m Anno XI. Capodistria, Genvaio 1911 N. 1 PEKIODICO MENSILE A.I JSOSTU1 LETTOHL Otto (vtini sono trascorsi da che un gruppo di giovani irniti a persone gia adulte, ni a giovani di cuore, sentendo la mancanza di una rivista modesta e di forma popolare che trat-tasse di storia, di arte e di letteratura con speciale riguardo alla nostra provincia, fondo le Pagine istriane, eccitando i giovani a provarsi in detto arringo, i vecchi acl aiutarli col loro esempio e con la loro competenza negli studi, gl' Istriani tutti <1 sostenere la rivista col loro materiale appoggio. La bonta delTidea riceve conferma dalla non breve esi-s te n za della rivista. L'anno decorso tu anno di eccezionale importanza per l'Istria, che tutta si raccolse nella sna prima csposizione provineiale. IL risultato, che causa 1' eccezionale incostanza del tempo non fu finanziariamente buono, fu moral-mente efticacissimo. La nostra rivista che non poteva maneare a si bella testa di civilta e di lavoro, ricordo 1'csposizione con un iascicolo straordinario che incontro a]>provazione e lode. Kingraziando con aniino riconoscente tutti i nostri abbonati e i cortesi nostri collaboratori che ci resero possibile di man-tenere la rivista a quel livello, che 1'ognor crescente progresso ricliiede, rivolgiamo loro la preghiera di continuarci il loro lavore, aftinche possiamo ancora per lungo tempo adoperarci per questa via a vantaggio deiristria nostra, alla quale stette e stara sempre a cuore lo sviluppo della sua civilta e della sua cultura. L a Direzione. II ratto delle ..novizze" veneziane Storico o no, il ratto delle Marie ad Olivolo per opera di pirati (nel secolo IX secondo alcuni, X secondo altri) a lasciato, com' era naturale, orma di se non piccola nella letteratura prosastica e poetica veneziana di tutti i tempi, ne meno nelle arti belle. Si ricorda spesso Martino da Canal e la sua Cronaca, si loda il poemetto latino del Pare, del secolo XIV, dedicato al doge Pietro Gradenigo e 1' altro, in italiano, di Carlo Gozzi, Daniele Farsetti e Sebastiano Crotta II Revere — come si vede — inizia il suo cammino in un periodo di transizione. Giacomo Leopardi era soggiaciuto alla natura matrigna, la musa del Berchet s' era spenta, nel Manzoni la facolta critica aveva vinto il sentimento: era il tempo cli disquisizioni acute, di rimaneggiamenti, non di crea-zione. Questa la generazione che tramontava; quella che sor-geva aveva a capo il Prati, che da poco aveva inondato di femminee e giovanili lagrime 1' Italia. In mezzo il Niccolini, il Tommaseo, il Guerrazzi, forti e onesti, raa non capaci di creare una letteratura nuova. Un solo grande artista, Giuseppe Giusti, il quale esalava gli spasimi del cuore in una poesia che pareva riso ed era pianto. Ora chi osservi questo periodo, triste ma gravido di conseguenze per 1' Italia, notera tre fatti: la man-canza di originalita, il sentimentalismo e la corruzione. Ogni ingegno superiore crea intorno a se un' atmosfera di entusiasmo. Ora 1' imitazione per questo fenomeno acquista un calore, sia pur fittizio, che se anche non le da la ragione di essere, almeno la rende tollerabile. Quando invece la me-moria del genio a poco a poco va disparendo, 1' imitazione, ') La Critica, rivista di Letteratura ecc., vol. 1, Giosue Carducci, pag. 18. -) Noto p. e. una eanzone di G. Revare nell'Album, esposizione di belle arti in Milano. Uedicato a . . . Ferdinando I. Milano, presso C. Canadelli ed.. 183S. *) Op. eompl. vol. III (Knovi Sonetti, lmpeto giovanile) pag. 50: Nel faeile sospir del mio liuto Un di i miei colli'mi gridar poeta, Ma dispettando la non ardua meta Piansi la morta •eredita di Bruto, con la nota a pag'. 74. perduto anche quel calore falso, diventa del tutto vuota: 11011 e clie una ripetizione di motivi formali; non siimita il genio, ma i suoi imitatori. Ora se ogni imitazione porta a una dege-nerazione, questa eresce quanto. quella diventa vana. Alcun che di simile avvenne allora in Italia: il Manzoni aveva com-posto gli inni sacri tra il '12 e il '"22, il romanzo tra il '21 e il '23. Qual codazzo di scimmie si trascinasse dietro non oc-corre che io lo spieghi; dopo il 1830 la scimmia non fa il verso ali' uonio, ma alla scimmia. Se Tommaso Grossi e la degenezione di Alessandro Manzoni, Giulio Carcano e la dege-nerazione di Tommaso Grossi. Ma v' ha di piu. II genio ha serapre il senso deli' equi-librio; l'individuo mediocre invece lascia prevalere una potenza spirituale sola. Cosi dopo 1' armonia sublime delle facolta, ch' e in A. Manzoni, il sentimento s' acuisce e degenera nelle piu strane morbosita del sentiinentalismo. Q,uanto s' e detto fin qui riguarda da vicino la letteratura, ma — per la relazione cli'e tra questa e la vita — conviene non trascurare anche le condizioni morali e politiche. Siamo nel periodo tra i moti del '31 e la rivoluzione del '48. Mazzini, il grande idealista, mette il fermento ne' giovani e prepara tempi nuovi. Ma una legge tatale vuole che ogni germe prima di arrivare alla vita passi attraverso la decomposizione e la deformazione. Di qui la generale corruttela di allora. Ricordate il mondo che il Giusti tlagella? E' la trista moltitudine della Toscana; ma un Giusti poteva nascere in qualsiasi regione d'Italia: i fantasmi della sua satira sarebbero stati dovunque eguali. * Quando Giuseppe Revere penetro nell' anima della societa italiana, non pote che provare un senso solo nel suo cuore: il senso della reazione. E quando questo senso arrivo al cervello, ebbe un prepotente bisogno di criticare, un elemento che esiste in ogni ri forma, non importa se espresso o solo pensato. Nel poeta triestino la critica si concret6, prese forma e divento un libro che io ho gi& nominato: Le prime memorie intorno ad Anacleto Diacono ')• Fu pubblicato nel 1855, ma alcuni anni prima aveva gia contorni precisi nella mente dell'autore; ') Op. compl., vol. IV, pag1. 165-209. anzi ho ragione di čredere che le idee nacquero appena il Revere fu capace di un giudizio indipendente del mondo, che lo circondava. La base del libro, inspirato — ma nulla piu -al Didimo c-hierico foscolano, 6 uno sdoppiamento deli' anima del poeta: quella parte del suo spirito, ch'e piu ribelle con la vita esteriore e anehe interiore '), prende figura d' uomo. E' il misteriosissimo Anacleto Diacono 'un coso lungo lungo, vestito tra il prete e il secolare', dalla 'faccia scialba, allampanata, sulla quale rideva il pianto, piangeva il riso' ')• U Revere lo incontra in una fosca sera intorno al J 840 in riva al mare cli Trieste, stringe amicizia e lo trascina seco a Milano ove> di-morava. Naturalmente tutto questo sceneggio e solamente un pretesto: lo scopo dello scrittore e di rilevare tutto quello che ribolliva nella giovane anima, e la duplicitži de' protagonisti gliene da agio: quanto il Revere, per i vincoli sociali non puo manifestare, e messo con maliziosa astuzia in bocca ad Anacleto, al quale la stravaganza, che gli 6 abito, diventa giustificazione3). Questo, almeno nella vol on ta deli' autore, poiche la realta noli rispose sempre all'intento, e ne e prova la turpe polemica del 1855. (continua) Konico Nori. ') Op. compl., vol. IV, pag. 1(>7-168 (Le prime Memorie, prefcizione : I)i spesso poi bisbetico, strilla contro il mondo che non fa capitale delle sne bubbole, ed allora e' mi searaventa contro ivna iilatessa di titoli di Iibri ch' e' non iscrisse mai, e mi mostra le inginstizie de' suoi conteni-poranei. Io alla bella e me.glio m' ingegno di rabbonirlo, e gli fo dare <|ualche scorribancla ne' prati della teologia. La e j)roprio il sno luogo. Se mi chiedeste che cosa vei'amente faccia meco non saprei dire. Aleuni 10 tengono conie inio segretario, altri portano opinione che m' abbia dato 11 suo cervello a cottimo. Wa cosi gli uni come gli altri s' ingannano a partito. Anacleto Diacono e un cotal garbuglio di semplicita e di malizia, un cumulo di cose, tra esse ripugnanti, da non si poter immaginare. E' dice di volermi tutto il suo beuc, e di spesso mi vorrebbe veder morto di coltello; quando mi da qualche rabbuffo, perche fa meco a sicurt!\, piange di poi e grida contro se, come 1' avessero scorticato ; se serivo, arruffa il naso, e brontolando e bufonehiando monnora : carta sciupata •. se non fo nulla, e' mi vien tentando e ritentando, perche tenga il capo a bottega e faccia parlare il mondo di me. 2) Op. compl., vol. IV, pag. 109 (ibid., I). 3) Op. compl., vol. IT, pag. 48(i 'Marine e Paesi, Commiaio, IV): A voi, creature del pensiero, acconsentiva quelle ironie, che male avrebbe potuto patire dal cuore. L' abate Schiavi L'abate Schiavi: chiamiamolo ancora una volta corae avevamo appreso a chiamarlo dai nostri vecchi e come a lui, uomo d' altri tempi e d' altre idce, non dispiaceva. Aveva, e vero, una quantita d' altri piu veri e ragguardevoli titoli, e aniava fregiarne il suo uome, specie sul frontispizio de' suoi numerosi libri ed opuscoli, quasi ad accaparrarsi la benevo-lenza dei lettori e dei critici: ma anche lui, quando si faceva pensoso della maesta della morte, non sapeva, cosi affermava, trovar epitafio migliore per la sua tomba che questo: Lciurentius Schiavi Sacerdos. E certo oggi saran queste tre semplici e solenni parole che si leggeranno nel camposanto di Capodistria sul bel monumento sepolcrale sormontato dal pregevole Reden-lore di Scipione Biggi carrarese; monumento che 1'abate s'era fatto erigere non meno di vent' anni fa e in cui, da qualche giorno, egli e disceso a riposare per sempre, dopo un' attivis-siraa e utile esistenza durata ben ottantadue anni precisi. Dilegud con lin un sacerdote di evangelica piet& e purezza, un' ottima e ingenua pasta d' uomo, un conversatore quanto mai amabile e faceto, un insegnante del vecchio stampo, un curiosissimo tipo d' uomo di lettere. Non e qui il luogo di distendersi a spiegare corae e perche lo Schiavi fosse divenuto a Capodistria, cittži dov' egli dimorava da quasi mezzo secolo e da lui amata di figliale amore e considerata sua seconda patria, una specie di istituzione cittadina, una popolare, gustosa e simpaticissima (togliendo al voeabolo quant' esso puo avere d'irriverente) macchietta *). Miglior consiglio šara riprodurre, in parte almeno, alcune pagine autobiografiche che 1' abate ebbe a cortesemente favorirci cinque o sei anni fa, in un' oc-casione tutt' affatto speciale. Lasciamo che parlino esse. Anzi tutto, con la loro schiettezza e vivacita daranno ai lettori un' adeguata idea del miglior stile dello Schiavi; poi forniranno le notizie piu certe intorno ai časi deli' esistenza del loro au-tore; e finalmente daranno vita a taluno di quei goldoniani *) Vedasi del resto cio che fu scritto da noi nell' Indipendente del 24 gennaio u. s., dove, oltre alle iniziali in calce aH' articolo, sono da correggere non pochi errori di stampa. motti di spirito che si frequenti e spontanei scoccavano dalle soltili labbra deli' abate, illuminando di line brio prelatizio quella sua svelta e stridula parlantina dialettale che 11011 era una delle particolarita che meno piacevano in lui. La parola, dunque, ali' abate. «Io Schiavi Lorenzn (prof e per molti anni del Ginnasio di Capodistria) ed ora qui in pensione, nacqui il 12 Gennaio 1829 a Pordenone. La madre, rimasta vedova di Pietro Schiavi, impiegato torestale, priva di fortune, per mantenerrni con un fratello ag'li studi, si adatto a servire in cospicue famiglie. Nei primi mesi deli' anno scolastico 1847-8 ero tra gli estradiocesani študenti di teo-logia presso 1' I. R. Universita di Padova. Sospesi gli studi per lo seoppio della rivoluzione, arrivai il 22 Maržo 1848 in piazza S. Marco di Venezia, proprio nel momento che Daniele Manili, tolto di prigione e portato la a spalle degli arsenalotti, vi proclamava un Governo indipendente dal-1'Austria. Sono rimasto a Venezia fino al giorno che questa per la farne c pel colera devette sottomettersi alle assedianti I. I. R. R. armate: e fui testimonio di tutti i fatti che la si sono svolti nel 48 e 49. Passato ad Udine, sostenni qua 1' uffizio di Maestro di Camera e Cappellano della Corte arcivescovile. Poi, dietro regolari esami, ebbi dal-1' I. R. Governo la nomina di professore di Religione del pubblico Gin-nasio di quella citta con Decreto che mi dava «tutti i diritti degli altri professori di quell'istituto». Essendo cosi docente, pubblicai ( a. 1862-4) li miei due Corsi cl'istruzione religiosa (P Inferiore ed il Superiore) ad uso degli študenti. Questi corsi turono assai benignamente accolti, onde mi vidi costrerto a far eseguire dal Llovd di Trieste una seconda edizione. In progresso, crescendo le richieste, concessi al torinese tipografo Pietro Marietti di servirsene per una terza edizione. Egli, per suo guadagno ed a mia insaputa, fece colla stereotipia altre quattro edizioni. Laonde, per via di Avvocato rivocata la proprieta letteraria, la donai per sempre alla tipografia del Seminario di Padova, che mando fuori nel 1896-7 due ap-plauditi lavori. Dopo essere io stato sei anni pubblico prof. ad Udine, 1' I. R. Mi-nistro di Stato, sig.r Belcredi (per calnnnie di cui eonosoo 1' autore) or-dino nel Maržo 1866 che ini fosse levato il soldo; che fossi sospeso dal-1' insegnamento e che l'Autorita diocesana vi mandasse un altro in ima vece. Quell' Arcivescovo rispondeva: «Non mi e dato di mandare alcun altro in luogo dello Schiavi, e declino da ogni responsabilita che ne possa derivare». Negli Atti Curiali poi sta scritto di me che io «adempivo con somma esattezza e intelligenza li doveri di pubblico professore«; ch' io «era d' 1111 carattere dolce, insinuante, di forme benigne ed affabili, di condotta integerrima ed esemplare«. Mi sarei tutt'altro aspettato, anche in rieognizione della mia gratuita assistenza spirituale ai soldati decum-benti nell' ospitale. Sebbene assai bisognoso di spendere in medici e medicine per la madre, caduta inferma da piu anni, acciocche le scuole del Ginnasio non rimanessero senza la richiesta istruzione religiosa, accon-sentii a fare gratis da Catechista per molto" tempo. — Prima di lasciar Udine, diro che ho ivi pure stampato (Tip. Foenis, a. 1863) una disscr-tazione pedagogica: U istruzione dei giovani sotto V infiuenzci della triplke Kociela, domestica, civUe ed ecclesiastica. Nel 1867, pel cambiamento di Governo, cessava ne' Ginnasi e Licci del Veneto la cattedra di Religione, e io fortunatamente riceveva proprio allora dalla Direzione del Ginnasio Comunale di Trieste il seguente tele-grainma: «Accetta ella cattedra qui d'italiano e filosofia?» Fmi proutissimo ad accettare, come altresi a recarmi ali'Universita di Vienna, per conse guire la legale qualificazione rti professore anehe in questi dne rami d'in-segnamento. Nella mia dimora di sei anni a Trieste ho pubblicato coi tipi del Lloyd. per uso delle scuole, una Propedeutiea filosofica ecl un Manuale didattico-stnrico della letteratura italiana con annesši saggi