ANNO XVII. Capodistria, 1 Maggio 1883. N. 9. LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONK per un unno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Uedaziout. Articoli comunicati d'intenesse generale si stampano gra-tuitameute. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il resoconto, presentato dalla direzione dell'Istituto di credito fondiario istriano alla Giunta Provinciale, fu accolto con la più viva compiacenza nella nostra provincia, e ha fatto ottima impressione nel mondo commerciale in Trieste ; di modo che la stampa unanime di questa città ne ha scritto assai favorevolmente. Quantunque il resoconto stampato sia stato largamente distribuito in provincia, pure anche noi sentiamo l'obbligo di riportarne le ultime conclu-jsiour, ma preferiamo ad uno spoglio nostro, ristampare quanto ne scrisse VIndipendente, nel seguente articolo : L'Istituto di credito fondiario istriano Esaminato con attenzione il resoconto per la scorsa gestione di questo Stabilimento creato com'è noto non già con viste di lucro, ma bensì al solo scopo di provvedere di capitali a buon mercato una provincia laboriosa e fertile, però sinora scarsa di commercio, vediamo che le favorevoli previsioni fatte in passato hanno trovato ampia conferma nello sviluppo degli affari durante 1' auuo 1882, ciò che è beu gradito di potersi [ constatare pel benessere della vicina Istria. Infatti aggiungendo ai mutui accordati nel suo primo periodo d' esercizio, i 591 mutui erogati nello scorso anno per la somma capitale di fiorini 692,400 coperta da un valore effettivo ipotecario in case di città e terreni campestri di f. 1,786,058 i mutui estradati iu circa due anni d' operosità dell' Istituto, ascendono ad 812 pel capitale complessivo di f. 1,022,200 corrispondente alla somma delle Lettere di pegno in circolazione col 31 dicembre 1882 e coperto da un valore ipotecario in fondi urbani e rustici di f. 2,618,474 ed i suoi utili costituenti il fondo di riserva, esigui pel motivo che esso presta il denaro pressoché al medesimo tasso che ad esso costa, colla chiusa dell' auno 1882 ammontano a f. 7730.69. Da queste cifre si scorge primieramente che l'Istituto procede con tutta cautela neli'accordare denari, I essendoché gli enti ipotecati col loro reale valore coprono due volte e mezza circa il capitale su loro gravitante e passando poi al dettaglio si rileva che nei mutui sinora accordati prevalgono quelli per piccoli importi; tant' è vero che tra i detti 812 mutui se ne contano 610 da f. 200 a 1000 e 112 da f. 1000 a 2000; la media è di f. 1250 circa ed il piede d'interesse generalmente del 6 %, nel qual tasso è compreso non soltanto il frutto, ma eziandio l1 ammortizzazione in un dato periodo di tempo più o meno lungo, del capitale stesso preso a prestito. Risulta quindi palese, che contrariamente a quanto taluno ebbe in passato malignamente ad insinuare, che cioè l'Istituto accordasse grosse somme a forti possidenti dell' Istria, il quale denaro verrebbe poi da costoro prestato al piccolo possesso a condizioni onerose, esso mediante piccoli mutui a coloro cui è più difficile il procurarsi delle risorse a buon patto e prova ne sia che ben 604 mutuatari adoperarono il denaro ottenuto dall'Istituto, per estinguere circa f. 304,000 di debito ipotecario verso privati il cui interesse s'aggirava su una media di 12", „ oltre ai così detti regali non compresi generalmente nei contratti, ma rigorosamente e-satti dai creditori, specialmente della campagna e consistenti in tributi a prestazioni diverse. Se uua gran parte pertanto del capitale mutuato dall'Istituto andò iu generale a restaurare o migliorare le condizioni economico-famigliari del possidente istriano e le coudizioui fruttifere della proprietà urbana ed agricola, emerge poi chiaramente di quanta reale, pronta ed immediata utilità sia riuscita l'opera dell'Istituto anche nella conversione dei preesistenti debiti e di quanto, in forza del nuovo siasi diminuito il vecchio e più gravoso debito ipotecario della provincia. Questi risultati che si possono ben chiamare brillanti e che sono arra di futura prosperità, ottenuti mercè un' attiva e prudente amministrazione ed il concorso di questa Filiale dello Stabilimento di Credito, che tanto col promuovere la vendita delle Lettere di pegno 5% del Credito fondiario istriano, quanto col sovvenzionarle largamente, accorda valido e materiale appoggio all' Istituto, pongono questo in grado di guardare fiducioso 1' avvenire, persuaso che l'opera sua sia stata e sarà di reale e non passaggero vantaggio alla possidenza istriana; mentre poi da un altro punto di vista, Io sfogo costante delle sue Lettere di pegno 5% tanto ben viste e preferite prova uel migiior modo il lavoie e la fiducia che l'Istituto d'emissione meritatamente ha trovato e gode presso i capitalisti di Trieste, della monarchia austro-ungarica e dell' estero, uè potrebbe essere invero altrimenti, essendoché la benefica patria istituzione, sulla quale richiamiamo quest'oggi ì' attenzione dei nostri lettori, ha creato con queste sue Lettere di pegno 5"/„ garantite dal fondo proviu-cial e dell' Istria, un valore di una solidità iueccezio-nabile, ammesse perciò anche quale deposito pupillare, al quale il capitale bramoso di solido impiego congiunto ad equo censo, deve rivolgersi fiducioso. Società di mutuo soccorso Capodistria Le due sezioni della nostra società di mutuo soccorso fra. gli artieri ed operai tennero il loro congresso" generale il 15 e 22 aprile scorso. ; 11 resoconto della Sezione femminile dal 1 gennaio al 31 decembre 1889 (;mno secondo di fondazione) presenta un' entrata di f. 373.64 alla quale aggiunto il fondo di cassa dell'anno precedente con f. 231.99 formano assieme f. 605.63. — Un' uscita di f. 151.02 con deposito alla cassa di risparmio in Trieste durante l'anno di f. 200 — ed un civauzo di cassa al 31 decembre 1882 di f. 154.61. Il patrimonio sociale, costituito dal deposito in conto corrente presso la cassa di risparmio triestina di f. 300, e dal fondo cassa, ammonta a f. 554.61. Il movimento della Sezione durante l'anno fu poco confortevole. Delle 72 socie rimaste inscritta al 31 decembre 1882, ne sortirono 21, mentre una ,te>l-tanto ne fu ommessa, riducendosi così il numero di chiusa a sole socie 52; divise in 32 effettive e 20 contribuenti. A questo prospetto, punto lusinghiero, sta il fortunato riscontro di un esigua uscita nei sussidi di malattia, a due socie soltanto con giornate 15 e f. 6, a tre socie f. 15 — dal fondo maternità ; così che l'avanzo dell'anno fu tale da coprire la migliore previsione. Facciamo voti non manchi alla Sezione il valido appoggio delle socie contribuenti, e si risvegli nelle altre lo spirito di associazione, per vedere nel futuro resoconto risultanze più promettenti. * * * La Sezione maschile, nel suo tredicesimo anno d'esistenza, presenta un' entrata (compreso il fondo cassa 1881) di f. 3675.83 nei quali si comprendono f. 453.66 quale frutto del capitale sociale; un'uscita di f. 2872.87 ed un civanzo di cassa al 31 decembre 1882 di f. 802.96. I soci rimasti inscritti al 31 decembre 1881 in numero di 242, figurano oggi 258, dei quali 245 effettivi e 13 contribuenti. Durante l'anno ne ammalarono 71, con giornate in complesso 1824 ed il sussidio di f. 1634 60. La media degli ammalati fu di 34,50 per ogni cento soci, con 25,67 giornate di sussidio per ciascun ammalato, e soldi 90 quotidiani. Dalla rispettiva tabella abbiamo desuuto la media d'un decennio (1873-82) con 31,29 d'ammalati per cento, e con 20,54 giornate di sussidio per ciascun ammalato. Dal confronto di questa con parecchie statistiche d'altre società, le condizioni nostre si pies-ntano molto sfortunate e meriterebbero speciali investigazioni da parte dell' onorevole direzione. 11 patrimonio sociale al 31 decembre 1882 somma f. 12664.29. La compilazione del resoconto, accompagnato da prospetti tabellari dimostra in ogni sua parte il movimento dell'azienda, e facilita ogni studio comparativo e statistico. Venne felicemente superata una crisi minacciante la dimissione del presidente on. Madonizza per sue private ragioni, — dimissione che poi fu dallo stesso ritirata. Il congresso procedeva indi per unanimi voti alla elezione delle altre cariche; tra le quali della vicepresidenza, rimasta vacante per il trasloco di domicilio dell'oli. Dr. Del Bello ; riuscì eletto a vicepresidente il signor Giorgio Cobol. Esaurite le deliberazioni sui conti, consuntivo 1882 e preventivo 1883, l'aduuanza si scioglieva cou palese soddisfazione di tutti gli astanti. L' accordo pieno col quale finora si resero le sorti di questa società fa sperare molto bene sul suo avvenire. Boje La fiorente società ha già inaugurata la sua bandiera, egregio lavoro dello Stabilimento Morera di Novara, e che costò f. 355.14, coperti in parte da offerte private, in parte dal ricavato della festa da ballo dell'anno 1881. e di quella datasi nell' uitirno carnovale. Avuto riflesso alle risultanze della gestione del II anno, e calcolate le obbligazioni di Stato al valore di Borsa, 1' attivo della Società alla chiusa del 1882, ammontò a f. 1862. Lussino GÌ' introiti ascesero a f. 1391.30, e la rimanenza di cassa a f. 180.99. Le spese a f. 1444.27 "2, dei quali furono corrisposti ad ammalati ed impotenti "f. 124,80; per cui alla fine dell'anno rimasero in cassa f. 128.01'/2 che andarono a favore del bilancio futuro. Ai 31 decembre 1882, lo stato attivo della società fu di fior. 14,867.74'/.,, il passivo di f. 3340; quindi la sostanza depurata ammontò a f. 11,527 : 74 '/2. Pola La società Fratellanza di mutuo soccorso ha pubblicato il Resoconto del primo anno sociale. Dal punto di vista economico conviene premettere che questo sodalizio è sorto a Pola in mezzo a tre altre società di mutuo soccorso, influentissime e già mature per vistosi risparmi economici. Malgrado questa circostanza, unita a delle altre derivanti dalla difficoltà di un primo impianto, dall'insufficienza di mezzi, ecc. ecc., il primo bilancio sociale offre argomento di compiacenza e di speranza di sempre miglior avvenire. Infatti sopra il numero esiguo e fluttuante di 80 a 100 soci, la società ebbe un' entrata, compreso qualche dono, di f. 1310,74; ed un'uscita di f. 791,38; per cui rimane con un attivo di f. 519.36. Dal quale attivo poi, se anche si volesse per maggiore scrupolosità di conteggio detrarre le eventuali passività, si può dire che lo stato attuale della società presenta un capitale netto di f. 448.76, e questo risultato torna di conforto per un primo anno di gestione. Rovi»; iio Nel congresso generale di questa società, fu presentata la relazione sulla gestione sociale dal 1. gennaio al 31 decembre 1882, e relativo conto consuntivo. Entrate: civanzo di cassa al 31 decembre 1881 f. | 349.04: incassi diversi f. 1425.82; assieme f. 1774.86. ! Spese reali f. 1239.04, fra le quali figurano f. 727,33 per sussidi ai soci ammalati. Denaro esistente in cassa fino al 31 decembre 1882 f. 336.83. Patrimonio sociale f. 3864.77. Le malattie de! baco da seta Il dottor Carità, intelligente e assiduo cultore della moderna scienza microscopica, ha tenuto, non è guari in Torino, dinanzi ad uno scelto e numeroso uditorio, una conferenza intorno alle malattie dei bachi da seta, della quale troviamo nel periodico t Industria Serica il largo riassunto che segue: „ Le malattie del filugello costituiscono un tema anche se si vuole vecchio, ma pur sempre finora molto importante e di attualità, poiché ad onta di quanto si è scoperto e proposto nella patologia del baco, le malattie continuano a manifestarsi ogni anno sopra vasta scala, produceudo la rovina di molti allevamenti. La causa di questo fatto dipende essenzialmente 1 dalla deficienza nei bachicultori delle cognizioni per il buon governo dei filugelli. Non basta che si facciano studi, che si scoprano le cause delle malattie, e che si giunga in seguito a proporre i mezzi valevoli a scongiurare i disastri : l'importante è che tutto ciò venga diffuso fra i bachicultori, e portato nel campo pratico. Egli è sotto questo aspetto, con tale scopo che le conferenze tornano molto utili, e sarebbe opera savia che ne l'ossero tenute specialmente nei comuni rurali, j nei centri bacologici, per combattere le pratiche ripro- | vevoli tuttavia seguite negli allevamenti, e savratutto per diffondere i sani criteri che devono guidare il bachicultore nella scelta delle sementi. Tenendo ora alla potologia del baco, non occorre che ci occupiamo gran che delle malattie accidentali, le quali in generale non hanno grande importanza ed ima buona igiene basta ad evitarle. Richieggono invece tutta 1' attenzione del bachicultore ì morbi contagiosi, i quali si riducono a tre, e sono il balcino, la pcbrina e la flaccidezza. Riassumiamo brevemente i siutomi di ciascuno, e i caratteri esterni e microscopici con cui si manifestano, le cause che le producono, i mezzi che valgono a prevenirle. Il calcino è malattia prodotta da un fango microscopico denominato botride bassiana, che si sviluppa e vive parassitario nell' organismo del baco. I filugelli colpiti da questa malattia non tardano a morire, il loro corpo sì fa da prima rossigno, diventa piccolo, si dissecca e diviene friabile, assumendo per ultimo un colore bianchissimo. Questa colorazione è dovuta alle spore o seminuli della botrite, che si formano e si depositano in graude quantità sulla superfice della pelle, sotto fórma di minutissima polvere. Queste spore,essendo, leggerissime si sospendono nell'aria infettando facilmente i bachi sani, oppure depositate nelle pareti della bigattiera e sugli attrezzi vivono rigogliosamente aspettando la partita dell' anno dopo per iniettarla. Vedremo Ira breve come si possono distrurre. Quando il calcino si manifesta per tempo nell'allevamento lo si può combattere utilmento cambiando il letto frequentissimamente, anche ad ogni pasto. La pebrina è causata essa pure da un microorganismo parassita, conosciuto ora comunemente sotto il nome di corpuscolo di Corualia. Può incogliere i bachi in tutte le età, in tutte le epoche di loro vita. Allo stato di larva il baco pebrinoso perde presto l'appetito, gira sui graticci, diventa atrofico e muore in tempo più o meno breve. La malattia è contagiosa non solo, ma anche ereditaria, cioè a dire può trasmettersi da una generazione all' altra per mezzo del seme. L' unico mezzo sicuro per prevenirla è la confezione del seme col sistema cellulare a selezione microscopica, mediante la quale puossi ottenere un seme assolutamente sano. La flaccidezza è malattia molto grave. L' ultima parola sulla sua natura non è stata pronunciata finora. Pasteur vuole attribuirne la causa a vibrioni fermenti a coroncina da lui trovati costantemente nell' organismo dei bachi flacidi. Verson dichiara invece doversene ricercare la causa in numerosi cristalli che i bachi colpiti da flaccidezza presentano sempre, massime nei tubi malpighiani, e attribuisce ai fermenti del Pasteur un' importanza secondaria. Comunque sia, 1' esperienza ha dimostrato essere pure la flaccidezza malattia contagiosa ereditaria, quindi è che debbonsi assolutamente escludere dalla produzione del seme quelle partite in cui siasi la flaccidezza manifestata, fosse pure leggermente, Un' operazione, a cui il bachicultore deve attribuire la massima importanza ed eseguire costantemente al termine dell' allevamento è la disinfezione del locale e degli attrezzi di bachicoltura, sopra tutto poi se durante l'allevamento sieno comparse malattie contagiose: imperocché le medesime lasciano sempre disseminati nella bigattiera, sugli attrezzi i loro gemmi infettivi, e questi vogliono essere distrutti appunto dalla disinfezione. I metodi di praticarla sono relativamente semplici, e per verità, diremo che basta far svolgere nella bigattiera senza averne esportati prima gli attrezzi, una sufficiente quantità di gaz cloro oppure di acido solforoso. Gli attrezzi si possono disinfettare lavandoli con una soluzione potassica al 10 0|0.„ Notizie L' I. R. ministero di agricoltura diramò una circolare intorno ai risultati delle discussioni sull'inchiesta fillosserica convocata a Vienna nello scorso Gennaio: viene imposto alle autorità politiche di invigilare che il sistema estintivo sia addottato soltanto per centri d' infezione isolati, dove si possa sperare la completa distruzione ; quanto ai metodi culturali, prescrive che ne sia attivata 1' applicazione in seguito a giudizio degli esperti fillosserici ponderate le condizioni locali, ia possibilità di limitare la diffusione dell'afide, ed il tornaconto; l'I. R. ministero promette di attenuare le spese sia con sovvenzioni, sia con fornire gli insetticidi. Saranno pubblicati i resoconti dell' inchiesta per esteso. Notizie archeologiche Spettabile Redazione, Pisino 22 aprile 1883. Nella corte del Tempio d' Augusto, ad uso di Museo, in Fola, trovasi la seguente iscrizione romana, finora inedita: VIBIA • C • L • ARBVSCVLA V • F • SIBI • ET C • VIBIO • FELICI • L • SVO È un cippo sepolcrale, ridotto a vasca, alto m. 1:32, largo cent. 90, profondo cent. 60, di pietra calcare delle cave di Pola. I caratteri sono benissimo conservati. Questa lapida venne scoperta ancora intorno l'anno 1874, fra l'attuale piazza dei Comizj dietro i templi di Augusto e Diana, e la contrada Stuagnaga, nei fondi fu Carrara. Mi fu comunicata dal sig. capitano Schram, e da altri, insieme al frammento che segue, rinvenuto nel marzo p. p. nel fondo Rota in Corsìa della Riva, pure a Pola, e che potrebbe acquistare importanza scorgendosi al caso la parte mancante. Eccolo : ETI v CELERIS IN • F • P • XII IN • A • P • XII G. Ve Franceschi La stampa ci ha recato in questi giorni la seguente notizia, la quale, benché dolorosa per noi, ci è cagione nello stesso tempo di non lieve conforto ; nel sentire cioè encomiati i meriti distinti di un comprovinciale, la cui morte, ahi ! troppo immatura, devono deplorare tutti quelli, che apprezzano i meriti personali, acquistati colla perspicaciadell'ingegno, colla illibatezza dell'animo, e coli' assiduità del lavoro. GIUSEPPE ROCCO Il 4 aprile mori, in seguito a caduta da eavallo, il cav. Giuseppe Rocco, regio capitano del genio nello stato maggiore del regno d'Italia. Il Rocco nacque a Rovigno nell' anno 1846 da povera famiglia marinara. Condotto ad Ostiglia nel 1855, dai fratelli Davanzd come garzone di uu loro negozio, vi stette qualche mese sino alla guerra di quell'anno. Scoppiata la guerra emigrò da Ostiglia, ad insaputa dei Davanzo, per arruolarsi nelle schiere di Garibaldi. Terminata la guerra del 1859, entrò volontario nell'esercito italiano. In quel tempo si mise a studiare da sè e diede nell'occhio al suo capitano per la sua intelligenza, la bontà e la buona volontà sua. Il capitano lo fece entrare allora in un collegio militare, dal quale esci dopo qualche tempo col grado di tenente del genio. Nel febbraio del 1882 avanzò a capitano dello stato maggiore con sede a Verona. Ebbe in moglie una figlia di Leonardo Davanzo, suo ex-principale. Scrisse il Rocco parecchie poesie e di cose militari e più specialmente sul miglioramento delle armi. Era amato dal generale Pianel per l'indole sua geniale, per 1' onestà, per l'ingegno; e gli venne affidata talora persino la corrispondenza segreta. Lascia, morendo, una vedova di 24 anni, la madre e il padre cieco, che erano da lui soccorsi. Accogliamo assai di buon grado il seguente dettato, senza discutere sulla opportunità o meno dell' argomento pel nostro periodico. Ci basti avvertire, che l'autore è un giovane istriano, e che il tema nobile e delicato fu scritto da un ingegno eletto e gentile, la cui singolare virtù dell' animo è molto apprezzata nel nostro paese. Diremmo di più, se non ci rattenesse il pensiero di offendere la rara modestia dell' egregio autore ; il che peraltro non ci esime dal rendergli qui i più distinti atti di grazie, — anche a nome de' nostri associati: Della Virtù come tallo morale Il n'aimait pas la vertu parce qu' elle était saiute, il ì' airaait surtout parce (ju'elle était belle. La mart i ne, RdpkaH, frologtu. C'è chi deriva virtù da vir, che è quanto dire uomo. Si capisce che non altrimenti un uomo qualunque, sibbene quella specialità che un filosofo pessimista cercava di mezzogiorno in piazza colla lanterna. La tradizione non dice se l'abbia trovato. Sebbene, chi sa qual concetto avesse lui stesso della virtù ! Giacché pare se ne pensasse ne' vari tempi in varie maniere. Così ai tempi di Orlando era virtù la forza del braccio, adoperata non già per sostenere il diritto, ma per ostentazione di un'abilità, nella quale avrà poi sempre la palma il leone. Poco fa erano virtuosi i tenori, i baritoni e le ballerine ; dove mi piace constatare un progresso ; imperocché se il canto mantiene tuttavia un punto di contatto colle bestie, il ballo è abilità esclusiva della specie umana : 1' orso è un plagiario. Ma tornando a quella figliazione della virtù, checché ne sia della sua legittimità etimologica, possiamo ciònon ostante basandoci sulla voce publica, accettarla per fictionem juris, come del resto in affari consimili si costuma ; e ciò tanto più, che nel caso nostro la relazione di causa ad effetto, la quale meglio che un accozzo di lettere si avvicina alla generazione, apparisce evidente. Mi spiego. L' animale bipede implume era significato presso i Latini da un altro nome ; vir, significava, lo abbiamo detto, un uomo ammodo (per quello s'intende, che faceva la piazza) : in qualunque modo, il rovescio degli uomini frustati dal Poeta col noto fruges consumere nati. Ora, è 1' operare di un uomo tale, rispondente per giunta alla perfezione voluta dall ' idea cristiana, che noi diciamo virtù ; la quale, si vede, ha necessarie attinenze col concetto, se anche non col vocabolo in discorso. C è, dirò così, una genera- | zione logica. È dunque virtù l'operare dell'uomo come uomo, o meglio la disposizione permanente ed efficace dell' uomo ad operare come essere dotato di ragione e di volontà, prexogative che lo separano per una immensa distanza dai bruti, e lo costituiscono ciò eh' egli è un genere a parte. Nell'uomo virtuoso la volontà è diretta dalla ragione, e la ragione dalla legge. Se l'uomo sia la nave, la ragione è il pilota, e stella polare la legge. Ed eccoci innanzi all'ideale dell'uomo interiore, al bello morale. Giusta certuni il bello non è definibile, perchè l'infinito non può essere definito, non può essere chiuso da confini. Comunque sia, mi viene a proposito quella definizione,, sia pure indefinita, giusta la quale il bello è lo splendore del vero. Il vero è ciò che è, nel caso nostro l'uomo; splendore di questo vero è 1' operare delle umane potenze in quell' accordo faticoso di coordinazione e di subordinazione voluto dalla ragione informata alh legge ; d' onde la vittoria dell' onesto sull' utile, del lecito sul libito ; d' onde la misericordia, il perdono, i forti caratteri, il sagrifizio. E tutto questo è infatti ubo splendore che rapisce, una rivelazione d'una luce divina, è un' altra faccia di quel Bello che si rivela al Poeta, che fa battere il euore di chiunque mantenga un avanzo di senso estetico* di chiunque non sia perverso* E il bello eserciterà mai sempre ineffabili attrattive sul cuore umano. E però come il Poeta non lascia per insuccessi di sudare alla incarnazione dell' ideale ne' suoi versi, il Pittore nelle sue linee e ne' suoi colori, il Musico nei suoni; così l'uomo interiore intende continuo ad incarnarlo ne' suoi costumi. Ma come al Poeta, al Pittore, al Musico, così nemmeno all' uomo interiore il nobile desiderio succede intero : è questione soltanto del più o del meno. Che anzi trattandosi nella effettuazione dell' ideale morale di un sagrifizio ben piii grande che non sia il sagrifizio del tempo e della fatica, trattandosi cioè del sagrifizio dei propri gusti, dei propri interessi, tal fiata persino della propria vita; non credo che le sole attrattive del bello sieno per sè bastanti a infondere un amore operoso, ma solo un amore contemplativo e inefficace. E in ciò mi lusingo di non trovare contraddittori. Per conseguente, se fra le molteplici brutture morali, ond' è contristato il senso morale degli onesti, vediamo qui e colà degli splendori usciti dal moggio dell' umiltà, e collocati a loro dispetto | sul candelabro, penso che si deva ritenere, che oltre agli allettamenti del bello, del resto potentissimi, ci sia intervenuta l'azione di un movente superiore e onnipotente. Le quali considerazioni mi persuaderebbero la temerità d'invertire la sentenza di Lamartine, e modificarla così : Egli amava la virtù, perch' ella è bella ; ma soprattutto l'amava perch' ella è santa, ed arra di felicità. La sarebbe a mio credere più vera, o almeno più universale, se cioè non si volesse concedere l'esistenza di un qualche essere privilegiato, e quasi noi dissi soprannaturale. B. Appunti bibliografici Erminia Fuà - Fusinato. Scritti letterari raccolti ed ordinati per cura di Gaetano Ghivizzani ecc. ecc. Milano, Paolo Carrara, 1882. „La guerra è finita, mi diceva un uficiale nel 1866, adesso ricomincia quella nojosa ed eterna vita delle guarnigioni". — E tale appare pur troppo, non solo ai militari, che il pigliare le fortezze e dar battaglia hanno per mestiere, come diceva quel bietolone di don Abbondio, ma anche ai tranquilli e quieti borghesi. Viver la vita di guarnigione, e non trovarla nojosa, aver dei doveri verso la patria da compiere anche in tempi riposati e tranquilli, e tener sempre in mente gli ahi ideali per vincere nella vita or- dinaria le piccole passioni di partito e i dispet-tucci di campanile: ecco i doveri dei buoni cittadini passato il tempo degli entusiasmi eroici, anche negli anni pacifici. E sono questi anzi i doveri più importanti da compiersi, ed utili alla patria. — Bella bravura sbraitare quando tutti gridano, declamare patria, patria col Petrarca e col Filicaja quando le campane suonano a stormo; e sentirsi venire la parlantina quando è morto don Rodrigo! La vera virtù, di fatti e non di i parole, sta nel servir sempre il paese, di anteporre il bene pubblico al privato interesse in ogni circostanza, di rammentare la necessità della concordia anche nelle piccole cose : sono questi i piccoli sacrifici, la moneta spicciola necessaria ogni giorno, ogni ora. Viver insomma la vita di guarnigione, e trovarla niente affatto nojosa, ma utile, necessaria, spesso santa e bella, utile e necessaria al paese ed a noi, per addestrarci con le quotidiane vittorie, ecco il porro unum necessarium in ogni tempo, in ogni luogo a militari e a borghesi. E così via via a proposito di certi fatti, di certe stamburate, di certe scalmane che addolorano profondamente anche i lontani usi, perchè lontani, a vedere largo, largo, e a giudicare senza passione, si potrebbe tirare innanzi al sine fine, se non che, a tempo mi ricordo che adesso si richiede da me un appunto critico e non uu sermone. Punto e a capo. Tutte queste cose si sono dette a proposito di un buon libro edito dal Carrara — Scritti letterari di Erminia Fuà-Fu-siuato. — E non la è già tirata con gli argani ; dico a proposito e non mi ritratto ; perchè le opere e gii scritti dei galantuomini che ci precedettero e seppero vivere e fare il bene in campo e in guarnigione, in tempi jwetici e prosaici saranno sempre una guida, un esempio, un conforto. Bella virtù, si dirà; a vivere tranquilla e regolata, una signora non aveva che a seguire sua natura ; se non avete altri santi, potete anche risparmiare la spesa dei moccoli. Ma se vi fu donna che da una parte più poteva desiderare di condurre una vita brillante e di lasciarsi andare allo strafare e alie pose spartane, e di sentirsi poi soffocata oppressa dalle cure della vita quotidiana, quella fu appunto la Fusinato. Cresciuta in tempi di grandi speranze e di lotta, dotata di viva fantasia e di squisito sentire, cercata, riverita da artisti, da letterati e da uomini politici, poetessa e sposa a poeta popolarissimo, vide ben presto venire anche per lei i giorni amari e faticosi della, lotta occulta, e continua; e come nei dì della festa non si lasciò dominare da nessuna superbia, e perfino seppe in giusti limiti contenere il desiderio di piacere, che è innato in donna, così nelle prove e nelle scaramucce della vita non si lasciò cadere d' animo, ma imprese una vita di continuo sacrifizio, per essere utile al marito, ai figli, alla patria. Il lettore, che vuol saperne qualche cosa di più, legga la vita di lei scritta da Gaetano Ghivizzani e posta in principio del volume. Quando per alcune speculazioni fallite, specie per 1' erezione di un teatro a Firenze, vide che tutti i membri della famiglia doveano dedicarsi al lavoro per riparare alla perdita del patrimonio domestico, accettò dal Correnti un posto, e si dedicò tutta alla pubblica istruzione. E fu grave sacrifizio per lei, dedita a liberi studi, colta ma ignara di tutte quelle forme, di tutte quelle pratiche che si ritengono necessarie per ben condurre una scuola. Ed ella stessa ci racconta con uno stile serio-faceto quanto le costasse 1' apprendere sotto la guida di una maestra piemontese, la famosa teoria dei complementi. Povera Erminia ! povera poetessa, usa scorrere pei liberi campi della fantasia e condannata in camera di disciplina alla catena corta dei complementi diretti e indiretti. E adesso, poiché mi viene la palla al balzo e parlando della Fusinato maestra il mio discorso è rivolto particolarmente ai maestri, domando a questi quali vantaggi credono rechi ai fanciulli e alla lingua la teoria allobroga sostituita ai casi. L'italiano, dicono, non ha casi. Ma ha i segnacasi, che ne fanno le veci, e per procedere dal noto all' ignoto si avrà pure a spiegare che cosa sia caso. E a rigor di termini si potrebbe sostenere che anche l'italiano ha casi; per esempio: io, mi, me, ella, le, la, tu, te, ti, ecc. ecc. Si aggiunga che insegnando a declinare nelle scuole elementari, si fiicilita poi a! fanciullo 1' apprendimento del latino, e di tutte quelle lingue moderne che conservano il caso. L'insegnamento va pure più spiccio, e non si rompe il capo ai fanciulli con la filatessa dei complementi. Non so come vanno costì le cose, certo che qui sarebbe necessario di fare una grande fiammata di grauimatichelie piemontesi ; Scavia, Bottura e compagni. ') Torniamo alla poetessa maestra. La Fusinato fu davvero ammirabile per 1' ardo: e, la coscienza, e 1' affetto nell' insegnamento. La scuola diventò per lei una seconda famiglia. E non le sono le solite frasi; si ha a sentire come ella stessa ri- .') Ho sentito più volte maestri e maestre, ohe non insegnano a declinare/ripetere : i vocativi vanno scritti fra due virgole. Oli che cosa sono adunque questi vocativi ? pete a sè medesima in iscritto i fatti propositi. — „Se io potessi avere (così scrive negli Appunti) la presunzione di credere che la provvidenza si occupi di una misera creatura quale io mi sono, direi che Essa volle prepararmi un rifugio, un conforto nei dolori che mi affliggono, ponendomi nella doverosa necessità di occuparmi di cose diverse. Quando sono assorta nelle cure del mio uffizio, dimentico me stessa. Quando insegno la morale la sento più che mai ; comprendo che l'insegnamento sarebbe inefficace ove non andasse unito all' esempio ; comprendo che 1' e-goismo è il peggiore dei vizi, il sacrificio la prima delle virtù, e guardando a quelle giovinette innocenti una calma insolita scende nell' a-nima mia" (pag. 33). Ed altrove nota queste semplici parole, che ogni insegnante dovrebbe scrivere a lettere d'oro nel suo studio: — „Oh potessi sentirmi buona veramente, migliorarmi come talvolta sogno! ecco l'unico conforto a cui aspiro ! Ogni giorno si perde un' illusione, sostituiamovi uri occupazione, si finirà col non avere un istante disoccupato, ecco ciò che conviene (pag. 13). Ne ho letti e ne ho mandati a memoria dei famosi detti di filosofi antichi, quando frequentavo il ginnasio; ma confesso di non aver trovato mai sentenza di antico che mi facesse pensare, e mi rendesse meno cattivo, come questa della semplice donna — ogni giorno si perde uri illusione, sostituiamovi uri occupazione. Ma e il piacere che proviene dall' occupazione non sarebbe forse anche questo una nuova illusione ? No, quando l'occupazione è un dovere. Un'altra volta la Fusinato scrive: — „Ora bisognerebbe mi preparassi dal fondo dell'anima per le mie lezioni di morale. Bisogna disporsi alla bontà, bisogna esercitarla sempre per poter ispirarla altrui. Ed io talvolta m'inquieto, mi sdegno, mi lascio trasportare senza riflettere, e ciò è male, e tutto in me non è buono. Dio voglia che possa divenirlo ! (pag. 75) Se niente altro contenesse questo volume, che i ricordi della vita scritti dall'autrice, sarebbe già un buono anzi ottimo libro. Perchè la buona, la semplice anima della Erminia è tutta trasfusa, si riflette come in uno specchio in queste memorie; senza ombra di pedanteria e di amor proprio; mai il signor me trasparisce come in molti epistolari di uomini grandi che dicono di scrivere lettere come detta il cuore, e pur ci si vede sotto la falsariga del chiarissimo, dell' illustre autore che provvede alla fama futura. È una bella e buona usanza questa di scrivere giorno per giorno, o almeno di quando in quando le proprie memorie, non per compilare la monografia, ma per proprio uso e consumo. La parola scritta rafferma la volontà, muta spesso le aspirazioni, i vaghi desideri i propositi, rincalza l'animo nella lotta con le passioni e ci rende uomini di carattere fermo e potente. Queste memorie, questi propositi in iscritto sono come la parola d'ordine per renderci disciplinati e pronti nella lotta quotidiana, più è difficile e nobile il nostro ufficio (e quale è ufficio più alto che il governare e formare uomo il fanciullo ?) e più si dovrebbe abbondare in questi mezzi intimi, occulti. Così la Fusinato venne addestrandosi per divenire a Roma insigne istitutrice e direttrice della prima scuola superiore femminile. Perchè non una parola neppure per un momento, fa nascere il sospetto che la Fusinato avesse altre mire nel compilare questi intimi ricordi della sua vita ; tutto è semplice, schietto, profondamente soggettivo. Che se mi si domandasse donde 1' Erminia ebbe la forza per condurre a buon termine, in mezzo a molti ostacoli, prevenzioni, secolari abitudini e guerre aperte e nascoste, la sua impresa in Roma, non esiterei a rispondere : dall' amore di famiglia. Sapeva di far cosa utile e necessaria pel riposo del suo Arnaldo, per l'educazione de' suoi figli : ecco tutto. Così per la millesima volta è provato che per essere veramente utili cittadini alla patria, ed utili non solo in tempi eroici ma anche prosaici, in campo e in guarnigione, è necessario un animo tranquillo, temperato, conseguente sempre a sè stesso. Per far l'uomo grande in piazza, basta spesso la posa ; esserlo veramente in maniche di camicia, qui sta il busilli. La soavità, la gentilezza, la rettitudine, e sopra tutto un gran buon senso pratico si rivelano da ogni pagina di questo scritto. Obbligata a vivere a Roma in tempi difficilissimi in mezzo a persone di opposti pareri, sa trovare la via giusta, giudica sempre con imparzialità, con modestia, con quella pieghevolezza che, usata a tempo, è fermezza. — Venni chiamata, scrive alla presidenza del congresso, non parlai perchè donna, (pag. 23) Altrove: — Era per me un dovere, uno di quei doveri che non hanno altro codice che il cuore (pag. 45). Sentite come la pensi in fatto di religione e nel 1871 a Roma: — Festa del Natale — Oggi intesi censurare chi va alla messa in questa solennità. Certa gente vuole la libertà per sè, affine d'imporre il proprio parere agli altri. Io rispetto tutte le abitudini, tutte le credenze; ma osservo che coloro i quali si chiamano emancipati da queste pratiche religiose, una però ne serbano con molta costanza, ed è quella di santificare le feste, mangiando meglio, e più, quanto sono più grandi, per cui si può dire che la loro religione si è condensata tutta nello stomaco. — „Mia madre, mia moglie oggi mi faceva questo piatto, ci preparava questo dolce, la poveretta, e mi parrebbe strano non tenere la sua abitudine" .... Ma la madre e la moglie pregavano anche e andavano anche in chiesa, e facevano qualche opera buona, e queste abitudini le serbate voi, o pietosi? A voi basta ricordarle a tavola, anime caritatevoli" (pag. 11). Sulla questione dell' insegnamento religioso nelle scuole, ella, nata israelita, la pensa così: -— Non le (le bambine) occupate unicamente del Vecchio Testamento, per tante ragioni arduo, oscuro, e per sì poche di pratica utilità : raccogliete l'insegnamento in sugli Evangeli, in sulla parte che il Cristo rese sì sublime, e che meglio parla al cuore. Sarete intesi, non avrete equivoci da evitare, oscurità da esplicare, barbarie da nascondere, privilegi da giustificare. Restringete j l'insegnamento dei dieci comandamenti ai primi I cinque, lasciando gli altri che non possono, che j non devono venire compresi da giovanette. Date qualche idea dei doveri di famiglia e di patria, e che Dio vi benedica! (pag. 120) La stessa moderazione, lo stesso buon senso traspare dagli scritti letterari. Se poco o nulla aggiungono al patrimonio letterario, se non ci trovi novità, discussioni elevate; se non rispondono alle esigenze della critica odierna, pure il suo vedere e giudicare delle cose e degli uomini con lo spirito di donna, colta e gentile dà una certa novità, ti presenta sotto un altro aspetto la questione e ti fa pensare. Così nel discorso - - La Laura del Petrarca, discorso letto all'Ateneo Veneto. Non disquisizioni; aia ci trovi un' altra volta affermato il sentimento del dovere e 1' affetto di famiglia. — Non è vero che il Petrarca rifiutò le dispense apostoliche, e non volle diventar marito di Laura per non lasciar d' essere amante. Se io potessi acquistare la penosa convinzione di questo fatto, essa distruggerebbe la mia fede nella potenza di quell' affetto. — (pag. 98) Sentenza giustissima. Tutti questi scritti si raccomandano poi per lucidezza di stile, semplicità, evidenza. Nulla di quel compassato, legato, ostentato, che forma pur troppo lo stile di molti maestri e maestre che scrivono libri e giornali. È un ottimo libro adunque che raccomando agli educatori istriani, perchè anche è ottimo come libro di lettura alle giovanette dei corsi superiori, e opportuno meglio assai di certi centoni di dottrina indigesta che troppo alla mente, e nulla dicono al cuore delle spose e madri future. È finalmente un libro per tutti, a vincere la noja, i disinganni, e le pas-sioncelle di que' tali ozi borghesi di quarnigione, de' quali già si è detto abbastanza. A buon in-tenditor poche parole. p, t. Domanda Come si usa in altri periodici facciamo una domanda ai cultori di studi letterari e storici nella Provincia. Nella Biblioteca o sia Giornale di letteratura scienze ed arti, Tomo XXXIV Aprile, Maggio e Giugno 1834 Milano, a pag. 102, si legge la recensione di un libro — II ciabattino pattinisi a — Dialoghi. Venezia 1833, scritto da un pseudonimo — Veranzio d'Istina —- nel quale si difende il Canonico Stancovich dalle accuse mossegli da un anonimo per 1' opera — Trieste non fu villaggio Gamico. — Ora si domanda : Chi è questo Veranzio d'Istina? È forse il Canonico stesso? Sarà utile sapere che questa difesa dello Stancovich è tartassata ben bene nella Biblioteca italiana, ed è giudicata — un libro senza ordine e senza chiarezza, e senza alcun profitto pei lettori. — Si conchiude col pregare „che la verità tanto grave e dignitosa per natura, anziché dilettarsi di bassi piati e di vili contumelie, si faccia sempre compagna all' urbanità e al decoro. In ogni modo ci compiacciamo che questa notizia dia occasione di rammentare un articolo di giornale, allora celebre, che si occupò di cose nostre ; e ciò diciamo senza entrare nel inerito della questione. PUBBLICAZIONI La chiesa cattolica, la sua dottrina, e la sua storia — per Don Giovanni de Favento Apollonio, canonico onorario del Capitolo coneattedrale di Capodistria, ; professore ginnasiale emerito. Volume IV ed ultimo: j Storia della chiesa cattolica. — Capodistria, tipografia di Carlo Priora, 1383. — Opera di sterminata dottrina, : che sarà monumento perenne delle profonde convinzioni i religiose e della vastissima coltura sacra e profana di : uno tra i più benemeriti ecclesiastici e docenti delle i diocesi ed istituti istriani. — Prezzo di questo IV ed i ultimo volume è di fior. 1.30. GAPODJtì IMA v Tipografia di o'arlo fri»». tìeiro Jlauojiijza _ Anteo '(ir.unsi «difc e re.Ut. reap»us.ièili.