received: 2010-06-12 UDC 347.628.42:27-725-447.7(450.344)"16" original scientific article PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA. UN CASO DI CONCUBINATO ECCLESIASTICO A SAPPADA NEL 1602 Claudio LORENZINI Via Stati Uniti d'America, 31, 33029 Villa Santina (UD), Italia e-mail: cla.lorenzini@gmail.com SINTESI Il vicario del patriarca di Aquileia durante la visita pastorale del 1602 constató che il prete di Sappada (Alpi Carniche) teneva con sé una concubina con la quale aveva avuto quattro figli. La procedura dello scrutinio consentí di scoprire la colpa e di procedere con il giudizio. A differenza di quanto avveniva solitamente, il caso impose di raccogliere anche la testimonianza della concubina, mediata dall'interprete. La mancata conoscenza del volgare era condizionata dalla particolare condizione delle donne di questa co-munita, dove la lingua domestica é il sappadino, una variante del tedesco. L 'attivita mercantile, svolta dagli uomini migrando, consentiva loro di avere una piu vasta competenza linguistica. Per l'esercizio della mercatura, attivita svolta nei territori tedeschi, agli uomini era richiesta un 'istruzione superiore, per raggiungere la quale il ruolo dei padri era determinante. A partire dai primi decenni del Seicento, ai preti fu precluso definitivamente anche questa funzione paterna. Parole chiave: concubinato ecclesiastico, visite pastorali, paternita, mobilita alpina, testimonianze femminili TO SCRUTINIZE THE VOICE OF A WOMAN. A CASE OF CLERICAL CONCUBINAGE IN SAPPADA IN 1602 ABSTRACT The curate of the patriarch of Aquileia during the pastoral visit of 1602 found that the priest of Sappada (Carnian Alps) lived with a concubine with whom he had had four children. The aim of the examination process was to discover the fault and proceed to trial. 197 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Deviating from the norm in such cases, there was a demand that the testimony of the concubine be obtained, mediated by an interpreter. The particular situation of women in this community, where the common tongue was Sappadino, a German dialect, meant that they lacked knowledge of the Italian vernacular. The mercantile activities carried out by men provided them with a broader linguistic competence. In order to practice trade, a peripatetic activity throughout the German territories, men were required to possess a higher education, in which fathers played a crucial role. From the early decades of the seventeenth century, priests were ultimately denied this role. Key words: clerical concubinage, pastoral visits, paternity, Alpine mobility, women's testimonies UNA PREMESSA Mi affido alla ricostruzione di un caso di concubinato ecclesiastico registrato a Sappada, nella montagna veneta, al principio del Seicento; un caso non isolato e, a quell'altezza cronologica, senza caratteri di eccezionalità. Attraverso la ricostruzione del contesto e la lettura ravvicinata delle carte che ce l'hanno trasmessa, la vicenda puó offrire elementi che restituiscono alcuni dei tratti che marcano le culture degli uomini e delle donne di queste (piccole) comunità alpine. Indagheró sulle relazioni che univano il prete e le anime soggette alla sua cura. Mi soffermeró poi sulle testimonianze femminili che, soltanto occasionalmente, po-tevano emergere in quelle circostanze. M'intratterró infine sul posto loro occupato in seno a questo particolarissimo processo, generato dallo scrutinio svolto durante la visita pastorale, e sui mediatori chiamati ad intervenire per rendere intelligibile e probante, come avvenne in questo caso, la testimonianza femminile. I FATTI Bartolomeo Vinotolo era ritornato a fare il parroco di Sappada nel dicembre 1601. In quella comunità, posta alle propaggini settentrionali della Repubblica veneta a cavaliere fra la Carnia ed il Cadore, aveva svolto lo stesso compito già dal novembre 1592 e almeno fino al 1594, quando si era trasferito in Comelico, non lon-tano da li (Toller, 1969, 99). Nel novembre 1602, durante la visita pastorale, il vicario patriarcale Agostino Bruno constató il suo stato di prete concubino. Dovette pertanto procedere ad un processo, formato grazie alla compresenza di una piccola corte composta dal can- 198 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 celliere e da altri consacrati (Maieron, 2007, 23) che lo seguivano durante la sua atti-vità di visita (ACAU-VP, 791, 2/I, cc. 26v-28; 791, 2/II, cc. 26-38r). Si trattava di una prassi dovuta una volta verificato il sospetto di abusi e reati dal versante canonico, ma che non necessariamente trovava sbocchi processuali e, forse tanto meno, ripercussioni e pronunciamenti disciplinari sui rei una volta accertati i fatti. La prudenza e la comprensione, unita alla volontà di recidere queste pratiche, guidava in quella fase la pastorale dei vescovi che provavano a far adottare i dettati tridentini. Fu cosi anche per la diocesi aquileiese. Bartolomeo fu dichiarato colpevole. Nelle testimonianze raccolte fra i rappre-sentanti della comunità e della chiesa si accertó che il prete conviveva con Maria figlia di Vincenzo Hechar di Sappada già durante la sua prima permanenza in par-rocchia, dalla quale aveva avuto quattro figli. Come accadeva per larga parte dei casi di concubinato ecclesiastico ancora in quel torno d'anni, il loro rapporto si era in-staurato attraverso la necessità del prete di avvalersi di servitù: "la teniva per mamola da principio, ma quando il foco è appresso la paglia s'impizza comincio poi ad haver affar con lei, si che la tiene per concubina " (ACAU-VP, 791, 2/II, 32v), affermó uno dei testi, illustrando con rara efficacia uno scenario frequente quando a fare da serva e da perpetua era una giovane e nubile (Di Simplicio, 1988, 381).1 Lo stesso pre Bartolomeo confermó i medesimi antefatti, assimilando alla sua cura quella del bestiame: "la prima volta che io fui curato di Sappada che devono esser da sei, o sett'anni [...] haveva dui armete le quali lei me le veniva a governare, et [...] all'hora io la teniva in casa accio me le governasse, et me tenisse anco me mondo, et netto" (ACAU-VP, 791, 2/II, 36r). Fu condannato a rimanere rinchiuso in una casa a Comeglians, qualche chilo-metro più a valle; non c'erano carceri "comode", vicine, dove poterlo custodire in attesa di un pronunciamento del patriarca. Mi è ignoto il provvedimento che, in tutta evidenza, dopo qualche tempo lo prosciolse.2 È certo infatti che, nonostante la condanna, prosegui ancora la sua atti-vità pastorale, sempre a Sappada fino alla fine del 1616. Il 23 gennaio dell'anno successivo fu confermato dall'arcidiacono della Carnia nel suo nuovo ruolo di curato della Parrocchia di San Martino vescovo di Cercivento Per le osservazioni e i suggerimenti che ho ricevuto nella revisione di questo articolo ringrazio Michelangelo Marcarelli, Furio Bianco e Domenico Isabella. E questa l'accezione che i testimoni attribuiscono al termine 'mammola', che il Battaglia registra come fanciulla vergine, immatura, inesperta, "tímida e modesta, dai modi eccessivamente schivi e pudichi" (Battaglia, 1975, 595) e che trova riscontri anche nel friulano mámola/mámule o fámule, "fantesca, ragazza o donna di servizio nelle famiglie rurali per i lavori grossolani e specialmente per i lavori di campagna", che é il corrispettivo femminile di faméi, servo o governatore (Pirona et al., 1935, 557 e 294). Ho effettuato verifiche, ma senza esito, in ACAU-AC, 405 e in ACAU-FM, 1022, Atti 1589-1628, 2. Atti 1596-1606-7. Abbate Agostino Morosini 1596-16281°. 1 2 199 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 (ACAU-FM, 995, Beneficialia Mosacensia, 7, Cercivento; Cercivento, 1981, 10).3 Li rimase per ben venticinque anni, fino alla fine del 1642, quando fu sostituito. Il 17 novembre il Comune volle omaggiarlo con 25 ducati ottenuti dalla vendita di un con-tratto di livello, "per far ellemossina per opera pia al reverendo domino Bartolomeo Vinotolo per esser stato loro curato ".4 SAPPADA Sappada/Plodn, il suo nome, "ha poca ragione di esistere ", sosteneva il geografo e matematico tedesco Siegmund Günther, li di passaggio nel 1891 in visita alle "colonie tedesche " in Italia, poiché si tratta di "un aggregato di villaggi, divisi in varie frazioni, disperse sopra uno spazio, a percorrere il quale occorre una buona ora di cammino " (Marinelli, 1892, 77). Il territorio della comunità si allunga infatti per oltre cinque chilometri e fonda la propria identità sull'aggregazione delle quindici borgate che la compongono. Si tratta di un riflesso insediativo e paesaggistico della parti-colare genesi di questa comunità. I sappadini vi si stanziarono durante il principio del Duecento, con le loro quindici famiglie originarie - i capi-maso - provenienti dal Tirolo orientale, in tutta probabilità investite dal patriarca di Aquileia di prerogative di godimento del ricchissimo comparto boschivo e pascolivo della valle (Peratoner, 2009a; Peratoner, 2009b; Peratoner, 2009c). Fino alla caduta della Repubblica di Venezia, Sappada fu annoverata quale villa annessa alla (piccola) città di Tolmezzo, sede della Gastaldia, l'autorità veneta con facoltà giudicanti che sorreggeva le sorti della Provincia della Carnia (Ventura, 1988, 399). Al pari delle altre ville annesse, Sappada si collocava ai limiti confinari del territorio provinciale, a salvaguardia del versante montano della Patria del Friuli, uno dei più vasti comprensori alpini della Repubblica di Venezia.5 3 In ACAU-FM, 995, Beneficialia Mosacensia, 7, Cercivento, si trovano la nomine del 1617 unita alle rinunce ed alle successive riconferme del beneficio per il 1623 ed il 1630. Era fatto obbligo ai curati della vallata di Gorto rinunciare annualmente al beneficio, riponendolo nelle mani della comunità, che aveva la facoltà di confermarlo o rigettarlo. In ASU-ANA, 602, Cercivento, 3, Prottocolo di me Pietro di Vora, nodaro di Cercivento di Sopra. N. 3. Sotto l'anno 1641 et l'anno 1642 si trovano l'atto di nomina di pre Giacomo di Piazza di Colza, il sostituto di pre Bartolomeo, del 25 gennaio 1643, e l'atto di rinuncia e concomitante riconferma, del 25 gennaio 1644. 4 ASU-ANA, 602, Cercivento, 3, Prottocolo di me Pietro di Vora, nodaro di Cercivento di Sopra. N. 3. Sotto l'anno 1641 et l'anno 1642. 5 Nella ricomposizione dei distretti adottata dall'autorità austriaca, il Comune è compreso dal 28 marzo 1852 nella Provincia di Belluno, ma fino ad allora è stato incluso fra le comunità della Carnia, anche se dal versante morfologico Sappada, alle sorgenti del Piave, fa parte del Cadore: ne è l'estremo lembo orientale; oppure, come s'è preferito fino alla metà dell'Ottocento, è l'ultima propaggine nord-occidentale della Carnia (Peratoner, 2002, 103). 200 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Ciascun maso formava un abitato accentrato, ed i quindici masi assieme riuniti componevano la comunità di villaggio. Si tratta di un fatto sul quale vale la pena soffermarsi. Pur non tradendo, nel significato ultimo, la fortunata descrizione del vil-laggio riunito e concentricamente distribuito attorno alla chiesa ed al suo campanile, avanzata con efficacia da Gabriel Le Bras per rappresentare l'organizzazione sociale dell'Europa cristiana (Le Bras, 1979, 11), a Sappada non sussistevano gli elementi urbanistici per aderire appieno a quel modello. Il controllo sociale finitimo, quotidiano, quasi ora per ora stabilito dai rapporti di vicinato stretto (Povolo, 2008, 596-597), era condizionato da questa particolare corografia abitativa e geografica, risultando quindi dilatato, allungato nei cinque chilo-metri di sviluppo degli abitati della valle: in fieri, meno rigido. Se si esclude la bor-gata di Dorf/Granvilla, il centro religioso e civile dove trovano spazio la chiesa par-rocchiale di Santa Margherita e la canonica, a Sappada mancherebbe pertanto uno dei presupposti strutturali per sovrintendere al controllo sociale del prete da parte del vicinato. A vigilare su di lui, oltre al vescovo e la comunità che gli aveva concesso il beneficio, vi erano anche altri istituti. La Parrocchia di Sappada dipendeva dalla Pi-eve di Gorto, a sua volta sottoposta all'autorità spirituale dell'Abbazia benedettina di San Gallo di Moggio ancor prima che da quella del patriarca di Aquileia. All'abate spettava il compito di confermare, previo l'esame delle loro competenze, le nomina dei curati da parte delle vicinie, le assemblee dei capi famiglia delle ville. In seno alla pievi sottoposte alla sua giurisdizione spirituale, l'abate nominava un suo vicario, l'arcidiacono di Gorto, chiamato a contrallare l'operato dei curati e delle loro anime, con la facoltà di poter giudicare in prima istanza le cause in materia matrimoniale, di stregoneria ed usura (Dell'Oste, 1994; Gaddi, 1995, 132). Con la visita pastorale del 1602, l'attività di controllo del vescovo sulla salute spirituale delle anime e dei loro curati cominciô ad affiancarsi a quella dell'abate e del vicario foraneo, i rappre-sentanti intermedi fra clero ed episcopato (Gervaso, 2008), fino a sostituirsi ad essi, limitando di fatto una delle prerogative tradizionalmente affidate all'abate di Moggio, che in questo modo si vide esautorato di uno dei suoi poteri. Il processo di progressivo accentramento nelle mani del vescovo del controllo sui consacrati e sulle anime loro affidate, nel vasto territorio diocesano udinese al principio del Seicento poteva dirsi avviato e in pieno corso. 201 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Fig. 1: Panoramica di Sappada, in particolare delle borgate Bach, Pill, Palu e Granvilla - quella con la chiesa e la canonica - attorno agli anni '30 del Novecento. Sl. 1: Panoramski posnetek Sappade, posebej zaselkov Bach, Pill, Palu in Granvilla (s cerkvijo in žitpniščem) iz 30. let 20. stoletja. UN CURATO Bartolomeo proveniva da Gemona del Friuli, da quella terra posta al crocevia di uno dei transiti principali fra i territori imperiali, la Patria del Friuli e Venezia che prerogative patriarcali avevano privilegiato nell'obbligatorietá dei passaggi delle merci. La 'strada del ferro', che si sviluppava in senso discendente nel Canale omo-nimo e nella Valcanale/Kanaltal a partire dalla Carinzia, e quella 'del vino', in senso ascendente, avevano in Gemona almeno fino dal Trecento (Degrassi, 2009, 111-132) uno dei passaggi obbligati, dove i carri in transito avrebbero dovuto sostare e pagare dazio (Morassi, 1997, 35-51; Fornasin, 1999). I contatti con mercanti carradori facchini e servi carinziani, stiriani, viennesi, boemi e polacchi (Burello, Litwornia, 2000), devono essere stati per i gemonesi, e per Bartolomeo fin dall'infanzia, quotidiani. Derivavano da questa convivenza e dagli insegnamenti ricevuti, le competenze linguistiche indispensabili per poter fare il 202 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 curato a Sappada, dove tuttora la lingua domestica e comunitaria è il sappadino, una delle tante varianti del tedesco (Hornung, 1995; Marcato, 2000). Alla lunga serie di curati provenienti da Sauris, altra comunità germanofona nella montagna friulana, si univano i parroci provenienti dal Tirolo, dalla Pusteria, dalla Carnia (Toller, 1969, 98-101) che esercitarono per almeno quattro secoli la loro mis-sione dopo che gli uomini di Sappada li avevano eletti. Fra i requisiti richiesti loro -o, più spesso, taciti - negli accordi raggiunti per l'assegnazione del beneficio, c'era la conoscenza del tedesco (Lorenzini, 2008, 120). Si tratta di una competenza che doveva valere sempre, ma assumeva un'importanza ancor maggiore nella fase post-tridentina, proprio per le mansioni che i curati erano chiamati obbligatoriamente ad adempiere e sulle quali furono progressivamente sempre più controllati: predicazi-one, istruzione attraverso la dottrina cristiana ai fanciulli, somministrazione dei sacramenti, confessione (soprattutto) avevano nelle parole dette e nel controllo della comprensione di quelle ascoltate uno dei cardini del credo rinnovato. I padri riuniti in concilio a Trento avevano tratteggiato una nuova figura di curato che progressivamente dovette assumere su di sé il compito di testimone partecipe del processo di differenziazione dalle anime della comunità (Allegra, 1981, 914-931). Il lungo percorso intrapreso dal clero e dalle comunità per adattarsi a quel nuovo modello fu irto di difficoltà. Uno dei fronti più controversi da intaccare fu il rapporto con le donne. A pre Bartolomeo ed a tutti i consacrati si cominció ad imporre di non intrattenere più legami con loro, di dismettere la consuetudine di tenere accanto qualcuno che potesse indurli in tentazione, nella volontà di riaffermare con decisione il principio del celibato degli ecclesiastici. Sancito questo vincolo disciplinare per i sacerdoti alla fine del 1563 a Trento (Comuzzi, 2002, 124; Romeo, 2008, 19-21), nella vasta diocesi aquileiese il quadro che le visite apostoliche e pastorali andavano delineando vent'anni dopo su quel fronte era ancora sconsolante (Salimbeni, 1976), anche se il processo di affermazione di quei vincoli era oramai avviato. Quando gli fu chiesto se cosi fosse stato, se teneva con sé qualche donna come concubina e se da questa avesse avuto dei figli, consapevole delle novità che da parte delle autorità ecclesiastiche si stavano cercando di imporre, pre Bartolomeo negó (ACAU-VP, 791, 2/II, 36r). LE LINGUE DI SAPPADA Per riuscire ad adempiere bene il suo compito, il curato doveva comprendere altrettanto bene i suoi parrocchiani, per meglio vigilare sulla loro vita e meglio ancora cominciare a far proprio e stabilire quel processo di disciplinamento al quale le comunità si sarebbero dovute adattare nel tempo. Tuttavia, la richiesta sulla conoscenza del tedesco che i rappresentanti la comuni-tà avanzavano ai curati che concorrevano al beneficio parrocchiale di Sappada, oltre 203 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 che un prerequisite, fu spesso un espediente per limitare le prerogative del prete e conservare i tanti diritti - fra i quali perfino quello di allontanarlo - riposti nelle mani dei vicini, i capifamiglia, quando s'incontravano difficoltà nel loro rapporto (Lorenzini, 2009, 120-121). Il limite linguistico, di fatto, poteva rappresentare un ostacolo soltanto per una parte del versante femminile della popolazione, quella che cono-sceva poco o affatto il volgare o il friulano. L''isola' di Sappada è linguisticamente tutt'altro che isolata, essendo piuttosto una comunità almeno trilingue, ieri come og-gi; un tratto che la unisce alle comunità poste ai margini delle frontiere, aree d'in-contri anche linguistici (Burke, 2006, 150-154). L'ampia competenza linguistica della popolazione sappadina caratterizzava il versante maschile della popolazione in misura maggiore di quello femminile, per l'attività che gli uomini esercitavano stagionalmente fuori dalla loro terra. Come fu per larga parte della popolazione maschile attiva della Carnia, durante tutta l'età moderna anche i sappadini facevano i cràmars, merciai ambulanti e mercanti che parti-vano durante i mesi autunnali alla volta dei territori dell'Europa centrale, per poi rien-trare ai villaggi durante la tarda primavera (Ferigo, Fornasin, 1997a; Fornasin, 1998), giusto il tempo di coadiuvare le donne nei lavori nei prati per lo sfalcio e la raccolta del foraggio. Vendevano spezie, droghe e tessuti; commerciavano all'ingrosso, oppu-re al minuto nelle piazze e fra le case; si dirigevano verso la Carinzia e la Stiria, il Salisburghese, la Franconia e il Palatinato, spingendosi ad oriente fino all'Ungheria ed alla Boemia. Il 26 settembre 1679, quando la peste scoppiata a Vienna obbligô le autorità venete ad imporre ai villaggi un'azione di controllo più rigido dei passi confinari ed a redigere l'elenco di chi si trovasse all'estero in quel frangente, a Sappada si contarono ventisei assenti, parte preponderante dei quali erano partiti per i territori austriaci -Graz, Klagenfurt, Vienna, il Tirolo - e per la Franconia (Lorenzini, 1997, 471). A fronte di una popolazione complessiva che nel 1672 raggiungeva 552 anime e nella sua porzione maschile attiva 167, il 15,5% di questa - 26 uomini - risultava assente: un dato di assoluto rilievo, ancorché sottostimato (Ferigo, Fornasin, 1997b, 101). I cràmars si organizzavano in famiglia - il padre con i figli - oppure per compagnie e consorterie, che garantivano aiuti vicendevoli per sopravvivere almeno otto mesi all'anno fuori dal villaggio di appartenenza e procacciare l'utile necessario a loro ed a chi rimaneva 'in patria'. Alla spiccata propensione alla mobilità degli uomini, uno dei tratti che caratterizza larga parte delle popolazioni alpine (Viazzo, 2001, 145-179), si univa il necessario ancoramento alle loro comunità di appartenenza. Mantenere 'acceso il fuoco' (Lorenzetti, Merzario, 2005, 31-54) significava per i sappadini perpetuare le patrilinee maschili che derivavano dagli antichi e primitivi masisti, unica condizione per continuare a vedersi garantiti diritti e prerogative -come quella di eleggere il curato - in seno alla vicinia (Bianco, 1985, 23-53). 204 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Fig. 2: Veduta di Gemona (particolare), città natale di pre Bartolomeo Vinotolo, tratta da Liruti, 1771, 10. Sl. 2: Veduta Humina / Gemone (detajl), rojstnega kraja Bartolomea Vinotola, vir: Liruti, 1771, 10. L'apprendistato di ogni cràmar avveniva al seguito dei padri o di altri mercanti oramai adusi alle terre tedesche che accoglievano i ragazzi al loro servizio. Si doveva partire da giovani e frequentare per lunghi periodi le terre delle 'Germanie', per me-glio e prima apprendere la lingua, indispensabili a esercitare la mercatura ed il com-mercio (Ferigo, 2002, 11). Per i sappadini, questo ostacolo linguistico era superato pressoché alla fonte. Spesso si aggregavano ai loro vicini carnici del Canale di Gorto, e partivano. Per la stesura dei contratti notarili che garantivano il credito necessario all'acquisto delle merci da vendere (Fornasin, 1998, 63-95), cosi come per intrattenere rapporti vicen-devoli e duraturi con i carnici, dovevano conoscere almeno il volgare. Se volevano stringere alleanze più salde, come quelle amicali che stanno di frequente a fonda-mento del successo delle compagnie mercantili, dovevano tentare almeno qualche parola in friulano, la lingua domestica e comunitaria per i carnici. Derivava da queste 205 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 strutture e dalla pratica quotidiana della diglossia una competenza linguistica di tutto rispetto che prevedeva almeno quattro codici, tutt'altro che circoscritta ai confini della loro isola sulle Alpi. CONOSCERE PER GOVERNARE: GLI SCRUTINI Nel processo di rinnovamento degli strumenti di conoscenza in mano ai vescovi sui fedeli e sui loro curati, le visite pastorali assunsero nell'immediata fase post-tridentina un'importanza cardinale (Niccoli, 1998, 133). Nel novembre 1602, quando interessô Sappada, la visita del vicario Agostino Bruno era stata intrapresa da almeno un anno. Promossa da Francesco Barbaro, il primo patriarca effettivamente residente ad Udine, la visita rientrava nella sua meticolosa politica di affermazione dei principi tridentini nella vasta diocesi che era stato chiamato a governare. Nell'energica impresa pastorale che lo vide protagonista ebbe nel Bruno uno dei suoi più stretti collaboratori, forte delle esperienze maturate al seguito di Gabriele Paleotti a Bologna, del quale fu segretario, e di Carlo Borromeo a Milano (Trebbi, 1984, 213-215; Maieron, 2007, 13-16). In Carnia, la necessità di procedere con maggior solerzia che altrove nella cono-scenza dello stato di salute spirituale dei cristiani, era dettata dalla frequentazione incessante degli uomini dei territori infetti dalle eresie riformate. L'attesa per la visita del Bruno e per gli esiti che avrebbe potuto determinare, era fervida, fors'anche per ragioni contrapposte. Quelle della Chiesa possono essere riassunte dalle parole di Placido Quintiliano, arcidiacono della Carnia e vicario spirituale dell'Abbazia di Moggio, attento e severo esecutore dei provvedimenti del patriarca, che in una missiva del 18 agosto 1601 inviata al suo cancelliere si esprimeva cosí: "Io son stimolato talmente per la visita di Corto cosí delli reverendi curati com 'anco delli secolari, che vorrebbono, che si facesse avanti, che gli cromari partissero, che prometto che ogni giorno ho qualche spronata" (ACAU-FM, 1008, Moggio. 143ß-1ßQ4, sub data). L'adesione alle tante sfaccettature della Riforma - manifesta per alcuni, malcelata per altri, con-sapevolmente nicodemitica per altri ancora - era stata determinata proprio dalle nuove idee apprese 'nel foresto', mentre i cràmars carnici stavano esercitando la mercatura 'nelle Germanie' o la tessitura - l'altro settore ove gli uomini erano impiegati in massa - nelle pianure venete e istriane ed a Venezia (Ferigo, 1988). Da qui la necessità di affrettare le operazioni di visita, prima della loro stagionale partenza. Pre Bartolomeo Vinotolo, chiestogli chi sapesse leggere ed avesse libri in par-rocchia, si espresse cosí: "sono dui persone che sano legere sotto la mia cura, cioè Paulo Soler, et Martino Qualtrario et pratticano in terra tedesca come mercanti de bovi, et altri mercanti di Germania sogliono pratticar in casa loro, et hanno delli libri in casa, quali ho portato meco, come li potrete vedere" (ACAU-VP, 791, 2/I, 28; Maieron, 2007, 149). 206 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Fa da corollario a questa risposta l'evidente competenza nella lettura e nella scrittura, due elementi essenziali per l'esercizio della mercatura propri di larga parte della popolazione maschile attiva (Ferigo, 2002; Lorenzini, 2007) e fra i veicoli prin-cipali di apprendimento del credo riformato; anche perció la solerzia di Agostino Bruno nell'indagare su questi aspetti dovette essere notevole. Nella sua lunga perma-nenza in Carnia effettuó una ricognizione capillare dello stato di salute della chiesa locale, certamente fra le più profonde mai realizzate sulla montagna friulana (Maieron, 2007, 49-84), tesa non solo a verificare le condizioni materiali ed il decoro degli edifici di culto, ma anche la condizione spirituale dei parrocchiani e soprattutto dei ministri che ne dovevano sorreggere le anime, che, a partire da quegli anni, di-venne una delle preoccupazioni pressanti dei vescovi (Prosperi, 2001, 110-113). L'attenzione verso il comportamento dei curati, anzi, fu spasmodica, in questa come in tutte le visite pastorali susseguenti. Ma già qualche anno prima pre Bartolomeo era stato ammonito e sospeso perché celebrava senza indossare la veste talare (ACAU-VP, 791, 2/I, 27r; Maieron, 2007, 94). Il processo di differenziazione fra i curati e le loro anime passava e trovava un suo risvolto manifesto anche attraverso l'osservanza del modo di vestire (Allegra, 1981, 923-924; Gri, 2003). Uno degli strumenti principali attraverso i quali i vescovi cercavano di ottenere informazioni sull'attività del clero era lo scrutinio. Prevedeva un controllo incrociato, fondato sulle medesime richieste, fra le deposizioni del curato e quelle dei rappre-sentanti della chiesa e della comunità (Nubola, 1993, 350-351). Ció avrebbe potuto consentire di mettere in luce divergenze nelle testimonianze ed aprire squarci per la scoperta di colpe da punire e peccati da mondare. Il procedimento mette in luce come le domande del vescovo durante la visita pastorale non fossero rivolte soltanto a sondare qual'era la 'religione del popolo', ma anche, soprattutto in quella fase, a comprendere la qualità dei suoi emissari nell'indirizzare ed eventualmente correggere quella stessa religione (Burke, 1979; Burke, 1988, 51-62). Solitamente lo scrutinio avveniva cosi: si interrogavano dapprima i responsabili della comunità dal versante civile-ecclesiastico: il meriga, ossia chi in quel momento era a capo della vicinia (vale a dire chi deteneva i cordoni della borsa, essendo i preti nominati e pagati per la quota di beneficio loro spettante da questi); il cameraro, ov-vero chi amministrava i beni della chiesa; il monaco, chi coadiuvava il prete nella sua attività sacramentale in chiesa. Potevano poi essere consultate altre persone informate o le cui conoscenze sulla vita del curato erano ritenute attendibili; fra queste, solitamente, gli osti del villaggio. Infine, si interrogava il curato. Il formulario utilizzato dal Bruno era particolarmente dettagliato e cercava di investigare sia sulla posizione del curato - la titolarità del beneficio e la validità della sua consacrazione - che sulla regolarità del suo operato - l'attività sacramentale su tutto. Analogamente, dal curato si ottenevano le informazioni sull'osservanza dei digiuni e delle feste, sulle devozioni praticate, sulla presenza di inconfessi e concubinari (Trebbi, 1984, 229-230). 207 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 La procedura dello scrutinio poteva risolversi in poche e vuote testimonianze di assenso.6 Talvolta, trovate discrasie fra le diverse testimonianze raccolte, lo scrutinio - benché nella visita "non si fa strepito giudiziale, e le cose gravi si faranno con maturità nella città vescovile, secondo l'ordine loro" (Moroni, 1860, 118) - poteva trasformarsi in un processo (Trebbi, 1984, 238) che terminava con una sentenza. È quel che avvenne a pre Bartolomeo. IL BUON PADRE DI FAMIGLIA (SPODESTATO) Se si comprendono quelle del prete e della sua concubina Maria, durante lo scru-tinio monsignor Agostino Bruno raccolse otto testimonianze, cinque delle quali da uomini di Sappada ed una dal parroco di Forni Avoltri Domenico Bergagnino, che aveva battezzato due dei quattro figli del Vinotolo.7 Rispetto alle parole dette - e taciute - da pre Bartolomeo e da Maria (sulle quali mi soffermerô in seguito), si puô osservare una discrasia netta con le risposte date dai parrocchiani. Questi confermarono senza ambiguità quanto risaputo da tutti. Cosi si espresse Leonardo Fasil: "la donna che è stato solito tenire, et l'ha tenuta sin già dui giorni fa si chiama Maria, et pol esser del mio tempo di 30 anni o poco meno, et è qui del loco di Sappada figliola del quondam Vicenzo Hecar et l'ha tenuta per concubina havendo anco con lei hauta prole cioè quattro creature perché comincio ad haver affare con lei già 9 anni in circa che fu anco ad officiar qui in Sappada, poi si parti, et ando curato in Comelico, di dove ben spesso veniva a ritrovarla qui in Sappada che io più volte l'ho veduto et in questo tempo ha hauto quattro creature, cioè duiputte, et duiputti" (ACAU-VP, 791, 2/II, 26). E cosi Simone di Quel: "la teniva come massara di casa, ma la teniva ancora come concubina andando a dormire con lei, poi ché si vede di presente che ella è gravida, et non pol esser se non con lui perché non pratticava alcun altro in casa del prette, et ella non pratticava fuori di casa sua " (ACAU-VP, 791, 2/II, 28v). La probità delle risposte dei testimoni era determinata dal fatto che abitavano vi-cini alla canonica, oppure per aver osservato i passaggi del prete anche durante la sua permanenza in Comelico, quando ritornava alla casa dove abitava Maria per rifornirla di vino e cereali. Il parroco teneva Maria con sé e da lei aveva avuto quattro figli. Questo fu quel che emerse dalle loro testimonianze, espresse al vicario del ve-scovo in tutta semplicità e senza reticenze. 6 É quel che accadra da li in poi, con la progressiva contrazione del numero dei preti concubini (Romeo, 2008, 31-62). 7 Il legame fra i due curati, benché le carte non lo esplicitino, lascia supporre che sia ampliato alla parentela spirituale, quella che si formava fra il padre ed il prete incaricato di battezzare suo figlio (Alfani, 2004, 153; Pizzolato, 2007, 238). 208 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Pre Bartolomeo non negó di convivere con Maria, bensí di avere avuto da lei, e di essere prossimo nuovamente ad avere, dei figli. Al tempo del suo rientro a Sappada, disse, "da sua posta senza che io la chiamassi mi viense in casa, con tre putti, cioè due putti, et una putta ", a far da serva. Maria aveva una figlia più grande ancora, sulla quale pre Bartolomeo si assunse una responsabilità: "l'ho mandata a Cemona da mia madre accio che impari qualche cosa, et da lí in poi è stata sempre in casa " (ACAU-VP, 791, fasc. 2/II, 36v). Mi soffermo su due fatti che emergono da queste testimonianze. Il primo. I sappadini, non negando, confermando anzi subitamente il sospetto avanzato dal vicario Bruno, ritenevano la situazione del tutto normale e accettabile (Nubola, 1993, 353-354; Romeo, 2008, 15). Nello stesso torno d'anni e in quegli stessi territori, a Comeglians la donna che intratteneva rapporti con il prete e che da lui aveva avuto dei figli era riconosciuta dalla comunità come la previda, la moglie del prete (Comuzzi, 2002, 103), un conio di termine di parentela che da lí a poco tempo dovette smarrire il suo significato e che rimarca un carattere di lungo periodo - con solidi riscontri documentari per il Friuli già nel primo Quattrocento (Tilatti, 2006, 111-112) - sia nel legame che univa i curati alle loro donne, cosí come nel riconoscimento collettivo attribuito a quelle unioni. Assume in ció particolare signi-ficato il fatto che la comunità di Sappada riconfermi il beneficio a pre Bartolomeo anche dopo la sua permanenza in Comelico, quando il suo rapporto con Maria era manifesto ed aveva prodotto dei frutti, cosí come lo riaccolga quando il curato concluse la breve detenzione per espiare la sua colpa. Il giudizio sul comportamento del curato da parte delle sue anime e da parte del vicario del vescovo, in quel frangente si dimostró diametralmente opposto (Greco, 1992, 56-57). Si tratta di uno scenario che diverge nettamente dalla solitudine che caratterizzerà e dovrà distinguere la figura del prete costruita dopo Trento (Sarti, 2006, 223-224). Il secondo. Il tentativo di pre Bartolomeo di instaurare un rapporto di parentela fra sua madre e la figlia, vale a dire fra la nonna paterna e la nipote, assegnatale affinché "impari qualche cosa ", dimostra la sincera volontà da parte del prete di contribuire a costruire un legame e di assumersi responsabilità che da lí a poco non avrebbero potuto mai più sussistere. Altri casi analoghi dimostrano come i rapporti fra il curato e quelli che si cominciavano ad identificare come 'bastardi' (Romeo, 2008, 52-53; Comuzzi, 2002, 111) si consolidassero al pari di quelli instaurati fra padri e figli 'legittimi e naturali', come ripetevano (quasi) tutte le registrazioni dei battesimi che anche pre Bartolomeo avrà dovuto cominciare a compilare con dili-genza sui registri canonici proprio in quegl'anni (Prodi, 1989). Nell'interrogatorio subito nello scrutinio durate quella stessa visita pastorale, pre Francesco Cleva parroco di Prato Carnico, un paese poco più a valle, elencó nel dettaglio carriere e destini dei suoi otto figli, ripercorrendo un quadro strategico consolidate per ciascuna famiglia di quelle stesse vallate: i tre maschi in terra tedesca ad 209 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 esercitare la mercatura al seguito di altri cràmars; delle cinque donne, una maritata a Malborghetto (nella Valcanale, in territorio arciducale ma soggetto alla giurisdizione spirituale del patriarca di Aquileia), dove pre Francesco aveva esercitato in prece-denza la cura, due erano ancora celibi e venivano da lui mantenute, in attesa della formazione della loro dote, le altre due erano impiegate come fantesche a Venezia al servizio di dame del patriziato. Agostino Bruno, posto di fronte ad una situazione del tutto analoga a quella registrata a Sappada, con la perfetta concordanza delle testi-monianze dei rappresentanti la comunità, della figlia del prete e di pre Francesco stesso, procedette d'ufficio, sospendendolo per tre anni dalla celebrazione dei sacra-menti e obbligandolo ad allontanare dalla sua casa Orsola, la sua concubina (ACAU-VP, 791, 2/II, 60-75+[76]). Il prete, buon padre e compagno, chiestogli se avesse mai promesso alla donna "di non abbandonarJa mai", aveva confessato: "Ho pro-messo di aiutarla sempre che io vivero"(ACAU-VP, 791, 2/II, 74r). Quel che emerge dalla constatazione dei fatti e che affiorava con schiettezza dalle voci dei rappresentanti le comunità di Sappada e di Prato Carnico dimostra la completa assimilazione del curato con gli uomini della sua comunità (Allegra, 1981, 919) e specifica quel che questi si attendevano da lui, che equivaleva a quel che pre-tendevano da ciascun altro suo membro adulto sposato: essere un bravo padre di fa-miglia. L'intervento delle autorità ecclesiastiche sui curati concubini cominciô a di-vergere nettamente dal giudizio che poteva emergere dalla comunità, dove, come è stato osservato, la bontà quotidiana dei rapporti veniva "prima di qualsiasi consi-derazionepuramente morale" (Basilico, 2008, 146). Che Bartolomeo garantisse vitto e alloggio a Maria era una delle precondizioni del suo stato paterno (Pizzolato, 2007, 234-235). Questi, in un contesto come quello di Sappada e della montagna friulana in quel torno d'anni, non poteva trovare nella cura della terra e nell'agricoltura uno degli esercizi privilegiati per soddisfare la buona 'economica' familiare, come sug-gerivano i trattatisti (Frigo, 1985; Ambrosoli, 1987; Cavina, 2007, 47-49), ma nella mercatura e nella tessitura della rete di conoscenze necessarie a mantenere saldi gli affari in terra straniera ed i vantaggi derivanti dal detenere il vicinato nella sua patria, per sé e la sua famiglia (Comuzzi, 2002, 13). Un ruolo paterno, questo, esercitato attraverso la cura necessaria a garantire l'istruzione ai figli e le doti alle figlie (Cowan, 2003, 857) che, da li in poi, ai curati fu definitivamente precluso. Ai con-sacrati, ed ai preti curati in particolare, fu attribuito anzi il ruolo di vigili sorveglianti sulle responsabilità derivanti dall'autorità paterna (Lombardi, 2008, 89-90). MARIA L'interrogatorio di Maria fu breve. Mantenne un'eloquente reticenza e, per quanto poté, negó tutto. 210 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Disse di conoscere il prete da un anno o poco più, da quando era tornato. Non frequentava la canonica se non per consegnare le decime. Non aveva avuto figli da lui; non ne aveva, anzi, se non una bambina concepita "con un cremaro che io non lo conosco ". Non era incinta, anche se, come le fece osservare il Bruno, "haveva gran ventre" (ACAU-VP, 791, 2/II, 35r). Si trattó, probabilmente, di una strategia concordata. Con la sua reticenza riusci a salvaguardarsi da una accusa che, reso intollerabile il concubinaggio, la Chiesa da un versante (Romeo, 2008, 79, 196) e, progressivamente, l'opinione pubblica della comunità dall'altro (Martini, 1986-1987, 313), avanzarono in maniera esplicita in quei casi: quella di meretricio. Alla domanda se "ha mai havuto a fare con al-cunaltro", oltre al cràmar che l'aveva resa madre, rispose ancora con un no. Riusci persino ad eludere sulle possibili frequentazioni in confessionale con pre Bartolomeo - uno dei reati di fede che nel torno di pochi anni da allora fu fra i problemi più vistosi nel controllo dei consacrati: la sollicitatio ad turpia (Prosperi, 1996, 508-519) - quando affermó di essersi confessata e comunicata a San Candido/Innichen in Pusteria, mentre era ospite della sorella. Non so se fu allontanata da Sappada, come avrebbe dovuto accadere per questi casi una volta accertata la colpa; non ho rilevato tracce di provvedimenti adottati contro Maria, anche se si puó ritenere plausibile il suo allontanamento almeno dalla casa canonica (Nubola, 1993, 358-359). Oppure, a differenza di quanto dovette suc-cedere a pre Bartolomeo, probabilmente non si giunse ad alcuna sentenza contro di lei, magari aiutata in ció dalla sua reticenza, che cominció ad essere una delle armi di difesa nel rapporto dei fedeli di fronte alle richieste dei tribunali ecclesiastici (Gri, 2000). Se pure un provvedimento nei confronti di Maria vi fu, la normalité della situa-zione dovette rientrare ben presto. Il 21 maggio 1615, durante lo scrutinio per la visita intrapresa dal vicario dell'Abbazia di Moggio nelle cure a lui soggette, si rac-colsero alcune testimonianze che confermavano la tenuta e, contestualmente, la deriva di quel rapporto. Leonardo Fasil, già sentito dal vicario Bruno nel 1602, rico-priva ancora la carica di giurato del comune nel 1615 quando si espresse cosi: "tiene una Maria figliola del quondam Vicenzo Echer di Sapada con la quale ha havuto più creature, et doppo la visita del Bruno ne ha havuto tre creture et dalla detta Maria ho inteso, che l tiene anco un 'altra Maria figliola di Helena moglie di Stephano di Bulphon sorella di detta Maria, che ha havuto creature con lui".8 Pietro di Sompvia, il cameraro della chiesa, integró la sua testimonianza con un particolare del carattere del curato: quello dell'ubriachezza che lo distingueva ormai troppo di frequente e che rendeva insicuri le sue anime e, soprattutto, Maria: "in tempo che lui è imbriago [...] non semo securi di lui, et a ponto ogi ho veduto con li 8 ACAU-FM, 1024, Visite pastorali dell'abate di Moggio in Carnia ed Alto Friuli, 22r. 211 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 proprii occhi che voleva dar con la cortella a Maria con la quale ha havuto figliolanza di più creature anco doppo della visita del Bruno [...] et hoggidi questa tiene anco in casa un 'altra Maria figliola de Helena sorella della sudetta predetta Maria, con la quale si ragiona, che habbia havuto copula carnale"!9 Poiché ella "non intellegebat linguam itallicam set tantumodo theutonicam ", ma soltanto il sappadino, a mediare la testimonianza di Maria di fronte al Bruno fu chiamato quale interprete Mattia Solero, l'oste di Sappada. Il suo interrogatorio fu l'ultimo della serie e precedette quello di pre Bartolomeo. La mediazione linguistica necessaria a rendere intelligibile questa e le voci femminili, di fatto escluse dagli scrutini se non nei processi che potevano ingenerare, si era resa indispensabile per trovare, alla fine, ulteriori conferme dai diretti interessati; conferme che il vicario patriarcale non ottenne, ma che non gli impedirono di formulare un giudizio. MEDIAZIONI "Anche io ho giocato con lui qualche volta qualche bocal di vino alle carte, qui nell'hosteria"; il curato infatti "si deletta di giocar alle carte che io l'ho veduto più volte giocare hor con un, hor con l'altro suo amico [...] et cosi anco alla mora" (ACAU-VP, 791, 2/II, 33r). Le risposte di Mattia Solero, l'oste di Sappada, di-mostrano una buona conoscenza di pre Bartolomeo, fra gli avventori abituali della sua osteria. Era anche grazie a queste frequentazioni - anch'esse, nel processo di dif-ferenziazione dalle anime a lui affidate, progressivamente precluse al curato del vil-laggio (Allegra, 1981, 923) - che Mattia accresceva le sue conoscenze ed il suo sapere. L'oste era stato interrogato precedentemente a Maria, e come gli altri testimoni confermô i sospetti del vicario Bruno. Fu ricco di particolari, appresi forse proprio dalle voci, dal mormorio che quotidianamente ci sarà stato nella sua osteria. Era la sua stessa figura sociale che gli consentiva di dominare "nella sua bottega tutte le conversazioni", esercitando "un'influenza determinante nelle cose del comune" (Berengo, 1963, 71). Invero, quel che sapeva avrebbe potuto apprenderlo anche nel ragionamento silenzioso, attraverso l'osservazione dei passaggi degli uomini e delle donne nella strada che congiungeva l'insieme delle quindici borgate. Per come si compone l'in-sieme dei borghi, a Sappada non era la piazza o il cortile ad essere il luogo pri-vilegiato della sociabilità, ma la strada. Nei passaggi si costruivano le reti strette di conoscenza e di reciprocità fra i singoli componenti ciascun maso. L'oste, a dif-ferenza di quel che faceva la gran parte degli uomini attivi in questi villaggi, non emigrava: come le donne, vigili sorveglianti dello spazio pubblico e dei suoi risvolti 9 ACAU-FM, 1G24, Visite pastorali dell'abate di Moggio in Carnia ed Alto Friuli, 21v. 212 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 privati (Pizzolato, 2007, 247), aveva il privilegio di poter osservare quotidianamente il teatro di questi scambi, divenendo uno dei principali interpreti della vita della comunità. IL VALORE DELLA TESTIMONIANZA Il valore attribuito dal vicario Bruno alla testimonianza di Maria fu certamente scarso. Gli elementi che aveva erano sufficienti a ricostruire - non a torto - quel che gli altri sappadini, meno coinvolti e non consacrati, andavano dicendo senza vaghezze. Il posto riservato alla testimonianza di Maria, ultimo e precedente a quella conclusiva del prete, è perció (presumibilmente) significativo. Nell'attribuire un peso scarso alle testimonianze femminili, specchio peraltro della particolare condizione giuridica delle donne (Bellomo, 1996, 57-90) in questo procedimento il vicario del vescovo giunse ad ascoltare la voce di Maria, mediata dall'interprete, quando già conosceva come stavano le cose, sulla base di altre testimonianze. Erano, queste, tutte raccolte dalle voci degli uomini: gli unici a detenere probità certa, di sicuro maggiore di quella attribuibile genericamente alle testimonianze femminili; i soli, agli occhi dei rappresentanti ecclesiastici, sui quali poter fondare gli interventi di controllo adeguati, sulla comunità e sul suo curato. In questa prospettiva, anche le poche parole di Maria che emergono dallo scrutinio, cosí come, specularmente, i suoi silenzi, esprimono la struttura gerarchica della società dalla quale scaturiscono (Povolo, 2003, XVII). La mediazione canonica rinnovata adottata dal vicario Agostino Bruno nel suo particolare esercizio giudi-ziario, dovette invece contribuire a sovvertirne i significati, verso una società che da lí in poi si volle diversa e disciplinata. PREISKAVA S POMOČJO ŽENSKEGA GLASU. PRIMER DUHOVNIŠKEGA KONKUBINATA V SAPPADI LETA 1602 Claudio LORENZINI Via Stati Uniti d'America, 31, 33029 Villa Santina (UD), Italija e-mail: cla.lorenzini@gmail.com POVZETEK Natančna preiskava (skrutinij) med pastoralnim obiskom novembra 1602 je oglejskemu patriarhalnemu vikarju Agostinu Brunu razkrila konkubinat duhovnika iz Sappade, nemške vaške skupnosti, ki je zajemala območje ob izviru reke Piave, na skrajnem severozahodnem robu Karnijske province. Župnik je z žensko imel štiri otroke. 213 Claudio LORENZINI: PER SCRUTARE LA VOCE DI UNA DONNA ..., 197-218 Postopek preiskave je predvideval navzkrižno soočenje župnikovih pričanj s pričanji predstavnikov cerkve in skupnosti, kar naj bi obelodanilo morebitne krivde in kazniva dejanja. V primeru, da so bili sumi potrjeni, je vizitator lahko nadaljeval s tožbo, kot se je zgodilo tudi v tem primeru. Mila obsodba Bartolomeja Vinotola, kije smel nadaljevati svoje pastoralne dejavnosti, je bila skladna s škofovskimi prizadevanji po postopnem uvajanju tridentinskih navodil. Pričevanja, zbrana med raziskavo, so bila skoraj vedno izključno moška. Primer je prav tako zahteval zaslišanje njegove priležnice Marije, za katero je bilo potrebno poseči po pomoči tolmača, saj kakor večina njenih sovaščank ni znala vulgarne italijanščine. V okviru vzhodnih Alp so migrantske dejavnosti močno vplivale na življenje v vasi, zlasti na jezikovne sposobnosti moške populacije, ki so bile še posebej izrazito v - htevalo vlaganje v izobraževanje svojih otrok. Vaškemu duhovniku je bilo naročeno prevzeti enako vlogo pri vzgoji svojih otrok. Ta vloga pa je bila vse od prvih de- ana. - nost, pričevanja žensk FONTI E BIBLIOGRAFIA ACAU-AC - Archivio della Curia arcivescovile di Udine (ACAU), Acta Curiae (AC). ACAU-FM - ACAU, Fondo Moggio (FM). ACAU-VP - ACAU, Visite pastorali (VP). ASU-ANA - Archivio di Stato di Udine (ASU), Archivio notarile antico (ANA). Alfani, G. (2004): La famille spirituelle des prêtres en Italie septentrionale avant et après le Concile de Trente: caractéristiques et transformations d'un instrument d'intégration sociale. Annales de Démographie historique, 107, 1. Paris, 137-161. Allegra, L. (1981): Il parroco: un mediatore fra alta e basa cultura. In: Vivanti, C. (ed.): Storia d'Italia. Intellettuali e potere. 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