Abbuonamento annuo fiorini 4 semestre f.r 2. Pagamenti antecipati. Per un solo numero soldi 20. Rivolgersi per gli annunzi all’Amminls. Redazione ed Amministrazione Tia EUGENIA casa N.ro 384 pianterreno. Il periodico esce ai 10 e 25 d’ogni mese. Lettere e denaro devono dirigersi franchi all’Amministrazione Si stampano gratuitamente articoli d’interesse generai Avvisi in IV. pagina a prezzi da convenirsi e da pagarsi antecipatamente. Non si restituiscono i manoscritti. Excelsior____ PRO PATRIA In uno degli ultimi numeri del nostro periodico abbiamo avvertita la fondazione nel Trentino della società Pro Patria, tendente a promuovere l’istituzione ed il mantenimento di scuole italiane entro i confini dell’ Impero in luoghi di popolazione mista, ed abbiamo caldeggiata V idea che i bravi Trentini s’imitassero anche da noi. Però nessun’ eco ci rispose e ne siamo dolenti. Non si vorrà certo disconoscere che nel Litorale le condizioni politico - nazionali ancor più urgentemente che nel Trentino esigono un tale provvedimento; e ehe alla incessante agitazione dei nostri nemici, manifestantesi per eccellenza nel ramo della publica istruzione, convien contrapporre un energico baluardo. Una istituzione simile alla Pro Patria tridentina servirebbe egregiamente a diffondere la lingua e la coltura italiana anche in quei luoghi nei quali, appunto per la mancanza di una scuola italiana, i fanciulli sono costretti di frequentare la scuola slava. Del che s’ebbe un esempio nella recente istituzione di scuole paralelle italiane in alcuni comuni dell’ Istria. Ma oltre a questo, altro scopo ben più importante potrebbesi conseguire: quello cioè, di stringere l’unione sia pur morale delle tre provincie sorelle in più intimo nesso, fondendole in una sola società Pro Patria o come altrimenti la si volesse chiamare. Ultimamente, quando si riagitò la questione dell’unione delle tre provincie, l’opinione publica, paventando forse le difficoltà di un’ unione reale, sembrò determinarsi per un’ unione semplicemente morale, ‘rimandando la prima a tempi migliori. La stessa nostra Società Politica, discutendo la questione nell’ultimo suo congresso generale, accolse con entusiasmo l’idea di una più intima unione delle tre provincie sorelle, e la benemerita Presidenza restò incaricata di riprendere gli studi in argomento. Ecco che ci si offre la più favorevole occasione di realizzare nei suoi primordi almeno la vagheggiata unione morale. La nuova società della scuola, riunendo nel suo grembo tutti i migliori elementi di cui vanno ricche le tre provincie, costituirebbe il centro d’azione nella lotta diuturna che ci fan combattere i nostri mortali nemici ; e le tre Società Politiche, legate alla nuova società dal vincolo di comuni intendimenti, le sarebbero di valido appoggio. Orsù adunque, se tanto finora s’ è detto di questa unione, che dovrebbe stringere in fraterno amplesso gli italiani delle tre provincie e condurli uniti sulla via di comuni interessi e di comuni aspirazioni, si faccia alcunché. E se un giorno, che ci auguriamo vicino, potremo salutare anche tra noi una Società Pro Patria ad imitazione di quella tridentina, avremo fatto un gran passo verso quella unione che abbiamo per ora rimandata a tempi migliori. ■ '■■■■ n - —■----------------------------- Saggio di Annali Istriani. Del secolo XIII — dall’ anno 1235 e seg. dell’Ab. Angelo Marsioh. (Cont. vedi N. 10 e seguenti) 1258. — H vescovo di Capodistria decide qual giudice delegato questioni di decima fra il comune di Trieste ed il vescovo. Kcmdler. Indioaz. p. 30. 1258. Il patriarca Gregorio compone le discordie tra la popolazione di Pirano, e quelle insorte tra i comuni di Parenzo e Montona. Kandler. L'Istria Ann. II, p. 193. ed Indicazioni p. 30. c Notizie Storiche di Montona p. 163. — Marnano. Ann. del Friuli v. Ili, p. 20. 1258. (1257?) —• Il comune di Parenzo invade a mano armata il castello di Orsera di ragione del vescovo paventino, vendemiandone le vigne. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1258. — Montona ha il suo pubblico palazzo, la sua torre, le sue campane comunali. Kandler. Notizie storiche di Montena. p. 102 1258. — Ottone vescovo di Parenzo ammonisce il comune parentino a rivocare gli attacchi alla libertà della chiesa ed a risarcire i danni e le ingiurie. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1258. — Il patriarca Gregorio dà ascolto alle preci del comune di Capodistria che gli chiede di potersi eleggere un cittadino di Venezia a podestà pel prossimo anno. Carli. Ant. Ital. v. V, p. 187. 1258. — I Castro - Pola investiti della decima di Rovigno. Kandler. Ann. IV, p. 148. 1258. — 11 patriarca Gregorio dà licenza a domino Marquardo, procuratore del Comune di Pirano, di eleggersi il podestà per un anno da incominciarsi col dì 1 gennaio 1259; la scelta e conferma caddero su domino Conone, signore di Momiano. Carli, Ant. Ital. To. V, p. 243. — Kandler. L’ I-stria anno IV p. 114, — e Marnano. Ann. del Friuli v. III. p. 26. 1258. — Walberto dell’ ordine de’ Benedettini, abbate di S. Maria Formose iu Pola e di S. Andrea sull’ Isola di Sera presso Rovigno. Kandler. L’Istria Ann. II, p. 129. 1258. — Menardo di Cerow ed altri signori donano al patriarca Gregorio diversi villaggi nellTstria. Guerra. Otium Foro J. v. IX, p. 524, — e Mangano. Annali del Friuli v. Ili, p. 29. 1258. — Parenzo e Montona chieggono al Patriarca Gregorio di potersi eleggere il podestà per 1’ anno venturo, ed eletto di volernelo confermare. Kandler. Notizie storiche di Montona, p. 163, — e Mangano. Ann. del Friuli v. Ili, p. 26. 1258. — Gregorio da Montelongo, patriarca d’Aquileia, dà ai Sergi di Pola la villa di Novacco che nel 1330 o 1331 passa nella famiglia Ni-coletti di Montona. Kandler. Notizie storiche di Montona, p. 264. — ed indicazione p. 30. 1358, 19 marzo, presso Cividale. — I delegati del comune di Montona Pilatto del fu Botre e Azano supplicano il patriarca Gregorio a volervi confermare a podestà per un anno che comincierà il dì 1 Agosto domino Genisio de Bernardi da Padova, siniscalco patriarcale. Tra’ testimoni havvi il pievano di Muggia don E-retardo detto da altri Gerardo, ed i canonici di Montona don Giovanni e don Andrea scolastico. Carli. Anticli. Ital. To. V,p. 232 c segg. — Kandler. Cod. Dipl. Istr. — Archiv tur Kunde Òsterr. G. G. v. XXI p. 398. — Bianchi. Iud. pei docum. per la storia del Friuli p. 13. — e Mangano. Ann. del Friuli v. HI. p. 26. 1258, 9 Aprile. — Alessandro IV, trovandosi a Viterbo, commette a Corrado, vescovo di Capodistria, la decisione di lite per decima e quartese, contrastate al capitolo di Trieste da Facina di Conciano, Natale di Giovanni Giudice e da altri Triestini e diocesani. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1258, 23 aprile, presso Cividale. -— il patriarca Gregorio viene eletto arbitro per dirimere certe differenze insorte tra il comune di Parenzo e gli uomini di Montona, per danni che si procurarono reciprocamente. I delegati per la scelta del giudice erano da parte del comune di Montona Nicolò ed il manco locale ser Vernalius; da parte del comune di Parenzo il podestà locale Giannino del fu ser Marco giustinopolitauo. Il vicedomino del patriarca, Alberto vescovo eletto di Ce-neda, impone alle parti, una tregua (1 maggio) di mesi due, cioè fino li 29 giugno. Tra’ testimoni comparisce ser Sirico Tarsia da Capodistria. Carli. Ant. Ital. To. V, p. 185 e 234-338, e 269. — Kandler. Cod. Dipl. Istr. 1258, 1 maggio, Cividale. — Alberto vescovo eletto di Concordia, delegato dal Patriarca Gregorio, ordina tregua tra i comuni di Parenzo e di Montona pendente il laudo nelle loro questioni. Kandler. Cod. Dipi. Istr. — e Mangano. Ann. del Friuli v. Ili, p. 26. 1258, 1 giugno, presso Cividale. —- Domino Wintero di Pisino costituisce in ipoteca al patriarca Gregorio le tre ville : di San Vito, di Vac e di Postech che aveva in feudo dallo stesso Patriarca in sicurezza del diroccamento o meno del castello di Gottenecco nella contrada de Gotiis, senonche il Patriarca si sarebbe pronunciato entro 15 dì. Kandler. Cod. Dipi. Istr. ed Indicazioni p. 30. e l'Istria Ann. II, p. 193. — Carli. Ant. Ital. v. V, p. 182, 239 e 269. — Archiv. fur Kunde Osterr. G. Q. v. XXI, p. 399, — Bianchi. Indie, dei docum, per la stor. del Friulii p. 13. — e Mangano. Ann del Friuli v. Ili, p. 20. 1258, 13 giugno, presso Cividale. — Sentenza arbitra-mentale del Patriarca Gregorio con cui riavi-cinai comuni di Montona e Parenzo. Vuole che Audrea di Dionigi da Montona indennizzi i danni dati dai montonesi ai parentini numerando a questi lire venete di piccoli N . . . . in due eguali rate cioè li 15 agosto e li 29 settembre, e viceversa che i parentini sborsino a quei di Montona lire 1500 in due rate negli anzidetti dì per i danni loro causati quando Varnerio de Gillaco era podestà di Montona. Tra’ testimoni havvi frà Valberto abbate di S. Maria del Canneto. Carli. Ant. Ital. To. V, p. 241 e seg. e 269. — Kandler. Kod. Dipl. Istr. 1258, 22 giugno, Viterbo. — Alessandro IV delega frà Giacomo, priore di S. Giorgio in Allega, perchè ingiunga sotto pena scomunica ai conti di Gorizia ed altre persone delle città di Aquileia e di Trieste di dovere restituire al patriarcato aquileiese le di lui possessioni ed altre cose che avevano in pegno. Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1258, 13 luglio, presso Cividale. — Il Patriarca Gregorio permette al comune di Muggia di e-leggersi il proprio podestà per 1’ anno prossimo, da cominciarsi col dì 11 novembre; i delegati ser Pellegrino gastaldo di Muggia ed il muggisano Tomaso Dabline eleggono ser Genisio de’ Bernardi. Tra’ testimoni havvi don Girardo, pievano di Muggia, detto anche Eretardo. Carli. Ant. Ital. v. V, p. 187, 238 e seg. e 269. — Guerra. Otium Foroiul Ms. To. IX, p. 406 — e Kandler. Cod. Dipi. Istr. 1258, 11 settembre, presso Cividale. — Il patriarca Gregorio, march, d'1 stria, delega il suo vicario Senisio de Bernardis e don Girardo detto anche Eretardo pievano di Muggia, per riscuotere le solite lire 2000 di picc. che il comune di Pola pagava annualmente al Pa- tricirCti Carli. Antich. Ital. To. V, p. 38 e 242. 1259. — Acquietati gli animi degli Istriani, il patriarca Gregorio destina parte della milizia dell’ I-stria in aiuto del re di Boemia contro quello dell’ Ungheria. Kandler. L’Istria, Ann. II, p. 193, ed Indie, p. 30, — e Mangano. Ann. del Friuli v. Ili, p. 33. 1259, 15 gennaio. — Il Patriarca Gregorio accorda alla commissione mandata da Parenzo di e-leggersi per l’anno venturo dal 1 marzo 1259 a tutto febbraio 1260 il proprio podestà; vi rielegge il podestà Giovannino di Marco da Capodistria. Minotto. Acta e Dipl. v. I, p. 26. 1259, 28 marzo, Pirano. — Conone da Momiano, podestà di Pirano, accusa certo danaro- percepito in Aquileia da ser Dandone (a) pel comune di Pirano. Giudici in Pirano erano Marino figlio di donna Gisla e Pendo di Giovanni Mazaroli. Cameraro in Pirano era ser Merizolo. (1) Dandone di Montelongo podestà di Capodistria e Pirano negli anni 1254 e 1255. Kandler. Cod. dipi, Istr. 1259, 31 luglio, presso Cividale. — Alberto, vescovo eletto di Ceneda e vicedomine del Patriarca Gregorio, ordina ai nunci di Muggia, Andrea de Valentino e Dominico de Sena di dovergli inviare 12 persone delle principali del luogo e quei che parteciparono alla cattura e morte del Medico Simone. Carli. Ant. Ital. Tq. V, p. 240 e seg. — e ./oppi. Aggiunte al Cod. dipi. Istr. p, 39. 1259, 2 agosto. — Il comune di Cittanova si elegge in perpetuo a podestà ser Bianchine da Mondano e suoi discendenti. (Continua) Minotto, Acta et Dipl. v. I, p. 26. E quel cacciarsi nelle altrui faccende, Saper -ciò che quel tal guadagna e spende, E dire quello che lor viene in mente, Ci dite niente ? Il tale è indebitato all’ osteria, St’ altro al Monte mandò l’argenteria, Questo ha venduto la zimarra e quello Il suo mantello. Quinci e quindi Nella società sono varie le attitudini come sono vari i bisogni. Sarebbe ridevo!e il falegname che dispregiasse il sarto, il filosofo che parvipendesse il poeta, l’agronomo che misconoscesse il medico, il legale che proverbiasse le matematiche ; ridevo-lissimo chi non sapendo nulla di nulla parlasse con aria di sufficienza di tutto e di tutti. * * * C’ è chi muta nazionalità come si muta camicia. Taluno lo fa per interesse, e chi per vanità ; i quali ultimi, sebbene di vista corta, comprendono di leggeri, che restando ciò che sono non potrebbero emergere. E vi è chi con una sola fava ha saputo prendere tutti e due i piccioni. Del resto, in questo mondo instabile e leggero — costanza è spesso il variar pensiero, e il vento dell’interesse è onnipotente sui perni mobili delle banderuole. * „ * * E difetto dei giovani e degli adulti dalla mente bambina, quello di ritenere, che di una disciplina, ond’ essi sfogliano per la prima volta un manuale, siano digiuni tutti gli altri. E dove i cosiffatti non abbiano, se pure, che annusata una scuola inedia, credono rifarsi sugli altri che hanno assolto studi superiori, ostentando un solenne disprezzo per le università, quasi i cervelli dei giovani venissero ivi imbottiti di stoppa. * * * Gran che ! Qualche articolo da giornale, e tutto è lì. Senonchè avviene con qualche frequenza, con troppa frequenza, che un libro vi lasci con un pugno di mosche, mentre un articolo da giornale vi manda soddisfatti. Le produzioni letterarie, come gli uomini, non vanno misurate col metro. * * * Certe questioni non si dovrebbero condurre alla lunga. L’uomo dell’ arte le giudica appena accennate ; l’intelligente quando sieno un’unica volta discusse : 1’ ottuso crederà eccellente la proposta finché sia giunta la risposta, e la risposta finché sia giunta la replica, e così di seguito che non si finirebbe più. Ma sarebbe il meglio che certe questioni non s’intavolassero nemmeno. * * * Chi non è disposto a tollerare, sarà in continua baruffa. Alcuni pochi dopo lungo tirocinio arrivano a questa di considerare l’indiscreto il maligno l’insolente come altrettanti malati, e a farvi sopra un calmo studio psichiatrico. Questi pochi privilegiati hanno trovata la pace e .... la verità. * * * C’è l’aristocrazia del blasone, l’aristocrazia del denaro, l’aristocrazia dell’ intelligenza. Quale la più onoranda ? L’aristocrazia della virtù, se la virtù si mostrasse, o se gli uomini si dessero la briga di farne ricerca per onorarla. L’eudemonologia ci addita la virtù, appetibili l’intelligenza il denaro il blasone in quanto ponno ad essa servire, o al-uienchessia in quanto ad essa non recano nocumento. * * L’astemio non è sobrio, l’anafrodisiaco non è continente, il linfatico non ha il merito della moderazione. Intanto i più zelanti e acrimoniosi censori dei difetti che non possono avere, li troverete appunto fra costoro. Calzerebbero al proposito i versi del Fusinato : I giovinastri d’oggi son ben tristi ! Le cose non andavano così Ai nostri dì. La pipa in bocca tutte quante l’ore, Frequentar l’osterie, far all’amore, Mancar ai vecchi di rispetto adesso Chiaman progresso ! — Ma dar denari al cinquanta per cento, Patir la fame per sparmiar l’argento, E il prossimo spogliar fino alla pelle, Son bagatelle. Lana caprina ? Dall’ Istria, 1 Agosto 1885. Confessavo già nella mia Replica portata dal Patria dd. 25 Luglio a. c. che sarei pronto a ricredermi al raggiare di una luce della mia più accertata ; se non che in oggi non è il caso di silenziare circa la peggio che rustica catilinaria lanciatami, come razzo a la congreve dall’ Istria Parentina, sotto la identica data. — Conseguente all’indole non biliosa, ma conciliativa e pacifica (come si diceva avanti che si predicasse la guerra, con tutti gli orrori suoi, essere la cosa più necessaria del mondo) avrei sperato si ammorzasse ornai la gran questione de lana caprina! Ma così non la pensò il nostro spregiudicato Dr. Tamaro, cui non pareva vero di poter levare dal fuoco le castagne mediante la zampetta del gatto, ed ecco che la vera nobiltà quindi mi obbliga a ripicchiare, se non per riguardo alla oscura mia persona, per riguardo di quel pubblico che avrebbe sempre diritto di conoscere bene quello che gli si vuol dar a bere ! — „Se non è utile ciò che facciamo, è stolta la gloria* cantava il sommo favoleggiatore: ma davvero qui si è tratti a dinoccolarsi sopra un fuscellino grammaticale, perchè certi messeri, che vanno per la maggiore, ci si manifestano incapaci alla semplice persuasione che anche i più raffinati mortali sono soggetti, come direbbe un Salomone, a cadere ben sette volte, od anzi, come diceva quell’aquila che si fu il Vescovo d’Ippona: „Magnorum magna deliramenta doctorum!“... i più gravi strafalcioni sono propri, talvolta, delle cime che toccarono la maggior levatura. — Sarà un naturale difetto di un criterio realmente superiore, il quale sappia informarsi a principu avvistanti ideali che si dilungano quanto mai dalle piccinerie di una scolastica pettoruta e pettegola ; ma eziandio contro a consimili attriti si deve sciupare il tempo e la lena, allorché lo richieda la grande aspirazione al bene comune. — La nostra contestazione qui si è fatta seria davvero, all’ opposto di quello che ci era più ovvio imaginare. Il sempre riv. n. Sig. Grammatico, se non si fosse lasciato prendere la mano da quella pessima consigliera che si chiama la nevrosi, avrebbe potuto sovvenirsi, con Cicerone, che noi tanto sappiamo quanto teniamo nel serbato]o della memoria, e che questa, essendo assai labile e frastornata da mille cose, non è proprio un casus belli se anche noi ci vediamo talvolta tirati a prendere un qui prò quo! Ad ogni modo avrebbe dovuto, da buon cristiano, compatire assai meglio un miserabile alunno delle scuole italiane dell’ Ottentozia, anziché colla libidine del livore, gridare che egli pretenda montare in bugnola, e dettare lezioni di lingua . . . laddove non sa distinguere neppure il genere dei nomi! E su ciò parleremo più inanzi. — Avrebbe potuto o dovuto sovvenirsi che tra le opere di misericordia c’ era elencata ancor quella di istruire gli ignoranti, e compatire le persone moleste (datone il caso) da quel catechismo stesso che un dì si apprendeva con tutta la serietà : nè avrebbe supposto una esigenza soverchia che ad un grammatico, e per giunta alla derrata chiesastico, il cielo non dovesse consentire di condursi a ritroso di generali precetti . . . se un tanto si richiede persino da un laico, ossia da un individuo che deve restarsene scimunito dal più al meno. Qui si poteva forse anco ricordare la celiata potente che fu iuferta ad un Sau Girolamo da uu angelo che lo redarguiva colle precise : Non es christianus, ciceronianus es! — Nè vorrò dire se ciò si possa applicare a chi razzola troppo nei polverosi erarii del Frullone ; ma stimo di non eccedere se penso che si potrebbe reputare una lingua tebana quella che ad una lieve e giustificata osservazione s’impenna, e contrappone una salva di recriminazioni e a diritto ed a torto. Ripeto che anche alla sì provocante III lettera letteraria dell’ Istria, io bramavo opporre assoluto silenzio, tanto più che la ricordata mia Replica antiveniva, in buona parte, le ferulate di quella ; ove le esortazioni di alcuni amici, ed il rispetto al pubblico non mi forzassero a proseguire. — Porto anzi la bonomia sino a supporre che Ella stesso, egregio Dr. Tamaro, avrà provato un principio di sinderesi per aver pubblicata tutta quell’ acrimonia, allorché avrà letto sul Patria le mie intenzioni schiette, e tutt’ altro che velenose, nella Replica su ricordata, la quale sarà anche una diceria, se vuole, a la Marini, ma che non voleva mai intendere di dire : Galeotto fu il libro ... e quel che segue ! Qualora si è rimpinzi di massime, e non si possiedono ad un tempo que’ principii cbe si appellano eterni, succede appunto di questa guisa che si debba urtare in contraddizioni ad ogni svolta di canto. — Sta il fatto che il n.o ch.mo Ab. Moise non vuoi aver che fare con quei signori del Patria! ■ ■ ■ che una vivente gloria nostrana, o (com’ egli sè noma) uu valentuomo non può degnarsi di scendere a trattare con chi apprese l’italiano nell’ Ottentozia o nella Cafreria, e che mostra nondimeno la sicumera di voler fare il maestro, e, per soprassello, dire roba da chiodi contro la prefata gloria vivente ! . . . nell’ avergli, cioè, osato notare solo una breve inavvertenza ; ma vero è pure che la sarebbe mera audacia e j altura il rivolgere la parola a lui stesso, mentre Egli dall’ olimpico fastigio non tangerebbe colle sue molle di oro i detti nostri degni di un cretino. — E perciò che noi pure lo lasceremo friggere nel proprio brodo succulento ; e non parleremmo tampoco al buono ma ladino n.o Dr. Tamaro, se ne andasse solo del nostro decoro, e della nostra persona, che (quantunque maschera) si picca di non aver T uligine di certe tare ! Siccome trattasi invece di scandalo, e di aberrazione facile tra i galantuomini più imparziali, così ci stimiamo in debito di rivedere le bucce al virulento „ Quos ego“ che tanto inattesamente il gentile Sig. Filologo si è degnato lanciarne ! Egli, a dir vero, con una certa prudenziale arte preoccupatoria, che or non vogliamo qualificare, ci mostra di scongiurare l’amico a intender bene che tutte le sue osservazioni sieno fatte da me a te (come egli dice) dunque mosca di tutto, e che il diavolo non ti tenti di metterle al palio ! . . . Ma l’amico si è lasciato invece tentare dal diavolo, e le ha messe bellamente al palio — nude e crude ... ed eccovi il movente delle odierne nostre maccatelle. — Sarebbe proprio un rimorso il perdersi in tali quisquilie o sgramufferie, se non fosse che il Linguaggio tiene tenacemente alla nazionalità, alla civiltà, così che non dev’essere lecito a persona di spadroneggiare da pascià in un tal campo, sia pure che i diplomi accademici, o l’aura di partigiani sembrino intessergli presso il gran numero degli strabiti non mi so quale paludamento privilegiato. Riflettiamo ora, per un istante, sul grosso affare degli Arcaismi in genere, e dichiariamo anzitutto che ancora questi sono un patrimonio linguistico bello e buono . . . ripetendo a nostra volta col mirabile lirico di Venosa : multa renascentur quae jam cecidere voca-Inda etc. il quale fenomeno non è esclusivo di un solo idioma, ma di tutti i superstiti ... e per citarne qui un’ unica nostra, ricorderemo quella famigerata voce assassino, che in origine dinotò fido, leale, amoroso ; discese poi a denotare nientemeno che quel marrano che tutti noi paventiamo, e nessuno sarebbe al fatto di predire qual altra mai evoluzione potrebbe ancora subire ! Se un arcaismo poi può apparir ferravecchio ad un purista che sia dei più istrutti, ma senza il corredo di una ragione fondata, non intenderò perchè ad un laico non possa 1’ arcaismo stesso sembrare (quasi dissi) quale oro di coppella ! — Anzi a legittimare un asserto così paradossale, facciamo pure che qui eziandio tagli la testa al toro il più lodato nostro flagellatore, ed avvertiamo come, fra le tante, egli ne caccia tra le ruote, con ricorrenza, e l’acci e la cliiucchiurlaja etc. che si potrebbe giurare che nel secolo decimonono non furono mai prima udite, nonché nella penisoletta eh’ è l’Istria, ma in qual più si voglia culta provincia d’ Esperia ! — Ciò preposto come innegabile, ora sfidiamo il riv. n. S. Zoilo a dirci con quale diritto egli monti sul predellino per giulebbarci di vieti certi altri vocaboli, meno lilipu-ziani, che vennero per caso adoperati da noi. È forse per la imparzialità costituzionale che a lui talenterebbe cosi ? Veniamo quindi ai neologismi, e, sempre ancora col simpatico messer Orazio alla mano, gli ricorderemo che neanche questi sono po’ poi proscritti . . . si greco fonte cadant . . . cioè se discendono normalmante dalle radici del linguaggio vivente, che noi tuttodì palleggiamo sopra questo povero globo. — Si spera, del resto, che la matronal lingua italiana la sia vivente abbastanza, e che la accenni anzi a tutto altro che alla voglia di andarsi a riporre nel sepolcreto degli scaffali salvaguardati dalle tignuole. Se faremo grazia, a tempo e luogo, agli arcaismi (non certamente profusi a josa. come userebbe per avventura un Botta o un Davanzati, se non anco un Bartoli od un Bresciani) ; ben più la dovremo fare ai neologismi — legittimi -— mentre la vitalità appunto delle lingue viventi, ove io non sia guercio dichiarato, dovrebbe manifestarsi precipuamente in questa ferace facoltà, di cui no porge del continovo saggio ben largo la progredita e rinsanguata Allemagna. —• Però che Vitaliana favella, all’opposto della meticolosa e cincischiata, per quanto amena, di Francia, disdegnando ogni pedantesca pretella per tassativi costrutti e per uniformi e cacofoniche desinenze, darà sempre indizio di suo vigore, e sarà pronta a fare buon viso a quelli che più mostrino di rispondere alla mente di chi sa meglio esprimersi, nonché al magico secreto del numero oratorio ; perdurando la persuasione che le lingue, in effetto, debbano tendere allo scopo santo e leale di estrinsecare le intellettuali elucubrazioni, e non già a quello scopo che, causticamente, ostentava il volpino Signore di Talleyrand di avviluppare li concetti espressi nella mente di coloro che non ci apparissero mai quali sfingi perverse ! Che se una forma, o meglio, desinenza di parola si può adusare in qualche caso da noi {del Patria), non si capisce perchè non la si potrebbe adusare in un altro caso analogo, allorquando la per noi sovrana legge del-l’armonia, o del costrutto sintattico, ce lo chiedesse stridentemente. — Noi usammo, ben lo ricordo, deliberatamente la espressione improprismo, che il n. eli. Professore non avrà riscontrato nè in Tommaseo, nè in Fanfani . . . ma di grazia, Sig. Accademico, per qual bella argomentazione La mi vorrà condannare a ripetere in perpetuo „improprietà“ che al ben costrutto orecchio potrebbe risonar meno elegante, se pur non vogliasi dire che la putisca di gallicismo ? — L’ orecchio, a consenso di tutti i periti, è un vero dominante, se non un legislatore, nel maestoso eloquio dell’ Allighieri ; e nella questione dei gusti tutta la gente proclama che non è, in fede, tanto da disputarsi ! Ben il vate di Zante, il cantore della chioma di Berenice, e delle Grazie diceva : ..................„Orecchio ama pacato La musa, e mente arguta, e cor gentile ! * Ma per quanto a malincuore, affrettiamoci pure a qualche altri particolari della escandescente fustigata con che Lei, esimio Dottore, si è compiacciuto di far gemere i torchi, in odio all’ignoto (sic!) che osava tangere un accidentale suo sgorbio ; e rivistiamo pure le berze più stridenti ! — Se noi qui ci patulassimo in malignerie, troveremmo di lieve negli avversari, davvero, delle storture numero uno, robbe da calmucchi, e che non pajono vere ; ma non facciamo di ciò retata, perchè solo ci mosse 1’ amor del vero che ci fa parlare. — Il eh. Censore intanto non può dissimulare che la olissi ci esiste dove noi precisamente dicemmo, ma tosto, vorrebbe battere la campagna, pretestando la non si possa adoperare se non è legittimata dall’uso, dal buon uso. E qui tuttavia gli si deve rispondere „ex ore tuo judico te* notando che se non sopra di un’ isola poco abitata, nel vasto ambito dell’ Italia ben si trova quasi ad ogni pie’ mosso adoperata e questa ed altre figure grammaticali sì a voce che in iscritto, senza che alcuno si sogni di appellarle nè errore, nè sollecismo, nè sproposito da pigliar con le molle! „Quod gratis asseritili-, gratis negatur.8 Egli non la vede confortata dall’uso, e noi viceversa. Di regola sapevaucelo che i giornali prepongono il proprio articolo al titolo ; ma la regola chiama la eccezione, e questa sarebbe libera per chiunque ; anche se la non fosse,' pecorum ritti, preceduta dall’ uso, il quale nel nostro caso ha preceduti quanti si vogliano e degli scrittori e del popolo, se non anco nello stesso lavoro di Sisifo del Suo buon cliente, dove le colte persone troverebbero a ridire più del bisognevole non poche volte. — Ridicolo è quindi dommatizzare che il titolo deve conservare il suo genere, poiché nessuno sarà sì ciuco da contrastarlo ; e mi dà poi, con tutta riverenza, in più serio strafalcione aggiungendo che tale Elissi se a volte per giornali, la si potrebbe poi usare anche per altri titoli, come di teatri, di navigli, di Società ; eppure anche qui à la disgrazia d’incespicare, mentre, dietro l’assioma Oraziano sempre, se noi non diciamo il Fenice, è di tutto uso dire il Malibran (sottacendosi ad evidenza il nome teatro) ed è noto a ciascuno che tale era 1’ appellativo della celeberrima cantatrice. In quanto a navigli, la è proprio cosa da non credere per chi à veduto un porto di mare, anche senza andare a Trieste od a Marsiglia, dove si legge bene spesso „Margherita, Lucia, Mansueto, Intrepido8 etc. senza ombra di articolo, nè il premesso di barca o naviglio : e di recente si leggeva nellTstria nostra „Umiltà, Sansego ;8 e tutti udirono, in questi giorni appunto, parlare del varo in Venezia della (gran pirocorazzata,) Francesco Morosini, che, viva il cielo, non è il nome di una femmina, se la storia è storia. — Ora con tale improntitudine se non si sentirà cantar dietro la chiucchiurlaia il macianghero censore, si sentirà battere dietro le tabelle ! —• Ed anche per le società costituite ed organate e barbogie si trovano esempi della nostra elissi quanti si vogliano, che tutti avranno veduto, ad esempio, l’epigrafe Assicurazioni Generali, senza un articolo al mondo per chi non lo ha manesco, e se altri vi prefiggesse, a caso, il maschile, dovrebbe sottintender Consorzio Comitato ecc. È peggio che puerile poi l’o-stentare scandalo sopra T avverbio trivialmente, perchè, come il censore stesso concede, lo si può usare in senso onesto, anche dove non ci tornasse l’anfibologia ; rammentando al Sig. Filologo che non è tanto tempo che usavasi scrivere persino scuole triviali, eh’ esso vorrà pur conoscere ! — Poteva perciò risparmiarsi lo indignato vituperatore dell’ignoto (sic!) ammonitore lo sfoggio di diguazzare nella erudizione che ci volle regalare, e intravedere che non si trattava, precisamente, nè di ciucaggine sopraffine, nè di dare tampoco una cenciata con prosunzione mimerò uno alle generose gazzette italiane, che sono nel pieno diritto di premettere (usualmente) l’articolo ai loro titoli, come noi siamo nel nostro di sottacerlo, in forza di quella figura grammaticale che ne fece sciupare ormai tanto inchiostro. —- Una parola ancora sulle prericordate epigrafi delle Assicurazioni Generali, dove constato un’altra flagrante elissi in quell’arcano 1831 che vi campeggia di sotto. — Ma veniamo al più grazioso cavai di battaglia del serappuntino, nel quale, ci duole sinceramente doverglielo dire, si accorgerà di non averne imberciata una, per la mala frega di sua permalosità. Il Doccastellano ha una lingua tutta sua certamente, come succede di ognuno, ed imprimis del Sr. Filologo irreconciliabile, il quale mostrando pria di scrivere perchè spronatovi dagli amici, discende ben presto ad accoccare alla sua vittima spropositacci del-V ottanta, e si accontenta di accennare lo gnome, che io intendo del resto il gnome, non occorrendo qui l’articolo lo. — La dice voce vieta, ma su ciò mi riporto a quanto espressi circa al suo acci e alla sua chiucchiur-laja; e protesto che finché Autori e Dizionari! ce le ammaniscano, la sarà una semplice cocciutaggine, una gratuita intromissione, il volersi fare legislatore sopra la opportunità od inopportunità di adusarle, qualora il destro se ne presenti spontaneo. —- In quanto al trivialissimo insulto scaraventato pure a qualsifosse mortale, il quale sappia stendere una qualche linea, ch’egli non sa distinguere il genere se maschile o femminile, non reputiamo decoro bisticciare di vantaggio col mellifluo n. Messere che non vuole aver che fare con que' Signori . . . del Patria, e ci limitiamo, per ora, alla testimonianza di Due Dizionari per nulla, invero, sprezzabili, osservando che se li Dizionarii di Sua Magnificenza, o forse la greca fonte (in cui confessiamo di non essere tanto versati) dessero mai filologicamente qui ragione a lui, li due Dizionarii che citiamo, e parecchi scrittori, ci mostrano come non ci meritavamo quelle frecciate tanto poco accademiche, per non dire ancora plebee- Il Vocabolario della Lingua italiana di Longhi e Taccagni, con premessa grammatichetta del P. G. Picei, edito in Milano, pr. Ernesto Oliva — 1864, alla pagina 462 (tra le 1259) reca : „Gnoma, sm.== sentenza utile al governo della vita.8 — E sotto : „Gnomi, sm. pi. = demoni che i cabalisti dicono stare a guardia dei tesori sotterranei.8 Il Vocabolario della Lingua italiana, compilato sui Dizionarii Tramater, D’Alberti, Manuzzi, Gherardini, Longhi, Toccagni e Razzarmi (Istriano, da Rovigno) per cura di Ant. Sergent —• con aggiunte dai Sin. di Nic. Tommaseo Milano, T. Pagnoni 1873, alla pag. 517 riporta: “Gnome, sm. = sentenza utile al governo della vita.8 Se non a tarpare le aiucce nere („e vele di mar non vidi io mai cotali!8) almeno a sfatare la boria e la inaspettata tronfiezza, e la voluttà di denigrare che e-ruppe da coltissimo moralista a cui riesci intollerabile il rilievo di uno sbaglio, per sè innocente, ma riprovevole appunto perchè lanciato con vanteria da un autorevole erudito ; potremmo forse agglomerare eziandio le autorità di Razzarmi, di Montanari, di Uccellini, di Cautù ign., di Passigli e di tanti altri; ma speriamo che i due soli incensurati testimonii or ora citati sieno quantum satis attendibili e validi nel cospetto di quale che vogliasi tribunale. — Dixi. — Fil. Doccastellano. Poscritto. Circa la vìvente gloria nostrana, la quale stretta dai più intimi rapporti di reciproca stima ed affezione con „L’Istria8 (che si stampa in Parenzo) ci dichiara di non voler affari coi Signori della Patria (edita in Capodistria) ; ribadiamo di non esserci precisamente accorti che alcuno avesse detto roba da chiodi contro la Sua Signoria Cruscante, uè che lo avesse trattato peggio