N. 23 Capodistria, 1 l)ecembre 1878 DELL' ISTRIA Esca il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli òomunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Effemeridi della città di Trieste e del suo Territorio Dicembre 1. 1415. — Il comune conferma per altri due anni il balestriere Marco col solito salario, accordandogli anche l'abitazione gratuita, 1' assicura che ogni reggimento farebbe da lui l'acquisto di due balestre per il palio. - 13, 8.b 1. 1420. — Il comune aderisce ai patti propostigli dal feneratore Salomone, ebreo, tra' quali havvi quello di non ammettere altro feneratore in ' città. - 13, 29.b L 1423. — Il consiglio maggiore autorizza i giudici di poter ultimare la loggia per i mercanti forastieri, di prendere a questo fino il danaro a prestito dal fontico, ove il civico erario non no avesse a sufficienza, con l'obbligo della restituzione. - 13, 39b e 40.a 1. 1425. — Marino de Cernotis vescovo è delegato da Martino V a prosciorre la città dall'interdetto, il consiglio dalla scomunica e il clero dalle censuro, quando accettassero il Cernotis in loro vescovo. - 5. 2. 1441. — Firenze. Papa Eugenio IV delega il priore dei Benedettini de' santi Martiri in Trieste per investire l'undicenne Francesco Bonomo, figlio di nizzardo, del canonicato rimasto vacante in seguito alla conferma di Nicolò de Aldegardis eletto a vescovo di Trieste. - 5. 2. 1805. — Viene installata alle ore dieci la muni- cipalità, o magistrato provvisorio. - 8. 3. 1341. — Il patriarca Bertrando minaccia Trieste dell'interdetto, ove sor Pietro Badcor podestà non faccia ritirare dalle mani del civico consiglio l'amministrazione dei beni vescovili in Sede Vacante. - 9, 100, o 6. 3. 1355. — Il veneto senato scrive al podestà di Trieste, ser Filippo Dandolo, di chiamare a sè Volrico di Reifenbergo a fino d'indurlo a spedire a Venezia un procuratore per trattare circa la cessione propostale del castello di Pietra Pelosa. - 17, xvn XIVUI 47.a 4. 1762. — Si escludono dal patrio consiglio i calunniatori del conte Raimondo Villana-Perlas. - 8. 4. 1805. — Arrivo dol maresciallo Masscna, il quale dopo ventiquattro ore lascia la città. - 8. 5. 1513. — La città rende informati i commissari di guerra in Lubiana, essersi spinta la truppa veneta sino alla bastita di Cernicale od avervi formato accampamento. - 8. 5. 1816. — Viene aperta al pubblico la civica biblio- teca. - 8. G. 152. — Apollinare, suddiacono di Trieste, muore martire per la fede cristiana. - 14, 30. 6. 1348. — Fiume. I Signori di Duino pregano il pa- triarca di Aquileia a voler interessarsi presso la città di Trieste, perchè voglia prolungare con essi la tregua ad un anno. - 9, 113. 6. 1547. — Un corpo di militi Triestini, guidati dal vicedomo di Lubiana, stringono d'assedio il castello di Duino per impossessarsi del castellano Mattia Hoffer, ma dopo due giorni ritornano alle loro case. - 8. 7. 1773. — Il vescovo Herborstoin decora don Pietro Cristoforo de' Bonom« in virtù della bolla di papa Clemente delle insegne pontificali. - 8. 7. 1782. — Pompeo conte Brigido viene immesso al possesso della carica di governatore di Trieste, sua patria. - 8. 8. 1268. — Gregorio da Montelongo, patriarca d A- quileia, cede a Marino Zorzan di Venezia e a Marino Cuppo le 138 anfore di vino, che ritirava da Muggia e Pirano, a sconto delle 75 marche che doveva allo Zorzan per la riparazione del castello di Moccò, distrutto dai Capodistriani, ed accorda ai due Marini di condurre detto vino in Aquileia, esente da dazio. - 25, XXII, 378. 8. 1550. — Il vescovo Castilegio dopo aver diligen- temente esaminati nella chiesa di S. Michele vicina all'Episcopio gli accusati di eresia: ser Bernardo de' Petazzi, serJGian Maria de' Bonomo e ser Pietro de' Leo, li rilascia dichiarandoli innocenti. - 8. 9. 1082. — Eriberto, vescovo di Trieste ed ammini- stratore della diocesi giustinopolitana, investe il capitano di Capodistria di varii diritti su la Villa d'Isola e tra questi di quello di battezzare e dell'altro di riscuotere il quartese sopra la decima e sopra le primizie. - 10, VI, 214 e 215. 9. 1509. — Vieno lasciata scomunica contro suor Cecilia e le altre monache benedettine del convento di Trieste per aver rigettato la nomina della nuova badessa, suor Eufrasia. - 5. 9. 1509. — Il patrio consiglio delibera che si passino in segreto due bovi alla settimana ai soldati stiriani che rifiutavansi di mangiare carne di castrato. - 5. 10. 1294. — Duecento Triestini arrivano nel castello di Zuccola in aiuto di Giovanni Panzera, signore di esso castello, contro ser Antonio (de1 Frangipani) di Castello (Porpetto), ambedue pretendenti delle sostanze di Walteroboldo di Spegnembergo. - 25, XXVI, 267. 10. 1459. — Wolfango e Ramperto dei Walsee, signori di Duino e della Carsia, delegano Nicolò de Lueg, capitano di Duino, ed altri per trattare in Senosecchia co' rappresentati del vescovo e del capitolo di Trieste circa il diritto di patronato di varie pievi dei Carsi. - 5. 11. 1426. — I giudici della città e l'officio della Balìa, pregati dal vescovo e da alcui cittadini, esigono l'osservanza di una loro deliberazione presa nel prossimo passato settembre, assente il civico cancell. ser Pietro de' Monticulis andato in Sassolo sua patria, che cioè i villici del territorio possano concentrare nella villa di Silvola (Servola) i loro animali onde non vengano loro predati nella presente guerra. - 13, 47.b 11. 1533. — Nascita di GianAndrea di Domenico de' Rapicio, poeta e vescovo. - 8. 11. 1547. — Il comune fa noto d'aver richiamato i duecento cittadini mandati cóntro Duino sotto il comando di Cristoforo Khullenberg vicedomo della Carniolia collo scopo di far prigione il castellano Mattia Hoffer. - 16. 12. 1365. — 11 capitolo del duomo affitta a certo Ma- rino di Prosecco una casa con vigna ed orti, il tutto spettante alla chiesa di S. Canciano posta nella contrada di Grignano. - 1, II, 108. 12. 1383. — Andrea Orobono di Trieste vende al ca- pitolo della città, Ugone di Duino, alcuni suoi terreni situati in Prosecco per i quali riceve 50 marchi di soldi, 45 staia di frumento e una vigna situata presso il mare sul territorio triestino. - 5. 13. 1294. — Duecento militi Triestini andati nel Fri- uli con alcuni del castello di Pietra Pelosa per aiutare Giovanni Panzera, signore di Zuccola, assalgono la villani Faedis, non lungi da Cividale, la prendono, la incendiano e conducono seco molti prigioni. - 55, append. 27, col. 1. 13. 1333. — Frà Pace da Vedano, vescovo di Trieste, investe ser Andrea Dandolo di vari feudi, situati ' sulla costa istriana tra Sipar e Pola.- 14, 68. 13. 1413. — Deliberazione presa nel maggior consiglio di eleggere due impiegati ed un notaio, perchè si rechino questuando per la città a fine di erigere la chiesa di San Sergio. - 13, 4.b 14. 1273. — Ser Nicolò Morosini, podestà di Parenzo, restituisce1 "ài vescovo parentino Ottone alcuni oggetti di chiesa, sequestrati da uno de'suoi predecessori, sèr Bernardino da Trieste. -5. 14. 1692. —G.Francosco Miller viene consacrato nella propria catt. a ves. di Trieste, e nello stesso dì prende possesso della diocesi. - 23, III, 190. 14. 1826. — Con dispaccio imperia le di questa data, il civico orfanotrofio viene convertito in istituto provinciale. - 56, I, 109. 15. 1509. — La milizia della Carniolia di guarnigione in Trieste, capitanata da certo Michele, si rifiuta di mangiare carne di castrato; nella qual occasione ser Antonio Fitien si offre al comune di voler provvedere la città e la milizia con carne buona a un soldo (la libbra?). - 5. 15. 1778. — Pio VI, soppressa la diocesi, trasferisce il vescovo di Trieste, Francesco Filippo de Inzaghi, alla neoeretta sede vescovile di Gradisca. - 7, 22. COMISPOULENZE Rovigno, 14 Novembre 1878. Monsignor Giovanni Glavina, or non è molto nominato vescovo di Parenzo e Pola, ha voluto dimostrare uno speciale riguardo per la città di Rovigno, e con gentile pensiero due settimane sole dopo la di lui i-stallazione a Parenzo, prima che in nessun luogo, si recò Sabbato scorso, 9 corrente, tra noi. Se a Rovigno non vi fu quella pompa esterna e quella bella decorazione della città, che trovò a Parenzo, sua sede abituale, non per questo minore si fu qui il sincero entusiasmo di questa cittadinanza, la quale pure coi parentini ha partecipato al timore di vedersi privata del suo ecclesiastico pastore, il vescovo di Parenzo. L'entusiasmo così dei rovignesi come degli altri diocesani è partito da un alto sentimento, dal pensiero cioè, di vedere in avvenire il neoeletto vescovo Glavina seguire le sante orme del pio e caritatevole Monsignor Peteani; il quale quantunque morto da lunga epoca, ciò non dimeno vive nel cuore di tutti i suoi diocesani, che citano anche oggiggiorno qual modello di virtù e di santità; di quel Peteani che abborriva per sè titoli, onori e guadagni che non fossero di utilità alla intera sua diletta diocesi, che non volle abbandonare mai, sebbene chiamato a cariche più elevate. E poiché Monsignor Glavina s'è mostrato tanto buono verso Rovigno, io mi permetterò, qui incidentalmente di farmi interprete della cittadinanza intera, la quale de-siderebbe che anche in seguito non solamente due o tre giorni si fermasse il vescovo tra noi, ma sibbene qualche settimana, come appunto faceva il non mai abbastanza compianto Monsignor Peteani. . Ed ora in breve vi dirò delle accoglienze che al suo primo ingresso in questa nostra città ebbe Monsignor Glavina. Sebbene oltremodo cattivo fosse il tempo, pure un numeroso stuolo di cittadini di tutte le classi si trovarono Sabbato scorso a mezzodì lungo la riva dove Monsignore al suono delle campane e accompagnato da due canonici doveva sbarcare. Ed infatti con fortissimo mare Monsignore venuto a terra s'avviò all' arco cosidetto di S. Damiano, all'uopo convenevolmente decorato, ove trovò l'illustre signor podestà, il quale, come è costume, dettogli commosso un breve discorso mutamente al magistrato ed alle altre primarie autorità del luogo, accompagnò il vescovo al Duomo indi alla casa del prevosto, dove, egli stesso, il podestà, presentò a Monsignor Glavina le autorità. La mattina del giorno seguente vi fu la solenne processione di istallazione, poscia al Duomo il ponti- ficaie e la sera infine nelle salo della locale Società del Casino un trattenimento musicale, dove Monsignore ebbe campo di fare varie conoscenze. II Lunedì vi fu un consiglio del vescovo coi sacerdoti e la mattina seguente, Martedì, colla carrozza partì per Canfanaro lasciando i Rovignesi ammirati della sua gentilezza di modi e desiderosi di rivederlo tra breve. La decorazione della città, come dissi, a cagione delle tristi condizioni in cui versa l'erario comunale, fu assai modesta e si limitò a poche bandiere e tappeti ed all' ornamento del bellissimo arco di San Damiano, unico monumento che ancor ci resti della antica grandezza e ci risvegli in core nella miseria presente la speranza di un miglior avvenire. Il trattenimento musicale al Casino fu sostenuto dalla signora Campitelli, dai due bravi maestri e da alcuni soci della benemerita società filarmonica, mesi « or sono, per iniziativa di alcuni egregi cittadini, costituitasi in questa città e che promette molto bene di sè. Ed era, in vero^ direi quasi, una vergogna per Rovigno, città numerosa di abitanti e dove si trovano, specialmente fra i contadini, molto sentimento musicale e buone voci, che non avessejnè un'orchestra e neppure una banda. Grazie a questa società che conta di già ben 124 soci, molti del nostro paese si sono dati alacremente allo studio della musica, che è in pari tempo nn diletto e un' istruzione ed in breve tempo per lo zelo e la valentia del maestro signor Francesco Carretti, vedremo costituiti nientemeno che tre corpi armonici: banda, orchestra e cori e la prossima volta a suon di banda accoglieremo anche il vescovo Glavina. B. LA SCIENZA MODERNA La scienza è il fatto signoreggiante di tutta l'èra moderna, e il secolo nostro partecipa più di qualsiasi altro di siffatto carattere. Siamo in un'età, che può ben dirsi fra tutte, ed eminentemente, un'età scientifica ; età curiosa ed indagatrice, se alcune mai ve ne furono; età, che ad una volta intende farsi della scienza uno strumento di forza e prosperità, traducendola a pronta e generale applicazione. Non vi è ordine di fatti o fenomeni, in tutto il campo della natura e della storia, che non siasi esplorato; non terreno, anche già noto, che non sia stato sottoposto a novella disamina; non problema 1 che non abbiasi voluto nuovamente riprendere o discutere, e ogni giorno se ne propongono di nuovi; non vi è verità, alla quale, una volta scoperta, non si dimandi di porgere (quasi una guarentigia del suo stesso fondamento teoretico) anche la prova del suo valore pratico. L'opera scientifica ferve, dal più al meno, per ogni dove, indefessa e sotto tutte le forme; il moto iniziato o ravviato, principalmente coi nuovi metodi di osservazione nella sfera delle scienze fisiche, or fa all'incirca due secoli e mezzo, si è venuto d'allora in poi sempre accelerando, e tutto accenna che siamo anche lungi dall'apice della sua curva ascendente. A questo stesso momento i nostri astronomi ci fanno l'analisi dell'atmosfera del Sole: importanti esploratori stanno per raggiungere il polo geografico del pianeta, come già da tempo sì è raggiunto il magnetico ; si spiano in ogni luogo le traccio e si raccolgono le reliquie dell'uomo preistorico, e dei navigli hanno ripreso la via dell' Oceano a studiarvi il sistema della generale circolazione delie acque, i climi e le leggi della ripartizione pelagica degli esseri, ed estrarre dalle maggiori sue profondità, che ieri ancora stimavamo l'albergo del silenzio e della morte, innumerevoli specie organiche, che ci porgono il riscontro vivente di altre già estinte nelle profondità geologiche dei tempi. Uno dei più salienti caratteri del secolo in cui viviamo è l'universalità delle indagini, che abbraccia ogni possibile oggetto in tutta la sua materiale estensione e ne segue lo svolgimento in tutte le successioni nel tempo ; e in una coli' inclinazione e col gusto a siffatto indirizzo, il nostro secolo possiede in modo mirabile anche le attitudini che vi tornano più confacenti. Vi si ha in generale una maravigliosa facilità, flessibilità e finezza di comprensione ; una potenza di adattamento ideale, di cui non ha mai esistito l'eguale nelle virtù intellettive di qualsiasi altra età. Giammai, come al tempo nostro, non erasi così adeguatamente compresa ed apprezzata l'importanza di quegli studi,' dominati dalla spontaneità inconsciente, che sono più vicini alle origini, e rispondono in certo modo allo stato primo, embriogenico degli esseri; giammai la poesia popolare e le epopee nazionali, la formazione dei miti e delle leggende, la genesi dei costumi e il vagito primo delle lingue non avevano incontrato si accorti discopritori ed interpreti. Oggi la scienza vive, per così dire, di tutti i tempi, li comprende, li sente, e li vede evolversi con certe leggi innanzi a sè. Si direbbe per poco un nuovo senso, un istinto di più, il senso e l'istinto storico. Dappertutto, mentre si avanza nelle differenti direzioni, si dà opera a raccostare, coordinare, unificare possibilmente. Alla crescente divisione e specificazione del lavoro scientifico risponde per naturale coordinazione un'opera altrettanto assidua di accentramento e generalizzazione. Si cerca la continuità in ogni rispetto, per ogni singola linea, o ad un tempo si procura di formare e stringere il fascio delle differenti linee fra loro, di divisarne le rispondenze, di comprenderne e formularne il sistema. Anche la lingua usuale della scienza, presenta particolarità molto significative. Per ogni dove voi v'incontrate in discipline che professano di fondarsi sulla comparazione, e che con quest' idea vi suscitano nella memoria alcuni fra i più eminenti ingegni e molte fra le più gloriose conquiste. Il secolo passato, conforme al proprio genio scientifico, derivava le sue immagini nel campo storico e morale principalmente dalla Matematica e dalla Meccanica; noi invece preferiamo desumerlo dalla natura organica; parliamo di vita e di organismo a proposito di lingua, di Stato, di secreti, e siamo persuasi che in siffatte espressioni si contenga assai più che una semplice metafora. Le scoperte del secolo, quelle fra esse che sono le più segnalate, rispondono egualmente allo stesso carattere. Esse rivestono, cicè, un aspetto della più grande generalità, nel senso principalmente che connettono fra loro fatti e fenomeni che parevano i più lontani, e fondono talvolta insieme interi campi di osservazione che prima aveansi come distinti. Sono scoperte che direbbonsi essenzialmente di coordinazione, scoperte che hanno un valore sistematico, universale. L'universalità dell'indagine si accentra uel sentimento e nel concetto d' una unità che sta a fondamento della natura, e che deve perciò incontrarsi anche nella speculazione scientifica, la quale ha da esserne il fedele assomiglio. Unità di sostanza, di forza, di leggi per l'una parte ; unità di concetto generale, d'indirizzo e di metodo, per l'altra. E non soltanto in relazione alle scienze fisiche e naturali, quanto altresì in riguardo alle analogie che mostran farsi sempre più intime, per certi rispetti, anche con discipline di ordine differente. Di già è divenuta pressoché evanescente la linea di separazione tra la Fisica, la Chimica, la Fisiologia, nell'atto stesso che sonosi fuse insieme le differenti parti, di cui ciascuna di loro si componeva; la Meccanica, e con essa la Matematica penetra sempre più dappertutto; la Psicologia e la Filologia continuano naturalmente la biologia; e le scienze sociali si accostano, pel modo della trattazione e in molta parte anche pel fondo, alle scienze degli organismi. Certe idee, come le darviniane, accennano non soltanto al campo fisico ma anche allo storico e morale. Per egual modo, più s'avanza e più si rinserrano ì vincoli dell'intero sistema scientifico, e cresce il consenso fra le varie parti di esso, come per un organismo che si venga perfezionando; le varie discipline si trovano sempre più in una relazione di mutua corrispondenza fra loro, iu una funzione di arti ausiliarie le une rispetto alle altre, come acutamente facea notare lo Speneer; e il progresso di alcune dipende in maggior misura da quello di tutte le altre, p. Mantegazxa. DELL' INSEGNAMENTO SIMULTANEO di SCRITTURA_E LETTURA Ai maestri privati e più specialmente alle maestre dei nostri Conservatorii ed ai genitori, raccomandiamo il seguente articoletto, che si legge nel periodico milanese »Vittorino da Feltre". — Trattasi di semplice questione di metodo, ma di questione vitalissima. Dalla riforma del metodo, 10 disse un egregio statista italiano, l'exministro Coppino, deve cominciare la riforma reale della educazione pubblica e privata, che prendendo il fanciullo quasi dalle braccia materne, lo conduca fino ai più alti gradi dell' istruzione per formare l'uomo e il cittadino. Or' ecco quanto dice il periodico suaccennato sull'insegnamento simultaneo di scrittura e lettura: Dappertutto ove i sistemi didattici si perfezionarono, 11 primo insegnamento della lettura si associa alla scrittura in modo, che questa serva d'aiuto all'apprendimento di quella. Anche in Italia da qualche anno si van facendo degli utili tentativi iu proposito. Ma se tutti i buoni maestri sono concordi nel credere, che la scrittura del segno alfabetico serva di grande aiuto per ritenere il suono del medesimo, ve ne ha però molti che stimano impossibile o almeno difficilissimo di poter associare il leggere e lo scrivere, soprattutto coi fauciulli di tenera età, e ad una intera scolaresca. I dubbii pertanto che sorgono sulla opportunità di adottare l'insegnamento simultaneo di scrittura e lettura riguardano soltanto i modi di attuarlo ; poiché se alia mente si presenta qnale un mozzo utilissimo di accelerare l'istruzione, la pratica non ha ancora, almeno in Italia, suggerito un modo facilo di applicaziono. E in vero per quanto i nostri maestri usino la 1 dovuta gradazione negli esercizi di scrittura o lettura, • cominciando, per es., dalla lettera » e passando alla u, ecc., presentano al fanciullo non poche difficoltà da doversi superare ad un tratto. Poniamo che si cominci l'insegnamento colla penna da scrivere: ecco le difficoltà che incontra il fanciullo: 1" Egli ha in mano uno strumento, che deve intingersi prima nell' inchiostro, e poi lasciare sulla carta il segno, per cui sono facili gli sgorbi ed altro; 2° La penna è flessibile, sicché o non dà un segno abbastanza chiaro, ove sia tenuta leggermente, o dà un segno troppo forte e si stanca se viene premuta di seguito. L'eseguire debitamente i filetti, le aste e le gradazioni di grossezze nelle curve, secondo il modello, è cosa della massima difficoltà per un principiante. Se poi il maestro invece di usare della penna da scrivere sopra i quaderni rigati, fa che i fanciulli scrivano col gesso o colla matita sopra le lavagnette, allora, vinte le difficoltà predette, ne restano però delle altre abbastanza imbarazzanti, cioè: 3° Il carattere deve conservare sempre una medesima pendenza ; e noi sappiamo che anche adulti e pratici nello scrivere, hanno difficoltà per mantenerla costantemente uniforme ; 4° Fra asta ed asta, fra lettera e lettera si deve conservare la dovuta distanza. Le difficoltà derivanti dalla pendenza e dalla distanza non sono lievi per un principiante ; 5° Difficile poi soprattutto si è copiare dal modello una lettera rilevandone la precisa forma: nè l'occhio, nè la mano di un fanciullo potranno mai ad un tratto prestarsi con sufficiente riuscita. Come mai l'allievo inesperto potrà dunque vineere tutte cotesto difficoltà in una volta? In Inghilterra e in Francia ove, come assicura il Parravicini, l'insegnamento contemporaneo di scrittura e lettura è iu uso da moltissimo tempo, si ottennero prontissimi risultati, ricorrendo a mezzi più facili. Quivi i fanciulli scrivono colla matita sopra tavolette di corno sottili e trasparenti, sotto le quali si pongono degli esemplari manoscritti. Con ciò la scrittura riesce facilissima: 1° Perchè invece della penna da scriverò si adopera la matita ; 2° Perchè invece di copiare i caratteri dai modelli, se li hanno sott'occhi e non si fa che coprirli, andandovi sopra colla matita. Ora chi nou vede che coprire uno scritto è più facile di copiarlo-, e che coprirlo colla matita e più facile che coprirlo colla penna? Ma il provvedere una scolaresca di tutte queste tavolette di corno sottili e trasparenti non è cosa tanto agevole. Noi pertanto, mantenendo il medesimo sistema di coprire i modelli colla matita, lo abbiamo reso più facile e di nessuna spesa coi nostri modelli, i quali non sono infine che un piccolo sillabario. Ecco il modo di usarne: I modelli vengono coperti di mano in mano con un foglietto di carta abbastanza fina e trasparente da potervi leggere sotto. Il fanciullo comincia a coprire il primo modello colla matita sopra il foglietto di carta trasparente, e quindi passa a coprirli tutti uno dopo l'altro ; egli mentre copre la lettera e la sillaba ne proferisce il suono. Coperti così tutti i modelli colla matita una o più volte, sempre scrivendo e leggendo al tempo stesso, il fanciullo ricomincia da capo a coprirli uno dopo l'altro colla peuun da scrivere. Finalmente quando si sarà abbastanza impratichito colla mano, o la forma delle lettere gli sarà bene scolpita nell'occhio, allora si accingerà a copiare la scrittura dai modelli sopra i soliti quadorni rigati. Trattandosi di uua scolaresca, un fanciullo legge ad alta voce sillaba per sillaba, e tutti gli altri coprono lo scritto ieggendo sottovoce. Tre dunque sono gli stadi dell' insegnamento dello scrivere e del leggere simultaneo, affinchè le difficoltà della scrittura sieno vinte gradatamente. 1® Coprire, leggendo, il modello colla matita; 2° Coprirlo colla penna; 3° Copiare il modello. La eccellenza di questo sistema sopra tutti quelli che furono usati fin qui, è tanto manifesta che non ha d' uopo di dimostrazione. Per contraddirvi converrebbe negare la prima legge educativa, la legge di graduazione, la quale considerata in ordine alle azioni umane com' è la scrittura, si risolve nella massima di passare dal facile al difficile, dal semplice al composto; e ammettendo questa massima pedagogica, converrebbe negare il fatto, che scrivere colla matita non sia più facile di copiarlo. Questo sistema venne usato or fa 20 anni con ottimo successo nella scuola degli analfabeti in Belluno; ed ora noi lo rendiamo di pubblica ragione nella sicurezza di aver risolto un problema didattico, intorno al quale si sono travagliati parecchi dei nostri migliori j maestri, ma con tentativi fin qui più o meno iufelici. j Ci chiameremo fortunati se lo vedremo adottato prontamente dai pubblici e privati educatori. "La Favilla,, fli Trieste e i suoi compilatori Pare impossibile, ma è un fatto, che più volte dobbiamo rettificare delle inesattezze in argomenti triti e ritriti, anche a costo di impazientare il lettore. Non è molto, per esempio, che L' Unione si affrettava di annunciare un' omissione in cui era incorsa parlando della Favilla, vecchia e pregevole pubblicazione che si stampò a Trieste, per un decennio ; vale a dire dall'anno 1836 al 1846. Quel periodico capodistriano si esprimeva allora precisamente così: "Nei cenni storici del numero precedente, nel ricordare la Favilla, pubblicazione ebdomadaria di lettere ed arti, abbiamo nominato Dall' Ongaro, Gazzoletti, Solitro, Somma, Tommaseo, Yalussi, ommettendo i di lei fondatori, che furono il signor G. Orlandini di Trieste ed il nostro compianto concittadino avvocato Antonio de Madonizza. Infatti i nomi di questi due patrioti figurano accoppiati a piedi del periodico dal primo numero (31 luglio) fino al ventesimo settimo, e poi vi sta solo quello dell'Orlandini. Dall' agosto del 1839 v'è segnato qual compilatore l'onorevole Pacifico Valussi. Ed il Madonizza, quantunque ritiratosi dalla redazione, non cessò di collaborare." Eia qui Unione. Ohe il Madonizza col solo Orlandini fosse compilatore della Favilla nel 1° anno della sua fondazione, lo attesta ampiamente, oltrecchè il suo nome e cognome in majuscoie appiedi di ogni loglio,anche l'Avvertimento pubblicato dal suocor-redatore Orlandini il 23 genaaro 1837, che suona cosi : "Avendo nel numero 26 di questo Giornale rinunziato il signor Dottor Antonio Madonizza la parte che prendeva nella compilazione di esso, questa venne pure assunta dal sottoscritto, per cui la corrispondenza sarà diretta: "Al Compilatore della Favilla." — Avverte inoltre che dal presente numero in avanti gli articoli de' collaboratori porteranno il nome, le iniziali, o una sigla, quelli del compilatore porteranno o il nome per intero o le iniziali 0.„ Firmato: G. C. Orlandini I nostri schiarimenti dunque, anche se no-josi, hanno uno solo scopo : quello di raccomandare a certi giornali, che hanno il vezzo di mai nominare il Madonizza e l'Orlandini, quali compilatori dell'ormai spenta FaviUa, questa poco costosa esattezza, basata sopra una prova di fatto, che ci vien data dallo stesso periodico. A noi invece accadde spessissimo di leggere che fondatore di quel periodico ebdomadario furono Dall' Ongaro, Gazzoletti e Somma, non mai il Madonizza e l'Orlandini, che ripetiamo, nel primo anno di fondazione vi rimasero soli compilatori. Dunque miquique suum, dice il vecchio adagio ; ma non sconfessiamo però che altri connazionali abbiano dato il loro appoggio, e tale da ritenerli fondatori della FaviUa, specielo stesso compianto Dall'Ongaro e l'illustre Valussi, che ne fu poi, come ripetè anche L Unione, compilatore dall'agosto 1839 in avanti. Dall'Ongaro, scrisse nel primo anno l'articolo intitolato La Cuccagna e la poesia L1 esule. Egli avea allora ventott' anni. — A ven-tott' anni, ei stesso lo dice nella Cuccagna, non può fare che una dramma d'egoismo non si mesca ai nobili sentimenti che bollono in un giovane cuore. — Il Madonizza invece, di trent" anni circa, scrisse la Biografia del pittore capodistriano Francesco Trevisani, i racconti Wal-laide, Einda, Wanina cT Ornano, Le nozze terribili-, la novella La pazza; gli anniversari storici illustrati: Viaggio di Napoleone a San? Elena ; La distruzione dei Cosacchi Zaporovi; La morte di Gregorio IX; Diovuniotti e Gura alle Termopile-, L'assassinio di Andrea d'Ungheria, re di Napoli; La distruzione di Galaxidi; e mm bizzarria intitolata: Il Barometro psicologico. Nel primo anno della Favilla scrissero ancora l'altro compilatore G. C. Orlandini, il coscienzioso apologista del Besenghi — Pier Viviano Zecchini di S Vito al Tagliamento, — lo stesso P. Besenghi, L. Oarrer, T. Della Berenga ecc. Quali nobili intendimenti poi s'ebbero il Ma-donizza e l'Orlandini nel pubblicare a Trieste La Favilla, col motto dantesco: Poca favilla gran fiamma seconda, lo vediamo nelle seguenti parole con cui apersero la loro pubblicazione: Il titolo è per un giornale quel punto di consistenza, che il matematico di Siracusa domandava ad appoggiarvi la leva con cui muovere il cielo e la terra. Pensate ora se si è dovuto esitare priira di appigliarsi ad uno piuttosto che ad un altro. Ma il partito è preso, e voi vedete in belle majuscole dichiarato sotto quale insegna, e con qual motto intendiamo di militare. — LA FAVILLA? In tempi di tanta luce non più che una favilla? Chi volete che se ne accorga? La virtù della fiamma fa maraviglie da un capo all'altro del mondo, e voi ci venite innanzi con una favilla ? Vogliono essere per lo meno vulcani. Confessiamo di avere sentita noi pure la sproporzione che passa fra le idee risvegliate della nostra modesta intitolazione, e le sterminate esigenze del secolo, e tuttavolta non abbiamo potuto indurci ad abbandonarla. Credereste che ciò fosse per devozione all'antico proverbio oraziano che insegna a prendere le mosse dal poco : non fu-iMim ex fulgore ? .... quasi quasi ci scappava intera la citazione ; sappiamo però troppo bene, che Orazio è da più anni caduto di moda, non è più che il vecchio Orazio, specialmente per chi voglia scrivere giornali. Abbiamo detto fra noi e noi : trattasi di tentare, la nostra altro non è che speranza, un titolo pomposo non ritrarrebbe la nostra intenzione. Niente di meglio, che se la nostra favilla trovi esca opportuna ove appigliarsi e distendersi in fervore e chiarezza. Sarà allora giustificata l'epigrafe dantesca che abbiamo al titolo accompagnata. Noi non possiamo promettere dal canto nostro che la favilla ; è dal pubblico, di cui imploriamo fino da quest'ora il favore, che può venire la fiamma. Una quantità pressoché innumerabile di relazioni troviamo oltre a ciò, tra la natura delle faville, e il disegno nostro. La favilla è cosa leggiera, leggieri intendiamo mostrarci noi pure, anche quando verremo a toccare gravi argomenti. La favilla è cosa rapida, fuggitiva ; rapidi ci studieremo di essere per modo, che la noja, quanto sarà possibile, non ci arrivi, brutta arpia che insozza gli scritti su cui si posa. Fuggitive e non altro essere possono le impressioni che ci promettiamo di cagionare ; nè potrebbe avvenire altrimenti se con perpetua vicenda devono succedersi le nostre relazioni, e nulla dobbiamo tanto più vivamente desiderare quanto che il giornale d'oggi faccia dimenticare per merito soverchiante quello d'otto dì innanzi, e sia alla sua volta dimenticato al comparire del successivo. La favilla è meglio indizio di calore, che calore ella stessa: move a pensare al loco onde si parte, alla materia accensibile che la produsse, accenna insomma più che non si arroghi di fare ; similmente co'nostri articoli non intendiamo istruire, giudicare, approfondire ; ne basta incitare agli esami, porger soggetto alle discussioni, attizzare gl'ingegni ; la nostra è lieve corsa a fior d'acqua, come i cigni del lago, perchè l'immagine abbia un po' del poetico, o come l'anitre del fossatello, per non peccare di troppa superbia. La favilla tende all'alto, e noi pure vorremmo levarci più sempre, e sorgere sopra il nostro umile cominciamento. Un soffio è bastante a disperdere ed ammorzare la povera favilluzza, ma non è facile prescrivere confini alla sua potenza quando cominci a far presa, e ajutata dall'aria dia dentro in sostanze di facile accendimento. Così di noi ; abbandonati non sapremmo durare oltre il termine conveniente ad una discreta prova, confortati andremo innanzi, innanzi fin dove non sapremmo dire per ora nè manco noi stessi. La nostra favilla movendosi in tutte le direzioni tocca più cose: costumi, scienze, lettere, arti, teatri e via discorrendo. Ma, vedete un poco stravaganza! ove le favillè "amano"solitamente il secco e lo stagionato, la nostra fa miglior pruova nel recente e verdiccio, e questo ricerca di preferenza. La novità vuol essere la nostra divìsa. Amiamo lo stridore e il subbuglio che fanno le legna di taglio fresco investite che siano dalla fiamma. Miseri a noi se la quiete e il silenzio accompagnassero la nostra impresa! No, no, fuori quanto di spirito cova ne'caffè e ne' casini, nelle stanze di conversazione e nei palchetti del teatro; sia in bene, sia in male, parlisi di noi e del nostro progetto. Chi vuol entrar giudice fra le accuse e le difese vorrà provvedersi, crediamo, di ciò che forma il soggetto della controversia. E allora fortunati noi, il numero dei benevoli nostri associati si aumenta; gli associati ci sono tutti benevoli, ci accusino o ci difendano, purché ci abbiano fatto dono del loro nome. Oh i bizzarri spettacoli che ci rappresenta la fantasia ! Ecco la favilla attaccarsi al velo sottilissimo di una cantatrice o ballerina che sia, e divampare per guisa che l'odor dell'arsura poggi fino a certi nasi facili a raggrinzarsi sopra certi argomenti: attaccarsi allo scartafaccio di un letterato, e andare in aria con esso, ridendone tutti fuorché l'editore. Due ciocchi, emblema parlante di alcune persone testereccie, percotendosi fra loro stessi, quante faville non sono per suscitare! Ma chi meglio delle signore può darci mano a quest'impresa? Non sono desse che sanno trarre faville donde e quando lor piace meglio? Ora, data ad essa la favilla, cho incendio non ne sapranno levare? Noi avremo l'occhio continuamente ad esse, da esse prenderemo norma a progredire con ragionevole speranza di buon riuscimento. La fiamma che la nostra favilla vuole eccitare non fa contro quelle che sogliono solitamente eccitarsi da loro; ov'è maggior fervorè di studj ivi è maggior gentilezza, e principio d'ogni gentilezza è il culto d'onore reso a quel sesso, che appunto per questo si chiama sesso gentile. NOTIZIE Il 17 del mese decorso sarà sempre ricordato con profondo cordoglio e raccrapiccio dagl' Italiani, perchè in quel giorno una mano assassina tentò di vibrare un pugnale al cuore dell'amato loro monarca, Umberto di Savoja. L'esecrabile attentato destò, com' era ben naturale, uD'eco potentissima d'indignazione e d'orrore dall' un capo all' altro della Penisola, nonché presso tutte le nazioni civili, che rispettano in Umberto I, il principe cavalleresco, - il degno successore del Re Galantuomo. . Appunti Bibliografici Fiabe popolari rovignesi raccolte ed annotate da Antonio Ive. Vienna, coi tipi di Adolfo Holzhausen, 1878. Quest' oggi presento ai lettori un piccolo ma succoso frutto del nostro paese colto laggiù negli orti di Rovigno; dove ci bazzicano certe Cateìue ed Eufemie brave ed oneste massaje: e l'ortolano è il signor Antonio Ive, il quale prò tempore ha piantato le tende lassù sopra di un altro Istro nella imperiale Vindóbona. Fuor di metafora, sono quattro fiabe popolari rovignesi che il sig. Ive, già noto per pazienti studi di lingua, manda da Vienna quale regalo di nozze al fratello. L'autore comincia dal dire che "in simili occasioni usavasi pur troppo comporre odi, sonetti, madrigali, e che so io; tutta roba che ha la pretesa di dir molto, e il più delle volte non riesce a significar nulla,. Vero verissimo ; se non che certi vecchi barbogi, lodatori del tempo passato cominciano abarbottare che spremi spremi un diavolo vale l'altro, e che una volta almeno si poteva leggere qualche buon sonetto auche d'occasione, qualche ode, qualche epitalamio che dimostravano, se non altro, il buon gusto e il culto reso alle lettere ; e che anche questo moderno diluvio di codici, di leggende, di fiabe, di canti pseudo popolari è la moda di andare in occasione di nozze a raspare in fonde ai cassetti dei nonni, e tra le ragnatele delle soffitte, riescono bene spesso a significar poco o nulla. Ìli affretto a rispondere che dai versi cattivi non c' era a cavare costrutto, mentre non c'è forse pubblicazione ^ome usasi oggidì, per insignificante che sia, la quale non possa tornare utile in qualche modo alle disquisizioni della scienza. Piuttosto si potrebbe osservare contro il sentenziare reciso moderno che alla fin fine di poesie liriche italiane d'autori famosi ne abbiamo moltissime benché d'occasione, come, per dirne una, la celebre ode — L'Educazione — dell'immortale Parini composta per la ricuperata salute e il natalizio di Sua Eccellenza il giovinetto signore ecc. ecc. Ma anche si può rispondere che le sono eccezioni, e che i geni sanno vincere tutte le difficoltà ; e cho gli è un fatto che per un buon sonetto d'occasione ne avevamo a staja di pessimi; e che i geni, i geni poi, se sapevano dire delle cose ottime, ed innalzarsi a più spirabile aere, pure per lo sforzo durato e l'alzata d'ingegno lasciavano qua e là qualche cosa a desiderare: testimonio il Parini stesso, il quale, se nell' ode citata scrisse dello strofe stupende, sentì pure sbollire l'estro, e inciampò in locuzioni e concetti che manifestano lo sforzo, come: Salve in sì fausto giorno Di pura luce adorno, che con la debita riverenza al grande maestro è un cavicchio, e arieggia V evviva evviva putti e V impareggiabile merito della stamburata veneziana. Ma torniamo al signor Ive, il quale già noto per altri suoi scritti di maggior lena, con questo lavoruccio diede a conoscere la sua non comune valentìa in,sì fatto genere di studi che sono oggi tanto in onore. E vero che le molte note appartengono in parte all' erudizione che piacemi chia- / • ■' -mare di superfetazjflge.; e che l'analogia di queste fiabe 'M ' UH con altre leggende e fiabe d'Italia, di Francia, di Germania e di altri paesi del mondo è qualche volta rimota; però tali studi, cho pajono a molti un lusso inutile di pazienza e di schiena, hanno giovato e gioveranno a far conoscere lo vicende, la natura di un popolo anzi di tutta l'umanità; perchè alla fin fine, come è oramai dimostrato, il fondo del repertorio del teatro di famiglia eretto sotto la cappa del camino ò in ogni paese lo stesso. Lo deduzioni cho si possono fare adunque da queste fiabe rovignesi non sono, lo si noti bene, solo di natura nazionale, ma anzi tutto mondiale; anche le donne di Rovigno favoleggiano come in altri paesi non solo d'Italia, ma d' Europa, dell' Asia; anche con queste fiabe di leggenda in leggenda, si viene a far capo alle leggende ed alle fiabe dell'Indo. Gli è con questi ed altri simili intendimenti che in tali studi si sono già distinti in Italia il De Guber-natis, il Gomparetti, il D'Ancona, l'Imbriani e Giuseppe Pitrè, già collaboratore assiduo della prima Rivista Europea, da non confondersi col centone che va ora con questo nome. Veggasi specialmente uno studio del compianto Eugenio Camerini nella Nuova Antologia. — Letteratura leggendaria. — Dalla leggenda nacque il mistero, come dal romanzo il dramma moderno ; il genio ironico come notò già il De Ancona, convertila leggenda in parodia come fece in arte il Boccaccio; il fondo delle novelle del Boccaccio sono le leggende popolari derivate dallo leggende dell' Indo : ecco idee che il signor Ive, meglio certo di me, potrà svolgere quando e come vorrà, affinchè queste raccolte d'occasione abbiano veramente un valore scientifico. Ecco per esempio la sortita, come dicesi volgarmente, la cavatina della quarta fiaba rovignese — Taja, magna, sempre panga vuda, può essere una rivelazione dell' indole del nostro popolo, del suo linguaggio sintetico, ironico; e dar luogo ad opportuni raffronti con l'indole e il linguaggio di altri marinai dell'Adriatico, del Mar Rosso, del Mar Nero, del Mar Giallo ecc. ecc.....Ma qui mi arresto, chS non vorrei si credesse andare io sfoderando dottrina che non ho : il più facile e insieme il più nojoso jne-• stiere del mondo, e pur tanto in credito oggi. I 184 Ma il valore più grande di queste liabe rovigtiesi proviene dal lato della lingua ed è in questo campo che anche dopo l'Ascoli rimane sempre qualche cosa a spigolare. Così tutti i forestieri e forse forse qualche provinciale si convinceranno che l'Italiano non è importazione veneziana in Istria come si sogna di là dal Quarnero; se anzi Venezia ha sopraimposto quale dominante il suo dialetto officiale ad altro dialetto preesistente italiano, che è poi l'istriano udito da Dante; ed uno dei tanti romanci parlati ai confini d'Italia, come ha dimostrato stupendamente l'Ascoli. E qui sarà luogo indagalo, perchè Rovigno e Dignano sole l'abbiano conservato. Forse ciò avvenne, perchè paesi più lontani dai centri officiali, più lontani dal contatto con la serenissima Barnàbotcria, trapiantata in altre città istriane, e spiantatamente aliora regnante. Così si potrebbe dimostrare la grande affinità del Rovignese o Romancio istriane con altri dialetti di regioni più lontane d'Italia, ciò che non provenne da trasmigrazioni ma da altre causo e dalle leggi intime che regolarono il passaggio del latino rustico al moderno italiano. E così di questione in questione, di ricerca in ricerca, si viene a questa gran conclusione della scienza moderna: L'Italiano non essere veramente nato dalla lenta corruzione del latino ma, come notò il Fauriel, dalla lenta corruzione dei vari dialetti latini rustici che si allontanarono dal latino puro, gramaticale mano mano che questo cedeva loro il campo per il decadimento e la caduta dell'impero. E finalmente da questo canone scientifico si può dedurre un corollario, modestia a parto, che è mio, e che meriterebbe uno studio particolare, perchè anche gli spropositi vogliono essero sostenuti con qualche garbo. — I vari dialetti italici settentrionali e meridionali nacquoro come sostiene il Fauriel; ma i dialetti centrali, toscano, romano, e quindi la lingua nazionale si svolsero non dai dialetti rustici, i quali contenevano una gran parte dello lingue preesistenti, gallo-celtica, ecc. ma da un dialetto più puro, più vicino al latino scritto ; quindi si spiega la prevalenza del toscano. Nella parte più lontana dal contro adunque lenta corruzione del latino rustico, noi centro lenta corruzione di un latino letterario. Quindi la molta somiglianza tra il nostro rovignese ed altri dialotti nelle parti estreme d'Italia, Rusteja per flusso forte e repentino del mare, Surure, e quell' onomatopeica ticara per chitarra possono dar luogo a molte ricerche. Ma per amor del cielo non dimentichiamoci del canone fondamentale del Earvas e A&WAddung: — La vera affinità delle lingue non consistere nella somiglianza di vocaboli; ma nei raffronti delle grammatiche. La dimenticanza o l'ignoranza di una tale legge ha fatto pigliare ai nostri buoni vicini gli Slavi, più granchi nelle acque della Sava che non stoccofissi e merluzzi ai litoraui della Scandinavia. Con queste ed altre disquisizioni e larghezza d'intendimenti ha già dato in parte, e darà il Signor Ive valore di scienza alle pazienti ricerche ed alle pubblicazioni di occasione. p. y. Dalla Direzione della Scuola Magistrale Speciale Eugenio Camerini, iu Milano, ci viene comunicato il seguente PEOGEAMMA por !'*nno Scolastico 1878-18/3 dell' insegnamento teorico e pratico del metodo di FRCEBEL, della pedagogu E dei varj rami d'insegnamento applicati ai giardini d'infanzia e alle prime classi elementari RAMI D'INSEGNAMENTO: A). Metodo di Frfthel. — Biografia di Fróbel. — Principio fondamentale del metodo. — Esposizione de' suoi mezzi di occupazione. — La pratica loro applicazione. B). Pedagogia. — Idee generali dell' arte dell' inseguamento. — De' vari metodi e della loro applicazione. — Esercizi pratici. C). Antropologia. — Elementi di fisiologia e di psicologia applicati allo sviluppo armonico delle facoltà infantili. — Nozioni d'igiene e d'economia domestica. D). Ian^na materna. — Dell'insegnamento della lingua e dell'importanza d'un metodo graduato e razionalo. — Sviluppo del linguaggio nei fanciulli. — Del primo insegnamento della scrittura e della lettura col sussidio dell'Apparato meccanico Vittorino da Feltre. — Degli esercizi di linguaggio come preparazione alla grammatica propriamente detta. — Insegnamento della lingua materna collegato allo sviluppo graduale delle proposizioni. E) Calcolo. — Metodo d'insegnamento secondo i principi di Pestalozzi. — Suo processo logico. — Esposizione della teoria. — Della sua applicazione pratica col sussidio del pallottoliere colorato a verghe verticali. F). Disegno lineare. — Del disegno lineare come preparazione alla scrittura — Esercizi pratici sui modelli graduati editi dal giornale Enrico Festaloesi. G). Scrittura. — Metodo d'insegnamento. — Suo processo logico. —• Esercizi pratici sui modelli Gazzeri-De Castro, oditi dalla libreria G. B. Petrini di Torino. STORIA NATURALE: II). Botanica. — Organografia. — Degli organi di nutrimento e delie loro operazioni. — Degli organi di riproduzione in quanto formano la base della classificazione. — Del posto che occupano i vegetali fra il regno animale e il regno minerale. I). Zoologia. — Considerazioni generali sugli osseri organizzati. — Caratteri distintivi degli animali e dei vegetali. — Descrizione sintetica degli organi e delle loro funzioni. — Caratteri principali delle grandi ramificazioni del regno animale. — Studio delle famiglie, dei generi e delle specie più generalmente note. L). Geografia e Storia. — Esposizione del metodo d'insegnamento simultaneo della storia e della geografia. M). Ginnastica e Canto. — Teoria della ginnastica infantile associata al canto. — Esercizi pratici di canzoncine ginnastiche del Cantù, Zucchelli, Negri, Redocchi, Varisco, Valle, eec. Questa Scuola, che conta già nove anni dì e-sistenza, abbraccia due corsi, l'annuale e Vautunnale. Il primo incomincia col S. Carlo e termina al 31 loglio. Il secondo, che ha principio col primo settembre e si chiude col 15 ottobre, è specialmente destinato al perfezionamento delle maestre degli Asili e dei Giardini d'Infanzia. Le norme direttive di questi due Corsi, l'orario delle lezioni teoriche e pratiche e il contributo annuale ed autunnale sono ostensibili presso la Direzione della Scuola in via Gesù, 14, a cui dovranno essero dirette lo analoghe domande.