Anno II Capodistria, \ luglio 1942-XX N. 21 Credere e Sincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA I CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI GRANO ALLA PATRIA! Passa sai campi arsi della lotta la falciatrice inesorabile: passa su altri campi arsi dal sole la falciatrice che miete le spige d'oro. Due falci; due destini che si compiono nel clima torrido dell'estate mediterranea. Il padre veglia in armi alVestremo confine del deserto e con la sua mitragliatrice sgranante un rosario di morte, falcia con tratto inesorabile la vita del nemico che gli si para innanzi. H vegliardo rimasto nella casa perduta tra il ver- de dei campi assieme al fanciullo che conosce la guerra soltanto da quanto sente dire dai grandi, passa tra le spighe del colore dorato con la falce affilata che piega i gambi e fa reclinare la fronte superba alle ariste troppo piene. Sui due campi cola il sudore: là scende dal casco di sughero fregiato da un distintivo tricolore, qua cola dalla fronte coperta da un semplice cappello di paglia che si accomuna al casco per quella coc- carda che porta nel nastro (ricordo di un tempo passato quando il vegliardo aveva avuto il privilegio di servire la Patria con l'ardore della sua giovaniNtà). Mai come in questa estate, la terza della nostra guerra, la trebbiatura, il raccolto della turgide spighe, assume carattere di rito, assurge a cerimonia religiosa. Mai forse come in questi giorni, se vogliamo per un istante riandare al passato, possiamo sentirci degni di quella Roma delle storie del mondo, la quale Roma arrestava la marcia dei suoi legionari solo per impugnare gli arnesi del contadino per dare il pane alle legioni. Bandiere stanno oggi sulle treb-bie, i vessilli sventolano al sole caldo della nostra estate in tutta la terra pregna del suo frutto più santo: il frutto che dà il pane, che dà ai nostri soldati, combattenti in terra lontana, il profumo della terra nostra. Garriscono quei vessilli nella pura aria latina e il loro canto al sole si mescola a quello dei lavoratori che inneggiano alla terra con i loro rudi canti di gioia. Si mescola al canto di guerra e di battaglie che altri vessilli cantano sul capo dei nostri fratelli sull'arida sabbiosa distesa del deserto o nelle erbose piane ucraine. L'atto di fede del popolo assume tutta la divinità e la bellezza che gli spetta ; in questo oggi dì guerra e di raccolto delle messi, due cuori immensi si uniscono in un vincolo di estrema forza e di sovrumano vigore; il cuore del soldato che attende ogni giorno la fragranza del pane, il cuore del lavoratore dei campi che attende il momento di scrivere al figlio lontano che ancora una volta l'Italia potrà fare da se perchè essa sa produrre tutto il pane per i suoi figli. , E' una commozione intensa quella che ci prende quando vediamo cantare i rudi agricoltori d'Italia mentre il ventilabro spande per Paria pura le pule innumeri che te- AGRICOLTORI! Gli alimenti sono in questa guerra indispensabili e preziosi come le armi e i proiettili. Il grano è /' arma più formidabile per la vittoria ne! campo alimentare. Sottrarre un solo chilo di grano all' ammasso vuol dire sabotare la vittoria e colpire nella schiena i fratelli combattenti. Sarebbe come se alle armi si sottraessero i proiettili necessari. nevano gelosamente custodito il chicco. La stessa commozione che prende chi osserva sul campo di battaglia il furore della mischia inesorabile in cui prevarrà la forza dello spirito sul grigiore della forza bruta. Da tutta la terra italica si eleva il canto glorificatore della fatica umana, da tutte le prode della penisola s'alza un canto poderoso che raggiunge ogni lontana contrada del mondo per dire al nemico di quali forze dispone la razza di Roma, per dire ai nostri soldati che avranno ancora pane per condurre la lotta fino alla immancabile nostra Vittoria. fa DEFINIZIONI E CATEGORIE Oggi criticare e sofisticare oltre che punto gradito è anche poco patriottico, in momenti come questi che esigono tanta serenità costruttiva, ma talvolta vai la pena di volgersi un momento indietro per fare qualche costatazione e tirare le conclusioni. Così mi sono capitati fra le mani alcuni trafiletti di giornali, articoli di fondo che avevano una comune intenzione: la scoperta di categorie varie che possono essere riassunte in pochi nomi con il comune denominatore di disfattisti: gli strateghi da tavolino, i mormoratori, i testardi, i ciechi, i detrattori (lascio fuori l'accaparratore, figura morale ben definita). Queste categorie definite da nomi così vaghi ed imprecisi è indubbio che sotto una scorza o l'altra esistono effettivamente in Italia, negarlo sarebbe troppo ingenuo, ma vien fatto di domandarsi: tanta è la canaglia che infesta l'Italia e veramente tanto pericolose sono queste categorie? Ho così inanzitutto cercato di stabilire la genesi di quei trafiletti e di quegli articoli di fondo. Ecco deve essere stato così: un giorno un redattore, un giornalista qualunque con ben giustificati motivi addita nel suo giornale alcune losche figure che amano vegetare nell'ombra e dall'ombra sputare ve-. leno. Fin qui niente di male, anzi, ma il male è venuto dopo quando giornalisti e scrittori, si sono affannati ciascuno a scoprire, a presentare una nuova categoria con nomi differenti e strani, con definizio- ni inusitate, con concetti però sempre uguali. Stabilita l'origine del vezzo è ora opportuno fare alcune considerazioni. Ma perchè questo stile di presentare le cose? Perchè questo evadere dalla realtà, queste imprecisazioni strane ed inconcludenti? Non si rassomiglia così a colui che assalito nel buio spara calci nel vuoto? Restiamo alla realtà. Chè se anche queste categorie esistono, perchè aumentarne il numero, perchè far credere che sono così pericolose? Se ci sarà qualcuno che storce il muso, che borbotta, che complotta, ma rompiamogli il muso con un buon cazzotto e sarà fatta un'opera di bene. Diciamo che c'è il com-mendator X o il signor Y che ha detto questo, che ha agito così, che pensa così... meglio queste definizioni lineari che consentono di prendere posizione. E poi, se anche ci sono queste categorie, non sono cosi pericolose, non hanno tanta prepotente vitalità da affiorare nel pieno della storia. Lasciamo così stare i miseri nelle loro miserie e sputiamo nelle loro livide facce. Tanto, dopo la Vittoria dovranno cambiare aria, perchè non tollereremo la promiscuità. Oggi però ci preme piuttosto la realtà e sulla realtà stiamo costruendo l'edificio marmoreo: l'edificio della nostra Vittoria. A. P. VERSO LUBIANA Pubblichiamo oggi, in commosso ricordo del Caduto fascista Aldo Dobrilla, questo suo scritto pieno di entusiasmo che il giovane camerata aveva scritto nelle terre ove era andato a portare il fervore della sii a attività di ventenne e dove s'immolò per la Patria. * * * Il treno dopo l'ultima stazione italiana (Postumia), si addentra nell'ex territorio Jugoslavo. La linea ferroviaria si snoda attraverso un lussureggiante paesaggio di conifere ed alti fusti, coronato all'orizzonte da una ininterrotta linea di monti. Tutto intorno, lontano e vicino, neve con grandi chiazze chiaro scure, rappresentate da boschi più o meno folti. Quest'ultimi sono la grande ricchezza della Slovenia: il legname che con i pascoli delle radure, fra un bosco e l'altro, favorisce la pastorizia e l'allevamento del bestiame di cui era già esportatrice verso l'Italia. Il treno corre... incontra case sperdute e mezze sepolte dalla neve in certi punti alta due metri. Case piccole, quasi sempre ad un piano, basamento in muratura, la parte superiore in legno, finestre minuscole che ricordano quelle dei carrozzoni zingareschi. Si rallenta, stazione di Rakek. Un piccolo villaggio con la sua strada principale nel mezzo e con queste casupole che si schierano a ciascun lato, come ubbidienti ad una legge ignota. Si ha sempre l'impressione che una carovana di zingari si sia fermata, stanca di un lungo viaggio, su doppia fila, abbia affondate le ruote dei carrozzoni nella neve o nella polvere della strada, e vi abbia lasciato crescere un piccolo tetto spiovente. Case anche qui piccole, che danno la sensazione di ospitare esseri piccoli, lilipuziani e tutto vi si accorda: cavalli piccoli, bestiame piccolo, slitte piccole e strette come se gli uomini vi dovessero sedere l'uno sopra l'altro. Un fischio e si continua... altri boschi, altre casette, altri soldati italiani vigili sentinelle della strada fèrrata. Ecco la lunga vallata di Bo-rovnica. La locomotiva rallenta; i carrozzoni sfilano sul lungo ponte di ferro già fatto saltare dai soldati iugoslavi i primi giorni di guerra contro l'Italia. Rifatto in poco tempo, dal genio militare nazionale, esso sta ora a documentare l'opera costruttiva del nostro paese nella nuova provincia. A un'ora da Borovnica ecco la capitale della Slovenia: Lubiana. Su una piccola collina piena di alti fusti, il vecchio castello, intorno la città. Allo stesso posto della romana Emona, è sorta una grande città. Nel 1895 un terremoto la rase quasi completamente al suolo. Riedificata, Lubiana è oggi una città moderna, una città industriale, con grandi palazzi quali quello dell'Opera e quello del Drama. Importante centro ferroviario, Lubiana è collegata direttamente con la Croazia e con la Germania e con le principali città provinciali quali Coce-vie e Novo Mesto. Cocevie, centro geografico della Slovenia, dista circa tre ore di treno da Lubiana. Piccola e graziosa cittadina industriale (tessuti, car- bone), circondata da boschi di faggio e abeti. Caratteristica la chiesa in stile romano, costruita per intero in pietra e vicina ad un fiumiciattolo morto altrettanto bello e caratteristico. Novo Mesto non molto distante dal confine germanico, alle rive della Krka, affluente della Sava, circondata pure da grandi boschi uno dei quali arriva a lambire la zona comunale di Cocevie. ..SIGNORI Dunque ho rivisto Giovannino Pallanca detto «signorina bella», dopo tre anni circa dal nostro ultimo «ciao». Dovete sapere che quando si formo l'«Ariete» capitai anch'io, caso o fortuna, per un certo periodo di tempo, otto mesi circa. Era tutta gente spericolata quella, con le ossa già fatte in Ispagna o altrove, ,senza peli sulla lingua, diceva bianco al bianco e nero al nero. A me — pur privo di nastrini e di decorazioni — mi trovarono «idoneo» (forse a causa di certe bottiglie che pagavo ogni decade o per la mia spensieratezza d'allora «prendiamo tutto sottogamba ragazzi al diavolo le malinconie») e me la cavai fuori. Pallanca invece ci cadde dentro come un pollastrello sin dal primo giorno che capitò in quel reggimento di mezzi matti. Aveva poco più di vent'anni, un visino roseo senza ombra di barba tolti due elengan-tissimi baffetti mezzo veri e mezzo dipinti, una divisina attilatina atti-latina e due stivaloni, cari miei, che sembravano la pubblicità della casa Brill. Accidenti era pericoloso presentarsi così in mezzo a quello sfottìo. Sicché fu battezzato «signorina bella», gli chiesero se era venuto per far la guerra in Via Veneto, vollero sapere il prezzo di quei portentosi stivaloni e il nome del sarto» che gli aveva confezionato quello splendore di divisa. Più tardi cominciò a piantar grane con le ragazze della cittadina, si fidanzò due volte contemporaneamente, venti giorni di sala di rigore, trasferito alla batteria anticarro, io me ne venni in congedo e ci perdemmo di vista. —o— Ci siamo rivisti giorni or sono all'ospedale di C. guarda le combinazioni ! Ero andato a farmi medicare un'escoriazione al braccio sinistro prodottasi scivolando dalla moto. Con la mia ridicola mano fasciata attraversavo una corsia di reduci dall'Africa. Ero impaceiatissimo sotto gli sguardi di tutta quella gente inzuppata di sangue, sfregiata, mutilata. Gloriosissima. Ed io passare in mezzo a loro con le mie gambe sane, gli occhi sani, scop- Questa è sommariamente la nuova provincia italiana di Lubiana. Gli italiani potranno col tempo apprezzare le sue risorse e le sue bellezze naturali. All'ombra del tricolore e sotto l'insegna del fascio littorio, l'Ecc. Emilio Grazioli, alto Commissario della provincia di Lubiana, guida con mano sicura l'animo del popolo sloveno verso Roma, madre di giustizia e di civiltà. Aldo Dobrilici. A BELLA" piante salute da tutte le parti e solo quella fasciatura da signorina alla mano sinistra, Dio che vergogna ! Pallanca fu lui a chiamarmi, io mai più lo avrei riconosciuto. I baffetti d'un tempo hanno evidentemente fatto carriera sviluppati come sono a destra e a sinistra, i capelli alle tempie se ne sono un pò andati, qualche piccola ruga sotto gli occhi ma accidenti Pallanchi-no sei sempre il solito rubacuori, ti stà più bene così, parola. Quella fasciatura alla spalla? Dum, dum inglese. — Ma come sparano con le dum-dum quei porci? — Ti hanno mica fottuto il braccio? — No, no, solo fratture multiple, poi un po' di pus e infezione, ho avuto fortuna vecchio mio ma ho passato momenti poco allegri sai, ora è finita, sono in convalescenza ormai!... Mi offre da fumare. Io non sò più che contegno tenere mi sento così meschino, accetto la sigaretta, mi siedo e per combinazione dando un'occhiata alla sua giubba appesa alla spalliera vedo il nastrino della medaglia d'argento. L'amico ferito mi guarda e mi sorride, quel sorriso così fanciullesco che gli è rimasto come allora, quando eravamo a Rovereto, quando veniva chiamato «signorina bella» e solo lo si credeva capace di corteggiare le figliole e di fare il gagà strascicando la sciabola su e giù per la Piazza Rosmini. Ora è qua, ferito, decorato e mi parla dell'Africa, deH'«Ariete», dei compagni caduti che io rivedo ad uno ad uno, e di Tonini che con il braccio sfracellato ebbe il coraggio d'intonare, triestino puro sangue «mi col mùs e ti col tram andemo a Servo-la doman...», e del sergente Parisi due volte decorato e due volte ferito, e tutto sembra facile, semplice, «in fondo son tutte fesserie credi a me», vivere, combattere, morire, guadagnarsi le medaglie d'argento, star tre giorni senza bere con una frattura multipla alla spalla sinistra, la febbre a quaranta e i pidocchi che ti mangiano vivo e pure continuar a sparare e fottere carri armati inglesi come a mangiar paste e udire le disperate urla di «help» degli australiani feriti e lasciar avvicinare gli altri sino a ein- Vignetta con spiegazione Roosevelt: Come va la guerra? Churchill : A gonfie vele. Stalin : Magnificamente. (Spiegazione : Churchill e Stalin stanno pensando ai successi italo-tedeschi). quanta metri e poi giù con il lanciafiamme... Parla piano, sottovoce per non disturbare chi riposa, con la sua lenta cadenza ligure; ha gli occhi tutti accesi nelle visioni lontane. Ma come si può, come si può rimanere indifferenti davanti a gente simile, gente che ti scodella eroismi e sacrifici con una semplicità sbalorditiva, come se si trattasse di narrare la trama di un film? Questa gente che per mesi e mesi ha vissuto nell'inferno della Marmarica, sole che ti spacca, sassi, febbre, bombardamenti aerei, poca acqua e forze superiori di fronte che battono e battono e battono e non riescono a sfondare e sotto truppa fresca ed hanno le au-blinde con i refrigeranti e lo «wi-schy» e la birra ghiacciati a portata di mano eppure non passano, non passano neanche se avessero l'intera birreria Dreher a loro disposizione e gli automezzi con due metri di corazza. Questa gente che ha saputo dimenticare i materassi di lana, le pantofole, il cinema, la radio, i divertimenti, il dolce clima, l'amorosa ed i suoi baci, la mamma, la voce degli amici, questi asceti della guerra, questi eroi. Questa gente nostra che ha il menefreghismo supremo di lanciare una barzelletta anche in faccia alla morte assieme all'ultima cartuccia e di non dubitar mai, assolutamente mai anche quando lotano, molto lontano nei comodi caffè, all'ombra, co una bibita fresca davanti, c'è qualche deficiente che dubita per loro ! Come, ditemi, come non sentirsi un groppo in gola, come non commuoversi, come non abbracciare con l'abbraccio più fraterno, più santo questa gente nostra, questi eroi taciturni e generosi, che tutto hanno dato e nulla chiesto, vera aristocrazia della razza italica? —o— Poi, più tardi, mentre sto per andarmene, strizzandomi l'occhio con la maliziosità d'un tempo, mi sussurra: «Dì. ti ricordi quel pezzo di biondona della profumeria di Corso Vittorio...». gl. bo. Concorso a premio per un lavoro teatrale Il Dopolavoro Comunale di Capodistria, sotto gli auspici di «Credere e Vincere», indice un concorso a premio per un lavoro teatrale a sfondo patriottico. Al concorso possono partecipare i dopolavoristi delle Provincie dell'IspettoratoOND per la Venezia Giulia, regolarmente tesserati per l'anno XX. I concorrenti potranno presentare drammi, commedie, bozzetti, fiabe, commedie musicali, operette, riviste inediti in uno o più atti. Saranno preferiti i lavori a sfondo volontaristico, combattentistico e squadrista. I copioni dattilografati in due copie, anonimi e contrassegnati da un motto che dovrà essere ripetuto su una busta chiusa contenente il nome e cognome, professione, numero della tessera anno XX dell'OND nonché l'indirizzo e la dichiarazione di fede ariana, dell'autore, dovranno pervenire alla Redazione di «Credere e Vincere» Concorso a premio Casa del Fascio - Capodistria, entro il giorno 30 agosto 1942-XX. Le opere verranno rappresentate dalle filodrammatiche dell'O. N. D. I premi, in danaro, sono suddivisi come segue: 1) Lire 1000.— 2) Lire 500.— 3) Lire 250.— Oltre ai premi fìssati ne viene stabilito uno di incoraggiamento di lire 150.—. L'autore sarà chiamato a partecipare alla regia dello spettacolo. La proprietà artistica del lavoro è riservata all'autore che si obbliga di permettere la rappresentazione alle filodrammatiche dell'OND al minimo tasso stabilito dalla convenzione tra OND e SIAE. II giudizio della giuria verrà reso noto attraverso la stampa e direttamente ai vincitori, entro il giorno 30 settembre 1942-XX. I lavori non corrispondenti alle direttive sopra esposte o che perverranno dopo la data di chiusura del concorso non saranno presi in considerazione. LA VISITA DEL PREFETTO Alle ore 11.30 di mercoledì 24 è giunto a Capodistria il Prefetto della nostra provincia Ecc. Rerti, per tenere rapporto ai Podestà dell'alta Istria. Al suo arrivo è stato accolto dall'Ispettore federale della prima zona che lo ha accompagnato nella sede podestarile ove era a riceverlo il Commissario Prefettizio assieme a tutte le autorità cittadine. Il Capo della provincia era accompagnato dall'ispettore agrario provinciale, dal segretario della Unione agricoltori, ' dall'ispettore compartimentale produttori della agricoltura e dall'ispettore provinciale dei produttori dell'agricoltura. Al rapporto erano presenti i Pode sta di Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Cittanova, Ruie, Grisigna-na, Verteneglio, Villa Decani, Ma-resego, Monte di Capodistria, Er-pelle-Cosina. L'Ecc. Rerti ha illustrato ai capi dei Comuni dell'alta Istria i problemi della mietitura, trebbiatura e dell'ammasso del grano. Hanno parlato quindi due ispettori dell'agricoltura dando disposizioni perchè in questo momento è dovere di ogni produttore di collaborare in modo vf.lido alla resistenza della Nazione. Il Prefetto ha esaminato e discusso delle questioni riguardanti il mercato all'ingrosso e la disciplina . del mercato ortofrutticolo raccomandando ai Podestà la massima collaborazione con i segretari politici per l'osservazione delle disposizioni in merito al mercato. La Signora Berti a Capodistria Neil a mattina di mercoledì 24 è giunta a Capodistria la consorte del Prefetto Rerti, che venne ricevuta al suo arrivo dal Segretario Politico e dalla Segretaria del Fascio femminile. Con le autorità cittadine la gentile signora si è recata al Sacrario di Nazario Sauro ove venne accolta dalla consorte del dott. Italo Sauro, Rosita Toti Sauro, e dalla figlia del Martire, Anita. Nel sacrario la signora Rerti è sostata in un minuto di raccoglimento deponendo un mazzo di fiori. Ha visitato quindi la sede del Fascio femminile e del Fascio di combattimento, il Sacrario dei Caduti per la guerra e per la Rivoluzione, ove ha sostato qualche tempo in raccoglimento. L'ultima visita della consorte del Prefetto è stata dedicata alla Scuola materna «Regina Margherita» ove ha espresso il suo compiacimento alle dirigenti per l'attività riscontrata. Il Fascio di Capodistria offre la culla a Nazario Sauro II Fascio di Combattimento „Na-zario Sauro" ha offerto un'artistica culla a Nazario Giacomo Sauro figlio della gentile signora Rosita Toti e del dott. Italo Sauro. La Segretaria del Fascio Femminile ed una Giovane Italiana che hanno portato il dono, hanno formulato gli auguri dei fascisti capodi-ctriani per il nipote dell' Eroe Adriatico. ELARGIZIONI Alla Croce Rossa Italiana : per onorare la memoria della contessina Borisi Lire 20 dalla N. D. contessa Venier; Lire 30 dalla famiglia dott. Ghino de Favento, Al fascio femminile prò feriti : Lire 286 dal dott. Roberto Moro, Lire 20 dalla I. classe elementare femminile e Lire 50 dalla IV. elementare femminile. Pro assistenza Lire 20 dalla signora Nina ved. Micheli. Direttore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio