ANNO XXVII. Capodistria, 16 Ottobre 1893. N. 20 LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-IriraeBtre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Il Castel Leone di Capodistria (Continuazione vedi N.o 10 e seg.) Motus in fine velocior. Per esaurire, pienamente il propostomi tema devo prima riferire però i giudizi e le riparazioni proposte dai Provveditori straordinari veneti durante la guerra di Gradisca ; e che naturalmente sono di qualche importanza. Marco Loredan ritornato Provveditore et Inquisitor generale d'Istria (1015) scrive: — Feci riparar alle rovine che minacciava quel castello di San Leone con indecenza del luogo, et con spavento . di chi vi passava, havendo con tale opera di poca spesa rimediato a' quei precipitij che sarebbero riusciti irreparabili, et che per la restaurazione ha-verebbe bisognato quantità d' oro (Atti e Mem. Voi. : II Fase. 3 e 4 pag. 44). Lo stesso in altra relazione del seguente anno ' si lamenta perchè — in Capodistria l'arme e le munitioni da guerra sono così ristrette che possono bastare per pochi cittadini, et queste per pochi giorni alla medesima città bisognosa di tutti quei apprestamenti che sono necessari a quelle operazioni militari che le occasioni della guerra d'un hora all'altra sogliono produrre (Op. cit. pag. 53). Importantissima la relazione del Tiepolo, nel 1617, che narra dettagliatamente le vicende della guerra, e di Capodistria scrive : — Mi misi però intanto a far terrapienar il balovardo su la muraglia di Capodistria a difesa di quel Porto e di : tutta la valle, concorrendo quei cittadini con grandissima prontezza et devotione che si ridusse ben presto a perfezione et messavi sopra i' artiglieria riesce di sommo servizio pubblico et consolatane di quei sudditi con pochissima spesa anco del dinaro di Vostra Serenità. (Op. cit. pag. 81). Si noti bene, sul balovardo su la muraglia, cioè sul ter- Articoli comunicati d'interewe generale «1 stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — U» numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. rapieno del Belvedere, non nel Castel Leone, divenuto ormai inservibile. Per la prima volta poi il castello è chiamato dal Loredan Castel di San Leone, quasi a porlo sotto la straordinaria protezione di un santo per tenerlo in piedi. Il favorevole giudizio poi sulle buone disposizioni dei cittadini di Capodistria, giunge opportuno a mitigare l'impressione dei fatti già narrati (Vedi Num. 19). In tutte le questioni l'audiatur et altera pars è regola di somma giustizia. Oltre a queste relazioni dei Provveditori ed inquisitori straordinari durante la guerra troviamo relazioni dei soli podestà e capitani di Capodistria, che fanno menzione del castello; ma sono di poco interesse. Basterà citarle riassumendo. Girolamo da Mosto nel 1612 riferisce che il castello per la vecchiezza è per rovinare". (Atti e Memorie Voi. VII fase. 3. e 4. pag. 2S0). Il Malipiero nel 1620 giudica che per le riparazioni necessarie si dovrebbero spendere 2740 ducati (op. cit. pag. 288) Il Barbaro nell'anno seguente accenna al restauro delle muraglie intorno alla città „che s'attrova benissimo serrata ; ma quanto al castello S. Leone siamo alla solita antifona, e ci vuol molta spesa (op. cit. pag. 292). Più esplicito il Valier nel 1626 — Convengo, scrive egli, ricordar riverentemente all'Eccellenza Vostra che per il castello detto San Leone elle pagano un Capitano con fanti otto, e due provisionali che tutti apportano aggravii al pubblico di ducati 40 in circa al mese, et essa spesa viene conosciuta infruttuosa poiché tralasciandosi di considerare che detti otto soldati, quali sono paesani di niun' attitudine, non assistono continuamente alla guardia per la tenuità della paga de L. 12 al mese, occorre avvertire che mentre si dovesse maneggiare l'artigliera che vi sta dentro a sua difesa, certamente al primo tiro col semplice moto che suol partorire lo sbaro di essa arma, sarebbe la sepoltura delli stessi difensori, dovendo seguirne in breve la distruttone annunziata dalla sua antichità, che lo costituisce rovinoso e tremante. Nè può apportar alcun beneficio al publico il pensar di l'istaurarlo", (op. cit. pag. 297). Lo stesso ripetono su per giù il Barbaro 1627 (Op. cit pag. 301); Ser Pietro Capello nel 1633, anno della peste, il quale prevede la rovina delle artiglierie per essere marziti e rotti li letti (op. cit. pag. 306): il Lipomano nel 1641 (c. s. pag. 326) il Basadonua nel 1650 (c. s. pag. 337) il Capello nel 1652 (c. s. pag. 338); e Ser Girolamo Zusto nel 1654 dal quale sappiamo che alla custodia del castello S. Leone „s'attrovava Antonio Duprè di Natione Francese soggetto d'esperienza, che per il lungo servizio prestato in Candia s' è reso degno della pubblica grazia (c. s. pag. 344). Era insomma un pensionato, un invalido, e la custodia della santa bicocca una specie di canonicato, con quegli otto accoliti „paesani inesperti." Chi avrebbe mai detto al francese, che un suo omonimo, un parente forse, doveva nel secolo XIX illustrare il casato a Firenze e divenire uno de'più celebri scultori? — Anzolo Zusto nel 1663 ribadisce il chiodo; (op. cit. pag. 349) e così pure il Barbarigo nel 1669. (Atti e Memorie Yol. Vili fase. 1 e 2 pag. 96). Item il Loredan nel 1670 (c. s. pag. 102). Baldissera Zen nel 1672 (c. s. pag. 118), il Contarini nel 1677 (c. s. pag. 127) il quale però ha il merito „dell'aggiustamento del colmo" ciò che è veramente un colmo per dirla con una frase da tìnisecolo. Segue il Morosini nel 1678 ii quale propose la demolizione del castello „sino alla metà dater-rapi'enarsi con la stessa materia diroccata" (c. s. pag. 132). Probabilmente il Senato accolse la proposta, e perciò il castello rimase coi torrioni dimezzati e senza merli ; e tale era al tempo della ultima demolizione. Merita di essere studiata la relazione del Conte Polcenigo 1701 per la dettagliata descrizione delle mura e porte di Capodistria. E del castello ci dà là descrizione seguente. Questo è situato in mezzo alla palude fabbricato all'antica con apparenza di quattro torri al di fuori unite insieme con cortine, ma più strette del diametro delle torri. Il suo interiore è riquadrato, e tutto fatto di piccoli volti, ognuno de' quali haveva le sue ferritore, adesso sono per la maggior parte otturate. La sua altezza è di 40 in 50 piedi dai lati; nel suo piano tiene due ale quadrate, sopra le quali vi sono alcuni pezzi di artiglieria smontati. Una di queste che è così ristretta che non vi si può fare il parapetto mentre è di solo 16 piedi di fondo. L'altra potrebbe accomodarsi ; ma poco servirebbe perchè facendo ambedue una sola fronte non ricevono difese da nessuna parte ecc. ecc. (op. cit. pag. 140, 141)'. Propone quindi la costruzione di un rivellino (opera di fortificazione staccata dalle altre), e di aprire a fianco del castello una strada affichè i viandanti non siano più obbligati a passare per l'interno del castello. Finalmente un ultimo cenno nelle relazioni finora pubblicate si trova in quella del Donato del 1728 (Op. cit. pag. 168) il quale ristaurò il ponte, selciò la piazza, riparò la scala e l'atrio del pubblico palazzo che minacciavano rovina, e pavimentò di nuovo la sala ; una perla di podestà insomma, e mi maraviglio come il suo nome sia rimasto nella penna al diligentissimo Pusterla; (I Kettori di Capodistria ecc. pag. 14). Il Donato fu podestà nel 1727. Ultimi guizzi d'una lucerna che stava per i-spegnersi ! I podestà vengono e se ne vanno, leggono la solita relazione al dormiglioso senato: sono • per lo più scritturazioni officiali, ripetizioni delle stesse cose, non riforme radicali; tirare innanzi alla meglio per vivere alla giornata, ecco la politica. Il leone di San Marco manda ancora nel' 1GTTÖ e nel 1700 qualche ruggito sul mare; in Levante continua la gloriosa lotta secolare col turco ; le tre grandi guerre di successione nella prima metà del secolo decimo ottavo si combattono altrove, e Venezia ne esce pel rotto della cuffia. E nell'Istria un'alta quiete; il Castel Leone è il simbolo dell'ultimo decadimento. Ogni giorno qualche pietra casca dall'alto con un tonfo nell'acqua; nei- lunghi silenzi della notte quegli strepiti repentin), ed i luttuosi lamenti dei gufi annidati nelle muraglie mettono ribrezzo ai soldati. Sembrano le ultime voci della vecchia gloriosa repubblica. Pure i quattro torrioni, dopo cinqùe secoli resistono ancora; la rovina è parziale. Così degli stati antichi, qualche segno della virtù dei padri rimane nelle leggi, nelle consuetudini dei nepoti, anche se degenerati ; come degli edifizi, così delle istituzioni. Un brutto giorno il Corso diede alla repubblica il colpo di grazia, e la vendette a Campoformido. Pochi anni dopo, assenziente il podestà Barnaba Brutti, e precisamente nell'anno 1819, i soldati dell'i, r. battaglione cacciatori, abbatterono il Castel Leone. 1) Una di queste ale a ponente vedesi nel disegno più volte citato dal De Zorzi. Ricostruiamolo ancora una volta nella fantasia con la scorta dei documenti già riferiti. Nel secolo scorso avea non due ina quattro torrioni uniti dalle cortine; un ponte di pietra metteva dal castello alla città, sopra la palude, precisamente dove or passa la strada di circonvallazione davanti alla porta della Muda; di là dalla rocca per un ponte di legno I più corto si andava in terra ferma. I muri rotti o screpolati, delizia dei pittori e poeti, le acque salmastre intorno, e l'edera serpeggiante sulle muraglie avranno d^to all'assieme un aspetto maestoso e romantico nello stesso tempo. Se anche inutile e rovinoso, se dai Provveditori stessi n'era stata già da gran tempo consigliato l'atterramento, poteva forse conservarsi, con istima d'affetto. Ma i tempi erano tristi ; prevalse il calcolo dei mattoni ; il piccone lavorò per più mesi, e la fatica non fu poca ; oggetto di dileggio e di risa ai buoni popolani che amavano quell'avanzo d'antica grandezza, quella memoria d'un governo nell'ultimo secolo più che mai riverito ed amato. Comunque il Castel Leone fu il simbolo di Venezia; e ben si può dire che nelle varie sue vicende rispecchiò le vicende della repubblica stessa. Costruito nel secolo XIV, a difesa contro le invasioni dei Patriarchini e delle genti nordiche, rappresenta la potenza della repubblica nel suo massimo splendere fino al secolo XVI; e si chiama semplicemente Castel Leone; o Rocca Liona. Dopo la guerra di Cambrai comincia il lento decadimento dello stato; e il castello pure, quale inutile difesa, dopo la scoperta della polvere e di altri mezzi potenti di guerra, viene abbandonato, dopo lunghe ed onorate lotte contro i danni del tempo e della natura. Ed allora muta anche nome; ed è chiamato Castel San Leone. Il leone, simbolo religioso e civile assieme, si capisce; è il culto della patria consacrato dalla religione. San Leone però, con tutto il rispetto al grande e venerato Pontefice, ha qualche cosa di calendario e di sagrestia; il castello ha perduto la sua impronta maestosa e jeratica ; posto, sotto la protezione di un santo, pare ricettacolo di vecchi bacchettoni che fanno penitenza dei giovanili trascorsi. Siamo proprio nei tempi famosi in cui, secondo il noto proverbio, i gentiluomini veneziani passavano il loro tempo tra messetta, cenetta e donnetta. Nel secolo passato finalmente la vecchiaia diventa decrepitezza ; ed anche nel Castel San Leone le muraglie minacciano rovina. Ma non i quattro i torrioni, non le mura più al basso ; ed i delimotori assai dovettero sudare e lavorar di piccone. Il popolo poi come si è detto, amava quell' avanzo di antica grandezza ; e la cronaca del luogo racconta che il conte Barnaba Brutti allora podestà (non protestante, anzi annuente a quella demolizione proposta e ottenuta dall'in allora i. r. commissario distrettuale Federico Ignazio Fayenz per amor dei mattoni) a sfuggire l'ira popolare, si chiuse in casa e più non ne uscì che per morte. Se un giorno il municipio vorrà e potrà diffondere il culto delle patrie memorie, sul muro che fiancheggia a diritta la strada provinciale, si porrà una breve lapide con iscrizione, che potrebbe essere la seguente: SITO DEL CASTEL LEONE ERETTO DALLA REPUBBLICA VENETA NEL SECOLO XIV A DIFESA CONTRO NORDICHE INVASIONI ATTERRATO NEL MDCCCIX DALL' I. R. IX BATTAGLIONE DEI CACCIATORI Fine P. T. ----—---- Il dottor Lucio Del Bello. Dal senato segreto del 1626 m. v. 29 gennaio che riguarda un dottor Lucio Dal Bello, chiamato dal Porto, individuo sospetto di poca fedeltà alla Repubblica, il prof. Paolo Tedeschi nella sua monografia sul Castel Leone, nell' ultimo numero della Provincia (p. 148) trae argomento per sollevare il dubbio della esistenza di un partito nella stessa fedelissima Capodistria, nemico della Repubblica e forse alimentato degli arciducali; ed è assai verosimile fare questa supposizione basata su criteri che stanno nella natura delle cose. Ma il dottor Lucio dal Bello dal Porto, accusato nel 1626, non è quel dottor Lucio al quale accenna il prof. Tedechi, personaggio distinto che visse più tardi, fratello di quell' Alvise che fu l'uccisore di Nicolò del Tacco. E importa rilevarlo per dimostrare che se gli arciducali avevano aderenti in città, questi erano persone poco stimate se anche occupavano qualche pubblica carica. I rami della famiglia erano parecchi e tra altri i dal Bello detti dal Porto; la famiglia principale Del Bello era detta e ancora oggi si dice del Duomo. Di questa famiglia del Bello del Duomo era il dottor Lucio figlio di Giovanni Battista, fratello di Alvise. Era unito in matrimonio con una Santorio, fu segretario e cancelliere generale di S. E. il generale Girolamo Cornaro comandante in capo delle truppe venete in Dalmazia, e conservò la fiduciosa carica quando il Cornaro venne eletto procuratore generale di S. Marco nel Levante. Dopo la pace col Turco, fu eletto segretario generale e cancelliere del Grimani, e terminador di confini in Dalmazia. Queste cariche duravano dal 1663 al 1690 per cui appunto quel tal dottor Lucio di cui il senato segreto del 1626, non aveva che fare con questo personaggio omonimo. 11 capitan Alvise del Bello del Duomo, fratello di Lucio, fu in fatti quello che uccise il giorno di domenica 6 Novembre 1683 il dottor Nicolò del Tacco cognato di suo fratello Ottavio, in difesa dello zio paterno Domenico, minacciato armata mano dal Tacco, per questioni di interesse. 11 capitan Alvise venne bandito dallo Stato Veneto per sentenza servatis servandis del Regimento di Capodistria, seguita e pubblicata il 2 marzo 1684. Gli vennero sequestrati i beni patrimoniali, e furono comperati all'incanto dal Dottor Ottavio suo fratello mercè l'amichevole prestazione di Giov. Batta Gravisi, che si presentò all'incanto quale compratore, e li ha ceduti, dopo deliberati, per lo stesso prezzo di acquisto di ducati 600, all' amico Ottavio. 11 capitan Alvise morì comandante della fortezza di Grossetto (Toscana) nel 1720. Un altro Gravisi che militava in Baviera (?), amico dell' ucciso Nicolò del Tacco, venuto a Capodistria per vendicarlo, uccise con uu colpo di trombone il vecchio dottor Domenico del Bello, zio paterno di Alvise, e dopo il fatto fuggì a Trieste. (r.) —-—---- INDICE DELLE CAUTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anno 1527 p. 551-556 Capitano Filippo Donà Processus mortis q. Nadalini nominati Mandas Frammento di processo iniziato contro 1* autore sconosciuta dell'uccisione di Nadalino detto mendos avvenuta sul Carso di Raspo. --- anno 1526 p. 557-568 Capitano Filippo Donà Processus criminalis contra Valichium sprinza grisichium-que eius fratrem et Hierongmum Curianich de rotio ob vulnus illatum in personam Ioannis Corvatini de Castoa et lìotil habitatoris. I fratelli Valich Sprinza e Grese Sprinza insieme con Girolamo Curianich sono imputati di aver ferito gravemente Giovanni Crovatino di Castua. (Proc. non esped.) anno 1527 p. 569-584 Capitano Filippo Donà Processus criminalis contra Gr ex era Sprincich de Rotio et Petrurn Sutorem de Muscheniza. Grese Sprincich da Rozzo e Pietro Snidar da Moschien izze sono imputati di essere penetrati a viva forza, a due ore di notte, in casa di Caterina moglie di Paolo Cramar da Rozzo. (Proc. non esped.) anni 1527 e 1528 p. 585-596 Capitano Filippo Donà Differenza cagionata da certi bovi acquistati su territorio arciducale e smarriti in quel di Lanischia dall' acquirente Andrea Tomaz di Paugnano nella giurisdizione di Capodistria. — Frammento. — --- anno 1528 597-610 Capitano Filippo Donà Processus criminalis contra Petnim filium q. Folchi(?) et Mar-tinam feminam Gregorii Luxich de Rotio. Pietro e Martina sono imputati di aver rubato di notte in casa di Pietro Luxich di Rozzo certa farina di frumento, della mistura, tre formaggi, denari, un paio di calze e una camicia nuova. Pietro viene condannato a essere frustato cominciando dalla porta grande fuori di Pinguente sino alla porta piccola e da questa sino in piazza. Quivi viene bollato sulla fronte e sulle mascelle, e poi bandito dal capitanato per tre anni continui. Se in questo tempo fosse preso, gli sarebbe tagliata la mano destra e chi lo pigliasse avrebbe una taglia dei beni di lui o, non avendone, dei beni dello stato. A pagamento delle cose rubate è tenuto di sborsare lire venti di piccoli. Martina poi è frustata dalla porta grande di Pinguente sino alla porta piccola e da qui sino in piazza. A sodisfare i beni rubati essa deve pagare lire dieci. p. 611-614 Processus mortis q. gregorii Podrecha de rotio. Brevissimo frammento di processo pei* la uccisione di G. Podrecca da Rozzo. anno 1529 p. 615-622 : Capitano Filippo Donà Altro frammento di processo istruito da un giudice del comune di Pinguente quale vicegerente del capitano di Raspo Filippo Donà. Antonio Saclem di Lindaro abitante di Rozzo, quale autore dell' uccisione di Mauro Covacich di Rozzo abitante a Nugla, viene punito. — Filza IO". anni 1545, 1546, 1547 e 1548 carte 1-46 Capitano Giammaria Contarini Registrum litterarum et proclamationum. Lettera al principe, di Pinguente 26 maggio 1545. 11 nuovo capitano Giammaria Contarini annuncia di essere giunto in quel giorno a Pinguente e di avere ricevuto dalle mani del predecessore capitano Nicolò Loredan il reggimento del capitanato. Lettera ai Capi del Consiglio dei Dieci, 26 maggio 1545. Il nuovo capitano significa che, giunto in quel giorno a Pinguente, ebbe dal suo predecessore Nicolò Loredan in consegna tutte le munizioni che si trovavano nel Castello quali al Loredan furono consegnate dal predecessore Bernardo Giustìnìan™ Di quelle munizioni egli manda, secondo il costume, un inventario; ma avverte che sono tanto mal conditionate, et vecchie', rotte : et non Bone da alcuno uso. che dalli cinque falconetti de bronzo in fuori non vi è cosa della quale se ne possi servir Alcuno. E però chiede che si ritirino quelle armi inutili, disponendo quanto occorre affinchè sieno condotte all' Arsenale e se ne mandino delle nuove, essendo massime questo Castello de quella Importanza ben nota ne senza Bona munition si può custodir loco cosi necessario a esser custodito. Proclama del nuovo capitano publieato il 1. giugno 1545. Punisce i bestemmiatori contro Dio, la Vergine, i Santi e coloro che lavorano nei giorni festivi. — Ogni capo di fanliglia è obbligato di dare in nota gli individui onde la famiglili si compone. — I guardiani del Castello e del territorio son0 tenuti di prestare la dovuta guardia con ogni puntualità : pene severe at contraffacenti. — Le misure hanno da essere bollate e i debitori dello Stato sono diffidati a pagare entro breve termine il loro debito. — Ognuno deve render noto in cancelleria quel terreno da lui coltivato, delle entrate del quale spetta una data porzione allo Stato. — Vietato esportare calce dalla fornace del comune e attraversare o guastare le mura del Castello ; vietato similmente dopo il suono della terza campana di girare per le vie di Pinguente senza lume. — Vietato esportare biade, vine o altre cose dal territorio senza licenza del capitano. — II pane che si vende ha da essere ben cotto e dal giusto peso, con facoltà ai giustizieri di verificare. — Vietato lavar panni nelle fontane sotto il castello e in el fiume detti ruolini, e danneggiare gli orti, i prati o le vigne altrui. — Polli, uova, erbaggi, frutta hanno da comperarsi sulla piazza. — Nessuno può comperar erbaggi o selvaggina per rivendere se prima quella merce non sia stata e-sposta per quattro ore sulla piazza. — I panni debbono gualcarsi alla gualchiera di San Marco posta nel territorio, ed è vietato di gettare sulle vie cose immonde. — I zupani delle ville o castella sottoposte al capitanato sono obligati di denunciare in cancelleria ogni disordine che accadesse nella rispettiva villa. — Vietate le caccie agli animali selvatici con balestra o schioppo; vietato prender fasani over oselli come pernicie quaglie et altri ton reti over foco se prima uno non abbia avuto licenza dal capitano. — Vietata in genere 1' uccellazioae senza permesso capitanale. — Vietato lasciar vagare i porci nelle vie del Castello — 1 proprietari di case in Pinguente devono, ogni sabato, spazzare la via davanti la porta della loro abitazione. — I tavernieri sono tenuti infine di vender vino a minuto a chiunque ne faccia ricerca. (Continua) G. V. — Portole L-------^XX^St----— IST o t i z i e 11 dottor Marco Tamaro ha sospesa la pubblicazione del suo periodico L'Istria, col numero 616 uscito in Parenzo il 30 settembre p. d., e ne ha dato avviso ai signori azionisti ed abbonati, rimandandoli a conoscerne le ragioni nella lettera aperta pubblicata in testa allo stesso numero del periodico e diretta all' onor. Avv. Dr. Silvestro nob. Venier presidente del comitato costituitosi per favorire la progettata ferrovia Trieste-Parenzo. Il giurì d' onore domandato dall' onor. redattore dell' Istria, da quanto sappiamo venne costituito dall' onor. Venier, e ha deliberato di appianare ogni ostacolo perchè 1' egregio dottor Marco Tamaro sia in grado da poter possibilmente subito riprendere la pubblicazione del pregiato suo periodico. Se non che nel 'frattempo il dottor Tamaro indipendentemente dall'incidente improvviso, si è assentato per ragioni di famiglia non ha potuto forse per questa ragione riprendere ancora il giorno li, sabato scorso, la pubblicazione del-Istria, come era nel desiderio più sentito di tutti i comprovinciali. In ogni modo ci lusinghiamo di leggere ' Istria del prossimo sabato. La settimana scorsa ebbero luogo a Parenzo le elazioni comunali con scarsissima partecipazione degli «lettori. I contadini avversi a noi, diretti da Laginja, si astennero in massa prevedendo forse una inevitabile sconfìtta. Riuscì eletta la lista del comitato. Ecco i nomi : Rappresentanti: Dr. Conte Guido Becich— Parenzo; Mengaziol Pietro di Giuseppe, idem; Benedetto marchese Polesini, idem; Sebastiano Sbisà, idem; Giuseppe nob. Vergottiui, idem : Celestino Codan fu Matteo da Fratta; Dumovich Michele fu Michele da Majo; Micatovich Giovanni di Martino da Torre; Misdaris Giov. Battista da Villanova di Parenzo ; Radovan Giovanni fu Marco da Mompaderno. — Sostituti rappresentanti : Matteo Sandri fu Antonio — Parenzo; Cucaz Gregorio fu Gregorio, Villanova; Cortese Antonio fu Michele — Dracevaz; Corazza Antonio fa Giovanni, Giassenovizza ; Pietro Millos fu Pietro, Monghebbo. L'astensione dei nostri è deplorevole perchè dimostraci ancora una volta 1' apatia nostra nell' amministrazione della cosa publica. Si dice : non c' è lotta, e quindi nou occorre muoversi! fra noi ha pur troppo preso radice l'opinione che quando non si ha alla gola il coltello slavo, si può stare comodamente a sedere come se l'onore nazionale e il patriotismo stessero unicamente Bella lotta coi nostri nemici e non anche nella partecipazione alla publica amministrazione. Se tale funesto errore non dovesse sparire, noi dovremmo aver piacere dei progressi degli slavi per essere costretti a fare qualche cosa di serio. — Fino a che le cose vanno di questo passo, i nostri, che si astengano, non potranno godersi dell' astensione dei contadini slavi come di un' indiizio sicuro della loro debolezza, e ritenerle siccome un abbandono del loro programma. Stavolta, italiani e slavi del terzo corpo sono rimasti a casa. — Il 1". e 2°. corpo elettorale sono formati soltanto da cittadini. — Il giorno 22 settembre p. d. si riapriva a S. Colombano d' Oltra la scuola popolare della Lega Nazionale; e la festa, il trasporto degli scolari per ritornare allo studio fanno 1' elogio più eloquente a quel maestro sig. Casinelli, il quale colla sua attività e pazienza in pochi mesi ha fatto veramente miracoli in fatto d'istruzione e d' educazione. Quest' anno la sig.na Silvia Udo-vissich, maestra di Muggia, insegnerà i lavori femminili, nè giova dire come la sua prima lezione fosse sospirata da tante vispe bambine, bramose di diventare brave donnette di casa. Abbiamo visitato in questi giorni quella scuola linda, allegra, piena d'aria e di luce, abbiamo ammirato la compostezza, la disciplina, 1' attenzione di tanti piccini svegli e puliti, che hanno ormai il loro amor proprio e la loro emulazione, che leggono correttamente, e cot minciano a far di conto. Il loro numero cresce Sempre e la scuola si fa ristretta ad onta che l'istruzione sia impartita a vicenda ai fanciulli e fanciulle. La Lega nostra può ben rallegrarsi dell' opera sua, e il successo insperato di questa prima scuola ci apprenda a sostenere e soccorrere validamente la provvida istituzione. Dall' Istria del 30 settembre: Proveniente da Rovigno, martedì scorso 26 andante, giungeva qui in Parenzo col piroscafo postale l'illustre professore sig. R. Virchow-che è quanto dire una delle più spiccate personalità della scienza della colta Germania. Erano con lui la sua sig.a moglie e la figlia più giovane, nonché la signora Marchesetti, il signor dott. Hermes direttore dell" Acquario di Berlino e il sig. dott. Marchesetti direttore del Museo di storia naturale di Trieste. A ricevere al molo gli illustri uspiti si trovarono : il presidente della Società istriana di archeologia e storia patria sig. avv. dott. Amoroso, unitamente ai signori direttori la Società stessa, qui risiedenti. Poco dopo sbarcato, il prof. Virchow, accompagnato dai detti signori, si recò al nostro Museo preistorico, e qui stette sin oltre al meriggio, esaminando minuziosamente gli oggetti che più l'interessavano, e soffermandosi sopra taluno lungo tempo, prendendo delle note. Dal Museo passò alla Basilica, ove il sig. dott. Amoroso, come prima, continuò a dargli tutte quelle spiegazioni che erano del caso. Ed anche qui si interessò molto molto, non solo del monumento presente, ma eziandio degli scavi praticati da Möns. Deperis, ammirando in particolar modo gli stupendi musaici delle basiliche primitive. Intanto era venuta 1' ora del pranzo che la Direzione della Società storica offriva all' illustre scienziato nell'albergo „Alla città di Trieste". Allo sciampagna il sig. Presidente, ringraziando con appropriate parole l'illustre commensale, onore e gloria della dotta Germania, della visita fattaci, propinava alla salute e prosperità di lui e della sua famiglia. Al quale brindisi rispose il grande scienzato, non già con un altro brindisi, ma addirittura con un discorso durato parecchio. Parlò, come da lui, della più antica civiltà e della evoluzione da lui stesso subita circa la primitiva sua origine, in base alle nuove scoperte fatte, che determinarono nuove e opposte deduzioni. Una prova del calumino compiuto da codesta civiltà l'abbiamo anche nei cimeli sapientemente raccolti nel uostro Museo provinciale. Quindi, con slancio pindarico, ricordò affettuo-tuosamente il suo dotto amico, il conte Gozzadini di Bologna, uno dei fondatori della scienza preistorica italiana, e illustratore della antica civiltà italiana. E qui, innestando felicemente quei ricordi colle brevi ore passate a Parenzo, rilevò una fortunata coincidenza. Allo stesso modo che il conte Gozzadini, parecchi anni or sono, gli aveva fatto ammirare ad uno stesso tempo, a Bologna, prima un Museo preistorico da lui fondato, poi un' antica basilica della cristianità ; così oggi, a Parenzo, trovò un nuovo cultore delle stesse dottrine nel ciliar, sig. dott. Amoroso che, parimenti, gli mostrò un nuovo Museo, anche preistorico, ed una basilica delle più antiche che si conoscano. Della quale coincidenza dichiarò di compiacersi molto, mentre faceva voti che gli studi preistorici e le fortunate scoperte tanto felicemente iniziate abbiano a perdurare. Epperciò augurava alla Società storica istriana le più prospere e • durature sorti, brindando alla salute del suo chiar. presidente. Per ultimo parlò il chiar. dott. Marchesetti. Riandando colla memoria ai tempi passati della nostra provincia, rammenta che le condizioni nostre si erano fatte tanto tristi, che un forastiero si sarebbe persino guardato di percorrerla per tema di incorrere in qualche aggressione. Di fatti qualche secolo addietro due tedeschi volevano recarsi a Parenzo ; ma era tanto pregiudicata la sua fama che non si fidarono a venire da soli, perciò si fecero accompagnare da buoua scorta di armati. Fortunatamente le condizioni si sono ovunque mutate, anzi il forastiero è accolto in Istria benevolmente e con espressione di gratitudine. Chi avrebbe poi detto e immaginato che quattro cocci d'un' epoca arcaica, e dall' appariscenza più che modesta, avessero tanta attrattiva di far discendere fin dalla lontana Sprea le più spiccate intelligeuze della dotta Germania! Eppure eccoli qui un dott. Virchow e un dott. Hermes, onore della scienza, a visitare i nostri paesi per amore al sapere. Sia dunque benedetta codesta scienza che, valicando i più lontani confini, accomuna i popoli e le nazioni di diversa origine e linguaggio. All' affratellamento, dunque, dell' umanità, mercè la scienza, di cui oggi qui abbiamo due spiccati rappresentanti, innalza il suo bicchiere. Crediamo superfluo di aggiungere che durante il banchetto regnò sempre la più schietta espansività condita dal buon umore." Il Dott. Virchow con la famiglia si avventurò lo stesso giorno, malgrado contrari consigli, su di un leggero battello, per fare la traversata da Orsera a Ro-vigno ; colti dal nembo di tramontana a stento approdarono a Rovigno. 11 giorno seguente si recarono a Pola e di la a Vienna. La direzione dell'Istituto agrario provinciale ha pubblicato in data 22 settembre il seguente avviso : Viene aperta la prenotazione per la distribuzione delle talee di viti americane dei vivai provinciali di Parenzo e Pisiuo alle condizioni seguenti : a) Le prenotazioni si estenderanno alle tre varietà Riparia, Solonis e York-Madeira, e si accoglieranno fino a tutto il giorno 20 ottobre p. v. b) Il prezzo resta fissato in fior. 3 .per ogni mille talee di circa mezzo metro di lunghezza. c) La consegna delle talee avrà luogo a cominciare dal giorno 15 novembre p. v. d) Per disposizione dell' Inclita Giunta provinciale,, le talee ricavibili dal vivaio di Pisino saranno preferibilmente concesse ai possidenti di vigneti siti in Comuni non ancora fillosserati. e) La definitiva indicazione delle talee concesse seguirà, con ispeciale avviso ai singoli committenti, entro ai primi del p. v. novembre. f) Nel caso che le ordinazioni superassero la quantità delle talee disponibili, la suddetta definitiva concessione avrà luogo nei limiti del numero di talee esistenti nei vivai, ripartendo il materiale in parti proporzionali alle singole ordinazioni. g) Nella suddetta ripartizione si avrà particolare riguardo ai piccoli possidenti, rispettivamente alle piccole ordinazioni, in guisa da assicurare la più corrispondente diffusione del materiale ad uso di piante madri. Per norma degli interessati, si avverte che il Comune censuario di Parenzo è sottoposto, per il commercio delle viti, alle restrizioni vigenti pei comuni già fillosserati, mentre quello di Pisino gode tuttora del trattamento dei territori immuni. --—--- A proposito del „Come ci conoscono bene., I nostri lettori ricorderanno che nel numero dei 16 luglio p. p. abbiamo, sotto questo titolo, rilevato 1' errore nel quale è incorsa la redazione della „Allgemeine österr. Gerichts-Zeitung " di Vienna nel comprendere sotto la denominazione di „Litorale" anche la Dalmazia. — Ora sta bene che i lettori conoscano anche il tenore della lettera inviataci su questo proposito dal giornale legale viennese. Eccola : „La direzione della „Allgemeine Oesterreichische Gerichtszeitung" si crede in dovere di porgere a codesta Spettabile Redazione i migliori atti di grazio per la cortesia usatale coli' invio del Numero 14 di quest' ann ata del periodico „La Provincia dell'Istria" contenente 1'articolo segnato in rosso „Come ci conoscono bene*. L' atto cortese onora e chi lo fa, e chi ne fu ritenuto degno. L'errore avvertito da codesta Spettabile Redazione fu lamentato anche dal nostro giornale appena ne comparve il numero. Ma 1' errore non va attribuito, come maliziosamente si asserisce, ad ignoranza in' fatto di geografia. Chi fa parte della direzione della „a. ö. Gerichtszeitung" sa benissimo fino a dove si estendano i conlini delle tre provincie sorelle Istria, Trieste e Gorizia, e della Dalmazia. L'errore va ascritto ad uno spostamento avveratosi nella compilazione della relativa rubrica del giornale, che doveva suonare „Küstenland und Dalmatien". Ne chiediamo scusa alla Redazione ed ai signori lettori della „Provincia dell'Istria", ed assicuriamo che sarà nostro studio a che siffati errori non si ripetano. Gradisca, codesta Spettabile Redazione, gli omaggi iella nostra speciale stima ed osservanza Vienna li 6 Ottobre 1893. devotissimo Dr. Basilio Giannelia Alla Spettabile Redazione del periodico „La Provincia dell' Istria" in Capodistria." ! Ci dispiace di dover fare qualche commento. Noi ion siamo soliti di profondere a piene mani le paroline dolci che infiorano questa lettera, ma non è neppur nostro uso di lanciare, dopo tanti leccamenti, delle basse accuse come quella di maliziosi dataci nella lettera su riportata. Noi non abbiamo alcun interesse di goderci degli errori che corrono sul nostro paese, viceversa, ne siamo dolenti, e quando combattiamo questi errori non lo facciamo'per darci lo spasso di mostrare l'ignoranza altrui. — Nel nostro numero del 16 luglio abbiamo Barrato un fatto ; —: e se ! errore fu originato da uno spostamento della composizione tipografica, tanto meglio. — Ecco : noi siamo cortesi anche senz' essere unguentari o profumieri e vogliamo credere sulla parola dell' autore della lettera che 1' errore va ascritto ad uno jpostamento dei tipi e che anche la redazione della derichtszeitung lamentò, appena comparso il numero del giornale, 1' errore da noi avvertito. — Ma se siamo cortesi, siamo anche esatti e veritieri, e alla logica delle parole anteponiamo la logica dei fatti. Noi abbiamo osservato 1' errore nel N.o 26 della Gerichtszeitung d. d. 24 giugno p.p. e ce ne siamo occupati uel nostro numero 14 del 16 luglio. Ora domandiamo: se ci fu uno spostamento di tipi, e se la redazione del giornale di Vienna si accorse dell' errore appena comparso il u.ro 26, d.d. 24 giugno, perchè la redazione stessa ha permesso che l'errore si ripetesse uel numero 33. del 12 agosto nel quale leggesi: „Künsteland" F. S. negoziante in Zara? — Vista questa ripetizione, noi appeua allora cioè, dopo il 12 agosto, abbiamo mandato alla Gerichtszeitung il nostro numero 14. Dunque? — Constatiamo tutto ciò non per malizia ma per mettere le cose al loro posto, « perchè si sappia che anche le scuse e le giustificazioni devono avere una base di fatto. — Ringraziamo in fine la spett. redazione della Gerichszeitung per la promessa che sarà suo studio a che siffati errori non si ripetano. E poiché siamo su questo argomento vogliamo offrire in dono ai lettori un'altra scoperta (vedi il nostro numero 14) della i. r. Commissione centrale della statistica, la quale nel Repertorio speciale elei luoghi del litorale Vienna, Holder 1885, mette a Rovigno (pag. 59) un istituto superiore teologico ! Crediamo che vogliano parlare di qualche novizzo in quel convento di cappuccini. Abbiamo ricevuto all'ultimo momento una lettera gentile da parte della „I. R. Commissione centrale della statistica," e ne diamo la traduzione qui subito, riservandoci gli eventuali commenti nel prossimo numero poiché ci manca oggi assolutamente lo spazio : „Per incarico del presidio dell' i. r. commissione centrale della statistica, con accenno alle osservazioni contenute nel n.o 14 del suo giornale del 16 Luglio p. p., sotto il titolo „Come ci conoscono bene," intorno all' errato assegnamento di un Giudizio distrettuale in Canfanaro, e la ommissione di un Tribunale circolare in Rovigno, nel „catalogo generale delle località" pubblicato dall' i. r. commissione centrale della statistica, mi onoro di chiedere a cotesta spettabile Redazione la rettifica di quelle notizie, perchè 1' accennato errore venne subito corretto nel susseguente pubblicato elenco degli errori di stampa. Quanto all' ommissiene del Tribunale circolare di Rovigno, dichiaro che nella su accennata pubblicazione di solito non vengono citati i Tribunali circolari, nè i provinciali, nè i superiori di appello ecc., i quali sono compresi in prima linea nella divisione politica del paese. Con l'espressione della migliore stima dov. F. Probst praticante presso la i. r. commissione centrale della statistica Alla Spettabile Redazione del Gionale Le Provincia dell' Istria in Capodistria ----s^SSäSS^S-—-- Appunti bibliografici Decimosecondo programma dell'I. R. Scuola Nautica di Lussinpiccolo. Anno scolastico 1892-93. Gorizia. Paternolli 1893. Dal 1 Luglio 1878, in cui si cominciarono nella Provincia questi appunti, con lo scopo di rendere noto agi' Istriani il movimento letterario italiano, abbiamo in quindici aniii parlato o bene o male di molti autori. Se taluno, in qualche ora d'ozio vorrà gettarvi un giorno un' occhiata, vedrà che mentre nei primi anni si trattava quasi sempre di scrittori del Regno vicino, negli ultimi anni invece di preferenza si trattò di cose istriane : segno evidente che il commercio librario ha fatto rapidi progressi anche nella piccola nostra provincia. E non solo a Trieste, ma anche nelle cittadelle e nelle borgate della provincia. Ed ecco qui da Lussinpiccolo il Programma dell' I. R. Scuola nautica che, oltre i soliti dati statistici, contiene uno studio diligente del Prof. M. Budinich" Lussingrande. „Cenni storici." Dai dati statistici abbiamo che 24 giovanetti | frequentarono l'istituto; e che di questi per madrelingua ventidue erano italiani, e due slavi : segno evidente che la cultura in Istria è da per tutto italiana, e che prima del sognato cangiamento del golfo di Trieste in golfo di Zagabria, molti gabbiani, vulgo cocai hanno a svolazzare sul mar di scirocco. Il Budinich poi ne' suoi „Cenni storici« di Lussin-grande, premessa una breve prefazione, tocca in appositi capitoli dei Greci, dell'origine di Lussin-grande sino all'ultima depredazione degPUscocchi, da questa sino alla caduta della Repubblica Veneta, e poi del dominio austriaco e francese fino al 1815, in cui si ristabilì la dominazione austriaca. Di tutto il buon professore tratta con diligenza e con patrio affetto: poiché il suo scritto venne stampato nel Programma di una scuola nautica di Lussinpiccolo, meglio avrebbe fatto però a darci una storia completa di tutta l'isola. Al lettore importa poco leggere dei battibecchi dei Lussignani con Ossero, e delle vicende dei cappellani, e delle confraternite di Lus-singrande, gli rimane il desiderio di avere precise notizie sul rapido incremento di Lussinpiccolo, e sull' ammirabile progresso di quegli armatori, specie nella prima metà del secolo nostro. Se poi allargando gl' intenti, ci avesse dato un po' di storia delle ultime vicende dell'isola, avremmo potuto conoscere qualche buona notizia sul movimento della flotta francese nel 1859. Ma il meglio è nemico del bene ; contentiamoci adunque di quanto ci ha voluto far sapere il Prof. Budinich, e vediamo di spigolare qualche notizia. Sappiamo intanto che „in antico tempo i libri di amministrazione delle fraterne erano tenuti in lingua slava; ma che nel 1611 fu ordinato dal conte di Cherso che venissero tenuti in italiano (pag. 35)." I registri battesimali dal 1560 fino al 1674 erano tenuti esclusivamente in glagolito ; e dal 1709 in poi sempre in italiano. Lo stesso cambiamento avvenne progressivamente rispetto al glagolito quale lingua liturgica, abolito nel 1802 del parroco Fedrigo. In proposito 1' autore nota con giusto criterio. — „Se i Pontefici permisero qua e là l'uso del glagolito nella sacra liturgia, lasciarono però sempre in libertà dei Vescovi e del clero di servirsi a preferenza del latino; e perciò per immutare l'idioma glagolito nel latino non v' era bisogno di speciale concessione. Il clero di Lussingrande instava per la totale abolizione del linguaggio glagolito, da lui mal compreso, e niente affatto dal popolo, al quale l'epistola e il vangelo, dopo letto in glagolito, s' annunziavano anche per il passato nella versione illirico-vernacola, il che si continuava a fare | dopo l'introduzione della liturgia latina." (pag. 55). Che cosane dice Monsignor Vicario Capitolare? In ogni modo sono questioni che non toccano direttamente l'Istria. Anzi a proposito di una recente controversia giornalistica in paese, dirò anche io la mia opinione. Se si guarda la carta geografica, così ad occhio e croce, le isole pajono più dalmate che istriane, ed una continuazione del gruppo d'isole staccate dalle Dinariche nelle preistoriche convulsioni del globo. La storia poi ci narra che i Romani ascrissero le Absirtidi alla Liburnia, paese tra l'Arsa e la Kerka, mentre l'Istria fu ascritta alla provincia veneta. Si aggiungano le proteste degli isolani, quando Francesco I le staccò per forza dalla Dalmazia e le unì all' Istria. Ma si trovarono poi bene con noi. e noi con loro ; ed anche questa è una buona ragione, specie nei paesi di confine, dove la natura si compiace talvolta di giuocare a mosca cieca. La conclusione pratica dovrebbe adunque essere questa: lasciamo le cose in statu quo, per quanto dipende dai nostri voti. L' unione delle isole, alla Dalmazia, sarebbe un dar causa vinta ai nemici della Dalmazia romana, o in lingua povera, dell' italianità, che ha tenuto per secoli il dominio dell'adriatico, e difesa la civiltà contro la barbarie croata. Quei ventidue capitani di lungo corso, ora semplicemente allievi della Scuola Nautica di Lussinpiccolo, c' entrano per qualche cosa in questa conclusione. Se poi, quod Deus avertat, le isole venissero un giorno in mano dei croati, allora, solo allora, con tutte le nostre forze, e con tutti i mezzi legali ci stn-dieremo di raccoglierci dal Timavo al Paxteco di Albona, e di ridurre amministrativamente l'Istria ne' suoi confini naturali. Perchè, lo si ricordi, P ideale nostro è stato sempre questo : non c' è che un'Istria con la sua naturale capitale: Trieste. Solo per mezzo di Trieste noi abbiamo voce in capitolo, con buona pace di quei politicanti preistorici che adorano ancora come i Druidi i sassi di confine alla Rosandra ; o cercano su pei monti altri termini ai quali nelle attuali condizioni meglio è rinunziare. P. T. -----—J Pregati pubblichiamo: RINGRAZIAMENTO A tutti coloro che tanto interessamente ci dimostrarono sia nel tempo della malattia dell'amato nostro capo di famiglia, che al momento della grave disgrazia,, sentiamo il dovere di esternare i sensi della più viva gratitudine. Capodistria, 11 ottobre 1893 _Famiglia Priora