ANNALES • Ser. hist. soriol. • 9 - 1999 - 2 (18) saggio scientifico origínale UDC 94(4)"1914/19";343.819.(450) ricevuto: 1999-09-27 PRiGlONIERl DELLA PACE Marina ROSSI Istituto regionale per la storia deí moví mentó di liberazione nei Friuii-Venezía Giulia, IT-34136 Trieste, Salita di Gretta 38 SINTESI ll rimpatrio dei redact italiani, sloveni e croati dalla Russia e dal fronte balcanico nella nuova Regione Giulia, fu ritardato per ragioni cautelari dal Comando Supremo del Regio Esercito Italiano, Nonostanle il loro impegno a fianco dell'lntesa, at prig ion ieri a.u. non fu riconosciuto alcun (itolo di merito. Le nuove a u tor ita li trattarono invece con diffidenza, sia a causa delle diverse radici etniche che delle loro convinzioni politiche non sempre coincidenti con gli interessi dello stato italiano. Dopo I'armistizio furono costrelti a lunghi periodi di internamento in remote localita del regno. Parole chiave: prima guerra mondiale, Austria-Ungheria, Trieste, deport.ati, c.ampi di concentramento THE PRISONERS OF PEACE ABSTRACT For the Italian>, Slovene and Croatian war veterans from Russia and the Balkan front, their return home, to the new Giulia region, was postponed for safety reasons by the Supreme Command of the Italian Royal Army. In spite of some mitigating attempts by the Entente, the POW's were not given any war credits at all. The new authorities were very distrustful of them not only due to their different national origin but also owing to their political convictions, which were not always in accordance with the interests of the Italian state. After the truce they were compelled to long periods of internment in some of the most remote places of the Italian Kingdom. Key words: World War I, Austro-Hungarian Empire, Trieste, deportees, concentration camps La smobilitazione dcll'esercito a.u. in quelfo che, ii 3 novembre 1918, sarebbe divenuto if Regio Gover-natorato Militare della Venezia Giulia,1 avvenne in fasi diverse, protraendosi a lungo nel tempo a causa delle complesse vicende belliche svoltesí al fronte orientale, balcanico, dell'lsonzo e del Tirolo. Chi furono innanzi tutto í reducid Nelle ex province del Litorale (cur-rispondenti alia nuova Regione Giulia) le leve di mas- 1 Per un ¡nquadramento generale del problema, si veda í! saggio di Visintin <1997, 183-191). Dal novembre 1918 a! 4 agosto 1919, in conformitá alie ciausole d'armistizio, i! Comando Supremo de! R. E. italiano avocava a sé "¡i controlío sulla gestione dei servizi civiii e sulie amministrazioni locaií nei territori occupati oltre i cortfini de! Regnü". H 4 agosto 1919 il Regio Governatorato detla Venezia Giulia cessava e ia gestione politico-amministrativa veniva assunta dal Commlssariato Generale Civtle per la Veriezia Giulia. 409 ANNALES • Ser. bist, sociol. - 9 - 1999 • 2 (18) Ma«™ ROSS!: PRIGIONÍERI DELIA PAGE, 409-422 Fig. 1: La Regia nave Cabo t o approda a Tien-Tsin per il trasporto dei reduci dall'Estremo Oriente (Fondo Livio Biancbi). SI. 1: Kraljeva ladja "Caboto" prispe v Tien-Tsin: prepeljala bo veterane z Daljnega vzhoda (fond Livio Bianchi). sa (riguardanli uomini abili dai 19 ai 47 anni) erano staie quelle deli'agosto 1914 (l'unica stima esistente indica 32.000 coscritti a Trieste, 30.000 dal friuli) e quel-la del 24 maggio 1915. La política del "divide et impera" adottata dall'Austria nella composizione dei reggimenti (Rossi, 1997; Chersovani, 1997, 237-251), ma anche l'alleanza deil'ltalia con la Russia e le altre potenze dell'lntesa ebbe tra gl¡ obiettivi, quello di indebolire la resistenza austro-germanica attraverso la creazione di speciali compagnie costituite da prigionieri: i volontari cechi nelle cosiddette družine, inquadrate nell'esercito zarista, gli sloveni e croati inseriti nella legione serba, in vista della nascita di uno stato jugoslavo, i rumeni dell'esercito a u., in quello rumeno, i francesi del-l'Alsazia-Lorena provenienti dall'esercito germánico, in íunzíone degli interessi francesi, gli italiani dell'esercito a.u. di cultura di idealità italiana da impiegare al fronte italiano, nelle file del Regio Esercito Italiano, tn seguito alia condanna a morte di Fabio Filzi, Cesare Battisti, Damiano Chiesa, Nazario Sauro, la Missione militare italiana operante in Russia decise di concentrare i volontari italiani a Kirsanov e di inviarli in Italia, ma rinunciando al loro utilizzo al fronte. Tra í'autunno del '16 e quello del '17, 4.400 irredenti ríuscivano a rag-giungere Torino via Arkangelsk e Glasgow. Smobiiitati dall'esercito a.u., mai sarebbero stati inseriti in quello italiano ed avrebbero raggiunto la Venezia Giulia solo dopo l'armistizio del '18 (Rossi, 1997, 146-171; Rossi, 1998). Con i'uscita della Russia dal conflitto, il desiderio di pace già largamente diffuso ira le armate austro-ungariche, díviene pressoché unanime ed assume una valer,za eversiva fondendosi con rivendicazioni a carat-tere sociale e nazionale. Nel maggio 1918 il vecchio impero è sconvolto da una serie ininterrotta di am-mutinamenti e di sedizioni che divampano anche ai-f'interno di unità sino allora lealiste. Particolarmente incisive le rivolte dei militari sloveni, i cosiddetti kranjski Janezi (Giovanni Carnioli), in quanto sorrette dall'ap-porto del proletariato di fabbrica e avvenute in quadri vicini al territorio nazionale. Alia loro origine uno stato di tensione e di malessere, dovuto ali'arroganza degli ufficiaíi, al peggioramento dei vitto, cui va aggiunta come causa determinante, ia notizia che le truppe di riserva, composte per lo più da uomini "con alie spalle un quadriennale calvario di combaíti menti in Galizia, sui Carpazi e a Doberdô", erano state nuevamente inserite nelle Marschkompagnien. il 12 maggio si ribel-laño 1.200 soldati del 17° reggimento di fanteria iubia-nese di stanza a Judenburg. II 14 maggio è la volta di Murau, cittadina situata ad una cinquantina di chilo-metri a monte di Judenburg, sulla Mur. La terza importante rivolta avviene a Radkersbug, kaderdeí famoso 97° reggimento di fanteria, con soldati di nazionalità italiana e slovena del Litorale. Le cause e lo sviluppo deil'insubordinazione non sono dissimili a quelle pre-cedenti. La sera del 23 maggio i riservisti del 97°, ab-bandonano improvvisamente le caserme e percuotono gli ufficiaíi che tentano di trattenerli. Saccheggiati i magazzini, i ribeíli sfilano per le vie della città in-nalzando bandiere rosse e i tricolor! nazíonali. Si inneggía al socialismo ed alla fine della guerra. Decisiva in tulte e tre le sommosse la presenza di quelli che i rapport! di polizia definivano "gli agenti del bol-scevismo", cioô i testimoni diretti degli avvenimenti che avevano scosso la Russia. Alla fine d'aprile, infatti, erano ritomati entro i confint delI'impero, in con-seguenza del trattato di Brest-Litovsk, circa 380.000 prigionieri di guerra, cifra destínala a salire a 500.000 entro i! mese di giugno. A differenza della minoranza internazionalista, rimasta nella terra dei soviet, almeno fino alia sconfitta delle armate bianche avvenuta nel 1919, in questo caso sí tratîava quasi sempre di gente che non aveva acquisito alcuna esperienza teórica o 410 AN MALES ■ Ser. hist. socio!. 9 • 1999 • 2 (18) Marina ROSSI: PRICSONKRI DRLA PACE. 409-422 pratica de! movimento rivoluzionario e in cu¡, nono-sîante l'aperta simpatia per il bolscevismo, i! desiderio di pace e delle famiglie, era prevalente su ogni altra cosa. La motivazione principale del comportamento successive deí reduci, che culmina in una collettiva presa di coscienza, deve essere essenzialmente individuato nelíe contraddizioni sociali e nazionali in cui essi si trovarono immessi al momento del loro ritorno in patria: a casa, infatti, invece della pace, ii attendeva di nuovo l'uniforme militare e l'ordine immediato d'invio sulla linea del fuoco. Dopo i successi iniziali, gli insorti abbando-nano il contrallo dei punti strategici (stazione, armerie, ecc.) e rilasciano l'ufficialità disperdendosi in piccoli gruppi, che tentano di raggiungere i vari paesi d'origine. Quasi tutti i fuggiaschi verranno bîoccati e disarmati da corpi tedeschi inviati dal capoluogo stiriano con !o scopo di reprimere i moti e solo alcuni riusciranno a sfuggire aîl'accerchiamento per darsi alla macchia sino alla fine della guerra. Come a Cattaro,2 la sollevazione non ha trovato uno sbocco più ampio causa í'assenza di precisi obiettivi e di una struttura organizzata. Nella seconda meîà di maggio i tríbunali di guerra funzionano a pieno ritmo ed emettono le ultime condanne di un impero ormai entrato in uno stadio preagonico: tra il 15 e il 25 maggio verranno processati e fucilati nelle località che li avevano visti come i capi più attivi della rivolta, quindici tra sottufficiali e soldati di nazionalità slovena ed italiana. Il governo puô ancora intervenire con efficacia nelle ribelíioni militari, ma non è più in grado di arginare l'intensa propaganda che la gran massa dei reduci sta svoigendo in ogni parte del paese. Nell'estate dei 1918 non sono molti i soldati disposti a sacrificarsi per le mire imperiaiistiche della duplice monarchia. Le conferenze organizzate dai comandi per rafforzare il morale delie truppe non raggiungono alcun risultato: tra il luglio ed il settembre le armate che combattono nella pianura veneta vedono assottigliarsi paurosamente le proprie file a causa delle continue diserzioni. Sul Piave infatti si stempera uno degli assi portanti della propaganda absburgica, che faceva leva sul sentimento nazionale e patriottico degli sloveni: la difesa de!la propria terra dall'espansionismo delio stato italiano. Suile sponde del fiume rosso di sangue, i militari sloveni si pongono domande sovversive per ogni esercito, cominciano cioè ad interrogarsi sulie finalità della guerra e ad odiare le gerarchie che l'hanno preparata e voluta (Marusic, 1985). Nel settembre 1918, nella speranza di ricevere so-stegno aile proprie rivendicazioni nazionali, 20.000 prigionieri jugoslavi si offrono volontari per la prima linea sul fronte italiano (Valiani, 1966, 400-401). In ottobre disertori jugoslavi riferiscono l'esatto schiera Fig. 2: Batlaglioni Neri in perlustrazione nei dintorni di Krasnojarsk (Fondo Livio Biattchi). Si. 2: "Črni bataljoni" pregledujejo teren v okolici Krasnojarska (fond Livio Bianchi). mento e gli ordini di battaglia delie truppe austro-ungariche. Sui fronti delle varie armate italiane il numero dei prigionieri serbo-croati aumenta progres-sivamente: da! 13 al 20 giugno fu di 786 su 9.433; dal 20 al 30 giugno di 1.409 su 6.761; dal 10 al 15 luglio d i 3.199 su 5.648 (Valiani, 1966, 441; AST, Bissolati, 3, 12). La battaglia condotta contro 1'allentarsi della disciplina è perdente anche su! fronte balcanico, dove le fughe si susseguono a ritmi incontrollati. I disertori van-no a raggiungere quello che l'ironia popolare ha deno-minato il "quadro verde", cioè i compagni che da tempo li hanno preceduti e che han trovato rifugio suile montagne della Macedonia e della Serbia. Ormai le stesse cortí militari si dimostrano consapevoli dell'impossibilità di intervenire nel corso degli eventí con soluziorii un tempo efficaci ed esemplari. Del resto, le condanne a morte tramite fuciiazione o pubbliche irnpiccagioni, già abbastanza frequenti agli inizi del conflitto, specie nei riguardi dei disertori, si erano in seguito alquanto attenuate, trovando applicazione, data la loro impo-polarità, solo per i reati più gravi di incitamento alia rivolta e di con ni venza col nemico. Anche le città del Litoraíe pullufano di renitenti alla leva e di transfughi d'ogni tipo, più spesso sostenuti dal compiacente appoggío della popolazione, A Trieste i disertori si dirigono istintívamente nei borgo operaio di S. Giacomo e nella sottoproletaria Cittavecchia, i rioni cioè che, tramite la solidarietà di classe e la pratica dell'arrangiarsi, offrono maggiori possibilité di soprawivenza (Rossi, Ranchi, 1988,9-39). 2 Sulle rivoíte dei marinai nella base di Cattaro (febbraio 1918) vedi Piemontese (1961, 317-329); Sossi (1991, 46-49>. Suile rivolte militari nei depositi vedi Rossi (1992). 41 1 AN NALES Ser. hist. socio!. • 9 ■ 1999 • 2 (18) Marina ROSSl PRIGIONIERI DELIA PACE, 409-422 LE CONSECUENZE DELL'ARMISTIZIO NELLA VENEZIA GIULIA. TRIESTE, PUNTO DI TRANSITO E DI CONŒNTRAMENTO DEJ REDUCI DELL'ESERCITO ITALIANO E DI QUELLO AUSTRO-UNGARICO Con l'armistizio del 3 novembre 19183 si riversano nelía Regione Giuíia centinaia di migiiaia di reducí del Regio Esercito Italiano, provenienti dat campi del-l'Austria-Ungheria e dalla Germania, di internati civili, di ex prigionieri a.u. provenienti dagli ospedali del-l'Austria, délia Moravia, redtici dal fronte balcanico. II rimpatrio disordinato di migliala di ex prigionieri italiani ed austro-ungarici, préoccupa non poco il Comando Supremo del Regio Esercito, L'8 novembre 1918, il generale Scipioni, addetto all'Utficio ordlnamento e mobilitazione, in un telegramma inviato da Como al Generale Diaz, lamenta, infatti che: Contrariamente a quanto era stato tassativamente íissato nelle clausole d'armistizio, l'Austria-Ungheria, anziehe avviare in luoghi stabiíiti ed a scaglioni suc-cessivi i prigionieri italiani che deteneva, li ha lasciati liberi contemporáneamente tutti, rovesciandoli in estrema confusione, sprovvisti di viveri ed in deplorevoli condizioni di vestiario, ndl'lstria e nel Friuli devastato (Procacci, 1993, 339). Al di là degli intenti espressi ripetutamente dalle autorità italiane, la massa dei reducj non trovó, al momento dell'arrívo nel territorio del Regno, alcuna forma di assistenza e fu costretta a vagabondare nelie retrovie, sprovvista di cibo e di vestiario (Procacci, 1993, 340). Partícolarmente drammatica la sorte dei militari giunti a Trieste. Neila prima decade di novembre glt arrivi nell'ex capoluogo del Litorale si susseguono al ritmo di 10.000 militari al giorno. Una settimana dopo i comandi registrano la presenza di 100.000 reduci, colptli in gran parte da aífezioni polmonari. Le autorité militari av-vertono l'esigenza di provvedere alio sgombero ed alio smistamento di questa marea di uornini in altre località italiane, per motivi di ordine pubblico e sanitario. Ma i dissesti provocati da píCi di quattro anni di guerra rendono molto difficile il reperimento di mezzi di trasporto. Si dispone ailora l'utilizzo di convogli ferroviari richiesti al deposito della stazione di lubiana e Portogruaro, di navi sulla rotta Venezia-Trieste-Fiume. II radiogramma urgente trasmesso dal governatore della Venezía Giulia, Petitti, all'Ufficio ordinamento e smo-bilitazione del Comando Supremo, il 20 novembre, risulta piutlosto emblemático: R. Governatorato della Venezia Giulia Trieste, 20 novembre 1918 Informo che Piróscafo Isonzo che doveva trasportare grassi e vettovagiie per popolazione civile pronto a partire dal gtorno 18 non est giunto neanche oggi nono-stante mare abbia permesso arrivo aítri piroscafi stop. Vapore S. Marco III giunto da Venezia solo con 12 ton-nellate merci prívate stop. Risulta che a Venezia maona carica viveri diretti popolazione civile giunse soitobordo troppo tardi e non é da escludersi che ritarcJo sia doloso e per favorire speculatori privati stop. Questi incidenti veramente apiacevoli ed inesplicabili rni inducono a pregare Codesto Comando di inviare a Venezia Uffíciale Sup. molto capace ed energico in diretto colíegamento con questo Governatorato' regoíare spedízione stop. Petitti (AST, CGCVG, b. 72) Ritardi negü arrivi dei convogli e difficoítá di approv-vigionamento sono denunclati in un altro rapporto: Governatorato della Venezia Giulia Stato Maggíore L'arrivo nostro a Trieste e il sopraggiungere della conclusione de!l'armistizio, determínarorio in breve un accavallarsi di arrivi dall'interno def territorio Ausfro-Ungarico per ferrovia ed anche per rnare da Pola e Fiume, senza che a tali arrivi potesse corrispondere in misura adeguata al trasporti in partenza. 11 confronto fra il numero giornaliero degli arrivati con quello dei partenti ... puó daré un'ldea delle difficoítá che l'ac-cumularsi in breve, di un cosi gran numero di gente abbia portato. In genere i convogli sono giunti sen2a alcun preavviso o preavvisati con notevole ritardo si da non poter predisporre il giá scarso vettovagl la mentó disponibile per i nuoví giunti, affamati dal lungo e 3 "In ogni paese d'origine" lo conferma lo «tonco István Deák, "in un primo tempo íurono solíanlo singóle compagnie formate da riservisti o da ex prigionieri di guerra a rifiutarsi di salire sui treni diretti al fronte e che dunque dovevano essere írasportati in vagoni sigiHatí. Ma in seguito inleri reggim entí si ammutinarono; occuparono cittá, sedi di presidio e, irr preda a d una furia cieca, fecero fuoco sulle truppe leal i". Gli ammutlnatl erano pef ¡o prü slavi, ma insieme a loro erano anche magiari e tedeschi. Le truppe ínviate al fronte erario orrnai ridotte ai limite deJI'esauri mentó, inferí baltaglioni non avavano neppure le camicie, migiiaia di sol ría! i portavano scarponS con suole di cartone. Nel giugno, durante l'ultima, grande offensiva su! Piave, lu truppe austro-ungaríche furono mandat«1 a cornbaitere con una razione giomalrera di a p pe na 200 grammi di pane pressoché immdttgiabile e 90 grammi di carne. Alia grande oífensrva sferrata nel Venero il 24 ottobre da parte detle forze deü'lntesa, le unitá austro-ungeriche resgirono in modo eterogeneo: il 2" Rc-ggimento Fucilieri da montagna della Landwehrdi Lubiana, formato da sloveni ed altre due d visioni ungheresi si rifiuta di combattere. Dallo studio di Deák, risulta inoltre che il comando italiano continuó a considerare come nemici, catturandoii come prigionieri, centinaia di migliala di austro-ungarici in (trga, in maggioranza slavi, rumeni ed italiani (Deák, 1094. 320-325). 412 ANNALES • Ser. hist. soriol. • 9 - 1999 - 2 (18) Marina ROS51: PRIGIONIERI OcU A PACE, 409.422 disagiato víaggío. A rendere piü critica la condicione degli ex prígionieri acc.umulati in Trieste concorre altresi lo stato d'animo di gente provata dalle lunghe sof-ferenze e insofrerenti di sopportarne altre ... dovettero constatare che la liberazíone veniva a creare per essi uno stato di vita peggiore della passata prigionía (AST, CGCVG, 72, Relazione..., dal ... al novembre 1918). L'area dei Punto Franco, prescelta in ragione degli ampi spazi recintati (hangar e magazzini), si dimostra ben presto insufficiente ed ingovernabile. L'afflusso ininterrotto di reduci di ambedue gli eserciti rende impossibile un efficace contrallo, poiché gli stessi ufficialí preposti a tale compito non hanno la motivazione per farlo. Lo leggiamo in un altro rapporto del gover-natore Petitti: La condotta degli ex prigionieri (ufficialí compresi), fu tutt'altro che ¡odevole ...E' ben vero che rnofti portavano abusivamente i distintivi di grado di ufficiale (un primo sommario censimento dava 12.000 ufficialí circa, accuratamente accertati, riducevano di 2/3 questo numero), ma questo non distrugge il fatto della scarsitá di energía adoperata dagli ufficialí ... In uno dei primi giorni era stata organizzata per essí una mensa di tappa, dove avrebbero potuto affluíre 150 per volta ...Gli uffíciali irruppero, ¡nvece, confusamente nel lócale ..., ir» numero parecchie volte superiore a quello físsato e forse perché non servítí súbito danneggiarono vandálicamente stovíglíe e coperti ... Alcuni si sono ailontanatí senza permesso. Fra questi va segnalato il maggíore Dall'Era Achille del 21° Bersaglierí ¡1 quale, senza es-sercí preséntalo físsó di mora in un albergo e non si fece maí piü vedere prigionía (AST, CGCVG, 72, Relazi-one..., dal 3. novembre ai primi di dícembre 1918). Alie sofferenze degli ex prigionieri e dei profughi tenta di porre rímedio anche la Croce Rossa americana e quella inglese. Impossibile verificare il numero e l'identita dei partenti per via di térra e di mare: Innumerevoli furono i prigionieri che si sottrassero clandestinamente, sia saíendo sull'imperiale defle vet-ture dei treni in partenza sia sui bastimenti destinati al trasporto per mare sia allontanandosi per via térra. Alcuni furono persino fermati, presso Pola, marcianti verso Sud, per Napoli (AST, CGCVG, 72, Relazione..., dal 3 novembre ai primi di dícembre 1918). il díssesto delle comunicazioni e dei trasportí, problemi sanítari ínsuperabilí, accrescono il senso di ím-potenza e d'ísolamento nella suprema autoritó della Venezia Giulia: Certo, durante questo doloroso periodo, io ho avuto piü volte, quasi direi, la sensazione di sentirmi tagliato fuori: i miei telegrammi piü pressanti ed urgenti rima-nevano senza risposta; únicamente perché non g'tun-gevano a destinazione; gli stessi radiotelegrammi non potevano essere trasmessf quando avrei voluto; il mare per l'imperversare della bora, era divenuto un mezzo separatore per l'ltalia; le colonne di camión inviatemi per via di terra, non giungevano per le molteplici diffícoltá che sí opponevano al loro viaggio; dovevo pensare a far gíungere truppe d'urgenza e quindi a rimandare a Venezia anche delle navi che potessero subito rípartire, senza subiré delle dlsirifezioní che sarebbero state assolutamente necessaríe se esse aves-sero caricato dei prigionieri ... (AST, CGCVG, 72, Relazione..., dal 3 novembre ai primi di dicembre 1918). Nell'area del porto irromponb i sottoproletari dei riohi di Barcólá e di Roíano, per saccheggiare i generi alimentan custoditi nei depositi. Lo leggiamo nella protesta inviata dalla dire/ione dei Magazzini; Generali al Comando del Govern ato rato, a scopo di rísarcimento: ... Tosto proclamata l'índipendenza della città di Trieste, si è sviluppato, tra i bassi ceti: della popolazione un sentimento di arbitrio e di misconnscenza della propriété altrui, poiché cosí la teppa interpretava l'an-nuncio della liberta ... Particolarmente infestata fu la stazione di smistamento verso Barcola ed in genere la parte settentrionale del Punto Franco. Ad onta che da parte dei Magazzini Generali fosse provveduto aíla chiusura di tutti i portoni trarine uno particularmente sorvegliato, ciononostante la su indícala parte del Punto Franco fu invasa da centinaia di persone le qualí scavalcavano addirittura la cinta lungo il víale dí Míramare e svaligíarono í carri ferrovíarí e il magazzino n. 33 ¡n cui l'esercito austríaco aveva eretto una fabbríca dí rum e vi si trovavano ancora ¡ngentí quantité dí spirito. Furono scassinate le porte, spíflatí molti fusti ... (AST, CGCVG, 72, MG, novembre 1918). Dopo il saccheggio al magazzino 33, stracolmo dí calzature, índumenti militari, veítovagSíe destínate ai reduci austro-ungaricí, truppe jugoslave díedero l'assalto ad un deposito di 30.000 Kg. di benzina, custodítí al magazzino 30. Dalla stessa fonte apprendiamo che, a causa dell'esaurírsí dei rícoverí (alla metà di novembre í reduci rínchiusí al Punto Franco erano 105.000) furono svuotatí 120 vagoní dí legname di proprietà dei Gantière Navale Triestíno, che i prigionieri utilizzarorio per costruírsí dei ricoveri contro il freddo. Bivacchi improv-vísatí, alímentati dal vento, avevano provocato quattro vasti íncendí ed altrí ríe potevano derivare dai materassi sottratti dagli austro-ungaricí da 45 vagoní in sosta (AST, CGCVG, 72, IGC, 14 novembre 1918). I problemi sanítari completano il quadro dí per sé sconvolgente (AST, CGCVG, 72, Relazione..., 1 I dicembre 1918). IL LENTO RIMPATRIO DEL CORPO DI SPEDÍZÍONE DA VLADIVOSTOK, DALLA COREA E DALLA CIÑA La ricerca approfondita di Giorgio Petracchi, gli studi di Renzo Francescottí, il volume di Gaetano Bazzani, document! ríservatí dell'esercito italiano (Petracchi, 1982; Bazzani, 1933; Francescottí, 1994), ci consentono dí addentrarcí nel complesso intreccio político e militare che impose un esilio forzato a 4.000 uominí nella base 413 ANNALES ■ Ser. híst. sociol. • 9 • 1999 2 (18) Marin,t ROSSI: PRIGIONIERI DEUA PACE, 409-422 Fig. 3: Finis Austriae (Archivio Marina Rossi - Sergio Ranchi). SI. 3: Finis Austriae (arhiv Marina Rossi - Sergio Ranchi). di Vladivostok fino ai febbraio 1920. Non si e mai saputo, scrive il Pelracchi, quanti irredenti siano morti per strada e quanti rimasero dispersi in Russia perché ignoravano l'esistenza della Commissione di rimpatrio o perché decisi comunque a non aderire alie sue richieste. Il viaggio a ritroso verso Kharbin, Tien-Tsin e Pechino con la speranza del ritorno in Italia ed il rischio di dover combattere contro i bolscevichi, fu causato dall'assenza di collegamenti marittimi tra la base interalieata del Pacifico e l'Europa. I rientri da Vladivostok dovevano perció essere effettuati o via America o attraverso il periplo dell'Asia. La rotta Vladivostok - S. Francisco -New York fu caldeggiata dal Ministro delí'ltalia a Pecbino Aliotti "alio scopo di propaganda per fa meglio apprezzare, ai di la dell'Oceano, la causa dell'ir-redentismo e la partecipazione delí'ltalia alia guerra" (Bazzani, 1933, 203; Francescotti, 1994, 93).4 I primi trasporti effettuati da Tien-Tsin nella primavera del '18 seguirono appunto tale direttiva. Nella primavera del '18 il villessino Sebastiano Fonzari, i triestini Mario Čuk e G. Sacher, con il roveretano Gino Filor, furono in- caricati dal tenente medico trentino, Silvio Menestrina, di inquadrare e disciplinare il primo contingente di 100 uominí destinato al rimpatrio. Raggiunta Vladivostok con la ferrovia, questi saiirono a bordo del Piróscafo Sheridan il 25 aprile e sbarcarono a S. Francisco il 12 maggio, ín mezzo ai festeggÍ3ment¡ della colonia italiana. Pochi giorni dopo, gli irredenti si trovarono al centro di altre calorose manifestazioni a New York, nel campo di Governors ísland, dove ricevettero la visita dei tenore Enrico Cartiso, che li colmo di doni. Quindi i cento saiirono sulla Giuseppe Verdi che, sfuggendo alie insidie dei sotíomarini tedeschi, approdó a Genova il 27 giugno 1918. li 15 gíugno di quell'anno, 370 reduci erano imbarcati nel porto di Fusan in Corea, sulla nave americana Logans, agii ordini del tenente trentino Grazi-ano Onestinghel; il 16 agosto, dopo i consueti festeg-giamenti degíi emigranti itaiiani, salpavano per Genova con il piróscafo Giuseppe Verdi (Francescotti,1994, 93).5 Dopo l'armistizio del novembre 1918, a Vladivostok era rimasta la cosiddetta Legione redenti (círca 1.200 uomini reduci dall'anabasi da Krasnojarsk con divise grigioverdi e mostrine rosse), il battaglione di irregolari Savoia comandato da Andrea Compatangelo,6 ed altre centinaia di prigionieri rastrellati in Siberia nel corso dei 1918 e concentrati a Vladivostok (Francescotti, 1994, 93). II rientro del Corpo di Spedizione fu votato dal governo Nitti solo nei giugno del 1919. II 9 agosto abbandonavano la Russia le truppe regolari dislócate nel Nord, nella regione di Arcangelo e giungevano a Torino, passando attraverso Glasgow, ¡E 24 dello stesso mese (Francescotti, 1994, 93). II 3 setiembre 1919 approdava a Vladivostok, proveniente da Trieste, ií transatlántico Gabionz e rípartiva cinque giorni dopo con un centinaio di uomini della Legione redenti. Altri scaglioni di prigionieri si imbar-carono a Tien-Tsin, Chin-Kuan-Tao e Vladivostok tra la fine di gennaio e la meta del febbraio 1920 (Rieger, 1992, 121; Rossi, 1998, 82-86). 4 Irredenti sono definiti dalla storiografía liberale italiana i prigionieri a. u. che in Russia avevano aderito alie proposte della Missione Militare Italiana. 5 L'Ufficio Storico deli'esercito italiano registra il rimpatrio dei Corpo di Spedizione e della Legione Redenti nel modo seguente: 10 scaglione, truppa 300 (1° setiembre 1919); 2" scaglione, " 960 (26 novembre 1919); scaglione, " 1103 (22 febbraio 1920); 4* scagl ione, " 465 (2 3 febbraio 1920}; y scaglione, " 1200 (26 febbraio 1920) in L'esercito italiano neíia grande guerra..., cit., vol. VII, Tomo Io, allegato 4, pag. 150. 6 L'ufFiciale goriziano, Cuido Mondolfo, costretto suo malgrado a mettersi in contatto con gli uomini del "Savoia" annota nel suo diario: "Vladivostok, 10 dicembre 1918. Dal capilar» ho rícevuto il compito di informa rrn i presso i nuovi venuti dei battaglione Savoia, vestiti dai russi, delle loro ¡nienziont. Oio mió che teppa! Non sono fatto per queste cose!" (Mondolfo, 1978, 274) Suíta condotta ambigua del Compaíangelo si veda anche il citóte; volurne di Petracchi (1982, 90), nonché il volunte di Francescotti (1994, 94-105). 414 AN NALES Ser. hist. socio!. • 9 ■ 1999 • 2 (18) Marina ROSSI: VRICSONIERS DELIA PACE, 409-472 CU OSTACOLl FRAPPOSTI DAL GOVERNO ITALIANO. IL PROBLEMA DEl D5SPERSI La lentezza de! rimpatrio dipese anche dai problemi di ordine político. Del tutto impreparate ad affrontare i problemi logistici e materiaii conseguenti al rimpatrio di centinaia di migliaia di reduci, le autorità italiane ave-vano preso in considerazione, esclusivamente gli aspetti disciplinan e penali ad esso legati. La vera preoc-cupazione del Comando Supremo e de! governo deri-vava soprattutto dai sentimenti ostili nei confronti deíie istituzioni, nutriti da quanti avevano dovuto sopportare una lunga prigionia. Ció indusse le autorità a considerare ogni prigioniero alia stregua di un potenziale sovversivo, su cui era necessario esercitare un'azione repressiva e di controllo, piuttosto che di assistenza (Procacci, 1993, 336-338). Fonti riservate d'archivio ci indicano infatti che nel biennio 1919-1920, gli italiani e gli sîoveni delle cosiddette terre írredente furono forzosamente trattenuti a Vladivostok con finalità rieducative. ti nulla osta per la partenza venne concesso in prima istanza agli elementi ritenuti affidabili dai punto di vista nazionale e patriottico. Lo comprova ¡i seguente comu-nicato spedito dalla Regia Legazione d'ltalia presente a Vladivostok il 4 gíugno 1919 : COMANDO SUPREMO Segretariato Generale per gli Affarí Civili Oggetto: Prigionieri di guerra redenti anualmente in Siberia. Richiesta di autorizzazione di rimpatrio. - Al governatore della Venezia Giulia (Ufficio Affari civili) Trieste; - Al governatore del Trentíno (Ufficio Affari civili), Trento; - Al governatore della Dalmazia (Ufficio Affari civili), Zara; - Al comando del Corpo d'occupazione interalleato, Fiume: La Regia Legazione d'ltalia a Vladivostock (Siberia) comunica quanto segue: "Ho l'onore di trasmettere gli elenchi dei redenti raccolti da questa Missione nel mese di marzo 1919. L'elenco A comprende gli elementi migliori per i quali il rimpatrio potrebbe essere immediato. L'elenco B queili per i quali è necessaria un'ulteriore permanenza qui per completare l'opéra di rigenerazione morale che questa Missione va spiegando in loro favore. Si trasmettono in copia i due elenchi suddetti e si gradtrà di conoscere il parere circa l'opportunità di autorizzare la Legazione predetta a dtsporre il rimpatrio dei prigionieri di guerra compreso nell'elenco A. I! Segretario Generale (AST, CCVG, AG, 1919-1922, 42) Nella nota informativa pervenuta ií 23 luglio 1919 all'Ufficio Affari civili si legge tra i'aítro: I prigionieri sottonotati reduci dalla Russia anualmente a Vladivostok: Covacich Matteo Pola Rocchetti Giuseppe Pola Pergoíis Domenico Pola Sgrablich Michele Rovigno Sono tutti di naziorialità e sentimenti italiani, di buona condotta morale, per cui nulla osta al loro rimpatrio (AST, CGC, AG, 96). Per Quadri Bruno, ufficiale di carriera nell'esercito a.u., figlio di un ex alto ufficiale della ex marina a.u., di nazionalità italiana, ma schedato come filo asburgico, il parere è sfavorevole (AST, CGC, AG, 96). Difficoltà logístiche ostacolarono per diversi mesi la partenza dei Battaglioni Neri. II 24 agosto 1919, il triestlno Basilio Bianchi annota infatti, da Shan-Kai-Kuan, ne! suo diario: Qui vedo l'aspirante ufficiale Chittaro mió amico di Pechino che mi disse che noi saremrno andati a TienTsin - Addio partenza sperata; addio rimpatrio. Ma è proprio destino che noi dobbiamo crepare in questa terra malsana? Arriveremo in Italia nel 1919? Temo proprio di no (Bianchi, 1914-1920).7 Con l'arrivo de! Nippon a Vladivostok, la speranza di ritornare a casa si rivela nuevamente ¡Ilusoria. Il 23 novembre 1919, lo si legge neüo stesso diario, il comandante della Compagnia comunica un'ennesima dilazione: 23 novembre. Adunata della Compagnia e l'ufficiale dice: "1 militari che appartengono alie classi 1895, '96, '97 e '98 escaño dalla fila e si mettano a sinistra ... I gíovani debbono rimanere qui in Ciña ancora per un po' di tempo, mentre gli altri, circa 1.000, partiranno per l'ltaíia coi Nippon, appena questo piróscafo arrivera a Chín-Kwan-Tao (Rossi, 1998, 91). Tra gil esclusi c'è chi si ribella alla cattiva sorte, mescolandosí ai partenti, all'insaputa dei comandi: Un saluto ed un abbraccio a Ernesto Radich e il treno si muove. Qualciino fa qualche pazzia, salta su! finestrino a parte anche lui, qualcun altro, senza t'ar tante chiacchiere, era già nel vagone e partiva. E noi? Noi qui a terra ci guardavamo l'un l'altro come istu-piditi, muti ritornammo in caserma. Partirono anche Mario e Siberia, i due orsacchiotti, e ci dispiacque molto lasciarli partiré, ma non potevamo più tenerli ... Anche loro partivano per Trieste, non erano delle classi che rimangono qui (Rossi, 1998, 92). 7 fl suo percorso di guerra e stralci dei suoi diari sonó analizzati nel volume di Marina Rossi (1998, 24-26, 37,38,42, 46, 49, 58, 73,74, 81-86,89,112,201). 415 ANNALES • Ser. hist. sociol. - 9 -1999 • 2 (18) Marina ROSSI: PRIGIONIERI DELLA PACE, 409-422 Fig. 4: Trieste, novembre 1918. Colonne d¡ prigionieri austro-tingaría in marca sulle rivc (Arcbivio Marina Rossi - Sergio Rancbi). SI. 4: Trst, novembra 1918. Kolone avstro-ogrskih ujelnikov na pohodu po obali (arbiv Marina Rossi -Sergio Rancht), Costretto a restare a Tien-Tsin, Basilio Bianchi, classe '97, entra a far parte della nuova compagnia di Stato Maggiore composta da piú di -100 uomini, compreso il genio e i'artiglieria. La protesta contra i! mancato rim-pairio, organlzzata il 5 dicembre, rientra pero rápidamente, a causa delle gravi sanzioni minacciate dagli ufficiali superiori. Centinaia di triestini ed adriaticí forzosamente trattenutí suile coste del Pacifico in condizioni di estrema indigenza, delusi ed umiíiati nella loro fede nazionale, inviano all'onorevole Valentino Pit-toni un appello pubblicato dalla téstala socialista !'!l Lavoratore", il 13 gennaio 1920: Siamo stati alquanto indecisi prima di mandare questa lettera, non volevamo dimostrarci ingrati verso la riostra grande madre patria, Pilalia, che fece tanti sa-crifici, tanti sforzi per redimere le nostre terre ... Siamo stati, ripetiamo, a lungo in dubbio, non potevamo comprendere come l'ltalia vittoriosa, trionfante non avesse potuto ancora mandare qui una nave per prenderci (II Lavoratore, 13. 1. 1920). La circostanziata denuncia, oltre a ribadire Je ragioni della stima e della fiducia riposta nell'autorevole de-putato socialista, evidenzia le responsabilita dei coman-di del Regio Esercito italiano, pronti a colpire con Par-resto e la condanna del tribunale militare i numerosi casi di insubordinazione verificatisi agli inizi dei setiembre 1919, quando solo 130 dei 400-500 volontari (su un totale di 1.000 irredenti) riuscirono ad imbarcarsí sul Cablonz, ormeggiato alia banchina di Vladivostok. Ad aggravare i disagi contribuí, oltre alte promesse mai mantenute, il trattamento economico miserevole, il piú basso in assoluto tra quelli in vigore tra le forze deí-Nntesa, al punto da far rimpiangere ai reduci la pri-gionia trascorsa nelle file dell'esercito austro-ungarico, in altre remote locaSità della Russia (II Lavoratore, 13. 1. 1920). Ad alimentare la difridenza del Comando Supremo nei confronti dei reduci contribuí, come puniualizza il presidente della Lega dei familiari dei prigionieri, ne! corso di un'assemblea tenutasi ai primi di dicembre, "if timore che in loro siansi diffuse le idee bolscevíche" (Procacci, 1993, 336). Proprio per evitare tale rischio, il 7 marzo 1918, il Generale Armando Diaz, in coin-cidenza del rientro in Italia di alcuni scaglioni di sudditi italiani residenti in Russia richiamati alie armi e di alcuni reduci dai campi dell'Austria, awertivs la presi-denza dei Consiglio di voler evitare qualsiasi contatto con le truppe da parte di tali "torbidi soggeüi, trattandosi di individui che risuítano essere rimasti a fungo in contatto con gli elementi rivoíuzionari russi e in parte appartenenti a catégorie fácilmente suggestionate dalla propaganda rivoluzionaria" e aveva perianto proposto ta loro relegazione in una delle colonie italiane quale per esempio la Libia (Procacci, 1993, 337). ! CAMPJ DI S. CIUSTO, PROSECCO, FORTE PROCOLO, CARDOLO-L'INTERNAMENTO IN ALTRE REMOTE LOCALITÀ DEL RECNO. Per controllare i'afflusso dei prigionieri italiani, il Comando Supremo predisponeva l'istituzione di speciali centri ail'interno dei quali i reduci potessero essere sot-toposti agli interrogatori ed ai procedimenti penaii rite-nuti necessari. II primo fu aperto a Gossoiengo, presso Piacenza, successivamente si aprivano altri concentra-menti in varie zone d'Itaîia soprattutto in Puglia. Il 12 novembre 1918, un'ordinanza imponeva a tutti gii ex prigionieri italiani un periodo d'isolamento nei campi di Castelfranco, Gossoiengo, Rivergaro, Ancona e Bari, dove si svolgevano gli interrogatori per verificare ulteriormente le circostanze della cattura. Con analoghe finalité politiche e rieducative, furono aperti aftri campi di rac-colta per i reduci della Russia, i disertori provenienti dalla Bosnia, dall'Erzegovina e dal Montenegro, o per quanti direttamente o indirectamente avevano avuto a che fare con i movimenti connessi aíla Rivoluzione d'ot-tobre sia in Russia che in altri paesi : per gli sloveni e croati dell'lstria ex a.u. già aderenti alia Legione serba, o schedati come simpatizzanti del nuovo stato jugoslavo.8 8 Quelle di Gardolo (prov. d¡ Tremo!, provoco manifestazioni popolari di proteja cosí energiche, da costringere ¡e autoriià a chiudeilo {Ursini - Ursic, 1996, 18-37). 416 AN NALES Ser. hist. socio!. • 9 ■ 1999 • 2 (18) Marina ROSSI: TOGIONIERi DE11.A PACE, -WSM.Í? Per questi reduci sí aprirorto a Trieste i concentra-menti di S. Giusto, di Prosecco e in molte aitre localitá ¡talíane grandi e piccole, ira cui Lipari, la Sardegna e Foite Procolo. A S. Giusto ed a Prosecco i prigioníerí a.u. furono spesso costretti a lurtghi periodi d'¡solamente successivi o precedenti l'inoltro in altri luoghi di prigi-onia. Ad es. il 2 gertnaio 1920 Četin Giovanni, Sredé Francesco, Kinchela Giovanni, Skrk Antonio, Grbz Matteo, tutti nativí di Castua, gia caduti in mano aglí inglesi e da questi internati in Egitto non ottengono la sospirata libertá dalia Legione Carabinieri di Raute (Trieste), e sono invece scortati al campo di concentra-mento di S. Giusto, in attesa di ufteriori accertamenti (AST, AG). L'8 gennaio 1920, ¡a Societá Edinost chiede la liberazione di: Bencina Francesco, classe ¡874, nato ad Jdrija e relegato ne! campo di Altamura; Nesič Vittorio, nato a Porri neí 1892, comune di Sežana, internato a Nisida; Svet Ferdinando, nato a Servóla nel 1880 e rinchiuso nel iager 102 presso l'Aquila; Hren Mirko, classe 1897, originario di Cerknica, distretto di Tolmino, rinchiuso nel campo di Bagni di Comano; Černič Augusto, nato a Gabrije, comune di Savogna, inviato nel campo di Bouches du Rhone, Francia (AST, CAC, AG). II 9 maggio 1920 Radivoj Giovanni chiede ai Comando del Campo di Prosecco il rilascio del íiglio Nicoló, giunto in Italia attraverso Vienna con un trasporto tedesco, giá trattenuto nell'infermería della stazione militare di Tarvisio (AST, CAC, AG). Goffredo Pikel, giá prigioniero in Russia, originario di Postumia, é rinchiuso nel castello di S. Giusto nel dicembre del 1919, perché, lo dichiara la Legione Carabinieri Reali della Venezia Giulia, Divisione di Postumia, al Com-missariato Generale Civile di Trieste: Fervente jugoslavo ... Afl'epoca delia disfatta austríaca, anziché ritornare a Postumia suo paese nativo, se ne rímase a Lubiana, ove nei primi mesi del corrente anno si arruoló in un reggimento jugoslavo e col suo reparto prese parte a combattimenti colle truppe austriache in Carinzia. Neif'ottobre u.s. il Pike), munito di un salvacondotto rilasciato dalla Legazione italiana di Belgrado, e figurante quale commerciate, fece rítorno a Postumia e súbito si mise d'attorno per far risorgere la lócale sezione del Sokol, sciolta dal governo austríaco nel 1914, per la spiccata tendenza slavofíla tacendosi nominare segretarío (AST, CAC, AG, 95). Alio stesso viene rivolta anche l'accusa di essere, se non proprio il responsabile, almeno l'ispiratore di paree -chi articoli apparsi su giornalí jugoslavi in cui erano prese di mira d'autoritá di Postumia (AST, CAC, AG, 95). Di diverso avviso la díchiarazione dei familiari cui l'internamento fu comunícato come misura obbligatoria per i prigíoníeri ex a.u., specie se uffíciali (AST, CAC, AG, 95). A S. Giusto finiva nello stesso período Antonio Bencina, ex combatiente dell'esercito austro-ungarico al fronte balcanico, consegnato daí serbi alie autoritá Fig. 5: Truppe italiane a Trieste, novembre 1918 (Ar-cbivio Marina Rossi • Sergio Ranchi}. SI. 5: Italijanske enote v Trstu, novembra 1918 (arhiv Marina Rossi - Sergio Ranchi). mílitari italiane nel 1915 e da queste inviato all'Asinara, dove míglíaia di prigionieri morivano di colera. Liberato alia fine del '18, sbarcava a Genova nel febbraio del '19 e da li finalmente riusciva a raggiungere Trieste. Otto giorni dopo un altro provvedimento cautelare Jo riconduceva a S. Giusto. L'attestato fórmale di btiona condotta sottoscritto dal Comando dei Carabinieri non fu sufficiente ad impedire un nuovo imprigionamento a Gardolo ed a Forte Procolo. Le accuse a carico del Bencina sarebbero rimaste íncomprensibili agli stessi carcerteri. Nella sua denuncia leggiamo infatti: Fio disperato di sapere mai la causa di questa procedura. Ad ogní comandante, ad ogní ufficiale superiore e generale che c'ispezionó, io rivolsi la domanda ch'era diventata i! mió tormento "Perché sono internato?". Soltanto la Commíssione inviata da Trieste a visitarci a Gardolo mi rispóse con parole e non con smorfie e con gesti della mano e del capo, Ma mi rispóse in una maniera inqualificabile. íl tenente che prima m'interrogava mi rispóse: "Non lo sappiamo!" (AST, CAC, AG, 56). 417 ANNAL£S • Ser. hist. sociol. • 9 1999 2 (18) Marina ROSSI: PRICIONIERI DELI.A PACE. 4Q9-422 Fig. 6; Trieste, 1920. Sha reo di ex internati e di legionari del corpo cecosiovacco> giá combattenti in Siberia (Archivio Marina Rossi - Sergio Rancbi). SI. 6: Trst, feto 1920. Izkrcanje nekdanjih taboriščnikov in legionarjev češkoslovaškega korpusa, prihajajočih s sibirskih bojišč (arhiv Marina Rossi - Sergio Ranchi). Alia Commissione d'incbiesta, ¡nviata a Gardolo, si era rivolto, alia fine d'ottobre, dopo sette mesi d'in-ternamento in quel campo, il barone Renato de Lettis, nato a Fiume i! 4 novembre 1879. Arrestato ad Abbazia il 13 aprile 1919, sarebbe stato poi rinchiuso a S. Giusto ed a Forte Procolo. I suoi sentimenti filo ¡talianí, 1'aiuto prostato alia popolazione italiana, nella zona di Buttrio, dopo la rotta di Caporetto ed il carcere patito in Austria come politicamente sospetto non avrebbero costituito alcun títolo di mérito: Alio scoppio della guerra mondiaJe del 1914, venni dalle autorita austriache arrestato ed ínternato come sospetto político. Dopo di avor fatto tonoscenza delle carceri dei Gesuiti di Trieste e del Casteilo di Reifenberg e di Lubiana, venni rilasciato a piede libero, rna poco dopo dovetti entrare sotto le armi e mi trovavo appena un mese di servizio militare, quando venni mandato al fronte. Mía moglie, in seguíto a tanti díspiacerí, s'am-maló r, dopo lunghe sofferenze, morí all'etá di appena 22 anni, lasciandomi una bambina di 2 anni. Dopo i fatti di Caporetto, venni come comandante di un reparto a Buttrio, presso Udine. Specialmente in queí primi tempi la popolazione borghese era esposta ad ogni s poete di maltrattamento da parte delle truppe che passavano per quel le contrade. il servizio di lappa non era ancora organizzato ed io senza avere alcun ordine superiore ed in seguito ad insistenti preghiere da parte de! párroco di Buttrio, Don Miconi, e del facente funzioni da sindaco Pietro Dovvolo, organizzai un servizio di gendarmería con alcuni miei soldati, che giovó molto a quella popolazioni, ció che lo possono com-provare le suddette persone. Cito come testimoni anche il castaldo dei Conti Attimis - Manlago, Luígí iirutti, i! castaldo della villa Garzolini di Buttrio, nonché il pro-prietario della stessa Prof. Garzelini, dimorante a Trieste, via Paduina 4, Questi si meraviglierebbero non poco, se sapessero che io mi trovavo gíá da mesi ínternato dalle autoritá italiane! Dopo di Buttrio, fui a Tarcento, Riguardo al mío procedere in questa búrgata ed ai miei sentimenti mí richiamo alia testimonianza di tre capítani medici ítaliani prigionieri di guerra, i quali araño addetti al-f'ospedale di Tarcento per il servizio sanitario presso la popolazioni borghese e cíoé Dott. Gioachino Baisi da Napoli, Dott. Ciro Motolese e Dott. Cario Fabianl. Sebbene di nazionalitá jugoslava, único delitto che le autorita italiane possono addossarmi sono piü che convinlo che nessun italiano avrebbe potuto agiré con piu amore e cuore di me verso gli ítaliani delle terre allora invase (AST, CAC, AG, 56, 3-4). Anche Zigon l.uigi si appella ai deputati socialisti per ottenere il rilascio dal casteilo di S. Giusto, dopo un periodo di detenzione trascorso a Forte Procolo e a Gardolo. Da lui sappiamo che il 4 dícembre 1919 in quelía localitá, in baracche luride, umide e fredde si trovano oltre 100 ínternatí gíá rinchiusi nel Forte Procolo di Verana e che a S. Giusto vi erano, tra gii altri, 150 reducí dalia Russia: Due settímane fa, dopo tante preghíere ed ínterventí da parte delle madri e delle sorelle presso il Govematore Ciufíelli, siarno stati inviati quindic't di noi a Trieste a disposizione del Commissariato Civile. A Gardolo d dissero, alia partenza, che con ció comín-ciava il promesso rimpatrio. Peró noi quindici ci tro-viamo ancora oggi a! casteilo di San Giusto, a Trieste, internati come prima. Ma per di piü abbiamo tróvalo a San Giusto diversi internati che sono stati arrestati olto mesi fa con noi, chiusi in un lócale da! quale escono giornalmente per un'ora d'aria; dunque tenuti come veri ergastolani, senza che fossero stati condannati. Oitre di ció c'é a San Giusto una compagnia detta, compagnia dei redenti, circa 150 uomini. Questi sono o reduci dalla Russia o dalla Jugoslavia, molti di loro profughi, che ritornano all'Austria tedesca e dalla Jugoslavia colle loro famiglie, ed i quali a Longatico, staziorie alia línea d'armistizio, vengono strappati dal seno delle loro famiglie disgraziate, ritomanti fra le rovine delle loro case e conclottí nel campo di smi-síamento di San Giusto, a Trieste, per le pratiche ne-cessarie, onde constatare la loro identitá. Si osserva che questi infeltct, alia partenza della Jugoslavia, hanno ot-tenuto il passaporto dalla Missione italiana di Lubiana (AST, CAC, AG, 56,1-2). La círcosianzíata relazione rivela l'esistenza di un campo di concentramento per disertori jugoslavi a Como, dove per altro si trovano anche intelleítuali sloveni e croati: Vengono mandali in questo campo tutti coloro che sono sospetti di aver prestato servizio militare in iugo-slavia. Cosí sono stati mandali in quel campo, alcuni giorni fa, due giovani, uno maestro, l'altro ahituriente, ANNA1.ES • Ser. hist, sociol. - 9 1999 • 2 (18) Marina ROSSl: PRiGIONIERl DEL LA RACE,