingegno M lettera , per raddoppiar in un mede fimo tempo , & la for^a del loro veleno , & l'offe fa nell'amico, c{ modo di cre'cer glioblìghi miei,<& diminuire ir oflti l'occafione,cbe con deflerità iti procacciate per telo' di uoÌìre,c per li biafimi altrui, ilpretefio deU’bone-flà,& il %clo dell’amicitia, con che uoi ueflite quefti voflri concetti,la gratitudine,che noi mofi.ratedla nd tura,in cofefiar da lei, non fola i doni dell'animo,che y’ho dati,ma quell: ancora, c/;e u\ haurebbe douitti dare;& in Comma tutta la lettera inficme,degna veramente deluoftrointelletto,e detta uoftraprofesfio-ne,ma molto più alta a far fi leggerebbe credere^ 1° lafcierò di rifpondere a que' capi,che [[ormai della loro falfi à medefima fon diftrutti, erifpóderò a duafio Ir per concludere in hreuità le uofire lunghezze. Tfifi Funo de'quali uolforfieper detrarc al giudicio del "Principe, ui fate au'torc delle mie dignità, non riti' cordando ch’io fia Ciato mezp a [onerare uokdal per° di mohe indegni'à, dallaqnalopera, fe voifiusfi cofit grato come ambitiofo,mi douerefie hauerpofio creditore nel mede[i no libro. Nell'altro citate per telH-tnonioil S, frincipe negli rfificij d’amicitia, vfati di yoi rerfio di me > et io lo chiamep giudice tra noi d'ie . V IN C EN. M Jl T{T. 3§7 j"ln quelli dell'cmncitia. fra noi, tir in quelli della fc 5 uerfofia S. lllufirifs. poi che per la lunga fj>erien-la eonofee tanto bene l'uno e l'altro ,epoi che mi mi Pr onorate co fi inghmofamente,penfo cbeuogliale fa reprona di quanto mi fietefupenorc con lapenna, et Je in quefla caufa non fi haueffero adoperar altre ar~ rne > io fon certo che baurei gran Jisfimo difauantag~ Klo da noi. ma tanto quanto io ni cedo in quella fola ; tant° cercherò di pareggiarmi co noi per altri modi, non lodando però di aiutarmi con lapenna debora, quanto dalla natura,e dalla giuriti a mi farà cÒcefjo Parendomi che con per fona di tanta autorità,e di tari' ^gloria,come uoi fetenellaprofisfio dello fcriuere, 11 perdere non mi fa danno, & iTcÒntéiufere mi //cbe uolertùcri baurei ved te rofre lettere, & Wcfo U di DI; trattone de’uoflri penferi , perche t0'landoui io non piccola bcninolen,%a,baurci po!u.~ Ccc 3 to. L 1 B 0 XVt. to,òr allegrar mi ,o attriflarmi con voi,&forfè confi gliarui,&aiutami,ma non folamente ni rimetto qu* to vi pare bauer operato cantra il debito dell’amici-' tia,ma io lodo ogni nativo fatto, poiché ni fiele rifohf to di feruir la S. Mar che fa, e piu loderò per l'aunenit fe io farò certificalo, che con tutte le forge dell'ingC' gno ni diffamate a fofferire ogni difagio in qnefla ttO ftra feruitù,per fodisfacimento di fua Eccellentia, & per honor vofiro,che grande honore ni fia di far tutte quelle co fe, che le faranno grate ,&honoreuoli> chiamo in tefìimonio M. Martino Gigli, poi ch’egli \ con uoi, accioche rifcrifca quello ch'io dico, & giudi co di quefìa fingulariflma donna. Io ho veduti li tre fonetti marauigliofi che fua Eccellentia m’ha mandi ti,iquali mi hanno fatto crederebbe lo Ifirito, non di co fola del 'Petrarca, ma di Platone fia voltato in sdto Petto,io gli ho riletti piu uolte.&femprepiulo dati,e per non partimi da i comandamenti di fu et £c cellentia;temerariamente io ni dico quello, che io de fiderò che fta in altro modo. Et lafà nella f ua diurna fcola. Imparo cofe,onde ionon terno,o fiero; Che il mondo togli,o doni. In luogo di quello onde èconueniente,che ui fipong^ un che,è neceffario che ui fi aggiunga un mi,& fi dicami togli,o doni.Olirà di ciò nel primo ternario dice Che da quel fempre eterno,e largo fonte. Qgel fempre mi par non folamente otiofo, ma ''"corine veiiolc. Chiarirei acora in un altro modo il primo ter j nario t VI'UCE'Ì^M^tKTELlT. 38S wWo del Son.feftpotejje commodamete,dotte dice* £'» quel punto, che giunge Heto>e ardente, La'u’io l’inuio, ft breue gioia auan%a, .Qui di gran lunga ogni mortai diletto, aggiugnerei un nerbo ; La breuegioia,che fente » anan%a ogni mortai diletto^ Meramente in quejìo se f°-la u'iol'inHÌo>tal fi face ei} cheauanga ; Eccopec ubidire bopofto la boccain Cielo,horafìa uoflro officio di non p ale fare, 0 di fcufare almeno la mia arro~ $fl7g,e coft ni prego a douerfare. lo quado faprò che con ogni folicitudine continouate i feruigi di quella fi Zoora,e per confeguenteliffiudfficbe mi pare impofli bilefia l'uno fenga l’altro,mi sforzerò di operare per gualche uia,cbe fe la fortuna, 0 il malgouerno dì uo Aro padre,uiba tolto la maggior parte delle faculta-di,per liberalità di qualcuno, ue ne ftano refe , tante quante ballano a potere bone ftamète foflenere l’otio delle kttere,nedoureHe temere, fe noi non mancherò tedi quelycbc fi conmene a chi uiue, e ferue con buona niente, che fu a Eccellentia non fi a per aiutar ui in torno a quefio bifogno uolìroi, battendo quell’animo diuino,cbeetlaba,&fapedo, che l’vfare liberalità b uu'mitare Mio, & vagirli appreffò, e iti ricordo » ebe offendo uoi ben nato,uoglìate ancora portami, co tn? fi conuiene al fangtte uoflro,alle gran virtù di lei, ^ alla fperanza,laquale io pr e fi già di uoi. Ccc 4 ^ìl \t i e o xrt. lAlTrincipe Di Salerno. T LLFST KlSSIMO, & Eccel./ìgnormiot J,_ lo hebb\ la lettera di vofira Eccell. che portanti Tortiglioper bitomo àpoHa del l\puerendisjìmo M* tera,alla']i:aleper le medefime mani rijpoft.pefo ito* {Ira Eccellenza 1‘batterà ricemta fi, che non repliche rò quello che allhora le feri fi ;m a occorrendo che’l p fente Amerigo viene a fcriuere,à uoHra Eccellen.rni èparfo,poi cb’èperfonafidata,icriuere quanto dipoi fopra la commisfione datami, ho cjfequito. Io tengo? fermo,che Iddio habbia fauorito la buona intcntione di vokra Eccellenza nelgouerno dellagiu{litia,e del li fuoi vaffalli, & lo ringratio che habbia uoluto fa? tnezo>&ifìrumento me a queflo buono,&pietàjo cf fetto.io ho trottato vngecil’buomo e nobUisfimamen le nato,&di cofhtmi ottimi,& efjemplari,ricco tal* mcnte,che ta necesfità non lo farebbe inchinare a co Ja men che buona,nè forfè à feruire, per partito gran de che gli ftsfi fatto,dibonisfme lettere, incorrutibi le,moderato e compoflo in tutte le fue attieni, deflo & habile a molte cofe , & in (oflantia a quello che’ voflra Eccellenza lo ttuole adoperare , parche è Zuccbefe,&forfè ci hauiia dato dì[turbol’efkrpoco pratico alle coUitutioni pragmatiche, & leggi ninni • cipali del Regno, ha prouitto Dio , chela R-gin.idi Volontà, a chi egli ha fenato gran tempo , l’habbia tenulotrc anni Gouematore,®- Commiffario genera - f ■ le , . riTicÈ'Hj ?sp nella (lato di Barij&di l{oJano, nelqual officio non y0 egli arnminiitrò ottimamente lagìuHitia^a dife jcJi bene co li tribunali regi) qutllegiurìsdittìonì che ^ fu con fodisfattione di quei vaffiuili, dalla patrona rimunerato, la quale 1‘ha tenuto in corte Cefarea molto tempo ancora, & apprejso di lei molti anni in T4eipaefitladouc al prefinte Cha richiamato,ma egli una indispofttione pigliata in quei Utoghi freddiffi unto neceffitato ucniralli bagni,& con figliato dame yt u nonui tornare per falute, & conferuatione di ya Ulta. laqual occaftone, poflaci inuanfi da Dio, è fiata pigliata da me , a luì per il nome iHuoflraEc-c ritenga accettata volentieri: ne battolato parlare di conditione circaprouiftoni,ò emolumenti, paredoli . fm cofa metanica trattare fimili coje con un Trin clPe tale qual egli conofce l Eccellenza. uo(lra, della ‘l'iffie anco ha cogmtione alla corte di Francia,ultima mete quando uojtra Eccell.pafsò,doue fi trottava per y H’itio del I{cuerenci Triuulgi, gli è ballato faperfo-y cbeha da feruire P.Fccel.&per auditoregcnera-,e eonjultoredelly fra per fon a , ne tre (io è tutto di-y’oPio aldi ferititi),e comandameli dì V. Eccell.folo db fiderà pigliar qntfta bagnatura fiturà qui in Laccai Jo] u ini re, />f,, < i‘w ctcdo,cbc quando y.Eccel.fuf-• •P'rtUu di ìthrnOje che gli facefle injìatiftà, della ui-m- la,colp erfita aeri ì, eh e a Vcz%J*oto laeque fon cuft “rtnofexotrie a Laica,che Ji dilpor, ebbe a tuito.mi è Pyy feri aere il tutto a V, Eccel. e anco far che gli ne ori :ut,che farà co q[ìa am /ita lettera,a ceto V* Lecci cono- LIBRO XVI. conofca, che ho ditto pcrfettione etili fuoi comW^J damenti. H or usuato alti cafi miei non fo che dirli,fe no che fe non fujje la certeT^a,ch’io ho della bontà di V» celio concorrerei co l’openione degl'altri,che mi dicano rouinato}uedèdomii protesi, e tenermi fu $■} intereffi dalli mercati per due. 15 00. che fono debi' toreper conto delli 2700/i di V.Eccel, ueduto ancO' ra che lEccel.del Duca di Fiorila ha fattomi piglia re i beni de’miei fratelli che fono in Fracia come ribel li,il che fin qui no ha uoluto fare,& la mia terga pdf te fequefirata per la gabella della dote di mia figlia quale fe pur fi haurà da pagare tocca-M a Giuntomi fo di R;iggieri,come riceuitore della dote, nondimeno ha uoluto ch’io la paghi, che importa due.3 2 3.Oltre aqueflouna piegieria fatta all’erario di V.EcceU.àt 5 00. due. che pigliò per feruitio di V. Eccel.&a che fu ordinato,che lipagaffi de'prmi, ha uoluto credo f compiaccia di chi mi vuol male, lafciarli indrieto, ài forte che in fino a Lucca mi è uenu.to ilproteflo fritto com’è a fallito qoo.duc. pagati ad ^inton maria S aa feuerino, il mede fimo,ogniuno a doperà la mia troppo bontà controdime,lddio , ègimllifs:& V.Eccel.grA' ta,e buona,e conofce la mia còólitione, e fono certo no mi lafcurà periclitare,anzì come principe grato, e’ge nerofo,folleuerà, & aiuterà la parte che n’ha bifogno è forfè che lo merita , Omnes amici mei derelique-runt me,e tutto che ueggano i nfreddata V.Ecctl. ptf l'affentia,e rifcaldato altri coltro di mepresece,& ^ na- n t^cent. M^nr. »ili è fempre co fi,io fon certo,che V. Zccell. I auràpietà di me3e non uorrà,che un’huomo fatto da, ^‘fehe co nfefia ejfer per lei,comefo io,fu disfatto^ C°nfemclt0 da altri ingiuftaméteie che adoperino il no xe “1 soffra eccellenza a mia ruina,contro alla uolon , ’ /orK.e > eriputatione di F olir a Eccellenza. Hor beiamo le cofe odiofe, tra tutti quefii per.fieri manin Mitici, & auari non han paffuto fare che non ci capia falche altro pi aceuole e liberale. Io ta quefii bagni ^en»i per guarire un mah, e ne preft un altro, ccnta a certi Sonetti, che le mandò voflra eccellenza pò-J.a imprendere.cerio ilfuggeito è nobilisfmo, e fot groppo alto per me conftderando alla qualità del-'Aperpma,<&- alla baffezz? rnia, nondimeno ne Vìvo aJui ben contento, & certo da quefii gentii'haominì l°n(>bonorato, & accarezzato,& fattomi in quefìat ™t0 penfiero commodità grandifima dalli wedefini Pienti,conofeendo che io non fui mai defuierofo aej~ Jerbuotno da bene;&pieno dibuoni co fumi, ediot-lrne qualità fé non bora, perche non poffo confor-Wwmi con la qualità del fuggetto per altra aia , ?» Jento di poter effer buon Chriftiano in un mede fimo tempo, & buono amante, fiche uofira eccelli non mi riprenderà di quello mio mono de fiderio, poi-cbe non è riprenfibilc, non fi marauiglife li Sonetti nn tpiaceranno, perche intentano vna aia noua,& ^npi/i calpeliata da me, che come fa re fra Eccel-enZannnfcrisfi mai d’amore, per nonChauer pro-uato, poi ci fon quelli paflor ali pur contro al mio TU-* L 1 B ^ 0 XVl. le che richiedono uno [ìile humile, io nolfo trotti' re,pure hanno efpreflb certi miei ccncettiiche fon tutti accaduti,limando aV .Eccel.acciochetra laure <* tanto momento rejpiri tra le mie paxjtje t che certo i non fujfe flato qu fio intertenimento non farei uhot fi per l'anfietà ch'io porto detti faflidij di V • Ecccl. ft ? le coje mie particolar dette difopra. jlmerigo fendo deliberato di uenire a feruire V’ Eccel.in ogni modo,e conofcendolo atto a fruire molto,e dar pocaincomodità, mi è parfo accompagnar^ anco con quifla lettera replicandola lo riceua tra H feruitori.llquale le dirà più particolarmente lo flato t. la for%a che hanno fatta di tirarmi a Tir exe, e poi che hannoviflo la mia oJlmatione,percbe uia ìhanno cafligata, \Al Signor Trincipe di Salerno. E io nonricorresfia V. Tcccll.ne bifogni miei» O oltreché io farei torto allafua bontà ?et alla tni& feruitù,approuerei ancora l’opinione delli miei aiter-farif, liquatt rorrcbbono,chefi credesfi eh'io non fo1* piu in grado alcuno nella memoria di V. Eccell. Dunque poiché l'efìcr fruitore di ho fiera Eccell. m'ha fi fi' io tenere grado fiuperiore alle forze mie,e fpèderepi'* dì feudi cinquecento, come éfJtmerigo ubflra Eccellete.intenderà, ft degni far lettera all'erario di Salerno di qualche aiuto di conà,&di gratti la lettera di-ca}cbe KEccehwc li dona,perche io rai fio fifa inter tenere yiuCE^T. ma\t. 391 ^te honoratanié[e,come afuo creato fino al fuo ritor nr°-aggiungendoci quel piu che li parrà, fola a confusene di chi -va.predicando il contrarioxhcriceueròi Un[oggetto folo duegratie,dellequali ho parimente hi fogno,&U lettera la inuierày. Eccell. all’^irciue-fcouo di Matera,ouero la darà ad Amerigo, che la friggerà qui per buona uia.V.TLccell.miperdoni la btngbegga^forfè il fuggeito di quefta lettera, meri-fre io prego per il fuo ritorno, <& per la fua fallite. ^iLucca alti 13. di Tfpuemb. 1547 . "Pofcrittako fatto un memoriale a Cefareinan Sonetto. & lo rimando a V. Eccell.e de fiderò che V. Lodimi ferina la fua openione {opra di tutti none, co-' ?ile forje perduto. «yf/Trincipe di Salerno. T Lluflrifs.& Eccell. Sig, Io fon venuto a Fiorewga, X. 0 mercè dell'£ccell.voJira,laquale mi bonora col gfado d’e{fermipadrone,bo trottato nel Trincipe no-frograndifima dmo(lratione,e nell'vniuer{ale della c'}tà.rifpettopiu di qllo che alla qualità e meriti mici fl oonuiene, onde io fra le tante mercedi che fono oh Lgato allagrandegga di V.Sccll. quello è il principal . > che le tengo, & quanto piu fo notoma delle ni‘ehaffé qualità, tanto conofco la bontà di F.Eccel. maggi ore,perche par che in me babbia fempregradi- Z, 2 B 0 XVI. § , to più lofio ildefiderìo,& l'amore con che ho fèfuit°> thè gli affetti fteffi della feruitù,liijuali fono {lati ri,e di poco valore,ma fi ben conditi , d'vna fcde,& & quateemulazioni combattono cotro ncv1 ègratoavoflra Ecctd. non per quello vorrei ma^li vedi qfle offefe,& diminuire vna dramma dell'amo^ ve,ch'ellami porta,ma he de fiderò che f affienila miti habbia laffato nelpetto fuo vna procura generale del lamia integrità,e della mia feruitù cotro all'artificio} et alla autorità delli mìei auerfarffedi chiglifom^a> accioche^ò io habbia conpiùcuorea tornare quafi t darprìcipio alle mie fatiche,&alli fuoi feruhffòuero difanimato di poter feruire quietamfte, da p'.Ecccll-mifiaconftgliato la mia ulta futura,laquale non fi b* da rimouere dalle fine deliberaùoni.Ho voluto farle f fio difeorfoperche dalle lettere,che ho di Salerno og*11 giorno lo cono fico più che necejfario. vilmedefmo T Llufirhf. & Eccell. Sig. Temano di Cianluff1^ ■A Ruggiero hebbi lettere di V. Ecce II. & bora p*-' nano di ^ikjfandro l'una^ mi promejfe, l'altra m n y y 1 C É^. M^KT. >92 ^fermata la dcfiderata venuta di Foflra Ecceller!, ylpeditione d'^iltffandro è fiata conforme a ejucl-0,.c^e fi fpcraua delgiuditio di F.Eccel. & dalla fem Picìtà di chi la con figliò, tanto pia è fiata necejfaria c :e fìa paffata co fi quanto bijbgnaua giuflificare per H^Ha uia, & quelli che a Trapali credeuano che li ^ffiamenti co fi buffamente negotiatiperla riconci-‘atione[affino di volontà di V. Eccell.& ancora que ' ififucrendisfìmi, che con marauiglia loro erano fla ricchi di fcriuere a F.Eccel.che fi interteneffi>ct no filo ricerchi, ma mendicati da loro i uotffauoreuoli a duella inlentione.perche vdleffandro veniua, cofa, C le mi dolfe.perche fe ^Aleffandrò me la conferma,co rHc dalli mede fimi Reuerendifjìmì feppi [abito che fa PWno nonrharcilaffatoincorrerein quefia dapo-CaÌgine,hor come fìa, cofi come la cadidc^a dell’a-mtno di voflra Eccel. diflrugge tutte le calunnie, & ^“If volontà detti buominijcofi ancora lafuapruden infogna a noi altri conofcere l'imbecittità d^noflri ifcorfì,e forfè la maluagità de’ noflri penfieri, fia co-^cvuole^oiche la venuta di F. Ecccll. farà prefla, 0&ni cofa vìen bene,ma(fimamente con quella fòdisfat tlone che la fua confcientia merita, ma che da pochi erahumanamentc creduta,e certo è opera di Dio,che fin tanto bene aperto a fua Maeftà la chiarella, & a “onta delianimo di vofira Eccellenza , & io pet me ne rendo grafie a lui foto, che ha fi bene indri^ voflra Eccell.a farfi conofcer , e fua Maefiàa linciare a farlo io lo predico a quelli, che han~ i i b \o xri. ino aro di pentirlo,per raddoppiar loro il detto; a $ altriper crefcere lor la noia. Subito che vennero le'' tere di F.Eccell. io andai douèMadama d’^iuftrifo afareintendcre}comer. Eccell. fcriueua non folo ^ falute di S. Mae.ma la proferita, co fa che le fu cardi g efferfi predicato in Bpma altrimeti, & datoft a xv-per x oo.la morte di fua M.ft che non e flato je non bt Tie,cbe per noce delliferuitori di V.Eccell. & per [ad lettera s’intenda in contrario, & fi tolga quejla opt' mone dalle genti.! o Sig.mìo,m‘era doluto con ragiop ne a F.Ecccl.delle calumnie fparfe per tutta Italid dalla voce delTajfo,contro di me, e non ni era parfo> poiché io letaceua a gli altri, tenerle celate a dai mi era padrone,maffmamente fendami tutte nate,e dalle in fidie di altri, e dall’amore verfo F. Eccell. ilqttdle mi fece giudicare coft,come io le fcriffi,fe’l mancarne11 todelgiudiùo mi ha fatto errare,ne fon ben contento piu toflo che d’hauer detto ilvero,poichél'intentiont fu buonaife ilgìhdicic fu trifto.Dicolo,perche poi a?' tificiofamente Jotto fede di gmsiifìcatione, fenga di' traprouocatione,cheL’hauerlo fatto intedere avojlr1 Eccel.il Taffo rnha fritto una lunga lettera, laquale forfè fard nota a FofìraEccel. perche mi pare, che e1 habbia poflo tanto fludio,perche lafaccia(in quanto potrà) bonore a lui,&forno ad altra,perche in quel la mi raddoppia ordinatamente f offefe fotta la doUe% •Xa delli ornamenti retorici,&fra l’altre cof mi eblA fife quello,che non ho tnd [apulo,fe non dalla fua lei Uralici che li deputati m hauejjìno mai per ffpet' , ri/KCTLy.MjLKT. 593 . a lui come a più fedele confidaffimo prima. 30 credo, che la lettera, che io feci, non fia vfcita delle Mani di Don Filippo,a chi folo la diedi, ft che è falfo j l licere lapotcffi mai uedere, ma [e flta Eccell. la ]auefi veduta,non vi redea co fa, laquale face fi fa ^orc a lui a publicarla,nè de fi fofpctto alla città, & forfè era piu feruitio di vofra Eccellenza, che fi ve-es/i la mia, che qlla del Taffo, perche fc quello per-Waieua V.Eccellenza ad andare, pare cheuofira Ec cedenza bauesfi bifogno di {prone, & di con figlio al-j:Cofebuone,&che poi che la ragione flringeua vo-» Ta Eccellenza ad andare,che l’obligo della città fia Minore , ma diffuaiendo io voflra Eccellenza per la Mla lettera, prefupponc che voflra Eccellenza era di ff0fla da fe,&che tutti li danni,e pericoli, & interef P C )e le dipingo nel mio difeorfo non habbiamo mof-? afermezza della buona uolontà di voflra Eccel-*ftla al feruitio della patria,& al bene vniuerfale fi eJe fi confideràà la intentione del mio difeorfo, fi *°nofcerà bimanamente amoreuole,e eberiguarda-a daprejfo il beneficio del padron mio ; fe fene vorrà aUar l’effetto,fi conofcerà c'ha tantopiu fatto gradi .CoaPPreffo d'ogniuno la fuafatica,& ilfuopericolo, Vflf he non guardando a tati fuoi danni, & incommo fapfPer feruitio di fua M. & della fua patria,fatto ti r efat‘onc tutta cantra alle fine commodità e dilct >/* cbe,òper L'un capo,o per l'altro che fi pigli etiam 1 Miei detrattori, ne aiuta tanto la buona inten-Ks t che reflano vinti dalle tncdcfnne armi loro^ D d d vari ci Z I B l^v XVI. correi bene, che quelli che l'hanno intefa leggtfe ^ Viceré, nefaceffino teflimonea V.TLccel.o vero M desjìno vna copia [oUyCome di quella del Taffo nefott piene le pia^e, ne però io ho cerco di calunniarlo-ho vaio jbìi provocato da luì con una lettera folto [ptùc digiufiific(itione}& ancor cheto fo, chedigia ncfo' ranno copie perii mondo,io uoglio nella rifpofla effe' re tanto riferuato, che io la mandi a voflra Scccl. & quale deue moderare le pasfioni, & le ìmmoder0‘ 't^e detti luci crotali, acciochefeper alcun rifletto di' spiacesfìavoHra Eccel.fiain arbitrio fuo il lacerar' la,non lanciar dare alTaffo, & ordinare ame, cofflt uuole.che migouerni, auucrtendo voflra Ecceil. àrf fel Taffo mi ua toccando per quefie uie, ch'io adopererò lapennaffm che io poffo,e fe non ballerà mi coti' figlierò con voflra Ecocidi quello che hauerò da piu.rnandoli unarijpofia breite & poco confiderai Ai accioche vMlraEccpll.lagafiìghìcon lacerarla, fe parerà inconucniente. mandola aperta. Voflra Eccel ne faccia quanto ne comanda. io fono apparecchiai3 al primo ordine fuo uenìre adincontr aria,& lo fogn° la notte,e mi par ft aero che piu di due unite ho battìi' toper male il deflarmi. Vo ftra Eccel. unta felice &, lungamente. Di Pronta. «A X X I. di Marzo. M D X L V t 1 1 f> Jl VIT^CET^T. M^BJZLLl. 354 v?/ mede fimo. I dhfl.rifs.& Eccel.sig-mìo,io fon giunto a T\pma, ? da (Ua Santità fi otterrebbe la mutatione, e for-Je ‘■afiolutione del viaggio di Gìerufalème, aUjualc p a rtdetione della carcere fono obligaio^a tra il di fi-^ io niio,&l’nbhgo che tengo,é unajproportione co Jlderabilc, perche a i'chifare auejlo maggio, deutno incorrere [cute leghitne, le quali s’io colf fi ingannar ^ fejjo, fi potriano firn alare , maconla Ai. Diurna }>0n potrò già allegare l’indifpofitione del corposa ue-teljttà dell'baueriyne'l ’ouei cbiapefo de’figli noli,perche mofìrerei effere ingrato a lei di tutte quefegra-tltìfolo mi rcfleria per fcttja piu forte l'obligo che ten-feruittj di voflra Eccel. laquale appreffn a gli )uoniini forfè farebbe accettabile,&appreffo a medi Woltopiu valore che nefuna delle altre, ma non già Pcoporfì alfcruitio di Dio : perche fé da ro^ra Eccel. ^‘lecitamente ho battuto dignità, & roba,dalla M. iHahohaHutol'cfere, l'intelletto , laprofperità del COrpoJa liberatione della carcere, & infinitegratie , tutte, & ciaf una d’effe di molto piu valore che le co-Je tcanfitorie & terrene. Dunque confutami lama-Zuanimitàfta, zirla fua religione, [eriga neffuno Wcgno.ch'io leui quefto pefo dell'anima,& quefta fer-1fftu dell'arbitrio,per rendermi poi piu. lieue, & piu li eco alli.fruhij fuoi,& mi doni otto, ò dieci mcf,per-C: 10 h fughi l’vfura con tutto il refto de gli anni T>dd z ■mi. Z I B K.0 XVI. smei.Io laffo lo (letto di y.Excel.in aumento di 5000. feudi d'entrata,poi ch’io ne prefi ilgouerno,&ho ccf {O non meno di eonferuarle i uaJJaUi,cbe la robaMjft introdotto vn ordine beliffimo nella ammini(ìratio»e delle cofejue,tanto piu bello quitto cpiu chiaro , & •piu nuouo in cafa di V.Eccel. perche ho cercato erA' rio generale quello di Salerno,alquale ridondino tid' tigli altri erari] dello flato,cofi dall’entrate ordinarli di y.Eccelxome diprouenti, ed’ognaltro eflraori1" iiario,e da lui fi pongono ad introito,& dal medejir»0 erario fipagano tutti li danari di y.Eccel.conle cali' tele necef arie,talmente che in un bora V. Eccel.pi^ vedere la chiareT^a di tutte le cofe fue , co fi dell’‘n' troito,comc deh’elfito,e facendo fi enfi da gli altri c°' me dame, non farànecejfario a neffuno fucefformia toccar danari,fe non con lapenna,e far che tutti palP no per queft’ordine cbiariffimo . Lafj'oil medefit*10 erario conferuatore del magazzino generale di {ira Eccellenza,neiquale fipongono tutte le monittOf ni in graffo. *4l Cardinal Ridolfì. T Lluflri(Jìmo,& lfeuer.Sig.mio . lo haurei molte A volte fritto a Vi S. Reuer. je la [ìerilità del Jff getto,non me l'haueffe negato,io non poteuofe no d[f te la falute mia,& il nuouo matrimonio di mia fif1*1 col Sig.Gioantomqfo de’Ruggieri,tutte cofe basfisim‘e ii'ltaltezza degl'alùfuoiptnferi.Hora il Mng. • " Matteo rn^CÉN. MiAKt'. 391 Matteo J^afica arriccìnfce quello fuggetto con li fl/e-Vlt‘fuoi>dalli quali miconuien far fede aF.S.non tei to}n beneficio del negotio, che li conuien trattar con lei>quatitoyer non defraudarlo di quello che fe li cctp ^ne^e ce ancora un poco di mia ambinone, perche defidero che molti eri dina che laferuitù mia apprejfo di t>o[ìra Sig.^euer.non fta tenuta volgare,e che que Ho inganno comincia a uenire in beneficio di M.Mat-te°iil quale fe nclli deftderi [noi bonefH,troucrà luogo lnf'S>g-Reuer.farò credere a me fleffo, che le lettere y*1* fiano di qualche autoritàpiù che non fogliono,et lnfomma ne le rcflerò in oblìgo,certificandola , che ‘Ideilo mìo debito farà pagato con l’vfura della grat itudine di que fio gentilbuomo,& dalle gratie che nba-ueràgran parte di quefìa Città a voHra Sign.Bguer. a^a quale bafeio le mani . Di SalanoilXXV . di Settembre,del XLV, M.TandolfoMartelli «• TT) Oi che la follccitudinc della penna non ui può A render piu certo di quel che uoi fete, del buon an'mo mio,non è giu fio ancora, che lapigritiafunve Merenda dubbiofo.Dico che fe non ui ferino coftfpef-J0>com'io folata, ui tengo pur fempre nella rtoemoria cern‘io debbo , & in quella parte di effa, ou e fi ferino U cofepiu care, cotètatcui dunque di quefìa far Ja da me , poiché fawfeffa refìo contento di uoi r potendo nondimeno difender il filentio voflro y LIBRO XV i: _ , nell'otto piu difficilmente, che nonfo in nella fermi ìli & nelle fatiche, tenetemi in ricompenfa di c/ueflo ni uo nella memoria degli amici.&accetto nella grati* de'padroni,tra i quali il uoflro Tri.clamano Sduiatt tiene ilprimo luogo,&perche da lui,& da uoi fi deft deraparne ditedi japer lo fiato mio,come amoreuoli, Cr curio fi del mio bene,vi dico che la bontà ai auefio mioTrincipe uinceimcri:iconlaaffettionc, l’ambi-iione con gli honori,&la cupidità con la grandeggi* dei ioni, fi che perch'io cerchi con una fede infinita, con una fatica immenfa,&con ma ajjbuione arden-tijfima rendermeligrati,& cancellar in m-alche par-tequefto rdo debito,mi trono ogni giorno joperato dal la Ina bon à Mandout l’antica promeffa de’faponi, 6 conimi ' oerebe la pigliate per nuooa.vaigli barelle a qtteH Ir ra,ò con fumati,ò donali, & con la tardità mia vi rc'la facoltà di poter far l'vno gr l’altro, fi che di quello che ni potè onte doli re con le vecchie ragioni è forga che con le -rione mi ringratiate,con quell* arte faremo diuetare vàie la pigritia cotta la fua ftef Janatura.Scatcjano,& amatemi. IL FI Ì{E DEL SESTO DECIMO L l B \0. DEL r\ -r-, dElle lettere DI XIII. AVTTORI ILLVSTRI. LI B FJ) DECIMOSETTIMO, NVOVAMENTEAGGIVNTO per Tomafo Porcachi. Di MeJJer Giulio Camillo del Minio. AL S. BERNARDIN FRATINA. GITO Magnifico Signor mio. Da Luccc «vii u intef° alcune ciancie,che fono fiate ferie te, cir attaccate a Tilafiri Le (juali erano fignificatrici di viclation della noflra amì-titia. Deh Signor Meffer Bernardino poi che non è poffibile a metter freno a le sfrenate lingue, che hab-biarno noi a far altro, che a dolerci della loro mala natura, & ad attender a conjeruar inviolabile l'a-^firnofiro? lononpenfóad altro, chea poter vn &orno moflrar a Vofira signoria quanto io Carni, & °Jferui. Mi ferine ancor Vompilìo di alcune al-tre C(>fe ribalde, & tace quella che Suca mi ha det-to-lo ad ogni modo delibero, prima ch'io vada pht Guanti al maggio mio , di far ritor no a la Oatria , &" rn°firare ad alcuno , che a torto mi fà ingiuria In , WeVo me^p Vofira Signorìa fiia fana, & dì me ri~ Ddd 4 cordeuole L 1 B ^ 0 xrit. cordeuole con gli altri Magnifici fuoi fratelli, & drnì-ci.Èt degni a mio nome [aiutar la gentile fina S. Fio-& il mio Magnifico Sig. Quinto. Di cui già alquanti giorni io bebbi una arnoremle letterina, & nenngt^ tio le piaccia ricordarfi di me. Cefare piglierà la Coro va di Ferro il dì della Catedre di S. Vietro,& a li 24* ricetterà quella d'oro,&ferà il giorno della fua nati" vita, & giorno della vittoria cantra Francia. Duoimi che Fofira Signoria non fi tritoni a tanta fe fia, che quantunque Bologna f/apiena di Conti, et di •principi, nondimeno, io baurei battuto unacamerd perVofira Signori a, alla quale mi raccomando, &d ntaflro Mdriano. Di Bologna a li iS. di Febraro. 7M. D. XX X. Degni ancor [aiutar l'Eccellente md-fìro mio compare* Se in qfìo meta veniffe alle mani di V. S. vn buono, & belcauallo, di gratta lo pigli, & tegaapprejfo difeper fino alla venuta di Tbefio.cbe[aràuicina. Io ho acconcio Pompilio per Cameriera del Cardinal di Rauenna,Signor dotti/fimo, & riccbijfimo. vii S. sintomo aitano De' Conti di Baluardo. O Ignor Meffer Antonio. Se te mie lettere faranno Scritte malamente. Vofira Signoria mi feuferd > ra, perche da Maroso in qua io fono fiato quafifempre in letto,doue io fono ancbora,&in quello ferino com iopojfo[opra vtì dcbtlisfimogenoccbio,prego dunque tofirn N M. Girl. CjiMIl. DHL Ml'HjO. ^9? HoJlYa s.e quella del S. Cornelio Fragipa da Gattello^ ai quali in quefta mia infirmila uoglio,che quella fia c°Mmune,cbe non babbiano a male,[e dal mio ritor-Ho ‘n Italia non hanno mai riccuuto mie lettere fimpe Yothe,elegraucz^c delle imprefe, eia mala difpo/i~ tl°n del corpo mi fono fiate fempre d'impcdimento,& P°jpuero dire, debolilfimegiudico quelle amifià,che "ano bifogno di ejìerp unteìlate dalla for%a delle let-ì*re'L>onpUio mi haprima fcritto,&poi detto con la. lngua delle difefe,cbe V.S.ha fatto per me, io la rin-Patio he delfuo buono animo,e della impfap l’boti or Wto-Ma^gU auuerfari,eF.S. conofcendo la manie Ta de'miei fiudi.quali effi fi fiano,ambedue le parti va naMeme, cantra me,& in mio fauore argomètddo F. s'«dunque con più piaceuole animo fopporti la mali-Pità di quelli,che mi torrebbono tacer are,che li loro "farfi ne anderamo vani, & quando mi parrà di far r°Per li denti no mi mancano di qdi che à un cenno lo Iranno.Ma ringratio Dio che no mi ha dato fi uendì Catiua natura.Trego ancora V.S.che quando mi trottò con lei no entri in quefti ragionamenti. Chrifio la lor o la diritta mete, & a F.Sdutto quello de fide* r«-Di Bologna a lì 20.di Settembre, x 5 3a * -j. Mi Medefmo. V/T Olio Magnifico fignor mio . Volendo tori* fponder a voftra fignoria cofa pertinente al CaUallo di M.Michel nbflro Braccietto,ho intefo, che %l è Hata mandato già a Ferrara, il perche F. S. è 1 tra di quello amoreuolcpefo „ loJerò lofio a Ta* doua f L B K 0 XFI- 'doua,& co fi con la venuta mia fatisfaròal defidervt mfo:ilqual non è minor di quel di V. S. di vederci & teneramente abbracciarciauanti al partir noflro, d' qual già è vicino,fe Dio non ci manda maggior impi' dmento.Kingratio v.S.delfuo buon animo d’intorno al fatto di M Giorgio:ilqual(in nero )non baurei mai collocato appreso altrui, fe prima io non hauesfi inte fo il piacer fuo. Con queflo lafcio V. S.con molte mie dr humili raccomandatìoni.Di Finegia ali X XIX» di Gennaro.MDXXX III 0 mede fimo. 7\ /t Olio Magn.Sign. mio . Lo fìudio mi tiene f occupatto,cbe nonpoffocjfermio,ór non offendo io di me mede fimo, nonfo come poter dar a V* S.tanto di me,quanto poffa bafìar a difender queHc poche parole,tour tanto farò che fcriuerò queflo; felice. fìa il viaggiti di V. S. & felice lo flato fuo, fluii fot fieno tali, fr tanti,che ne riporti honorcpet fe,perii cafi fua nobilijJìma,&per gli amici,ho cerco quella Epàfloktte,& nenie trono , forfè per ejjef quaft abbandonato dalla mente.Sa ben V.S. come tot lente mi porto,quando mi do a quelle mie fatiche md gre in quanto non mi danno in un punto,quello ch’io uoglio.Laparce della Geomanti cha. et li Son.ho fatto fcrtuere,& In quella mando rinchiuft. .A Dio lafcio^ V.S.& il S.Mag.fm padre,e M Tanno mio . Degni raccomandarmi al Mag.M.Lampridio,e tutta quella nobilco ±Ainal, che Iddio doni vittoria a’ noflri e ferriti, & accrefca la fuagratin,&gloria del mondo. Col nome del Signor mandiamo le prefentenofirt lettere alla ftgnoria del Rr Eccell. & honoratìffimo Giouanni di Cipro potentiffime Leone,bonor dell* fede de Cbrifiiani,et gloria della generation de i chi.grande nella fede Cbrifliana,amico de’fe, & Sol dani.cbt Iddio gli accrefca gralie ,& lo guardi daO-gni male. D inotiamo alla Carità voflra, come fon gionte lo •vofìre lettere nella noflra porta,con l’bonoratifi. C* ualier vostro *dmbalciatore M. “Pietro Todocataro* Dalle ^ M. ClAV. CMni.fEL MlTe refiino di corfeggiare gli buomini del detto ftgn • ^ uoflro luogoidei buon uolere, gir grande amore * ^ dìlettione c battete alla fig. noflra,nhauemo alle-^ f^&gratia-Mche uba pollo al cor noflro,& là Jabbiamo riceuuto in amore,& dilettione. I ciabel-otti Muntici p^gge 400. della paga delprefente an-710 fono giunti,cr riceuuti nella Cafenda noflra, & ììrlefefimamente le'pexge 10. del noflro ueflire. Et 7,01 “olendo che panicipiate delle noflre grafie uiac quietamo tutto il debito,che era fopra di noi dal t&po « martire Melecb dacbiert che fono ducati 16520 Yefio procurerete di mandarci ciambellutù mo fmii&fini C()fi per [a Cafenda, tome per noflro ve L 1 B 0 XVI. Madiamo ancora alla Carità voftra un drappo r iìli(fmoì& un cauallo bello della noftra ftalla co fel' la d'argento Acquai cofe bauemo confegnate nelle ni delvoHro ^lmi'afciatore;alquale bauemo don^° del drappot&pel cavallo, & è huomo bene accolit1' muto,cirgli bauemo fatto (ertefi honori;& appidrt ri per amor uoHro,acciocbe fiate lieto noi, e tutta folauofira accettateli noflroprefente ,veHe>ido » detto dra ’po in fogno della dikttion nofìra. Noi bah' liamo fexitto al S.ElmacharTSfaffarifigliuolo di Ot-tomano,ammonuio>ii grati per uei,& per la y offe A Ifola,& ritorniamo iluojiro ^irnbafi con Maritimi. Sapido nofh'o;& Iddio ui conferita, feriti a il primo della Luna di Upuemb. dell'anno dì ^/igareni. 857' Ciò fu nell anno di Chrìfio. 145 3. Di Francefco primo l{c di Trancia. idi Card, di Mantoua. 'IX y^T lo Cugino* egli èpìiiciuto a Dio infyiYdY tdl* jlVjL mente il cuore dell’Imp.mio fratello, & d raìo.cbe nei ^abiamo trattato, & accordato vna bufi na,^ jantapacc,& amicitia in(ieme,neUhe canute ne che vi dica, che mio Cugino il Viceré di Sicilia ufi fìro fratello ha filtro tale, et fi laudabile douere,cb te h:,gtàde,&giuft# caufadi ben contentarmenc.Ft che iofonftcuro che quefla nona, per ejjcr tanto pt'f fitieuclc al bene vn'wcrfale della CbriHianità,come la e, non può eh’cf crai grandemente grata; nò ho vO luto M. CIFL. CjlMll. DEL MltylO. 400 ut° bacare di darcene auifo f M. ^ile/jadro ly'fjct to>GetiL‘bnomo di mia cafi,portator prejaittuilqual fi frego,a creder in ciò ehe Vi dirà da mia parte, co-alla mia prepriapérfona,pregando Iddio(mio Cu gino)che ui babbia in fua Santagi.ardia.di MadorOm ^ iS.diSettemb. 1544, Del Signor Rettore Todocatharo. lAlS.“Pietro fiic fratello. iX yT E per “Pietro, io mi rallegro convoi,poiché «LV X la buona fortuna ha noluto porger a uoftri arnrnaeflram£ti quel rarogentilbuomo S. Vado Ma ^tìo^lqualc ninnoli può agguagliare,quelle quali-ta (be potrebbono molto adornami, quando nefojle PWecipe.la onde ftfpera molto frutto davoi,quan-d disponiate ad impiegare ogni diligentia nel prò turare beneficio a uoi Beffò,&rUomi certo,che non iiorretepder co fi fatta occafione, donatauida M. Do inedia per l'utile uoflro, & contetegga comune di tutti noi,& io in quetto ne no con fperanga dietro al fiderio,^ ne fo felici fiimo augurio, vedendo inani^ f diamele,che-la diuina beta per inalgprui alla digni f,che ui s’afpetta, uba uoluto incaminar per quello rittofentiero,con maguida tale,che ui terrà lotano da tutti gli enori del mòdo, d qua tip ordinario èfog-Zettafetà uoflra. onde fuggendo voi quafi commune taglio,le colpe dellagiouane%$a,& penfando a cofe inorate,#- degne di uoi,e della famìlia noflra,tato , LIBRO xrll. maggior lode acquijlarete,& darete a queiy che nell& noftra cafa uerranno dopo uoi bellisftmo ejjempio «f bonore',etdi verijjìmagloria . b!on ui pejì adunque alcuna Jbrte di fatica, mètre atte de tc a co fi nobil tei0 ro,quantunque troppo io mi creda ejfer foaue Uprtt tica delle virtù, &non hauer in fe alcuna fatica, l*' quale non fia ricambiata da un’infinito piacere, fi c°' me uoi a tutte l’hore douete gufare dando orecchie > come credo, attentamente alle parole delpredetto $• : Tqolo,non meno amoreuole, che fcientiato maefrog . De’ noflri ReuerendiJJìmi jo,che èfouerchio il dirli1’ che tentate ql coto,& in apparenza,in effetto; che maggiore potete,& al grado loro fi richiede; perciò* che lafciando da parte, chela creanza, elacoflunuf' , texpqa è molto conueniete all'età uoHra,e degna dig* tilhuomo,molti altri rifpetti vi cofort aitano aport^ loro merenda,e reggenti co modeflia,& in detti, & in fatti co le lor Signorie Reuer. & infteme con tutti la famiglia. Il S. Filippo Luftgnano mi ha dato coteX. pacati fuelettere dell’amoreuoli dimoflrationi, ^>s gli hauete vfato nel ritorno fuo di Fracia, e conforto iti a fare il medefmo p l’auenire con ogni altro degno gentilhuomo,afficurandoui,che qflo procedere, nell* guifa che a fe calamita trabe il ferro, cofi multerà $ Intomini ad amanti,et ojferuarui,cofa che ui farà d”}* fìnitariputatione}& fauore preffo ciafcuno.^ppwf’' fo altra la modeflia,che douete ufare con ogni uno,f peradola fecondo la qualità de!leperfone,e detépi,^ jìderarei che il uiuer uoflrofoffe regolato, a propor* tion?' . 7)1 M. Giri. CMIII. DVL Ml'HlO. 401 Z0Rf della compleJJìone,& degli Slud'ua quali è con aYlz Idgrauex^a dello flomaco>e nuoce parimele al ‘^gegno,^- al corpo l’ejfercitio della palla , dopale “ioni vi accrejcerà il calar naturale, e darà uigore «j1 tutte le membra,m.aftimamente e fi nido fatto e qua. °>& quanto bisognerà,ikbe dalgiuditio voHro, & d* la conofcen^a.cbe bautte deltoflomaco,e delle fot' ^oflre^iu che d'altrui ricordo, vogtioycbe dipèda. fion rimarrò di dirai ; & come da fratello amoretto Accetterete l'officio trito, che non ad ogni peri fiero c'1E uicaderà nella mente che diate luogo , ejjendo Aiancorgiouane,e nateedo fyefio negli anni noHri dfik uoglie,&pasfioni,e poco regolati appetiti,iqua "dipingonogli buomini a dannojo precipitio, c piti-^tOì^r beebe a prima faccia malageuole paia il di fenderft da queiii crudeli tiranni nodimeno la via di *af loro refìjiega, & anche di fuperarli ut fi r edera fa Clle,quando nelle uoflre attieni ui configlierete sepre Co buoni,&efiequiretei loro diriti,&bonefii ce figli & eofi a poco a poco f acedo poi Ihabito dauoì potre t€elegger U meglio,& in breue(patio di tepo conofcc-AeitfruttojCbe bauete raccolto di cotale diligenza, fidale io ho voluto prodorni,pcr fatisfare all'ejfctto elcuormio,cbe mira folamente alla grandezza vo-Wa. Ma nè Unduflria uofìra , nè dottrina bimana Pfà condurui a gloriofo fine ,fe non ui feorge il lume lobi tutto vede , & a tutte le coje dona la miglior !ortna}aìla cui diuina bontà raccomandandovi a tut bore^io baurete a temere ingiuria alcuna pii ac- Me e adenti L 1 B \ 0 XVII. ridente della nemica fonunajtiqitalc non ha potè .. joprai mìnijln di Diotcome l'ejfempio di molti fanti fimili a h amichi pa iri ci dimoHra. l^ipiacerà di qiiiftarmt, e corife/itami l'amore del uo lira darne molto oferitalo S. TantoManutio. Del S. Cabriti Samba fi, signor Ciouan Battila Culto tta. A li cor che niun'altro rifioro/offe più atto afol Iettarmi da’ trattagli paffuti, che le deliùe di coìtilo i egno, & la prefen^a di Volt.Sig- nondimeno gli impedimenti che mi fìopfogonofono tati, che del la venuta da lei propoflami,non poj]b:ernirlap bora la feruirò bè di auifarla come io la pai fi; & còglili* di, cp con l’amore poiché mene ucerca con tanta in ftalica, & tj'iého prometto di fare ,&fedelmente & volentieri Orato aglifiudij dii negarne V. S'ig. [a> yi attcfi fempre afiaiipocojiora maco che mai, colf* di quelli tòpi,e della mia negligerla. Quanto alle co-fe d’amore,io noi poffo negare, le fiamme diiche fono anebora fi itine, ch’io no dubitando fe il giacca della morte ifleffa farà baftante ad ammorbarle piùrnai! ma di quei godimeli che V. Sig. m i accenna, fono ben fi totano,eh io mi differirei fe no mi confolaffe la cef terga ch’io tengo d’batter per quefta firada còpagnid fenxa numero. Quando io uo effeminando signore*1 lunghe ga della miaferuitù, i’asfìftga continua, If ine Un aliane di tutti i mcifi a fami confeguir qttefi0 fine, *>l'M. Gin. CjLMlL. DEL 400 ^Aarti gli ftratagemi ufate da me,i fattori rìcèuu-*[> leparole che jono vfcite tal’bora da quella bocca bene d'amore,& di fede,&ch’io mi trono in queHo ftwoyfen^a alcun di que' frutti, che fi bramano tato tar‘co di f -ondi,&fiori come.un bel Maggio: dinego ìcr etico nelle cofe di chi fi untano q (li glorio fi amati. *0$ We non lo credo, & dall’adempio diquejìagetil °nna, faccio giudicio che in tutte l’altre debora qfle tlj°lutioni fi ano poco miche impofilili. Mi fi può ar ZUrUeìarc che le qualità di lei no bau proportion con f niieiio noi nego,an ft a maggior mia depref ione af *.eTrrio,&- l'affermo con tutto il cuore,che la belletta * Macjià,la gratiaf&l’altre parti,che fino dal mon 0 “rimirate in tei, fono nulla, rispetto alle virtù rico !te nelbell'animo fuc;ma quando qfìo ben fia-,la fi-fi Con ch’io la ferito,tato dà lei conofciuta, & lodata f fer ^“qitalefent^a ingdnarmi,rni conofco da lei p-fl110 a qualunque altro tfÒ dee baflar alenar in que maggior difficoltà ancora quado uifofftfie sei “ n° fi è guardata a fami altre dimoHrationi 1 mag ^!ore apparen^a.potrebbepoi aHenerftda quefìa, la ^“le come ella fa, flaria eternalmente rtnebiufa co-%e che l’oro pretioffifmo, & fccretifi. dentro al mio cuore? in fom(l re non fi iYoua argometo ebepiìi con fida di q fio,sete morirmi oftinato nella ifedcltà mia fi pur fino per creder cofa alcuna giamai, la ere-fi* 0 forfè in donnei affé .ma nelle nobili fin rifolutoj fippo abborriefee di fua natura il cadore della nobil a °&ni pìcciola macchia, & none nero, nèpurima-Eee a ginabile, libro XVII. gìnabile, che quelle nemiche sfacciate della bone fa > iujfuria,&auaritia h abbiano [■proni a i fiachi di qfe taliyfe l’ambitione forfè negli può hauere,non ve g‘l ha fi pungenti, che lagelofia dell'honore non vi bah-bia il freno,&di gran lunga più duro; fo ben che M0* tiperfarfi valenti huominifra la gote inelj>erta,intc fa quesìa fentcza mipredicberianoper gojfo,ma non le (arianogiaper mio credere ferina rimorfo interno delle (alfe iattanze lorojl chepcbe io fo certo, non oc caderdin V. S. allaquale dijpiacciono i natatori, & tcmeraritutti,come la pefte. La fupplicoauolermenc friuer il parerfuo : fondandofi però, (olamete [opra1 fucccffori propri,che alla comune opinione in que?-0 cafo non do credc?iZa,dopo che quella età, troppo^ ita, fi profefjìone di nò ammettere fra galati bit ortica tbi non penfa delle donne ogni male. JL V. S. fola 1° no per credere,ciò che mi affermerà,tanto confido »c ftncerc,&leale animo fuo, & fe per forte la ritroso di ccforme efperien%a,alla mia,non fi affatichi già a amo di perfuadermi mai più il contrario. In lei f°n0 nobiltà,kuere,cauallene, liberalità,et ciocbe firtcef ca aU'effmgnatione di co fi fatte fortezze, effendo^ V. S. ributtata,qual’altro potrà yantarfi di tal yltt° ria?poiché dunque tirato dalla dolcezza della fiffk ter a, fono entrato in materia tato profonda, et diff1 tata,non mi lafci per cortefia fenga la fu a dicifionC ' Fratantomi conjerui ingratiafua,& mi comrnav1 l>iReggio Jl’XV. (T^goflo. M D LXV. pel Dì M. CLjLV. CjIMIL. DEL MlT^lO. 405- jDf/ J1. Commendator ^Anniba.1 Caro. JL M. Tìetro Bizzarri. |\ yT* Olto Magnifico ftgn. mio. Mi ritrouó haticr XV ! due di V.fig. a lequali risponderò con qHa, per effer ambedue d’un mede fimo tenore.Le dico dun ^fche mi duole pur’affai ch'ella mhabbia ritroua-to lt> termine ch’io non la pojjo fatisfar de la rkhiefta eòe mi fa, di far qualche co fa in laude de la Serenif. reina d’Inghilterra, c qfìop piu ragioni.lo f> la prima fono in età alieniflima da qSlo ejjercitio del caparre-. e olirc all’età,fono in una indiSpofitione ordinaria; la. (ìUale mi ha aflretto a metter dabada qfìa partica,di ^wiera,ch’io mi fono rifoluto di non attendenti piu. Qhra'di quello mi ritrouo bora trai*agliaio da unp» c° di catarro,che no mi luffa far cofa, ch'io uoglia.Le Y&oni che V. S. ni adducep perfuadermi,epartico~ Wmète la copagnia honorata di tàfi valef'huomini, "fi 'moiiono affai ,• e molto più il de fiderio ch'io ho di far cofa grata a V. S. ma l’impoffìbilità, & l'indifpo Spione mi ritirano da l’imprefa; laquale,&perfeme yfima,& anco da tanti galat’huomife fi honorata e aHdata,cbe non donerà hauer bi’ogno d'opera ma , ’Ptr quello prego v.S.ad bauermi per ifeufaio, &a porfuaderft che l’animo mio fta pi Òtiffmo a farle fet Ult‘o,Hcbe conafeerà con effetti in ogni altra cofa,do-^ ^piacerà di commandarmi. E con quello le baci» emani. DiTarma, 3.. diMar%p. 1559. £ee 3 Di L 1 B ^ 0 XVlt. Di M. Bernardo Tornitane, Tkf. Vietro binari. TV /T ^n'lfic0 Signor mio ofernandì(Jhno. &} J_VZ Infoiò V, Signorìa tanta dolerla nel’^i' ino con la fna btin2ani(Jìma,&Joauifiimaprefengf ’ quanta dir ftpofld>mercè diquelftio ccrtefe, & gen~ iil modo di proceder, reramete degno di ^e. La onde nonpotendo coft facilmente {'opporla' la prèti alio di lei,caramente la prego,mandarmi l’opera Cu a , oni^ mi pafea l’intelletto ..come una imaginc di lei. Ella tttf Uba promeffa,& io l'ajpetto con fommo deftderioM farà in ogni Tpo grata,magraiiffma venedo preflo-In tanto, io continuerò tutto il refio della mia ulta, M iamirla caldamente,& offeruarla per gli fuoi me1t ti,&virtù,lequali bonoro,fe non quanto dourei, d/-meno qudto io poffo. State {ano, DiVadoua alli di Settembre nel L X F. * *4l Medefimo. vi M. "Pietro binari. *?V/T lignifico Signor mio offeriiandifjìmo • XV X bi la beìlisfima opera fu a,et inficme il pefcts moflruoi'o,c6n quei nerfi latini [opra, e quelli altri Casfio Parmense,liquali mi fono flati Copra modo ^ risftmi,venendomi da lei mandati dal cuigiuditto co fa che diletteuole non fta,non mi può venir a le In Dr M. GÌVL. CjtyilL. DEL MINIO. 404 n cofi pochi giorni, che io l’ho conolciutadi prefen-tl^y-S-mi ha dato tanto pefo di obligo a le [palle,die “ “Itretato non a cdojchc fu aggradato .Atlante, nh W^o. La cofa del pefce è marauigliofa, fe non vi è in Zflno di nafcojlo artificio, ufito "da quahbnnoper bit Jc«r denari,& efsedo ucra,mdco ci marauiglieremo di cioche ferine Tlinio,di quella pietra,0 marmo del-* cui colorite uene fi vedea la natura formato il mon tE L‘arnaffo,&le none Mi{fe,con apollo nel me\ofi attodi toccar la cethara. 1 ucrfi fopra del pefce nò mi finofpiaciutijt come quelli di Casfto, ma dubito non ftano feorreti in alcun luogo. Quanto al credere che fatto di quel autore,certo non fio che mi dica,effctido, che da l’un canto mi fanno de l’odor antico,da i’altro Stipar di uederui alci'.» fioretto moderno,ma il giudi do lo rimetto al nafo de i Critici, che fanno trottar l‘o d°re nel uctro. L'opera jua è tale,che veramète dima fa a ejfer legittimo parto di quel bellisfimo animo che ^ìn lei. Mi è fommameniepiacci'tta, & credopiace-a chiunque a queSli tempi può giudicar {enepa paf fané. ContEde laprofa u olirà col uerfo infteme, tfsE d° l'uno,&l’altro per fe jleffo lodenolc;tuttauia nel Paragone quella fi rnofira affai bella,ma quello belltf ij^o. In fatto noi fiete allenato nel grembo delle Mu->e>&fetepadrone de iconcct’i,quali uengono partenti dal vofìro ingegno fopra delle materie propofie, fa qualità del ver fo è facile,òr ter fa, cofa che è dif-Peìlisfima a trottar fi ntVoeti, tanto par chef degan tnalageuolmente fi inuefli con le facilitade. Et mi Eee 4 piace L 1 B II 0 XVÌ1. ■piace chabbiate prcfo nel rerfoelego ad imitar ptd lofio Tibullo,che Ouidio,o Martiale,& ne le Ode più to (ìoHoralio, che altri. Maio nonho tolto a lodare ne i piccoli1 & flretti termini di quella lettera le ro-flre compofitioni,belle piu per propria uagbeg^a,che per liccio d'altrui lode. Vero è, che per non mancar d quanto V S. mi richiede,ho uoluto oltre le mie forXf yfar la poca virtù del mio debile intelletto,nel dir fi11 cecamente quel ch’io ne ferito. Et feper auentura V’ Sig.fentifje fopra ciò qualche itiidiofa lingua fonder i (uoi ueleni,ricordattui che in ogni tempo fono flati de i Bafllifchi, & Elefanti, & di più vi fouuenga di quel detto d'Horatio. Vrit.n. fulgore fuo qui pergrauat arteìs Infra fepofhas,& extintlusamabitur idem. Douepoi V. S. mi loda tanto amoreuolmente terrò il frutto della lode,che è l'amor uoflro, e lafcerò a lei l'inganno che ella prende co l'honorarmi, & effaltar mi jopra il merito mio. Nelrcflo,quanto a l’affettio-ne,che ella moftra di portarmi,mercè fua,le dico,che come che in ogni altra eccellete qualità la conofca fa periore,nel rimarla nondimeno, non fono per cederle in alcun tempo. Et fe le parole fono al animo corriM fpondètifil tempo , padre della verità,le occafloni fiie miniflre lo dimofìrcranno apertamente.in tanto, p°' foia che il noftro buon'amore è legato con legami d’o~ ro finifflmo,e della fola virtù prefe lefue r adici,amid moci tra noi virtmfamentefm modo che altri impari dalnoflro e (tempio, come fia buona, & fanta cofa Tir- . hrM. GIVI. CAMll. DLL MINIO] 4®$ I nm,lo[oamore.State [ano.Di Tadoua alli Il.Ottobre KlLxr* Di M.Bernardo Tafio>M S.Cefare Tau e fi. T Ofon certo geniilisfimo il mio S.Cefare, amando ■*. voi mio figliuolo come con l'efperientia m’bauete firato,ebefiele coftpronto a riprenderlo,qualbo-Va egli fa cofe degne di riprenfione, ilcbe fyejfo dee ef-fcre,per il furore della giouaneg^a,come fete adifcu~ falò;che fe a queflo l'afjettione , a quello uimnoue 'a prudenza,e la nera, legge dell’am icitia. lo ho data quella fede alle lettere noltre,cbe non baurei forfè da ta a quelle dì moli altri, e lui ringratio dì qiteHo amo rettole affino fatto dauoicofi per mia confolatione, '■fivie per fodisfattione di mio figliuolo,di che oltre iaf t elione,che meritamente dalle voHre virtù fon’aftret to diportami ,& ve ribatterò infinita obligationet defidcrarò fempre d’bauer occafìonc, & commodi a dipoter con qualche officio fatto da me, per ripu-tattone,&beneficio uo(lro,mojlraruimigrato. Quan *° editione del poema di Torquato,ancora ch'io co me «moreuole padrc,&gelofo delfuo bonore foffi dì *°nrario pareremo uolutopiu tofto Jodisfar a tati gì! ‘buomini, che me rihanno pregato, che al defiderio, &giuditio mio,japendo che il poema non è tale, che paia marauigliofo in vngiouanetto di diciott'an-J^fifind’egU,^ per l’inuentione, &per l’elocutione e&no di lode,& tutto fparfo di vaghi limi di poefa ben L I B o XV 11. Ben deftderatci di batterlo vi fio tutto,& piu accurati mente, ch'io nonpotrei in fi breue corjo di tempo,pr1' ma che lo jìampaffe,ma il uoler opporfi ad un ninten-fo dejìderio di un giovane,che quafi torrente di molti acquepieno corre al fuo fìne,farebbe vanna faticai tanto più effenddone flato pregato, fra molCairiM duodottiì&giudicioft ffiriti, come fornii VcnierO) e'IMolino. Ma birogna cbe>& l'aiuto uoflro, & ^ molti altri amici fuoì vaglia a farebbe almeno fiafl* fato corretto;& di ciò ut prego quanto’caramctc pi) fo.lononfo in qutfia mia por. era fortuna che alt*9 pròferirui,fuor che la mia uvIòta pronta a farai pia' cere,&feruitio.Vioete lieto , & con Vernatemi v1"0 nella memoria voflra . Di ferrar a il XV. Mpf^c dell XII. Di Meffer Gionan Baitifla Gir aldi. ^.IS,Bernardo Taflo. TT M lettera di V S dì 9. di ’tettemb. riceputd d JL/ iR.dii mede fimo , nn è siala gratis furia, vCf gondola piena di amoreuolisfima aff ct'ione,& di t:.ro,0~ canataisfimogiudicioyddlequalidue coje ^ 1 ringrazio tanto ai core quanto in piu dtftderaua il fa0 parere.Et perche mi è parato, che ilrender a V. S. ^ ragione di queflo mio componimento, & moflrarlei' modo,che io ho tenuto in condurlo al fine non rnip^i f° eflerefe nò di giovamento,jperando di eflei e auuC „ M. Giri. CJLMIL. DEL MIT^IO'. 40 iltedalei nelle part'hneRecjuali ella giudicherà, che icf i1* mancato di giudìdo>hoprefa la penna in mano,et fcvit'ajome in un fiato,la prefente lettera, nella qua-e rifpetto quello.che fta da principio io mi propofi & condurre quefta opera al fine,acciocbe ella, veduta a mtentione mia,mi additi con laJua vfata amore' 0 con la candidezza delfuo gentile animo ql ™>che a lei meglio p arerà,& piu atto ad alle gerirmi fucila parte di quello incredibilpefo.che mi(ourafì'a, “Val pefo hofemprc trcuato tanto piu grane,& ma, a&et* folto gli occhi di quelli , che fi de fero a leg e il mio poema,qnaft cheto hauesfi rifpojìapoe-‘Jfamente unabifioria , non mi accollando in que-^pwtCiTic u yergriio>ne a HotucyOj- c non in cincin— to quelli comminciò la fu a Iliade dal principio dell’i-ra dì vicinile,■& in effafinì quefuoi ludibri. Et que ^cominciò ilfettimo dell’Eneide,checofi corrifpon-onogH yltimi fri lib.dell’Eneide a 24. della Iliade, C°meìfci primi a 2 4. dell a Cdìffea,dal principio della Sterra,che nacque in Italia tra i Troiani , & i Lati-?*> & confcgucntementetralfutuli Lauinnìa , & il die fine all'opera fua , & quefle due maniere ‘l^°efia furono gentilmente accennate da , Uora- tio L 1 B I{ 0 XVI'. ,, ìio 'm quella Satira,nellaquate egli dà molti tocchi Ttirie forti di Toefta}quando egli dijfe . Oìdinis b&c rirtuserit,& Venusyaut ego fallofi ytiam wnc dicat, iam nunc debellila dici, "Pleraquc diferat, & pr&fens in tempus orniti' "Perche dicendo, Vt iam nunc dicat. accenn.. il poema,che comincia al principio, & qftt^ do figgi unge, iam nunc debentia dici, Tleraqne differat, & prafens in tempus orniti^ morirsi l’altra maniera di poefia , che conukn co’1 l'Odiffea. Et dicendo piu di fatto . T^ec gemino bellnm Troianum orditur ab otto-loco(per mio parerejmale intefo da molti,& mofifi che negli Epirodq(come è Epifodio la guerra Troi^' na nell’ira di Achille) ftdeue andar fuccintamentc>e non fi allargare nelle trappo fifoni (che cofiposfi^. acconciamente trapportare la uoce Epifodij)oltrc1 bifogoo,& oltreil conueneuele, togliendofitropp0 ^ lontano. Ma perche cominciaffe Homero il fuopo^' ma dell’ira di McbilleJ&in quella, finiJfe,ouepc*® cetraria cominciò ilfuo poemayer.deltapietà\d’BnC^ < no èluoco da ejfire bora qui pienamente trattato,&r me ne rimetto a qllo, che ne ho fcritto altroue largai . te » Solo dirò bora,che uolle mostrare Homero ned fua Iliade,chei Sig.non deuono tatomirare a qb *■", panno fibe non uogliano i [lini are coloro, che fono molta importanza nelle grandi impreje tra fudditi u> m w. G1FL CJM1L. VU Musilo. 407 ® & c/;c dallo ingiuriare tali buominisiennrcanopo Jcta 1 danni, à proportione, che fi ueggono ejfere nati nella guerra Troiana dall’ira d'^Achille, nata dalla in '.°en\a di ^Agammenoue cantra co fi pregiato Caua-ier°-Ma ritornado alpropofito mio,prima che io po-^Qì ‘l piede in qflo labirinto( che co fi ueramlte il pof y l'ùarnar')an!Ìuidi)cb'io entraua in uno molto inni-lHPpato intrico, & che la uia di ufcirnenon era pia-few^a riprenfione di cotoro,cbe non fanno porre 1 Pl(:de,fe nonnelle uefligia altrui. Et f quefìa cagio-prima ch’io moucffì il paffo, per entrare i queflo co. yttticofo camino, mi diedi a difcorrere con qual filo euejji ritrouar il modo di ufcire,&ufcito che nefusfi 1 rèder cotogne fujfe bifogno,del maggio mio, nò ba uendo io ritrattata orma di alcuno, che a noltri tempi .1 iu(]'e ctrato.Et ciò fu cagione che molto prima, che J0*i desfì a quefia imprefa, topo fi il di’corfo mio del Coporre i Romancipcbe nò parejfe,cb‘io nàfusfi mef '0ui tal maneggio come a ca,o miaindi fi potejfevede rein bona parte,qual fife [lata la intemione miai» .0r”° a tal fatica, fatto ciò mi diedi po'eia a qfia con r0lltione,et mifpofi la materia,ch’io voleaa trattar jj0.?Me fna rogaci maffa,laquale io baueffi pofeia a di-c ln&ueYe,apolire,& a formare con le fue fporùonii rPo tegolato,che non moflraffé,con mal còpolla for ^Moflruo fità,qualunque $ lo piu, bauesft a farmi f ■? 1n°shi, e tra mojìruofe battaglie. Et no hauèdo di dà Atnil.nc da altri,fe no, in qnato disfi ltida3e di Dione Trufièfe nel difeorfo de’pprnagg, vfai LIBRO XVU. •vfai quanto meglio mi fu coceffo l'ìngcgnoyfchc fopt ratultafu[[e conila all'titile, & all honeffo,parendo tni cheqacflodcbbaeJferealfinedelToeta, (jrnonij dilti:o falò Vero che.per quanto nc dicono gli aidof '1 amichi ; La poefia no è ait>o,che rna prima filo fofia> laqual quafi occulta maefìra della vita (otto velatiti poetico,ci propone la imagine di una ciuile, & lodf itole tiitatratta dal fonie di effafilofofia.allaquale uM quafi a proporlo fogno, habbiamo a drizzare le n0' /ire anioni,ilche ci moflro Horatìo quando difie. J\em tibi SocratÌApoicrunt offendere ebartte. le quali parole fi deono riferire alla Filo fofia morale, uera dimofiratice delle alcioni humane, allaquale fu tutto imito Socrate,come quegli,che dalla cotéplf tiene ridujfe i fuoipenfieri cohimi, & alle cofe agi" bUi,& lodatoli nella itila ciuile. Con quefio penfiet0 adunque pigliatami tal guida attefi a uoler mofira^ in tutto ileorfo di quefta opera, che più a frutti dell* ’Poejìa,ch‘alle frondi io fusfi fiato imito.Et perciò^ propofiilgiouameto g fine,ndquale tutte le altre pat tifthaueffero ad indri'ggtare.St nidi che ciò fipotetia compir col coflume,non dico quello, che appartiene a mantenere la perjona tale, qual la fi piglia chi poema(ancora che inquefio babbiapofla molta dilige ZctyCome di fotta fi dirà)ma a quello, che fi conuicf1 alla itila honef1a,& bonorata,alle lodatoli attiotnd alla uerietà delle cofe ciuili . Ma raccordandomi e t dice M.Tullio nel fecondo dclleTofculane , che Cg j tyrcxzaua la lettione,ch' era farza dilefo, nc fare, M. GJVL. DEL MIT^IO. 408 J Ye^he con maggiore efficacia quefio utile entrafie ?!e aìo a chi logica, «; poteafarc affai ampia firada 1 dett0i()nde cercai ch’cgtialgionarnétofasft campa no’Luuliprenderep piimo oggetto, battendo ^duto che Strattone, nel primo della fu a G agrafia» .auea riprefo t rathoflene. (eh egli baueua chiamati ffoetifolo al ddetto,nou còhdeddofcome dice Maf-bjno Tiriofchela Toefta,& la Filoìofia fonjolo differenti di nomc.Haueuio in adunq; a fare in tutto il ^veggio del mio Toema,finirà imprefe faticofe » & fpffe unite molto dure, & fpiaccuali, poft cura eoe fipJI0 diletto,quato alla materia conueniua, allego 1jJe la fatica a chi lcggejfe>& ino (Ir affé,ch’io non ha uffUa uoluto e fere tato intento alle forme de’ Ftlofifi» y alle ma-erie loro,che non mi haueffe ricor dato,che Pp,u^apoeticamente,quamunq; l’opera fujfe co-. . c° intagined'Hloria,trattandofiin e fi e dalprin ‘P10 alfine la trita di uno Heroe. &p quella cagione ta.1 J0fcbì,& tra le fdue,oue le fiere juperate da Er-®e figgiornauano,ho mesft luoghi piaceuoli,c getili, a‘/«a/z/‘ingegno,/or/efldeo » perlauiaggioduro,fi Ppjfepcr fuo diletto diportate, & ricrearuift den-a quefio fare, altri gli ornamèti principali mi pfueebepotefferoeffere molto'a propoftco,trapponi tfl ./a greci Epifodij fono dettif quali ho io finiti (~°'ttl'p)cire comeppagani dalprimopcd ile»cercddo rJupo megp di darci quella belleg^a al componi-tat'0‘C3E trag&egli animi di chi legge alla fina con fide 10ne:Et cofi nelle principaliilluftri attioni, ha ferri- L I B 110 xnf. fempre cercato di trapone aunenimeti nout,talme^ però che non habbiano faccia di moftro,ò cheuifa51 pre bifogno di lddio}che[doglia i nodi, ò faccia le 1711 rauiglic.Et ho talbora cercato di defcriuere le cofi W Yibili,&fyauentofe, con modo che la loro brutte^ anecaffe in qualche parte piacere,&anuenij]e q^' lo che ci lignifica ^Arifl.&Horatio doppo lui, dicttf che uolentieri vegliamo le magmi delle cofe borrii»' li, s’effe fono efpre fie con naturale, e maeJireuvUg^' tia, laqual confifle nel decoro,cioè, quando cofi be»1 conuegono le deferittioni delle cofe, per fogge,& b°f tibili ch’elle fi fi ano,alla loro natura,che non foto no» le fuggiamola le ueggiamo volè(icri,& co piacere • ^Allaqual co fa alludendo molto dottamente, et moli» gentilméte il dottisfimo,et honorato mio maeflro M9 fignor Celio Calcagnin\,coft di fi e nell'epigramma w J)ijcobolo. Sunt quadam formo fa adeo deformia fi finti Et lune cum multum difplicuere,placent. Ejfendo adunque fiatala mia prima intendane tutM’ piegata algioHamento,&ueduto che l'utile, che r fciolto dall'ho nello, o ragioneuolmentc non fi dee à1' re utile,ò non conuiene punto a per fona virtHofa,& ^ lodeual ulta, imitando io,qudto meglio ho potuto l f tìiuerfale nelle illuflri attioni,&accompagnado l , le con fboneflo,nie ne fono ito ueftendo l'incomincile parti di queiìo corpo, dandole quella proportione ^ membra, che piu conueneuole mi bparuta,hauèdosf' pre riguardo all’uniuerfale,& ui ho per quefla cagl0‘ nc v P1 M. Giri. C^LMIL. DEL MIT^IO. 40-9 lntrodutte confulte>& dclìberationiamouergncr rYd indurre pace,a mitigar leggi,a pigliar partiti > ad Monetar difcordk,a mitigare,0 ad accender dclo-Ve‘ taqualparte mi haparuta portar con ejfo lei mcl diletto,pero cbequejlo, ch'appartiene alla compas Jl°ne,& al mottcr gl'effetti, fecondo gl' accidenti, che corrono, noti meno è dell’Heroico, ch'egli fi fìa del Tragico, cjtiatinique in altro modo fi tratti in quello, c[ in altro in quello. E che quefli copafiìoneuoH ajfet ìl nofano Jent^a diletto il moftra, fé bene mi ricordo Alatone nel Filcbo}dicedo molti dolori, fono pieni di ^wauigliofopiacere,come mofìrano le rapprefenta-tioni dcìle tragedie, nelle quali gli Ipettat ori, anchorct c\epiangano, jentono nelle lagrime iflcjje piacere, & duetto,alla qual'co fa'alluda, do ^Irifl. (ben che come migrato difcepo/o,non habbia tic luto far mentionc di cbigli hauea infognato coft qiicfla, come molte aire c°fe)dìjfe nella l\etorica,che nel pianto medefimo,& ^fllejagrime fi fente,un certo occulto piacere, intcdÉ 0 sfpre,fe ui fon introdutte a topo e luogo,&fecondo Udecoro della per fona,che fi duole, & della cofa, cllaqual in lei nafte il dolore. Et qreflo credo,che ci Uolcffclignificare Horatio quando dijfe. ffon jalis eflp ulcbra effe pannata,dui eia fimto . ~Et quacunque volcnt animum auditorts agunto. “Perche chi bene confiderà quefio luogo,uede che Ho rat'i0 parla del mouèrgli affetti, uolenio che la roce P'ulchra,habbia rifpetto all' ornamento,0 delle figure, ?d altre filmili cojè,con lequali fi veslono i concetti e Fff la LIBRO mi. ia ucce, dulciti, accenni la conmotione degli ajfct' ti. Et forfè cHoratio fu della opinione,che bora,b11 uendo meglio coftderato ^Ariflo.fono anch'io intorno a quella parola,cb'egli pofe nella difìnition della Ttd gedia,quando diffe vìu^xivii^oya,, che in latino fuo* na,fcrmeni fuaui,.cioè palar pieno d’affetto ilqual porta con effo lui la dolcezza,della quale dinari dico mo, e lo quella maniera fi f 'ano due.effètti,molto ejfi caci di diletto , l’uno è il piegar l'animo di chi afcoltd alla pietà , l’altro, che con le cofeintroduttefipaftf l’ rnimo,& fi injegnaparimente quello, che apparti^ ve alla vita ernie,odHeroica,il qual diletto è folop'd vamete dei gin dici oft, che [e noi fola miraffmo a qll0 nelquate il u Igo fi compiace, dclqualvulgo fecondo che dìccua Megabì%p,ilcberiferifee Herodalo, non k coja.jtiè piufciocca,nèpiu infoleie,da cuìgprio è noti intender cofà alcuna,che buena^ò virtuoja fia farei*1 ma tenticoco aueduti. Dette con fiderare Tauttorf quello che può meritar loda appreffo a’miglior giudi ci,&no quello in che fi copiate il uulgo.Et,a cofirtrià tionedi quello,mi ricordo io batter letto che Voliele-to fece due flatue,una agiuSitio del uulgo, pche come quefìi.e quegli gli diceua,egli la formò, l’altra fecÒdo il fuo proprio giuditio,& con la ragione dell arte, & tofìo che iifcito in luce le due fatue la prima moffe^ 1 rifa ad ogni giu diciofo, & l’altra fu marauigliofame te lodata il che ueggendo Volideto diffe, uohatoft ^ yulgo,quefìa hauete fatta voi,e noi quella altra, m<> Jlrando che non intende la pfettione delle cofe il viti' & ni M. GIVI. C^fMlL. DEL 410 X°I& chi le fa a tal ^u/io, le fa imperfette.Et quindi tippoinac.i gran mae/lro nell'arte dei lottar ■Jj.iuen ^‘fiolìraii alcuni rari colpi ad uno fio d.ìjccpolotda eliere da fu ufati del giuoco della lotta no lodò il difee P0fo fyo, anebora che ftjfe (lato lodato dal uulgo de &hfpetaturi,onde gli diffe. Tu non hai mefjo in opera CoJa che ti habbia infegnaia io,poi,che il vulgo ti ha ™dato,cbe qne’tratti}cbe bauejti da mefarebbono (la t! conofeiun da pochi, & per quella cagione dijjt Vlu tarco,ch’egli è neceffarin, che chi cere a piacere alla Moltitudine,non piaccia a giudicioft, & a prudenti , ^perciò voglio credere che nostra Signoria , come Zl'idicìofa,ch ella è & che ha /pelo tato remp o,& dtt rdta U gran fatica,che io mi fiima , che durata ella labbia,intorno al fuo nobile poema, non voglia fare Sudice di compofnione tanto magnifica il vulgo: del quale,come habbiamo detto,tono tutte le baffigge,e lettele imperfetiioni,& non bagiudicio fe non nelle co/è fmili a lui,&che fono d di arte fu a . llche uide nella eccellente imagme d’^ipelte,percbe il calgolaio tvalafciate tante cole pfette,e conftderabili,intorno a quella figura die fola giaditio conueneuolc della fcar-pttìpo/cia uolendoft trapporre a giudicar alcune altre Punì,gli fu detto dal nobile pittore , che al calgolaio n°n[t aperteneua giudicare oltre il calgare. Laqual c°fà no potrebbe dire qualunquegiudiciofo uedefje il ^ulgo piegarft a uoler dar giudiiio della perfettione di ben compoflo poema. Che anebora, eh'Or alio dica» Ulerunque rette vulgus yidet. Fff 2 egli L l B \ 0 XVII. egli i'hd detto in quella gufa,che fifnol dìrej Sape etiam efì olìter ualde opportuna locutus Si fcriuono,Sig-TaJJo , cofe tali àpari di y.S.del S-Mutio,del S.Capello,& di alni limili,& cornei pd-ri di rojire ftg. conofeono le ragioni, & l'utile del di' letto,dje nafee da lepoef,e ben composte,iluulgo qui fi a caro prende da ciò foto una lieue ombra di diletto, fl n%a fapere,perche tal cofagli aggradi. Et è il vtd' go nel pàgliarfi tal diletto, filmile a coloro chefilaficid-‘no pigliare al fioaue del’odore dei gli unguenti odorfa ri,&'cono [cono la unti),che esfi hanno a far ri court re la fianitàperduta, o matenirla a chi la posfiede. co ebì. derido adunque quefiaparte,che ili fine delle corri pofition poetiche fila l’utile, \lqual habbia compagno il diletto,e fpefifio condiceuol maniera di dire,come tf)0 fircrò al fino luogo,voglio credere , che Toeta degno di loda,mai non fi da a ficriuereper dar piacer al vu\ go ,o per farlo giudice delle fitte compofitioni, & qul fiera fine alla rifyofia di quella parte , che conteneut quello giuditio del vulgo.Hor a perche io non mi ho propofia una fola attione,comc dijfi difopra, ma te di Hercole,lequali, & per lo modo che coloro,onde tolte le ho,date le mi hanno, (che tpejfo con dui,0 tre parolefan^a (plendorealcuno le hanno piu tofi0 accennatc,chc efprefie ) & perla aiitiquità loro era-nópiutojlo noiofe.per fuanatura, & faaceuoli,che no , & fpesfisfimeuoite di molta fimiglìàn’ga l’unt con l'altra,mi è fiato bifogno ammollire quefia afiptct •gì, firleuar quefia;auctà nellafimiimdìne , che ùlM. GIVI. CjìMÌL. VEL MINIO. 4rr die portano con e (fo loro, & quindi fapendo cbt è cÒcelfo a chi ferine poeticamente fingerfi coje,che dia, n° hellexjta,et ornameto alle cofe,cbe da fe non l'han n°>come ueggìamo hauer fato Homero, & Virgilio, e ^‘cataloghi,e ne’con fitti,nelle altre parti c’hatt v^hauuto bifogno di tale aiuto, mi fono dato a tr apporre tra le cofe datemi da gli auttori antichi, le finte da me,atte,per quanto a me n‘èparitto,a leuar con Lt l°ropiaceuolegpqa , quello che patena di fe arrecate naia, ofafiidio : Leejuali cofe ho nondimeno finte con forma antica, per mantenere quel tenore in tutta l’o~ Pera,che in fin da principio io mi propofi, aggiungendo loro quella uaghegga, che fia diforme a quel diftr to,che co’noflri tempi fi conmene, Urbe ho cercato di far con tal maniera, che le tolte dall’hifiorie antiche , de trattano i fatti di Hercole,& le finte da me paio-no tutte nate ad un parto.Et in qnefia parte , mi fono pm tofìo conformato con la catena, che ha ufata Qui dio nelle fu e mutationi, eh-’ con la maniera de i no fin \omangatori, laqual tolta da Barbarifcrìttori, ha. dunaftmiglian'za. con la formadell’ordine antico,la-^alforma anticadoueuaio fegnirc,pcrbattertdur d[aggetto dapiù antichi Greci, & Lati ni, come ha-Urcifcg!j.ita quella de nofiri tempi, quando a firn': li foggetti mi fuffi appreffo,come fece il Conte, & Yi°Ho,&ìjoramolto lodeuolmente V. Signoria. Ma Pollo che in quella parte io mi fta allontanato dalle Poefe moderne,dico delle volgari già dette, ho nondimeno ueduto > che in nolere tutta uolta fiate fu que- Fff 3 ft* L I B 1^0 XV1T. pa (èuerìtà dell'antico , era troppo fcoflarmi dall’vf» di boggidì,& come fcrebbe flato porre i [andati vene ve ad Hercole,fe io mi fnfji dato a feguir in tutto la fot ma dello firiuere dei noflri tempiycofi la troppa antichità haurebbe fatta [piaceuole la cbpofuion ho cercà to con ogni flndio in quel,che non mi ha parato fcóue neuole,feguir le vefligia de i noftrifcrittori, accioche col comun vfo,deffi amollimcto, e piacenole^ga èql-la feucragranita antica. E per qjìa cagione, effendo (iato introdutto da no/bipoeti, e pofeia accetta’o dal nonio,il codame di far cantar fimili poefie innàX} ■t Signori,& ad honoreuole brigata,no ho voluttà in f fla parte,partirmi dall’ufo accettato ilqual vfo, [c be non fi feruato da Voeti Heroici antichi nelle fcrittti-re loro.fu nondimeno introdotto da I\apfodi,che cita nano alle mcnre de*gran mac(lcii fatti de gl’antichi Bctoi. Hauendo io dunque a fìnger ciò, & veggendo* mifempreall'hauere a cominciar di nono il mio ragie namento,per interm'(bone, di nona tnarcria, oper là •varieràdellea'tioni,ho tenuto conuenicriffimo, come giudiciofamente fece l’^rioflo, ch’ogni fine di canto deffe effiettaùone di anello, che fi lafciaua a dire, & ogni principio hauefjeparte,che fufe atta a concilio-re beniuolen%al& artemione appreffo a circondanti & a fargli atti alla intelligenga di quello,cbe fi detti ua dire,non mipartedoperò dalla mortaLitàfiaaualc ho femore cerca'o di hauere,per rispetto deli utile, & del bone fio,compagna in tutto il cor [odi quefi operài quanto ha comparata la qualità della Tofia, con lo- BJ M. Girl. CAMìl. DEI Miglio. 41S *are le uirtUtbiafimare i vitij,e dare,ouc è flato bijo~ rfn°ia quelle il premio,a quc/le la pena,p firmare per '°ne di uarie qualità-fecondo la loro conditione alla h gitole uita.Tfi in quefìa parte folafio cercato di con Satinarmi con la co-luma de i noflri tepi, ma neit’ap -Parecchia delle gì ojìre,ne i gttarnimen ti de Ignerrie-r,>&de‘cauaUi,negli abba’t'.imenti fmgolari, nelle &licrrevniuerfaUinelleefpHgnationi delle città,& in ^fte co fi fatte occorenze 3 lequali non ho penfato di potere introdurre,fenza. tema diriprenfione alla pia-teuolezza,& al diletto,pai endomi che quelle fi fe-r° di quelle parti,cbe fi deueano firmare, non quali furono,ma quali deueano ejfere, laqual cofa non ho però io fitta fenza imìtaùone di Fergdio, & derme filari Poeti.Solo ho lafciato Hercole armato di maz~ \a>& di facilejgr uelìito del cuoio del Leone in que-Mapartedel Poema mio,perche tale armatura , e tal f°rte d’arme e sìa aa lui tanto propria, che il uoler-8 mutare in quelle prime attioni, era vna mutation troppo (Irana,&troppo fconucneuole, & però ho vo Hto contali armi,&con talamo fi fargli fare le pri-^ imprefe, riferuandomi all'altra parte il cingerlo ^lfpada,armarlo dilucemilfmo acciaio, coprirlo di fatale feudo,y porlo fu feroce cauallo,a “One, & ho norateimpreie,non lenza l'appoggio dell'antiquUà -clliantunque a quelli tempi ciò non fi fta ueduio da moderni fcrittori & anco fi troni tra pochiffimi ami-obi. Egli è uero,cheper la quali’à della materia, mi è incuto quello}che conojco efìert flato di grande Su Fff 4 co l i b ii o xvn. to a gli dntìclri,& a nojlri parimente, cioè lareligiO'1' ne loro ,intr adulta alar tempi nc’lor Toemi,il che mi è auuenuto.per nor patire quella età da religione di que'tepiyne'quali llercole fiorì, perche la maeHà del yero [ddio(mercè della bontà diurna) noi adoriti' momon patifee di efjbre trappola tra le fanale degli fcrittori.Ma perche il marauigliofo,cbe fi ricerca nd leTocfie beroicbeyHon fi può introdurre fe non in CO' fe;cbe ftano fiori dell’ordine comune,&fuori de’ter* mini naturaliy& ciò non auienefe non per potenza fo pra naturale,oue i noflriToeti,congli incanti,& co lefatagioni hanno ciò fatto, conmaniera, ebepart ebabbiano meffo ogni loro (Indio in fare, che quedf marauigliofo fopra ognicoft appaia, perche con tali maramglie inuagbifcano di leggere gli animi.piufem plici.lo nel trattare quefta anticba,& fattolo fa biHo' na,& nello introdurre quel marauigliofo , che mi c partito comenenole,ho tifatele forze delle Deità,ch^ dagli fcrittori di quella fuperfiitiofa religione,a qtk tempi,furon ufate,non paffando nell’indurr e,la mari tàglia,terminiycbe al nome di quefìo,ò di quello faiiO lofo Iddio diè la fuperfìitione, & il eonfenfmento de gli antichi,i quali non conobbero il nero Iddio,anche' ra che Virgilio nel fetùmo dell’Eneide,de(fei uenti i Tsfttuno,dicendo. hfeptunus ventis impleuìt uela fecttndis. z quali appreffo il mede fimo Vergàio fono di Solo me loro rimpronera V{cttunn,ndprimo deli’Enei dè Ma cj./t: ciòf t forfgconccduto alla maefìà di qlgril Toc lai £>I M. GlVL. C„4MIL. DKL 41? ‘P°eta:cofibo creduto che a noi farebbe dato a uitio » ^ però me fono afienuto, come cbe fi lontano da ogni veriftmile fono fiate intro-dotte nc’Toemi de'noftri tempi, fuori d'ogni ejjempio d£U’antichità,ne'Tosmi Hero tei,tra quali non hanno Aerato Ouidio nelle fue mutationi, quantunque fiano c°>npofle in uerft ejfametri,fe non in alcune parti,che Pure hanno piegato alquato all’Heroico. Et come Ho ^°ro nò fecemaiin tutto il corfo dell’Iliade,che Gre Co alcun andafìe prigione, no foto I{e,ò Cap itano,ma Pattato faldato,ma gli fece tutti fortemente combatte fò corraggwfamctc morire,cofi ho io feruato, ne’at pitani, & ne faldati di Hercole in tutte le imprefe , P^chcper quanto ho potuto cono(cere,fempre hanno tifato i migliori Voeti, lo fcriuere quelle cofe, che J,0,i hanno battuto con effo loro quella eccellenza, & fatila grandezza, che alle imprefe Heroiche conuie-nc ne maneggi delle attieni magnifiche. Et confiderete tutte le predette cofe tra me, ueggendo chè rf bifognaua fpiegare in uerft, cioè in numerofo » ^lato parlare, le concepute materie, & perciò cer-ifte tutte le bellezze,!^ le perfettioni del dire, pen- > w L/tbLc t-c; yci i-uuni w-t» v y V dì porre la diligenza intorno alle noci > & fempli-Cl,& congiunte,onde l’utile,^ il diletto , accampa* Sfato da bellezza di dkeuole fìile, faceffe l’effetto , Cllefi dee afpettar da regolato poema.Tropofìemi adii ffe tutte quefie cofe in uniuerfale, mi fono datoci ^riuere la fanciullezza d Hercole, come nuole fari Slatto z r b r o xr//. Slatto d'Achille nella fua -yfcbilleidc.Ts^c mi ha in ciò fofio timore il detto Horatio. ?S(ecgemino bcllum Troimum arditur ab ouo, fi perche (come ho detto difopra ) egli in quel luogo' parlò degli Epifodij, [ì perche egli no bebbe riguardo alla Vocfiaych’io ho horaperle mani,Cominci ai adito que il Toema mio da quella parte piu burnite con (li' le conueneuote alla materia, per poter poi nelle attio-mi maggiori aliarlo, fecondo la qualità del propofto [oggetto. Et anco perquefla cagione introdujje nel fi' condo cantal’amor dellalslinfa, o di Bop alo, che lo •poglian dire,piu toflo, che quello di una Reina, eh'A maggior luogo feriiati. Et andando pofeia di attione io attione,addattando lo flile alle materie, me ne fon ito alfine de quella parte. Etperche l'imprefe d’Hercolf parte furono uòlontarie,&parteper fatale necci cioè per comandamento d’Eurilìeo, (finto doli'odio di Ciunone,prima che la necejjità l'habbia condutto ad operar e fio L’ho lafciaio in podeiià dife mede fimo, &. dato a lui l’arbitrio di appigliarfi lauirtù, o uero ol yandiletto.Sapendo che nò uiene la loda,onde il biaf mo fe dalle anioni libere,& uoloturie, la onde pofciO ch’egli nelpafare dalla fancinLegga alla gioiientù i elejfe di pigm ee la uirtù, & f reggo il oiacere, conte [contiene nel primo cato.fei chi ,v ima che EurificO gli comandajfe cofa alcuna , egli •acco dai(limolo di yirtuofo dcfiderio,per acquifiar/i con tal meggp pre' gio,ehonore, colgiouare al mondo,tolte di uita il ne Tbeumefo > & il maluagio Cigno,e dopò queft in1" prefdt W m. Gin. CjtMiL. mi Mimo: 414 fatta ad umaerfal beneficio degli huomhn. i'ho Sdutto, che moffo dalla pìetàyche deue alla patria o-£?' ipìrito gemile, ha cercato di liberar Thebe dall'in lln[lo giogo della feriti'ù pofcia riceuufo ch'egli heb-e 1 premi da Creonte di fi honorata a!tione,io l'ho fat 1° Wdar a ftngalar baitaglia con Sauro,ilauale ho io yto un Orco, perfeguir in cjfla parte ilTolìfemo dy j/FiÓ* il modo de i Voeti moderni, tolto nondimeno Sfornerò,come dalla origine di tutte le fattolofe ma t£f,e\Conueneuoli a Voeti, e tutte quejtepartifonvfla ?e da me in:rodane,per moflrar c’Hercclc, come dicd era atto a far per elenio tutto ql da fe che p fimo 0 di Giunone gli fu impofio. Otre, che per feruare il allume, f loqual tale è sepre la per fona, qual ilpoe-ictda prima la fi piglia,nell' anioni fatte da lui per co-^damèto,lequali furono 12. egiuHamentedette fa jfhe.per non efkr tìate uoleticri, neper elettione, ho qua fi sèpre fourauenire qualche lode no'c impre ^ felle fpeditioni delle non adontane cUtgli ha di# Nauolota didatta al fine.E co fi ne'canti di qftapart le ho cercato che ilgiouane,ilquale (come diffi) fu il ^e> eh'ìo mi propofi fta fato accompagnato dal dilet 0 delle deferitioni di bellezze,di brutezye> & atti, e vari],di nani,e di honefti,d'affetti,bora doglio i‘d>ora lieti,bora ccmpafftoneuoiijwra mi(erahili,ho a amaro fi,bora grani, & dell'altre cole che fono oc-c°rfed‘efìer 0 principalmete,o per aggiitngimento °(ie fta indotto l’amante afconueneuolcggaf men difd'tcC uole nellagiouentù,che nell’età matura, anchora ch° Vergdio introduceffeEnea ìnamorato di Bidone, & che ne faceffe auenir la morte di lei per la perduta h° neflà, io nondimeno ho fatto inamor are Hercole n°t' la fua giouineggga, & ho ueduto che quell’amore fiato il primo,accioche piu efeufabile fufie lerrar ft° come d'huomopoco efperto in co fi fatto maneggio.& ire che per ammollir la conueneuolcggga, ut ho intrO' dutta 1)1 M. CiAMlL.DEL MIT^IO. 415 '''ta Giunonc,cbefa che il Sonno [otto la sebia^.t di quale deuetta Hcrcole, come afomrno Iddio «e pagani, & come a Tadre,credere (giù ccfa gli per jKade quejìo amore,&perche fi i^egga, che q uantun cllie il maligno trauagli il uituofo,non ut può però ha Utre intiera yHtoria,:rna che gli riufcijfeil iranaglio ^ utile, qualbcra fi riconofce, ho introdutto Gioue, manda ^Aretia ad Hercole, & il libera dal giogo Alquale l'otto falfa fembiaga l'hauea condiate. Giuno ne)dalla qualfecoda apparìtione auitne,che otte Her £0-c batte a folo la virtù in diìpofìtione>egli la fi pigliti habito tale,che malignità altrui noi può piu dima-hrare dall bone fio,per immergerlo nella lafciuia. Et COnquefto modo,& con altri talibo cercato a mio po ie,re,thc in ogniparte ilgiouamcnto ,fenevadaacco tagnato col conueneuole diht 0, infino al firn lutile [on l bonetto,il molle col duro,lo fpiaceuole col dolce 1 dogliofo coti l’allegro . Et perche vidi chela manie-ta di /piegare in uerfi i miei concetti era di molta im f stanga,& all’utile,&al diletto,ho pofio cura che non manchi qucfio ornamento alle altre parti, & ho nn.pre hauuto riguardo (per quanto fi ha potuto (le derc la dcbolegga miafihe il verjo co la miglior for-”2a di dire,che da me fi potejfe ufare, conuenifie co la, Arteria,& quefta co quello,paredomi che in quejìo ^do pote/Jì e/Tequire ilpcetto d’Horatio, ilqualeci minta a mejcolare,con decoro conuencuole,l’utile col etite perla modo detto dijcpra,ecofigirmi prejjo ql bUnto,alquale egli dice che giunge,chi q,-. etto fa. li- che l b n o xni. che fe forfè non ho po.cia enfi bene cflequho, COMe ^ ne nella intetione còpre fo lo mi hauea,è egli fiata, $• Taffoycolpaddìingrgnoynongià dellainuntione. ^ Spiegare l’ordine c’ho tenuto quanto alle itoci, le figure delparlare. T^nn ho uolmo accollarmi a^1 maniera nè di Statio,né di Valerio Fiacco (chepar' letò de’ Latini,poiché tra volgari no vi e ancora aM no,che in quefia forte di Totfia habbia voluto iffli^' re) che coft duramente,& co fi figuratamele parlai no,che,oltre che torjero l'vfo deÙa lingua,a non vp" te forme di dire,rma[eroduri(Jìmi,quantùquencg}1 Spiriti poetichi nò fu fiero tra gli vltimi. Tge meno voluto feguire Claudiano,& altri lali,c'hanno 7»^ ogni loro induHria foto nelle pompe delle parole, ^ ne’ figura i modi di dire vagamente,tale che molti*1" bandonando le materie,chaueano per le mani ba^ piene le cane di varie parole,ma dipoco fentimen'-0' 'Ffeanco mi ho voluto proporre Lucano,o d’Ouid-nl fiori,& ne tratti,parendomi che quefia diligenza f1* loro riufeita a danno,onde quelli è piu ifiima> opoin‘ pofo hifiorico,chegindiciofo Toeta,&quefìi pi<{ t0' fio ingegnofo,che grane,ho nondimeno uoluto trafc0* rergli tutti,quantunque duri.quàrunq; affettati} tunquelagHÌdi,òpiù del conueneuol pompofi ptrc’ tra quefli loro modi di dire vi ho trovati in molti If0' ghi virtù degna da effere imitata. Ver quefie cagt°n adunque me ne fono ito,quanto meglio ho potuto, v quanto meglio mi ha conceduto l’ufo di quefia lin&ff nlla imagine di Verg. appreffo ilq uale,benché per 1° gbisftnto. ® M. Gin. C^AMIL. DEL MTHIO. 41S ■‘Svu/ìmo interuallo, gì unfè più che nim altro amico ‘ atlno Silio Italico , ìlqual Verg. trattando materia &auey Jì èfemprc f. r ito delle voci che fono nate col Aggetto,allaqual a fu mirando Orario dijfè. ^erbaq, pr.aùijam rem non inulta fequentur. t co (ì fu jempi'cpiu intento Verg. aritidella religio ”e aftica alla varietà de’ colio mi delle genti, agli af-fctli>alla granì:à.alla ni deità, a l'enfi elettati, alle lo-àeuoli attioni,al conueneitcle, & alle utn i que/ìe co-& fignificanti con gratta firn dar e, che. alla frequen-\a de Ile figure, & alla demone de ifiorì,& de i trai l^Mali non preggò egli nondimeno > ma gli vi trap P°IC dì rado , & a fuoi luochifi che paiono pretiofe gernme in ricco > & ungo ricamo . Ei con quella gl,iia ancor io (quantunque io mi habbia conofcìuto ’t'tìa firidente cicala, appreffocofi canoro Cigno) ho ’ffatc k traìattioni; fpecialmente nelle amplificatio-ni ponendo quanto piu fìudio ho potuto, che non paia °fcure,nè dure,nè tolte dilatano, nè affaticate ne lornentate condutte, e mi fon etiandio jèruito della eJ!ergia, dell’hiperbole,della imagine della fimilitu-lne,della ir onta,de i contrapofli,della figura, che da “Parteper lo tutto,degli effempi, dellainuerfione; dia repetitione,molto conueneuole a quella lingua Par che non nafea dapouertà, & di altre tali figure, VY°pidi dircjequali cofe non ui ho però mai frappo c f nonquatomi ha paruto che ftanoconuenuteal “ dignità,al decoro,0 a(oppor meglio, gfrpiù effica-drnente la co fa fatto gli occhi di chi legge. Le campa ratiòni L 1 B 0 XVII. a ratìoni ho io yfate affai ffef]o per parermi ch’elle no meno'conuegano alla Epopeia,che le trallationi,on^ metafore alla Tragedia. ~Ma nondimeno in tifarle hj hautita auertenga di non eccedere il numero,non f' rò di Homerafo di Quinto Calabro,ma di Vergil.ll!,t piu in quefla partescome nelle altre,di ciafcuno ah^ giitdtciofo, ilqualeintitltala /ita Eneide ha ffarfeff comparationi tanto piu, & tato meno quanto gli e f11 ruta ciu,et meno conuenirfi alla materia, che di HW InUibro egli trattaua,tal che dal fello in poi ; u e ne lKÌ trappofic bora otto,bora dieci,bora dodeci,bora qtl11 tordicì,& èaniuato fino alnumcro di fedicimagni1 che ,& piene di molto fflendore nel duodecimo >Pef effere la materia di effò la piu magnifica parte dei lattiene,che egli a[criuere fi baueua prefafilqual »' bro però di poco piu paffa il numero di nucuecéto uff fi,otte non è canto di miei che non afeenda a maggl<>f numero di uerft,& a minor di comparationi. Etpe,r' che la comparatione è molto atta a porre la cofia in^ ti agli occhi (ilche fi dee con ogni ftudio cercare « chi ferine) come quella,ih'è quafi uno iffempio>°,u fi tragge la cuidcnza della cofa ,& con molto diled0 per mio par ere,in fogna, io mi fono allargato in lo* °’ intorno a cptelle parti,c'hanno hauuto bifogno di VI i fatto lume.nella qual co fa,fe forfè mi fono abbagli , non è fiata colpa della intentione mia , ma della Vl!i Uria, che mi ha chiamato.a co fi fare. Terchek11 ^ tando materia Greca dal principio alfine, mi hdf11 rato ccnueneuole fegnire le yefiigia greche pi'1 t^HC' 1)1 01FL. C.AMIL. DEL MINIO. 417 /L/ Partc' c^ein qualunque altra . Et offendo <(jì afrequenti nelle coparationi, come fi nedepiena-™ente nelh feudo di Hcrcole de crino da Heftodo , 0^ Metto, che non mi fi debba dare a uitio, fe fon fla ^ JMile a loro, oltre che doppo Fir^. ■•■i fono flati di ebano paffato in unfollibero il numero di uen ’f oparaiioni, ta 0 è loro partilo che quella mar.iera ‘ etti>&giouatido anco, dia lume al componimento; 0‘° Ouidioycbc tinta ucha è (iato fu le uaghetpze, e . 1 fiori piu,che Toet.(,cbcfia mai flato Greco, oLa~ fo, nelle fue mutationi è fiorfo a minor numero di ataiioni, & fpefe ueltc con non molto Jplendore >a trattate quelle, ch'egli ha trappole tragli Efa-7netri delle fue mutationi,forfè contento degli altri or nciMenti,i& lume dell’ingegno, che molto frequente-ì^ente_egli farfe in quella jua non diroHcroica, rna .afr}!j]ima,& vtiliffima opera. Nello allogar le fen-renfr dcllequali ho ragionato ampiamente nel difeor 71 If}man%i,ho cercato di porleui cbi,&ch'appor 0utilità allunila bimana,non mendicate; ma ta- • y e t(>n la cofa medefma paiono nate. ho tifato ro 0>0£Yan fleti dorè di parole, 0 u a gingia di nume Parendomi ch’elle da fe lucano affai,et che l’aggiu ® r -oro altro fplendorc fetmarebbe piu topo la natu- * uàgbe%ga, che lor deffegrafia alcuna. Tpeuele 0f°lutc molto frequenti,parendo che la troppa fre- je a? aff regga al còponimento, et che come wol c^ama la Tragedia, per ejfere ella fmpreju ejJetti compasfioneuoli)& miferabilifu l’imita Qgg tioni L I B ^ 0 X V 11. tioni in atto, cofi mi pare che po che, ma effìcA' dine uoglia la F-popeia. Et quindi affai din fe ne uef' gono in Euripide appreffo i Greci che in Homero, & appreffo a i Latiui,piu in Seneca che in Fergilio . Et io,Signor, Taffo, pi r fcoprirui liberamente la i#' tentionmia,non foloin quefia pane, eh’apportici alle ftme%e,ma in tutto il corfò di II’opera,per mia ni turale inchinatione, ho piu (ignita la natura del‘c uoci,cbeigiri,& le fouerchie pope loro, come quCy c’ho attejo foura ogni cofa alla facilità, & alla chi11' rezga della oraiione,laquale dee bauerlì mpre il rP & danno agevole uia alla intelligenti delle cofi. Oltre che bufare fmilivi ci moflra qu^ dcfirczZà > dellaquale fcrifji nel difeerfo (temici manzj, i io è che tali fono, 'chefe fi de ferineffe cofa ti' le in profa con l'ìjìeffeuoci, mutato il numero fol0.' fenza uitio di affcttionc fipotrebbono lodaregH!fc,t tori di effa.Jfon dico pero queflo perche (come io fidi Copra) non habbia tifale le tralaùoui, conte in) tatrici delle noci proprie,ò almeno'in lor luogo, f il perlanecesfitàtro’Uite, & pofeia accettate per 0<( namento, oue baino potuto dare piu dignità, ò f grandezza à qualche parte, che ne habbia bàttuto b1' fogno, Dr M. G/^L C^MIL r>£L MINIO. 41S wa no» le ho affettate , co?»e veggono fan a. ^hispiu che le proprie.Nò mi fon anco aftenoto dal eH°ci none come fede per fo%r,& aue, per de fiderà, d’erbe flutti ferite,& altri tali, onerò la neceffìtà, 0 ^'aaghegxa mi ha chiamato ad tifarle,ne ho forma a,-cune di nono,come arnmenfarc per prefe a men- l‘liComt l’efempio di Dante in limili uociftequali ho n°n altri/,icnte derinate a fonti Latini , che uclef-fe Horatio, che i Latini deriuafjero le noci ntioue da 1 fanti Greci , come veggi amo anco batter fatto il arca,con direinerme,ve(filio, cornotogliendo, anco tutta Latina,come,ab experto, &mifère-• ilchefece egli nondimeno con l’cjfempio di Dan-*c ^ero è,che maneggiando materia Greca. fono fla-tocolìretto da ufarc molte itoci pellegrine , tratte dal Greco, allenitali nondimeno ho cercato di dare la dmengga della forma Italiana , uolendopiu toflo de Eutcbmia,cbe Eutima, Atefìa,cbe Mrefia, Ido d/cbeIdona,Eudosfia. cheEudoffa , &aUretali, c^e fi habbianopotute ridurre all’ufo della noftrafa-UelU,a!l‘effempio di Vergilio, che uolle piu lofio di-YeSichro,cbe Sicarba , & Camilla^ che Cafmilla. ^l'effempio delqualil doto Vergilio (che per non Pfrere,cbe [fregiaffe in tutto l’antiquitàjtolle piu to d dire Euta,cbe SityMdai , che Multi,&pOtefh 1 che fon quelli,che danno il numero alle vefreparoUt col fargli bora fu le fedi pari, bora fu le ìmpari, hoU pajfando dalla prima alla quarta,gr dalla quarta al-lafettima,& variando à tal modo le fedi degli acccti ti alla variatione delle occorrenti materie , facendo bora . DI M. Giri. CjlML. DEL MIT^IO. 419 regolare da uno accento acuto ma fola fillaba ’^fa due baratro, & bora piu con la interpofitione ^ te conueneuoh coYijoticiTitty f&coitdo che yììx \)A fotfo— &ato numeroyò tardo ò ueloce, òflrepitofo, ò foaue, 0dajpera, 0 molle, ò nero d’altra qualità per dare fyanto più ho potuto, gratia allo fiile , & fplendore nda cofa,&forfè quefìa coft minuta diligenza mi ha fato comparereappreffo chi non l'ha confiderata, P°co dili gente per non hauerevfaio in ciò quel numero gir in ogni luogo quella armonia del uerfo, che f’afa communementein ogni materia, fenga dijlin-ll°ne alcuna,non auertendo che anchora che Vergi-h°habbia trattare le materie buffe come le cofsdei paflorijgr le mezzane,come 1‘altre de’bifolcbi & de ale ri (‘fjcrchq della villa , girle magnifiche, & ^eroiche co’verfi ejfametri, che Ennio chiamò Ionici,ha nondimeno Tariate in qutfla fmilitudinc dì ^erfi, le fedi <&■ le qualità delle gionture, fecondo ^ naturra delle cofe,eh’egli haueuaperle mani, fa-Cendo che i numeri habbiano mofìrata la diuerfità nellafimilitudìne del uerfo, quanto al numero dei P'edi,Et per che potrebbe effer agonalmente aucmi-to>cbe io mi fusft m ciò ^ingannato, come fi inganna-n° piu ponente gli huominine" loro di/corft, che non blf°gnerebbe,reflerò con molta obligatione a yofira ^i&noria^’ellayper fua cortefia, degnerà a, darmi ft-n0ci dieci,ò a dodici tocchi de que’verfi, ne quali ella I0rfc defidererebbe maggior Spirito, gir maggior fuo-n°>accÌQcbe ueggendogli ò le renda raggiane, perche Ggg i coft L I B II 0 XV11. cofi fattigli babbia, o io pojja con fadditamelo Sig. apparare di comporre gli altri più felicementCt f dì curreggere i compatti. Jfgm voglio anco re (lare di foggiungere poi a v. Sig. che non ho tenuto a biaf0°t nell'opera mia, il produrla dal principio della ulta ^ Hcrcolc,fino alla fua cdificatìone,fapendo eh' Arido tile ci infogna', che la Epopeia non è riflretta a lpaù° di Tempo, come è la Tragedia che al fummo non pi‘° p affare due giorni. Laqual auttorilà di ^iriflotile hf1 confirmato Virgilio con l’Eneide, homero con l’Odif (èa,Silio Italico con l'africa, & più di tutti ibattrttf he confirmata Statio.fe haueffe compita la fna kidc,laqual mortegli interruppe. Remerebbe. S. Kf fo che poi c'ho tocco,quanto ha patito il corfo di ^ fia lettera le cofegenerdi di quella mia faticala, con1 pofttionefio difeendeffì di canto in canto ad aire c0f particalarì,intorno a ciafcuno di loro confiderabih-Ma io veggio efferc tanto con l'animo mio oltre trv fcorfo,ch<: troppo affaticherei vofìra Signoria s io110 lesfìpiu (tendermi . Te>ò miuoglio riferuare a rf giovar del re fio allhora,cheper qualche felice flato c fera coneejfo l'effere inficine, oue potrà raggiond^ di communi fktdi,& hauere il fuo parere intorno d " le cofe mie, ilqual è appreffo me di quella (lima, t" va de la fua amoreuelegga , & la fua molta viri11 > che egli fi fia appreffo ad ogni fpirito gentile, ebefl0 mi tengo da tanto, ne fon cofi amatore di me rnedtt ' mo,che non fia &.Specialmente da tale,quale e fs. S. di cui fileg g°no tante eccellente compofttioni, cboggimai ella è neUe bocche di tutti i letterati co honorato grido.T^on refarò però di darle nel fine di quefla mia lettera.chc Per hauer iieduti tre de’ca.ti miei fuori fenga mio no totì&che e fedo au '.ertilo d‘alcuni di Tbofcana,che tYa color, che meco conuerfauano, & a’quali io era fiato cortcfe, come naturalmente fono a chi ba meco c°nnerfatione delle fatiche mie, vi era chi voleua co-par'ire im ifeberato y & uelìito de’mici panni nel coppetta degl'buormni,mi dìfpofi di dar fuori qila par-te tale quale io l'baueapiu lofio ch'ella fuffe ueduta Cofi fatta per niia,cbeimafcberata tenuta d’altri » 0 cbc fui baneffcbifògnato entrare in nuoua disputa p m°drare,come mi bifognò fare nel difeorfo de i rama V eh e l’opera fuffe la mia. E però mi [era cariffimo , C :ie vofìr,j Signoria degni di farmi gratta di difeor-^la minutamente,nÒ meno intorno alla lingua, che ‘Marno alle altre cofe, che le parevano degne di ripre l‘one,&fignificarmi quello,che le parerà, che meriti 1 effere corretto,che quando io non mi ve°oj. atto a rendere ragione , perche cofi fatto.habbia io ricetterà Wfiofuo curtefe atto in ucce di ftngolarifiìmo bene- Cgg 4 HO L l B 0 XVU. Hù Ietto il canto di Signoria con mio molto pld- cere,nu perche ella mi fcr'ute di uolerlo richiamar al l’incudcjio no dirò altrove non ch'egli mi fi è delega* to nelle mani,et halafciato troppo lofio di dilettarmi tanto mi è egli parato fuggir fi leggendolo. La prego bene a portarfi coni ù amoreiiolmente,che certo io tS golodtuole co fall fapercleuar Umano dalla tauola> & non tormentar tanto le compofitioni, che diueng* no come infermejorne attenne a Statto nella fua The balde. Sta bene,ir rende anco gratta un neuo, chef fcuopra nella bella faccia di una unga donzella. Et fepure V. S. ha da adoperare anco la lima intorno a quelle due vaghe materie, contenute in queflo gentil canto,non re fiero dì dirle .che oltre le colè, alle quali ella cercheràdi dar miglior forra a .come mi ferine,no farebbe je non bene ( fe però il mio debole giudicio è da tanto,che fi poffa tr appormi coftnobil compofitio ne)leuare della fìawxa che comincia. Et c banca l'alma fol di gloria uaga. La compar adone ,o fimilimdìne, chela uogliatc cbiamare,della Hidropefia,come troppo burnite ,& non molto conuemuoleallagrandeg^a del foggettot che non mancherà a uoflra Signoria co fa, & piu gr* de,0ttra a le feconde lettere mie -, la cagione de laquale ^dotche/ìata fia,perche non m'hanno ritrouato in ■Pefaro, ^ é fiato loro di me fieri di aggiunger fin <ìuhma affai per mìa fodisfattiene fono uenuteatem c 0;& fe gli é uero,cb’^imor a nulla amato amar per ^ifonfecuro,chela uoflraaffettione nonè minore e 0fferuàga,ch‘io uì porto. Molto frutto mhaurà re jato M libro delle lettere mie,poi che mi ha fatto degno e e ^ofìre lodi, Squali fon tanto maggiori, quanto cl* Vengono dabuomo (fi come uoi fetc ) lodato ,per ’e'■onte dice Cicerone prò Sejiio, quella è vnauia, n [làude , & dibonorc, & dignità,dai buoni, & buomini,et bene dalla natura confìituti e/fere lo L I E 110 XVII. dato , bramato . Hor venendo ala parte delmi® Toctna,Uquale per auentnra nonhaurà maggior ne mìco cìr: h grandeatpetatione,& defiderio,cbe »,, con nuoua arte confirmate,non sò,fe fia prudentia d'1 chi ferine, non vbbidir a l’ufo. A me pare rimette11 domi però fempre a miglior giudicio,che non el ml0> che al giudiciofo , gir prudente fcrittore d’accomo-dar fi al giu lo, & al'ufo del fecolo , neiquale ue, fteonuenga: gir che non facendolo: facciano^ piccolo errore, del qual fubito neoorta la peniten-tia, che lpoema è publicato, perche non credo cbe dìCpi.icer, gir cordoglio o jja effer maggior di q11^' lo chefente vn genùl’huomo, cbe con molto flud't0> & ®jf M. GIVI, CAMIL. DEI 41» & co molte uigilìe s‘è affaticato di comporre vnpoe na>fi per fua. mala forte auìene, che non [ia appro-Voto, tic letto. T'fc sò io s’ .Arifìctcle nafceffe a que-fla età,& vedeffe il uagbi(timo poema deli ^ifìrioRo, conofcendo Inforca de l’ufo y & -vedendo che tanto diletta,come l’efperien%a ci dimaflra,mutaffé opinio-nc > & confentiffe che fi potèffe far Toema beroico di Piu anioni: con la fua mirabil dottrina, & giudicio, dandogli nona norma, &prefcriuendogli none leggi, ^feiifine, chepreporftdeueil huonVoeta, non è altro chegiouare, & dilettare, che l’uno, & l’altro babbi a. aff'eguito l’^lrioflo fi uede m ani fellamente t cbe non è dotto,ne artigiano, non b fanciullo, fanciul la,ne ■vecchio , chedaucrlo letto piu d’una uolta fi co tenti, 'bfonjon elleno le fue flange il nHoro,che ha lo fianco peregnó ne la lunga uia, ilquale il faflidio del caldo , & del lungo camino, cantandole rende minore f Ifon fennte noi tutto il di per le firade,per li carri pi andarle cantando? lo non credo, ch’iti tawo [patio di tempo,quant’è corpo dopo,che quel duUiffmo gen-hlhuomo mandò in man degli huotnim il fuoToemat fi pano (lampati ne venduti tanti H omeri, nè Vergi--fi] quanti Furio fi, & fe cefi è come neramente non fi può negare non è quefto mai ifefiifTmo pegno della bellexpta,(gr bontà de l’opera ? Tsfpn fi uede a l’incon Irò che'l Tris fino la. cui dottrina ne la nofìra età fu de gna di meraviglia,il cui Toema non farà alcuno ardito di negare, che no fia difpnfta fecondo i canoni de le figgi d'^irifì.ffr con la intiera imitafme ti’Homerot che. L I B 11 0 XVII. che le che nò fia pieno di eruditione, & atto ad infegna* di molte belle cofe,non è letto,&che cjuafi il giorno WC de fimo eh’è vfeito in luce,c flato fepolto? t le di ciò d(t rete la colpa al uerfo fen^a rima diche in alcuna pM~ te tengo per fermo che! nefta flato cagione, vedeteti Girone di quello erud'tijimo, & nobilisfimo gentil* huomo, ilquale fe del tutto non é ccmpoHo ad imita tione de i miglior Toeti,ha però quelli ancora imita' tiin molle parti,& nulladimeno non diletta, & dttbi to che non vediate fe piacerà a Dio, & a l'amoreuol cura de’figliuoli, che fi fi ampi l'anarcòide fu a,de la quale n'ho io uifio 14. libri, che non farà lodato,tutta che fta eruditi fiima, et che in effa quel diumiffimo (fi1 rito habbia intieramenteferuate tutte le leggi ddpoe ■ma Epico,& la fuapropofttione fimìle apulo èqttd la di Homero, cioè l'ira di Lanci loto col Re ,AittlS ne l’imprefa d’Mimico, già fono ajfuefattii ginfli dt gli buomini che ci uinono a quefia nona forma dipo6 fta, laquale per la fua varietà oltre modo diletta, fi che nuli’altra forma più lor piace. 'Non fapete voi dottiamo Signor mio, che l’vfopenes que arbitrili^ cfì,& uis,& norma loquendi, faparere (fi cornea luì più aggYada)belle,& brutte,piaceuoli,ct fafùdf fcle cofehAme pare, con la riferua però detta di fo' pra, che’l "Poeta principalmente debbia attender a la dilettione,&rnafiìme in quello corrotto fecole,tutto dato in preda al piacere, nelqmlc nulla par bello, fi non quii che diletta. Et £>* M. GIVI* CjlMll. DUI 'MliqiO. 42^ Fife non dubitaci, che vi riccfìe di ne hautti af' ln>ento di dire,(he < hi dile ttagioaa , <& che non pof WeJJere la dikttatione(eparata da 1‘vtile. lo voglio tr(dere,anchora che da i dotti altramente, intefo fia, fedone Horatio diffe „ 7(0» fatìsefì pulchra effe ^>0emata,dulcia funto . Volejjc per quella paiola Pulchra intender la dottrina , e'igiouamcnto , & Perdulcia la dikttatione, comepin propria,& ntccf Iwia parte del Torma, et come quella diletta pin a lo ^killer[ale; &etiandio chcTullioprò Tlancio dica ^raoni uirtucfljìmo Sig. mic,& moli'altre,ch’io la-di dirui,per non e(feruifaJlidicfo,ni’han fitto di-IpOher il mio poema d: quello modc.Tvla di ciò nò più. 'Apologià del cauaìier Caro è tenuta qui per molto &l*duio!a,iterà di procurar l’efpediiionc del mio priuikgio, c ^^darlomi qui indriz^to al S.Tero,& quefioamo rcu°l officio,jenon accrefceràl'offcùonc, <£r efferua fyicb io uiporto,per nenpoter ejfer maggiore,accre L 1 B H 0 XV 11 • fcerà l’obli^ mo.Ho cercato d'bonoraril mio 'P0É' ma con le lodi di coiettouosìro prudeniifsmo, & rni gnanimo Trincipe, & ingenerale de’fnoi llhtflfifi^ mi figli oli. NeaF, S.è mancata quella parte, & quel loci , che merita la fua uirtà, e l'amor ch'io le poi IO, Ma perche con tanta lunghezza di uane parole ni dò più fatìidioi confermatemi uiuo ne la grafia u° (ìra,cofi Dio cgniuofiro defiderio a lieto fine conduca. Di Vincita. tAVl. di Marzo del Tel. D. LIX,. Bernardo Taffo. M. Girolamo B^tfelli. ^ £ non m'inganna la mcmor'u^dotisfimo Sig-^3 fedii mio, ne le prime lettere ch’io tù Jcnsfi da , Tefaro ragionando con noi d'intorno al titolo del mio Toema.aguha che colui folefilquale d'alcuna difpo-fittonedubitadofi,perliberarfi da quel timore,a qud checccdlente medicone ua per configlio, ai disfidi uolerlopublicar fotta il titolo d'^Amadigi di Francia, non per far fauore a quel Regno, neper aggradire A quel CbrifUancsfmo Re.il corfo de la cui fortuna età necesfitato di feguire,che quefia cagione non farebbe fiatapoffente a farmi far tanto torto a quett’opera, ne a quella illkflre,& ualorofa natìonc ; nè per pati1 colar affettione, baurei al generale di coft bonorato 67 M. GIVI. CjìMIL. mi TilITilO. 424 A aRo uolfuto pì eiti M. GIVI. CjtMIL. LEI MIT^IO. 425 tii?«e/Zo particolare uiposfino dar nontiaiil'iformar Uene,me ne fcrinìate fincerameme il ucfìro parere. Sinceramente dico affine che non vi lafciate irafpor-taire dall’infinita ajjèttione i che portate alla natione ^Pagnaola,dclacjualc ancbora ch’io jegua U parli di Unl{eloro nemico,non mi ttoni concitar l’odio, per cbefetnijaran allegate ragioni in contrario,alte àri-idOHcrmì da qnefla cpinionc;per mofirar loro,che in Una mìa particolar pasfioneffi obligo di feruitio,à qite fare m'habbiapotuto muovere,nelevarò Francia & dimetterò Gautaffie anche vi parerà, che le ragioni chea ciò fare m’hanno perffiajoffiano bafianti a di filiere quello invecchiato abufo da l'opiniò degl'buo ^WiiUÌprego che co lautoritta,d Ivojtro gutdiciofil tyale appo di loro bavera molta forerà tene ndcui esfì Pc* loro uffici lionato, ór p perffina di molto fapere,vo Sciate difender la cauja mia , & far loro cono, cere, ckefen^Q effer ripreffo d’ignoranza,nonpoteuofar al ^'dmente.Fatelo Signor mio, perche jendomi amico ìn ^vel grado,che mifurando, dal mio l’animo uofiro Penfo che mi fiate,cimepartecipe, & de la rcpvtatio ne>& del biaftmo mio fete obligato difarlo;&per ri-c°ntpenfa de la fatica,ch’ai prefente ui dono, vi uo dar nova dclaquale ettari dio, che nefia fiato qual-c‘)e bucin amento,& battuto qualche fo/fietto in Ita-lld,non fen’è però j apulo h certtrZ\a)& credo che fa* atalcilpiaccre,cbeperciò nepigliarcteiche non pur a& Sfaglierà, ma di gran Innga avanzerà il fastidio, f. jo y'-bo dato con la prima parte di quefic lettere Hhb mk. L 1 B II 0 XVU. vrùe.Saprete dunque che quefto lllnftri[f. & wa&ni vìrno Vrencipe s’è accofìato a Li parte del\CatholiM J{e.con le co>iditioni,che difle/amente ui fcriueròq*1 difotto , & Dominica mattina,reHgiofament(fótba publicato ti CO fa cong an folennità di queHa prudere rifolutionc di fua Eccellenza, non fb je(ia maggiore 1‘allegrclf1' o'i dispiacer ch'io ne ho pigliato ; perche do un lato U tante cortcfic, gjrfauori non volgari riceuuti dal li' beralisfimo, & nobil arimo fuo in quello mio efìH0* molto maggiori certo,che non era il merito mio, fen' %a foHrgno de’quahtn quejìianni calamitòfì,abbati' donato da chi colproprio fangue;per legge digrada dine mi doucua fojlcmar , farà di certo caduto fotte ilpefo di tante mie neceslìiàf infinica virtù,che tir ranno in tutti ifecali rignardeuole,& reueritofilbc' ncfìcio d‘ l alia.laquale è pur mia patria,& quello!0^ to il cui benigno ciclo è piaciuto a uio di farmi nafet' reMquale cuidem isfimamente mi par di conofccre quefla confi dcratione, mobligano a rallegrarmi c°r delpriuato utile,&riputatione di fua €ccdlen%a>c0‘ me de lapuhlica quiete. Oa l'altro lato,il danno, cl>c di ciò ne può fèguire al C bri (lì ani s fimo, la cuipr0" Spenta apnri'ogrìaltra cofa fon tenuto defideratCt mentre ch’io feguo laf -a fortuna, me ne fa prender di fpiacere. Marauighomi oltre modo , che catello liti" (ir. tjr ficai. Senato, perla lunga esperienza prude* tisftmo dal modo conofciuto, s’habbia lafciato ufeit » mano tanta ventura, ventura dico,perche haurebbo* M M. Ciri. C^MIL. DEL MIMO. 426 tI° "Muto un Capitano di moLaprudenza,di motta 1 te&r‘ra,dimoltafidt\atna!o,&temuto dafoldati,& pw dirlo in nnaparola loto Jcftigno de ihonore de la to'ditia hahana,un Trincipe che nellefue ncceffìtàgli P°teua loccorrere,colconfiglio,col valore, & con le Jor\e.'ì^on 'anno t{Jì>non l'hanno veduto con l’cfye-rien\aìclje li [oggetti di qui fio virtuofo Signore , fa-fior de’crti,&cfimitatóHpn tanno e(fi che tutta tlrefìo de’Vrencipi a ltalia,infieme non ha tanti Capitani di moli'ardire, dilunga difciplina militare,& 'voterani,quanti ha eflo fohfnon vtggiono ilbenefi-(t°}chegiornalmente riceuecotejìa marauigliofa citta de gli anni de la carenila dal fuo dominio?molte al-tre cofe potrei , & deurei ad effaltatione di qncjlo ^toncipetdire^ma per non e fiere bora quefìa mia in-teMione,riferbandomi a miglior locarmi baflerà d’ha Uer detto fin qui . Hor pafìando ali pankolaride la ttpitolationejii dico. . Che fua Maeftà Catolha , promette la protet {tone de la perfona , & de lo [lato di fua Eccellenza in ogni cafo, & centra qual fi voglia Trencipe , fen Kaeccettione di per fona,nè grado ; obligandofi con sforzo di genti da cauallo,& da piedi, & di da *ari in tempo di guerra aperta,&di jujfetto , a difendere , guardare a tutte fue Fpefe lo flato fuo fe- condo la qualità del tempo , del bifegno, & de fuoì Hhh - au- L 1 B ^ 0 XFH. tiuuerfariiydecbiarando a quefl’bora d’ejfer amico Amici,e nemico a nemici fua Ecccllew^a. Leda i oo buomini d'arme per fna particolar colf jpagnia,dugento cau alti leggieri, con gli firn Capitani) Luogotenenti,& alfieri pagati. Vnoie che fua EccelLnon babbia altro fuperiorc> cbe fua M. mede/ima, & cb'in ogni parte dotte feti*'1' rata per fona fia,fta Capii, generale, nclqual grado fua M.da bora lo riceue. Le dia per trattenimento,&piatto della fua pefl° ma feudi 12 .mila d’oro per ciafeun anno. La paga ventiquattro Capitani asfftenti apprejfo laperjbna fta,quattro cCesf colfoldo da Colonellh ^ re fio da Capitani. Le paga dì cbtintto zoo. fanti per la guardia fua perfona,con tutti li uantaggi (oliti da pagar fi alf famari a Ialiana,a mefe per mefe; alligandof dipi1'1 d'accrefcer la guardia guanto erejeerà il fofpetto, & vuole che fua Eccellenza facciagli buomini d'ari*11’ i cannili leggieri,& li fanti a fua uolontà,& douep1* le piacerd. Cbc tutto il danaro per trattenimento della ftapcrf0' na,&le genti fopradetle,fi paghi al The forieri ^ dato di fua Eccellenza,dclqual danarose li darà fi1' I gnamento fecuro,e [ufficiente nel Bggno di Tfapol'br c babbia li danari mefe per mefe. Con giuramento ^ iole da un perfonaggio mandato a quefo effetto « fua M.con procura [pedale, fua Eccell. con conftnr di detto Screnisfmo Catolìco Re.eccetuò tutti H for,ì ~ " "i ..................... mi fi/ M. e/rt. Cy/Xi/Z. I>EZ MlT^lO. 427 ^"Pontifici preferiti,& futuri, & la fede ^Apolidi-(a & tutta cjuefta capitalatione b fermata di mano di fu non folcii ftgno di \apolf ma lo flato del Duca dì Fiorenza fuo pddiffl Mo con federato,‘ MiSìg. RyiGome^Trenciped'Euolì. Z ME ama Eccellentiffmo Signor,che con la no* J___, ce de la verità, vapredicando uoftra Eccelle^' Xa,per caualier di tutte quelle uirtù ornato,cbe l'buO mo degno fanno di riucren^a, gr di ammircttione,ancor che da lei non fia conofduto, mi da ardire di ricof rer a laprotettione del fuo fattore, a gufa d’infermo che dagraue>& pericolala infermità travagliato, al piu dottOf&piu efperimentato medico i'Ino mal nat rando,ua per con figlio,^ per aiuto,Iperàdo, ch’efpO fiale l’honéftà de la caufa mia,ella con la pietofa, & poffente mano del fuo ualcremi debbia da tanta caht mità folkuare. Non e fendo cofa piu degna d’un animo uirtuòfb> & magnanimo,eh’aiutare i upplicàntf confolar gli aflini, & benefìcio fare agli huomini di qualche meritoirendendomi certo, che vofìrà Sccel-lentia, che con la bontà del fuo ingegno,e con la molta autorità dè lafua uirtù ha taputo, et potuto una nd turale,& inueccbiata nimiflà fra Lu frani, de’quali ella è ornamento,trT fplendore,(S‘ casigliani in amiti ha condurre, &gli huomini di quel regno rendere al Juci Catholico Bramici & beneuoti, cofa da ruttipct l'adietwimpojjibilc giudicata, vaierà ancor per und £ '• caufa 6/ 7il Giri: CjtMll. mi Mìtilo. 42S Wa tanto bonefla ,& fi drgna d'equità , come è Li ^^ìdifporre la mente dì f-'O. Maefìddafe (ìejfa eie-la dementiti. Lafaprà dunque ch’io Jongen ‘ "uomo di Bergamo;foggetto, & lifto della, eccelft ‘^Publica di Fenctia.& della famiglia de' Taffijan-!° denota,et inchinata al jeruitio della Sereniffima ca •f _ .Sìria,quanto fi uede per clperu nya.da!quale mi trouaua affai gratamente beneficiato ^ffffendofi egli dalla dirottone partito di fua Mae-a Cefarea, & appoggiatoli a la Fortuna di Francia^ Rfis wi panie battendolo ventidue anni in una profpe Yf fortuna feruito, & trottandomeli per molti riceuti entfici obligato,ne per legge di feruitù, neper debi-^fìgra vudine,&di facilità,neper punto d'honore 1 douerlome poterlo abbondarne faunerfa, & tan-to Maggiormente, non effendo per va[[allaggio, ne f Iffigo alcuno di fede.odi feruitio, tenuta a fua Mae-l*Cefarea. Ter laqualcofa da fuoiminiflri nrlfie-&0 di Napoli,forfè co piu rigore, che equità, fui per Tl elle condemato, et cortfifcaie tette quelle facilità, c f c°n tante fatiche,&pericoli in tutto il corfo de la t4giouentù, haueuacefiTÌrti‘ol'amcnte, ir hono-tatftmente acquiliate ; di tòrte ì h'io mìtrcuana uec-]0pouero,cqn figliuoli tnafchi,&- [emine, ve la ralà Mita cheft.Ec.puo confiderare. Ma la maligna far ut tìhh 4 na. LIBRO XV Ih na,mn per quello fatta di trauagliarmi, corwfcendoi eh* ancora un grado nera di mi feria piu baffo, & ftlt profondo,neiquale mi patena precipitare,co la rnoftt della mia carisfma, jr infelice conj arte, me fogni co tente%£i;&i miei sfortunati figliuoli, più lofio pst rigor dei giudici, cheper la qualità del peccato def padre , priuo di mille, & cinquecento ducati fanti' fato,applicati a la reai camera, & pofe in manifefi0 pericolo di perder la heredità materna o almeno d’b^ uerla a litigare tutto il tempo della aita loro con g}1 %ij, fé la benignità, & clemenza di fua MaeHà co'11 Vequità,uirtù degna,&propria diVrincipe Catolic0 & Chrifliano non modera il rigore de giudici, & ^ la legge, hr a io fio Bccellentisfimo uaffalloUgi0/1 fua MaeHàf haueale io giurato fede, o hommagg10 ■ bauea forfè con fibrato cantra la fua perfona propri' Se non,con che giuflitia uogliono a me, & a miei fdf ci figliuoli dar quella ifieffa pmitione chedi(portg°f no le leggi cantra chifoffe in fi infame, & deteHabi' le errar caduto. Kfo fa cictfcuno, che ilgiufìogiddice da il cafligo fecondo il peccato, & fe co fi è. metti0 io quell’ifieffa pena, che meriterebbe uno di quefìi fcck' ratiho confeffo d’hauer feruito ilVrincipe a la corte di Francia,& coni a lingua, & conlapennainUft9 ciò,chemicomandaua,zT ch’ioconoiceua cffer vide* & honorfuo,come fi conuenne a uno leale, & pnttde te fernitorep lo fuo Signore,ma ritornato egli da Co-ftanùnopoli , parendomi con l’hauer perduto per ft<° fcr..uùo tutte le mi e /acuità, a’bauerglì a pieno/gv1 inut Sr Mi SlVL. CjLMl. DEL Milito: 429 'aobligationc pagata, non volendo ejfer affinato n£lntale,peccato degno delira deglihuomini,zir . di ^j. reflhuendogli le gifjere, & a tutti fuoinegotij ri>Uitiàdo.me ne venni a Roma,&pollo che mi fia al fyanto di t^potnon battendo altro modo da foflentare ^flapouera uita,con la proniftone trattenuto, eh’e S’^'haneaasftgnata, gli fono piu flato ftr nitore di 31°nieiche d!effetti,ilebe effer vero fi può facilmète co ^fcerìhauMegli,come tutta la corte Bimana fa,me-rijch’io uiueua in Roma,tenutoui vn’agente,fa l’Ec-ce kntisfimo Duca D'Vrbino, che dal principio de la guerra del Vapa,mi ritirai in Ve faro, & fatto l'om-ra dclfuo fauore fon viffuto,& uiuo . Sa medefi-^ntente^he in queflaguerra infelicemente da Frati cpt per l'imprefa di Tslapoli incominciala, no pur no }° fruito detto fu Trencipe, ma a penaper compimento di creanza,andai a uederlo in ^Ancona,& che Jyftejfogiorno mi partì da luiftl cafo mio , valore-*lsJimo Signore è degno d‘effer giudicato da Caualie-ri> non da Legiffi . Confideri V. Eccell. con ia fua Sturai prudenza la qualità del’errar mio, rcnduto minore dal p oco,angj nullo obligo di fede, nè di ferui-eh io haueua a la Cefarea Maeflà . Confideri cio-nnferuitore di ventiduo anni d'un Trencipe, & ■f fi beneficiato,effendo genti'buomo d'honore, IfMil caf0 deueua,^ patena fare che da mò mi Ufi mi con- -j - T/uivitiU 1 ui c v/vq rnu "ti uvn— giulusfim , & pt udenti sfimo giudicio: afJoUoyO condannato . Ma conoscendo,che ìx lentia data da’minijlri di fua Macjìà f fin fiata LIBRO xrlf. t # . più lofio piena di rigore,che di equità, & che ul rig9 re mi condanna,che l’equità mi dcue ajjoluere, h,u? plico b'milmente,cbe con quella bonefla pietà, & ^ chi è OYncito il nobilifiimo cltiiyyio ftiO^ ^ do la prò tettione de la mia caufa, tato pia ,& deg^ di compassane, uoglia con la fuprema fua auttoritd* & co’l fm fauorc ottener da (ita Maeftà, ch’io fta af-foluto da quella rigorofa fentenxa,&ritornato nell* buona gratin fu a,che mi ftano re/li?uite,fe non le tob' he mie,per la prima fentenga confifeate, iU heperòf lagrandeg^a. & magnanimità d’vn Trcncipe ftgta de poco farebbe,almeno quella miferia de li mille, & Cinquecento di4can de lantifatto, per la morte dcW | mia cariffima conforte a la Reai Camera deuoluti, & I abilitati quelli pouerit& innocenti figliuoli alla filC' cesftone della heredrà materna, ilche le non per rig» te della giu Uria, almeno per equità di benigno Tre11 cipe,fi dorrebbe.'N-uIlacofaS. Eccellente è piulod£‘ vale, ne più degna d’un reale, & ben capo fio animOt che la ctementia. T^tper altro la natura prudenti^1 ma madre di tutte k coje, ha ■endo creato il Re delle >Apt di forma più grande,più unga, & piu leggia^ di loroj’hapi muto di quel pungente aculeo,di che 9' fe armate difendono le ricchezze loro, che per datti adiUidere ch’ai "Principe l’cljer clemente fi conuegtt-Et Ct come !)io in cielo quali un bdisfimo &giocC1i disfimo fimttlacrc della fua grandezza, ha pofto Hfe le,tlquale i f 1° rapprejenti. cafligo è non fol- t£are * nùferi, per imprudentia precipitati in cjuaL-R eei?0re, ma opprimere il caduto è certo inhuma-• lo fo che dal benigno, & gentil’animo di Va 3 Eccellenza non piu che da puro, & lucidi Fimo nl. te d'acqua turbida [ì può deriuare, può venir cefi >. " “teina ruruiaa jt può aenuare, può venir cojt càrit C^e non Pli no diprudentìa, di equità, & di *«ìllu >aCbrifliana,& mirendo certo, che fi come la Itt ltne che riceue dal foUjdiffonde[aura tutte l’o- ^ ^ lo natura,cofi ella il fauore, & {agraria già r an-a copia ac qui fiata difua Maefld, vorrà differì ^,n beri’fido de bifogno/ì. Deue bauer tanta for jj “Molignità de la mia fortuna,che quella cltmen-ìiefllia MaeHà ha tanteuolte, & con tante perfo l°rfe di piu cafì'go degne , ch'io non fono posi a in ”°'per lequalì tante laudi le dà la communs openio ■. Inondo, a me fta negata ? Kfc>n deuenc i 'Prin-. P[> che nofìri Dei terreni fono, ne le loro operationi ‘[arquel Dfb,cbegli ha a quella fupremagrande1^ „• , chef> veggionofilqualefepiu tofio con . ^ia che con pietà, & mifericordla douaffeilpre de ^ ^ Pena > fecondo che a noflri meriti fi richic* patrio forfè infiniti in quefio mondo infelici, & j 'ln Raggiar miferia, ch'io non fono. Defiì la gri <« d ? ‘k ^wPn'lta auttorità di V. tccell. giuda pie* l^e le mie mirerie , nel reai animo di fua Aiaefìà , iacciaftiche non hauendo a combattere con la f x, r p j\, © XVIU _ , ine,con la mente tipo fata,e traquilla affatichi quefl, penna,co m'ho già dato principio a far conte a polito le molte,& rare fue virtù: dalche le ne può rifulta't1 pi» utile,piu riputatione,0-piu gloria,che danno f ipocbidijferuitij,cb£per lo paffuto io hopotuto fore'’ e conftderi,cbe la troppo cura de l'honorrnio delq^ le ogni gentilb uomo deuc effer gelofo,m ha fatto cui reiqueHo errore (se pur errore cofi da caualieri, ^ me da legifli farà giudicato.) lei Sig. Eccellenti^ che non fi mone a quefli atti di pietà, & di beneficiti tia con {peran^a di premio, nonprometterò io aititi’ fuor che la mia denotaferuitù, & in qfla facra M* demia.oue la fua marauiglìoja virtù dal Clarif. Bti" doaro fondatore, & foftenìtor di quefla fantifs. cògff gallone di dottifìrni {piriti, è fpeffìfjime volte predati ta,& e fallata (fe tanto i miei fcrittoripotrano )fire degna memori’al mondo del jno incomparabile vaiti" re,&de lamia infinita obligalione.Tafiiin qflo ffltt y. Eccel. con prospero,e felice corfo quello camf° de la ulta humana,fi che la fua granderzgga,& riputti tione d’ogni fua bella operatione fiaejfempio a lap*9 fperità,& meponga in qualche parte de la bonagrd-tiafua. Diyenetia illudiMar^o del L1X. Bernardo Taffo» *Al Sig. Marchefe di Tefcara. T? R vf molti piacer\,& benefici, ch'io ho ricettU" r ti dal Sig. Conte Francefilo Landriano , forfè* flato blM. GIVI. CjfMJL. mi MINIO. 4jr "ato M maggiore, ch’egli hubbia data occafione a V '. ^cceL con una fua conejìfjima lettera, di leuarmi dl Ai. Ciri. CjlMll. mi Minio. 4?s ar a (jHiUapicciola pane del mio poerr:a,r>i.ifupcn-0 cla ingenuità de la tiuxra voflr-a, e la perfezione ^gÌHdicioyper conftfjarlo, la li fora, mi fon ahuan ^ infi'perbito; con-ecHro,che fe quella pone vi epici che ni piaccia molto piu di nonio in mano, & patito a lo fide, per effirc piu esercitar o, e*r fi ami bei o didUlo ferina arroganti*, Mandò aCuaEc-^'den^a,duo quinterni s doac fono ìdno tempij de la Fama, & de laT cdìcitia, ncl'vno (conte uedretc) kicdol'Imperator Catto r. il ReJuo figliuolo, etmol tl Capuani generali ili ■firiffìmi, co fi demoni, co?» e de Vini ^ altri lliufln ne tane militare. TSfe l’altro l°do molte Signore Madonne Italiane , & Dio perdoni a f MrioRo, che con lintroder q ut fio abufo ns' poemi,ha obli gaio chi icriuerà d^pò lui ad imitar io,che ancor ch’egli imitafìe Virg.pafiò in tiueflapar tc almeno i/igni del giudìcia3sfor'gcno da l adulatio-KCiChe anbora>&. boggi.piu che mai,regna nel mondo.conciofta che Virg nel feflo conofceudo, che que-fia era per caufar fattela, fece mentione di pochi, ma egli dimora tanto ne la cofa,& di tanti vuol far men tiene che uiene in fafìidio, & pur è dimeflieri, che ttoiyche Jcriuiamo dapoi lui, andiamo per tiBeffe orme caminando. M me S. mio perche d’alcuni hi fogna ch'io pa>li per l'obligo de’benefici riceuuti,d’alca riper la {peran%a,cb'io ho diriceuere , d’alcuni per lariuerenza ; d’alcuni per merito di virtù, d'alcuni **al mio grado, come V. Sig. fa, a uoler laudar tanti Capitani di guerra, fncceffario, ch’io dica quaft le me- LIBRO XVU. tnedefime,cofe,volendo flarjtt‘lgencrale,che ilvenit in tutti aiparticolaruhaunbbepiu de rinfioriti, che del poema;è imponibile di fuggir la ficietàjl me de fi-tno dico,de le donne, onde per non vrtar^s'to potrò) in queflo fcoglio ho quella parte in quattro luocbi co partita, & con grandi fiimo fludio, &fa'ica con ti x varietà de' concetti,^ de la locutione, ho procurato di non efferfafiidiofo. Tregoui fe pur (ilebe non ]fo pe rò)non fijfuteffero legger con dilettatione,cbe ne rea diate la ragione a fua Eccell. (tanto mi farà lecito dire) che in quefia parte faflidirò meno che l'^Aricflo. li mando afua Eccellen^perc’hauEdo ella fola(co me uedrete) piu parte in queflo poema, che non han tutti gli altri Signori infime,de fiderò,che fi fodi sfaccia,& per poter fe ci fofie alcuna perfona,ò cofa, che non le piaceJfe, prima che fi mandi in man degli huo mm,accomodarla algufto fuo,& far riflampar il fo glio,cbe un poco piu di Jpefa,che vandrànon dee impedire la fua fodisfattione,e!l mio debito. Signor Gal lo mio !nn di quefia natura, che non mi dimetico mai i benefici riceuuti , ne mi contento mai ne la qualità dclVagamento. Ma per non u\ dare piufaftidio vi bacierò la mano. DiVencùa JL' X II, di Luglio del LX. Bernardo Taffo. M M, ) M. Giri. CAMll. DEL Mitilo. 4J j ^ M.Tolomeo Gallio Secretarlo di ^.S. XT Oh minore è l'obligatione, ch'io ho a uoHra Sì--1^1 gnoriadela lunga, & cortrfe rijbofla fattami c di ciò, che le e piaciuto di icriuere al l\°ue. Legato il fauore dtidefiderio mio,che de la fatica, ciac ella ha prefa per bencficiarmi;per che effondo di continuo oc Capata in maneggi di quella importanza, che la [apre "Magrandezza del "Papato f.ol fèdo recare, non l'ha potuto fare, lenza {no molto incommodo, ilche è aver hsfmo argomito dell'ajfeitione,che mi porta, laqua-h quanto è forfè maggiore .che non è il mento mio, ta topiupreffò rimondo leacquifa di lode, &■ pregio. Vuoimi ch’io non mi cono fco atto a potere con qualche fettiitiopagar la mia obligatione,perche àcor che toofra Signoria da n Ila altra cagione moffa, che da h fua naturai corte fia,habbìa fatto q(lo officio,nò deb 60 io che ricetto il piacere, meno effi r grato, che ella fra fata ; ronca infar l orni ; & fé le parole nate da la {inceri'da’un animo grato poteffero pagargli eff-t-tiitantom affaticarci in fpenderm ,quante a liberarmi da quello debito fofiero bafanti.Mapoiche effe a tato nò uag/iono,nèio con gli effetti piu poffò, contenta teui fra tanto,ch'io la uojrra cortefta, & l’obligo mio uada piicando.lo portai il Poema al feuer. Legato, & infieme la fede dell’inqfuore, & di tregeriiiibao-Mini ch’in effonon cracoja contra la religione tonili tra L I B B^O XVII. tra i buoni coHumi,nè coatra Tsenape alcuno;fen^à laquale quelli [ignori offeru unti sfinii dellareligwne <& de le cofe uimio[e.& bonette, non danno licentut che fi fiampi opera alcuna,ma con tutto ciò fua S.Bj iter.per obedir a quanto dafua Santità le era flato co mandato l’ha fatto riuedere: & con quello corriera ■ne uiene la fua reiatioaefaqnale etiandio.cbe fta coll forme a la ueritd aiutata dal defiderio, che egli ha di ftdisfare a uoflra Signoria, fura piu fauoreuole,cbe per ^ordinario non farebbe fiata, Befla fola cbe el‘ li procuri che il motti proprio fi a eff edito, &fef[ poteffe includenti la feconda parte de le lettere mi al’impresfione de lequali bieri fi diede principio, fa là maggior l’effetto de la fua cortefta,&il mio debi' to-.Hor acuendo al'ultimaparte dalla lettera di uO-■fra Sigdoue fi uede espref amente /colpita una aera imag.ne de la fua gentile, uirtuofa natura , noti fo che altro di mi, fe non ch'accetto le fue gatiosft-me proferte,con quella intentione, cbe da lei mi fono fiate fafle, de lequali farò quel capitale, cbe merita la grandezza, deilo flato juo,&mi baflera falò di far lefapere,cbe fe la magnanimit.ì del Catolico J\e, af quale ho dedicato quello mio poema , non fi motte 4 pietà-delie mie dì (grafie ,& in ricòoenfadc tante mit faticbe,non far reflitur a mieifigli toli l’heredità ma terna, tir nonriflora in alcuna parte, i mieigran dan ni,io mitrano a mal partito . Io fon libero d‘ogni far' itità &deftderofo dìprottar lamia fortuna co’prC' ti fendo (Dio grafia) [ano di uerdc, & robufla vec' cbiezz* pi M. G1FL. CIMILI D-EL Mimo. 434 thk'Z^a,& non del tutto inbabile a le fatiche, tjuelio ho uoluto dir a V. Sig. affinché uenendole occafìone d- poter giouarmi,hahhia commodità di porre in atto tl tuo buono,& benifico animo , & con cjucflo pre-gzndo Dio ch’à (inettagrandegga l’innalgi, che me-rita.lafua v'mù,& defiderano tuttii fuoiamici, & (fruidori,tr a quali uno fonia farò fine . Di Fenetia il 18.di Alaggio del. L X, Bernardo Tuffo. i/f M. Tomao T or cacchi. A Nchora che affai guiderdone de laffettio ne, «i \ che ui piace di portar fia fila ch'io porto a uoi rtèpdò habiategiuda cagió di potenti doler di metnon dimen uorrei co qualche effetto piu apparali mo ftrar mim grato,pche a quello modo amadoui.quelloto pa go,ch’io ui debbo;a quetto,di creditore,chefete, ui farei debitore,& fe mi uerrà occafìone di poterlo fare, lederete allhora co fi l'efperienga, come bora leggete quelle parole.Fra tanto contentatati dall'amor ch’io ui porto.&dela uoloma,ch'io ho di potenti giouare. Quanto a l’honorata,&giudiciofa deliberatione da Uoi fatta,di fottootrare a (igioueuol,e uirtuo fa fatica nofe nò lodarui, & e fonar ui a mandar ad effetto que fio no (Irò lodeuole propofito.Et poi che L’età atta por tare il pefo d’ogni fatica,pgrane che fia,lo ui co,ente; "Poiché la nature uba dotato di fertile, & fecondo in gegnoilo/Indio v’ha data la dottrina, l'offeruatione Hi 2 de" ''LIBRO XVII ' i de buoni,& approuatì autori il giudicio, l’efferata tione lo Hile,non uifgometi la difìcultà, & lunghega de la imprefa,e ricordateuiiche la uirtù p andar a la gloria per la firada de le f:.tiche,&de’pcricoli, e non per quella de l‘oùo)&de la quiete uà caminando.Trc gentiliffìmo M.Tomafo mio,fono ifini principali, che gli Scrittori Appongono,& aqlli, come afegnoflra Icfilor defiderifogliono indrio^are. Vno è utile fola, &l'eparato da la gloria, & queflo di men loda degno da tutti i perfetti giudìtij è flato fempre giudicato, aneti dibiafimo.Equal'è piu certo fegno, & manife-Jlo indino,cticglihabbiaun'animo baffo,& uile, che pporftperfìne de le [litdiofe ,& nobili fatiche fue un f mio fi vulgate,e fi plebeo? l^on è fiato qfìo defiderio di gloria in tutti i fecali di nutrimento degli animi nobili,&genero fi? Hon dice Cicerone nel primo de-le Tofallane.L'honore nudrifee le arti, & ci infam-m amo alo [Indio de la gloria? Non dice egli nel'ora-iione per ^ircbia.T ulti ftamo tirati da lo (ludiodela gloria,&ciafcuno buomo perfetto fommamente dal deftderio de la gloria fi fa rnenarc?e qlli ifleffì Filofo-fi ne libri,ne'quali cinfegnano di diffrexXfir la glo~ rìa,& lanmte,nfcriffero il nome loro?lfò dice egli ne l’ifìefìa oratione . Ninno è fi nemico de le Muje, che facilmente non fopporti, che le fue lodidauerfl de’buoni fcrittorieternamente fieno predicate?t& di belle lodi,che m’ba fatta,& dato 5 giorni fo-Ho f1 Io fono entrato in confideration di me fleffo & p f°lo Jpecchio deldifcorfo pergrape^a mi v ho guar dato dEtro minufamète,etin fomma non n'ho faputo Ottonare alcuna dote,che dal mio illuflre S. Srafmo Meriti d'effer tanto amata, abbracciata, premiata y’hfolarnEte l'amore,& la riuerentia, ch’io port 0 sE pre alle virtù fua,alla grandexxa del fa 0 nobile intei letto,& alla cortera degna di ciafcnn ualorofo,etgra. "Ptecipe, & per queflef le trt derei di meritare afai della grafia di v. ft. ma ad acqu i farne premio non fa no ellegia battetioli agran peg^a . peiothe il premio non fj deue dare feprima non prede ilferniiio benché non fon già cofi poco prudente > che no conofca quefto eferpiu tofto beveficio,cbepremio, ilche argomento dalla corte fifìima lettera,che v.ftg- m’ha fritto piena di tante belle dima f rationi dell'animogeneroftsfi Mo/apedo che ne l'oro,ne l'argEto, ne co a alcuna di riòche fi dona. Dell'uno, & dell’altro io ne la ringra tio quato tò,& la prego a creder, eh’c[fendo'grauido ne' buoni il bau fido,che fi fa loro, infe nonpo ròco l'operc,&con la feruitù mia uerfo lei partorirne alcuna gratitudine 0 r icompen/a, almeno la partorit o co'l tenerne perpetu a mtmoria, poi che afai rende il beneficio colui,che u^lem ier ferie chiama debitore. Il Porca echi L 1 B II 0 xnu uil S. Mùgo T agetti. T\ Olio llluSire mio Sig. Che io non habbia fa l V JL qui fcritto a V. S. è fiata piu tojlo colpa d >' gnoranna>cke di iwlontà. lo non ho mai faputo, eh e> la fo^e giunta faina in Inghilterra,fe non bora, che yirtuofìjfmo Sig. Cefare Tauefi,da lei meritamente, & da ogniun che lo conofee amato,& per le ftte molte virtù bonorato,me v’ha dato rtlatione. Terchefu-bito con quella ho giudicato mio debito farle riueref tia,piu per certa offeruation di creanza, che perche io habbia che poterle fcrimre. Seuorròcomanàar aV-S. Illuflrifi.come conuiene a Barone di tanto alto, & eminente grado,quanto ella è,&per meriti propri, < per titoli con[eguitì, non pur nella Sereniffima Corto d'Inghilterra,main tutte le principali de laChriftin-ritià,l'ampiezza delfoggetto auanzerà la debolez^ del mio ingegno, & gli (Irettì termini di quefla lettera. Se uorrò e fpork gli oblighiinfiniti, che le tengatelo farà una fatica fouerchia, poiché io conlapre-^ fentia le ho mo firato nelle parole il mio cuore,& il ró derne tellimonianza in quella lettera, farebbe corno un uolerfene difcioglitre a fatto, la dotte io fon molto direftarle deuinto3cofiaccioche a V.S. lllufì. veng* occafion di commandarmv,come accioche io godane! la ricordanza di quefii debiti:& (nopotCdo conaltrt mezi honori,&riueriSca £fhonoratisfmo,& ualoro- fisfmo S. ^irrigo T agetti. In tanto il numero de gli pi M. Giri. C^AML. BEL Ml'ìlio. 4J9 Istori piu famofi1& piu litteruti}chabitano quella Citta dil^inetia, & che di continuo veniuano ad ho-dorarla mentre eli’era qua, & farle corte,fupplirà in rata ucce a quell’vffìcio celebrarla apieno.alqualem ^rino io per imperfettion propria, & di lei,della ma Znanimiia fica,del ualore, & deWinfinite fiue virtù fa r4 debita,& bonorata hifioria, come {ino a bora odo cffer(ì dato principio. IlTorcacchi. Monfiig. Bonifatio di Ragugia Veficouo di Stagno. T ‘Elettion fatta dalla Santità di TSfpfl. S. dellapet ~L_/ fona di V. Sig. Rcueren.per il Veficouado di Sta~ %no,è non pur debita alla grandezza della Jua [anta, & catholica dottrina, & alle molte , & lunghe faii-cbe da lei patite per fialute dell’anime CbriHiane ; ma Wchora conforme alla volontà di Dio glorio lo, & de gli altri Sommi pontefici . L’haueua Dio benedetto ila dieci anni adietro per mego e’ fuoi principali rrit-nillri, <&■ Tontefici eletta con auttorità fiuprema , & ponteficaie à cuflodirel’anime de’ fedeli in quei fian-tlUimi luoghi dotte il figliuolo fuo,& Signor nollro degnò humanarfi, & co’l fiangue fiuo precioftjjimo ricomperarci ; dotte ejfendofino a queflo tempo fanta-rnente dimorata,&da itero pallore cfjercitatafì in be nefìcia del fiuo gregge,bora che 'ìfi S. le ha contribu ito I 1 B H. 0. XV lt. ' la dignità di Fefcouo, non s'è fatto altro che reflituit V.Smetter.alia patria.Di che tutti coloro chel'arni-noy& riuerifcono vedono infinitegratiea Dio,frfe1f tono allegrezza ini ijìca , fra icjuali ejfendo io il nimo per menii;rna il primo facilmète per certa ritti rentia, che faccio alla fua dottrinatila fua !antità,& all'afettion che degna portarmi;cofipiu di tutti itti 1 nuli gt o come pi udì tutti l’amo ^riueri1 co. IlTorcacchi- iAlS.Giuliano Maggi. T ’HauerV.S.cofidolcemente alUttato in* I J__/ uit'chiato in pochi giorni con lamodeflia, con la creanza con la uirlù, & co la dolcezXd1 fUCL conlte' niente agentil’huomo di corte, & ad amico fchietto ì I & ieffermift coft d'improuifo rubata, co prillami di fe, & di me in un tempo f,efo,m ha generato no p'ti deftdcrio,rna(mania et impatièt isfima brama. Se V-S.fìima con qtia fua repentinapriua.ione farmifipef ciò piu grata,come èpiu defiderabile,fu torto al giudi ciò f40,e cerca d’Mdòbrar la uerità nel mio intelletto: ilquale fino a ql 'ha conofàuta,quale è co teniete effe re agarbato,e uirtuofogéùlhuomo.M. menopuo eliti eJJ'erepiu cara,ne per le pie corte fi maniere, e fmgol^ riuir ùin miglore,nè in maggior grado d honore, e di pgio: e je bene il de fiderio ere'ce in me di goderla IcM pre ciò nafte non meno della uoglia c’ho di farle coti marnate honorem fenili o co’l cuore,e co l’opere, che Vl M. GIVEL. CJ.M1L.DEL Mimo. 440 I ; Cateto c‘bo di uederrnele sepre uicino. La fupplico 1 c?rnsferuhor che le fon,e la fcoghtro come amico,che \ -S-mì reputa,a tornare a Venetia , fipcbabbia da Rifare in me quello ardete de fi 0,0 fcorg.r il godimelo cfarò della ui dolci s.conuerfation,come perebei lei s labbia da raddoppiare il cateto pane in uedermi ap Pfreccfruto a Cuoi feruitii & pane in farmi il benefit Ci0 ebe sa di fcriiter alla Corte di pia M. Ce farea i mio fa tare.Quello rifpelto jolo,qudio ogn altro macbi,fa raJ>olfence a farla usmr uolanio a no i,tanto è innato fteìio nobil penfiero nella mente di F.S.di beneficar lamico, & maflìmamente quale io le fono, & ella 1,11 tiene,onde però la foglio chiamar, fecondo lafor-^adiprouerbio Greco, Dio all'huomo.Il'Porcaccbi. Jlla S.Jurora d’Efìe.J Verona. T 0 che fon sepre Polito d'ammirar tacitamente, e fra X me spejfo le uirtà di V.S.allettato da quella dolce facodia,e maniera de’fnoi lode noli coflumi, e delle fue uirtà,cheguftai in quei pochi di,che per cagion d'bo-re usnni a farle riuerentia, m’induca bene fpeffo con quella ammìration fecrcta,& confideratione occulta aferiuer di lei qualche Sonetto piu per uagbegpga, c bo di celebrarla, che perch’io [peri poterle acrefcer gloria.No m'iganaìciò palo l’amor paterno: & cono Jto molto bene,che queiìi miei figliuoli hanno gran bi fogno d’effer adornati, accioche allo fplendor, che ri-teuono dal foggett^, & alla loie che meritano per la gran- LIBRO xrn. grandezza dell'affetto mio, s'accrefca loro con l’orni mento, che ricetteranno da V.S. tento di baldanza, chepojjano comparire inàzj a gl’intelletti nobili.MÌ do dunque a y. S.quefli^.Sonetti, dame capo fli iti Jua laude:non tanto perche ella riconofca in efjìparte delle fu e uirtù}c\uanto perche con quella (leffa mano, con laquale ferine elegantemente, fuona dolcemEte, e fa diurnamente ricami,&laitori[opra naturali,gli ri ?]>ubHca& quafiriuefladinuono acciocbe abbelliti dal'intelletto & dalla man di V. S. le fue lodi non mi rior marauiglia rechino al mondo di quel ebano reci to a diuerfe Trincipcfle & Trincipi, in molte corti d’Italia le fue dotte compofuioniJ& le fue ingegnosfif-fme opere di diuerfe fantafie, in oro,in fta,& in altro. il Vor cacchi. yL M.Taolo Fggieri. & ripete uoi perche noi non pcffiamopiu compor-tarla fatica diferiuerui ogni fetfmana quefìeti tenuoue?perche fiamo fatti impatieniisfmi, & poco mcn cherabbiojamcntefaflidiopincofi lungo de fide rio,c’habbiamo dellaprefentia uofra. Chi domadai M. Sennino la cagion bene tfejfo dellafiea accidia» rijf ode-,perch’io fon pritio della metà dell’anima mia, non battendo qua il mio fggieri. Chi cerca da me, che (ofa io habbia pebe fon tamo fantaflico, gli rifpcdo di no batter pi'< che meza Canima-,p àthe l’altra meza t col mio M.Taolo a Mantoua, Si queflo modo con la . DJ M. GIVEL. CjtMlt.DEL 44 r foauità de'uoftri cortefi cofiumi, & con con la bontà Polirà bauendoci allettati c rapitoci il meglio della ulta uoflra ue ne jietepoi partito per lafciarci mcrxi ui-ui >e in cofi lunga e injbpportabìl uoglia di goder l’a-WtoreHolczzavollra?la uiuacità deluojiro nobile intelletto?la Jincerità,e realità degna d'amico nero ? y oi che fiele dalla natura dotato di co fi alto giudicio, hauete inuoi tate partì di pruderla,che ni fan rive tire, & effer caro, confiderateper uoflra fe con qual pregiudicio uiucteda noi lontano,poiché nella vofìra partenza battendo da due corpi d’amici uoflrì,et cari rapito un'anima intera, e lajciatogli jemiuiui col uo-flro de fiderato ritorno gli ritornate in ulta,& riunite a ciafettn di mila metà dell’anima fua. Se'l tenenti co fiufurpata mega la ulta nofìra è furio, conbuona ft-CHrexga della uoflra non ce la potete piu ritenere, ma àf rga che ne la rendiate, fe ficee quel nero menate, ^ttelda bengentill’buomo,e quel buon cbrifliano,chc per effer citio,per natura,e co jtumi, epprofesftonfte-te in effetto,e da ognun uenite riputato. Se come d’alici cortefi, e ajfettionati alla uoftra bontà l’hauete tortefemUte riceuuta da noi,che uc 1‘babbi amo comtt ^icata.ècarico uoftro, e uiptto dar nota ingratitudine ri tenercene uolontariamente priui. Che fe uoi per auS tura come ftimo,babbiam fmilmcnle la uofra, torna te a ripigliamela, e ricongiugnerla con le noftre, che fiamo contenni fimi di uiucre unitamente con noi c°n quefta conformità digenio,&di cofiumi c babbi 1 Da noitnon afpettatepiu lettere, ricaiiifi di forte KKK alcuna: z i b r o. xyn. alctitictipetcicche noi -vogliamo letarper ancor qfh) al irò me%p,& uederfi dotte le preghiere nop.re nonpof fonoipotefje hauer forza i noi il deftderio delle noftre liticrc,come in noi la uoglìa della uofira pressa, ma qnado ciò non rìefca,facilmete potrefte di corto vede re i miracoli di Macometto* Statefano. Di P'enetia.ll Torcaccbi. ^A.E.Ciprano McìiuoU. % Voi che con fhabito del Frate, prefo nellla no-JLX ftra piu tenera fanciulezz^a, vi vefiifìe l’babi-to delL’buomo da bene,et del uirtuo/ò,è no meno fouer chio concolori d’arteRbetorica perjuadere un ufficio dì uìrtà che far pfeffion di udenti infegnare,poiché la voftra dottrina, &gli ornameli ebauete p decoroffiel le feientic uoftre ni rendono atùffiimo a communicar le uirtà atuttì.L*apportato? di quefia èmgìouane mio intrinfeco,e cordiale amico,litterato,&cruditto,et al to intelletto,&fopra l'età fua pratico, &(po(fo dire) mucchiato in molte feienze . Ne ui fate punto beffe, guardandolo in cera,dì qudto vi dico,percioche Cacti tezga del fuo ingegno prontisfmo, & uelocisftmo, in un;meje le fa piu còfumato negli feudi,che no farà uri altro i un anno.^4 luifeome auuiene a molti altri )la ftretezga della ficultà non pur non fomminiftra le ffie jèper matenerft in quefto ftudio,ma di facilmente,per poter fi fiate a cafa in copagnia di molti altri fratelli. Ter laqual cofa contraponHofigli la nimicapouertà, acciocbe DI M. Gin. CAMH. Tilt MJTflO. 442 tcrioche per je Jiejjb non poffa pervenire al colmo del kfcientie,bopt:fato che farebbe operatìon degna, & Meritoria quado co l'appoggio d’altri lopoteffmo fut Molare a quell’allega, done lo trafportano l’ali del fuo ln&egno,à d fpetio del?auarafortuna,che co'l pefo del la povertà lo uonebbe tenere al baffo. Et [ouenedomi ehe'l Magan. M-N- d> fderaua a’hauer un gioitane t còpagno di Giulio de l fuo figliuolo, per megp uoflro ; Io t’ht multo ben fu queìdefiere ilpropefito fuo, & da non poter mai migliorare,ho notato mandamelo ; confidato nella nofira amuitia,m Ila bontà Uuiìra,nel lo amai e che mi portate,^ nel defilile io innato,c'ha-uste fempre d’abbracciare,&favorir la un, ù,accio-ebe lo proponiate al Magnifico. Egli è nero di nobili parenti d’afpetto ( come potete uedere)chenonpuò dt negar la nobiltà,di cottimi conuenienri a nobile, et cofi bene inferuorato negli ttudi, c’ha bifogno piu tatto di freno,che d'alcuno [prone.Introducetelo t opera te,& affaticateui co'l Magnifico che lo prenda, & in ciò co fiderate quale buone opere di uirtà.fareie in un tempo piacere al Magnifico,utile a fuo figliuolo, bene fido a quettogiouane,colagrataame,& procaccere te bonore auoi mede fimo, non efìendo per ueniruì da ciò minor gloria,che da tutto il reflo de uoftra bontà , & delle uofire uirtuofijfime operationi.Mmatemi. et babbiatc a cuore ch’io non fono punto men uago difar ni honore,e feruitio di quel che pano grandi meriti uo ftri,i quali eccedono la capacità deli’intelletto mio,et Dio fta con uoi.Dio Taioua. il Torcaceli. KKK z *4 Ai. L 1 B It 0 XVII. M.Seuerìno Ciceri. £ con molto probabili rationi ui di-v: ,, chiarai pi m. Gin. cjimil. mi mi'hio. 44 ? giurai l'animo mio,& vi confutai ogni vofìra oppofi tione,e mi contento d’bauerui ceduto;percbe a pieno conofeiate Tamor ch’io porto a meriti uofiri,ma,non ì° mi contento già d’bauerui co fi perduto 3 come co~ Mincio a dubitar d’bauerui. Io {Umana che le Sirene fufiero in Vinctia,per ejj'cr cittàpofta nel maretdicen do i "Poeti,ch’elle nel mar babitano,ma temo che favo in Como,& intorno a cotefto lago, & quelilcanti habbiano fatto all'orecchie et al cuor twflro, cbeuoì addormetatigli (j>irit},& la memoria di queflapatria fiate fol ricordatole al godimelo di cotefia , ^Àgnoico Poteri t ve (ligia fama.Qualche co fa farà . Gioitane, ficco mobile,con buon creditotben comedato nella pa tria,fra le tenerezze,innanzi a gl’occhi dei parenti,e della madìe,chipotrà creder,ebe per quefia uolta fra piate di leganti per femprt? Mmcno fratello fapere, acciocbefeprefenti non goderemo,affinti godiamo la imagination del godimento voflro.Raccomandatemi all'Ecceil.S-Girolamo Magnocauallo, della cuinobi-Ujjìma & dottijjìma amicitia,&cortefia, foglio infi-vitamentegloriarmi,& battere ambitione,&ui bacio la mano.oiVineùa. Il Porcaccbi. xAl S.Gugl.Malimio Cantuarief IngUfe. Tfcora che gli (ludi, ne’ qual; V. Sig. è confu-Jn\ matìsfma Ì habbiano fatta accorta ,& lana tara che l’ba dotata d’alto intelletto, e di fingolar pnt tia le perfuada quel Hefo, ch'io le darò p ricordo, non dintenflimovfficiQ d’amico}dirle 15:. parole per auì KKK 3 farla I 1 B K 0 XVII. farla d'alcuni particolari necejfari a queflo fuo maggio per l'afta,del quale, come ch'io per prattica non fapia, almeno per qualche fcientia le so far rdatione. V. S.deue confiderare,che partendo fi ella di qua, le conuien principalmente falcare un lungo tratto di ma re,onde non può dimorar meno d'un rnefe in naue. Et fe bene ella mi potrebbe dire, che paffando d’inghiher ra in Fiandra, ha imparato a conojcerla qualità del mare,le riPf Òderei, eh'è co fi incerta la uarieta di ejfo mare,quanto è quella del ueto di che ninna cola è piu inviabile. Sen%a che molta dijferentiaèda quelbre~ ue tratto che diede la Fiandra dall’Inghilterra, a quel ch'è da qui in Cipro,ch’è l■■ngììiff mo.D. fiderò aùque che V.S. per la prima cofa habbia riguardo alla vita fua,e però fi prouegga di quelle forti di fp-cierie , che fiano conforta:iueellomacalì,acciocbe non re/iigra-uemenie offe fa dalla naurea,laq talprotiocando qual che riuolutione indebolìfee lo flomaco,e debilità la nx tura,ondè èfurga foccorrerle co rifiorati delle specie-rie,delle quali v. S. ha per fi tta fcientia. Fra tutte fai tre vorrei,eh’ella haueffe il pio va'elletto digegerl co diti,o copolìi, iquali dàno molto conforto allo floma-co,e non fi faccia di ciò punto beffe,per q tanto ha ca ra la ulta fua;ocrche queflo folo farà ballante per tut toil rimanente,ch’ellapo-rebbeportare. Hauer anco vn caretelleno di malnagia,& la mattina di buon’ho ra confolidare lo flomaco. Itfcl re fio è forata per quelli primi principi^ che V. S. vada con d flrrzpga, & lentamente al cibo, diche quantunque io la conOjCA par- DI M. GIVI. CjtMlL. DEL MINIO. 44 f farcifJima,nondimen la fontuofnà della tauola del pa trono ilqualfuol efter molto Jplendido a’gentilhuom» ni forefiierijedi valore, potrebbe tal uolta co la diuer fità de'bene acconci,& jdporiti leccbetti,inchar l’ape tito,e farle sformar la natura,& cofuetudin fua . Ter rilfetto della pulitex^a,emondexpta della perfona fua fa mefliero,cbe V.S.fia molto auenìta ; & fomifcafì di biancherie piu cbepuò,percioche l'andar in mare a fopportarqueidifagi, che fon propri di chi nauiga,è troppo piu ojfenftuo a gli animi,& a i corpi delicati di quel che l’buomopenfa.Teròuadabcnproui^lo di co. mice,ài fciugatci,di fazzoletti, & di tutù quei panni bianchi che fon necefìari al dofio.Habbìa la fuapellic eia lunga,edi buone pelli con buona copertaper tener fi calda.Fada armata della tefia con buone/cuffie,Yinc\pal fondamento di quefìa fua imprefa, da leifd' rà fiata fatta conuenicnte allo flato fno, & al de fide- -, rio d’agirar molti,ma la faccio anertita,cbe no affici* ri portare alt ro che ^echini di Finetia,fra i quali faC eia opera di hauer della moneta biaca^di moT^enigbi o di martelli Finetiani,p diuerfegrauec^e, che còuiS pagare interra d’Infedeli,&fra l’altre prouegga d’ba uer alquati ducati di marebetini p pagare di mano in mano color,che fi de/iinerano ipaefe d'infedeli al fuo feruigio.L'auuertifcoancora d’una leggieregza fan-ciulefca e no macbi cfattederui ,pcrciocbe è qfto mol to neceffaria a fuggir la noia de faflidiofi fanciulli, Co me F.S. farà entrata nelpaefe degli infide li, ver ano a incontrarla molti fucinili,[quali dalla lunga com cieràno a gridar bengè.cbe vuol dir Aringhe, ef»r%a che donandone a ciafeu la fua di color diuer[o,gli fac eia tacere. Fuga piu che può il còmerùo degli Infedeli ni fi domefiicbiputo co loro entrarp lor cafe,òmof chee in alcu modo fé be l’inuitafìero,perche gli ellctta vieti loro fono infidie alla fua boria.Sopra ogni cofa è neccfiario che V.S.vada armata di buoni ffima patien ini non tanto per loffi ir cofìàtemete i difagi, quanto per ifcbiftr l'infoletic de barbari. Marci da dirle molte altre cofe,ma quefle mi paiono oiù neceffarie e importanti,e peròF.S.con la prudeutia del fio ualorofo intelletto,comprenderà a bora ver bora il tutto molto meglio,ch’io nò lebofaputo di ni fare. F ad a felice, & torni fdicif]imo,epoi che Dio l'ha dottata di dotti [fimo ingegno,faccia aljuo ritorno,ch'io ueda la deferet tion bl M. Gin. C^MIL. DEL MIT^IO. 44? __ tìon de luoghi principali, fatta P. fig.alla qual mi raccomando. Il Torcaccbi. M.Gio.Bat.del Setaiuolo nobile Pifano. Q' Ignor mio Magn.& nobiliffimo. T^onèquefloil O primo obligo,ch’io tengo al Mag.e Eccel. M.Ma rio Cott i;nè il primo beneficio,che io babbia riceuuto dalla fua amoreuol bontà. Se è innato in lui quell’ar-detiffimodeftderio digiouar}c6munernete aciafcuno, come couienea GSiU’huomo,& litterato,non è marci uiglia,fe cos) proto lo prono tutto il giorno à beneficio mio,che pur li fono amico diuenti anni,che l'amoequi topiu poflo loriuerifco.in ogni operatìon di uirtù, in ogni domeflico negotio,è in tutti i ragionameli d’hono re pare,che m’habbia tolto per fio fcopo giouadomi,e honoradomi,di maniera cb’iovergognadomi tal uolta di me me de fimo,rrì auguro sepre d’cfkr qual’ei mi fot ma,e mai no ho gratin di confeguir queflo fneMo è in ultimo luogbo d; beneficio qllo,ch’ei mi fà,procurado mi ogni bora nuoui amici,e ftg.come di pref ìnte hafat to co y.S.in modo che io me ne nudo carico di tati oh Ughi uerfo lui,quali fono gli vffici di corte fu , ch’egli la fa tutto il giorno a’buoni, ìquali fono innumcrabili. Oltra il debito grado,c ho alla bota di lw,comincio ho ra fimilmenit a efer tenuto a F.S.poi che digitando fi d’amami, dima firn d'han<:rmi p fu 0,lodandomi come fa,Ecco quali dolci, e dilettatoli frutti fi racolgano dall’amicitià de’uirtuofi.Cbepiu grato cotento può e-gli ucnire a me grata di quello eh’è fentir di efjerama l i b bì o. xrrr. lo da V. S. e ch’ella con tanta caldezza fi indica ai bau emù carola lodarmelo conofco molto ben,che non merito daleicofi vìrtuofa dmoJlratione,ma tut-tauia mi cogiatulo meco lìeffo,e mi do a creder per U bontà,& ualbr fuo,d’e[fer degno almeno delfuo am& fc,fe no delle fuelodi.Hointe[oper lettere di Ai.Mario, come F. S. ha uagbe-qza di uedere alcuni dìxt quei miei concetti d’iflorie, pertinenti all’ordine dellamia. Collana. Lodoil de fiderio,& mi piace affai, fìperehe torna in mio honore,come perche mi farà caro d’inté derno il gìudicio fuo,alqual attribuifco tantoché qua do le piacerà farmene degno,le mostrerò d’hauerlo ac sa tato per buono.Si Rampa di cotinuo vna delle mie Gioie,eh'è un libro di Taralidi,o d'Eflempi fmili per paragonar fra loro l'hiflorie d’ogni tempo. To[ìo che farà fornito,darò opera che F.S. ri babbi a innanzi a gli aliri,da leggere tal mltaperfio tratenimento . Irr tanto lo pngo a degnarli di commandarmi,& fappia certo d'ba^ermiprontUjimo ad ogni fuoferuUìo. '> P i Veneùa, Il T or cacchi. ^4 Don Gregorio Macigni. En^a ch’i o haueffi la lettera V. & fen^a che uoi ffj ne japefle cofa alcuna, Tadre l{euer. io n amai,e haneua in pgio,corno conmene a’meriti uoflri,& alti {incerila d amico febietto . lo non dirò,che la uoftra molta uirtù rninduceffe aporrtarui amor e,per ciò che quc/iojuppofito è ordinario in me,che dotte seto efìet alcuna * VI M. GIVI. C^tMlL. VEL MIT^IO. 446 alcuna fcinùlla,ò ombra di dottrinai di virtù lodato le; q fibito mi fen’.o rapire,et animare e però fola per qdopateuatediuifarui d’effer dame amato, ma dirò bene cbe'l comm in noflro amico fincenfs. e d’attimi coflumi M. Mario Cotti m'incito d'efjer uoflro. Son due anni paffuti, che nel mio ritorno da Hpma mi fermai per 1$. dìa Caftiglione, doue ricreandomi fom-mamente nella conuerfation di quel rinnofìrs. Gentil buomo, che nella noiìra Tatria, & altrcue fernpre è effemplare,&pieno d’eruditiffme. & elevati manie-ra;m'entro un di a ragionar della uoflra bota., e della Voflra uirtùdodadoui fai’altre belle doti fcmmamS te per buomo Ubero cordiale,e degno d'efjer amato,et battitoi pregio. "Porfi con graie attetione l’orecchio a enfi belle,& bonorate lodi, & ardèdo nel defidtrio d’baii'rui per mio,fecondo,ch’egli offeriva uoidigia bauermeper voflro, no affettali a altro che l’occafion di faper doue uoi fofìe per potenti fcriu . re, eteUimo-rìtar d'efferui amico. Hora che coft cortefemetemha-uetepreuenutolo lodo Dio, tingralio, uoi e m’allegro fra me fleffo. Da qui inatti farà debito della (olita voflra bontà innata cdmàlami,come io a ficurtà in ogni mia occorrenza richiederò uoi acciochegli jcabiauoli raffici d’amore confermino fra noi la cominciata ami-citia;perciocbe fe bèCarnicina uera non ha da efftr fa flentata co’ contìnuifoflegni dellelettere;nondimeno io fo,che no è alcu modo d’ami itia coft tiretto, ilqual non s’allcmiffe non uienefpeffo confermato. Il Tonacchu L I B H 0 XV lì. JL M. "Paolo Manutio. T^X Otùsfimo, & honoratifs. Sìg. mio, M. Mario J____/ Cotti da C a itigli, ne mio compatriota mio ami co intrinfeco di molti & molti anni , & mio Signor amato,& honorato dame per la fna bontà, & dottri na,è dottor di leggi di molta Rima , efjercitato oltra di ciò negli [ludi delle belle lettere,<& nella cognition di molle nobili arti, & appreffogentilhuomo degno d'ejfer battuto in pregio. M luterò io tenuto affai per molti vfflci'di cortefia.che m’ha tifato piu lofio, perch’io conofca d’efferne degno, ma di vero infinitameit togli fono obligato bora perche indotto dalla fu a boli tà,dall‘arnor che mi porta,&per ventura dalla riue-renga che fa da me effer fatta fempre al nome, et olla, virtù di V. S. ha vlfmamente infrefeato nella memo via dì lei la fentità che lego feco,e indotala a degnar fi di farmi faìutare. Confiderò di non meritar tanto,et nondimeno con cerio dolce ingano m’inuolo bene ef fo acofifattaconfideratione, & mireputoinalcuna parte da piu di me Reffò , quando fento non pur f ef fere in gratin a V. S. ma ancora intendo , che corte-fornente di me ragionando con M. Mario, ni ha commendato. lo mi conofeo dilantaperfettione , iberni bafii l’animo di ricufar le lode datimi da lei, lequali amt>}& voglio creder, che fi ano nere noneffendo pof ftbil, che’lgiudicio di V. S. s’inganni mai in alcuna particella. Se lafode è ragionamento^he accrefca, et faccia DI M. GVIM. DEL MlÙIO. 447 faccia rifplender la uìrtni& anco vffìcio d'animo con foflo afcoltar volentieri & con graffi, orecchio cjllct. che ci uien data da chi nelle uirtà & nelle fcientie bah i>ia ogni fplendore,quale a V.S.Vcrò l’acetto con ani-vno lietisimo, ma molto piu caramente anco acctto il frutto d'effa che è l'amore,&ne la ringratio co tutto’l cuore,confeffandomele obligaro.Et come che non hab bia piacer di liberarmi da qucflo debito nondimeno so "vago d’impiegarmi tutto in jeruitìo di V. S. p moflrav le aU’incontro qualche frutto dell’oferuantia mia uer folei, &per accrejcer con quetto megp l'obligo che le tega, quado mi rifulta in honore il jempre feruirla. "Pregala dunque a darmi tal uoha occafiou di fare al cuna cofaper lei,&nelle corte fi offerte, che per me le faràl’Eccel.M.Mano,riconofcaladeuotion mia uer-fo lei,& la prontezza del mio aio in ubidirla.'Baciola mano a V.S.& le prego ogni bene,et ogni gloria. il Porcacchi, M.Mario Cotti. 73 direnami,che noi fosfimo douentati della quali-tà delle cicogne, percioche fi come elle una uol-ta fogliano tornare a vifttare ilornidi ; coftnoi offer-itàdola jìeffa regola nello firmerei una uoltafo due al più riceuisfimo l’un dall’altro lettere ogni anno, Et do ueera M. Mario mio dolcifs. quetiinuecchiata noflra Cofuetudine di fermerei,e di falutarci co fi tpejfo? dote quell’ardente prÓtegQi.e follecitudine di fare vfficifca bicuoli in uoip h.e,c in meper uoi ? Da cofifuegli ita L t B 0 XVU. & arde e brama,pafian- a cefi fonnolente, & fredda trafew aggine. pare nani; grande c flrauagatisfimo dt uano.Dir'i 'tOychel amore in uoi,ò in mehabbia patito dimìnuiione alcuna? qncflo no ardirò già d affermate fi per la ficnregga c’ho deWan/or uofiro, come per lo pegno che tioi ba >ete,nÒp: r di quitto io u ami,ma an tordi quello vi (ìa ten-io.^t che dunque je n attribuì rà la c lpa s’alla diflantia del luogo?certo nò ; perche .da più lòiane parti cì\ftamo l’un l’al. ro fcrittipin fpef fo.aidejjer uoi (iato fuor di mano delle firade cor-renù,per doue paffuno lepofle ? qneflo credo io agonalmente, am^ipaecheeuidentemSieuoi confeffiate-nella uo{lraer,fdita,& cortefelettera, fcrittami viti-inamente di Iftma.Sapeua io,che i carichi del gouer-no uattro, nel reggere le città, e nel fomminifirar ragione a’popoli in tante terre dello flato di Santa Chic fa non uipoteuano fare obeiar l’amiciùa noflra, anti-cata,& con alternate cortefie tempre accrefciuta. Sa-peua, che gli accidenti di fortuna nonuipoteuan levar di mente l‘affettion,chauete battuto jempre;et ho rabauetepiuchemai al uoflroTonbaccbi. Sapeua che del no ritener mie lettere faceuate argomSto, che in mefoffe piu toflo ingnoran^a dello flato uoflro^he difetto, o tiepidezza di amore, ma nondimeno era in fafiidio; / voiìm uir tù,la p affano ricono fiere, & riconufàuta. fecodo i meriti premiare Et come ch’io fapeua la (Iret tegga delle coni ejfere immenfa, nod'meno io non mi diffido, che*l uoflro valore non fia per rìceuere accre-fcimÉto di gloria,& d’ogni forte di Splendore. Confida ro i meriti vofiri,&la bontà de’ Vrelati uotlri, aggiU taui la gratitudine degli animi loro cor tifi fimo , & da gli-ejfempi de’paffuti argomento nel cafo pr e finte. Voi per mio parere,faretefauiamente,& da canto in iurijfconfulto ,feda Cafiiglione condurrete a Roma la Magnifica Madonna Mania Sterile chino firn Còfor- te, LIBRO XVII. re,con la ben creata uoflra famigliola : fiper uoHrO contento, come per fodisfattion di tutti i uoflri, & in f articolar della Magn. Conforte,la cuiprudentia, ho nefìà,integrità di uita, e la cui ftngolar creala d’animo nobile,& nobilmente nato,allenato, come conuie ne a gentildonna Tìfana di ftngolar bontà, & fanta-mentc congiunto co’l uoflro prudenùfs. & fapientifs. non dette un punto d’interuallo effer da noi disgiunta per difìantia di luogo, (i comecsèprevnita per con-gi intion di uoleri, & di deftderi conformi. 0 felice co fortio,ò ben auenturofo matrimonio. Vinca M. Mario mio quefla uoltd il conftglio dell’amico la uoflra delibetatione,& rifoluto a fermarui alquanto in Roma,dtslìnateui maneggiar gli vfficidi coletta Corte ptrprouedere alla riputation voflra, & allo ftabili-men'o de’figliuoli che crefcono nelle virtù, & deuort co’l tempo ejfer promosfi allegrandegge. State fano , & rifilando il dottifs. sig Taolo Manutio degnateui compimento di creanza jalutarlo, & baciargli la ma no a mio n >• 1 > « 14 PORCACCHI Lettene 101706749