Narodna in univerzitetne knjižnica v Ljubljani 131447 / BIOGRAFIA DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA DHL CANON ICO DON PIETRO STANCOVICH DA BARBANA SOCIO m V A KI K ACCADKMIE SECONDA EDIZIONE CON SAGGIO Dl ANNOTAZIONl l "v 'l -I \ .-v » A'. -4- r rl 1-1 1 -1 ^ 1 ,1 1 , fc A / 1 A 1 1 / i A -4- /A < 4 - * -1 “I A 4 ~ /A 1 - 1 ne^ tputii la‘%cia sempre intravedere un nobile e delicato sentimente pel .. prpgcbSso eivile del suo paese. Fra que’ lavori merita un pošto onorevole la/pr<|fl.en0-fliografia; opera, che, se non e scevra di mondene del tutto compihtap mancandovi i distinti comprovinciali delle isole del Quarnero, mostrera in ogni tempo la vasta erudizione, la somina pazienza, e Fimmenso affetto a cui s’ispiro 1’ autore Mori lo Stancovich, dove nacque, in Barbana, addi 12 settemhre 1852, tra il sincero compianto degl’ istriani, i quali perdettero in lui un virtuoso sacerdote, un lahorioso cittadino,’ un benemerito illustratore del loro passato, — palladio di civilta, perenne scuola ed esempio alle novelle generazioni. Capodistria ned febbrajo 1 ) 40. — T0RBASI0 decurione di Pola, si ha di lui una lapide in quella citta rinvenuta e registrata dal Carli (Ant. Ital.). II decnrionato nelle citta di provincia corrispondeva al senato di Roma. ( * 2 ) 41. — CNEI0 P0MPEI0 GIUSTINO decurione di Trieste, c’ insegna essere statala iscrizione riportata dal Carli nel v. III deli’Ant. Ital. la quale fu ritrovata in Trieste ( 3 ). 42. — ARIO IMIGENIO t riummro, che dobbiamo credere capitale ci fa conoscere una lapide di Pola, situata nella muraglia del monastero di S. Benedetto di quella citta, registrata dal Carli (Ant. Ital.) ( 4 ). 43. — PUBLIO MARCIO istriano apparisce quadrumviro di Spoleti, coine da lapide cola ritrovata, che si trova in Grutero e nel Carli id. tom. II. 44. — LUCIO CARPENNIO SABINO seviro di Pola ritrovasi in monumento scoperto in Arezzo, la di cui tribu fu la Pomptina. Carli id. ( 5 ). 45. — QUINT0 CEDIO seviro di Trieste impariamo da lapide, su cui quasi tutti gli antiquarii discordarono, mentre vi fu chi la volle in Padova, chi in Friiiii, e chi nelTIstria, questione che per nulla c’interessa. Basta riscontrare ch’egli fu seviro di Trieste sexvir tergeste. Di questa verita di opinioni ne parla a lungo il Carli o. c. ( 6 ). (>) K. o. c. n. 455. (E.) ( 2 ) K. id. n. 279. TORBASIO . L . F . CLEMENT . KIL. DECVR . POLAE TORBASIO . L . F . PAVLLO FILIO (E.) ( 3 ) K. id. n. 23. BLAVDIAE GN . POMPEIVS IVSTINVS DEC. TE . II . VIR CL . CEL V . S . L . M . Era nel borgo S. Lorenzo. Blaudia e divinita pro- vinciale. — Il te del quarto verso piuttosto et in nesso. cl. cel e Claudia Celleja. (E.) ( 4 ) K. o. c. n. 55. ARIVS . IMIGEN III . VIR . V . F . ŠIBI . ET CAESENAE Dalla metropoli dei Ss. Martiri. ex . trieri . virtvte. Secondo il Kandler questa e iscrizione di marino, nnica trovata in Istria. (E.) ( 5 ) K. Indicazioni n. 42. Riporta iscrizione di altro marci v s che era su tavola nelhagro colonico di Trieste: T. MARCI V S . SECVNDVS IIIIII . VIR. AVG. MARCIA . T. L. QVARTA . VXOR. (E.) ( 6 ) Ind. n. 70. E secondo il Kand. in Cividale nel Friuli: q. caedivs . p. f PVB. SEX. VIR TERGESTE . V. F VINISIA . Q. F. MAXVMA VXOR APVSIDIA . C. F. SECVNDA MATER CAEDIVS . P. F. FRATER (E.) CAPITOLO I. 31 46. — PUBLIO VALERIO seviro sopra monumento ritrovato in Cittanova, forse 1’antico Ningo, dice il Carli o. c. ( ! ). 47. — LUCIO TICH10 seviro ci da un monumento di Parenzo, che. si trova in Muratori, ed in Carli o. c. 48. — SESTO APULEIO AP0LL0NI0 seviro augustale di Trieste, e di Pola, vi . vir • avg. tfrg. ft • pon. si riscontra da iscrizione trasportata in Venezia da Trieste, che si ha in Grutero op. cit., ed in Carli op. cit. II Sevirato augustale e distinto dal Sevirato semplice superiormente indicato, mentre questo era un magistrato civile, le cui attribuzioni io ignoro. L’augustale era destinato al culto degl’imperatori, ch’ erano coli’ apoteosi dichiarati divi, vale a dire deiflcati, e come sacerdoti apparte- nevano al tempio di quella pretesa divin ita. 11 collegio dei sacerdoti augustali fu istituito da Tiberio in onore di Augusto, secondo Tacito (Ann. 1. liv. §. 1). In piu classi dividevansi, cioe seviri, flamini, sodati, seniori, e iuniori. I principali si chiamavano seviri, perche in numero di sei, il capo de’ quali intitolavasi magister, primus, major. Carli o. c. ( 2 ). 49. — CAIO VIBIO VALENTE seviro augustale di Trieste. 50. — FELICE liberto, pure seviro augustale di Trieste, rilevasi in grande sa- rcofago con ornati, indicanti il terzo o quarto secolo di Cristo, nella chiesa di S. Giambattista, ossia del battisterio in Trieste, che ci da il Carli (tom. II. e III. o. c.) C. VIBIVS ■ VALENS VI ■ VIR -_AVG ■ T ■ F- I • IiX ■ HS. XX • FELIX • LIB • VI • VIR ■ AVG 51. — TITO MARCIO SECONDO, seviro augustale, presenta un marino nella catte- drale di S. Giusto alla cappella di S. Carlo in Trieste. Carli tom. II. o. c. ( 3 ). 52. — CAIO VALERIO TROFIMO, seviro augustale, abbiamo in un’ara votiva dal medesimo a Diana disposta per testamento, la quale fu trovata in Trieste, che qui trascrivo dal Carli tom. III. o. c. DIANAE C. VALERIVS * TROPHIMVS VI * VIR • AVG. TFSTAMENTO • FIERI IVSSIT (*) K. Ind. num. 420. E nel duomo di Citta- nuova, prima a Santo Stefano cappella dei pode- sta veneti: P. VALERIO . L. F. PVP IIIIIIVIR . CONIVGI P. VALERIO . P. F. PVP TIRONI . FILIO VOLVNTILIA . PAVLLA E.) C 2 ) K. o. c. n. 57. La lapide fu trasferita nel 1509 a Venezia: I). m. s. APVLEIA ZOSIME SEX . LIB. T. V. F ŠIBI . ET . SEX APVLEIO SEX . LIBER APOLLONIO VI . VIR . AVG TER . ET . POL CONI . PIENT ET . SEX . APVLEIO LIB . MEO . THEM ESTHOCLETI ET . APVLEIAE . LIB THESEIDI . CONI HVIVS . V. F. ( :i ) Vedi nota n. 5. (E.) (E.) '32 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA 53. — GNEO FLAVIO EROS seviro, e maestro augustale vi • vir • magister . avgvstalis ci offre pure ima lapide di Parenzo pubblicata dal Carli II. o. c. ('). 54. — QUINTO SIRZIO CALLISTO seviro augustale in gran sarcofago esistente in Pola nell’ orto del canonico Vin, lesse e ne porta 1’epigrafe intiera il Carli o. c. 55. — SELICIO seviro augustale di Pola e scritto in marino mancante, ritrovato presso la porta aurea dal Carli, che si legge nelle di lui Ant. t. II., per indicare la citta in cui era sacerdote. La do imperfetta qual’ e: 56. — TITO LUSTIDIENO NESTORE augustale di Pola, senza la parola seviro, rilevasi in lapide di quella citta, pubblicata con qualche variante dal Grutero e cor- retta dal Carli II. o. c., colla quale esso Lustidieno erige il sepolcro a Giiilia di lui moglie: IVLIAE • CHRYSANTIDI ANNORVM XXXI • MENSES • III • D. XXIX T. LVSTIDIENVS • NESTOR • AVG VSTAL • POL • CONIVGI • INCOMPARABILI CVM • QVA • VIXIT ■ ANN • XVIII SINE • MACVLA • ET • QVERELA B • M • ( 2 ) 57. — LUCIO PUBLICIO SINTROPO archigallo leggesi sopra un grande piedestallo di pietra istriana esistente in Capodistria, accanto alla Loggia pubblica ( :t ), che per essere la memoria degli archigalli rare sni marini, e di qualche merito, qui tra- scrivo; tratta dal Carli tom. II. o. c.: L. PVBLICIVS SVNTROPVS ARCH1GALLVS V • F • ŠIBI ■ ET H • M • H • N ■ S (') K. id. n. 386: CN. FLAVIO SECVNDO . VI . VIRO CN. FLAVIVS . EROS VI . VIR. MAGISTER AVGUSTAI.IS . FECIT K. o. c. n. 276 e non 246 come leggesi nclTIu- dicazione: Q. SIRTIVS . CALLISTVS VI . VIR . AVG. V. F. SUII . ET LAECANIAE . PRISCAE CONIVGI . OPTIMAE LIBERTIS • I.IBERTABVSQ . SVIS . OMNIBVS (E.) C 2 ) Una lapide di altro Seviro Augustale (Publio FufidioOptato od Opiato) fu ritrovata nel 1880 nel territorio di Rovigno. Vedi Iscrizioni romane. di T. Luciani negli Atti, e meniorie della Societil Istriana di Archeologia e Storia Patria. Parenzo, tip. G. Coana, 1885. (E.) ( 2 ) Il piedestallo colla isciizione e spai-ito. (E.) CAPITOLO I. 33 II culto di Cibele precede di 300 anni la guerra di Troja, e prima deli’era nostra 1506. Abbiamo dalla favola, ehe Ati divenuto furioso, per 1’infedeltd usata a Cibele con la ninfa Sangaride sul monte Dindimo si fece meno. Da lui trasse il rito stranissimo, che tutti i sacerdoti sacri a Cibele si facevano eunuclii, e chiamavansi galli. 11 preside di cotesti sacerdoti dicevasi archigallo. 58. — QUINT0 PUBLICIO, sacerdote telchino. 59. — CAI0 PUBLICIO ERMETE, edituo. 60. — S ECO N DA, cimbalistra tutti tre di Trieste. Jn beli’ara esagona, dedicata alla gran madre degli Dei, ritrovata in Trieste da Mr. Piccardi, e spedita in dono al conte di Villana Perlas rivelansi tre dei ministri addetti al culto di Cibele, cioe un telchino o tibicine, un edituo o custode del tempio, ed una cimbalistria o suonatrice di čembalo. Molti e varii officii di ministri eranvi addetti a questo culto oltre i suddetti, come sarebbero flautisti, capelluti, cureti, coribanti ecc., oltre le donne clie suonando con sistri, čembali, timpani, crotali, ed altri strumenti, guella furibonda annonia compo- nevasi, che effetto produceca cosi inumano. Do quest’ epigrafe trascritta dal Carli op. cit. M ■ D • M • Q • PVBLICIVS CHARITO SACERDOS • T• C • PVBLICIVS HERMES • AEDITVVS ET•SECVNDA CYMBAL1STRIA (') Questa iscrizione e da una parte deli’ ara, dali’ altra un čembalo, e dalla terza il simpulo. Da questi monumenti apparisce che lo stranissimo culto di Cibele era intro- dotto nelFlstria con tempio, e ministri. 61. — VI Sl A TERTULINA sacerdotessa di Cibele abbiamo in lapide nella chiesa maggiore di Trieste, nella cappella di S. Nicolo, colla quale si conferma il culto di Cibele in detta citta: M • D • M • IN • MEMORI • VISI E • L • F ■ TERTVLINAE SACERD • D1VARVM • MATRIS • SVAE SEX • APPVLEIVS • MARCELLVS 62. — LUCIO VERGINIO PUDENTE aruspice, sacerdozio che premleva gli augurii dall’esame delle vittime, e degTintestini degli animali. Che questo culto fosse introdotto nelFlstria, riscontriamo da lapide esistente in Pola nelTorto delle monache di San Teodoro, la quale e la seguente: L. VERGINIVS PVDENS HARISPEX ■ ET IULIA • Q • F • LVCVLIA FECERVNT (>) Fu ritrovata nel 1749 e comunicata subito dallo scopritore a Girolatno Gravisi. Il Kandler dice che fu inviata nella Stiria. Itirl. n. 22. (E.) 34 BIOGRAFIA HEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA 63. — MARCO PUBLICIO, isti dano, augure di Aquileja, ci fa conoscere il Qarli. L’ augure prendeva le predizioni dal volo degli augelli, e dal pasto dei polil. Cke questo culto fosse pure nell’ Istria possiamo assicurarci, poiche L. Vario Papiriano del numero 12, oltre essere stato /lamine adrianale, e pontefice, fu pure augure. Augure fu anche Lucio Flaminio htriano del numero 24. Flamine poi di Claudio il tribuno militare Quinlo Petronio Modesto di cui parlai al numero 27. Di edili ci hanno conservato i nomi varil mar mi istriani, cioe di M. Aurelio Meno/ilo edile di Pola indicato al numero 8; cosi al numero 22. L. Sergio Lepido figlio di Lucio; L. Sergio figlio di Cajo al numero 31; e L. Sergio pure figlio di Cajo al numero 32. Edili tutti tre di Pola, come si legge sopra la porta aurea di quella citta. C. Celacio Sevariano, e M. Surino ambidue edili di Triesto si appalesano, come fu indicato ai numeri 35 e 36. I/edilita nei primi tempi aveva cura delle fabbriche, e degli edificii pubblici. Orebbero poscia di numero in Roma, e di orsi felicemente nell’ ottava. Vediamo eretta questa lapide da Costanzo munerario a due suoi gladiatori Decorato reziario, e Ceruleo; ne il Decorato secutore vi entra per nulla coli’oggetto di Costanzo, inentre Decorato secutore forma un cippo sepolcrale per sua moglie Valeria; quando questa pietra e un monumento sepolcrale in precedenza eretto da Costanzo munerario ai di In i gladiatori Decorato e Ceruleo; ambidue estinti in una medesima pugna. Ilobbiamo pertanto giudicare che questo marmo sepolcrale fu fatto erigere da Costanzo, e che posteriormente il gladiatore Decorato secutore leče uso del marmo stesso per erigere la memoria funebre a sua moglie Valeria; circostanza non infrequente, che possono riscontrare nelle lapidi gli amatori della veneranda antichita. Con questa lapide ci assicuriamo che in Trieste vi fossero spettacoli gladiatorii, ed in conseguenza vi fosse anfiteatro. 71. — D0R0TE0 DESMESOLOCHIO, capodist riano, abbiamo in bellissimo ricordo pošto sul rnuro della časa Elia, in Capodistria, sul quale, alto due piedi circa, vi ha in rilievo un gladiatore armato di scudo, del genere delle parme, e di dava, rap- presentato elegantemente in-atto di combattere, e che disegnato ed inciso da Francesco Monaco di Pola ci diede il Carli. Sotto di lui vi ha in greco 1’ iscrizione seguente: AE2MEX0A0XYE AUPO0EE XPHSTE . XA1PE Congettura il Carli che Decorato avesse acquistato il titolo di desmesolochio dalla sua arte e valore nelle pugne, e potrebbe interpretarsi, come vincitore nelle insidie delte reli, (' 2 ). 72. — SIMPLICIO illustre grammaiico nativo di Emona, di cui Ammiano Mar- cellino nel lib. xxviii cap. I. ed. di Levden 1693. 4.° a lungo ne parla; e tanto da essi, che dalle annotazioni rilevasi, che dopo avere per alcun tempo esercitata la (') Pešce Mirmillo. (E.) (-) La piccola e pregiata scultura csislo anche oggi sulla facciata a ponente deli’ antica easa Elia, ora proprieta della famiglia Visintini-Pozzo. Neli' ingresso di questa easa, sopra una porta a destra di chi entra e inflssa nel muro una pietra con un ritratto a mezzo busto in basso rilievo, il quale rapprosonta un uorno in baffi, lunga barba, e veste antica. — Sara forse qualche personaggio deli’ an¬ tica famiglia Elia cousolare ed imperiale (!) (E.) 38 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA professione di grammatico, nome col quale tanto nell’ irnpero orientale, che nell’ Oc¬ cidental e, i professori tutti si greci che latini si distinguevano, e che n el linguaggio moderno noi diremmo letterati, divenne consigliere ed amico del vicario Massimino, ed in fine vicario di Roma egli stesso in successione ad Ursicino. Del carattere di lui nella prefettura di Roma, dice Marcellino, che si dimostro nec erectus, nec lumidus, sed obbliquo aspectu terribilis: qui compositis ad rnodestiam verbis acerba meditdbatur in muUos. Uso del terrore e del sangue tirannicamente, per eni gli fu troneata la testa nell’ Illirio per ordine deli’ imperatore Graziano nell’ anno 369. Ch’ egli fosse di Emona deli’ Istria, oggidi Cittanova, ho buoni fondamenti a crederlo coli’ appoggio del Tirdboschi, il quale nella Letteratura Italiana fa cenno di lui come di im letterato italiano. L’ Istria e compresa nell’ Italia, ed in Istria incontrastabilmenie vi fu ima citta detta Emona, il eni nome si e conservato nel vescovato di Cittanova, che si cliiama emonese. Dell’ Emona, istriana dissi non poco nel Saggio sopra V Anfiteatro di Pola, dimostrando ch’ ella era differente dali’ Emona pannonica, oggi Lubiana, e dali’ Emona del Norico ('). Di queste due Emonie chia- ramente parlano Plinio (L. 3 cap. 24 e 25), ed Erodiano ( Histor. lib. vm. § 1, 2, 3), e per quanto sforzo facesse il Lindi, per far credere demona VEmona di Erodiano, e citta italiana, conviene confessarlo, ch’ egli non sostenne che im errore palmare, di eni disse bene il Palladio: Nec per somnium quidem suspicandum venit. Se vi fu ima citta italica, che si chiamasse Emona, nessim’ altra poteva essere, che 1’ odierna Cittanova nell’ Istria, o qualche luogo contermine, per le ragioni gia da me adotte nella predetta opera, e per quelle ancora, che io esposi in ima Disseria- zioncella, poco fa diretta al mio amico ah. Furlanetto in Padova, in seguito a sna richiesta; esservi cioe state tre Emone: la Norica, la Pannone, e V Istriana. I fondamenti coi quali si prova 1’ Emona, istriana sono parzialmente basati sopra il costante nome di emonesi, che per secoli ricevettero i vescovi di Cittanova; sopra i ruderi e le anticaglie in quei con,torni, e parzialmente rinvenuti a Vimnova, come pure sopra la bella lapide del Colonis Incolis Peregrinis Lavandis Gratis D. D. P. P. P., ritrovata in quelle vicinanze, la quale ci da chiaro segno di ima colonia che indica un bagno per i Coloni, per gli abitanti, e per i forestieri ( 2 ). Questa colonia poi evidenteinente e indicata nella base marmorea scoperta in Parenzo, nella quale si legge, che Cajo Precellio fu patrono delle colonie degli Aguilejesi, Parenzani, Opitergini, ed Emonesi. Questa colonia hemonensium percio ci da il nome della colonia. che manca nella siujdetta lapide del pubblico bagno. Che questa colonia hemonensium indichi 1’ Emona istriana, ossia Cittanova, e non gia 1’ Emona del Norico, o della Pannonia, le seguenti ragioni ci persuaderanno: C) L’ Aemona pannonica, Lubiana, dicevasi anche Julia Aemona; v’era poi 1’Aemona Claudia nella Tessalia (Plinio, Hist. nat. III, IV). E pure indubitata 1’ esistenza di una Aemona nell’Istria comprovata fra molti altri documenli dalla sottoserizione del Maximus Episcopus Emoniensis fatta nel sinodo di Acjuileja dol 381; sottoserizione che doveva appartenere ad un vescovo istriano, perche in quel tempo Lubiana non aveva vescovo e il vescovo della Tessalia, come nessun alti o d’ Oriente, non intervenne al sinodo di Aquileja. (E.) ( 2 ) Intorno a questa lapide v. L’Istria, III, 1848, n. 70 nelfart. Dell' antico agro di Emonia o Cittanova; e «La Prov. deli'Istr,» XI, n. 11, 1877, nell' art. Tavola Pcutmr/criana. (E.) CAPITOLO I. 39 1. Perche questo m ar m o fu trovato in Parenzo citta poco lontana da Cittanova. 2. Perche in quell’ epigrafe sono indicati popoli vicini, e percio congiunti fra loro, ed associati al patronate di Precellio, cosa non proppia a popoli disgiunti e lontani, come quelli del Norico, e della Pannonia. 3. Perche, c o m e osserva il Borghesi, le cittd nominate nella lapide sono di popoli niarittimi, percio la colonia hemonensium convenientemente si deve intendere 1’ Emona delVIslria, citta marittima, e non V Emona del Norico, o della Pannonia, i cui popoli sono lontani dagli altri indicati nel marino, non marittimi, ma di provincie di terra lernia oltre le Alpi. 4. Questi popoli della lapide, oltr’essere tutti marittimi, sono pure posti di fronte 1’uno ali’ altro in poca distanza, avendo di mezzo un breve tratto di mare, cioč il golfo di Trieste, essendo situati dal lato destro gli Opitergini, e gli Aguilejesi, e dal sinistro i Parentini, e gli Emonesi. 5. Questi popoli sono inoltre di una medesima provincia civile, quale fu la Venezia e 1’ Istria, che nei marmi sempre si trovano unite, e delle quali sono noti i correltori che si chiamavano di Venelim el Istrim ; e percio com- provinciali; circostanze tutte che non spettano aile provincie del Norico, e della Pannonia. 6. Finalmente, se giova il dirlo, questi popoli erano pure di una medesima provincia ecclesiastica, mentre il vescovo di Aquileja nei primi .secoli della Chiesa, ed anzi sino al secolo sesto, era il solo vescovo di gran parte della Venezia, e di tutta 1’Istria; seguendo le provincie ecclesiastiche nei primi tempi 1’ estensione delle provincie civili. Conchiudo percio, che vi era una terza Emona nell’ Istria, e questa Emona istriana essere Funica Emona italica, perche F Istria e una provincia d’Italia. Col- F appoggio pertanto del Tiraboschi, a buon diritto noi diremo istriano emonese 1’ indicato Simplicio emonese, avendolo il citato autore giudicato ilaliano. 73. ANTONINO ETICO, istriano, anno 400 di C., autore deli' Itinerario, attribuito ali’ imperatore Antonino, e di una Cosmografla, il quale visse intorno gli anni 337, 340, 390. Nel secolo decimosesto in varie bibliotoche si scoprirono degl’Itinerarii delFImpero Romano, i quali, portando il nome di Antonino, furono attribuiti ali'imperatore Antonino il lilosofo; ma varii critici ne dubitarono, tanto per la latinita, quanto per i nomi delle citta, i quali sono di un’ epoca piu recente. TJgone Flaviniacense ( Chron. ad ann. Christ. 97) vuole che almeno di uno di questi Itinerarii sia autore Antonino Etico istro, il quale dev’ essere vissuto intorno F anno 440, mentre pone Aquileja, ed altre citta, che furono distrutte da Attila, nel 450. Giosia Simlevo pensa pure che di Etico Istro sia 1’ Itinerario di Antonino, del quale accenna una cosmografla, e che si chiamasse Antonino, e vivesse al tempo deli’ imperatore Teodosio ( Sirnler, prcefat. ad itin. aethici). Giovanni Gerardo Vossio ( Lih. 3 de Ilist. latin.) lo attribuisce ali’ anno 337. Il Bartio ( L. 15 advers. 8. 12), ed il Cluverio (Germ. 1. 2, cap. 5 fin.) lo vogliono del tempo di Augusto Valentiniano, perche consta che F autore fu cristiano, parlando egli di San Pietro, di Moše, e dei figli d’Israele, e nell’Itinerario della Pannonia nelle Gallie deserive Treviri, dove risiedeva Valentiniano, e nomina la citta di Costantinopoli, la quale al tempo dei Cesari Antonini non aveva peranco ricevuto questo nome, e percio questo itinerario non essere un’ opera del lilosofo Antonino, ne di Caracalla, n5 di aleun’ altro Cesare fra i molti, che assunsero il nome di Antonino ; ma debba essere di Antonino Etico 40 RIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINI DELT/ ISTRIA Istro, del tempo di Valentiniano o Teodosio, cioe verso 1’ anno 390. Per certo, dice il Bartio, egli fu piu antico d’ Isidoro di Sivigdia, il guale flori h el 630, mentre Isidoro {Lih. 14 orig. cap. 5, e lih. 19. c. 10) fa menzione di Antonino Istro. Vogliono pertanto cotesti critici, clie tutti gl’Itinerarii non possano appartenere al nostro Antonino; mentre sono varianti, ma essere verosimile clie posteriormente fossero state fatte delle aggiunte, delle variazioni, e mutilazioni nei nomi, perche sarebbe stata inutile la descrizione delle vie romane con gnesti Itinerarii guando i Romani avevano cessato le loro spedizioni; e percio essere antico 1’autore di guesto lavoro, il gnale poscia e stato riformato, ritoccato, ed anmentato da altra mano '). ( ! ) Por quanto riguarda 1'Istria vedi 1'Itinerario: Iter Aquilejani per Istriam eee. notato anche nelle Fonti antiche del Saggio di Bibliografia Istriana. Capodistria. Tondelli, 1864. (E.) '' ro TF,on • • H coK64-^HMH ? V*xl/ S ALCUNE FAMIGLIE ISTRI ANE DELLEPOCA ROMANA Aceja Alia — consolare Alfia Antistia — consolare Appia Apollonia — consolare Apudista Appuleia — consolare, in Trieste ed in Capodistria. Aquilia — consolare, in Trieste ed in Albona Arnia Arria — consolare Artania Attia Attica Avita Barbata — consolare Barbia Barbula — consolare Basilia Boica Briniaria Calpurnia — consolare Cedia Ceionia Cervia Cetacia Clemenziana Clodia — consolare ed imperiale ■ Cominia — consolare Cornelia — consolare Costanzia — consolare Elia — consolare ed imperiale Erennia Eserna Fabia — consolare Fausta . Feriana Figillia Gallia Gavillia Giaria Giocunda Giusta Giulia — consolare ed imperiale Giuliana — consolare ed imperiale Hermeta Heteria — consolare Hostilia — consolare Lataria Lentula — consolare 42 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELI/ ISTRIA Lepoca Laurenzia Lučana — consolare Luculla — consolare Mama Manlia — consolare Marzia — consolare Marcellina Mecia — consolare Metella Minicia o Minucia — consolare Mutila Nevia Nevigia Optata Palpia o Palpellia Papinia — consolare Papiria — consolare Pediana — consolare Petronia — consolare, in Trieste ed in Al bona Plotia — consolare Porzia — consolare Publia o Publicia — consolare, in Trieste ed in Capodistria Pudenziana Ragonia — consolare Riotia Ruffa o Ruffina — consolare, in Trieste ed in Albona Salvia — consolare Sareja Sardia Sastri a Saturnina — consolare Scandia Scancia Servara Sestia — consolare Sellia Settimia — imperiale Severa — consolare ed imperiale Statia — consolare Suria Sextia Taburia Tertulla — consolare Tfiosia Tullia — consolare Valeria — consolare Valeriana — consolare ed imperiale Vari a Ventinara Vibia — consolare ed imperiale Vinicra Vipsana Urbana Ulpia Zosima F. Ireneo Della Croce. — Historia antica e moderna, sacra e 'profana, della čilih di Trieste ecc. Venetia, MDCXCVII1, presso Girolamo Albrizzi Girolamo Agapito. — Notizie di aleune famiglie nobili romane, ehe fiorirono nella eolonia e čilih di Trieste, nell’ Istoria antica e moderna della citta di Trieste celebre eolonia di cittadini romani ecc. del P. Ireneo della Croce, ridotta ali’ orto- grafla moderna, e in epialehe parte essenzialmente modificata ed accresciuta di notizie storiche ecc. Trieste, 1812, dalla tip, di Gaspare Weis. Gian' Rinaldo Carli. — Detle antichita di Capodistria. — Capodistria, tipografia di G. Tondelli, 1861. Tomaso Luciani. — Albona, studii storico-etnografici. — Venezia, tipografia del- T Istituto Coletti, 1879. (E.) CAPITOLO II. SANTI ISTRIANI. 74. — Beato ELIO, della famiglia Portulana, nacque a Costabona (Castel Bona) villa presso Capodistria, passo in Aquileja, fu discepolo di S. Ermagora, e dallo stesso gli fu assegnata la provincia deli’ Istria a spargere 1’ evangelico seme, alla quale apostolica rnissione diede principio nella sna patria, in cui termino i suoi giorni nel di 18 luglio 56, dopo aver felicemente percorsa lunga carriera nell’ assunto ministero. 11 suo. sorpo si conserva nella cattedrale di Capodistria. (*) Parlano di lui il Manzuoli, che ne riporta la leggenda, Prospero Pelronio, lo Schoenleben negli Annali della Carniola ed il Naldini nella Corografin di Capodistria. 75. — S. PRIMO s acerdote 76. — S. MARCO diacono 77. — S. GIASONE 78. — S. CECILIANO, tutti quattro triestini, subirono il rnartirio nell’ anno 139 sotto 1’ iinpero di Adriano, e la pretura di Astasio. L’ ireneo ritiene San Primo ])er protovescovo, e protomartire di Trieste. Questa sua op in ione n on e figlia che della di lui buona fede, mentre ne in Trieste, ne in Istria si hanno traccie che prima del sesto secolo, vi fosse alcun vescovo; il quale argomento si vedra da me trattato nel- V Istria Sacra ( 2 ). (') Sant’Elio e col Beato Naaario protettore rti Capodistria. Si solennizza ai 18 luglio. Un cenno rti (juesto santo leggesi nellart. rti G. Pusterla (A. Tommasich) — Chiese in Capodistria nel sec. XVIII — L' Ist. anno I. 1846 - n. 66-67. — S. Ermagora discepolo rti S. Marco, fu il primo vescovo rti Aquileja. Converti al cristianesimo Friulani, Čarni, Istriani ecc. e pati il rnartirio 1’ anno 70. Lo Zancarolo di Cividale ne pubblicrt in Urtine la vita nel 1657, e scrissero ancora rti lui 1’ Ughelli, il Rubeis, il Cappelletti. ecc. (E.) ( 2 ) Sull’ origine ed epoca dei vescovati istriani leggasi 1’ articolo: Dimostrazione deli' epoca di fondazione dei vescovati istriani nell’ Istria, 1846, II, n. 9, — I vescovati, cap. XVIII nell’ Istria, not. štor. del Do Franceschi,— Le notizie storiche del duomo di Pola negli Att.i e mem. della societk istr._rti arch. e štor. pat., 1885, Parenzo G, Coana, e la Provincia deli' Istria a. XIX. 13. (E.) <1 44 BIOGRAFIA DEGLI UOMINT DISTINTI DELL' ISTRIA • I corpi di questi santi nell’ anno 755 furono levati da Trieste, o trasportati nella citta di Verona, ove si conservano le loro reliquie alla venerazione dei fedoli. Ne parlano 1’ Ugkelli T. v. Ital. Sacr. col. 508, Schoenleben p, 174, 1’ Ireneo p. 389, il Galesino nel Martirologio, il Brautio, il de Natalibus, il Ferrario, il Baronio ecc. 79. — S. LAZZARO diacono di Trieste, nell’ etA di anni 78 fu fatto martirizzare da Pompeo giudice di quella citta per T imperatore Antonino Pio nell’anno 151. Il suo corpo si conserva nella cattedrale di Trieste, ed il suo martirio si celebra ai 13 di aprile. Nel Manzioli si lia la vita di lui, e ne danno conto lo Schoenleben, V Ireneo nella storia di Trieste, ed il Ferrario col Branzio. 80 — S. APOLLINARE diacono di Trieste, sodri il martirio nella stessa citta, sua patria, sotto il preside Lucinio il 6 decembre anno 152 di nostra Redenzione. Le sue reliquie si conservano in quella cattedrale ed e un errore sostenere che il corpo di questo santo, e quello di S. Lazzaro, si trovino a Verona, per essere stati cola trasportati. V. Manzuoli, Schoenleben, Ireneo, Branzio Martirol. Poet., Ferrario. Catalog. Sanct. 81. — S. EUFEMIA ('). 82. — S. TECLA vergini e martiri triestine, flglie di Demetrio e di Epifania, subirono il martirio nella stessa citta, regnando gl’imperatori Valeriano, e Gallieno nel giorno 17 novembre 250, essendo preside di Trieste Questilione. Differiscono queste vergini da quelle di Aquileja, il cui martirio seguito sotto Nerone ed il preside Sebasto, in unione a Dorotea ed Erasma. si celebra nel di 3 settembre. Manzioli, Schoenleben, Ireneo, Ferrario, Maurolico ecc. Santi triestini vissuti in torno ali’ a. 280. 83. — S. Z0IL0 84. — S. SERVILI0 85. — S. FELICE 86 . — S. SILVANO 87. — S. DIOCLE martire dei quali come 5 incerta la patria, ed il tempo, cosi e certo il luogo del loro martirio. Il Martirologio romano dice che furono martirizzati in Istria il 29 novembre; ma Costanzo Medici nel suo Calendario ed il Ferrario nel Cutalogo dei Santi, li vogliono triestini, e che abbiano subito la morte sotto T imperatore Numeriano, che sarebbe intorno 1’anno 283. Ireneo. 88. — S. SERV0L0, figlio di Eulogio, e di Clemenzia, cittadino di Trieste, soffri il martirio nell’ anno 284, e nel giorno 24 maggio, in cui si celebra la di lui festivita, nel tempo deli’ imperatore Numeriano, e del preside di Trieste Giunilo, e del suo vicario Asulfo. Egli e uno dei protettori della citta, e ne fanno menzione il Manzioli, il quale porta la di lui vita, lo Schoenleben, T Ireneo, il Baronio ecc. ( 2 ) (‘) Il corpo di santa Eufemia di Calcedonia nelTAsia, da non confondersi colla santa Eufemia di Trieste, ando a galla pel mare secondo la pia tradizione a Rovigno nel 800 ed e protettrice di quella cittli. V. memorie di Rovigno, raccolto dal I)r. Feliee Glezor, Pola, tip. Bontempo, 1885. (E.) ( 2 ) Un S. Servolo e protettore di Buje e si celebra il 24 maggio. NieoUi Bonicello ne scrisse le lodi in un’ orazione panegirica stampata a Padova, tip. G. A, Conzatti, 1783. (E.) CAPITOLO II. 45 89. — S. Gl USTI N A vergine e martire triestina, di amii 14 šostenne il martirio nel giorno 13 di luglio deU’anno 288, sotto gLimperatori Diocleziano, e Massimino, ed il preside di Trieste Fabricio, o Saprieio. Manzioli, Schoenleben, Ireneo ed altri autori. (*). 90. — S. GIUSTO martire triestino, protettore e principale patrono di quella cittži nel liore (legli anni ottemie il glorioso martirio il 12 novembre 289 al tempo deli’ imperatore Diocl^iano, e del preside Manazio. Le reliquie di lui si conservano in quella cattedrale. ( 2 ) Manzioli, Schoenleben, Ireneo, Baronio eec. 91. — S. RUFFO martire, nato nella villa Luparo, diocesi di Capodistria. Incerto e il tempo del suo martirio, ma si črede piamente, clie fosse al tempo della persecuzione di Diocleziano nell’ anno 290 circa. La sua festivita si celebra il 27 luglio, ed il suo corpo riposa in arca marmorea nella chiesa paroechiale di Momian'0. Naldini, Colograf. 92. — S. DONATO vescovo Thmuilano nell’ Africa, nacque in Istria nell’ anno 267, ed ottemie il martirio a Thmui nel 320. ( :! ). Gli atti di questo santo, scritti in greco da un monaco della Dalmazia, il cui codice M. S. piu corretto, fu ritrovato nella biblioteca Medicea di Firenze, col titolo: MapTuptov tou A'f£oo ’Ao votvu ’Emoxo7too, Moaaptoo Ilps^pirspoo, (")so5o>poo Aioocovod, Mavttptoavttov sv flvOgoo!^: Marlirium S. Donali Episcopi, Macarii Presbgteris, Theodori Diaconi, in Potkmuie pro Chrieto interfectorum ; Ju tradotto in Jatino da Daniele Cardono, ed inserto .da Daniele Papebrochio nel volume V", dei Bollandisti al giorno 22 maggio. Questi atti, di un’ anticbita rimarchevole, ritenuti di piena credenza, divisi in quattordici articoli, furono riprodotti con opportune annotazioni dal P. Far lati nell’ Illgriurn Sucrum (Venezia in fol. per Coletti 1751),Essi contengono le gesta di S. Donalo, di S. Macario, di S. Teodoro, e porgono alcune notizie di Giovanni III. vescovo di Salona xxi. Trascrivo letteralmente i primi periodi deli’articolo n, i quali sono interessanti per varii rapporti, unendovi i relativi commenti dello stesso Farlati: II. Beatissimus igitur DONATUS, patre Crescenlino genitus (a) ISTRJORUM QUODDAM O P Pl D V M IN PALM ATI/E (b), PANNONI /EQ UE SI TUM CON- (*) S. Giiistinu e S. Zenone rnarliri triestini si celebrano il dl IH luglio. Vedi Calendario islricmo pubb. da mons. (1. Favonto Apollonio nella Fort. Or. 1. TI. III. ( 2 ) La relazione del Iiinvenimento del corpo di S. Giusto fatta nel 1524 da Cristoforo de Bonomo, testimonio oculare, e riportata nell’ Isiria II, 33-34 in lettera dal Kandlei' diretta a mons. O. Favento Apollonio. Sopra S. Giusto il Saggio di Biblioijrafia del Cornbi registra sci scrittori. Il Mainati no scrisse la vita pubb. nel 1806 in Venezia tip. Picotti. (B.) (’’) Qucsto S. Donato vescovo e martire non e da eonfoiidersi coli’ alti o santo istriano omOnimo, pure martire, clie e protettore d’ Isola e clie si celebra il 7 agosto. (E.) (a) In (juesta nota il Farlati nutncra gli anni in ordine cronologico della vita di S. Donato. Dic’egli chc nacque nel 207, ed ali'otii di 30 anni fu ordinato sacerdote. Per sei anni predicb 1’ovangelo, cioe sino agli anni 36, di Cristo 303, anno deli’universale persecuzione, nel quale si ritmi in Dalmazia, Nel seguente 304, sottratto alla crudeltii di Diocleziano, fuggi in Egitto, e passb a Thmui; nel segmente 305 nel meso di febbrajo, Vilea, vescovo di quella citta fu marlirizzato. A lui successe S. Donato , cho dopo avere per anni 15 arnministrata quella chiesa, nell’anno 320 sotto 1'impero di Licinio ottenne la palma del martirio, in eta di anni 50 circa. (b) Dopo aver dati i confini della Dalmazia, chiude il Farlati: Itaque oppidulum, ubi ortus .est Do- natus, sitimi oral in ea Isiriai ref/ione cvtrefma, cui ah Oriente Dalm/Uia, a Septenlrione Pannoma Dalmatica finitima orat, 46 BTOGRAFIA DEGIJ DOMINI DTSTINTT DF.LI/ ISTRIA FINIIS NA TALE HAB UIT. Is cum ab ineunte prirnum cettiie sacrum Christi baptisma suscepisset, in religiosis sacrorum hominum (a) ccenobiia, el ecclesiis assidue versabatur. Ad vigesirnum vitce annum ut pervenit, integrum se ac purum ab iis omnibus servare conatus fuit, quoe mortalium passim corpora reddere solenl fcediora; animum autem suurn liberalioribus omnibus disciplinis ita imbuit, ut ad S UM M UM SCI EN TIM CULMEN, non sine magna sua gloria tandem eoaseril. Seculo deinde tempore , a sanctis, quce in ISTRI A sunt,, eclesiis (b) evocatus, ut degentium ibidem ethnicorum errores christiance veritatis luce dispelleret, AO.UILEJAM UBIPER¬ VENIT, A PROVINCI JE ISTI US (c) EPISCOPO SACRUM PRESB Y TERA TU S ORPINEM SUSCEPIT: ac mox gucecumgue a Paganis adversus fidei nostrce arcana sanctissima, koc est, adversus Virginis partum adferebantur obstacula disiicere hoc modo est aggressus etc. Coila scorta
  • luglio 1549, cioe sette mesi dopo oh’ egi i era partito dali’ Ilalia, s’e veduta sontehza prornossa contro di lui. hi 1'accia al Muzio egli era erelico, luterano, e venenoso serpente; m a in faccia alla chiesa, nonostante cinque processi, non era stato giudicato reo; e pero e lecito dubitare che nelle diffamazioni del Muzio e nelle acouse dei propalatori, abbia avuto parte la vendetta piit che la verita; e la maligni la piu che 1’onesta e Io /elo della religione. Cosa dunque doveva allora risolversi a Roma? Ordinare un nuovo processo? Questo diveniva un motivo di scandalo piuttosto che di edilicazione; si richiesero al Muzio nuovi lumi, com’ egli medesimo confessa nella lettera 24 setlembre (Ver¬ geriane), e se ne vanta con la citta; e poi si preše finalmente il partito d’intimargli la partenza dal vescovato ; e questo dev’ esser accaduto in ottobre doli’arino 1548, perche il Muzio se ne rallegra col Grisoni dicendo: «La previsione di levar il Vergerio dalla rdita o s ta ta santissima; e questa lettera e del 2(5 ottobre. (Vergeriane). Io non so se debba mferitarsi 1’ attributo di santissima la violenza di scacciare dalla sua sede un vescovo senza che vi preceda una legale sentenza, e quelle Ibrmalita che sono indispensabili in un giudizio che decide della farna e della vita di un uomo costituito nella episcopale (lignita. Tre brevi furono seritti per opera di M r Elio ai 14 dicembre del 1548 al nunzio Bella Časa per far arrestare (piel vescovo, e man- darlo al legato di Romagna. Un quarto breve poi del 1 febbraro 1549 si spedi a M.r Annibale Grisoni commissario apostolico perche mandasse a Roma cio che aveva raccolto contro il vescovo. Qui si potrebbe ripetero che la sede apostolica sino al febbrajo non aveva ancora abbastanza p rove per sentenziare il Vergerio, se al Grisoni diede commissione di mandare quante notizie aveva raccolte contro di lui. E senza queste prove, šara sempre considerato un passo precipitato quello che si e fatto, scac- ciandolo dalla sua sede. Comunque sia, il Vergerio obhodi, e si ritiro a Padova, presago deli’ ultima sua rovina. Corse voce che il legato gli facesse insinuare di andare a Roma, allettandolo con proinesse; ma che fosse disuaso dal cardinale di Mantova, il quale era stato avvisato dal cardinale Farnese che ivi si aveva pessima intenzione contro di lui. Il legato adunque non potendo ottenere questo, lo fe’ citare alla časa episcopale in Capodistria, da dove poche settimane p rima egli stesso con un monitorio lo aveva CAPITOLO III. 127 discacciato; e mando a Padova poi per fermarlo: m a il Vergerio avvertito se ne allontano ritirandosi nella Valtellina, paese cattolico della diocesi di Como unita alle Leghe Grigie, ma dipendente dalle leggi, e sotto la protezione del governo di Milano, Partito, anzi scacciato dali’ Italia, Paolo III, nel concistoro dei 3 luglio 1549 lo sentenzio come apostata, e decaduto dalla dignita episcopale; e cosi di allora in poi si coinincio a perseguitarlo come eretico. Nella Valtellina fisso la sna principale dimora (a), e da la manteneva corri- spondenza con vari illustri personaggi. Da lettere 21 aprile 1550 a don Ferrante Gonzaga si esprime: «Oltre di questa impresa (la ricupera della Valtellina) potra esser Imeno alle cose appartenenti alla religione per 1’ amici-.ia ch’ io tengo con quei dotti di Lamagna, et qnando o per via di un concilio, o per altra si trattasse qualche accordo, et assettamento V. E. vedrebbe cio che saprei fare, (e si sottoserive) Vergerio vescovo di Capodistria.» 11 Tiraboschi dice bene, che aa questa lettera pare che al. principu* non dichiarasse la sna eresia, non ostante pero Roma lo aveva scacciato, ne lasciava di perseguitarlo. Nella Valtellina si trattenne vario tempo, e Id ritrova- vasi pure nel 1563. Da tutto cio si pu6 čonchiudere, che il Vergerio non sia stato mai positivamente convinto di 1‘alsa dottrina sul dogma; ed il Muzio stesso, grande persecutore di lui, per quanta diligenza facesse per dimostrarlo reo in qualche parte, non vi riusci, come egli lo confessa nella lettera 8 agosto 1518 diretta alle monache, dicendo che le cose e le op in ioni del vescovo in torno alla fede « non gli sono state .particolarmente espresse, » ed in altro luogo: « Io veggo molte piu cose da notare che da poter riprendere.» Insomma, siccome non v’ e proposizione che a varie e diverse interpretazioni atta non sia; cosi il Muzio avveleno ogni detto del sito vescovo, volendo a tutta torza clVegli fosse di quella setta, eh’ egli aveva detestato; e pure la malignita ottenne il trionfo. (*). Sino a questo punto si e potuto difendere il Vergerio, ma non si puo giustili- carlo in Germania. Cola incomincio a spargere le sue dottrine, e poscia scaglio le sue in votli ve. N. 11’ amid 1550 stampo dodici trattatelli diretti a far couoscere le perseciizioni alle quali 6 sottoposto chi sostiene la vera dottrina apostolica secondo lui, ed a prppria giustificazione dell ? essersi rifugiato in Germania. Sembra pero che dando slogo allo sdegno siasi per (pialche tempo contenuto anche in Lamagna dentro i confini della disciplina, prendendo di mira pero in eccesso di rabbia il sovrano dominio del papa sopra i vescovi e Sppra il concilio, e sfogando la sua vendetta contro i suoi nernici, e particolarmente contro M.r Della Časa; ma potrebbe dirsi eh’ egli avesse sin allora risparmiato il dogma, ne avesse aderito ancora apertamento alle dottrine di Lutero ; per la qual cosa dai Luterani non era ne stimato come teologo settario, ne amato come lor partigiano. Neli’ anno 1552 pubblico una Iiac- colta delie commisšioni, salvacondotti, bolle ecc. ed altro libro col titolo: Concilium (a) Ussondo nella,Valtellina si vide inciso il di lui ritratta, sotto di cui vi era 1’opigrafe seguente: pontificvm nvncivs, CHRiSTt i.egatus derisa dal Časa nell’ invettiva contro lo stesso e riportata dallo Scherlhornio noll’ apologia, nella quale lo chiama irifurcifer. (') Tra le earto del Santo Ufficio, dice il ]). c. Ferrai, si e anche trovata una lunga informazione che spiega luminosamente e con dati di fatto le ragioni deli' odio che aveano raosso alcuni del clero secolare o regolare di Capodistria a denigraro il loro vescovo. (E.) 128 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA non modo Tridentinum, sed omne papisticum perpetuo fugiendum esse omnibus piis: nel qual libro si osservano dieeiotto documenti risguardanti il giuramento dei vescovi al papa; il canone che non si debba serbar la fede agli eretici; il confronto dei saivacondotti, ai quali non devesi credere ecc. Diede motivo a questi libri 1’ affare seguito al concilio di Trento nel 1552 allorche si presentarono gl’ inviati deli’ elettore di Sassonia, e del duca di Wiirtemberg: dimandando essi per i teologi protestanti dei saivacondotti eguali a quelli dati dal concilio di Basilea, e dichiarando, che come era stato deciso nella sessione II. del concilio basilense, i vescovi dovessero anche in quello di Trento essere sciolti da ogni giuramento al papa; onde potere liberamente opinare e decidere come richiedevasi in un concilio libero ed ecumehico. Questo era il voto dei vescovi medesimi cola radunati, come e manifesto da documenti irrefragabili. 11 Vergerio sfogo lo sdegno suo contro il papa Paolo III, e contro la Corte di Roma, stampando nel 1555 in Basilea i tre sonetti del Petrarca contro Roma, e la stanza XVIII del Berni al canto XX deli’ Orlando. Il catalogo dei libri stampati dal Vergerio, fra gli altri, e portato dal Iiagle; il piu feroce dev’ essere stato contro Paolo III. Tale giudizio e confermato dalla Sloria di Benedetto Varclii, e dal Segni, nelle Storie Fiorentine. Contro monsignor Bella Časa non poteva pero fare maggiore vendetta quanto col pubblicare il capitolo del Forno, e il Catalogo de’ libri, i quali nuovamente nel mese di maggio deli’ anno preselite 1548 sono stati condannati per eretici da M. Giovanni Bella Časa di Venezia, e da alcuni frati. Questo libro e diretto a far conoscere gli abbagli preši o nel nome degli autori o nei tito.li dei libri, o nelle inaterie. Altro libro fece il Vergerio su tale argomento, cioe: Contra catalogum Joannis Bella Časa Sodomiae paironurn. Questa diffamazione irritd piu che altro il detto prelate. Bisogna pero quasi credere' che non avesse abbracciata subito la dottrina dei Luterani, perche il vescovo Stanislao Osio nella confutazione ali e note del Vergerio contro la bolla di Paolo IV si restringe, per quanto appare, a commemorare e riprovare tre sole proposizioni, cioe la sovranita del pontefice sopra i vescovi, il matrimonio dei preti, e la comunione sotto le dne specie; proposizioni che formavano allora 1’ argomento dei dibattimenti, e dalle quali dne ultime non fu lontano neppure qualche altro. Inoltre e certo ch’egli ebbe con teše coi Luterani, quanto coi Calvinisti, non potendo aderire, ne ammettere le loro dottrine. Altrettante contese ebbe con Celio secondo Curione, con Jacopo Andrea teologe di Tubinga e con altri: onde sempre piu si conferma che trattone lo spirito di vendetta contro il papa, e la necessith di dipendere, per vivere, dalla generosita dei principi protestanti, egli in qualche parte dissimulasse; ma non mai iilternamente abbracciasse le loro dottrine. Ma per gli eretici era troppo grande il vanto di aver fatto acquisto di un uorno cli’ era stato non molti anni prima, due volte nunzio del papa nella medesima Germania contro di essi; e pero sorpassando le di lui resistenze ad abbracciare la confessione di Ausburg, bastava ad essi ch’ egli impugnasse (come troppo accerbamente impugnava) la sovranita del papa sopra i vescovi, e le forme ed i metodi coi quali si esercitava; e quindi lo cele- bravano come del loro partito, e jo riponevano con orgoglio nel catalogo dei Riformati. Al contrario Roma lo aveva gia fulminato, e i suoi libri inasprivano sempre piu gli animi contro di lui prevenuti; e quindi tanto per una parte, che per 1’ altra si pro¬ damo riformato, eretico, luterano, e calvinista a vicenda, quand’ egli dentro di se, per quanto appare, forse non aveva ancora prešo aleun partito. CAPITOLO III. 129 Francesca cardinale di Turnon passando per gli Svizzeri nel ritornare in Francia, si abbatte in una locanda col Vergerio. Questi si fe’ conoscere: peror6 niolto per la sua disgrazia, protestu 1’ innocenza de’ suoi sentimenti, e con lagrime e con pregbiere lo scongiuro di cpndurlo seco in Francia. Cio e per confessione de’. suoi nemicL Un uomo che arrivo a far lan to. ed a .promettere tanto, sembra piu sfortunato che reo; e se anche in qualte parte avesse succhiato il veleno, non puo sentenziarsi per ostinato, per eretico, per briccone, e per infame, com’ e stato nominato da quegli uomini, i quali si vantarono di essere piu religiosi di lui; compassionevoli, amanti del prossimo, ricolmi di grazia celeste e di carita cristiana. Nel 1561 era di gii il Vergerio ai servigi del duca di Wiirtemberg, ed ebbe occasione in Saverne ed anco in Argentina di trattare lungamente con Zaccaria Delfino nunzio in Lamagna. Dobbiamo al Pallavieini le circostanze di un fatto tale, e da questo dovrebbe dedursi, che il Vergerio non altro sospirava che di far conoscere la sua innocenza, ne era d’ altro piu ansioso, che di ritornare nel seno della chiesa, mostrandosi passionalissimo di ricuperare la patria, incolpando della sua partenza dali’ Italia il legato Della Časa. Il nunzio lo tenne seco commensale, e s’ interesso efflcacemente per ottenergli la permissione di presentarsi al concilio (ove prometteva di portar seco luini e notizie importanti intorno agli affari dei Protestanti) nell’ac- compagnare, ch’ei fe’ le di lui lettere scritte a tal fine al cardinale di Mantova legato al concilio. Gentili pero furono gli uffizii del nunzio; mentre da Roma, che si voleva perderlo, gli si comando di dovere interrompere ogni corrispondenza con lui; e al cardinale di Mantova, il quale pure era d’ avviso, che si dovesse chiamare a Trento non solo il Vergerio ma anche lo Zanchio di Bergamo e lo Slurmio, fu seritto in modo clFegli s’ astenne d’ogni ulteriore discorso. Allora fu che il Vergerio s’e veduto affatto perduto per sempre, e che infie- rendo contro Roma, procuro di vendicarsene come pote. Accadde che il papa Giulio III sollecitasse gli Svizzeri cattolici ad intervenire al concilio. Il Vergerio cooperd efflcacemente, e serisse anche un libro con cui scopri le mire di ci6, ed il sistema del concilio; per il che nella dieta di Baden non solo gli Svizzeri non mandarono aleuno, ma i Grigioni richiamarono anche Tommaso Plauta vescovo di Coira, che , gid trovavasi a Trento. Nel 1557 per commissione di Cristoforo duca di Wurtemberg ando in figura di missionario in Austria, in Boemia, e forse anche nella Stiria e nella Carintia. Da lettera 4 decembre 1557 del re Massimiliano prima che fosse imperatore si rileva con quaiita clemenza fosse il Vergerio riguardato da quel sovrano, e si conferma il sospetto, ch’ egli spargesse dei libri atti ad insinuare il veleno di quella riforma, a cui si disse che Massimiliano stesso mostrava di avere non lieve inclinazione. Con quale aviditd si leggessero in quel tempo i libri del Vergerio lo dice il Bayle: Je suis sur qu’ en ce temps-la il se faitsoit peu de livres qui fussent lus avec plus d’ avidite, que les ecrits de Vergerio. Qual opinione avessero gli uomini dotti del Vergerio apparisce, che ih nunzio Delfino lo giudico una delle migliori teste che in Germania si trovassero: 1 ’Heinecio lo chiamo avvocato di chiarissima farna: il Cardinal Bembo lo riponeva nel novero degli uomini grandi e valorosi d’ allora, Andrea Divo, giustinopolitano, gli dedico la sua traduzione deli’ Illiade d’ Omero stampata in Venezia nel 1537: e gli dice cosi: 130 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Te vero Vergeri clarissime, cujus semper et probitatem, el eruditionem maxime sum admiratus, unum ex omnibus delegi, a cui dedicare 1’ llliade. A. Paleario gli dedico il libro: De immortalitate animarum, e dice che al re Ferdinando era ob virtutem gratissimus, et propterea etiam gratiosus. II Magliabeechi dice, «che fu grandissima disgrazia (del Časa) aver per nemico Pietro Paolo Vergerio uomo di grande stima si per le lettere, come per altri capi: e tralasciando tanti altri che con grandi encomi sempre ne parlarono. (*) Conchiude pertanto il Carli che nel 1563 il Vergerio stipendiato e protetto dal duca di Wurtemberg stampo in Tubinga in un grosso torno in 4.° tutte le sue opere divenute rarissime. Cosi piu per necessitti e per principii divenuto nemico della corte di Roma, e non mai sincero amico dei Luterani, 1’ intiera dottrina de’ quali forse non abbraccio giammai, ai 4 di ottobre del 1565 fini il corso de’ suoi giorni, e delle sue peripezie (a). Il cadavere di lui fu seppellito in detta citta di Tubinga nella chiesa di S. Georgiano, e gli fu pošto il seguente epitafio, pubblicato da Daniele Gerdes : Hac ego tum Petrus Paulus cognomina gaudens Vergerii sancta contumulatus humo, Qui Justinopoli dicebar episcopus olim, Legatus fueram regna per ampla papae: Attamen abjecto, mundus quem quaerit honorem, Cum vera, amplexus sum, pietate fidem. Sic volui potius exul in orbe vagari, Quam Praesul patriis impius esse locis. Petrus eram primo, quia te bone Christe negabam, Petrus eram pascens post tihi, Christe, gregem, Paulus eram, quia te contra, bone Cliriste, fremebam; Paulus eram pro te, Christe, ferendo crucem, Vergerius merilo vergens ducebar ad orcum, Vergerius vergens dicar ad astra poli; Quisquis es, in meritum Christi qui fidis, ad urnam Accedens nostram, talia vota feras; Vergeri Vs fVerat qVI CLarVs epIscopVs oLIM EX IVstlnopoLI VIVat In arCe poLl. (') Ai giorni nostri un valente o notissimo scrittore istriano pili volte ricordato in queste note che studih con affetto la vita avventurosa deli’ infelice e grande prelato capodistriano, finiva un suo scritto con queste memorabili parole: «11 nome del Vergerio e assai piu simpatico di quello del Muzio, perche di un uomo onesto e di rette intenzioni; perche oggi, cessate le ire e le funeste guerre religiose, la storia domanda ali’ uno e ali' altro conto non della fede, ma delle opere, e giudica 1’ uomo. Percih inconsulta ritengo ogni onorificenza al Vergerio quale protestante; e contraria ai tempi e ai veri inte- ressi morali e civili ogni agitazione nel nome di lui, tentata per interessi religiosi cosi in un eampo come nell’ altro. Amiamo e perdoniamo, e ripetiamo col poeta antico : Veniam damus, petimusque vicissim, e col moderno: tutti errammo : sono questi i soli mezzi per ottenere un giorno la sospirata unita.» P. Tedeschi nella «Provincia deli’ Istria,» n. 24, 1885. (E.) (a) Il cancelliere deli’ accademia di Tubinga Giacomo di Andrea nel detto giorno 4 di ottobre gli fece 1’ orazione funebre, e pose T epitafio per ordine del duca. Schethern Apol. p. 25. CAPITOLO III. 131 Nelle guerre della Germania arrivati a Tubinga alcuni zelanti distrussero il deposito del Vergerio, ma neH’anno 1672 a spese del duca di Wiirtemberg fu ristaurato. Una di lui vigna presso la citta di Tubinga conserva ancora il di lui nome, e si cinama Vigna Vergerio, Gosi chiude il Carli, il T. XV delle opere scrivendo al marchese Girolamo Gravisi da Milano in data 26 ottobre 1785 (a). Le quali cose io ho qui riferite, perche si vegga nella Biografia del Vergerio, cio che scrisse il Carli. Ma certamente ne il Carli ne alcun altro puo mai avere avuto intenzione di volerlo giustificare deli’ apostasia, alla quale per niun inotivo doveva mai gettarsi quel vescovo. Imperciocche P. P. Vergerio manifeste piu ingegno di mente che fermezza d’animo e con la sua caduta diede la vittoria a’suoi nemici. I quali, se egli avesse durato nelle buone dottrine, sarebbero stati tacciati di maligni, ma ora possono venire acclamati quai previdenti. L’esempio terribile del Vergerio prova nuovamente che non basta la virtu della mente, senza la modestia dello spirito, e come tale si deplora la mina di un uomo la cui farna si alzo splendida e miseramente tramonto. OPERE Dl PIETRO PAOLO VERGERIO il Juniore prima che fosse deposto dali’ episcopato 1 1522 La prima produzione data alle stampe e un’ orazione fatta il di 1 maggio 1522 intorno le vicende dello studio delle leggi con questo titulo: P. P. Vergerii juslinopolilani junioris juriš civilis scolastici .... acta in am- plissimis jurisconsultorum scholis kal. maii 1522, stainpata in Venezia nel 1523 da Bernardo Vitali. (Carli). ('). 2 1523 Praelectio juriš civilis scholastici. Venetiis, Bernardinus de Vitalibus in 4.° (a) Il ritratto di Pietro Paolo Vergerio e tratto dali’opera di Giacomo Werheidenio: Imagines et elogia praestantium aliquot theologorum; di cui si fecero piu edizioni, la scconda delle quali fu nel 1725 in foglio, all’Aja (Hagae Comilum). In questa edizione pagina 110 sotto il ritratto vi ha questo epigramma: Hic est VERGERIVS, Roma qui missus ab urhe Germanos inter Pontificem celebrat. Tandem Lutherum lauddt Christigue ministros; Atque Antichristum pontificem esse probat, (') L'orazione o prelezione fu trovata da L. A. Ferrai in un raro opuscoletto dello stesso Vergerio tra le raiscellanee della Marciana. Il titolo e: P. P. Vergerio Justinopolitani ‘inris civilis scholastici\ praelectio. A tergo deli’ ultima pagina: Venetiis in aedibus |Bernardini Veneti de Vitalibus| anno salutis MDXXII1 JDie vero XXII Juniij ineljto Androa Gritti principe. Piu sotto: Acta Patavii in amplissimis iurisconsultorum scholis kal. maii MDXXII. (E.) 132 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA 3 1526 Vergerius P. P. junior. De republica veneta, liber primus. Tusculani. Pa- ganinus in 4.° Quest’ opera esiste nella biblioteca Sammarciana in Yenezia. 4 1528 Orazione ledina data da Mu rano le calende di maržo 1528, e fatta stampare da Aurelio sno fratello, colla qnale a nome dei giureconsulti si celebra la esaltazione a cardinale di Marino Grimani patriarca di Aquileja. Cicogna E. Delle Iscriz. Venez. T. I. p. 172 Venezia 1824 stampe Picotti. ( l ). 5 1529 Tre libri volgari, non stampati, mandati al re di Francia contro Lutero. (Carli). 6 1540 Un libro che tratta dei vescovi, non stampato. (Carli). 7 1541 Oratio de unitate, et pace Ecclesiae ad oratores, et theologos principum, et staluum Germaniae, qui Vormaiiae convenerunt anno 1541. In questa tratta delTunita della cliiesa, e deli’ inutilita di un concilio generale; esiste originale nell’ archivio di Roma, e Tu stampata in Venezia nel 1542. 8 1543 Dieci dialoghi, non stampati, diretti a Scipione Costanzo con lettera 31 gennajo 1543, i quali versano intorno alle questioni, ed alle opinioni d’allora. (Carli). 9 1546 Pastorale a’ suoi diocesani pubblicata ai 15 di agosto del 1546, con cui rende conto della sua difesa fatta alle calunnie imputategli nel processo istituito contro di lm da M. (Hovanni della Časa nunzio in Venezia e vi pone le sne risposte ad ogni articolo di accusa. (Carli). 10-Altra opera accennata da Apostole Ženo (Leti. T. IH p. 171 di 31 agosto in data di Vienna del 1720 diretta a suo fratello padre Pier’ Caterino som- inasco sotto il n. 516 ediz. veneta 1785 in cui gli da consiglio degli autori da inserirsi nella collezione Rerurn Venetarum seriptores da stamparsi), dice 10 Ženo: il Panegirico rarissimo di Venezia seritto da Pietro Paolo Vergerio, 11 giovane, avanti la sua apostasia. _— ~~v CVO -, N S OPERE DELLO STESSO VERGERIO dopo che fu deposto dali’episcopato Tutte queste opere sono senza data, luogo di stampa, e di stampatore. La data pero riesce incerta. Si porra quella segnata da Francesco Haym romano, dal quale si e tratto questo catalogo, nella di lui Biblioteca Italiana, Milano 1771, per Giu¬ seppe Galeazzi. Verra in qualche luogo corretto T anno coli’ autoritd del Carli. (’) Dal Ferrai nell’o. c. si riporta una lettera latina di Aurelio Vergerio che sorvc di prefazione a questo seritto. (E.) CAPITOLO III. 133 1 1550 Dodiči trattatelli, in 8.° Basilea. Carli, Haym. 2 - Le otto difensioni del Vergerio vescovo di Capodistria, ovvero Trattato delle superstizioni d’ Italia, e della grande ignoranza dei sacerdoti, ministri e frati, Basilea. Haym. 3 1552 Operetta nuova di Pietro Paolo Vergerio, nella quale si dimostrano le vere ragioni, che hanno mosso i pontefici romani ad istituire le belle cerimonie della settimana santa, (senza luogo, e stampatore) in 12.° Haym. 4 - Delle commissioni, e facultd di Papa Giulio lil (senza luogo e stampatore) in 8. n Carli, Haym. 5 1554 Catalogo di Arcimbaldo arcivescovo di Milano, ove egli condanna e difama per eretici la maggior parte dei figliuoli di Dio, e membri di Cristo, i quali nei loro scritti cercano la riformazione della chiesa cristiana, di P. Vergerio (senza luogo e stampatore) in 8.° raro assai. Haym. 6 - Della camera e slatua della Madonna chiamata di Loreto (senza luogo e stampatore) in 8.° Haym. 7 1555 Che cosa siano le XXX Messe chiamate di S. Gregorio, e quando prima incominciassero ad usarsi (senza luogo e stampatore) in 8.° Haym. 8 1555 Giudizio del medesimo Vergerio sopra le Mtere di XIII Domini Mustri pubblicale da Dionigi Alanagi (senza luogo e stampatore) in 8.° Haym. 9 1558 Istoria di Papa Giovanni VIII, che fu femmina, (senza luogo e stampa¬ tore) in 8.° IIaym. 10 - Ritrattazione del medesimo Vergerio (senza luogo e stamp.) in 8.° Haym. 11 1559 P. Vergerio agli inguisitori, che sono per V Italia, dal catalogo dei libri eretici stampato in Roma nell’ anno 1559 (senza nota di stampa) in 8.° Ilagm. 12 1559 Risposta agli studiosi delle buone arti, che sono in Germania (senza luogo e stampatore) in 8.° Ilagm. 13 1560 P. Vergerio. In che modo si porlino nel tempo di morire guei che riten- gono V obbedienza della sedia romana, ed in che modo guei che luterani, ovvero eretici si chiamano, con la confessione della fede d’ un servo di Gesu Cristo (senza luogo e stampatore) in 8.° IIaym. 14 - II Vergerio a Papa Giulio III, che ha approvato im libro del Muzio in- titolato: Le Vergeriane (senza nota di stampa) in 12. Ilagm. 15 1562 Della declinazione, che ha fatlo il papato solamente da undici anni, del medesimo Vergerio (senza luogo e stampatore) in 8.° Ilaym. E dice, che «tutte queste opere del Vergerio furono scritte da lui dopo eh’ ebbe rinun- ziato al vescovato, ed alla religione cattolica romana; al qual Vergerio ed Occhino rispose il Muzio con i trattati di gia riferiti.» II vescovo di Feltre Ženo, nella vita di Carlo Ženo (Rerum Ital Script. T. XIX p. 364) ci dh notizia di un’ altra opera del Vergerio, omessa dal Ilagm cioe: 16 1556 Colle stampe di Tubinga: Liber, seritto in italiano: De ordine eligendi ponli/icis, ct ratio de ordinalione, et consecralione ejusdem. Anche questa lettera del padre Domenico Maria Pellegrini di Capodistria (Stanc. Biog. n. 261) potra servire agli studiosi su quanto ricercasi ancora intorno alla vita e agli scritti del vescovo P. P. Vergerio: 134 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA Preg iatissimo signore. M’e finalmente arrivata risposta da Zurigo, della quale non lascio di renderla prontamente partecipe. Le Lettere del Vergerio, chesaranno publicate nella Raccolta, la quale verra alla luce negli Svizzeri, sono del tempo che il medesimo fu in lnghil- terra (come mi risponde 1’ amico) e in Germania. II contenuto poi delle medesime e de’ fatti suoi e delle cose che interessano la sna vita n el tempo che fu in Germania. Piti di cosl, rispetto a questa lettera, non mi scrive. Mi persuado che per le notizie spettanti il Vergerio stesso, saranno di considerazione; ma il male si e per noi che non si possono av.ere se non col provvedersi della Raccolta stessa in cui entrano. Molte notizie vengo pure avvertito trovarsi in un’opera da po-hi anni stampata in Coira con questo titolo: Historia Ke/ormaiionis Rheticae di un certo Pianta: Per ora basta avere notizia di quell’ opera, o per megiio dire convien conten- tarsi della notizia della medesima, perche temo che sarb difficile trovarla qux in Venezia. Della Raccolta poi delle opere del medesimo mi risponde che tutte in una Raccolta non furono mai stampate. Di cio non mi adduce ragione; mi da indizio soltanto d’ un’ opera in foglio fatta stampare a Tubinga dal Vergerio l’an. 1865, o 1566; se fosse vera questa seconda data, converrebbe dire essersi cominciata 1’ edizione lui vivente, ma non essersi compita se non dopo la sua morte, succeduta 1’ an. 1565 li 4 ottobre. Ella e questa: De emendalione Ecclesiae ad Eduardum VI lteg. Angl. con una Prefazione e con sne aggiunte. Indi passa a ser ivermi di aleune opere del medesimo che si ritrovano in Ziydgo, fra le quali i Dodiči trattateili fatti poco prima del suo partir dali’ Italia, in 8.°, 1560, che il Niceron, n. 28 ali’ articolo del Vergerio (lice piii rari delle altre opere e stampati in Basilea negli anni 1549 e 1550; per conseguenza cominciati a stamparsi, (se vera e questa piii specificata notizia del luogo e dell’anno), 1’anno stesso della partenza del Vergerio dali’Italia; com’Ella 1’ assegna nella sua ultiina lettera, coerenteinente a quanto lo Ženo corresse a penna nella sua opera, dove del Vergerio aveva seritto. Se delle opere adunque che m’ o stalo risposto tro¬ varsi in Zurigo Ella vuole che ordini ali’ amico la compera (giacche la Raccolta intiera o non si trova o non fu mai fatta) me ne dia cenno; clie lo faro con tutta prontezza. Spezialmente crederei dover molto interessiare 1’opuscolo, Orazione e difesa al duce e alla Republica di Venetia, 8vo, 1551, in cui difendendosi deve produrre molte cose spettanti alla sua vita. Ella forse si šara maravigliata che io m ostri di dubitare della Raccolta di tutte le opere del Vergerio, dopo averla supposta anch’ io finora esistente e come tale cercata. Ora fortemente ne dubito, ed eccone le ragioni: La sola risposta deli’amico di Zurigo non avrebbe in me prodotto un dubbio positivo; ma un diligente esame degli autori che (inora me 1’ aveano fatta supporre, mi fauno quasi tenere per certo che siamo stati irisieme in errore o per dir megiio gettati in errore dai medesimi. Neli’opera stampata in Lipsia nel 1742 con questo titolo: Lexicon Librar. Georgii si cita la coniroversa Raccolta cosi: V er g er ii (Petri Pauli) Opera omnia, Tubingae, 1563, fol. — Ma quest’ opera non e di molto credito. E di fatti su questo nostro stesso autore erra attribuendogli un’ opera del Vecchio Vergerio. Il Bayle nel suo Dizionario (ediz, d’ Amster. 1736) V. Verg. Remarq. F. dice in vero apertamente: Il fit faire une edition de ses Auvres a Tubinge Pan. 1563; ma sulla testimonianza soltanto del Sekendorf che cita in margine cosl: Elle est in quarto. CAPITOLO III. 135 Voiez Sekendorf, Hist. Luth. v. 3, p. 601, col. 2. Non s’ accorda poi col Georgi che la cita in folio. Piii ancora L. in fonte il Sekendorf al luogo citato, ed ecco come scrive: scripta Vergerii .... inveniuntur. Ex to. I. Tubingae an. 1563, in 4.° haec notavi ete. non dice che fos.se im’ edizione completa delle opere de) Vergerio, anzi dal confronto delle opere clie in quel toino dice di aver notato, conobbi apertamente essere il medesimo che dal Niceron t. 28 parlando del Vergerio si cita con questo titolo piu ristretto: Primus tomus Operum Vergerii adversus Papatum — Tubingae an. 1563, feuille 401 .... soggiungendo dopo poche parole: Il n’a point . . d’autre volume. L’ asserzione dunque del Bajde, benche chiara e precisa, ben esarninata si trova eimonea. Il Georgi, oltrecclre non e scrittore molto accreditato e che aperta- tamente cade in errore rispetto a questo stesso autore, attribuendogli un’ opera del Veccliio Vergerio: De ratione sludiorum; olti*e a cio, dico, non si accorda cogli altri scrittori dicendo questa Raccolta in fol. E poiclre non dice in quali torni (come suole delle altre opere in piu torni) ella sia; la suppone in un torno solo; cosa non credibile delle opere tutte del Vergerio, coni’ ella ben vede. Io adunque, quando altri argomenti non vi sieno che gli ora da me (se non erro) disciolti abbastanza, mi persuado, che cercando le opere del Vergerio in eorpo, siamo corsi dietro ad un’ombra nera, a una cosa non esistente; ne mi meravigliero piu che con tutte le diligenze usate il supposto corpo non siasi mai trovato ne in Germania ne nella n ostra Italia; anzi anclie cio aggiungera peso ai miei argomenti. O quanto mi dispiace clr’ ella abbia ceduto altrui le notizie specialmente, come mi scrive, del Veccliio Vergerio da lei gia raccolte e preparate. Il genio delle cose patrie in me cresce di giorno in giorno. Mi dispiace che quelle rnemorie si debbano computare come perdute. Le rnemorie dei due Vergerio e del Muzio (quando non debba applicarmi ad altro 0 che venga spinto, il che in altre occasione le spieghero) .forse saranno le mie prime applicazioni agli studii della patria. E ora tengo un catalogo di scrittori che parlano del Vergerio il giovine, che ali’ occasione vado accrescendo . . . Lessi la dediča del nostro Padre Albertini alla patria sua, Parenzo, della Prammatica da lui stampata. Vidi con piacere che ha bevuto a rnigliori fonti di mons. Stratico . (Dai Mss. ined. di G. Gravisi Capodistria, cfr. Pellegrini lett. 0. a (E.) Il Vergerio scrisse ancora altri opuscoli non ricordati qui dallo Stancovich, tra 1 quali: 1 1550 Epistolae VI et Apologia in Fr. Spirae causam — Basilea. A conforto di Francesco Spiera da Cittadella, che dopo avere abiurato le nuove dottrine divenne per le sue pazzie la favola di tutta Italia. Questa apologia e quella stessa che ricompare nell’ altra scrittura s. 1. n. a. intitolata: Francisci Spirae qni quod susceptam m ml Evangelicae veritatis pro- /essionem dbnegasset damnassetgue in liorrendam inculit disperationem historia, cum exc. vir. praefationibus Caelii Secundi C. et Jo. Calvini , et P. P. Vergerii Apologia, in quibus multa koc tempore scitu digna gravis- shna tractantur. 2 -Un nuovo opuscolo in volgare stampato dopo il 1551, che pure contiene la narrazione del fatto dello Spiera. S’intitola; La historia di M. Francesco 136 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Spiera il quale per havere in varii modi negata la conoscente verild del- V Evangelio cascb in ima misera disperatione. Piu sotto: «Quanto questo esempio sia in questi tempi utile et necessario ogni pio e prudente uomo potna considerare. Meglio sarebbe stato non havei' intesa la via della veritž,, che dopo la cognitione ritirarsi indrieto da quello che gli e inse- gnato dalla santa parola di Dio. Pietro nella 2.a Epist. al 2. cap.» Questa scrittura, la quale nulla ha che fare con 1’ apologia suaccennata, consta di lettere oltre la pi^efazione. (Ferrai o. c.). II Ferrai rintraccio nella ricca colezione di opere di polemica religiosa che il conte Luigi Guicciardini ha donato alJa Biblioteka nazionale di Firenze un opuscolo di P. P. Vergerio, oggi rarissimo, dal titolo: Epistolae duae duorum amicorurn ex guibus vana flagitiosague ponti/icum Pauli III et Julii III el cardinalis Poli et Stephani Gardineri pseudo-episcopi Unvito- niensis Angeli 'eorurngue adulatorum sestatorumgue ratio potest inlelligi. In esso opuscolo il Vergerio nega di aver scritto una vita di Paolo III che gli veniva attribuita da suoi nemici, ma che il cardinale Alessandro Farnese mostra di ritenere autore 1’ Occhini V. Della supposta calunnia del Vergerio contro il duca di Castro di L. A. Ferrai, nell’ Archivio stoi'. per Tr. 1’ Istr. ed il Trent. vol. I. fasc. 3 1882, Roma ecc. 1883. 1551 In volgare. Orazioni e difese al duce e alla repubblica di Venetia. Lett. medita di D. M. Maria Pellegrini, 13 genn. 1781. Mss. Gravisi. Dopo il 1565 De emendatione Ecclesiae ud Eduardum VI Reg. Angl.ic. con sua prefazione e sue aggiunte. Lett. citata. Mss. Gravisi. (E.) AUTORI CHE SCRISSERO INTORNO AL VESCOVO P. P. VERGERIO G. De Leva nella Storia documentata di Carlo V. E. Comba nella Iiivista evangelica. Dello stesso si ha pure 1’ opuscolo Baklo Lupetina, martire della religione e della libertd. C. Cantu. 11 vescovo Vergerio di Gapodistria. Letture di famiglia, ann. X, punt. VI. Trieste, 1861. D. Manzoni. L’ Unione, cron. cap. an. II, n. 4. Capodistria, tip. Appolonio e Caprin, 1875. G. Strafforello ed E. Tre ves. Dizionario universale- ecc. Milano, fr. Treves, 1878. C. De Franceschi. Istria. Note storiche, nel capitolo intitolato: Misure adottale in Istria contro il protestantismo. L. A. Ferrai II processo di P. P. Vergerio nell’ Archivio storico italiano. T. XV, disp. 2, 1885. — Firenze, Vieusseux. Il Saggio di Bibliogra/ia istriana registra sessantacinque scrittori che trattarono del Vergerio, tra cui Goina,Divo, Muzio, Carli, Stancovich (istriani); Pallavicino, Della Časa, Bembo, Sarpi, Facciolati, Calogera, Tiraboschi, Faber, Enders, Regenvolscius, Arnold, David, Bayle, Schelhorn, Weiss, Sattler, Verheiden, Sekendorf, Raynald, Simler, Sixt, Findel ecc. ecc, —■ (E.) CAPITOLO III. 137 148. — CARLI Domenico vescovo di Zante e Cefalonia, secondo il Waddingo nell ! anno 1550. Egli fu deli’ ordine serafico dei Minori Conventuali della provincia di S. Antonio, e del convento diJS. Maria Gloriosa, ossia dei Frari di Venezia. II Waddingo non indica la di lui patria, come neppure il Corner (Ecclesiae Venetae, VI ossia Decade nona e decima). Per essere 1’ Istria compresa nella provincia di S. Anion io, ed essendo la famiglia Carli illustre e patrizia di Capodistria; ed avendo dati varii distinti soggetti, dei quali si parla nella presente Biografia, ho giudicato che possa essere della fami¬ glia stessa, e quindi istriano. 149. — PERCICO Pietro da Portole fu vescovo di Socovia, come dice il Manzioli nella Descrizione Dell’ Istria. 150. — BARBABIANCA Matteo da Capodistria, di nobile ed antica famiglia di quella citta. Giovine passo a Roma, ove fu ben accetto ai porporati Farnese, Savelli e Gambarcr, poscia dal pontefice Pio V fu eletto al vescovato di Pola nel 1566, ove dopo aver governata quella diocesi per 16 anni con zelo pastorale, prešo da febbre ardente, cesso di vivere nel J582 in quella citta, come dali’ epigrafe posta sul di lui sepolcro in quella cattedrale ('). (Naldini). 151. — RAPICIO Andrea, dottore in ambe le leggi, vescovo di Trieste sua patria, di una nobile famiglia di quella citta, detta anclie Ravizza e Ravizzia, dalla quale sortirono piu uomini illustri in armi e dignitA, contandosi altri due vescovi col nome di Enrico: V uno del 1200 e 1’altro del 1300 come si legge a pag. 88. ( 2 ). Andrea nella sua prima gioventii studio la lingua latina, 1’ u man it A, e la poesia in Capodistria, ed ebbe a precettore Ambrogio Febeo da Pirano, condotto pubblico professore di belle lettere in quella cittA nel 1520 per la morte del Palladio Fosco. Il Rapicio nel suo poema Istria (ed. di Pavia,) con tenera riconoscenza rammenta le doti del Febeo, 1’educazione ricevuta, e dolente ne piange la morte, la quale, conPegli dice, rattrist'6 tutta 1’ Istria, su di che si osservi 1’ articolo Febeo. Passo in Padova (1) Una lapide del vescovo Barbabianca e conservata dali’ attuale famiglia Gravisi Barbabianca in Capodistria. La leggenda dice: MATTHAEVS ‘ BARBABIANCA IVSTINOPOLITANVS ' I • V ' D. EPISCOPVS POLENSIS REI.IGIONIS IVSTITIAE ET CARITATIS LAIIDE AD. SVMMAM LAVDEM INSIGNIS PASTOR IVDEX ET PATER NEMINI NONDVM VIVERET CARISSIMVS POST MORTEM EXOPTATISSIMVS VIX. ANN. I,. DIES III. IN. EPISC. XVII OBIIT. III. NON. NOV. MDLXXXII. Da questa leggenda si rilova che il vescovo Barbabianca e nato nel 1532, e che fu vescovo per anni 17 non 16. (E.) ( 2 ) Il Rapicio nacque in Trieste il 2 decembre 1533, e mori di veleno in patria il 31 dicembre 1573. — Vedi 1’articolo pubblicato nell’Osser. Triest. n. 93 del 1844: Del vescovo di Trieste Andrea Rapicio, seritto da L. de lenner. Altre notizie di questo vescovo si trovano nei Documenti di lui stesso, pubblicati a Trieste, tip. Lloyd, 1862, (E.) 138 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA allo studio delle leggi, ed ivi ottenne la laurea in ambidue i diritti. Nel 1556 lo vediamo a Vienna, ne si scorge con altro titulo, se non con quello di giureconsulto nella dediča deli’ indicato poema a Sigismunda Herberstein prefetto del regio fisco (a). In qual epoca ottenesse distinti impieghi a corte io lo ignoro. Da varii documenti originali, esistenti presso il signor Alvisio, ultimo superstite di quella famiglia, da gran tempo traslocata in Pisino, troviamo alcune notizie di lui. Dalla lettera (copia autentica) deli’ imperator Ferdinando I datata 17 maržo 1563 da Innsbruk, diretta. Honorabili docto .... Andreae Rapitio jur. utr. doctori, noslro consiliario et secre- tario apparisce che in detto arino era gia segretario di Cesar e, ed era stato peranco commissario in Friuli, perche quel principe ne loda 1’ operato: in arduo ac difficili illo negotio explicando, quod nobis nune est cum Ill.mo Dominio Venelo de finibus Fori Julii, deque rebus aliis maximi momenti, ed in quanta estimazione fosse tenuta dali’ imperatore la di lui dottrina lo dimostrano le seguenti espressioni contenute in detta lettera: Cum igitur tu praefate doetor Andreas Kapici in omni litterarum genere, et praesertim in juriš scientia ita versatus sis, ut eruditionem tuam doctis- simus quisque magnis laudibus extollat, scuscipiat, et admiretur; percio viene di- chiarato motu proprio, e con oriorifici detti in perpetuo consigliere aulico cogli onori tutti e prerogative a tal carica annessi. Debbo credere, che dopo la morte di M. Gio. Battista seguita ai 4 di aprile deli’an n o 1565, come da attestato (originale) del canonico Vincenzo Scussa, sia stato eletto vescovo di Trieste il nostro Rapicio, perche si ritrova in Aquileja qual com¬ missario per 1’ arciduca Cario d’ Austria, in unione al luogotenente di Gorizia Vido JDorumbergs, alla pubblicazione del concilio di Trento, e cio apparisce da certificato (originale) di Giacomo Maracno vicario generale nello spirituale e temporale del patriarca di Aquileja Giovanni Grimani, seritto in Udine ai 20 di maggio 1570, e dice: attestatur gualiter R. D. Andreas Rapitius episcopus et comes tergestinus, fuit in civitate Aguilejae pro Ser. m0 principe Carolo archiducae Austriae uti com- missarius in publicatione sacrosA concilii Tridentini anno 1565, incipiens die 13 novembris usque a,d diem 20 ejusdem, una cum cl. et ill. I). Vitto Dorumbergs tune loc. ill. comilalus Goritiae, et quod ecclesia tergestina est metropolitana lege subjecta ecclesiae Aguilejensi. Ch’ egli intorno a questo tempo fosse eletto vescovo non solo si riscontra, ma dippiii ancora che non essendo per anco preconizzato, ne avendo ricevute le bolle pontificie, ne consecrato, ne prešo possesso, pure esercitava la giurisdizione vescovile in quella citta e diocesi. L’ arciduca Cario, di cui era con¬ sigliere, gli serive a Trieste con lettera (originale) datata in Castris nostris apud vadum Malinzgi vocatum positis, del giorno 5 settembre 1566, avente la mansione venerabili fideli nobis dileeto Andreae episcopo tergestina consiliario nostro, e ri- sponde al vescovo, il quale gli aveva comunicato esservi in Trieste persone che dis— seminavano velenose eresie, vivevano con iscandalo dei buoni, favorivano combricole (a) Il dott. Pietro Knndler editore del poema colla stampa di Pavia dice nella prefazione, che questo poemetto fu stampato in Vienna nel 1546. Il dottore Matteo Ceruti di lui avo riporta la stessa epoca nella traduzione italiana. La dediča per-6 deli’ anno 1556 dimostra T errore della stampa, montre la dediča e posteriore di dieci anni, cosa che non pu6 aver luogo, quindi la stampa e la dediča saranno seguite nel 1556, CAPITOLO III. 139 e radunan.ee, nelle quali si trattava empiamente delle dottrine cristiane, e percid 1’ arciduca gli ordina d’ indicargli le persone e le loro dottrine, onde maturamente prendere le opportune risoluzioni. Vincenzo Calto vicentino serive al nostro vescovo a Trieste una lettera latina (originale) colla mansione italiana, al R.mo vescovo di Trieste Andrea Rapicio-Trieste; segnata da Pratalea negi’ iddi di aprile 1567 colla ejuale risponde al nostro Rapicio di aver ricevute sue lettere, ed aver per mano un’ opera sopra le acque di Abano, ed i Colli Euganei, la quale, compita che sia, T assoggettera al di lui fine ed erudito giudizio, aggiungendo di attribuire alle molteplici di lui curo il non aver ricevuta risposta alle lettere indirizzategli in Germania, dicendo quoniam antehac in aulicis negotiis fueris occupatus, guando Ferd. Imp. a secretis eras, nune vero cum epi- scopus patriae tuae divino consilio creatus sis, et ad lionestandam kane dignitatem plurima sane adjumenta virtutis, probitatis, ingenii attuleris, vix tihi tempus ad hujusmodi seriptiones suppelere arbitrov: e chiude inviandogli due epigrammi latini in morte di due suoi čari amici, T uno certo Gualdo elegante poeta toscano, dei prirnarii nobili di Vicenza, e 1’ altro il precettore Antonio Fracanziano, del quale dice, clie avra sempre čara memoria, dandogli con questi epigrammi un testimonio di non avere ancora tralasciata di coltivare la poesia. Neli’ anno stesso 1556 il vescovo Rapicio fu incaricato dali’ arciduca Carlo a definire certa contesa insorta per un canonicato di Aquileja, per cui da S. Carlo Borromeo gli fu seritta 1’ annessa lettera commendatizia datata Milano 5 maggio 1566, la quale si conserva religiosamente compiegata, con grazioso contorno in un quadro nella časa Rapicio in Pisino. LETTERA DI S. CARLO BORROMEO al vescovo triestino Andrea Rapicio Al Molto Reverend. S. re come fratello Monsignor Vescovo di Trieste. Molto Reveren. S. r0 come Frello. Sono molti mesi, che essendo vacato un cano¬ nicato di Aquileia per morte di m. Hieronimo Frangipane da Castello, io ottenni dal papa mio zio di santa memoria che, per essere vacato nel mese di sua S. si con- ferisse al conte Barth. di Portia, il quale conoscevo molto degno di questo, et di maggior grado. Et serissi in quel tempo al cardinale Delfino, ch’ era nunzio a sua M. Cesarea, che in nome di N. S. ed mio ne dovesse ricercare al Serenis. Arciduca Ferdinando il possesso temporale per il conte. Ed il nunzio poi mi reserisse, che sua altezza si contentava di concederglielo. Ma perche il conte quasi subito si risolse di cedere il canonicato a m. Fulvio Frello del canonico morto, non si curo di pigliare il possesso, con dissegno, che si transferisse in lui questa grazia insieme col canonicato. Nondimeno ho inteso, che in questo mezzo vi si intruse un Fromontino, ed ora, che il Frangipane ha espedito le sue bolle, ed tolto il possesso spirituale dal patriarca, s’ h mosso senza aleuna raggione a fargli contrasto. Di che ho sentito gran dispiacere, pa- rendomi, che se N. S. a miei prieghi haveva conferito questo benefizio al conte, ed esso Thaveva ceduto a m. Fulvio, che n’e molto meritevole, per quanto io ne sono infonnato, 12 140 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA non ne dovesse esser ritardata, non che impedita la esecuzione, massimamente essendoci concorso il consenso del serenissimo Arciduca. Piacemi bene, che questa causa; come ho presentito, sia stata rimessa al giudizio di V. S. la quale come sap rž, conoscere le ragioni di m. Fulvio, cosi čredo, che vorra torx’e la sna protezione contra di chi lo cerca molestare indebitamente. Ed la prego di cuore a voler abbracciar la espedi- zione di questo negozio con quella affezzione ed prontezza, che io userei in favorire, ed aiutare in ogni onore, ed commodo di V. S. ed mettere m. Fulvio in possesso pacifico. Che oltra che fara quello, che s’ aspetta dalla bonta, ed giustizia sua, che e conforme alla promessa del serenissimo Arciduca, io reputero, che questo piacere sia pošto nella mia propria persona, ed ne terro con lei particolar conto, ed obbligazione non lasciando nelle occorrenze di mostrarle la mia gratitudine. Ed a V. S. mi rac- comando di tutto cuore. Di Milano a v. di maggio mdi,xvi. Di V. S. M. Rev. Come fratello II Card. Ilorromeo. Che il nostro Rapicio avesse esercitato la giurisdizione vescovile in Trieste nel 1566 dice anche il Mainati nelle Cronache di averne trovato memorie in quel capitolo. Dobbiamo credere che fosse nato colla corte di Roma qualche dissapore per questa nomina, e che percio fosse stata ritardata la conferma ed istituizione pontificia, mentre traspira dalla bolla stessa, che il diritto di elezione si fosse pretesa dalla sede romana; ma questa mala intelligenza fu sopita, mentre con bolla di Pio V. del giorno 11 kalendas augusti 1567, il Rapicio fu confermato ed istituito vescovo di Trieste, portando 1’intestatura Dilecto filio Andreae Rapitio electo Tergestinae, dicendo che da gran tempo le provisioni delle chiese vacanti sono state riservate alla disposizione dai pontefici, decernentes ex lune irritum el inane, si secus super Ms a quoque, quavis auetoritale scienler, vel ignoranter contingerit oMentari; poscia soggiungendo che il Rapicio gl i 1'u presentato da Carla arciduca d’Austria, a cui competeva la nomina, come si riscontra da autentica copia di detta bolla (a). LTmperatore Massimiliano II. avendo avuta notizia che il vescovo Rapicio era per prendere possesso della sua sede deputo a’suoi nuncii il co.te Francesco della Torre, ed il conte Atimis capitano di Gradišča, perclie vi assistessero, e gli presentassero in pubblico una sottocopa o tazza d’ argento (pečar) come dono, che la M. S. gl’ in- viava, in segno della sua grazia e benevolenza per i servigi prestati a lui ed al di lui genitore Ferdinando. La lettera delhimperatore e segnata Vienna 7 ottobre 1567, cioe 47 giorni dopo la data del breve pontificio, e se ne ha copia autentica in lingua tedesca. (a) Erra il Mainati (Chron di Triest. T. IH. p. H2) portando la bolla pontificia alhepoca 1568, mentre cjuesta vi preeede di un anno: un poco di riflessione, che avesse fatto ai suoi stossi seritti, ne avrebbe riscontrata 1’ implicanza e la contraddizione, mentre la lettera di Massimiliano dei 7 ottobre 1567 indica, che il Rapicio celebrerh in breve le di lui primizie. Non poteva cid indicare il Rapicio se prima non avesse ricevuta la Bolla da Roma, la quale dovova prccedore la lettera deli’ imperator«, che accompagnava il dono, e destinava la deputazione; cosi fu diffatto, mentre la Bolla e dol 21 agosto 1567, ed e la lettera dei 7 ottobre di detto anno, percib la lettera di Massimiliano e posteriore di 47 giorni alla data della Bolla. CAPITOLO III. 141 Lo spirito di partito sembra che fosse dominato allora in Trieste, e che il nostro vescovo avesse esercitato del rigore, e forse anche imprudentemente, il quale poscia gli divenne fatale. L’arciduca Carlo d’Austria con lettera (originale) di Graz 7 no.bre 1567 risponde al Rapicio, lodando certa azione, actionem, seguita in Trieste tra lui e alcuni settarii, dal vescovo frenati; ma gFingiunge che in avvenire per castigare quei settarii si debba servire del braccio secolare, cioe del capitano, dei giudici, o del senato, vel senatus di quella cittA; affinche: ne si vos ipsi imrnediate in eos animadveriatis, scandalum aliquod, seu inconveniens exoriatur; e dice di avere dato ai giudici ed al senato su di cio gli ordini opportuni: ed aggiunge che in quanto agli usurai trovava necessario attendere il parere della di lui reggenza per istabilire debitamente quanto vi e di uso, aspettando che a Gorizia gli spedisca su di cio il di lui voto, in quanto alle cose spirituali ( l ). Da lettera (originale) di Graz, 5 luglio 1568, si rileva che 1’ arciduca Carlo, rispondendo al nostro vescovo sopra 1’inchiesta se deve pubblicare la bolla in Coena domini spedita dal patriarca di Aquileja da porsi in esecuzione nella cattedrale di Trieste, ne loda la prudente condotta, gl’ insinua di usare il silenzio sino a che il patriarca rinnovi 1’ordine, nel qual caso risponda di non averlo eseguito per timore di non spiacere al suo principe; mentre non fu pubblicata giammai tal bolla in quella chiesa, ed avere anzi inteso, da persone degne di fede, che da varii principi d’ Italia, e specialmente dai Veneziani non fu accettata, e che percio, a maggiore di lui sicurezza significherebbe la cosa ali’ arciduca, ed in tal modo si esimerebbe dal pubblicarla; che se poi insistesse il patriarca, dovesse allora scrivere ali’arciduca, ed attenderne le risoluzioni. Il Rapicio fu pertanto famigliare, ministro, segretario, consigliere aulico, e commissario nel Friuli per Ferdinando I., morto nel mese di luglio 1504; incarichi non indicati dal Mainati, il quale lo dice soltanto segretario di Massimiliano, e consigliere deli’ arciduca Carlo d’ Austria ( 2 ). Sopra il di lui ritratto esistente in časa Rapicio a Pisino vi ha la seguente epigrafe: ANDREAS • RAPICCIVS S • C • M • FERDINANDI • PRI. SECRETARIVS • CONSILIARIUS PRO • EADEM • MAIESTATE ■ IN • FOROIVLII • FINIBVS • COMMISSARIVS ANTISTES • AC • COMES ■ TERGESTINVS . MDLXVI. (') Il vescovo Andrea Rapicio, nobilc triestino, uomo di rara coltura, della pace e della patria anjantissimo, si tolse il generoso ma difficilc incarico di riconciliare lc fazioni, che empivano la citta di risso continue. L’arciduca Carlo gli scrisse: andasse cauto, anzi lasciasse fare a’ tribunali; ma il vescovo non solito a dar indietro la dovc si credeva chiamato dal dovcre, persiste nella nobile impresa, finche i faziosi, ammansatisi alcun poco, almeno in apparenza, lo invitarono al banchetto della pace il 21 decembre del 1573. Il Rapicio tennc 1’invito; quando fu a tavola, che e che non e, impallidisce e cade morto. I piu dicono abbia bevuto in isbaglio un bicchier di vino avvelenato, ch’ era stato preparato ad altri. V. La storia di Trieste race. ai giovanetti da Iacopo Cavalli. Trieste, Appolonio, 1877. — (E.) ( 2 ) Ferdinando gli affidb parecehi affari della piu grande importanza, fra i quali 1’ appianamento della vertenza che aveva colla Repubblica di Venezia per i confini del Friuli. Vedi Čermi intorno alla vita ed agli seritti di Andrea Rapicio del can. Giov. de Favento, prof. ginn. Atti del Ginn. sup. di Capod. 1869-70. Capod. Tondelli, 1870. (E.) 142 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Fu egli inoltre consigliere deli’ arciduca Carlo, e sembra che fosse stato anche segretario di Massimiliano, poiche nella lettera con cui gli accompagno il dono della sottocoppa, lo chiama nostro antico, e fedele segretario. II Mainati dice che fu anche in missione a Roma per parte di Ferdinando allo scopo di ottenere la dispensa matrimoniale deli’ arciduca Cgrlo colla duchessa di Riviera. Tutti gli scrittori convengono, che il vescovo Rapicio fosse inorto avvelenato nel giorno 31 decembre 1573; ma ch’egli fosse stato avvelenato innocentemente e per equivoeo, in uu convito destinato a sedare le discordie di alquanti cittadini, e con un bicchiere preparato col veleno da uno della parte avversaria, come dice il Mainati, avrei molto a dubitare; poiche ad un vescovo che tiene il primo luogo in una tavola, ed e assistito anche da’ suoi servi, e difficile concepire un equivoco, col far passare a lui il bicchiere di un’ altro. Io ritengo piuttosto, ch’ egli espressamente sia stata avvelenato (*) Ho osservato, che in Trieste vi era una turba di settari, ed un’ altra di usurai, e che a questi il Rapicio dava di piglio, ed anche con forti e forse imprudenti misure, mentre 1’ arciduca stesso lo consigliava di astenersene, afhnche non su ce- desse qualche scandalo, o inconveniente alla di lui persona. Aveva dunque il vescovo due forti partiti disgustati con lui, e a lui contrarii, i quali, dobbiamo giudicare che vedendo quant’era potente, e bene accetto alle Corti, tutto dovendo da lui temere, pensarono a liberarsene col macchinare ed eseguire il sacrilego omicidio, col cauto mezzo del veleno: ne di cid vi ha meraviglia, mentre, a quell’ epoca appunto, i sospetti, le vessazioni, i partiti, e le vendette erano in vigore ali’ estremo, delle quali nel capitolo presente si osserva qualche esempio. Il nostro Rapicio fu un prelato dotto, zelante, riputato, e dopo 1’ elogio che ne fece lo stesso Ferdinando e inutile ogni altro ( 2 ). L’ TJghelli pero nella prefazione ai vescovi di Trieste dopo Enea Silvio Piccolomini dice: Rapilius /los scilicet illi- batus politiorum hominum, quos nostra aetas tulit; e non giži nella colonna e pagina indicate dal Mainati. Ora secondo il mio metodo, do notizia dei pochi suoi scritti: (*) Che non sia stato avvelenato per equivoco e pure opinione di mons. Favento (op. cit.); anzi egli attribuisce 1' avvelenameto ad alcuni dei patrizii piu furibondi, che per non volersi piegare ad un rappacificamento impostogli dallautorevole influsso del vescovo, ne possa aver tramato l’iniquo attentato (E.) ( 2 ! V. i documenti stampati in Trieste nel 1862 in onore di Enea Silvio Piccolomini, — Andrea Rapicio e Rinaldo Scarlicchio. Questo vescovo triestino fu nomo di sornmo ingegno, poeta di fino gusto, dotto canonista, carissimo a tutti. Fu spento d’anni 40, vittima di patria carita, alPeth nostra, che a liberta tanto agogna e della liberth tanto abusa, soggetto di utile meditazione. G. Favento op. cit. (E.) CAPITOLO III. 143 OPERE STAMPATE 1. Andreae Rapitii nobilis Tergestini faciliorum musae carminum libri duo, quorum prior epigrammata quaedam continet. Venetiis 1552 in 4 di 54 pag. 2 Histria, poema latino stampato in Vienna nel 1556, di cui diede un’edizione in Pavia il sig. Pietro Kandler nel 1826 colle stampe Bizzoni, e nell’ anno stesso il di lui avo Dr. Matico Ceruti una traduzione italiana in versi sciolti colle stampe di We is in Trieste (*). 3. Cinque Odi latine stampate in Vienna col suddetto poema. 4. Tre Dissertazioni di diritto civile in latino indicate dal Kandler, che ignorasi in qual anno stampate, cosj pure qualche altra poesia. 5. Un Epigramma latino in lode del canonico Bartolomeo Scardeone padovano, il quale si trova nell’opera: De antiquitate urbis Patavii, e nelle cronache del Mainati. Lascio tra le opere inedite che si conoscono: Una relazione del vescovo di Trieste, la quale viene citata da Ireneo della Croce, e dallo Schonleben ( 2 ) Il Mainati dice a p. 116 T. III. che «le sue composizioni si conservano ancora dai signori Rapici in Pisino.» Questa e una gratuita asserzione, non essendo alcuna delle sue composizioni in quella famiglia. 152. — De ANDREIS Francesco da Capodistria, canonico di quella cattedrale, protonotario apostolico, e conte palatino. Nel 1574 da papa Gregorio XIII. fu fatto vescovo di Scopia, citta deli’ Ulirico orientale, tra i confini della Macedonia, e della Bulgaria. Il Coleti nell’ Illgricum Sacr. Tom XIII, tipi 1819, porta soltanto il nome del vescovo Andreis senza data, ne patria. In seguito ali’ articolo di fra Giacinto Macripodani porge la di lui nomina in successione a quella cattedra per la morte deli 'Andreis tratta dagli atti concistoriali: an. 1649 11 octob. providit Eccles. Scopien. in part. Infid. vacant. per ob. Francisci de Andreis de pers. Fr. Jacinti Macri¬ podani ord. S. Dominici, ac depulavit suffraganeum ad exercenda Pontifcalia in Civit. et Dioec. Strigonien. cum assignatione 300 ducat, auri super fructus mensae arcliiep. Strigon. pro congr. sustent. Se V Andreis fu fatto vescovo nel 1574 bisogna credere che a lungo vivesse, e giovane fosse fatto vescovo, mentre nel 1649 gli fu dato il sucoessore, o che a lungo vacasse quella sede. L’Andreis fu pure suffraganeo e coadjutore deli’ arcivescovo di Strigonia, ove con zelo esercito il ministero sino ( 1 ) Fu trovato dal Kandler nel 1826 nella I. R. Biblioteca di Corte in Vienna. Il titolo e: Andreae Rapitii Iurisconsulti tergestini — Histria, Viennao 1556. Nel 1830 fu ristampato a Francoforte e a Lipsia ; e nel 1870 negli Atti del Ginnasio sup. di Capod. per cura di mons. G. Favento con prefazione, cenno biografico, e note. — Due traduzioni italiane si conoscono di questo poema: 1’ una del Dr. Matteo Ceruti. Trieste, tip. Weis, 1826, 1’altra di G. B. de Medici, Trieste, tip. del Lloyd, 1871. (E.) ( 2 ) Altra opera inedita del Rapicio, citata dal Favento: Andreae Rapitii I. C. Terg. poematum liber secundus. Esiste in autografo nel Civico Archivio di Trieste. (E.) 144 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. vecchiezza estreraa. Spedl in dono alla cattedrale della sua patria, ove conservansi, varie sacre, e ricche suppellettili, fra le quali un superbo ostensorio piramidale, ove il lavoro vince il metallo. In quella sagrestia capitolare esiste la di lui veneranda effigie sotto cui e scritto in lettere corrose: VIVA • IMAGO ■ FRANCISCI • DE ■ ANDREIS EPISCOPI • SCOPIENSIS QVI • CVM ■ JUSTINOPOLIM - SUAM ■ PATRIAM EPISCOPALI • DIGNITATE • IN • PARTIBVS • HVNGARIAE ADEPTA EXORNASSI5T HANC • D ■ NAZARII • CATHEDRALEM SACRIS • DONIŠ • DITAVIT. (•) 153. — BRUNI Giovanni nel 1581 fu fatto arcivescovo di Antivari. Il Naldini ed il Manzioli lo annoverano fra il clero di Capodistria, e lo dicono oriundo da Antivari, dalla qual citta preša dai Turchi, il cavaliere di lui fratello si era traslocato colla famiglia a Capodistria. Ma egli nacque in Dulcigno, fu arcivescovo di Antivari, prešo dai Turchi, e dopo lunga schiavitu soffrl il taglio della testa ( 2 ). Il Fariati nel Tom. VII ne da un lungo articolo; lo fa arcivescovo secondo gli atti concistoriali nel 1551, ed e detto presbiter Dulcinensis. 154 — BRATTULICH Simeone generale deli’ ordine di S. Paolo primo eremita, nacque in Barbana alla meta del secolo decimosesto. Gli Annali dei Paulini Eremitani parlano di lui con somma lode, ed ivi si riscontra che nella sua adolescenza entro in quell’ ordine, e che fu nativo deli’ Istria senza pero indicarne il paese. Paolo Hitler e di contraria opinione, volendolo citta- dino Moniis Graecensis. Gli annali di quell’ ordine pero devono riconoscersi per il piu legittimo docu- mento, mentre nessuna fonte puo meglio accertare la patria dei eonfratelli delTordine, che i registri deli’ordine stesso; e gli annali appunto di questa congregazione lo danno istriano, e dicono eh’ egli fece il suo primo tirocinio nel convento di S. Pietro in Selve, che quell’ ordine, dotato di gran fondi aveva in quella parte deli’ Istria. Avevano pure questi monaci un monastero considerevole sul Lago di Jessero, un ospizio e molino a Clavar, un molino magnifico nella vale deli’ Arsa sotto Barbana, nel qual luogo risiedeva sempre uno di quei monaci per attendere ali’ economia di quello stabilimento. In Barbana esercitavano annualmente il quaresimale, ed interve- nivano di frequente. In Barbana si era progettato e disposto da quei monaci di fondare un ospizio stabile, ed avevano un eremo pure presso la villa e le čase Brattulich denominato S. Dionigio, che sussistette sino a mezzo secolo fa ma che ora e diruto. In Barbana anche a’ miei ricordi esisteva una famiglia Brattulich , la epi časa situata nella piazza, ora e posseduta dai fratelli Cleva commercianti. Nella parrochia di Barbana vi ha la villa Brattulich, e cola pure vi sono famiglie di tal nome, dalle quali si denomina la villa stessa, e colii vi era T eremo di S. Dionigio. Non e quindi ( 1 ) Il ritratto si vede ancora in sagrestia del Duomo ed e ristaurato. (E.) ( 2 ) Se il Bruni fosse nato in Dulcigno, (Albania sulFAdriatico) benche di cognome italiano, non dovrebbe essere pošto tra i distinti istriani! (E.) CAPITOLO III. 145 improbabile che Simeone Bratlulich, chiamato alla vita raonastica, dai Padri Paulini, che frecjueiltavano Barbana ove avevano varii stabilimenti fosse stato prešo ed edu- cato nel monastero di S. Pietro in Selve, come parlano gli annali stessi, e che essendo indicato istriano, foss’ egli di Barbana, ove questa famiglia Bratlulich esisteva divisa in piu rami, ed ove era frequente il concorso di quei padri. Su quest’ appoggio, che čredo ragionevole, io lo ritengo nativo di Barbana o della villa Brattulich con piu fondamento di approssimazione che di altro luogo deli’ Istria, perche certo si e, che egli fu istriano ed educato nel convento di S. Pietro in Selve; e quindi deve aver luogo nella presente Biografia degli uomini distinti deli’ Istria perche istriano. (') Narrano gli annali stessi che da Fra Stefano Tcrnavino, presidente generale di detta congregazione, fu aggregato a quell’ ordine, e compiti con lode i primi eru- dimenti nel rnonastero di S. Pietro in Selve, fu spedito a Roma, ove attendendo con sorama diligenza per alquanti anni agli studii, fu egregiamente istruito nelle scienze filosofiche e teologiche; e partito quindi da quella capitale, fu creato priore, poscia vicario generale, e finalmente nell’ anno 1590 supremo presidente e generale di tutta la congregazione dei Paulini eremiti. Elevato alla suprema magistratura di quell’ istituto monastico, osservante rigoroso deli’ordine eremitico, eccito i suoi confratelli colTesempio, affinche in essi risplendesse 1’esercizio della disciplina eremitica non solo, ma presto tutte le sue cure perche fossero gli alunni addottrinati nelle lettere umane e divine. Mancando 1’ordine di maestri e di scuole opportune, elesse un buon numero di giovani meglio dotati d’ ingegno, e li invio nelle piu illustri scuole di Roma, di Vienna, di Olmiitz, e di Praga. Indotto dalla necessitž, e dal costume di quei tempi, in unione ad altri vescovi e cenobiti ungheresi milito egli pure, vesti to da soldato, nel campo dei cristiani contro i Turchi, e trovossi nei piu perigliosi cimenti sortendone convalore; ond’ebbe a dire di lui il generale Volfango Frangipani: in castris loricatus galeam cum thiara el cuculla conjungens, aeque gladium audacter in hostes stringere, quam devote coronam virginis recitare conspectus est. L’ arciduca Massimiliano, fratello deli’ imperatore Rodolfo, supremo generale deli’ esercito, nel ritorno dali’ assedio di Canisa, stava per cadere nelle insidie dei Turchi, e restarne prigioniero, quando opportunemente accorso il nostro Simeone, lo fece avvertito del pericolo, e cangiare direzione; per cui 1’arciduca Massimiliano protestandogli la sua gratitudine instb presso T imperatore perche gli fosse con- ferito il vescovato di Sirmio, che ottenne ; e con lettera del 31 maržo 1598 in data di Vienna lo invito a portarsi in qwella capitale per intendere le disposi- zioni che fossero state preše per lui; Eccole: Maocimilianus Dei gratia archidux Austriae dux Burgundiae, ord. Teutonici in Prussia administrator, ejusdem per Germaniam, et Italiam magister, comes Tgrolis etc. Reverendo nobis sincere dilecto. quid Sac. Caesar. regiague majestas, et frater noster observandissimus de te sta- tuerit, id a nobis 15 die futuri mensis aprilis auditurus es. Ut autem voluntatem et gratiam suae majestatis Cesareae regiae, in tuam personam declaratam, uberius cognoscere possis, serio tihi committimus, el mandamus, id ad 14 diem ejusdem (>) Importante per chi ha seguito la biografia dei prelati istriani si e il vedere quanto poehi (anzi rarissimi nantes) recano nomi non italiani e copersero cattedre in terre straniere. (E.) 146 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA mensis huc Viennam venias, suae majesiatis mentem altera die a nobis cogniturus ; secus non facturus. Datum Viennae ultima die mariii domini '1598; ed a tergo, 1’iscrizione: Reverendo F. Simoni Brattulich, fralrum eremitarum S. Pauli primi eremitae prio?H generali etc. nobis sincere dileclo. (Farlati Ulvr. Sacr. T. v. p. 553.) Clemente yiii. pontefi.ee confermo la nomina, e colla singolare prerogativa di ritenere il generalato deli’ ordine, in eni poscia čontinuo vita sua durante. Questa circostanza si riscontra dagli atti eoncistoriali. An. 1601 15 januarii ad nominat. Caes. M.provis. ecclesiae Sirmiensi vacanli per obilum Stephani de persona F. Simonis generalk ord. S. Pauli prioni crem. cum retentione dieti generalatus usque ad lempus pracfinilum, et facultate , quod de novo eligi possit, quatenus ita constitutionibus ipsius religionis cavealur, el non alias cum clausulis etc. (Fari. llljr. T. vn, p. 565). Lo stesso are. Massimiliano ottenne pure che dal fratello Rodolfo fosse trasferito nel 1603 il nostro Simeone alla cattedra di Zagabria, la qual nomina l’u approvata nel 1804 dal pontefice nel modo seguente: 13 septembris 1604 providit ecclesiae Zagabriensi vacanli per obilum Nicolai de persona Simonis Brattulich ep. Siriniensis, quem ad ecclesiam Zagabriensem ad nominationern Cesareae regiae majesiatis translulit, cum annua pensione ducatorum 400 monetae Mamim partium super ecclesiae .... fruclibus. Appena pervenne al vescovato volle usare troppa autoritfi verso i canonici e verso i monaci, per cui insorsero forti discordie e litigi. Essendo passato Nicolb Micaccio dal canonicato di Zagabria al vescovato di Varadino, volle Simeone rite¬ nere per un triennio i redditi di (juello, sull’esempio de’suoi precessori che ne ritenevano talvolta 1’ usufrutto perpetuo, e cio ad oggetto di ristaurare il palazzo vescovile che ne aveva bisogno. Vi si opposero i canonici, sostenendo essere cio con- trario alle loro costituzioni, ne mai pratieato, e competere ad essi di passare i frutti a beneficio di uno de’ suoi membri capitolari. 11 vescovo trovandosi allora a Lipo- glavo nel monastero de’ suoi eremiti, ed intesa i’ opposizione del capitolo, proibi loro che fosse preša su di cio parte aleuna; ma i canonici non curanti il divieto vescovile, convocato il capitolo, ed assente il preposito maggiore, al quale competeva la pro- posizione ed il primo voto, Baldiscera Napulio canonico lettore ne assunse le parti, pei’oro sull’ argomento, e di unanime consenso fu decretato contro la volonta del vescovo. A questa deliberazione Simeone irritossi fortemente, venne a Zagabria, convoco il capitolo li 12 settembre del 1604, esponendo dolersi gravemente che nei primordi del suo pontificato non fosse appoggiato da’ suoi fratelli canonici, ma bensi contrariato, e fossero sprezzati i suoi ordini, e con asprissime parole invei contro il lettore Napulio dichiarandolo capo e promotore di tale insubordinazione, giudicata una congiura contro di lui. — Non tacque Napulio, ma con liberta espose, e con forza ed audacia sostenne contro di lui la causa e le ragioni capitolari, per la qual cosa il vescovo irritossi maggiormente, ma ritenne nell’ animo per tempo pili oppor- tuno, repressa 1’ iracondia. Una porticella annessa alla časa canonicale di Napulio dava passaggio alla gente, come via piu breve, per la časa capitolare, e doveva essere chiusa di notte. O per incuria dei servi, o per altro motivo rimase piu volte aperta, il che dispiacque a tutti i canonici, i quali non trovarono in ci6 la loro sicurezza. Fu imposto a Napulio di farla chiudere di notte, ne vi assentl; si fece istanza al vescovo, il quale 1’ ordind con formale mandato, phe non fu osservato. Fu allora che il vescovo CAPITOLO III. 147 trovo campo (li sfogare il suo animo adirato contro Napulio: convoco il capitolo, e dopo aver perorato sull’ arroganza, temerita, e contumacia di lui cliiese al capitolo di qual castigo fosse meritevole. Diedero i canonici la loro sentenza, ma questa non essendo conforme al desiderio del vescovo, acceso d' ira si alzo dal soglio, e proruppe nelle seguenti parole: Qui me pro legitimo suo episcopo et proelato nollet habere el reoagnosccre, neque ego illum pro meo canonico et capelano cognoscere et habere volo. Dette queste parole con isdegno, senza riguardo ali’ ordine ed alla dignitš. di Napulio, lo fece chiudere in un carcere. I canonici mal tollerarono quest’affronto fatto ad un loro collega, ed a tutto il capitolo: lasciarono trascorrere alcuni giorni, onde si calmasse l’ira del prelato; portaronsi quindi supplichevoli a lui, pre- gandolo di restituire la liberta al loro confratello e collega, obbligandosi pronti a dargli soddisfazione, se in qualche cosa avessero offesa la di lui dignita. — Assentl il vescovo alle loro preghiere, ma intanto che in via di grazia diceva di concedere, con nuovo attentato cerc6 di gravarli, mentre appena sortito dalle. carceri Napulio, fu privato dal vescovo della dignita ed officio di lettore, ed in suo luogo sostitui 1’ arcidiacono Pielro Domitrovichio. — Napulio appello al metropolita colocense, il quale di tutto 1’ affare volle essere informato sl dal vescovo clie dal capitolo, e dopo, tre anni di litigio nel 1607 sentenzio a favore di Baldassare Napulio, il quale fu rimesso nel suo grado, (ligniti, ed officio di prima, in unione ad altri tre canonici, ch’ erano stati egualmente da Simeone deposti, perclie difendevano i diritti capitolari con liberta, e senza riguardo alcuno al proprio vescovo : fu inoltre Simeone obbligato a rilasciare il canonicato ed il predio di Nicolb Micaccio vescovo di Varadino. Insorta questione di preminenza tra i deposti canonici, ed i posteriori eletti, fu deciso da Simeone clie i canonici da lui deposti abbiano a contare la 'preminenza dal giorno della loro elezione, e non gia dal tempo in cui furono rimessii favori anche posteriormente Napulio, il quale ascese alla prima (ligniti di quel capitolo, ove vi sono tre ordini di canonici; cioe 4 deli’ordine primo, il preposito maggiore, il lettore, il cantore ed il custode; praeposilus major, lector, cantor, et custos: quat- tordici delTordine secondo, tutti arcidiaconi arcMdiaconi; e nelTordine terzo i residui inferiori canonici, che si chiamano magistri, Tutti hanno parte eguale nei redditi capitolari, ed i primi due ordini, oltre i redditi comuni, hanno ciascheduno il proprio provento annesso al grado rispettivo. Altro motivo di alienarsi gli animi dei canonici diede il vescovo Brattulich, avendo, contro la volonta ed i reclami di quelli, conferito a Simeone, figlio di suo fratello, ancor giovinetto, la prepositura di Santa Maria, di proprieta, capitolare, avente cura di anime, alla quale veniva eletto dal capitolo uno dei piu zelanti, addottrinati, e benemeriti di quel clero. Il nipote Simeone ne percepiva i redditi, e stipendiava un vicario per il disimpegno dei doveri parrocchiali. Nuova spiacevole insorgenza avvenne pure tra lui e quel capitolo, proibendo ai suoi fratelli eremiti del monastero Remetense di dare il titolo usitato di patroni, ed i soliti ossequi al capitolo e canonici di Zagabria, come fu sempre praticato; mentre ed il fondo della cliiesa, ed il monastero, ed i terreni di quell’ eremitaggio erano stati concessi e donati dal capitolo; come testifica Andrea Eggero autore degli annali di quel ordine. Altre dispiacenze ebbero luogo, perche il vescovo Brattulich eserci- tava sempre un dominio troppo imperioso, ledente quel cleim. 148 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Fra tante inconsideratezze da lui commesse, frutto del suo carattere marziale, fece per6 delle opere di pubblico vantaggio. utili alla cliiesa, e che gli acquistarono grato ricordo. Neli’ anno 1606 introdusse a Zagabria i regolari della societa di Gesu per 1’ istruzione del clero, e fece loro assegnare nella citta Graecensem il convento dei padri Domenicani. Con solenne giudizio del supremo consiglio della Slavonia obbligo i nobili del comitato di Varadino a contribuire la decima, clie ricusavano di pagare. Auineiito il seminario, e lo doto di redditi, affinche ne aumentasse il numero degli ecclesiastici e sortisse piu addottrinato, per poten sostenere degnamente il mi- nistero parrocchiale. Dotto ed erudito com’Ogli era nelle scienze e nelle lettere, amava e pregiava i letterati, dilettandosi della loro societa; ne permetteva clie alcuno fosse fatto canonico, se non fosse bene addottrinato. Difensore, e vindice dei beni della cliiesa sostenne contro la forza militare, con animo intrepido, il castello vescovile Ivanichio, clie gli si voleva levare, ed in modo tale, che in altri posteriori attentati ai beni della cliiesa, si diceva per anto- nomasia: modo adesse deberet frater Simon, qui turbulentorum vim reprimeret. Ristauro il palazzo vescovile, e lo riuni con solido ed elegante ponte alla cliiesa cattedrale, per il passaggio dei vescovi. Neli’ anno 1611 1’ imperatore Rodolfo cliiamo a Vienna il nostro Simeone per consigliarlo sopra gravi pubblici argomenti. — Dal cardinale ed arcivescovo di Strigonia Franc. Forgacsio, fu chiamato a Tirnavia per servirsi di lui nel sinodo provinciale a formare colla di lui saggezza e dottrina gli opportuni decreti, e vi si vide sottoscritto dopo 1’ arcivescovo Colocense: ed in quei tempi difficilissimi fu il nostro Brattulich utilissimo alla religione, ed allo Stato. Ritornando alla sua sede passo per Lipoglavo, e si trattenne poclii giorni in quel monastero; donde portossi presso il conte Banfio, il quale, prima protestante, era stato ricondotto alla cliiesa cattolica dal nostro Brattulich, e cola fu attaccato da febbre molestissima, contro cui si resero inutili tutti i soccorsi della medicina, e cosi ammalato si fece trasportare a Zagabria, ove nel 1611, termino i suoi giorni, anno ottavo del suo episcopato, e vigesimo del suo generalato. Il corpo del Brattulich fu portato a seppellire nel monastero degli eremiti a Lipoglavo, ma insorta questione tra i canonici di Zagabria, clie volevano averlo nella loro cattedrale, e gli eremiti paulini che lo volevano nel loro convento perche generale della loro congregazione, fu deciso a favore dei canonici, e quindi trasportato a Za¬ gabria, e sepolto in onorifico sepolcro nella basilica di S. Stefano presso 1’ altar maggiore. Nel 1609, due anni prima della di lui morte, fece testamento, e lascio eredi della sua copiosa facolta i suoinipoti: Simeone preposito, e Margherita, figli di suo fratello; disposizione clie non fu commendata dali’ universale e dagli scrittori di quel tempo, perche contraria ai canoni della cliiesa. Eseguirono i canonici religiosamente la di lui disposizione contro gli attacchi di chi voleva annullarla per diritto eccle- siastieo, e tutte le di lui facolth furono consegnate ali’ erede Simeone. Vistosi possessore di ampio patrimonio rinunzio la prepositura accennata, getto 1’ abito clericale, e si diede alle delizie del secolo ed agli stravizi in modo, clie dilapidata 1’ampia sostanza, CAPITOLO III. 149 fu da’ suoi servi sorpreso liel sonno, e trucidato miseramente. II di lui corpo, per la memoria dello zio vescovo, fu da quei canonici tumulato nella cattedrale. Esempio certamante luttuoso, come osserva 1’ estensore di queste notizie, per cui gli eccle- siastici devono avvertire, che i beni della chiesa, coi quali pretendono di beneficare i loro parenti, invece dei poveri o delle opere pie, ai quali appartengono, riescono fatali a quegli stessi loro consanguinei che vogliono beneficare. (Farlati Illyr. Sacr. T. v. p. 553, 54, 55, 56, 57, Venezia, Coleti 1775). In un’ appendice alla sua opera, pubblicata nel 1829 lo Stancovich da i seguenti ragguagli intorno alla patria del vescovo Simeone Brattulich: Nel capitolo III dei mitrati, n. 154 io aveva diraostrato contro 1’ opinione di Paolo Ritter, che ii vescovo Simeone Brattulich era istriano, e non Montis Graecensis, come voleva quell’ autore. Ignorando il luogo preciso di sua nascita, lo aveva indicato per semplice congettura di Barbana. Dopo la stampa del vol. I, mi pervenne notizia precisa della di lui patria, e storico fedele non ommetto di significarla. Nella villa Brattulich di S. Pietro in Selve ebbe i natali Simeone, e dice la tradizione rimasta nelle due superstiti famiglie agricole di Giuseppe, e Stefano Brat¬ tulich di quella villa, che il vescovo Simeone fosse il frutto degli amori clandestini di un figlio di quella famiglia con una serva di časa, la quale scacciata in istato di gravidanza, fu dali’ amante ricoverata in un prossimo tugurio, che tuttora sussiste; ed essendo il Brattulich valentissimo cacciatore, col prodotto del selvaggiume ucciso, che vendeva agli opulenti eremiti del vicino monastero di S. Pietro, (‘) sosteneva 1’ amante e il figlio. Cresciuto il fanciullo, per la prontezza del suo spirito entro in grazia deli’ avo, il quale lo fece legittimare, e lo diede in educazione a quei monaci, e poscia divenne monaco lui pure. Iii časa di Giuseppe Brattulich esiste il ritratto del detto vescovo in quadrato rosso, mostacchi, barba lunga nera, croce pendente dal petto tenuta in una mano, e nell’ altra un libro; dalla parte sinistra mitra e pastorale coli’epigrafe: ILL • I5T • REV • DOMINVS SIMON , BRATTVLICH ORDINIS • S . PAVLI • P • E • GENERALIS • L EPISCOPVS • ZAGABRIENSIS • BANVS ■ CROATIAE NATVS ■ IN • S • PETRO MAXIMILLANVM • ARCHIDVCEM • A • PERICVLO • TVRCICO LIBERAT. P • P • SOCIETATEM • IN • CROATIAM • INDVCIT MDCX. Esiste pure in altro quadro 1’ arma gentilizia dipinta, con una scimmia incoronata, e tre stelle nello scudo, sotto cui e scritto: Insigne nohilitatis domus Brattulichianae, Anno MDCX. In altra vi ha nello scudo un cervo. — Nella famiglia stessa esiste un diploma imperiale latino, ornato di caratteri in oro, il quale indica la nobiltž, della famiglia, e le qualit;i del vescovo Simeone. ') Sul monestero di S. Pietro in Selve deli' ordine di S. Paolo Eremita vedi L’ Istria, an. III, 1848, n. 32. (E.) 150 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Yi ha pure altro grande ritratto di detto vescovo con altra consimile epigrafe nell’ altra časa di Stefano Brattulich. Con questi documenti irrefragabili e dimostrato incontrastabilmente, che S. Pietro in Selve fu la patria del vescovo Brattulich. 155. — Dell’ ARGENTO Gio. Giacomo, triestino, di arcidiacono di Rimniza, fu eletto dali’ imperatore Ferdinando lil, vescovo di Pedena nel 1643 circa. Iveneo. 156. — MARENZI Antonio triestino (’) vicario generale per tutta la Germania e provincie limitrofe, negli eserciti deli’ imperatore Ferdinando III, e deli’ arciduca Leopoldo Willelmo suo fratello, nel 1637, 17 agosto, fu fatto vescovo di Pedena, ( 2 ) e poscia trasferito alla sede di Trieste nel giorno 10 'settembre 1646. Fece varie riforme nell’ interno della cattedrale, ed istitui nel 1649 la parrocchia di Pinguente collegiata di 6 canonici, con autorita ordinaria di eleggere un vicario foraneo nella parte della diocesi triestina soggetta al dominio veneto nell’Istria. Nel 1650 il vescovo Marenzi e suo cugino Lodovico ottennero da Ferdinando III, la dignita e titolo di liberi baroni di Marensfeld, e Scenech in ricompensa dei servigi prestati. Nel 1660 accolse nella sua cattedrale 1’ imperatore Leopoldo I. ( 3 ); e finalmente carico di onori, di meriti e di anni nel dl 12 ottobre 1662 (■') passo alla sede dei beati, e fu sepolto in quella cattedrale: Ughelli T. v. p. 473. Mainati Cronache T. m. p. 258-308. Nel 1639 pubblico in Vienna le vite di S. Niceforo martire, e di S. Niceforo vescovo di Pedena, in latino, e le dedico ali’ imperatore Ferdinando, (vedi il numero 98, S. Niceforo) con una lettera, e coi due seguenti epigrammi: AUGUSTISSIMO, ET POTENTISSIMO IMPERATOR! FERDINANDO III NICEPHORUS DEDICATUS Ante tuos, Auguste volabat victoria cultus Et properat dominos anticipare pedes. Qui miram Tibi Nicephorum si sistimus uni, Qui doceat melius vincere nullus adest Nomine Nicfphorus, quam ferit victoria solum Est tua. Caesareum est vincere, et Austriacum. Hic liber ergo tibi debetur maxime Caesar, Nec nisi ab austriaco lumine lumen habet. (* *) Nacque in Trieste il 20 settembre 1596 da stipite oriundo da Bergamo. Nel 1624 preše moglie e nel 1628 rimasto vedovo si diede al cacerdozio. — Kdl. Istr. v. 48. (E.) (*) Nel 17 agosto del 1634 fu preconizzato vescovo di Pedena o appena nel 17 ottobre 1636 con- sacrato. Kdl. o. c. (E.) ( 3 ) E degna di menzione nell’ arrivo di Leopoldo I. a Trieste 1’ ambasciata veneta rappresentata dai patrizi Nicolb Cornaro ed Andrea Contarini, sopra ogni altra splendida e sfarzosa. Kdl. o. c. (E.) ( 4 ) 11 Kdl. o. c. lo dice morto ai 22 ottobre 1662, appoggiato sulla leggenda della seguente lapide che, riparata, fu posta ali’esterno della basilica di S. Giusto in Trieste: D. O. M. — ANTONIVS • MARENTIVS • EPISCOPVS • ET — COMES ■ TERGEST ■ DIVORUM ■ FERDINANDI — SECVNDI TERTII • AC • LEOPOLDI — CAESARVM • A ■ CONSILIIS • ŠIBI — MONVMBNTVM • POSVIT OBIIT • IN ■ DOMINO ' DIE • XXII ■ MENSIS • OGTOB — ANNO • M ■ DC • L ■ XII (E.) CAPITOLO III. 151 AD AUGUSTISSIMAM DOMUM AUSTRIACAM Austria Nicephoros tibi binos Istria mittit; Concolor est signis divus uterque tuis: Huic sata purpureo victoria sanguine crescit: Candidus est palmae bajulus ille suae. Scilicet hostili tibi portas sanguine palmas Nicephori, Caesar, vita utriusque feret. 157. — CALDANA PETRONIO conte Nicolo Antonio (1667) di una delle primarie famiglie di Pirano, dottore in ambe le leggi, famigliarissimo del cardinale CarafFa, e sindico nell’ Universita di Padova, fu creato il 16 di maržo del 1667 vescovo di Parenzo, secondo P Ughelli, e secondo il Naldini nel 1664. Mori in Pirano nel 1671. Sopra il suo sepolcro pošto in quella collegiata dal di lui nipote conte Marco fu scolpito il seguente epigramma: Ista tibi, nostrae decus o venerabile gentis Grata nimis posuit debita signa nepos; Excipe vota libens; amplexus jungere veros Doneč det pietas, mors, amor, ethra, Deus. A questo brevissimo cenno del Caldana aggiunse lo Stancovich in appendice del T. III, 1829 il seguente: Colla scorta deli 'Ughelli e del Naldini io ho dato brevi cenni di detto vescovo: avuti poscia piu estesi lami, čredo non privarne la patria. Nicolo Petronio Caldana sostenne due sindacati nell’universita di Padova, ove fu professore; dimoro per due lustri alla corte deli’imperatore Leopoldo I. e ne ricevette contrassegni distinti di favore e di stima; fu commissario generale delle armi pontificie e cesaree, ed ottenne per se e discendenti la nobilta; fu inviato straordinario della santa sede a diversi principi in materia di confini, e flnalmente da Alessandro VII fu eletto vescovo di Parenzo nel 1664. Tre anni dopo mori in patria e la di lui memoria fu onorata da’ suoi concittadini colla seguente epigrafe che si legge nel presbiterio di San Giorgio, ove tuttora conservasi: NICOLAO • PETRONIO • CO. CALDANA • EPISCOPO ■ PARENTINO • ETC. QVEM • PYRHANENSIVM ACCADEMIA ■ PARENTEM • PATAVINVM • GYMN. VTRIVSQ. VNIV. P. RECTOREM ■ VTRAQVE LAVREA • POTITVM ■ VENERATVR • ADMIRATVR ' PATRIIS ■ CVNCTIS • OFFICIIS • FVNCTVM VENETI • SENAT. PECVLIARI • FAVORE • CVM • FAMILIA ■ SPECIOSO • CO. TIT. INSIGNITVM LEOPOLDVS ■ I. IMP. CAES. I)VC. EQ. ORI). DONAVIT • MVLTIS • ITEM • HONORIBVS • AVXIT QVI ■ S. S. ALEX. P.P. VII. MILITIAE • PRAEFECTVS • EM. CAROL. CARD. CARRARAE ■ SVMME DILECTVS • AD ■ SACRVM • ANTISTILIS • GRADVM ■ HVCVSQVE • ASCENDIT • TANTO • PYRHANVM PROMERENTI • FILIO • HOC ■ MONVMENTVM • CVRAND • SP. COMMVNITATIS ■ SYNDICIS • BARTH. PET. IO. ANT. COTESIO • DOM. PET. ■ PO. AN. DOM. MDCLXVII. C) Famiglie Petronio esistono anche oggi in Pirano. Nicol6 Petronio ed altro omonimo sono pure ricordati dal prof. Luigi Morteani nello Kotizie storiche della citth di Pirano, parte II., Cultura - pub- blieate nelTArcheografo Triestino, Nuova Serie, vol. XII., fascicolo I. - II. novembre 1885. Ed a proposito dei Petronio giova qui far menziono di altre illustri famiglie Piranesi, quali gli Apollonio, i Colombani, i Venier, i Vidali, i Fonda ecc.; anzi lo stesso Morteani nell’o. c. ritiene che nessun’altra citth del- 1’lstria pu6 vantare una serie di famiglie che risalga ad epoca lontana come le sunnominate. — Questa si, egli esclama, si pub chiamare nobilth di sangue! (E.) 152 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 158. — BRUTTI Giacomo di Capodistria, canonico di quella cattedrale, dottore in ambe le leggi, d’ illustre famiglia di quella citta fu eletto il 1 giugno 1671 da ele¬ mente X vescovo di Cittanova. Durante il periodo del suo episcopato ordino un sinodo diocesano, fisso varj salutari regolamenti per i buoni costumi di quella diocesi, esei’- citando con dottrina e con zelo le funzioni del suo ministero. Termino i suoi giorni nel 79 in Buje, e fu sepolto in quella collegiata. Sopra la sua tomba, da quel capitolo decorato delle almuzie, fu posta la seguente epigrafe: IACOBO • BRVTO EP1SCOPO ■ EMONIENSIS VIGlLANTIA • DOCTRINA • FAMILIA ■ TER • MAGNO QVI ■ STATIM • AC ■ ECCLESLR • SPONSVS PRONVBO • CLEM. X ■ CONSTITVTVS • EST FAECVNDA • PROLE • CHARITATIS ■ PATER • PAVPERVM KVASIT CLERVM • SANCTISS. SINOD. CONSTITVTIONE NEC • NON • VIVA • EXEMPLI ■ LEGE AD • COELI ■ NORMAM ■ DIREXIT ANNOS • VIXIT • HEV • NIMIVM • BREVES • LI SI • ENVMERAS • GESTA ■ SAECVLA • CREDES QVI • SACRI • AMORIS • IN • ROGO CEV • PHENIX • GENTIL1TIA • DEO • REVIXIT CANONICI • BVLEARVM ■ ALMVTIAE • JVRE EIVS • OPERA • DECORATI OBSEQVII • MONVMENTVM • PRAESVLI • MERITISS. POSVERE • ANNO • M.DC.LXXX- 159. — GLAVINICH nobile Sebastiano da Pedena, (1699) dice il Farlati, che nacque da una sorella del P. Francesco Glavinich minore riformato, dotto e distinto soggetto, di cui parlo al capitolo dei letterati, e che assunse il cognome di Glavinich per venerazione ed affetto allo zio; ma dalhepigrafe che segue e in errore il Farlati, mentre suo padre era Nicolo Glavinich. e sua madre Margherita Velliani da Bogliuno. Egli fu segre- tario, consigliere e cappellano perpetuo deli’ imperatore Leopoldo I, ed assistente alla Legazione di Moscovia. Nel 1696 fece innalzare ai suoi genitovi un sepolero, che si vede nell’ex cattedrale di Pedena, ove leggesi la seguente epigrafe: NICOLAO • GLAVINICH DE ■ GLAMOTSCH • ALI AS • SVOGER ET • MARGHERITAE • CONIVGI NATAE • VELLIANI • BOLIVNI DILECTISSIMVS • GENITORIBVS • EORVMQVE • HAEREDIBVS AC • SVCCESSORIBVS SEBASTIANVS • GLAVINICH EPISCOPVS • SEGNIENSIS • ET • MODRVSSIENSIS LEEOPOLDI • PRIMI ■ AVGVSTI • CAESARIS • CONSILIARIVS MOSCOVITICARVM • LEGATIONVM • ASSISTENS AC • PERPETVVS ■ SACELLANVS GRATAE • MEMORIAE • AC • FILIALIS • DEBITAE • OBSERVANTUE ERGO • PONI • CVRAVIT • MDCLXXXXV1 Abbiamo il tempo della di lui assunzione a quella cattedra negli atti concistoriali del pontefice Alessandro VIII: 1690, 18 maii providit eccles. Segnien. el Modrusien. simul unitis, vacanti per obitum Dimitri, de persona Sebastiani Glavinich hdbentis CAPITOLO III. 153 omnia etc quoad Segniens. ad nominationem sacr. coes. maj es tat is uti regis Hun- gariae, quo vero ad Modrusien. Ubere dispositionis sedis apostolicae. Essendo da qualche tempo il vescovato di Segna suffraganeo del metropolita di Strigonia, cerco il Glavinich di passare alla dipendenza di quello di Spalato, antico e legittimo. me¬ tropolita di Segna. Umilio ali’ iinperatore un ricorso articolato in trentadue capi, che si riporta dal Farlati, contro i conti Zrinii, e le autorita relative per la diminuzione, gli usurpi dei redditi ecclesiastici, e per la perturbata giurisdizione, spezialmente nel castello di Buccari. Esercito sempre, quale ottimo pastore, tutto lo zelo a ricuperare e difendere i diritti ed i beni della sua chiesa; soffri a quest’ oggetto molte vessa- zioni, per le quali affiitto ma colmo di anni passo agli eterni riposi nel principio deli’ anno 1699. [Fari. IUy. Sac. T. iv. p. 147). Abbiamo un saggio de’suoi talenti letterari nei due epigrammi latini posti in fronte al dizionario Latino-Slavo, e Slavo-Latino del padre Bellosztenecz, fatti dal Glavinich prima che fosse vescovo, e dalla sottoscrizione si conosce con precisione la di lui patria. Questo dizionario e un’ opera postuina stampata in Zagabria nel 1711 in 4°. Per conservare 1’ unico frammento letterario che ho potuto scoprire di questo dotto istriano, ho creduto conveniente di qui trascriverlo: IN • GAZOPHYLACIVM ADMOD. • REVERENDI ■ PATRIS ■ FRATRIS IOANNIS • BELLOSZTENECZ ORDINIS • S. PAVLI • PRIMI • EREMITAE • PRESBYTERIS ET • COGNOMEN • EIVSDEM ■ QVOD CANDIDAM • PETRAM ILLYRICE • SIGNIFICAT Saxea Thebaei quo starent moenia Civis Plurima sunt molli saxa coacta lyra. Illyrii, Latiique soli quo Regna porennent, UNICA, tu calamo moenia, PETRA, struis. DE EODEM Cum celent aliae fibris oeratia Petrae. Tu solus pleno gurgite promis opes. An non viviflcam, merito te dixero Petram Vivere, qui linguae dona šepnita, facis? 160. — CONTESINI Ettoreo Lelio da Isola, di arciprete della sua patria fu esaltato alla sede vescovile di Pola nel 1730, dichiarato prelato domestico. ed assistente al soglio pontificio. Governd il suo gregge da buon pastore, seguendo le traccie del benemerito e santo di lui predecesssore monsignor Bottari, e dopo due anni di sede, compi il corso de’ suoi giorni nel di 17 gennaro 1732. Il suo cadavere fu trasportato nella di lui patria. ('). (*) (*) Il primo Contcsini clie s’incontra nei Libri dei nati in Isola e del 14 maržo 1554, e si chiama Giuseppe, andato da Portogruaro ad Isola per esercitarvi la chirurgia. Lo Zamarin mette in dubbio che questo Contesini fosse arciprete d’ Isola, perclie del 1694 fino al 1750, ressero quella parrocchia un Muratti, un Ulcigrai e un Delise non altri. Secondo Giacomo Besenghi il Contesini sarebbe stato Vicario generale del vescovo di Vicenza e forso arciprete in quella citta. V. Memorie della fo.miglia Contesini Hetloreo da Isola edite da D. Giov. Zamarin — Capodistria tip. B. Appolonio, 1877. (E.) 154 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 161. — BHUTTI conte Agostino (1747) nacque in Capodistria da nobilej ed illustre famiglia, la quale diede piii soggetti distinti per infule, per lettere, e per arini. II primo di lni incarico fu quello di consultore della sacra inquisizione nella sua patria. Passo poscia a Roma segretario dei Memoriali, e maestro di Camera di due ambasciatori veneti; per cui in premio dei servigi prestati, ebbe dalla Repubblica Veneta 1’ abazia di Asolo. II nome, ed i meriti del Brutti non restarono ignoti alla sede apostolica, per cui fu eletto dal Santo Padre vescovo di Canea, e quindi nel 1734 trasferito alla cattedra di Capodistria; ove dopo aver retta quella diocesi con zelo, con saggezza, e con dottrina per il corso di anni 13, mesi 8, passo, tra il compianto de’suoi concittadini, agli eterni riposi nel giorno 7 ottobre 1747, onorato di orazione funebre dal concittadino Giuseppe Bonzio, la quale fu resa pubblica nell’ anno seguente colle stampe dello Storli. ('). 162. — FONDA Girolamo (1754) nacque in Pirano da ricca ed onesta famiglia. Fu vicario generale, e per tre volte vicario capitolare di Pola ove lodevolmente sostenne 1’incarico, dal quale fu assunto al vescovato di Nova in cui presto l’opera sua nella conservazione dei proventi di quella chiesa: perlustrd la sua diocesi, e fu in pericolo della vita per insidie a lui teše da un parroco di rito greco. Da questa sede con diploma del pontefice Clemente XII, 4 maggio 1738, fu tra¬ sferito alla cattedra di Trau, e nel maggio deli’ anno seguente con somma esultanza di quei cittadini ne preše il solenne e formale possesso. — Ad esempio del di lui precessore fu sua cura il culto ed ornamento del tempio di S. Lorenzo, che arricclii di molti doni; fra i quali due preziosi piviali, una pianeta, e quattro tonicelle, stu- pendamente ricamati in oro. — Tre volte visito la sua diocesi spargendo il seme evangelico a beneficio di quelle popolazioni. — Difensore impavido dei diritti e proventi ecclesiastici, sostenne liti moleste coi coloni vescovili della villa Bussilinia, i quali poi furono da lui beneficati, col far loro costruire a tutte sue spese una salubre cisterna, avendo essi prima un’acqua corrotta. — Nata un’insurrezione dei villici in quattro terre di quella diocesi contro i loro padroni civili ed ecclesiastici, che espul- sero dalle loro proprieta, non valsero a rimetterli in dovere ne le preghiere, ne le minaccie, e gia si era in procinto di usare la pubblica forza, quando interpostpsi il vescovo Girolamo con dolce discorso mitigo la ferocia dei villici, li disarmo, e li ridusse in pace coi cittadini, restituendo i fondi levati, ai legittimi proprietari. Dopo due trienni di episeopato, secondo 1’antico costume, nell’anno 1746 diede conto del suo regime pastorale, e dello stato della sua diocesi alla Sacra Congregazione dei car- dinali, esposizione che viene portata per intiero dal Farlali. Consacro la basilica di S. Lo¬ renzo, ed essendo di anni 72, carico di meriti, cesso di vivere il giorno 30 novembre 1754, e fu sepolto con magnifici funerali nel comune sepolcro dei vescovi, dinanzi 1’ altare di S. Giovanni Orsino ( Farlali Illyr. Sacr. Tom. IV. p. 237, 447, Venez. per Coleti 1769). (9 Nella chiesa della Madonna dei Carmini (Battistorio) di Capodistria si leggono le seguenti iscrizioni, che ricordano qnesto vescovo: Ubi Spiritum Grati/E A Deo Accepit. — Ibi Terrae Corpus Reddidit. — Šibi & Barnab.® Fratri Vicario Generali — Deq. Huius Familia Descendentieus Sacerdotibus — Aijgustinus Episcopijs xxxix. HOC ORATORIVM — NOVO BAPTISMALI KONTE CONSTRVCTO — PAVIMENTO LAPIDIBVS VENVSTIVS STRATO _ SEDIBVS CIRCVMCIRCA ELEGANTIVS COMPOSITIS — .ERE — AVGVSTINI CO. DE BRVTIS EPISC. IVSTINOPOI.IT. — EX TESTAMENTO I.EGATO IN PVLCHRIOREM — EVIT FORMAM REDACTV.M — ANNO MDCCKI.VIII (E.) CAPITOLO III. 155 163 — De PICCARDI Aldrago Antonio triestino ( 1 ) da canonico e decano di quella cattedrale, nel novembre deli’ anno 1766 fu eletto vescovo di Pedena, 2 ) e nel 1783 con decreto sovrano fu traslocato al vacante vescovato di Segna coli’ aggiunta delle vici- nanze e di Fiume, nella quale cittž, doveva risiedere 3 ) il vescovo di Pedena con quello di Trieste, e 1’ arcivescovo di Gorizia; nel 1789 dali’ imperatore Giuseppe II. furono sospesi, erigendo un vescovato in Gradišča, il quale poco dopo soppresso, rimase soltanto abolito per sempre con bolla pontificia del 1789, quello di Pedena. Il nostro Piccardi pertanto fu 1’ ultimo vescovo di quella Sede. Si ritiro egli in patria, ove mori nel 1791. ( 4 ). Questo vescovo nel 1779 compose un’epigrafe sopra la instituzione di quel ve¬ scovato, che fece scrivere ad olio sopra un gran quadro, il quale ripose sopra la scala del vescovato. L’ epigrafe fu da me trascritta, e la riporto qui, avvertendo, che tutto ci6 si dice di quell’ erezione non e che fantasia, come dimostrero nell’ Istria Sacra, ova parlerd di quella cattedra. D. o. M. HOSPES • INGREDERE • HOSTIVM NON ■ EST • ENIM ■ HOSTIVM EPISCOPIVM ■ PETENATICVM CONSTANTINIANVM • QVINTVM VNDE • PETEJLE • NOMEN ARS1AE • ORIGINI • CONTERMINVM O B. NICEPHORI • ANTIOCHIAE • PASSI (*) AD • FLANAT1CVM • PORTVM • POSTEA • TRANSMISSI INDE ■ XXX • XBRIS • EQVO • LIBERO • IMPOSITI (*) HIC • AVTEM. ■ ADVENTANTIS • FIRMITER ■ SVBSISTENTIS MEMORIAE • AC • HONORI A • MAGNO • CAES. PIO • FEL ■ AVGVSTO IN • HOC • * • VINCENTE SILVESTRO • SEDENTE ■ I. ANNO • CHR • CCCXXIV IBIDEM • SVPRA • FIRMAM • PETRAM FVNDATVM • DEDICATVMQUE. (*) Nacque in Trieste il 6 maggio 1708 da Franeeseo del fu Aldrago e da Giacoma Gregolini, e secondo il Kdl. non mori, come dice poi lo Stancovich, nel 1791 ma ai 13 settembre 1789. La famiglia Piccardi era originaria di Verona in parentela cogli Scaligeri. — Kdl. Istr. v. 44. (E.) ( 2 ) Nel 1776 il conte di Pisino Giovanni Antonio Taurinetto in forza di antico diritto di patronato presentava a Maria Teresa il Piccardi a vescovo; nello stesso anno il papa confermava F elezione e nel 22 febbraio 1767 veniva ordinato in Gorizia. Kdl. o. c. (B.) ( 3 ) Fu vescovo di Segna e di Modrussa col titolo di Consigliere e di Signore di Gollogorizza; ma piu titolare che altro. Kdl. o. c. (E.) ( 4 ) Secondo il Kdl. o.- c. la soppressione fu decretata nel 1788 e fu unito il vescovato a quello di Trieste. — 11 Piccardi secondo lo stesso Kdl. si ritirb in patria assai prima della soppressione del vescovato, volendo attendere agli studii che giovane e adulto avea coltivato. A lui si deve la fondazione del Codice diplomatico detto Piccardiano conservato nella civica biblioteca di Trieste. Fu diligente ed assiduo ricercatore di patrie memorie. (E.) (*) 9 Feb. anno Xti. 260 in persec. Valeriani ex Metaplirast. ex Martirolog. Rom. (*) A Constantino anno 324 ex communi voto. (’) Petenae guotannis 30 Xbris colitur dies adventus eiusdem. 13 150 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 164. — De BRIGIDO barone Micheie, nacque in Trieste nel 1742, da famiglia patrizia di cjuella cittži, e dalla quale uscirono altri personaggi assai distinti, che si vedranno nel segnito di ques’opera. Iniziato negli ordini e nelle dignita ecclesiastiche si rese carissimo ali’ imperatore Giuseppe II, di cui fu consigliere intimo. Neli’ anno 1787 gli fu conferito il cospicuo vescovato di Scepusio, o Zips, nel regno di Ungheria; ma il Brigido invitato a mutarlo, aeconsenti per lodevole obbedienza verso il principe temporale ad assumere invece la cattedra vescovile di Lubiana, che gli fu data col titolo di principe arcivescovo, e con la signoria di Zittich aggiimtagli ad personam. — Tale egli rimase fino ali’ anno 1816, nel quale 1’ imperatore Francesco I. con diploma in data di Vienna del 24 ottobre deli’ anno stesso, si compiacque di tras- locarlo effettivamente al sopranominato vescovato di Zips, che gli era stato assegnato 19 anni addietro, e che appunto si rendeva vacante per la morte di Giovanni conte de Reva,. In questa dignita venne installato il barone de Brigido in Buda nel 17 febbraio del seguente anno 1807. Tanto il diploma di elezione (del 1806), che 1’ atto d’ installazione del Brigido al vescovato di Zips (del 1807), si conservano originali in Trieste dal di lui nipote conte Paolo de Brigido, il quale ebbe la cortesia di comunicarmelo, acciocche fossi al caso di esporre con precisione cio che riguarda 1’ illustre prelato. E da questi atti trascrivo qui alcuni brani, i quali registrano i titoli di cui godeva, e la deferenza che gli veniva accordata dalla Corte. Il diploma principia: Franciscus Primus Divina Favente Clementia Austriae Imperator etc. etc. Siccome poi 1’ Austria era stata eretta in impero riell’ agosto del 1804, cioe due soli anni circa avanti la data del diploma, cosi questo del Brigido viene a risultare il primo atto d’ investitura al vescovato di Zips, rilasciato da un imperatore d’ Austria. — E poiche Francesco I. distinse il Brigido come il suo predecessore Giuseppe II., si scorge che 1’ affezione di un monarca per lui, si era trasfusa anche nell’ altro. In seguito e detto: Quod nos demissis cognati nobis sincere dilecti reveren- dissimi in Christo patris, itlustrissimi sacri romani imperii principis liberi baronis Michaelis Brigido de Breczovicz el Marenfels, ordinis melitensis eguitis, consiliarii nostri actualis status intimi, et archiepiscopi Labacensis, positis in eo precibus, gua- tenus eidem archiepiscopatum Scepusiensem quem anno millesimo septingentesimo octuagesimo septimo benigne collatum habebat, et solum jusso altissimo pro laudabili erga terrae principem obedientia sua cum antelato archiepiscopatu Labacensi per- mutaverat, iterum praehabito archiepiscopatu praevie resignato clementer conferre digneremur, sumptis benignam in reflexionem singularibus ejusdem meritis de¬ menten annuerimus et detulerimus; eumdera ttague Michaelom liberum baronom Brigido de Bresovicz et Marenfels, tanguam personam de ecclesia Dei benemeritam, nobisgue hoc nomine gratam et acceptam, ad episcopatum Scepusiensem . nominare ecc. ecc. Vedesi adunque che il Brigido era principe del Sacro Romano Impero, barone, col predicato de Bresovitz e Marenfels, cavaliere deli’ ordine di Malta, consigliere intimo attuale di stato di S. M. I. d’ Austria, ed arcivescovo di Lubiana, quando fu trasferito al vescovato di Zips. CAPITOLO III. 157 II diploma e sottoscritto Franciscos m, p. e controfirmato antografamente: conies Ccrrolus Pal/])/ (de -ErdOd), o pia sotto ancora Aleosius Neveri/. La dala, come si disse, e di Vienna 24 ottobre I«S(l(i. — Segue la prolocollazione deli’atto con la firma: Ludovicum de JasstOits. L’atto di riconoscimento ed iiistallazione datato in Buda il 17 febbraio 1807, e segnato dal consiglio della R. Camera An lica Lugariča. Per nove anni il barone de Brigido governo con decoro la sua diocesi, quando fiualmente mal ferrno in salute si reco in patria coli’ intenzione di celebrare nella cattedrale di S, Giu.sto la sua seconda messa n o vrnila; essendo in e ta di 74 anni. Giunse a Trieste il di 10 luglio del 1816; ma attaccato da idrope di petto cbe rapi- 'damente incalzo, fini i suoi giorni nel 28 del mese stesso, ed ebbe funeftri esequie e sepolcro in quella cliiesa stessa o ve aveva divisato di ollrire il solenne sagrifizio. Il suo corpo venne raccliiuso nel momunento segnato G. F. C, mini. 4. 165. — De P0LES1N1 marehese Francesco, (') (1819) canonico di Montona sua patria, nel 1771 fu fatto vescovo di Pola. Spiego nella sede un carattere degno delPepiscopato nella regolarita dei costumi, nell’osservanza della disciplina del clero, nella vigile e salutare reggenza del gregge, e nel ristauro a'forme decenti del palazzo vescovile. Neli’ aimo 1778 trasferito alla cattedra di Parenzo mantenne sempre eguale la forma di vivere e di reggere aposlolicamente il suo popolo, spargendo colla voce la dottr/na di (Tisto, facendola seguire col di Ini esempio, ed arriccliendo cjuella cat¬ tedrale coi doni preziosi di otto reliquie e varii sacri arredi; accrescendo quel pa¬ lazzo vescovile di nuovo fabbricato, e largendo elemosine ali’ istituto dei poveri. 11 di lui spirito veramenle pastorale si sarebbe vieppiii appalesato con 1’inve- stita di ducati dieci mila per 1’ erezione di un Serninario a beneficio della gioventu (*) (*) 1’olcsini anlichissima famiglia istriana, forso venuta dalla Toseana in fpicsta provincia con altri profughi c precisamcnto nel castello ili Montona. Si: non oapostipito o nno doi piii lontani ascen- rlcnti qucl Collando Polesino , cittadino raggmardevole, cho o ricordato nel libro dei Consigli del secolo XIV assierae ai Notari, Sitorio, Suriacco, Vranchi (Krancln - Franco), Del Bene, Morozzolo, Zanzi, Martini, de Leonardo, de Ilarrano, Barbo, Morosini, De Arniči, Bisini (Vigini?), Dolfino, Giurzani, Corodelli, e nel secolo XV asSieme ai de Polo, Romagnin (Romanin), Zabran.i, Gumoni, Malaspini, Fiorin, Colombo, Molinari, Bosich, Goja, Colleito (Collottt), Gora/,za occ. ecc. (V. Citladini di Montona ne’'soc. XIV e XV ex libro Consiliorum pubb. nello Notizie storiche di Montona di P. Kandler, Trieste, tip., del Lloyd, 1875.) •— Neli' anno 1475 e ricordato Incopo Polesini arbitro per istabilire i confini controversi tra i due territori di Parenzo c Montona. Nel 1521 si distinse J 4 &> 7 ^ '1 C, f ' ^<4 CAPITOLO IV. 169 ed incomincia: Ecce nune tempus acceptabile; e finisce: elabi vobis non possit. Nel codice Piazza si ritrova a pag. 247, e porta il nome di Oratio X, ed ha segnato, habita An. 1406 novembris. 9. De differentia amici, et assentatoris. Con lo stesso titolo si ha un opuscolo di Plutarco ; da cui dice lo Ženo, che puo avere tradotto, ma non accertarsi senza il confronto. 10. In foeneratores facetissima exprobatio. Questa operetta, non indicata ancora da alcuno, si trova nel codice Piazza. 11. Orazione funebre fatta ad Oltoniello Discalcio il seniore nella chiesa degli Ere- mitani in Padova. Di quest’ opera abbiamo soltanto notizia dal Papadopoli (Hist. Gymn. Pat. lib. m, sect. n, cap. 3). 12. Allegabilia dieta ex Timeo Platonis. Opera Ms., che dallo Ženo (Voss. p. 58) ci viene indicata eh’ esistesse in Padova nella libreria de’ canonici Lateranensi di S. Giovanni di Verdava, per testiraonianza del Tommasini Bibl. Pat.) e dal Vergerio compilata nel 1388, e contiene ima Raccolta delle sentenze piu notabili del Timeo di Platone. 13. Paulus comoedia ad juvenum moreš corrigendos. Questa fu im’ opera giovanile del Vergerio, che sta manoseritta nell’Ambrosiana di Milano: notizia singolare, la quale debbo al suo bibliotecario Giuseppe Antonio Sassi, che la menziona nella sua Istoria lipografica Milanese coli. 393 Milano 1745 in fol., portandone il Prologo in versi, che pure fu di nuovo stampato dallo Ženo nelle Vossiane T. i, p. 59. 14. De arte metrica. Il Tiraboschi in una nota del T. v. Par. ii, dice, che fra le opere dello Zabarella vi e un trattato De arte Metrica, che conservasi Ms. nella libreria Farsetti in Venezia, eh’ egli afferma di aver composto insieme a Pier’ Paolo Vergerio il vecchio. 15. Codice manoseritto di lettere di P. P. Vergerio di pag. 317, esistente presso 1’ avvocato dottor Antonio Piazza in Padova, zelantissimo collettore delle cose patrie, intitolato Petri Pauli Vergerii epistolae, e sono in numero di 142, tratte dal codice deli’ abate Giovanni Brunacci da Monselice (nel quale sono segnate epistole 147, come afferma lo Ženo) non che dalla Biblioteca Guarneriana di S. Daniele del Friuli. Oltre queste Epistole contiene quel codice vn orazioni in lode di S. Girolamo, 1’ ottava in funere Princip. Franc., la nona a Francesco il giovane per la comunith di Padova, la decima per 1’ unione della Chiesa, e quindi il discorso in Faeneratores, ossia contro gli usurai, poscia per le esequie del suddetto principe, la prefazione alla traduzione di Arriano, 1’ operetta de Ingenuis moribus, e la vita del Petrarca. Il dottor Piazza, che solo possiede si bella collezione, potrebbe dare al pub- blico le opere inedite del Vergerio, e rendersi con cio come attestano lo Ženo, ed il Maffei, benemerito delle lettere. c _ v sr —zj 170 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA SCRITTI Dl PIETRO PAOLO VERGERIO IL SENIORE secondo V ordine dato per materia da C. Combi *) 1. Vitae principum Carrarensium {Stanc. Biog. Opere stampate, n. 1). Due edi- zioni ed un compendio, quest’ ultimo deli’ ab. Zacco. II Combi dice che questa opera meriterebbe una terza edizione con note, e che un codice della stessa trovasi alla Marciana di Venezia, ed un altro, in isplendido esemplare, distinto come il primo per correzione e del medesimo secolo xiv nel museo di Padova. 2. Apologia contra Albertinim Mussatum. {St. Biog. Op. inedite n. 5). Fu fatta stampare dal Gittadella nella sua Storia dei Carraresi, e sarebbe stata ristampata per cura del Cornbi nel suo Epistolario Vergeriano se morte non lo avesse rapito innanzi tempo alla patria e alla scienza. 3. Adnotationes in librum de gestis Carrarensium {St. id. 4) Manoscritto, sottratto alle ricerche degli studiosi, ma che il Combi sperava di poter rinvenire. 4. Historia principum Mantuanorum. {St. id. 2). Manoscritto, che ritiensi perduto per sempre, ma che fu ricordato da diversi scrittori, tra cui Bagle, Muratori e Ženo. 5. Oratio pro reintegranda uniendague Ecclesia. Si trova anche col titolo: Pro pontijice: e Pro schismate abolendo {St. id. 8). Manoscritto non completo, ma anche come frammento ha vera irnportanza storica. 6. Quaestiones de Ecclesiae potestate. Manca nelPelenco dello Stancovich. Era in manoscritto che and6 perduto. Ad ogni modo, dice il Combi, šarit bene desumere le Ouaestiones dali’ opera De schismate dello Zabarella, che assai propabilmente fu pensata assieme con esso. 7. In funere Francisci senioris de Carraria. {St. op. st. 3). Edita dal Muratori-, da non confondersi coli’ epistola De funebri apparatu in exequis clarissimi omnium principis Francisci senioris de Carraria, descritta dallo Stancovich al n. 2 del suo catalogo di opere stampate dal Vergerio. 8. Pro communitate patavina. Manca nel catalogo dello Stancovich. Documenti di non piccolo valore per lo studio delle relazioni fra Padova e i suoi principi alla vigilia della compassionevole catastrofe ch’ ebbe a colpirli. 9. Oratio in funere Othonelli Discalcii. {St. op. id. 11 ne riporta il titolo in italiano). Manoscritto perduto. 10. De republica veneta. Lo Stancovich dž, il titolo tra le inedite d’ Istoria di Ve¬ nezia; di questo scritto non rimane che una parte, scoperta dali’ abate Moretti, e pubblicata quindi dal Cicogna su altro esemplare piu completo, che arricchito *) Tanto i titoli degli scritti vergeriani che le analoghe illustrazioni sono tratti dali’ opera — Di Pierpaolo Vergerio il seniore da Capodistria e del suo epistolario, memoria del prof. C. A. Combi ecc. (E.) CAPITOLO IV. 171 di note dal Sabellico si trova ora nel Museo civico di Venezia. Lo stesso Cicogna e il Tommaseo osservarono ch’ esso giova ali a storia del diritto costituzionale e amministrativo di Venezia. 11. De statu et inclgtae urbis Romae (St. op. id. 6). Sta nel codice Ramusio della Marciana, e breve com’ e, dice il Combi, šara pur bene stamparlo anch’ esso coli’ epistolario e accompagnarlo di qualclie nota che lo metta in relazione col risorgimento degli studii archeologici. 12. De situ Juslinopolis. (Sl. op. st. 9 lo reca col titolo De urbe Justmopolis). Fu pubblicato per la prima volta dal Muratovi, e poi riprodotto dal Rossetti col Tommasini neil’ Archeografo triestino. Non e che una frazione di maggior opera, la quale doveva forse illustrare non solo quella citta, ma tutta 1’ Istria. Il Combi dice che non mancano ragioni a crederlo. 13. Vita del Petrarca (St. op. st. 6 col titolo Francisci Petrarchae vita). Si trova in molti codici e piu correttamente che in ogni altro nel numero 940 del Museo di Padova. Pubblicata nelle due edizioni del Petrarca redivivo del Tommasini, fu di lh riprodotta dal De Sade. 14. Elogio delto Zabarella. (Sl. op. st. 12). E un’ orazione detta dal Vergerio per la morte del piu intimo de’ suoi amici. Non fu rinvenuta dal Combi, il quale pero dice che pu6 supplirvi la lettera del Vergerio scritta a Costanza, con cui pianse la dipartita del venerato maestro; stampata in tre edizioni e conservata in molti codici fu sempre 1’ ammirazione degli studiosi. 15. De ingenuis moribus (St. op. st. 5, col titolo De ingenuis moribus, et libera- libus disciplinis ad Ubertinum de Carraria). Per quest’ opera si deve riconoscere il Vergerio come uno dei piu illustri educatori italiani, e primo poi, per ordine di tempo dal risorgimento delle lettere, fra tutti gli scrittori di dottrine pedago- giche. Essa fu la consueta lettura in tutte le scuole, e non manca, ne stampata ne manoscritta, in nessuna biblioteca di qualche importanza, e trovasi spesso anclie nelle piu piccole. Le edizioni, aggiunge il Combi, non sono ne le sei, ne le otto, ne le dieci, come le sommarono coloro che credettero di averne scoperto il maggior numero, assegnando il pošto deli’ anzianita alla terza, alla sesta e perfino alla decima. Di pressoche guaranta ebbe a prenderne nota il sull. Combi, ne certo oso lusingarsi di avere esaurito tale ricerca. 16. Vita di Seneca. (Manca nel cat. dello Stanc.). Resta soltanto un frammento inedito nel codice Ramusio. 17. Compendio delle Istituzioni di Quintiliano. (St. op. st. 11, col titolo M. Fabii Ouintiliani instilutionum oratoriarum libri XII in commentarios redacti Petro Paulo Vergerio auctore). Un’ edizione pubblicata dal vescovo Du Tillet e dallo stesso scoperta. 18. Allegabilia dieta ex Timaeo Platonis. (St. op. in. 12). Secondo il Valentinelli 1’ autografo sarebbe nel codice 54 della XIV classe latina della Marciana. 19. De di(ferentia ašsentatoris el amici. (Sl. op. in. 9). Pare che il Vergerio avesse tradotta quest’ operetta di Plutarco in italiano; il Guarino la tradusse in latino. S’ ignora da chi e posseduta. 20. De gestis Alexandri Magni. (St. op. in. 1, le da il titolo Arriano dei fatti di Alessand?'o, ma fu tradotta dai greco in latino ed e la prima traduzione dal greco H 172 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA dopo il primo rinascimento delle lettere classiche). Scoperta dal Diclot fu acqui- stata di recente dalla Biblioteca nazionale di Parigi. Alcune parti di quest’ ope- retta trovansi tra gli scritti lasciati da Carlo Combi, copiate dal filologo istriano prof. Antonio Ive. 21. De Virgilii statua Mantuae diruta per Carolum de Malalesta ad Ludovicum Alidosium Imolae principum. (Manca nel cat. dello Stancovich). Questo scritto a dire del Combi e acerbo, ma 1’ ironia, per quanto mordente, non manca mai di nobilth. Se ne fecero quattro edizioni. 22. Oratio de Divo Hieronijmo. (St. in. 8). E un’orazione panegirica, dice. il Combi, su quel grande nostro comprovinciale che fu S. Girolamo da Stridone, ora Sdregna nel distretto istriano di Pinguente, non lungi da possedimento gia tenuto dai Vergerii. 23. Altri sermoni intorno allo stesso sanlo. (St. in. 8). Furono recitati dal Vergerio in molte citth, e particolarmente a Padova, dove la facolta universitaria degli studii teologici promossa da lui, s’ era scelto a tutelare 1’ insigne dottore della Chiesa aquilejese. Il Combi, parlando di questi sermoni, che non črede smarriti, ritorna sulla patria di San Giirolamo, basato anche sull’ autorita del celebre Giovanni da Ravenna. 24. Un officio intorno a S. Girolamo. Non e ricordato dallo Stancovich ne da altri eccetto che dal Combi, secondo il quale e compreso in p ar te nel codice Ramusio ed anche edito in antichi breviarii come appare da una nota del cod. 254, cl. XIV 1. della Marciana. Altri soggetti di genere religioso sarebbero stati svolti dal Vergerio, come per esempio: 25. De religione sanctitale et castitate. (Stanc. in. 7). Di altre opere minori del celebre istriano il sullodato C. Combi da un semplice elenco e sono: 26. Paulus ad juvenum moreš, corrigendes. Commedia. (St. in. 13). 27. In foeneratores. (Sl. in. 10. In foeneratores facetissima exprobalio). Secondo il C. e pure chiamata: De cambii nomine. 28. Pro reditu natorum Francisci junioris de Carraria. 29. Poetica narratio. 30. De arte metrica. (St. in. 14). 31. Epitafii. 32. Epistole. Di queste parla il C. nella sua memoria di P. P. Vergerio il seniore ecc. ALTRI SCRITTI DEL VERGERIO 1. Studii intorno d Platone e versi di vario argomento mandati al Crisolora. 2. Dna memoria di Filosofia morale. 3. Confutazione di un libello imperiale diretto a papa Innocenzo VIL 4. Consulto legale per la terra di Buje nell’ Istria. 5. Dissertazione sopra i magistrati della Repubblica di Firenze. (E probabile che sia del Vergerio). 6. Dissertazione sopra i magistrati della Repubblica di Venezia. NB, Anche questi scritti si trovano ricordati nell’ opera p. c. di O. Combi. CAPITOLO IV. 173 171. — ZOVENZONI Rafaele, di Trieste (1436), fu buon poeta latino, e molti de’ suoi scritti sono alle stampe, e assai piti se ne trovano nei codici del suo tempo. Egli fu pubblico maestro di belle lettere in Capodistria (Ženo Lett. n. 1262). Dal Tomo II. delle Vossiane p. 165 n. LXXV. alLarticolo Giammaria Tiberino, letterato di Chiari, si ha la conferma della patria del nostro poeta nella lettera di Giovanni Inclerbachio vescovo di Trento diretta a Rafaele Zovenzoni da Trieste, poeta laureato in data del mese di aprile 1475. II Tiraboschi (Letter. Ital. Tom. VI.) dice che il Giraldi loda singolarmente alcuni di lui componimenti lirici; e si leggono alcune di lui poesie nelTultimo torno della raccolta stampata in Firenze col titolo: Carmina illustrium poetarum. ( ! ) 172. — FEBEO Ambrogio da Pirano, eccellente oratore, fu professore di belle lettere a Capodistria. Di lui vi ha qualche orazione alle stampe (Ženo Lett.); e dalla lettera n. 272 dello stesso, rilevasi che nel 1520, dice il Vossio, ob mortem excellen- tissimi viri domini Palladii Fusci (Fosco (a) ossia Negri padovano) fu ricondotto precettore di u man it h in Capodistria ai 28 di ottobre di detto anno Ambrogio Febeo piranese. Si dice ricondotto, perche fu pure la prima volta precettore ai 24 agosto 1514 in luogo di Cristoforo Muzio padre di Girolamo Muzio. Ženo Vossiane (T. II. p. 56 e 58). Egli fu maestro di poesia e di belle lettere del vescovo di Trieste Andrea Rapicio, il quale nel 1556 con tenero sentimente di riconoscenza ne piange la morte, nel di lui poema Istria pag. 15, Pavia tipi Bizzoni 1826, nel modo seguente: « Te venerande senex, saevae rapuere sorores Ante diem, poterat vivax tua ferre senectus (’) Rafaelo Zovenzoni nacque a Trieste il di 8 febbraio 1434 da Romeo giureconsulto bolognese, andato cola fino dal 1429. Fu prima precettore nella sua patria, la quale n'ebbe sempre di riputatissimr, anche nei secoli scorsi, tra cui oltre lo stesso Zovenzoni, il Mercatelli da Padova, il Germiniano da Udine e Domenico Monticoli. Curiosa era la consuetudine di nominare il precettore; la scelta veniva affidala ad un ragguardovolo cittadino eletto dal Consiglio, che recavasi in altre terre italianc per trovarne uno che godesse farna di Valente. L’uffizio del precettore durava un nuniero determinato d’anni; in capo ai quali o veniva riconfermato o so ne sceglieva un altro. E questo riguardo a Trieste. A Capodistria abbiamo indizii antichissimi di precottori, dctti magistri scholarum. Rassodata la dominazione veneta, le memorie di provvedimenti por le scuole (scholac) assunsero forme piii slabili. Nel. 1423 la ducale di Tommaso Mocenigo assegnb uno stipendio perche Capodistria avesse il suo maestro e nel 1452 altra ducale di Francesco Foscari accolse una deliberazione del Consiglio per la conferma annuale di un medico e di un maestro. E che quella cittk ne avesse avuti di valenti bastino ricordare, oltre gli accennati dallo Stan- covich, Metello Metelli, Francesco Zamboecari, Giustiniano Donato, Grinoo o quel Bernardino Donato che ad istanza del Bembo passb poi alPuniversith padovana. Il Zovenzoni piu rammcntato fu in seguito bandito dalla patria per aver assunto la cattedra di altra citta. I suoi earmi furono ristampati nel 1862 nelPoc- casione che si collocarono sulla facciata della loggia comunale di Trieste due busti enei. - V. Notizie storiche intorno alla pubblica educazionc a Capodistria, raccolte dal D.r G. Loser. Primo programma dol Ginnasio di Capodistria, Trieste, tip. del Lloyd, 1858. — Effemeridi istriane e triestine — nelPAlmanacco istriano delTAvvocato Antonio Madonizza, Capodistria, tip. di Giuseppe Tondclli, 1864. — La storia di Trieste narrata ai fanciulli di Jacopo Cavalli, ecc. (E.) (a) Palladio Fosco non fu nativo da Trau come dice VAppendini padre Francesco (Notizie sulle Antichitti, e Letteralura de' ragusei T. II. p. 318, Ragusa 1802 in 4.°) ma di Padova, morto in Capodistria, mentre insegnava in cattedra sorpreso d’apoplessia e portato in časa da’ suoi scolari; fu sepolto nella chiesa de’ minori conventuali li 18 ottobre 1520. - Poteva facilmcnte 1’Appendini ci6 riscontrare in piu autori, e spccialmente nello Vossiane dello Ženo. 174 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. Longius humanos venturi temporis usus. Non mihi te postquam patriis sum redditus oris, Affari licuit: saltem mea gaudia sospes Vidisses, partosque etiam mihi nuper honores. Tu mihi Parnasi latices, tu culmina Pindi Monstrasti, per te solitas mea Cjnthia voces Prosequitur, per te facilis, licet ardua dudum, Yirtus optatae tribuit mihi nomina laudis. Ah tantum sors ausa malum: Te moenia lugent, Ambrosi, te tota tu is aucta Histria doniš. Fortunatam animam, dubiis quae exempta procellis Divinam expectat faciem, sedesque beatas Incolit, et Coelo fruitur tranquilla sereno. Si rediens Patavo constructum forte sepulchrum Aspiciam, intactos tibi, debita inunera, flores Contexam, grati monumentum, et pignus alumni.» 173. — VERGERIO Aurelio di Capodistria, (') fratello di Pietro Paolo vescovo di Capodistria, e di Gio: Battista vescovo di Pola, compose nella sua gioventu una commedia favolosa, che fu rappresentata in Capodistria, e che allora fu applaudita {Carli, Teatro Tragico, opus. Calogera T, xxxv). ( 2 ) L’ unica traccia di questa singolare commedia, che si eseguiva in due giorni, si trova nel Lib. n deli’ Arte Poetica di Girolamo Muzio concittadino e amico del Vergerio il quale probabilmente la vide rappresentare nella sua patria. I versi del Muzio sono i seguenti: « 11 mio Vergerio giit felicemente « Con un una sola favola due notti « Tenne lo spettator piu volte intento. « Chiudean cinque e cinque atti gli accidenti « Di due giornate; e ’1 quinto ch’ era in prima, « Poi ch’ avea il caso e gli animi sospesi, « Chiudea la scena ed ammorzava i lumi. « Il popolo infiammato dal diletto « Ne stava il giorno che veniva appresso « Bramando ’1 foco de’ secondi torchi: « Quindi correa la calca a tutti i seggi, « Vaga del fine, ed a pena soffriva « D’aspettar ch’altri ne levasse i veli. ( 3 ) (*) (*) Nacque nel 1491. (E.) ( 2 ) E a deplorarsi per la storia letteraria italiana ehe non sia rimasta traccia di cpiesta commedia del Vergerio. la quale, benche non sia tra le primissime del nostro teatro e certamente tra le piu antiche (E.) ( 3 ) Vedi G. Babuder Cenni inlorno alln vita ed agli scritti del march. Girolamo Gravisi , Atti del Ginn. sup. di Capodistria, 1867-68, Capodistria, tip. G. Tondelli, 1868; e UUnione, cron. cap. anno VII, 1881, n. 20. — Questo periodico manifesta la speranza che a qualcuno de’nostri giovani, e specialmente a qualcuno di quelli che si trovano a Roma, venga vaghezza di far ricerche di Aurelio Vergerio. (E.) CAPITOLO IV. 175 Aurelio al dire del Bayle (Diet. artic. P. P. Vergerio alla fine), fu cavaliere di Malta. Mori avvelenato in Roma nel 1532 d’ anni quarantuno, e nella carriera dei piu luminosi avanzamenti, in qualita di segretario di papa Clemente YII. Abbiamo dal Muzio circostanza della morte del Vergerio essendosi portato in quel- l’anno per la prima volta a Roma. Egli nella lettera seritta da quella cittA ad Ottonello Vida suo concittadino ( Letlera del Muzio Justinop. Libri quattro Firenze tip. Bartol. Sermartelli 1590, Lib. [.) e che io riportero letteralmente, espone il funestissimo caso: «01tre che non ci ho trovato aleuno dei nostri, come haverei fatto, se ad altro «tempo ci fossi venuto. Voi ve ne andaste abborrendo la miseria di queste corti. M. «Hannibale non pote sostener la gravezza di questo cielo, il protonotario Vergerio ne «ando nunzio appostolico al re de’romani. M. Aurelio suo fratello se ne mori: et «prima era inorto Antonio mio fratello, et quanto io perdei in Antonio, tanto in M. «Aurelio possiam dire di aver perduto tutti. — Mio fratello in eik di venticinque anni «fatto (come sapete) castellano di Benevento, non contento di quel luogo tornato a «Roma per averne il governo, da morte ei fu tolto: et M. Aurelio nel flore della sua «virile et k, et nel principio del corso della sua grandezza, quando egli cominciava a «distribuir le mitre fra suoi, fini la vita. — Ma come passasse la morte sua non čredo «che voi lo abbiate ancora inteso: et perciocche a me e stato per buona via fatto «sapere, voglio darne notizia ancora a voi, acciocche non solamente della morte sua «habbiate a dolere, ma ancora della qualith di quella, convenendosi al danno, che «in perdendo lui fu ricevuto da noi, che mai non si mette fine a tal dolore. «Voi conosceste il Sanga, et sapete la amicizia, che era fra M. Aurelio, et lui. «11 Sanga haveva una femmina, alla quale egli voleva tutto il suo bene: et per amor «di colei egli viveva dalla propria madre separato, di che quella buona donna ne «sentiva inestimabile dolore: et haveva ella per costante che quella giovane avesse «con malie recato il figliuolo a cosi frequentemente amarla. Ne potendo lungamente «questa cosa sopportare, si delibero di voler tor la vita a lei, che-le toglieva il figliuolo. «Et del tutto con lei infingendosi, et tutta amorevole a lei dimostrandosi, un di dopo «desinare spiato che il figliuolo non vi fosse, sotto spetie di visitatione (secondo che «ella aleuna volta era usata di fare) ando a lei, et portolle da fare una insalatuzza «la piu bella, che si potesse vedere: Havendola la giovane veduta, et essendole piacciuta «assai, la vecchia le disse, figliuola mia io la ho colta con le mie mani, et portatalati «acciocche tu te ne merendi. Et la giovine disse, che fatto 1’ avrebbe di voglia. La «vecchia quivi poco dimoratasi se ne ando, et la giovane senza dappoi mettervi molto «indugio si diede ad acconciare qiiella sua insalata. Et ecco* appena disposte le cose «per quella infelice merenda, soppragiungere il Sanga, et il Vergerio , et trovato «quello apprestamento, le cominciarono ridendo a dire: A questo modo? voi vi cre- «devate farla senza di noi? Ma ella non vi andrž. fatta questa volta, anche noi ci «vogliamo la parte nostra di questa cosi bella insalata: et cosi scherzando et moteg- «giando con lei insieme con lei cominciarono a mangiare la insalata piu bella che «buona, ne di quella altro ne rimase che un pocolin di aceto, nel quale un ragazzo «intinse del pane. Et la insalata che prima dalla vecchia era stata salata di altro che «di šale acconcio coloro in maniera, che in pochissimi giorni, il Vergerio, il Sanga, «la giovane, et il ragazzo senza intendersi quale fosse il loro male se ne morirono». 176 BIOGRAFI A DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Parlano del nostro Aurelio il Tiraboschi nella Storia clella Letteratura Italiana, il Ginguene nella Storia Letteraria Italiana Venezia 1823: e 1’Ughelli nell’ Itatia Sacra scrivendo del vescovo di Pola Giov. Battista dice: Ilič etiam alterum fratrem habuit Aurelium Vergerium Clementis VIL Pont. Max. a secretis, virum 'doctrina eximium, et pietate clarissimum, in ipso honorum cursu praemortuum, in ecclesia S. Mariae supra Minerva Romae tumulaium, et hocce epitaphio a frairibus exornatum: AVRELIO • VERGERIO • IVSTINOPOLITANO • CLEMENTIS • VII • PONT. MAX. • A ■ SECRETIS ACERBA • MORTE • INTERCEPTO • DVM ■ ID ■ MVNVS • CVM ■ SVMMA • OMNIVM • ADMIRATIONE OBIRET • IOANNES • BAPTISTA • EPISCOPVS • POLAE • ET • PETRVS • PAVLVS ■ VERGERIVS I. C. . FRATRI • B. M. POSVERE ■ QVI ■ VIXIT • XLI. ■ HIC ■ PRO ■ TEMPORE • QVIESCIT • A SV1S ■ LABORIBVS • PRO • ME • SVSCEPTIS • A VE ■ FRATER • DVLCISSIME • AT ■ PAVLO • POST HAEC • ČARA • OSSA • EGO • IN • PATRIAM • EGO • IPSE • DEFERAM • IN • EO • IN • FINE • SE SEPVLCRVM • MANET - DIGNATVS - VIRTVTE • ET • PIETATE • MEA • ERGA • TE ■ INCOMPARABILI. Nella chiesa concattedrale di Capodistria vi e il seguente epitaflo, a detta del Manzioli: AVRELIO • VERGERIO • IACOBI ■ F. RO • PON • A • SECR • ROMAE • MORTVO DVM • ID ■ MVNVS • CVM • SVMMA • OMNIVM LAVDE • ET ■ ADMIRATIONE • OBIRET MDXLVIII. (>) Quest’anno e un errore mentre egli e inorto-nel 1532. 174. — DIVO Andrea, capodistriano, dotto nelle lettere greche e latine. Pubblicb nel 1537 la traduzione letterale dal greco in latino deli’ Iliade con un’interessante ( ! ) Se questa iscrizione fosse stala cosi ai tempi del Manzioli como diee lo Stancovich, sarebbo prova evidente cho fin da quol tempo i nomi dei due veseovi Vergerio (Giov. Battista e Pietro Paolo) sarebbero stati scalpellati. Ma T iscrizione recata qui dallo Stancovich nori e completa, e per aecertarsene basti entrare in Duomo o salire la scaletta oscura delTorgano. A miglior prova ecco una lottera cspli- cativa recata dali ’ Unione, cron. cap. anno VII, 1881, n. 22. coli’iscrizione quale in oggi si trova: Ho verificato la lapide di Aurelio Vergerio essere pienamente quella che ella disse murata a dostra di chi entra in Duomo per la maggiore, e nascosta dalla scala delTorgano. Iissa e scalpellata solo in parte e dove, come risulta ad evidenza dal tenore delTepigrafe, v’erano i nomi dei due veseovi fratelli di Aurelio. Gliela traserivo qui sotto con iserupolosa esattezza; e prima mi permetlo di farle una breve considorazione. Quantunque si discorra cba la lapide sia slata scalpellata nella prima meta del socolo nostro da pio ma focoso sacerdote, tuttavolta io sarci inclinato a ritenere che cib avvenisse ancora prima o al tempo del Manzioli (soc. XVII), poiche egli la riporta mettondo dopo VObiret la sola data, indottovi probabilmente dali’impressione che a lui, religiosissimo, deve aver destato la vista di quelle parole scalpellate. Ma cio sia detto di passata, che i particolari dol fatto, cioe lo indagare quando e da chi possa essere provenuto il guasto della pietra, non merita studio. G. G. AVRELIO ■ VERGERIO • IACOPI • F. RO • PONT • A • SCR • ROMAE • MORTVO DVM • ID ■ MVNVS : CVM • SVMMA • OMNIVM LAVDE ■ ET • ADMIRATIONE • OBIRET FRATRES • POSVERE MDXLVIII VITA CHRISTVS ET MORS LVCRVM CAPITOLO IV. 177 dediča al suo concittadino P. I?. Vergerio, vescovo di Capodistria, del quale loda la dottrina, e la religione. Nella stessa dediča ci partecipa di tradurre tutti i poeti greci, e diffatti fece la' traduzione deli’ Odissea, e deli’ Idilium di Teocrito; lavori letterari, di cui tutti i biografi, commendano il merito. Danno di lui un breve cenno il Carli (Opere Tomo XV), e il Manzioli. (') 175. — ZAROTTI Cristoforo, da Capodistria, (1538) ci viene indicato dal Manzioli per oratore di vaglia, che commento Ovidio in Ibin, ne maggiori notizie ho potuto ritrarre di lui. 176. — COPPO Pietro, (1540) da Isola, come tutti gli autori lo indicano, il Manzioli, 1’Ireneo, il Carli, Apostolo Ženo, ed il Morelli, ma probabilmente da Venezia, per quanto sembra dal suo contratto nuziale, e dal suo testamento, dei quali piu innanzi parlero, e che esistono originali nelTArchivio d’Isola. Nacque il Coppo intorno all’anno 1470, e di circa 20 anni sposo in Isola Colotta Ugo ( 2 ), da cui ebbe cinque figli: Antonio, Francesco, Vincenzo, Giovanni e Marco, al figlio del quale Nicolo lego i suoi libri, vedendolo inclinato alle lettere. Fece molti viaggi, e compose piu opere di Geografia, per le quali acquisto un nome. Nel 1550, oltre gli ottanta anni, fece testamento da cui ritrarro piu notizie. Apostolo Ženo scrivendo a suo fratello Pier’ Caterino nel 1726, lettera n. 667 T. IV., dice: «gli opuscoli del Coppo sono cagione di aggiungere un nuovo poeta a’ «miei scrittori veneziani in quel Fantin Coppo, della qual famiglia, non so di avere «osservato altro scrittore; poiche Pietro Coppo autore di una piccola, ma esatta «descrizione deli’ Istria, gia stampata, e di qualche altra cosa da me veduta scritta a «mano, non era patrizio veneziano, come lo fa Pier’ Angelo Ženo nel libretto delle «sue Memorie ecc., ma da Isola, presso Capodistria». L’ahate Morelli, regio bibliotecario di S. Marco in Venezia, nella nota 15 p. 62. Lettera rarissima di Cristoforo Golombo, Bassano 1810, da conto del nostro Coppo, e delle di lui opere, ne meglio conviene, che portare letteralinente le di lui espres- sioni: «L)elle isole e terre scoperte dal Colombo li nomi non sono sempre li medesimi «nelle carte nautiche vecchie, e ne’portolani disusati. Pietro Coppo da Isola, terra «dell’Istria, in un suo Portolano stampato in Venezia nelPan. 1528 per Agostino di «Bindoni in 24. u questa indicazione, non pero abuastanza esatta, ne rnette.E «sconosciuto questo Portolano, di cui gli esemplari, si per la piccolezza del libro, come «per l’uso fattone, devono essere mancati; giacche šara esso a suo tempo stato p regi ato, «auehe per avervi selte earle geogra/iche intagliate in legno, una delle quali il pla- «nisferio col mondo tutto allora noto contiene. Altra operetta il Coppo fece Del sito «dell’Istria, stampata in Venezia per Francesco Bindoni e Maffeo Pasini nel 1540 ( 1 ) Nella Biographie universelle, Pariš, Michaud, 1828, havvi un cenno biografieo del Divo scritto dal Weis; ma uno studio esteso cc lo lia dato il Babuder col titolo: Bi alcuni islriani cultori delle lettere classiehe dal 1400 in poi, ed in particolare della traduzione deli’Iliade di Adrea Divo giusti- nopolitano, nogli Atti del Ginnasio superiore di Capodistria 1864 - 65. Capodistria, tipog. di Giuseppe Tondelli, 1865. — Andrea Divo scrisse ancora: Aristophanis Comoediae , XI lat. ad verbum translatae, Venezia, 1588, Basilea, 1542, 1552. (E.) ( 2 ) Colotta Ugo o degli Ughi; forse gli antenati del celebre Pasquale Besenglii degli Uglii saranno stali in parentela con quella famiglia. (E.) 178 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA «in 4.°, nella quale ha descritto quella provincia, ed anche la rappresento con ima «tavola in legno parimenti intagliata. In lhttera prernešsa a Gioseffo Fauslino istriano «suo condiscepolo presso il Sabellico dice, ch’era sessagenario, e che aveva alire volte «scritlo e disegnalo le provincie e lochi de tulla la terra a cerco in latino (‘). E in «vero ho io veduta in un bel codice a penna presso privata persona, ma alla sfuggita, «questa di lui opera alquanto diffusa, intitolata De loto orbe libri quatuor; ( 2 ) nella «prefazione della quale dice che in eta di cinquanta anni 1’aveva scritta, dopo avere «viaggiato per tutta Italia, navigato quasi tutto il iriare Mediterraneo, e letti recenti «e accreditati itinerarii: e specialmente quanto ali’ Italia v’ inseri egli esatte e non «comuni notizie, apprese anche nella dirnora che fatta aveva in Venezia, in Roma, «dove 'trovossi a conversare con Pomponio Leto, e nel regno di Napoli, in cui per «dieciotto mesi s’era trattenuto: alla fine poi con molte tavole geografiche generali e «particolari, diligentemente lavorate, pregio ali’opera accrebhe, e piu chiaramente il «sapere suo ha dimostrato. L’ oscurita in cui rimase questo geografo italiano, benche «egli pure non sia andato esente da piu errori, come non lo andarono tanti altri «rinomati, fece che il nome suo io volentieri in luce qui ritornassi». ( 3 ) Il contratto nuziale e scritto come segue: In Christi nomine amen. Anno domini millesimo qudrigentesimo nonagesimo nono, indiclione secunda, die vero trigesimo menah maj. Aclum Inaulae in domo habitationis infrascripti J. Cadi de Ugo coram etc . Ibigue cum sil quod contractum fueril verum el legiiimum matrimonium per verba de presenti secundum scripta S. Romae Ecclesiae inter prudentes virum do¬ minam Petrum Coppum de Venetih praesenlem ex una, el ex altera dominam Colottam filiam egregj viri J. Cadi de Ugo de Insula fac et contrahentibus matri¬ monium secundum statutam consuetudinem provinciae Istriae, et praesertim terrae inaulae, quae consuetudo appellalur fralris el sororis etc. In questo documento os- serviamo che Pietro Coppo e indicato da Venezia de Venelih, come la sposa Colotta e dichiarata da Isola, ne ci sembra dubbio ch' egii sia stato veneziano. Il testamento e come segue: In Christi nomine amen. Anno nalivilalh ejuadem millesimo guingentesimo quinquagesimo, indiclione oclava, die vero septimo mensis julii. Aclum Insulae ad cancellum domus habitationis mei testatoris infrascripti. Ibique cum sit «ch’avendo io Pietro Coppo, et Colotta mia consorte dotati li «nostri cinque figliuoli .... excepto Marco ultimo dotato sempre stato in časa .... «et essendo nui pervenuti ali’eta de anni ottanta, e piu, ch’e la sesta eta del viver «nostro, la predetta mia consorte nelli mesi precedenti fece el suo testamento della čemita sua delli predetti beni a mi restati, di che anchor mi Pietro predito attrovandomi (*) (*) L’operetta Del sito deli' Istria e registrata nel Sagtjio di Bibliografa Istriana con questo titolo: Del sito deli'Istria, a Gioseffo Faustino, di Pietro Coppo, in 4.° — Venezia Francesco Bindoni e Maffoo Pasini, 1540. Il lavoro dol Coppo fu ripubblicato dal voechio Arcli. Tries., vol. II, p. 20-44. (E.) ( 2 ) Col titolo Petri Coppi De summa totius Orbis conserva 1’Archivio Storico di Pirano im mano- scritto del Coppo colPatlante del 1544, incisione in legno di qucl tempo. (E.) ( 3 ) Le notizie poi-te dal Morelli ci mostrano altri due distinti istriani: un poeta — Fantino Coppo, ed un cartografo — Giuseppe Fauslino, allievo di Pietro Coppo; anche Nicolo nipote di Pietro pare fosse dedito alle lettere. (E.) CAPITOLO IV. 179 «in bona convalescentia sano della mente senso et inteletto, et nella eta preditta «cognoscendo niuna cosa esser piu certa che la morte, ne piu incerta che 1’ liora di «essa, qual vegnando non la temo, et manclio la desidero, no vojando mancar da «questa vita senza disponer et ordinar della mia mita de questo pocho de’ beni restati, «che sono si pochi, che quasi e vergogna a farne mentione.Item vojo che la «fraternita di S. Michiel habbia a levar el mio corpo, et sepellirlo nella sua sepoltura.... «Item non vojo che alcuno de’ miei fioli habiano a portar quei certi mantelli (a) da «corotto che soleno portar alchuni, ma solver habbiano a scorzerme con li loro habiti «soliti senza pompa alchuna, nd abbiano andar alla chiesa li otto zorni secondo che «se usa andar qui, ne fatto aunual, ne vojo che morendo mi avanti Colotta mia consorte «1’ habbia a scorzermi alla sepoltura, perche morendo essa avanti non la vojo scorzer, «come se observa a Venetia. ...... Item lasso al monastier de S. Maria de Grazie, «ch’e .tra Poveja, e Malamocho el mio primo libro, cioe la mia prima opera che feci «de Cosmografia, et Geografia in foglio real, che non e colorita ma scritta, et figurata, «et ordinata de mia man, da esser posta nella libraria de ditto monastier, dove l’ex- «cellente messier Marcanlonio Sabellico conditor della veneta Historia, per la qual «1’ hebbe ducati 200 ali’ anno de promission lettor pubblico de studio de humani ta in «Venetia, del qual fui suo carissimo auditor anni tre continui, lasso le sue opere «composte de sua man, qual mia opera habbia a star nella ditta libraria appresso le «sue a mia memoria.Item lasso per rason de legato et benediction, et contento «a Niccolb mio nevodo fiol de Marco mio fio, tutti li miei libri, per chel vedo piu per «impeto, et naturalmente inclinato alle lettere, che alcun altro. . . . In religuis autem «meis bonis . . . presentibus et futuris lasso Marco mio fiol universal herede, com- «missarj veramente ad exeguir i legati soprascripti el magnifico messer Marchio fiol «del clarissimo messer Francesco Coppo, et Marco mio fiol preditto. . . ,» Impariamo a conoscere da questo testamento il singolare rito funebre che a quel tempo costumavasi in Istria; rito al quale rinunzia il Coppo, ma vuole invece che sia osservato il semplice costume di Venezia, cosa che sembra confermare fosse veneziano (* *); al che ancora si aggiunga avere studiato a Venezia tre anni 1’umanita alla scuola del Sabellico, ed avere prescelto il monastero delle Grazie di Povegia per il deposito della sua Cosmografia scritta di sua mano, da conservarsi in quella libreria, accanto alle opere del Sabellico, pure scritte di mano deli’ autore. Chi sia, e di che luogo il commissario testamentario, che chiama magnifico m,esier Marchio fiol del clarissimo mesier Francesco Coppo noi lo ignoriamo ( 2 ). Il magnifico e clarissimo, a quel tempo, era titolo dei patrizj veneti, e possiamo credere che tale appunto egli fosse; mentre sappiamo che vi era in Venezia la famiglia Coppo (a) Questo costume di coprirsi con im mantello nero nelFaccompagnamento funebre, come ora e inusitato nelFIstria, cosi e praticato oggidi in Vienna, ovc trovandomi nel 1819 vidi nol funerale di un borgomastro nella parrocchia di S. Leopoldo in 1 .eopoldstat, gli uomini coperti di mantello nero, ed era il mese di luglio!! (*) Non e da stupire che un istriano del secolo XVI avesse voluto osservare i costumi di Venezia; quando questi si mantengono tra noi anche nel secolo XIX. (E.) ( 2 ) Marchio, forse Marco; Marco figlio di Francesco Coppo. Un Francesco s’e visto in questa biografia, e figlio del celebro cartografo; come un Marco figlio di Pietro. fn padre a Nicolb, cultore delle lettere ed črede dei libri delFavo. (E.) 180 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA patrizia veneta, e da tutte le cronache abbiamo che questa famiglia traesse sua origine dali’ Istria. Sembra dal contratto nuziale, che Pietro Coppo avesse dei beni in Isola; potrebbe darsi, ch’egli nascesse in Venezia (') per qualche accidente, come appunto Girolamo Muzio nacque a Padova, e ch’egli amasse chiamarsi da Venezia, ove fu educato; ned era cosa nuova a quel tempo di adottare un’ illustre citth per patria, di mutarsi il nome a capriccio con qualche nome storico. Da questo capriccio potrebbe forse giu- dicarsi non esente il nostro Coppo, benche ne’ suoi scritti ci si appalesi di carattere assai modesto e semplice. 177. — GOINA o G0INE0 Giov. Battista, dotto medico, e distintd letterato nativo di Pirano. Dalla prefazione di monsignor Giusto Fontanini, premessa ali’opuscolo: De Situ Istriae (nel T. VI. p. IV. Thesaurus Graevii 1722 Lugduni Batav.) rile- viamo che il Goina studio in Bologna nella meti del secolo XVI. sotto Romolo Amaseo ( 2 ), e che stampo cola nel 1527 una difesa a favore del maestro contro le calunnie di Sebastiano Corrado. Dal quale opuscolo si apprende ch’ egli viaggio molto, e ne accenna i luoghi, dicendo di avere percorse molte regioni, essere stato fra varie genti, et per Japides primurn, deinde Carnos, Tauriscos, Noricos, Pannonas supe¬ rioren, Rhetos, universamgue prope Germaniam et Galliam Belgicam iter habuerim. Egli stampo piu opere delle quali daro il catalogo: OPERE Dl G. B. GOINA 1. Medici Enchiridion ad quotidianam medendi exercitationem ex Galleno eoccerptum. Joanne Baptista Gogneo Pgranensis, accademico inftammato, auctore ad Joannem Antonium Apollonium concivem suum. Quest’opera e stampata senza data in 8.°, e porta nel fine il seguente opuscolo: 2. De Situ Istriae ad Pgranensium adolescentum Accademiam liber unus. ( 3 ) Questo opuscolo con altri del Goina e riprodotto nel Thesaurus con altre di lui opere. In esso vi ha un intiero capitolo: De ingeniis Istriae, dove dice: ad litteras a natura quasi facti videnlur Istri. (') Un Marco Coppo di Venezia apparisce lino dal 1217. In quest’anno certo Eleazario da Giusti- nopoli vendette al Coppo un terreno ignudo nella contrada Cisterna presso Capodistria. Vedi Saggio di Annali Istriani del sec. XIII. dell’ab. A. Marsich pubb. nel «Patria» anno II. n. 15. (E.) ( 2 ) Romolo Amaseo (1489-1552) udinese, professore d’oloquenza prima a Bologna poscia a Padova. Fu tenuto in conto di grande oratore, sostenne con onore diversi ufficii, e lascib alcuni scritti latini. (E.) ( 3 ) La Marciana no ha un manoscritto nel codice cartaceo numoro 50, cl. XIV. dei manoscritti latini, fol. 49-63; vedi Saggio di bibl. ecc. n. 96. (E.) CAPITOLO IV. 181 3. Defensio pro Romuli Amasaei auditoribus adversus Sebastiani Corradi calumnias. Addita. 4. Disputatio de conjungenda sapientia cum eloguentia, et enumeratio audiiorum Romuli, qui ex priori, et posteriori schola prodierunt. Bononiae ex officina Vincentu. Bernardi Parrnensis, 1527 in 4.°. 5. Dialogus quod philosophi et medici dogmatici jurisconsultos dignitate praecedunt. Ad M. Antoniu^n Jannam, et Franciscum Frisimelicam praeceptores. 6. Paradoxum etiam quod latino potius quam vulgari sermone scribendum sit. Ad Nicolaum Rossignolum concivem suum. II Tiraboschi (Lett. Ital. Tom. YII. P. III. pag. 1493) dice che il Goina recitd questo paradosso nell’ accademia di Padova, col quale sosteneva T onore della lingua Jatina, come fecero altri ancora a quel tempo, contro la lingua italiana, la quale volevasi sbandita dal mondo. 7. Aliud paradoxum quod nobiliora sini litterarum studia rei militaris perilia. Ad Priamum Polanum. 8. Postrema Ecloga piscatoria in nobilissimi viri Marci TJrsati palricii patavini obitum. Ad Arnoldum Arlenium Peraxylum. 178. — GRISONI dottor Francesco da Capodistria (1510-1549), nipote del vescovo P. P. Vergerio. Si lia di lui un’ or az ione' stampata dal Sansovino tra quelle degli eccellenti scrittori, da lui recitata come ambasciatore di Capodistria al doge Fran¬ cesco Donato. Egli e ricordato dal Goina nel capitolo De ingeniis Istriae, e mori prima del 1550, tempo in cui il di lui zio vescovo Vergerio ne loda i talenti, e ne piange la morte. Carli e Manzioli. 179. — VERGERIO Lodovico da Capodistria, pure nipote del vescovo P. P. Vergerio, ed infetto della stessa peče dello zio, fu al servizio del duca di Wirtemberga, scrisse una lettera, in data di Basilea, VI. idus decembris 1549, 'a Sebastiano Munstero, stampata neila Cosmographia Universalis dello stesso, in detta citta, nel 1550, nella quale presenta una ristretta descrizione delTlstria. Ne parlano il Carli negli Argo- naut i e nelle Antichita Italiche, ed Apostola Ženo nel le Lettere. 11 Carli pero cambia il nome di Lodovico in quello di Giovanni Batlista. Lodovico ha pure data una traduzione in tedesco nel 15G0 circa, di uno scritto dello zio apostata diretto alla citta di Capodistria, cli’ era stato da lui pubblicato nel 1558, in cui si appalesano sentimenti relativi alla di lui apostasia. Carli Op. t. xv. 180. — PANTERA Giovanni Antonio da Cittanova, (1500) canonico ed arciprete della cattedrale di Parenzo, diede alla luce un’opera intitolata: Della Monarchia celeste, e la dedico ad Arrigo II re di Francia. (Vergottini Sag. Štor. di Parenzo). La detta opera fu stampata in 8° in Venezia appresso i Gioliti 1548 e vengo assicurato, col titolo: La Monarchia del noslro Signore Gesu Cristo. Io non T ho veduta (*). 181. — VERČI Nicolo da Capodistria. Abbiamo di lui una bella medaglia, nel cui dritto si legge: Nic. Vertius. P. F. Justin. Jurecons., e nel rovescio ha una figura (*) Sembra chc l’abbia voiluta il Kandler, perche ne'suoi Annali Istriani dicc che fu stampata in Venezia nel 1563 dal Giolato (?), e che 1’autore accenna nella dediča al ro di Francia Francesco I, siccomo a suo benevolo. Notizie sulla famiglia Pantera di Cittanova leggonsi nella «Provincia dell’Istria» anno XIX., 1885, numero 15. (®.) 182 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA di donna in piedi, che rivolta verso i raggi del sole, che la colpiscono, calpesta un serpente coli’ epigrafe Super Aspidem, in cui sernbra che sia figurata 1’eloquenza ('). Nicolo della presente medaglia fu figlio di Pietro e di Nicolosa Brati, quasi un secolo posteriore ad altro Nicolo Verči del 1478. — ( Gravisi Gir. Leilera intorno alle antiche e moderne accademie di Capodistria, inserta nelle nuove Mem. per servire alla Storia Letteraria. Tona. III Venezia presso Marsini 1760 p. 407.) — II conte Mazzu- chelli ( Museum Mazzuchellianum, Veneliis 1761, typis Antonii Zatta in due vol. in foglio) nel Tom. I, pag. 413 ha un articolo sopra Nicolo Verči, e nella Tar. xciii. N.° i. e ii. porta il disegno di due medaglie del nostro Verči. Noi qui trascriviamo quant’ egli ne dice. «Null’ altro, salvo quello che rilevasi «dalle nostre medaglie, sappiamo noi di Nicolo Verči, vale a dire ch’ ei fu di Capo «d’ Istria, e giurisconsulto figliuolo d’ un tal Pietro. Neli’ Istria del Tommasini «(Gymn. Patav.) vien fatta parola d'un Cristoforo Verči da Capo d’Istria, che «professd in Padova logica, e filosofia negli anni 1527, e 1538: ma se Nicolo prima, «o dopo di Cristoforo vivesse, confessiamo di non saperlo. «Quanto alle medaglie, vedesi una donna nuda (per avventura la giustizia) «al cielo, onde calano de’ raggi, le mani alzando, e co’ piedi un serpente calpestando, «col motto tratto dal salmo 90: Scper aspidem : col qual simbolo, io son d’ avviso, «volersi additare, come il giusto, che in Dio confida, temer non dee gli avvelenati «morsi de’ malvagi, cui egli con franco piede puo calpestare. — L’ altra medaglia «viene simigliantemente fregiata d’una donna, ma incoronata, e decorata di lungo «manto, avente nella stesa destra mano un quaderno, od un libro, e sostentante col «manco braccio il corno deli’ abbondanza colle parole: legiferae cereri : concios- «siache Cerere, al dire d’ Ovidio, di Lucrezio, e di Cicerone (in Verrin. sept.), si «fu la prima, che le leggi inventasse, imperciocche insegnato avendo ella a coltivare «il terreno si die’ anche principio alla divisione de’ campi, e per conseguente a «farsi le leggi intorno ali’ acquistarli, ed intorno a regolarne i confini: lo che e «chiaro aver rapporto colla scienza del Verči .» 182. -— CAPIDURO Girolamo da Parenzo, fece di pubblico diritto un’ opera intitolata: Commentarj in Rlietoricam ad Ilerenium. Venetiis 1555, cosi riscontriamo dal Vergot. Sag. Ist. di Parenzo. 183. — TARSIA Gio. Domenico da Capodistria, personaggio erudito nelle lingue latina e greca. Abbiamo di lui la traduzione: De’ fatti de’ Romani di Lucio Floro, stampati in Venezia nel 1546 per il Ravanni: ed un’altra traduzione dal latino nel volgare delle Declamazioni Sillane di Gio. Antonio Vives Valentiano, che pubblico in Venezia colle stampe di Pietro de Nicolini da Sabbio nel 1549 in 8°, colla dediča al savio grande Francesco Veniero, in data 10 maržo dello stesso anno. Conviene credere che fosse un letterato di merito, mentre troviamo nel volume m pagina 100 delle Cronache del Mainali che nel 1561 collo stipendio di ducati 100, e časa franca egli fu condotto dalla citth di Trieste a pubblico oratore per onorare con sermone il funerale dei consiglieri di rispetto, e delle persone piii stimate nel giorno (Julla {') Questa medaglia e di module medio ed ha un diametro di 0.33 c.m. E nel Medagliere istriano delle Indicazioni. riportala dal Kandler (E.) CAPITOLO IV. 183 loro sepoltura. II Tarsia fu il primo oratore funebre di quella citta dopo la parte preša da quel consiglio. 184. — FEBEO Giuseppe da Capodistria (1528-1571) fu distinto letterato, quan- tunque di lui non ci sia rimasta cosa alcuna. II Manzioli ne da contezza, istruendoci eh’ egli fu versatissimo nelle Lettere greche e latine, dotto nella Filosofia, nella Legge, e nella Poesia; cio rilevasi dal di lui epitafio fatto porre da Girolamo Zarotti nella chiesa di Sant’ Anna di quella citth: IOSEPHO PHOEBEO CIVI IVSTINOP. VTRQ. IVRIS CONSVLTISS. ET IN TOTA RELIQVA PHILOS. DIVINA PARITER, ET HVMANA ABSOLVTISS. SVMMISQVE POETIS OPT. COMPARANDO PVRIORIS CHRIST. VITAE. CONST. INTEGRIRATE NITIDISS. IOANNES ZAROTTUS POS. OBUT AN. SAL. MDLXXI AETATIS SVAE XLIII. Et instar Phoebi, qui sub terras abiit, patriam sine luce, amicos sine vita reliquit. 185. — TAZIO Giovanni capodistriano, di cui nulPaltro sono a mia cognizione che due seritti da lui dati alle stampe: 1. L’otlimo reggimento del Magistralo Pretorio per ben governare gualsivoglia citta e provincia. 'Venezia appresso Francesco de’ Franceschini So,nese 1564. 2. L’ Istituzione del Cancelliero. Venezia appresso Gabriele Giolito, 1573. 186. — FLACIO Matteo (Francovich), detto Flacio Illirico, famoso teologo luterano, nato li 3 maržo 1520 in Albona deli’ Istria, citta che faceva parte deli’ antica Illiria, od Illirio, per il che si faceva chiamare Flacius Illiricus (*). Tutti i biografi ne serissero la vita, e parzialmente Gio. Ballista Ritter, pubblicata colle stampe di Eran- coforte in 4° nell’ anno 1723, e riprodotta con aggiunte nel 1725. Io non mi servirh d’altra fonte, che di quella piu antica, ed originale, traducendo letteralmente quanto disse Giovanni Boissardo nell’ opera: Iconum Virorum Illustrium. Francofordii ad Moenum, 1598 pars lertia pag. 258, il quale ne porta il ritratto, e nel prospetto di un basamento, vi ha un libro, una penna, un calamaio, ed e seritto: Nascitur Albonae anno 1520. Obiil Francforctii anno 1575, Il Boissardo era contemporaneo del Flacio, e deve persuadere che fosse pienamente istruito, e della patria, e della famiglia, e delle gesta. Mi servo di questo autore per eonvincere di abbaglio il padre Cerva, il padre Appendini, e particolarmente il chiarissimo dottor Stulli raguseo, il quale coi precedenti ritiene, e vuole ( 2 ) Mudim Francovich nato a Giunchetto, (*) Dal 1420 fino al 1797 Albona come tutte le altre terre istriane, in varie epoche, appartenne per annessione alta Itepubblica Veneta. — Una monografia storica di questa citta fu seritta e pubblicata da T. Luciani coi tipi delFIstituto Coletti, a Venezia nel 1879. — Secondo P. Tedeschi il nome sonoro di Flacius Illiricus sarebbe un’allusione agli antichi Illirici e non gia ai moderni Slavi. — V. 1’opuscolo Hegli errori sull' Istria ecc. (EJ ( 2 ) Vedi in fine di questa biografia 1'articolo dello Stancovich intorno agli serittori controversi sulla patria del Flacio ecc., a cui fa introduzione una lettera del dott. Stulli di Ragusa. Due altri articoli sulla patria del Flacio e sulla famiglia sua pubblicarono nel 1858 Giuseppe Susanni e Tomaso Luciani nel- 1’ Eco di Fiume. (E.) 184 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA villaggio poco distante da Ragusa. Non e che io dia gran peso a sostenere essere 1’ Istria patria di un nemico della Chiesa cattolica e dei pontefici, ma lo faccio soltanto per pura verita storica, e per il tema della presente biografia; essendo il Flacio altrettanto mirabile e celebre per la felicita del suo ingegno e del suo sapere, quanto e condannabile per il suo carattere torbido, per il suo accanimento contro la religione cattolica, e per la sua perversa dottrina ('). Matteo Flacio nacque in Albona, castello deli’ Illiria ( 2 ), ed ebbe per padre Andrea Flacio (Francovich) deli’ antica e nobile famiglia dei Flaci, uomo integerrimo, e per madre Giacomina Lucia (Luciani) della famiglia nobile dei Lucii o Luciani di quel castello. Matteo, di preclara indole fornito, studio in patria le belle lettere, avendo a maestro Francesco Ascerio milanese, uomo dottissimo. Ricevuti in Albona, i primi rudimenti, fu inviato da’ suoi genitori a Venezia per progredire negli studii, che esegui felicemente sotto la disciplina del celebre Giovanni Battista Egnazio ( 3 ). — Pervenuto ali’ eta di anni 17 pensava di entrare in qualche monastero per dedicarsi con piu agio alla sua passione per lo studio; ma distolto da un suo parente (creduto suo zio materno) ( 4 ) Baldo Lupatini provinciale dei Minori Conventuali, per consiglio di lui passo in Germania ad apprendere la Teologia nell’ Accademia di Basilea, ove faceva radice la setta luterana. Baldo Lupatini frattanto accusato di eresia luterana, dopo sofferta la carcere per il corso di anni 20, fu annegato. Matteo Flacio a Basilea fu accolto in časa da Simone Grineo, ( 5 ) che gli fu precettore sino ali’ anno 1539, nella fine del quale passo a Tubinga ad apprendere la lingua greca presso il suo connazionale (gentilem) Matteo Garbicio (forse Garbich) illirico; e successivamente si trasferi a Wirtemberga accolto' ospite presso Federico Bachovio ministro della chiesa di Wirtemberga, dal quale istruito nelle dottrine luterane, fu poscia presentato a Pomerano ed a Lutero. Da questi riconfermato nelle medesime dottrine, gli fu procurata in quell’ Universita la cattedra della lingua ebrea (Linguae sanctae) nel 1544, e nel seguente 1545, per consiglio dei medesimi, preše moglie. Insorta la guerra Smalcaldica, e sospese le scuole nella Sassonia, lascio Matteo, AVirtemberga, ed arulo a Brunswick, invitato da Medlero. Calmato alquanto lo strepito delle armi, ritorno alla sua cattedra di Wirtemberga nell’ anno 1547. Ma essendo stato pubblicato 1’ Interim di Carlo Y, si scaglio impetuosamente contro questo, ed essendo nate discordie tra i teologi di Misnia e quei di Sassonia, Matteo, che C) Studii storici posteriori basati su maggiori indagini critiche mettono il nostro istriano nella sua vera luce. Leggansi tra molti altri lavori 1’opuscolo di T. Luciani — Mattia Flacio istriano di Al¬ bona — Notizie e documenti. Pola G. Seraschin, 1869. — Flacio — studio biografico storico del Dr. E. Nacinovich e 1’articolo di P. Tedeschi nella Provincia deli'Istria ann. XX, n. 5. (E.) ( 2 ) A conoscere le eondizioni geografiche e politiche di Albona nel seeolo in cui nacque il Flacio basti consultare la succitata monografia storica. (E.) ( 3 ) G. B. Egnazio di Venezia, dotto latinista e Valente storico, fu allievo di Poliziano e condi- scepolo di Papa Leone X, n. 1472 — m. 1553. (E,) ( 4 ) Il Luciani o. c. non melte dubbio clic il Lupatini o Lupetino oggi Lupetina fosse parente della madre del Flacio. (E.) ( s ) Simeone Grineo di Veringen in Isvevia," teologo e filologo, scopritore degli ultimi cinque libri di Livio. ' (E.) CAPITOLO IV. 185 zelantissimo seguace di Lutero, sosteneva nulla aversi a cangiare dalla professione di lui, incontrd 1’ odio de’ suoi eolleghi, e per il suo scatenamento contro Melantone, il quale aveva principii moderati, dovette abbandonare Wirtemberga, e ritirarsi a Maddeburgo, privo di ogni stipendio. In quella cit,ta, quantunque proscritta da tutto 1’ impero, e soggetta a molti pericoli, vi era la piena liberth di professare qualunque opinione a piacere. Colž, ebbe agio Matteo di dar corso ai suoi trasporti, contro la Chiesa romana, e contro i dis— senzienti della dottrina luterana, scrivendo prima contro Osiando, e poscia riprendendo Schtoenckfeldio. Colž. avendo per collaboratori Gasparo Nidpruk, consigliere cesareo, Gio. Battista Ileinzetio augustano, Nicolo Gallo, Giovanni Wigando, Matteo Giudice, ed altri, diede principio a stendere una spezie di Storia Ecclesiastica, ben nota, col titolo di Centuriae Magdeburgenses, opera, la quale primo di ogni italiano si accinse a confutare Girolamo Muzio, e poscia il cardinale Baronio ne’suoi celebri Annales. Mentre Flacio s’ intratteneva in questa forma ali’ Elba, i duchi di Sassonia istituivano una nuova Universitž. a Jena, ed invitato ad insegnare colti la Sacra Scrittura, si trasferi nell’ arino 1557, da cui dopo 5 anni fu costretto a partire, per discordia insorta tra lui ed il rettore e filologo Vittorino Strigellio sopra la questione del Libero arbitrio, e ritirarsi a Ratisbona, non ozioso pero, ma dedito sempre allo studio, e coli compose piu opere. Neli’ anno 1567 fu cliiamato ad Anversa, dove riformo quella Chiesa, unita- mente a Spangenbergio, Hamelmanno ed altri; e partito da questa citta si fermo in Argentina, o Strasburgo, ove pubblico la Glossa del nuovo Testamento. Fhnalmente col patrocinio di rispettabili soggetti formo suo soggiorno a Francoforte sul Meno; ma insorta questione e rissa tra suoi confratelli sopra 1’ essenza e natura del peccato originale, che Flacio sosteneva aver corrotto la sostanza stessa deli’ anima, fu accusato di manicheismo, difeso da alcuni, sostenendo $he questa era la dottrina di Lutero, mori perseguitato e misero nell’anno 1575 agli 11 di maržo, in eth di anni 55, capo di nuova setta. Fu presente alla di lui morte Adamo Lonicero archiatro di Francoforte; le di lui esequie furono onorate da orazione funebre (‘) recitata da Gaspare Heldino pastore della chiesa di Cranberg, e da epicedii, ed epitafu in versi scritti da Wen- delino d’ Helbach, Giovanni Frassineo poeta cesareo, Cristoforo Ireneo, Paolo Rei- necero, Marco Volmario teologi. Fin qui il Boissardo. Ora colla scorta della Biografla Universale dird, che Mattia Flacio era dotato di grandi talenti, sopra tutto quale critico, di uno spirito vasto, di un sapere profondo; ma il suo carattere impetuoso, querelante, tropo tenace, guastava le sue buone qualita, e causo molti disordini nel suo stesso partito. (') Il Sagg. di bibl. istr. n. 2669 registra questo titolo di un opuscolo : Orazione in morte di Mattia Flacio. Helding, in 4, — 1675. (E.) 186 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA SCRITTORI CONTROVERSI SULLA PATRIA DEL FLACIO ed osservazioni del canonico Stancovich II dottore Stulli in data di Ragusa 25 novembre 1825 scrisse la seguente lettera al sig. Urbano Lampredi a Firenze, ove in quell’ Antologia N. 67, luglio 1826 pag. 138 fu stampata. «Nulla di piu vero, che quanto vi diceva di Matteo Flacio illirico, allorche mi lagnavo delle molte ommissioni, e di alcuni quiproquo, che risguardo agli scrittori di Ragusa incontro nella Biografia degli uomini illustri, che va uscendo in luce a Parigi, e che tradotta in italiano si ristampa a Venezia, Matteo Flacio illirico, o Matteo Francovich, da prima discepolo del Melantone, quindi suo antagonista, perche propugnatore zelante del rigorismo della dottrina di Lutero, e da ultimo capo di setta egli pure fu raguseo; come che egli stesso denominandosi albonese abbia indotto in errore chiunque di lui scrisse, non escluso il Bayle cima dei critici; quindi e che tutti lo fanno di Albona terra deli’Istria, posta in sul golfo del Quarnaro. — Egli nacque nell’ anno 1520 nel villaggio di Giunchetto (illiricamente Sciumet) poco lungi' da Ragusa: dal secolo decimosesto in poi non ci fu raguseo, per quanto di poche lettere, che ci6 ignorasse. — Ed era ben natural cosa, che tra pel rumore, che a quell’epoca si levh in Ragusa per 1’ apostasia del Francovich, e per la farna, in cui tosto venne pel prodigioso ingegno, per le molteplici opere, che diede alla luce, e per le vicende della sua vita politica, la tradizione dovesse prendere in guardia il suo nome, conser- vandolo tra le memorie nazionali, e tra queste dedurlo fino- a noi. — Ma non e la sola tradizione che vendichi questo cittadino alla sua patria; — ci sono documenti irrefragabili, per cui chiaramente apparisce, ch’ei da principio non dicevasi ne al¬ bonese, ne illirico, ma raguseo; essi sono le sue lettere, che ognuno poteva vedere nell’ archivio della segreteria del governo di Ragusa, per le quali rendeva conto a quel senato dei progressi che in Allemagna andava facendo la dottrina di Lutero, lo eccitava ad abbracciarla, e magnificava le dignita alle quali era stato esaltato tra i riformati. — Il senato rispondeva al Francovich con dispregio, e per poco con minaccie; non senza soggiungere ch’egli appellandosi raguseo contaminava il nome della nazione, cui mostrava di appartenere. Rimbeccava Matteo queste acerbe invettive con parole piene di boria, e di sdegno, e finalmente ripudiava una patria, la quale (secondo ci6 ch’ei diceva) venuta in cecith di mente da voler trattare in si fatto modo un tanto uomo, si era renduta indegna di vantarlo tra i suoi cittadini; e fu allora che il Francovich resto di chiamarsi raguseo.» «Posta in sodo la patria del Francovich, e non Francovitz, poco monta sapere per qual motivo egli si dicesse albonese; tuttavia non e qui fuor di iuogo allegare una congettura, che i biografi ragusei producono in proposito, la quale tra le molte varieth di congetture non e forse la meno probabile. — Dicono essi che tutta quella regione pedemontana deli’ agro brenese, che a cominciare dali’ ultimo villaggio della CAPITOLO IV. 187 parte di levante si estende dno al monte Bergato, e compresa sotto la denominazione di Bicla Ssciupa (Brenum album), di cui gli antichi coloni erano detti Beleni, e Bieli (Albi); dal che traggono argomento per credere, che dal nome di questa regione contermine alla valle, in cui sorti i natali, gli fosse piaciuto per tenerezza del luogo natio cliiamarsi albonese. — Havvi chi si affatica d’ indovinare da che egli traesse il prenome di Flacio: ma se e cosa difhcile render conto dei capricci dei nostri contemporanei, che šari poi di quegli uomini, che vissero in tempi tanto lontani dai nostri ?» «Penso di aver soddisfatto al primo dei dne quesiti, che si contengono nella laconissima vostra dei 15 del corrente mese ecc.» „ „ Dott. Stulli. II padre Francesco Maria Appendini delle Scuole Pie nella sua opera: Notizie sull’ Antichita, Storia e Letteratura de’ Ragusei, stampata in quella citta per Ant. Mantechini 1802 in torni due in 4°, dice nel T. n pag. 9. «Mattia Flacio cognominato «Illirico .... Nato nel 1520 in Giunchetto villa suburbana di Ragusa .... mori «in Francoforte nel 1576, parti ai dir del Cena (a), per Venezia da giovane «probabilmente condotto dai Monaci Lacromensi, tra i quali era nato contadino, e da «cui ebbe la sua prima educazione. Ilove quindi studiasse, e facesse tanti progressi «nelle lettere, come, perche, e quando passasse in Germania, sono ancora tanti punti «ignoti della sua vita, i quali, forse non si sapranno mai, perche egli stesso li avri «gelosamente nascosti. Non dissimulo pero d’ esser raguseo co’ suoi nazionali in piu «occasioni: anzi cerco di esser riconosciuto come tale, e di dedicare qualehe suo «libro al Senato. II che non avendo potuto ottenere, procuro di nascosto di far pene- «trare le sue opere in Ragusa; ma accortosene il pio e sorvegliante Senato, dopo «averle fatte pubblicamente abbruciare per mano del boja trovo il modo d’ imporgli «silenzio, e di farlo desistere da ogni ulteriore impresa.» Senza derogare minimamente alla stima che io professo ai dotti padre Appendini, e dottor Stulli, mi permetteranno di non convenire con essi sopra le loro esposizioni intorno la patria di Matico Flacio, e quindi per semplice argomento di buona critica e di storica verita, faro ad essi alcune osservazioni. 1. Il Boissardo era contemporaneo del Francovich, e percio autore che doveva essere pienamente istruito non solo della patria, ma delle circostanze tutte che riguar- davano le gesta del Flacio; ed egli di fatto ne da il nome, i congiunti, la patria, il giorno, il mese, l’anno e la morte colle piu minute circostanze. II Bucholcer nella sua Cronologia impressa a Gorlitz 1599, Jo fa pure albonese dicendo: V er um et integrum nomen ego certis auctoribus cognovi esse tale, Matthias Francovitzius, cognomento Flacius, gente IUijricus, patria albonensis. 2. Indica con precisione il padre Andrea, la madre Lucia, lo zio Baldo (ossia Ubalclo) coi caratteri di questi soggetti di nobilta nei genitori, e di professione claustrale, e dignita di provinciale nello zio. Queste famiglie sono ancora al giorno (a) Cerva ex Vetust. Monument. in vita M. Flacci Illyr. Il padre Serafino Cerva di Ragusa domenicano, morto nel 1759, dice 1 ’ Appendini pag. 30, compilo un’ opera delle cose ragusine in dodici volumi, che chiamh Adversaria, tripartita nella chiesa metrop., nella Biografia e nella congrega- zione di S. Domenico; e form6 una Bibliotheca Ragusina in qua Ragusini Scriptores, eorum gesta et scripta recensentur, divisa in cjuattro torni, che contiene 500 personaggi. 188 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA d’ oggi sussistenti in Albona, cioe le nobili Francovich e Luciani, e 1’ altra pure Lupatini: e queste famiglie sono antichissime in Albona. Nel 1434 dalla famiglia Luciani congiunta colla Lupatini fu eretto e dotato il convento dei Minori Conven- tuali di Albona, unico in quella citta, ed in quel convento si fece claustrale il frate Ubaldo Lupalino, zio di Flacio. Dai registri parrocchiali e comunali consta essere morto colle armi alla mano Bedelo Lupatino, giudice comunale, nell’ occasione che nel 1599 gli Uscocchi diedero 1’assalto ad Albona; e questo Ubaldo šari stato nipote del provinciale Ubaldo Lupatino carcerato in Venezia, e non a Ragusi, e poscia misera- mente morto in Venezia, e non a Ragusi, vittima dei propri errori. 3. Il Boissardo nomina pure il precettore cli’ ebbe in Albona, 1 'Ascerio, il pas- saggio a Venezia e 1’ istruzione avuta cola alla scuola deli’ Egnazio; e la circostanza dello zio Lupatino che lo persuase nell’eti di 17 anni a passare in Germania. 4. Nella villa Dubrova di Albona si e conservato sino ai nostri giorni il nome di Čampo di Flacio ad un terreno, che si dice essere stato di proprieta ereditaria dei Flacio , ed annesso alle terre appartenenti a questa famiglia. 5. Non e presumibile che il Flacio avesse potuto dare ad intendere di essere nato in Albona, ed avesse indicati con tutta precisione i di lui genitori e congiunti, se fosse nato a Giunchetto presso Ragusa; poiche sarebbe stato convinto di menzogna e trattato quale impostore da’ suoi emuli e nemici, che in gran numero se ne aveva procacciati; e certamente non avrebbero mancato questi di attaccarlo anche su di cio. 6. Questa menzogna sarebbe stata facilmente scoperta, mentre il di lui nome era troppo clamoroso allora ed interessante, per prendere un cosl madornale errore sopra la di lui patria, genitori, congiunti, nascita, ed altre circostanze della di lui origine; e tanto piu che cola vi erano e ragusei ed istriani, che 1’ avrebbero smentito. 7. Il padre Appendini, ed il dottor Stulli asseriscono che il Flacio nacque in Giunchetto nel 1520 senza indicare alcun patrio fondamento in prova; e dotti come sono, devono conoscere che le semplici asserzioni contano uno zero. 8. Il padre Appendini dice, che probabilmente šari stato condotto a Venezia dai Monaci Lacromensi, dai quali era nato contadino, e ci6 sopra 1’ asserzione del padre Cena, il quale šari stato un eccellente compilatore, non per6 un ottimo critico. Il probabilmente stesso indica essere questa una semplice congettura, che nulla prova in confronto di fatti storici contestati. 9. Dopo le piu minute circostanze di fatto intorno la nascita e le gesta del Flacio uniformemente e costantemente indicate per piu di due secoli dal Boissardo, dal Werredenio, dal Bayle, dal Rilter, e da centinaia di serittori, di critici, di biografi, come poteva dire il padre Appendini, erudito qual’e, che dopo la prima educazione del Flacio in Venezia: «Dove quindi studiasse, e facesse tanti progressi nelle lettere, come, perche, e quando passasse in Germania, sono ancora tanti punti ignoti della sua vita, i quali, forse non si sapranno mai, perche egli stesso li avri gelosamente nascosti ? » 10. Il dottor Stulli dice che «dal secolo decimosesto in poi non ci fu raguseo per quanto di poche lettere, che ignorasse essere il Flacio nato a Giunchetto, e quindi raguseo.» Io non avr6 letto tutti gli serittori ragusei e dalmati, ma quanti mi pervennero alle mani ne lessi, e ben molti; n6 mi accadde mai di trovare cio indicato da aleuno, fuori del padre Appendini, e del dottor Stulli. CAPITOLO IV. 189 11. La congettura indicata dal dottor Stulli, eome allegata dai biografi ragusei, sopra il motivo per cui Flacio amasse chiamarsi albonese, tratto dai Bellini Bieli (Albi) e una congettura etimologica gratuita non solo, ma spilita oltre i limiti di ogni probabilitA Mi sia permesso qui il dire, che nessuna cosa e piu vaga deli’ eti— mologie, e che di troppo ne abusano gli scrittori dalmati spezialmente intorno alla lingua slava. 12- Non e gran fatica, come črede il dottor Stulli, F indovinare donde e perclie prendesse il nome di Flacio. Chiunque e fornito di alcun poco di erudizione deve conoscere il carattere dei secoli decimoquinto e decimosesto, nei quali una moltitudine di letterati per costume d’ allora, e talvolta per vanM, cangiavano il nome, come si puo riscontrare nell’ Eloquenza del Fontanini, nelle Vossiane dello Ženo, e nella Letteratura Italiana del Tiraboschi. Fra le centinaia ne addurro alcuni che ci sono piu vicini, come Girolamo Nutio di Capodistria, assunse quello dei Muzii antichi romani; Giulio Bordone veneto, quello di Giulio Cesare Scaligero, volendo discendere dagli Scaligeri di Verona, Camillo nato a Portogruaro in Friuli da padre dalmata, quello di D.elminio da Delmio o Delminio capitale della primitiva Dalmazia, Coriolano Cippico traguriense, quello di Cepione, Barlolomeo Celoti quello di Uranio, e Pal- ladio Negri padovano, quello di Fosco; di cui osservero 1’abbaglio del padre Appendini, che gli assegna per patria Trau quand’ era Padova (Append. 1. c. T. II), abbagiio che puo pareggiarsi con quello di Flacio preteso di Ragusa. Flacio quindi preše questo nome dai romani Flacii, o Flacchi a norma della moda del suo tempo. 13. 11 dottor Stulli dice Francovich e non Francovitz. Io dirb anzi Francotoitz, e secondo FAdvocat- Traricoioitz. Il nome gentilizio di Flacio era Francovich in lingua slava; ma la pronuncia ed il suono di questa voce Francovich nelFortografia germanica non pub altrimenti esprimersi in iscritto che col Francovitz: mentre il latino v suona in tedesco f, ed il to come 1’ italiano «, ed il ch in tedesco tz; e volendo un tedesco pronunciare la parola Francovich qual e scritta, pronuncierebbe come Francofigh, che ripugna ali’ orecchio dalmato, come il teutonico Francotoitz per esprimere Francovich. 14. Il padre Appendini dice che il Francovich non dissimulo di essere raguseo. Non basta cio dire, conviene provare il detto, che senza prova non esiste credenza. Inoltre che dedico qualche libro al Senato, *e fece penetrare dei libri di nascosto, i quali furono fatti abbruciare per mano del boja. Questo fatto puo esser vero. 15. Il dottor Stulli aggiunge che oltre la tradizione, apparisce dalle di lui lettere esistenti nell’ archivio della Segreteria del governo di Ragusa, ch’ egli eccitava il senato ad abbracciare la dottrina di Lutero, che il senato rispondeva con dispregio, soggiungendo che appellandosi raguseo contaminava il nome della nazione, cui mo- strava appartenere , . . che sdegnato il Francovich finalmente ripudiava una patria . . . la quale si era renduta indegna di vantarlo tra suoi cittadini; e fu allora che il Francovich resto di chiamarsi raguseo. — Io ritengo che il* Francovich non si chiamasse giammai propriamente raguseo: tocca al dottor Stidli provarlo con docu- menti ineccepibili, e non con semplici tratti di fluida dicitura. — Il Francovich si sarš, chiamato nazionale, connazionale, concittadino dei ragusei, ed in cio io con- vengo; ma queste denominazioni non provano ch’ egli fosse nato a Ragusa. — La Dalmazia, od Illiria, provincia appartenente ali’ Illirico generale, e compresa tra 1’Arsa 190 BIOGRAFIA DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA ecl il Drillone, ed in questa provincia, e 1’Illirico sono situate Albona e Ragusa; e tanto neir ima che nell’ altra si parla la lingua slava, impropriamente detta Illirica (ch’ era un dialetto greco), e tutti questi popoli sono Illirici. Un albonese puo ragio- nevolmente chiamarsi connazionale, patriotta, ed anche in certo modo, concittadino con un raguseo, perche tanto 1’ albonese, che il raguseo sono di una medesima gente, popolo, nazione, provincia, e lingua; cioe illirici, dalmati, slavi, e molto piu questa denominazione si costuma in senso piu esteso, quando, uno piu dista dali’altro (').— Ma cio non basta, che anzi piu ancora si allarga questo attributo di patriotismo colla parola precisa di conterraneo, che ripugna in termine di lingua, mentre nei Lessici significa della medesima terra, paese, o cittL Eppure io provero questo modo di dire collo stesso padre Appendini. — Egli porta (Nolizie sull’ Anlichita e leti. di Ragusa T. n. pag. 77) che nel concilio di Basilea nel 1433 Giovanni Sloico Raguseo, nel bollore della disputa, trattando i Boemi e gli Ussiti di Praga da eretici, eccito contro di se la Ioro indignazione, e da Procopio Rufo capo dei Taborini venne denunziato al sinodo con queste parole: Conlerraneus isie noster injuria nos afficil, haeretieos subinde nos vocans. Lo Sloico, senza sbigottirsi risponde: quia conlerraneus vester sum lingua el natione, propterea lam avide cupio vos ad matrem ecclesiam redire. — Se Procopio di Boemia chiamava conterraneo lo Sloico di Ragusi soltanto per nazione e lingua, il Francovich di Albona poteva con piu ragione chiamare i ragusei connazionali, patriotti, concittadini, perche oltre la lingua e la nazione, era comprovinciale dei ragusei, cioe dalmata ed illirico; e quindi poteva anche in certa maniera chiamarsi raguseo, dacche per la sola ragione di lingua e di nazione lo Sloico raguseo ed il Rufo boerno si chiamarono conterranei, cioe della medesima terra. 16. Flacio zelantissimo propagatore della sua setta avrebbe bramato estenderla oltro ogni confine; ed egli illirico-slavo di nazione, di lingua, di provincia, e che ambiva di chiamarsi illirico, avra pensata di seclurre i suoi connazionali, dirigendosi al senato di Ragusi colle amplissime espressioni di patriottismo, mentre sedotto il senato, la piccola repubblica necessariamente diveniva tutta luterana ( 2 ), cosa che non avrebbe potuto effettuare in Albona sua patria, perche il veneto podesti era italiano, perche Albona era una piccola citti di provincia; e la repubblica veneta vegliava rigorosamente ali’ integrita della cattolica religione nelle sue provincie. Ne avrebbe potuto nemmeno tentarlo nello stato Veneto, avendo avuto gii 1’ esempio del funesto avvenimento accaduto al di lui zio Lupatino; ed irritato appunto di cio, avra tentato di accendervi il fuoco nella limitrofa piccola repubblica di Ragusa, affine si diffondesse nella Dalmazia e negli stati Veneti, e soddisfare in tal forma al di lui irritamento. (*) (*) Sull’ espressione d’ Illirio e sulle comunanze di sangue e di lingua tra Albona e Ragusa rimandiamo il lettore a quanto sorissero il Combi, il Luciani, il De Franceschi, il Tedesčhi e molti altri, non escluso il vecchio storiografo albonese Giorcjini. (E.) ( 2 ) Il march. Girolamo Gravisi accenna in una sua Memoria manoscritta ed inedita ad un altro Mattia Illirico pure apostata diverso da questo nostro. E, se la mia voce potesse giungcre fino a Ragusa, io pregherei quei distinti signori, in nomo della vcrita, di dare alla luce quanto effettivamente resta intorno a qucsto particolare nei vecehi archivi di quella Repubblica. — T. Luciani o. c. (E.) CAPITOLO IV. 191 Queste osservazioni io assoggetto alla dottrina del padre Appendini e del dottor Stulli, e li richiamo alla ponderazione, e se sapranno giustificarle con ragioni, io šaro il primo a convenire con essi, e la repubblica letteraria applaudira alla loro critica, per aver levato un errore invalso da piu di due secoli, addottato e pubblicato da centinaia di scrittori. Frattanto da tutti si riterra il Flacio per albonese ( 1 ). ALCUNE OPERE DI MATTEO FLACIO. i. Catai.ogds testium veritatis. Basilea 1556, in quarto, Strasburgo 1562, in foglio, Francfort 1666, in quarto, e 1672. Queste due ultime edizioni sono le piu. Ove non si fa caso di quelle di Lione 1597, di Ginevra 1608, perche Goulard vi ha fatto dei grandi cambiamenti, senza distinguere quello ch’ e suo, o deli’ autore. Matteo ha percorse le biblioteche di Allemagna per comporre quest’ opera; il male si e, ch’ egli applica alla Cliiesa cattolica, cio che non e stato detto che contro alcuni de’ suoi membri, e contro gli abusi che regnavano nei tempi d’ ignoranza. (V. Eisengrin). ( 2 ) II. Missa latina quae olim ante Romanam in usu fuit. Strasburgo 1557, in ottavo. Questa liturgia, conforme agli antichi messali romani-gallicani, ai quali si erano fatte alcune addizioni, dopo il tempo di Carlo Magno, contiene delle belle preghiere. I protestanti la pubblicarono tosto come contraria alla credenza ed alla pratica dei cattolici; ma essendosi accorti, dopo un piu maturo esame, ch’ ella non era favorevole al nuovo vangelo, perche autorizzava fortemente molti dogmi cattolici; come la presenza ideale e la confessione auriculare, essi ne soppressero tutti gli esemplari che hanno potuto ritrovare; cio che 1’ ha resa estremamente rara: ma ella fu ristampata negli Annali del padre Le Comte, e nei Libri Liturgici del cardinale Bona. (’) Nel 1848, il signor F. attingendo a biograflc, bibliografie ed eneiclopedie tedesche pubblicb nell’ Eco di Finme (Numero 142 e 144 doi 24 e 30 giugno 1858) notizie e documenti che confermano e aulenticano la provenienza di Flacio da Albona, e da famiglia albonese non solo, ma che accennano ali’ esistenza contemporanea di un altro Mattia Ilhjricus professore di lingua greca a Tubinga. — T. Luciani o. c. — Anclie un carteggio passato tra il Flacio e il Sonato dolla Repubblica di Venezia scioglie in modo perentorio ogni dubbio che Albona sia la patria di questo grande italiano. (E.) ( 2 ) Conviene essere imparziali, c, a qualunque religione si appartenga, non e lecito di porre in non cale lo spirito di acuta o persevcranto indagine, di cui diodo prova il grande italiano in questo lavoro. Gugliclmo Eisengrin oppose nei 1565 il suo Catalogo a quello del Flacio, comprendendo naturalmente tra gli eresiarchi dogli ultimi tempi i protestanti. — E. Nacinovich o. c. (E.) 192 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA III. Centuria: Magdeburgenses. Magdeburg, le tre prime nel 1559, ristampate con correzioni ed addizioni nel 15G2; le altre, negli anni seguenti sino al 1574, nel quale comparve il decimoterzo ed ultimo, che termina coli’ anno 1300. L’ e- dizione la piu accreditata di questa Istoria ecclesiastica e di Basilea 1634, 3 volumi in foglio; ma si rimprovera a Lucius 1’ editore, di averne mutilata la prefazione, e di avervi introdotto dei cangiamenti in favore del Calvinismo. (') IV. 1. De manducatione Corporis Christi, 1554 in ottavo. 2. De essentia Dei el Diaboli, justiliae ac iujusliliac originalis, Basilea 1569, in 8°. 3. De occasionibus vitandi errorem in essentia justiliae originalis, Basilea 1569, in 8°. 4. De peccalo originali, 1568, in ottavo. ( 2 ) 5. Defensio doetrinae de originali juslilia el injustitia, 1570, in ottavo. 6. De non serulando generationis jilii Dei modo, 1560, in ottavo, 7. Apologia contra Theod. Ilezoe cavillationes, 1566, in ottavo. 8. Repetitiones Apologiae, Jena 1561, in ottavo. 9. Scripla guaedum papae el monarchorum de Concilio Tridentino, Basilea, in ottavo. Tutte queste opere sono ricercate, rare e curiose. V. 1. De sectis doetrinae, religionis pontificior, Basilea 1563, in quarto. 2. Notae de falsa papislarum religione, Magdeburgo 1640, in ottavo. Questi due seritti si trovano difficilmente. VI. Contra papatom romanUm, 1545, in ottavo. Quest’ opera estremamente rara, 1’ una delle piu violenti, clie siano comparse contro la corte di Roma. E stata tradotta in francese sotto il titolo: Contre la principaute de V evegue de Rome, Lyon 1564, in ottavo raro. VII. Antilogia papae. Basilea 1555, in ottavo, raro ed ali’ estremo satirico. VIII. Praefatio ad Erasmum Mincovium de Virgine Veneta G. Postelli, Jena 1556, raro, curioso, e singolare. (>) E. Naoinovicli nell’opera citata ci da con esattezza cronologica le varie date della pubblicazione di queste celebri Centuriae e sono le seguenti: nel 1559 le tre prime, nel 1560 la quarta, nel 1562 la quinta e la sesta, nel 1564 la settirna e 1'ottava, nel 1565 la nona, nel 1567 le due successive, nel 1569 la dodicesima, e nel 1574 la decimaterza. A quest’ultima il Flacio non preše parte, distratto com’era dalla famosa eontesa sul Peccato originale. (E.) ( 2 ) Per sostenere 1’ardito assunto il Flacio ricorse a tutte le innumerevoli risorse della sua alta intelligenza, e preše perfino consiglio dai medici, i quali gli risposero, che le malattie dell"uomo hanno la loro base nel peggioramento della sostanza, e che 1’ albero produce, secondo la propria attitudine, frutti sani o guasti (cosi!). — Nacinovich o. c, (E.) CAPITOLO IV. 193 IX. Historia certaminum de primatu Papae, Basilea 1554 in ottavo, 1’ uno dei piu rari di questo autore. X. De corrupto Ecclesiae statu, Basilea 1557, in ottavo, rara, ricercata: questa e una raccolta in versi contro i papi (a). XI. Silvola carminum de religione, 1553, in ottavo di sedici pagine, raro. XII. Silva carminum in nostri aevi corruptelas, 1553, in ottavo, rara, ricercata; Flacio non n’ e che 1’ editore. XIII. Carmina velusla quae deploranl insciliam Evangelii, cum praefactione Flaci Illgrici. Wirtemberga 1548, in ottavo, lavoro satir ico, niolto piu raro clie i precedenti. XIV. De translatione imperii romani etc., Basilea 1566, in ottavo, dove il Flacio asserisce clie la traslazione delFimpero romano negli Alemanni non e stata fatta dai papi, e che il popolo deve infiuire nell’ elezione dei vescovi. (') XV. Clavis Scripturae Sacrae, di cui le piu ampie edizioni sono di Jena 1674, e Lipsia 1695 in foglio. Vi si trovano qualche volta delle buone regole; ma vi si fanno spesso delle false applicazioni. ( 2 ) (a) Il Tiraboschi (Lett. Ital. T. IV, lib. III, capo IV pag. 412 ediz. di Venezia 1795) dice: «11 poema «elegiaco sopra la corte del papa, attribuito a Ganfrido inglese, dotto del secolo duodecimo, il quale da «.Mattia Flacio, uno dei piu piu fervidi protestanti del secolo decimosesto fu pubblicato in una Raccolta «di poemi di diversi autori de’ bassi secoli in biasimo della corte di Roma, volendo mostrare, che anche «ne'tempi addietro era stata oggetlo di scandalo a tutte le genti; e ci6 nell’opera: Da corrupto Eccl. ). ( l ) E erroneo che nelTegloga VI. libro 4 il Muzio palesi il padre di Tullia, ei solo ricorda la madre, Giulia di Ferrara, la fortunata Tole; del padre e anche della madre fa cenno invece nell’Egi. VII, lib. I. (E.) 200 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. in Italia e governatore in Milano; famoso al dire di Ginguene (Štor. Letterar. Ital. T. xii p. 120) per i delitti e p er 1’ingegno, quanto la di lui moglie Maria d’ Ara- gona per i costumi, e per la bellezza. Egli fu protettore, e quasi 1’ amico del Muzio, faceva versi, e fu celebrato dal medesimo nelle sue poesie, dalle quali apparisce che ebbe molte qualita degne di lode ( l ). II Muzio fu spedito dal marchese Alfonso nel 1542 presso il duca di Savoja, ( 2 ) che trovavasi allora a Nizza, e da questa citth abbiamo piu lettere scritte ad illustri personaggi dal mese di febbraio a tutto novembre (Lett. pag. 45). In gennaio 1543 ritorno in Milano, e s’ intrattenne sino al settembre, ed ai 30 di ottobre scrive da Mondovi ossia Monreale, a Francesco Calvo (Leti. p. 66), descrivendogli il viaggio fatto da Vigevano sino a Mondovi col suo padrone marchese del Vasto. «Dal partir «nostro di Vigevano insin che siamo arrivati qui al luogo delle facende, il signor «marchese ha sempre avute le muse in compagnia: et ha fatto infino a dodici sonetti, «et una lettera di ben cento versi in rime sciolte per risposta di una mia; et ha «costretto me a fare ogni giorno alcuna cosa. In cavalcando facevamo come a gara, «ch’egli ed io ci rimovevamo dalla compagnia; et come io aveva fatto un sonetto, «cosi andava alla volta sua a recitarglielo, et il medesimo faceva egli con me facen- «domi chiamare. Poi come eravamo giunti la sera allo alloggiamento, io scriveva «cio, che io haveva composto il giorno, et gli lo portava, et egli di sua mano scrivea «le cose sue, et a me le mandava, o le mi dava, come io andava a lui.» Il restante di detto anno si trattenne in Piemonte, e nel seguente 1544 in febbrajo scrisse da Vigevano al Calvo, ed in agosto si trovo in Milano, si fermb il resto deli’ anno, e del seguente 1545 sino al mese di giugno, in cui passb in Alle- magna col marchese (Lett. p. 101) per la via di Trento, ed in data 9 luglio 1545 da Spira ne die conto al Calvo, dicendo che in Augusta, citta luterana, ove s’ in- trattennero due giorni, ascolto una predica, ed ebbe colloquio col predicatore sopra la dottrina che si annunciava, e ne fa una descrizione sui depravati costumi e sui loro dispiaceri, soggiungendo che Ulma, ove. si fermarono altri due giorni, era la citta principale, e capo del luteranismo; nella quale Martino Lutero era dipinto con la borsa aperta a dar limosina a’poveri; ma la loro carith e rimasta in quella dipintura. Nel settembre di detto anno lo troviamo in Milano, e vi risiedette sino al maržo 1546, come dalle lettere datate da quella citth, e pubblicate nell’ indicato vohune. Intorno quest’epoca, ed in detto anno 1546 cess6 di vivere il marchese del Vasto, ed il nostro Muzio passo alla corte di Ferrante Gonzaga duca di Molfetta, e Guastalla, prode capitano, succeduto al marchese d’ Avalos. Questa notizia racco- gliesi da una lettera scrittagli da Pietro Aretino nell’ anno stesso, con cui se ne consola (Aret. lettera l. iv, pagina 26): e piu chiaramente ancora riscontrasi da molte lettere del Muzio scritte al duca Ferrante, le quali si con servano nell’ Ar- (') Alfonso d’Avalos mori nel 1546; fu ambasciatore a Venezia ed era nipote di Ferdinando D’Avalos marito di Vittoria Colonna. Tradi vilmentc i principi italiani, in segreto collegati per resistere alle in- vasioni degli ultramontani, donunziandoli a Carlo V. — Str. e Tr. (E. ( s ) Carlo HI. (1504-1553) duca di Savoja e re di Sardegna, cognato deli’imperatore Carlo V. E memorabile sotto di lui la difesa di Nizza del 1543, in cui si ricorda 1’ eroismo di Caterina Se- gurana — Str. e Fr. (E.) CAPITOLO IV. 201 chivio di Guastalla, a detta del Tiraboschi (Tomo vn, Par. i, Lib. II. Capitolo I). Nella prima scritta dal Muzio al Iluca ai 22 di agosto 1546 dimostra clie dopo tanti anni di fatiche e servitii era ancora povero. «Siccome io fui figliuolo di povero «padre, cosi sempre sono stato figliastro della fortuna, che non mi trovo al mondo «altra entrata che quella, la quale mi dh la servitii mia. . «Et giž, sono passati dieciotto mesi, che non ho tocca provvisione se non di tre; la- «onde mi trovo aggravato di debiti, e mi conviene vivere del sussidio degli amici.» Neli’ ottobre dello stesso anno fu dal duca mandato a Firenze ed a Siena per trattare il collocamento in questa seconda citth di una gnardia imperiale; e su cio si aggirano varie delle accennate lettere del Muzio, dalle quali lo si scopre uomo saggio, di molta prudenza, sincero e fedel servitore. Neli’ aprile del 1547 passo per ordine del duca a Genova, e quindi torno in Toscana, ove fu occupato per tutto quell’ anno negli interessi del duca. Nel gennaio del 1548 fu spedito e Tenezia da don Ferrante per conoscere se nulla si aveva a temere dalla disposizione di quella Repubblica. (Tir. I. c.). Sino a quest’ anno 1548 il nostro Muzio si era limitato a figurare nella poesia, nella politica, negli argomenti di cavalleria, nel cortegianismo, e nella galanteria, e tutte le di lui opere di questo carattere devono, in gran parte, ripoiharsi ali’ epoca anteriore a questa data, come 1’ Egloghe, I’ Arte poetica, le Lettere, in versi sciolti, 1’ Europa, il Diavolo, buona parte delle Lettere critiche in prosa, il Duetlo, le Ri- sposte cavalleresche, e parte delle Battaglie in difesa della lingua italiana, quantunque, queste ed altre di lui opere sono state pubblicate posteriormente colle stampe; e reca meraviglia, come egli abbia potuto scrivere tante e si varie cose in una vita, com’ egli dice, sempre travagliata e povera. Di questo appunto dh conto egli stesso in una lettera a Vincenzo Fecleli {Leti. 1. m, p. 189), rispondendo allo stesso, il quale 1’ aveva prevenuto, che «gli verranno «addosso un mar di scritture di eretici, di professori di cavalleria, e di studiosi di «lingua: che da gran tempo aveva ogni cosa antiveduto, e con animo ailegro aspet- «tava di udire quello, che sapranno dire in contrario, e che quando altri avera con «alcuna dignita trattate tante materie in tante maniere di scritture, quant’ egli ne «fece, cedera ali’ universale consentimento.»e segue a dire: «Ma piu di «tanto spero io di dover riportar commendazione, che essendo io stato lasciato da «mio padi’e di eth di diciotto anni povero, et con gravezza di famiglia; et essendomi «sempre convenuto guadagnarmi il pane scrivendo, hor agli armati eserciti, hor alle «corti di papi, hor d’ imperatori, di re, et altri prencipi, hor dali’ uno, et hor dal- «1'altro capo d’Italia; hora in Francia; hora nell’ Allemagna alta; hora nella bassa: «ne avendo mai potuto, ne potendo ancora dire di essere mio, io abbia fatto di quelle «cose, le quali non hanno potuto far molti, che otiosi hanno dispensata tutta la vita «loro ne gli studii delle lettere. Di che si dovranno piu maravigliare le persone di «mente di quello, che io ho conseguito, che dannarmi di quello che non ho potuto «conseguire.» Nella lettera, senza Iuogo e senza data, ( Lett. p. 145, e Battaglie p. 13) scritta a Renato Trivulzio, il quale gli aveva mandato il Česano di Claudio Tolomei (che poscia nel 1555 fu stampato), con cui sosteneva che la lingua Italiana dovevasi chia- mare Fiorentina, e non Volgare, come sempre fu accostumato, e gli chiedeva il 202 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA parere, il Muzio confuta ragionatamente 1’ opinione del Tolomei, e dice: «mia in- «tenzione e di scrivere tre libri in dialogo di questa lingua; se Dio mi dara vita, «et agio da poterlo fare. Ma il convenirmi adoperar la penna piu per cacciar la Fame, «che ad acquistar Fama, non mi lascia conducere questo , ne alcun altro honorevole «mio disegno.» Di questo .argomento sono le Battaglie pubblicate dopo la di lui morte. Da quest’ anno 1548 volle cangiare argomento ed entrare nelle controversie religiose, dando prineipio coli’ attaccare in gennaio 1’ equivoca espressione di una lettera, scrittagli dal suo concittadino Pietro Paolo Vergerio vescovo di Capodistria, accusandolo di eretico. Se lo zelo del Muzio si fosse limitato a fare le sue osservazioni al proprio vescovo privatamente e con prudenza, la cosa non sarebbe stata riprovevole; ma il Muzio forse pensb a figurare, e a fare chiasso; condotta riprovevole, la quale, invece di correggere, produsse 1’ effetto opposto. Difatti non si tosto il Muzio scriveva, e riscriveva al Vergerio, che i suoi scritti immediatamente pubblicava per tutta Italia, e diffamava il proprio vescovo, e scriveva sanguinosamente contro di lui alle primarie persone, a corpi rispettabili, alla citta di Capodistria, ecc., senza interruzione, quan- tunque dai piu saggi e dagli amici fortemente fosse ripreso. La trama era seguiita in modo che dalla patria monsignor Annibale Grisoni, il quale declamo durante la messa contro il vescovo (ch’ era in Capodistria) attri- buendogli le calamita deli’ anno, eccitando il popolo a sommossa, portava al Muzio a Milano i pretesi errori, e da Milano il Muzio scriveva a monsignor Antonio Elio altro suo concittadino, segretario pontificio in Roma; ed instituiti, senza effetto, varii processi da monsignor Giovanni della Časa, arrivo il Muzio nonostante a trionfare nella sua impresa, per quello spirito cavalleresco e duellista, tutto suo, a segno che finalmente, deposto il Vergerio, divenne apostata di Santa chiesa. I secreti di Dio sono imperscrutabili, ne possiamo conoscere se questa condotta sia giustificata. Veggasi su tale argomento, quanto fu detto dal Carli nell’ articolo P. P. Vergerio N. 147, e quanto io dissi nell’articolo del vescovo Gio: Batlista Vergerio N. 145; e quanto dice il marchese Girolamo Gravisi nell’articolo Gi- rolarno Vida del presente volume N. 193. In quest’ anno perdanto, e nei seguenti 1549 e 1550 furono scritte le Verge- riane, opera della quale da giudizio il Carli, e che io accenno nel catalogo di questo articolo. A questi anni ed al 1551 appartiene pure la prima parte delle Cattoliche, e da queste lettere, siccome scopresi uno zelo veramente cattolico ed un ardente interesse per la Chiesa cattolica romana, non si puo simulare, che scopresi anche in lui un carattere spinto ed opposto alla carit& evangelica. Da Milano nel gennaio 1548 nelle Vergeriane scrive a varii soggetti, ed alla citta di Capodistria: da Asti 22 agosto alle monache di Capodistria, che chiama Maestre della dottrina di Lutero: da Milano nel 1549 nuovamentc, e da Brusselles 22 feb- braio alla citta, al Grisoni, ed al Fedeli, come da Roma 7 febbraio 1550 ai mede- simi; ed in aprile e maggio da Milano al Grisoni, al Vida, ed alla citta di Capodistria, e sempre manifesta un’ indole impetuosa. Valoroso campione della Santa Sede scrive contro gli eretici, declama contro i loro costumi, e difende la Chiesa da un canto, dali’ altro declama contro i costumi del clero cattolico, senza riguardo ai gradi piu elevati della gerarchia; cose CAPITOLO IV, 203 clie dai Luterani stessi venivano proclamate. Nella v egloga lib. m, p. 121, Fausto fa vedere a Virbia (il cardinale Tppolito d’ Esle ) ( 1 ) la coiTuzione ed i vizi degli ecclesiastici: «Tu vedi ben come le ingorde voglie «De’ piu ricclii pastori, il troppo amore «Del proprio ben, la poca caritate «De’ mal commessi lor miseri armenti. Nelle Leltere cattoliche' p. 21G scrivendo al cardinale di Napoli, che fa poi Paolo IV, colla data 18 aprile 1555 censura i costumi del clero, e dice niente meno, che «Simon Mago šara sbandito dali’apostolica sedia»; e lo ripete allo stesso pag. 227 ai 3 gennaio 1557, declamando contro gli abusi e i disordini vigenti con fanta libertžt e franchezza, che ai nostri tempi sarebbero fortemente censurate. Riparo il Muzio a questi difetti colla difesa che fece ne’ suoi scritti della religione, e colla posteriore esemplare di lui condotta; ma, come osserva il Tiraboschi (L. c. p. 331): «sarebbe stato piu plausibile se 1’ avesse onorata co’suoi costumi, ne’ «quali e 1’ unica grave macchia che possa notarsi.» Osserva lo Ženo «che ne’ suoi primi anni [Leti. 82G Not. Font. p. 98) «sostenne alcune opinioni non sane, e pubblicd «alcuni componimenti non molto degni di lode: e che sino ali’anno 1550 non solo «fu uomo di mondo, ma di opinioni non sane:» che una sua lettera a I). Isabella Gonzaga ( 2 ) posta a pagina 17 della prima edizione delle sue Lettere fatta in Ve- nezia per il Giolito, e stata tolta con ragione nella ristampa fatta a Firenze dopo la di lui morte; che alcune delle sue Egloge oggidi non si lascierebbero stampare, come neppure delle lettere in verso sciolto, ove si scatena contro l’ordine ecclesiastico; e che un certo suo discorso sopra le Controversie giustamente gli fu proibito e fatto sopprimere. Seguitando il corso della di lui vita narrata sino ali’ anno 1548, lo vediamo posteriormente in Brusselles nel 1549 in maržo e giugno, come da lettere scritte a D. Ferrante. Tornato nell’ anno stesso in Italia, fu da lui spedito nel novembre a Roma, per avere colž, chi scrivesse rainutamente le vicende del Conclave, che allora si teneva, e che termino ai 7 febbraro 1550 coli’ elezione di Giulio III. ( 3 ) Molte lettere nell’ archivio di Guastalla si hanno su di cio dirette al duca Ferrante dal Mnzio [Tirab. 1 . cit.). In quest’ anno 1550 passo a matrimonio con Adriana damigella di Vittoria Far nese, duchessa di Urbino, che ignorasi di qual famiglia fosse. [Ženo Lett. 834). Scrivendo da Pesaro il 13 gennaro 1557 al ponteflce Paolo IV dicea pag. 227, dopo aver parlato contro i costumi dei vescovi, che a lui era stato offerto il grado epi- scopale, e che per levarsi da tale tentazione si era ammogliato. (*) (*) Ippolito d’ Este (1509-1572) zio di Eleonora amata dal Tasso; visse alla corte di Francia e protesse gli artisti e i letterati. Str. e Tr. (E.) ( 2 ) Isabella Gonzaga d'Este (1492-1539) marchesa di Mantova; principessa illustre per Tec- cellenti doti del cuore e delTingegno e pel favore coneesso ai letterati od agli artisti. Str. e Tr. (E.) ( 3 ) Giulio III (G. M. Giocchi) aretino (1487-1555). Ristabili e continuo il eoncilio di Trento; si vrni a Carlo V contro Ottavio Farnese duca di Parma che chiamb i Francesi. Gli fu rimproverato il nepotismo e mori poco rimpianto. Str. e Tr, (E.) 204 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Neli’ anno stesso 1550 fu due volte in Venezia, ove pubblico le Vergeriane, e V Egloghe, e ritornato in quella citti nel 1551 stampd le Lettere, le Rime, e le Mentite Occhiniane, e si trovo coli nel raaggio e dicembre, d’ onde tornato a Milano, e rinviato a Venezia, ebbe nel viaggio in Mantova una grave malattia, da cui a stento scampo [Tirat. 1. c.). Da Venezia nel 1552 al 6 di febbraio scrisse a D. Ferrante una lettera, eh’ e inedita, la quale palesa la sincera pieti del Muzio, nel cui principio ei dice, come il Tirabosclii al luogo indicato: «Da tre anni in qua, (il che e dappoi, clie si sono «incoininciati a pubblicare de’ miei seritti cattolici) da diverse persone religiose, dotte «et spirituali, sono stato piu volte confortato et ammonito, che mi debbia ritirare «et dare al servizio di Dio questo poco di tempo, che m’avvanza rivolgendomi tutto «agli studj sacri, et gagliardamente combattendo per 1’honore di quel Signore il «quale e morto per me.» Segue poscia a narrare, che chiuse 1’ orecchio a tali inviti per tempo, ma che nell’ ultima malattia aveva formata la risoluzione di darsi vera- mente tutto agli studi sacri, e alle cose di religione: chiedeva percio rispettosamente il suo congedo a D. Ferrante, il quale rispondendo a lui, benclie con dispiacere, vi annul, inculcandogli pero di portarsi prima a ritrovarlo a Milano. Ottenne il Muzio il suo congedo, ma non seppe resistere agli inviti del duca di Urbino Guido-Ubaldo II, al servizio del quale passo nel 1553. Questa notizia si ha da una lettera A’ Ippolilo Capilupi a I). Ferrante, seritta da Roma 1’ultimo di sdttembre di detto anno, portata dal Tirabosclii nel luogo indicato: «11 Muzio fu «qui in Roma, quando il signor duca d’Urbino ci fu, come servitor suo, et poi gii «quindeci di fa ci e ritornato mandato da S. E. a S. Santita, et essendo egli venuto «a časa mia a vedermi, gli domandai quel che faceva col signor duca, et come lo «trattava. Egli mi rispose che lo trattava bene; che gli dava quattrocento scudi 1’anno, «i quali gli soprabbondavano, perche in quel paese era buonissimo mereato; et che «aveva poca fatica, perche il signor duca gli aveva ordinato, che attendesse a’ suoi «studj, et che non si curava che comparisse, se non quando a lui piaceva. Appresso «cui disse, che la signora duchessa il vedeva volentieri, et che faceva in gran parte «vita con lei. flora il detto Muzio non d qui.» Dalle Lettere cattoliche riscontriamo il Muzio in maržo a Pesaro, in aprile a Venezia, in maggio a Roma, ed il resto di detto anno 1555 a Pesaro, nella qual citti era la residenza del duca. Fissato alla corte di Urbino, fu dato aio al giovine principe che fu dippoi il duca Francesco Maria II, al quale indirizzo il suo trattato del Principe giovinetlo ('). Nella Corte di quel generoso principe comincio il Muzio ad avere quiete, tran- quillita ed agio di darsi fervidamente allo studio, e parzialmente alla difesa della religione cattolica; e dal 1553 sino al 1566, tutte le sue lettere sono datate da Pesaro, meno che due da Urbino, ed una da Ferrara, e coli visse tranquillo e con- tento per il corso di anni tredici. (') Nella Vita di Torquato Tasso, seritta da G. Sacchi, che serve di prefazione alla Gerusalenime liberata, Milano 1844, si legge cho trovandosi quel grande poeta con suo padre alla corte di Guido- baldo in Pesaro, avesse per rnaestro Girolamo Muzio. Torquato aveva allora 13 anni, essendo. nato nel 1544. (E.) CAPITOLO IV. 205 Nello stesso anno 1553 il Muzio fu incaricato dal pontefice di abbruciare i Libri Talmudici negli stati del duca di Urbino, ed in parte della provincia della Marca, e con lettera da Pesaro 16 decembre dž, conto deli’ esecuzione ( Lett. Catt. pagina 185), seguita ali’ ora del mercato in pubblica piazza nel detto giorno, al padre maestro frate Michelc Alessandrino commissario generale della Sacra Inquisi- zione, che fu poscia papa Pio V. Rafaele Aguilino nel suo trattato sopra i cinque articoli della Fede Cristiana stampato in Pesaro il 1571, fe’ cenno di questo fatto, e si riscontra eh’ egli fu commissario sotto il Muzio, del quale fa onorevolissima menzione. Istancabile ne’ suoi lavori, pubblied nel detto anno 1553 in Venezia le Operette Morali, che sono in numero di sette, e nel 1555 in Pesaro le Orazioni delle Messe di tulio V anno, ed i Tre teslimoni fedeli. Succedette al pontifleato nello stesso anno 1555 il cardinale di Santa Croce col nome di Marcello II, e dopo pochi giorni il cardinale di Napoli col nome di Paolo IV ( 1 ). Le lettere dal Muzio dirette a questi pontefici sono colme di unzione veramente cristiana, e sono seritte con franca eloquenza sopra gli abusi da levarsi, e le riforme da eseguirsi. Nel 1556 Francesco Bolognetli aveva spedito al Muzio il suo poema Coslante percM lo rivedesse e correggesse, ed il Muzio con lettera 14 settembre seritta da Urbino gli die’ conto ch’ egli stesso aveva gia pensato di prendere per argomento di un poema La Historia della ricuperazion de Hierusalem fatla da quella bella ragunanza de’ cavalieri Gottifreddo Balioni el altri ecc. ma che ora ne aveva del tutto dimesso il pensiero; e siccome il Bolognelti gli serisse che su questo argomento medesimo Tor- guato Tasso si occupava a fare un poema; cosi il Muzio ai 15 di ottobre deli’anno stesso gli risponde: Che il Tasso giovane habbia lolta guella impresa, io non ne sapeva nulla. Egli ha buono spirilo, et buono slilo. Se le altre parti corrisponde- ranno, ha prešo soggetto da farsi onore. (Tirab . 1 . c.). Abbenche fosse il Muzio a servizio del duca di Urbino, non cessava pero di eonservare riconoscenza al duca Ferranle Gonzaga, suo vecchio padrone, che mori nel settembre del 1557, e di prestarsi ad ogni sua premura, come rilevasi da piu lettere seritte da Pesaro a quel principe nel 1556. Frutto delle sue applicazioni e del di lui zelo in quel tempo furono piu opere da lui seritte e successivamente pubblicate, come nel 1558 il Duello colle Risposte cavalleresche, la Risposta ali’ apostata Francesco Belli romano coi tipi di Venezia, e nel 1559 con quelli di Pesaro la Risposta a Proteo, ch’e lo stesso Betti ; nel 1560 in Venezia la Faustina coli’ Armi cavalleresche, nel 1561 in Roma la Catlolica di¬ sciplina dei principi, nel 1562 in Venezia il Bulengero riprovato, 1’ Antidoto cristiano, ed in Roma 1' Eretico infuriato, in Pesaro un trattato De romanae ecclesiae in latino, ed a Ferrara la Replica al Susio, la quale con lettera da quella . citth in data 27 ottobre di detto anno, mando a D. Cesare Gonzaga, dicendogli, che il di seguente ( ! ) Paolo IV (G. P. Caraffa) 1476-1559) nato a Capriglio nel napoletano. Nemico implacabile della Spagna, s’alle6 alla Francia eontro di essa; viformo 1’ Inquisiztone e feco pubblicare il famoso Index librorum prohibitorum. Mori detestato dal popolo, che minaccio di morte chiunrpie avesse portato in Roma lo stemma dei Caraffa. Str, e Tr, (E') 206 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA ritornerd a Pesaro. Prosegui ancora 1’ instancabile scrittore, e colle stampe di Pesaro nel 1564 pubblico una Risposta a Ferrando Averoldo, nel 1565 pure in Pesaro le Malizie Beltine, la Difesa della Messa contro Virelo, ed in Montereale il Libro di Vincenzo Lirinense contro gli eretici, noneti e nel 1566 in Pesaro una Canzone pen 1’elezione di Pio V. Varie altre opere inedita furono da lui seritte nel corso di quegli anni, come due differenti e distintissime vite del duca d’ Urbino Federico di Montefeltro, clie in due bellissimi codici esistono nella Vaticana, e di cui una fu pubblicata dopo la di lui morte, nnitilata pero e piena di errori. Pio V., santo pontefice, (') essendo ancora cardinale col nome di cardinale Alessandro, fu il singolare protettore del Muzio, e 1’ aveva animato a serivere in difesa della chiesa cattolica contro gli eretici, e parzialmente a rispondere ad un libro, venuto d’ Inghilterra, intitolato: Apologia Anglicana, com’ egli racconta nel proemio della Varchiana p. 25. Asceso al pontificato cliiamo il Muzio a Roma, e da una lettera da lui seritta al primo di aprile 1567 ( Tiral) . 1. c.) da Pesaro, rilevasi il motivo, dicendo egli: «Io sono stato chiamato a Roma da Sua Santita per «riformare gli stabilimenti della religione de’ cavalieri di S. Lazzaro.» La chiamata di Sua Santita non si limito a tale oggetto soltanto, ma fu delle piu interessanti per il Muzio, perclie dalla corte di Urbino passo in quell’ arino a stabilirsi in Roma pensionato dal pontefice. Questa notizia si rileva dalla di lui lettera seritta da Roma 1 settembre 1569 a Domenico Veniero ( Leti. catl. p. 243), in cui gli manda il catalogo delle di lui opere edite ed inedite, essendo stato dal medesirno richiesto, e che si riscontrano numerosissime. Egli dice: «Questo e quel poco, ch’ e «potuto sortir dalla penna ad huomo che dal ventesimo primo anno della sua eta «insino questa, nella quale corre il settantešimo quarto, ha continuamente servito, «ha travagliato a tutte le corti di cristianita, e vivuto fra gli armati eserciti, et la «maggior parte del suo tempo lo ha consumato a cavallo, et gli e convenuto gua- «dagnarsi il pane colle sue fatiche. Vero e, che da tre anni (1566) in qua la beni- «gnita di N. S. mi trattiene con honesta provvisione, senza gravarmi di cosa altra, «acciocche io possa attendere allo serivere. Il che e il fine di tutti i miei desiderj, «et di tutte le mie reereazioni in questo mondo.» Fornito di questo prospero raggio di fortuna, domiciliato in Roma, non molto dopo fu alquanto amareggiata la di lui tranquillita per la perdita della moglie Adriana, morta nell’ anno 1568 ai 21 di settembre, di cui con lettera di cola, ventidue di detto anno e mese ( Lett. catt. pag. 239) dfi conto alla duchessa di Urbino. Il Muzio si era talmente dedito agli esercizi di pieta, che volle anche farne uso esternamente, raccontandoci lo Ženo (Lett. 893, 826) che da una assai curiosa serittura del Muzio rilevasi il tempo ed il motivo per cui egli vestisse 1’ abito ber- retino, che cosi il Muzio chiamava quello, che dal Tasso nelle sue lettere, parlando del Muzio, con miglior voce vien detto bigio, non indicando perd ne 1’ epoca, ne il motivo, ne cosa con cio s’ intenda. (*) (*) Pio V (1504-1572) pieraontese di Bosco presso Tortona. Con severita inflessibile riformo la Corte Romana; scomunico Elisabetta d'Inghilterra (1570) ed armb contro i Turchi una squadra che com- batte a Lepanto. Fondb un collegio in Pavia che intitolb del suo cognome Ghislieri. Str. e Tr. (E.) CAPITOLO iv. 207 Accenna pero rilevarsi il significato di questo colore dal canto XX del Pur- gatorio di Dante, che io qui riporto, ove Ugo Ciapetta (verso 53) dice: Quando li regi antichi venner meno Tutti, fuor eh’ un renduto in panni bigi. Molti commentatori intendono per monaco. 11 Muzio si šara affratellato a qualche ordine religioso, portandone le insegne col vestire bigio, forse colore di quell' ordine, a cui si šara aseritto per divozione, come fanno aleune persone del secolo di ambidue i sessi e come le pizzocchere, e quelle donne, che si chiamano qui in Istria vol- garmente chietine (*). Egli non cesso di pubblicare nuove e interessanti opere, cioe in Roma nel 1569 il Cavali&ro, e nel seguente 1570 in Venezia il Coro ponlificale, e V Istovia sacra. Con quest’ opera fu il primo fra tutti gl’Italiani che intraprendesse a confutare 1$ Centurie magdeburgensi, il cui autore principale, come ho detto, fu Matteo Flacio da Albona, il piu celebre teologo luterano di quel tempo. E singolare per6 1’ osser- vazione che il primo che si oppose a questo celebre istriano fu appunto un altro celebre istriano. Nel 1571 si ritrovo in Venezia piu mesi per dare alle stampe varie sne opere, e da quella citta sono seritte varie sne lettere. Stampo in esse gli Aovertimenii morali, le Lettere catloliche, e nel 1572 la Selva odorifera, che contiene undici trattati. Passava il Muzio in Roma una vita sufficientemente comoda colla pensione pontificia, ma la fortuna, sempre per lui matrigna, cesso di favorirlo, rnentre, dopo il corso di sei anni, la di lui prosperitž. venne improvvisamente troncata per la morte del pontefice Pio V. di lui benefattore, seguita nel 1572, per cui mancando al Muzio il suo protettore e la sua pensione, sospesa dal successore Gregorio XIII, ricadde nuovainente in quella poverta, dalla quale non s’ era potuto sottrarre al servigio di tanti principi. A questo proposito dice lo Ženo (Note al Fontanini T. i. p. 191) che verso un letterato cosi benemerito e dotto a tutt’ altro doveasi aver riguardo da quel pontefice, che ad un meschino risparmio, levando la provvisione al Muzio, la quale era il di lui onesto e principale sostentamento. Nel 1573 ( Lett. p. 200) serisse al duca di Savoja Emanuele Filiberto ( 2 ) dicendogli di avere altre volte, ma inutilmente, cercato di andare a’servizi di quella Corte, ed ora ne faceva nuove istanze, e diceva che aveva preparate varie cose fter lo stabi- limento di S. Lazzaro, e che in meno di tre mesi gli darebbe ogni cosa in ordine da andare alle stampe quantunque cosi vecchio e fiacco egli fosse; e gli rappresentava che la sua eti di 77 anni aveva bisogno di molte comodit&, e richiedeva maggiori soccorsi; incominciando la lettera col dire: «Gran disgrazia e stata la mia in cin- «quantaquattro anni di servitu non aver potuto acquistar cinquantaquattro quattrini «di entrata ferma.» ( 1 ) Leggi cetine. (E.) ( 2 ) Emanuele Filiberto (1523-1580) detto Testa di ferro, fu principe valoroso, splendido, popo- larissimo. E riputato il nuovo fondatore della monarchia di Savoja. S’ illustro ali' assedio di Metz (1552), vinsc la batlaglia di S. Quintino contro i Francesi (1557). Str. e Tr. (E.) 208 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Sembra pero eh’ egli non ottenesse ii suo intento, mentre troviamo datate da Roma moltissiine sue lettere deli’ arino 1574, e pare che in quella capitale allora avesse qualche servizio presso il cardinale Ferdinanda dei Medici (’). Frattanto questo benemerito vecchio, questo celebre letterato, questo campione della chiesa, questo fedele servitore di tanti principi lo vediamo abbandonato dai lette- rati, dai principi, dalla chiesa, e gemente nella poverta, e nelle angoscie, lo vediamo costretto a gettarsi in seno deli’ amicizia, ricovrandosi presso il suo cordiale amico Lodovico Capponi alla Paneretta, villa posta in Tal d’ Usa tre miglia distante da Firenze verso Siena, ( 2 ) cola onorevolmente invitato dal medesimo; ed infatti dalla Paneretta abbiamo piu lettere segnate nei mesi di. novembre e decembre 1574 al duca di Bracciano, al gran duca di Toscana, e ad altri illustri personaggi. Ne si ritenga che questa ospitalita deli’ amico Capponi fosse una semplice gene* rosita, o commiserazione, come ha creduto il Fonlanini; che anzi fu dessa una personale riconoseenza, mentre in uno spinosissimo ed implicato affare, che si agitava . ai tribunali di Roma e di Firenze, ed in cui il Capponi era in pericolo di perdere la liberta, la riputazione, e fcrse la vita, il Muzio col consiglio, e colle seritture ne preše la difesa, ed opero in maniera che 1’ amico ne riusci con salvezza ed onore, come dice lo Ženo {Let., 877) rilevarsi da piu lettere del Muzio inedite. Di questa circostanza parla egli stesso nella dediča al Capponi delle di lui Lettere in data 24 ottobre 1575 dalla Paneretta, le quali furono stampate dopo la di lui morte in Firenze nel 1590. Nello stesso anno 1575 pubblico in Verrezia il Genliluomo, uitimo suo seritto dato alla luce in vita, mentre le altre di lui opere furono in parte stampate dopo la di lui morte, ed in parte rimasero inedite, delle quali parlero nell’ annesso catalogo. La sfortuna di questo benemerito vecchio non stanca a perseguitarlo 1’ intiero corso di sua vita, circuendolo colla poverth e colle angustie, volle eziandio amareg- giarne la vecchiezza; ed acerbamente inseguirlo negli ultimi suoi giorni, e condurlo alla tomba; mentre lo Ženo ci racconta ( Lett. 825), che il cardinale Ferdinando dei Medici, il quale fu poscia granduca, serisse ai 28 decembre 1575 al Muzio, gih ottuagenario una lettera, ch’e inedita, con termini cosi. forti, per non dir fieri ed offensivi, che ne rimase mortalmente tralitto, e per passione condotto a morte, seguita nell’ anno 1576 alla Paneretta in eta di anni ottantauno, ed ebbe onorevole sepoltura nella chiesa di San Ruffiniano con 1’epitafio recitato dal canonico Salvini {Fonlanini Bibl. T. i. p. 45 ediz. di Parma 1803). La morte del Muzio, {Lett. 832) fu generalmente compianta in italia, e fra gli altri Girolamo Catena gli fece un epigrainma: In obitum Hieron. Mutii Justino- poiitani, stampato nelle di lui opere latine pag. 35 in Pavia 1577. Di lui fanno onorevole menzione il Domenichi nel Ragionamento intorno le Imprese; ed Ortensio Landi, milanese, nel panegirico della Marchesana di Gonzaga. Il Dome¬ ti) Ferdinando I dei Medici (1549-1609) svesti la porpora e sposf) Maria di Lorena. Fu fon- datore della felicita di Livorno, protesse le arti, le scienze, prosciugd paludi e rimise in vigore le leggi poste in obilo. Str. e Tr. - (E.) ( 2 ) La Paneretta, S. Ruffiniano, dove il Muzio fu sepolto, e Ceperello sono luoghi fra loro vicini. Vedi L’ Unione er. cap. Vil, 1. (E.) CAPITOLO IV. 209 nichi ha introdotto il Muzio a ragionare ne’ suoi Dialog hi, ed in quelli di Lucio Paolo Rosello tiene il primo luogo, come pure Lodovico Agostini, gentiluomo pesarese, lo ha introdotto nelle sue Giornate soriane, opera inedita, ma degna di essere pub- blicata ( Ženo Lett. 828). Finalmente il pontefice Benedetto XIV nel breve 22 decembre 1753 diretto al senatore Flaminio Corner (Eccles. Venel. T. xvm) ne fa cenno con lode. Ippolito Chizzuola, bresciano, per le insinuazioni del Muzio rinunzio all’apostasia, e confuto poscia gli errori, che prima aveva professato. Per continuare ad esporre qual opinione avessero i piu celebri scrittori del nostro Muzio, dirh: Il Varchi (Muz. Battagl. p. 35), quantunque fosse in guerra letteraria con lui per la lingua italiana, pure, lui vivente, ne fa onorata menzione, dicendo: «lo ho il Muzio per huomo non solamente dotto et eloquente, ma leale, «clie appresso me molto maggiormente importa: e čredo, che egli dicesse tutto «quello, che egli credeva sinceramente,» Lo Ženo (Leli. 8IG) dice che dal 1550 sino alla sua morte la occupazione del Muzio non fu che la pieth, e la religione, che servi varii principi, ed a tutti parlo da cristiano, e non mori da cortigiano; che i suoi libri, e le sue lettere sono irre- fragabili testimoni. Il Tiraboschi ( Lelt. Ital. lih. II. cap. i. num. xxxiv) dice che il Muzio corti¬ giano insieme e teologo fu uno degli uomini piu laboriosi che al suo secolo florissero, ma poco felice nel ritrarre da’ suoi studi quel frutto, che parea loro doversi: ed al n.° xxxv che co’ suoi opuscoli contro gli eretici veniva a scoprire gl’ inganni e le frodi con cui i novatori seducevano gl’ incauti, e confermava con cio i cattolici nella fede; e che nelle sue opere non era un profondo teologo, ma un robusto ed accorto guerriero, che sapeva usare saggiamente quelle armi, che la buona causa gli sommi- nistrava, scoprendo le imposture e gl’ inganni de’ suoi avversari, gl’ inseguiva e gl’ incalzava con forza, ed avvalorava le ragioni e gli argomenti coll’eloquenza e che non poco giovarono cotali libri a prevenire singolarmente il rozzo ed incauto volgo, da non si lasciar sedurre dal fascino delle nuove opinioni. Il Ginguene (Štor. della Letterat. Ital. T. xi, xn) dice, che il Muzio fu al suo tempo assai stimato ed autorevole, scrittore fecondo, poeta, filologo, moralista, teologo, zelante controversista; che il suo ingegno era acconcio ad ogni maniera di dottrina, «e di studj (p. 112): «che vedevasi per ogni dove in Italia, in Allemagna, in Francia «prendere parte ai negozj politici, militari, religiosi, pubblici e privati, e per tal modo «men6 sempre una vita operosa ed inquieta, trovandosi, come dice egli stesso, sempre «a cavallo:. e che ad onta del suo ingegno, della sua attivM, e de’ suoi servigi non «pote mai uscire dalla miseria . . . . il che torna a gran vergogna de’ suoi protettori, «ed e un gran d’ esempio per quelli che ambiscono siffatte protezioni (pagina 113). «E reca stupore che fra tante distrazioni e tanti bisogni abbia potuto proseguire «negli studj, e dare alla luce un si gran numero di scritture tutte di genere si di- «verso.Che pero in alcuni suoi dettati scuso il Duello, e porto questo spirito «cavalleresco nelle contimversie teologiche, ed anche nelle discussioni letterarie «(p. 114): che i suoi costumi non erano altrettanto severi, quanto le sue conclusioni morali:» e che se al Betti apostata, che aveva prešo moglie, a’ suoi compagni fossero arrivati quei versi nei quali giustifica il concubinato (Lett. poet. lib. i. pag. 109) 1’ avrebbero potuto ribattere co’suoi stessi principi (p. 116). 210 BIOGRAFIA DEGtl UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA E ben singolare che i compilatori del Dizionario Universale Biografico, che si stampa a Parigi, abbiano ommesso di nominare questo grande istriano, che n o n potevano ignorare, trovandosi nel Dizionario deli’ Advocat, edizione di Bassano 1766 un breve ma succoso articolo, ed avendone digia parlato a lungo il Ginguene nella sua opera, che si stampo recentemente a Parigi, e perche inoltre il Muzio al suo tempo fu celebratissimo in Francia. Aggiungero in fine, cio che osserva lo Ženo alle note del Fontanini, il grave abbaglio prešo dai compilatori del Catalogo della biblio- teca del re di Francia, ove il Muzio invece del Belli e annoverato tra gli scrittori eretici (Ženo, Note al Foni. T. n. p. 487) (*). TTJLLIA ISPIRATR1CE DEL MUZIO Con giudizio piu pacato scrive oggi cosl il signor Edoardo Magliani di questa celebre donna, di fervido sangue meridionale, nella sua pubblicazione : Letteratura femminile del mezzodi d’Italia: Dopo Maria d’ Aragona, iapiratrice di Luigi Tansillo .... Tullia d’ Aragona, la quale forse, non fu nemmeno una discendente di questa časa. Naeque da Pietro Tagliavia d’Aragona, arcivescovo di Palermo, e da una tal Giulia, detta la piu bella donna di Ferrara; ed alcuni vogliono che sua patria sia stata Napoli, altri Roma, ed altri ancora Palermo. Poetessa e scrittrice non mediocre del suo tempo, e pero non quella che i suoi contemporanei decantarono come il sole della poesia, come la vera erede del nome e deli’ eloguenza di Tullia, ecc., dovette la sua farna sopratu-tto alle grazie ed alle seduzioni irresistibili della sua bellezza, alla sua vita intessuta di strane avventure. Come un’etera antica affascinava con gli sguardi, come col canto e col suono, in cui spesso improvvisava poesie ed era valen- tissima: donde, al dire dello Zilioli, quello sciame infinito di adoratori che, a guisa di veltri affamati, la seguilavano a colpi di sonetti e di canzoni . Tullia d’Aragona fu ambiziosa oltremodo e preferi la corte dei piu insigni uomini del tempo, ai quali, non chiedendo essa altra mercede de’ suoi favori che la farna, fu primo e gradito obbligo levar alle stelle pregi e difetti suoi, virtu che non aveva e colpe diventate in lei virtii. Volgeva quell’epoca, decimo quinto e decimo sesto secolo, in cui ferveva 1’apoteosi femminile e tutta Italia fu piena di ampollosi e strani elogiatori del bel sesso, i quali, pero, con le loro lodi enfatiche e cortigianesche non hanno potuto interamente oscurare le vere glorie delFingegno femminile! t 1 ) Notizie riguardanti il Muzio si leggono pure nelVUnione cron. cap. an. VI, e sono del prof. Arturo Pasdera di Capodistria. (E.) Capitolo iv. 211 Furono corteggiatori, amanti e poeti di Tullia di Aragona il Molža (*), il Varchi ( 2 ), il cardinale de’Medici ( 3 ), il Camillo, il Bentivoglio ( J ), 1’Arrighi, il Benucci, Filippo Strozzi ( s ) e principalmente Girolamo Muzio, Bernardo Tasso C 5 ), che la conobbe a Venezia e per lei prolungo la sua dimora in questa citta, e Pietro Mannelli: tra i quali tutti, malgrado 1’avvicendarsi delle fortune e delle preferenze, essa, con mirabile sagacia, sapeva mantenere la piu perfetta con :ordia. Sicche mai un cartello di sflda od uno scandalo qualsiasi occorse fra quella gente pacifica; ed anzi Giulio Camillo, forse messo alla porta, chiedeva solo di poten seguire le insegne amorose di Tullia, ed il Muzio, il piii fortunato adoratore di Tullia, scriveva nella sua egloga Tirrenia, che ogni pastore, che conosceva quella vaga ninfa, non solo 1’ amava, ma desiderava che ogni mortale T amasse . . . Gran bonta di quei pastori! Il suo carattere di scrittrice, come il suo carattere di donna, offre qualche lato curioso; essa menava una vita scapigliata e le doleva di vedere che molti libri, i quali allettavano le donne, fossero pieni di oscenita; si proponeva di scrivere con Guerrino il Meschino quasi un sacro poema e se ne pentiva subito, nel canto X., narrando gli amori di Pacifero. Contraddizioni queste nel carattere, che rivelano certe contraddizioni intime nelFanimo stesso e nella vita; contraddizioni che potrebbero spiegare, perche, mentre muore, cortigiana, a Roma essa dona gran parte del suo avere ad un convento di suore. Tullia d’ Aragona visse, sempre corteggiata, anche a Firenze, a Venezia ed a Roma, dove non pote sfuggire alla satira di Pasquino, il quale compose su di lei un capitolo satirico intitolato: Passione d’amor di maeslro Pasguino per la par Uta della signora. Tullia, e marlcllo grande delle povere cortigiane di Roma con le allegrezze delle bolognesi. Mori Tullia prima di giugnere alla vecchiez a, ma non in tempo per non ve- dersi abbandonata dagli amici e dalla fortuna. (') Molža Frane. Maria (1489- 1544) modenese. Poeta petrarchesco, compose eleganti elegie, novelle e capitoli berneschi. Fu grande amico di Annibal Caro. Str. e Tr. (E.) ( 3 ) Medici Ippolito di Urbino, cardinale (1511 - 1535), bastardo di Medici Giuliano duca di Nemours. Fu 1’anima delle congiure tramate contro suo cugino Alessandro de’Medici duca di Firenze (1510-1537), il (juale lo fece avvelenare. Lascio una lodata traduziono in versi sciolti deli’ Eneida, e protesse i let- terati. Id. (E.) ( 2 ) Varchi Benedetto (1502-1565) fiorentino. Nemieo acerrimo dei Medici fu esiliato; ma si lascio vincere dalle offerte benevole di Cosimo 1, che avendolo in molta estimazione lo incarico di scrivere la Storia di Firenze, nella quale si mostra parziale ai Medici, perche veramente costretto dalle loro minac- cie. Oltre la Storia di Firenze, lascio VErcolano — dialogo sulle lingue — una commedia La suocera, poi lezioni, orazioni, poesie e traduzioni. Id. (E.) ( 4 ) Bentivoglio Ercole (1506-1573) bolognese, visse alla corte di Ferrara. Compose commedie, so- netti, egloghe e satire, emulando in quest’ultime FAriosto. Id. (E.) ( 5 ) Strozzi Filippo Giov. Balt. (1488-1538) fiorentino. Avversb il dispotismo, e benche non amante del governo popolare, si associb agli sforzi dei patriotti che ristabilirono la repubblica in Firenze nel 1527- Fece professione di buone lettere, specialmento delle greche e latine. Mori in carcere, lasciando scritto sulla parete: Exoriare aliquis noslris ex ossibus ultor. V. Vita di Filippo Strozzi nella tragedia omonima di G. B. Niccolini. Firenze, F. Le Monnier, 1844. (E.) ( 6 ) Tasso Bernardo (1493-1569) bergamasco, fu padre di Torqualo Tasso (1544-1595). Scrisse un poema in cento canti (L’Amadigi), un altro in diecinove (Floridante), e poi rime, egloghe, elegie, selve, inni, odi ecc. Str. e Tr. (E.) 212 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA GENEALOGIA DEL MUZIO Nuzio Giovanni Stefano Filippo Giorgio Giacomo Cristoforo Simeone Marco MUZIO GIROLAMO Antonio Giovanna Giulio Cesare Paolo Emilio Giovanni Nuzio da Udine fu chirurgo o come dicevasi allora barbiere. Si trasferi a Capodistria per esercitarvi la professione. Nel 1442, dordine della Signoria di Ve- nezia, sotto il doge Foscari fu aggregato a quel Consiglio dei nobili. Preše moglie (Elena) ed ebbe sei maschi e cinque femmine. La sua arina era uno scaglione simile a quello di Udine. Stefano, 1° figlio di Giovanni fu notaio e mori cancelliere in An- tivari. Filippo, IP figlio di Giovanni fu Arma Muzio chirurgo. Giorgio, IIP figlio dello stesso Marco figlio di Giacomo nobile giustinopolitano; fu dottore ed ebbe corrispondenza epistolare col celebre G. Muzio, suo cugino. Girolamo, 1’ illustre letterato di cui si discorre nella preselite fu orefice. Giacomo, IV 0 figlio dello stesso si dice nel suo testamento in data del 1546, nobile Juslinop. Cristoforo, V 6 figlio fu pro- fessore di belle lettere in Capo- distria nel 1504; mori nel 1514. Simeone, VP figlio; nel 23 agosto 1488 dal vescovo Geremia Pola fu investito di sette masi di terra nella villa Truscole. (Ženo Lelt. 825). biografla. Antonio, fratello di Girolamo, mori in Roma nel 1530 nella giovanile eta d’ anni-25. Fu ca- stellano di Benevento. Giovanna, sorella di Girolamo ed Antonio. Giulio Cesare figlio di Giro¬ lamo fu milite e letterato. Paolo altro figlio di Girolamo nacque nelFanno 1545. (Verg er. p. 154). Apostolo Ženo, nella lettera 830 scritta da Venezia il 27 maržo 1734 a monsignor Fontanini, da conto degli antenati del Muzio, il cui avo era Giovanni Nuzio da Udine di professione barbiere. Halla lettera 832 di Venezia 10 aprile di detto anno, vediamo che il Fontanini aveva seriamente avvisato lo Ženo a tacere la bassa estra- zione del Muzio. E ben difficile credere che uomini cosi dotti, quali erano il Fontanini e lo Ženo, non abbiano inteso il significato di barbieve, che voleva dire chirurgo,. sa- pendosi che la chirurgia non e un basso mestiere, come quello del radere la barba, ma una parte nobile della medicina, e tanto nobile io la considero, in quanto che CAPITOLO IV. 213 basata sopra cose di fatto, e una professione realmente benefica ali’ umanita da pre- ferirsi sotto qualche aspetto, alla medicina stessa, la quale e guidata spesso dalFim- maginazione, e dalla congettura. Nello stato venelo i chirurghi si chiamavano barbieri, ed anche oggidi in qualche luogo deli’ Istria dal basso popolo si dicono barbieribarberi, barber. Ma questa denominazione la daro documentata: II dottor Francesco Bernardi nel suo Prospetto storico crilico sopra il collegio medico-cliirurgico di Venezia, tipi di quella citta, 1797, ecco quanto porta su di cio: A pagina 4 dice: »li medici, o barbieri,» e nella nota 4 preselita il seguente testo pubblico: 1307, 20 april. Leon pag. 93. — Gum multi barberii et medici ignorantes experientiam habeant de gratia a noslro dominio possendi mederi — pag. 5: guegli poi altri suballerni nelVarle, detli barbieri, o medici ignoranti ecc. .pag. 11: seconda classe attinente alVarle dei barbieri — pag. 15: lanli falli, che da per lutto vengono commessi dai barbieri per ignoranza detla propria arte cliirurgica. Giooanni Nuzio bisogna credere fosse un eccellente chirurgo, e conoscesse bene 1’arte sua, mentre con apposita ducale della Serenissima fu aggregato nel 1442 alla nobilta di Capodistria, distinzione certo non corrispondente ali’ arte meccanica del radere la barba. Passo ora al catalogo delle opere delMuzio clie formano il monu-mento perenne della di lui celebrita, e del di lui merito. Io app or r 6 a’ suoi scritti alcune osservazioni tratte dagl’ indicati scrittori e tanto piii mi e grato di farlo, in quanto che sono imparziali, e singolarmente quelle del francese Ginguene, essendo noto, che per ispirito nazionale, i Francesi sono sovente parchi di lodi verso .gl’ Italiani. (') OPERE EDITE Dl GIROLASVIO MUZIO ( a ) i. 1550 1 Le Vergeriane. 2 Discorso se convenga radunar concilio. 3 Trattato della comunione dei laici e delle mogli dei chierici. Venezia 1550 per Giolito, in ottavo. Delle Vergeriane, opeta clamorosa, dice G. R. Carli (Opere T. xv. p. 125): «Io ho esaminato tutta quella crusca delle Vergeriane; ma non 6 veduto altro «che persecuzione vergognosa, ed un’ arte troppo maligna nell’attribuire al suo (*) (*) Cio era vero ai tempi dello Stancovicli ed anche pili tardi; ma ora poi non e cosi. (E.) (a) Tratte dalla Biblioteca Italiana di Francesco Haym, torno I. pag. 621, Milano 1771, tipografia Giusoppe Galeazzi, e da altre fonti, disposte secondo 1'epoca della stampa, e sono volumi XLV, che conprendono numero 72 difierenti trattati, corredati da rispettive osservazioni. 214 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL* ISTRIA «vescovo quelle dottrine eh’ erano dei luterani.» Di questa opera, e delle altre di controversia religiosa monsignor Fontanini non fa cenno nella sua Biblioteca T. ni pagine 489. II. 1550 Egloghe divise in cinque libri ('). — Le Amorose — Le Marchesane — Le Mustri — Le Lugubri — Le Varle. Venezia 1550 per Giolito, in ottavo. II Fontanini, ed altri hanno appena nominate 1’Egloghe del Muzio, lo Ženo non .se ne occnpa, ed il Tiraboschi le ha dimenticate. II Ginguene ne parla a lungo, e ne fa con giusta critica la maggior considerazione nel Tomo xii della Storia letleraria d' Ilalia pag. 116 e seguenti, dicendo che il Muzio fu ne' diversi generi cosi fecondo in poesia come in prosa, coltivo la Lirica, la Didascalica, V Epislolare ; ma che al genere Bucolico si applico mag- giormente e che niuii poeta, dopo Teocrilo, delto uri si gran numero di egloghe quante il Muzio, il quale ne mise in luce 35, tutte in verso sciolto, come quelle deli’ Alamanni, partite in cinque libri, ciascuno dei quali ne con- tiene sette col nome di amorose ossia Mirti, di marchesane ossia di Alberi, d’ilustri ossia di Cedri, di lugubri ossia di Cipressi, e di varie ossia d’ Alberi diversi. Nelle Amorose celebra Tulila d' Aragona con espressiorri dolci e soavi sotto il nome di Tirennia, dopo averla cantata pure nelle sue Rime piu che non avea fatto Bernardo Tasso. Neli’ egloga temi la trasforma in Talia, e vedutala in sogno sul Parnaso con Apollo, e le Muse, serive sopra un olmo: Pianta eterna vivi; E i nostri nomi eternamente serivi. E lasciando a parte Apollo e le Muse termina col cantare Talia : E trovando Talia per mille tronchi Scritto per Ja mia man, trovando Mopso Scritto per la man tua, n’ avranno ancora Diletto e invidia, le luture genti. Nella quinta fa conoscere una verita assai semplice, ma rara nei poeti: Lasso! che importa a poverel pastore Quel che facciano i ricchi empi tiranni? Che tocca a me cercar 1’ar m ate squadre? Indicando la sua poverta invidia la capanna del pastore: Ei da quel di che al sol pria gli occhi aperse, Non ha potuto ancor’ una volta Dir: qui šaril domane il mio soggiorno. (*) R. Renier definisce 1’ egloga: un genere bizzarro di oomponimento allegorico, in cui sotto un velo finissimo si soleva alludere ai fatti piii gelosi della vita privata e pubblica eontemporanea . Y. Studi sulle opere latine del Boccaccio per Attilia Hortis nella Rassegna Hibi. dol vol. I. fasc. I. del- V Arch. Štor. per Trieste, V Istria cd il Trentino, Homa, 1881. (E.) CAPITOLO IV. 215 Nella settima mostra confidenza della sua Ninfa, e continua il Ginguene a dira sopra un passo degli amanti di Tullia, che abituato alle sottigliezze teologiche, se ne giocava anche nelle sue rime. Le egloghe del secondo libro versano intorno al marchese Alfonso d' Avalos. Neli’ egloga prima deplora i mali della guerra, e poscia narra le lodi, e gli amori del marchese e della di lui moglie fignrata col nome di Amarili. Nel libro terzo tributa gli encomi a’ suoi protettori, e fra questi s’ incontrano dei concetti giustissimi, come dice nell’ egloga prima: .il beato coro Non apre altrui per oro e per argento Le porte del santissimo Elicona. Nella quinta egloga Fausto mette innanzi a Virbia, ed al cardinale Ippolito d’ Esle la corruzione ed i vizi dei pastori di quell’ eta. Il libro quarto contiene 1’egloghe funebri, che sono le piii commoventi. Nella prima piange la morte di Alceo o di Luigi Gonzaga, e vi si vede Tirennia, gia morta, andare incontro al suo amico. Nella seconda gira snllo stesso sog- getto; nelle seguenti deplora la morte di vari suoi protettori ed amici, fra i quali nella quarta egloga spiega il suo dolore per la perdita del suo amico Deminio, di cui tocca le qualith, le fatiche, e le sublimi speculazioni, il quale, al dire del poeta, ne sapea piu di Pane e di Sileno. Nella penultima si lamenta della morte di Argia, sorella di Tullia d’Aragona, e nell’ ultima della morte della sua prima amante Chiara, sotto il nome di Clori, celebrata gia in vita nelle sue rime. Nel quinto libro, la prima egloga e un Idillio; 1’invenzione e. 1 ? allusione non puo essere piu ingegnosa; mentre accresce il numero delle trasformazioni deli’ antica mitologia, ed ha per oggetto una statua di Venere in marmo spedita dali’ Italia a Francesco I re di Francia. La terza egloga contiene un breve dialogo tra Eumolpo che si lamenta, e 1’ Eco che gli risponde. Seguita a dire il Ginguene che dopo Ovidio, che introdusse 1’ Eco nella favola di Narciso, sin dal secolo decimoquinto, erasi prešo ad imitare cotal giuoco di parole nei versi, e che se ne rinviene qualche orma nell’ Or/eo di Poliziano, e negli strambotti deli’ Arjuilano eec., ma che ebbe maggior perfezione nel secolo decimosesto. Il Guarini ne adopero uno nel Pastor Fido (Atto iv, scena vm) che fuor di duhbio e dei piu ingegnosi. Ma se si vuole avere in qualche pregio questa spezie di bizzarria, e se, si raffronta 1’ Eco del Guarini con quello del Muzio, ch’ era venuto trent’ anni prima, convien dire che questo gli va innanzi e per la naturalez/a e per 1’ opportunita. Nella quarta si rivolge al celebre Iioniolo Amaseo, contro cui aveva scritto tre discorsi in favore della lingua italiana, e cerca di persuaderlo, confessandp il di lui sapere nelle due lingue dotte antiche, e gli raccomanda di non mostrarsi schivo della propria: .il tuo patrio idioma Non sdegnar, buon pastor, e quegli accenti . Che gia suggesti infln col primo latte Dalle poppe materne, e’ n che la lingua Prima sciogliesti, alquanto piu benigno Raccogli or meco. 216 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Neli’egloga quinta ricorda la patria; e volge il pensiero agl’ innocenti piaceri che godeva fra i suoi concittadini nei primi suoi anoi, e si scaglia eontro 1’ a- varizia e 1’ ambizione che sconvolsero il mondo, e eontro colui che parti i carnpi, gli uornini, i cittadini, gli amici: Maledetto colui ch’ ai primi campi Segno i confini, e con argini e fossi Distinse tra mio e tuo la terra e l’acque; E non pote il crudel quest’ aere almeno, Questo spirto vital, quest’ aurea luce Partire iniquamente, e mal suo grado Tanto ne gode il poverello Egone, Quanto 1’ avaro Dafni. O secol d’ oro, O secol piu che d’ oro, infln che 1’ oro Non fece oltraggio ali’innocenza antica! Questo passo il Ginguene lo trova di molta originalih, raffrontato anche col celebre coro deli’ Aminta del Tasso. Passa il Muzio alla speranza di chiudere i suoi giorni in pace fra i concittadini, e che le sue ossa avranno qualche riposo in seno della patria ('). La seitima egioga deserive il pericolo corso da Giulia Gonzaga di essere rapita dal Barbarossa, ed il Ginguene ne analizza le bellezze, ed i difetti. Osserva egli che uno stile troppo florido, o studiato, nuoce alla veritit, e che nelle sue egloghe vi sono delle locuzioni ed immagini esagerate ed anche false, come nella seconda del primo libro, agguagliando Tirennia al sole, disse: Sorgi sol, del mio sol sola speranza. Neli’egloga v. lib. iv. piangendo la rnorte di Alfonso d’Avalos, fa uso di «una nebbia di dolore, di una dirotta pioggia di lagrime, di un procelloso vento di sospiri», e simili. Nel principio deli’egloga stessa divide e suddivide il dolore in modo che sembra scherzare anzi che piangere: Dolor, crudel dolor, che non mi lasci, Per soverchio dolor, aprir la strada A quel fiero dolor, che dolorando Vorria 1’ alma sgombrarmi di dolore? Segue il Ginguene a dife che si fatti traviamenti, che vogliono essere biasimati in tutti gli serittori, sono rari nelle egloghe del Muzio. Quello che se gli puo a piti buon diritto imputare, si e un’ abbondanza che sovente travalica i confini, e lo espone a frequenti ripetizioni, e chiude: «Ha molta originalih, e quantunque «imitatore degli antichi, ha molte invenzioni nelle immagini, e belle sentenze; «ma che 1’ estro lo trasporta, e le opprime con un’ ammasso di ornameuti, e (‘) Questa quinta egloga e intitolata: — Il rammarico; — un brano ne reca lo Zenatti nel- 1’ Epistola in versi — Archeografo triestino agosto 1880, riprodotto nell’ Unione eron. capod. anno VII, numero 1, 1880, (E.) CAPITOLO IV. 217 che splenderebbe maggiormente se ne fosse stato piu parco, e clie finalmente ha le medesime qualita ed i medesimi difetti d’ Ovidio, quantunqite nell’ Arte poetica (1. n. p. 80) si proponeva d’ imitare Virgilio. III. 1551 1 Rime diverse. 2 Tre libri di arte poetica. 3 Tre libri di lettere in versi sciolti. 4 L’ Europa. 5 II Diavolo di Giulio Camillo, tradotto. Venezia 1551, pel Giolito, in ottavo. II Muzio si pose ad imitare Orazio in quest’ opera, com’ egli dice nella dediča a Domenico Veniero, fuorehe nello stile satirico, scusandosi col dire di non essersi mai dilettato di tal maniera di composizione. Nelle Rime diverse, che paragona ali e Odi di Orazio, e sono canzoni e sonetti, egli in gran parte eelebra due donne da lm teneramente amate, 1’ una di umile condizione, e 1’ altra la celebre Tullia d’ Aragona. Per la prima detto dieci canzoni nelle quali loda successivamente il volto, i capelli, la fronte, gli occlii, le guance, la bocca, il collo, il petto, la mano, tutta la persona di lei; ed in questi versi non e cosi austero, come si dimostra nelle sue prose. L 'Arte poetica, a detta dello Ženo (Note al Foni. T. i. p. 241) e una delle migliori, che siano uscite dalla felice perma del Muzio, e contiene molti inse- gnamenti, degni d’ essere piu in vista degli studiosi della volgare poesia; questa opera fu grandemente lodata dal Varclii: e il Muzio volle con essa imitare 1’Arte poetica di Orazio, come nelle Lettere le Epistole dello stesso poeta. Il Ginguene ne d k conto piu esatto sopra ciascheduno nel torno xi della Storia gi;t indicata, e ritiene il Muzio tra i primi Didascalici. Dice che questo poema e quasi una serie di precetti, che quando lo pubblied, quello del Vida avea da trent’anni veduto la luce; ma che il Vida ragiona soltanto della poesia latina, e che il Muzio, serisse la sua Arte poetica pei poeti italiani. In quest' opera si rinvengono precetti in maggior numero, che nelle dottrine generali deli’ e- pistola d’ Orazio ai Pisoni del poema del Vida, e di quello di Boileau, e delle poetiche di tutte le nazioni; e segue a dire ancora il Ginguene che: «tutti gli «uomini colti ed amatori della lingua italiana, non pure gl’italiani, possono leggere «con diletto questo elegante poema ripieno di nobili osservazioni, e seritto con «franchezza ed originalita». Il poema e diviso in tre libri. Nel primo, 1’ autore abbatte coloro, i quali pensano che nella poesia basti il naturale, e che non e un’ arte che si possa imparare. Raccomanda di rivolgersi ai chiari esempi della Grecia e di Roma. Quanto alla lingua, che chiarna poeticamente vezzosa figlia della latina, egli la considera come ancora in culla, p. 69 a: Non ha voltate ancor le prime zolle De’ grassi campi la vezzosa figlia Dell’ onorata lingua de’ latini; Ma come quella ch’ ancor pargoleggia, Si sta sedendo tra i fioretti, e 1’ erbe. 218 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA. Parla della lingua toscana de’letterati, pagina 70 b: Ne di molti di lor, clie lian pianto in fasce . In riva al fiume, che Toscana infiora, Lodo 1’ opinion. Fra lor non manca Chi si črede d’ aver col primo latte Bevuti d’ eloquenza i chiari fonti, E forse van pero talor men culti. Siccome a’ greci, e siccome a’ latini Nascere assai non fu greci o latini, Cosi non basta il nascimento tosco. La beliti, la nettezza delle lingue Si conservan tra i libri, e da scrittori Scriver s’ impara, e non dal volgo errante. Quel clie canto il pastor, le ville, e 1’ arine, Čolni clie scrisse T arte clie ora io scrivo, E gli amanti di Lesbia e di Corinna Non fur romani, e la lingua di Roma Illustrar piu, clie i cittadin del Tebro. E per tacer degli altri, qual latino E piu latin di clii col falso etinuco Fe’la beffa ali’ amico di Trasone? E clii ne die costui? non latin suolo, Non italica spiaggia, e non Europa; Ma 1’ orgoglioso Bragada, e la terra Dal mare e dal voler da noi divisa: Palesa il suo pensiero liberamente sni primi poeti italiani che arricchirono la lingua del Petrarca e di Dante. p. 71 a: Fu il Petrarca scrittor puro e leggiadro Sopra d’ ogn’ altro, e forse meno ardito, Che convenga a poeta . Di soverchio fu audace 1’ Aldighieri, Ne da lasciar cosi prenderne il cibo A fanciul tolto dalle prime poppe. Del Boccaccio. p. 73: E T Certaldese molte volte sciolto Da’ numeri di rime, e piu poeta, Che quando a poetar si mette in rima. Loda altamente la Coltivazione di Luigi Alarnanni. p. 74: .11 cultor Alarnanni, Cui rimesso ha Silvano e Ciparisso, La vezzosa Pomona e’ 1 padre Bacco, Il dio d’ Arcatlia e Cesar e e Vertunno, E piante e viti e gregge e biade ed orti. CAPITOLO IV. 219 Quantunque la Sofonisba (*) fosse stata stampata nel 1524, cioe ventisette anni prima; pure dice che la lingua italiaua Non usa di montar gli alti coturni • La nostra etade; e pero appena tocclii Gli hanno i nostri poeti. Ed abbenche da trentacinque anni il poema AAV Ariosto avesse veduta la luce, non- dimeno dice che il poema epico non era stato ancora degnamente trattato p. 74: ( 2 ) Ne infine ad ora a la tromba di Marte Post’ha la bocca alcun con pieno spirto; E chiunque de’ nostri al suon deli’ arme Volta ha la mente, parmi essere intento A dilettar le femmine e la plebe. Loda 1’ Illiade, e VOdissea; ne molto favorevole si mostra ali’ Ariosto, alludendo al principio deli’ Orlando Furioso, come nel libro secondo: ( 3 ) Altri ci son, che se ben d’ una in una Non propongan le donne, i cavalieri, L’ arme, gli amori, e tutte 1’ altre cose, Di che intendon trattar per tutti i libri, Non sembra lor dover scriver poema. Come non favorisce 1’ Omero ferrarese per V Epopea, cosi fa piu ragione al medesimo nella commedia; ed egli non trova la lingua italiana ben acconcia al teatro, e vi scorge per tale riguardo alcuni difetti: Ne in prosa sciolta, n6 legata in rima Non dee, per mio giudizio, entrare in scena. A me piace lo stil del Ferrarese In ch’egli scrisse 1’ultime commedie. Il secondo libro, dice il Ginguene, e pieno di eccellenti dottrine sopra l’arte di delineare i caratteri, e di dare grandezza alle cose minute; sopra le con- venienze, sopra la necessita di stare in certi confini ed evitare la ridondanza, (') Secondo altri la Sofonisba fu stampata da Gian’ Giorgio Trissino di Vicenza (1478-1550) nel- anno 1515; cioe quando 1' autore nell’ eta d' anni 37. (E.) ( 2 ) L’Ariosto (1474-1533) fece la prima pobblicazione a stampa delFOrlando Furioso nol 1545 in 40 canti; poscia finch’ ebbe vita non fece che portarvi miglioramenti e correzioni. Vi sono delle ottave scritte di suo pugno in venti guise differenti. V. Alcuni brani deli’ Orlando Furioso ecc. Estratto dal Mannale didattico-storico della Lett. it. ecc. compilato dali’ ab. L. Schiavi. — Venezia, štab. tip. mun. di G. Longo, 1873. (E.) ( 3 ) L’arte della parola che si piega inesauribilmente ad ogni argomento e ad ogni stile, e la dote iniraitabile delle pitture, furono le prime cause che influirono cotanto a rendere si accetto il poema del- 1’ Ariosto, da fare che fosse ristampato sessanta volte nello stesso secolo in cui apparve la prima volta. L. Schiavi — o. c. — Oggi tutte le nazioni civili annoverano 1’Orlando Furioso fra i piu celebri poemi del mondo; e il migliore biografo del sommo italiano e ritenuto Vincenzo Gioberti. (E.) 17 220 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA e la supeidluita. In questo ed anche quasi in ogni cosa, mette Virgilio innanzi ad Omero, ed a piu gran ragione innanzi ad Oviclio: Ma da colui (a) la vera arte s’ impara Del poetar; in questi si comprende Quanto fosse feconda in lui natura. Quasi tutti gli altri precetti appartengono al poema epico, e sono tratti gli esempi dai due sommi maestri deli’ Epopea. Colla consueta liberta prende a notare alcune mende nei poeti antichi piu perfetti, piuttosto come critico che come maestro. II terzo libro comprende le cose che spettano esclusivamente alla lingua ita- liana, al metro, alle diverse spezie di poesia, alle figure, agli artifizi dello stile, alle metafore, colle quali conviene adornarlo; passa quindi alle comparazioni, e dice che niuno dee far versi, se virtu divina non gli muove 1’ anima, e significa questo precetto con una figura originale : .Altro non e il poeta Che strumento di Febo; e s’ ei le corde Non comincia toccar, la lira tace. Termina come Orazio, confortando il poeta a non appagarsi del proprio giu- dizio; ma a sottoporre i suoi scritti a quello di amici dotti e di fino discerni- mento, e da, come Boileau, il nobile avvertimento di non far mai della virtu poetica un mestiere mercenario : Chi voleva altro premio alla sua penna Che 1 solo onor, a piu beata etade Nascer dovea; e chi in seguir le muse, Non sta eontento delle muse ignude, Lasci le muse, e prenda altro cammino. Il poeta in questi versi avra contemplata la propria sfortuna, non comune pero ad altri poeti. Fin qui ho succintamente ed in gran parte seguito il Ginguene; chi volesse di piu legga lo stesso autore. Chiudero col Tiraboschi (Tomo vn, lib. m, artic. xix, p. 1170) che quest’opera scritta non senza eleganza, per i suoi saggi precetti, fu allora accolta con molto plauso ed anche al presente si puo leggere con frutto. Nei tre libri delle Lettere se ne trovano di argomento originale, come quella - sopra i Serci a Vincenzo Fedeli segretario della repubblica di Tenezia, e se ne gusta la lettura ( 1 ). * (*) (a) Virgilio. (*) Anche 1 'Arte poetica stampata nei 1551 dal Giolito in Venezia e rarissima. Una copia mano- scritta si conserva in Capodistria tra le carte lasciate da Girolamo Gravisi. — (E.) CAPITOLO IV. 221 IV. 1551 1590. Lettere Secolari, come il Muzio le chiama nell’ indirizzo a Lodovico Capponi (') del libro stesso. Venezia 1551 per il Giolito, in 8° Firenze 1590 per Sermartelli in 4°. Queste lettere contengono delle saggie massime di morale e di politica, e si possono leggere con piacere. Lo Ženo c’ istruisce, che quantunque la seconda edizione sia aumentata di un quarto libro, in confronto della prima clie ne contiene tre soltanto, pure non e da trascurarsi la prima, mancando alcune lettere nella seconda, ed altre sono mutilate, e che fu assistita dal Muzio stesso nella correzione, e vi e conservata la di lui ortografia, (Note al Font. T. i, p. 190). V. 1551 Le Mentite occhiniane. Venezia 1551, per il Giolito, in 8°. Questa e una confutazione diretta ali’ apostata Fra Bernardo Occhino da Siena. Fontan. Bibl. T. n, p. 488). VI. 1553 Operette Morali, e sono: 1 La orecchia del principe. 2 Introduzione alla virtu. 3 Le cinque cognizioni. 4 Trattati del matrimenio, 5 Trattato deli' obbedienza de’ sudditi. 6 La consolazione di morte. 7 La polvere. Venezia 1553, Giolito in 8°. In queste egli dice (L. II, catt-. p. 243) che ci e mescolata la moralita gentile colla cristiana. VII. 1555 Le Orazioni delle Messe di tutto V anno, tradotte da don Agostino Spathari canonico di Capodistria. ( 2 ) Con un discorso del Muzio giustinopolitano. Pesaro 1555, per il Česano, in 8°. VIII. 1555 Tre Testimoni fedeli: Basilio, Cipriano ed Ireneo. Pesaro 1555, per Barto- lomeo Česano, in 8°. (’) Il nome di Lodovico Capponi fa ricordare il pietoso loscano che diede cortese ospitalita al Muzio, e morto, lo fece seppellire a S. Ruffiniano presso la Paneretta. E qui cade in acconcio di riportare la bella e concisa epigrafe del Salvini, che lo Stancovieh pubblicb a pag. 262 del vol. III stampato nel 1828. L’ epigrafe suona cosi: HIERONIMI • MVTII ’ IVSTINOPOI.ITANI QUAE ' FVIT ’ MORTAL1S * PARS HIC ’ IMMORTALITATIS ’ EXPECTAT ' DIEM (E.) ( 2 ) Don Agostino Spathari (corto appartenente alla faraiglia piranese detta oggi Spadaro) traduttore delle Orazioni muziane, meriterebbe un pošto fra i distinti sacerdoti istriani. (E.) 222 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Libro pubblicato col privilegio di Giulio III e del duca d’ Grbino, dedicato alla duchessa Vittoria Farnese. In questo il Muzio scopre le non poche frodi d 'Erasmo contro i precitati Padri; condanna la parafrasi latina dei salmi fatta da Marcantonio Flaminio, da lui detto: «Uomo piu istrutto delle lettere dei gentili, «che di quelle dei cristiani, si come colui, che in quelle fu studiosissimo dei «migliori scrittori antichi: e in queste de’peggiori moderni,» Fontanini T. n, p. 486. Questo libro & assai buono, ma ha bisogno di ima diligente tavola (Hat/m.) IX. 1558 1 II Duello, e 2 Le risposte cavalleresche, riveduti nuovamente dall’autore. Venezia 1558, per il Giolito, in 8°. Quest’ opera, in cui sostiene il Duello, ebbe tanto spaccio, e tanto fu il credito deli’ autore, che se ne fecero oltre otto edizioni, cioe per il Giolito in Venezia negli anni 1550, 51, 54, 58, 60, 63, 64, e per il Farri nel 1666 ed altre. ( Ženo note al Font. T. n. pag. 406). Lo stesso Ženo, quantunque pieno di stima per il Muzio, dice: «questa non mi fara torcer un passo dalla via «della verita, che in tutte le cose mie ho sempre in vista, e che mi serve di «guida, sicuro essendo, che se con essa non piaccio a tutti, soddisfo ai rnigliori, «e insieme alla mia coscienza» (1. c. p, 407). Contro 1’ opinione del Fontanini, dice lo Ženo, che il Muzio ne’ suoi libri del Duello, non solamente non lo ha impugnato, ma favorito, con qualche riserva pero, e non ali’ impazzata, come qualche altro, ma lo approva, e lo ammette. In fine del suo Cavaliero lo biasima nei militari; ma di quei cavalieri, che. stanno in corte, e vengono a rissa per puntigli di onore, non fa parola. Nel libro IV delle Vergeriane confessa, che «di tante centinaja di querele, che gli eran state per mano, non sapeva, che «oltra quattro o cinque avessero combattuto, e di questi non fosse morto, che «un solo.» Detesta il Muzio i Duelli fatti per vendetta, ma insegna, che deb- bano farsi per prova, e inquisizione di verita ( Maffei Sc. cavall. lib. n. cap. iv). Delle siie contraddizioni in questa materia si ha una lunga filza nel Modo ecc. AAVAlbergaili (Lib. iv, cap. 29); ma il contraddirsi e un’ arte dei maestri della scienza cavalleresca, per poter alle occorrenze valersi in simile o pari caso or’ d’ una, or’ d’ altra sentenza, a favore, o pur contro dei questionanti; arte poco differente da quella dei drappieri, e dei legisti, ma non veri giureconsulti, che si tirano la stessa legge per 1’ una e per 1’ altra parte, e di cavilli si servono per ragioni, sempre a profitto della lor professione ( Ženo 1. c. p. 408). — Il Tiraboschi dice poi (Tom. vn, n. lxvii, p. 535) che il Muzio fu uno dei piu favorevoli al Duello, argomento di filosofia morale, in cui ha parte la religione, su cui fu molto scritto da filosofi, leggisti, e teologi, fra quali si distinse Antonio Bernardi mirandolano, che con un torno in foglio scritto in latino, oppugno i sostenitori. X. 1558 Risposta ad una lettera di Francesco Betti romano, scritta al marchese di Pescara. Pesaro 1558, per il Česano, in 8°. CAPITOLO IV. 223 Questa si ritrova pure nelle Cattoliche (Lib. iv). II Betti fuggi da Roma, apostato, passo nei paesi eretici co]l’ adultera al fianeo, e di la scrisse al detto marchese, giustificando la sua fuga, e istigando gli altri ad imitarlo. H Muzio con cattolico zelo tosto gli rispose, confutando la lettera stessa. {Ženo note al Pont. T. ii, p. 486). XI. 1559 Risposta a Proteo. Pesaro 1559, per il Česano, in 8 n . A veva il Betti, . che si era ritirato a Zurigo e poscia passd ad altri asili di eretici, quali Argentina, Rasilea, Ginevra e Lione, inviato una replica alla predetta risposta: del Muzio fatta con lettera cieca, che non molto dopo diede fuori, replica che contiene contro il Muzio una filatera di bestemmie, e di maldicenze, alla quale fece risposta il nostro istriano. [Ženo, Bibl. Foni. T. ii, p. 487). XII. 1560 1 La Faustina, e 2 Dell’ armi cavalleresclie a’ principi, e cavalieri d’ onore. Venezia 1560, per Vincenzo Valgrisi, in 8°. Contro Fausto da Longiano, che fu pubblico professore di buone lettere in Udine h scritta quest’ opera, e parzialmente contro im Discorso cavalleresco aggiunto dal Fausto al suo Duello. ( Fontan. Ženo. T. ii p, 403). XIII. 1561 La Cattolica disciplina dei Principi. Roma 1561, per Antonto Blado, in 8°. Si trova peranco nella Selca odorifera, ed e scritta contro 1’ eretico Giovanni Brenzio. {Foni. t. ii, p. 395). XIV. 1562 II Bullingero riprovato. Venezia, 1562, per G. Andrea Valvassori, in 4°. Questo libro e contro Arrigo Bullinger noto eretico zuingliano, e tratta dei concili, come il Muzio nelle Catt. p. 244: fu poscia riprodotto nella Selca odorifera. XV. 1562 L’ Eretico infuriato. Roma 1562, per Valerio Dorico, in 8°. Questi fu Matleo Giudice uno dei Cenluriatori Maddeburgesi, e professore deli’ Accademia di Jena. (Font. t. ii, p. 489). XVI. 1502 L’ Antidoto crisliano. Venezia 1562, per il Valvasori, in 4°. Tratta dei principali articoli, che furono allora in contesa, e come si debba credere {Muzio Catt. p. p, 244). In quest’ opera, che segue le Mentite Occhiniane si confutano 1’empie menzogne che trovansi nelle prediche AelVOcchino, le quali si recitano nell’ Antidoto. L’ Occhino preše il nome della contrada deli’ Oca, ov’ ogli abitava in Siena {Font. t. ii. p. 489). 224 BlOGRAFIA DEGLI UOMINI DiSTINTI DELL’ ISTRLA XVII. 1563 Replica al Susio. Ferrara 1563, in 4°. Versa sopra 1’argomento del JDuello. II Susio era contrario al medesimo, come lo dimostra in un suo scritto a stampa dal titolo: Ingiustizia del Duello e di coloro che lo permettono (Foni. t. u, p, 470). XVIII. 1564 Risposta ali’ Averoldo Ferrando il figlio, con un discorso intorno alle cose passate da lui col sig. Nicolo Chiergato. Pesaro 1564, di sole pag. 8; copia ra- rissima, che si conserva nell’ archivio di Modena. Tiraboschi (T. vii, Par. i. Lib. n, N. xxxiv.) Letterat. Italiana. XIX. 1565 Le Malizie Bettine, distinte in quattro parti, Pesaro, 1565 pel Česano, in 8°. Questa 6 un’ altra risposta che diede il Muzio al Betti. XX. 1565 Difesa della Messa, dei Sanli, e del Papato contro le bestemmie di Pietro Vireto. Pesaro 1565, e 1568, pel Česano, in 8°. Vireto fu predicante in Ginevra con Calvino, ed in Lione durante il regno di Carlo IX, dove il Possevino( l ) giunse a tempo di reprimerlo. Alle di lui imposture e falsificazioni risponde il Muzio, dediča il suo libro ad Antonio Elio di lui concittadino, patriarca di Gerusalemme, ed a pag. 48 tratta il Vireto da india- volato, moderno, falso, ignorante, amministratore ladro, usurpatore e lupo della chiesa di Losanna. (Foni. T. ii, p. 488). XXI. 1565 Libro (o Commonitorio) di Vincenzo Lirinese, dottore antico, molto utile a chi desidera intendere la verita della religione cattolica, e le astuzie, le frodi e gli inganni degli eretici (volgarizzato da Girolamo Muzio). In Monteregale 1565, per Lionardo Torrentino, in 8°. Ottimo libro, rna scorrettissimo, e che si dovrebbe ripulire. Il Muzio vol- garizzh questo libro per comando del suo gran protettore Pio v, il quale fu vescovo di Mondovi (in latino Mons Vici) detto anche Monte Regale, ( 2 ) nel Piemonte, paese allora assai contaminato dalheresie di Calvino. Nella prefazione da un ristretto del contenuto deli’ opera, e mostra quanto ella sia giovevole a confondere in ogni capo gli eretici moderni, come il monaco Lirinese con essa avea combattuti quei del suo tempo ( Ženo N. al F. t. ii, pag, 523). (’) Antonio Possevino ('1534-1611) da Mantova tratto anche con Emanuele Filiberto di Savoja per opporsi ai progrossi della Rifortna. Str. Tr. (E.) ( 2 ) Mandovi capoluogo della provincia di Cuneo e oggi citta assai industriosa con 17000 abitanti circa. Celebri sono le šue filande, concerie e le fabbriche di carta. S. T. (E.) CAPITOLO iV. 225 XXII. 1566 Canzone. Benedetto il Signor Dio d’ Israelle, stampata dal Muzio nell'elezione di Pio V, la quale e senza luogo di stampa, ma 1’ esservi sottoscritto Julius Episcopus Pisaurensis, mostra che fu stampata in Pesaro, come asserisce il Tira- boschi T. vix, P. I. L. n, n. xxxiv. Copia rarissima ed unica che si conserva nell’ archivio di Modena. XXIII. 1569 II Cavaliere. Roma 1569 e 1575, per gli eredi Blado, in 4 n , si trova negli avvertimenti morali. Quest’ opera e scritta ai nipoti di Pio V. [Muzio. Catt. p. 243). XXIV. 1570 II coro Pontificale, nel quale si leggono le Vite di S. Gregorio Papa, (') e di XII altri santi vescovi. Venezia 1570, per il Valvassori, in 4°. XXV. 1570 Istoria Sacra torni ii. Venezia 1570, per il Valvassori, in 4°. Dali’ anno 1552 al 1574 uscirono in 8 torni le Centuviae Mcigdeburgenses, divise in tredici Centurie, quanti sono i secoli in esse compresi, opera in gran- dissima parte del nostro Matteo Flacio da Albona. Il primo fra tutti gl’ Italiani, il quale tosto sorti in campo contro questa storia ecclesiastica fu il Muzio coi due libri che possono dirsi due Centurie, perche in ognuno di essi egli si prescrisse il termine di cento anni. A passo a passo egli va seguendo i suoi fallaci avversari, e fa vedere, per quanto sa e puo, i gravi errori, che h anno preši e le bugie enormi che hanno espresso, e 1’ empie sentenze, che hanno insegnate. La gloria pero di aver abbattuti intieramente quei seguaci di Lutero e Melantone era riservata al grande cardinale Baronio, ( 2 ) che gli stessi eretici sono costretti a conoscere e a confessare per padre della Storia Ecclesiastica. Le Centuviae sono chiamate da Roberto Mireo negli Elogi Belgici: Članstva mendaciorum. (Ženo Not. al Font. T. ii, p. 333). Osservero ancora che al Flacio celebre istriano seguace di Lutero si oppose per primo un altro celebre istriano ma cattolico, il Muzio. XXVI. 1571 Avvertimenti Morali. Venezia 1571, per il Valvassori, in 4°. Qui sono comprese molte operette, come il Cavaliero, la Sposa eccellente, un Discorso al papa, il Principe giovinetto, un trattato del Reggimento di stato, (*) (*) San Gregorio detto il Grande , papa, nato a Roma intorno al 540. Prima di prendere 1’ abito religioso distribui il ricchissimo suo patrimonio tra varie fondazioui pie. Divenuto papa fondd scuole, tentb di abolire la schiavitii; alimenfb il popolo romano in tempo di carestia; riformb la liturgia della messa e stabill il rito detto da lui gregoriano ecc. S. T. (E.) ( J ) Cesare Baronio (1538-1607) nacqne a Sora nel Napolitano. S. T. (E.) 226 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA. e forse altre, non avendo avuto sott’ occhio detto libro che cercai inutilmente. II Fontanini, e lo Ženo T. n, p. 372 non ne danno che il titolo. XXVII. 1571 Lettere Cattoliche distinte in quattro libri, colle risposte al Belli ed al Proteo e colle Malizie Bettine. Venezia 1571, per il Valvassori, in 4 U . II primo libro di queste lettere e una continuazione delle Yergeriane. Una seconda edizione in quarto piccolo fu fatta in Roma intorno al 1714 per cura di Francesco Nazari, corredata di una tavola che contiene tutte le materie comprese nell’ opera. XXVIII. 1572 Selva Odorifera, in cui si contengono: 1 Discorso se convenga ragunar concilio. 2 Trattato della comunione dei Laici. 3 Delle mogli dei chierici. 4 Antidoto cristiano. 5 Cattolica disciplina dei principi. 6 L/eretico infuriato. 7 Discorso sopra il concilio per 1’ unione d’ Italia. 8 II Bulgero riprovato. 9 Trattati tre della santa Eucaristia. 10 Risposta ali’ Apologia Anglicana. 11 De Romana ecclesia. Venezia 1572, per il Valvassori, in 4°. I titoli soli danno 1’idea di ciascun’opera. XXIX. 1575 II Gentiluomo, distinto in tre dialoghi, nei quali si tratta sulla materia della no- bilta, e si mostra quante sieno le maniere, qual sia la vera, dove ella abbia avuto origine, come si acquisti, come si conservi, e come si perda. Si parla della nobilti degli uomini e delle donne, delle persone private, e dei signori; e final- mente della nobiltii delle arini e delle lettere; si disputa qual sia la maggiore. Venezia, 1575, per gli eredi Valvassori, in 4°. Questo libro e dedicato al doge di Venezia Luigi Mocenigo, (') ed in esso e data la preferenza alle lettere sopra le armi; nel libro ii, pag. 166 il Muzio si scaglia fortemente contro il Giovio, di cui fa questo giudizio: «11 Jovio nelle «scritture sue fu negligentissimo, e tutta la diligenza sua fu di procacciar che «altri gli donasse, et chi gli donava era il suo oggetto. Nel rimanente scriveva «cio, ch’egli da costui et da colui riceveva senza chiarirsi del vero;» ed ag- giunge che alcuni prendeansi beffe di lui, raccontandogli solenni favole, che egli inseriva tosto nelle sue storie; e che avvertito da alcuni ad esser piu cauto, (') Luigi (Alvise) Mocenigo fu doge dal 1570 al 1577. Di questa famiglia furono podesta di Ca- podistria Leonardo Mocenigo (1336-1337) e in epoca posteriore; Pietro Mocenigo nel 1520; un Pietro doge di Venezia nel 1474 ; altro Mocenigo (Francesco) fu podesta di Capodistria nel 1750. Kdl. Ind. (E.) CAPITOLO IV. 227 solea rispondere, che ci6 poco importava, perciocche morti i viventi, ogni cosa sarebbesi avuta per vera. (') — Nel libro terzo pag. 242, dice male del Machia¬ velli, ed altrove di tutti dne ( Font. Ženo t. u p. 401). ( 2 ) II Tiraboschi Tom. vn Par. ii, e m, vuole che il Muzio scrivesse questa opera del Gentiluorno contro il Principe del Machiavelli. L’ Hai/m dice, che dopo la Scienza Cavalleresca di Scipione Maffei b ques.to il miglior libro di quanti stanno in questa classe. XXX. 1582 Battaglie, per difesa della lingua italiana con alciuie lettere: 1 Al Česano, ed al Cavalcanti. 2 Al sig. Renato Trivulzio. 4 Al sig. Domenico Venier, particolarmente sopra il Corbaccio. 4 La Varchiana, contro il Varchi, il Castelvetro ( 3 ) ed il Ruscelli. ( 4 ) 5 Bellissime annotazioni sopra il Petrarca. Venezia 1582, presso Pietro Dusi- nelli, in 8°. L’ Ilaijm porta altre edizioni ancora delle Batlaglie, vale a dire del 1587 in Venezia per il Dusinelli, ed in Napoli del 1743 con alcune note del Cirillo. Il Niselli le chiama Erculee battaglie di Roncisvalle. Le Annotazioni sopra il Petrarca furono riprodotte con quelle di Alessandro Tassoni, e di Lodovico Antonio Muratori nelTedizione del Petrarca fatta in Modena per Soliani nel 1711 in 4°, e poscia in Venezia pel Coleti, in 4 n . La lettera al Česano e scritta nel 1535 in Ferrara, mentre era al servizio del duca Ercole II, quella al Venier subito dopo la stampa fatta in Parigi nel 1569 del Corbaccio, la Var¬ chiana nel 1573, due anni dopo la stampa deli’ Ercolano del Varchi, le An¬ notazioni di Petrarca nel 1573, nelle Battaglie, e nei Tre libri ossia Orazioni in difesa della volgar lingua, {Ženo, Note al Fontanini, T. i, pag. 41, 43). Il Muzio sostiene che volgare od italiana debba chiamarsi la lingua nostra, e non fiorentina come volevano gl’ indicati scrittori, e versa la questione quale appunto e stata rinnovata ai nostri giorni tra i Lombardi ed i T oscani. I)a quest'opera si possono trarre lumi amplissimi nella moderna controversia, essendo il Muzio a quell’epoca, quale in questi tempi fu Vincenzo Monti, il quale mentre scrivo intendo abbia cessato di vivere. ( 5 ) (’) Paolo Cliovio (Iovius) (1483-1552) comasco, fu distinto medico ed e in parte apprezzato come storico, perche le sue opere contengono cose interessanti e curiose; benche fosse accusato di poca esattezza. S. T. (E.) ( 2 ) Nicolo Machiavelli, detto per autonomasia il Segretario florentino (1469-1527). A questo sovrano ingegno, che lascib opere immortali, i posteri gli eressero in Santa Croce di Firenze, sua patria, un mo- numento, colla celebre epigrafe : tanto nomini — nuli.vm par elogivm. (E.) ( 3 ) Lodovico Castelvetro (1505-1571) modenese, letterato e critico battagliero. Fu scomunicato come eretico e dovette fuggire d’ Itaha, S. T. (E.) ( 4 ) Girolamo Ruscelli di Viterbo contemporaneo del Muzio, fu correttore di stamperia a Venezia. Lascib molte opere letterarie, tra cui in difesa della lingua italiana e un rimario. S. T. (E.) ( 6 ) Il Monti mori di apoplessia ai 13 ottobre 1827. Da cio risulterebbe che lo Stancovich stese il secondo volume della Biografa nel 1827, stampato poi nel 1829 come si legge nel frontispizio della vecchia edizione. (E.) 228 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA XXXI. 1585 1 La Beata Vergine incoronata, e 2 L’ istoria di dodici vergini. Milano 1585, per Michiel Tini, in 4°. Un’ altra edizione ha il Fontanini torno ti, p. 336 fatta in Pesaro, per Gi- rolamo Concordia 1567, in 4°. XXXII. 1605 L’ Istoria dei Fatti di Federigo di Montefeltro duca d’ Vrbino (col di lui ritratto). Venezia 1605, per Giambattista Ciotti, in 4°. II Muzio diede mano a quest’ opera verso il 1554. Essa e scritta con molta . fedelta e diligenza, ma 1’ edizione e assai scorretta, ed in alcuni luoghi guasta e mutilata. Soggiunge lo Ženo (Note al Fontanini T. ii, p. 285) attestar esso di averla scntta settantadue anni dopo la morte del duca, seguita li 9 settembre 1482, e che 1’ esemplare in carta pecora, fregiato di bellissime miniature, sta riposto nella libreria Vaticana, spedito cola 1’ anno 1632 dopo estinta la časa ducale della Rovere, e che questo stesso esemplare era stato presentato dal Muzio al duca Guidobaldo II d’ Urbino. Veggasi su cio quanto šaro per dire piu avanti. OPERE IN LAHNO XXXIII. 1518 Faleucium carmen llieron. Mutii Justinopolitani. Isagogicon ad Libellum. Epigramma latino, ii quale precede una raccolta di versi di R. Sbruglio, poeta friulano, in lode di Biagio Elcelio, consigliere di Massimiliano I, stampata in Augusta nel 1518, e veduta dallo Ženo nella Biblioteca cesarea in Vienna. (Ženo, Lettere 819 ed 834). XXXIV. 1563 De Romana Ecclesia. Trattato stampato in Pesaro nel 1563, in 4°., ristampato nella Selva odorifera nel 1572, ed anche inserto in un torno della Biblioteca pontificia del liicoberti. (Ženo 1. 1103). OPERE INEDITE XXXV. Historia di Gironimo Mutio giustinopolitano dei Fatti di Federico di Montefeltro duca di Urbino: due volumi. Nella Biblioteca Vaticana si conservano questi due superbi codici in carta pecora nella forma di quarto, nobilmente scritti a mano, legati con ornati di metallo dorato, coli’ arine del duca, e due differenti Vite di Federico, composte ambedue dal Muzio. Sono esse adorne del ritratto del duca e di superbe miniature in numero di cinque čapitoLo iv. 229 in un volume, e nell’ altro di quattro, lavoro del celebre miniatore D. Giulio Clovio, ( l ) il quale fu (Lanzi Štor. Pittor. T. IV, p. 18 T. vi, p. 43) canonico regolare scopetino, tornato poi al secolo con dispensa del papa, morto n el 1578 di anni ottanta, e si črede nativo della Croazia. Questi dne preziosi codici ms. furono da me stesso veduti in Roma nella Vaticana nel luglio 1827, fattimi osservare dal chiarissimo bibliotecario Angelo Maj. Lo Ženo al N. 32 deli ’ Isloria di Federico, antecedentemente indicata, non accenna che ad un solo codice del Muzio, esisteute nella Vaticana. XXXVI. L’ Egida poema eroico in dieci libri in versi sciolti, nel quale si descrive la favolosa origine di Capodistria. Lo Ženo (Lett. 825) dice essere una grande perdita, clie di si gentil componimento non si possa trovare il rimanente dei quattro libri eh’ egli aveva potuto rinvenire e che aveva incaricato il marchese Giuseppe Gravisi di ornarlo di opportune anno- tazioni. Il Ginguene (T. xn 1. c. p. 116) dice che il Muzio coltivo la lirica, la didascalica, e 1’epistolare, e tento anche 1'epica, accennando il poema meditato col titolo Conguisla di Gerusalemme, che abbandono, perche il Tasso si era pošto al- 1’ impresa, come fu detto in precedenza. Ignorava il Ginguene questo poema del- 1’ Egida, e possiamo dire che il fecondissimo ingegno del Muzio, tenth non solo, ma felicemente riusci in ogni maniera di poesia fuorche nella satirica. Ora dard conto di quel poema, prendendolo dalla deserizione, che ne fa egli stesso nella lettera diretta al duca di Urbino, senza data di tempo e di luogo ( Lettere secolari p. 228). Egli dice che nell’ Egida celebra la sua patria, e fa vedere che 1’Istria e compresa nell’Italia contro aleuni che ritengono, che noi siamo non istriani, ma schiavoni (!) ed a prova maggiore porta il passo di Dante Si come ad Arli, ove ’1 Rodano stagna, O come a Pola appresso del Carnaro Ch’ Italia chiude, e suoi termini bagna. Sulla foce del Formione vi ha un colle in gran parte attorniato dalle acque del fiume e dalle salse del mare con una bella pianura in cima, di circuito quasi di un miglio; colle copioso di grani, di vini, di olio, di pascoli, d’ ogni sorte di frutti, chia- mato Sermino. Un miglio lontano verso ostro vi ha un’ isoletta di giro un miglio e mezzo, separata dalla terraferma, e congiunta con un ponte per lo spazio di mezzo miglio, la quale e tutta occupata dalla citta (Capodistria); e nel mezzo del ponte vi ha la Rocca (recentemente demolita), ( 2 ) sito bellissimo circondato di poggi amenissimi e fruttiferi. (*) (*) Giorgio Giulio Clovio (1498-1578) allievo di Giulio Romano fu considerato caposcuola delfarte del miniare i libri. E lodato principalmento dal Vasari un suo Uffizio della Vergine con figure non piu grandi di una formica. S. T. (E.) ( 2 ) La rocca, secondo Kdl., venne costruita nell’ anno 1278 contro il conte Alberto II d’Istria, al quale Capodistria si era sottratta. La forma era quadrilatera; ai due lati che guardavano la citta e il colle di Canzano, sporgevano due torri a semicercbio, che non passavano la linea retta degli altri lati, cosi che non era quadrato con torri agli angoli. Nel contro vi era un cortile, a pianterra verso la porta 230 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA L’ isola fu anticameute sacra a Pallade, e dallo scudo di lei nominata Egida; la citta fu edificata 500 anni prima di Roma dai Colchi, che inseguirono gli Argonauti predatori del vello d’oro e di Medea, vemiti per il Danubio ne] 1’Adriatico. Fermati i Colchi in Istria, dopo partiti gli Argonauti, edificarono tre citta: Pola, Emonia ossia Cittanova, ed Egida o Capodistria, patria dello stesso Muzio, il quale vuole che la provincia deli’Istria si denominasse dal fiume Istro. Capodistria conservo il nome di Egida sino a che Giustino imperatore nel 500 riediflcandola, preše il nome di Giustinopoli ('), e qui fa derivare il suo nome di Muzio dai Muzii romani coudotti in questa circostanza a Capodistria. Premessa questa, com’egli la chiama, Istoria AAVIsola, della Citta, e del Paese, passa al meccanismo del poema. Descrive tutto il viaggio, e le imprese degli Argonauti dal giorno che partirono dalla Tessaglia sino al loro ritorno, come vennero in Istria, e che al loro arrivo n on vi era ancor 1’ isola di Capodistria, che Giasone veduto il bel sito del Sermino, e del fiume Formione, e radunati i compagni narro ad essi di aver fatto voto a Giunone e a Pallade, prima della sua partenza, che riuscendo nell’ impresa del vello d’ oro avrebbe edificati ad ambedue un tempio, e 1’ una e 1’ altra gli apparvero in sogno, che su quel colle era il luogo scelto da Pallade e cola vi fabbricarono un tempio alla dea, celebrandosi feste solenni in lode di lei dalle genti del paese, nel mezzo delle quali fu rapita una donzella, liberata da Kreole, ed il ladro morto e sepolto nel monte, clie da lui tiene il nome di Aniiniano. Nella som mita del colle SerminO vi ha oggi una chiesa di S. Giorgio, e dice, che questa fu il tempio di Pallade, e che mutata religione, quello che era sacrato ad una Dea cavalleresca, fu dedicato ad un Santo cavalleresco. Seguita poi, che partiti gli Argonauti, Pallade ando a visitare il nuovo tempio, e vesti il colle delle piante de’ suoi olivi. Il che vedendo Neiluno, e che gli onori di lei crescevano inflno su la marina, non dimentico dello scorno avuto con lei nella lite di chi dovea dar il nome ad Atene; vistala un giorno. scesa alla riva del fiume e del mare, uscito la sfido a battaglia, ed avendogli Neiluno ficcato il tridente nello scudo, attaccatosi alle punte ritorte, lo strappo dal braccio della dea, e Neiluno marina v’ erano le stalle pei cavalli, dali’ altro lato magazzini di generi. Nel primo piano gli alloggia- menti pei soldati e 1’ armeria; il capitano aveva 1’ alloggio piu sopra prospieiente la citta. La rocca subi poi molte modificazioni pei mutati modi di guerra. Al cadere della Repubblica vi dimoravano aleuni Cappelletti veneti dagli abiti rossi. Nel 1353 scoppiata ribellione a Capodistria ad istigazione del conte Alberto III d'Istria, il castello che ebbe allora nome di Castol Leone (Castilihn) tonne formo, ma piegata a male la rivolta la citta fu domata. Nel 1809 fervendo guerra tra 1’Austria e 1' Inghilterra contro Na¬ poleone, gli Austriaci cannoneggiarono il Castel Leone, e gWnglesi travagliarono la citta dal mare; Capodistria dovette capitolare e poco appresso veniva restituita al Regno d’ Italia. Neli’ ottobre 1818 il Governo austriaco decrelb la demolizione del Castel Leone (di proprieta comunale), allo scopo di im- piegare i materiali per la costruzione di una polveriera, e i ruderi por 1’imunimento delle paludi intorno alla citta. Principih la demolizione il 10 luglio 1820, e venno sospesa il 6 settembro, poi ripresa il 4 dicembre di quell’anno. Nessun capodistriano volle farsi imprenditore della demolizione, ne aleun cit- tadino vi porto l’opera sua, per cui si e dovuto ricorrore a quolla dol militare ch' era allora di guar- nigione. Il leone scolpito in pietra che fregiava la facciata del castello si conserva tuttora nell’ oi’to dei conti Totto fu Gregorio. V. Prov. deli’ Istr. an. V, 1871, n. 13. (E.) (■) Sul nome di Giustinopoli dato a Capodistria e degno di nota quanto dice il prof. G. Vatova nel suo lavoro — La colonna di Santa Giustina — Digressioni. Vedi Prov. dolPIstria, a. XX, n. 10. (E.) CAPITOLO IV. 231 resto trionfante. Pallade prego Giove, il quale fece che lo scudo uscito dal tridente, caduto in mare ed affondato, si convertisse nell' isola, la quale dallo scudo preše il nome di Egicla. Descrive poi 1’ origine dello scudo della Capra Amaltea e come vi fosse pošto il teschio di Meduscr, tratta di Medusa, delle imprese di Perseo , del loro lungo viaggio, e tesse un catalogo di favole antiche, e di sua invenzione, come del nome del monte Antiniano, del colle Rosariolo, che fu un pastore che dava noja alle ninfe del Formione. Nel Formione, dice, sono trote preziosissime, le piu grosse, che egli abbia mai vedute, e ne dA la loro origine; dice che nella terra di Montona fu rivoltato un figliuolo di Nettuno per opera di Pallade. Delle Simplegadi, scogli, i quali si dicevano, che combattevano insieme, tratta donde venissero: induce Pallade a fulminare tre Tritoni, ed a farli divenire scogli nel porto di Pola. Fa nascere nel nostro mare alcuni caragotelli, chiamati Naridole. Recita come un tale cliiamato Pirano fu lacerato dai suoi cani nel luogo detto la Villa de’cani. (*) Descrive origine dei melloni, e come di bianchi furono cangiati in rossi in un convito iatto in cielo; e dice finalmente al duca che questo puo dar dilettevole trattenimento in dieci di quelle sere, ch’ egli altre volte aveva gustato alla di lui corte. ( 2 ) XXXVII. Giardino Spirituale, che contiene: 1 Egloghe e Sonetti in buon numero oltre gli stampati. 2 Dodiči Inni, nei quali si tratta della creazione del mondo, ed altre canzoni spirituali. 3 Istoria di Susanna, di Tobia, di Ester, e la Passione di N. Signore, in versi sciolti. 4 Quattro lettere consolatorie di morte. Queste opere sono indicate dal Muzio nella lettera al Venier. (Cattoliche p. 245). XXXVIII. Scrittura contro i Piranesi. Cosa contenga questa scrittura ignorasi; lo Ženo dice ( Leti . 825) di averla avuta dal march. Giuseppe Gravisi, e di aver trovata altra copia fra alcune memorie della cittA e diocesi di Capodistria, raccolte dal fu vescovo di lui zio. (*) Seoondo Prospero Petronio nelle gia citate Memorie ecc. il nome di villa Dečani (cosi si pro- mmcia oggi) sarebbe derivato da una ragguardevole famiglia di cognome Cani, venuta in Istria da Sulmona negli Abrnzzi. Fu' proprietaria della locallta detta oggi Dečani. Lo stemma di questa famiglia ha sulla meta superiore dello scudo due teste di cani, sull’ altra meta due scaglioni di traverso. (E.) ( 2 ) Sulla presumibile epoca delforigine di Capodistria veggasi il Prodromo della storia delPIstria, nella Porta orientale, strenna per l’anno 1857. Fiume, tip. di E. Rezza, 1857. Intorno alPantico stemma di Capodistria parla diffusamente il prof. G. Vatova nelle note che susseguono il suo lavoro : La colonna di Santa Giustina, — Digressioni, «Provincia» an. XX, n. 12, 13, 14, 15 e 16. — Sull’origine del nome dato ali’ Istria il De Franceschi tratta nel cap. II deli’ Istria — Note storiche, — e sni viaggio degli Argonauti in Istria vedi le sunnominate opere e L’ Istria sino ad Augusto, studi di B. Benussi, Trieste, štab. tip. L. Herrmanstorfer 1883; Il — mito degli Argonauti e le Assirtidi — Studio di G. Vas- silich stampato negli Atti e memorie della Soc. istr. di Arch. e Štor. pat. vol. I, fasc. 1 e 2; — Lo stemma di Capodistria, illustrato dal lato mitologico e poetico — studio del prof. A. Zernitz nel periodico Patria, an. I, n. 15 e 16, (E.) 232 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA XXXIX. Codice di lettere scritte al concilio di Trento in risposta alle materie che si trat- tavano, e delle quali per ogni eorriere dava ragguaglio al Muzio, monsignor Antonio Elio patriarca di Gerusalemme, (Muzio Lett. catt. p. 245). Lo Ženo {Note al Fontanini T. i. p. 191) dice, che gli scrittori delle cose spettanti al concilio di Trento hanno ignorato queste lettere, delle quali avrebbero potuto servirsi assai utilmente. XL. Codice di lettere presso lo Ženo fatto da lui copiare dali’ originale che si conserva nella libreria dei signori marchesi Riccardi in Firenze di pagine 369 {Leti. 877, 894) XLI Codice di lettere originali del Muzio che si conservano nell’ archivio di Guastalla, dirette al duca Ferrante Gonzaga. ( Tirab. Lett. Ital. T. vn, Lib. n. N. XXXXIV). XLII. Codice di lettere originali del Muzio possednte dal Tiraboschi (1. c. ut supra), scritte a Francesco Bolognetti intorno al Costanle, poema dallo stesso spedito al Muzio da rivedersi e correggersi; le quali oltre di ci6 somministrano molte notizie interessanti, e sono scritte intorno al 1556. XLIII. Descrizione detla Paneretta in versi sciolti, diretta a Lodovico Capponi, al quale Maddalena Vittori sua moglie l’aveva portata in dote. Lo Ženo dice ch’e una vaga descrizione. {Not. al Font. T. i. p. 43 ediz. di Parma 1803) (*). XLIY. Trattato detla giustizia detla guerra. XLY. Istoria al re catlolico, done ebbe origine V ordine del Tosone. Queste due opere trovo indicate nel catalogo dato da Nicolo Manzioli nella Descrizione deli’ Istria p. 92, che giudico inedite, per la circostanza che il Muzio, prima di morire, come dice il detto Manzioli, ordino al cavaliere Giulio Cesare di lui figlio, che dovesse inviare al re Filippo II tre opere fatte di suo ordine. Quali siano queste opere io lo ignoro, e forse fra le tre indicate, le due suddette avranno luogo. (*) Fu seritta dal Muzio gia vecchio di ottant’ anni, ma ancor sano di mente e di spirito battagliero piii che mai. Albino Zenatti la stampb nell' Archeografo triestino, fasc. di agosto 1880, e L’ Unione cr. cap. la riportb nell’ an. VII, N. 2, 3, 4, 5. — (E.) CAPITOLO IV. 233 OPERE DEL MUZIO secondo la descrizione fatta da lui stesso * *) Di rime stampato e quel libro, eh’ al nome vostro (S. E. Domenico Venier) fu intitolato, dove sono Canzoni, Sonetti, 1’ Arte poetica, Lettere in rime sciolte, 1’ Europa, et il Davalo ( 2 ) di Giuseppe Camillo da me tradutto. Di Egloghe vi sono cinque libri a sette egloghe per libro. Ho poi altre egloghe e sonetti non istampati in buon numero. In prosa e stampato un volnme di mie lettere in tre libri; et ne sono di non istampate, che farebbero ahehe un buon libro. Stampato e un mio volume di operette morali, nelle quali mescolata e la mo- ralita gentile con la cristiana e sono le seguenti: L’ orecchia del Principe. Introdutione alla virtu. Le cinque Cognitioni. Due trattati di matrimonio. Trattato di guerra e deli’ obbedienza dei sudditi. Due Consolatorie di morle. La polvere. E da aggiungersi vi sono due altre Consolatorie alla Ill’ a Sig. a Duchessa d’Urbino, l’una per la morte del Sig. Duca Horatio. 1’altra per quella deli’ 111.° Cardinale Sant’ Angelo, gih suoi fratelli. Queste non sono stampate. Stampata e una Instituzione di Sposa eccellente fatta alle Nozze della Sig. a Principessa di Bisignano, figliuola dei Sig. Duca di Urbino. Un trattato, intitolato il Cavaliero seritto agli 111. mi Nipoti di N. S. e stampato. Un discorso dato al Papa quando si dovevano mandar le genti in Frantia non e ancora fuori. Un libro da instruir flgliuoli di Principi, intitolato II Principe giovinetto, non e in istampa. Un trattato di Reggimento di Stalo non e uscito in luce. Queste operette stampate et non istampate si daranno fuori insieme con le prime sotto altro ordine et con titolo di Avvertimenti morali. Un volume di Nobiltd in dialogo, seritto in tre libri e intitolato II Gentiluomo; ne questo ancora e fuori. Vi e poi stampato in materia di abbattimenti il mio Duello et aleune mie risposte cavalleresche. (’) Queste opere si trovano numerate nol 3° L. delle Lettere Cattoliche dedicate a S. E. Domenico Veniero. L’ elenco che qui presentiamo e tratto dal brano inedito della Parte prima delle Memorie sacre a profane deli’Istria del Dottor Prospero Petronio; manoseritto incompleto degli anni 1680 e 81 che conservasi presso la famiglia Gravisi - Barbabianca in Capodistria, e di cui parla la Provincia del- VIstria, anni 1875, N. 22 23-24 e 1876 N. 1. Gli articoli sono di T. Luciani. — (E.) (*) Cosi e seritto nell’ originale del Petronio. (F.) 234 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Ho poi riformato il Duello et accresciuto altrettanto, et di risposte cavalleresche n’ho piu di quattro tante, quanto sono le stampate; cose clie sarebbero grate a’ Cavalieri e che sono desiderate, ma il decreto contra il Duello mi tiene suspeso. Passando hora ali’ Ecclesiastiche, sono fuori le mie Vergeriane contro Pietro Paolo Vergerio giii Vescovo di Capodistria, in quattro libri; ho anche il quarto libro da stampare. Stampate sono le mie Menlite Occhiniane contra frate Bernardino da Siena. Stampati sono i Tre Testirnoni fedeli, il qual libro e, ch’ ho tratto da Oreno, da Cipriano, et da Basilio le sentenze loro ne gli articoli, che mal sono insegnati da gl’Heretici; et mostro che questi santi Dottori sono conformi, et 1’un fu nel 11° secolo della Nativita del Signore, 1’ altro nel III 0 , et il terzo nel IV 0 ; et il primo fu Vescovo in Europa, il secondo in Africa et 1’ultimo in Asia. Ho scritto diversi trattati, de’ quali 1’ uno e un discorso se si doveva congregar Concilio o no; quest’e stampato. Un altro a Papa Pio quarto, pur del Concilio, — questo non e stampato. Due Trattatelli in suggetto della Sanla Eucarisiia, non stampati. Ci e un Trattato della comunion di Laici e delle mogli de’ Chierici. Un altro contro il Brenzio, inti— tolato: Catlolica disciplina dei principi. L’ antidoto cristiano, che tratta dei principali articoli che sono in contesa, come s’ abbia da credere. L’ eretico infuriato contro un Maiteo giudice, che disputa che il Papa e Anticristo. Un libro e contra il Bullingero in materia di Concilj; questi cinque tutti sono usciti. Risposta ali’ Apologia anglicana ancora non e stampata, ma si ristampera coi Trattati soprannominati assieme con un Trattato latino De Romana Ecclesia stam¬ pato, ai quali si dara il nome di Selva odorifera. Ho scritto la Vita di Nostra Donna con le vite di XII Sante Vergini, a cui ho fatto titolo: La Beata Vergine incoronata; questa si legge. Ho scritto la vita di San Gregorio e di dodici Santi Vescovi, et il titolo e II Clero Pontificale ; — non e ancora dato alle stampe. E stampato un mio volume contra Pietro Vireto francese, dove in tre libri tratto le materie deli’ Eucaristia, della venerazione dei Santi, delle Immagini, et del Papato. Ho scritto dugento anni di Istoria Ecclesiastica, la quale chiamo Sacra Istoria, cominciando dali’Ascensione del Signore in Cielo; et e mia intention di continuar questo soggetto, e che questa sia mia ordinaria fatica, la quale non e ancor fuori, ma šara delle prime mie cose ad uscire. Ho un volume di Lettere di diversi soggetti cristiani, al quale do nome di Lettere Cattoliche, et a queste s’ aggiungeranno due Lettere, 1’ una a Francesco Betti eretico, 1’ altra a Proteo suo consorte, con le quali si accompagneranno le Malizie Beltine, gia stampate. Scritto ho anche di molte Lettere mandate al santo Concilio di Trento per risposte delle cose che ivi si trattavano, delle quali per ogni corriero me n’era mandata la novella dal Rev. m0 Patriarca Elio primo prelato nel Concilio dopo i cardinali, le quali fanno anche un giusto volume. Di rime cattoliche ho dodeci assai lunghi Inni, ne’ quali ho trattata la ci'ea- zione del mondo et ho altre canzoni et sonetti spirituali. CAPITOLO IV. 235 Ho scritto in versi sciolti VIstoria di Smanna, di Tobia, di Ester, di Giuditta et la Passione del nostro Signore. Ci sono ancora quattro Lettere consolatorie di morte; queste cose havendosi da stampare, pensero dar loro nome di Giardino spiriluale. 188. — CODRO Giovanni (1580) precettore di belle lettere a Montona, e proba- biimente nativo di quella terra. Nella raccolta Manzioli per il doge Nicolb Donato, abbiamo varii componimenti poetici del Codro, vale a dire, sonetti, epigrammi latini, nn distico latino, ed un epigramma italiano, composizioni fatte per il Donato quando era podestž, di Capodistria, e per la di lili partenza seguita li 12 ottobre 1580, come per 1’ altro podesta Alessandro Zorzi. (') 189. VIDA Giovanni da Capodistria (1580) dottore in ambe le leggi, di cui sol- tanto ho potuto sapere che lascio un Carmen in esametri per la partenza di Nicolb Donato podestil di Capodistria, seguita, come dissi, nel 1580. Cio si ha dalla raccolta Manzioli del 1620. 190. MUZI0 Giulio Cesare da Capodistria (1581) liglio del celebre Girolamo, procreato da Chiara, donna non sua prima del 1544. Il primo nome di lui fu Cristoforo, il quale per 1’usanza comune di quei tempi, gli fu cangiato dal padre nel romano di Giulio Cesare; come fece col secondogenito Paolo, che gli nacque nel 1545, nomi- nandolo Paolo Emilio, e Camilla chiamo una sua figliuola. E certo che Giulio Cesare si applico alle armi, perche suo padre con lettera da Venezia del 18 maggio 1571, dandogli ottime istruzioni, gli dice ( Muzio Lett. p. 216 edizione di Firenze 1590): «Se bene non sei ancora in galea non mancar ogni «di accompagnare, et servire il S. Sopracomito, ajutandolo ne’ servigii, che a lui «potranno essere necessarii, et cerca di acquistarti la gratia con le opere tue ... Ne «persuaderti che il rispetto di me ti abbia da dar favore, che a me fara dispiacere «chi per mia cagion ti haveržt rispetto, se non lo meriti per la tua diligenza.» Gli significa poi di avergli ottenuto il privilegio di cavaliere e conte palatino, talche possa far dottori, e legittimar bastardi, e gli soggiunge di aver pagato 34 scudi. Egli ha il merito di aver pubblicato nel 1582 colle stampe di Venezia le Bat- taglie, opera postuma di suo padre, la quale diresse al conte Antonio Eudemonoiani colonnello della Repubblica Veneta. Questa dediča e 1’unica cosa che abbiamo per quanto io sappia, alle stampe di Giulio Cesare ; il quale fu anche sperto nell’archi- tettura, come apparisce da una lettera del 1598, scritta dal nunzio pontificio in Venezia monsignor Graziani vescovo d’Amelia, diretta al cardinale Aldobrandini, citata dallo Ženo, il quale (Lett. n. 834 T. iv, p. 467) dice, che Giulio Cesare Muzio fu uomo di merito, e di qualche lettpratura. 191. — METELL0 Vincenzo da Capodistria (1582), pubblico un poema in quattro canti, intitolato Marie, nel quale descrive la guerra di Cipro. Fu stampato in Venezia nel 1582, in 4°. ( Ženo Lett. n. 1258, T. vi, p. 338). C) Alessandro Zorzi fu podestk di Capodistria prima del Donato e anche dopo. Kdl. Ind. Nelle Notizie storiche di Montona del Dr. P. Kandler, tra gli uomini distinti di quella citta non apparisce G. Codro; ci6 forse perche e dubbio il luogo di sua nascita. (E.) 236 BIOGRAFIA DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. 192. — Da POLA Damiano della citta di Pola (1583), fece i commenti a Terenzio, il cui esemplare esistente presso Tab. Bini di Gemona, essendo stato indicato ad Apostolo Ženo, questi gli risponde nella lettera 1028 che nell’ albero della famiglia Pola di Treviso non vi e un tal nome. Di cio non vi ha meraviglia, perche moltissimi soggetti prendevano il nome dal paese di nascita, come abbiamo molti esempi anclie nella presente Biografia. Non sapendo il tempo preciso in cui visse questo Damiano, lo pongo per induzione nel secolo xvi. 193. — VIDA Girolamo da Capodistria, (') (1585) stampo in Padova nel 1585 la Filliria dedicandola agli accademici olimpici, tra i quali era ascritto; diede pure alla luce in quella citth dieci de’ suoi Cento dubbj amordsi nel 1621 in 4° colla dediča fatta da Agostino Vida, cancelliere del signor capitano'di Padova a Girolamo Lando ambasciatore veneto presso il re di Francia. Questi Cento Dubbj furono letti nell’ Accademia Palladia di Capodistria. March. Girolamo Gravisi. Leti. intorno le Accad. di Capod. Il Vida e pure autore del dialogo il Sileno, stampato in Vicenza nel 1589 per Giorgio Greco coi commenti di Ottoniello Belli. 191. — BELLI Ottoniello da Capodistria, (1589) pubblico le seguenti opere ( Maz - zuchelli Scrilt. Ital. Brescia 1760, Vol. ii, p. 675): 1. Gli Scolari, satira in cui discorrendo intorno i buoni e cattivi costumi degli scolari, dimostra quale deve essere la vita di chi dagli studi vuole ricevere onore, e giovamento. In Padova per Lorenzo Pasquati, 1588, in 8°. ( 2 ) 2. Interpretazione del Dialogo in prosa di Girolamo Vida intitolato il Sileno. Un libercolo che contiene oltre il dialogo, le rime e le conclusioni amorose del Vida', tutto raccolto dal Belli. Vicenza tip.. Giorgio Greco, 1589, in 8°. Noi crediamo, dice il Mazzuchelli, che diverso da questo Ottoniello Belli sia quel- 1’ Ottoniello Belli gentiluomo di Capodistria, di cui si ha alle stamp e, Il Nuovo Pastor Fido, ovvero Le Setve incoronate tragicomedia boschereccia. Venezia per Gio. Antonio Vidali 1673, in 8°, ed ivi presso Bussetto 1677, in 8°. ( 3 ) 195. — DIVIACO Giacomo da Montona, (1591) diede un Compendio in italiano, della Vita del celebre capitano Carla Ženo, scritta in latino dal vescovo Iacopo Ženo pronipote di lui che la stampd in Bergamo nel 1591 in 4°. Sabellico Štor. Ven. T. i, p. xv, della prefazione, ediz. ven. 1747, Questa opera fu dedicata a Caterino Ženo podesti di Bergamo, e poscia fu tradotta e mutilata da Francesco Quirini. Trovo il Diviaco (*) (*) E noto che altro Girolamo Vida fu vescovo di Cremona, (1490-1566) e che e 1’autore della Cristiacle e della Sfida di Barletta scritta in latino. Importanfe di sapere si e che questo illustre pre- lato perorh in favore del vescovo P. P. Verrjerio il Juniore a Trieste. — Secondo A. Tomasich (Pusterla) o. c. la famiglia Vida possedeva la časa in Capodistria N. 1087 nella c.ontrada Porta Maggiore. Da questa famiglia si suppone provenire 1’attuale famiglia Vidacovich del fu Giuseppe. (E.) ( 2 ) Con questa satira il Belli sarebbe preeursore di quasi tre secoli ad Arnaldo Fusinato autore, com’e noto, dello Študente di Padova. Ed e questo Belli probabilmente autore delle Setve incoronate che al dire dello Staneovich n. 221 meritarono il plauso di G. B. Guarini (1537-1612) autore del Pastor fido. (E.) ( 3 ) G. B. Guarini di Ferrara visse dal 1537 al 1612 e rappresentb in Torino il suo Pastor fido nel 1585. Dunque se lodh il Nuovo Pastor fido del Belli doveva vivere nell’ epoca di questo Ottoniello e non deli’altro che naeque qnando il Guarini era gih morto. (?) (E.) CAPITOLO IV. 237 talora indicato col nome di Giacomo, talora di Girolarno. Egli mori in Padova, e fu sepolto nella chiesa dei Carmelitani colla seguente epigrafe, mentre era cancelliere in quella citta, semprecche Giacomo sia distinto da Girolarno: HIERONYMUS • DIVIACVS MONTONAE • IN • ISTRIA • NATVS CANCELLARII • MVNERE TOTO • VENETIARVM ■ IMPERIO • CLARVS CANCELLARIAM ■ GERENS ILLMI ■ DNI ■ MAXIMI • VALERII OBUT • PAT A VII • 1595.(') 196. — LACEA Filippa da Pola (1597). Di questa donna e inserta un’elegante poesia saffica latina,j nel volume delle Effigie (legli uomini Mustri del Boissardo stampato nel 1597. La composizione porta il titolo: In Ef/igies Virium Illustrium Boissardi carmen saphicum PHILIPPJS LA GEJE VOLA NJE ILL VRI C JI, in laudem auctoris. Che questa letterata appartenga a Pola non ho documenti certi per compro- varlo, ma soltanto 1’ indicazione fatta di Polanae Illiricae. In Venezia vi fu la famiglia Polani, ed a Treviso vi sono i Pola; ma questo non sembra un cognome di famiglia, che in lei si vede essere della famiglia Lacea, ma piuttosto un nome di patria, e quindi nuli’ altro si puo intendere che sia di Pola. Inoltre, si osserva essere indicato non solo i nomi di famiglia e della citta, ma anche quelli della provincia o regione colla parola Illgricae. Ciascuno sa che Venezia e Treviso non furono mai comprese nell’ Illirio, e ciascuno sa che al tempo della nostra LACEA 1’ Istria veniva, quantunque erronea- mente, considerata come Illirio non solo, ma čeme Dalmazia; il che port6 non poca confusione, specie per la patria di molti illustri istriani. Conchiuderd da queste osservazioni, che la ragione m’ induce a stabilire la nostra letterata nativa di Pola, sino a che documenti migliori non mi convincano in contrario: (■) ln un manoscritto € LACE /E POLAN/E. Dum viros, clarae quibus aura lucis Fulsit antiquo celebrisque saeclo Farna, mirandis revocare certas, Jane, tabellis. Tu tuum nomen, decus, atque laudes Porrigis, primo radios ab ortu Qua vehit Phaebus celeri rotatu ad Litora Calpes. Et tibi debet studiosa summum Turba quaesituum meritis favorem: Quam manu docta, et calami magistra Arte beasti. Sic placent gnavo facies labore Principum pictae, quibus italorum Paruit quondam regio, simulque Dorica tellus. Sic juvat, quorum veneramur artes, Dogma, virtutem, pia gesta, vitam, Gratiam, roburque, scientiamque, Cernere vultus. Vivida quos sic oculis figura Subiicis nostris, proprioque gestu, Ut putet quivis ea signa veram Ducere vitam. (a) Pars I; pag. 27. CAPITOLO IV. 239 Gratiam saeclis tibi sic futuris Adstruis: qua qui valuit potiri, Dicier čredo hunc potuisse ab omni Parte beatum. 197. — VALDERA Marcantonio da Capodistria, (1604), medico ed amico del Santorio, il quale dopo la morte di quello pubblico le Epislole eroiclie di Ovidio, da lui tradotte in ottava rima e stampate in Venezia da Francesco Bariletto in 16° nell’anno 1604. II Mcinzioli a pag. 96 dice che furono tradotte in terza rima. Nella lettera dedi- catoria indirizzata dal Santorio al chiarissimo Giacomo Morosini, e detto: «Che se «con troppa celeritil la morte non avesse spento il felice spirito del Valdera .... «poteva il mondo aspettare altri frutti piu eccellenti . . . . » Soggiungendo che il Valdera «dalla prima giovinezza attese con ogni sollecitudine alle scienze, onde con «grande ammirazione riusci filosofo, e medico eccellente . . . e fu anche buon poeta.» Ed in prova indica dette epistole, prima tradotte in verso sciolto da Remigio Fio- rentino, ed in terza rima da Camillo CamiUi, a fronte delle quali, la traduzione in ottava rima del Valdera era la piu commendevole. 198. — BELLI Giulio da Capodistria, (1610), segretario del cardinale Dietrichstein in Moravia, e del cardinale Gallo secondo il Manzioli. Nessun’ altra notizia ho trovato di questo istriano fuorche un cenno de’ suoi lavori letterarii datici dal conte Giam- maria Mazzuchelli. ( Gli scrittori d’Italia, Brescia 1760, volumi vi), dei quali i primi soltanto sono pubblicati, col desiderio che gli altri suoi pregevoli lavori sieno resi di pubblica utilita. (Vol. ii, Parte n, pag. 673.) 1. Her-mes polilicus, sive de peregrinatoria prudentia Libri m Francofurti, apud Joannem Theobaldum Sconicelterum, 1608 in 12°. 2. Laurea Austriaca, idest Commentarii de Statu Reipublichae nostri temporis, sive de bello Germanico ejusque causis inter Matthiam et Ferdinandum II imperatores, nec non Fridericum V palatinum, Libri xii (in latino e in tedesco), Francofurti per Erasmum Kemfferum, 1625, 1626 e 1627, in foglio. E tacciato di essersi dimostrato in quest’ opera parziale al partito cesareo, ma si dubita se egli, o Nicolo Belli, ne sia 1’ autore. Certamente in fronte alla traduzione tedesca si trova il nome di Nicolo Belli. 3. Tradusse anche in lingua latina il Tesoro Politico del Lottino, con varie relazioni, traduzione che sotto il nome di Filippo Onorio fu pubblicata in Francoforte nel 1610 e 1618, e percio fra gli scrittori di finto nome viene registrato dal Placcio. 199. — MANZIOLI (o Manzuoli) Nicolo da Capodistria dottore in legge, nel 1611 pubblico in Venezia per Giorgio Bižzardo'in 12° una Descrizione deli' Istria (‘), facendo la corografla della medesima, dando conto di un buon numero di uomini illustri che si distinsero in armi, scienze, ed impieghi, nonche le Vite di varj santi C) Il titolo e «Nova descrittione della provintia deli'Istria di Nicold Manzuoli, con la vita delli Santi et Sante di detta provintia raccolta dalle Legende loro antiche et autentiche conservate nelli Arohivi delle chiese nelle quali ripossano le reliquie loro. — Un vol. in 12, diviso in due parti. Venezia, Giorgio Rizzardo, 1611.» La ristampa verme fatta nel vecchio Archeogr. triestino, vol. III, e nell'Unione cr. cap. anno III, n.i 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. (R-) 240 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA deli’ Istria; libretto ora rarissimo, che fu dedicato al N. U. Nicolo Donato, e clie gioverebbe ristampare. Pubblico pure nel 1620 una collezione di Rime e Prose per 1’ esaltazione al principato di Venezia del delto Nicolo Donato, seguita nel 1618, alla quale precede la dediča dello stesso Manzioli ; da quella raccolta ho tratto le notizie di varii letterati istriani. 200. — BRUTTI Alessandro (1611) da Capodistria. Nuli’ altro ho potuto trovare di questo giustinopolitano, che il seguente epigramma, pošto in fronte alla Descrizione deli’ Istria di Nicolo Manzioli: ALEXANDRI BRUTTI EPIGRAMMA DE HIS QVAE IN OPERE EXCEL. I. V. D. NICOLAI MANZOLI CONTINENTVR Hic prima Istricae repetens ab origine gentis Quae ad sua contigerint tempora cuncta refert. Omnia, quae propriis regio loca finibus ambit, ■ Quidve ferant rerum singula, rite docet. Stemmata dara virum, clarorum nomina ponit, Nomina, quae liaud veniens deleat ulla dies. Corpora sanctorum tandem; quae noscere qui vult lili hoc praestabit, nobile volvat OPUS. 201. — BRUNI Antonio (1611) da Capodistria. Non mi e noto di lui che un solo epigramma fatto in lode della citta di Capodistria, inserto nel Manzioli ed e il seguente: Sum Caput Istrorum Veneto subjecta Leoni, Quae tua Justine, (*) atque urbs tua Pallas eram. Altera praeclaram bellis, et pace juventam; Alter, quo careo, tradidit Imperium. Quis mihi nune Italas, aut Grajaš praeferat urbes Me quoque tum Reges, tum posuere Dii. 202. — POLA cavaliere Pietro da Capodistria (1545-1630). Nel 1567 fu principe accademico nella sua patria in eta giovauile, come da epigrafe, Petro Pola juvene egregio šibi Principe eleeto. ( 2 ) Fu autore di una commedia che ha per titolo: I giusti (') Un’altra origine Ji Capodistria, nuova affatto, ce la da G. Vatova nelle Digressioni pubblicate nella Prov. XX, 10. . (E.) C) L’epigrafe e riportata per intero da G. Babuder nei Cenni intorno alla vita ed agli seritti del march. Girolamo Gravisi. Atti del Ginn. sup. di Capodistria — 1867-68. Il cav. Pietro Pola, dice lo stesso Babuder, fu uomo di molto ingegno e sapere e chiaro poeta. (E.) CAPITOLO IV. 241 inganni divisa in cinqne atti, di un’egloga pastorale intitolata: Ardor tli Amore, con un’erudita prefazione a Pielro Morosini. II prologo viene fatto da Pallade, la quale dimostra 1’ origine favolosa di Capodistria in cui si rappresenta la scena. Altra rappresentazione fece pure col titolo Perillo e Polimnia. Tutte queste furono rap- presentate in Capodistria come c’ istruisce Girolamo Gravisi nella lettera inserta nelle Memorje per servire alla Storža Letteraria, Venez. 1760. T. m. Del merito letterario del Pola, dice il Gravisi nella detta lettera, che possono servire di prova varii suoi opuseoli, i quali si conservano inediti nella libreria dei Conti Fini di Capodistria. (*) Nella raccolta Rime e Prose del Manzioli del 1620 abbiamo un’ Orazione fatta per T elezione a doge di Venezia di Nicolb Donato seguita ai 5 di aprile 1618, a cui era stato eletto il Pola per ambasciatore della citta di Capodistria. Nel libro Monumenti del eonsiglio di Capodistria, stampato in Venezia, trovo tre documenti del 1617, 1618 a favore del nostro Pola, nei quali si riscontra la di lui divo- zione alla Serenissima Iiepubblica, e lo zelante servigio prestato in qualita di sindaco e deputate della sua patria nelle critiche circostanze della guerra di quel tempo, per gli al- loggiamenti, provvisioni, e suppellettili somministrate a comodo specialmente delle milizie olandesi pedestri ed equestri dei loro capi, e generali, con pubblica soddisfazione; ed essendo spedito dalla patria come ambasciatore a rallegrarsi deli’ assunzione al principato di Antonio Priuli, con ducale dei 5 settembre 1618, facendosi di lui gli elogi i piu lusinghieri, rammentandosi anche la nobilta ed i meriti della famiglia, viene creato Cavaliere con tutte le autorita, preminenze, giurisdiziom, liberta, e pri- vilegi degli altri Cavalieri. 208. BRUTT1 Gio: Battista da Capodistria (1620), gentiluomo di quella citta. Nella raccolta di Rime e Prose in lode del doge di Venezia Nicolb Donato (1620) trovo aleuni sonetti del Brutti; Tuno per 1’assunzione del Donato alla sede ducale e gli altri in inorte del medesimo. ( 2 ) 204. ZAR0TTI dottor Nicolo da Capodistria, noto letterato, fece un Sonelto sopra la statua in bronzo del doge Nicolb Donato, opera del Rassa, posta sopra la porta maggiore del eonsiglio di Capodistria; Manzioli Raccolta Rime e Prose, 1620. 205. — MAURUZI0 Pietro da Capodistria (1620), altro letterato, nella Raccolta Manzioli del 1620, riscoutro aver egli fatto un Sonelto assai lodato, sopra la statua eretta al doge Donato in Capodistria, e due altri lavori poetici in morte del medesimo. 206. Del BELL0 Ottoniello da Capodistria, cultore delle belle lettere, fece nel 1620 un Sonelto sopra il ritratto del piu ricordato doge di Venezia Nicolb Donato, prima podesta di Capodistria, il quale fu pošto nella sala del eonsiglio di quella citta, pittura del Tintoretto, come dalla Raccolta Manzioli; ed egualmente altro sonetto sopra la (*) Famiglia estinta coi fratelli Mons. Stefano e Conte Gio. Batt. — A. Tom. o. c. (E.) ( 2 ) Secondo il Kdl. Ind. Nicolo Donato sarebbe stato pod. cap. di Capodistria nel 1579-1580 e doge di Venezia nel 1618, e nello stesso 1618 Antonio Priuli che fu doge fino al 1623. (E.) 242 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA statua del medesimo doge fatta in bronzo dal succitato Rassa, e posta sopra la porta esterna del detto consiglio (‘). 207. — BONIO Rocco da Isola (a. 1630) ci viene iudicato autore di un poema epico clie dedic6 ali’ imperatore Ferdinanclo II. ( Agapito Descrizioni di Trieste, Vienna 1826). 208. — VERGERIO Angelo (1632). Io non posso assicurare clie questo Vergerio sia stato di Capodistria, pppure di quei Vergerio che si recarono in Germania col vescovo Pietro Paolo. L’ uniea cosa che di lui mi vetrne alle mani, e il cenno nelle Remarques critigues sur le Diclionnaire de Bagle, opera anonima, ina che si ritiene di Jolg, stampata a Parigi nel 1752 in foglio: ove si trova a pag. 776 che il Bagle ha ignorato ci6 che disse il Rutgersio di aver cioe conosciuti due interpreti del libro di Maussac (vivente nel 1632 consigliere al parlamento di Tolosa): Natalis Comes, et Angelus Vergerius. 209. — SANT0RI0 Santorio, celebre medico, nacque in Capodistria nel giorno 29 maržo 1561, primogenito di Antonio Santorio appartenente a nobile famiglia di Cividale del Friuli. ( 2 ) (Esc privališ commentariis Antonii Petronii nob. just.), di pro- fessione militare, trasferitosi a Capodistria per onorevole incarico, e di Elisabetta Cordonia. Fu battezzato col notne di Santorio, ch’ era pur quello del suo cOgnome, ed ebbe un fratello di nome Iskloro. Il padre amoroso si preše tutta la cura per 1’ educazione dei figli, e si trasferi con essi in Venezia, ove la famiglia Santorio da oltre un secolo aveva amicizia coi patrizii Morosini ,( 3 ) Volle il padre di Paolo e di Andrea, il secondo dei quali fu poscia il celebre storiografo veneto ('), riceverli nella propria časa non solo, ma che fossero educati cogli stessi suoi figli, come attesta il nostro Santorio nella dediča dei Com- mentarii di Galeno. Guidati da nobile emulazione i fratelli Santorio fecero in breve grandi progressi nella filosofia e nella matematica, essendo gia istruiti nelle lettere greche e latine. Pervenuto Santorio ali’ anno 14° di eta, ciob nel 1575, passo a Padova per proseguire i suoi studii in quella Universita, emporio fiorentissimo di scienze, ed anche allora celeberrimo per tutta Eiyx>pa. Rifulse cola il suo ingegno, distinto fra tutti gli študenti, e con sette anni di studio assiduo, e colla scorta del chiaris- ( ! ) Il ritratto del Donato eseguito dal Tintoretto non esiste pili a Capodistria. Forse anche questo šara stato portato via dal famoso Steffanoo di Carnea, Barone, Plenipotenziario ecc. Esiste per6 sempre sulla porta del palazzo consigliare il busto in bronzo coli’ iscrizione: nicolao • donato • Princi • opt. olim • praet. pvb. decreto ' vrbis • dvvmviri • p. mdcxx. — L' Unione cr. cap. n. 14, an. VII, 1881 pnbblica una lettera di ringraziamento inviata dai nipoti del Donato ai Giudici o Sindici di Capodistria pel collocamento di quel busto. (E.) ( 2 ) Secondo altri di Spilimbergo. Vedi — Documenti inediti sul Santorio — nell’Almanacco Concordia 1883. (E.) ( 3 ) Molti Morosini furono podesta in Istria, specie in Albona, Pirano e Capodistria, ove in quest' ultima citth esiste tuttora nella contrada Bracciuolo (Grema) n. 105 una časa che fu dei Morosini, ora delle eredi di Giuseppe Aimerigotti fu Francesco. V. A. Tomasich o. c. (E.) (*) Andrea Morosini (1558-1618) continuo gli Annali della Repubblica di Venezia scritti dal Paruta. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 243 simo filosofo Giacomo Zabarella (') penetr6 nei reconditi secreti della fisica, ed apprese la medicina teorica alle lezioni deli’ illustre professore Bernardino Paterno, non ommettendo 1’ esercizio della medicina pratica. Compito il settennio s’ acquistd la stima dei dotti, della dottrina dei quali pubblicamente e privatamente prevalendosi divenne egli stesso ogni giorno piu dotto, ed in modo, che 1’ anno 1582, vigesimo primo deli’ e ta sua, fu decorato a pieni suffragi della laurea dottorale. Fondato nella teorica e nella pratica pens6 rendersi utile ali’ umanita languente, fissando il suo domicilio in Padova, ed esercitando 1’ arte medica con tanta riputazione, che fra gli eccellenti professori i quali cola fiorivano, il nostro Santorio in breve fu riputato 1’eccellente fra tutti: mentre, richiesta quell’ Universita dal re di Polonia di un bravo medico, quei sapientissimi padri, di unanime parere decretarono di spe- dirvi il Santorio, che toccava appena 1’ anno vigesimo sesto, come si raccoglie da una lettera di Nicoib Galerio vicario di Padova, scritta a nome deli’ Universita a quel monarca, del 20 ottobre 1587, nella quale si esprime in questa forma; Habemus virurn valde excellentem, patria justinopolitanum, nomine et cognomine Sanclorium etc. Hic scientia, (ide, et diligentia nobis omnibus, probatissimus ...... ad hoc iter munusgue facile adduci poterit. Questa lettera esiste presso gli eredi del Santorio. Passo pertanto nel 1587 in quel regno, preceduto da onorevole grido, e cola vi si trattenne per molti anni nell’esercizio della medicina pratica non solo, ma occupandosi ancora a stendere osservazioni e nuovi esperimenti nella scienza medica; e mentre nella Polonia la condotta del Santorio progrediva felicemente, il di lui nome si divulgava con tanta celebrita nelle regioni flnitime, che invase 1’Ungheria e la Croazia da terribile pestilenza, ( 2 ) fu spessissimo chiamato da quei principi, e riguardato come un uorao benefico spedito dal cielo a loro salvezza. E difficile concepire com’ egli potesse estendere tante osservazioni utilissime alla medicina, e tante riflessioni ed esperienze, mentr’ era sempre e giorno e notte, in tutti i tempi ed in tutti i momenti a visitare gl’infetti dal morbo, e con cavalli sempre pronti per accorrere qua e la, dove 1’urgente bisogno lo chiamava. Le opere ideate, inventate, e scritte in quelle regioni dal Santorio, o nel suo ritorno a queste parti, formano 1’ ammirazione dei dotti. O stanco dalle fatiche, o non sofferente 1’ inclemenza del cielo sarmatico, ove si trattenne per 14 anni, alla fine del secolo deeimosesto, in eth di anni 40, ritorno a Venezia, onusto di palme riportate sopra una moltitudine di morbi da lui debellati ove egli ebbe i primordi di sua dottrina. In Venezia quindi fissd di prestare i frutti de’ suoi studii a vantaggio, ed al bene di quei cittadini. Dotto e prudente primeggio fra medici, e per le preclare qualita del suo ingegno, con ducale del 6 ottobre 1611 venne dichiarato per sei anni professore primario di medicina teorica nell’ Universith di Padova, in successione ad Orazio Augenio, col- 1’ annuo stipendio di 800 ducati veneti d’ argento. Contento di sua sorte in Venezia, ove si trovava da un decennio, e in eth d’ anni 50 stava per rinunziare ali’ onorifico ( ! ) Conte Giacomo Zabarella (1533-1589) da Padova, fu professore di filosofia in quella Universita. Precursore della scienza filosofica moderna fu aceusato di ateismo. S. T. (E.) ( 2 ) Strane anomalie della sorte! Allora gl’ istriani andavano in Croazia per guarire i Croati dai mali fisici; adesso invece i Croati vengono in Istria per guarire gl’ Istriani dal morbo di pretesa na- zionalita italiana! (E.) 244 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA pošto non chiesto, ne desiderato; ma per non rendersi in gr ato alla pubblica benefi- cenza, obbedi ali’ autorita supreraa ed onoro la famiglia e la patria con quella cattedra illustre. Colla sua prima prolusione si acquisto la stima generale, per cui dal col- legio medico di Venezia fu ascritto nel 23 gennaio 1612 al suo ordine, e considerato un onore 1’ acquisto di tanto uomo. In questo frattempo diede mano ai suoi Commentarj nell’ arte medicinale di Galeno, pubblicandoli nel 1617 colla dediča al veneto istoriografo Andrea Morosini, col quale come ricordai piu sopra fu educato, in testimonianza deli’ animo suo rico- noscente e benevolo. L’opera che fra tutte gli acquisto farna, e che fu lavoro assiduo di trenfanni di esperimenti, di osservazioui, e di vigiiie, si e la Medicina Statica, di cui dice il Capello: Opus omnium saeculorum laudibus celebrandum. Quest’ opera non ando esente dali’ invidia e dal livore, essendosi sforzato di attaccarla certo Ippolito Obizzi nel 1615 collo scritto chiamato: Staticomastioc, sive Staticae medicinae demolitio. La qual censura fu atterrata ben presto dal Santorio coli’ opera: In Staticomasticem aphorismi XVII nell’ anno stesso; che gli accrebbe maggior gloria, e lo sollecito a pubblicare il nuovo sistema della Statica, maraviglioso lavoro, per cui si estese dovunque la di lui farna. Quest’ opera stampata e tradotta in tutte le iingue colte d’ Europa, fu illustrata da dottissimi uomini. Un anno dopo fu conferita al Santorio nuova dignita colla ducale 5 maggio 1616, colla quale viene decorato per uu triennio e poscia riconfermato per un altro, col grado di presidente del nuovo collegio eretto in Padova nel 22 aprile 1616, detto poscia Collegio Veneto, nel quale si conferiva la laurea a quegli studiosi meritevoli, che fossero di poche fortune, per levare 1’ abuso allora corrente, che molti conti palatini, muniti di cesareo decreto, conferivano a loro piacere con pochi denari il titolo di dottore, abuso che avviliva il vero merito, per cui dal Senato questa qualit& di dottorati fu dichiarata nulla. Innumerevoli scolari, uditori, e seguaci ebbe il Santorio da tutte le parti di Europa, i quali istruiti da lui nelle pubbliche e private lezioni, e nei giornalieri esercizi della medicina pratica, riportarono in patria la farna del precettore' e del- 1’ Universita. Non pero furono egualmente tutti ričonoscenti al loro benemerito maestro, mentre alcuni pubblicarono oltre i rnonti, come propria invenzione, 1’ artificio di varii istrumenti medici, frutto del suo ingegno, on d’ egli, benclie di carattere tranquillo, non pote tollerare tanta impudenza, e se ne dolse nella prefazione ai Commenti ad I. Fen. Avicenae, diretta al serenissimo duca di Mantova nel 1625, dicendo: Audio discipulos meos in varias terrarum partes dispersos, quos summa earitate et bene- volenlia docui, horum (instrumentorum) šibi inventurnem tribuere. Compiti i sei anni di sua condotta, per un altro sessennio questa gli venne rinnovata dal Senato con decreto del 6 ottobre 1617 e coli’ accrescimento di veneti ducati di argento 400. Onorato cosl dalla pubblica-muniflcenza, si presti il Santorio nella nuova condotta con singolare integrita, e cura indefessa; e la riputazione di lui si accrebbe in modo, che, e per dottrina e per esperienza insigne archiatro, celebre per la felice cura delle malattie, fu generalmente richiesto e chiamato a consulto non solo dai principali signori di Padova, ma anche dai veneti senatori, per cui 1’ in¬ vidia sempre vigilante ebbe a tacciarlo di negligente del suo dovere: imputazione CAPITOLO IV. 245 resa sensibile al suo animo probo, per cui con testimonianze giurate e vidimate dalla pretoria autorita nel 8 febbrajo 1624, dovette far risultare la sua innocenza. Sia per 1’ etž. avanzata, sia per ragioni di salute, nel giorno 5 maržo 1624, dopo 13 anni che coperse con lode la pubbliea cattedra, chiese ed ottenne la sua dimissione con indicibile dolore de’ suoi discepoli. Dal Senato pero gli fu decretato che potesse ritenere 1’ intero emolumento degli annui ducati 1200 vita sua durante, come dicono il Papadopoli, il Facciolati, ed il Tiraboschi. Divulgatasi la notizia detla sua dimissione gli furono fatti generosi inviti dalle Universita di Bologna, di Pavia, e di Messina, ma rifiutatili, fisso il suo domicilio in Venezia, esercitando la medicina dove venne ricercato uon solo dai patrizi, ma dai primi dotti d’ Italia. Quivi riprese e ritocco le sue opere, e rifuse i Commentarj sopra Avicenna ') con tale dottrina, da far dire che se Avicenna ritornasse in vita, posporrebbe la stessa sua opera ai commenti del Santorio. La virtu del quale si vide specialmente, quando dal Senato gli fu affidata la cura della pestilenza che affliggeva Venezia nel 1630. E difficile credere.con quanta operosita ed industre sagacia si prestasse in quella terribile circostanza. La dotta Relazione presentata al magistrato di Sanita ne dh ampia testimonianza: onde col- 1’ aiuto divino vide calmato il fiero malore per cui acquistossi tanta lode, che non potrebbe desiderarsi maggiore dali’uomo il piii cupido di gloria. Per 1’ eti avanzata, e per il travaglio di due anni di una grave discrasia vide approssimarsi la fine de’ suoi giorni, e con somma pieta si dispose, non trascurando di ordinare le sue cose temporali col testamento rogato negli atti di Francesco Crivelli notaio veneto nel 1635 del giorno 26 decembre indizione IV; e con posteriore codicillo negli Atti stessi del 6 febbrajo 1635 more veneto, e del comune 1636. Infierendo atrocemente il suo male terminu i suoi giorni ai 22 di febbrajo 1636 ( 2 ) nella parocchia dei SS. Ermagora e Fortunato, in eta di anni 74, e fu sepolto nel portico del convento dei Serviti in un sarcofago pensile, che vivente si era pre- parato, ed al quale e unita la seguente epigrafe portata dal Bernardi. ( 3 ) (Prose sopra il Colleg. med. chir. di Venezia, 1797): OSSA SANCTORII • DE ■ SANCTORIIS IS • OLIM • THEORICVS • ORD. PRIMAE • SEDIS IN ■ GYMNASIO • PATAVINO V1XIT • ANNOS • LXXIII1 MENSES • XI • DIES • III OBUT • VI ■ KAL. • MARTII ■ MDCXXXVI HORA • III • NOCTIS. (') Avicenna (Abu-Sina) filosofo e medico arabo (980-1045). S. T. (E.) O Mori in časa Dardani, contrada Sant’ Alvise. Il suo testamento ritrovasi nel L. XIII, test. p. 238, a. 1635, dic. 16. N. Atti Franc. Crivelli nod. ven., della vicedominaria di Capodistria. V. L’ Unione, cron. cap. an. V, 1879, n. 15; La Concordia alm. istr. an. I, 1883. — Tra i piu reeenti biografi del Santorio e il celebre fisiologo anglo - americaano Gio. Guglielmo Draper. V. la sua opera tradotta in varie lingue — Storia dello sviluppo intellettuale deli' Europa (1864). (E.) ( 3 ) Nel testamento ordina al nipote il busto da collocarsi nella chiesa dei Servi con sotto «quattro parole, per lo quali da incarico a Girolamo Dona suo amico.» (E.) 246 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Nella cliiesa dei Servi in Venezia, vicino alla porta che metteva nel chiostro vi era pure sotto il busto m ar m or eo del Santorio la seguente epigrafe, ambedue traslocate nella sala terrena di quell’ Ateneo: SANCTORIO • SANCTORIO OMNI • VIRTVTVM ■ MORVQ: • SVAVITATE VIRO • GRAVISSIMO QVI . MED.NA • IN • P.A • SEDE • PATAVI ■ P. • AN.OS • 14 ■ PFESSVS CVM • VNIVERSITATEM • ILLA ■ DOCTRINA • EADEM VENETIAS ■ MEDTiNDI • ARTE TOT • ORBEM • LIBR.IS • EDIT.IS ■ ET • FAMA ■ MIRE • LVSTRASSET VENETVS • VNICA • 01 V. • VOCE ■ CELEBRIS IN • MEMORIAM . POSTEROR • CELEBRIOR ABITVllVS ■ OBYT ELISABETA • NEPTIS ■ IN - MERITORVM ■ DECVS EX • TEST. 0 P. Q. P. Nella chiesa dei Servi di Capodistria vi era pure il busto in mamo del Santorio, colla qui unita epigrafe marmorea, la quale per qualche tempo smarrita, poi rinvenuta per fortunato accidente dal conte cav. Giovarmi Totto, fu collocata sopra la facciata della cattedrale, essendo stato il busto marmoreo trasportato a Vienna nel 1802 dal barone Francesco M. de Steffaneo commissario aulico plenipotenziario per 1’Istria, Dalmazia, ed Albania. Questo monumento, ed il precedente furono eretti da Elisabetta nipote del Santorio ; la quale era stata dichiarata erede unitamente al di lei fratello Antonio, ambidue figli di quell’ Isidoro, che assieme .a Santorio fu educato in časa Morosini, come ho anteriormente accennato. In queste epigrafi, non trovando il nome di Antonio, debbo credere ch’ egli fosse morto poro dopo dello zio : SANCTORY ■ SANCTORY ALTERIVS • IN • VITA • STAGYRITAE • ALTERIVS • AESCVLAPY GERMANIA - PRIMVM ■ SVMMO • CVM • HONORE • PERVISA PATAVY • DEIN. IVVENVM ■ AN1MIS • TOTOS ■ 14 • ANNOS NOBILITER • DOCENDO • EXCVLTIS ET • IBIDEN • VENETIISQVE • CORPORIBVS ■ E • MORTIS FAVCIBVS MEDENDO ■ MIRA • ARTE • EREPTIS VBIQVE • LAVDABILIS • VBIQVE • CELEBRIS VENETIIS • TANDEM ■ PROM • DOLOR • VITA • FVNCTI HIC • CONCEPTI • HI C ■ NATI PRONEPTIS • ELISABETHA TANTA • MOERENS • IACTVRA AD • MERITORVM • DECVS ■ VIRTVTVM • MEMORIAM PATRIAE • ORNAMENTVM M. M. P. L’ epigrafe che e scolpita sulla lapide inflssa sopra la facciata della concattedrale di Capodistria, non corrisponde esattamente a questa dello Stancovich; per cui la riportiamo come si legge nell’ originale: CAPITOLO IV. 247 SANCTORY SANCTORY ALTERIVS IN VITA STAGYRITAE _ ALTERIVS AESCVLAPY GERMANIA PRIMVM SVMMO CV HONORE PERVISA PATAVY DEIN. IVVENV ANIMIS TOTOS XIIII ANNOS NOBILITER _DOCENDO EXCVLTIS ET IBIDEN VENET YSQ CORPORIB. E MORTIS FAVCIB. MEDENDO MIRA ARTE EREPT1S VBIQ. LAVDABILIS VBIQ. CELEBRIS VENET'YS TADEM _ PROH. DOLOR VITA FVCTI HIC COCEPTI HIC NATI _PRONEPTIS ELISABETHA TATA MERENS IACTVRA _ AD MERITOR. DECVS VIRTVTV MEMORIA PATRIE ORNAMETV M. M. P OBUT MDCXXXVI II chiarissimo protomedico di Venezia dottor Francesco Aglietti( 1 ) caldo di stima verso ii nostro Santorio, al momento della demolizione del tempio dei Serviti ne ha raccolte le ossa, le quali sono presso di lui religiosamente conservate per collocarle, a tempo opportuno, nell’Ateneo presso ali’indicata epigrafe ed al busto. L’ edizione di tutte le opere del Santorio col titolo: Sanctorii Sanctorii justi- nopolitani opera omnia quatuor tomis distincta, Veneiiis 1660, apud Franciscum Brogiolium, in 4, 6 preceduta dal ritratto in rame. La di lui Slatica e pure fregiata deli’ effigie sedente a tavola sopra la celebre di lui bilancia, e da Santorio Santorio suo discendente, segretario del Consiglio dei llieci fu fatta coniare in suo onore una medaglia, la quale e ricordata negli Elogi Ilaliani T. vi, e fu incisa in rame da P. Novelli. II Salamonio (Inscript. gymn. in miscell.) dice che al suo tempo sopra i muri deli’ Universitž. di Padova v’era un’epigrafe in onore di Santorio col simbolo della bilancia e col motto: hac . stat . salvs. ma che da un invidioso fu cancellata. Santorio lascib al collegio medico di Venezia un legato di annui ducati cin- quanta, ( 2 ) e quel collegio decreto che annualmente fossero celebrate le lodi del Santorio per riconoscenza, e per tramandare la celebritb del suo nome. Fra quelli che soddisfecero (’) II Dottor Aglietti fu uno dei piu distinti medici italiani di questo secolo. Amico del Byron godette la fiducia del sommo inglese che lo chiamh a Ravenna nel 1849 presso la contessa Guiccioli, allora in pericolo di vita. II dottore la salv6 e salv6 pure il poeta, il quale aveva giurato di abbruciarsi le cervella ove fosse perita la sua egregia amica. In una delle šale delTAteneo di Venezia a S. Fantino fu eretto un monumento al dottore Aglietti, opera dello scultore Luigi Ferrari, che il secolo nostro saluta quale secondo Canova. — Venezia di Ginlio Lecomte. Venezia Cecchini e comp. editori, 1844. (E.) ( ? ) Come apparisce dal suo testamento il Santorio ordina che, se fosse mancata ogni sua discen- denza, — «sia fondato un Collegio in Padova col suo nome per dieci študenti di medicina.» Ordina di piu che «venondo il caso che sia estinta la discendenza di I.” e che occorra fare il Collegio a Padova, T entrata e pro di zecca di un anno, che sono ducati 2456, sieno applicati a comperare una časa in Padova con dieci camere, et sarh fatta detta compreda da detti comissari (nominati nel testamento); mancando essi sia comprata dal Collegio di medicina detto. Quanto alli scolari saranno eletti dalla di¬ scendenza Morosini o dal Collegio de’ medici li altri, o mancando la discendenza del Collegio, gli scolari saranno sei di Capodistria, quattro ad libitum de’ commissarii; et voglio che detto Collegio sia chia- mato Santorio ,» (E.) 248 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA a questo assunto con storico ed esatto racconto fu Arcadio Capello, il quale ai 18 di ottobre del 1749 ne fece il discorso, versando principalmente sopra la di lui vita (De vita čl. viri Sanctorii Sanctorii sermo habitus Venetih in almo phgsicorum collegio), stampata in Venezia nel 1750 in 4°, per Giacomo Tommasini. Da questo discorso ho tratto le notizie della di lui vita sino alla morte, aggiungendovi le altre da legittime fonti, come dal Papaclopoli che ne da, una vita succinta, e dal Faccio- lati, ambidue nei Pasti dell’Universita di Padova; dal Tiraboschi, Andres, Vallisnievi, Corniani nelle opere di Letteratura italiana: dal dottor Francesco' Bernardi nel Saggio sopra il collegio medico di Venezia, da tutti i Dizionarii biografici, e parzial- mente da quello della Biographie Universelle Ancienne el Moderne, Pariš 1825, T. xi; dallo Sprengel nel Vol. vin della SfpHa prammatica della medicina, Venezia 1814, e da Emanuele Cicogna nel primo volurne delle Iscrizioni veneziane, per Orlandelli, 1824 il quale ne da pure in breve la vita. (') Ora passero al catalogo delle di lui opere stampate, a quello delle inedite, e degli istrumenti fisico-rnedici ideati dal suo felicissimo ingegno. I. OPERE STAMPATE 1. Methodds vilandorum errorum omnium qui in arte medica contingunt. Libri xv, Vol 1. Di quest’ opera si fecero varie edizioni in pochi anni, come in Venezia in foglio per Barilello 1602, 1603. 1630, ed in quarto in Venezia per Brogiolo 1631 coli’aggiunta del libro: De Invenlione Remediorum, ristampato in Genova nell’ anno stesso 1631 in quarto. Quest’ opera contiene molte cose utilissime, ed abbonda di ragionamenti; 1’ autore dimostra in essa grande sagacita nello scoprire le oscure malattie; calcola la forza deli’ abitudine, che a lungo puo cangiare la costituzione di tutto il corpo; confuta Plimo e Dioscoride sopra le propriet& mediche di varie piante; si mostra nemico degli empirici; biasima egualmente 1’abuso e la negligenza del salasso. 2. Commentaria in artem medicinalem Galeni. Vol. i. in fol., per Somasco in Ve¬ nezia 1612, in 4°, Lione 1630, 1632 Opera diffusa, nella quale si confutano i commentatori di Galeno. 3. De Statica Medicina. Vol. i. in 12°, Venezia 1614 per il Polo; nel 1615 ristampata dallo stesso Santorio colFaggiunta di Aphorismi XVII in statičomaslicem contro 1’ Obici professore di Ferrara, il quale acerbamente 1’aveva criticata. Riprodotta in (') Vincenzo de Castro scrisse sul Santorio nelle Biografie degli Mustri istriani inserite nella Geo- grafia storica universale. Milano, Pagnoni, 1856; cosi del Santorio lcggesi nell'Osserv. Triest. a, 1844, n. 58 e 59. Altri parlarono ancora di cpiesto istriano, tra cui gli stranieri Stolle, Grumer, Eloy, Blumenbach, Sprengel, Renauldin, Biot ecc. — Il rnarchese Francesco Polesini comnnicava nel 1864 a Carlo Combi, possedere egli la medaglia (rarissima) coniata in onore del Santorio, (E ) CAPITOLO IV. 249 italiano, in francese, in tedesco, in inglese, in spagnuolo, e al (lire del Portal (T. 2 p. 389) se ne fecero piu di venti edizioni, come in Lipsia, in Dresda, alFAja, a Lione, a Roma, a Padova, a Strasburgo, a Londra, a Parigi ecc. Ne accennero alcune come quella di Venezia 1634 in 12°, 1064 in 4°; Parigi 1770 in 12° coi commenti e le annotazioni di Lornj, 1725 Parigi, colFaggiunta fatta da P. Noguez dei libri di Dodart, e di Keil sopra il medesimo soggetto, in 2 vol. in 12°; tradotta in francese da Breton, e stampata a Parigi 1722 in 12°; in italiano da Baglivi in Roma 1704 in 12°; in Padova 1727 in 4° per C. F. Cogrossi; in Venezia per F ab. Chiari 1743, 1701 in 12°; in inglese per S. Quincy a Londra 1712, 1720, 1723 in 8°; in tedesco per J. Timmio a Hroma 1736 in 8°. Santorio si persuase clie la salute e le malattie dipendono dalla maniera con cui si fa la traspirazione insensibile per i pori del corpo. Sopra questa traspira- zione fece im gran numero di esperienze, ponendosi a questo effetto in ima bilancia appositamente fatta, colla quale pesando gli alimenti, clie prendeva, e tutto cio clie usciva sensibilmente dal suo corpo, pervenne a determinare il peso, e la qualit4 della traspirazione insensibile ed il suo rapporto cogli alimenti, che lo aumentano, o diminuiscono. Trovd, per esempio, clie se si mangia, o si beve in un giorno la quantita di otto libre, cinque circa n’ escono per insensibile traspirazione. Di- stingueva particolarmente la traspirazione insensibile dal sudore, ed osservava che dalla soppressione di questo aumentavasi F altra, e stabiliva due spezie di tra- spirazioni cutanee, F una che succede (lopo il sonno, F altra che accompagna lo stato di veglia. Ma viene da alcuni rimproverato: 1. di non aver calcolata la per- spirazione del polmone, della šaliva, e di altre di quest’ordine secondario; 2. di noh aver avuto in vista F eth, il clima, ed altre circostanze esterne, che possono modiflcare i risultati delle sue esperienze; 3. e sopratutto di aver trascurata la grande influenza deli’ assorbimento cutaneo, per F auinento del quale e piu facile spiegare il peso del corpo, che per la soppressione della traspirazione: facendo os- servazione che vi sono molte persone, che poehissimo traspirano, e ciononostante godono buona salute; finalmente che se il libro e buono ed utile ai veri sapienti, diviene pericoloso agl’ ignoranti. Sprengel (1. c. T. vin, p. 225, 228) dando il giusto elogio alFautore non cessa di farne un critico giudizio. Io non entrero in questa messe, come estranea al mio libro, ma chiudero colla sentenza del Tiraboschi (Leli. Ilal. T. vin. P. JI. Venez. 1795 p. 295), che a fronte di quanto si dice, che la scoperta deli’insen¬ sibile traspirazione fosse nota a Ga,leno, ed al eardinale «Nicolb da Ousa, niuno perd aveva fatte sopra di essa quelle si esatte riHessioni che fece il Santorio, e diciam lunghissimi esperimenti, ne aveane formato un compito sistema;» e dice di piu, «che la medicina statica acquisto al Santorio un tal nome, che, finche quest’ arte šara conosciuta, egli vivra immortale.» 4. Commentarius ad I. Fen. primi libri canonis Avicennae. Vol. i. in fol. Venezia, per Sancina, 1620, 1646. Questo libro e pregevole per molte cose nuove che contiene. Si trova in esso una moltitudine d’ istrumenti inventati dal Santorio per F uso della medicina. 5. Commentaria in primam sectionem Aphorismorum Hippocratis, et liber de remediorum inventione. Venezia 1629 in 4°, per Brogiolo ; e 1660. 250 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA In quest’opera biasima Santorio fortemente quei medici, i quali permettono molti alimenti ai loro ammalati: ed osserva che per profittare degli aforismi d ’ Ippo- crate, conviene leggerli secondo 1’ ordine clie Galeno li ha stabiliti. — II libro De remediorum inveniione fu ristampato a Ginevra nel 1631 in 4°. 6. Consultatio de Lithotomia, seu calculi vescicae sectione edita cum libro Joannis Beverocii de Calculo 1639 Mangelus, e 1632 in 12. Lug. Bat. apud. Elzevios. Tutte queste opere sono state ristampate in im sol corpo nel Vol. iv del 1660 in Venezia col titolo: Opera omnia. II. OPERE INEDITE Arcadio Capello dice che le seguenti opere aveva promesso il Santorio ne’ suoi scritti,. ma che si desidera peranco di vederle pubblicate: 1. De Instrumentis medicis non amplius visis. Nei commenti di Galeno p. 538. 2. Tractatus de ferro et igne. Dal libro Method. vitand. err. p. 134. 3. Galenus, seu de voluminibus ab eo conscriptis. Nel commento di Galeno p. 763. 4. Theoricorum libri septem. Dali’ articolo quarto della sua prolusione. 5. De jccdndissimis Medicinis. Neli’ articolo suddetto. HI. ISTRUMENTI INVENTATI ) 1. Termometro per rilevare il calore delle malattie. Non pochi lisici, come Biot (') (Traite de phisigue eoaperim. et rnatematigue. Pariš 1816, T. i. p. 39) attribui- scono Tinvenzione del termometro non a Galileo, ( 2 ) ne a Trebellio, ne all’olandese * Drebbel, ( 3 ) ma al Santorio. 2. Igrometro. (a) Dali’opera: Saggi della medicina italiana stampati in Padova nel 1727. (>) Gio. Batt. Biot (1774-1862) di Parigi, celebre astronomo ed aereonauta. Autore di numerose memorie c ricerche astronomiche e ottiche od anche di lavori letterarii. — S. T. (E.) ( 2 ) Galileo (1564-1642) nato a Piša. E 1’ inventore della fisica sporimentale e il padre della mo¬ derna astronomia. A lui veramente si attribuisce 1’ invenzione del termometro ad aria e ad acgua , ma e ancora incerto tra Galileo, Santorio, Drebbel e perfino Bacone. S. T. e Dizionario univ. di M. Lessona e Carlo A. Valle. Milano. Treves, 1874. (E.) ( 3 ) Cornelio van Drebbel nato ad Alkmaar in Olanda nel 1572, inventb, secondo alcuni, il termo¬ metro ad aria che porta il suo nome. L’opera sua piu importante e: Trattati della natura degli ele¬ menti e Della Quintessenw. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 251 3. Pulsilogio semplice. 4. Pulsilogio artifizioso. Dice il Cogrossi (p. 57) che non cede questo a quello del cav. inglese Giovanni Floyer, quantunque di un secolo posteriore al Santorio. Con questo istmmento si determina la velociti del polso, che indica cento e tren- tatre variazioni. 5. L’ eolipila applicata ad uso medico. 6. Anemometro, macchina per misurare la forza del vento. Qui rimarco 1’ errore di molti lisici, specialmente francesi (v. JOictionnaire abrege des Sciences medi- cales), i quali attribuiscono a Wolf{ 1 ) 1’invenzione di quella macchina, fatta se- condo essi appena nel 1708. Anche Auf in Drag si volle appropriare il merito di questa invenzione. 7. Bilancetta idrostatica. 8. Letto pensile specialmente per i feriti. 9. Bagno mobile ad uso degli infermi, che non possono alzarsi o muoversi in verun modo dal letto. 10. Fomento a vescica. 11. Yaso da stilliciclio. 12. Cannella, ossia il cosi detto Troicart, di cui si serviva per 1’operazione della broncotomia, e della paracentesi nell’ idrope ascita, facendo nell’ ombellico la puntura. ( 2 ) 13. Ordigno per forare 1’ aspra arteria nelle gravissime squinanzie. 14. Ordigno contro 1’ imminente soffocazione dei bambini. lattanti 15. Cannella Idraulica per rintuzzare 1’ emorragie precipitose delle narici. 16. Siringa Tricuspide per estrarre il calcolo dalla vescica, ed un altro Cannello per il medesimo oggetto. Osserverd quindi, che il metodo della litotizia, ossia stritolatura della pietra nella vescica proposto a questi giorni dal sig. Civiale, ed esposto particolar- mente dal Savernier, non e del tutto nuovo, almeno in quanto all’estrazione del calcolo senza il taglio della vescica, perche il nostro Santorio aveva gi& iinrna- ginato e disegnato un idoneo istrumento. (Vedi Giornale sulle scienze, e lettere delle provincie venete N. 80 feb. 1828 a pag, 60). 17. Clistere ad uso degl’ itterici. 18. Speculo uterino, ossia dilatatorio a siringa, con cui il Santorio faceva delle inie- zioni nella matrice. 19. Ordigno per levare le cose cadute nelle orecchie. 20. Pallina particolare per rimedio alla sete dei febbricitanti. (') Giov. Cristiano barone di Wolf (1679-1754) di Breslavia (Slesia pross.) filosofo, matematico e letterato, amico di Leibniz e di Federico il Grande. Tutti gli autori moderni mettono in dubbio che Wolf sia 1’ inventore deli’anemometro, solo ne attribuiscono il perfezionamento a Luigi Martin di Lione (1781-1847). Non e dubbio invece che Tinventore del V anemometro sia il Santorio, e di questo accenna anche il Combi nella Porta Or. 1857 — Brevi notizie biograflche. — S. T. (E.) ( a ) L’ importante istrumento del Santorio serve per estrarre corpi estranei dalla trachea e dalla laringe, per estirpare tumori ed anche per dare accesso ali' aria nei polmoni (V. Broncotomia — Diz. Un. di M. Lessona ecc.); per purgare il ventre agl’ idropici dalla sierosita che vi si e accumulata. Si adopera ancora nelle idrottalmie, nelle ottalmie intense ecc. ecc. (V. Paracentesi o, c.). (E) 19 252 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 21. Istrdmento per dinotare la šalita dei fiuidi nei vasi dei vegetabili. (Borelli de motu animal. lib. m p. 175, 262). Aggiungero che Santorio ammetteva 1’introduzione deli’ aria nel sangue; fece reiterati esperimenti interno ai colori, ed ebbe estese cognizioni di ottica. Poneva nella retina le immagini degli oggetti, ed assegnd ali’ umore vitreo deli’ occhio 1’uffizio di raddoppiare nella retina stessa le immagini capovolte. — Ebbe cognizioni astronomiche, non accordando alle comete la parallassi ( l ), ed insegnd la maniera di fingere su le pareti di una camera 1’ immagine di una cometa. Ammetteva il magnetismo terrestre, ritenendo non essere altro il midollo del nostro globo, che uno sterminato pezzo di calamita. 210. — TAMARO Bonaventura da Isola (1641), minore osservante riformato, ci viene menzionato dal Naldini (p. 340) per la sna mirabile integrita di vita e come autore deli’opera intitolata: Acqua detla vita spirituale. Il Waddingo dice di lui; Bonaventura Thamar de Istria edidit artem theoricam bene inserviendi Deo. Il padre Pierantonio da Venezia nella Cronaca della provincia riformata di sant’Antonio di Venezia, coh\ stampata nel 1688, al capitolo degli scrittori di detta provincia chiama il nostro Bonaventura, col semplice nome, ed erra ponendolo da Capodistria; carat- terizzandolo per6 per la bonta della sua vita e santitA di costumi, e come autore delle opere seguenti: ( 2 ) 1. Arte teorica per ben servire a Pio, stampata in Trevigi 1625. 2. Acqua di vita spirituale da pigliarsi in ogni tem,po per beneficio deli’ anima; stampata in Venezia ed in Padova 1641. 211 — PORTO Emanuele israelita di Trieste (1643) rabbino in patria, quindi in Padova, conosciuto tra i cristiani col nome di Emanuele Porto, e tra gl’ israeliti con quello di Menachen Sion, distinzione non avvertita dal Wolfio, il quale (Bibliotheca Hebraica Vol. m, p. 699) lo riporta sotto il nome di Menachen Sion Porto, čreden do-lo diverso dal nostro Emanuele; quantunque citi la prefazione del di lui trattato di aritmetica, in cui dichiara questa distinzione di nome. Le notizie di questo letterato triestino le ho tratte dal Dizionario storico degli autori ebrei del dottore G. B. de Rossi (Parma 1802 dalla reale stamperia vol. n, in 8°). Le di lui opere date alla luce, sono: IN EBRAICO 1. 1627 Trattato di aritmetica diviso in XII sezioni, col titolo di Over Lassocher, che passa al negoziante, opera scritta in ebraico, e stampata in Venezia nel 1627 in 4°. (') Parallessi o parallesse e voce astronomica per indicare la misura della distanza di un astro. Diz, Un. di Lessona ecc. (E.) ( 2 ) Un altro Tamaro e da Isola di nome Giovanni, sacerdote, vissuto intorno al 1581; scrisse una monografia storiea della sua patria, eh’ esisteva inedita in časa Besenghi, e che dal celebre Pasquale venne stampata ne\YIstria, an. III, 1848 n, 12 e 13, (E.) CAPITOLO IV. 253 IN ITALIANO 2. 1636 II porto astronomico , ove si lia la dottrina di fabbricare le tavole dei šeni, tangenti e secanti. Padova, 1636 Tom. 2 in 12°, 3. 1640 Breve introduzione alla geografia e trigonometria. Padova, 1640 in 4° con fig. IN LAHNO 4. 1643 Diplaranologia, qua dno sacrae scripturae oracula de regressu solis tempore Ezechiae, et immobilitate luminarium sub Josue declarantur. Patavii, 1643. In quest’ opera il Porto si propone di trovare in una nuova maniera il retro- cedimento del sole ai tempi di Ezechia, e la sna immobilM in quelli di Giosue. Quest’ opera, che si pu6 dire di una singolare considerazione, egli la compose prima in italiano, dedicandola ali’ imperatore Ferdinando iii, poi la tradusse in ebraico, fa- cendovi non poche aggiunte, e la mandfi in Transilvania a Lorenza Dalnalii, dal quale fu voltata in latino e stampata in questa lingua. 212. — FINI Raimondo da Capodistria (1643), dotto gentiluomo, di cui si ha alle stampe una Raccolta di applausi in onore del senatore Andrea Morosini podesta di Giustinopoli, pubblicata in Venezia nel 1643, presso Giov. Bati. Suriano. Per quante indagini avessi fatto non mi riusci di prendere in esame quest’ opera, che al mio ar- gomento sarebbe riuscita utile ed interessante. Raimondo Fini non fu solo letterato di vaglia, ma riputatissimo cittadino, avendo coperto distinte cariche, tra cui quella importante di provveditore ai confini, come si legge dal seguente decreto: Capodistria, li XXIII Maggio MDCXLVIII In luoco del Molto Illustre, ed Eccellentissimo Signor Iseppo Gravisi per la sua trasmigrazione a Venezia, che esercitava la Carica di Proveditor sopra li Confini, dovendosi far elezione di Soggetto, che vi assista fruttuosamente alle occorrenze tutte; Plllustrissimo, ed Eccellentissimo Signor Leonardo Contarini per la Serenissima Re- pubblica di Venezia ecc. Podesti e Capitanio di Capodistria ecc. avuta informazione delle qualiti, e condizioni tutte riguardevoli, e degne del Molto Illustre, ed Eccel¬ lentissimo Signor Raimondo Fino, ha quello eletto alla medesima Carica con le pre- rogative, ed obblighi alla stessa spettanti, sicura 1’Eccellenza Sua, ch’ egli con li concorsi di sua Virtu non lascieri, che bramarsi nell’ attinenza de’ pubblici interessi, per acerescer questo agli altri meriti di sua Časa. Leonardo Contartni Podesta e Capitanio (Dalle leggi statutarie per il buon governo della provincia dellTstria ecc. raccolte e stampate sotto il reggimento deli' 111. ed Ecc. Sig. Lorenzo Pa¬ rata, pod. e cap. di Capodistria A. D. MDCCLVI1). Mss. Gr. (E.) 213. — GLAVI NICH padre Francesco, (1648) (') delTordine dei Minori Osservanti, nativo di Canfanaro, com’ egli attesta nella Sloria di Tersatto. Fu guardiano benemerito C) Nacque a Canfanaro nel 1580; mori a Tersatto nel 1650. Arricchl la biblioteca del suo convento di molti libri portati specialmente dallTtalia; ma im incendio del 1628 la distrusse del tutto. Istria, an. 1, 1846. (E.) 254 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA del convento di Tersatto, poscia provinciale della Bosnia, Croazia e Carniola, teologo, e predicatore apostolico. Fece costruire la cappella della B. Y. di Tersatto simile a quella di Loreto; fu alla corte di Ferdinando II, al quale dedicd anche im’ opera, ed era tenuto presso T Imperatore in tale estimazione, che lo stesso Glavinich dice a pag. 68: «Sua maest& aveva di me buona opinione, per avergli dedicato poco innanzi alcune mie stampette.» DalTistoria della Dalmazia del padre Bomman T. n. p. 10, Venezia 1775, rilevo che il Glavinich nel 1617 fu incaricato dal vescovo di Segna fra Giovanni Agalich alla direzione della ristampa della prima edizione del messale e breviario glagolitici fatta in Fiume nel 1527, di cui n’ era scarsezza di copie, e che il Glavinich tolse ci6 ch’ era deforme nel dialetto della prima edizione, coli’ autoritž. di un manoscritto, che conservavasi presso 1’arciduca Carlo d’ Austria. Nella storia di Tersatto p. 67 ci narra che nel 1624, essendo provinciale, pass6 a Vienna, e ritrovo nel castello di Graz do- dici cassette delle stampe della traduzione della Sacra Scrittura in carattere cirilliano, ed altre dodici in carattere glagolitico, le trasporto a Fiume, e le ripose in quel ca¬ stello; ed a pag. 69 ci da conto pure, che Stefano Istriano da Pinguente, luterano, tradusse (') in Tubinga, in unione a Giorgio Giuricich da Castua, parroco di Oberburg la Sacra Bibbia in illirico, e fu stampata con caratteri cirilliani, geronimiani, e latini. Le opere date alla luce dal Glavinich, a me note, sono le seguenti: IN LATINO 1. Un volume di storie, gia accennato, e dedicato alTimperatore Ferdinando ii, di cui ci dci pure notizia il padre Bedecovich nel suo Nalale solum S. Ilierongmi del 1752 pag. 174. IN ITALIANO 2. Storia Tersattina. Udine 1648, di pagine 78 in ottavo grande. IN ISLAVO 3. I quatlro Novissimi (ossia Qetiri poszlidnya glovika). Pritiskana u Benetzich polag lvi\na Salis Kta 1628 di pagine 83 in quarto piccolo. 4. Vita dei santi (Czvit Szvetich) to jest sivot szvetich Po o F. Franciscus Glavinichu istrianinu reda S. Francisca u Bnecich 1702. Po Mikuli Pezzanu in 4°. Questa probabilmente šara una seconda edizione ( 2 ). (') Stefano Console, prete del circondario di Pinguente, abbraceib la riforma e ammogliatosi ri- cover6 in Germania nel 1548. Datosi alla predicazione e ali’ insegnamento non ebbe fisso domieilio. Tradusse in italiano libri che favorivano la riforma per divulgarli in Italia. Pubblicb varie opere tra cui alcune in lingua slava con lettere glagolitiche, cirilliche e latine ; in lingua italiana fece la versione del piccolo eatechismo di Lutero (1562), la Confessione della fede presentata a Carlo V, la Confessione delle dottrine della Chiesa di Sassonia seritta nel 1551 per inviarla al Concilio di Trento. — Sopra questo riformatore istriano leggasi L’ Istria an. I, N. 1-2 e N. 24-25. (E.) ( 2 ) Il Glavinich serisse ancora in latino — Mamiš Christi amoris, vol. 1. Venezia, 1625; — in italiano Confessario cattolico, v. 1, Udine, 1642 — Origine delle provincie bosnese-croatica, v. 1. Udine, 1691, V. L’Istria, I, 1846, 24-25; e il Saggio di Bibl. istr. n. 2800. (E.) CAPITOLO IV. 255 214. — Da PARENZO Bernardo (1650), di lui ci da conto il Gavanto, che fosse autore di un libro pubblicato col titolo Lilium Missae. (Thes. Sacr. Rit. pars. 5). 11 Ver- gottini nel Saggio storico di Parenzo ne fa cenno e sospetta che fosse anche pittore, perche alcune pitture nel monastero di S. Giustina in Padova sono contrassegnate da un tal nome; vedremo pero nel capitolo VI, N. 370, che il pittore Bernardo Parentino deli’Ordine Agostiniano mori in Vicenza nel 1531 di anni 94. (*) 215. — DelTArgento Vitale da Trieste (1661), stampo in Udine nel 1661: Relazione delta venuta deli’ Imperatore Leopolda a Trieste, come abbiamo dal Mainati Cr. T. m. p. 250. 216. — FINI barone Alessandro di Trieste (1664), nelTanno 1660, ancor giovinetto, > fu spedito oratore dalla sua patina ali’ imperatore Leopolda I, che si trovava in Dnino, e a cui lesse orazione dedicatoria a nome della citta; passo quindi alla corte in (jualitA di coppiere; e nel 1664 fu uno dei dodici cavalieri deli’ambasciata a Costantinopoli del conte Lesle; quindi si trasferi alla corte deli’ areiduchfcsgsa Eleonora. d’ Austria vedova regina di Polonia, dalla quale fu aggregato al numero de’ suoi camerieri delle chiavi d’oro, ed inviato da Turonia a Brezlavv in Ucrania( 2 ) con dispacci per il novello re Giovanni, e poscia spedito dalla stessa in qualita d’ inviato regio straordinario alle diete di Polonia e Lituania; ove maneggiando con destrezza gli affari di quella regina, fu animirata la sua abilitd da quei magnati. — In sei campagne nell’ Ungheria servi il duca Carla di Lorena marito di Eleonora d’ Austria nella carica di maggiordomo di Corte nell’ armata, e dopo la morte di questo principe ritorno in Innsbruk presso la regina in qualita di cameriere d’onore, economo mag- giore della corte, e consigliere di camera nel Tirolo, onorato poscia dali’ imperatore Leopolda della prerogativa di cameriere delle chiavi d’ oro. (Ireneo.) A tutte queste qualita univa 1’amore per la letteratura, come c’ istruisce il barone de Codetti (Scrit- tori friulano-austriaci, Gorizia 1792 p. 104) avendo lasciate mss. le seguenti opere: 1. La vita di Eleonora d’ Austria, poema epico diviso in dodici libri. 2. Relazioni del viaggio fatto a Costantinopoli, e del governo ottomano. Descrive i varii accidenti incontrati nel viaggio, che intraprese come internunzio di Leopolda il grande, alla citta di Costantinopoli. 217. — PETR0NI0 dottor Prospero (1670) daPirano, ( 3 ) sotto il nome di Propercio Sperono scrisse Memorie sacre e profane delVIstria e sua metropoli, sul piano di quelle che aveva scritte monsig. Tommasini vescovo di Cittanova, ora perdute. (') E chiaro che il Vergottini confuse Bernardo da Parenzo vissuto nel secolo XVII, autore di un Lilium missae, col celebre pittore Bernardo da Parenzo o Parentino vissuto secondo si ritiene tra il 1437 ed il 1531. (E.) ( 2 ) Ucrania (Frontiera) regione fertilissima appartenente alla Russia. S. T. (E.) ( 3 ) Il Petronio non e nato a Pirano ma a Capodistria come si rileva dalle seguenti parole di Agostino Carli: Prospero Petronio savant medicin h Trieste, mais ne a Capodistria, oii il inourut 1' annee MDCLXXXVIII dans un age octogenaire avait compose un ouvrage fort savant et tres etendu, dont le titre etait: Memorie istoriche sacre e profane deli' Istria e sua metropoli, le quel a ete conserve pre- cieusemeni dans sa famille jusqu' en 1’annee MDCCLVII. Agostino Carli ms. int. «Curiosites de Capodistria» che si conserva presso il Municipio della stessa cittk al N. 279, prot. degli esib. (E.) 256 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA L’ opera del Petronio, accennata da tutti gli scrittori delle cose istriane dopo quell’epoca, e dallo stesso Schoenleben, non fu mai data alle stampe, e da G. R. Carli fu creduta smarrita. Neli’arino pero 1821 da me fu veduta nell’ Archivio secreto mostratami dal commendatore Agostino Carli, che n’ era 1’ archivista. Quest’ opera e un grosso volume in foglio, e contiene la descrizione e il pro- spetto di tutti i luoghi deli’ Istria, grossolanamente delineati. Farebbe cosa grata alla patria chi ne prendesse 1’incarico della pubblicaziohe. (') Nella časa del signor Benedetto Petronio in Capodistria esiste il diploma dottorale di Prospero Petronio coli’ annesso di lui ritratto ('). 218. — VERGERIO Girolamo, figlio postumo di altro Gii’olamo, nacque li 19 novembre deli’anno 1522 in Capodistria dali’antica ed illustre famiglia Vergerio di quella cittii. Fu professore in Piša ed in Padova, e lodato grandemente dal Papadopoli ( Hist. gymn. Patav. 1726 pag. 172, 176, 371 N. 147 Venetiis apud Coleti), chiamandolo fornito perspicacissimae mentis acumine, el ingenii ad omnes disciplinam dexteritate. Ne’ suoi studii fatti in patria ed in Padova si dedicd particolarmente alla filosofia, ed alla medicina, ed in ambidue, ancor giovinetto, talmente approfitto, che in fresca eth accintosi a prendere la laurea dottorale, per consenso unanime dei professori fu giudicato meritevole di onori maggiori. Viene detto, che da Bartolomeo Salvatico, richiesto del consiglio se si dovesse esporre ali’ esame del dottorato, presagendo dalle di lui cognizioni attuali i prosperi successi futuri gli rispondesse: Vade, age\ doctor eris supra doctores, ed aver poscia aggiunto, ch’ egli diverrfi la parte piu esimia della di lui istituzione. Ai vaticinio corrispose 1’ effetto, e come confermo peranco Tommaso Canevesio professore di Cracovia, parlando con lode di lui, e lo sarebbe divenuto maggiormente, se in etti ancor fresca, dali’in vida morte non fosse stato rapito. in un documento del 27 settembre 1660, tratto dal Libro consigli di Capodistria, esistente in quell’archivio podestarile, si rileva, che fu condotto pubblico medico in patria per la seconda volta con elezione a pieni voti nel giorno 26 decembre 1658 per il corso di 6 anni; epoca nella quale egli contava l’eta di arini 36, e dando un egual corso di tempo alla di lui prima condotta, risulta che di anni 26 fu pre- scelto a pubblico medico in patria. Da questo stesso documento rilevasi inoltre che ricercb alla cittž. la dispensa per compire il corso che gli restava di oltre quattro anni, «essendo riciiiamato dali’ ec- cellentissimo granduca per lettore ordinario nello Studio di Piša con stipendio di ducati ottocento ali’ anno.» Ottenne la dimissione, ed ebbe a sostituto nella condotta il dott. Giacomo Romano. Le espressioni essere stato richiamato dal gran duca, mi fanno arguire, che il Vergerio in precedenza, e forse prima che fosse medico in patria, sia stato la prima volta professore in Piša; cio che concorda col detto del Papadopoli, che giovane fu fatto professore in quella citta. Passo dunque il nostro Girolamo la seconda volta professore a Piša nell’ etii di anni 38, cioe nel 1660, e vi si trattenne sino al 1665, in cui essendo di anni 43, e non 33, come dice il Papadopoli, chiamato in Padova dal Senato veneto collo stipendio di fiorini 600, ascese la cattedra di medicina teorica in successione al (*) (*) La časa Petronio, poi Grisoni, appartiene ora al Convitto dioeesano Parenzo-Pola; sulic Me- morie del Dr. Propero vedasi quanto fu citato nella nota 1, pag. 233. (E.) CAPITOLO IV. 257 professore padovano Girolamo di S. Softa. L’ onorario gli fu poscia accresciuto a florini 800, nell’ anno 1676, fatto successore al co. Girolamo Frigimelica nella me¬ dicina pratica, e finalmente aumentato a florini 950. Egli fu uomo dottissimo, e alta sua morte dove.va succedergli il Zanforzio, se questi pure non fosse passato fra gli estinti. II nostro Vergerio cesso di vivere nel 1678 in eta di anni 56; e si dice, prešo da forte passione per non avere posterita (a), giudicando grave infortunio morire senza figli, e veder estinta la di lui famiglia. Al che osserva il Papadopoli, che per suo parere, non vi e cosa piu desiderabile nelle private famiglie, quam honestam familiam honesto fine concludere , ne curarsi troppo della posterita, che il cielo nega a quelli che secondo il detto del Satirico (Satyr. 10). . notum Quid pueri, qualisque futura sit uxor. Di lui abbiamo un ritratto a stampa. Il Papadopoli ci diede un catalogo delle opere di lui senza luogo, anno, e nome di tipografia; ne trovandone altrove di piu mi serviro del medesimo: OPERE Dl G. VERGERIO 1. Disputationes varias pro circulo pisano. 2. Novum methodum recitandi casus in almo patavino collegio. 3. Praelectiones in I. Fen. I. canonis Avicennae. 4. Praelectiones in librum de febribus. 5. Praelectiones in artem medicinalem Galeni. 6. Tractatum de urinis. De morbis particularibus in I. el II. Section. Aphorism. 7. Syntaxim medicamentorum tum internorum, tum externorum, simplicium et compositorum. 8. Duos medicinae fontes, chirurgiam et pharmaciam in universali. 9. Praelectiones pro ingressu in cathedras. 10. Tractatus de formulis medicamentorum usitalioribus. (a) Erroneamente fu detto che Girolamo Vergerio cessd di vivere per rammarico di non aver avuto posterita, mentre lascid un figlio di nome Benedetto Carlo , il quale per due anni sopravvisse al padre. In una stampa in causa Grisoni e Vergerio abbiamo il di lui testamente rogato in Capodistria il 12 settembre 1678, col quale forma de’ suoi beni una primogenitura, ed un fidecommesso perpetuo da in- cominciarsi a capo de vinti anni, ed allora vada (ei dice) al possesso un mio fgliuolo maschio battezzato nella parocchia di Padova col nome di Benedetto Carlo, il gnale ha nel capo un neo di mora negra. Tre giorni dopo la testamentaria disposizione, cioe il 15 settembre, termind i suoi giorni in patria, e fu sepolto a S. Domenico, (p. 5). Mori pure due anni dopo il padre anche il figlio Benedetto Carlo, vale a dire il giorno 27 settembre 1680, e fu sepolto a S. Lorenzo in Padova, come nel necrologio dei provveditori alla sanitk di Padova portato da detta stampa p. 5. 258 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Da un codice di 14 lettere (Mss. Gravisi) si rileva che per le assidue premure di mons. Giacomo Filippo Tommasini vescovo di Cittanova il dottor Girolamo Vergerio, medico fisico di Capodistria, venne fatto lettore pubblico di medicina teorica nell’ Uni- versita (Studio) di Piša. Ecco la lettera del vescovo Tommasini, la quale nel codice e la dodicesima e riteniamo dal contesto sia diretta al fratello dello stesso Vergerio, che si trovava allora in Brescia. Molt’ lil. 0 Sigr. e Sa Aff. m0 Con darle noua del sig. 1 ' Dottor Hieronimo Vergerio suo frello e stato, merce le mie fatiche fatto lettore puhlico di Theorica ordinario in luogo deli’ Ecc. mo Tassoni nello studio di Piša con scudi 300 ali’ anno, la prego subito auisarmi doue posso a Venezia ricapitar le lettere del Gouernator di detto studio per non risigarle alla fortuna delle barche, dico a qualche confidente suo. Atterulone 1’ auiso di gratia, ho scritto a Capodistria, et a V. S. M. 111.® baccio le mani pdonandomi se entrasse nei titoli esser altro pche sol mi aricordo che V. S. e in Bressia a serviz. Di Pad. a adi 5 ottobre 1653 Di V. S. M. 111.» Aff. m0 Serv/ GUI. vescovo di Cittči nova Ma piu che le fatiche del vescovo Tommasini valsero al Vergerio la cattedra di Piša, i suoi meriti, come si rileva dallo stesso Stancovieh e dal contesto delle se- guenti lettere comprese nel succ. codice: 1 Di F. M. Ceffini a G. F. Tom masii v. di Cittanova da Firenze 16 ag. 1653 2 » G. M. Madrucci a G. Vergerio medico f. di Capod. da Padova 23 ag. 1653 3 » F’. M. Ceffini a G. F. Tommasini v. di Cittanova da Firenze 30 ag. 1653 4 » Id. Id. a G. Vergerio med. fis. da Firenze 27 sett. 1653 5 » F. M. Zati a » » » » » » » 6 » G. F. Tommasini » » » da Padova 4 ott. 1653 7 » » (forse a B. A. Corneani v. di Capod.) da Padova 4 ott. 1653 8 » » ai fratelli di Vergerio da Padova 4 ott. 1653 9 »G. Vergerio ad un fratello da Castel di Brescia 9 ott. 1653 10 » G. F. Tommasini ad un fratello del Vergerio da Padova 18 ott. 1653 11 » F. M. Zati a G. F. Tommasini v. di Cittanova da Piša 26 nov. 1653 12 » » » a G. Vergerio m. fis. » » » » 13 » F. M. Ceffini a G. F. Tommasini v. di Cittan. » » » » 14 » » » a G. Vergerio med. fis. » » » » questa lettera e interrotta nella l. a facciata, e poi continua nella seconda fac- ciata colla data, luogo e firma del vescovo Tomasini. (E.) 219. — FINI cavaliere Orazio (1680) giustinopolitano. Di lui abbiamo alle stampe: Orazioni del cavaliere Horatio Fini giustinopolitano, consacrate al serenissimo Principe di Venezia. Venezia presso Gio. Francesco Valvasense, 1680. OAPITOLO IV. 259 SCRITTI INEDITI DEL FINI Economici: Espositione nell’ eccellentissimo collegio V anno 1678, spedita da Capodistria per occasione del partito del šale stabilito dal pubblico col pentico na- poletano. (Archivio di Venezia). — Vedi Daru, vol. VI ed. a. 1819, dove si cita anche un altro manoscritto, esistente nello stesso Archivio, sulla Proposizione del nobiluomo Nani al Senato, perche «sia spedito a tempo proprio un dagli eccellentissimi prov- veditori al sal a Pirano e a Capodistria per far la compreda de tutti i šali che fossero fabbricati et adempir a quante altre incombenze li fossero date.» Saggio di Bibl. Istr. n. 1034. Si sa che Venezia «patrocino 1’ industria del šale di Pirano e di Capodistria con ogni studio, ed anzi quando vide che il šale di Trieste faceva con- correnza a quello delle altre fabbriche istriane, preše perfino le armi ed impose a quella cittž. condizioni restrittive del suo commercio» (C. Combi). Nessuno poi ignora la monografia dello stesso Combi sulle saline istriane nella Porta Orientale del 1858. Nel 1882 il Consorzio delle saline di Pirano diede alle stampe i Cenni storico-statistici sulle saline della stessa citta compilati dal prof. E. Nicolich. Trieste, B. Appolonio, 1882. Letterarii. Una tragedia cosi intitolata: Medea in Istria del cav. Orazio Fini p. consultor della S. Repubblica di Venezia. Mss. Gravisi. Adelasia e i Giuochi di Amore e di Fortuna. Mss. Id. (E.) 220. — PETRONIO-CALDANA co. Marco (1687) figlio di Pelronio, e nipote del vescovo Nicolo, naeque in Pirano da illustre famiglia di quella cittA Compito lo studio grammaticale in patria, passb in Bologna col fratello co. Elio, per cura dello zio vescovo, ad apprendere le lettere e le scienze filosofiche presso i Gesuiti, nonche gli esercizj cavallereschi. Giovine di fervido ingegno, e cultore della poesia diede il primo saggio con una elegia latina in morte dello zio. Lasciato in patria alla vedova madre il fj‘atello conte Elio, passo a Vienna, raccomandato dal cardinale Carlo Carafa.( { ) Protetto cola dal cavaliere Giulio Giustiniani ambasciatore della Veneta Repubblica presso quella Corte, e scortato dalle sue doti particolari di spirito e di dottrina, ottenne il favore deli’ imperatrice Eleonora vedova deli’ imperatore Ferdinando, protettrice della nobilta italiana, e dei letterati. Milito poscia sotto le armi austriache, ma nel corso de’ suoi avanzamenti chiamato in patria dalla madre per 1’ immatura morte del fratello, postosi a sistemare gli affari di famiglia, fu in quell’ epoca, ad unanimita di voti, eletto difensore dei rilevanti privilegi della sua patria, portossi in Venezia, ed ottenuta una ducale a favore, ritornb in Pirano accla- mato da’ suoi concittadini padre della patria. — Per dare successione alla sua famiglia preše in moglie una Rigo di distinto casato della provincia, e tra gTinteressi domestici e cittadini e gli affetti di marito, non cess6 di dare frequente ospizio alle muse, producendo di tratto in tratto poetici componimenti. Dopo alcun tempo passo alla Corte di Francia, e cola concepi il disegno del suo poema eroico latino in lode del re Clodoveo, per attestare la sua riconoscenza ai molteplici favori ricevuti da quella i 1 ) Carlo Antonio Carafa (1586-1591) della stirpe di papa Paolo IV (v. n. 1, p. 205), pubblicb la Bibbia dei Settanta, con una traduzione latina, la Vulgata e le Decretali dei papi. (E.) 260 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Corte, poema che fu pubblicato nel 1687 in foglio colla dediča a Luigi xiv, il quale col mezzo del suo ministro Colbert (*) scrisse ali’ autore una lettera di ringraziamento, che si trova stampata in fronte al poema, e il cui originale conservasi dai viventi di luipronipoti Bruni. — Il titolo del poema e il seguente: Clodiados, Libri XII, christia- nissimo Ludovico Magno Galliae, Navarrae etc. regi invictissimo, sacriMarci Petronii co: Caldanae, Venetiis MDCLXXVII, ex IIieronymo Albricio, in vico divi Juliani. Questo poema in foglio di p. 305, preceduto da dediča al re, in data di Ve- nezia, e da lettera del re in data Versailles 15 giugno 1689, sottoscritta dal ministro Colbert, colla quale si loda il poema, e se ne rendono grazie ali’ autore. A pagina 2 vi ha questo verso con cui il Petronio parlando al re, offre il suo lavoro: Excipe ab ignoto gentilia carniina Vate Da un ufficiale francese fui assicurato, che questo poema e in tale considerazione in Francia, che tradotto nelle scuole se ne fa uso come noi facciamo uso di Virgilio. Se dobbiamo credere al co. Agapilo nella Descrizione di Trieste, 1826 pag. 124 fu il Petronio insignito dal re di Francia della dignita di cavaliere con la munifi- cenza di preziosa collana. Ebbe il conte Marco un figlio di nome Petronio, che ottenne la laurea in ambe le leggi nell’ Universita di Parigi, e fu soggetto di merito e di onorevole estimazione, nel cui figlio co. Marco, quantunque lasciasse quattro figli, si estinse quel nobile ed illustre casato. ( 2 ) 221. — BELLI (de) Ottoniello, dotto giustinopolitano (1693) ed amico di Girolamo Vida, fece una tragicomedia boschereccia, intitolata le Setve incoronale. Questo lavoro, gemello al Pastor fido, merito anche gli applausi del Guarini in Venezia, che non cessava di lodarne 1’ invenzione. Morto 1’ autore e perdutosi 1’ originale, fu raccozzato sopra gli abbozzi, e stampato nel 1673 presso Vidali in Venezia, sulle istanze in particolare del cavaliere Fra Ciro di Pers. Compose inoltre il Belli la Tartara, ed i Falsi Dei. (Raimondo Fini. Raccolla opuscoli, 1643, Venezia). Di cio parla il Muzio nelle Letiere cattoliche ed il marchese Girolamo Gravisi nella Lettera sopra le Accademie di Capodistria inserta nelle Nuove Mem,orie 8 aprile 1760. Nel 1690 si riscontra (Manzini Mol. Blas.) ch’egli fu capitano di Barbana. Al n. 194 abbiamo veduto un altro Ottoniello Belli, di cui il Mazzuchelli dubita essere il Nuovo Pastor Fido. Io 1’ ho attribuito a questo Ottoniello; ma confrontando 1’epoche, mi sembra piu probabile esserne autore il precedente Ottoniello Belli, stante che fu stampata 1’opera nel 1673 dopo morto Fautore, ed essendo amico di Girolamo Vida, come dice il Gravisi, il presente Ottoniello non poteva essere Famico del Vida, come (') Gio. Battista Colbert (1619-1683), consigliere di stato, controllore generale della finanza e ministro. Fond6 il sistema protezionista, čred la marina militare, scavo eanali, aperse scuole, fondd accademie di scienze e belle arti. Fece costruire 1' Osservatorio di Parigi, la facciata del Louvre e il giardino delle Tuilleries; ma fu odiato dal popolo per 1’ aumento delle imposte. Lascid una sostanza di dieci milioni. (E.) ( 2 ) Cenni biografici di Marco Petronio conte Caldana nell’Istriano, n. 4, p. 25 - 27, Rovigno, 1860. Vi sono riportate anche due lcttere, 1’ una del cardinale Delfino e 1’ altra di Luigi XIV al Petronio. V. Sagg. di Ribi. n. 2842. (E.) CAPITOLO IV. 261 poteva esserlo il precedente che era di lui contemporaneo. Lascio dilucidare questo ar- gomento alla famiglia d a’ Belli colle domestiche notizie ehe ha a sna disposizione ('). 222. — Dalla CROCE Ireneo Carmelitano Scalzo da Trieste, ( 2 ) nel 1698 colle stampe di Girolamo Albrizzi in Venezia pubblico un’ opera in foglio, che ha per titolo: Historia antica e moderna, so.cra e profana della cittd di Trieste, adorna di molte figure incise in tavole di legno, rappresentanti quegli antichi monumenti, e dedicata a S. M. Giuseppe re de’ Romani et Ungaria, arciduca d’ Austria. L’ab. Fontanini ne fece una critica, ed Apostolo Ženo con lettera da Venezia 1699 gli risponde: «11 giudizio che date sopra 1’opera di Fra Ireneo e degno di voi. Voi non potete meglio criticarlo; ei peggio scrivere non poteva.» Quest’ opera, quantunque contenga molti errori, ha perh il suo pregio, e vi si trovano non poclie notizie interessanti la patria, e se fosse scritta con migliore critica, e venisse riformata, avrebbe piu pregio; tuttavia quale si trova e meritevole di lode. Neli’ anno 1810 se ne diede una nuova edizione in Trieste dallo stampatore Weiss, come ridotta a piu corretta ortografia, migliorata ed accresciuta; ma sia detto, con buona pace dello stampatore, la prima edizionfe non ha confronto con questa, ed e preferibile per ogni rapporto, e perche e ornata di figure, delle quali manca la seconda, e perche la seconda e una semplice copia letterale della prima, inferiore alla stessa per caratteri, per carta, e per gusto tipografico. Finalmente a lode deli’ Ireneo riportero quanto dice di quest’ opera il Tira- boschi nella Lett. Ital. : «La storia di Trieste del p. Ireneo della Croce Carmelitano Scalzo, stampata in Venezia nel 1698, per 1’ antichitž, in essa pubblicate fu onorata di molti encomi, e leggesi con frutto. 223. — CARLI Gian’ Rinaldo, (1700) prozio del celebre presidente ha tradotto dall’a- rabo La Cronologia dei Turchi scritta da Hagi-Calif-Mustafa, che comunemente si chiama Cronologia Hagi-Cal/iana e fu stampata in Venezia alla fine del secolo passato. Ha scritto pure due opuscoli, divenuti in oggi rarissimi, 1’ uno sulla Letteratura, e 1’ altro sulla Musiča dei Turchi, ambidue di soddisfazione e piacere; cosi abbiamo dal Rossi nell’ Elogio del Carli. Della prima opera parla pure il Toderini nella sua Letteratura lurca, Venezia 1787. Nella Raccolta di decreli sovrani a favore della cittd di Capodislria che comincia nell’ anno 1400 e va sino al 1703 si ritrova un’ onorevole ducale del 1693 che Rinaldo Carli fu giovane di lingua in Costantinopoli, e servi con studiosa appli- cazione e che passo nel 1677 in qualita di pubblico dragomanno in Dalmazia, servendo con zelo in quelle importanti emergenze; quindi recatosi a Costantinopoli sotto il bailaggio di G. B. Donado diede prove della sua abilith, e chiamato a Venezia, con cieca obbedienza si rassegno ai pubblici voleri, abbandonando la časa e la moglie senza riflettere alTaggravio di doppio mantenimento della famiglia. Giunto appena in Venezia, (') Secondo le osservazioni fattc nella nota 3 n. 191 ripetiamo che il vero autore delle Selve inco- ronate , gemelle al Pastor fido, dovrebb’ essere quell’ Ottoniello Belli che lo Stancovich pone al N. 194, e che sarebbe vissuto tra gli anni 1537 e 1612 circa. (E.) ( 2 ) Il P. Ireneo Dalla Croce (Giov. Maria Manarutta) nacc[ue in Trieste nel 1627, mori in Venezia nel 1713; quindi nella tarda eta d’anni 86. Kdl. Ind. (E.) 262 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA fu spedito in Ungheria col segretario del consiglio dei dieci Gio. Capello, ove si espose al pubblico servizio con grave dispendio ed incomodo al pericolo di viaggi, di guerre, e di peste, non con altro scopo che di meritarsi gli effetti della pubblica grazia. Da altra ducale del doge Alvise Mocenigo (1700) se ne ritraggono amplissimi elogi pei servigi prestati e viene indicato col mezzo deli’ ambasciatore Soranzo 1’ infortunio occorso ad esso dragomanno della demolizione di sua časa, con dissipa- mento delle proprie sostanze nell’ accidente di grave incendio accaduto a Galata, essendo egli assente, per cui si accrebbe ii dolore e gli aggravii alla famiglia. In altra ducale del principe Gio. Corner del 1716 si contengono i piu ampii elogi del Carli, e viene fatto dragoman grande, come da ducale che incomincia: «Sono presenti sempre alla grata ineinoria del senato i lunghi, pontuali ed arrischiati servizj resi per il corso ormai d’anni 46 dal Fed. Dragomanno pub. Rinaldo Carli, reso debole e stanco, piu dalle continue fatiche ed agitazioni sofferte sempre con intrepidezza e costanza, che dall’aggravio degli anni vicini ai settanta, e tutto distintamente raccoglie nell’ esatta sua scrittura il Dil. N. H. K. Memo, ultimo ritornato dalla Porta, che sotto gli occhi proprj ha compatito li straccj sofferti del benemerito e fedelissimo ministro nell’ individuo con pregionie crudeli, e nelle sostanze tutte rapite, e percio viene eletto al pošto di Dragoman Grande, vacante per la morte di Tom. Tarsia, con tutti gli onori e preminenze del grado». 224. — SCUSSA Vincenzo da Trieste (1610-1702), canonico scolastico e vicario generale, del quale fra Ireneo parla in piu luoghi della di lui storia di Trieste con somma lode, ed anzi dichiara essere a lui debitore delle molte notizie patrie inserte nella sua opera. Egli fu dotto ecclesiastico e diligente raccoglitore delle cose patrie in modo che 1’ Ireneo dice essergli la patria molto debitrice. Nulla di lui abbiamo alle stampe (‘), eccetto una breve relazione della caverna situata nel territorio di Trieste, detta dagli antichi Specus Lugea, ( 2 ) inserta nella detta storia. Fece pure una Descrizione della diocesi di Trieste, accennata dali’ Ireneo, che rimase inedita, e nella quale si riscontrano essere state allora 429 chiese e 54,595 anime senza il clero secolare, regolare e le monache. Quest’ opera con altri MSS. pure interessanti di quel capitolo cattedrale, e di quella citta esistono in mano di persona che sapra farne buon uso e pubblicarle colle stampe ( 3 ). 11 canonico Scussa fu contemporaneo deli’ Ireneo, e cesso di vivere il giorno 16 settembre deli’anno 1702 ( l ). (*) (*) Il can. Vincenzo Scussa scrisse la Storia cronograjica di Trieste ecc. di cui si ha un’ edizione del 1863, ed una seconda del 1886, curata da F. Cameroni e pubblicata in Trieste coi tipi di A. Levi e C.-A questa seconda edizione, il Cameroni aggiunse gli Annali dal 1645 al 1848 di P. Kandler, pre- mettendo una biografia del can. Scussa, il quale era anche buon poeta latino. (E.) ( 2 ) La relazione della Specus Lugea non e dello Scussa, ma del canonico Gio. Batt. Francol amico e concittadino dello Scussa. V. La storia cronografica di Trieste ecc. (E.) ( 3 ) Questa persona, secondo lo Stancovich, era Iacopo Guadagnini triestino, ma il Cameroni, che fece diligente ricerca della succ. Descrizione, assicura di non avcrla rinVenuta, bcnche pošto sulla traccia dal sig. Luigi de Ienner, erudito cultore di cose patrie. Avra corso, aggiunge il Cameroni, il deplorato destino di altra cronaca triestina, quella di Paolo Gradense. V. o. c. (E.) ( 4 ) Un altro sacerdote Scussa di Trieste nominato Antonio, e pronipote del canonico Vincenzo, vissuto posteriormente, lascio scritti storici municipali, tra cui — Annotazioni di cose seguite a Trieste e fuori dal 1734 al 1749. — Autografo in 4 di pag. 860. V. Prov. delTIstr. IV. 1870, 9. (E.) CAPITOLO IV. 263 225. — GIORGINI Bartolomeo (1733), da Albona, farmacista, nel 1733 estese un opuscolo col titolo: Memorie storiche antiche e moderne della terra e territorio di Albona, preceduto da una dedicatoria ad im Premarino nobile veneto podestd di quel luogo ('). In quest’ opuscolo, eh’ e diviso in xii capitoli, e del qnale io posseggo un esemplare manoseritto, tratta il Giorgini nel capitolo i. Dell’ origine ed antichita di Albona; nel n. Del suo ingrandimento; nel m. Delle fortificazioni; nel iv. Dei mo- numenti antichi; nel v. Del suo territorio; nel vi. Degli antichi dominanti deli' Istria e della Giapidia; nel vii. Dell’incursione dei barbari nell’ Istria, e dei posteriori dominanti; nel m Della dedizione di Albona alta Veneta Repubblica; nel ix. Della comunitd e consiglio di lei; nel x. Delto stalo ecclesiastico; nel xi. Dei litigi pei diritti comunitativi; e finalmente nel xji. presenta un cenno biografleo degli uomini illustri di Albona nelle lettere e nelle armi. L’ opera e seritta in parte con uno stile secentista, senza critica storica; con- tiene pero ottime notizie degli ultimi tempi; parla delle belle arti, e d;\ aleuni cenili giudizioSi sulla storia naturale di quel territorio ( 2 ). II Giorgini ha certamente un titolo di merito, per aver esteso la storia della sua patria, e qui mi piacque ricordarlo quale compenso alle sue fatiche, e come stimolo agli altri nell’ applicarsi a lavori consimili, essendo lodevole e benemerito quel cit- tadino che tributa un omaggio alla sua patria col raccoglierne, estenderne, e tra- mandarne la memoria. Sarebbe desiderabile, che tutti i luoghi deli’ Istria avessero di queste memorie; perche oltre essere di decoro alla patria, diverrebbero utili per compilare la storia generale della provincia. 226. — GRAVISI marchese Cristoforo da Capodistria. Di lui nuli’ altro ho potuto rintracciare, che soltanto quello che parla di lui Apostolo Ženo in una lettera deli’ anno 1734 diretta al marchese Giuseppe Gravisi, in cui dice: «Ho letta e riletta la gentile anacreontica del sig. marchese Cristoforo Gravisi, che secondo il genio di simil poesie, ne conserva la vivacitd, e la dolcezza ( 3 ). 227. — BELLI (de) Giacomo da Capodistria (1746) ha dato alle stampe (Mazzuc- chelli Scritt. d’Ital., Brescia 1760): Le Muse in gara, divertimento musicale, a sei voci, per sua altezza reale di Polonia, principe elettorale di Sassonia, il serenissimo Federico Cristiano, rappre- sentato dalle figlie del Pio Ospitale dei mendicanti il di 4 aprile in Venezia, senza nome di stampatore, 1740 in 4°. Questa nobile famiglia di Capodistria diede molti altri illustri soggetti accennati nella seguente epigrafe esistente in časa Belli : (*) (*) Zuanne Premarin podesta di Albona negli anni 1728-29-30-31. Kdl. Ind. (E.) ( 2 ) L’Istria, a. II, 1847, pubblicb quest’operetta del Giorgini con emende ed aggiunte del Luciani. Il Sagg. di Bibl. la registra tra gli seritti storici al n. 1279. Lo stesso Luciani chiama il Gioi'gini — Diligentissimo raccoglitore di patrie memorie nella p. c. mon. di Albona. (E.) ( 3 ) Il Gravisi lascid parecchie poesie inedite che si conservano tra i Mss. Gravisi in Capodistria. Il Sagg. di Bibl. lo registra al n. 2717 (Biografia), tra i distinti istriani. (E.) 264 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. Petro equiti de Bellis Julio I. V. D. script. clariss. E. E. C. C. gallis et Dictristein a secretis. a rege Sarmatiae ad Galliarum regem destinato Lutet. Pariš, vita functo Georgio juriš consulto praestantissimo Otthonello I. V. D. assessorum facile principi optinie de patria merito Aurelio Otthon. f. I. V. D. catthedralis justinopolitanae decano Jacobo omnibus honoribus in Patria sua perfuncto Otthonelli (Mo Otthonello Jacobi f. principi reipub. civitatis a secretis. Joanni Ambrosio Jacobi f. can. archid. et vicario generali Juliano Jacobi f. centuriae praef. in bello Dalmatiae Nicolao Jacobi f. laegionis ordinatori in bello Peloponesiaco Aurelio Jacobi f. I. V. D. PP. amantiss. civibusgue dilectiss. Nicolao Ambrosio de Trucoff nob. regni Boem. a Ferdin. III diplom, decorato Danieli Vinceslao Nic. Arnbros. f. equiti Caesaris a consiliis Ignatio Daniel f. in eadem regno eguitum dud Jacobus Aurelii f. illustr. V. Majoribus . B. M. II. P. M. Anno Erae Vulg. cioioccxlviii. Fr. Marcus capucinus de Bellis In saeculo Joannes Otthoniel. f. Sanctitate venerandus Monasterium suae religionis Justinop. fundavit In palat. pontif. in D. Petri et D. Laurentii Romae Sacris concinnavit Veronae in lue cruenta suis et populo suffragando et praedicando Sacri apostolatus victima morbo defecit Anno 1630. CAPITOLO IV. 265 L’epigrafe sopra tela incorniciata esiste anche oggi in časa Belli (via Eugenio) e si trova sull’nscio tli ponente nelhampia sala del primo piano presso il ballatojo; ma non corrispondendo in gran parte con quella dello Stancovich, la riportiamo qui come ci venne cortesemente inviata dal sig. Nicold Belli fn Cristoforo, che con scru- polosa esattezza la copio dali’ originale : Petro . Equiti . De . Bellis Iulio , I. V. D. Scriptori . Clariss. E. E. C. C. Golli . Et . Dietristain . A . Secretis A . Rege . Sarmatiae . A d . Galliar . Regem . Destinato . Lutet . Pariš . Vita . Functo Georgio . Iuris . Consulto . Prestantissimo Othonello . I. V. D. Assessorum . Padle . Principi . Optime . De . Patr. Merito Aurelio . Othon . F. I. V. D. Cathedralis . Iustinopolit&nae , Dečani Iuliani . Othon . F. Centuriae . Dud . In . Dello . Mantuae Iacob . Omnib. I-Ionorib. In . Patria . Sua . Perfuncto Othon , F Othon . Iacobi . F. Principi . Reip. Civitat. A . Secretis Ioanni . Ambrosio . Iacob . F. Can. Archid. Et . Vicario . Generali Iuliano . Iacob . F. Centuriae . Praef. In . Bello . Dalmat. Nicolao . Iacob . F Legionis . Ordinatori . In . Bello . Peloponesiaco Aurelio . Iacob . F. I. V. D. P. Pi Amantiss. Civibusq. Dilectissimo Nicolao . Ambros . De . Truchhoff . Nob. Regni . Boem. A . Ferd. III . Diplom. Decorato Danieli . Vinceslao . Nic. Amb. F. Equiti . Caesaris . A . Consiliis Ignatio . Daniel . F. In . Eodem . Regno . Eguitum . Dud Iacobus . Aurelii . F. II VIR. V Maiorib. B. M. h. p. M. ANNO . AEK. VULG. CIOIOCCXLVIII 228. — VERGOTTINI dottor Antonio da Parenžo (1749), canonico ed arciprete di quella cattedrale, nel 1749 diede alla luce un opuscolo, che ha per titolo: Memorie storiche clelle reliquie dei SS. martiri Mauro ed Eleuterio. 229. — GRAVISI marchese Giuseppe da Capodistria (1750).(') Da nessuidaltra fonte ho potuto ritrarre notizie di questo dotto giustinopolitano, senonche dalle Lettere e dalle Vossiane di Apostolo Ženo: le prime in numero di 29 che scrisse allo stesso, dali’ anno 1730 sino al 1750 in cui cessd di vi vere. Sono qneste in risposta sopra vari argomenti di numismatica, di lapidaria, di critica, di erudizione, di belle lettere, e particolarmente di ringraziamento alle copiose notizie intorno Girolamo Muzio, che dal Gravisi venivano comunicate allo Ženo, il quale si era accinto con impegno a scriverne la vita. Da queste lettere appare la stima e 1’ amicizia che lo Ženo professava al Gravisi, e con esse conservasi la memoria di alcune produzioni letterarie del medesimo, unitamente al giudizio proferito dallo Ženo e che piu abbasso riportero. Nelle Vossiane confessa lo Ženo i molti lumi ricevuti dal Gravisi, ch’ era provveditore (*) (*) G. Gravisi naeque verso il 1770 e mori nel 1774, come si legge nell’elogio funebre detto in suo onore da Alessandro Gavardo. (Mss. Gr.) (E.) 266 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA ai confini ( J ), e che senza di lui sarebbe stato al bujo di moltissime notizie interessanti, e lo chiama gentiluomo dei principali di Capodistria, «ornato di tutti quei fregi, che ad un nobile e ad un letterato appartengono,» SCRITT1 EDITI Dl G. GRAVISI 1. Opinione critica sopra i drammi. Chiama queste composizioni mostri ocliosi dellct poesia; sentenza che sosteneva pure il Muratori, denominandoli mostri ed unioni di mille inverisimili, opinione, che dallo Ženo, scrittore di drammi, non ebbe 1’ intiera approvazione, poiche colla lettera responsiva n. 756 dell’anno 1730 giustifica in de- licata forma ed avuto riguardo al gusto dei tempi, questo genere di componimento. 2. Esame e parere sopra i due sonetti del Bembo, e del Casareggio. Sopra la qual produzione, risponde lo Ženo colla lettera n. 760 del 1730, e giudica savio questo lavoro, ne loda 1’ aggiustatezza, il senno, la bella e gentil maniera, con cui dči la spiegazione. 3. Un Sonetlo in lode del vescovo di Capodistria. Lo Ženo colla lettera n. 816 del 1733 lo dichiara bellissimo, e dice che, «i due quaderni sono una eccellente pit- tura, sostenuti da una vivezza di spirito maravigliosa, e da una nobilta di fantasia poetica che rapisce;» aggiungendo che tale e stato pure il giudizio dell’ab. Verdani. 4. Annotazioni sopra i due primi libri deli’ Egida del Muzio. Steše il Gravisi queste annotazioni a richiesta dello Ženo, colla lettera n. 811 del 1733, alla quale soddisfece, e lo Ženo, dopo averle ricevute, risponde colla lettera numero 825, esprimendosi nella forma seguente: «La ringrazio delle sue annotazioni, le quali generalmente parlando, mi sono piaciute.» 5. La Selva, componimento poetico, sopra cui lo Ženo colla lettera n. 1135 del 1741 risponde: «Ho letto e riletto il suo componimento poetico, da lei molto saviamente chiamato Selva, col qual nome i primi a introdurlo nella lingua volgare, a imi- tazione di Slazio, furono Bernardo Tasso e Luigi Alamanni. Glielo rimando, e se non lo vede che in un sol verso ritocco, 1’ assicuro che cid provenne da non avervi osservata cosa alcuna che mi sia spiaciuta, anzi che non mi sia grande- mente piaciuta. I versi del bravo Muzio, che qua e la, opportunemente vi ha inseriti e sparsi, ne piu ne meno vi spiccano di quelli, co’quali gli ha accompagnati: il che e prova manifesta della bonta e perfezione degli uni e degli altri: laonde me ne rallegro, e la ringrazio deli’ avermi fatto anzi tempo godere una si nobile poesia, con tanta maestria tessuta e verseggiata.» lo non vidi ne lessi alcuna produzione del Gravisi, che se mi fosse caduto in vista qualche cosa, non avrei ommesso di qui produrla al gusto del pubblico. Resterš, campo aperto ad altri, e specialmente ai di lui concittadini di supplire al vuoto, ed accrescerne la memoria e le notizie. C) Fu sindaco di Capodistria parecchie volte, deputato nella materia dei šali, preside ali’ ufficio direttoriale, deputato alle cause pie. Appianh in parecchie occasioni con rara prudenza gli attriti insorti tra il governo veneto e 1’ anstriaco da meritarsi gli clogi del sap. Senato. V. Elogio Gavardo. (E.) CAPITOLO IV. 207 Eeco che ci si offre 1’occasione in questa ristampa di appagare il desiderio espresso dairillustre barbanese, pubblicando due abbozzi di lettere del Gravisi : ABBOZZI Dl LETTERE SCRITTE AD AP0ST0L0 ŽENO I. Capodistria, 23 Ottobre 1730 ..Ho scorso subito il prezioso libro della Perfetta Poesia del Mu- ratori per poi rileggerlo, e studiarlo con maggior tempo; conosco che mi šara pro- fittevole per le belle cognizioni che l’adornano, e perche gia principia a disingan- narmi. Le confesso pero, con mio rossore, che il dover mutare un’ opinione che in me aveva prešo tutto il possesšo, mi costa qualche rincrescimento ; incolpo il mio poco sapere e d’ affezione, che ho mantenuto da gran tempo per i drammi in mu¬ šica. Mi dispiace ora vederli nel quarto e nel quinto capitolo del secondo torno estremamente abborriti e maltrattati. Ho creduto sempre ancor’ io, che non possono essere, come le buone tragedie, giovevoli ai costumi dello spettatore, e che il poeta non possa racchiudervi tutti i pregi di queH’ arte difficile, che rende maestosa ed utile la tragedia, dovendo egli servire quasi alla mušica, e percio restringere in poco, cio che dir si dovrebbe pih a lungo per isfogare i concetti, che sono alla fa- vola necessarj, e. dovendo introdurvi le ariette che interrompono i sei’j discorsi, ed inducono 1’inverosimile; ma non ho creduto giammai (ed e quello appunto, che ora mi rincresce di esser tenuto a credere) che «Se si misurano, come scrive il Mu- ratori parlando dei drammi, queste immaginarie tragedie con le vere, non vi sia fra loro soiniglianza veruna, e che i drammi moderni considerati in genere di poesia rappresenlativa siano un mostro, ed un unione di mille inverisimili». Sotto questa severa definizione io riponevo solainente buona parte di quelli che vennero alla luce nello scorso secolo, al parere dei saggi, molto disgustosi e privi del buon ornamento, ma non gih riponeva tutti i drammi tolti in universale. Leggendo quelli di V. S. 111.ma mi par di riconoseere in ognuno la condotta di tutto 1’ intreccio chiara e verosimile, il costume e il carattere degli attori sempre ben conservato, i detti o le sentenze in bocca loro, utili e grandi, e finalmente mi sento benissimo mover a compassione pegli avvenimenti infelici deli’ innocente, o allo sdegno per la reitči del persdnaggio crudele ed ingiusto. Tanto ancora mi accadde di ammirare in alcun altro buon dramma di moderno poeta. Quindi da tutto cio raecoglievo potersi leggere i drammi stessi con qualche diletto e meritare almeno di essere in qualche loro parte riputati, quasi ingegnose imitazioni, non gia mostri odiosi delta poesia rappresenlativa. Questa era la mia opinione, che devo riconoscer falsa per le dette ragioni del sig. Maraton, e molto piu, perche V. S. 111.ma al cap.o sesto del 2.do torno del. predetto libro, la rigetta e condanna. Dopo lette le sue parole sarei troppo ardito, se sopra cio mi dilungassi; ma perche io mi tolga dal cuore un grande avanzo di affetto, che provo ancora per questa sorte di componimenti, desidero due sole sue righe, che me lo comandino; ho detto due righe, non intendendo eh’ ella abbia da perdere con me quel tempo, che impiega in cose tanto maggiori. L’ avverto per6, e sia detto pur con sua pace, che io non lascero di procurarmi a tutto potere i nobilissimi suoi drammi ed oratorii, ed avutili, di tenerli čari ali’ estremo. so 268 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Nel resto poi, cjuanto so e posso, la supplico a perdonarmi, se con la presente troppo mi sono esteso; non vorrei essere creduto vano e importuno, avendole scritto di una materia che poco intendo, e non dovrei se non col silenzio ammirare. II. Capodistria, 13 Novembre 1730 A V. S. Ill.ma e piaciuto di scrivermi con gentile sollecitudine un’ eruditissima lettera, che non mi stanchero di rileggere e che mi šara sempre čara in estremo. Quell’ affetto che avevo per 1’ innanzi verso i buoni drammi in mušica e che mi pa- reva dover abhandonare per la severa sentenza del sig. Muratori, ritorna a prendere il suo possesso, giacche 1’autorevole opinione di lui lo assicura e conferma. Venga pure alla luce la bramata raccolta de’ suoi drammi e oratorj: serviranno essi al pubblico di perfetti e soli esemplari in un tal genere di componimento difficile. Vien questo condannato particolarmente per la passione d’ amore, da molti forse con troppa tene- rezza introdotta; ma col lume che mi da la sua lettera, osservo ne’ suoi drammi e nel Lucio Papirio (che ora ho per mano) non esser gli amori di Papiria e Iiutilia, sebbene nobili e virtuosi, quelli che muovono gli affetti, ma piuttosto il grande animo dei Fabj e 1’ austera fortezza deli’ infiessibile dittatore. Ma egli e tempo che le renda grazie del bellissimo sonetto speditomi; con tutto che io‘ sia per comparire ancor questa volta vano forse o almeno indiscreto, non posso certamente nasconderle i pensieri che formo la mia mente nel rivederlo. 11 suo comando mi scusi, e sappia V. S. che se ardisco toccar certe cose che non bene arrivo ad intendere, non lo faccio che per procurarmi qualclie sua risposta e in tal modo ritrar profitto dalla sua particolar maniera di scrivere, e dalle bellissime erudizioni che d’ ordinario sparge nelle sue lettere: O passegger, che per le nostre amate contrade ognor t’ avvogli, e i pregi loro antichi e novi ammiri, e 1’ onorate cose cercando, a se ne fai tesoro; Ben qui vedrai marmoree logge ornate di spiranti metalli, e vedrai d’ oro ricchi templi, e palagi ire in beltate di par con quei di Roma ed in lavoro; Ma quel per cui passato il mar fors’ hai, miracol di virtii, primo ornamento de 1’ italico ciel piu non vedrai. Ne del prisco parlar 1’ arte e ’1 concento di tante lingue in una bocca udrai: che il tutto par nel gran Salvin gia spento. (’) (') 11 Salvini (Anton Maria Salvini), lodato dal poeta, fu un erudito florentino (1653-1729) che collaboro al vocabolario della Crusca e fu eccellente latinista ed cllcnista. S. T. (L.) CAPITOLO IV. 269 Questa a mio credere e una composizione di ottima fattura; l’ingegno e il giu- dizio hanno pošto tutto il loro potere per far riuscire assai bene la condotta, ornata l’elocuzione. Ne alcuno potra forse desiderare lo stile alquanto piii maestoso o piu forte o uno sforzo maggiore di pensieri, essendo tal maniera troppo studiata e mal conve- nevole al presente doloroso argomento. — Giovami esaminare il sonetto con qualche attenzione, giacelie quanto piu si considera, esso acquista sempre nuova grazia e bellezza. Nel primo quadernario principia il poeta a parlare con quel virtuoso passag- giero che va vedendo 1’ Italia, e in tal modo introduce una buona lode di cosi bella parte di Europa, degna delFaltrui nobile curiositž,. Nel 2.do quadernario si dice che vedr& i ricchi templi e palagi di Firenze, emulatrice di Roma nei sontuosi edifizi. 11 primo terzetto poi e quello che mi commove. Ma tu o passeggiero, gli segue a dire, non vedrai quello per cui forse hai passato il mare, quello ch’ era 1' orna¬ mento del nostro cielo;(‘) e in fine delFultimo terzetto — non ascolterai 1’ arte del buon antico parlare, ne in una bocca il concento di tante lingue: che il tutto par nel gran Salvin giž, spento. Qui certamente nel leggere questo ultimo verso mi sono alquanto fermato, e la viva commozione in me gia mossa dal primo terzetto mi trasport,6 a levar ogni dubbio e a mutar il sentimento in questa maniera: Ne del prisco parlar 1’ arte e ’1 concento di tante lingue in una bocca udrai: che il tutto oime! nel gran Salvini e spento. Non vprrei, che quella voce dolente, oime, in luogo di dar un colore piu vivo alla passione e di render il verso piu dolce, togliendone i tanti monosillabi, lo ren- desse anzi languido e cadente. Ma chi sa poi che io non levi tutto il buon ordine del sonetto togliendomi dal fine che si era proposto il poeta? Dice egli al suo passaggiero, che non vedra piu il primo ornamento del nostro cielo; cosicche suppone essere stato il Salvini il primo bensi, ma non giž, il solo ornamento d’ Italia, e in conseguenza restarne ancora alcun altro; quindi a cio avendo riguardo, dice, che gli pare non gii che assolutamente il tutto con lui sia venuto a fine. Io pero non crederei doversi riputare di cosi angusti confini la vasta giurisdizione dei poeti. Nei principii dei loro componimenti possono ben fare alcuna espressione piu moderna, ma nel fine, per la forza dei loro trasporti, pos¬ sono anche -valersi di concetti piu franchi e piu risoluti. Mi sia lecito porre piu sotto un sonetto di monsignore della Časa, fatto in morte appunto del cardinale Bembo, piacendomi in questo luogo di comparare il cardinale Bembo col Salvini e monsignore della Časa col Casaregi, due letterati del secolo XVI con due letterati del nostro. (*) (*) Quando moriva il Salvini (primo ornamento delVitalico del), nascevano proprio nello stesso anno 1729 Giuseppe Parini e Laz.zaro Spallanzani, e dava gia alte speranze del suo potente ingegno drammatico Carlo Goldoni. Furono nello stesso secolo primo ornamento deli' italico ciel — Beccaria, Volta, Volpato, Galvani, Mascheroni, Lagrangia, Muratori, Maffei, Benina, Giannone, Botta, Varano, Filangeri, Genovesi, Tiepolo, i fratelli Verri, Poleni, Viseonti, Gamba, Carmignani, Carmeli, 1’ammiraglio Emo; Ženo, Cesarotti; gl’ istriani Tartini, Carli e molti altri di cui in ogni tempo fu ed e feconda la gran madre Italia. (E.) 270 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA Or piangi in negra vesta orba e dolente Venezia; poiehe tolto ha morte avara Dal bel tesoro, onde ricca eri e chiara Si preziosa gemma, e si lucente. Cioe nel gran nuraero dei valentuomini che erano in Venezia morte ha tolto il Bembo che era tra piu riguardevoli. E che abbia sotto 1’allegoria del tesoro cosi voluto farsi intendere, chiaramente apparisce nel quadernario che segue: Nella tua magna, illustre, inclita gente, che sola Italia tutta orna e rischiara, era alma a Dio diletta, a Febo čara, d’ onor amica, e a ben oprar ardente. Questa angel novo fatta, al ciel se n’ vola suo proprio albergo e impoverita e scema del suo pregio sovran la terra lassa. Ma benche il Časa sia andato col Casaregi cosi bene d’accordo, essendosi ancor’ egli fatto intendere nel principio di questo sonetto, essere il Bembo una gemma preziosa, ma non gia 1’ unica di quel tesoro; cioe restarne ancora dei gran soggetti in Venezia, nondimeno professa con maggiore franchezza nel fine rimaner per una tal perdita oscura e abbandonata quella cittd: Bene ha, Quirino, ond’ ella plori e gema la patria vostra, or tenebrosa e sola, e del nobil suo Bembo ignuda e cassa. E in conseguenza con Venezia rimaner priva del suo decoro tutta Italia, essendo Venezia quella — «Che sola Italia tutta orna e rischiara.» Dopo aver scritto sino a questo termine la lettera ho voluto vedere le annotazioni sopra lo stesso sonetto. Ecco le parole deli’ abate Menagio (non le ho potuto ommettere, perche mi fanno troppo a proposito): Venenclo scritto queslo sonetto a Girolamo Quirino, persona eminente per doltrina, par non dovesse il Časa chiamar Venezia patria del delto Ouirino, te¬ nebrosa e sola, sendo Ouirino vivo .... Ma si pub eredere che qui fu turbato il Časa dalla morte di un tale amico. Il sig. Oltarno Falconieri, gentiluomo eruditissimo rispondeva a favore del Časa eh’ egli scrivendo in nome d’ un personaggio famoso qual era il Bembo, non doveva aver riguardo se non ad ingrandir la perdita fatta dalla sua patria con forme e Vuso dei poeti in časi sunili, benche verisimilmente nella cittd, dove muore gualche grand’ uomo, ve ne restino sempre degli altri. Ma devo sciogliere un altro obbietto, che nasce nella mia mente. Chi sa che il poeta non abbia voluto adornare quell’ ultimo suo verso con una veritd o con un modo piu vero di esprimersi qual e il dire: Pare il tutto esser venuto a fine col Salvini? Io pero non consideravo questa una ver itd nova e maravigliosa, apportatrice di un singolare diletto; ne il dolore a mio eredere si contenta di un’espressio.ne dal severo giudizio troppo disaminata; quindi il poeta o mosso dal doloroso infelice ar- gomento de’ suoi versi, o dal debito che gli corre d’ imitare in tali časi la natura, si serve delle immagini piu vive e le toglie dalla fantasia, che al dire del sig. Muratori, CAPITOLO IV. 271 n’e la feconda sorgente. Ora, agitata questa potenza dalla passione di una tal perdita ogni oggetto di virtu che se le appresenta le par affatto deforme, non vedendo in tutta 1’Italia, tolto il suo Salvini, alcun altro pregio e ornamento: — «Che il tutto oime nel gran Salvini e spento.» — In molti luoghi delle sue rime e nel sonetto che principia — Spirto felice, che sl dolcemente — il Petrarca pianse la morte della sua Laura con maggior iperbole perche innamorato: Nel suo partir parti dal mondo amore: e cortesia e ’1 sol cadde dal cielo, e dolce incomincio farsi la morte. Ma devo finire una volta e accorgermi della vana mia fatica di apportar esempi e autoriti a chi migliori e infinite me ne potrebbe suggerire. Frattanto per intendere da V. S. Ill.ma, che e il mio buon maestro, il suo parere circa il sonetto e l’appro- vazione o la condanna di questo mio parere ho disteso una disordinata lunghissima diceria piena d’ inutili ripetizioni. Ed il meglio si e che per alcun altro dubbio che mi va nascendo, temo che nemmeno ragionevole le sia per compatire 1’ ardita mia mutazione del noto verso. Se mai le e possibile mi soffra ancora questa volta o faccia della mia lettera quel buon uso che suol far di quelle di complimento. A costo pero di tutta la mia curioshA e del mio profitto voglio correggermi per 1’ avvenire. SCRITTI I N E DIT I > I. Spogli di storia istriana tratti da antichi scrittori greci e latini. II. Spoglio di documenti riguardanti la nomina di precettori alla Schola di Capodistria, dali’ anno 1461 al 1540. In questo spoglio si discorre anche del celebre Francesco Zambeccari di Bologna, delle cui notizie si servi il dotto tedesco Iticcardo Foerster, professore ali’ UnivershA di Breslavia (Slesia pruss. sull’ Oder). Tedi Lettere ad A. G. Capodistria. III. Lettere sopra argomenti di economia domestica. Si riferiscono poi allo stesso Gravisi i seguenti scritti: I. Alcune lettere di G. R. Carli. II. Elogio funebre recitato nella Cattedrale di Capodistria da Alessandro Gavardo. III. Lettera di Alessandro Gavardo intorno ali’elogio funebre. IV. Lettera d. d. da Milano 22 giugno 1774 di G. R. Carli a Girolamo Gravisi, in cui il Carli deplora la morte delFamico suo, la quale qui riportiamo: Carissimo amico e cugino, Milano 22 Giugno 1774 La dolorosa storia che in dettaglio mi fate della malattia e morte del nostro marchese Giuseppe Gravisi, m’ ha prodotto tal sentimento di tristezza e di afflizione, (*) (*) Si conservano tra i Mss. Gravisi B. (E.) 272 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA che non ho espressioni bastanti per significarvene la conseguenza. L’ immagine (li un amico.cosi cordiale, cosi costante, cosi interessato’), e di un uomo cosi onesto, cosi dotto, e cosi amabile, con cui ho per quaranta anni continui avuto uso e consuetudine di vita, mi sta sempre innanzi agli occhi; e nel pensiero, che non esiste piu, mi strazia l’anima e mi toglie da me medesimo. Ecco rotto il nostro reciproco punto di riunione; ecco una vera perdita per noi e per la nostra ormai paralitica patria. 2 ) Avess’ egli almeno nei principj del suo male avuto tanto coraggio di venire a Milano! Chi sa? Forse ancora sarebbe in vita. La di lui malattia m’era nota; che il nostro Polesini ebbe la gentile premura di tenermi inteso dettagliatamente: ma un precipizio simile non mi aspettavo. Andavo supponendo in lui un principio d’ idrope secca. A questa speravo si potesse andare incontro. Basta, egli non h piu; e noi siamo rimasti a piangere la di lui perdita. Sicche, come veramente voi dite, rimanete voi solo per me. Mi confortano i vostri sentimenti, e vi prego di continuarmeli. Voi con lui eravate mio procuratore, vi prego di seguitare ad esserlo. Egli aveva vari conti e carte a me appartenenti; spero le ricupererete presso di voi, per vedere in quale situazione si trovino i miei interessi. Spiacemi, che in časa vostra non vi sia ancora nessuna delle novita che possano rallegrarci. Vi prego de’ miei complimenti alle cugine vostre sorelle. Amatemi e credetemi vostro aff.° cugino ed amico G. R. Carli 230. — B0NZI0 Giuseppe (1710?-1770?) gentiluomo di Capodistria, il cui studio prediletto quantunque fosse quello delle matematiche, pure era dotato di un gusto per la poesia, che gli acquistd lode dai migliori cultori. Una dama distinta, concittadina ed amica del Bonzio, la contessa Sanla Borisi Gavardo, dopo breve tempo dacche fu rapito da morte, cioe nelFanno 1771, pubblico colle stampe dello Storti a Venezia in un volume in ottavo le poesie di lui col titolo: Poesie liriche dei signori Giuseppe Bonzio e marchese Dionisio Gravisi, colla dediča al senatore Nicolb Beregan, ( 3 ) nella quale parlando dei versi del Bonzio dice: «Che questi si sollevano dalla bassa noiosa turba dei vuoti verseggiatori .... Essi ravvisano in lui un imitatore particolarmente del Chiabrera, ( 4 ) il quale seppe donare alla nostra volgar poesia le grazie e la forza dei due maggiori lirici della dotta Grecia, ed imitatore di quel Menzini, ( 5 ) uno dei primi, che alle italiane muse abbia restituito 1’ antico decoro, oscurato ed offeso dai * (*) ') Egli era assieme a Girolamo Gravisi amministratore della facolta del Carli nel territorio di Capodistria. Il che si rileva specialmente da un' estesa corrispondenza epistolare che si conserva tra i mss. di časa Gravisi B. (E.) J ) Ci pare assai strano che il Carli chiami paralitica la sua patria, nell’ epoca in cui vi si tro- vavano tanti distinti cittadini, fatti conoscere, se non altro, dallo Stancovich in questa sua Biografia. (E.) ( 3 ) Nicolh Beregan (o Berengan) fu podesta-capitano di Capodistria negli anni 1766 - 1767. Kandl. Ind. (E.) (*) Gabriele Chiabrera (1552-1637) di Savo na amato dai duchi di Savoja. Sono celebri le sue liriche che lo fecero paragonare a Pindaro e ad Anacreonte. S. T. (E.) ( 5 ) Benedetto Menzini, fiorentino (1646-1706), sonettista e poeta satirtco. Scrisse anche un’ Arte poetica, modello di lingua e di stile. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 273 falsi vezzi dello scorso secolo, in cui egli visse.» Le poesie del Bonzio sono di un sapore, di una naturalezza, ed animate opportunemente da un fuoco poetico, che sod- disfano grandemente la lettura. II Bonzio estese pure un’ Orazione pei funerali del conte Agostino Brulti , vescovo di Capodistria, da lui recitata nel giorno 7 settembre 1748, e pubblicata colle stampe di Francesco Storli in Venezia in 4° di pag. 36. Del Bonzio parla il Moschini nella Letteratura Veneziana T. IV, p. 105. Diamo un piccolo saggio del suo modo di poetare nel seguente sonetto: La liloezaJ-Ita, Avido genio, al cui desir la luce Fiammeggiante de 1’oro e scorta e guida; Scorta, che sempre lusinghiera infida, Per tortuose oblique vie conduce; D’ Egida mira il saggio inclito duce Cui 1 ’ oro e ligio; ei del suo cor la fida Pace non turba, e a lui sue voglie affida Sol quando altrui gioja o conforto adduce. Poi segui, avido genio, il cieco errante Desio, che 1’ ore placide e serene T’invola, onde talor speri e paventi; E per la tempestosa onda sonante T’aggira e cerca le peruvie arene, E sfida i flutti le procelle e i venti. Il presente sonetto, composto dal Bonzio, in onore di Pietro Dolfino, pod.-cap.- veneto in Capodistria (1754-55), e, come si vede, degli anni 1754 oppure 1755; 1’autore quindi dev’essere stato in quell’epoca adulto perche gih membro delPaccademia lette- ■ raria dei Risorti. E noto il costume di questi sodalizi di tributar lode ai publici fun- zionari della Serenissima, che con tanta sapienza reggevano la nostra provincia. Approssimativamente poniamo dunque gli anni 1710-1777 quale periodo in cui visse questo scrittore. (L’ originale del sonetto e tra i mss. Gravisi B.ca). Sotto la reggenza di Pietro Dolfino (Delfin — famiglia che recava nello scudo tre delfini) fu fatta la strada conducente da Trieste a Capodistria, e che in onore di quel podesth e capitano fu appellata Strada Delfina. Una colonna senza base, dissot- terrata nel 1885 nella villa delle Scoffie (Albero — Vescovelli), ricorda colla seguente epigrafe 1’epoca in cui venne eretta la Strada Delfina: VIA . DELFINA VSQVE . AD . VRBEM AERE . PVB. IVSTINOPOLIS MVGLAE . OPP1DO . OPITVLANTE BERNARDO . BORISJO . COMITE OPERA . ET . LABORE . ADNITENTE ANNO . CIOIOCCLXXVI (E.) 274 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 231. — GRAVISI marchese Dionisio (1750-1768) da Capodistria, figlio del marchese Girolamo, gentiluomo noto alla repubblica letteraria per varie erudite produzioni, e di cui si parla in questo capitolo, fu tolto sni flore degli anni da morte alle nascenti speranze della patria e del genitore. Aveva il marchese Dionisio un glisto particolare per la poesia, e spinto da codesta, consacro alle muse i suoi talenti, dandone saggio nelle Poesie liriche, pubblicate con quelle del Bonzio, come sopra accennai, dalla contessa Santa Borisi- Gavardo. La coltissima dama lo cliiama nella prefazione: «fortunato seguace della lirica scuola aperta in Grecia, fatta rinascere in Roma da Orazio( l ) nelbaureo secolo di Auguslo, e seguace pure del Ghiabrera .» Diffatti le poesie del marchese Dionisio piacciono ed allettano. Aveva gifl il marchese Dionisio tradotto dal francese 1’ Alzira di Voltaire, la quale fu da lui pubblicata colla dediča al senatore Nicolo Beregan, piu volte rap- presentata con plauso ed inserta nel Teatro tragico. Il Moschini fa lodevole cenno di questo capodistriano nella sua Letleratura Veneziana. Il Gravisi, giovanissimo, non si spauri di tradurre un lavoro del celebre letterato, benche a’ quei tempi un poeta anonimo, si scagliasse in questa guisa contro 1’ombra di chi fu chiamato poi V inesorabile demolitore del passato, il maestro e donno dei principi e dei coronati : ^.11’ ombia d.1 "Voltsilro Sec. XVIII Ombra fatale, se la fiera antenna Dal cupo averno al patrio suol rivarchi, Guarda, e poi dl, se alla crudel tua penna Dovea la Francia i simulaeri e gli arclii. Ali’ orror, ehe la misera t’ accenna, T’arresti e fremi e torvo ciglio inarchi, E cerchi invan su la regal tua Senu a La legge, il trono, i sudditi, i monarchi. Combattesti la Fe: la causa e vinta; Felicitfl bramasti — il lutto inonda; Volesti liber ta — di ferro e cinta. Or va! la barca acherontea rimonta; Qui lascia il disinganno e ali’ altra sponda T’ acconipagnin d’ averno il pianto e V onta. Ma un altro poeta nel secolo attuale serisse cosi: (’) Qninto Orazio Flacco (05-8 a. C.) di Venosa, il piti celebre con Virg-ilio e il piu letto dei poeti latini. S T. (E.) CAPITOLO IV. 275 “Voltaire Sec. XIX Salve, spirto sovran, eh’ hai pochi eguali Di quanti mai vestir 1’ umana creta! II trionfo del dritto era tua meta, II trionfo del vero infra’ mortali. Guerra diero a te sacerdotali E regie ire, or palese ed or secreta; Tu la scienza avesti arme, o gran poeta, II sarcastico riso e gli aeri šali. Strenuamente pugnasti! . . . Vincitore Te proclamano i secoli e le genti, Infaticato, audace lottatore. E chi ti morde ora e ti assal, vittoria Sperando? . . Invano! . . A venenosi denti E T opra tua granito, e la tua gloria. Questo secondo sonetto ed un altro a Rousseau furono composti da M. A. Canini a Parigi nel 1878, per il solenne centenario di Voltaire e Rousseau. I/ autore dedico il sonetto composto in onore di Voltaire a Vittor Hugo, clie nella risposta in francese gli dice: «L’ ame de T Italie et T ame de la France se comprennent. Ces deux grandes nations sont soeurs. L’ une represente la lumiere, et T autre la liberte.» Francesco Maria Arouet di Voltaire nacque a Parigi il 29 novembre 1094 e vi mori il 31 maggio 1778. Fu chiamato da Federico II: Le roi Voltaire; Goethe lo defini: Il piu grancle letlerato di lulli i tempi e la creazione piu sorprendente del- V autore della Natura. Giuseppe Maria I)e Maistre proponeva iuvece di innalzargli una statua per mano del boja,' ma il papa Benedetto XIV accetto la dediča di una fra le tante sue tragedie. — Il suo poema opico VHenriade, clie dedico alla regina d’In- ghilterra, dicono gli fruttasse 150,000 franchi, e clie stampato da per tutto ne cir- colassero 300,000 esemplari. — Voltaire fu sepolto nel Panteon con pompa trionfale, e il suo cuore fu deposto nella biblioteca della Nazione. Nel 1866 gli venne innalzata a Parigi, per soserizione popolare, una statua di bronzo. S. T. ‘ (E.) 232. — TARTINI Giuseppe nacque in Pirano 1’ anno 1692 nel mese di aprile (’) Il padre di lui, in ricompensa di ricchi doni fatti alla cattedrale di Parenzo, fu da quel consiglio aggregato alla nobilta parentina. ( 2 ) Fese Giuseppe i suoi primi (>) Nacquc il 12 aprile 1092 (secondo 1’Hortis agli 8 cTaprile; Arclieog. triost. v. X, 1884); mori il 26 febbraio 1770 colpito da scorbuto. Uno de' suoi migliori scolari, il Nardini, lo assisti fino agli estremi. — Italia musicale nel Popolano deli’ Istria , 1851, N. 50. (E.) ( 2 ) Secondo 1' ab. A. Marsich, il padre del Tartini si rec6 da Firenze a Pirano sul cadere del 1678 o ne' principi del 1679; ci venne por negoziare, ma nel 1692, ai 16 di settembre, aveva officio di pubblico serivano dci šali. Arch. triest. id. (E.) 27G BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA studii nelI’oratorio dei Filippini di Pirano, e la rettorica nel collegio dei padri delle Scuole Pie in Capodistria, apprendendo inoltre i primi rudimenti deli’ arte musicale e del violino; ed avendo forte inclinazione per la sclierma superb in essa i suoi con- discepoli ed agguaglio lo stesso maestro. Lusingati i suoi genitori che vestisse 1’abito dei minori conventuali in Pirano, gli avevano a proprie spese fatte addobbare in quel convento due stanze; ma egli ripugnante, nel 1710 ( l ) fu spedito con le divise eccle- siastiche a studiare le leggi nell’ Universita di Padova, per incamminarsi ali’ avvocatura. Colž,, secondando il suo genio, diedesi tutto agli esercizi cavallereschi, ed a per- fezionarsi nel trattare la spada, ed in modo, che o per emulazione o per impeto naturale, aveva frequenti impegni co’ suoi condiscepoli, ( 2 ) e segnatamente cogli oltra- montani; ma vedendo che niuno poteva stargli a fronte, aveva divisato di trasferirsi a Napoli o in Francia, ed ivi stabilirsi in qualita di maestro, non lasciando pero il violino, benclie fossero lenti i 'suoi avanzamenti. Giunto ali’ eta di circa venti anni, talmente s’ invaghi d’ una giovane, che la volle in isposa a fronte di qualunque dif— ficolta e disuguaglianza di condizione e fortune. Seguito il matrimonio, lo seppero i suoi, e tanto fu il loro risentimento, che lo abbandonarono affatto, fino a negargli le solite contribuzioni, accrescendo il loro dispiacere, 1’ essere eletto canonico di S. Elena nello stato austriaco, ond’ egli privo del necessario, lasciata la moglie in Padova, passo nel Polesine, e vesti to da pellegrino, s’ incamrnino sconosciuto verso Roma. La moglie di lui essendo di una famiglia dipendente dal cardinale Giorgio Cornaro, vescovo di quella citta,( 3 ) incontrd lo sdegno del porporato, il quale procurava ogni mezzo di averlo nelle mani; cosa non ignorata da Giuseppe, che scaltramente per altro seppe deludere gli ordini e le ricerche di quel principe per arrestarlo. Dopo il giro per molte parti, si riparo nel convento de’ PP. minori conv. di Assisi, ove allora si trovava un certo P. M. da Pirano, suo stretto parente, che n’ era il custode. Narro allo stesso la storia delle sue infelici vicende, per cui mosso a pieta quel buon religioso, lo accolse e lo trattenne secretamente nel convento stesso, con che si resero vane le ricerche del cardinale. ( ') Ivi dimoro qualche anno, non uscendo giammai da quel remoto soggiorno, dandosi tutto allo studio del violino con felicissimi avanzamenti, avendo cola frequenti lezioni dal Pciclre Boemo min. conv., il quale fu poscia insigne organista nella chiesa del Santo in Padova. Non si sarebbe scoperto si di leggieri il suo ritiro senza un curioso accidente; poiche il secondo (*) 11 padre del Tartini ottenne licenza dal veseovo ai 22 febbraio del 1709 che il figlio Giuseppe potesse avviarsi agli studi in Padova. Op. cit. id. (E.) ( 2 ) Tra cui Emanuele Barbella, grande schermidore e valente^violinista, che per altro spacciava come avvenuto a lui il tratto tartiniano della famosa suonata del diavolo, di cui leggesi piu innanzi. Op. cit. id: (E.) ( 3 ) Al dire del Menoghini, storiografo di Padova, nella p. c. Illustr. dol Lombardo-Veneto, ebbe quella cittk otto vescovi di cognome Cornaro (Corner) tra cui quattro cardinali; niente meno ! Questa illustre famiglia patrizia ebbe anche tre dogi ed una regina, Caterina Cornaro, sposa di Iacopo Lusi- gnano, ultimo re di Cipro. Di un Lodovico Cornaro padovano e il trattato Sutta vita sobria, che scrisse dagli anni 80 ai 95 e mori quasi centenario. L’ ultimo vescovo di questa famiglia, il cardinale Giorgio II Cornaro, sarebbe morto, secondo il succitato Meneghini, nel 10 agosto 1722, un anno dopo che Tar¬ tini venne scritturato primo violino del Santo in Padova. Aggiungiamo ancora che parecchi Cornaro furono podesta-capitani in Istria. (E.) ( 4 ) Ai pazienti eruditi lo irtdagare il nomo e cognome di questo bravo frate piranese che ricorda quello del Tasso in Sant’ Onofrio. (E.) CAPITOLO IV. 277 giorno di agosto, suonando anch’ egli nella messa solenne, che ivi si suol celebrare, soffio un vento impetuoso, che tenendo sospesa per qualche tempo la cortina del- 1’ orchestra, fece eh’ ei rimanesse esposto alla vista del popolo; e quindi un padovano 10 riconobbe, e ritornato in patria pubblicb, che il Tartini si stava nascosto nel convento d’ Assisi. Giunse presto la nuova alla sua sposa e al cardinale, che assi- curandolo di aver deposto il suo sdegno, lo fece ritornare al proprio dovere, a cui non manco Giuseppe, vestendo allora il piu austero carattere di moderazione, che a fronte di qualunque piu sinistro accidente inviolabilmente mantenne. Ritornato in Padova, passo poi colla moglie a Venezia, invitato a suonare in un’ accadeinia, che si dava nel palazzo della nobildonna Pisana Mocenigo, espres- samente per far onore ali’ Elettor di Sassonia. (*) — Quivi ritrovandosi pure il celebre suonatore Veracini di Firenze, ali’ udirlo Giuseppe maneggiare con tanta bravura 11 violino, ed in guisa per lui nuova ne restd si sorpreso, che quantunque egli pure fosse riputato eccellente, nulla ostante il giorno dopo volle partire da Venezia spinto da forte emulazione; e affidando la moglie a suo fratello in Pirano, ( 2 ) si trasferi in Ancona ad istudiare 1’ espressione deli’ arco, per agguagliarsi in breve al Veracini. Cio fu nell’ anno 1714; nel qual tempo scoperse il fenomeno del terzo suono, che divenne poi regola fondamentale di perfetto accordo per i giovani della sua scuola. — Cold pertanto colle assidue fatiche e replicate osservazioni si perfeziono in tal ma- niera, che PEuropa pote vantare poi un suonatore, quanto accurato deli’armonia filosofica corelliana, altrettanto superiore al Corelli ( 3 ) stesso nella felicita de’ bei motivi, e nel maneggio sempre cantabile dei medesimi: tal che ad un’ esatta imita- zione della natura accoppiando una profonda cognizione deli’ arte, si nel comporre che nell’ eseguire, elevo il suono del violino a tal grado di perfezione, che altri difficilmente potra lusingarsi di raggiungerlo. ( 4 ) Quindi fu nominato il 26 aprile deli’ anno 1721 primo violinista nella celebre orchestra del Santo di Padova, e sempre piu si accresceva la farna del suo nome, che gli furono fatti replicatissimi inviti dalle primarie capitali d’Europa. Nel 1723 fu chiamato in Pi’aga per 1’ incoronazione di Carlo vi imperatore dal conte Kinzkj, presso cui si trattenne tre anni, dopo i quali colmo di onori e di doni, ( 5 ) rinunziando agli inviti delllnghilterra, e di varii principi della Germania, (*) Federico Augusto II. (E.) ( 2 ) Probabilmente al fratello Domenico, benche avesse altri fratelli, sorelle e nipoti; il cho rilevasi dalle letterc autografe di Giuseppe eonservate nell’ archivio municipale di Pirano. (E.) ( 3 ) Arcangelo Corelli (1653-1713) da Fusignano nella prov. di Ravenna, suonb con valentia il violino. Allievo del cardinale Ottoboni, diresse a Roma le composizioni di questo porporato, che erano allora in gran voga. S. T. (E.) P) Ma nel 1784 nacque un altro celebre violinista italiano, 1’ autore del popolarissimo Carnevale di Venezia, Nicolb Paganini di Genova, che fu ed e salntato quale principe dei violinisti, acquistando farna europea ed ingenti ricchezze. Studib le opere del nostro istriano e fu ammiratore del suo genio. E 1'Italia ha anche oggi insigni violinisti: il Sivori, le sorelle Teresa o Maria Milanollo, le sorelle Ferni, la Torricelli e Teresina Tua, Vangelo del violino, tutti applauditi piu volte con istraordinario entusiasmo dalla nostra Trieste. Ne 1’ Istria e indegna del suo Tartini, perche puo vantare ancora dei bravi violinisti e compositori di mušica. (E.) ( 5 ) A Praga diede aleuni consigli agli artisti tedeschi, in ispecie a Stamitz, che doveva rappre- sentare la sua scuola a Manheim. — Italia musicale nel Popolano deli' Istria , 1851, N. 50. (E.) 278 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. unito al celebre professore di violoncello, D. Antonio Vandini bolognese, suo grande amico, preferi di ritornare in Padova. Cola inoltissimi al e man ni, ( 1 ) francesi, svedesi, inglesi e di altre parti del mondo, fra i quali anche de’ piu consumati nell’ arte, si portarono per approfittare ed ap- prendere il suo raro modo di suonare e comporre, modo nuovo ma vero: e nel 1728 comincio la sua scuola, la quale duro Bnche visse, scuola da lui stabilita sulle basi del terzo suono, regola fondamentale del perfetto accordo. — II suo nome ac- cresceva sempre di farna, ed in modo che le primarie capitali d’Europa profondevano larghissime offerte per udirlo, le quali ei sempre ricuso, non volendo abbandonare Padova; e perche veramente filosofo nel modo di conoscere la real ta delle cose, fon- dato sulla conoscenza che la felicita consiste nella inoderatezza delle fortune, non fece alcun conto degli onori e delle ricchezze, che gli sarebbero potute derivare. Percio, quando nel 1780 il cavaliere Eduardo Walpole, passando per Padova, gli fece quasi violenza per condurlo a Londra, non valsero a persuaderlo ne le larghissime offerte, ne le preghiere, ne le suppliche, in modo tale che fu giudicato pazzo solenne, come il Tartini stesso nel rispohdere al marchese Ferdinando degli Obizzi, si espresse: «Dal signor cavaliere Eduardo Walpole, molti anni sono, ebbi cortese e vantaggioso invito di andar seco lui a Londra. Determinatomi per il no, mi ricordo che da un confidente del suddetto cavaliere lui giudicato per pazzo solenne.» E qual fosse su di cio il virtuoso suo modo di pensare si rileva dalle sue proprie espressioni dirette al suddetto marchese: «Ho moglie uniforme di sentimento, e non ho figli; siamo contentissimi del nostro stato, e se vi e in noi qualche desiderio non e pel di piu. La idea poi di quel bene che ciascun si forma a suo modo, formata gia in me da tant’ anni, stabilita e fatta piu che natura, 6 incommutabile con qualunque altra modificazione di vita», Neli’ anno stesso 1730 fu invitato a Parigi dal principe di Conde ( 2 ) con generose proposte senza che vi condiscendesse, come ricuso egualmente nel 1734 quando fu di nuovo chiamato dal duca di Noailles. Londra, colpita dalla farna di quest’ uomo singolare, rinnovo le sue istanze ed impiego tutti i mezzi per attirarlo a se; di modo che nel 1744 milord Middleseas, il quale si trovava allora in Venezia, volendo onorata la patria dal nostro Tartini, gli fece offrire il vistoso importo di tre mila lire sterline, vale a dire sei mila zecchini, ( :! ) ch’egli per attaccamento aUTtalia sua culla, ricuso di accettare, rispondendo al celebre signor Pariš Algisi maestro di cappella in Brescia col detto evangelico: Quid prodest homini si universum mundum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur. ( 1 ) Tra gli alemanni ricordiamo Giovanni Amadio Neumann, che dalla Sassonia venuto quasi fan- ciullo e povero in Padova, trovb nel nostro istriano un maestro e un protettore efficace dalle persecu- zioni che gli faceva subire nno svedese stravagante e crudolc. — Interessante e la lettera che il Tartini dirige ali’ amato discepolo, la quale si legge nelTArch. triest. X, 1884, a pag. 211 (E.) ( 2 ) Luigi Enrieo principe di Conde (1692-1740) fu capo del consiglio di Reggenza e sovrintendente ali’ educazione di Luigi XV; nel 1723 fu primo ministro. Mori nel suo splendido castello di Chanlilly, ereditato nel 1830 dal duca di Aumale e da questi regalato nel 1886 alPAccademia di Francia, la quale per riconoscenza gli presento una medaglia commemorativa. (E.) ( 3 ) Oltre fiorini 30000 v. a. ' (E.) CAPITOLO IV. 279 Parigi frattanto gareggiando con Londra non dimise la speranza di averlo, mentre nel 1755 il principe di Clermont (') tentd ogni mezzo, perche si recasse presso di lui o come compagno o come amico, promettendogli tutto cio che avesse saputo chiedere per indurlo a condiscendere. L’ impegno era tale, che sparsa la nuova di questa esi- bizione per tutto Parigi, divenne soggetto di esultanza nelle piu cospicue adunanze; e da quel principe e da tutta la citth era atteso 1’ arrivo del famoso maestro; ma il Tartini fermo ne’ suoi principii, di cui veramente possiamo dire, tenacem propositi virum, destramente seppe esimersi, e rendere inutili le speranze della fastosa Parigi. Cedette pero al desiderio del cardinale Olivieri, il quale solo per avere udito il suono d’ un valoroso scolare del nostro Giuseppe, s’ invoglio di sentire il maestro, tanto onorato da’ suoi scritti e dalla farna. Al numeroso concorso del popolo nel palazzo di quel principe, corrispose 1’ esultanza di tutta Roma, e 1’ ammirazione di Clemente XII, ( 2 ) che volle udirlo e ne resto stupefatto. Ritornato a Padova, propose allora fermamente di non abbandonare quella cittd, ch’ ei riputava per la lunga dimora e per 1’ affetto suo singolare, come sua patria, ed ove rimase sino a che visse; ed ove molti personaggi, venuti in Italia, si portarono per conoscerlo e fargli distinte onoranze, fra i quali giovera ricordare, Federico III il grande, re di Prussia, ( 3 ) che onoro il Tartini di un’ aria musicale da lui composta, alla quale corrispose il nostro Giuseppe offerendo al grande guerriero ed al mecenate delle belle arti, un conserto, che aveva tessuto appositamente. Ne si čreda che il Tartini risquotesse 1’ ammirazione universale e tanta farna soltanto per la sonima perizia nel maneggio deli’ arco, o per la composizione musicale, della quale pubblico due capi d’ opera di suonate a violino e bosšo, colle stampe di Amsterdam e con quelle di Roma; ma sibbene per la parte scientilica, perche dotato dalla natura di vasto intendimento penetro nelle piu recondite vie della scienza musicale, per cui il suo nome divenne celebratissimo presso le prime acca- demie ed i primi filosofi e matematici di Europa. Versando per molti anni su tutte le proporzioni e ragioni armoniche col mezzo dei numeri naturali, arrivo alle scoperte piu peregrine ed utili. Trovo la conferma di queste nel cerchio, da lui provato armonico di sua natura, dimostrandolo un risultato d’infiniti mezzi armonici, perfettamente uno in se stesso di unith armonica e percid fondamento e principio della scienza armonica; e da’ suoi teoremi delle ragioni e delle proporzioni conformate col cerchio, non solo dedusse i triangoli pi- tagorici, ma ne seppe ritrovare ancora la vera origine. ( 4 ) (') Luigi Clermont, principe di' Conde (1709-1771), figlio di Luigi III, fu abate di S. Germano des Preš ncll’ eta di novo anni. Nel 1754 appartenne ali’ Accademia francese. Ottenuta dal papa una dispensa di portare le armi, fece tutte le eampagne della suceessione d’Austria. Sconfilto a Creveld da Ferdinando di Brunsvvick, diede 1’esempio della fuga! S. T. (E.) ( 2 ) Clemente XII (Loren/,o Corsini) di Firenze (1652-1740). S. T. (E.) ( 3 ) Qui dev' essere incorso un errore di stampa, perche il grande guerriero e il grande mecenate prussiano fu Federico II (1712-1786) prozio di Federico III (1770-1840). Federico III fu anche detto cosi altro re di Prussia, ma terzo come elcttorc di Brandeburgo e primo come re di Prussia (1657-1713), padre di Federico II il grande. S. T. (E.) ( 4 ) Pitagora di Samo (569 a. C. — 470) stabill la scuola da lui delta pitagorica. Secondo questo filosofo gli elementi dei numeri sono gli elementi di tutto le cose e ne fece 1’ applicaziono con gl’ in¬ tervalu dei toni in mušica. Dopo aver segnato con numeri i sotte toni deli’ ottava, prelendeva vi fosse tra questi e i sette astri, che gli antichi chiamavano pianeti, una vera coincidenza! S. T. (E.) 280 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Dopo replicate esperienze sui prolungamenti e suoni delle corde estensibili sonore, ritrovd nei prolungamenti e ne’ suoni le medesime leggi, che aveva scoperte nelle sue proporzioni e nel cerchio; indipendenti totalmente dali’arbitrio umano, ed inferi che que’ suoni e que’ prolungamenti non dipendevano da esso, ma quanto egli scoperse intorno alle ragioni ed alle proporzioni armonica, aritmetica, contrarmonica, e geometrica, essere di natura. Tutto cio maggiormente provo ad evidenza col terzo suono, che si sente toccando due corde, e dal dividersi una corda sonora in 1 , '/ 3 . % indipendentemente da ogni umano disegnamento, confermo esservi in natura una legge armonica proporzione, che scuopresi non solo nelle corde sonore e ne’ prolungamenti delle corde estensibili, ma nelle forze altresi moventi i pianeti, ne’ colori, ed in altre opere della stessa natura. Tutta questa sorprendente e nuova dottrina comprese nel suo Tratlato di mušica secondo la vera scienza deli’armonia pubblicato nel 1724, e ne’ suoi Principii deli’ar- monia musicale contenuta nel genere diatonico del 1767, opere scientifiche che colpirono di meraviglia i piu grandi ingegni d’ Europa, ed acquistarono al Tartini eterna farna. A fronte di tanto merito, e mentre il Tartini era lodato dai primi matematici d’ Europa quale industrioso filosofo, non si čreda che 1’ invidia mancasse di scagliarsi contro di lui, osando taluno chiamarlo «semplice suonator di violino, e misera Tarte del dicitore che ne celebrasse le lodi.» (’) Due ginevrini principalmente si posero a censurare il nuovo sistema; Gian’ Jacopo Rousseau tento di abbattere la dottrina del nostro Giuseppe ;( 2 ) ma un anonimo (Risposta di un anonimo al celebre sig. G. Giacomo Rousseau), guidato unicamente dali’ amore del vero, dal lustro delle scienze e delle belle arti, si pose a farne 1’ apologia, rispondendo sensatamente agli obbietti, facendo apparire la veniti del- 1’ impugnato sistema, ed estimatore delle profonde cognizioni del grande Tartini nella nuova scienza numerica, giunse a dire, ch’ egli solo in questa parte illustro le ma- tematiche discipline; e quindi ne venne a lui piu rinomanza. Conviene pero credere, che il filosofo francese non arrivasse a comprendere quelle due famose asserzioni, quando nello stesso suo Dizionario innalza Tingegnoso sistema del Tartini sopra quelli di Rameau, ( 3 ) del Mersenne ( 4 ) chiamandolo sistema (*) (*) Carlo Combi chiamd cosi il Tartini : Vero genio della mušica, che legi) alta posterith non solo le immortali sue armonie, ma cloltrine cosi profonde e nuove sulle leggi de' suoni che gli studii recenti riconoscono ogni di piu meravigliose. Atti delPIstituto veneto di scienze, lett. ed arti, vol. IV, ser. V. Al dente deli’ invidia il Tartini opponeva modestia, docilita e ragionevolezza; virtu proprie del vero genio. Il Carli (Osservazioni sulla mušica antica e moderna) diceva di lui che «seguiva la ragione ovunque la ritrovava e con ingenuo trasporto la rispettava, qualunquc fosse il mezzo per cui venisse a conoscerla.» (E.) ( 2 ) G. I. Rousseau (1712-1778) famoso autoro del Contratto sociale , vangelo della rivoluzione, deli’ Emilio, delle Lettere dalla montagna, delle Confessioni ecc. scrisse anche una Lettera sulla mušica francese , la quale gli suscitd molti nemici. Oltre le opere suddette cd altre molte, scrisse ancora un Diuonario di mušica nominato qui dallo Stancovich. S. T. (E.) ( 3 ) Giovanni Filippo Rameau di Digione (1683-1704) figlio di un organista. Visitd 1’Italia suonando il violino. Nel 1717 andd a Parigi ovc scrisse sulla mušica parecchie opere di pregio, tra cui il trattato deli’ armonia e il codice di mušica pratica. A cinquanta anni si diede tutto al dramma lirico e compose ventidue opere-balli. S. T. (E.) ( 4 ) Marino Mersenne nacque presso Oize sul Meno (1688-1747), fu amico di Cartesio. Nel 1611 si fece frate e si diede a conoscere per la sua opera: Quaestiones celeberrimae in Genesim, che e una dichiarazione di guerra contro lo scetticismo del suo secolo. Fu pure valente fisico, matematico e mu- sicista. Scrisse : Armonia universale contcnente la teoria e la pratica della mušica ecc. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 281 di profondita, e di genio, a portata di pochi, ricolmo di nuovi esperimenti e bellezze. Egli infatti (Rousseau, Diet. de musigue, Pariš, 1768, p. 237) alla parola Harmonie, dopo aver esposte le opinioni dei suddetti autori dice. «M. Tartini, partant d’ une experience plus neuve, plus delicate, et nori rnoins certain, est parvenu a des con- clusions assez semblables par un chemin tout oppose,» ed a pag. 475 alla parola Sgsteme, dopo aver ragionato dei sistemi di Rameau, e del Serre, aggiunge: «11 n’ en est pas de meme de celui de 1’illustre M. Tartini, dont il me reste a parler; le quel etant ecrit en langue entrangere, souvant profond, et toujours diffus, n’ est k portee d’etre consulte, que de peu des gens, dout meme la plupart sont rebutes par 1’obscurite du livre, avant d’ en pouvoir sentir les beautes.» L’ altro ginevrino, sig. Le Serre, insorse pure con acerbissima critica contro il Trattato medesimo, a cui il nostro Giuseppe tosto oppose fondatissima risposta, stampata in Venezia nel 1767, la quale valse ad arrestare il corso ad ulteriori censure, e da quell’ epoca il nome del Tartini divenne piu celebre, e maggiormente ancora dopo che pubblied nell’ anno stesso 1’ altra sua opera, gia accennata, dei Principii delt’ armonia musicale, di cui ebbe a dire il dottissimo abate Laini(') (Novelic leti. N. 6, T. 29 1768) che «per bene intenderla, e giudicarla bisogna sapere di mušica, quanto ne sa chi 1’ ha valorosamente composta.» Cosi pure in piu luoghi della grande Enciclopedia, come alle parole / ondamenlal, harmonie, sgsteme viene distintamente onorato il nostro Giuseppe; ed il signor de La Lande nel suo Vogage de l’ Italie, tom. 8, p. 292, dice: «On ne peut parler de musique a Padove, sans citer le celebre Josephe Tartini qui est longtemps le premier violon de 1’ Europe. Sa modestie, ses moeurs, sa piete, le rendent aussi estimable, que ses talens: on 1’ appelle en Italie II maestro delle nazioni, soit pour la composition. M. Pagin qui a brille il Pariš, etoit alle a Padove expres pour se former avec lui.Personne n’ a mit plus d’ esprit, et de feu dans ses compositions, que Tartini.» ( 2 ) L’ amore che il Tartini portava alla scienza delle ragioni e delle proporzioni, negli ultimi anni della sua vita, nei quali cessava in lui il vigore di maestrevolmente maneggiare il singolar suo violino, fece ch’ egli formasse sue delizie Platone e Pitagora cou altri deli’ antica filosofia, e penetrando con la sua mente perspicacissima nei loro arcani piu occulti, venne a capo di squarciare il velo sotto cui si stanno nascosti i numeri pitagorici e platonici, discoprimento che lascio ne’suoi mirabili seritti, parte della grand’opera che meditava, i quali per 1’utile delle scienze e per la gloria immortale di tanto autore, vengono attesi ansiosamente. (’) Giovanni Lami, sacerdoto, nato a Santaorooe presso Piša (1697-1770). Viaggib in Francia, Olanda, o Svizzera studiando lo lingue dotte. Insegnb storia occlesiastica nella Sapienza di Firenze e fu bibliotecario della Riecardiana. Tra le sue opere di argomento profano vanno annoverate lo Novelle let- terarie accennate dallo Staneovich, che sono un ulile giornale di critica lotteraria e scientifica, precursore delle, moderne antologie. (E.) ( 2 ) Giuseppe Girolamo Le Francais di La Lande (1732-1807) nacque a Bourg-en Bresse (dip. francese dcll’Ain a 420 chilomotri s. c. da Parigi), fu celebre astronomo; di attivitk infaticabile giovb molto ai progressi deli’ astronomia. Avido di pubblicita e di farna, cadde spesso negli eccessi; ebbe gusti bizzarri (mangiava, dicesi, ragni ed altri insetti) e si vantava atoo. Il 'Vogage de V Italie fu da lui seritto negli anni 1765-1778. Fu direttoro dcirOsservatorio di Parigi o lascib un premio annuale per la miglioro Mcmoria sui progressi doli’ astronomia. S. T. (E.) 282 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Ne solo della scienza armonica si occupo il n ostro Giuseppe, ma entro pure in altra messe seientifica con sensato giudizio, palesato nel 1762 con opera inedita, la quale versa sopra la dissertazione deli' abate Lami intorno ali’ anima delle bestie; e quantunque egli non fosse poeta, pure ne gustava le bellezze e ne palesava finis- simo gusto, com’ ebbe ad esprimere 1 ’ Algaroiti in lettera, che scrisse allo stesso, dicendo (Opere varie del co. Algaroiti T. i, Venezia 1757): «Ben grandissima com- piacenza ho avuto alla dolce mušica delle sue lodi.II mio fine e stato di piacere a coloro, il cui gusto, com’ e il suo, e quasi il flore della ragione. E non fa nulla, mi permettera di contraddirle, eh’ ella non sia poeta di professione, e quei versi abhiano solamente cagionato a lei, secondo ch’ ella pur dice, quel moto ch’ e di natura e non di studio. lo fo piu caso del suo naturale, che dello studio di moltissimi, che pur hanno il titolo di letterati.» Ne renderh meraviglia, ch’ egli potesse gustare la poesia e sentirne le bellezze, mentre al dire di Plutarco la mušica e la poesia vanno unite in istretto vincolo: Musicae quippe consanguineam esse poeticam polam esl omnibus. Gli uomini piu illustri del suo tempo, distinti e per merito e per letteratura, ebbero dimestichezza e carteggio col nostro Tartini. Fra questi ne accennero alcuni soltanto, quali sono: Lodovico Barbieri, Ricati, Jacguier, Balembert, Loiseur, de La La,nd, Beccaria,Y abate Nollet, il eelebre Eulero, ed il Carli, il quale ha diretto al Tartini nel 1743 le sue: Osservazioni spila mušica antica e moderna, estese ad istanza del medesimo. (*) La pieta, la religione, la modestia e la sofferenza nelle calamita erano nel Tartini in singolar modo unite, e costantemente professate. — La di lui pieta ebbe campo, col porgere secrete elemosine, soccorrendo abbandonate donzeile, sovvenendo a povere vedove ed a miseri fanciulli, facendoli anche ammaestrare nelle massime di religione, dando gratuite lezioni a’suoi discepoli impotenti, stipendio a taluni, a tutti egualmente, con affetto paterno. — La religione si vide in lui luminosa, sia quando sprezzo 1’invito ricevuto con foglio onorifico, nel quale lo si qualifica per uomo di profondo intelletto, ad essere socio di certa compagnia d’ingegni, che si spacciavano per ispiriti forti; sia quaudo ricuso secondare gl’ inviti con eccitamenti generosi a suo- nare nei piu cospicui teatri d’ Italia; sia quando sprezzator delle ricchezze ed attac- catissimo al Santo di Padova, rifiuto gli onori dei principi piu distinti, e delle capitali piu cospicue. — La modestia brillo nel nostro Tartini, allorche in mezzo agli applausi e agli onori, si professava ignorante; per il che ebbe a dire di lui ancor vivente il La Lande (Vogages d ’ Italie) «che la modestia, li costumi, la pieta lo rendono del pari C) Il Saggio di Bibl. Istr. onuraera diecinove seriltori che parlano del Tartini. Biografie del me¬ desimo trovansi nel VEnciclopedia del Pomba , nel Grosses universal Leocicon aller Wissenschaften und Kunste , stampate nel torno XIV delle sue opere ecc. ecc. Il poeta istriano Giovanni Tagliapietra di Pirano compose in onore del grande suo concittadino una cantica, stampata in opuscolo a Trieste coi tipi AVeis, 1853; altro istriano il dofunto Vincenzo De Casti' 0 , pure di Pirano, parih del Tartini nelle Biografie degli illustri istriani, inserite nella Geografia storica universale — Milano, Pagnoni, 1856 ; e il figlio di Vincenzo de Castro, prof. Giovanni, stampo la vita dello stesso Tartini nelle Letturo di famiglia, a. III, pag. 258-260. Cenni sulTinsigne violinista si trovano anche nel Popolano dellTstria, nella Provincia deli’ Istria e noll’ Istria. — Le Osservazioni sulla mušica ecc. del Carli sono stampate nel torno XIV delle sue opere. (E.) CAPITOLO IV. 283 stimabile che i suoi talenti.» — La sofferenza nelle calamita si fece palese col tollerare sommessamente la maldicenza, col dimostrare somraa pazienza nell’ ultima penosa malattia della moglie, coli’ assisterla le notti intere, sprezzando il Sonno, ne curando il necessario sollievo alle fatiche del giorno; e molto piii ancora ne’suoi incomodi, e specialmente in quello di una cancrena, la quale attaccatogli un piede, fin dal principio lo condusse al pericolo di perdere la vita, sofferendo tranquillamente l’acer- bita del lungo morbo, senza affliggersi; anzi quanto piu grandi erano le trafitture, tanto maggiore era la sua virtu nel soffrirle. «Yedea bene l’uom di Dio (dice il suo panegirista) che questo crudo malore dovea condurlo al sepolcro, e percio volle servir- sene come di mezzo per ben disporsi a morire; e siccome in istato di prosporita e di salute considerava la morte qual termine delle umane disavventure, cosi con forte coraggio, da vero filosofo, la sostenne nel giorno 26 febbrajo 1770, e onorevolmente fu sepolto in Padova nella chiesa parocchiale di Santa Caterina, compianto da tutti. Nel giorno 31 maržo deli’ anno stesso, il signor Giulio Meneghini, padovano, scolaro e successore nell’ onorevole pošto del nostro Tartini, gli fece celebrare solen- nemente i funerali nella chiesa dei Servi nella sua patria accompagnati da un’ orazione funebre, dotto lavoro deli’ ahate Francesco Famago, (*) corredato di copiose annota- zioni e di un compendio della di lui vita illustrato di note, che rielLanno stesso fu pub- blieato in Padova colle stampe Conzaili, in 4°, a cui precede 1’efflgie del nostro Tartini delineata nel 1761 dalLabate Vincenzo Rola, padovano; sotto stanno questi due versi: Tartini haud polnil veracius eocprimi imago, Sive Igram tangat, seu meditatur, is est. Il Rota ebbe anche a lodarlo nel suo poemetto intorno ali’ incendio del tempio di S. Antonio nuovo accaduto nel 1753. L’ effigie fu poscia fatta incidere da Anion’-Bona¬ ventura Sberti amante della gloria del Tartini, con questo distico del professore di quell’Universita Antonio Piornbolo : Hic fidibus, scriplis, Claris hie magnus alumnis, Cui par nemo fuit, forte nec ullus er it. Da questo lavoro deli’ abate Fanzago io ho tratto le presenti notizie, e nella massima parte letteralmente trascritte. In quella orazione il Fanzago considera la mušica, come arte e come scienza; e dimostra la perfezione alla quale la condusse il Tartini, come arte, e quanto fosse la penetrazione del suo raro talento nul trattarla come scienza. La sua vita fu anche scritta in francese e stampata a Parigi, col suo ritratto fatto dietro il disegno del Guerin. ( 2 ) (') Francesco Fanzago (1749-1823) autore di scrittarelli gracili e d" una Guida di Padova. V. Padova e sna provincia pel Dr. Augusto Meneghini nella Grande illustrazione del Lombardo-Veneto ecc. per cura di C. Cantu e di altri letterati. Milano, Corona e Caimi, 1859. (E.) ( J ) La prima ediziono di quest’ opera dello Stancovich vol. II, e ornata del ritratto del Tartini delineato dal Rota e inciso dallo Sberti. Il disegno che precede la biografla tartiniana scritta in francese e di Giovanni Battista Paolino Guerin, pittore e ritrattista di Tolone (1783-1855), prima di professione fabbro. Un suo quadro ch' ebbe grandissimo successo e venne comperato dal governo rappresentava Caino dopo la morte di Abele. S. T. (E.) si 284 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Comunemente succede, che (lopo la morte (.legli uomini anche i piu celebri, comecche il loro nome resti perenne nella memoria dei posteri, di raro questo viene segnato da qualche pubblico monumento, che ne perpetui la rinomanza. Non dobbiamo credere che succedesse cosi al Tartini ; che anzi, come appunto alla morte del Corelli seguita nel 1713 in Roma, gli fu eretta una statua nel Cam- pidoglio, e come a Giorgio Federico Ilendel sašsone, ancor vivente, gl’ inglesi eressero pubblici monumenti; cosi trentasette anni dopo la morte del nostro istriano, cioe nel 1807, una societil di amatori della mušica, e caldi della stima e della gloria di lui con una collezione di denaro, fece erigere nella gran piazza di Padova, detto il Prato della Valle (*) al nord-est dell’esterno recinto di quella bellissima isola, che io chiamerei volentieri Panteon degli uomini celebri di Europa, la di lui statua in grandezza naturale, la quale porta ai piedi 1'epigrafe: 10S. . TARTINI . PIRANENSI e sopra il fusto del piedestallo: IN PATAV • BASILIC. D. ANTONI FIDIVM • PROFESS. PRIMAIO ■ EXIMIO SCRIPTIS • ET • ALVMNIS ■ CLARISS1MO PERENNE ■ MONVMENTVM . GLORIAR. AERE • CONLATO BON • ART. AMATOltES AN. M. DCCC. VII. Il Tartini tiene la mano sinistra stesa al basso, e poggiata sopra un medaglione eretto a quel lato col busto a mezzo rilievo del Valotti, con in torno l’epigrafe: ANTONIO ■ VALOTTI VERCELLENSI SACRAE • MVSICES • RESTAVRATOR! • ET ■ PRINCIPI IN PATAV. BASILICA • D. ANTONI SACRORVM • MODORVM • MAGISTRO. 0) Il Prato della Valle e uno spazzo di venticinque campi, cioe metri quadrati 89,000, sul luogo dove ai tempi romani esistova il teatro detto Zairo (o Žaro). E discgno di Domenico Cerato. Circondato da un canale, i suoi margini hanno alTingiro parecchie statue d’uomini illustri, non pregevoli per la scoltura, ma assai lodate per il pensiero. Nel recinto esterno movendo dal ponte verso la piazza : 1. Antonio Diedo, 2. Antenore, 3. Azone di Brunswich, 4. Trasea Peto, 5. Torquato Tasso, 6. Pietro d’Abano, 7. Pagano Turriano, 8. Aurunzio Stel la, 9. Opsicella Trojano, 10. Bernardo Nani, 11. Vettor Pisani, 12. Lodovico Sambonifazio, 13. Antonio Micheli, 14. Antonio Barbarigo, 15. Domenico Lazzarini, 16. Taddeo Pepoli, 17. Marco Mantova, 18. Andrea Mantegna, 19. Paolo II papa, 20. Bernardo Trevisan, 21. Antonio da Rio, 22. Andrea Recinetense, 23. Lodovico Ariosto, 24. Albertino Mussato, 25. Giuseppe Tartini, 26. Gio.M.Memmo, 27. Michele Mcrosini, .28. Melchiorre Cesarotti, 29. Francesco Petrarca, 30. Galileo Galilei, 31. Alessandro Orsato, 32. Alteniero degli Azzoni, 33. Secco Polentone, 34. Antonio Zacco, 35. Cesare Piovene, 36. Maffeo Menimo, 37. Andrea Navagero, 38. Andrea Memmo. Nel recinto interno : 1. Zambon Dotto, 2. Sperone Speroni, 3. Tito Livio, 4. Girolamo Savorgnan, 5. Fortunio Liceto, 6. Lodovico Buzzacarini, 7. Giovanni Poleni, 8. Guglielmo Malaspina, 9. Gio. d’0ndi dalTOrologio. 10. Antonio Conti, CAPITOLO IV. 285 Pirano conserva nella sala del casino un busto marmoreo del suo Tartini, scolpito dallo scultore Rosa; e sulla časa ove nacque (ora Vatta, eredi Tartini) e scolpita la seguente iscrizione di Vi-ncenzo De Castro: A GIUSEPPE TARTINI NATO IN QUESTA ČASA IL 12 APRILE 1692 BONDE MOSSE A BEARE L’EUROPA CON MELODIA Dl VIOLINO MARAVIGLIOSA E CON OPERE Dl SCIENZA MUSICALE PERCHE LA VIRTU Dl TANT’ UOMO NELLE P A TRI E ARMONIE SI DIFFONDA I FRATELLI VATTA INNALZARONO MEMORIA D’ ONORE 1846 E nel V Istria, anno 1885, leggesi: «Questo nome di Giuseppe Tartini, di cui a buon dritto si vanta 1’Istria, ci conduce a parlare delle feste e delle onoranze clie al sommo violinista intende preparane Pirano, citta eh’ ebbe T onore di avergli dato i natali, nell’oscasione del secondo centenario di lui, il quale verrh a cadere nel 1892». — (E.) OPERE EDITE DEL TARTINI Musicali 1 1734 Un libro di suonate a solo violino, e basso, stampato in Amsterdam nel 1734, dedicato al patrizio veneto Girolamo Ascanio Giustiniani. 2 1745 Un libro di suonate a solo violino e basso, stampato in Roma nel 1745, e dedi¬ cato al signor Guglielmo Fegeri da Giava, isola deliTndie orientali, portatosi a bella posta non solo per vedere 1’Italia, ma anclie per essere scolaro del Tartini, come lo fu; cosa sorprendente e di grande emulazione a quella studiosa gioventu. 3 - Suonata del diavolo, stampata dal signor G. B. Cartier nella interessante, raccolta della divisione delle scuole di mušica, a cui fu comunicata dal sig. Daillot, della quale si parla nel dizionario universale di Parigi, tratta dal Votjages d’Italie del sig. La Lande, al quale il Tartini stesso aveva rac- 11. lacopo de’Rossi, 12. Gustavo Banner, 13. Gustavo Adolfo re, 14. Matteo Bagnina, 15. Giobbe Lodolf di Erfurt, 16. Stefano Gallini, 17. Filippo Salviati, 18. Uberto Pallavicino, 19. Alessandro Vlil papa, 20. elemente XIII papa, 21. Antonio Canova, 22. Francesco Fanzago, 23. Franceseo Pisani, 24. Giulio Pontedera, 25. Nicold Tron, 26. Francesco Guicciardi, 27. lacobo Menocchio, 28. Giovanni Sobieschy, 29. Stefano Batovi, 30. Pietro Danieletti, 31. Reniero Guasco, 32. Fkancesco Morosini, 33. Girolamo Liursi, 34. Marino Cavalli, 35. Antonio Savonarola, 36. Antonio Crispo, 37. Albertino Papafava, 38. Michele Savonarola. In tntto settantasei statue, e 1’istriano Tartini e cosi tra celebri scienziati, letterati, storici, medici, pittori, scultori, architetti, militi, pontefici, principi, ecc. tra cui Tito Livio , Francesco Petrarca, Tor- quato Tasso, Lodovico Ariosto, Galileo Galilei, Vettor Pisani, Francesco Morosini, Giovanni Sobieschi/, Gustavo Adolfo, Antonio Canova. — Padova o sua provincia del Dr. A. Meneghini ecc. (E.) . 286 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA contato il seguente curioso aneddoto di questa suonata: Una notte del 1713 sognd il Tartini di avere convenuto col diavolo, e patteggiato che sarefcbe al suo servizio. Cosi fu, ed il diavolo lo serviva a suo piacere, ed anzi erano prevenuti i suoi desiderii da questo nuovo e fedel servitore. Penso il Tartini di dargli il suo violino, pen vedere se arrivasse a suonare qualche beli’ aria, ma fu grande la sua sorpresa, quando intese una suonata cosi singolare, bella, ed eseguita con tanta superioritd ed intelligenza, che non ne aveva giammai intesa una migliore. Provo il Tartini tanta sorpresa e rapimento, che perdette il respiro. Svegliato da questa violenta sensazione, preše sul- V istante il suo violino colla speranza di eseguire una parte alraeno di cio che aveva inteso, ma invano; eppure quel pezzo ch’ egli compose allora, e per vero dire, il migliore che abbia fatto; ed egli lo chiamo e si cliiama ancora La suonata del diavolo, la quale pero fu talmente inferiore a quella che si fortemente lo scosse, da fargli quasi spezzare il suo violino, ed avrebbe abbandonata per sempre la mušica, se fosse stato possibile privarsi dei piaceri ch’essa gli somministrava ('). Scientifiche 1 1754 Trattato di mušica secondo la vera scienza deli’ armonia. Padova 1754, per il Manfre in 4°. 2 1767 Risposta di G. Tartini alla critica del di lui trattato di m. le Serre di Ginevra. Venezia 1767, per Antonio Decaslro. 3 1767 Dei principi deli’ armonia musicale conlenula nel genere diatonico. Padova, 1767, stampe del Seminario. 4 1770 Lettera sul maneggio deli’ arco diretta a madama Lombardini Sirmon — valentissima di lui alunna, ove si prescrivono i precetti dedotti dalle mol- teplici sue osservazioni, appoggiate alle piii difficili esperienze fatte da lui; opera postuma stampata nel Tomo v., parte seconda, deli 'Europa letteraria del di 1 giugno 1770, pag. 74, e poscia riprodotta colle stampe del Colombani in Venezia, corne uila importante lezione per i suonatori di violino; e nel 1771 stampata in Londra. Vi ha una traduzione tedesca nella Biografia di celebri mušici di Killer p. 228, 285; ed una traduzione ingle.se fatta da Burneg, e pubblicata unitamente ali’ originale italiano. Nella gazzetta musicale di Lipsia, anno vi, p. 134 138 trovasi la traduzione di una lettera di Tartini in data di Padova 6 maržo 1760 alla signora B . . . sua allieva, concernente 1’arte deli’arco, che sembra la medesima. (Diz. e Biografia di Musiča del dottor Pietro Lichtental, Milano 1826, T. iv pag. 185). A questo proposito, io possiedo una lettera del Tartini ms. diretta da Padova 1 maržo 1760 (>) La suonata o trillo del Diavolo furoreggia anche oggi; e (lire che e vecchia cToltre vin secolo e mezzo! Questa composizione e divisa'in tre parti; nell’ultima parte che s’intitola Socjno deli’ autore si racchiude il famoso Trillo del diavolo a' pie del letto, sola rimembranza preziosa, rimasta a Tartini del suo sogno. — (E.) CAPITOLO IV. 287 alla signora Maddalena sopra il maneggio deli’ arco. Io non so se sia la stessa che le precedenti, ma queste sono dirette 1’ una alla Lombardini, 1’altra alla B., e la presente & Maddalena; e comincia colle parole: «Final- mente quando a Dio e piaciuto,» e termina: «sempre piu.» Con tale con- fronto si potra dilucidare questo punto. La lettera e indirizzata ad una sola persona; cioe a Maddalena Lombardini maritata Sirmin (non Sirmon). Questa lettera fu stampata piu volte anche tradotta in altre lingue, nel 1770, 1771, 1774, 1779, 1784, 1786; il 30 novembre 1803 nel- 1’Allgemeine Musikalische zeitung (Lipsia, Breitkopfe Hartel); nel 1819 da Costantino di Wurzbach, nel Biographisches Lexicon des Kaisersthums Oesterreichs e nel Mu- sikalisches Conversations — Lexicon di Ermanno Mendel e di Augusto Raissmann, vol. X, p. 113 e 114. Nel 1884, A. Hortis la ripubblicava nell’«Archeografo Triestino», da una copia deli’autografo che si conserva nell’Archivio municipale di Pirauo. — Agli intelligenti di mušica non šara discaro vedere stampato anche in quest’ opera il prezioso cimelio tartiniano: (E.) LETTERA alla celebre cantante e violinista MADDALENA L0 MBARDI N I - SIRM IN sul maneggio deli’arco ('). Padova 5 Maržo 1760 S k)-. S)KAac'Qcvfo't va tnia- Mi 11 ia.ti.xb 11 ici! Finalmente quando a Dio h piaciuto, mi sono sbrigato di quella grave occupa- zione, che fino a qui mi ha impedito di mantenerle la mia promessa, sebbene anche troppo mi stava a cuore perche di fatto mi aliliggeva la mancanza di tempo. Incomin- ciamo dunque col nome di Dio per lettera, e se quanto qui espongo ella non intende abbastanza, mi scriva e domandi spiegazione di tutto cio che non intende. Il di lei esercizio e studio principale deve essere l’Arco in genere, cosl che ella se ne faccia padrona assoluta a qualunque uso o suonabile o cantabile. Primo studio dev’ essere 1’appoggio delPArco sulla corda si fattamente leggero che il primo principio della voce che si cava sia come un fiato e non come una per- cossa sulla corda. Consiste in leggerezza di polso e in proseguir subito 1’ arcata, dopo 1’appoggio leggero non c’e piu pericolo di asprezza e crudezza. Di questo appoggio cosi leggero, ella deve farsi padrona in qualunque sito deli’ arco, sia in mezzo, sia negli estremi, e deve essere padrona colLarcata in su e coli’arcata in giu. Per far tutta la fatica in una sola volta si incomineia dalla messa di voce sopra una corda C) Furono ommesse le brevi note musieali, essendo stato impossibile ottenere un’ aceurata ese- euzione litografica. Riraandiamo quindi a quelle litografate nel p. c. Archeografo, quantunque non sieno riusoite bene, come dichiara lo stesso Hortis. (E.) 288 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA vuota per esempio sopra la seconda eh’e 1’Alamire. Si incomincia dal pianissimo cre- scendo sempre a poco alla volta finche si arriva al fortissimo, e questo studio deve farsi egualmente coli’ arcata in giu e coll’arcata in su. — Ella incominci subito questo studio e vi spenda almeno un’ora al giorno, ma interrotta un poco la mattina, un poco la sera e si ricordi bene che questo e lo studio piu importante e piu difficile di tutti. Quando šara padrona di questo le šara allora facile la messa di voce che in¬ comincia dal pianissimo e va al fortissimo e torna al pianissimo nella stessa Arcata. Le šara facile e sicuro 1’ ottimo appoggio deli’ arco alla Corda e potrž, fare col suo arco tutto quello che vuole. Per aquistare poi questa leggerezza di polso da cui viene la velocit& deli’Arco, sarž, cosa ottima, che suoni ogni giorno qualche fuga del Corelli tutta di semicrome e queste fughe sono 3 nelTOpera V a Violino solo, anzi la prima e nella prima suonata per Dela- solre. Ella a poco alla volta deve suonarle sempre piu presto, finche arrivi a suonarle con quella tal velocitA che le sia piu possibile. Ma bisogna avvertire due cose: prima di suonarle con l’arco distaccate, cioe granite e con un poco di vacuo tra una nota e l’altra. Secondo, di sonarle in punta d'arco nel principio di quešto studio, ma poi quando 6 pa¬ drona di farle in punta d’arco allora incominci a farle non piu in punta, ma con quella parte d’arco, ch’e tra la punta e il mezzo deli’arco, e quando šara padrona anche di questo sito deli’Arco allora le studii nello stesso modo in mezzo delTarco, e sopra tutto in questi studii si ricordi di cominciare le fughe, ora con 1’ arcata in giu, ora con 1’ arcata in su e si guardi dalPincominciare sempre per 1’ingiu. Per acquistare questa leggerezza d’ arco, giova infinitamente il saltare una corda di mezzo e studiar fughe di semicrome. Di queste ella se ne pu6 fare a capriccio quante vuole e per qualunque tuono e veramente sono ufcili e necessarie. Rispetto poi alla mano del manico, una sola cosa le raccomando di studiare la quale basta per tutte ed 6 questa: Per qualunque parte di violino, o primo o secondo, sia di concerto, sia di qua- lunque messa o salmo, ogni cosa serve. Ponga la mano, non a suo luogo ma a mezza smanigatura; suoni tutta quella parte del Violino, non movendo mai la mano da quel sito se non che, o quando dovra toccare Alamire sulla IV corda, o dovrž, toccare Delassolre sul Cantino, ma poi torni colla mano alla stessa smanigatura di prima, ne mai al luogo naturale. Ella faccia questo studio finche e sicura affatlo di suonare qualunque parte di Violino (non obbligata a soli) a prima vista, allora tiri innanzi la sua smanigatura in Alamire col primo dito sul Cantino e faccia in questa 2 sma¬ nigatura lo stesso studio, fatto sulla prima. Divenuta sicura anche di questa, passi- alla terza smanigatura col primo dito in Bemi sul Cantino e se ne assicuri nello stesso modo. Assicurata, passi alla quarta col primo dito in Cesolfaut sul Cantino. Insomma, questa e una scala di smanicatura, di cui quand’Ella se ne sia fatta padrona, puo dire d’ essere Padrona del manico. Questo studio e necessario e glielo raccomando. Passo al terzo ch’ e il Trillo. Io da Lei lo voglio tardo mediocre e presto, cioe battuto adagio, mediocremente e prestamente ed in pratica si ha vero bisogno di questi Trilli differenti, non essendo vero che lo stesso Trillo che serve per un Grave debba essere lo stesso Trillo che serve per un Allegro. Per fare due studii in una volta con una sola fatica, Ella incominci sempre sopra una corda vuota, sia la seconda, sia il Cantino ch’e tutt’uno, un’arcata so- CAPITOLO IV. 289 stenuta come una messa di voce, ed incominci il Trillo adagio, ed a poco a poco ali a volta per gradi insensibili lo vada riducendo al presto. Ella non istia a rigore in quest’esempio in cui date le Semicrome si passa im- mediatamente alle Biscrome, e da queste alPaltre, che vagliono la meta. No; questo sarebbe salto e non grade. Ma ella si imagini che tra le Semicrome e le Biscrome vi sieno altre note in mezzo che vagliono meno delle Semicrome e piu delle Biscrome, ma che partendosi dalle Semicrome siino di valore prossimo alle Semicrome, e secondo che vanno innanzi sempre piu vadano avvicinandosi al valore prossimo delle Biscrome finche arrivino ad essere vere Biscrome e cosi a proporzione tra le Biscrome e le successive che vagliono la meta. Questo studio lo faccia con assiduita ed attenzione e assolutamente lo incominci sopra una corda vuota perche se Ella arrivera a farlo bone sopra una corda vuota, molto meglio lo fara col secondo, col terzo dito e anche col quarto, su cui bisogna fare esercizio particolare, perch’e il piu piccolo dei suoi fratelli. NulPaltro per ora le propongo da studiare; ma basta e avanza quando Ella vuol dir da senno per la sua parte, come io la dico per parte mia. Mi rispondera se ha bene inteso, quanto le ho proposto. E intanto rassegnandole i miei rispetti, come La prego di far per parte mia alla Signora Priora, alle Signore Teresa e Chiara, tutte mie Padrone mi confermo sempre piu Uev. aff. Servitore Di V. S. Giuseppe Tartini. OPERE INEDITE Musicali 1 Duecento e piu suonate a violino e basso. 2 Duecento e piu concerti. Scientifiche 1 Lezioni pratiche pel violino, le quali esistevano nel 1770 presso il dott. Antonio Bonaventura Sberti di Padova, in copia tratta dali’ originale ms., e, secondo che dice P abate Fanzago (p. 34, nota 24) perche utilissime e singolari meriterebbero di essere stampate. 2 Giudizio sopra la dissertazione (1762) del Lami intorno ali’ anima delle bestie qual manoscritto del 1770 esisteva presso 1’ abate Fanzago. 290 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA MANOSCRITTI TARTINI ANI ceduti alta biblioteca comunale di Pirano dai fratelli Domenico e Dr. Pietro Vatta (') 1. Scienza universale delle ragioni e proporzioni espressa ed insegnata col numero, contenuta e dimostrata nel cercliio. Libri VI, ordinati ed illustrati da Don Giov. Alberto Colombo prof. primario di filosofia e fisica sperimentale a Padova. Questa e copia e contiene circa 1200 pagine. 2. Supplimento necessario che diventa epilogo della scienza. Copia di circa 300 pag. 3. Estratto deli’opera (n. 1) fatto da Tartini. Copia. 4. Libri VI (1 e 2 fasc.) delle ragioni e loro mezzi determinati: armonico, geo- metrico, aritmetico, contrarmonico. — 2. Osservazioni delle ragioni co’ loro mezzi determinati. —• 3. Ordine delle cose naturah. — 4. Osservazioni sul cercliio e sul III suono. — 5. Sui triangoli pitagorici. — 6. Rapporto tra il diametro e la circonferenza. Copia. 5. Del suono fondamentale. Fascicolo autografo. Evidentissima dimostrazione deli’ armonica natura di quantita a priori. Autogr. id. Formola universale per ridurre il centro intrinseco delle proporzioni geometriche discrete. Autogr. Analisi della ragione che corre fra il diametro e la circonferenza. Autogr. Necessaria spiegazione del cubo. Autogr. Proseguimento e compimento della carta musicale. Autogr. Scienza dei triangoli pitagorici. Autogr. Esercizio in prova della veritd. e delle ragioni e proporzioni di questa scienza. A. id. Frammenti. Circa 100 pagine. 6. Critiche ed illustrazioni sull’ opera N. 1 di Gius. Tartini di D.n G. A. Colombo. Un grosso volume. 7. Opera tartiniana da studiarsi nelle parti e nell’ insieme da chi pud con successo occuparsene. Contiene cose attinenti alla scienza delle ragioni e proporzioni. 233. — ZUANELLI (Giovanelli?) conte Antonio da Rovigno. Di lui parla il Moschini nella Letteratura Veneziana facendo discorso delle scuole istituite ai Gesuiti in Venezia, dopo la soppressione delLordine: - «Si comincio intanto a conoscere ch’era un tradire la «gioventii 1’ introdurla nell’ antico sacrario della lingua latina per un atrio invilup- «pato, oscuro, e difficile; ed ecco percio sbanditi T irragionevole ed inesatto Dimen «Grammaticum, e la nojosa e' prolissa Grammatica del Poretli. A quello vennero «sostituiti i Rudimenti delle due lingue italiana e latina ad uso de’ giovanelti nelle «pubbliche scuole di Venezia, opera scritta dali’ab. Zuanelli, che n’era uno de’ «primi maestri; opera, in cui le regole della lingua latina tengono unite quelle pure «dell’ italiana, lo che si e trascurato nel Dimen, che e scritto anzi contro le regole «deila lingua italiana.» (■) Il D.r Pietro Vatta mori d’apoplessia in. Pirano, sna patria, il 15 maržo 1886, compianto da tutta Plstria per le egregie doti delPanimo e della mente. (E.) CAPITOLO IV. 291 Altra opera pubblico il Zuanelli sopra la Concordanza del diritto comune col veneto, la quale riscosse molte lodi e si ritiene gli abbia ottenuto il titolo di conte per autorita del veneto senato. Ecco pertanto le opere del Zuanelli: 1 Nuova grammatica per le lingue lalina e toscana. Venezia, 1769, T. 2 in 8°. 2 Concordanza del diritto comune col veneto, esposta in iv libri, secondo 1’ordine delle instituzioni di Giustiniano imperatore, con in fine un’ appendice sopra le regole della ragione civile e canonica. Opera che da un idea distinta della giu- risprudenza, utilissima ai giovani che si vogliono incamminare alla pratica del Foro veneto. Venezia 1772, per Domenico Battifoco: Quest’opera e dedicata agli eccellentissimi riformatori delFUniversita di Padova. 234. ALMERIGOTTI Francesco, ( l ) erudito gentiluomo di Capodistria, (1775) ebbe polemiche letterarie col suo concittadino marchese Girolamo Gravisi sopra L’ anti- tichita ed estensione delt’ antico Illirico. per la quale sortirono alla luce varie pro- duzioni da ambe le parti, le quali resero palese la dottrina e 1’erudizione di questi due giustinopolitani. Quelle pubblicate dali ' Almerigotti sono le seguenti, che mi sono note, ma piu altre ancora ve ne saranno da me ignorate, come ignoro la di lui nascita, e morte. 1 Dissertazione, che Aguileja era non solo compresa nell' Illirico, ma anche nel- V Istria, inserta nel T. xvi della nuova raccolta opuscoli del 1759. 2 Dissertazione a sostegno della suddetta opinione, inserta nel Tomo xix. di detta raccolta. 3 Della estensione clell’ antico Illirico, ovvero della Dalrnazia, e della primitiva ■situazione dei popoli istri e veneti, 1775 in 8 S piccolo in due parti, la prima di pag. 79, la seconda di p. 84 con tavola in rame ( 2 ). 235. FERRO Pietro Barnaba da Parenzo. Dali’ epigrafe sepolcrale, qui annessa, e da me trascritta nel giorno 17 luglio 1827 in Roma dal sepolcro stesso, pošto dinanzi T altare della Madonna della Stella, nella chiesa collegiata di S. Girolamo degl’ Illirici, apparisce ch’egli fu da Parenzo, ( 3 ) fornito di lettere, versato nella giurisprudenza, adetto a due dei dodici membri della Sacra Rota pel regno di Spagna, morto ii> (') Un altro Almerigotti (Giovanni) dottore e censore deli’Aecademia dei Risorti di Capodistria, fratello a Francesco, fu buon poeta e riputato cittadino. Mori ai 20 novembre 1792. Tra i Mss. Grav. B. si eonservano di lui parecchi lavori poetici inediti. Anche di Francesco Almerigotti tra gli stessi mss. si trovano lettere di erudizione e poesie inedite. (E.) ( 2 ) Scrisse ancora 1’ Almerigotti : Dissertazione sopra un passo di Strabonc che riguarda la corografia di Aquileja, inserta nella Nuova raccolta di opuscoli Mandelli. Venezia, 1762. — Sull’antica colonia di Trieste nell’o. c. Venezia, 1773. Lo Stancovich stesso in appendice della vecchia edizione nomina un altro Scritto: Sopra l' antica geografia della citth di Trieste. Lettera . ad Andrea Bonomo, nobile triestino, pubbl. nella Raccolta Mandelli. Ma dev’ esserc ineorso un errrore tipografico dovendosi leggere invece di antica geografia — antica corografia. V. Kdl. L’Istria, V, 53. (E.) Contemporaneo a Girolamo Gravisi, sarh nato probabilmente intorno al 1720 ; e poi certo (cosi almeno Gedeone Pusterla nell'opuscolo Famiglie capodistriane esistenti nel secolo XVI ecc., Capod. Priora, 1886) che e morto il 24 maržo 1792,. e che fu seppellito nella chiesa di S. Francesco. ( 3 ) Nacque nel 1730. (E.) 292 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA. Roma nella fresca eta di anni 47, dopo avere istituite due cappellanie obbligate a due messe al giorno da celebrarsi in quella cappella. II Ferro era certamente fornito di belle lettere e di erudizione, perche abbiamo alle stampe di Im una dissertazione latina sopra una lapide sepolcrale di Nonio Arusio soldato legionario da Curzola (Corcijra nigra); col titolo: Petri Barnabae Ferri I. C. commentarius in monum. Arusianum, inserta nel T. xlix della raccolta degli opuscoli scientifici del Calogera, edizione veneta del 1753, presso Simeone Occhi. Parlando egli di Curzola, dice: Esi apud sponium vetus inscriptio Corcgrae Nigrae nomen praeferens. Haec non imam ob causam me ad scribendum impulit: primum quia is locus mihi patria est. Qui dunque si dice da Curzola e dalla lapide del suo sepolcro consta ch’ egli fu di Parenzo; contraddizione che non saprei combinare. (*) D. O. M. PETRO • BARNABA • FERRO PRESBYTERO • PARENTINO DE ■ HVMANIS • LITTERIS • ET • IVR1SPRVDENTIA OPTIME • MERITO DVOBVS • PRO • CASTKLLAE • REGNO SACRAE • ROTAE • XII ■ VIRIS PRIMVM • 10ANNI • GVERRA DEINCEPS • FRANCISCO • AZEDO A • STVDIIS QVOD • CAPELLANIAS • DVAS • INSTITVI BISQVE • QVOTIDIE • IN • HOC • SACELLO SACRVM • FIERI • MANDAVIT TESTAMENTI • CVRATORES • HEREDITATIS • SVMPTV M. P. P. OBUT • NONIS • IVL. M.D.CC.LXXVII. ANNO ■ AETATIS ■ INTEGRE ■ PIEQVE • SEMPER • ACTAE SEPTIMO • ET • OVADRAGESIMO. 236. — BELLI de Nicolo da Capodistria, (1777) chiaro in piu rami di cognizioni, studio in Padova ed in Bologna; fu per molti anni ingegnere della repubblica nell’Istria. Stampo nel 1777 una memoria Suita riparazione dei torrenti nel Friuli, per cui ebbe un premio dali’ accademia diUdine; invento una macchina da lui detta Livella. gallica, molto lodata dal conte Jacopo Belgrado ( 2 ); scrisse una buona memoria sul Bosco di Montana, ( 3 ) la quale e ms., come pure conservasi manoscritta a Vienna (*) Sembra piu ragionevole accetlare la dichiarazione del Ferro stesso che si dice nativo da Curzola: Corcyra nigra . . . mihi patria est , (Curzola isola lungo la costa della Dalmazia presso Sabbion- cello). Pietro Barnaba Ferro e quindi dalmalo non istriano. Ad ognuno il suo. — Un Ferro di nome Girolamo fu podesta e capitano di Capodistria nel 1550, dove mori nellTl gennaro 1562, e gli fu reeitata un' orazione dal Dr. Iacopo Costantini, che vennc poi pubblicata a Venezia dal Farri, in 8, nello stesso anno 1562. Kandl. Indic. (E.) ( 2 ) II conte Iacopo Belgrado, dice G. D. Ciconi nell’ opera Udine e sua provincia, c he fu uno dei piu forti ingegni del secolo scorso. Scrisse : Sutt' azione del caso nelle invenzioni, o lettere erudite al Maffei e al Gori sopra Ercolano. (E.) ( 3 ) II titolo e : Sopra la valle e bosco di Montona, memoria stesa dal Belli nel 1794. Carlo Combi nel Saggio di Bibliografia n. 2177 dice che il manoscritto assieme a tre altri sullo stesso soggetto del conte Bocchina e del marchese Polesini, fu mandato al Consiglio dei X a Venezia, e che dovrebbe tro- varsi negli Archivi di quella citth. (E.) CAPITOLO IV. 293 altra memoria, che ad istanza deli’ ab. Torres aveva distesa, dal titolo Descrizione deli’ Istria. (') (Moschini Lett. Ven. t. IV, p. 105). 237. — TAMBURINI padre Giusto da Rovigno, lettor giubilato e proviuciale dei Minori Osservanti nella provincia di S. Girolamo, distinto orator sacro. Pubblico colle stampe varie orazioni, e fra le altre nel 1784 un’ orazione panegirica, recitata nella basilica collegiale della sua patria in occasione della traslazione del eadavere del pio sacerdote dottor Gianfrancesco Costantini, morto in odore di santita. — Vedi la presente opera al numero 451. 238. — GREGIS ( 2 ) don Filippo canonico di Paren o, sua patria, pubblico nel 1778 coi tipi Moroni di Verona un’orazione in morte del vescovo di Parenzo monsignor Gaspare Negri, dottissimo prelato, ( 3 ) e dallo stesso recitata in quella cattedrale nel giorno de’ suoi funerali 21 gennaio 1788. Fu il Gregis nelle cose ecclesiastiche, assai istruito e specialmente nel diritto canonico. Parla di lui il Vergottini nel Saggio storico di Parenzo. 239. — BASEGGIO Antonio da Pinguente, (1788) figlio di Giovanni, farmacista di Venezia. ( 4 ) Nel 1788 pubblico un’ operetta in 8°, colle starnpe del Zatta, e col titolo Analisi chimica del carbon fossile di Arzignano ( 5 ). Il Moschini nel T. m, Lett. Venez. p. 214 dice, che per relazione di Giuseppe Feretti, direttore della farmacia Baseggio, quest’ operetta fu scritta dal signor Antonio Galvani da Castelfranco. Sincero relatore io non ne ominetto 1’ indicazione, ma mi sembra non essere la cosa probabile, perche sarebbe stata un’ impudenza, facile allora ad essere smascherata e che avrebbe avvilita la riputazione deli’ onesto e riputato Baseggio, il padre del nostro Antonio. Ad ogni modo quest’ opera porta il nome del Baseggio, ne doveva essere da me passata in silenzio. (*) (*) 0 manoscritto, pošto in netto dalPautore, fu da lui inviato alTabate de Torres a Venezia verso 1’anno 1803. L’operetta dev'essere stata assai pregevole, perche lo stesso de Torres, noto per diversi eruditi lavori, tra cui un Periplus Cretae, prodromus Antiguitatuvn Cretensium , — lo giudica «aureo saggio della coltura ed erudizione dell’autore.» Un nipote di Nicolb Belli (Giuseppe), impiegato in Ve¬ nezia al Governo generale, lo ritirb dalle mani deli’ abate de Torres, adducendo il motivo di certe annotazioni che dovova fare al manoscritto il suo autore. Da quel tempo non si seppe piu il destino di questo lavoro, a meno che, se e pur vero 1’ asserto dello Stancovich, non esista in qualche archivio di Vienna. — Nicolb Belli mori nello stesso anno 1803. — (Mss. G. B.) (E.) ( J ) Il cognome Gregis, ritenuto corruzione del cognome Gritti, e d’ origine veneziana. Un Gritti (Andrea) 1454-1538, fu doge di Venezia nel 1523 e si distinse pel suo patriottismo, specialmente nella lega di Cognac che mirava alla liberazione d' Italia. Suo figlio Luigi (1501-1534) fu governatore di Buda che nel 1531 difese contro i Tedeschi, poscia governatore generale delTUngheria nel 1533. — Un Pietro Gritti, ma lombardo, fu vescovo di Parenzo negli anni 1553-1574. Altri Gritti, e veneti, furono podesth - capitani in Albona, Capodistria e Pirano. S. T. e Fasti sacri e profani delle chiese episcopali di Parenzo e Pola. Parenzo, Coana, 1883. (E.) ( 3 ) Monsignor Gasparo Negri resse la sede vescovile di Parenzo negli anni 1732-1778. Nacque a Venezia e fu, come dice lo Stancovich, prelato dottissimo, specialmente nell’ archeologia che riguarda 1’Istria. Lascib una dissertazione sopra il sigillo di Nassinguerra di Pola; sulla famiglia Castro Pola, e vari altri scritti. L’ orazione fatta dal Gregis in morte del vescovo Negri fu stampata e lodata nelle Ef- femeridi di Roma del 1779. V. Fasti sacri e profani ecc.; nonche il Saggio di Bibliografia istriana. (E.) ( 4 ) Nello stesso secolo era a Pinguente, vicecapitano di Raspo, consigliere di Capodistria, un Gaetano Baseggio; forse della stessa famiglia di Antonio. Kandl. Ind. (E.) ( 5 ) Arzignano e cittadella della provincia di Vicenza con oltre 8000 abitanti. S. T. (E.) 294 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA 240. — de FINI barone Alessandro nacque in Trieste nel 1751, fu educato nel Col- legio Teresiano di Vienna, e dali’imperatrice Maria Teresa (') fu nominato aggiunto ali’Officio circolare delle Contee di Gordzia e Gradišča ( 2 ). Alle cnre della politica ma¬ gistratura seppe umre quella delle belle lettere, e distinguersi fra gli ameni ed eruditi cultori di quella provincia, come ne fanno testimonianza varii di lui componimenti poetici e prosastici tedeschi, latini, ed italiani recitali in piu incontri nell’ accademia di Gorizia eretta nel di 8 agosto 1780 ( 3 ). Notevoli sopratutto sono, come dice monsignor barone de’ Codelli (Gli scrittori friulano-austriaci, Gorizia per Giacomo Tommasini 1792 pag. 106) le sue Dissertazioni accademiche: 1. Sopra i dizionari portal ili. 2. Sopra V infelice fine de’poeti, ambedue scritte con eleganza ed erudizione. 241. — CARLI conte Girolamo (1790) da Capodistria, fratello del celebre Giovanni Rinaldo, fu dotato di molto ingegno, fornito di moltissime cognizioni, e versato nei vari rami della giurisprudenza, massime nel diritto criminale. Fu in Milano avvocato fiscale, capo del Tribunal Criminale, presidente deli’ Uffizio di polizia, consigliere aulico nel Supremo Tribunale di giustizia di quella cittA. Lascio tra gli altri un libro assai dotto sulle Leggi matrimoniali, e sugli impedimenti dirimenti, materia divenuta per qualche tempo di moda in Lombardia. Bossi elog. štor. del co. Gian Rinaldo Carli. Girolamo Carli fu il terzo fratello di Gian’ Rinaldo; gli altri due erano Giovanni Stefano e Sebastiano. Nacque in Capodistria verso 1’ anno 1726 e mori a Milano nel 1799. Coltivo anche la letteratura, avendo lasciato parecchi saggi, tra cui il seguente sonetto : (*) (*) Maria Teresa cTAustria, imperatrice di Germania, regina d’Ungheria e di Boemia (1717-1780), figlia di Carlo VI, sotto il qual imperatore (1717) fu proclamata la liberta deli’Adriatico e promossi i commerci di terra e di mare degli stati austriaci a suggerimento del principe Eugenio di Savoja. A questo principe tanto benemerito di Trieste, venne posta per ordine dello stesso imperatore in quella citta una lapide commemorativa. Nel 1719 Carlo VI proclamd il portofranco di Trieste o fu formata la Compagnia orientale, ch’ ebbe deposito di legname e navale dov’ e oggi il teatro grande od il Tergesteo. Primo costruttore di navi in Trieste fu T istriano Girolamo Davanzo nel 1722, Al tempo di Maria Teresa furono confermati a Trieste i privilegi del portofranco, ceduta al Comune la giurisdizione sulla citta imova, fu istituita la Borsa pei mercanti ecc. ecc. Kandl. Indicazioni. (E.) ( 2 ) 1,0 contee di Gorizia e Gradišča, prima separatc, si fusero in un solo stato nel 1754. (E.) (M LdAccademia che lo Stancovich dice fondata nel 1780 precisando il giorno e il rriese della sua fondazione, sarebbe invece stata istituita secondo il Kandler (Indicazioni) nel 1779, nello stesso anno della creazione della Societa di Diana Cacciatrice. Essa chiamavasi Accademia degli Arcadi Sonziaci, nome prešo dal fiumc Isonzo (Sontium). Ma clurb pochi anni in Gorizia; che gik verso il 1790, mantenendo lo stesso appellativo, fu trasferita a Trieste. Membri della stessa erano anche parecchi dotti istriani. Nel secolo scorso Gorizia vantava gia un collegio italiano, fondato nel secolo XVII, una Societa Agraria e di Commercio (1769), un Teatro, un Ospitale generale, (1777), un Orfanotrofio con arti e mesticri (1753), una Tipografia aperta nel 1754 da G. Tommasini anche per le lingue orientali, ove si stampava il primo foglio periodico italiano fondato nel 1774 col nome di Gazzella Goriziana, e nel 1757 fu cretto dall’ar- civescovo conte Carlo Attems il Seminario italiano ove tuttodi concorrono anche giovani deli’ Istria. 15 notevole poi ci6 che nel 1660 1’imperatore Leopoldo I scriveva al maggiordomo delTarciduca suo fratello a proposito di Gorizia: Il paese, il dima , il non sentir altra lingua che la ilaliana, mi fanno scrivere nella medesima. V. Escursione pel Litorale deHTstria nella Grande 111. Italiana ddl Lombardo-Veneto. (E.) CAPITOLO IV. 295 Č PIU DIFFICILE LA CONOSCENZA Dl NOI MEDESIMI CHE QUELLA DEGLI ALTRI In fasce 1’ uom d’ un cieco amor si accende, Cresce, vive con lui, per liii trascura L’ alma ragion, e densa nebbia oscura La cuopre si, che raggio alcun non splende. Infermo tanto al ben oprar si rende, Che il poter quasi tolto a sua natura Črede vera virtute, e chiara, e pura Quel mal, che in lui fiere radici stende. Del tenebroso amor ei non s’ avvede, E tanto in lui ripone ogni sua spene, Che allor egli erra quando errar non črede. O pertinace, o folie umana gente, Che scerni il male altrui, distingui il bene, E a te medesma mai vogli tua mente ! (Mss. in. G. B.) (E.) 242. — RICCI Vincenzo giustinopolitano, (1793) coni’ egli si denomina, ma piu giustamente da Pinguente, nel qual luogo ebbe i suoi natali, ed il cui padre, ragionato del capitano di Raspo, era originario veneto. Vincenzo Ricci ebbe la sua educazione nel collegio di Capodistria, e forse percio vant6 per patria piuttosto una citth, che una piccola terra, e si chiamo sempre giustinopolitano. Era poeta, letterato, e giuris- prudente civile e criminale di buona farna. Del suo genio poetico ci istruisce il padre Gussago, nella Biblioteca clarense T. i, dicendo che in un’accademia tenuta nel 1762 in časa Cavalli a Chiari, fra gli altri intervenne colle poetiche composizioni, Vincenzo Ricci giustinopolitano giudice al maleficio, autore di varie opere, che sono norninate in una nota. Professb egli adunque 1’ufflzio di giudice criminale, e come tale lo vediamo in Chiari nel 1762, e nel 1764 in Verona; ove fu inciso il di lui ritratto, sotto cui sta scritto: VINCENT1VS . RICC1VS . IVST1NOPOLITANVS RERVM . CAPITALIVM . VERONAE . QVESITOR ANNO ' CIOIOCCLXIV. Hoc tenuil Nemesis constanti vindice jura, Hoc Sophia, et Charites, Pieridesgue decus. I < Il quale ritratto fu dipinto da Francesco Lorenzi (‘), ed inciso da Domemco Lorenzi; e dalla quale iscrizione si rileva il di lui poetico valore, le di lui cognizioni lette- ( 1 ) Francesco Lorenzi da Verona (1719-1783) fu uno de’migliori allievi del Tiepolo, pregiato per la dolcezza dei colorilo e per la fusione dei contorni. Esegui in patria molti lavori ad olio ed a fresco. Sue pitture si conservano anche a Brescia ed a Venezia. S. T. (E.) 296 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA rarie, e la di lui dottrina nel diritto, per cui dal Senato veneto con decreto del mese di settembre 1788, essendo stato determinato di formare un esame ed ordinare un piano categorico per la unione, classificazione, e spiegazione delle leggi criminali fu trascelto il nostro Vincenzo, il quale istancabile nell’ improbo lavoro, era giž, pervenuto quasi al suo compimento, quando nel 1793 settuagenario fu rapito da morte. Del Ricci inoltre d& conto il Moschini nella Lett. Venez. T. i, e T. iv, e le di lui opere ci sono indicate dal padre Gussago alla nota indicata. 1. Ragionamento intorno alla navigazione ed al commercio. Padova, 1755 presso Gio. Battisla Penada, in 4°. 2. Dissertazione fisico-morale sopra i sensi. Brescia 1762 presso Pietro Pianta. 3. Orazione di genere giudiziale proferita a difesa di se medesimo da un accusato di grave omicidio. Brescia, presso Pietro Vescovi, 1779 in 8°. 11 Ricci nel 1742 studiava a Padova e deve essere quindi nato intorno al 1720. Giovinetto diede gia saggio del suo amore per la poesia, come lo attesterebbe il sonetto clie segue, di classica iinitazione, dedicato all’egregia donna Beatrice Bon Minio, con- sorte del Capitano veneto a Pinguente Giovanni Minio (1741-2-3): Clii desia di veder quant’abbia cura Posta il Cielo in gentile umana spoglia, ln cui si specchia piu che in altra soglia Il sol, ne la piu bella ordi natura; Miri negli occhi a Lei, che il pregio fura A ogn’altra, che a paraggio venir voglia, Ne quas’almo splendor vien, che s’accoglia Possente a rischiarar la notte oscura. Ivi s’ impara come onor si acquista, E Beata Bontži, che al doppio nome Unita porta, e alta Virtu divina: Ivi senno e valor s’apprende, e come Con 1’onesta la leggiadria sia mista; Doni, che a pochi il Ciel quaggiu destina. (Mss. G. B.) Nel 20 luglio 1762 il Ricci si trovava ancora in Verona, perchA in quell’epoca scrive da quella citth agli Accademici di Capodistria inviando loro due sonetti per la raccolta poetica che annualmente si pubblicava. Nel 20 maggio 1783 era in Venezia dove due deputati di alcuni comuni del Pinguentino a lui ricorsero per otttenere soccorso di biade afflitti, com’egli dice in una sua lettera, dalla farne. Si sa che nelPanno antecedente 1782 1’ Istria fu colpita da freddo grandissimo, (Kand. Indic.) che fece perii’e assai olivi. (Mss. id.). (E.) CAPITOLO IV. 297 243. — CARLI Gian’ Rinaldo (1795) (') conte commendatore. Nel tessere la biografia di questo grand’ uomo, io non far6 che accennare 1’ epoche piu interessanti della sna vita, sfiorando le notizie dal beli’elogio fatto dal Bossi, e stampato in Venezia nel 1797 ponendo nel fine il catalogo delle sue opere.( 2 ) «Converrebbe, dice il Bossi, essere čuniversale ed eccellente in tutto per poter trattare ragionevolmente delle fatiche, «e de’ meriti letterarj di un erudito, che fosse ad un tempo fisico, matematico, poeta, «storico, critico, filologo, antiquario, diplomatico, politico, medico filosofo, ed elegante «scrittore in tutte queste materie.» Nacque il Carli in Capodistria agli 11 aprile deli’ anno 1720 dal conte Rinaldo e da Cecilia Imberti. ( 3 ) Imparo i primi rudimenti nel collegio dei padri delle Scuole Pie in patria;( 4 ) di anni dodici compose un dramma, che si compiacea di rammen- tare in vecchiezza; ( 5 ) passo quindi a Flambro in Friuli presso il letterato ahate Bini (') Un Saggio di ricerche sopra la gcnealogia della famiglia Carli di Capodistria fu scritto dal figlio di Gian Rinaldo, il conte Agostino Carli Rubbi. Da, questo rilevasi che Andrea Carli e lo stipite dol ramo Carli di Capodistria; che il cognome Carli, derivato dal patronimico Carlo, e nome divenuto illustre dopo il ristabilimento deli’ Impero d’ occjdente, c che questo fu dalo per venerazione e buon augurio a molti sudditi del vastissimo irnpero. Aggiunge poi il compilatore del Saggio che nei secoli di ferocia davasi una grandissima importanza alla forza fisiea, e che Carl nplla lingua celtica e nelle lingue barbare era un adiettivo esprimente forte, valoroso , potente ; che presso i Normanni chiamavansi Carl gli affittanzieri feudali e che gli uffizi, dignita, arti e mestieri produssero un’infinita di cognomi. Non e dunque da meravigliarsi, conclude lo stesso compilatore, se il cognome Carli, Caroli, de Carlo e Carlo (a Capodistria anehe mutato in Carloni) siasi eosi osteso e moltiplicato. Ma a questo Saggio di ricerche fece mala accoglionza il nostro Gian’Rinaldo; che in lettera 7 gennaio 1795 esclama : «Cosa importa a me di sapere se i lombi del padre di Andrea, dugento anni sono, appartenessero ad un Carli o ad un de Carlo? L’onore della famiglia Carli in mo incipit, in te desinit.» (Mss. in. G. B.) (E.) ( 2 ) 11 titolo e questo : Elogio storico del conte commendatore Gian' Rinaldo Carli. In Venezia — Lo stampatore Carlo Palesc, M1)CCXCVI1. TPautore dclPEIogio e quel Luigi Bossi milanese (1758-1835) che fu presidente al Consiglio degli Auditori, Prefetto generale degli Archivi del Regno, Segretario del- ristituto. Lascio moltissimi vol umi di leggo, di politica, di numismatica, di storia, fra cui una storia d’ Italia assai vasta. — Dodici lettero originali dirette a Girolamo Gravisi dal 1792 al 1796 si trovano tra i Mss. Gravisi B. — NelPultima in data di Venezia 3 maggio 1797 ringrazia il Gravisi per 1’incarico presosi dello smaltimento del suo Elogio in Istria; prova, egli dice, della eoltura e buon cuore degli Istriani (E.) ( 3 ) Il conte Giamraaria Mazzucchelli, breseiano, che fu pure contemporaneo ed amico del Carli (1707-1765) lo vuole nato ai 16 aprile del 1720. La raadro Cecilia Imberti fu nipote a Giovanni Dome- nico Imberti, G ran Cancolliere della Rcpubblica di Venezia. Cosi nella Vita di G. R. Carli capodistriano dettata da G. M. Mazzucchelli e trascritta dalle Schcde vaticane da Salomone Morpurgo di Trieste. Archeog. triestino, febb. 1881, e Unione cron. čap. VII, 12. (E.) ( 4 ) Studib nel Collegio degli Scolopi dal 1731 al 1734 (G. Mazz. Vita id.). I padri delle Scuole Pie (Scolopi) o di San Giuseppe Calassanzio assunsero 1’istruzione del Collegio capodistriano nel 1708, dove oggi e il Ginnasio, il cui edilizio fu eretto nel 1699. Insegnarono con molta lode e la loro capacith edu- cativa e aneora ricordata. Nel 1805 il Collegio fu convertito in Liceo con cattedra di legge e disegno; ma fu ripristinato nel 1813; nel 1818 dopo varie vicende non rimase che il corso ginnasiale durato fino al 1842. Dopo una vacanza di quasi otto anni e per lo slancio patriottico di Capodistria che raccolse per sostenerlo tra i piu generosi suoi cittadini oltre 54000 florini, fu riaperto nel novembre del 1848. Com- pletato con le otto classi nel 1858, oggi, innalzato al rango di Ginnasio superiore, e frequentato dalla scolaresca di tutta P Istria, e, pur troppo, finora e il solo islituto educativo su cui la provincia riponga ogni sua speranza. ' (E.) ( 5 ) Il dramma s’intitolava Menalca o fu rappresentato con plauso a Capodistria in una sala pri- vata. Mazz. Id. (E.) 298 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA vicario di quella terra, (‘) da cui apprese la fisica, e gli elementi di diverse facoltA Prima degli anni dieciotto scrisse una dissertazione sull’ Aurora boreale, e stampo un’ egloga in lode del patriarca Daniele Dolfin con altre poesie;( 2 ) di anni diecinove passb a Padova, (1739-1743) e vi si applico alla giurisprudenza, quindi alle matema- tiche, specialmente alla geometria, non senza istruirsi nella lingua greca, e fu ricevuto in quell'epoca tra gli accademici Ricovrati. A vent.i un anno si pub dire egli abbia cominciato davvero la sua carriera luminosa, ( 3 ) ponendosi ad oppugnare in lettera diretta ali’ abate Bini, e stampata nel T. xv degli opuscoli del padre Calogera, il sentimento di monsignor Fontanini, sull’ impropria classificazione delle monete nella dissertazione delle Masnacle, e soste- nendo la rettificazione deli’ antica leggerida del veneto ducato d’ oro, ossia zecchino: Sit tibi Christe datus qwem tu regis iste ducatus contro il Muratori, dal quale nelle Antichita italiche era stata diversamente spiegata. Produsse inoltre un Ragionamento suite antichitd di Capodistria, e si occupava indefessamente a rinforzarsi nelle lettere greche, prendendo ad esame singolarmente i poeti, e tra questi Esiodo, ( 4 ) Apollunio Rodio, ( 6 ) ed Orfeo; (°) lavorava ad un tempo sui tragici, ne scandagliava il merito, lo stile, la maniera; passava quindi a farne un’esatta comparazione coi moderni; s’oc¬ cupava della mušica; e critico ad un punto, traduttore, poeta, filologo, ed imitatore pubblicava uno scritto interessante .sull’ [ndole del leatro Iragico antico e moderno; facea recitare e stampare un’ Ifigenia in Tauri, tragedia molto applaudita; dava un saggio della sua perizia nelle lettere greche colla traduzione della Teogonia di Esiodo, (*) (*) Giuseppe Bini, friulano, nato a Varmo (1689-1773) fu vicario di Flambro poi arciprete di Gemona. Raccolti vari documenti storiei aiuto i lavori del Rubeis e del Coleti. Fondo a Milano a beneficio della Societa Palatina una tipografia nel palazzo reale per 1’edizione Rer, It. ficript. del Muratori. Lascib parecchi scrilti di vario argomento, tra cui una Iielazione del sistema politico, economico e mililare dello Stato di Milano sul piede antico e moderno. S. T. 11 Carli studib sotto le discipline, deli’ abate Bini dal 1735 al 1738. Mazz. Id. (E.) ( 2 ) NelTarchivio Polesini in Parenzo si trova un manoscritto originale intitolato: Osservazioni sopra il libro delle cose del Friuli e della guerra di Gradišča di Henrico Palladio, fatte da G. R. Carli in Flambro. Anno 1737. Sono Otto fogli di carta legati assieme, ma di scritto non vi sono che sette carte e mezza. Si vede che cjuesto non o altro che uno dei tanti esercizi storico-letterari che il nostro A. faeeva sotto i riflessi del bravo ab. Bini. Carli aveva allora 17 anni. M. Tamaro, Prov. dellTstria, XV, 1881, 14. (E.) ( 3 ) Il Mazzucchelli (o. c.) narra che gih in farna di dotto ricevette nel 1746 dal Padre Paciaudi di Torino, professore di filosofia a Genova una Dissertazione sopra un’antica epigrafe, nonche dalTabate Giro- lamo Tartarotti altra dissertazione sugli autori citati da Andrea Dandolo nel celebre suo Cronico. (E.) ( 4 ) Esiodo uno dei piti antichi poeti della Grecia (900 a. C.) nato ad Ascra in Beozia. Scrisse poesie didascaliche e gnorniche in cui dimostra la necessita e 1’influenza salutare del lavoro. I tre poemi rimasti di lui sono : le Opere e i Giorni, lo Scudo d’ Ercole e la Teogonia; quest’ ultima, come dice lo Stancovich, tradotta dal Carli e pubblicata nel 1744 colla dediča a Girolamo Gravisi. S. T. (E.) ( 5 ) Apollonio Rodio egizio, nato non si sa quando e morto approssimativamente nel 320 a. C. — Di tutte le sue opere la piu celebre e T Argonautica, poema che narra i minuti dettagli e le avventure degli Argonauti. S. T. (E.) ( G ) Orfeo poeta e musicista greco, nato, secondo la tradlzione volgare, in Tracia ; fu compagno degli Argonauti, quindi visse nel sec. XIII a. C. Il suono della sua vocc e della sua lira ebbe la potenza di ammaliare fino le bestie piu selvatiche c di scuotcre le roccie. Gli Inni ed i Poemi che gli si attri- buiscono sono molto posteriori. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 299 e delle scene piit interessanti deli 'Ifigenia di Euripide,( l ) e sorprendea fmo i pid grandi eruditi colla pubblicazione in eta ancor giovanile deli’ eruditisšimo suo libro della Spedizione degli ArgonaiUi. Neli’ Indole del teatro, sostiene il giovine Carli vittoriosamente contro 1’ ab. Conli ,( 2 ) Oaspare Gozzi( 3 ) e Giuseppe Salio letterati di merito graiidissimo, che il poeta debba conformarsi alla moderna situazione, lasciaiido il gusto delle tragedie greche, ed il rigorismo deli’ arte; opinione di cui approfittd Scipione Maffei ( ') nella riprodu- zione fatta nel 1746 del suo Teatro italiano. L’ Ifigenia in Tauri rappresentata e replicata piu sere nel carnovale del 1774 nel teatro di san Samuele in Venezia, e poi successivamente in altri teatri d’ Italia conferma la sua opinione sull’ indole del teatro. Pubblico nel 1744 la Teogonia di Esiodo tradotta colla massima esattezza e fedeltd, a cui fece precedere tre dissertazioni epistolari, dirigendo la prima al padre Carmeli , ( 5 ) che versa sulla difficolth di ben tradurre: la seconda a Girolamo Tartarotti, che si fonda interno ad Esiodo ; la terza ch’ e anebe la piu dotta, tratta della Teogonia, ed e diretta al suo patriotta, cugino ed amico marchese Girolamo Gravisi. Dalla letteratura, dalle traduzioni, dalla poesia, dalla drarnmatica e dalla mito- logia passa il Carli alla teoria sublime della mušica colle Osservazioni sulla mušica antica e moderna, composte sin dal 1743, e comunicate allora al Tartini, stampate poi nel T. XIV delle sue opere e dirette al fratello di lui conte Sebasliano. (’) Euripide poeta tragico greco (480-406 a. C.) di Salamina, amico di Socrate, emulo di Sofocle. Delle sue numerose produzioni ne rimasero diecisette tra cui ricordiamo : Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauride, Andromaca, Medea, Alceste, Ecuba, Oreste, Elena, Elettra ecc. S. T. (E.) ( 2 ) Antonio Conti padovano (1677-1748) amico di Newton, contribui assai a divnlgare in Italia le scoperte dei paesi stran ieri. Scrisse in molti e svariati soggetti. (E.) ( 3 ) Gaspare Gozzi (1713-1786) di Venezia; altri invece lo dicono di Pordenone (G. D. Ciconi — Udine e sua prov.). Briljante ingegno, scrisse opere impareggiabili per leggiadria di lingua, per arguzia e finezza di concetto, specialmente i Sermoni, 1’ Osservatore, i Dialoghi di Lucicmo, le Lettere famigliari. E modello di letterato oltrecche per la inimitabile semplicita del suo stile anche per aver rimesso in onore lo studio di Dante. Nel primo suo centenario 26 dieernbre 1886 1’Universitk di Padova che lo ebbe suo Riformatore, gli tributb splendide onoranze, degne del grande serittore. (E.) ( 4 ) Scipiono Maffei (1675-1755) di Verona, benche morto quando il Carli aveva appena 35 anni, si pub chiamarlo il suo emulo per 1’ ingegno versatile comune ad entrambi, per lo stesso squisito senso del bello, del vero, del retto; istancabili tutti e due nella fatica, tutti e due amantissimi dell’ltalia e della sua gloria. Maffei fu letterato, poeta, matematico, lisico, storico, archoologo, filosofo, economista e strenuo soldato. Sollecitato dalla riforma del teatro italiano segnb il suo risorgimenlo colla Merope, la prirna nostra tragedia che procorre 1’ Alfieri. Propugnb il classicismo, chiamando e mantenendo vari greeisti per ravvivare in Italia lo studio delle lingue d’ Omero. Nella Verona illustrata rianimb 1’ antichitk; colla Storia diplomatica preparo la via all’arte critica, nel nostro secolo poi tanto avanzata; collaborb con Apostolo Ženo al Giornale dei letterati d'Italia ed egli stesso pubblico le Osservazioni letterarie che sparse di pregevoli seritti. Verona eresse una statua al suo grande cittadino mentre era ancora in vita. V. Verona e sua provincia per Carlo Belviglieri nella Grande Illustr. del Lombardo-Veneto; Diz. Un. Str. e Trev. — Sulla Verona illustrata per cio che spetta ali’ Istria vedi il Saggio di bibl. del Combi n. 1075, 1838, 1847, 1851. (E.) ( 5 ) Michelangelo Carmeli celebre ellenista ed ebraicista nato a Cittadella-nel Vicentino (1706-1766). Nel 1744 fu fatto professore di lingue orientali nelPUniversita di Padova. Lascib malte opere, tra cui: Storia dei vari costumi sacri e profani dagli antichi sino a noi pervenuti. Fu pure traduttore di aleune tragedie di Euripide. S. T. (N.) 22 300 BIOGRAFIA DE GL! UOMITCI DISTINTI DELL’ ISTRIA II lavoro pero clie maggiormente onora gli studi giovapili del Carli, e die appena si puo credere da lui condotto a fine nell’ anno diciannovesimo e 1’ opera clottis— sima della Spedizione degli Argonauti in Colco, stampata soltanto nel 1744. In questa stabilisce Con critica ragionata contro il Petavio,( ') il Newton ,( ž ) 1’ Halley,( 3 ) e con piii ragionevole fondamento 1’epoche deli’antica cronologia; tratta deli’antica astro- nomia; della direzione del viaggio degli Argonauti, e confuta in fine 1’opinione clie i Colclii sieno stati i progenitori degli Istriani, (') rischiarando anche questa con una carta geografico-argonautica espressamente composta; e tutti questi lavori da lui furono compiti non arrivato ancora ai ventiquattro anni. Il nome ed il nierito del Carli non isfuggirono ali’ illuminato Governo Veneto, e fu appunto nel 1744 stabilita in Padova una cattedra di seienza nautica ed astronomica, si puo dire, espressamente per il giovine Carli, ( 5 ) e fu quindi chiamato nel piu famoso degli Arsenali a somministrare consigli, a dirigere lavori, a riformare disegni, a dar nuovi modelli per la costruzione delle navi da guerra; e finalmente a rimettere 1’esattezza e la rapidita tra quelle impor- tantissime manifatture. Egli diede il modello di nuova costruzione per una nave di settantaquattro. capnoni, la quale per analogia del Carli fu nominata >S. Carlo. ( (1 ) Piu .(') Dionigi Petavio (Petan) d'Orleans (1583-1662), gesuita ; professore in vari collegi del suo ordine e per ultimo a Parigi. Cronologista lodato a" suoi tempi, scrisse : Tabulae cronologicae, Uranologia, Rationarium temporum, Pietra di paragone cronologica ece. La sna opera migliore e ritennta la Theo- logia dogmatiea, rimasta pei’6 incompiuta. S. T. (K.) ( 2 ) Isacco Newton (1042-1727) nato a VVoolsthorpe in Inghilterra; fu matematico, fisioo ed astro- nomo. Nella semplice oaduta di un pomo, presenti le leggi di gravitazione e feee studi clie lo condussero alle piii importanti scoperte, preparando cosi agli scienziati futuri la.spiegazione dei pili grandi fenomeni deli’ universo. Scrisse: Principii matematici della filosofia naturale, Trattato d’ottica, Enumeratio linea- rum tertii ordinis de quadratura curvarum, De analysi per aeqnation‘es nnmero terminornm infinitas, Aritmetica universale, Metodus diflerentialis, Osservazioni sulle profezie, sopra Daniele e 1’Apocalisse ece. E il suo Sisteme, cronologico che venne confutato dal Carli nell’opera Spedizione degli Argonauti in Colco, in cui si cerca di fissare le epoche deli’ antica cronologia. (E.) ( :i ) Halley Edmondo astronomo (1056-1742) n. a Haggerston presso Londra. A 22 anni fn ammesso alla celebre societa reale di Londra e ne divennc poi segretario perpetuo. Insegnh geometna ali’ Uni- versita di Oxford e venne fatto astronomo deli’ Osservatorio di Greenvvich. Compose le Tavole della luna e scopri il movimento delle stelle. S. T. (E.) ( 4 ) Tra gli serittori antichi che fecero derivare in tuLto o in parte gl’Istriani dai Colclii notiamo Trogo Pompeo, Strabone, P. Mela, Pllnio. L'opinione di ipiesti fu esaminata recentemente dal Dr. Ber¬ nardo Rennssi nella sua opera VIstrin sina ud Augusto al cap. III, Etnografa, servendosi nel suo esame critico specialmente delfojiera carliana suaccennata: Spedizione degli Argonauti (L. IV, vol. X delle Opere complete del Carli); di altra opera del Forbiger — Handbuch der alten Geographie, Lipsia, 1884 (vol. I, § 17), del Mii 11 dr — Orchomenos — Breslavia, 1844, c. 12 e 13; del Dr. Zhishmann — Die Ister fahrt im griehischen Sagenkreise: nel Programma dell’i. r. Ginnasio di Trieste, an. 1852. Leggasi poi la conclusione detlo stesso Dr. Zliislimann nella nota 7 del cap. III op. c. del Dr. Denussi. (E.) ( 5 ) Nel 1744 fu dal Veneto Senato prirna proposto alle navali costnizioni delPArsenale di guerra, e poi eletto a professore di nautica e di astronomia presso 1’Universita di Padova; citta in cui meritb la farna di aver dalo nuovo impulso agli studi e scientifiei e letterari. — C. Combi, Porta Orientale 1857, Fiimm, tip. di Kreole Rezza, 1857. — Il Carli infatti fu destinato professore ai 5 d’aprile 1745 collo stipendio di fior. 300; ma le trattative e la risoluzione delfaffare seguirono tra il dicembre 1745 e il febbraio 1746. Mazzuechelli o. c. (E.) ( 6 ) Di quost’ uomo insigne, che sapea far valere il suo ingegno anche in opere disparatissime, basti sol dire, aver egli, riformatore AdVarsena de’Veneziani e carissimo a quell’antica Republica, costruito la prirna grandiosa nave che solcasse 1’Adriatico, — Prof. ab. Lorenzo Schiavi — Prolusione — Capo- distria, tip. di G. Tondelli, 1873, (E.) CAPITOLO IV. SOI navi furono costruite in appresso sullo stesso modello, ed al giovane professore fu affidata la scuola pratica dell’Arsenale, e pei di lui insegnamenti sortirono ragguar- devoli marini, e furono degnamente incontrate le premure del Governo e la comoditA dello Stato. (') In questo periodo abbiamo due bellissimi monumenti letterari: la prolusione latina elegantissima recitata nell’ apertura della nuova eattedra, ed una dissertazione stampata Sulla declinazione deli’ ago magnetico. — Mentre il Carli in Padova si occupava della nautica, della geornetria, della scienza del calcolo, non abbandonava le belle lettere, e veniva eletto principe delPAccadenaia dei Ricovrati,( 2 ) e da quell’ epoca riconobbe quella illustre societA nuovo ordine, nuova attivitA e nuovo lustro. (' 1 ) Quantunque molto lontana la scienza nautica dalla dottrina del diavolo, e delle streghe, come il Carli medesimo si esprime, pure senza rallentare il suo esercizio cattedratico, si occupd in questa difficile materia, e contro il libro Congresso notlurno delle lamie stese una dissertazione epistolare intorno ali' origine, e falsita della dottrina dei maghi, e delle streghe, nella quale dopo aver ripassate tutte le strava- ganze deli’ impostura, e della superstizione, origine deli’ignoranza, e della debolezza degli uomini, ed accresciute dalla barbarie dei tempi e dallo stravoglimento della umana fantasia, come i nomi magici, le lettere misteriose, i farmachi, le cabale, le evocazioni, le trasformazioni, le pietre basilidiane, o abraxee; poi le streghe, le lamie, gli esorcismi, i circoli, i triangoli incrociati, le scale numeriche, le ingermature, gli oroscopi; dopo d’aver reso ragione acconciamente delle pretese operazioni magiche accennate nella scrittura, e d’altri tratti d’ impostura, o di ciarlataneria. degli in- cantatori; e dopo d’ aver abolita la pretesa differenza tra maghi e streghe, emanando tutti egualmente dalla sorgente medesima; passa a stabilire due teši, o com’ egli dice, due dati innegabili, traspiranti dalla Scrittura e dalla dottrina piu sana del- 1’ antichitA: 1’ uno, che non si e dato giammai commercio alcuno, tra gli uomini e il demonio indipendentemente dali’espressa volonta di Pio; l’altro, che i maghi, gli arioli, e 1’ altra gente di questo conio furono tutti sino alla venuta di Gesu Cristo impostori: quindi conchiude, che aboliti coli’ opera della Redenzione il regno del diavolo, e la podestA del principe delle tenebre, molto piu fu allontanato il dubbio di quel nefando commercio, ed impossibilitata assolutamente 1’ esistenza della magia, sicche il mostrarsi persuaso di tali chimere sarebbe una viltA affatto indegna del carattere di cristiano, e di filosofo. Varii letterati di riputazione entrarono in arringa pro e contro questo argomento con varii scritti, ed il Maffei, ed il consigliere de (') Si fondd in Venezia una Scuola di nautica pratica nell’ Arsenale coli’ obligo di istruire dodici allievi, e la si uni alla eattedra di Padova sotto condizione che compito lo studio di quattro anni dovessero gli allievi presentarsi alPesame del professore in Padova per ottenere le attestazioni da essere presentate agli Eccmmi. Riformatori. — Memorie intorno alla vita del fu Comm. Conte Carli. Mss. in. G. B. (E.) ( 2 ) Fu eletto principe di quell’Accademia nel gennaio 1749. Mazzucch. o. c. (E.) ( 3 ) Benche in oggi derise, v’ ha chi dd lode alle Accademie del secolo scorso, perche in mezzo al cantici adulatorii ed altisonanti, pur racchiudevano persone le quali si occupavano di quesiti sociali, eco- nomici ed agrarii tendenti al comune vantaggio, ’ (E.) 302 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Cauz convenendo col Carli, V opinione di lui ne porta il trionfo, se non si volesse dire clie vi trionfano la ragione ed il buon senso.(') Intorno a questo tempo, cioe nel 1747 diresse il Carli al Maffei una dissertazione sull’ Inipiego del danaro, ( 2 ) che riguarda 1’ interesse da esigersi tanto dai banclii e monti pubblici, che dai contratti privati. Il nostro astronomo, nautico, poeta, filologo, antiquario entra cosl nel campo del teologo e del giurisperito. Prova col senso della Scrittura, e dei Padri cosa sia usura, e che il danaro formando in qualche modo la rappresentanza del terreno, al frutto di questo, secondo i distretti, deve corrispondere perfettamente il frutto di quello; e che 1’interesse deve essere reazionato a misura del pericolo specialmente nel commercio marittimo, come sostenne il Maffei ; ad onore di ambidue su questo piano fu decretato il divisamento dal papa Benedetto xiv. ( 2 ) (') 11 Congresso notturno delle lamie e deli’ abate Girolamo Tartarotti. Il Maffei applaudi alle opinioni del Carli nella operetta Macfia dileguata e Magia distrutta ; il de Cauz nelPopera I)e cuUibus magicis eorumgue perpeiuo ad Ecclesiam et Rempublicam habitu ecc. starapata in Vienna nel 1707. — Memorie int. alla vita del fu cornm. Conte Carli. O. c. Il libro del Carli era assai opportuno e adatto a quei tempi per eombattere un genere di delitti che, come dice Beccaria, «ha coperto 1’Europa di sangue umano, e che ha alzate cpielle funesto calaste, ove servirano di alimento alle fiamme i vivi corpi umani, — cpiand’ era giocondo spettacolo e grata armonia per la cieca moltitudine 1’udire i sordi confusi gemiti dei rniseri, che uscivano dai vortici di nero fumo, — fnmo di membra nmane, fra lo stridere delle ossa incarbonite, e il friggersi delle viscere ancor palpitanti.» Il soggetto fu trattato nello stesso secolo da altri Valenti ed in eta piu provetta del Carli, come, per esempio, oltre il Maffei e il de Cauz, nominati in nota, da Rodin, Calmet, Cavalese, Celrio, Godelman, Grimaldi, Le Brun, Lugiati, Mamachi, Patuzzi, Preati. Steidel ecc. ecc. Leopardi nel suo libro — Saggio sopra gli errori popolari degli antichi — pubblieato da P. Viani, Firenze, Le Monnier, 1851 — cita come autoritk tra quelli che scrissero contro le arti magiche, il nostro Carli, od egli stesso ne tratta con qualche diflusione al Capo IV del nominato suo libro, concludendo: «Cosi pen- savano i saggi deli' antichith. Eppure la magia anche al presente gode del silo c-redito presso il volgo. V’ ha chi si spaccia dotato della virtu di guarire con parole e con segni; si pretende conoscere gli stregoni e le streghe; se ne temo la presenza e lo sdegno; i loro influssi sono rnicidiali. Quali follie! e dopo tanti secoli tuttora trionfanti della ragione e del buon senso ! O miseras hominum mentes, o pectora caeca!» ( Lucretins , de Rerum natura) Giacomo Leopardi scrisse nella quiete domestica il suo Saggio sopra gli errori popolari nelPeta di diecisette anni; G. R. Carli la sna dissertazione epistolare Sopra la magia e stregheria di anni ven- tiquattro in tempo che era distolto da altre moltissime cure; specie dali’insegnaraento pubblico all’Uni- versita di Padova. (E.) ( 2 ) Appare da qtiest'operetta giovanile del Carli, com'egli fosse gia versato in un genere di studi che portarono poi tanti vantaggi alle scienze economiche dltalia; si pub dire che la dissertazione Sul- V impiego del dena.ro preconizz.6 agli altri suoi studi posteriori sulle Monete, sulic Zecche Italiane ecc. che lo fecero acclamare per il piu grande econornista d'Italia e gli meritarono 1’alto ufficio di Presidente di pubblica economia in Milano. (E.) ( ? ) Benedetto XIV (Prosperio Lambertini) nato a Bologna (1675-1758). Circondato da buoni ministri fu sostenitore della pace per cui ricevette prove di stima da tutti i sovrani, anche da Federico di Prussia, da Elisabetta di Russia, dal Sultano. Aboli 1' Inquisizione nella Toscana; perseguitb i taumaturghi, i vi- sionari, le superstizioni. Non temette di tenere corrispondenza con Voltaire. Governb saviamente ; pro- sciugo le Paludi Pontine, fece migliorare le strade, i forti ecc. Papa dottissimo, protesse gli studi, le lettere, le arti, Lascio numerosi scritti, S. T; (E.) CAPITOLO IV. 303 In questo stesso tempo passo ai legami colla signora Paulina Rubbi di Venezia, donzella dotata di p rege voli qualita, (') e frutto di questo vincolo divenne il vivente conte commendatore Agostino Carli-Rubbi, nato con disposizioni di felicissimo ingegno, e dotato di sorprendente memoria e d’ intenso genio per i piu utili studi. ( 2 ) Ne gl’ impegni di marito, di padre e di professore poterono rallentare il corso de’ suoi studi. Scrisse nel 1748 una dissertazione eruditissima Sulle navi turrite degli antichi, diretta al chiarissimo preposto Gori, e dallo stesso inserta nelle sue Sgmbolae Litterariae, facendo nella prefazione 1’ elogio deli’ autore nel modo seguente: Vir ingenii sublimitate, et magnarum rerum cognitione, et scientia, operumgue edi- torum gloria clarissimus. ( 3 ) Estese pure un poemetto in tre canti intitolato VAntro- pologia, ossia della sociela e della felicitd, dedicandolo alla procuratessa Tron. ( 4 ) In questo poemetto filosofico sulle traccie degli Zamagna, ( 5 ) dei Pope, ( 6 ) degli Elvezt, (") canta l’origine della societti, le passioni degli uomini, la formazione e 1’in— camminamento deli’uomo per tal via alla felicita; essendo 1’ argomento del primo canto: la sociela deriva dalla natura ; del secondo la sociela felice, e V uomo felice; del terzo V uomo felice anche nella societa corrotta. Lavoro deli’ anno seguente 1749 fu la bellissima dissertazione Bella Geografa primilim e delle tavole geografiche degli antichi, letta nell’ accademia de’ Risorti ( 1 ) Il matrimonio ebbe luogo nella chiesa di San Secondo in Venezia il 10 aprile 1747. — Maz- zucchelli o. c. (E.) ( 2 ) Agostino Carli nacque il 25 glugno 1748. Bello ingegno ed erudito, sebbene nn po' affetto di originalita che di leggieri lo portavano a secondare gli slanci di un'ardente fantasia e di un naturale irrequieto e focoso. (G. Babuder — Atti del Ginnasio sup. di Capodistria, 1867-68). Fu bibliotecario ai Frari in Venezia. Lascio una Memoria sopra il corpo di S. Marco, e molte lettere štoriche in cui appare coltissimo e pieno d'interesse per gli studi patri. S. M. Vittorio Arnedeo III lo nominb commendatore. L’autore della Memoria intorno alla vila del Carli lo chiama — non inferiore al padre per i suoi ta¬ lenti e por 1'Intenso genio agli studi. L' Unione a. III, n. 21 — «erudito perspicace e di memoria sorprendente.* (E.) ( 3 ) Fu sprone a questo lavoro il ritrovamento di un antichissimo cammeo rappresentante una nave turrita e che si conserva in un museo a Firenze. — Antonio Franeesco Gori (1691-1757) di Firenze, fu professore di storia in quel Liceo e uno dei piu dotti uomini del suo tempo. (E.) ( 4 ) Il Carli recito una parte di questo poemetto nelFAccademia dei Ricovrati in Padova, e parecchi anni dopo (1763) il restante nell'Accademia dei Risorti in Capodistria. La procuratessa, a cui dedico il suo lavoro, si chiamava Caterina Giovanna Dolfin Tron. Non eravi personaggio illustre, dice P. G. Mol- menti (Storia di Venezia nella vita privata), italiano o straniero, che non fosse andato almeno una volta a visitare la Tron, la quale ammaliava con quel suo brio veneziano, coi modi fini e Cortesi. Essa fu la vera figlia del suo secolo. I facili costumi non le impedirono d'onorare gli animi nobili e gli ingegni eletti. — Caterina Tron non si deve perb eonfondere con Cecilia Ženo Tron che Tommaseo chiamb trista- mente famosa , rimproverandole d' aver trascinato fino al nostro tempo la vecchiaia invereconda. (E.) ( 5 ) Bernardo Zamagna dalmato di Ragusa (1735-1820), insegno lingua e letteratura greca a Milano. E riputato traduttore in latino delTOdissea e dei poemi d'Esiodo, Teocrito, Bione, Mosso ecc. S. T. (E.) ( 6 ) Alessandro Pope di Londra_ (1688-1744). Autore di pastorali, egloghe e di alcuni poemi seritti in versi eccellenti. Si rese eelebre per il poema comico il Riccio rapito e la Lettera di Eloisa ad Abelardo, e per una. traduzione d’Omero. Il suo capolavoro, a cui s’ispirb il Carli, e il Saggio sulPuomo. S. T. (E.) ( 7 ) Claudio Adriano Elvezio (Helvetius) olandese (1715-1771) filosofo, matematico, poeta. Il suo libro sullo Spirito , tutto materialismo, fece gran rumore e venne fatto abbruciare dal carnefice. Elvezio fuggi dalla patria ed ebbe ospitalita da Federico il Grande. Dopo la sua morte venne pubblicata la co- lebre sua opera : Doli' uomo, delle sue facoltu, intellettuali e della sua educazione. Da questa il Carli ebbe incentivo al suo lavoro. (E.) 304 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA di Capodistria, e stampata negli opuscoli del Calogera, di cui lion puo concepirsene la profondita deli’ erudizione senza farne la lettura, e la di cui analisi non pub aver luogo in questo breve ristretto. (') Dopo due anni di dolcezza coniugale, morte tronco il lilo de’ giorni alla sua compagna, ed il Carli sensibile oltre modo ali' acerba perdita, non si contento di piangere soltanto la morte, ma ne scrisse con somma eleganza l’intiera vita con stampa di lusso, corredata della di lei effigie. ( 2 ) A questo sinistro avvenimento si uni quello di im affollamento di affari di famiglia, e di molteplici cure della domestica economia, per le quali si trov6 forzato ad abbandonare la pro- fessione della scienza nautica ed astronomica in Padova, da lui tanto degnamente ma troppo per breve tempo sostenuta, a fronte delle opposizioni dei sapientissimi Riforma- tori di quello studio. Poco dopo part! per 1’ Istria con Vitaliano Donati, profondo naturalista, le cui fatiche sarebbero ancora nelle tenebre, se non avessero trovato nel Carli un protettore che le esponesse alla luce e le dirigesse alla pubblica utilitA. ( 3 ) Riveduta dopo molti anni la famiglia e la patria, passb nel 1751 a Pola, ed ivi esamino, scopri, e preše disegno deli’anfiteatro, dei templi e delParco dei Sergi, reliquie, come disse il dottor Giacomo Panzani ( 4 ) medico di Pirano (nel Vol. 26 di luglio 1795) «di que’ vetustissimi fabbricati, onde la romana superbia avea decorata «la residenza delle navali sue spedizioni pel mare superiore;» e per 1’ andata con- temporanea in Pola dei letterati inglesi Sluard, e Revett, onde non perdere il diritto deli’ anzianita, stampo la Relazione delle scoperte da lui fatte nell’ Anfiteatro di Pola, unita a tutti i ricavati disegni, coli’ edizione in Venezia del Pasgaali in 8°. Pece anche allora col Donati le osservazioni sopra la grotta di S. Servolo poco distante da Capodistria, della quale parlb nelle Američane e sopra la lisica costituzione della provincia deli' Istria, eh’ egli mostro idonea per indole alla coltivazione ed alla pro- duzione dei generi piii interessanti, e come suscettibile per ogni conto di grandissimi (') La dissertazione del Carli servi ali' abate Domenieo Vandelli per consimile lavoro, che riusci molto inferiore. Si legge nel T. XLII della Raccolta Calogerana. — Mazz. o. c. — o. c. (E.) C 2 ) Questa valorosa e saggia donna, le cui virtii non furono poche ne volgari, soggiacque per colpa degli ingrati e della mala cura dei medici, in Pademo, luogo di sua villeggiatura sul Trevigiano ai 12 di agosto 1749 in eta di 25 anni. Il suo corpo fu pošto nel privato oratorio, dove le venne eretto un vago mausoleo con busto di marmo. — Veggasi 1'opuscolo: Private disavvonture di una donna di vero spirito ecc. Lucca, tip. F. M. Benadini, 1750. (E.) ( 3 ) Vitaliano Donati (1713-1763) padovano, medico e naturalista. Fu cosi amico del Carli che per merito di questi ottenne la cattedra di botanica nella R. Universita di Torino coli'onorario di 3000 lire piemontesi. — Mazz. o. c. (E.) ( 4 ) 11 dottor G. Panzani, medico di Pirano, era collaboratore del periodico — Memorie per servire alla Storia letteraria e civile d' Italia, dove inserl un articolo biografico del Carli dopo la morte di questi e molte dotte relazioni silile di lui opere. — 11 dott. Panzani era assai affezionato alla Repubblica di Venezia e ne piange la caduta in lettera del 16 maggio 1797 (Mss. G. B.), dove tra altro dice: «Sembra ineredibile che lo Stato piii opulento e meglio disposto d’ Italia, provveduto d’ ogni vantaggio piii favorevole per il suo sito geografico, per le sue forze morali e politiche, siasi totalmente ncgletto ne’ suoi manifesti pericoli, e v’ abbiano avuto degli scioperati, la stupidezza dei quali non sia pervenuta ne a conoscere la natura degli ospiti, ne a ravvisare gli esempi seguitisi 1' uno dopo 1' altro, pe a rian- dare i fasti gloriosi della storia nazionale. Nel corso di un solo anno si e annientata P.opera di quat- tordici secoli; e nel periodo brevissimo di due settimane se ne distrussero affatto persin le reliquie !» — Il Sagg. di Bibl. istr. registra del Dr. Panzani una Storia naturale deli'Istria, accennata dal Carli nelle Antichita italiche. (E.) CAPITOLO IV. 305 miglioramenti. Si occupo del mare adiacente, de’ suoi fenomeni, de’ suoi prodotti, oggetto favorito del Donati. Dietro il Vianello, istrado e pervenne la scoperta del Nollet riguardo alla fosforescenza notturna di quelle acque, pubblico a sne spese, e con dediča nobilissMa ed erudita diresse al celebre Maupertuis il Saggio delta storia deli’Adriaticu del medesimo Donati, (') e lo incoraggio a scrivere la storia intiera di quel mare. L’ applicazione del Carli si concentro nelle monete d’ Italia, materia che mag- giormente rese illustre il di lui nome. Si dedico tutto ad indagare le varie specie di monete coniate per serie di tempi in tutta Italia, e a scoprirne il loro intrinseco valore, paragonandole coli’ intrinseco delle monete correnti, per farne un giusto rapporto tra esse per 1’ uso delle private e pubbliche ragioni nella corrispondenza dei censi, nell’ estinzione dei capitali, proporzionatainente ai tempi dei rispettivi loro contratti; a calcolar 1’ uso ed i rapporti antichi delle monete, si pel commercio interno, come pel traffico nelle estere provincie, ed a rischiarare ed ordinare le memorie delle zecche italiane: lavoro intralciato e spinoso, per cui si richiedevano immense fatiche, perlustrazioni tedio.se, corrispondenze moltiplicate, peregrinazioni frequenti, saggi continui, ed esperienze delicate e costose: cose tutte incontrate e superate dal Carli, dandone un saggio nel 1751 col titolo Dell’ origine e commercio delle Monete. ( 2 ) Nel 1752 passo il Carli a secondi voti con una dama sanese di molto brio, e talento, la signora Anna maria Lanfranchi vedova Sammartini, che gli fu compagna fino al 1772. ( 3 ) Si porto nel 1753 a Torino, e cola vesti le insegne delbordine militare dei SS. Maurizio e Lazzaro, e fon do nelTordine medesimo una commenda patrimoniale col titolo di S. Nazaro, tramandandola alfa sua posterita. ( l ) In questa occasione il re Carlo lo consulto sul piano degli studi deli’Universita, e sulla sistemazione delle monete; ed i ministri approfittarono de’suoi lumi, e tentarono d’ intrattenerlo presso quel re, ma egli passo a Milano colla famiglia, ed ivi colloco nel Collegio dei nobili, (*) Al Saggio del Donati 5 aggiunta una lottera dol Dr. Leonardo Sessler sopra un nuovo genere di piante terrestri. V. Sagg. di Bibl. istr. Intorno a questo mare vedi principalmente gli studi di Sebastiano Carrara, di Vincenzo de Lucio, del Valentinelli, del Bassi, del Campana, del Bordiga, del Cosulich, del Meniš, deli' inglese A. Paton, del Maestri, del Paleocapa, del Correnti e di qnanti altri registra il p. c. Saggio di Bibliografia Istriana sotto ottantacinque nuineri di opere. . (E.) ( 2 ) Ritornato a Venezia, dopo 1’ eseursione fatta a Pola ed in altri luoghi deli’ Istria, si pose a preparane nell’ autunno del 1750 la sua dissertaz.ione sulle Monete, per la quale raceomandava al suo amico Mazzucchelli notizie sulla zecca particolarmente di Brescia (Mazz. o. c.). E nel 1751 pubblico il suo primo saggio collo stampe del Pasquali in data (falsa) deli’ Aja; questo saggio fu preliminare alla sua grande opera sulle Zecche italiane che gli frutth tanti allori e per la quale da intemerato scrittore e cittadino, rivendico alla storia d’ Italia quanto pote raccogliere di nozioni positive e inconcusse. — V. G. R. Carli e la sua patria nel Popolano deli'Istria, 1851, n. 87. (E.) ( 3 ) La Lanfranchi - Sammartini era di Piša, figlia del cav. Gaspare Lanfranchi - Chiccoli pure di Piša, ed avea 26 anni. Il casato Lanfranchi era tra i piu cospicui d’ Italia ed apparteueva ad uno dei sctte primari di Piša ove si stabili nel 980. Di parte Ghibellina, i Lanfranchi furono spesso cacciati e rimessi in citth, secondo il trionfo delle fazioni. E noto che Dante ricorda i Lanfranchi nel 33 deH’In- ferno, dove il conte Ugolino gli narra — il mal sonno — Che del futuro gli squarcio il velame. (E.) ( 4 ) «Io presentemente son Frale dei S. S. Maurizio e Lazzaro pel solo oggetto di acquistare a me e alla mia posterita 1’ immediata protezione della Real Časa di Savoja.» Cosi lo stesso Carli al conte Mazzucchelli in lettera 5 dicembre 1753. Mazz. o. c. (E.) 306 BIOGRAFU DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA sotto la direzione dei padri Barnabiti il conte Agoslino di lui figlio, per la eui virtuosa educazione compose 1’operetta intitolata: Inslituzione civile, ossia elementi di morale, per la. gioveniii; in cui con facile e cliiaro metodo delinea tutto cio che riguarda la morale nell’esercizio dei doveri deli’ uorao. Questi elementi allora stampati per opera del padre Andreani rettore del suddetto collegio, poi vescovo di Lodi, furono ristampati poco dopo in Firenze, in Piša, in Lucca, in Piacenza, in Brescia, in Venezia, ed in molte altre citta d’ Italia; quindi tradotti, e stampati in diversi idiomi. (') Dae importantissime dissertazioni pubblico nel 1754, che lo provarono antiquario canonista, egualmente versato nella storia civile che nell’ ecclesiastica e sono: la prima, Bel Diritto ecclesiastica metropolitico in Italia, e particolarmente di Milano e di Aguileja, e delte elezioni e dipendenze de’ vescovi: la seconda: Dell’ antico vescovato emoniese, e particolarmente di S. Massimo vescovo e martire. Prova nella prima che i vescovi d’ Italia per lo spazio di sette secoli eletti dal popolo, non eran confermati che dal papa; che stabilite nel V e Y1 secolo alcune sedi metropolitiche, tra le altre quelle di Ravenna, d’ Aquileia e di Milano, i loro vescovi col titolo acquistarono anche 1’autorita di presedere, e sopraintendere ai vescovi suffraganei della provincia, astretti perd colla condecorazione del pallio ad una maggior dipendenza dal papa; che ristretta nei soli capitoli 1’ elezione dei vescovi, i metropoliti e particolarmente quel d’ Aquileja, conobbero della validith delle elezioni, giudicarono delle contese ed esercitarono sopra i vescovi medesimi una plenaria potesta, esigendone anche un giuramento d’ ubbidienza e punendoli colle scomuniche, della qual cosa si trovano nella chiesa aquileiese esempi piu tardi, che non altrove; che tolte in seguito ai capitoli le elezioni ed ai metropoliti ogni potesta, sni suffraganei, si concentrarono le autorita tutte nel papa; e che divenuti quindi i vescovi unicamente dipendenti dal papa; assurdi ed insostenibili parvero i reclami di molti scrittori del secolo XVI e segnatamente di Pietro Paolo Vergerio per la pretesa loro indipendenza. ■—■ La seconda dissertazione prova che 1’ antica Emona di Plinio era situata nei contorni di Lubiana, ma che non avesse vescovi prima del 1461, e percio doversi riferire ad altre sedi i vescovi emoniensi menzionati prima del secolo XI: essere ignota 1’origine del vescovato di Cittanova e la denominazione di emoniesi data a que’ vescovi, e finalmente che S. Massimo non fu martire, ed essere incerto se il Maximus episcopus emoniensis segnato nel concilio d’Aquileia del 381, sia una viziatura del codice de¬ rivata dalla desinenza, e possa leggersi veronensis, mentre un Massimo veronese v’era in quel tempo. Contemporaneamente indirizza una dotta ed erudita lettera al co. Mazzucchelli, nella quale tratta vari punti di critica sulla vita di Pietro Are- (’) A Torino il Re lo tratteneva nel suo gabinctto fin due ore di seguito ogni giorno, consultan- dolo specialrnente sull’importante materia delle monete. Ai 18 dicernbre 1754 colloco nel Collegio dei Nobili in Milano il figlio Agostino, dove subito si fece molto amare. — L’operetta educativa Elementi di morale fu pubblicata jjer desiderio del Carli senza il suo norae. Egli dice al Mazzucchelli: «Comunemente si črede che 1o ne sia 1’ autore. Voi la leggerete; se vi piace vi do licenza di credere anche voi cosi: se non vi piace, dite assolutamente che 1’ autore e un indiano.» Gli Elementi furono poi stampati in Firenze nel 1756, in Piša ed in Lucca nel 1757; quindi in varie altre cittk e particolarmente in Piacenza ed in Brescia. (E.) CAPITOLO IV. 307 tino, (>) siill’ epoca degli Argonauti e sul loro sbarco a Corfu, e finalmente rende conto dei mss. deli’ archivio del capitolo di Monza ed in particolarita del poema di Florimondo. Esci finalmente in luce 1’ opera grande, unica Belle Monete e Belle Zecche. Si stampfi il primo volume in Venezia nel 1754, il secondo a Piša nel 1757 ed il terzo in Lucca nel 1760. Questo libro dottissimo, applaudito dagli scienziati, dai giurecon- sulti, dagli economisti, e coronato dall’approvazione dei gabinetti e dei corpi politici, nelle posteriori molteplici edizioni acquisto sempre novella forma ed aggiunte del- 1’autore. Tutto il lavoro si divide in otto dissertazioni: — Nella prima si tratta deli’ origine e del commercio della moneta e dei disordini che accadono nelle ar¬ bitrarne alterazioni di essa. — Nella seconda si ragiona delle Ricerche sloriche intorno alla . istituzione delle zecche d’ Italia dalla decadenza deli’ impero sino al secolo XVII. — Nella terza si tratta delle varie monete forestiere e nazionali fino al secolo XVII poste in uso e commercio in Italia. — Nella quarta dei varii generi di moneta coniata, e posta in uso in molte zecche d’Italia, col ragguaglio deli’in- trinseco valore di essa fino ali’epoca suddetta. — Nella quinta del commercio, ossia rapporto delle antiche monete d’ Italia fra loro stesse di etž, in etA — Nella sesta, delle antiche e moderne proporzioni dei metalli monetati in Italia. — Nella settima si discorre del valore e della proporzione dei metalli monetati coi generi in Italia, prima della scoperta delle Indie, col confronto del valore e della proporzione sud¬ detta dei nostri tempi. — Neli’ ottava ed ultima dissertazione si ragiona della giusta riduzione o ragguaglio delle monete antiche dal secolo XVII in addietro colle monete correnti nelle principali cittA d’ Italia, opera corredata di tavole monetarie, crono- logiche ed aritmetiche, fornita di molti inediti documenti e diplomi: a questa si ag- giunge un estratto delle osservazioni sul regolamento delle monete nell’ opera Be l' administration de la France par M. Necker, ed un’appendice di: Osservazioni preventive al piano delle monete di Milano. Per questo lavoro il Carli fu pošto al paro dei primari ingegni dellTnghilterra: Neioton, Clarke, Locke. Dietro quest’opera le Corti di Milano, di Torino e di altre capitali istituirono i loro saggi monetarii e le loro riduzioni, come si riscontra dalle Osservazioni sopra il prezzo legale delle monete del presidente Neri, ( 2 ) onde la corte imperiale regolo la teoria dei paga- menti per la redenzione delle regalie dietro i dettami del nostro autore, e 1’ opera delle monete servi di base in Italia ai giudizi, come opera diplomatica, e fu accettata da tutta 1’ Europa con ammirazione e trasporto, e tutti gli eruditi conoscitori rimasero (’) Pietro Aretino (Bacci) (1492-1557) detto il Flagello dei principi, celebre scriltore di lascivia. Era peraltro stretto di amicizia cogli uomini piti illustri del suo tempo, tra cui Michelangelo, Tiziano, Giulio Romano e il nostro Muzio. Lascib molti lavori in verso ed in prosa : Dialoghi, Sonetti, Stanze, Capitoli, Commedie e perfino opere religiose. Una sua commedia, Il Maniscalco, venne data or non e guari a Torino, ma con poco successo. (E.) ( 2 ) Pompeo Neri fiorentino (1707-1776) fu nel 1749 membro della giunta del Censo istituita in Milano. Scrisse: Relazione delto stato in cui si trova l' opera del censimento nel ducato di Milano; sulla Compilazione di un nuovo codice delle leggi municipali della Toscana ; Osservazioni sopra il prezzo legale della moneta ecc. (E.) 308 BIOGRAFIA DEGLIUOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA sorpresi, come in nove anni si sia condotta a compimento, quando la fatica sembra appena poter agguagliare in durata tutta la vita dello scrittore. (*) Durante 1’ edizione deli’ opera suaccennata, riprese nel 1756 un trattato analogo a quello del 1750 dirigendo al padre Paciaudi 1’ erudita dissertazione epistolare delle Triremi, nella quale parla con somma dottrina della costruzione delle biremi, triremi, quinqueremi; della disposizione dei remi e remiganti, come pure clie gli antichi conobbero il flusso e riflusso del mare, ed in parte anche le cagioni di quel fenomeno, e che 1’ alfabeto marino, ossia 1’ uso dei segnali e dello stendardo nelle squadre e anteriore di gran lunga a Iacopo II re d’ Inghilterra, trovandosi in Ve- nezia memorie anteriori di due secoli di questa militar disciplina. Scrisse nell’ anno medesimo il Carli, essendo in Piša, ( 2 ) altra dissertazione epistolare al signor cavaliere Flaminiu del Borgo — Sulici incertezza delle epoche interno la nascita e morte di Gesii Cristo. Il padre Moneglia nel suo libro dottissimo: De annis I. C. aveva re- trotratta di cinque anni 1’ era volgare comunemente posta nell’ anno di Roma 754 fissandola invece nel 749. Il Carli ricliiarno ad esame tutti i fonti cronologici: osservo i fasti consolari, la storia di Giuseppe Ebreo, il monumento amirano, il calcolo della cometa del 1705 supposta da molti la stella dei magi; riscontro col testo delTEvan- gelo e colle epoche dei governi ivi marcati, e trovo, clie in qualunque sistema degli autori che hanno scritto in tal proposito nascono delle incongruenze, o delle epoche tra loro, o delle epoche coi fatti, o finalmente delle epoche colle particolarita segnate nella storia evangelica e che per conseguenza non si pub in modo alcuno stabilire con dimostrazione 1’anno preciso della nascita e morte del Redentore; onde per comodo e per una certa quale convenienza val meglio seguitare 1’ esempio dei piu grand’ uornini che coli’anno di Roma 754 diedero principio alla nostra cronologia. Neli’ anno 1757 diresse al professore Slellini ( 3 ) il Sciggio politico ed economico sopra la Toscana, in cui con brio singolare e vivacita tratta deli’ indole della nazione, del secolo, passando in rivista lo stato di ciascuna citta e facendo onorevole menzione della no bil til commerciante; discorre dei prodotti, del commercio esterno, dello stato attuale e degli ostacoli ali’ universale ricchezza della Toscana. — Il farnoso Scarabeo (') Il Muratori avoa giudicato 1’ argomenlo delle Zecche qnasi insuperabile. Ma il Carli, benche «poco soccorso dalle fatiche di chi lo avea preceduto in siffatle indagini, seppe da se, non senza gravi dispendi, sgombrarsi la via e portar lume nelle questioni piu tenebrose. L’ opera fu stimata come la piu profonda, estesa ed utile nel suo genere che si fosse- veduta a que’ giorni in Europa. I politici, i giureconsulti e gli scrittori di economia le fecero plauso e la chiamarono classica. Nella serie dei testi di lingua va essa posta come fonte a cui attingere le voci a quella trattazione pertinenti. Con si grandioso lavoro inizib egli i suoi studi di pubblica economia, tenuti in tal pregio che le corti italiane di consiglio lo richiedevano.» — Carlo Combi — G. R. Carli — Fort. Or. 1857. (E.) ( 2 ) Lasciata Milano il 5 aprile 1756, visitata la contessa della Somaglia ad Orio nel Lodigiano, la principessa Trivulzi a Parma, salutato il maresciallo Pallavicini a Bologna, giunse finalmente a Firenze, indi a Piša. Qui nell’ agosto fece innestare il vajolo alla moglie ed al figlio ed ottenne riuscita cosi felice che il suo esempio autenticb sempre piu 1’ infallibilita del rimedio, onde fu seguitato nella stessa Piša, a Firenze, a Livorno e si liberb cosi la Toscana dai pessimi eflfetti di un male che in quella State avea recato la morte al quaranta per cento della popolaziorie. Con V innesto, dice il Carli, non ne mori neppur uno. Mazz. o. c. (E.) ( 3 ) Iacopo Stellini da Cividale (1699-1770) professore ali' universita di Padova. Lascio varie opere in argomento filosofico e letterario. (E.) CAPITOLO IV. 309 di Stosch, appartenuto ai sette di Tebe, credesi etrusco, ora esistente nel reale ga- binetto di Berlino, occupd pure la penna del nostro letterato, il quale diresse una lettera al padre Antonielli professore in Piša, da cui fu ricliiesta Topinione del Carli, che giudica la gemma opera greca e rafflgurante il congresso, in cui Polinice presente Adrasto e Tideo si studia di persuadere Amfiarao ad accompagnarlo nella spedizione degli Argonauti. Mori nel 1758 il padre del Carli, e la cura dei propri affari lo tolse dal clima felice della Toscana e lo richiamd in patria. Tornd per breve istante e poi rivolo a Capodistria, e quindi a Venezia ove 1’attendevano affari ancor piu gravi. Trovo ivi nel complesso della eredith Rubbi un dovizioso negozio di lane, per varie combina- zioni in deperimento e pieno di lodevole patriottismo, lo trasferi in Capodistria e vi fondo un grandioso lanificio nei paterni suoi beni presso la citta; ma dopo due anni di prospero successo, un rovinoso torrente distrusse gli edifizi piu importanti ed appena il coraggio e la costanza del proprietario ebbero il tempo di farli risor- gere, che una nuova piena d’ acque con un uragano fortissimo di bel nuovo li atterrd. Instancabile il Carli, benche sopraffatto dal peso dei dispendii si rivolse alle provvidenze del Veneto Governo, il quale per le circostanze di quel tempo, non pote altro che commendare il lodevole zelo del Carli e compassionarne le sciagure; in tal modo sconcertato il di lui piano e dopo infiniti dispendii inutilmente gettati, fu im- pedita per sempre T esecuzione dei disegni da lui formati a benefizio della patria e della famiglia. Sopra questo Lanificio Alessandro Gavardo compose un elegante poema eroi- comico intitolato : la Rinaldeide, di cui ho parlato all’articolo dello stesso Gavardo (*). Il signor de Giusti, ministro degli affari d’ Italia in Vienna, ( 2 ) immagino di con- centrare nel Magistrate camerale di Milano non solo 1’ esecuzione delle leggi censuarie gih pubblicate nel 1760, ma ancora 1’ispezione del commercio, delle manifatture, delle finanze. Fu proposto per presidente di questo futuro tribunale Gian’ Rinaldo Carli , ed accettato con esultanza dali’ illuminato ministro e dalla Corte. Le condizioni stesse da lui ricercate per questo decoroso impiego, includendo segnatamente la riforma della tariffa dei dazi d’ introduzione e d’ uscita, mostrarono qual fosse stato anche prima di entrare in carica lo zelo di lui per la felicitA pubblica e privata. (’) Le fabbriche delPeredita Rubbi erano due: 1'una di colori, l’altra di lane. Ad Angiolo Boldti, cognato del Carli, loccb nella divisione la fabbrica di colori, quella delle lane al Carli, che per la de- eadenza delle manifatture nel Veneto, penso di trasferirla a Capodistria dove sperava sarebbe riuscita per la minore spesa che vi avrebbe impiegata. Poco piii di un anno occupb nei lavori fatti tutti con suo disegno sul colle di Cere. — Estesi ragguagli su questo lanificio trovansi nella corrispondenza epistolare inedita del Carli. — L’ autografo (incompleto) della Rinaldeide a ncll’ Archivio Polesini in Parenzo. V. in proposito la nota al n. 260. — Durante la sua dimora in patria, il Carli si occupb indefessa- mente a riordinare PAccademia dei Risorti con nuove leggi e regolamenti, istituendo premi per i lavori piu utili al bene comune; istitui anche una pubblica libreria. — V. Mem. intorno alla vita ecc. (E.) ( 2 ) L’ abate de Giusti conobbe il Carli col mezzo di Mirabello Montagnini, suo amico, e conosciutolo molto versato nelle materie economiche, gli offerse la presidenza del Magistrate camerale di Milano, a cui si progettava di unire oltre 1'ispezione delle leggi censuarie, anche quelle delPindustria manifattu- riera e delle finanze. Il Carli accettb la nomina onorifica, a patto per6 che venisse formata una nuova Tariffa sui dazi d’ introduzione e di uscita basata sulle vere liberta economiche e sulla prosperita del commercio. La proposta del Carli venne accettata dalPimperatore, e subito si conferi con lui per istudiare a fondo P importantissimo argomento. — Memorie ecc. (E.) 310 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA. Parti da Capodistria nel 1764, si porto a Parma, ed affido il figlio in quell’ il- lustre collegio: passo in seguito a Piacenza e vi rimase alcun tempo. Frattanto il celebre du Tillet ministro di stato in Parma, gli offerse un pošto cospicuo, colle piri onorevoli condizioni; 1’archiatro dottor Somis lo invito in Torino alTufficio di presi- dente del Commercio; come poco prima il marchese Botta Adorno gli aveva offerta la carica di consigliere di Corte nella Toscana. 11 Carli scusandosi con tutti rifiuto gl’ inviti. In questo tempo in Brio deliziosa villa dei conti della Somaglia ai conflni del Lodigiano ricevette gentile ospitaiita, ed incontro una virtuosa amicizia sempre conservata colla contessa della Somaglia nata dai principi di Belgioioso, dotata delle piu rare doti del corpo e deli’ animo. Usciva allora in Milano un foglio periodico, emulo dello Spettatore inglese, in eni si pubblicavano da una scelta societa di persone, argomenti di economia pubblica, di agricoltura, di storia naturale, di medicina, di legislazione, di morale e di varia erudizione, intitolato il Caffe. In questo inseri il Carli un ragionamento Sulla patria degli italiani, ove animo tutti ali’ amore ed alla stima reciproca, allontanando le Sfvisioni di citta, di provincia, retaggio delle fazioni guelfa e ghibellina, e considerando tutti membri di una stessa nazione, qua- lunque sia il luogo di nascita, conchiude: «diventiamo linalmente italiani per non «cessare di essere uomini.» (*) Ad istanza del principe di Kaunitz, ( 2 ) e del conte di Firmian ( 3 ) nel 1765 passo il Carli a Vienna, sotto il nome del coinmendatore di S. Nazario, per non isvelare cola la sua destinazione, che ancora dovea tenersi segreta, e seco condusse il celebre dottor Pietro Ploščati . ( 4 ) Al presentarsi del conte Carli al principe di Kaunitz, «Ecco, disse, che dal fondo dfltalia bisogna chiamare un uoino perche S. M. sia ben «servita in Milano!» Si concerto il piano di un Supremo Consiglio di pubblica eco- (’) Il Caffe fa epoca nella storia delle nostre lettere ; comparso otto anni prima della Gazzetta letteraria di Milano, dieci anni prima del Giornale Enciclopedico di Venezia, aperse la strada a quella serie di Riviste letterarie e scientifiche che tanta efficacia esercitarono sul movimento intellettuale e morale del paese nostro. Le sue pubblicazioni incominciarono nel giugno 1764 e terminarono nel maggio 1766 ; ma la sua vita duro ben oltre, perche piu di una volta fu ristampato, o molti de’ suoi articoli, voltati in francese e tedesco, erano letti e lodati dai dotti stranieri, i quali confessavano che il Caffe per 1’ importanza delle materie vinceva d’ assai lo Spettatore Inglese. (A. Amati o. c.) 11 ragionamento del Carli Sulla patria degli italiani, pubblicato dal Caffe e ben moritevole di nota, perche con argomenti storici e sociali svolge 1’ idea delPItalia una. — L’Unione, III, n. 21. — E 1’Amati o. c. osserva: a chi andasse ripetendo, cio che volgarmente si črede, quei nostri enciclope- disti italiani aver divagato in concetti umanitarii, senza aver avuto quello della Nazione, noi mostreremmo un articolo che si legge nel torno II, foglio II del Caffe che ha per tema Della patria degli Italiani. (E.) ( J ) Antonio Venceslao principe di Kaunitz viennese (1711-1794) uomo di stato, che uni a molta conoscenza della situazione politica deli' Europa la piu serupolosa probita. Voltaire disse di lui: E un uomo cosi attivo nel gabinetto, quanto Federico in campo. S. T. (E.) ( 3 ) Carlo Giuseppe conte Firmian tirolese (1716-1782) governatore di Milano. Fu amico dei dotti e degli artisti, specie di Cesare Beccaria. (E.) ( 4 ) Il dottor Moscati di Mantova (1739 1824) fu, giovanissimo, professore di medicina alFUniversith di Pavia, poi a Milano direttore deli’ Ospedale maggiore e chirurgo-ostetrico in S. Caterina della Ruota; Presidente del direttorio della Repubblica Cisalpina e durante il Regno d’ Italia consultore del re e gran dignitario della corona ferrea. Cangiatesi le sorti politiche della Lombardia, fu fatto prigioniero e rnandato a confine in Dalmazia; ma guarito un alto personaggio a Vienna, dove era andato in compagnia del Carli, fu pošto a piede libero e fatto segno degli onori piu distinti. Scrisse di medicina, chirurgia, ve¬ terinam, fisiea, notomia ed anche un trattato di econoinia politica. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 311 nomia; e come 1’esser presidente di questo non fosse bastato ad occupare e a distinguere un si gpand’ uomo, 1’ imperatrice Maria Teresa vi aggiunse ancora la carica di decano del Tribunale degli studi in Milano, appunto contemporaneamente eretto, ed a lui con dolcissime parole particolarmente affidb la cura deli’ educazione de’ suoi sudditi di Lombardia. Parti il nuovo ministro per 1’ Italia colmo di luminose dimostrazioni di stima e di affezione dali’ imperatrice, avendo lasciato dietro a se 1’ ammirazione e lo stupore dei piu illustri letterati- della Germania. Rivide un momento la patria, i congiunti, gli amici; sistemo di volo la domestica economia, e si avvio a Milano per occupare la nuova carica. Yers6 egli tosto sopra gli oggetti piu interessanti, e piu bisognevoli di riforma, e tutto occupato in udienze, in sessioni, in conferenze, pubblico le Osservazioni pre¬ ventive al piano delle monete per servir di base al regolamento proposto in tal ma¬ terial 1 ) scrisse pure rapporto alla politica economia a lui affidata, un Saggio di eco¬ nomia pubblica. in cui d& relazione delle ricchezze, della popolazione, delle rendite delle comunitd, del commercio, delle ferme, e deli’ agricoltura di quello stato, con- frontando lo stato attuale coli’ anti o, e facendo vedere, ove abbisogni di mano benefica ristoratrice. L’ imperatore Giuseppe //( 2 ) nel 1769 si porto a Milano, ed il Carli fattosi inter- medio tra il sovrano e la nazione, sviluppo tutti i suoi talenti e le sue mire, dirette al miglior servizio di quello ed alla felicitd maggiore di questa. In tredici sessioni intervenne Giuseppe II ed in tutte il Carli fu relatore degli affari, il dator dei consigli, 1’ autore dei decreti; e vi stese inoltre una relazione ragionata siti commercio attivo, le manifatture e la popolazione dello Stato, colla quantita di debiti estinti durante la sua amministrazione, e la presen to ad uso privato del sovrano, che se fosse stata pubblicata farebbe risultare maggiormente il merito del Carli. L’ impe¬ ratore per compensare i talenti e lo zelo nel pubblico servizio, gli accrebbe 1’ onorario dalle dieciotto alle venti mila lire di Milano, e lo fece dichiarare consigliere intimo attuale di Stato tanto dalla Cancelleria di Corte quanto da quella deli’ impero, col- 1’ esenzione al gravoso pagamento delle Pandette. In questo tempo scrisse il Breve ragionamento sopra i bilanci economici delle nazioni, in cui il Carli si ravviso per grande economista, ( 3 ) conoscitore della politica situazione della provincia affidata, e di tutte le molle piu secrete ond’e animato il commercio e fermato il rispettivo credito delle nazioni europee. (') Gli studi sulle Monete antecedentemente nominati dallo Stancovich e le sue Osservazioni pre¬ ventive al piano delle Monete giovarono molto a Cesare Beccaria, che nel 1762 stampb 1’opuscolo col titolo: Del disordine e dei rimedii delle monete nello Stato di Milano. Ed e debito di giustizia riconoscere quanto fece il nostro istriano per la riforma monetaria, ponendo cosi il suo nome accanto a quello del Bec¬ caria, che si ritiene invece da molti per il solo promotore deli'accennata riforma. — LfAmati nell’o. c. osserva a proposito dei grandi meriti del Beccaria che — cccontemporanei e posteri acclamarono Maria Teresa por la riforma nella monetazione; ma che pero il filosofo che indicb il modo ai governanti di ristorare la fortuna del paese, merita sopra tutti la gratitudine dei popoli.» E come 1’Amati dice del Beccaria, noi dobbiamo dire ugualmente di G. R. Carli. (E.) ( 2 ) Giuseppe II (1741-1790) figlio di Francesco I e di Maria Teresa. Promosse grandi riforme e celebri sono le suo leggi che da lui portano il nome. S. T. (E.) ( 3 ) Il Pecchio nella sua Sloria di economia pubblica , parlando del Carli come economista lo dice chiaro , logico, acuto , e Carlo Combi che riusci a divenir sommo in Italia tra gli scrittori di economia (E.) 312 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRTA Per dar lunga durata ai sistemi economici da lui introdotti stampa il suo Cen- simento di Milano, ossia ragionamento, diviso in tre parti. Pose in vista nella prima tutti i difetti del censimento di Lombardia fatto ai tempi di Carlo V; nella seconda estende le massime ed il metodo del nuovo censimento. Nella terza espone gli uffizi del censimento, e le diverse ispezioni, ed in fine tratta delle conseguenze telici del nuovo sistema; tra le quali le piu rimarchevoli erano in queH’ epoca la diminitzione delle contribuzioni delle comunita e delle provincie, coli’ incremento notabile della popolazione: impresa clie rende čare al popolo le sne gravezze, e difende il sovrano nell’ esecuzione di un piano quanto odioso in natura, altrettanto necessario alla con- servazione dello stesso sovrano e dello Stato. Altri due lavori di politica economia diede il Carli. Il primo e una dissertazione epistolare Del libero commercio dei grani, diretta al presidente N eri. In questa 1’ autore sostiene contro 1’illimitata liberta di quel commercio, favorita da quasi tutti gli economisti, clie la liberta illimitata e tanto dannosa in uno Stato, quanto la totale proibizione deli’ estrazione; cbe i limiti devono essere regolati secondo le cir- costanze particolari di ciascun paese; che 1’ affare dei grani e un affare d’ ammini- strazione e non di commercio; che la promozione dell’agricoltura e 1’amministrazione deli’ annona, si hanno negli antichi romani, ed essere contraria alla pubblica felicita la massima della imposta unica sul terreno, ricevuta generalmente dagli Economisti, e trovata in contraddizione colla medesima liberta illimitata del commercio delle biade. Il secondo si e la ripubblicazione nel 1771 delle Meditazioni sull' economia politica con aggiunta di varie note, libro moltissime volte stampato che accrebbe la farna deli’ autore, il quale e stato proposto alla pubblica amministrazione dei redditi della Lombardia. In quest’ anno stesso fu istituito in Milano un nuovo dicastero col titolo di Regio ducat magistralo camerale, ed il Carli fu fatto presidente coi titoli i piu onorifici e piu gloriosi espressi ad eterna memoria nel diploma. (’) Sul finire deli’anno stesso fu incaricato di stendere un nuovo piano pel migliore regolamento degli studi degl’ in- gegneri e per una nuova sistemazione del collegio di questa importantissima profes- sione: vi si presto egli con prontezza, ed i suggerimenti proposti vennero approvati in Vienna; e con altro onorificentissimo diploma fu incaricato della loro esecuzione. Ad altra riforma penso il Carli, cioe al miglioramento generale deli’ educazione (*) (*) Scopo del nuovo dicastero era di porre in amministrazione le finanze di Milano tenute fin d’ allora dai cosi detti Fermieri. Ma gia fin dal 1765 il conte Pietro Verri, amico del Carli, consigliere delegato ali’Amministrazione del terzo di S. M. nella Ferma, scriveva sni Fermieri: «Se mi collego co’ Fermieri divento 1’ obbrobrio del pubblico, e oltre il dispiacere di essere uccello di .mal augurio per la mia patria, considero anche che quando s’ e generalmente odiato, il Sovrano fa la sua pace col popolo sacrificando il flagello che lo ha percosso ... I Fermieri sono e debbono essere miei nemici, sono piu forti e mi opprimeranno se mi temono sul bel principio. La carriera e spinosa, la virtu non la tradirb mai, ma vivrd coi lupi e converra sapere dissimulare.» S’immagini cjuanto deve aver lottato il Carli per togliere cogli altri piu influenti milancsi, tra cui i fratelli Verri e il Beccaria, il monopolio della Ferma, per poi giungere fino ad essere eletto presidente di quel magistrato camerale che mise riparo ai gravi disordini recati nelle finanze dal dispotismo dei Fermieri. Su questo argomento e sui progetti del Carli posti in esecuzione in Milano per riordinare le condizioni economiche della Lombardia vedansi le — Lettere e scritti inediti di Pietro e di Alessandro Verri, annotati e pubblicati dal Dottor Carlo Casati. — Milano, G. Galli, editore lib. 1879, (E.) CAPITOLO IV. 313 letteraria e stamph in Firenze con data di Lione il suo Nuovo metodo per le scuole pubbliche d’ Italia, in cui prova che 1’ educazione della socieRt appartiene di diritto ai principi, si adombra la storia delle scuole pubbliche, si fa vedere che raanca in Italia un sistema ragionato per gli studi, essendosi troppo pensato alle Universita, e poco o nulla alle altre scuole, abbandonate all’arbitrio dei pedanti ed alla direzione dei Regolari. Dh quindi un’idea generale degli studi e dei modi per i quali la gioventu dev’ essere destinata alle varie professioni; se ne propone un regolamento, formando tre classi, comprendendo la prima le scuole elementari, ossia il Liceo, che contiene gli elementi di morale, lingua italiana, geografia, lingue viventi, storia, cronologia, sfera, geometria, logica, metafisica, poesia italiana, lingua latina, poesia latina ed eloquenza, e chiude questa classe con un colpo d’occliio sui convitti, collegi e seminari: nella seconda discorre deli’ Accademia, ia quale comprende gli studi di ornamento e di compimento; ed in questa entrano la matematica, 1’ astronomia, la fisica universale e sperimentale, la storia naturale, la chimica, la filologia, la lingua greca, le lingue orientali, 1’economia pubblica, il diritto di natura e delle genti, la storia e la diplo¬ matka, la storia ecclesiastica e la teologia morale: nella terza tratta delle Universita, a cui appartengono la teologia, il diritto civile, criminale e canonico, la medicina e fisiologia, la notomia e ostetrica, la botanica, la chirurgia e veterinaria, e chiude con utilissimi suggerimenti sulla costituzione delle Universita. Trattavasi in Milano della redenzione delle regalie ed i tribunale supremo di giustizia, depositario delle leggi, aveva canonizzato l’abuso della restituzione dei prezzi in ragione di lira, senza computare che la lira di tre secoli addietro conteneva tre volte F intrinseco delle correnti al tempo della redenzione. Questo divario era troppo dannoso ali’ interesse dei cittadini e di tutti gli individui gih aggravati nel sistema, ed il Carli tratth la causa d’ un immenso numero di possessori oppressi, e dietro le sue riflessioni e le ingegnose tabelle, fu flssata una legge con cui s’ impose nuovo ordine di equith alla redenzione, e si accordo un abbonamento a tutti quelli che erano stati danneggiati dalFantico calcolo. — Trattavasi al tempo stesso il vastissimo progetto di pagare i debiti dello Stato ascendenti a venti milioni, ed in questo si occuph il Carli dando nuovi suggerimenti dei mezzi di estinzione per sollevare le comunit&, giacche da queste si formano le provincie e dalle provincie lo Stato. — Trattavasi finalmente della rifusione generale delle monete nazionali e della tariffa delle estere; di questa pure si occupo il Carli, e dall’autorita sovrana venne ordinato quanto da lui fu proposto. Nonostante queste cure cosi gravi, uscirono 1’ Uorno libero(') e le Lettere americane, (*) (*) Sull’ Uomo libero lo stesso Carli scriveva nel 1778 : A Milano nessuno lo ha letto meno di due volte. Il cardinale Denini lo lesse quattro e dissemi che voleva impararlo a mente. Tutto il partito di Beccaria e di Rousseau s’ e voltato alla mia parte; cosicche egli medesimo si dimostra convinto, e dice che non credeva in argomento cosi antico e tanto discusso da filosofi e da giuspublieisti, di vedere tante cose nuove e non osservate da chicchessia. Il signor D’ Alembert scrisse ali’ abate Friši il 20 novembre : «L’ ouvrage de monsieur le President Carli m’ h paru d’ un magistrat philosophe aussi instruit. qu’ eclaire.» — Da molte parti sento un giudizio favorevole tanto piu apprezzabile e caro quanto che dato liberamente ad amici e non direttamente ali’ autore con cui quasi sempre suolsi usare indulgenza. Il barone di Sperger mi scrisse una lettera latina di cinque facciate fitte, entrando nell’ analisi della materia. — V. Prov. deli’ Istr. IV, 1870, n. 8, (E.) 314 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA libri si l’uno che l’altro monumento ragguardevole del suo sapere e della sua operositči. II primo e una confutazione al Contratlo sociale di Gian’ Iacopo Rousseau. II se- condo e piu ampio, piu dotto e piu interessante, e si comincio a stampare in Firenze nel 1780, e quindi riprodotto in Cremona ed in Milano, tradotto in inglese in francese ed in tedesco; ricercato ed applaudito in tutta 1' E ur op a colta e letterata. — Una cor- rispondenza famigliare tra il Carli ed il di lui cugino Girolamo Gravisi, cominciata, come dice 1’abate Bianchi(') per passatempo, e proseguita poi con piacere per sol- lievo delle cure piu gravi, ha dato origine nel 1777 alla formazione di quest’ opera. La prima parte della quale e tutta storica: in essa si rappresentano i costumi, gli usi, la religione ed i governi dei possessi d’ America, confutando pienamente il Paw autore del libro: Recherches philosophigues sur les Americains. ( 2 ) La seconda parte delle Američane e tutta ipotetica; versando sull’epoca e sul modo con cui forse i popoli deli’ Atlantide comunicarono coli’ America e col nostro continente. In questo ristretto non puo darsi un’ idea deli’ opera troppo vasta ed interessante. Questi lavori del Carli fatti nelle ore di sollievo, non poterono sfuggire all’in- vidia che lo pose in cattiva vista presso il monarca, volendolo far comparire inetto alle gravi cure a lui affidate; e perfino la dottrina, 1’erudizione e 1’indefesso studio di lui servirono di pretesto ai malevoli, quasi non si fossero potuti trovare insieme scienza e pubblico impiego. La sua salute era essenzialmente indebolita verso il 1780, in modo che egli sentrva non poter piu a lungo reggere nel laborioso incarico. Una grave malattia vi sopraggiunse, ed una colica epatica, che preparava i germi al futuro morbo, che doveva dar fine al viver suo: una contemporanea riforma della di lui magistratura, per cui non gli riusciva piu di decoro a sostenere la presidenza; il consiglio dei suoi arnici, tutto lo determinb ad implorare il riposo. — Chiese all’im- peratrice, ed ottenne poi da Giuseppe II la giubilazione eolFintiero onorario, accom- pagnata da tutte quelle espressioni che onorano nella piu ampia forma i servigi di un ministro irreprensibile: ma dopo un anno solo, in forza di legge normale estesa a tutto 1’impero, fu di un terzo diminuito il di lui assegnamento; e chi avrebbe potuto rilevare i motivi per eccepirlo dall’anzidetta riforma, o ebbe in vista solo 1’incremento del pubblico erario, o trascuro intieramente i meriti di un uomo cosi distinto. Obbligato a sostenere il decoro del suo grado e della carica di onore, senza piu averne i mezzi, oppose al disordine della privata economia un filosofico contegno; rinunziando al lusso, disprezzando i comodi, limitandosi alla piu scrupolosa decenza, fece colla sua virtu il principale ornamento del suo rango elevato, onorando cosi il suo carattere di Pre- sidente emerito, e di Consigliere di Stato. — In questa circostanza, cioe nel 1783, la procuratessa Tron si diede le maggiori premure perche venisse dali’ illuminato (*) (*) L’abate Bianchi (Isidoro, 1735-1807) era cremonese; fu professore a Ravenna ma poi visse ritirato nel monastero di Fonte Avellana dove alloggif) nella stessa eamera ehe aveva dato ospizio a Dante Alighieri. Ivi scrisse un’opera che gli acquist6 farna col titolo di Meditazioni su varii punti di felicith pubblica e privata. Pubblicb aneora: Discorso sul commercio della Sicilia, Morale del sentimento, Lettere sullo stato delle scienze in Danimarca ecc. ecc. S. T. (E.) ( 2 ) Paw o Pauw (Cornelio, 1739-1799) olandese di Amsterdam, scrisse oltre le Recherches ecc. no- minate qui dallo Stancovich, anche Ricerche sugli Egizi e sui Cinesi che levarono molto grido. S. T. (E.) CAPITOLO IV. 315 governo di Venezia eletto a Consultore di stato, ma egli oppose alle gentili offerte la sua inalterabile delicatezza di sentimenti, scusandosi di non poten senvire quella Repubblica dopo aver trattato gl’ interessi di un altro stato. (') II cavalier Rosa nel 1781 stampd le Cincgue lettere sopra una nuova teoria della circolazione e colorazione del sangue, della pulsazione, della respirazione, del calon animale e del principio della vitalitž,, una delle quali diresse al Carli, il quale geloso deli’ onore arrecato a tutta Italia con queste scoperte, e zelante di difenderle dagli attacchi di alcuni, si concentro nelle dottrine sparse in essa, diede in abbozzo un’ idea della grande opera del Rosa, dimostrando come il volume del sangue puro, che scorre nelle arterie, sia minore di un quinto della capacita delle arterie medesime; che un principio espansivo, analogo in natura a quello del calore, accresce il volume suddetto sino a riempire tutto quel vano; come entri nel sangue per via della respirazione, sia causa del calor animale, e sia 1’ origine del calore del sangue arterioso, e trovisi nelle arterie in istato d’ aggregazione e di sovrabbondanza, altrimenti che nelle vene, ove ha meno di sovrabbondanza e molto di aggregazione, avendo ancora meno della prima e piu della seconda nel sangue degli animali freddi, con altre importantissime applicazioni ed osservazioni per la vitale economia, e per 1’incremento di quelle facolta, che son dirette a conservarla. E singolare, che il Carli abbia potuto occuparsi di una materia tanto aliena dagli studi da lui coltivati; ed e ancora piu strano, come abbia potuto trattarla lodevolmente, a segno di comparire in pubblico con questo scritto tra i professori di quella scienza. ( 2 ) Scrisse pure in questo periodo di tempo 1’ operetta intitolata: Notizie compen- diose intorno a Pietro Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria, condannato da papa Paolo iii gnale aposlata ed eretico. Scopo di questo scritto diretto a Girolamo Gravisi, che si disponea a compilare le Notizie dei letterali istriani, non e precisamente di fare 1’ apologia di quel celebre vescovo letterato, sebbene nel principio si accenni potersi fare dopo dugento anni qualche tentativo per la difesa della di lui memoria:( 3 ) non si 6 preteso in quello scritto di esaminare, quali positivamente fossero i senti¬ menti del Vergerio intorno al dogma; ma anzi si h inserita i’ espressa protesta di *) In Iettera d. d. 27 luglio 1783, e pubblicata nell ’ Istria, lil, 1848, n. 43-44, dice: mi dolse il cuore di non essere stato in grado di accettare una distinzione che la Republica mi dava onorando il fine della mia vita, come mi onoro al principio di essa con l’ istituzione d’ una nuova cattedra in Padova la quale fini con la mia rinunzia. Queslo certamente e un fatto , che se da una parte onorerd la mia memoria, darh a conoscere dalValtra, come talvolta gli uomini sono costretti, loro malgrado, a rinunciare alla spontanea fortuna e comparire ingrati. (E.) ( 2 ) Un altro istriano, il celebre medico Santorio, avea fatto studi e ricerche importanti sul sangue e che servirono nel nostro secolo al progresso della scienza medica su tale materia. Oggi 1’Italia vanta, a tacere di molti altri, un insigne scrittore emologico in Carlo Maggiorani, medico, nato a Campagnano nel suburbio di Roma, professore emerito deli’ Universitk romana e presidente deli' aecademia medica della stessa cittk. (E.) ( 3 ) Vedi le note al n. 147 di quest’opera e il Processo di Pier’ Paolo Vergerio di L. A. Ferrai (Archivio storico italiano, torno XV, dispensa 2 del 1885, Firenze Vieusseux); nonehe le recensioni sull’ articolo del Ferrai nella Prov. dell’Istr. 1785 n.i 11, 12, 14, 16, 18, 19, 20, 23, 24 ; e i Documenti relativi al processo di Pier’ Paolo Vergerio nello stesso periodico, an. 1886. (E.) s3 316 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA disapprovarla, qualora fossero stati contrari alla vera credenza; si sono pero compilate per uno studio veritiero le notizie riguardanti il tempo delle nunziature, esercitate dal Vergerio fino alla di lui uscita dali’ Italia, vale a dire per lo spazio di 15 anni, in cui si comprendono le vicende piu singolari della di lui vita. Siccome per6 1’ opera grande della gioventu del Carli era stata quella delle Monete, 1’ opera grande della sua viriliti il libro delle Američane ; cosi 1’ opera grande destinata ad onorarne la canizie era il libro delle Antichita, Italiche. (') Il primo vohune comparve nel 1788, e ben tosto ne seguirono tre altri con un' appendice, e tale fu 1’accoglimento con cui venne ricevuto e tale lo spaccio rapido che se ne fece, che ben provo l’ammirazione concorde dei letterati e dei conoscitori, i quali si compiacquero di trovare in quei volumi raccolto e con facile metodo presentato un tesoro amplissimo di erudizione. In un ragionamento preliminare si dii un’ idea di tutta 1’ opera in vari articoli, che io accennero, non essendo mio assunto dare un’ esatta idea della vastiti delle materie trattate. Comincia il Carli pertanto a parlare intorno ai popoli d’Italia, che hanno preceduto la formazione del popolo di Roma; parla poi degli Etruschi, dei Pelasgi, e degli altri popoli aborigeni: Latini, Liguri, "Veneti, Istri, Japidi, Liburni, Dalmati, Illiri, ed altri circonvicini ali’ Italia, dando alcune opinioni sulle origini italiche, presentando le obiezioni generali, facendo vedere 1’incertezza delle etimologie; passa quindi a ragionare parzialmente dei Pelasgi oriundi Tirreni od Etruschi, e che gli Etruschi non sono venuti in Italia dali’ Asia; versa sopra la loro lingua, e le loro ar ti particolari, differenti dalle altre nazioni. ( 2 ) In seguito ragiona della scrittura e lingua latina, della fondazione di Roma, delle colonie dei Pelasgi alle foci del Po; degl’ Istri e dei Liguri; della diversa erudi¬ zione della Gallia Transpadana, della guerra istriana; illustra un trofeo della Giapidia, il grande arco dei Sergi in Pola, d;\ conto degli scrittori intorno alle cose deli’ Istria, fa vedere la falsita delle opinioni intorno ali’ Illirico, ed espone una notizia delle citta e luoghi deli’ Istria nominati dagli antichi scrittori, e geografi. Nella seconda parte ragiona della cittadinanza romana nella Gallia Cisalpina, e nell’ Istria; delle tribu, delle dignith in Roma, e nelle particolari cittci; degli dei, dei sacerdoti, e dei templi, specialmente di quello d’Augusto in Pola, con inscrizioni, e monumenti del- 1’ Istria, passa agli anfiteatri, parlando di quello di Roma, di quello d’ Italia in Ispagna, ( 4 ) In lettera 31 ottobre 1792 il Carli dice a proposito delle Antichita italiche: io ho terminata la mia carriera, bene o male che sia, con tre opere che hanno meritata la pubblica approvazione : Le monete, le Američane, le Antichith italiche. Le altre minori sono quello che sono; ma insomma la gallina non fa piu ova e basta che io pensi a conservarmi in salute. (E.) ( 2 ) Gli studi del Carli sulla lingua usata dagli Etruschi se diedero molti lumi agli eruditi poste- riori, non valsero perh a metterli ancora d’accordo se ella sia 1’indo-europea o la semitiea; che lo poche iscrizioni rimaste di quel popolo, uno dei piu singolari deli’ antichita, non bastarono a mettere in chiaro le indagini. Ultimamente perh furono rinvenuti molti cimeli, dei quali, se non altro, si comincia a conoscere meglio quella civilth, una dello piu vetuste d’Italia. Secondo C. Combi (Porta Or. — Studi storiografici intorno ali’ Istria, III, 1859) gli Etruschi sarebbero venuti anche nella nostra provincia, dinotandolo molti nomi di citta, di monti e fiumi (Mutila, Faveria, Ocra, il fiume Arsia ecc) qualche iscrizione recante il nome di Lucumone, molti simboli su monete, il culto di Diomede, di Giunone Feronia, di Diana ecc. (K.) CAPITOLO IV. 317 e di quello di Pola, dando di tutto tavole in rame: in fine una copiosa collezione d’ inscrizioni sepolcrali e militari, con un’ appendice di altre singolari antichiti deli’ Istria e di Aquileja, inedite. Nella terza parte in un supplemento della parte seconda riprende 1’ argomento deli’ anfiteatro di Pola, illustrandolo con nuove riflessioni ed interessanti osservazioni, vi aggiunge varie inedite inscrizioni, ed un illustrazione sulla tintoria della porpora in Cissa nell’ Istria. Nei libri poscia di questa terza parte tratta delle vicende politiche ed economiche d’ Italia, e particolarmente della Transpadana da Cesare sino ad Odoacre: quindi di quelle della Venezia, e deli’ Istria da Odoacre sino a Carlo Magno; e chiude con delle osservazioni storico- critiche sulla rinnovazione deli’ impero d’ Occidente e del regno d’ Italia. Nella quarta parte si diffonde nel discorrere degl’ imperatori, dei re d’ Italia da Carlo Magno sino al secolo XI, del diritto deli’ elezione di essi, delle varie cerimonie nella loro inco- ronazione, dello stato politico e civile di Roma in detto tempo, e deli’ origine della lingua italiana. Seguita poscia a dire dello stato politico e civile d’ Italia e parti¬ colarmente del Friuli e deli’ Istria da Carlo Magno sino al secolo XIII, del dominio e governo dei patriarchi di Aquileja nel Friuli e nell’Istria, e delle conquiste della Repubblica di Venezia, con un saggio di architettura del tempo di mezzo, ed un supplemento al torno V deli’ Italia sacra deli’ Uglielli, intorno ai vescovi deli’ Istria, notando i mancanti in ogni sede, col supplirvi ai medesimi. Seguita a tutto cid un quinto volume, detto appendice, in cui vi sono i documenti, dei quali si e fatto uso nella parte quarta: i documenti del feudo di Pietrapelosa, con critiche annotazioni intorno al cardinale Girolamo Aleandro seniore, un estratto patriarcale di Udine detto Thesaurus aguilejensis, ed i documenti cavati dagli originali del notaio Giovanni di Lupico e di altri notai patriarcali, risguardanti la storia civile ed ecclesiastica del Friuli e deli’ Istria: opera grandissima, dalla pubblicazione della quale non erano passati ancora due anni, che 1’ edizione copiosissima fatta dai monaci di S. Ambrogio in Milano era giil esaurita, e convenne per le ricerche non solo deli’ Italia, ma della Francia, della Germania e deiringhilterra farne una nuova ristampa, la quale 1’ autore infaticabile accrebbe e migliord notabilmente, ma che per la di lui morte non venne compita mancandovi l’ultimo volume. Pubblicd inoltre nel 1790, dirigendola ali’ abate Domenicb Testa, un’ erudita lettera Sulla scoperta deli’ America, ossia una confutazione della dissertazione di M. Otto, inserita nelle Transazioni della societa filosofica di Filadelfia, Vol, n. pa- gina 266, con cui rivendica ali’ Italia 1’ onore della scoperta deli’ America fatta da Cristoforo Colombo, ma attribuita dali’Otto a Martino Bohemo di Norimberga. (’) Morto nel 1790 1’ imperatore Giuseppe II, il di lui successore Leopoldo II per le saggie insinuazioni del principe di Kaunitz e del barone di Sperges, lo ripristino nell’ intiera sua pensione, ed i motivi che indussero a tale atto di giustizia sono espressi nel reale diploma, cioe: Fatto anclie riflesso, non solo ai buoni ed ulili (’) Che Colombo (1436-1506), nato presso Genova da un pannajuolo, sia stato lo scopritore del- 1’ America nessuno oggi si arrischierebbe di mettere in dubbio. Oltre il diario del suo viaggio scritto da lui stesso, veggansi gli scritti di Sanguinetti, Rosso, Spotorno, Torre, Irving, Reta, Lamartine, Ro- selly,- de Lorgues ecc. ecc. S. T. (E.) 318 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA servigi prestati dal supplicante in due successive cariche di presidente, ma ancora alta plausibile applicazione, con cui esso nell’ avanzata sua eta non cessa di rendersi ulile al pubblico con le sue fatiche letterarie ed erudite, le quali confermano vieppiu la riputazione e la celebritd, che si e egli acquistato nella repubblica letteraria, S. M. e venuta quindi a risolvere e ad assegnare di nuovo al soprannominato conte Carli la pensione sua primitiva di lire ventimille. Sorta la rivoluzione francese, il Carli scosso dai disordini e poco fidente nelle conseguenze di un generale sistema d’ illimitata uguaglianza, intraprese a ribattere i principi di Rousseau nel suo JDiscorso sull’ origine e i fondamenti della inegua- glianza tra gli uomini, con un apposito Ragionamento sulla disuguaglianza fisica, morale, civile tra gli uomini , letto alla Reale Accademia di Padova nel 15 maržo 1792. Quest’ opuscolo benche scritto. rapidamente, ebbe tale incontro e tale spaccio, che in breve tempo se ne replicarono in Italia le edizioni, e per ordine deli’ imperator e Fran- cesco I. fu anche tradotto ben tosto, e ristampato in tedesco. Negli ultimi suoi giorni amante del ritiro, si era procurata una piccola, ma acconcia abitazione in una campagna vicina a Milano, ed ivi passava qualche tempo negli estivi ardori tra gli amici e lo studio. Scrisse in una bella dissertazione: Della memoria artificiale, e dei professori di essa letta nel 1793 dall’abate Bettinelli (') nell’ accademia di Mantova. Anche nel santuario d’ Tgea pose il piede quest’ uomo enciclopedico. Attaccato spesso dalla podagra., disgustato deli’ efficacia dei rimedi credette sulla scorta d’ Ipocrate di trovarne la causa nel deposito agli arti, o ai piedi del sangue corrotto per la commistione della bile unita alla pituita. Per pre- venire adunque questa mistura, trovh bene di raddolcire la bile, e portarla negli intestini; ed immaginh di servirsi di un rimedio atto ancora alla guarigione dei dolori epatici e mesenterici, vale a dire deli’ emulsione dei šemi di lino alla dose di un quarto d’ oncia bolliti in acqua, o in brodo senza šale, coli’ alternativa di una inezza dramma di chinachina come tonico, tenendo il corpo discretamente purgato. Scrisse subito su di cio una lettera ragionata al chiarissimo P. Cortinovis segretario dell’accademia di Udine,( 2 ) il quale unitamente ad altri personaggi di varie parti d’Italia diede ragguaglio al Carli della bonth del rimedio; testimonianze tutte che raccolse in *) Saverio Bettinelli mantovano (1718-1808) serittore vario, brioso, erudito, ora quasi caduto in oblio. Si acquist6 meritamente la riprovazione delTuniversale per gli arditi e spropositati giudizii contro Dante nelle Lettere Virgiliane. (E.) ( 2 ) Il padre Angelo Maria Cortinovis, doltissimo friulano del secolo scorso, tenne continua corri- spondenza cpistolare con parecchi distinti istriani e scrisse anche di cose nostre, tra eni una lettera d. d. 19 maggio 1789 sulle Inscrizioni di Pola raccoltc dal Padre Antonio Lavezzari, ed un’ altra lettera sul nome di Opitergio e di Torgeste stampata dopo la sua morle. Si hanno di lui tra i molti lavori lasciati una dissertazione sopra le Specie di chiocciole che adoperavano gli antichi nel fabbricare la porpora; dissertazione seritta per illustrare le tintorie di porpora delPantica Cissa in Istria;— una dissertazione sopra la platina ed un’ altra sopra un sarcofago ritenuto della romana famiglia Eusebia ecc. Tra i Mss. Grav. B. si conservano parecehie di lui lettere autografe, tra cui una lettera sull'opuscolo apolo- getico di Girolamo Gravisi intorno ad Ottoniello Vida da Capodistria, e sopra 1’antico vescovado di Cit- tanova. Questa lettera porta la data di Udine 18 dicembre 1794, (E.) ČAPITOLO IV. 319 una seconda lettera al celobre padre Soave,{') ove anche impugna la teoria di Broion ,( 2 ) che la podagra provenga da debolezza, e debba trattarsi coli’ opio. ( 3 ) Di argomento medico e pure 1’ ultimo opuscolo, scritto da lui nel 1792, ed e una lettera all’abate Amorelti segretario della societa, patriotica di Milano ( 4 ), Sopra V elettricita animale e V apoplessia. In questa lettera si persuade il Carli, che: Ne’ corpi nostri e cli gran parte degli animali, regni un principio eleltrico, come principale agente in tutte le fisiohe operazioni, il quale in proporzione delle savie modificazioni e circostanze non solo interne, ma ancora atmosferiche, sia cagione di convulsioni, di spasimi, di affezioni morbose al cervello, e fino deli’ apoplessia. Su questo principio domanda ai professori di lisica, qual possa esserne il rimedio, e trova male a proposito 1’emissione di sangue; e sul supposto di una elettricitž, positiva e negativa nei nostri corpi, la quale passi promiscuamente dai muscoli ai nervi for- manti 1’ officio di altrettanti conduttori, col portare il vapore elettrico fino al cervello in forza maggiore, o minore, onde I’ apoplessia si genera e diviene anche mortale, credette di poter asserire, che si dovrebbe intercettare nei nervi e nei muscoli la corrente d’ elettricitž, prima che arrivasse il soggetto attaccato, e propose 1’ uso di forti e violenti legature e strettoi ai nervi crurali, ed alla regione superiore al ginocchio, provando alquanto vantaggiosa la pratica di tale suggerimento. Divish di stampare la sua corrispondenza epistolare voluminosa continuata per il corso di cinquanta e piu anni coi piu grand’ uomini d’Italia e del secolo, intorno ad oggetti di letteratura, la quale doveva servire ad utile delle scienze, ed alla storia letteraria de’ suoi tempi, premettendovi anche qualche notizia del merito, e del ca- rattere di ciascuno de’ suoi dottissimi corrispondenti, ma non ebbe il tempo di compiere questo lodevole disegno, mentre una spesso ricorrente epatide, accompagnata ancora sul fine dali’itterizia 1’obbligb a cercare qualche sollievo nelle acque di Valdagno presso Recoaro negli anni 1792 e 1794, trovandone lieve il vantaggio e frequente la ricorrenza del male. Forse la vita lungamente sedentaria, e la troppa applicazione allo studio, colla prurigine di medicarsi secondo il proprio avviso, e piu ancora 1’ abitudine di troppo frequentemente purgarsi, e la parte troppo vivamente preša (‘) Francesco Soave, svizzero di Lugano (1743-1806) somasco. Fu precettore a Parma, a Modena, a Pavia. Scrisse novelle pei fanciulli ed una grammatica latina che e ancora pregiata. Sono altri suoi lavori un trattato di Logica, di Metafisica e la Guida deli’ umano intelletto. E stimato anche come traduttore di Virgilio, di Gessner e di Blair. S. T. (E.) ( 2 ) Giovanni Brotvn scozzese di Bunde (1736-1788) medico; fondatore di un sistema che oggi e abbandonato. Secondo lui la maggior parte delle malattie derivava dal difetto di eccitamento ed insegnb ad abusare degli stimolanti, cioe di tutti que’ medicamenti che hanno la proprieta di ravvivarc piu o meno prontamente in modo manifesto 1’ azione organica dei vari sistemi deli’ economia. La sua teoria fu oppugnata dali’ italiano Rasori e dal prussiano Hufelan. Un medico istriano, Giovanni Gironcoli, trattb con molta erudizione sul sistema del Brown in parecchie lettere, non sempre oppugnando le idee dello scienziato scozzese. (E.) ( 3 ) In una lettera sulla podagra il Carli si attribuisce il merito di avere additato pel primo che 1' istriano Santorio fu 1’ inventore della siringa tricuspide, ripetuto poi da altri scrittori. Nella ricerca degli istrumenti inventati dal Santorio si valse in gran parte delle pazienti indagini del march. Girolamo Gravisi, come lo attestano alcune lettere autografe di ringraziamento del Carli allo stesso Gravisi. (E.) ( 4 ) Carlo Amoretti genovese (1741-1818) professore di diritto canonico in Roma, scienziato; scrisse specialmente sulla elettrometria animale. (E.) 320 BIOGRAFIA DEGLIUOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA nelle vicende politiche deli’ Europa, diedero 1’ ultima scossa al di lui fisico gih da qualche tempo debilitato. Alli 13 febbrajo del 1795 ricadde per 1’ ultima volta: avvertito del pericolo, non si scompose; con tranquillit& vide avvicinarsi il suo termine; non trascui'6 alcuna delle pratiche, che la sua pieth e la sua religione domandavano; diede ordine alle cose sue, e fino alle scientifiche e letterarie; senza ombra di spavento, o di timore, presente a se fino ali’ estremo, sereno in volto, faceto perfino nei motti collo scopo di consolare gli astanti, che s’ intenerivano sul di lui destino, cessb di vivere la sera dei 22; e volle esser sepolto in Cusano, eh’ era il suo Tusculano, e gli furono eretti due monumenti con iserizioni latine, 1’ una esempio di modestia, da lui abbozzata nel suo testamento; l’altra piu copiosa, dettata dal sentimento, e dalla riconoscenza. Fu memore de’ suoi servi fedeli, dei parenti, degli amici: e lascib il figlio erede non tanto della sua fortuna, quanto della sua gloria. Ecco le due inserizioni scolpite sui due monumenti: I. OSSA ■ IOAN • RINALDI • CARLI IVSTINOPOLITANI ANNO • 1795 • EX • TEST • H. S. S. QVO • PIE • ET • CONSTANTER DEC. IX • KAL • MARTII • ANN. AGENS . 75 STUDIO ■ ERUDITIONE • SCRIPTIS ET • PR1VATVS • ET ■ IN • MAGISTRATIBVS OPT • DE • R. P. MERITVS. II. D. O. M. COM. 10. RINALDI • CARLI • IVSTINOPOLITANI CONSIL • I. A. S. AVG. COMMEND. S.S. LAZZARI • ET ■ MAVRITII SVMMIS ■ MAGISTRATIBVS • FVNCTI QVI LABORIS • PATIENS • OTII • NESCIVS OMNIGENA • DOCTRINA ■ ET • SCRIPTIS PER • ANNOS • AMPLIVS • L. CLARVS ALTER ■ VARO . EST ■ HABITVS VIX ■ ANN. LXXV • OB. MDCCVC PROPE • TVMVLVM D. S. P. AMICI • MOESTISS. POSVERVNT. Fu grande, e benfatto della persona, di costituzione robusta, di bella e van- taggiosa presenza, conservata fino agli ultimi suoi giorni. Ebbe occhi vivaci, guar- datura piacevole, aria maestosa ed imponente. Tre ritratti abbiamo di lui a stampa; uno prešo dal busto erettogli dal cardinale Durini nella sua deliziosa villa vicino a Monza, pošto in fronte al primo volume delle di lui opere: un secondo, che io possiedo, inciso da Pietro Monaco, quando il Carli era nel flor deli’ eta: il terzo e la me- daglia, che orna 1’elogio storico del Bossi, e lo rappresenta in eth piuttosto avanzata. CAPITOLO IV. 321 Fu buono, giusto, benefico, sofferente; nato e vissuto in un secolo, in cui il libertinaggio e 1’ incredulitž, trionfavano, conservo sempre la piu pura morale, rispettb la purith dei dogmi, e ne’ suoi scritti, quando 1’ occasione gli si offerse, rese pubblica testimonianza deli’ integrita della sna fede. Fu ministro integerrimo, non tacque la veritci al suo sovrano: amico ali’ultimo grado, ebbe a dire: le mie inimicizie sono mortali, ma le mie amicizie sono immortali ed eterne. Ui quanto arnor patrio fosse animato il Carli e quanto zelo dimostrasse nel conser- vare alFItalia il suo decoro, di vendicarle i suoi diritti e l’onore di quelle scoperte, che 1’ invidiosa mania di scrittori oltramontani, o la nostra medesima incuria fece attribuire ad altre nazioni, apparisce specialmente in queste opere: nell’ Indole del teatra tragico vendica ali’ Italia la ristorazione della tragedia, e generalmente di tutti gli spettacoli teatrali: nella Teogonia di Esiodo, richiama due traduzioni fatte da italiani, ignorate, o trascurate dal Fabrizio ; nelle Osservazioni sulla mušica e segnatamente vendica a Padova 1’invenzione del pianoforte: nella Spedizione degli Argonauti rende giu- stizia a Flavio Gioja di aver navigato il primo coll’aiuto della bussola: nella Geografa primiliva attribuisce a Francesco Barocci, venelo, professore in Padova, la gloria delle piu esatte distinzioni di longitudini, latitudini, climi, paralleli, e meridiani, dai letterati per mancanza di dovuta considerazione attribuite ali’ oltrernontano Varemio: nella Bissertazione delle triremi sostiene contro Beslandes 1’ uso deli’ alfabeto marino molto anteriore in Venezia di quello che fosse nell’Ingliilterra: nelle Američane contende al Nollet la scoperta della causa della fosforescenza del mare gia indicata da lui medesimo e dal Vianelli; nelle Antichitd Italiche fa 1’Italia madre e datrice delle lettere allaFrancia: in altra dissertazione restituisce alla sua nazione la gloria della scoperta dell’America, e della Patria degli Italiani ; e nel Ragionamento sulle scoperte del Rosa, anima gl’ Italiani a difendere le proprie glorie, e a ricordarsi che hanno una patria di diritto e che son tenuti per legge naturale a promuoverne il vantaggio. Scrisse di tutto, e fu universale, enciclopedico, ma in molti suoi lavori egli e clas- sico, originale. Originale e classica e 1’ Opera delle monete: nuove, e non mai immaginate da alcuno sono le di lui idee intorno alla Teogonia: nuova intieramente e 1’epoca degli Argonauti, che avendo invano esercitato 1’ingegno di Newton, e non essendo stata, come dal Carli, condotta ad un grado di sicurezza, pub elevarsi al rango delle piu singolari scopeiie; nuova e la carta rettiflcata del loro viaggio; nuove sono le speculazioni sull’anfiteatro di Pola, le scoperte deli’ ordine. che era prima ignoto, le congetture sulla forma compita degli antichi anfiteatri, e sul velario: nuovo e il metodo degli Elementi di morale, gi& troppo dapprima senza frutto moltiplicati: nuova la spiega- zione immaginata delle triremi antiche: nuova finalmente 1’idea della teoria della terra, e della posizione deli’ Atlantide. — Prevenne in molte cose, come dalle epoche delle di lui opere, e dalle altrui si rileva, il Buffon; (') prevenne in altre Baillg (a), ( 2 ) in altre Marivetz, e piu di tutti Wallerius e Giraud Soularie, 1’uno (*) (*) Giorgio Luigi Leclerc di Buffon (1707-1788) nato a Montbard in Borgogna. Scrisse la Storia natu¬ rale in 15 volumi,che gli cost6quindicianni di studi; suocapolavoro e 1'opera Epoche della natura. S. T. (E.) (a) Lettera sull’ Atlantide di Platone, di Baillii 1779. ( 5 ) Silvano Bailly (1736-1793) di Parigi, astronomo, letterato, uomo politico. Fu condannato a morte dal tribunale rivolu/.ionario e con animo impavido scese il patibolo. La piu celebre delle suo opere e : Storia deli’ astronomia antica e moderna. S. T. (E.) 322 BIOGRAFU DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA sulla natura del sole, e sulla causa del calore, 1’ altro sul duplice cataclisma del globo, prima d’ acqua e poi di fuoco (a). Sull’ origine della initologia, deli’ idolatria, e dei culti antichi delle nazioni, spiego i medesimi prmcipii, clie recentemente sono esposti nell’ opera postuma di Condorcet ( b)\ ed aveva anclie in qualclie speculazione politica prevenuto i piu grandi economisti, tra gli altri il signor Necker ('); corae al nuovo pianeta, scoperto ai di lui giorni, impose il nome di Urano, ( 2 ) molto prima, che non il signor B6de( 3 ) astronomo di Berlino, e tal nome fu ricevuto e trasmesso alle venture eta (c). Cosi coperto di gloria, meritamente paragonato a Scipione Maffei, termind il corso della vita in etčt di anni settantacinque, einulo dei piu grandi ingegni d’ Italia, il piu celebre letterato e inagistrato che abbia prodotto 1’ Istria ( 4 ). OPERE Dl G. R. CARLI tratle dali’ edizione di S. Anibrogio di Milano del 1784. ( 5 ) TOMO I. 1. Sull’ impiego del denaro. 2. Ragionamento sopra i bilanci economici delle nazioni. 3. Del libero comrnercio dei grani. 4. Il censimento di Milano. 5. Saggio polilico ed economico sopra la Tuscana. TOMO II, III, IV, V, VI, VII, VIII. 6. Delle monete e deli’ istituzione delle zecche d’ Italia, deli’ antico e del presenie sistema di esse, del loro intrinseco valove, e rapporto colla presenie moneta per ulile delle pubbliche e private ragioni. ( 6 ) - (a) Nel 1780 Valerius stampb a Varsavia: De V origine du monde, et de la terre en particulier; e Giraud Soularie pubblicb la. Geographie de la nature, et Histoire naturelle de la France meridionale. (b) Esguisse d’ un tableau historigue des progres de l' esprit humain. Ouvrage posthume de Con¬ dorcet. Epoche II et III. (') Giacomo Necker ginevrino (1732-1804), controllore generale del Tesoro in Francia; sollecito la creazione d’ assemblee provinciali e vide abolire per sua tniziativa la manomorta nei regii dominii. Scrisse : Dell’ amministrazione delle finanze della Francia ; Del poiere esecutivo nei grandi Stati; Ultime vedute di politica e di finanze offerte alla nazione francese ecc. (E.) ( 2 ) Scopritore nei 1781 del pianeta Urano fu Federico Guglielmo Herschcl (1738-1848) del- 1' Annover. S. T. (E.) ( 3 ) L’astronomo Giovanni Bode d’Amburgo (1747-1826) compose un atlante celeste in 20 fogli che intitolb Uranografia. S. T. (E.) (c) Vedasi la data della lettera al signor abate Toaldo, ove trovasi 11 progetto dlmposizione del nome d’ Urano al pianeta di Herschel, ch’ e di due anni di data anteriore ai giornali letterarii di Ger- mania che annunziano questo nome anco dato dal signor Bode. La lettera si trova nell’opera T. IX. ( 4 ) Pietro Kandler lo saluta quale: Onore deli’Istria e fra i piu grandi ingegni del suo tempo. V. L’Istria, a. III, 1848, n. 43-44. (E.) ( 5 ) Altra edizione della medesima tipografia di S. Ambrogio e del 1786. (E.) ( 6 ) Fu pubblicata prima ali’ Haja (Venezia) nei 1751, e con giunte a Mantova nei 1754, a Piša nei 1757, a Lucca nei 1760 e a Bologna nei 1779. (E.) CAPITOLO IV. 223 TOMO IX. 7. Bella geografia primitiva. 8. Bissertazione epistolare sopra la magia e stregheria. 9. Iiagionamento sulla teoria del cavalier Rosa. 10. Belle triremi — dissertazione epistolare. 11. Belle navi turrite degli antichi. 12. Leiler a sopra uno scarabeo appartenente ai selte a Tebe. 13. Bella palria degli Italiani. TOMO X. 14. Bella spedizione degli Argonauti in Colco. ( 4 ) TOMO XI, XII, XIII, XIV. 15. Lettere americane ( 2 ). 16 Osservazioni sulla mušica antica e moderna. TOMO XV. 17. Notizie intorno a Pier ’ Paolo Vergerio vescovo di Capodistria. ( 3 ) 18. Bel dirilto metropolitano. 19. Bell’ antico vescovato emoniese. TOMO XVI. 20. La Teogonia. 21. L’ Antropologia. TOMO XVII. 22. Bell’ indole del teatro tragico antico e moderno. 23. La Lfigenia in Tauride. 24. Lellera al conte Mazzucchelli intorno ad una contesa letleraria. TOMO XVIII. 25. L’ uomo libero. 26. Nuovo metodo per le scuole pubbliche d’ Italia. 27. Istituzione civile, o sia elementi di morale per la gioventu. (') Fu slampata prima separatamonte nel 1744 in Venezia, tip. G. Batt. Recurti. (E.) ( 2 ) Un codice originale delle Americane trovasi nell’ Archivio Polesini in Parenzo. Esso venne regalato ai fratelli marchesi Benedetto e Francesco Polesini fu G. P. Sereno dal Dr. Angelo Sbisa di Rovigno. E grosso da 300 a 400 pagine ed ha in fondo legate due carte geografiche dalla nomenclatura francese. La prima e la carta marina delle parti settentrionali del Gran mare e delFOceano, — la seconda e la carta della parte delFOceano verso Fequatore fra le coste d’Africa e d’America. Le prime due parti delle Americane furono stampate in Firenze nel 1780 dagli editori del Nuovo Magazzino; edizione che riusci assai scorretta. Nel 1781 furono stampate, con assai diligenza, tre parti in Cremona da Lo- renzo Menini. L' opera completa delle Americane fu pubblicata poi in quattro volumi a Milano nel 1875 dalla tipografia del M. di S. Ambrogio. Prov. delFIstria, XV, 1881, 14. (E.) ( 3 ) Fu stampata anche a parte nel monastero di Sant’Ambrogio, col titolo : Notizie di P. P. Ver¬ gerio vescovo apostata di Capodistria, del diritto metropolitano di Milano e di Aquileja, e deli’ antico vescovato emoniense, di San Massimo vescovo e Martine. — Milano, 1786. (E.) 324 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA TOMO XIX. 28. Della memoria artificiale, 29. Della disuguaglianza fisica, morale, e civile fra gli uomini. 30. Della scoperta deli’ America. 31. Della incertezza delle epoche intorno la nascita e morte di Gesu Cristo. 32. Lettere due sulla podagra. 33. Sopra V elettricita animale, ossia mil’ apoplessia. STAMPATE SEPARATAMENTE 34. Lettera sulla dissertazione delle masnade di Mr. Fonlanini. Esiste nel T. xxv degli opuscoli del Padre CalogerA 35. Dissertazione sulla declinazione deli’ ago magnetico. 36. Vita della contessa Paolina Carli nata Rubbi, in foglio. (') 37. Delle Antichita Italiche, 1788 in 4°. Parte prima . . Vol. I. Parte seconda . . » II. Parte terza. ...» III. Parte quarta . . » IV. Appendice. . . . . » V. 38. Molte poesie stampate occasionalmente in diverse raccolte. MANOSCRITTE 39. Prolusione accademica recitata nell’ aprimento della nuova cattedra in Padova di scienza nautica e d’ astronomia. 40. Osservazioni sopra V orologio francese ed italiano, e sopra la misura del tempo. 41. Relazione del commercio e dei debiti delle comunita della Lombardia austriaca. 42. Moltissime consulte politiche ed economiche, relative al suo ministero. 43. Lettere a diversi celebri letterati, riguardanti per la maggior parte materie scientifiche e di erudizione. ( 2 ) (') II titolo e: Private dišavventure di una donna di vero spirito, ossia Vita della signora Paolina Rubbi contessa Carli Rubbi. Lucca, stamperia di F. M. Benedini, 1750. (E.) ( 2 ) L’ elenco alfabetico degli autori delle lettere contenute nella corrispondenza scientifico-lette- raria e stampato nella Prov. deli' Istr. an. XI, 1877, n. 20. In esso si vede 1’ esteso carteggio del Carli e vi si leggono tra altri, i celebri notni di Parini, di Beccaria, di Gozzi, di Goldoni, Boscovich, Benedetto XIV, Bettinelli, Bodoni, Calogera, Cesarotti, Donati, Friši, Fumagalli, Gori, Lanzi, Maffei, Poleni, Stellini, Stratico, Tartarotti, fratelli Verri, Ženo, cardinale Buoncompagni ecc. (E.) CAPITOLO IV. 325 SCRITTI DEL CARLI RIGUARDANTI L’ ISTRIA I seguenti scritti sull’ Istria furono stampati anche separatamente dal corpo delle opere carliane, per cui crediarao utile farne conoscere le separate edizioni in questa ristampa: 1. Intorno ad alcune monete , che nelle provincie del Friuli e deli’ Istria correvano ne’ tempi del dominio dei patriarchi aquilejesi. Lettera ali’ ab. Giuseppe Bini, protonotario apostolico e arciprete di Geraona. Nella raccolta d’ opuscoli Calogera, vol. XXV. — Venezia, 1741. 2. Relazione delle scoperte fatte nell’ anfiteatro di Pola nel mese di giugno 1750 con disegni. Venezia, G. B. Pasquali, 1750. I disegni sono del veneziano Francesco Monaco. 3. Delle antichiid romane deli' Istria. Libri due. Venezia, Francesco Storti, 1760. 4. Dei ricari, procuratori, capitani, marchesi, podesta, gastaldi ed altri uffici minori nella provincia deli’ Istria sino al secolo XV, e delle rendite della provincia in tali tempi. — Venezia, Francesco Storti, 1760. 5. Della condizione della citta di Giustinopoli o Gapodistria e delle altre cittd della, provincia sino al secolo XV, con le convenzioni, palti, trattati e alti corsi sino al detto tempo. — Venezia, Francesco Storti, 1760. 6. Del Marchesato deli’ Istria da Carlo Magno fino al principio del secolo XIII con la serie dei Marchesi, e della condizione di Giustinopoli o Capodistria in detto tempo. — Venezia, Francesco Storti, 1760. — Edizione rarissima.' 7. Del governo, magistrati, tributi e calamita della provincia d’Istria, dei Goti fino al secolo X, e deli’ antica condizione di Giustinopoli o Capodistria, nei secoli IX e X. Un opuscolo. Venezia, Francesco Storti, 1760. — Stampato pure assieme ad altre quattro, ciož alle tre seguenti, e alla prima. Altra edizione, assieme alle Antichitd di Capodistria fu stampata per cura di C. Combi a Capodistria coi tipi di G. Tondelli nel 1861. 8. Della costituzione geografica e civile deli’ Istria, Friuli e Dalmazia nel tempo di mezzo e della promiscuita dei loro nomi. Venezia, Francesco Storti, 1760. — Stampata assieme a quattro altre dissertazioni, relative alla storia deli’ Istria, in un volume in 4°, di pag. 201. Ne questi sono tutti gli scritti lasciati da Gian Rinaldo Carli, che molti ancora šene conservano in Istria (a Trieste, Capodistria, Pirano, Parenzo) ed in altri luoghi, specialmente a Milano. Parecehi ne possedeva la nobile famiglia Fecondo-Ronzoni, a lei pervenuti in eredita dal conte commendatore Agostino Carli, avo materno della egregia gentildonna Marianna nob. Fecondo consorte deli’ onorevole signor Dottor Giuseppe Ronzoni. Questi generosi signori li regalarono al Municipio di Capodistria, il quale ora, con diligente amore, li andrž, ordinando per custodirli tra i piu preziosi cimelii del suo ricco Archivio. Ben prima che pervenissero nelle mani del Municipio capo- distriano, 1’ illustre e benemerito Tomaso Luciani, li pote in parte esaminare a Ve¬ nezia, e ne da relazione dettagliata nel periodico La Provincia deli’ Istria, an. XI, 1877, n. 17; la quale relazione riportiamo qui per intero : 326 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. E giacche sono caduto col discorso sul celebre nostro Gian Rinaldo Garli, la- sciate ch’ io vi ricordi pubblicamente come molte delle carte di lui, e deli’ unico figlio suo, il commendatore Agostino, sieno per successioni di famiglia pervenute in ottime mani, nelie mani della nobile signora Marianna de Fecondo, unica figlia del- 1’ ultima figlia del conte Agostino, e consorte deli’ onorevolissimo dottor Giuseppe Ronzoni attuale Pretore del I mandamento di Bergamo. Sfortunatamente io non sono entrato in relazione coi nobili signori de Fecondo-Ronzoni che negli ultimi giorni della loro dimora in Venezia, proprio nell’atto che facevano, come si dice, i bauli: nullostante, grazie alla loro gentilezza, ho potuto vedere qualche cosa e prendere, sebbene in fretta, qualche copia e non poche note. Prima di tutto mi passarono sott’ occhio molte memorie e lettere riferentisi in istretto senso a fatti e interessi di famiglia, nonche un grosso manipolo di brevetti, diplomi, decreti d’ onore, fra’ quali i molti atti risguardanti le Commende dei SS. Maurizio e Lazzaro onde padre e figlio furono insigniti, e a tacere di qualche stampato raro, (ricordo uno relativo a Pietro Paolo Vergerio il juniore) e di altri svariati cimeli, vidi, incisi e dipinti, in piccolo e in grande, parecchi ritratti di famiglia. Fra questi il ritratto del C. Gian Rinaldo e della da lui tanto pianta sua prima moglie Paolina Rubbi, nonche quelli di quattro altri soggetti assai distinti del suo casato, cioe di Cesare, Simeone, Agostino e Girolamo. — Cesare figlio di Leonardo, visse nel secolo XIV, fu cavaliere del sacro romano impero, e condusse in moglie una contessa Eleonora Colloredo: Simeone (sec. XV) ebbe da Carlo VII re di Francia la onorevole e delicata missione di recarsi ad Innsbruck presso 1’Arciduca Federico d’Austria per istabilire solennemente il trattato di matrimonio tra la di lui figlia Radegonda e Sigismondo suo primogenito: Agostino (sec. XVII) fu Abbate infulato di S. Andrea Apostolo in Bistrin di Schiavonia, nominato tale dali’ Imperatore Leo- poldo I) e Girolamo (sec. XVIII), gia consigliere del regio tribunale d’ Appello in Milano, fu imperando in Austria Giuseppe II con aulico decreto 1 ottobre 1786, nominato Capitano di giustizia, ossia Capo della allora creata Curia collegiale cri- minale, e insieme Direttore Generale della polizia in quella importante citta. Ali’ infuori poi delle cose di famiglia, potei osservare e notare: 1. Una raccolta di documenti intorno alla storia del Friuli e delPIstria, nel tempo dei Patriarchi di Aquileja tratti specialmente dagli archivi notarili del Friuli. 2. Note e memorie delle cose successe nell’ Istria particolarmente sotto il patriarcato di Gregorio da Montelongo (1251-1269), tratte dalla vita che ne lascio Marc’ Antonio Nicoletti e dagli scritti deli’ Ab. Bini. 3. Altre memorie delle cose successe nell’ Istria sotto il patriarca Raimondo della Torre (1273-1299). 4. Una selva di notizie su vari luoghi deli’ Istria, estratte dali’ Italia sacra delPUghelli e da altre opere o stampa. 5. Altri brani di memorie, studi e corrispondenze sopra la storia e i monu- menti deli’ Istria, tratti dal Sanudo, dal Dandolo e da altre Opere MS. o stampate nel Muratori ed altrove. 6. Varie note e notizie intorno Capodistria, tratte dal lib. iv dei Commentari di Monsignor Tommasini, Commentari che ali’ epoca del Carli non erano ancora noti stam pati come lo sono al di d’oggi. CAPITOLO IV. 327 7. Una breve e succosa dissertazione contenente notizie storiche generali del- 1’ Istria, e particolari di Capodistria. 8. Una memoria, o lettera informativa intitolata: Descrizione dei luoghi piu, rinomati deli’ Istria, loro origine e loro presente costituzione. Porta la data di Flambro 29 agosto 1738, ha non poche lacune, e vi manca la cliiusa. — Nel 1737, il nostro Carli aveva 17 anni e a quell’ epoca in Flambro, piccola terra del Friuli, viveva 1’ abbate Bini, letterato distinto, suo maestro ed amico. 9. Brani di studi storici generali con applicazione ali’ Istria, e particolarmente a) sull’ ius italico ai tempi di Augusto. l>) sulle Leggi Longobarde. c) sulla origine dei Vescovadi istriani. 10. Una Apologia della Goro grafa ecclesiastica detla cittd c diocesi di Capodistria. 11. Yarie copie di Parti del Senato, nonche di Terminazioni, Prodorni ecc. di Magistrature venete relative a Raspo e ad altri luoghi dellTstria, dagli anni 1511 a 1514. 12. Alcune Ducali a favore della famiglia Tacco. 13. La minuta della sua Dissertazione sulla memoria artificiale e sui Pro- fessori di essa, letta per lui dali’ Ab. Bettinelli nell’ Accademia di Mantova 1’ anno 1792 o 93. Essa fu stampata dapprima a parte, poi nel 19° vol. delle sue Opere. 14. La minuta delle sue prime Lezioni di nautica date a Padova in lingua latina. 15. Una interessante — «Relatione di me Tomaso Tarsia Cavaliere Dragomano «Grande della Serenissima Repubblica di Venezia alla Porta Ottomana, con la «descritione del compendio delli successi piu essentiali accaduti nella guerra intrapresa «dai Turchi contro 1’ Ungheria 1’ anno 1683, — unita ad una ristretta narratione di «quel tanto di sinistro incorse alla mia persona e časa sino dopo la fuga del signor «Segret ar io Capello.» E in due esemplari di scrittura vecchia, uno dei quali potrebb’ «essere di mano dello stesso Tomaso Tarsia. Un fascio di memorie per la vita di Girolamo Muzio, raccolte giž. da Apostolo Ženo, da questi cedute al Carli, e dal Carli notabilmente aumentate e arricchite di nuovi appunti. — Da annotazione del Co. Agostino risulta che dette memorie furono lungo tempo in mano di quel Paolo Giaxich Sotto-Ispettore della Sanith marittima di Venezia, che scrisse poi, come seppe, la vita del Muzio, (Trieste tip. del Lloyd 1847). Avendo questa raccolta di memorie una speciale importanza, e pel contenuto e per le vicende subite, ve ne traserivo F elenco. a) fascicolo in 8° di carte 26, contenente due libri intieri, e il principio del terzo libro deli’ Egida poema in versi sciolti del Muzio. b) quadernetto di quattro carte in 4° contenente due canzoni dello stesso. c) quaderno di sette carte in 8° contenente un estratto fatto dallo Ženo delle me¬ morie del Petronio con sonetti del Varchi, e di Tullia d’Aragona, e 1’epitafio del Muzio scritto parimenti in un sonetto dello stesso Ženo. d) copia di lettera, in due carte in 8°, scritta al Muzio dal Cardinale Ferdinando de’ Medici nel 1575, 28 dicembre. e) fascicolo di carte manoscritte di varia grandezza, contenente memorie staccate sopra il Muzio, e lettere dello Ženo e del conte Giov. Maria Mazzucchelli sopra di esso, e due del marchese Capponi; aggiunte tredici carte sciolte, in tutto carte scritte 71, 328 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA f) fascicoletto di carte quattro scritte dal marchese Girolamo Gravisi sopra il Muzio. g) fascicolo di carte 41, comprese alcune sciolte, contenenti note e memorie sullo Stesso Muzio, scritte dal marchese Giuseppe Gravisi. h) fascicolo di carte sette in foglio, scritte di mano del P. Pellegrini Bibliotecario della Zeniana sopra il Muzio. Fra le altre v’ ha una bella epistola in versi de- scrivente la villa della Panaretta del marchese Capponi, ove il Muzio mori. i) carte n. 82 in foglio contenenti n. 172 lettere, la maggior parte del Muzio, copiate, per compiacere al Carli, dali’Ab. Don Giuseppe Tamagno. Dissi la maggior parte perche sfogliando il fascicolo incontrai qualche lettera che non e del Muzio, ma a lui diretta e qualche memoria che non e in forma di lettera. I) memorie sopra il Muzio, scritte nella massima parte di mano del C. Gio. Rinaldo. Sono carte 12, delle quali 6 scritte, e contengono una specie d’indice ragionato delle lettere qui sopra indicate, che sono in conclusione la copia del noto Codice Riccardiano. Corona di tutto poi ho potuto vedere: 17. la — «Corrispondenza scientifico-letteraria del Presidente conte Gio. Rinaldo «Carli cogli uomini piii illustri italiani ed esteri, trascritta nitidamente in due volumi «in foglio, scelta e corretta (in piccola parte) dallo stesso Presidente.» I due volumi con una appendice contano oltre 2000 pagine e contengono (s. c.) 101 lettera del Carli e 1089 di altri dirette a lui. La prima lettera 6 dei 13 agosto 1793; 1’ aggiunta o appendice contiene lettere degli anni 1785-86-87 e 88. Sul proposito di questa Corrispondenza non ispendo parola, perchž il migliore commento sarA 1’ elenco degli autori delle lettere in essa comprese, elenco che ho il vantaggio di potervi esibire insieme alla dissertazione registrata piu sopra al n. 7, e alle memorie della famiglia Carli estratte dal noto MS. di Prospero Petronio — Memorie sacre e profane deli’ Istria. Come capirete non tutti gli scritti enumerati fin qui hanno eguale importanza; alcuni anzi non sono che il primo materiale ed abbozzo di studi ai quali il dotto e infaticabile autore diede piu tardi rnaggiore sviluppo e corrono giii da quasi un secolo per le stampe separati e compresi nelle Antichila italichc, e nei diecinove volumi delle altre sue Opere , e nella Iiaccolta Calogerd. Nullostante per noi istriani hanno tutti una speciale e direi quasi una eccezionale importanza. (E.) Parlarono del Carli oltre i nominati nella Biografia, molti stranieri, tra cui Tedeschi, Francesi ed Inglesi; nonche la Biografia degli italiani illustri, Yenezia, 1834, di E. Tipaldo; il Teatro universale, T. III, 9 — Torino 1386; il Dizionario di economia polilica di C. Coquelin e Guillaumain; Mantova, Caranenti, 1855; il celebre Say nel Traite d’ economie politique\ il Dandolo nell’opera La caduta della repubblica di Venezkr, Venezia, Naratovich, 1855; Vincenzo De Castro nella Bio¬ grafia degli illustri istriani, inserita nella Geografa storica universale, Milano, Pagnoni, 1856; L’Osservalore Triestino; il Monumento di carita, strenna, Trieste, 1857; la Porta Orientale, anno I, Fiuine, Rezza, 1857; L’ Enciclopedia torinese del Pomba; Pietro Kandler nell’ Istria e in altri suoi scritti; Il popolano deli’ Istria di Michele Fachinetti; Tomaso Luciani nella monografia di Capodistria inserita nel Dizionario del Dr. Vallardi ed in altri suoi lavori; il Dizionario universale dello Straforello e Treves; T Archeografo triestino del Dr. D. Rossetti e quello diretto dal CAPITOLO IV. 329 I)i'. Attilio Hortis; le Effemeridi istriane dell’ab. A. Marsich, l’avv. A. Madonizza nell’ Almanacco istriano, il Dr. B. Benussi nel Manuale di geografia e storia del- V Istria, il De Franceschi nell’ Istria - Note storiche; Carlo Combi in molti suoi scritti tra cui nella Rivendicazione deli’Istria agli studi italiani; il prof. Amato Amati nel- F opera Gesare Beccaria e V abolizione detla pena di morte; Cesare Cantu nella Storia di Milano; vari periodici come V Istria del Dr. M. Tamaro, 1’ Unione del Dr. D. Manzoni, la Provincia di N. de Madonizza ecc. ecc. Col nome di Gian’ Rinaldo Carli s’ intitolava in Milano un periodico educativo ed un circolo pedagogico; Gian’Rinaldo Carli s’intitola pure un piroscafo della societa capodistriana di navigazione. Sugli scritti del Carli e intorno alla sua vita il Saggio di Bibliografia Istriana registra n.i trentuno. — (E.) 244. — SPONZA Nicolo, (1797) dottore in ambe le leggi, da Rovigno, fornito di non ordinaria dottrina, fu canonico di San Marco in Roma, socio di piu Accademie, pro- fessore nell’ Universiti di Bologna, consigliere e priore dei Leggisti, principe del- 1’ Accademia degli Ardenti. Diede alle stampe varie opere, e ne lascio d’ inedite; cesso di vivere in Firenze nel 1797. Siccome lo Sponza visse sempre lontano dalla patria, non si 6 potuto rinvenire di lui in Rovigno alcun documento; ma le accennate notizie sono pubblicamente note in quella cittA. In avvenire da qualche zelante di lui concittadino si potranno estendere, aumentare, e formare un articolo ragionato, e documentato; rnentre senza documenti non si scrivono che favole. Ne fa cenno T Angelini nelle Šestine. (') 245. — SCHIAVUZZI padre Antonio delle Scuole Pie, (1799) daPirano. Fu per qua- ranta e piu anni professore di Belle lettefe nel Collegio nazareno in Roma, ed in quello degli Scolopi in Capodistria. Egli era fornito di memoria straordinaria, sapeva da capo a fondo Virgilio, Orazio, la maggior parte delle orazioni di Cicerone, ed il Tasso. Cid che ancor piu 6 da mirarsi, improvvisava elegantemente in versi italiani, seguendo ,qualunque metro che gli fosse dato, come pure in distici latini. Per quanto mi e noto egli non diede cosa alcuna alle stampe, forse- per effetto di umiltA Avendo lasciato dei manoscritti io gli do il pošto fra i letterati. ( 2 ) 246. — FONDA padre Girolamo Maria da Pirano, (1800) chierico i’egolare scolopo. Studio le lettere nel patrio collegio, apprese le filosofiche nozioni nel Nazareno in Roma, fu Lettore della filosofia in quello di Sinigalia, vicerettore per qualche tempo nel Collegio e Seminario di Capodistria, e poscia successore al p. Jacguier nella cattedra (') Queste Šestine furono stampate nelle Memorie di Rovigno raccolte dal Dr. Felice Glezer — Pola, tip. L. Bontempo, 1885. Portano il titolo : Šestine in difesa di Rovigno contro 1’ ab. Lazzaro Spal- lanzani di Giuseppe Angelini. L’ Angelini loda lo Sponza nella sestina 6, parte II. — Altri Sponza di Rovigno furono soggetti distinti, tra cui Giuseppe, medico fisico morto nel 1680, Filippo, dottore in medicina, professore ali’ Universith di Padova, morto in Roma nel 1869, Pietro Sponza Marasca, navigante, nemico dichiarato dei pirati. V. o. c. del Dr. Glezer. (E.) ( 2 ) Il padre Schiavuzzi fu anche recentemente ricordato nell’ Istria dal Dr. M. Tamaro, nella Penna e nella Provincia. Il Dr. F. Glezer pubblicb di lui un poemetto coi tipi Bontempo di Pola, 1886, lodato dal prof. P. Tedeschi come ottimo testimonio della coltura istriana, che riempie forse un vuoto nella storia delle lettere in questa non ultima regione d’ Italia. Prov. deli’ Istr. XX, n. 16. (E.) 330 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA di fisica nella Sapienza di Roma. Varie produzioni letterarie e filosofiche diede alle stampe, cioe: Elementi di architettura civile e militare, ad uso del collegio nazareno, parti 2, Vol. i, in 4° con figure, Roma 1764, il quale fu tradotto nelle lingue spa- gnuola e francese; una Memoria sopra la maniera di preservare gli edifizi dal fulmine, pubblicata in Roma nel 1770 in 8° grande; ed un’altra ancora Sull’in¬ trigo delVorecchio. Cessb di vivere intorno l’anno 1801. (Moschini Lett. Ven. Tomo IV. pag. 103). 247. — ARTUSI Giovanni, (1800) dottore di Sacra Teologia, da Parenzo, esimio predicatore in provincia, a Trieste, Gorizia, ed in varie altre illustri cittA dTtalia. Diede alle stampe molte orazioni, e parzialmente nel 1772 un’ Orazione Panegirica per 1’ ingresso a Pola del vescovo M. Francesco Polesini, e nel 1778 altra per il traslato del medešimo a vescovo di Parenzo. Parla deli’ Artusi il Vergottini nel Saggio storico. (') 248. — VERGOTTINI Bartolomeo, nobile di Parenzo, (1801), nel 1795 pubblico un opuscolo colle stampe di Modesto Fenzo in Venezia: Ragguaglio storico dei primi popoli, e delle antichitd romane deli’ Mustre cittd di Pola. Diede pure alla luce altro opuscolo nel 1796, colle stampe dello stesso Fenzo col titolo: Breve saggio d’istoria antica e moderna delta cittd di Parenzo nell’ Istria. In questo scritto volle attribuire alla sua cittž, il nome di Egida, che incon- trastabilmente cosi in antico chiamavasi Capodistria. Il marchese Girolamo Gravisi le rivendico questo nome nelFanno stesso con un opuscolo intitolato : Considerazioni apologeticlie di un accademico romano-zonziaco e giustinopolitano. Tocco il Vergottini dali’ amor priprio non tacque, ma con altro opuscolo del 1797, stampato da Pietro Savioni in Venezia, col titolo: Riflessioni deli’autore del Saggio d’ istoria detla cittd di Parenzo, accademico di Parenzo, rispose al Gravisi, et cjuoniam jacta est alea, tento di sostenere 1’ evidente errore. Pubblico inoltre nel 1801 colle stampe di Giacomo Costantini di Venezia, una Pissertazione storico-critica del piu vero primo titolo giurisdizionale dei vescovi di Parenzo nel distretto d’ Orsara, colla dediča al cardinale Sle/dno Borgia. Noi dobbiamo buon grado al Vergottini, che illustro la sua patria, e diede saggio del suo buon volere con questi opuscoli, opportuni a rischiarare alcuni punti delle cose provinciali, e ci duole, che nel mezzo della sua fiorente e ta, sia stato da morte rapito, e sieno rimaste tronche le nostre speranze ad ulteriori lavori, utilissimi alla storia patria. ( 2 ) 249. — SINCICH Lorenzo da Parenzo, (1803) buon cultore della lingua del Lazio, cesso di vivere in Capodistria nel 1803. Il suo cadavere fu onorevolmente trasportato in (’) Scrisse ancora 1’Artusi: Un’Orazione pel 36.° anniversario della consacrazione del vescovo di Parenzo Mons. Gaspare Negri — Venezia, 1767; — un’Orazione funebre per lo stesso vescovo— 1778. — Vedi Sagg. di bibl. istr. (E.) ( 2 ) Il Vergottini scrisse ancora altre opere registrate nel p. c. Saggio di Bibl. istriana e sono : Dell’ antica Alvona o Albona d' oggidi e di un antro stalagmitico ivi scoperto V anno 1796. La dedicb a sua eccellenza Giacomo Nani di Venezia. — Dell’ antica origine, vicende e stato di Rovigno. (Ms. Kandler). (E.) CAPITOLO IV. 331 patria, ove godeva pubblica estimazione. Lasci6 inediti, per quanto mi fu comunicato dal dotto consigliere Albertini: (') 1. Varie elegie latine. 2. La Stefaneide. Poema in versi latini. 250. — MARCHESINI dottor Marceilo, (1805) giureconsulto e poeta( 2 ), nacque in Pinguente l’anno 1754, il di lui padre fu ragionato della camera fiscale. Studio nel collegio di Capodistria, e cjuindi nell’ universitž, di Padova, ove ottenne la laurea dottorale. Esercito in Yenezia 1’avvocatura, in cui si distinse e colla parola e colla penna; ma gli convenne lasciarla e trasferirsi a Napoli, ove fu annoverato con de- creto fra gli avvocati, e poco appresso fu invitato con assegno mensile di quaranta scudi a scrivere drammi per il teatro S. Carlo; come diffatti ne compose, posti gih in mušica e stampati, fra i quali si distinguono il Telemaco e la Partenope liberata. In Napoli nel 1793 diede alle stampe il suo Saggio di economia politica, ossia rifles- sioni sullo spirito della legislazione relativamente ali’ agricoltura, alla popolazione, alle arti e manifatture ed al commercio, e lo dedico al re Perdinando. ( 3 ) Nel seguente 1794 stampo due traduzioni della Poetica di Orazio, 1’ una in prosa letterale con note, e 1’ altra in versi sciolti; come tra il 1793 e 1796 pubblico varie lettere, sparse nel giornale veneto deli’ Aglietti, le quali versano intorno ad alcune opere del Canova. Per desiderio di sottrarsi al nembo, che minacciava la cittA di Napoli, si condusse a Roma gi& preceduto dalla farna. Cola fu arruolato fra gli avvocati concistoriali, e fu eletto principe deli ' Accadernia dei Lincei, e di quella deli ’ Arcadia, aprendo la prima con un discorso Della mušica, e la seconda coli ’ Elogio di S. Pietro ; opere ambedue gia pubblicate colle stampe. Neli’ anno 1803 fondo una nuova colonia di Arcadia nella citta di Frosinone (nella provincia di Roma con 10000 abitanti); ma questo letterato distinto, nel giorno 25' luglio 1806, in Roma, fu rapito da morte nelleti ancor fresca di anni cinquantadue, per cui rimase il pubblico defraudato di 0) Questo consigliere Albertini era un altro distinto parenzano, di nome Antonio, e fu nipote del- 1’ illustre padre Giorgio Maria Albertini nominato dallo Stancovich al n. 252. Fu consigliere d’ appello in Venezia e lascib pregevoli scritti nelle materie criminali, nonche in argomenti letterari. Si hanno di lui tra altro le seguenti opere : I rustici deli’ Istria meridionale, ossia ricerche storico-giuridiche dirette a scoprire le cagioni dei frequenti delitti di rapina in quella provincia. Opera inedita, scritta dopo il 1820. — Epulo ro degl’ Istri, tragedia corredata di note storiche. Venezia, F. Andreola, 1827. — Una lettera a M. Battaggia intorno alla persona del padre Giorgio Maria Albertini. Treviso, Andreola, 1820 ecc. Parlarono di Antonio Albertini la Biografia degli italiani illustri ecc. di E. de Tipaldo, G. I. Fon¬ tana, il Poligrafe di Verona, Giuseppe Bianchetti ed altri. — Vedi dell’Albertini anche le Notizie degli istriani viventi nel 1829 del can. Pietro Stancovich di Barbana, Parenzo, tip. G. Coana, 1884. (E.) ( 2 ) T. Luciani lo dice giureconsulto, economista , letterato e poeta. A. Errera lo descrive cosi: «Strano economista invero cotesto elogiatore deli’Arcadia di S. Luigi Gonzaga e serittore di lettere sul Canova. Questo principe delFAccademia dei Lincei legge un discorso sulla mušica: e mentre si da al- 1’ avvocatura, nelle ore di ozio traduce Orazio in vcrso o in prosa, e va poetando sul Telemaco e sulla Partenope liberata .» V. Prov. deli’ Istria, an. XI, n. 17, 18. (E.) ( 3 ) T. Luciani cosi scrive nella Provincia deli’ Istria, a. XI, n. 17 di questo Saggio : «E bene che sia meglio conosciuta la di lui opera di economia, la quale, se anche non e interamente nelta degli errori e pregiudizii deli’ epoca, contiene pero molti tratti di soda scienza, e dei lampi, quasi a dire, di prescienza.)* (E.) 332 BIOGRAFIA DEGLI UOMIRI DISTINTI DELL’ ISTRIA tante altre erudite dissertazioni che lascid manoscritte. Moschini Giannantonio nellct Letteratura Venezicma. T. II, p. 275, T. III, p. 103, T. IV, p. 107. (') Crediamo importante di far conoscere qui un giudizio che dž, l’illustre econo- mista Alberto Errera di Venezia sopra quella parte del Saggio di economia polilica lasciatoci dal nostro Marchesini, che risguarda le Idee snlla libertA di commercio e altri concetti economici (V. Giorn. Napol. Vol. V, — Giugno 1877). «E veramente degno di grande elogio (dice l’Ei’rera) questo nostro sconoseiuto Economista per le sue idee sulla libertS.. Nella parte I. a cap. XXVII della sna opera egli dice sulla libertd dello spaccio detle derrate ottime cose: combatte V incauto servaggio nel guale alcuni governi tengono inceppato lo spaccio delle derrate (p. 93); narra, con sagace erudizione, le vicende di alcuni Stati a lui contemporanei, a tale riguardo. Bene anche determina una questione, che soltanto ora il Roscher ha dot- tamente chiarita, sulla localizzazione delle Industrie: dimostra in un capitolo speciale (il secondo della p. III) che non tutle le arti e tutte le munifatture possono indi- stintamente convenire a tutti gli stati e a tutte le popolazioni, nelle condizioni diverse nelle quali si trovano. Ma l’A. guasta taluno splendido concetto su cid ripetendo un pregiudizio del secolo (giA anche allora combattuto dai migliori economisti) sull'ec- cezione da farsi per 1 ’ agricollura, con le arti attenenti, che devono essere inlrodotle e sostenute da per tutto! (ib. p. 230). Il cap. IV della p. III, contiene principi economici liberalissimi sui privilegi esclusivi e i diritti di magister o. Combatte acremente, con molto impeto, brio e novitit di concetto, 1’ ingerenza del Governo nel dare a uno o a pochi individui 1’ esercizio particolare di arti che devono essere libere per potere prosperare. Egli ha su cio pagine cosi belle e piene di tali verith che noi oggi nel secolo XIX, non potremmo dire meglio. Ne si pud affermare che esagerasse nell’ invettive contro i monopoli: in vero, nel mentre eccita il legislatore a toglierli di mezzo, con molta saviezza lo consiglia a venire invece in soccorso con doni, premi, munilicenze, gratificazioni, a coloro i quali riescono eccellenti in un’ arte o in un mestiere, e fanno discoperte, o perfezio- namenti, degni di lode. Combatte le tirannie delle corporazioni di arti e mestieri, e i lacci falalissimi del garzonato obbligatorio e determinato da leggi (p. 243). Anche qui, con giusta misura e savio criterio, se vuol togliere le pastoie, de- sidera che perf> sia mantenuta quella disciplina, che anche noi reputiamo necessaria pel progresso delle arti e delle industrie, nel tempo moderno (p. 244-5). Ha anche ottime idee sull’ ingerimento dello Stato per universalizzare le piu ulili cognizioni e sostenere i dispendi i piu considerevoli a tal uopo (p. 240). E accurato e giudiziosissimo il cap. VIII (p. III) sulla utilita delle macchine, ed egregiamente combatte i pregiudizi che si elevarono contro di esse, e ne dimostra la somma utilitA» (E.) 251. — ANGELINI Antonio da Rovigno (1808), egregio cultore delle muse, e dotto giureconsulto, univa all’integrit4 della vita la pietA religiosa, ed in patria godeva una (’) Nolizie del Marchesini si leggono anche nel Dizionario cor. delVIlalia , Milano, Vallardi 1869 nell' Unione cron. cap., an. IV, n. 20. (E.) CAPITOLO IV. 333 riputazione onorevole, avendo sostenuto peranco delle magistrature. Di lui esiste una doviziosa collezione ms. di cose patrie, che pregio deli'opera sarebbe ridurla a rego- laritti e renderla di pubblico diritto. Pubblicb varie composizioni poetiche volanti od inserte in raccolte del momento; e colle stampe di Manuzzi in Venezia nel 1780 una canzone spirituale intitolata: Verbum caro, corredata di annotazioni, la quale si canta piamente da quel popolo anche al giorno d’oggi, e se ne rammenta la memoria delTautore, il quale termine in patria i suoi giorni nel 1808. (') 252. — ALBERTINI padre Giorgio Maria, dell'ordine di San Domenico della Con- gregazione del beato Salomone (1810), nacque in Parenzo nel 1732, ( 2 ) fu lettore di fi- losofia e predicatore nelle principali citth dTtalia, tra le quali Roma, Napoli e Venezia. Nel 1787 chiamato a Roma dal cardinale Antonelli, fu incaricato a trattare le celebri questioni relative agli Armeni cattolici esistenti nell’ impero ottomano, sopra le quali serisse una dissertazione polemico-critiea, che fu trovata inedita in due volumi tra le sue carte. II pontefice Pio VI nel 1789 lo nomino professore di Teologia nel col- legio di Propaganda, e nel 1791 con onorevole decreto del veneto senato 24 aprile fu traslocato da Roma a Padova qual professore primario di Teologia dogmatica in quella universith, e successore al rinomato padre Valsecchi, nella qual cattedra vi rim ase sino alla fine deli’ anno 1806 in cui venne soppressa. ( 3 ) Ritorno allora in patria, dove nel 1808 venne con sovrano decreto nominato membro del collegio elet- torale dei dotti del regno d’ Italia, per il dipartimento del Brenta in colleganza a Melchiorre Cesarotti. Termine i suoi giorni in patria nel 1810 colmo di meriti, di virtu religiose e di carith verso i poveri, compianto da tutti. Chi bramasse maggiori notizie della sua persona e de’ suoi seritti p o tra rivol- gersi: I. Alle sei lettere indirizzategli dal conte Muzani canonico e penitenziere di Vicenza stampate nella tipografia Parise 1804, 1806. II, Giornale di Padova, Pasquali, 1789, semestre secondo, parte seconda. III. Lettera del signor Michiele Battaglia al signor arciprete Monaco, Treviso per Andreola 1821. IV. Letteda del signor consigliere di Appello in Venezia Antonio Albertini nipote paterno del nostro professore in nulla degenere dalle virtu dello zio, e commendabile per seritti pubblicati nella scienza criminale e nelle belle lettere, la quale e inserta nel numero XXIII del giornale (') Il Kandler nell’ Istria 'prfbblicb di Antonio Angelini nell’ an, IV, 1849 : Alcuni cenni sopra Santa Eufemia di Calcedonia, la ehiesa parrocchiale di Rovigno e questa citta; cenni ristampati nell’o- puscolo Omaggio e pieth, Venezia, Longo, 1858; — Sopra Santa Eufemia di Calcedonia o piu precisa- mente sul prodigioso approdo dol di loi corpo in Rovigno vedi anche gli articoli di mons. can. P. Tomaso Caonazzo di Rovigno negli Atti e Memorie della Societa istr. di arch. e štor. pat. fasc. S e 4; Parenzo, Coana, 1886; nonche gli articoli del prof. Paolo Tedeschi nella Prov. deli’Istria, ann. XX, n. 10 e 11, del Dott. Bernardo Benussi per. id. n. 12. Pubblicd puro il Kandler negli anni V, VI, VII del citato suo periodico il seguente lavoro di Antonio Angelini: Alcuni podesth veneti di Rovigno ed aleune memorie patrie. — Rovigno vanta altri distinti della famiglia Angelini. Nomineremo qui oltre il gia ricordato piu sopra, il botanico Giacomo Angelini morto nell’ anno 1806, il Dr. Giuseppe Angelini, let- terato e giureconsulto, il Dr. Giacomo Angelini, filantropo e poeta morto nel 1858 ece. (E.) ( 2 ) Nacque a Parenzo da Antonio ed Elena Salomoni li 29 febbraio 1732, ivi mori li 29 aprile 1792. (E.) ( 3 ) «Cosi il nome deli’ istriano Albertini era bello fra quello degli altri professori italiani: Bo- niollo, Caldani, Gallino, Cesarotti ed altri, riveriti non solo dallTtalia ma dall’Europa.» V. Il Popolano deli'Istria, 1851, n. 59, che ha deli’Albertini un cenno biografico. (E.) 334 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA delle scienze e lettere delle provincie venete, in cui si dž, conto di tutte le opere inedite del professore Albertini. (’) Io dard qui di seguito il catalogo di tutte le produzioni di questo nostro dottissimo concittadino: OPERE STAMPATE 1. Dissertazione apologetica intorno al giubileo, in 4.°, Venezia 1777. 2. Elementi di lingua latina, in 8.°, Venezia 1780. 3. Osservazioni sull' antifilosofo militare, in 8.°, Ferrara 1781. 4. In funere Rev. Patr. Paschalis a Varisio, in 4.°, Romae 1791. 5. Piano geometrico e scritturale per fissare un giuslo punto nella cronologia, in 4°, Venezia presso Zatta, 1797. 6. Acroases, volumi quattro, ed un quinto relativo, in 4°, Padova 1798, 1802. 7. Analisi del discorso d’ un fdosofo, e di due dissertazioni, una delle quali del- V ab. Baldi, in 8°, Venezia, 1803. 8. Orationes duae, epistolae tres, et dissertatio contra Dominicum Pellegrini, Pa¬ dova 1808. OPERE INEDITE 1. La predetta disserlazione polemico-critica. 2. Disserlazione sul sinodo di Pistoja. 3. Varie dissertazioni sul prinio fonte dei dogmi, e dei riti sacri del gentilesimo, ed altri punti. 4. Memoria sopra la cappellania Corsini. 5. Sermo coram summo Pontifici Pio VI, anno 1789. 6. Lettera ali’autore anonimo della dissertazione Intorno V esistenza di Dio dimo- strata da teoremi geometrici, stampata in Udine nel 1777. 7. Note sul catechismo per la citld, e diocesi di Piacenza. 8. Analisi della dissertazione sulla caritd, pubblicata ‘da Giov. Vincenzo Bolgini in Roma nel 1782. 9. Memoria sulla pretesa Eternila del mondo. 10. Dialoghi sopra il Giansenismo. 11. Notizie storiche della famiglia Albertini. 12. Dissertazione cronologica dal principio del mondo fino alta morte di Gesu Cristo, opera di lungo travaglio, e sommainente erudita. 13. Alcuni trattati di Logica, Geometria, Sfera arrnillare, ed altri opuscoli. (’) Lettera di Antonio Albertini al signor Michele Battaggia intorno alla persona ed agli scritti del padre Giorgio Maria Albertini da Parenio. Fu stampata in Treviso nella tipografia Andreola 1’anno 1828. Un Sebastiano Dell’Acqua scrisse in latino: De laudibus Georgii Mariae Albertini. Clodiae, 1830. (E.) CAPITOLO IV. 335 253. BOCCHINA conte Francesco Alessio, da Pinguente, nato nel 1742. Compita una regolare educazione, passo in Germania al servizio militare. Seguita la pace col re di Prussia ritorno in Italia, e fece sua vita in Yenezia, non trascurando delle escursioni per varie citta. In quella metropoli repubblicana, sede del brio, delle grazie, dell’attico gusto, e di ogni maniera di scientifico consorzio, il Bocchina, conoscitore delle lingue italiana, latina, francese, tedesca .brillava in ogni classe di culte persone, ed era partecipe delle piu dotte adunanze. Gentile scrittore in prosa ed in verso diede ali’ occasione qualche sua produzione. Medito e scrisse un opuscolo inedito sopra la regia selva di Montona, ( l ) e con tanta pubblica soddisfazione, che ottenne in premio dal Senato veneto il titolo di conte. — Nel 1790 passo alla reggenza di Barbana in Istria, feudo della patrizia famiglia Loredan, e fu quivi che diede saggio dell’ottimo magistrate e del previdente filosofo, redimendo colla di lui sagace amministrazione quel paese nel massimo disordine di costume e di economia. — In piu ineontri recito eloquenti e dotte orazioni; diede alcuni saggi di agronomia, e molte dissertazioni sopra variati argomenti, scritti inediti, alcuni dei quali da me posseduti. Le cognizioni boschive particolarmente gli resero farna, per cui non rimase ignorato. Dali’ arciduca Odrlo, al quale fu affidato questo geloso ramo di ammini¬ strazione, nel 1802 fu destinato il Bocchina a preside di una commissione straordi- naria boschiva per le foreste deli’ Istria, Dalmazia, e particolarmente per quelle del- 1’ isola di Veglia, che dur6 sino al 1804, e che merito la sovrana approvazione. — Nel 1805 rinunzio al reggimento di Barbana per godere vita tranquilla in patria, ove non pote rifiutare per alcun tempo 1’ incarico di assessore giudiziale, che esercito gratuitamente. — Alcuni anni prima di sua morte passo in Capodistria a convivere coli’amoroso di lui cugino il dottissimo marchese Girolamo Gravisi ; ove tra la pieta, e gli esercizi di religione, dopo vari anni, colpito da apoplessia, cesso di vivere il 18 luglio 1811 in eta di anni 69, avendo istituito suo erede il pronipote di lui marchese Antonio Gravisi. ( ž ) — Questo articolo fu da me steso con piena conoscenza, avendo sempre goduto della di lui piu intima e cordiale amicizia, e la cui memoria mi e sempre presente e carissima. 254. — VOLTIGGI Giuseppe, istriano, com’ egli dice nel frontispizio del suo di- zionario Illirico-Italiano-Tedesco, senza indicare il luogo preciso della sua patria; ma che noi sappiamo essere Antignana, ed aver avuto il cognome di Voltich , ch’ egli amo italianizzare in Volliggi. Poche ndtizie ho potuto ritrarre intorno a questo nostro istriano; ne so s’ egli viva ancora, ma probabilmente e passato tra gli estinti. Mi e noto che copriva in Vienna un incarico di polizia nel 1810, e nulla piu. Di lui ab- biamo alle stampe: (‘) Il titolo e : Sopra la valle e bosco di Montona, memoria di Francesco Bocchina. E un mano- scritto deli’ anno 1794, che venne mandato a Venezia al Consiglio dei X insieme ad uno sullo stesso argomento di Nicolh de Belli e a due altri consimili del march. Giampaolo Sereno de Polesini. Secondo C. Combi Sagg. di bibl. istr. gli accennati manoscritti dovrebbero trovarsi negli archivi di Venezia. V. pure la nota 3 del n. 236, p. 292. ( 2 ) Erede del Bocchina non fu Antonio Gravisi ma Gio. Andrea Gravisi fu Giuseppe, che aggiunse percib al suo cognome quello di Bocchina, avendo cosi ordinato nel suo testamento il generoso testatore. (E-) 336 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 1. Un Dizionario Illirico-Italiano-Tedesco, fornito di una prefazione latina, in cui brevemente deli’ Illirico, e della lingua di esso; promettendo inoltre uu’ opera diffusa de IlUjrico illustrando, Vienna 1903 per Kuzzbeck in 8°. 2. Opuscolo scritto in italiano sopra un’ invenzione del signor Carla Rasni, con cui, mediante un liquido da lui ritrovato diviene incombustibile qualunque legname; Vienna, 1810 in 8°. 255. — GRAVISI marchese Girolamo, nacque in Capodistria nel 1720, (') erudito archeologo e filologo, apprese le lingue orientali in Padova dal padre Carmeli, fu compagno negli studii al suo cugino ed amico Gian’ Rinaldo Carli. ( 2 ) Abbiamo di lui vari lavori letterari, dei quali daro in fine il catalogo, che ci appalesano 1' estesa dottrina ed erudizione di lui. Ebbe due figli Anteo, e Dionigio, ( 3 ) i quali per doti personali e per coltura formarono la delizia del nostro letterato, mn tronchi nel flore deli’ eta, e nel corso delle piu belle speranze, lo immersero nel dolore, che quasi gli fece dare eommiato dalle scienze e dalle lettere. II Gravisi godeva la pubblica estimazione non solo in patria; ina nel resto d’ Italia, e dovunque si coltivano le scienze. ( 4 ) Monsignor Girolamo Fistulario di Udine gl’ indirizzo le sue Osservazioni intorno alle notizie di Gemona del Liruti (Moschini Lett. Ven.). Gian Rinaldo Carli gl’indi- rizzo nel 1744 una Dissertazione epistolare sopra la Teogonia di Esiodo, e nel 1777 le Leltere Američane, come nel 1781, le Notizie compendiose intorno a Pietro Paolo Vergerio vescovo di Capodistria. Meditava compilare le notizie dei letterati giustinopolitani, al qual fine il Carli gli diede nel 1781 tutte quelle notizie, che riguardavano Girolamo Muzio, raccolte in gran parte dal marchese Giuseppe Gravisi, e comunicate dallo stesso ad Apostolo Ženo, che ne voleva scrivere la vita. Nel 1799 da me eccitato con lettera a non dimettersi dali’ onorevole assunto della biografia istriana, mi rispose con lettera da Capodistria 10 maržo 1798. «Pas- «sando ella poi dali’argomento lapidario al biografieo, mi porge stirnoli i piu pressanti, «e obbliganti nel tempo stesso, perche da me proseguasi d’ illustrare questa provincia «con le notizie dei letterati che vi fiorirono. Non puo essere piu commendevole questo (>) «11 nome di Girolamo Gravisi risveglia un climulo di memorie letterarie, la cui illustrazione, dovuta in gran parte alle sue cure amoroso e sagaei, forma una delle pagine piu belle di storia citta- dina.» Vedi Cenni intorno alta vita ed acjli scritti del marchese Girolamo Gravisi. Atti del Ginnasio Sup. di Capodistria, 1867-68. (E.) ( 2 ) Ne temiamo di andar errati supponendo che ali’ Universita di Padova il Gravisi si appropriasse ancor aualche scienza, dacche oltre a vari rnanoscritti da noi veduti, che 1’ addimostrano versato nella fisica, abbiamo di piu 1’ indubbia notizia, ch’ ei fosse cola compagno di studi del Carli, il cui ingegno, come sappiamo, abbraccio vari rami dello scibile umano. — Cenni intorno alla vita ecc. Id. o. c. (E.) ( 3 ) Di Dionigi o Dionisio Gravisi parla lo Stancovich al n. 231 di quest’ opera. Egli era primo- genito di Girolamo e mori diciottenne. (E.) ( 4 ) A quindici anni (26 Iuglio 1735) era gia ascritto ali’Accademia dei Risorti di Capodistria, di cui fu in seguito parecchie volte presidente ed uno dei membri piu operosi. Nel 1752 fu ascritto al- 1’accademia di Urbino ; nel 1762 a quella di Rovigo; di Belluno nel 1772; di Gorizia nel 1781; di Padova nel 1781; di Cologna nel 1796. Appartenne ancora a vari altri sodalizi della Romagna, del Friuli, di Trieste ecc. (E.) CAPITOLO IV. 337 «suo patriotico sentimento. Vorrei pero essere al caso di effettuare un’ impresa, clie «mi fu sempre a cuore, nia che sempre mi fu contrastata o da fatali vicende, o da «indispensabili private e pubbliche distrazioni. Or me lo vieta 1’ et k, nia piu forse «di questa le moleste cure economiche, le quali non mi accordano liberth di pro- «gredire in molte nuove ricerclie, che nell’ esteso argomento mi si renderebbero «necessarie. Vi saranno forse altri, che sapranno riempire un tal vacuo meglio di «me.» Nessuno avrebbe potuto riempirlo, e pubblicare con lieve fatica questo lavoro letterario quanto il signor arciprete di Umago don Luigi Bencich ('), nelle mani del quale pervennero tutti i manoscritti letterari del nostro marchese. II Bencich da piu anni promise la storia letteraria deli’ Istria, nulla pero si vide ( 2 ), e questa preziosa collezione rimane tuttavia nelle mani di lui ( 3 ). II Gravisi cesso di vivere nel maržo 1812 in eta di anni 92, in piena conoscenza intellettuale, con un aspetto eh’ esigeva la pubblica venerazione, e formava il piu bell’elogio della sua gioventu. La sua morte fu onorata di orazione funebre recitata dali’ arciprete Antonio JDeclencich. In et& avanzata pubblico il Gravisi un sonetto che qui reco come saggio del suo gusto poetico, conservato sino alla piu tarda canizie; benche lo studio a cui si era principalmente applicato il nostro marchese fosse quello deli’ erudizione e deli’ archeologia: A VIRGILIO Genio del mare che fra Laure e 1’onde Della lacuna Ocnea spazi e t’ aggiri, Ed armoniche note, a cui risponde L’un polo e 1’ altro, eternamente spiri; Se un di piu bella ed immortal la fronde D’Enea rendesti, or che da Kray tu miri Cacciati i Franehi, e delle patrie sponde E i tuoi compiuti, ed i Somun desiri ; Taccian del pio trojan 1’imprese e il vanto, Ed al novello eroe ceda il vetusto, E L arsa Troja alla risqrta Manto; E canta or Kray d’ itale palme onusto; Che celebrar sol puote un divin canto L’ eroe piu grande del migliore Augcsto. (>) Don Luigi Bencich (1784-1858) di Capodistria, altro distinto istriano. Fu prima professore di rettorica nel Seminario, poi professore di belle lettere nel Liceo di Fiume, indi prefetto e professore di elocjuenza nel Ginnasio di Capodistria. (E.) ( 2 ) Secondo Francesco Combi, il Bencich non pote tessere la storia delPIstria perche frastornato da altre cure. Porta Orient, a. II. (E.) ( 3 ) S' ignora in quali altre mani sieno passati i manoscritti del Gravisi affidati a Don Luigi Bencich. Molti seritti di lui, di argomento storico, archeologico e letterario si conservano ancora tra le carte Gravisi-Barbabianca in Capodistria. (E.) 338 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA Nelle accademie dei seeoli scorsi era costume, com’ e noto. di pubblicare in occasione di certi fatti clamorosi rpialche lavoro letterario e generalmente si sce- glieva a cio uno dei membri accademici pili anziani. Girolamo Gravisi fu incaricato di scrivere questo sonetto per la cacciata dei Francesi da Mantova, la quale ebbe luogo nel 1799, e quando egli era quasi ottantenne, essendo nato nel 1720. 11 ma- resciallo Paolo Ivray (1735-1804), qui inneggiato secondo P uso del tempo in cui le accademie Ironfiavano, en trd in Mantova nel 1 agosto 1799, ma due arini dopo in forza del trattato di Luneville (26 gennajo 1801), Mantova nuovamente soggetta ai Francesi fu compresa nel territorio della Repubblica Cisalpina — dipartimento del Mincio. I nostri accademici pero non sempre ironfiavano ne sempre belavano o sfilin- guellavano come dice il Giusti delle accademie del secolo scorso; prova ne siano i temi di pubblica utilita svolti dai Risorti di Capodistria (MS. Gravisi B.). Per esempio: Difficolta di conoscere noi stessi e gli altri; — La liberalita; — La ragione; — L’amor di patria effetto non e deli’ amor proprio; — E istinto di natura — L’ amor del patrio nido; —L’amor della virtu diresse la setta degli stoici; — I/uomo libero; — Se fu maggiore il merito dei fondatori degl’ imperi o dei ritrovatori delle arti; — A Voltaire; — Per lapiantagione dei gelsi in campo marzio; — L’ olivo; — Il punteruolo deli’ olivo ecc. ecc. I temi suaccennati sono parte in prosa e parte in poesia di vario metro. Tra gli autori notiamo lo stesso Girolamo Gravisi, Giuseppe Gravisi, Giuseppe Bonzio, Cristoforo Belli, Domenico Belli, Bartolomeo Manzioli, Domenico Manzioli, Nicolo del Bello, Giannantonio Gavardo, Santo Grisoni, Giovanni e Francesco Alme- rigotti, Antonio Declencich, G. R. Carli, Stefano Carli, Girolamo Carli, Francesco Verzi, G. Batt. Manzini e molti altri. Notiamo infine che sul problema — Per qual ragione sieno escluse le donne dalle civiche magistrature — poemetto scritto dallo Schiavuzzi e stampato nel 1886 dal Dr. F. Glezer in occasione di nozze, alcuni altri scrissero delle canzoni tra cui il Bonzio, il Declencich, lo scolopo Gottardi (precettore nell’ antico collegio capodistriano) un sacerdote Rossi e scrisse perfino un anonimo in martelliani o alessandrini che principiano: Vezzose donne e belle, vengo con voi a tenzone; Non 1’ amor del mlf) sesso, mi guida la ragione. Spero percio che in pace questi miei carmi udrete, Voi che del vero amiche tuttora esser solete; Voi che nudrite in petto caldi desiri ardenti Di spacciarvi filosofe, di fare le saccenti. Che Mantova fosse stata fabbricata da Ocno si legge in Virgilio nel X deli'Eneide: Ule etiam patriis agmen ciet Ocnus ab oris, Fatidicae Mantus, et Thusci filius amnis, Qui muros, matrisque dedit tihi, Mantua, nomen. Ocno detto Bianore, era figlio del re Tiberino di Toscana. Questi impalmo Manto, dopoche, abbandonata Tebe, sua patria, e navigando verso 1’ Italia, approdo a Ravenna, e recossi poscia in Toscana. Ocno cresciuto negli anni, girovago per 1’Ita- lia edificando varie citta, fra le quali anche Mantova, nominandola cosi da Manto, sua madre. Virgilio rammenta Ocno anche nella Bucolica sotto il nome di Bidnore: CAPITOLO IV. 339 .namque sepulcrum Incipit apparere Bianoris. Cio conferma Plimo, ove dice doversi attribuire 1’origine di Mantova ai Toschi, gnidati da Ocno, ed in cio concorda anche Servio. Ocnea quindi e detta qui dal Gravisi la lacuna da Ocno. (E.) OPERE STAMPATE 1. Dissertazione sopra un passo di Slrabone riguardante V antico commercio di Aquileja coi popoli del Danubio, inserta nel T. xviii della Nuova Raccolta Opuscoli Mandelli, Venezia, 1769 (*). 2. Dissertazione apologetica deli’ antico aquileiese commercio sino al Danubio, e sopra del Friuli, sopra il Timavo T. xxvij N. R. O. ( 2 ) 3. Dissertazione sopra la Dalmazia delta Regione d’ Italia. T. xxvii. N. R. O. 4. Leiler a intorno alte antiche e moderne accademie di Capodistria, inserita nelle Nuove memorie per servire alla storia letter. T, m.pag. 487. Venezia, Martini, 1760. 5. Lellera al signor Lucio Doglioni, giudice al maleficio di Rovigno, sopra la vita e memorie di Ottoniello Vida, 1769. Raccolta ferrarese T. xn. ( 3 ) 6. Esame critico delt’Illirico forojuliese. Udine 1789. Questo esame, e le dissertazio- ni furono Scritti in occasione di lotta letteraria col signor Francesco Almerigotli. ( 4 ) 7. Lellera al presidente Carli sopra la lapide di Pelronio procuratore delle porpore di Cissa nell’ Istria, inserta nel T. m delle Antichita italiclie del Carli pag. xiv; scritta con somma erudizione, e palesa la grande dottrina del nostro Gravisi .( 5 ) 8. Considerazioni apologeiiche di un accademico giustinopolitano sopra un Saggio di Storia della ciitd di Parenzo, 1796. Scritte in risposta a Bartolomeo Vergottini, vedi questo articolo. 9. Memoria sopra gli olivi inserta, dice il Moschini, (Letterat. Ven. T. iv, p. 106) nel giornale stampato dal Perlini. 10. Seconda risposta al Vergottini, dice il Moschini T. iv p. 106. lo pero non vidi quest’ opera. ( 1 ) Pietro Kandler la riprodusse nell’ Istria, a. 1851 (E.) ( 2 ) 11 titolo preciso e : Dissertazione apologetica deli’antico aguilejese commercio sino al Danubio, e sopra il conjine del Friuli con V Italia. E nella Nuova Raccolta d’Opuscoli del Mandelli, T. XXVII, pag. 22. Venezia, 1775. — Mss. Grav. B.ca e Sagg. di Bibl. istr. (E.) ( 3 ) La lettera al Doglioni e stampata nella Raccolta ferrarese di opuscoli scientifici e letterari di chiari autori italiani, vol. XXII, 1792. — Ferrara, Venezia, 1779 (non 1709) e 1796. (E.) ( 4 ) Questo Esame e dedicato alPAccademia letteraria di Udine, ed e preceduto da una lettera del padre Asrpiini ali’ autore. Fu pubblicata dalla tipografu Gallici. (E.) ( 5 ) La lettera ha anche un’illustrazione delle relative lapidi ed e inserta nel vol. III delle Anti- chith Italiche da pag. XIV-XXX. Fu stampata anche a parte in opuscolo dallo stesso Mon. di S. Ambrogio in Milano. Rapporto alla lapide del Petronio vedi il Cap. I, n. 15 di quest’ opera, e la lettera successiva deli’ abate F. Bradamante di Dignano al march. Girolamo Gravisi. (E.) 340 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA ALCUNI SCRITTI SNEDITI Non possiamo dare qui tutti i titoli degli scritti inediti lasciati da Girolamo Gravisi (Mss. Grav. Barb.), perche non ce lo concede 1’ angustia dello spazio. Ne riportiamo alcuui preši a easo, avvertendo clie la maggior parte di essi appartiene ali’ eta giovanile del Gravisi: 1. Riflessioni teologico-filosofiche sulla esistenza di Dio e sulla creazione. 16 giugno 1748. 2. Se il mondo sia stalo crealo in un fiat, o prodotto in sei giorni. Senza data. 3. Inlorno ai libri volgarmente creduti delle Sibille. 12 aprile 1739. 4. Che lefle, IX giudice d’ Israele, abbia sacrificata la figlia per adempimento del voto fatto ai Signore con morle civile e non naturale. 27 agosto 1739. 5. Del primato della lingua ebraica. 4 maggio 1748. 6. Sopra l’ oracolo di Giacoobe inlorno alla venuta di Gesu Crislo. Senza data. 7. Sopra la lingua primitiva e sopra la confusione delle lingue. 4 maggio 1748. 8. Dell’ origine dei sacrifizi e delle oblazioni di Caino e di Abele. 4 dicenabre 1748. 9. Dell’ utilitd della lingua, lalina nelle scuole d’ Italiu. Senza data. 10. Sopra l'utilitd delle adunanze letterarie. 11 novembre 1738. 11. Sopra l’ endecassillabo di Gio. Gioviano Pontano — De nuptiis Ioannis Bran- cati et Maritellae. 19 dicembre 1742. 12. Sopra l’ Ecuba di Euripide tradotta dal padce Michelangelo Carmeli, professore di lingue orienlali nell’ Universitd di Padova. 19 ottobre 1743. 13. Traduzione dal greco in latino deli’ Orazione o.V Isocrate a Nicocle. Senza data. 14. Sopra la sostanza del fulmine. 28 settembre 1741. 15. Sulla gravitd dei corpi. Da una lezione del padre Michelangelo Poleni. 6 de¬ cembre 1740. 16. Delle leve. Della gravild deli’aria. Id. 19 dicembre 1740. 17. Sull’ Idrostalica e sul peso dei fluidi. Id. 18 gennaro 1741. 18. Dialogo sopra il moto della terra e sopra la pluralild dei mondi. Senza data. 19. Riflessioni sopra una confutazione teologico - lisica di Guglielmo Derham, il guale ammette che i pianeti componenti gl’ infiniti spazi deli’ Universo sieno abilati come la nostra terra. Senza data. 20. Inlorno alle lotte ira papa Giovanni XXII (1244-1334) e Lodovico (Luigi) V il Bavaro (1286-1347) imperalore di Germania. 28 luglio 1739. 21. Sopra il Timavo. 25 ottobre 1740. 22. Sopra una medaglia singolare di Auguslo. 29 e 30 dicembre 1740. — E una traduzione dal francese di una Dissertazione omoniina del padre E. Souciet. 23. Sopra due lapidi romane rinvenule in Pola. 27 luglio 1747. 24. Inlorno ad una lapide romana Irov&ta in Pinguente. 20 novembre 1747. 25. Inlorno ad alcune epigrafi lapidarie rinvenute nel Friuli. 5 agosto 1789. 26. Se il cornmercio di Aguileja si estendesse fino al Danubio. 4 luglio 1769. 27. Sul vero silo di Cissa; sui fiumi Risano , Argaona (Nagone, Largon) ed Arsia; sul luogo di Ningo dislante da Trieste 28 miglia e da Parenzo 18, sopra Cit- tanova (Emonia) e sopra un codice di lellere di Francesco Zambeccari, preceltore a Capodistria nel secolo XV. 22 agosto 1789. CAPITOLO IV. 341 28. Sopra una lapide di Parenzo, recante i nami di Cajo Precellio, triumviro ca- pitale. Senza data. 29. Sopra una lapide ritrovata in Barbana. 10 maržo 1799. 30. Intorno alla famiglia triestina Pellegrini. 15 giugno 1781. 31. Sulla denominazione di lllirici erroneamenteatlribuita agli Istriani. 22 agosto 1765. 32. Osservazioni sull’opera Antichita italiche di Gian Rinaldo Carli. 13 maggio 1793. 33. Sulle dedizioni alla Serenissima Repubblica di Venezia di vari luoghi delVIstria, e specialmente di Muggia, di Pinguente, Montana, Pirano, Buje, Grisignana, Parenzo, Valle, Dignano, Albona e Pola. 15 luglio 1795. 34. Sopra altre dedizioni di luoghi istriani alla Serenissima Repubblica di Venezia, e particolarmente di Pinguente, Lindaro, Antignana, Barbana, Razzize, Draguch, Verch e Sovignacco. 22 luglio 1795. 35. Del nome di Giustinopoli dato a Capodistria. Senza data. 36. Di un antico breviario aguilejese-triestino. 6 maggio 1793. 37. Del vescovalo di Capodistria; di Domenico Torre canonico del capitolo di Ca¬ podistria; di Nicolb Nigreo precetlore in Capodistria nel 1438; di Santo Pel¬ legrini. 6 giugno 1774. 38. Di Andrea Antico da Montona. 18 settembre 1789. 39. Di Francesco Zambeccari bolognese, precetlore a Capodistria nell’ anno 1466. 1 ottobre 1789. 40. Di Vicardo signore di Pietrapelosa. 3 giugno 1791. 41. Memorie intorno al Santorio. 26 luglio 1791. 42. Memorie intorno a Matteo Flacio. Senza data. 43. Intorno a Giovanni di Ravenna ed a Francesco Zambeccari. Senza' data. 44. Intorno alla famiglia piemontese (di Asti) dei conti Solaro. Senza data. 45. Di Girolamo Muzio giustinopolitano. 9 luglio 1795. 46. Osservazioni suit’ albero deli’ Acer o. 1 settembre 1789. 47. Memoria intorno al punteruolo delt’ olivo. 1795. 48. Intorno ai vini istriani. Senza data. (E.) 256. — PESARO Antonio di Antonio, (1842) nato inlsola nel 1750, fece i suoi studi in Capodistria, in Venezia, ed in Firenze ove s’ intrattenne per alquanti anni, giž, di- venuto sacerdote. Con una dovizia di sapere ripatrio, ed ottenne dalla Repubblica di fondare colA pubbliche scuole, che 1’ ebbero sempre a rettore insieme e maestro di filosofia e matematiche sino ali’anno 1812 in cui manco a’ vivi. La sua bene- merenza verso la patria dimostro col far abbellire e ristaurare la Collegiata. Fu canonico di Barbana, ed onorario di Cittanova e sarebbe stato anche vescovo di Cittanova per volonta del cavalier Pielro Pesaro ambasciatore veneto a Roma, se la sua modestia, che sembrerš, a chi e solo animato dali’ interesse e dali’ ambizione, superiore ad ogni credenza, non avesse nobilmente negata la sua adesione. II Pesaro aveva corrispondenza con dotti italiani, e particolarmente col riputato archeologo abate Andrea Rubbi veneziano (*). Fece di pubblico diritto: ( l ) L’abate Rubbi (1738-1817) fu archeologo, letterato e valente latinista, come lo dimostrano alcune sue tragedie (Conte Ugolino — La preša di Rodi ecc.), il poemetto latino La Vaniglia ecc. S. T. (E.) 342 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 1, Esercizio Accademico, Venezia 1799, presso Antonio Curti. In quest’ operetta variata di prose e di ver,si, discute il problema: Se il nmnero clei beni, cui sull’ uomo in quesia terra versa natura ecceda quello dei mali, a cui ve V assoggelta. 2. Memoria teorico-pratica sulla maniera di liberare i camini dal fumo; Tenezia presso Andreola, 1801. Lascio inedito un corso di filosofia scritto con ottima latinitž,, e diviso in tre volumi, ed alcuni saggi di storia istriana ( I ). 257. — DECLETJCICH Antonio, (1815) naeque in CapodLona n 8 gennaio 1745. Uotto e profondo teologo, eloquente oratoče, ed ameno cultore della poesia italiana; fu pro- fessore di belle lettere, e poscia rettore di quel Seminario ( 2 ), quindi paiToco a Sdregna, a Maresego, e finalmente arciprete alla Motta. Ritornato in patria si diede alla sacra eloquenza gia esercitata prima nelle Quadragesime in varie citta. Le di lui prediche erano accette ed accolte per eloque||a, per for/.a di logica e dottrina; non cosi per l’effetto desiderato, mancando alLoratore azione e flessibilita di voce. Lesse piu compo- nimenti poetici nell/Accademia dei Risorti di Capodistria, ne riscosse applausi, ed in piu occasioni pubblico varie poesie, clie soiio stampate volanti, ed in qualche raccolta del suo tempo, scritte con buon gusto ed in vari metri. Compose pure con dottrina ed eleganza 1’ elogio funebre del marchese Girolamo Gravisi. Ad una distinta dottrina associava esemplare pieta e particolare modestia. Cesso di vivere ai 30 settembre 1815 in eta di anni 70. 258. — D’ ESTE dottor Lorenzo, (1816) nato in Capodistria ai 12 dicembre 1749, dopo il corso fatto in patria felicemente nella Letteratura, nella Filosofia, e nella Teologia, pass6 ali’ Universita di Padova, ove consegui la laurea dottorale in ambe le leggi. Ebbe vari canonicati ad honorem, e fu poscia canonico della cattedrale in patria. Appartenne a quell’ Accademia dei Risorti, fu professore di Teologia, e quindi rettore di quel Seminario vescovile. Durante il regime francese fu suddelegato pel culto, reggente del Reale Liceo, e professore di Logica, Metafisica, ed Etica. Neli’ istruzione ottenne aggradimento generale ed ebbe farna di ottimo canonista, di pronto spirito, di sorprendente memoria, e di vasta erudizione. Nel\’oratoria sacra diede buoni saggi in vari sermoni e panegirici. Cultore soprattutto della lingua del Lazio, aveva uno stile elegante ed accurato, e scriveva con somma prontezza e facilita. Ne fanno fede i molti componimenti poeti -i latini eh’ egli serisse, e che erano il suo principale diletto. Due sole elegie sono di pubblico diritto, le quali riscossero molta lode, e furono piu volte tradotte in italiano. Colla prima celebro le vittorie dei Francesi nel 1809; coli’ altra la pace generale del 1814. Cesso di vivere li 20 gennaio 1816. (*) (*) Opere inedite del Pesaro in latino : 1. Un trattato di fisica in due volumi; 2. Un trattato De locis theologicis, de S. S. Trinitatis mgsterio et da TradUione, tre vol.; 3. De recta cogitandi alque ratiocinandi arte, vol. uno ; 4. Un trattato di logica e metafisica. V. Llstria I, 1846. Ai tempi dol Kandler queste opere si trovavano in časa del nipote Antonio Pesaro altro distinto istriano, di cui leggesi la biografia nelPAurora e nelFUnione. (E.) ( 2 ) 11 Declencich fu anche maestro in Visinada nel 1774. A. Marsich — Nolizie di alcuni pre- cettori in Istria. (E.) CAPITOLO IV. 343 259. — CARPACCIO Antonio (1817), naeque in Capodistria intorno 1’anno 1743 da una nobile famiglia di quella cittA e si suppone discendente dal celebre pittore Carpaccio (*). Egli appartenne agli Arcadi di Roma e ad altre societa letterarie. In molte circo- stanze diede pubblici saggi del suo valore poetico, nei quali si manifesta rinnovato 1’ amore di alcuni suoi concittadini per la poesia. Pubblico in Trieste un Saggio sopra il commercio in generale con un prospeUo storico deli’ ingrandimento della cilla di Trieste, la cui continuazione fu sospesa per le politiche vicende del tempo. Attaccato alla Časa d’Austria, pass6 a Vienna; ove valntandosi i sentimenti di lui, se ne premio la fede, e la costanza coll’assegno d’una pensione vitalizia. In quella citta die alla luce un opuscolo intitolato: II cilladino di Vienna, il quale fu tradotto in tedesco. Durante il soggiorno in quella capitale, nel 1815, dei sovrani alleati, pubblico una raccolta poetica. Scrisse poi con assiduita interessanti lettere filosofiche e morali sopra vari argomenti, rimaste inedite, colle quali tendeva a correggere e migliorare i coštumi. Queste Lettere se non superano tanti altri scritti consimili in erudizione e dottrina, li sorpassano pero nelTessenziale, che 6 1’ utile ihfluenza. Il Carpaccio termin6 i suoi giorni in Trieste li 17 gennajo 1817. Le presenti notizie furono in parte tratte dal foglio Triestino del giorno ed anno indicati ( 2 ). 260. — GAVARDO Alessandro da Capodistria (1818), detto comunemente Alessan- drone, per distinguerlo da altri dello stesso nome ripetuto nella famiglia Gavardo, fu profondo giureconsulto particolarmente nelle materie criminali, ed eloquente oratore. A queste doti univa un genio speciale per la poesia, come lo dimostrano i molteplici di lui versi serii e faceti, che hanno pošto in piu raccolte del suo tempo. (Moschini). Egli dimostra in ispecialith il suo genio poetico nel poema eroicomico in ottava rima, intitolato la Rinaldeide ossia il Lanificio di Carlisburgo, condotto sino al canto xix, mentre doveva essere di canti xxiv. Questo poema ebbe origine dalla circostanza che avendo ereditato il Carli dalla moglie Rubbi un lanificio (Vedi n. 243, p. 309 e nota 1), io trasporto in una sua campagna nel territorio di Capodistria, sopra il quale sta- bilimento, e sopra le vicende ed aneddoti relativi e fondato il poema; ma essendo stato rovinato da un torrente T edificio, mancando il soggetto, rimase imperfetto il lavoro del poeta. Da questo, dice il Bossi, si scorge tanto la singolaritd ed eccellenza del carattere deli’ eroe, guanlo V abilild straordinaria del cantore ad emulare i primi modelli di quel genere di poesia. Ne meditava tuttavia 1’ autore il compimento nel tranquillo soggiorno di San- vincenti, ov’ era stato piu anni capitano giudice, e ritiratosi poscia a convivere in Venezia coi fratelli Morosini di S. Maria Formosa, cugini di lui, e nella villeggiatura di Savonara nel padovano, conservava pure il pensiero di condurlo al suo fine, ma essendogli smarrita o trafugata la minuta di quanto gli restava a fare, e pervenuto quindi a tarda eta, il poema rimase imperfetto senza speranza di compimento per la morte deli’ autore seguita in Venezia nel giorno 9 febbrajo 1818. (') Tra i Mss. Grav. Barb. si conservano alcune lettere di Antonio Carpaccio, ov’ egli si dice di¬ scendente del celebre Vittore. Egli curb anche le incisioni dei capolavori delHnsigne artista. (E.) ( 2 ) Il titolo delle notizie del foglio Triestino rectius Osservctiore Triestino o : Cenni Uografici intorno ad Antonio Carpaccio da Capodistria, denbminato tra gli Arcadi di Roma Carippo Megalense. (E.) 344 BIOGRAFU DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. Per ornamento di questo poema il marchese Giuseppe Gravisi si era accinto a farne la prefazione e a corredarlo di note interessanti; come gli argomenti in ottava rima erano stati incominciati dalla contessa Maria Marcello Rigo da Cittanova, dama per letteratnra commendata dal Moschini. Del Gavardo parlano il Bossi nell’ elogio del Carli, ed il Moschini nella Letteratura Veneziana. A fronte della imperfezione di questo poema, emulo della Secchia Rapila del Tassoni, non sarebbe discaro, se alcuno prendesse 1’ incarico di renderlo alla luce. Esistono tre esemplari, Tuno presso gli eredi del commendatore co. Agostino Carli- Rubbi, 1’ altro presso il nobiluomo Domenico Morosini di S. Maria Formosa, attuale podesti di Venezia, ed il terzo presso il conte Rotla di Momiano (‘). Oltre alle indicate produzioni del Gavardo, havvi ancora un Poemetto sopra una cena e festa da ballo date nel teatro di Capodistria dal podesta Antonio Dolfm, stampato in Rovigo per Giangiorgio Miozza nel 1776, dal quale apparisce eh’egli fu areade di Roma col nome di Assionico Idruntino, accademico Risorto ( 2 ), e Concorde. Cosi pure un’ Orazione recitata nella cattedrale di Capodistria il giorno 17 gingno 1774 nei funerali del marchese Giuseppe Gravisi, impressa in Udine dai fratelli Gallici. ( 3 ) Si danno talvolta delle stravaganze nella vita dell’uomo il piu saggio, le quali riescono incomprensibili alDumana intelligenza. Tale, possiamo dire, essere stata 1’ultima volontči del nostro Gavardo, espressa nel suo testamento 21 ottobre 1817, la quale non combina colla dottrina, colla mente, coli’ onesth, collo religione, e coli’ affetto e i doveri, eh’ egli aveva verso 1’ unico di lui nipote superstite. — Lascia il Gavardo, in via di legato, ai tre fratelli Morosini di S. Maria Formosa, coi quali conviveva ed in časa dei quali fu rogato il testamento, tutte le di lui facolth esistenti nelle provincie di Venezia, Padova, Treviso, e Capodistria, formanti un ampio patrimonio. — Lascia poi erede universale del resto de’ suoi beni, e specialmente di quelli esistenti in Visinada nell’Istria, il suo amorosissimo nipote Alessandro de’ Eletti stanziato in Barbana, il quale azionario di una parte dei beni goduti dallo zio, per affetto e riguardo allo stesso, gliene passava 1’ usufrutto. — Nei legati Morosini e compresa ed assorbita tutta la sostanza Gavardo ; ne in Visinada, ne in aleun altro luogo del mondo aveva la benche minima sostanza, di modo che T eredita universale deli’ amoroso nipote e ridotta a zero. — Qual giudizio si deve formare di questa singolare disposizione, la quale e d’ un uomo generalmente conosciuto probo, dotto, pio insino agli ultimi suoi giorni; non che ottuagennario coi piedi nella tomba, stretto coi vincoli del sangue, e detentore delle sostanze del nipote? 261. — PELLEGR1NI Domenico Maria di Capodistria, nato ai 29 decembre 1737. Entro nell’ Ordine dei Predicatori della stretta osservanza nell’ anno 1753, vestendo 1’ abito in Conegliano, e professo nel 1754. Divenne poscia bibliotecario della Zeniana f 1 ) Un esemplare della Rinaldeide esiste nella famiglia dei Baroni Polesini in Parenzo. Esso e deseritto dal Dr. M. Tamaro che lo esaminb nel giugno del 1881. Vedi Prov. delTIstr. an. XV, n 13. (E.) ( 2 ) Come Accademico Risorto lascio diversi lavori, tra eni un' Orazione in lode di Michele Minotto pod. e cap. di Capodistria; probabilmente seritta nel 1796, anno in cui il Minotto terminč la sua reg- genza. L’ Orazione si conserva tra i manoseritti inediti Grav. Barb. (E.) ( 3 ) In fine deli’ orazione e stampato un sonetto di Nicolb de Belli fu Giacomo. (E.) CAPITOLO IV. 345 in Venezia, nella qual citta cess6 di vivere nel giorno 21 maržo 1820 in časa di suo nipote, 1’ avvocato Nicolb Pellegrini, con cui visse dopo la soppressione dell’Ordine, seguita nel 1810. Fu egli dottissimo non solo nelle cose di religione, ma in quelle eziandio di ogni altra erudizione. Gli siamo debitori della seconda edizione delle Leitere di Aposlolo Ženo, nella prefazione delle quali e lodato dali’ abate Morelli, celebre bibliotecario della Sammarciana. (*) Parla di lui lodevolmente il Moschini C. R. S. nella Letteratura Veneziana. Dizionario Universale che si stampa in Venezia. Passo alle di lui opere-, dalle quali si potra riscontrare la sua capacita ed il suo merito : OPERE STAMPATE 1. 1772. Nuova edizione deli’opera del celebre Baluzio, ( 2 ) d-ivenuta rarissima, capi- tularia llegum Francorum, premessivi i prolegomeni tratti da opere classiche relative* alle materie de’ capitolari, con note, e dediča al conte cavalier Rodolfo Coronini,( 3 ) Venezia, 1772 per lo Zatta, Vol. n. in fol. 2. 1779. Ebbe parte nella formazione delP Atlante dello Zatta, 1779, concorrendo al piano dei prolegomeni, ed alcuni articoli dei piu difficili, stendendoli di propria mano; come p. e. 1’illustrazione della tavola Peutingeriana, o Teodosiana. ( 4 ) Diresse pure la proiezione delle carte, facendovi entrare le nuove osser- vazioni, e scoperte. 3. 1787. Leltera d’un teolog o pacifco ad un teologo amico, che gli chiedeva una breve informazione della causa armena. Opera stampata anonima nel 1787 (dice il Moschini ) dietro altra consimile pubblicata nell’ anno precedente dal di lui confratello il domenicano p. maestro Marsili, a sostegno degli Armeni, in favore deli’ opinione del marchese de Serpos. (') L’abate Iacopo Morelli era veneziano (1745-1819) e fu benemerito oltrecche per aver ordinato ed arricehito la biblioteca di S. Marco (Marciana) anche per i eataloghi diligenti da lui fatti di varie biblioteche pubbliehe e private. Scopri i frammenti di Dione Cassio, e lascib opere di molta erudizione latine ed italiane. S. T. (E.) ( 2 ) Stefano Baluzio o Baluze francese di Tulle (1630-1718) arciveseovo di Tolosa e poi d' Aucb, celebre per la sua vastissima erudizione; compose quarantacinque opere, tra cui le Vite clei papi in Avignone, opera che fu messa ali’Indice. S. T. (E.) ( 3 ) Il conte Rodolfo Coronini di Gorizia, il cui nobile casato esiste tuttora in quella citta, appar- teneva ad una eletta schiera di eruditi friulani, che coltivava con amore gli studi storici ed areheologici, e quanto altro serviva ad illustrare la civilth italiana nel goriziano, come ne fanno testimonianza le varie opere lasciate. Il padre Pellegrini scrive di questo illustre gentiluomo in lett. 23 luglio 1768 a Gir. Gravisi: «Ho stretta amicizia col Conte Rodolfo Coronini di Gorizia, il quale per una stimata opera delle cose di Gorizia e di quei paesi probabilmente le sarh noto, e che ora mi mandb (a Venezia) per fargli stampare due torni in foglio di cose Gonealogiche, Istoriche e Diplomatiche, particolarmente di quei paesi soggetti alla časa d' Austria e a noi confmanti.» (E.) ( 4 ) Sulla tavola Peutingeriana scrisse un articolo il nostro storico Carlo De Franceschi nella Provincia deli’ Istria, 1877, 11. Da Corrado Peutinger che 1’ebbe in dono da Corrado Celtes fu detta peutingeriana, e fu scoperta a Spira nell’anno 1500. Nel 1714 il valoroso e dotto principe Eugenio di Savoja ne dono 1'originale alla biblioteca di Vienna. Di questa tavola furono stampate parecchie edizioni. (E.) 346 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 4. 1791. Elogio del P. M. Antonio Valsecchi pubblico professore di teologia nel- l’universita di Padova, (') stampato nelle Novelle leUerarie di Firenze, 3 de¬ cembre 1791 al n. 51, e n el 1792 ristampato in fronte alle Prediche del Valsecchi, per lo Zalta in Venezia. 5. 1793. Letteea in data 24 agosto 1793 da Venezia, diretta al chiarissimo signor Gaelano Poggiali di Livorno per la di lui Raccolta dei novellieri, ( 2 ) speden- dogli le Novelle inedite di Gentile Sermini, ( 3 ) ignote ai toscani, che furono pubblicate colla detta lettera illustratrice in fronte. 6. 1794. Della prima origine delta stampa in Venezia per opera dei fratelli Gio- vanni e Vindelino da Spira nel 1469, delle Epistola: di Cicerone ad fami- liares ; e risposta alla Difesa del Decor Puellardm del signor ab. Mauro Boni, A^enezia 1794 per lo Zatla in 8°. II padre Giacopo Paitoni C. R. S.(') nel 1756 sostenne per la prima stampa in Venezia il Decor puellarum del 1461, ed altri in contrario 1’ Epistole famigliari di Cicerone del 1469. L’ exgesuita abate Boni rientra a difesa del somasco, e contro di lui scrisse 1’ ab. Denis primo custode della Palatinci di Vienna colla Dissertazione 1794, cosi pure il Morelli, ma il nostro Pellegrini coli’ opera presente esamina il lavoro del Boni, e quello del Paitoni, e tanto egli e forte (dice il Moschini T. n. p. 40) negli argomenti di fatto, quanto il Boni fu ingegnoso nelle congetture. 7. 1796. La Balia. Nel 1796 in occasione delle nozze dei patrizi Giovan' Pietro Grimani, e Marina Dona stampb il poemetto di Luigi Tansillo denominato la Balia, ossia Esortazione alle nohil donne di allattare esse stesse i loro [igli. Questo poema manca nelle opere deli’ autore, e nella stampa fatta a Vercelli nel 1767, poteva dirsi inedito per la cattiva qualit&. della stampa e per la pedantesca illustrazione. Alla dediča fatta a nome del conte Francesco Tacco, segue una memoria intorno al poeta, ed al poemetto, il quale e illustrato con sobrie note risguardanti or la materia, or la dicitura. ( 5 ) (’) Molti istriani appresero teologia dal padre Valsecchi, tra cui lo stesso canonico mons. Pietro Stancovich. (E.) ( 2 ) Il Poggiali (1753-1814) fu assai benemerito delle lettere per le ricche collezioni fatte di opere importantissime che lascid alla cittk di Firenze; fu distinto bibliofilo e commentatore di libri classici. (E.) ( 3 ) «Della patria di Gentile Sermini, dice lo stesso padre Pellegrini in lettera 26 maggio 1809, non e gik 1' asserzione sola dello Ženo e la descrizione del Giuoco della pugna, proprio di Siena nella Toscana, che lo palesi per Sanese. Oltre il dialetto troppo evidente tale, mille, dird cosi, indizi ne dk parlando di Siena e del contado, come di propria patria. Quello che mi dolgo di non avere saputo trovare si e il preciso tempo del suo fiorire e le precise circostanze della sua persona; sicche non possa tro- varsi scrittore che le nomini.» (E.) (') Il padre Iacopo Maria Paitoni, veneziano, (1710I-1774) fu bibliotecario in patria del suo ordine e pubblicd; Biblioteca degli uomini ed oratori greci e latini volgarizzati. S. T. (E.) ( 5 ) Parlando di questo poemetto del Tansillo in lettera 14 gennaro 1797 diretta a Girolamo Gra- visi, il padre Pellegrini dice di aver consigliato al conte Leonardo Manin di Venezia la pubblicazione per nozze di un lavoro di Torquato Tasso sull’ 'Ammogliarsi che non era stato prima stampato a parte. La dediča fu fatta agli sposi contessa Laura Pappafava e conte Severiano Dotto de Pauli e 1’ opuscolo venne stampato in Verona con molta eleganza dalla tipografia Giuliari II padre Pellegrini pubblico per nozze La balia del Tansillo dietro consiglio avuto dal Gravisi, (E.) CAPITOLO IV. 347 8. 1798. La vera liberta della stampa, Venezia 1798 per Zerletli, in 8° colla dediča al conte Frcmcesco Tacco. In questa dissertazione si dimostra, che questa liberta non importa 1' abuso di attaccare la religione. In quell’ infelice tempo si servi di un titolo coperto, premettendovi il detto di Fedro : Non semper ea sunt quae videntur. Decipit frons prima multos. 9. 1799. L’ iNDissoLtJBHJTA del Sacrarnento del matrimonio contro una dissertazione stampata in Venezia dallo Zatta nel 1792, Venezia, 1799, in 8°, con dediča a sua eccell. monsignor Bressa vescovo di Concordia. (') 10. 1803. In acroases padre Georgii Albertini prof. pubblico Theologiae in Uni- versitate patavina — Animadversionum Theologicarum Specimen. Veronae, 1803, per Antonio Tommasi in 8°, con dediča a qnei dotto clero. Di quest’ opera si parla a lungo nel giornale di Padova 1804 in settembre, e nello stesso del luglio 1808 vi ba un articolo a favore del Pellegrini contro l’opi- nione d e\Y Albertini, il quale trovo pure un forte avversario nelPab. Francesco Antonio Bakli di Roma. 11. 1805. Dissertazione Canonica, in cui si dimostra, che il concilio di Trento (sessione 24 de Matrimonio capit. i.) non ha derogato al gius canonico anteriore, riguardo al taglio del matrimonio per querela di nullitž,, attesa la mancanza di consenso, non ammissibile dopo un anno e rnezzo; colla dediča a monsignor Collorcdo preposito di Udine. Venezia, 1805, in 8°. 12. 1805. Conferma deli’argomento preccdenle contro alcune vane obiezioni di qual- che parroco della diocesi di Treviso, con dediča a mons. Peruzzi vescovo di Caorle, eletto poi vescovo di Chioggia, in 8°, 1807. Di queste due dissertazioni sopra il taglio del matrimonio avendo veduto il manoscritto monsignor de la Luzerne, gu\ vescovo di Langres, celebre prelato allora vivente, si e degnato di farne un estratto, il quale fu stampato in fine delle dissertazioni. 13. 1806. Prodromo o manifesto per una nuova edizione preparata per la stampa della famosa cronaca di Giovanni Sagornino, la piu antica delle venete tutte, con note, inserto nel giornale di Padova. ( 2 ) Oltre tutto ci6, pi’odusse (*) (*) In rclazione a ijuesto seritto sta il segnente brano di una lcttera del Pellegrini datata Venezia 18 agosto 1805 : «Una dissertazione teologico-canonica contro il pessimo abuso del taglio di matrimonio sotto pretesto di nullith di consenso, anche dopo molti anni di matrimonio e non di rado con prole, contro il diritto canonico (di che forse lo bo gia seritto) da molto tempo sotto la revisione, — non ho ancora potuto riavcrla per la stampa.» (E.) ('D Del codice Sagornino dice nclla gia citata lettora 18 agosto 1805: «L’cdizione delPantichissimo codice Sagornino, con illustra/ioni, giii del 65 del secolo passato pessimamente dalo in luce da Giovanni Francesco Zanetti figi. Aless. da copie poco esatte, benehe professasse d’aver nsato il Codice Zeniano, (e di ci6 forse ancora le ho seritto, ripetendolo ora so non lo avessi fatlo), da me dopo tanto interruzioni e stata compita; ma la revisione šara eterna.» In lettera poi dol 20 maggio 1809 da Venezia serive al p. c. Gravisi: «Sa ella che frattanto ho gia cominciato a studiare per 1’ edizione od illnstrazione del noslro famoso codice della Cronaca detta Sagornina, la piu antica di tutte le Venete, tanto rinomala presso tutti gli serittori. Essendo stata data in luce da G. Zanetti piii per sua infamia che per servizio dei letterati, perche non si servi del nostro codice, benehe vanti di darlo cosi esaltamente — ut gemina imago M. S. Codicis legentibus , quod fieri poterat, appareret — cogli stessi errori ecc., avevo gia altro volte coltivato un tal pensiero dopo 348 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA varie ilissertazioni epistolari inserte nelle Novelic letterarie di Firenze, cioe, essendo stampato a Parigi da Didot nel 1789, come inedito il Filo- strato del Boccaccio per opera di un italiano, e come tale annunziato nelle suddette Novelic al n. 44, con tre lettere inserte nei n. 45, 46, 1790; e n. 40 1791 si descrivono due edizioni della libreria Zeniana del secolo XV, e primo della stampa, ed una terza edizione del medesimo secolo della libreria di S. Giustina in Padova, ignote tutte tre edizioni ai letterati toscani, che gra- dirono tale scoperta del loro Boccaccio. Intorno a quegli anni si cerc6, se vi fosse un catalogo delle stampe Aldine, uscito dalla stamperia di Aldo, ed avendo letterati di primo ordine scritto che non se n’ e veduto alcuno giammai, il Pellegrini ne produsse uno, tratto dalla libreria del suo ordine, descrivendolo in una lettera inserta nelle dette Novelic al n. 32, 1790, ed e pronto per le stampe fornito di illustrazioni. Contribui pure notizie al chiarissimo Bandini per 1’edizione dei Giunli di Firenze; che fa cenno del bibliotecario e della biblioteca. Diamo qui 1’ argomento di alcune tra le lettere del padre Pellegrini che si conservano assieme agli altri scritti inediti Gravisi-Barb. di Capodistria: 1. Di Francesco Zambeccari, bolognese, traduttore di piu centinaja di lettere di Libanio, relore greco (314-393). Lo Zambeccari fu precettore in Capodistria nel secolo XV. 2. Di un poemello del Tansillo — La Balia — (Vedi la preselite biografla — Opere stampate — n. 7); di un opuscolo del Tasso sull ' Ammogliarsi; delle Considerazioni apologetiche sopra il Saggio di storia della cittd di Parenzo del march. Girolamo Gravisi da Capodistria; intorno ad nn passo del Dandolo sulla fondazione di Giustinopoli; sulle Antichita ilaliche di G. R. Carli. 3. Della patria di Gentile Sermini; di una Dissertazione deli’abate Nachi; di un abbozzo dello Ženo (Apostolo) per la vita di Girolamo Muzio; sulla nuova edi¬ zione del Codice della Cronaca detla Sagornina, che si accingeva ad illustrare e poi pubblicare il padre Pellegrini. 4. Sul Dio Beleno, principale deitii di alcuni paesi germanici. 5. Sull’ Officio della Concezione istituito da papa Sisto IV -d proposito di un bre- viario fatto dal triestino A. Bonomo, che diede occasione al march. Girolamo Gravisi di parlare del Vescovato di S. Nazario. avere scoperto una sl solenne, e dir6 anche incredibile irapostura, e mi aveva pure consigliato l’emi- nentissirno Garampi per quella bonta e vanlaggiosa opinione che avova di me; ma il riguardo al P. U. Francesco Dona, allora istoriografo pubblico, cui aveva malamonte comunicato la cosa, il quale credeva dovesse toccare a so tale impegno, che diceva volersi assumere, mel fece deporre. Ora perb sciolto da tal riguardo, e mosso da nuovi impulsi di un altro illustre porporato 1’ em. Borgia, l'ho riassunto, e mi ci son gia pošto con tutto quell’ impegno di cui posso essere capace. Il dolore stesso della caduta della Repubblica, che porterb močo al sepolcro, me ne diede altra spinta, ricordandomi di quanto scrisse Livio : Ego . . . hoc guogue laboris praemium petam , uti me a conspectu malorum, quae nostra . . . vidit aetas, tantisper certe, dum prisca illa mente repeto, avertam. — Dopo questo lavoro, che ccrto vorra qualche tempo, il mio unico impegno šara la Vita del Muzio.» Da questa lettera, in contraddizione palese con quella seritta nel 1805, apparirebbe che appena nel 1809, il Pellegrini avea progettate 1’ edizione ed illustraziono del codice Sagornino. (E.) CAPITOLO IV. 349 6. Osservazioni sulla Dissertazione scritta dal march. Girolamo Gravisi Intorno alla Dalmazia detta regione d’Italia. (V. biogr. n. 225. p. 339 — Opere stam- pate — num. 3). 7. Sulla venuta a Capodislria deli’ ingegnere Rizzi-Zannoni di Padova, geografo di Francia, clie recavasi in Istria per fare osservazioni relative alla sua pro- fessione. 8. Riflessioni ftlosoftco-morali sulla Divina Rivelazione; — Sulla pretesa guadra- tura del cerchio scoperla da un medico, certo Novelli, esercente a Capodistria\ la quale scoperta viene posta in derisione dal padre Pellegrini. 9. Sopra un passo di Strabone riguardante Vantica Aemonia; — di una gram- matica latina deli’ Albertini di Parenzo ; di un opuscolo del giustinopolitano Alfonso Valdera, intitolato Giuoco militare di virlu (anno 1571); versi dello slesso col tilolo Rappresentazioni delle virlu morali (an. 1571); — di una tra- duzione latina delle favole di Esopo e delle letlere di Falaride per Bartolomeo Pelusio giuslinopoliiano (an. 1498). II Pelusio era anche stampatore. (E.) 262. — DONADON I Gio. Casimiro patrizio di Trieste (1728), diede alla luce: Relazione della venuta e permanenza nella cilld di Trieste di Carlo VI impera- lore, con una difesa apologetica della stessa citta e de’ suoi porti di m are, stampata in Lnbiana per Giuseppe Majr nel 1728, in 4.° piccolo, di pag. 80 e ristarnpata in Trieste nel 1828, in 8.° piccolo, di pagine 50 dal tipografo Weis. (') 263. — BONOMO Andrea Giuseppe gentiluomo di Trieste (1792). Fu cancelliere della San iti; soggetto per qualitž, personali e per coltura di spirito riputatissimo, cesso di vivere in patina il 3 gennaio 1797. Abbiamo di lui: OPERE EDITE 1. 1785. Sopra V origine degli anlichi conti di Gorizia. Opuscolo anonimo di pag. 15 in ottavo piccolo, coi tipi Coletti, in Trieste, 1785. ( 2 ) 2. 1785. Dell’antica moneta goriziana. Lettera prima dedicata al conte Guidobaldo de Cobenzl. ( 3 ) 3. 1788. Dissertazione sopra le monete dei vescovi di Trieste, con ritratto e veduta, sotto il nome di Orniteo Lusitanio ( 4 ) raerabro deli’ accademia degli arcadi ro- mano-sonziaci. Tipi Coletti, Trieste, 1788. ( 1 ) La seconda parte di questo lavoro fu ristarnpata nelTIstria, III. (1848) n. 47, 48, 49. (E.) ( 2 ) Fu ristampato nel vecchio Areheografo triestino, diretto dal Rossetti, vol. III; parla molto di eose istriane. — Nello stesso volume trovasi altro lavoro storico del Bonomo, ehe probabilmente e lo stesso ricordato qui dallo Stancovich tra le opere medite. Il titolo esatto e: Della giustizia dei diritti austriaci - carintiani sopra 1’Istria. Sul qual argomento leggasi 1’opposto parere di P. Kandler negli artieoli — DellTstria e della Carsia rispetto al Carnio — Memoria sciutta por incarico della Giunta provineiale deli'Istria. Fu pubblicata nella Prov. deli’Istria, I. (1867) n. 2, 3, 4, 5. (E.) ( 3 ) E medita. — Vedi Saggio di bibl. istr. n. 1872. (E.) ( 4 ) Nomc accademico di Andrea Giuseppe de Bonomo. L’autografo sta neH’Archivio diplomatico del Municipio di Trieste, dono del dott, Cumano di Cormons, (E.) 350 BIOGRAFIA DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA OPERE INEDITE 4. Diritti della Časa cVAusiria sopra V Istria ex veneta. Molte altre produzioni letterarie inedite di questo dotto triestino esistono presso il sig. Costanzi di lui erede in Trieste, nonche vari interessanti patri docuraenti e notizie intorno 1’autore. II Bonomo scrisse ancora i seguenti lavori, non ricordati in quest’ opera dallo Stancovich : 1. Incursioni dei Turchi nelle parti vidne di Trieste. Stamp. verso la fine del se- colo 18, e ristampato nell’ Istria, II, (1847). 2. II Doge Enrico Dandolo in Trieste. E pure stamp. alla fine del sec. 18, e nel- 1’Istria, II (1847). 3. Promemoria sull’ Antiča moneta goriziana ed analoga lettera, stampate nell’o- puscolo di Carlo Coronini — DelVantica moneta goriziana. — Gorizia, Tomma- sini, 1785. 4. Almanacco ecclesiastico, storico, politico, commerciale di Trieste. Dieci annate. — Trieste, Stampeda governiale, 1791-1800. N’e ritenuto autore il Bonomo. Tra gli scritti inediti Grav.-Barb. in Capodistria, si conservano circa cinquanta lettere autografe di Andrea Giuseppe Bonomo, dirette al marchese Girolamo Gravisi. Esse versano in gran parte sopra argomenti di arclieologia e uumismatica. (E.) 264. — V0RD0NI Leonardo figlio di Pielro (1813), nacque in Corfu il 20 luglio 1748 e fu ufficiale nella marina della Repubblica di Venezia. Innamorato della scienza medica, abbandono la carriera marittima, e si diede alla pratica chirurgica nell’ospitale militai’e in patria; passo quindi ali’ Universith di Padova, ove nel di 11 maggio 1769 fu approvato in chirurgia e nel 29 agosto 1772 ottenne la laurea di dottore in filosofia e medicina, clTesercito con riputazione in Scardona ed a Sebenico nella Dalmazia. Le nazioni greca ed illirica, domiciliate in Trieste, lo chiamarono in quel porto franco ali’ esercizio della professione. Vi passo egli, ma per non essere graduato in una delle Univorsita austriache non poteva prestarsi. Ottennero pero le dette nazioni dalla clemenza del Monarca, in data 14 novembre 1780 clie il Vordoni giustificasse i suoi studi di medicina e ne subisse gli esami in una delle Un iver si ta austriache. Sollecito il dottore Vordoni, passo nel 1781 a Vienna, e cola dopo due rigorosi esami nel 17 agosto di detto anno in quell’ Universith fu approvato ed ammesso alla pratica della medicina. Contemporaneamente frequentando la scuola veterinaria, diretta dal professor Gottlieb-Wolstein, premesso 1’esame, riporto il giorno 18 agosto 1’approva- zione nella veterinaria. Reduce in Trieste comineio ad esercitare la medicina dietro decreto di quell’eccelso governo del 12 settembre 1781. Da quest’epoca fissh in Trieste il suo costante domicilio sino alla morte, per il corso di anni 33, e Trieste si pub dire la di lui patria adottiva clie gli diede ripu¬ tazione e fortuna; com’ e la naturale de’ suoi figi i; per oui ho creduto dargli un pošto nella preselite Biografia. Fu ascritto a varie societh letterarie, come nel 1793 a membro delFAccademia degli Areadi-romano-zonziad : ai 10 di maržo 1810 alla Societd medica di Venezia, CAPITOLO IV. 351 e nel giorno 12 dicembre di detto anno a socio corrispondente eslero della Societa di medicina di Parigi, con diploma segnato da quel decano. Nel 28 aprile 1812 dal fu Arnault auditore del consiglio di stato, ed intendente del VIstria, fu nominato membro del Giuri di medicina per la provincia medesima. Riputatissimo per professione, per filantropia e per dottrina, cesso di vivere in Trieste nel di 29 novembre 1813, e la di lui morte fu onorata da elogio funebre recitato dali’ israelita dottor Benedetto Frizzi, (') e di varii epicedi e poesie nel gabi- netto di Minerva. II sig. Gostantino Asazio, ora prof. di filologia nell’ Universita di Corfu, compose un elegante idillio -greco, stampato in Trieste nel 1814, col titolo seguente: ’Ava 7 pa) Attila, flagello di Dio, sceso per la via delle Alpi Giulie colle numerose sne orde di barbari ginnse in Italia nelPanno 452 o pose 1’assedio ad Aquileja. Il presidio poco numeroso e tutti gli abitanti di quella citth resistettero per tre mesi, ma difettando di soccorsi e trovata inutile ogni resistenza ab- bandonarono la patria, la quale venne saecheggiata, arsa o distrutta sino alla fondamonta. Questa citth, che sotto i Romani fu una delle principali d’ Italia, e oggi una piccola borgata, ma sempre interes- sante per lo splendido e glorioso passato e per gli antichi tesori che ivi si vanno continuamente disseppellendo. (E.) ( 2 ) Volchero (1204-1218), grande politico e guerriero, inlento a consolidare il patriarcato preten- deva che il marchesato d’ Istria spettasse di diritto a lui in base a donazione 11 giugno 1077 fatta dali’ imperatore Enrico IV; al che opponendosi Lodovico degli Andechs, duca di Baviera, che lo voleva ritenere per se essendo gih stato investito dali' imperatore Ottone IV, vennero i pretendenti alle armi e toccata la peggio al duca bavarese questi dovette rinunciaro il marchesato a favore del patriarca. Il Gavardo che comandava la cavalleria patriarchina appartenne ad un' antica o celebre famiglia venuta da Brescia a Capodistria intorno al 1110, che esulo per le lotte intestine di quella citta. V. Prov. del- 1’Istria, VII, 23. (E.) ( 3 ) V. A. Marsich — Sagg. di Annali istriani del sec. XIII, (E.) CAPITOLO V. 365 273. — RAPICIO Antonio, (1253), da Trieste. Dalle Croniche del Mainati T. i. ab- biamo che fu capitano di Uldarico, vescovo di Trieste, (') e clie a servizio del patriarca di Aquileja assedio con trentamila soldati la citta di Brescia. Dal di lui ritratto esistente in časa Rapicio, in Pisino, rilevasi ch’ egli fu valoroso generale d’ armi di Protaldo patriarca di Aquileja, come sta scritto sotto il ritratto stesso, dov’e rappresentato col vestito del suo grado in baffi e pizzo e sotto cui si legge la seguente epigrafe: ANTONIVS • RAVIZZIVS PATRIARCHALIS • EXERCITVS SVB ■ PROTOALDO • PATRIARCHA • AQVILEIENS1 BELLI • DVX • GENEROSISSIMVS MCCLIII 274. — B0N0M0 Gio. Antonio di Trieste, (1280), fu inviato dalla cittž,, strettamente assediata dai Veneti, al patriarca di Aquileja, ed al Conte di Gorizia per impetrare soc- corso, clie ottenne di 36 mila soldati. Nel suo ritorno a sollievo della patria angustiata, incontratosi coi nemici sortiti da Belforte presso Monfalcone, ed attaccato dai medesimi, dopo valoroso conflitto, rimase ucciso sul campo nel 1280. Ireneo e Mainati. ( 2 ) 275. ----- GAVARDO Gavardo II., (1366), di Capodistria. Nello stesso anno fu sopra- comito della galera di Capodistria spedito nella ribellione di Candia in ajuto dei Ve- neziani contro i Genovesi, ove m ostro tanto valore nelTassalto della citth, clTegli fu il primo a prendere una porta della medesima, ad ascendere le mura e riporvi lo stendardo veneto, per cui storditi i cretensi, fu preša la citta dali’ armata, ed in ricompensa il Gavardo, ed il Princivalle ( 3 ) furono associati alla cittadinanza veneta. (Cron. ms. Just., Mem. fam. Gav., Manzioli, Slorie venele e Ducati del doge Marco Cornaro). (') (’) Uldarico vescovo di Trieste si chiamava, secondo lo Scussa, anche Vulrico e Vorlico nomi poi storpiati in Roderlico e Oderlico ed era della famiglia friulana de’ Portis, canonico di Cividale. Fu vescovo di Trieste dal 1235 al 1253. E poco probabile adunque che fosse il Rapicio suo capitano, tanto piu eho gia nel 1251 era patriarca di Aquileja il napoletano Gregorio di Montelongo, non Protaldo o Pretoldo o piit modernamente Bertoldo dei duchi di Merama. L’epigrafe che si legge sotto il ritratto, potrebbe ossere come il ritratto stesso fatta a capriecio e cpiindi non degna di fede. 11 Rapicio sarebbe stato capitano delTaltro vescovo di Trieste Leonardo o Leonida, sotto il eni vescovato sarebbe successo il fatto d’armi che accenna qui lo Stancovich. Vedi Illustrazione di una serie di monete dei vescovi di Trieste di C. Fontana nelPArch. triest. III, 1831, — le Indicaz. di P. Kandler, — L’Istria — Note storiche di C. De Francesehi ecc. (E.) ( 2 ) Per notizie esatte ed estese ne’ suoi particolari sulla guerra dei Veneziani in Istria e sulTas- sedio di Trieste vedasi il cap. XXII deli’ Istria — Note storiche di C. De Francesehi, opera gili piu volte qui citata. P. Kandler dice che nello stesso anno 1280 in cui perl valorosamente sul campo il Bonomo, la citta di Trieste si assoggetth alla Repubblica di Venezia, e che altrettanto fecero parecchie citth deli’Istria. Kandl. Istria, V. Cod. dipl. istr., Indicazioni, e Saggio di annali istriani del sec. XIII raccolti da Don A. Marsich, Capod. Priora, 1886. (E.) ( 3 ) 11 Princivalle qui nominato, il quale preše parte assieme al Gavardo nel conquisto di Candia, fu pure istriano di Capodistria, e procisamente deli’ antica e nobile famiglia degli Spellati (Speladis) che diede pure parecchi soggetti distinti. V. Cron. Vir. Iuslinop. Armis ac clara eruditione insignis, cronaca ricordata spesso in questo capitolo dallo Stancovich; o la Prov. deli'Istria, VII, 1873, 20, — Notizie e doc. per la conoscenza delle cose istr. di T. Luciani; in cui parla degli Spellati (Speladi) andati da Capodistria a Venezia e che ebbero sopoltura ai Frari. Il sipario del teatro sociale di Capodistria, pittura non ispregevole fatta sui primordi di questo secolo, rappresenta Gavardo II Gavardo nell'atto d’inalberare sulle mura di Candia la bandiera (]i S. Marco. (E.) ( 4 ) La ribellione di Candia, in cui ebbero parte gl’ istriani, costo alla Repubblica di Venezia sessanta anni di lotte, cioe dal 1307 al 1366. Gli stessi veneziani accasati in Candia si ribellarono e bisognh sangue per sotiometterli. V. Cantu — Storia di Venezia — nella p. c. Grande Illustr. del Lombardo-Veneto. — La ribellione di Candia nella quale si distinse il Gavardo principih nel 1363. (E.) 366 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 276. — BONOMO Pietro da Trieste, (1404). Avendo i Veneziani inviate milizie nell’ Istria contro gli Austriaci, scorsero a Popechia, Cernicale, San Servolo, diri— gendosi verso Trieste nel 1404. Incontrati da Pietro Bonomo, eletto dalla patria a supremo comandante della milizia triestina, li assali ali’ improvviso, con Giovanni suo figlio, in modo che li ruppe, e pose in fuga, restando pero egli stesso nello scabroso conflitto gravemente ferito, per cui nel termine di due giorni resto privo di vita, sacrificata ali’ amore della patria. Mainati Cr. (') 277. — ZANONI da Capodistria, (1422), il cui nome ignorasi. Rileviamo dalla Ducale di Tommaso Mocenigo del giorno 2 agosto 1422 essere stato il Zanoni capitano generale di tutta la milizia pedestre del duca di Milano; e che per i suoi singolari meriti venne ascritto al consiglio dei nobili della di lui patria. Zanoni de Justinopoli capitanei omnium pedilum illustris D. dueis Mediolani. Monum. Consigl. di Capod. 1770. ( 2 ) 278. — Di MONTONA Nicold, (1436). Di questo nostro istriano abbiamo una sola notizia nella storia romana deli’ inglese Lorenzo Echard torno ix, Venezia 1751. In essa leggesi che trattandosi di trasferire il concilio di Basilea in altra citta, propone- vano que’ padri di nominare d’ accordo coli’ imperatore di Oriente la citta opportuna; che il papa mostrasse la sua generosita per le spese di viaggio degli Orientali affine di accelerare la riunione delle chiese greca e latina, che in caso diverso la Prov- videnza aprirebbe altre sorgenti ai padri del concilio; «che tligia gli avignonesi «esibivano di dare anticipatamente settanta mila ducati, se si voleva tener il concilio «nella loro citta; finalmente che si era trattato con Nicolb di Montona, il quale si «obbligava coli’ esborso di trentamilaottocento ducati di dare quattro galee, e i «trecento arcieri promessi ai Greci per la guerra di Costantinopoli.» Questo Nicolb di Montona probabilmente apparteneva alla famiglia Polesini, ora illustre e doviziosa, la quale in que’ tempi, come scorgesi dai domestici registri, denominavasi col nome di Montona, esempio che verificasi in molte altre famiglie di quei secoli ( 3 ). 279. — GRAVISi Nicolo fu Vanto da Pirano, (1440), erroneamente chiamato Vanto dal Manzioli. Essendo alla custodia di una porta di Padova scopri una congiura che (*.) Di questo fatto d’arini, avvenulo nol 1404 socondo il Mainati, ripotuto dallo Stancovich, in cui ebbero tanta parte i dno triestini Pietro e Giovanni Ilonomo, non discorre alcuno storico nostro successivo, quali Rossetti, Kandler, De Franceschi, Combi, Luciani ecc. E noto poi che il Mainati fu cronista spesso poco esatto e quindi non sempre degno di fedc. Non per questo si dcve negare 1’ esi- stenza ed il valore dei due triestini Bonomo, essendo vissuti in un’ epoca nella quale anche Trieste si distinse pel suo valore. Ilastino ricordare gli anni che corrono dal 1362 fino al 1501. E verso poi il 1404 ci fn un grande conflitto tra Venezia e i conti di Gorizia, nel quale ccrtamento si sai’anno distinti e Triestini ed Istriani. — Il Saggio di bibliografija istriana enumera tredici. personaggi della famiglia Bonomo, tra cui una donna, 1’abbadessa D^frasia Bonomo, traduttrice dal latino di vite di santi. (E.) ( 2 ) Zanonc o Zenone non e il cognome ma il nome di questo distinto capitano di Capodistria. Appartenne alla famiglia de Gallis (T odiorna Gallo?) e fu figlio a Gregorio de Gallis fu Giovanni. Notizie particolareggiate leggonsi nella Provincia dellTstria, an. VIII, n. 9 in un articolo firmato I). A. M. (E.) ( 3 ) Al tempo di prcte Fortunato Olmo (1570 ?-1648) autore di una Descrittione delVHistria (Ms. nelPArch. di Stato in Venezia) stampata negli Atti e memorie della Soc. istr. di ai'ch. ecc. vol. I, la famiglia Polesini era nota col cognome di Pulicenio italianizzato poi in Polesini, ed abitava ancora Montona, (E.) CAPITOLO V. 36? voleva dare quella citta ali’ inimico: azione cosl apprezzata dalla Repubblica, clie dichiaro avere il Gravisi conservato alla stessa la cittži di Padova per la sua fede ed industria: Unde clici potest ipsam civilatem Paduae pro ipsius Nicolai fide et industria sub nostra repubblica conservaiam esse, col douo perpetuo del feudo e marchesato di Pietrapelosa, corne dalla ducale del doge Francesco Foscarini 10 maržo 1440 portata dal Carli. (Ant, Ital. T. v) ('). 280. — BON Vittore di Capodistria, (1447), cancelliere grande del capitano gene¬ rale Michieli. Fu nunzio della Serenissima Signoria al duca di Milano nel tempo deli’assedio di Cremona; ebbe merito di conservare alla stessa la citta di Crema, ed esegui varie imprese ad utile e servigio della Repubblica, per le quali con delibe— razione del Consiglio 20 maržo 1447, ebbe in dono Carcauze o S. Pietro nel terri- torio di Capodistria. ( 2 ) (Raccolta Decr. Sovr. Manzioli, Naldini .) 281. — LUGNANI Tiso di Capodistria, (1454). Secondo il Manzioli, fu conne- stabile di Gattamelata ( 3 ) mandato al soccorso dei Romani; capitano di 50 nobili (*) (*) Ecco eomo narra il fatto C. Dc Franceschi nell'Istria — Not. štor.: — Capodistria un tempo turbolenta c ricaleitrante al dominio veneto, divcmie poi talmente fedele ed affezionata alla Repubblica, chc, conquistata Padova, ne fu affidata la custodia a dieci capitani di Capodistria, espressamente ricercati con ducale 13 maggio 1406, i quali la tennero sino oltre il 1440. Tra questi capitani in seguito elotti v’ era Nicolb Gravisi da Pirano, cho stando nella notte del 7 maržo 1435 alla guardia di una porta della citta, scoperse una trama ordita da alcuni padovani, per consegnarla a Marsilio, figlio dello spodestato e poi giustiziato Francesco di Carrara, ed arrestando i ribelli salvi) alla repubblica il possesso della citta .... In premio di quest’ azione e di molti altri meriti, con ducale 10 maržo 1440 di Francesco Foscari fu assegnata a lui ed a' suoi successori un'annua provvigione di 260 ducati d’ oro, e venne investito del feudo di Pietrapelosa e sne perlinenze costituenti il marchesato di questo nome. V. anche Notizic inlorno a Pietrapelosa e alla nob. famiglia march. de Gravisi delFab. A. Marsich. Trieste, tip. Appolonio e Caprin, 1869. Nella Descrillione deli'Hislria di D. Forlunato Olmo va corretto il nome di Vanto, delto scopritore di una congiura, in quello di Nicolb, come pure va corretto 1’ anno che non e 1440 ma 1435. Il 1440 e 1’anno deli’ investitura feudale data a Nicolb Gravisi con ducale Francesco Foscari (non Foscarini) 29 sett. 1439. (E.) ( 2 ) Nel 1447 i Veneziani stavano armati alle porte di Milano quando mori il duca Filippo Maria Visconti (1391-1447) cessb con lui la dinastia viscontea. Il suo successoro, Francesco Sforza (1404- 1466) salito colla spada da umile stalo, trionlb prima sni Veneziani, ma agognando al dominio di Milano si accordb con essi promettcndo molto terre dello Stato. Divenuto signoro della duchea volse ogni opera per riconciliarsi i popoli; obli6 i suoi alleati o ricostrusse il caslello a difesa dei Veneziani ed anche per procurarsi un riparo contro i poricoli d’ogni governo. Fu afflitto poi lo Sforza da guerre incessanti con Fiorentini, Savojardi, Napoletani e Veneziani, anzi dove cedere a questi ultimi Bergamo, Brescia e Crema, d’ allora sempre staccate dal Milanese. V. Storia di Milano di C. Cantii nella Grande illustr. ecc. — Carcauze donato a Vittore Bon e nel distretto di Capodistria, od era feudo dei Vittori. Nella cohcattedrale di quella citta esiste una lapido che ricorda due giovinetti della famiglia Vittori — Scipione e Cinzio — dedicata dal padre Bon Vittori (Victorius). Quosla coincidenza di nomi farebbe supporre che ilcognome di Bon (Bonus) attribuito al Cancellier grande del Michieli, fosse stato confuso col nome o che Vittori si fosse chiamato perche appartenente alla famiglia Vittori che e antica di Ca¬ podistria. Nel secolo “attuale illustrb il casato Vittori quel Giovanni Capodistria di Corfu, disceso dalla famiglia capodistriana e che presidente della Grecia risorta, venne ucciso proditoriamente in Nauplia il di 31 otlobre 1831. — Corfu gli oresse una statua nel 1887. (E.) ( 3 ) Erasmo Gattamelata di Nami (1431-1443) appartenne a quella famosa schiera di soldati che volevano 1' Italia liberata dagli stranieri. (S. T.) Tiso Lugnani si distinse in alcuno di questi fatti darmi, tanto e vero che per le sue gesta fu dichiarato benemerito della Repubblica. La statua equestre di Gat¬ tamelata, opera del Donatello, e a Padova. (E.) 368 BIOGRAFIA DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. cittadini di Capodistria destinati al delicato pošto detla custodia di Verona, e poscia governatore di Veglia. Parlano di lui il Carli nelle Ant. Ital., e la Race. dec. sovr. di Capodistria. Vi ha un pubblico documento della Repubblica, 2 febbraro 1454, che commenda la fedelta, i meriti, e le distinte qualita del nostro Tiso, parzialmente per avere custodita la cittadella di Verona, come da testimonianza 11 febbrajo 1454 del podesta capitano, e generale di Verona: — Egregius et nobilis civiš'justinopolitanus Tisius de Lugnanis cum quinquaginla viris . . . armis non solum . . . verum etiam /ide, el expertissima virtute notissimis: e poscia — Vere in eo vir o, et gentibus suis enituit fides, el justinopolitana virtus, neque est menlita, quae majores illius egregiae civitatis de /ide , el virtute exempla ad suos posteros tradiderunt, percio Tiso co’ suoi e dichiarato beneinerito della repubblica. Mon. cons. di Capod. pag. 28, 29. (') 282. — LUGNANI Monfardino o Manfred ino di Capodistria, (1460), nella guerra di Pa¬ dova fu capitano di cento cittadini di Capodistria; alla guerra di Sebenico fu connesta- bile; alla guerra di Žara, di Nona, e di Ostrovizza fu capitano delle fanterie. Manzioli. 283. — LUGNANI Piato di Capodistria, (1461), nel tempo che la Repubblica Veneta aveva in suo potere parte della Romagna fu spedito capitano della fanteria a Rimini, ed a Ilavenna. Manzioli. 284. GAVARDO Santo I. da Capodistria, (1463), per grandezza d’animo e valor militare commendevolissimo. Oltre vari lodevoli servigi prestati nel 1452 alla Se- renissima Repubblica Veneta ali' abbadia di Cerreto, essendo stato pošto in fuga da Alessandro Sforza duca di Milano il generale deli’ esercito veneto Carlo Gonzaga , sostenne il Gavardo co’ suoi cavalli 1’ impeto del nemico in modo che 1’ esercito non ebbe detrimento, fu salvo il generale, e fu aseritto al nostro Santo il merito prin- cipale di quella vittoria, come apparisce da piu ducali, dalle lettere del Gonzaga, di Gentil Leonessa, e del conte di Pizignano. Fu poscia governatore a Brescia che salvo da una pericolosa congiura. Neli’anno 1463 fu spedito col titolo di generale al comando delle armi di terra e di inare nelFIstria contro i Triestini, e gli Arciducali, nella quale impresa accrebbe colla prudenza e col valore i meriti e la gloria al proprio nome, stringendo di forte (*) (*) La custodia di Verona e particolarmente la sua cittadella eransi fatte di molta importanza per le ostilita tra Filippo Maria Visconti duca di Milano e Venezia che aspirava sempre ad estendersi nel continenle. Dopo armeggiamento lontano e negoziati falliti, la guerra si ridusse attorno Verona. Si com- batte per tre anni con varia fortuna, ma Nicolo Piccinino (1373-1444) condotliero del duca, colto il momento in cui Francesco Sforza (1404-1466), generale dei Veneti, erasi recato. in difesa, con marcia rapidissima da Riva a Peschiera giunse inaspettato sotto le mura. Col favore di violenta procella s'impadroni delle porte di San Ženo e Nuova. Ma lo Sforza avvertito, celermente mosse da Bx’escia, passo 1’Adige e per la via dei monti penotro nei minacciati castelli e disserratosi addosso ai nemici, li costrinse a ri- tirarsi. Per questo fatto rialzossi la fortuna di Venezia. E in seguito a questa luminosa vittoria che Venezia mando militi istriani, tra cui Tiso Lugnani, a custodire la citta e la cittadella di Verona. Per Notizie estesc della guerra anzidetta vedi — Verona e sua provincia nella p. c. Grande ilustrazione del Lombardo-Veneto. (E.) CAPITOLO V. 369 assedio la cittž. di Trieste,^) acquistando ai Veneti i castelli di Mocco, S. Servolo e Castelnovo. ( 2 ) Seguita la pace, per la mediazione del pontefice Pio II, ( 3 ) fu premiato il Gavarclo colla donazione perpetua di Castelnovo. Fanno di lui onorata menzione gli storici veneti, e parzialmente il Sabellico, il Manzioli, la Cron. ms. Justin., e piu decreti del doge Cristoforo Moro del 1463. Di questo prode istriano merita particolar menzione un fatto onorevole alla patria, portato in detta cronaca e nei registri della famiglia Gavardo. Trovandosi Santo Ga- vardo conduttore della cavalleria di Ladislao i'e di Napoli era stato sprezzato, come barbaro istriano e non italiano d’Istria, da Rosselto di Capua, condottiero della milizia pedestre di detto re. Slidato il Rossetto al duello per soddisfazione deli’ insulto, alla presenza del re, e dei cavalieri della sua corte lo vinse e lo smenti col valore. Per quest’ azione applaudita dai cortigiani e dal re, ebbe in ricompensa da quel monarca il privilegio di portare per sua insegna una lingua infuocata posta fra due freni, cui e anche oggi costume di portare nell’ arma di detta famiglia. Nella stessa cronaca e detto che cesso di vivere, mentr’ era ali’ assedio di Trieste, ferito da una freccia. Sotto il di lui ritratto che si conserva in famiglia sta scritto il seguente distico: Te tua viclorem fecit, dux indite, virlus. Sive cadant alii, non tamen ipse cadis ( 4 ). C) Siccome i reciproci confini non orano ancora bon precisi, dovevano nascero discordie tra Venezia ed Austria. Le prime ostilita si aprirono per motivi di commercio da Capodistria con Trieste. (E.) O Moccb o Montecavo era nella valle di Zaide presso Capodistria sopra colle, proprieta dei Mon- tecuccoli di Modena; distrutto poi nel 1511, vi rimangono oggi poche traccie; — anche dei castelli di Castelnovo e S. Servolo, pure dei Montecuccoli, restano oggi desolate rovine. In questa guerra del 1463 il castello di S. Servolo fu affidato a Nicolb Verzi (Guerci) di Capodistria. De Fr. Istria — Not. st. — (E.) ( 3 ) Pio II. (Enea Silvio Piccolomini) (1405-1464) fu vescovo di Trieste dal 1447 al 1450 ove lascio molte vestigia della sua sapienza di governare. Nel 1458 fu fatto papa; fra le altre sue azioni b merno- rabile la crociata marittima che cerco armare contro i Turchi allora minacciosi, ma mentre accingeasi a capitanarla in persona, mori in Ancona. . (E.) ( 4 ) Il prof. M. P. Grego di Veglia, scrisse un racconto storico intitolato La disfida di Santo Gavardo, stampata in Lodi, 1875, coi tipi di Costantino deli’Avo. Vedi la recensione nell’ Unione cron. cap. bim. an. I. n. 22 di G. de Baseggio. Di Santo I Gavardo scrissero ancora oltre C. Combi nella P. O. I; C. De Franceschi ncHTstria — Note sloriche — A. Marsich nelle Eflem. Istr. — P. S. Bonfiglio nelle Condizioni deli’ Istria, Torino 1864; — D. Manzoni nel racconto — La stanzetta misteriosa, — Trieste, 1887 ecc. La sfida, secondo il Manzoni, ebbe luogo nelTanno 1414; e trentanove anni piu tardi questo ardito istriano mostrava ancora a difesa della sua patria quanto possente fosse il suo braccio! Santo I Gavardo fu nipote di Gavardo II Gavardo (1366) (Stanc. n. 270) come lo dimostra la seguente genealogia: Gavardo I (1210) I Michele I Gavardo II (1366) Santo I (E.) 370 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 285. — Del CANCELLIERE Cristoforo da Trieste, (1463). In quest’anno fu spedito capitano di duecento triestini nella valle di Mocco contro i Veneti e quei di Capodistria, ove fugati i nemici, ucciso il connestabile della Repubblica ritorno vittorioso in patria. Mainati T. II. (’) 286. — De LEO Antonio da Trieste, (1465), fu valoroso difensore della sua patria, ridotta dai Veneti alle strette, soccorrendola colle armi e colla liberalitA, sovve- nendo alla farne de’ cittadini assediati. ( 2 ) Fu inviato dali’ imperatore Federico a sedare i tumulti insorti fra il duea Alberto suo fratello, ed Uldarico conte di Cilli sopra la cittd di Lubiana, ed egli con prospero successo ridusse gli animi agitati alla pace. Dallo stesso imperatore fu stabilito supremo cornandante dei Triestini, e nelle spedi- zioni fatte negli anni 1434, 1441 per raffrenare T audacia dei ribelli si acquisto la stima, e gli encomii anche di principi forestieri. Fu piu volte inviato oratore ai Serenissimi Arciduchi d’Austria, alla Repubblica Veneta, e nel 1465 ali’imperatore Federico, dal quale fu pure spedito legato a Roma nell’ anno stesso, per trattare e conchiudere la propria incoronazione. (Ireneo). Molti valorosi capitani, ed illustri soggetti furono di questa famiglia, fra quali risplendette FERDINANDO, che in piu cimenti sotto Friburgo nell’ impero, a Filippopoli, Comora, e Giavarino in Ungheria, col valore, e consiglio depresse i nemici del suo sovrano. 287. — GRAVISI Vanto da Capodistria, (1479), fu castellano di Castelnovo presso Trieste. Conviene credere che fosse un soggetto di considerazione, mentre nella ducale del doge Giovanni Mocenigo 22 sett. 1479 e chiamato: Carus est dominio nostro Vantus, sed carior est castellanus Castrinovi. Raccolla Decr. Sovrani di Capod. p. 24, si potrebbe credere questo Vcmlo essere nipote di Vanto da Pirano padre di Nicolo ( :! ). (') Del Cancelliere, o secondo lo Scussa de Cancellieri, fu capitano dei triestini che attacco nella prima sortita del 1463 i veneti o meglio i capodistriani; e in qnesto primo scontro fu fortunato, poi perdute le castella di Castelnovo, di Mocch, di S. Servolo, il di 4 luglio 1’armata veneta, forte di 200000 uomini comincio 1’ assedio durato quattro mesi e piu, cioe fino al 17 novembre. — Lo Stancovich ricorda qui tre nostri valorosi che meriterebbcro un marmoreo ricordo; Gavardo, Cancellieri, De Leo ; tutti tre ebbero in core un solo ideale : la patria. In questa guerra meritano ancora monzione due altri triestini Antonio De Leo c Domenico Burlo, giunti da Venezia apportatori della pace. Dice il Kandler che il coman- dante vcneto si mostro umano, e che ai triestini assediati fu gradatamcnte somministrato il vitto. (E.) ( a ) Questo Antonio de Leo fu, come si e detto nella nota antecedente, assieme a Domenico Burlo, apportatore pei veneti della pace a Trieste. La farne, cui accenna qui lo Stancovich, fu tale da causare morte; — erano cibi il cuojo rammollito, gli animali immondi e schifosi. Kandl. Annali. De Franc. Istria — Not. štor. — Ma il nostro secolo fu spettatore di una farne ben piu tremenda: quella di Parigi del 1871! Un altro distinto milite triestino nomina lo Stancovicli in questo n. 281 — Ferdinanda de Leo. (E.) ( 3 ) E precisamente nipote di Vanto e figlio di Nicolo capitano alla custodia di Padova per oltre trent’anni. Questo Vanto coperse il non facile pošto di Castelnovo sul Carso in tempi seabrosi di scor- rerie di Turchi in quelle parti. Vedi Notizie intorno Pietrapelosa in Istria ecc. di D. Angelo Marsich. Grande importanza, dice il De Francesc-hi o. c., avea per la difesa deli’ Istria contro lo stato austriaco e contro le scorrerie turchcsche, oltre i castelli di Mocc6 e S. Servolo, anche quello di Castelnovo, cosi pure quello di Raspo presso Pingucnte, posti tutti al conftne e sulle linee stradali conducenti nella nostra provincia. Il doge Andrea Vendramin raccomandava gia nel 1472 al podesta di Capodistria di ristorare quei castelli e di regolarne il servizio militare, provvedendo ai relativi dispendi. Ricordiamo che gia nel 1470 i Turchi comparvcro nell’ Istria, ma nella sua parte superiore; corsero la CAPITOLO V. 371 288. — GAVARDO Giovanni Filippo, figlio di Santo da Capodistria, (1481), essendosi distinto nella guerra del Friuli, e di Ferrara, (') e commendato nella ducale 30 maržo 1481, ed avendo il padre impoverita la famiglia colla profusione delle proprie sostanze al pubblico servizio, la Serenissima Repubblica col suddetto dispaccio accordo a Gio¬ vanni, in benemerenza propria e del padre, 1’ offizio del peso, e 1’ estimo del vino estero, vita di lui durante (Race. D. Sovr. di Capod.). Egli co’ suoi figli milito pure con 200 uomini a sue spese, come da ducale 1515, e come da altra 1578, ( 2 ) ofFri alla Repubblica 25 cavalli di sua ragione, e due suoi figli per andare contro il Turco. (Meni. Mss. fam. Gav.J. 289. — GAVARDO Rinaldo I. da Capodistria, (1482), per venticinque annni fu al servizio della Repubblica di Venezia in qualita di collaterale, segretario, nunzio, ed am- basciatore. Con questo titolo portossi al duca di Borgogna e lo rimosse dal pensiero di venire in Italia; sciolse la lega che aveva fatto con Barlolomeo Colleoni{ 3 ) da Bergamo, e lo affeziono alla Repubblica. Infierendo la peste, passo commissario in Toscana, ove stette lungo tempo al governo dell’esercito, ed a difesa dei fiorentini collegati, acqui- stando molti castelli. Si trasferi piu volte nella Svizzera a far leva di gente, e per suo consiglio il detto Barlolomeo lascio erede della sua facolta la Serenissima Signoria. In tante imprese, peregrinazioni, e perieoli si trovo egli, che gli acquistarono farna im- mortale, ed in piu ducali specialmente degli anni 1479, 1482 se ne commendano i meriti, * (*) Carsia, abbruciarono Prosocco, Santa Croce, Duino e Monfalconc, e, passato 1’ Isonzo, arrivarono sino a Udine. Ai Turchi orano uniti Bosniaci e Croati. Nel 1472 fecero una seconda scorreria, secondo il Kandl. (Indicazioni); una torza, ne fecero nel 1477, corsero la Carsia e scesi nella valle di Zaule' furono respinti dai triestini, ch'erano usciti per impedire 1'assalto cd il saccheggio della loro citta. In quest’anno stesso venne riconosciuto ai Veneziani dai principi che vi avevano spiaggie ed anche dali’ iraperatore — il dominio del mare Adriatico (Kandl. Ind.) Altra scorreria fecero i Turchi nel 1478, poi un’ altra nel 1482 e 83, quindi nel 1499 e in fine nel 1501. V. La storia di Trieste ecc. di I. Cavaili. (E.) (*) Nella guerra di Ferrara (1480) Pirano mando 2-5 barche robustissime cd armate di robustissimi uomini. Kandl. Ind. (E.) ( 2 ) Le ducali 1481, 1515, 1578 sono dei dogi Giovanni Mocenigo, Leonardo Loredano, Seba- stiano Venier. Giovanni Filippo figlio di Santo I Gavardo ebbe tre figli, lutti tre valorosi Soldati. Il primogenito Santo II fu due volte sopracomito di galera o si segnalb in molte imprese come da ducale 1525 Andrea Gritti; il secondogenito Gavardo III si segnalo a Marano ed a Monfalconc, nel qual ultimo luogo sventb un assalto degl’ Imperiali; il terzogenito Roberto nelFassedio di Castelnovo fu ferito e fatto prigioniero, poi liberato come da ducale 1509 Leonardo Loredano. Sei nipoti discendenti da Gavardo II e Santo I; cioe Dario, Giovanbattista, Alessandro, Giulio, Ottaviano e Gianfrancesco, figli di Santo II, Gavardo III e Roberto, furono tutti al servizio della Repubblica di Venezia e specialmente si distinsero contro gli Uscocchi. — Notizio tratte dalle Mcmorio di Prospero Petronio, notissimo cronachista istriano e da anno- tazioni fatte in calce ad un antico albero genealogico rinvenuto nella villa di Marischie, antico feudo della famiglia Gavardo. — Questa celeberrima famiglia istriana, riassume da sola un lungo periodo e glorioso della storia italiana; e meriterebbe da sola una illustraziono storica particolareggiata da con- servarsi tra le memorie piu splendide dei Comuni istriani. (E.) ( 3 ) Bartolomeo Colleoni, (1400-1475), di Bergamo, condottiero italiano, presti il suo braccio ai Ve¬ neziani sotto il celebre Francesco Carmagnola contro i Milanesi e li vinse; poi passato al servizio del duca di Milano sconfisse i Francesi nel 1447. Ritornato al soldo di Venezia, šali pel suo valore ai piu alti onori. La Repubblica erede di gran parte della sua facolta gli fe’ innalzare una statua equestre davanti la insigne chiesa dei S. S. Giovanni e Paolo, opera dello scultore e pittore Andrea del Verrocchio, allievo del Donatello. — S. T. (R) 372 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA se ne forma gli elogi, ed e dichiarato prediletto e benemerito del suo principe. Man. p. 82, Cron. justinop., Race. decr. so or. di Capod. Registri Gavardo. Cesso di vivere in patria dove ebbe pubblici funerali, e gli fu eretto lin monu- mento, colla seguente iserizione, posta nella chiesa di S. Domenico sopra la porta che conduce ai chiostri: RAYNALDO • GAVARDO • IVSTINOP. QVI ■ BARTHOLOMEO COLEONO VENETI • EXERC. IMPEIIATORI • A • SECRETIS ■ AFFVIT A • QVO • AD • CAROLVM ■ BVRGVNDIAE ■ DVCEM ORATOR • MISSVS INDVSTRIA ■ ET • ELOQVENTIA • PRINCIPIS • ANIMVM Al) • BELLA ■ GALLIAE • CISALPINAE • INFERENDA PROPENSVM • MITIGAVIT AB • EODEMQ. ET • IPSE ■ ET • QVI • AB • EO PROF ICISCEREN T VR OMNI • NOBILITATE • AVCTAS POSTEA • A • REP. VENETA ■ IN • ETRVRIAM COPIAR • MODERATOR • MISSVS CONSILIO • ET • M AN V • HOSTES ■ FVDIT * FVGAVITOVE. (■) 290. — BERNARDINO da Nlontona, (1483), fu capitano all’assedio di Ferrara col duca della Mirandola, e con altri valorosi capitani nella guerra dei principi italiani collegati cofotro i Veneziani nel 1483, ove diede prove luminose del suo genio militare. Sabellico ist. ven. dec. IV. 291. — INGALDEO Giovanni, (1485), capitano ( 2 ). (>) Questo Rinaldo Gavardo fu pronipote del celebre Gavardo II ed appartenne al ramo primogenito, mentre i sopra nominati furono del ramo secondogenito, i quali soli portano nel centro dello scudo un piccolo euore con entro una lingua infuocata stretta da morse. La linea primogenita di Rinaldo si estinse nel secolo 18, e come fu delto, vivono ancora a Capodistria i discendenti della secondogenitura, che vantano gli eroi di Candia, di Cereto, di Ferrara ecc. Ecco la genealogia di Rinaldo : Gavardo 1 Michele I I Gavardo II Michele II Filippo I I Andrea Santo I ! Rinaldo I Lo stemma dei Gavardo e uno scudo partito perpendieolarmente d’argento e di nero, tutto attra- versato da bende deli’ opposto colore, con sul cimiero del sovrappostovi elino, uno struzzo portante un ferro di cavallo nel rostro. (E.) ( ! ) Giovanni Ingaldeo capitano degli Slavi (territoriali) fu uomo di antica fede e valore, e le sue virtii passarono e si riprodussero nel figlio Pasquale. Preše parte ali’ impresa di Trieste, la quale, dice il Luciani, che e stata (fa dolore il pensare) una delle tante guerre fraterne che dissanguarono la na- zione e con essa anche T Istria nostra. V. Prov. deli’ Istr. an. VII, n. 8. Lettcra di T. Luciani al prof. N. Grego direttore del ginnasio di Crema. (E.) CAPITOLO V. 373 292. — INGALDEO Pasquale flglio, (1485), da Capodistria, pure capitano. Giovanni fu capitano degli Slavi, e per quanto dichiara la ducale 9 aprile 1478 del doge Andrea Vendramin fece prigionieri sei Turchi, che presentd al serenissimo principe per mezzo di Pasguale di lui flglio, ed in detta ducale e dichiarato che le virtu e la fede di Gio¬ vanni e degna della grazia sovrana. — Pasquale nel 1482 era connestabile, e valoroso, per quanto si legge nella ducale di Giovanni Mocenigo 28 aprile di detto anno, e nel 1485 per ducale del detto doge 16 ottobre, stan te 1’ eta avanzata di Giovanni Ingakleo, veniva il di lui flglio Pasguale per la servitu prestata virilmente nelle passate guerre, in qualita di connestabile, dichiarato suo successore nel capitanato degli Slavi. Race. dec. sovr. di Capod. 293. — TARSIA Giacomo di Capodistria, (1493), fu castellano del Castel Nuovo, forse il castello di Capodistria presso la citth, (^ perche e detto nella ducale 4 maržo 1475: Fidelissimo nostro Jacoibo Tarsia castellano in Castello Nuovo islius civitatis. Nella detta ducale e chiamato a Venezia per conferire sopra oggetti iinportanti. Milito in Levante sotto le insegne venete, donde fu chiamato dalla Kepubblica sull’ istanza di Federico imperatore, perche si trasferisse a Pordenone per resistere ali’ impeto degli Ungheri, e merito col fratello Gianneito, e discendenza, di essere creato Conte palatino del Sacro Romano Impero, come da diploma dato in Graz 4 febbraro 1478. Ritorno in Levante, ove segui la di lui morte cagionata da ferite, militando contro gli Ot- tomani in qualith di capitano generale d’ infanteria in Corfu, come apparisce dal suo testamento fatto intorno 1’anno 1493. Vedi Race. decr. sovr. di Capod. 294. — BOMBIZZA Giovanni da Muggia, (1511), ( * 2 ) valente soldato. Essendosi av- viato a Muggia Cristoforo Frangipane colla scorta di venticinque cavalli, intimando la resa del luogo per 1’ imperatore Massimiliano, ricusata dai muggesani, fu spedito il Bombizza con una fusta, ed una barchetta contro il Frangipane per la via piu breve, e smontato a terra colle sue genti, assali i nernici che ritornavano a Trieste e uccise la maggior parte di essi entrando a Muggia in trionfo — Bembo Cardinale Ist. Ven. Altri serittori parlano onorevolmente del Bombizza, il quale era anche fornito di ricche fortune, mentre col proprio peculio, e per terra e per mare si mostro cittadino invitto alla difesa della patria come lo attesta la seguente epigrafe posta nella par- rocchiale di Muggia : (') Non potrebb’essere questo Castel Nuovo altro che 1' antica rocea, innalzata, secondo il Kandler, nellanno 1278, e che gia nel see. XIV aveva nome di Castel Leone. Vedi in proposito la nota 2, p. 229. ( E -) ( 2 ) Il cognome e veramente Farra — detto Bombizza. Fu uomo arditissimo; comandante di un brigantino armato a proprie spese e di una flottiglia di piccoli legni. V. Cod. dipl. istr. e De Franc. Not. štor. (E-) 374 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA IOANNI • BOMBIZAE INVICTO • DVCI QVI • TERRA • MARIQVE NAVIBVS • AERE • PROPRIO AB • HOSTIBVS PATRIAM PROVINCIAM • VINDICAVIT SEBAST • Q. FILIO • GENEROS. CASTELL • AVO • ATAVO • SVIS IOANNES • DE • APOSTOLIS -'CASTEL, OMNI • OFF1CIO • AC • PIETATE M. P. M D C X X X. (>) Questa lapide fu eretta, un secolo dopo la morte del Bombizza, da Giovanni de Apostoli ali’ atavo Giovanni, ed ali’ avo Sebastiano. 295. — ZAROTTI Antonio da Capodistria, (1511), sopraccomito, e cavaliere. L’anno 1511 arm6 una fusta a sue spese, con la quale per un anno continuo stette alla guardia del golfo di Trieste, e milito in altre circostanze con valore, come appare da piu ducali che ne commendano la lede, ed il valore. Manzioli. ( 2 ) 296. — TARSIA Damiano fu Giacomo di Capodistria, (1511), castellano di Ca- stelnovo, e generale della fanteria e cavalleria in Istria, ove acquist6 alla Repubblica Veneta i castelli di Piemonte, Barbana, Larsa, Razziza, Draguch, Verch, Sovignaco, Lindaro. Quattro ducali di Leonardo Loredan del 1509 e 1511 ne commendano il valore, i meriti, la Tatica, ed i pericoli. Itacc. decr , sovr. di Capod. p. 20, 27, 28. Il Manzioli dice esservi stati di questa časa undici capitani, e reca 1’onorevole epigrafe posta sopra il di lui deposito nella cattedrale di Capodistria: Magnanimus jacet hic Damianus Tarsias lleros Qui decus in patria, praesidiumgue fuit. Ductor enim Venelis populos et Castra subegit. Ilunc rapuil fatum, clausil et urna brevis. ( 3 ) 0 Di questo stesso anno 1511 contro il Frangipani, viene registrato un fatto ben piu importante in cui si distinsero altri muggesani, cioe Lucca Farra detto Bombizza, Giovanni Robba, Francesoo Arrimondo ed Antonio Roncon; nonche "Pictro do Verzi (altri dicono Diego) comandante del corpo dei capodistriani accorsi in ajuto di Muggia. La ducale 9 ottobre IG 11 Leonardo Lorcdano tributa somme lodi ai Muggesani, che ardimentosi cacciarono Pesercito imperiale, forte di 5000 fanti e 900 cavalli, capitanato dalTardito Fran¬ gipani. V. Race. Duc. e Term. Muggia, Cod. dipl. istr. P. Bombo; ed A. Marsich — Notizie di Muggia e suo territorio — Trieste, Bello, 1872. — E nel novembre 1511 i Muggesani ferirono il Frangipani. (E.) ( 2 ) Antonio Zarotti fu anche sopraccomito per Capodistria d’una galea nella guerra contro il Turco, mori a Candia ncll’ an. 1539, d' anni 55, cagionando immenso dolore a tutta T armata, di cui ottimamente avea meritato. — G. Vatova nella Provincia deli' Istria , XVIII, 21. Gia nel 1508 Gio. Andrea Zarotti comandante un corpo d’uomini di Capodistria si distinse nella guerra dei Veneziani contro Timperatore Massimiliano. Tra i bravi istriani troviamo anche un Marco da Vcglia (de Voggia) capo della milizia provinciale (cernide). Cod. dipl. istr. De Franc. Not. štor. (E.) ( 3 ) Nel 1509, Castelnovo, ricuperato dai Veneziani, fu dato in custodia a questo Damiano Tarsia, il quale tolse agli austriaci oltre i luoghi qui nominati anche Colmo di Pinguente e Chersano presso Albona. Kdl. Ann. — De Franc. Not. štor. — Larsa non sappiamo che castello sia slato, a meno che non sia errore tipografico e non s'intenda sulVArsa aggiunto di Barbana. — Il castello di Razzizze e detto anche Racise. (E.) CAPITOLO V. 375 297. — GAVARDO Roberto I. fratello di Santo II. di Capodistria, (1515), milito con valore ed ardimento nelle guerre del Friuli, e di Ferrara, per cui ottenne nel 1515 una pubblica provvigione in vita. — Giž, nel 1509, come apparisce da ducale 9 novembre, nell’ assedio dato dal conte Cristoforo Frangipane a Castelnovo fu ferito, prešo, e condotto prigione in Trieste. Questa perdita fu sensibile alla Repubblica, per cui fu incaricato il podesta di Capodistria a fervidamente interessarsi del riscatto. Race. clecr. sovr. di Capod. p. 18, e Mem. mss. fam. Gavardo. (’) 298. — GAVARDO Alessandro I. di Capodistria, (1515), personaggio di virtu e valore distinto. Nel 1511 fu eletto motu proprio dal doge a Vice Collaterale di Padova e con ducale ne commenda le qualita ( 2 ). Con altra ducale del 1527 gli viene affidata la rassegna delle genti d’ afmi in Ravenna, ov’ era in pubblico servizio, ed in vacanza del Provveditor Veneto ebbe il comando delle genti a piedi ed a cavallo governando con intiera e pubblica soddisfazione. Mem. mss. fam. Gavardo. 299. — GAVARDO Gavardo III. di Capodistria, (1519); nel 1514 con duecento uomini armati a proprie spese, ad imitazione dei suoi preautori, si trovo pronto contro le scorrerie nelFlstria. ( 3 ) Neli’ anno stesso, in febbrajo, con tre barche armate a sue spese guardo la boeca del fiume Anfora per impedire clie fossero condotte vettovaglie a Marano, ove combattendo preše varie barche armate dei Maranesi con Mattio e Nicolb Cade ribelli della Repubblica, che spedi al Consiglio dei Dieci, non ricevendo mai la generosa somma ai medesimi imposta. Nel 1516 si trovo con truppe a proprie spese aH’impresa di Monfalcone, e nel 1519 scopri i preparativi di un assalto col quale si doveva dare dai nemici il detto Monfalcone, ma per opera sua fu provvisto, e riparato. Tutto cid rilevasi da ducali, e da lettere dei generali, che ne lodano lo zelo, ed il valore. Mem. mss. della fam,. Gavardo. 300. — De LEO Antonio di Trieste, (1521), supremo governatore deli’arcivescovato di Cosenza, inviato dal sommo pontefice Giulio II suo nunzio ali’ imperatore Carlo V. in Napoli, come dalle istruzioni date, e lettere speditegli sub annulo pescatoris 23 aprile 1521. Ireneo — Štor. di Tr. In queste lettere e dichiarato famigliare, e stabile commensale di detto pontefice. ( 4 ) ( ! ) Cristoforo Frangipane assedib o preše Castelnovo, dove Roberto I Gavardo fu fatto prigioniero con altri della sua famiglia, ma. col sacrificio della sua sostanza venne liberato, e nel 1515 preše le armi nella eosi detta priraa guerra dol Friuli e in quella di Ferrara. Notiajno qui che nelTanno succes- sivo 1516 fu segnata la pace di Noyon colla quale Vcnezia riebbe tutti gli stati suoi di terraferma. (E.) ( 2 ) Collaterale vice collaterale chiamavansi nell’ antica milizia quelli che sopraintendevano alle paghe dei soldati e davano ordine di pagarli. — Di Alessandro I Gavardo fa pure menzione T. Luciani nelle Notizie e documenti per la conoscenza delle cose istriane. — Prov. delFIstria, VII, 1873, 20. (E.) ( 3 ) Gavardo III fratello di Santo II, il valoroso sopracomito di galera. Le sue imprese militari in Istria furono durante le scorrerie dogi’ imperiali fatte specialmente per difendere il castello di Raspo (1511), gih tolto ai Veneziani nel 1509. I particolari poi delle ostilith avvenute in Istria nel 1514 non sono noti; lo stesso diligentissimo De Franceschi (Istr. Not. štor.) dichiara di ignorarli; dice peraltro che nel di 26 settembre 1514 seguirono delle tregue, d’ uso comune allora anche in Istria, perche le popolazioni stremate di forze ne sentivano la necessitk. (E.) ( 4 ) Antonio de Leo sarebbe quindi contomporaneo all’altro Antonio de Leo nominato dallo Stan- covich nel n. 281. Il primo nunzio dol potefice Giulio II, il secondo milite, ambasciatore ecc. e probabilmente lo stesso Antonio de Leo che assieme ali’ altro triestino Pietro Giuliani fu inviato nel 1519 dal Comune di Trieste a Carlo V (che quale arciduca si trovava a Barcellona) per implorare da lui la facolta di navigar liberamente tutto TAdriatico e tutto il Levante ecc, V, La štor. di Trieste ecc. di Iacopo Cavalli. (E.) 376 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 301. — AP0LL0NI0 Lorenzo di Capodistria, (1530), capitano di cento cavalli al- 1’assedio di Padova e Treviso ruppe gl’inimici, ai quali lev6 un’insegna, che si con- serva nella časa Apollonio. Servi V Alviano capitano generale della Veneta Repubblica e mori al servizio del duca di Vrtino Francesco Maria il Veccbio, generale della stessa. L’ Apollonio era tenuto dal duca per uno dei tre suoi primi capitani. Manzioli. (*) 302. — SCAMPICCHIO Matteo di Albona, (1534), di nobile e distinta famiglia, nella guerra insorta tra la Repubblica Veneta, e 1’ imperatore Carlo V, per ristabilire lo Sforza nel ducato di Milano, combatte valorosamente sotto Chersano alla testa dei suoi albonesi, e di alcune compagnie di milizia regolare in servizio della Repubblica contro una grossa partita di milizie imperiali, comandate dal conte Cristoforo Fran- gipane nell’ anno 1534. Nel 1553 fu decorato coi suoi posteri del titolo di cavaliere, e conte palatino. Giorgini Mem. štor. di Alb. ( 2 ) 303. — VERZI Giovanni di Capodistria, (1541), fu sopracomito due volte all’im- presa di Marano nel Friuli, ed in quella circostanza dimostro tale perizia nell’ arte militare, che gli storici attribuiscono principalmente al di lui valore la preša di quella fortezza. Manzioli. 304. — DELL’ ARGENT0 Giusto triestino, (1554), cavaliere prudente nei consigli, e valoroso nelle armi, prestb lunghi servigi ali' imperatore Carlo V, da cui nel 1548 fu dichiarato conte palatino. In qualita di Segretario del re dei Romani Ferdinando I. sostenne con lode varii gelosi incarichi, essendo piu volte inviato oratore e nunzio alla Porta Ottomana, come rilevasi da piu diplomi, e parzialmente da quello dato in Vienna 23 ottobre 1554. (Ireneo). 305. — De CASTRO Gio. Battista da Pirano, (1559), capitano di cavalleria, servi valorosamente la Veneta Repubblica per il corso di anni cinquanta, ed ottenne pe’ suoi meriti onorati stipendi, e quiescenza in patria, ove termino i suoi giorni nel 1559. Di questo militare nella chiesa dei Minori Conventuali di Pirano esiste ad eterna di lui memoria la seguente epigrafe : (*) E sotto il comando di Bartolomeo Alviano, si distinsero vari istriani nella guerra del Friuli del 1508, donde rimasto vittorioso sugl’ imperiali, 1’ Alviano portd la guerra nel territorio austriaco, e preše Duino, Gorizia, Vipacco, la Carsia, Adelsberg, tutta 1’Istria austriaca, Fiume e i circostanti luoghi della costa. — C. De Franc. — Istr. Not. štor. — Famiglie col cognome Apollonio esistono anche oggi a Capodistria e in altri luoghi deli’ Istria. (E.) ( 2 ) Della famiglia di questo prode istriano si distinsero altri individui, ai quali pol corso di quasi due secoli era stato affidato dalla Veneta Repubblica il comando dolle milizie destinate a custodire il confine non solo di Albona e Fianona, ma di tutta quant’e la provincia. (T. Luc. — Albona — Venezia, tip. Ist. Coletti, 1879). A Chersano (Carsano) in varie epoche suceessero molti scontri sanguinosi tra Veneziani e Imperiali. V-) CAPITOLO V. 377 10 • BAPTISTAE • DE • CASTRO • IVSTINOP • PYRHAN • CIVI EXIM • EQVIT • DVCTORI QVI . BELUGA • VIRTVTE • PERFVLGENS SVB • FELICISS. VENET. DOM. PER • QVINQVAGINTA • ET • AMPLIVS • ANN. STRENVAM • AC • FIDEL1SS. NAVIT. OPERAM PLVRIMIS • IN ■ BELLIS • SVMMA ■ CVM • LAVDE • VERSATVS HONESTISS • STIPENDIIS • ET ■ HONORIBVS ■ DECORATVS IAM • SENIO • CONFECTVS • IN • PATRIAM ■ REVERSVS OMNIBVS • CARVS ■ ET • VENERAB. INTER • DVLCIA • DILECTAE • VXORIS • ET • FILIORVM BRACHIA DIEM • SVVM ' CLAVSIT • EXTREMVM NON • SINE • TOTIVS • POP • LACHRYMIS SINGVLARE • HOC • MONVMENTVM VINCENTIVS • DE • CASTRO • PATRVO • BENEM • POSVIT ANN. A • PART V • VIRG. MDLIX (>) 301. — PERCICO Andrea da Portole, (1560). Da diploma delPimperatore Fercli- nantlo I. in data Vienna 3 maggio 1560 si rileva, che per la lunga servitu prestala come pure per quella dei di lui figliuoli Paolo e Giorgio, con somma e pronta fedeltž, particolarmente nell’ espugnazione di Roboca, e Corotona sotto gli auspici deli’arei- duca Ferdinando d’Austria, viene elevato al grado di nobilta, collo stemma della croce di Borgogna, unitamente ai figli legittimi successori, ed eredi, e discendenti in infinito, come consta dal diploma presso la famiglia Percico di Portole. In esso e detto: Dileclo nostro Andreae Percico bistro. 306. — TACCO Gian’ Domenico da Capodistria, (1571). La Storia Veneta della guerra navale del 1571 racconta, ( 2 ) che essendo Gio. Domenico sopracomito di una galera di Capodistria, mostro tanto valore nel corno destro della flottiglia, che trion- fante, carico di spoglie nemiche, entro nel porto di Corfu, ove glorioso fini i suoi giorni. Manzioli. Fuori della cappella maggiore dei Serviti di Capodistria esisteva al tempo del Naldini uno stendardo da lui levato ai Turclii (Naldini Corogrofia) (®). 307. — PERCICO Paolo da Portole, (1571), figlio di Andrea, cavaliere, e valoroso militare, fratello di Pietro vescovo di Socovia, al tempo della guerra navale del 1571 contro i Turclii, condusse nell’ armata veneta 400 Alemanni ('). Da Portole passo ad (') Sull’ origine del nome De Castro (forse oggi corrotto in Casto) e su altri distinti personaggi di questa famiglia leggansi lo Spigolature di T. Luciani nella Provincia deli’Istria, an. X, 1875 n. 9. (E.) ( 3 ) Questa guerra navale e la stessa che termini) colla celebre vittoria di Lepanto (5 ott. 1571) a cui presero parte con Vcnezia gl' Istriani. Un erudito triestino va ora raccogliendo materiali per una memoria intorno agli Istriani alla battaglia di Lepanto. Sulla colonna detta di Santa Giustina, che venne eretta in Capodistria a ricordo di quella battaglia, leggansi Lett. Digr. di G. Vatova nella Prov. delVIstr. an. XVIII, XIX, XX, XXI. — Tra le spoglie nemiche che il Tacco rec6 da Lepanto rammentiamo un fanale di galea turca che si vedo anche oggi appeso nelTingresso del palazzo Tacco in contrada del Porto. Questo glorioso cimelio ispiro al prof. ab. Lorenzo Schiavi una ballata polimetra stamp. in Trieste, tip. Amati, 1883. (E.) ( 3 ) Vedi G. Pusterla nelPIst. a. I, 1846. n. 66-67. (E.) ( 4 ) Altro istriano che forse si distinse a Lepanto. (E.) 378 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA abitare Capodistria, e conviene credere che fosse dovizioso, avendo fabbricati tre palazzi, 1’ uno in cittci, 1’ altro al Risano, ed il terzo a Peraruolo in campagna. (Manzioli) (*) Sussistono oggigiorno a Portole due famiglie discendenti da qnesto cavaliere. 308. — De GIOVANNI Giovanni da Capodistria, (1571) capitano in Famagosta, ( 2 ) che difese intrepidamente; ma ferito fu fatto prigione dai Turchi, e condotto in una torre del Mar Nero. Liberato poscia, mori al servizio della Repubblica Veneta go- vernatore in Candia, (Manzioli). — Le storie venete parlano onorevolmente di lui ed Andrea Morosini (lib. x) dice, che Giovanni istriano nell’ accanito assalto dato dai Turchi nel giorno 27 giugno 1571 alla citta di Famagosta, resistette valorosa- mente ali’ urto delle truppe ottomane, e che rimase gravemente ferito. ( 3 ) 309. — CARRERIO Paolo Emilio da Capodistria, (1572), fu capitano in Avignone. mori nel flore degli anni, e degli onori. Questo solamente dice il Manzioli. 310. — GRAVISI marchese Pietro da Capodistria, (1573), sopracomito di galera, di cui il generale Foscarini in lettera 1 giugno 1573 dice, che: «attesa la servitu «prestata in tutta questa guerra da lui, ed altri quattro suoi fratelli parte in terra, e «parte in mare, essendo due di essi morti a questo servizio, e per sollievo delle molte «spese, e travagli patiti in servizio del serenissimo dominio, viene fatto capitano degli «slavi della provincia dell’lstria.» Rac. decr. sovr. di Capodistria ( 4 ). Fa menzione di Pietro Gravisi la seguente epigrafe posta nella Concattedrale della stessa cittA.: (*) Questa contrada suburbana di Peraruolo volg. Peraribl conserva anche oggi lo stesso nome. — Giovanni Vesnaver nelle sue Notizie storiche del castello di Portole, pubblicate nelTArch. triest. 5. II, «pietosamente raccolse ed allargb un poco i brevi cenni che di Andrea Percico e de’ figli suoi ci lascib il Manzuoli;» cosi G. Vatova — La col. di S. Giust. Digressioni — nella Prov. deli’ Istr. XXI, 10. — Di qnesta illustre famiglia fu Andrea de Persico (1809-1868) podesta per trent’anni di Portole, assessore provinciale morto a Parenzo. C. De Franc. — Prov. deli’ Istr. II, 15. (E.) ( 2 ) Famagosta (Farna Augusta) porto deli’ isola di Cipro, celebre per la sua eroica difesa di dieci mesi diretta da M. A. Bragadino di Venezia e da A. Baglioni, contro il generale turco Mustafh. Cipro estenuata dal lungo assedio dovette scendere a patti, che violati dal Turco, costb la vita agli ufficiali del presidio, al Baglioni e allo stesso Bragadino, il quale venne (come piu tardi 1’ istriano I. Callavani di Fianona dagli Uscocchi) scorticato vivo, e la sua pelle portata in trionfo. Ritcniamo che anche il capodistriano De Giovanni possa aver combattuto a Lepanto. (E.) ( 3 ) De Giovanni potrebb’ essere un’ abbrevfatura di De Giovannini, trovandosi nella Štor. cron. di Trieste ecc. del can. V. Scussa — Trieste tip. Aug. Levi e C. 1885, che un Giovannino De Giovannini da Capodistria feudatario del vescovato di Trieste fu astretto 1’ anno 1287 con altri feudatari a prestare giuramento di fedeltk al nuovo vescovo triestino B. de Toppo. (E.) ( 4 ) Tanto il De Giovanni che il Gravisi, in unione al Tacco ed al Percico, avranno forse prešo parte alla battaglia di Lepanto, e chi sa quanti istriani ancora, se la sola Venezia avea mandato cola centotto galere e sei grandi galeazze. Pietro Gravisi nacque nel 1520 e mori nel 1588. (E.) CAPITOLO V. 379 PETRO GRAVISIO QVI MAIORVM EXEMPLO AD REI BELLICAE GLORIAM EXCITATVS ' VT AETATE SIC VIRTVTE FLORENS AD SENENSE BEL. PROFECT. MILITIAE DISCIPLINAM MIRA FELICITATE CONSECVTVS A REP. VEN. MILIT. MVNER. IN SE COLLATIS SVMMA CVM LAVDE FVNCTVS PROX. BELLO ADVERSVS TVRCAS TRIERARCHVS A PATRIA DELECTVS TERRA MAR.IQVE MILITEM SE STRENVVM PRAESTITIT LVCRETIUS GRAVISIVS EQVES VAN TVS NICOLAVS FRANC. FR. PATRVO CARISS. ET AMANT. VTRTVTIS EXIMIAE MON. P. P. VIXIT ANN. LX OB SEX. KAL. MAR. MDLXXXVIII. 311. — GAVARDO Francesco I. da Capodistria, (1578), con 200 uomini a proprie spese armati e mantenuti si pose alla difesa deli’ Istria contro gli Uscocchi, clie persegnito, ed ai quali diede in buon numero la morte, come da ducale 21 agosto 1568. Da altre ducaii 13 maržo 1574, e 1578 si riscontra con qual elogio Sua Serenita commenda la preša che fece di Giure Misnich capo degli Uscocchi il piu molesto, e di buon numero di essi, che condanno ali’ ultimo supplizio, secondo 1’ autorita amplissima conferitagli dal principe. Egli fu premiato con pensione vitalizia. (Iiacc. clec. sov. di Capodistria, e Mem. mss. fam. Gav.) ('). 312. — GAVARDO Rinaldo II. da Capodistria, (1588), emulo delle glorie paterne passo a Žara con 25 cavalli a proprie spese in servizio della Repubblica, e presto azioni cosi onorate, che merito di essere fatto motu proprio dal principe veneto Collaterale nell’ Istria, come da ducaii 21 aprile 1588, le quali dichiarano la časa Gavardo benemerita per i servigi prestati alla Repubblica da centinaia d’ anni. Con ducale 17 ottobre 1597 gli fu assegnata pensione vitalizia coll’obbligo di mantenere due cavalli pronti al servizio della Serenissima. (Memor. mss. fam. Gav.) 313. — LUPETINO (ora Lupetina) Baldo di Albona, (1590), essendo giudice co- munale in patria, nell’ anno 1599 assaltata la citta dagli Uscocchi, prode e valente C) Francesco Gavardo nel 1570 offerse alla Signoria Veneta i suoi servigi nella guerra contro i Turchi dando venticinque cavalli, e mando due figli Rinaldo e Roberto a Žara T uno nella compagnia di Michele Nardino e 1’ altro di Pietro Rubeis. V. Supplica di Gio. Francesco Gavardo di Capodistria presentata al Senato di Venezia il giorno 1 maržo 1578 nelle Not. e doc. per la conoscenza delle cose istriane — Prov. deli’ Istr. a. VII, 1873, n. 13, (E.) 27 380 BIOGRAFI A DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA cittadino, si pose alla difesa della medesima, e mori col ferro alla mano, spargendovi il proprio sangue, come riscontrasi dai registri parocchiali e comunali di Albona (*). 314. — B0N0M0 Andrea II. da Trieste, (1600), valoroso capitano di cavalli nel- 1’ Ungheria sotto il comando del generale Lesle, fu alla battaglia di AVivaros, ove stando in arcione gli fu ucciso il cavallo, e nell’ incontro di Garosfcilu, ebbe ferito altro cavallo, dai quali perigli seppe salvarsi, e nell’assedio di Verovizza nella Schia- vonia affronto in piu incontri i Turchi coi quali portossi egregiamente, cogliendo gloriosi allori. Fra Ireneo p. 317. Vi furono molti altri illustri soggetti di questa nobile famiglia, che sarebbe lungo accennare. 315. — BASEO Nlichele da Trieste, (1605), capitano di trecento uomini sopra le galere di Vienna alla preša di Strigonia, spedito nel 1605 dali’ imperatore contro i Turchi diede prove di sperimentato valore ( 2 ). (Ireneo Ist. p. 678 e Mainati Cr. T. m, 149. 316. — De LEO Geremia da Trieste, (1606), in questo stesso anno fu spedito dalla patria a pubbliche spese con cento soldati al servizio deli’arciduca Ferdinando, che fu poscia imperatore, alla guerra deli’ Ungheria contro i Turchi, cui combatte con onore, e Ih rimase sino alla conclusione della pace. Iren. e Main. 317. — NEGRI Gio. Battista di Albona, (1607), cavaliere e conte palatino, addot- trinato nelle scienze liberali. Si applico alla milizia sotto il comando del nobiluomo Melchiorre Michieli, capitano generale della Repubblica Veneta, e divenne valoroso soldato. Fu destinato, con generoso stipendio, comandante di trecento fanti in difesa deli’ Istria contro gli Arciducali, che la infestavano; intervenne piu volte alle divi- sioni dei confini, alla cui sovraintendenza fu poscia destinato capitano perpetuo in tutta la provincia. Neli’ anno 1599, mentre nella notte dei 19 gennaio, allo spuntare deli’ aurora ottocento Uscocchi Segnani ( s ) diedero 1’ assalto ad Albona, dimostro il Negri in quell’incontro singolare intrepidezza e valore, animando col suo esempio le milizie regolari, ed i cittadini contro il nemico, il quale fu respinto, lasciando colla morte di alcuni la prova del proprio ardimento. Mori colmo di meriti nel 1607, (Giorgini id.). (*) Lo Stancovich non ricorda oltre il Lupetino anohe Don Pricimo Luciani , il quale specialmente si distinse nella notte del 19 al 20 gennaio 1599 contro una banda di ottocento Uscocchi assieme ali’altro albonesc Gio. Batt. de Negri e al capodistriano Pietro De Rino capitano delle ordinanze. V. Luciani — Albona occ. Un Baldo Lupetino, seguace della riforma nato nel 1503, fu contemporaneo a Matteo Flacio che mori nel 1575 e che accusato di eresia fu sostenuto in prigione vcnt’ anni e poi affogato. Abbraceiarono pure la riforma alcuni abitanti di Cherso, tra cui Stefano de Petris, Marco de Rudinis, maestro Polito, Francesco-Gasparini ecc. ecc. — 11 nipote dello stesso, parimenti Baldo Lupetino, sarebbe stato uno dei difensori nel 1599 di Albona contro gli Uscocchi; cosi lo Stanc, anche nel n. 186 nolFart. La pa,tria di Flacio. V. notizie sul riform. Lupetino nella Penna I, 3. (E.) ( 2 ) La Spagna pochi anni avanti avea rnandato a Lepanto (1571) contro il Turco sotto il comando di Don Giovanni d’Austria che fu Rodolfo II (1552-1612) sette galere. — Strigonia e in Ungheria, e questa guerra contro il Turco fu disastrosa ali’ imperatore. (E.) ( 3 ) Sugli Uscocchi che accagionarono molte stragi nella nostra provincia leggasi LIstria, an. II, 1847, n. 52 e specialmente 1' Istr. — Not. štor. (E.) CAPITOLO V. 381 Nella sinistra della cappella maggiore della collegiata di Albona si legge di lui la seguente epigrafe: D. o. M. 10. BAPTISTAE • DE • NIGRIS • COM. EQV. CAP. PRIMVM • LIBERALIA • STVDIA • INDE • MILITIA • ATQVE ILL. ET ■ ECC. MELCHIORIS • VEN. CLAS. IMP. AVSPITIA SEQVVTO • S. C. TERCENTIS ■ PEDITIBVS • IN • PATRIA PRAEFECTO • ET • OB ■ EOS ■ MILITARI • DISCIPLINA EGREGIE ■ IMBVTOS • A ■ LEGATIS • REIP. NON • PARVM LAVDATO • STIPENDIO • EMERITIS • AD • CONTROVERSIAS DE • FINIBVS • DIRIMENDAS • PLVRIES • ADHIB1T0 • REIP.' MILITES • AERE • PROPRIO • ADIVVANDO • PIRATAS DCCC • A • PATRIAE • MAENIBVS FORTITER • PROPVLSANDO LIBERALITVS ■ ET ■ FORTITVDINIS • LAVDEM • QVAM MAXIMAM • CONSEQVVTO MELCHIOR • TRANQVILLVS • I. V. D. ET • HORATIVS FRATRES PATRONO • CARISS. ET • BENEM. P. P. VIXIT • ANNOS • LXII • OBUT ■ ANNO • SALVTIS CIOIOCVII. ( ! ) 318. GRAVISI marchese Lugrezio cavaliere di Cappdistria, (1613). Nel 1612 fu spedito in Candia con trecento fanti, poscia in Dalmazia con cento de’ suoi soldati per le occorrenze di cjuella provincia, ed imbarcatosi colla sua famiglia sopra la galera Venier per passare in Levante, ( 2 ) fu assalito dagli Uscocchi, e barbarainente da essi trucidato insieme col fratello, nipote, e germano tutti di časa Gravisi con perdita di quanto conduceva seco. Cosi da parte esposta in Pregadi 9 luglio 1613, ove si fa un amplissimo elogio delle sue virtu. (Rac. tlecr. sovr. di Capod.). Quando Angelo Brofferio (1802-1866), il celebre patriotta e poeta, noto anche col nome di Beranger piemontese, imprese a dirigere le Tradizioni italiane, si rivolse per quest’ opera anche a parecchi illustri istriani, tra cui all’Avvocato Antonio Madonizza di Capodistria, (1805-1870), fondatore e collaboratore della Favilla di Trieste, uno dei fondatori e collaboratori con Carlo Combi (1827-1884) e Nicolo de Madonizza della «Provincia deH’Istria» che dal 1867 si pubblica a Capodistria. favvocato Mado- (') Di questo valoroso albonese vedi la nota al cenno biografico di Baldo Lupetino (Ubaldo Lu- petina), e il p. c. studio — Albona — del Luc. — Ne va qui dimenticato Gaspare Callavani di Fianona che si distinse pure contro gli Uscocchi lasciando esempio imperituro d’invitta fermezza, perche preferi subire la scorticazione piuttosto che acclamare 1’arc. Ferdinando di Graz; 1' uiti mo suo grido invece fu Viva San Marco. Il fatto del Callavani ispirb ad N. Grego un racconto intitolato Gaspare Callavani o La notte di S. Sebastiano. (E.) ( 2 ) La galera era comandata dal sopracomito Cristoforo Venier, a cui toccb peggior sorte dei Gravisi; perche dopo quell’ eccidio, gli Uscocchi durante un allcgro convitto svenarono T infolice, e cavatogli il cuore se lo mangiarono. La notizia inorridi Venezia e i piii commossi discorsi si tennero nel Senato. Dimandossi il castigo dei rei; ma questi non si rinvennero e ognor piu imbaldanziti gli Uscocchi traboccarono nell’ Istria, lasciando ovunque fierissimi segni di nequitosa barbarie. C. Combi, Port. Or. I. (E.) 382 BIOGRAFIA KEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA nizza s’ accinse a scrivere p er il Brofferio la vita del marchese Lugrezio Gravisi, suo concittadino, ispirato alle prodezze di questo forte istriano e al caso orribile succes- sogli (1613) per mano degli Uscocclii. Ma il lavoro del Madonizza rimase incompleto, forse per la morte prematura del direttore delle Tradiz ion i italiane, o forse perche altre occupazioni lo distolsero in quegli anni. Noi qui rechiamo quella parte che egli ci lascio, perche sufficiente a far conoscere la vita di Lugrezio Gravisi fino ali’ anno deli’ esecrando misfatto. «Lugrezio Gravisi mostro fino dai primi anni animo ardente, cuore alto e generoso. Le mura della sua patria erano troppo anguste a’suoi desideri di avventure e di gloria. Non tocchi i sedici anni fu de’ nobili sopra la galea di Pietro Gravisi in una scor- reria contro i Turchi. Lascio la patria, corse la Spagna e il Portogallo e ricovero alla corte di Sigismondo III re di Polonia, con cui ebbe dimestichezza e famigliarita. Il giovine istriano circondato da molto lusso di cavalli e di famigli era cerco e ca- reggiato perche amabile e cortese cavaliero. Fu con Sigismondo nella Prussia e nella Moscovia e nelle varie fazioni destro ed audace. Ebbe amicissimi i principi polacchi Pietro, Sigismondo e Alessandro Miscowzky, i quali, allorche mossero a visitare le incantate regioni d’ Italia vennero a bella posta in Capodistria per vedere Lugrezio Gravisi. E qui le accoglienze furono oltremodo liete e le feste splendide, come ad incliti personaggi addicevansi. Ilitornatovi Sigismondo nel 1606, chiese alla Serenissima Re- pubblica gli fosse conceduto Lugrezio per dilicata e grave missione alla Corte di Roma, e 1’ottenne. Fu sagace negoziatore, per cui s’ebbe dimostrazioni solenni di gratitudine dalla Corte di Polonia. Dominato da quella irrequietezza onde sono scossi e turbati i pochi eletti e chiamati ad operare opere stupende, fuggi 1’ ozio della patria e corse soldato di ventura ad assaggiare la daga turchesca ali’ assedio di Buda. Offerse poscia i suoi servigi al suo principe naturale, e con provvigione di 300 scudi ali’anno ando custode del castello di Brescia. Cessate le turbolenze di quella terra con accrescimento di stipendio fece ritorno alla domestica quiete. Questa dure breve, che nel Levante si levarono sintomi di novella guerra. Il Senato deliberb affidare al Gravisi la difficile ed importante impresa, e a lui furono concesse due compagnie, F una di 300 l’altra di 50 fanti, che sua merce fu capitaneggiata dal nipote Gravise figliuolo a Nicolo Gravisi, garzonetto sedicenne, bello del volto e di spiriti altamente generosi. — La prima delle due compagnie fu spedita diviato a Candia; 1’altra fu trattenuta nei pa- raggi presso Ossero e Veglia a frenare le incursioni e gli assassinii degli Uscocclii. Erano gli Uscocclii gente fiera e crudele. 'Scorrazzavano i mari, predavano i navigli turbando la navigazione e i commerci, e 1’ insanguinato bottino aggrumavano in Segna, nido e regia loro. La Repubblica Veneta udi sovente i reclami e i lamenti de’ suoi sudditi e non indugio a por rimedio alla terribile pirateria.» Fin qui il cenno dato dalhavv. Madonizza. Estesi particolari delhorrendo misfatto sono narrati in un opuscolo che si conserva tra gli scritti Grav. Barb. in Capodistria, e che e dettato da Ottoniello de Belli, contemporaneo e consanguineo di Lugrezio Gravisi. La narrazione del Belli fu stampata per consentimento della famiglia Gravisi B.ca dali’ abate Don Angelo Marsich in occasione di nozze. Trieste, Appol. e Caprin 1869. — Da essa apprendesi che quattro furono i Gravisi imbarcati sulla galera Venier e trucidati dagli Uscocclii, cioe il cav. Lugrezio, Francesco, fratelli e figli CAPITOLO V. 383 di Gravise Gravisi, il capitano Gravise figlio di Francesco, ed im cugino dei primi due, Vanlo Gravisi, chiamato dal Belli giovane d’ ottima speranza. Al cenno surriferito aggiungiamo la seguente ducale che in ispecialitž, encomia i meriti di Lugrezio Gravisi: Marcus Ant.s Memmo Dei Gratia Dux Venetiar. etc. Universis et singulis Rectoribus, Rapraesentantibus Nostris, nec non Magistra- tibus urbis Nostrae Venetiar., etpraesertim Procuratoribus super Cameris quibuscumque praesentibus et futuris, ad quos harurn executio spectat, vel spectare poterit, signi- ficamus hodie in Consilio Nostro Rogatorum captam fuisse partem tenoris infrascripti, videlicet. La famiglia Gravisi benemerita della Signoria N.ra ha in ogni tempo di- mostrato la prontezza suh nelli Nostri servitj, come anco il medesimo ha fatto sempre il Cav. Lugrezio Gravise, che spedito 1’ arino passato con trecento fanti per il Regno di Candia, egli fatta la detta gente con molto suo interesse, et inviatane anco la maggior parte in quel Regno, mentre era per imbarcarsi ancor lui, ha convenuto di ordine jmbb.co trasferirsi nella Dalmazia con cento de’ suoi soldati per le occorrenze di quella Provincia, le quali stimandosi cessate, egli percio imbarcatosi colla sua famiglia sopra la Galca Veniera per passare poi in Levante, fu assalito da’ Uscochi et barbaram.te da essi trucidato, insieme col Fratello, Nepote et Germano tutti di Časa Gravise con perdita di quanto conduceva seco, dalla qual jattura ne seguirebbe la total rovina di essa famiglia et di tante povere donne et figliuoli restati, quando non fosse in alcuna maniera sovvenuta dali’ ordinaria benignita di questo Cons.io come viene supplicato dal fedelissimo Nicolo Gravise suo fratello colla scrittura bora letta; pero bandera parte, che la sovvenzione di seicento Ducati avuta dal detto Cav. Gravise, dalla quale appar il suo nome debitore nell’ Uffizio sopra le Camere, e tolta da lui per fare la spediz.e sud.ta delli 300 fanti, gli sia rimessa et rilasciata in ma¬ niera, che per essa non possa esser data molestia alcuna alla sua heredita, ed alle sei figliuole del fedelissimo Nicolo, sorelle del Capit.o Gravise pure ammazzato da Uscochi, siano dati Ducati duecento per cadauna per il loro maritar o monacare, da esser loro sborsati con mandato del Colleg.o delli denari della Sig.ria N.ra quando porteranno fede del loro maritar o monacar, come di sopra, ed acciocche questa be¬ nemerita famiglia abbia tanto maggior segno della pubbli/a munificenza, sia pero anche prešo che delli cinquecento D.ti di stipendio che aveva il sud.o Cav. Gravise siano coneessi IJ.i 300 alhanno a Pietro Gravise suo nipote et fratello del suddetto Cap.o Gravise trucidato da’ Uscochi per sua provigione in vita sua, et per sostenta- iriento della sua famiglia, accioche pervenuto alPeth habile abbia da servire la Sig.ia n.ra et da continuar nella med.a devotione la servitu dei suoi Antenati. Quare auctoritate sud.i Cons.i mandamus vobis ut supradictam partem servetis et ab omnibus inviolabiliter observari faciatis. Dat. in N.ro duc.i Palatio die IX Iulj ind. XI MDCXIII Gaspare Spinelli m. p. Secr. (E.) 884 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 319. — GAVARDO de Giovanni da Capodistria. (1614), figlio di Franc. III., capitano degli Slavi giusta la ducale M. A. Memmo 29 novembre 1614, presto molti onorevoli servigi alla Repubblica Veneta. Passo poscia in Candia segretario del generale Antonio Barbaro, spedito dal Doge, ove si trovo in cimento di perdere la vita a pubblico van- taggio; fu capitano, ed ottenne pe’ suoi meriti pensione vitalizia. (Meni. mss. Gavardo — Rac. decr. sov. e Monum. cons. Capod.). (') 320. — De FINI Gio. Francesco da Trieste, (1615), nella guerra coi Veneziani del 1615 difese valorosamente il castello, borgo, e territorio di Chersano nelPIstria, feudo di sua famiglia, e vi mantenne a proprie spese per tre anni alla sua custodia 24 inoschettieri alemanni. (Iren. Ih.). 321. — FRANCOL Daniele da Trieste, (1615), capitano degli archibugieri a cavallo, governatore di Petrina col titolo di colonnello, che mantenne valorosamente contro 1’assalto del pascia della Dossina Beler bet/. Fu sergente generale e mastro generale di campo, vice generale della Croazia, capitano di Segna, e consigliere delFArciduca d’ Austria. (Manzioli). II Mainati (Cr. T. III). dice che nel 1616 fu capitano di tre compagnie di moschettieri carintiani, e spedito dal generale Trauimansdorf alla custodia di Gradišča, dopo replicate prove di valore, date in varie sortite ed attacchi, fu ucciso da ima fucilata. ( 2 ) 322. — BON0IVI0 Pietro da Trieste, (1620), ebbe onorevole ed importante missione dagli imperator! Rodolfo II, e Mattia ( 3 ) essendo stato spedito ambasciatore a Buda, a Belgrado, e a Costailtinopoli; promosso quindi a commissario generale, e presidente della milizia ai conflni deli’ Ungheria. Nel 1600 T arciduchessa Maria, madre del- 1’ imperatore Rodolfo, lo chiamd al soccorso della fortezza di Canissa, assediata dai Turchi, e nell’ anno seguente al ricupero della medesima. Dali’ imperatore Ferdi- nando II (*) nel 1620 fu spedito in Polonia per ottenere soccorsi contro i ribelli di Boemia, che a ven do ottenuti, e condotti gli ausiliarii a Vienna, ivi fini la carriera dei gloriosi suoi giorni. Ireneo e Mainati. 323. — PETAZZJ conte Giovanni da Trieste, (1640), tenente colonnello di un reggimento di corazzieri del generale Piccolomini, nella battaglia di Lipsia contro p) Giovanni Gavardo fu figlio di Giovanni Francesco, sccondo di questo norae, essendo il prirao quel Francesco (n. 307) rectius Giovanni Francesco, difensore deli’ Istria contro gli Uscocchi e padre di Rinaldo e Roberto militi in Dalmazia. — Giovanni Francesco II fu pure, al dire di P. Petronio, ca¬ pitano degli Slavi, cioe ebbe la stessa carica del figlio Giovanni. Quesli ebbe quattro fratelli: Rinaldo 11, Antonio II, Pietro II (Pietro I lo zio combatte gli Uscocchi), Alessandro. Antonio II fu governatore del forte di Alinissa (n. 333) e Pietro II governatore della fortezza di Palma. — P. Petr. Mem. ed Albero gen. della lam. Gav. (E.) ( 2 ) Sulle rive deli’ Isonzo si affrontarono gli eserciti di Venezia e deli’ Austria. Da prima quelIo ebbe la peggio, ma poscia si riebbe e vinse. Il conte di Trautmansdorf, che comandava gli Austriaci, fu costretto a ritirarsi. — C. Combi — Port. Or. III. (E.) ( 3 ) Mattia (1559-1619) successore al fratello Rodolfo II, conchiuse la paco coH’Ungheria insorta e coi Turchi. (E.) ( 4 ) Ferdinando II (1578 - 1657) successore a Mattia. Sotto questo imperatore ebbe origine la guerra dei Treni' anni. (E.) CAPITOLO V. 385 gli Svedesi nel 1540 ('). Dopo valorose dimostrazioni di prodezza coll’acquisto del- 1’ artiglieria nemica. ferito da im’ archibugiata, cadde sui campo. II Petazzi era con- siderato dal Piccolomini per uno dei piu intrepidi capitani, ed esperimentati politici, avendo sostenuto con onore varie ambascerie. Ireneo e Mainati. 4 324. — FINI barone Giulio fratello di Gio. Francesco da Trieste, (1643), s’ ac- quisto farna nella guerra coi Veneti in qualita di luogotenente del presidio della fortezza di Gradišča. I suoi meriti e quelli del fratello furono comrnendati dal com- missario generale deli’ esercito, Don Baldassare Marados e da Ferdinando III. 1’ anno 1643 coli’ onorevole titolo di liberi baroni del Sacro Romano Impero, unita- mente ai loro discendenti, oltr’ essere ascritti alla nobilta di Ungheria, della Carniola, dei contadi di Gorizia, di Gradišča e deli’ antica Aquileja. Essi furono possessori di molti feudi. Ireneo Ib. 325. — GIULIANI (o Zuliani) Biagio da Capodistria, (1645), capitano, trovandosi nel 1645 col presidio di sessantacinque soldati al go verno del forte di S. Teodoro, due miglia distante dalla Canea, citta del regno di Candia, ed avendo i Turchi spinto il prirno loro sforzo contro quel forte, ne sostenne il Giuliani con valore lo scontro, ma essendo la forza avversaria di assai superiore, e veduti entrare da piu parti, col ferro alla mano i nemici, preferi morte gloriosa a servitu miserabile, dando fuoco alle polveri e seppellendo nelle rovine se medesimo, i soldati, ed i nemici. (Nani storia venela P. II. — Tentori storia veneta T, X). 11 Dottor G. B. Lantana, illustre avvocato e letterato di Venezia, m or to quasi nonagenario, lascio un libretto di versi col titolo Glorie Venete, dove in ottanta sonetti ci spiega dinanzi altrettanti fatti gloriosi o personaggi illustri della storia di Venezia. Precede ciascun sonetto un cenno storico, ihe pone in rilievo il fatto al quale il sonetto si riferisce. Quello che e segnato col numero LIX celebra una gloria istriana: Biagio Giuliani (Zuliani). Eccolo: AROOMENTO 1645 Tra le molte prove di eroismo date dai veneziani nella guerra di Candia non e da pretermettere quella di Biagio Zuliani suddito veneto e nativo deli’ Istria. Era egli capitano del castello di S. Teodoro, uno dei posti avanzati intorno alla Canea, che i Turchi assediavano. Dopo lotta ostinatissima penetrati i Turchi nel forte, e vedendo egli ogni resistenza impossibile, piuttosto che arrendersi volle morire glo- riosamente co’ suoi; e dato fuoco alle polveri d’una mina involse amici e nemici nella ruina medesima, facendo trovare ai Turchi sopravvenuti nulla piu che un cumulo di macerie. (') La vecchia edi/ione ha in margine 1640 e nel testo 1540; evidentemente e un errore tipo- grafieo e andava anche nel testo 1640. Il generale Alfonso Piccolomini, duca di Monte Marciano (1549-1656), combatte a Lipsia dopo il 1640. (E.) 380 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Quanto potea di poclii e braccio e mente Tutto s’ oprava: guadagnato e il forte, Infrenabil de’ barbari il torrente, E a noi non resta che servaggio o morte. Ma che impune qui stia si sozza gente, E 1’ onta io soffra delle sue ritorte ? Ah! no: sovr’ alma che vil ta non sente Tanto non puote nimisti di sorte. Meco e co’ miei la rea masnada pera! Si dicendo alle polvi il foco appicca E scompar nell’ lgnivonm bufera. Onde tu pur, Venezia, avesti in lui Curzio miglior, che porse esempio a Micca; Fur di tal tempra allora i figii tui! V. UUnione cron. cap. a. VI, n. 15 col titolo: Glorie Venete — Versi delFAvv. G. B. Bantana. Venezia tip. dellTstituto Coletti, 1880. — Parlano ancora del Giuliani C. Combi nel Sagg. di hibi. istr. al n. 26G4; lo stesso nel Prodremo della Storia deli’ Istria, P. O. I; C. De Franceschi nel cap. XLII deli’ Istr. — Not. St.; L. Ro- manin nella storia doc. di Venezia, — Venezia, Naratovicli, 1848; F. De Angeli nella Storia popolare d’Italia dalle origini ai n ostri giorni. Milano, Carrara, 1885; B. Cec- chetti nell’Archiv. Veneto, fasc. 59, 1880, ecc. ecc. — In una recensione alla Storia popolare di F. De Angeli, stampata nella Prov. deli’Istria, XIX, 10, il prof. P. Te- deschi esclama a proposito di Biagio Giuliani: «Biagio Giuliani e adunque il Pietro Micca deli’Istria e di Venezia! Grandi entrambi; ma piu fortunato il secondo; cini la puotidiana pagnotta, per ordine reale dispensata a’ suoi eredi, giovo a ricordarne il nome. Biagio Giuliani ed i suoi non ebbero finora pagnotta, non farna. E un onore, e un dovere per noi riparare a tali ingiustizie, rammentando primi, accanto a quello di Pietro Micca, il nome di Biagio Giuliani in una storia popolare italiana. (E.) 320. — VERZI capitano Onofrio J 327. — VERZI capitano Rinaldo ( 328. - VERZI capitano Rizzardo ( 1(557 tla Capodistria, fratelli e flgli di 329. — VERZI capitano Annibale 330. — VERZI capitano Scipione da Capodistria. Tutti valorosi ed intrepidi soldati sono dichiarati cosi nella ducale di Francesco Molino del 2 ottobre 1047, e che la fa- miglia Verzi antica dellTstria in tutti i tempi corrispose alla pubblica aspettazione, ed ottenue molteplici documenti di pubblico aggradimento, e che «al piu alto segno si «veggono autenticate le prove di una costantissima fede in questa importantissiina «guerra, ( l ) mentre li capitani Onofrio, Rinaldo, e Rizzardo Verzi, figli del capitano (') Questa guerra tra i Veneziani e i Tnrchi scoppio nel 1045 o Juro vonticpialtro anni; cioo fino al 16G9. Nel 1045 furono mandati milic uomini di cernide istriane (milizia provinciale) in Dalrnaziacontro i Turchi ed altri 1500 tra gli anni 1654 e 1659, dei cjuali gran parte peri nei combattimenti e per fatiche e malattie; di nuovo nel 1668 furono spediti 500 uomini in Dalrnaziacontro i Turchi. — Do Franc. Istr. Not, Štor. (E.) CAPITOLO V. 387 «Scipione, emuli del merito degli antenati suoi hanno li primi due effuso il sangue, «e sacrificate le vite nel regno di Candia, e 1’ultimo sotto Cattaro valorosamente «combattendo, percio il capitano Annibale viene stabilito a succedere nel comando alla «compagnia ordinaria dei fanti italiani reso vacante per la morte del fratello Rizzardo.» Nel documento rilasciato dal provveditore straordinario Pesaro a Cattaro del 1649 si fa elogio di Annibale per la sua condotta nel presidio di quella fortezza, a Perasto, a Budna, a Risano ove parzialmente «a tutti i gradi riusci singolaro il suo impiego, dimostrando «il proprio coraggio e valore senza riguardo a pericoli, bramoso de’ piu ardui cimenti «ad imitazione del defunto capitano Rizzardo suo fratello, clie nella fazione seguita nella cccampagna passata contro i turchi a Prahovaz consacro gloriosamente la vita in pubblico «servizio». Cosi pure una lettera rilasciata nel 1652 dal provveditore straordinario a Cattaro, Bembo, clie loda 1’abilita, 1’ esperienza e coraggio di Annibale in tutte le oc- casioni, come pure un’ altra del provveditor straordinario Battaglia datata Cattaro 31 ottobre 1657, dice: «che il capitano Annibale nell’ occasione del fierissimo attacco «intrapreso dai turchi contra la piazza di Cattaro, dirnostrd le parti intiere del suo «coraggio, abbracciando i cimenti tutti anco nei posti piu perigliosi del castello, e «breccia, di sacrificar la vita in pubblico servizio, facendosi conoscere non meno speri- «mentato capitano nelParte militare, che soldato ripieno di valore». Finalmente una ducale del doge Domenico Contarini 16 febbraro 1660 riepiloga i di lui meriti, e con essa viene riconfermato nella continuazione del servizio. (Race. dec. sovr. di Capod. p. 46 a. 52). (') 331. — GRAVISI marchese Gravise da Capodistria, (1659), governatore. Nella ducale di Francesco Malino 28 ottobre 1615 e detto: «Novi fregi di merito aggiunge «alla propria famiglia il marchese Gravise Gravisi, il quale si offre volontario a «disposizione de’ pubblici voleri di tributare verso il suo principe naturale ooni ac- «quisto appeeso altrovb m esperienza militare. Gloriose sono le memorie che «vivono registrate nella pubbliea gratitudine con caratteri di fedelta di tanti suoi «progenitori, che rimarcarono il nome loro con 1’ effusione del proprio sangue pro- «digamente sparso in nostro servizio, percio viene condotto per anni cinque di ( l ) La famiglia Verzi (Guertiis, Guerci, Verzi), fu una ilelle piu antiche illustri e polenti tli Capodistria, perche gia fino dalPanno 1100 un Francesco de Guerci fu feudatario di S. Giovanni della Cornetta (Cornedo), castello di importanza, distrutto nel 1279 da Odorico marchese cVIstria e poi rialzato da Almerico de’ Guerci clie no ottenno ancho la reinvestituva. I successori di questa illustre famiglia fino ai giorni nostri conservano il titolo di Signori di S. Giovanni della Cornetta. Nel 1211 i Guerci avevano gia oltre il detto castello le decime di Pominiano, Anlignano e Costabona; piu tardi la meta di quelle di Lupario ed aleuni terreni di Valle Morasia (Valmovi'asa), di Laura (Lavera) e Sabavia; nonche altre decime di terreni siti nella contrada tli Casal Mozzio (San llaldo). Quosta famiglia divenne si forte da resistere anclie agli stessi patriarchi di Aquileja, e da agognare il primato della loro citta in lotta coi Vettori. ,N T el 1254 troviamo nella carica di gastaldione un Guercio de’ Guerci; carica che univa in- sieme la giudicatura del civile o tlel penale. Nella rivolta capodistriana deli’ anno 1348 appare tra i caporioni Guercio di Ser Žane de’ Guerci, che fu soggetto si pericoloso da essere stato prima confinato a Venozia, poi interdetto dal ritorno in patria fu relegato a Pola coli’ obbligo di comparire ogni giorno alla presenza del Conte di Pola. Poco prima del 1348 i Guerci aumentarono i loro possedimenti colla -investitura oltenuta da Guarnerio de’Verzi dello decime di Gemme ; piu tardi (1463) con quella di Gradina concessa ai fratelli Giovanni e NicolO fu Almerico Verzi dal patriarca di Venezia. V. Effem. istr. di Don A. Marsich, Capotl. 1880; Saggio di Ann. istr. dello stesso, Capod. 1884 e 1880. (E.) 388 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA «fermo, e due di rispetto». Nel 18 maržo 1G59, il senato in Pregadi enumera i gradi di non ordinario merilo dei di lui ascendenti, e che «nelle occasioni piu cospicue «ha palesato P ardore, e quel coraggio, con che in ogni cimento si e fatto conoscere «avido di gloria,» e segue che ha sostenuto il governo della nuova fortezza di Corfu con pubblico decoro, e di vigilanza propria, come dopo nei castelli di Verona ha sostenuto ancora con laude il medesimo impiego, e percio venne ricondotto al servizio per altri cinque anni di fermo, e due di rispetto, e questi a beneplacito pubblico. (Race. dec. sov. di Capod.). 332. — SABINI conte Almerigo da Capodistria, (1601). Belle sue qnalita personali, e valor militare parlano ampiamente varii decreti del senato, e varie ducali, dalle quali rilevasi, che spinto dal desiderio di gloria, si porto giovinetto fuori dello Stato, dove tra i cimenti delle guerre, particolarmente nello Stato di Milano, in Catalogna, e nell’ armata marittima in servizio del re cattolico, ha reso piene prove del suo valore, occupando il pošto di sergente maggiore di un reggimento di oltramontani. Colla ducale Francesco Molili 28 luglio 1651 sono acceimate le prove di molto valore colle quali sostenne in Dalmazia la carica di sergente maggiore di battaglia, intento senipre ad acquistarsi merito e gloria, ne’ quali verso il di lui animo generoso, percio gli venne fatto dono di una catena d’oro, onde egualmente risplenda in lui la munificenza di questo consiglio, ed il merito delle sue degne fatiche. Con altra ducale 1655 se ne fanno amplissimi elogi, ed e ricondotto per anni cinque collo stipendio di ducati ot- tocento. Colla ducale Bomenico Contarini 8 ottobre 1661 per il ripatrio del conte Pompeo Strassoldo, gli fu destinato successore il nostro Sabini, e stabilito soprainten- dente di tutte le milizie e stipendiati alle tre isole in Levante collo stipendio di sua condotta, e due lanze spoznate, ed in tutti questi seritti pubblici si scoprono i monumenti piii gloriosi del pubblico aggradiinento, e del valoroso merito del Sabini. (Race. decr. sov. di Capod.) ('). 333. — GAVARDO Antonio da Capodistria, (1663), fratello di Giooanni e Rinaldo, milito volontario in Dalmazia con due «camerate venturiere» a proprie spese, come da lettere del generale di Palma Barbaro del 1659. Per quattro anni fu governatore di Almissa, ma richiamato, con ducale D. Contarini 4 maggio 1663, fu destinato al presidio e alla custodia del castello di Brescia coli’ incarico di raccogliere centoventi fanti. Ebbe pensione vitalizia di trecento ducati in buona valuta. Passo di nuovo in Dalmazia, ove, come accenna la ducale 4 ottobre 1664, rimastogli interrotto il corso del servizio, in brevi giorni resto privo di vita. (Race. decr. sovr. di Capod. e Mem. mss. fam. Gav.J. 334. — SCAMPICCHIO cav. Orazio di Albona, (1690), pronipote di Matico. Milito venturiero in Dalmazia nella guerra cretense contro i Turchi, esponendosi ai piu perigliosi cimenti; pel cui valore merito di essere creato cavaliere di S. Marco, con (') Del conte Almerigo Sabini parla T. Luciani nella Prov. delVIstr., an. VII, n. 15. Egli ricorda una circostanza importante qui ommessa; che, cioe, il Sabini ncllc fazioni di Dalmazia fu fatto prigioniero dai Turchi. — La famiglia Sabini, ricchissima, era proprietaria dei boni di Daila presso Umago, ora cenobio dei Benedettini del soppresso con\ento di Praglia (Padova). Si estinse col conte Francesco Sabini fu Almerigo, morto il 2 dicembre 1736. — A. Tommasich, Prov. deli’ Istr. XX, 8. (E.) CAPITOLO V. 389 ducale del doge JDomenico Contarini, come da diploma esistente in quella famiglia, e J st. Giorgini. 335. — Del TACCO Giuseppe da Gapodistria, (1695), colonnello. Da lettera del provveditore generale in Dalmazia, Alessandro Molino, d at ata Spalato 8 decembre 1689 apparisce clie Giuseppe servi con particolare lode negli esordi della corrente guerra come venturiere in Naren ta, e poscia col titolo di alfiere nella compagnia del sergente maggiore di battaglia marchese Dal Botre, e si trovo in tutti gl’ incontri avuti coi nemici nel corso della caduta campagna, dove avendo sempre dimostrato coraggio e perizia, venne eletto capitano della compagnia dei fanti italiani rinunziata dal capitano Antonio Ledi. Nel 1693 fu fatto colonnello, ed in data 10 agosto dal general provveditore Daniele Daljin, essendo vicegovernatore d’ armi della piazza di Kuja, per la morte del nobiluomo Diedo, fu fatto governatore della medesima; «ed «avendo per lunga serie d’ anni mostrato nelle maggiori contingenze molta puntualita, ccoraggio, edesperienza venne destinato governatore delle armi della piazza di Citclut,» come da decreto del provveditore generale Daniele Dolfino dato dal campo a Citclut 27 giugno 1694. Con ducale poscia del doge Silvestro Valier, 24 maržo 1684, si lodano la servitii, i meriti ed i servigi prestati sotto i generali Mocenigo, Valier, Cornaro, Molin, e cavalier Dolfino, ed il govorno d’ allora della piazza di Knin. 11 general Dolfino con decreto 12 Settembre 1695 ci narra clie si trovo ali’ impresa di Narenta, «ove si adopro con tutta quella intrepidezza ch’ era necessaria ali’ acquisto «di quella gloriosa piazza, mostrando tutto lo spirito quale governatore della medesima, «e sostenne valorosamente gli attacchi poderosissimi diretti contro la stessa da ga- «gliardissime forze del seraschiere d’ Albania, pascia di Dossina, ed Erzegovina con tutti li maggiori sforzi delle provincie confinanti non solo, ma anco di altne piu «remote, nella quale circostanza s’ adopro il colonnello Giuseppe, con tutto calore, «vigilanza, ed abilita, e senza riguardo d’ aleun cimento». Race. deer. sovr. di Capod. Cosi pure altre testificazioni del provveditore di Citclut Vincenzo Dona, e del sergente generale conte Alessandro Wymes. (') 336. — VERZI capitano Valerio da Capodistria, (1696), con ducale di Marcantonio Giusliniano 1 novembre 1687, per la morte di Verza Verzi, venne prescelto alla carica di gastaldo sopra le undici ville del Carso, colla considerazione: «cb’ egli «possiede tutta 1’ abilita, ed ha molti meriti, oltre quello di essersi ritrovato nell’ at- (') La famiglia Tacco o Del Tacco (Octatius, Tatius, Ottaeio, Taeco) non esiste piu. Nei secoli decorsi esistevano a Capodistria cinque famiglie di questo eognome. L' ultiino rampollo fu il conte Giuseppe, podesta della sua patria dal 1832 al 1834, oltimo filautropo, morto nel suo bel palazzo di via detta del Porto, non lungi dalla časa dove si ritiene sia nato il celebre medico Santorio. Proprietaria del palazzo Tacco e oggi la vedova contossa Teresa nala Garbini di Verona. Il defunto conte lascib al Comune di Capodistria la sua ricca biblioteca ed un vistoso legato al Civico Ospedale. Se anche Ottaccio si fosse chiamata in origine (presta fanriglia, il eognome Tacco e pure antico ; basti ricordare quel violento sanese Ghino di Tacco, clie per vendieare la morte del fratello Tacco di Tacco, uccise in Tribunale 1' aretino M.r Benincasa auditore di Rota. Dante Io accenna nel C. VI del Purgatorio nei versi Quivi era 1’ Aretin, che dalle braccia Fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte. Boccaccio nomina Ghino di Tacco nel Dccamcrone. (F.) ( 390 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. «tacco di Singh con suo figliuolo, che ha dato prove di valore e coraggio.» Nel 1696, da ducale del doge Silvestro Valier dei 12 maržo, fu spedito «Valerio Verzi «capitano sopra le squadre dei leggieri, e delle ordinanze a Raspo, in luogo del «capitano Ottavio Gravisi (*) mancato di vita» ed e chiamato benemerito. (Raccolta D. S. di Capod.), 337. — COMBAT da Sanvincenti, (1700), generale deli’ armata veneta. II nobil signor Giorgio Minotto di Parenzo, discendente dagli antichi coloni di Candia, e conti di Sitia, essendo in eta piu che settuagenaria, raccontava, intorno al 1780, di aver conosciuto un generale veneto di nome Combat, il quale gli disse essere di Sanvincenti, nella circostanza ch’era venuto, in eta avanzata, espressamente nell’ Istria, ed a Sanvincenti per rilevare a qual famiglia appartenesse, e non aver potuto trame alcuna notizia. Diceva che in origine era un pastorello del territorio di Sanvincenti in Istria, condotto via da un distaccamento militare di passaggio, e fatto tamburino, si distinse in modo nelle ultime guerre in Candia e in Morea, che arrivft fino ali’ alto grado di generale, e per memoria dell’antico suo stato, soleva tenere appesi nella sua anticamera i vestiti cenciosi, ed il tamburo. Nella Storia Veneta del Nuni ritrovo un Sanvincenti ingegnere spedito dalla Repubblica nel 1045 in Candia, perche minacciata dai Turchi. Non sarebbe impro- babile, che quegli fosse il nostro Combat, e che allora, e nella sua prima gioventu avesse prešo il nome della patria, e poscia forse per la frequente ripetizione nel calore delle battaglie della parola combat, dal combattere, gli fosse restato per antonomasia questo nome. La congettura e un poco azzardata anche per 1’ epoca troppo lontana. Nel 1827 conobbi in Padova un capitano Combat fra gli invalidi, nel convento di S. Giustina, il quale richiesto da me, dissemi essere stato di lui avo il generale Combat, ma non avere conoscenza ne deli’ origine, ne della patria, ne dei preautori del medesimo, essendogli peraltro noto per costante tradizione, ch’ egli fu un pastorello levato dal pascolo dei giumenti da un distaccamento di soldati di passaggio; che fatto tamburino, divenne poscia generale, 'e che in Dalmazia acquisto terre, e dispose per qualche pubblica beneficenza. 338. — FUREG0NI conte Bernardino da Pirano, (1704), sino dalla sua giovane eta dotato di fervido ingegno si pose a battere la via della gloria sulle traccie luminose deli’ avo, e de’ suoi preavi. Entro nel servizio militare, ed in breve ottenne il grado di capitano. Insorta la guerra tra la Repubblica Veneta, e la Porta Ottomana, pass6 in Dalmazia con una compagnia istriana, quindi in Levante, dimostrando in tutti i cimenti marittimi e terrestri intrepidezza e valore, acquistandosi meriti singolari, pei quali ottenne dal Serenissimo Principe il grado di Sergente maggiore, e quindi nel 1704 agli 8 di settembre fu decorato con ducale del doge Luigi Mocenigo del titolo (*) Ottavio Gravisi capitano dei cavalleggeri ed anche delle ordinanze deli’ Istria; era pronipote di Lucrezio Gravisi e figlio di Gravise Gravisi governatore di Corfu e castellano di Verona, quello stesso gia nominato per patriottica liberalita e per esperienza e coraggio nella milizia. V. C. Combi nelPop. I piu distinti istriani ai tempi della Ven. Rep. — Padova, 1866. Un figlio di Ottavio fu Pietro, che ucciso dai Turchi diede prova del suo affetto a Venezia. Mss. del civ. arch. di Trieste; — A. Marsich, Notizie intorno a Pietrapelosa ecc. (E.) CAPITOLO V. 391 di Conle di Ccistel Venere, feudo gia appartenuto alla di lui famiglia, nella quale si tramandava il titolo perpetuo. (') Seguita la pace, non cesso il Furegoni a fungere varie mansioni in servizio del suo principe, avendo a vita Fappanaggio al suo grado fissato, come il tutto rilevasi dai docurnenti di quella famiglia. 339. — RASTELLI Gio. Antonio da Pirano, (1704), colonnello ebbe a padre Se- bastiano di nobile famiglia di Casale nel Monferrato, il quale trasferi suo domicilio a Pirano, ove preše in moglie Giustina Caldana, da cui nacque Gio. Antonio. Il di lui avo Giovanni si segnalo nella carriera militare per 26 anni al servizio di Enrico I V re di Francia, ed ottenne onorevoli amplissime attestazioni del suo valore dal con- testabile di quel regno. Gio. Antonio da giovanetto abbraccio la carriera paterna ed avita al servizio della Repubblica Veneta, e per i suoi talenti militari e le imprese eseguite con intrepido valore, segnatamente nella difesa delle piazze di Knin e Ciclut allora importantissime, pervenne al grado di tenente colonnello. Nel flore per6 delFeta, e sul principio di maggiori avanzamenti, cesso di vivere, avendo appena trent’ anni. La fedelta e lo zelo del Raslelli al servizio so vrano tanto si estesero, da raccogliere perfino a proprie spese delle milizie, di maniera clie consumo quasi tutto il suo. Questo merito distinto e non facile a rinvenirsi, non fu trascurato dal veneto dominio; che anzi sensibilissimo ali’ eroico disinteressato sentimento di affetto del Raslelli, volle premiare straordinariamente la di lui virtu, procurando a Giorgio di lui figlio di mesi sedici, il grado e stipendio di capitano, ed a Gio. Antonio , altro figlio, quello di alfiere coll’assegno corrispondente. (Nolizie tra.lte 'dai docurnenti di časa Raslelli). 340. — VENIER Bernardino Felice da Pirano, (1710), per avere sparso, unitamente ad altri due suoi fratelli, il proprio sangue al servigio della časa d’ Austria, fu da Leopoklo I, con diploma 26 ottobre 1696 elevato al grado di libero barone e dopo di essere stato eletto consigliere della eccelsa Camera d’ Ungheria, per i distinti suoi meriti venne ascritto con decreto di Giuseppe I, 16 aprile 1710, alla nobilth. di quel regno. G. Agapilo descr. di Trieste, Vienna, 1826. ( 2 ) . 341. -- NARENTA Giovanni da Rovigno, (1714), fu ardito navigatore, di straor- dinario coraggio, capitano di una nave militare veneta, e tenuto in grande stima da quella Repubblica, avendo in piu incontri suggellato col sangue il di lui valore. Cesso di vivere nel 1714 ( 3 ). ()) Castel Venere, piceolo borgo tra Buje e Capodistria, era villeggiatura dei patriarchi di Aquilcja. Istituito a eontea dalla Rep. di Venezia col suo territorio, fu venduto per gli urgenti bisogni della guerra coi Turchi, a Giovanni Furegoni (Furigoni) che vi avea innalzato un palazzo. La giurisdi- zione di Castel Venere estondevasi fino a Salvore, luogo ormai celebre per la vittoria navale dei veneziani sugl’ imperiali condotti da Ottone figlio di Federico Barbarossa (1177). Un' iserizione latina nella facciata della chiesa di Salvore, ora nella villa Molzi presso il lago di Como, ricordava il fatto ; cosi pure una pittura di Giambcllino nella sala del Consiglio del palazzo ducale di Venezia, fatalmente distrutta nel- 1’incendio di quclla sala avvennto nel 1577; ma resla cjuella del Tintoretto ; una copia fatta dallo stesso per incarico dei piranesi dicesi esistere nella citta di Siena. (E.) ( 2 ) Di questa famiglia Venier si distinse nel nostro secolo il patriotta Dr. Francesco, giureconsulto, oratore, deputato alla Dieta provinciale, podesta di Pirano dal 1857 al 1869, salvo una breve inlerruzione nel 1866. Nacque alla fine del secolo scorso e mori il 30 agosto 1881. (E.) ( 3 ) Del Narenta parla T. Luciani noll’ art. Rovigno stamp. nel vol. VI del Diz. Cor. deli' Italia deli’ Amati. (E.) 392 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 342. — BRUTTI capitano Giacomo da Capodistria, (1715), fratello del dragomanno Bartolomeo, .dl cui dice la duoale 9 decembre 1717 del doge Giovanni Corner, che cioe, ai disastri sofferti dal fratello dragomanno, si aggiunse alla famiglia Brutti «il «sacrifizio reso di se stesso dal capitano Giacomo, il quale dopo essersi segnalato nelle «combustioni di Corfu, si trov6 sopra le pubbliche navi nei conflitti seguiti con la «ar m ata nemica, nel terzo dei quali, dovette socccombere squarciato da colpo di cannone, «mentre adempiva le proprie parti con valore.» (Race. dec. sov. di Capod. p. 75, 76). 343. — FACHINETTI (de) Nicoio da Rovigno, (1717), capitano comandante la veneta nave denominata la Sacra Lega, nella battaglia di Cerigno contro i Turchi, fra tanti altri incontri dimostro intrepidezza militare, e si distinse in superior grado, restando il di lui legno sopra tutti maltrattato, ed egli ferito. Cessh di vivere nel 1745. Parla di lui Girolamo Ferrari: Storia della lega Ra V imperatore Carlo VI, e la Repubblica di Venezia contro Acrnet III. Venezia 1723, ('). 344. — BENUSSI cav. Antonio da Rovigno, (1717), sperimentato navigatore, e capitano comandante la veneta nave militare la Fede. Si distinse nella battaglia navale di Santostrati, nell’ Arcipelago, contro i Turchi al tempo della lega dei Veneziani coli’imperatore Carlo VI, ed esseudo stato gravemente ferito in quella circostanza il comandante superiore Flangini, preše il Benussi il comando e la direzione della battaglia, e vi si porto con tale valore, che merito di essere creato cavaliere di San Marco. Ferrari: Storia della lega Lih. III. ( ,J ). 345. — GAVARDO de Pietro, (1721), da Capodistria, fratello di Antonio, di Rinaldo e di Giovanni, milito in Dalmazia venturiere col fratello Antonio. Nel 1664 fu spedito governatore delle armi in Capodistria collo stipendio di annui ducati 400, quindi governatore nella fortezza di Palma, ove cesso di vivere nel 1721, dopo avere prestata valorosa ed onorevole servitu al suo principe anche nel regno di Candia. Egli fu sepolto nella parocchiale di quella fortezza, e sopra il suo sepolero fu posta la se- guente iserizione (Mem. mss. della fam. Gav.J: PETRI • GAVARDO IVSTINOPOLITANI • HIC • OSSA • TEGVNTVR QVI • PRO • VENETORVM • GLORIA IN • CRETICO • ET ■ DALMATICO • REGNO BELLICIS • MVNERIBVS • FVNCTUS PALMAE • TANDEM ARMORVM • GVBERNATOR MILITVM ■ PRVDENTIAE • ET ■ AEVO • MATVRVS OCCVBVIT ANNO • M. D. CC. XXI. 346. — GALLUCCI o Callucci Gregorio da Rovigno, (1722), capitano militare di nave veneta. Tra i molti incontri nei quali si distinse, accennasi in particolare la sua intrepidezza nella battaglia dei Veneziani contro i Turchi nelle acque di Scio, per cui fu onorato da quella Repubblica col grado di cavaliere di S. Marco. Egli fini i (') Luciani o. c. C. Cornbi — I piu illustri istriani ecc. ( 2 ) Luciani o. c. C. Combi o. c. (E.) (E.) CAPITOLO V. 393 suoi giorni gloriosi a Corfu nel 1722. Paria di lui G. Angelini. — Šestine in clifesa di Rovigno. Venezia, 1783 per Marcuzzi. 347. — BELGRAMONI Pietro da Capodistria, (1727), sergente maggiore. Durante tutto il corso di sua vita si presto al servizio della Repubblica nelle guerre allora so- stenute, e ne riporto lodevoli testimonianze da piu scritti di generali, provveditori, e senatusconsulti. Nel 1095 il provveditore Dolfmo lodb la sua prontezza nei cimenti di Narenta. Il provveditore Loredan da Parenzo, 1706, indica al Senato essere necessario al pubblico il suo benemerito impiego, per riuscire felicemente nelle negoziazioni, e nella conoscenza degli affari; e con altra del 1707 dello stesso Loredan e detto il sergente maggiore Belgramoni : «Officiale di sperimentato e benemerito servizio, e per «le aderenze, ed abilita ne’ maneggi proficuo. Spedito secondo le insorgenze a Fiume, «a Trieste, ed in altri luoghi austriaci, adempi alle incombenze ingiuntegli, e parti- «colarmente a rjuella importante d’ imprimere negli animi di que’ comandanti 1’ av- «versione al corso.» Lo stesso Loredan da M odpne nel 1711 qual provveditore delle armi in Morea, ov’ era il Belgramoni, chiama il suo servizio fruttuoso, e che diede anche colh continuate testimonianze di zelo, di abilita, e di fede, raccomandando al Senato un ufficiale di tanta benemerenza. Cosi il Provveditore sopra la Sani til in Istria, Pietro Grimani, in data di Capodistria 1714 ne esalta la servitu spezialmente nelle importanti emergenze di SanitA, nello scorrere la linea del confine, stabilire 1’ arrna- mento dei porti piu opportuni, rivedere e vigilare sopra i medesimi, prestandosi in tutto colla piu fervorosa prontezza, rendendo sempre piu maggiori le prove della sua molta abilitA. Finalmente due Senatusconsulti del 16 gennaio 1714 e, del 31 gennaio 1737 ne fanno i dovuti elogi: col secondo accompagna a Vienna ali’ amba- sciatore la relazione data dal Belgramoni sopra alcune n oviti tentate dagli Imperiali, e che aveva inutilmente redamate dal Prie, il quale non poteva deliberare senza la risoluzione della Corte. (Race. decr. sovr. di Capod.). (') 348. — MANZINI de Giovanni, nobile da Capodistria, (1728), nato nel 1695. Nel corso de’ suoi studii si applico particolarmente alle matematiche, e ali’ architettura militare, e sino dal 1700 per suggerimento del maresciallo di Scholemburg fu eletto ingegnere militare della Repubblica Veneta. Si prestb con pubblico aggradimento, ed ottenne 1’ approvazione del suo indefesso impiego nei lavori eseguiti si nel Levante, che in Dalmazia nelle fortificazioni delle piazze, e percio venne eletto capitano ingegnere al pubblico servizio, come spiega la ducale del doge Alvise Mocenigo 19 agosto 1728 (Race. D. S. di Capod.). Per cagione di vacillante salute nel 1731 dovette dimettersi dal pubblico servizio, e ritirarsi in patria, ove in quell’ Accademia lesse varie dissertazioni di argomento scientifico. Sostenne riguardevoli officii civili, onorato dal Senato di frequenti importanti commissioni ed interpellato sulle fortificazioni da (*) (*) Agostino Carli figlio tli G. Rinaldo, nelle sue Curiosites de Capodistria dic§ della famiglia Belgramoni: Fainille distinguee et eonsulaire du temps de la Rdpublique (sic!) Iustinopolitaine. Ambrosin Belgramoni fut un des Consules de Capodistria, qui au nom de la ville fit le traite de paix avec. la ville de Treviso 1' an 1216. 1' ai dans mon repertoire d' autres aetes publies de ce raeme siecle, ou 1' on fait une mention honorable de cette famille. Cette famille fesait des mariages font riches au XV.e siecle plus qu’ aucune autre maison du pays .... Elle a toujours ete dans le consulat de la ville. Elle s’eteint et c’est dommage! (E.) 394 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA effettuarsi nell’ Istria. Sono opera del Mamini la strada e terrapieno che congiunge quella citta ali’ antico castello ed al continente; il muro che la difende dai venti del nord, nord-est. Quantunque cagionevole e studiosissimo, con una mirabile sobrieta pervenne all’anno nonagesimo terzo di vita, essendo morto nel 1788. 349. — SCAMP1CCHI0 Luigi fig lio di Orazio di Albona, (1733), seguendo le orme del padre, fu fatto capitano nell’ Istria. Mostro singolare prudenza e coraggio, par- ticolarmente nel malagevole incarico di custode ai con fini dello Stato Arciducale, nell’emergenze piu gravi di sanita, per cui meritossi 1’ aggradimento della Repubblica. (Giorg. idem.) 350. — GARZOTTO-SORRA Nicolo da Rovigno, (1760), nomo distinto soprattutto per il suo genio nell’ artiglieria. Fu sergente maggiore dei bombardieri in Venezia e della Časa deli’ arsenale, coraandante del castello di S. Andrea del Lido, e della fortezza di Legnago; eletto il 17 gennaio 1735 dal Senato Veneto a sopraintendente del- 1’ artiglieria nella terraferma. Egli si acquisto noine per alcune invenzioni, e spe- cialmente per il cannone da 500, oltre che per una operazione malagevole da lui eseguita con somma abilita a Costantinopoli, corae riscontrasi da piu ducali in pergamena del Senato di Venezia, le quali gli meritarono il pubblico aggradimento. Di lui parla 1’ Angelini nelle šestine a p. 20. Se la cortesia e 1’ effetto avessero corrisposto all’am- pollositA delle parole di chi mi promise tutti i ddcumenti di questo soggetto, io avrei potuto estendere questa biografia con maggior gloria del Garzollo e della di lui patria. Altri potrA farlo in altra circostanza. Diro soltanto cio che mi con,sta di fatto, che il Garzolto aveva una collezione in bronzo di modelli con tutte le proporzioni di ogni genere di artiglieria, e spezialmente di cannoni; questa collezione, degna di un principe, dagli eredi divisa, e secondo il solito delle urnane cose, passata in cattive mani, termino colla vendita a rifondervi il metalio per ritrarne il semplice prezzo. Mori il Garzotto in Venezia nel 1760 ('). 351. — BR1GID0 barone Giroiamo, (1775), fu capitano di cavalleria e ciambellano. Sposo la contessa Maria Polissena Psiho ffshy dama di Corte, e fu padre del gover- natore di Trieste conte Pompeo, e del co. Giuseppe, governatore in Polonia, nonche del generale barone Carlo. 352. — GRISONI conte Antonio da Capodistria, (1779), nacque nel 1724. Per- corse la carriera militare e fu elevato pe’ suoi meriti dalPimperatrice Maria Teresa nel giorno 25 aprile 1775 al grado di generale maggiore. Cesso di vivere nel 1779 in Cremona. (' 2 ) 353. — BEROALDO cav. Vincenzo da Rovigno, (1795), dedicatosi alla navigazione dimostro in piu incontri la sua intrepidezza, combattendo in unione ai Veneziani colla propria nave mercantile detta Sacra famiglia armata di 36 cannoni contro. i pirati, superandoli, benche fossero maggiori di forza. Presso Samo pugno valoro- samente contro legni da guerra tripolini; e nel golfo di Venezia contro uno sciabecco (') V. Memorie di Iiovigno. (E.) ( 2 ) Antonio Grisoni (1729-1779) sorisse di strategia e tradussc alouni frammenti storici ritennti di Polibio. Mss. Grav. Barb. (E.) CAPITOLO V. 395 e quattro lancioni barbareschi armati, con tanto pubblico aggradimento, che dal Senato di Venezia fu creato cavaliere di S. Marco con pensione. Con eroica fermezza sostenne perigliosissimo cimento colla propria nave nel porto di Genova contro le batterie di terra di quella Repubblica rivolte verso il Beroaldo, il quale sosteneva il decoro della bandiera veneta, ricusando di consegnare al governo di Genova un veneto soldato, che in zuffa, per insulto ricevuto, aveva uceiso un soldato genovese. In questa circostanza un bastimento inglese ignoto al Beroaldo, preše le di lui difese con altri bastimenti. Il quale, combinata la divergenza dai due governi veneto e genovese, riportb piena soddisfazione dal suo principe, che pure fece conoscere il suo aggradimento al capitano inglese. In altra circostanza pugn6 il Beroaldo nelFArci- pelago contro una fregata tripolina, e la vinse recandole la perdita di 300 uomini. Caro al principe, carissimo alla patria, ed onusto di gloria, terminb i suoi giorni in Rovigno nell’ anno 1796. (Mem. della famigl. Beroaldo) ('). 351. — GRAVISI marchese Marcello fu Giacomo da Pinguente, (1780), prode capitano di cavalleria; mori intorno ali’anno 1780. 352. — ZUCCATO Giorgio, di Parenzo, (1800), nacque il 24 settembre 1761 da Gabriele Zuccato ed Elisabetta de' Morelli. Compiva appena il quarto anno, che il di lui zio consigliere aulico de’ Morelli, lo condusse a Gorizia in educazione, collo- cahdolo in una časa, ove si fermb sino ali’etd di anni 12. In quest’epoca stretto d’ amicizia colla famiglia dei conti Coronini ebbe da questa 1’ incarico di condurre alla celebre accademia di Wurtemberga due giovani della stessa famiglia. In questo viaggio pensd di prendere pure il nipote Giorgio, pel quale pero non aveva pensiero alcuno di collocamento, conoscendo le opposizioni di quelle leggi accademiche, che non ammettono che distinti soggetti. Presentatosi al duca coi due alunni ed il nipote, questi per disinvoltura e prontezza di spirito si distinse fra gli altri due, dei quali soltanto il Morelli parlava al duca. Furono accettati i due Coronini, ed avendo in- contrato nel genio del principeGa maniera disinvolta del giovane Zuccato, fu chiesto il Morelli se amasse lasciarvi pure quel terzo giovanetto, di cui non aveva fatto parola. Con sommo piacere annui il Morelli alla inaspettata bontž, del principe pel colloca¬ mento di suo nipote in quel rinomato istituto. Il nostro Zuccato entro coi due goriziani nell’ accademia di Stoccarda, decorato subito da quel sovrano col titolo di conte e col grado di paggio. Felicissimi furono i progressi di Giorgio, mentre sino dal primo anno ottenne il primo premio dovuto al merito, della quale circostanza se ne compiacque talmente quel duca, che chiesto al Zuccato se avesse altro fratello che amasse di seguire la carriera delle armi lo avrebbe accettato. Rispose Giorgio affermativamente; scrisse ai suoi genitori, e tosto un altro suo fratello si reco in quella cittA (*) (*) Altro Beroaldo di Rovigno e figlio del eav. Vincenzo, fu Francesco, ardito navigatore, molto esperto in gnerra e valorosissimo. Disfece spesse volte colla sua nave mercantile i pirati dai quali era temuto. Fu onorato dal governo veneto, e nelle piazze principali, specialmente a Costantinopoli. Mori nel 1811. — Vedi i Rovignesi degni di ricordanza nell’Appendice alle memorie di Rovigno ece. Pola, Bontempo, 1885. — Nelle stesse e ricordato anche un distinto sacerdote, Don Giovanni Beroaldo, dottore in ambe le leggi, vicario e auditore generale. (E.) se 396 BIOGRAFIA KEGLI TJOMINI DISTINTI DELL* ISTRlA Giorgio pervenuto ali’ etl di anni 20, e compito il corso deli’ educazione fu on or ato del grado di tenente del reggimento delle guardie a cavallo, il quaie era uno dei piii cospicui, che quella corte solesse accordare agli alunni piu distinti. Vestita la divisa frequentava la corte, e colle sue maniere insinuanti seppe catti- varsi 1’ animo dei cortigiani non solo, ma anche qnello della famiglia ducale. Passata a matriraonio la principessa, nipote del dača, col principe di Mosca, fu favorito il nostro Zuccato di graziose espressioni dalla medesima prima della partenza di lei, ed essendo scoppiata poi la guerra tra la Russia e la Turchia, vedendo Giorgio che negli angusti limiti di quel ducato gli era tolta la via di segnalarsi, e seguire la fortuna e 1’ onore sui campi di battaglia, pens6 di trasferirsi a Mosca in servizio di quella corte, e fattosi ardimentoso si present6 al suo benefattore, chiedendogli il con- gedo, che dal duca gli fu rifiutato. Avido di gloria, passo a Pietroburgo, ove presen- tatosi alla sua protettrice ottenne il permesso di secondare il suo genio che lo chiamava alla milizia. Consegui tosto il grado di eapitano di cavalleria coli’ ordine di passare all’attacco del forte di Oczakoff, allora bloccato dai Russi. Arrivo egli in pochi giorni, e fu ali’ assalto del rnedesimo, che dimostro non ordinario coraggio e valore, per il qual fatto venne decorato deli’ordine di S. Giorgio e ottenne il grado di maggiore. Si recd quindi colParmata a Bender, la quale dopo pochi giorni di resistenza capitolo; avvenimento strepitoso, per cui dal principe di Potenkin fu spedito in qualit& di corriere ad annunciarlo a S. M. 1’ imperatore Giuseppe II, da cui fu regalato di un anello. Nel ritorno attraverso la Prussia, e fu ricevuto da quel sovrano, quindi ritornato in Russia, e raggiunti i suoi compagni d’armi, fu poscia decorato dell’ordine di S. Wladimiro. Partito per Jassy, s’incontro col forte deli 'armata posta in rotta, ove opportunamente pervenuto, si distinse in quell’ incontro, e fu innalzato al rango di tenente colonnello. Succeduta la pace si trasferi a Pietroburgo ; a quella corte conobbe il co. generale Zorich, di cui sposo una figlia, ed ottenne in dote parte dei di lui beni. Morta in questo torno l’imperatrice Cederina, le succedette 1’imperatore Paolo, consorte della sua protettrice la principessa di Wiirtemberga. Da questo monarca fu insignito dell’ordine di S. Anna di seconda classe, creato membro delFaulico consiglio di guerra, ed organizzatore delPUniversita di Sebastopoli. Destinato un corpo di Russi per 1’ Italia in soccorso deli’ Austria, allora in guerra colla Francia, passo sotto gli ordini dei generalissimo conte Suvciroio, e mostro in quella eampagna, benche sfor- tunata, un carattere costante di prode soldato, meritandosi il grado di generale maggiore. Restituitosi co’suoi commilitoni a Pietroburgo in seno della sua famiglia, pass6 poscia in Moldavia, e in Talacchia alla testa di un considerevole corpo di armata. Px*esiedendo a questo corpo ottenne il grado di generale di divisione, ma attaccato da febbre perniciosa, in pochi giorni cesso di vi vere sul flore degli anni, e nel corso delle piu luminose speranze. Queste notizie mi furono comunicate dal di lui fratello Pietro, ancor vivente, le quali pero sono prive di date precise, trovandosi tutti i documenti che lo riguar- dano presso la di lui famiglia in Russia. 353. — BRiGIDO (de) barone Carlo del fu barone Girolamo da Trieste, (1800), distinto patrizio, del cui valore militare fa amplissimo elogio Carlo Bolta nella Storia d' Italia (T. iv, 1825) dicendo: «Alvinzi solo aveva mandato il colonnello Brigido CAPITOLO V. B97 «con pochi croati, ed ungheri piuttosto a sopravvedere, che per combattere, al vil- «laggio di Arcole». E nella Storia dei popoli italiani (T. v. Piša) «11 villaggio (di «Arcole) non 6 difeso che da un corpo volante d’ austriaci sotto gli ordini del eolon- «nello brigido. Comincid in questo luogo la famosa battaglia d’Arcole, che dur6 tre «giorni, cio6 li 15, 16, 17 novembre 1796, ed a ragione puo chiamarsi battaglia di «giganti. Le due rivali nazioni si disputano al ponte d’Arcole la palma della vittoria «con indicibile impegno ed ardore. Difendendolo eroicamente Brigido co’ suoi pochi «soidati: attaccando i francesi con pari valore.» II nostro colonnello Brigido fu anche ciambellano di S. M. e poscia per le sue eroiche imprese marziali fu elevato al grado di generale, ed in questa qualit& destinato a comandante della fortezza di Ferrara: colh cess6 di vivere nell’ anno 1800. 354. — FRANINOVICH Gregorio, di Canfanaro, (1810), nacque in una misera capanna coperta di paglia in quella borgata. II di lui padre Simeone, agricoltore di professione, per esimersi da un omicidio perpetrato, si arruolb al servizio della Re- pubblica Veneta. Gregorio in tenerissima et;i, pastore di giumenti, per affetto al padre volle seguire il destino di lui, offerendosi al capitano che arruolava nuovi soldati in Dignano, e supplicandolo di permettergli che seguisse suo padre. Piacquero al capitano questo sentimente filiale, 1’avvenenza del fanciullo, e la sua prontezza di spirito. Lo accetto, e pervenuti a Venezia fu fatto tamburo; divenne poi soldato, e fu prešo al servizio del capitano medesinio. Aveva egi i un’ unica figlia, la quale preša di fortis- simo amore per Giorgio, che oltr’ essere bello aveva modi insinuanti, gliela dovette accordare in moglie. Divennto di lui genero, fecegli conferire il grado di cadetto, e per piti anni volle che passasse alle scuole, dove apprese i rudimenti delle scienze e specie le matematiche, e vivente il suocero percorse i gradi di alfiere e di tenente, e dopo la morte di quello pervenne al grado di capitano. In varii incontri mostrb il Franinovich spirito valoroso. Dichiarata la guerra dalla Repubblica al bej di Tunisi, vi si trovo a quei cimenti e gli fu affidato dalFaminiraglio Angelo Emo un bastimento da guerra. (’) Avuta occasione di trovarsi alle preše coi Tunisini, mostrb il nostro Giorgio fermezza di carattere, e valor militare a tal grado, che colla scorta del capitano Cleva' da Buje( 2 ) con soli sei bastimenti veneti getto a picco ventiquattro legni tunisini. In questa onorevole lotta pero il nostro Franinovich, al momento deli' arrembaggio venne colpito da un colpo di pištola nel braccio destro per cui (’) Angelo Emo, l’ultimo astro della Repubblica di Venezia, fu spedito nel 1765 eon un vascello da settantaquattro e con due fregate a rincacciare i pirati dal Mediterraneo, dove abitub le ciurme a sfidare gli elementi e il fuoco nemico. Nel 1769 sforzb il dey d'Algeri alla pace e fu eletto prima almirante e poi ammiraglio. Nel 1784 fece un accordo coli’Austria che dal nido dogli Uscocchi spingendosi al mare incessantemente turbava i Veneti; col quale accordo ebbe libera la navigazione del canale della Morlacca. Fu spedito poi contro Tunisi e colle batterie galleggianti da lui invenfate, armate di 142 bocche di fuoco, affrontd i bassi fondi di quella cittk che nel passato avea respinto Carlo V. Lh si formarono quei valentissimi marinai, che fecero poi egregia prova, ma, pur troppo, in servizio degli stranieri. Alle preše coi Tunisini dunque si distinsero due istriani: Gregorio Franinovich di Canfanaro e il capitano Cleva di Buje. (E.) ( 2 ) Il capitano Cleva di Buje, altro valoroso, la cui vita meriterebbe essere conosciuta. Racco- mandiamo le indagini a qualche studioso di lui concittadino, o a chi trovandosi a Venezia pud com- pulsare quei ricchissimi archivi, dove sta racchiuso tutto il passato deli’ Istria. (E.) 398 BIOGRAFIA DEGL1 UOMINI MSTINTI DELL’ ISTRIA rimase impotente ad ulteriori imprese. Accompagnato con dispaccio del generalissimo Emo in Venezia, fu commendato sopra tutti i prodi delFarmata e dal Senato veneto elevato al grado di colonnello. Segui poscia la vita pacifica del governo delle cittA essendo stato governatore d’ arrni a Brescia, quindi a Capodistria, sino alla caduta della Repubblica, nella qual circostanza presentossi al Governo Francese in Venezia, il quale riconosciuti i di lui meriti lo pensiond, e mori ivi nonagenario il giorno 23 novembre 1810- Ebbe un figlio, che ascese ancor giovine al grado di maggiore, morto sotto il Salimbeni sui campi di Verona nelle prime scaramuccie coi Francesi, ed una figlia, procreati colla prima moglie Margherita Novacovich, la qual figlia fu sposata col conte Michele Grisogono di Žara, che gli rec6 in dote ducati 6000 ossia venete lire 24,500, come vedesi nel testamento paterno rogato in Venezia il 1808. In esso dichiara il Franinocich di non aver nulla della paterna ereditV; lascia a Giovanni Franinovich di lui nipote, figlio del di lui fratello, un vignale, ed alcune terre da lui acquistate col proprio nel ter- ritorio di Canfanaro. Il resto di sua facolta lascia alla seconda moglie Elisabetta Manzi da Capodistria. Degno di nota si e, che il figlio del colonnello Giorgio andato a vedere la patria del padre, volle alloggiare nel suo povero e rustico abituro, dormendo sulla paglia per un mese presso un suo cugino, rifiutando ogni comodM offertagli dai possidenti e dal clero di quel villaggio. ( l ) Umilta ben degna di ammirazione, e di lode! La vita del Franinovich e gift stampata coi relativi documenti. 355. — FURLANICCHI0 Giorgio, di Pinguente, (1817), colonnello, figlio del ca- pitano valpoto Carlo, nacque il 31 luglio 1731. Servi gratuitamente per il corso di 26 anni, prima in qualit& di sergente sotto la dipendenza del padre, poscia alla morte del medesimo gli successe qual capitano, o valpoto delle milizie delle undici ville del Carso, soggette a Pinguente, con ducale 31 decembre 1754 del doge Francesco Lo- redano. Il quale incarico esigeva, oltre l’ammaestramento e la disciplina delle milizie, 1’ importante ispezione negli oggetti di saniffi, e di litigi insorgenti fra confinanti austriaci. — In vista di questo lungo gratuito impiego, e per benemerenza dei servigi prestati, con altra ducale di detto doge 5 settembre 1761 gli venne accordato lo sti— pendio di ducati dieci al mese, e quindi nominato colonnello. Nel 1797, cessata la Repubblica Veneta, con decreto 21 luglio deli’auiico com- missario plenipotenziario conte Raimondo di Thurn, il Furlanicchio venne stabilito assessore del tribunale civile e criminale di Pinguente; e soppressa la carica di ca¬ pitano (valpoto) del Carso con decreto 1 maržo 1800, nel successivo decreto 25 feb- braro di detto anno del governatore Francesco Filippo de Roth , e dichiarato: che «lo zelante, e benemerito sig. colonnello Giorgio Furlanicchio conservar abbia il «grado, prerogative, titoli, ed onorificenze, che gli furono conlerite dalla cessata ^repubblica di Venezia, attribuendosegli un compenso adequato nella destinazione ( l ) Questo figlio di Gregorio Franinovich dovrebb’ essersi chiarnato dal norae delfavo— Simeone. Cosi dunque un altro Franinovich nato a Canfanaro, e degno di menzione pel suo valore militare. — Le scaramuccie, cosi ehiamate qui dallo Stancovich, contro i Francesi , principiarono nel 1796. E nota i’ira del generale Bonaparte e del Direttorio contro Verona, perche le opponevano l’accusa di repu- tarsi capitale del reame di Francia, avendo ospitato il fuggiaseo conte di Lille, fratello di Luigi XVI. (E.) CAPITOLO V. 399 «di C. R. giudice sommario di Pinguente; ed in conseguenza ogni regalia, e corri- «sponsione gratuita accidentale o fissa, solita a farsi dagli abitanti delle ville del «Carso, come sarebbero orzi, migli, avene, formaggi, ovi, pecore, pollame, e dai «sudditi degli altri cinque castelli, e del territorio di Pinguente con avene, ed altro «al cosi detto valpoto del Carso, e per esso lui al Furlanicchio, dovrassi in avvenire «somministrare immediatamente alla C. R. amministrazione camerale di Pinguente;» e per 1’ articolo 23 6 detto che «il colonnello Furlanicchio sia riconosciuto qual «colonnello dei Carsi, e che avrž, anche in avvenire 1’ ispezione dei duecento soldati ^cernide, e relativi officiali, che dovranno avere verso lo stesso li dovuti riguardi «della subordinazione, come a loro immediato superiore in tutto ci6, che compor- «tassero le regole della militar disciplina» — Con altro decreto di detto anno, mese e giorno si ripetž quanto nel precedente, facendosi elogi al detto colonnello, e ve- nendogli assegnato il salario qual giudice sommario loeale a lire duecento al mese. Passata 1’Istria sotto il regno d’Italia, con decreto 16 ottobre 1807 del regio procurator generale presso la Corte di giustizia in Capodistria, venne il colonnello Furlanicchio stabilito Giudice di Pace nel cantone di Pinguente di terza classe colPannuo assogno di lire italiane ottocento. Egli per6 rinunzih a detto incarico, la quale rinunzia con decreto 26 gennaro 1808 fu accettata, e da S. A. il principe vicere vi fu sostituito Giorgio Capello. Cessd di vivere in patria nel 1817 (’). 356. — AGAPITO cq. Andrea fu Giov. Ant. da Pinguente, (1817), studid come alunno nel collegio militare veneto di Verona, e si applico particolarmente ali’ ar- chitettura militare, dilettandosi pure della pittura. Passo al servizio militare nel Regno d'Italia; si distinse in qualche fatto e rinunzio poi 1’incarico, e negli anni 1810, 11, 12 appartenne alla direzione generale dei ponti, e delle strade in Lubiana. Cessd di vivere nel 1817 in Trieste, ove negli ultimi anni di sua vita dilettossi nel dipingere varie immagini della Madonna e del Redentore ( 2 ), Ne questi soltanto furono i valorosi istriani; chd a tacere di molti altri, com- presi quelli delle isole del Quarnero, i soli Registri del grande Archivio di Stato in Venezia ne contengono una quantit& numerosa, tra cui: Di Pola. Sottile Assalonne, (1368), capitano per la Veneta Repubblica a Grisignana — Sottile Almerico fratello del precedente pure capitano a Grisignana. — Castropola Francesco, (1370), milite fedele alla signoria di Venezia, da cui aveva ottenuto due poste a cavallo nelle bandiere di Treviso. Di Cittanova. Crescimbene cla Emona (Cittanova), (1366), uomo d’ armi in Tre¬ viso con due poste a cavallo. \ (*) (*) Del Furlanicchio parla anche T. Luciani nelle — Notizie e documenti per la conoscenza delle cose istriane — Prov. deli' Istria , a. VII, ) 874, n. 9. Lascio inedita una memoria autografa che si con- serva tra gli scritti G. B. col titolo: — Condizioni morali ed economiche di Pinguente e suoi d’ intorni; con brevi accenni alla sua storia durante 1’ epoca patriarchina. (E.) ( 2 ) Un altro Agapito, il conte Girolamo, fu pure di Pinguente. Poeta, scrittore drammatico, giornalista e pubblico precettore. Fu anche tra i fondatori del Gabinetto di Minerva, sodalizio anche oggi tanto be- nemerito di Trieste, vero palladio di civilta. (E.) 400 BIOGRAFU DEGLI DOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Di PIrano. Del Prete Giovanni, (1371), servi con lode la Signoria di Venezia per terra e per mare in molti luoghi ed in molte occasioni. Fu conestabile pel pre- sidio del castello di Mommorano, non ostante un anteriore decreto che vietava a qualunque istriano o friulano di avere soldo nelle squadre d’ uomini d’ armi. Di Trieste. Basilio (de) Nicold, (1370), prima soldato in ima bandiera di cavalli nel Trivigiano, allo stipendio poi dei Visconti Signori di Milano. Parimenti dicasi di Villani Giovanni. — Garzula (d e)Jacopo (detto anche Gazzula ) (forse gli odierni Gaz- zulli?) (1370), uoriio d’armi della Repubblica di Venezia presso cui s’era diportato bene; fu poi al soldo di Galeazzo e Bernabb Visconti, Signori di Milano. — Belli Nicold, (1371-1377), soldato coi Veneziani all’assedio di Trieste e lit e altrove si di- stinse per valore e fedeltA ali’ insegna di S. Marco. II Senato in ricompensa dei buoni servigi prestati e per dargli animo a prestarne ancora de’ migliori, gli accordo due poste a cavallo in Trieste, non ostante fosse proibito di essere soldato della Repub- blica nella propria terra nativa. — Burlo Jacopo, (1375), merito ima pensione della Veneta Repubblica per avere scoperto ima congiura che volea togliere a questa Tri¬ este. Mori da valoroso presso la cittž, di Feltre. — Vedano (de) Giovanni (1375-1378) pure uomo d’ armi nel presidio di Treviso con uguale paga mensile. — Basilio (de) Gregorio, (1376), milite per Venezia nelFisola di Candia, ove seppe meritarsi le lodi di quei Rettori. — Burlo Baldassare, (1378), uomo d’ armi nel presidio di Treviso, con paga mensile di dieci ducati d’oro, E militi istriani furono, i Delia, i d,e Casto, (Ca¬ stro ora Lonzar) gli Spelado di Capodistria; i Corrado di Raspo presso Pinguente, i Notario o Vantario di Valle ecc. ecc, (Vedi G. di Sardagna — Memorie di soidati istriani e forestieri che militarono nell’ Istria allo stipendio di Venezia nei secoli XIII, XIV, XV — Archeografo Triestino. — Nuova serie — vol. VII, fasc. I- II, agosto, 1880 — Trieste, Herrmanstorfer, 1880), E parecchi militi distinti vantano anche le isole istriane del Quarnero, ne v’ha dubbio che i loro nomi sieno gia raccolti dagli studiosi di que’ luoghi. Rastino qui ricordare un Lodovico Cicuta da Vegia, capitano del Fan6 Cristo resussitado (Vedi L’Histria ecc. di P. Contarini reg. nel Saggio di bibl. istr. n. 2652); — e parecchi soggetti delle famiglie Petris di Cherso. (E.) mmmmmmmmummmummmmmumhmmumummmum mwmnwkww4wmnnmUmwWmnnmw4W4W4m CAPITOLO VI. DISTINTI PER ALTRI TITOLI ’) 357. — TERENZIO nobile della citti di Capri ossia Capodistria, (409), (a) nel secolo IV compr6 nell’Africa i corpi dei Santi Feritno e Rustico, i cpiali furono portati in detta citti, e poscia in Trieste. Alla nobiltA accoppiava Terenzio graudi ricchezze, essendo dedito ai commercio marittirno e terrestre; o navigando nelle piu remote piazze commerciali di quel tempo. ( 2 ) (’) Lo Stancovich raccolse in questo capitolo VI tutti quei distinti per vari titoli che non pote raccogliere nei preeedenti capitoli. (E.) (a) La citth di Capodistria, secondo i tempi, ebbe varie denominazioni. Ella fu prima chiamata JEgida castello de’ cittadini romani, come da Plinio (lib. 2 cap. 19); quindi Capris, Insula Capraria, Territorium Caprense; poscia Justinopolis, corne dalla cronaca del Dandolo negli anni 521, 673, e dal Placito seguito al Risano por ordine deli’ imperatore Carlo Magno nel 804 colla convocazione di tutto il popolo deli’ Istria. Finalmente fu detta Capodistria. II notne di Aegida dato a Capodistria le sarebbe derivato dai Traeo-greci, popoli tra i primi che abi- tarono 1'Istria. La stessa derivazione Traco-greca o grecanica hanno i nomi di Pyrhanum (Pirano), Silboris (Salvore), Alieton (Isola), Emonia (Cittanova), Formion (Risano), Argaon (Dragogna), Nengon (Quieto), Arsia (Arsa) ecc. Invece d’ origine celtica (dai Celti venuti posteriormente ai Grecanici) sono moltissimi nomi di localitk nell’ interno deli'Istria, quali per esempio; Brest, Slum, Terviso, Borutto, Battenega, Marcenigla; Pinguente, Pedena, Rozzo, Canfanar, Lindar, Grimalda, Terstenico, Vetua, Codoglie, Covedo, Ospo, Lonche, e tutti i nomi terminanti in ak, ek, ik, quali ad esempio: Cropignak, Cremegnak, Planek, Berlusnik, Sabnik ecc. Siccome anche gli Slavi hanno vocaboli con quešte desinenze sono sempre pronti a sostenere essere della loro lingua i nomi in ak, ek, ik. — V. De Franceschi — Istr. — Not, štor. Sull’origine di Capodistria e sui nomi che le vennero dati in varie epoche molto fu scritto per lo passato e nel presente; ricordiamo qui quello che fu detto nelle note anteriori e specialmente il lavoro del Dr. Pietro Pervanoglu col titolo : Dei nomi antichi attribuiti alla cittk di Capodistria, stampato nelPArch. triest. XII, fasc. 1, II, nov, 1885. Trieste, Herrmanstorfer, 1885. - Il solo Saggio di bibl. istr. parla di Capodistria in numeri settantacinque compresi in dieci classi, cioe: Geografla e materiali geografki, Scienze naturali, Etnografia, Storia, Chiesa, Scienze storiche ausiliari, Legislazione-amministrazione, Economia, Beneficenza-istruzione e Varie Minori. (E.) ( : ) Il nome di Terenzio e antico in Istria. Un Terentius (Lucanus) apparisce sopra una lapide che il Kandler riporta nelle Indicazioni n. 207, rinvenuta nell’agro colonico di Pola; come nome gentilizio TERENTIOrum sopra laterizio in Iettere rilevate leggesi nelle cit. Jnd. n. 580. (E.) 402 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA. Queste notizio le abbiamo nella Stdna diplomatica pubblicata dal Maffei alla pagina 303, da cui reco qui 1’identico periodo: Ouidcm vir gentilis erat in provincia Histria nomine Terentius in civitate Capris nobili quidem oriundus genere, ac locuples valde, qui dum terrenis crebro negotiis insisieret, mercimoniis diversis navi superimpositis, soepe maris discrimina volitabat (’). 358. — TRAD0NIC0 Pietro di Pola, (836-864), poi Gradenigo, XIII doge di Venezia. Tutti gli storici veneti parlano di questo doge come originario di nobilissima famiglia di Pola; sarfi percifi giustifieata la ragione per cui io lo pongo fra gli uomini distinti deli’ Istria. Dandolo, tra i piu antichi scrittori, nella Cronaca cap. 4 p. 1, lo indica di Pola nell’ anno 836. II Tentori, e tutti i moderni, per quanti ne scorsi, lo dicono di Pola; reco perci6 un cenno delle di lui gesta, quale istriano. Pietro Tradonico di Pola per T egregie sue qualita e valore nella guerra contro Pipino fu innalzato alla suprema dignitž, della Repubblica. Creato principe si preše a compagno suo figlio Giovanni, dedicandosi intieramente alfottimo governo; — fece fabbricare col figlio la chiesa di san Polo, mosse guerra ai corsari narentani, e richiesto di soccorso dali’ imperatore di Costantinopoli contro i Saraceni, col mezzo delfinviato Teodosio Patricio , e creato Protospatario, vi ando egli stesso con sessanta galere. Nata congiura a Roma ed in Toscana, fu chiamato a Roma il soldano di Babilonia, che saccheggiata la cittA, e posta a ferro e a fuoco la campagna colla Toscana, il papa Benedetto III fuggi incognito a Venezia, ove fattosi soltanto conoscere dal doge, questi lo ricevette umilmente, e lo fece alloggiare nel monastero di S. Zaccaria sino al suo ritorno a Roma. Ebbe Ponore pure questo doge di alloggiare in Venezia Lodovico II, imperatore d’Occidente, colla augusta sua consorte, portatisi i oli per venerare il corpo di S. Marco, e per ammirare le grandezze di quella singolare cittA. Conferm6 1’ imperatore i privilegi de’ suoi predecessori, e tenne alla fonte batte- simale una figliuola di Giovanni figlio del doge. Fini il Tradonico la sua vita alla vigilia delPesaltazione di santa Croce, 14 settembre. Essendosi recato con tutto il solenne cor- teggio a S. Zaccaria, nata intestina congiura, fu da una truppa di scellerati assalito e trucidato, dopo un giusto e retto governo di anni venfotto, e fu sepolto nella stessa chiesa di S. Zaccaria presso suo figlio Giovanni, il quale di poco lo avea pre- ceduto. Istor. Venete. ( 7 ) (') 11 Maffei reca nella sua Storia diplomatica gli Atti dei raartiri Ferrao e Rustico, dai quali si rileva che alla fine del quarto secolo esisteva a Capodistria una basilica dedicata alla Vergine. In oggi non rimangono di questo tempio che poche colonne. Alcune notizie intorno a Terenzio nobile di Capri leggonsi nella Porta Or. an. III, 1859. E benche lo Stancovich ponga qui questo solo istriano de- di‘o in quel secolo al commercio marittimo e terrestre, sappiamo dalla storia che anche ne’ secoli piu remoti gl' Istriani erano bravi eommercianti, specialmente pel legname da costruzione, che formava la priraa loro ricchezza, e pel gran numero di buoni porti naturah lungo tutta la costa. Floro stesso trattando della guerra tarentina (281 a. C.) avverto come dalla citta di Taranto, metropoli della Calabria, dalla Puglia e da tutta la Lucania, partissero navi anche per 1'Adriatico a commerciare su tutti i lidi delFIstria. E il vino e 1'olio delFIstria erano celebri fino dalFantichita piu remota. — Port. Or. III, 1859. (E.) ( 2 ) Nella Biogmphie universelle ancienne et moderne ecc. Pariš, Michaud freres, 1822. — 1831, torno XLVI havvi un articolo del Sismondi sopra Pietro Tradonico da Pola. (E.) CAPITOLO VI. 403 359. — POLANI Pietro da Pola, (1130), tutti gli storici veneti lo danno originario di questa citti como Pietro Tradonico , e percih viene pošto nel novero degli Istriani. Fu personaggio di religione, di carattere e di altre grandi virtu. Forzato per6 dalle molestie di quelli di Fano nella Marca, spedi contro di essi una flottiglia, che in pochi giorni li rese al dovere, e li costrinse ad un annuo e perpetuo tributo. La pubblica opinione delle sue virtu fu tale, che sorte scissure tra gl' imperatori Corrado ed Ema¬ nuele, fu eletto arbitro dalle parti. Raffrend i Padovani per il taglio del Brenta; vinse i Pisani ali’ isola di Rodi, e mosse guerra contro Ruggeri re di Sicilia in difesa del- Fimperatore Emanuele; mentre pero facea vela con grossa armata ammalossi a Caorle, ove cesso di vivere, e fu trasportato il suo cadavere a Venezia dopo 20 anni di glorioso principato. Ist. Venete (’). 360. — BERNARDO di Trieste (1243), fu podesti! di Špalato; benche di provetta eti, il costume di guerreggiare lo aveva fatto turbulento. Era peraltro magnanimo, ed avido di gloria, ma lento nel governo civile, come asseriscono Giov. Lucio Ist. di Trau e Tomm. Arcidiacono Ist. Salon. c. 42. 361. — GILAGO (de) Varnerio da Capodistria, (1250), conviene credere essere stato un uomo di merito, poiche ambito alla reggenza di varie citti. Fu podesti di Parenzo nel 1250, e nel suo regime si rese veramente benemerito e degno che la sua memoria fosse tramandata ai posteri. Egli adorno la citta di molti edificii come la porta della medesima, le mura, le torri, ed il borgo, oltre varie altre opere degne di lode. La seguente iscrizione esistente sopra le mura della citta portata dal Vergot- tini nella Storia di Parenzo, e trascritta nei Monumenti del consiglio dl Capodistria del 1770 di con to del Gilago. ANNO . DOMINI . MCCL . IND. OCTAVA DOMINUS . VARNERIVS . DE . GILAGO . POTESTAS PARENTII . IN . SVO . REGIMINE . DVORVM ANNORVM . HANC . PORTAM . ELEVAVIT . BVRGVM EDIFICAVIT . MVROS . CVM . TVRRIBVS . VERSVS BVRGVM . ET . ILLOS SVPER . MARE . VERSVS INSVLAM . LABORAVIT . ET . MVLTA COETERA . BONA. 362. — VERZI Verzo di Capodistria, (1254). Abbiamo dallo storico friulano Mar- cantonio Nicoletti, che Gregorio patriarca di Aquileja nel 1254 pass6 a Capodistria, ove fu accolto con isplendidezza, e dove creo suo presidente in quella citti Verzio, uomo di antica e risplendente nobilti, al quale erano stati conferiti molti feudi. Mon. consigl. di Capod. 15 e 16. 363. — GIULIAN0 Giuliani I di Trieste, (1262), flglio di Lucio pretore della stessa citti per i meriti del padre e suoi, fu decorato della digniti di conte di Barbana nel 1262. Da questo stipite discesero tutti i Giuliani deli’ Istria, del Friuli, e di Venezia. Ireneo. (’) Pietro Polano fu doge di Venezia dal 1130 al 1148; dunque per anni 18 e non 20. Un altro Polano oriundo dali’Istria fu Domenico podesta di Trau nel X secolo. — Vedi Kand. Indic, e Dizionario universale di geog. štor. e biogr. compilato da G. Straforello ed E. Treves, Milano frat. Treves, 1878. - (E.) 404 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA I SERGII CASTROPOLA oriundi della Trevigiana e vassalli dei Patriarchi in Friuli, nel 1211 furono da questi creati Ricarii, poi donati nel 1212 della Contea di Pola con mero e misto impero. 303. — CASTROPOLA Nascinguerra lil. detto Fiorella da Pola, padre, (1305); 365. — CASTROPOLA Sergio II. da Pola, (1331), figlio, perpetui capitani generali di questa cittA, membri di una illustre famiglia istriana, della quale parlano monsig. Gaspare Negri, vescovo di Parenzo, in una Dissertazione sopra un sigillo appartenente a Nascinguerra III detto Fiorello o Fiorella, dei Castropola, che si conserva nel museo del nobiluomo Pietro Graclenigo in Venezia, inserta nel volume ix delle Memorie Valvasensi del 1757; Gio. Bonifacio nella Storia di Treviso; Bartolomeo Burchiellati nel libro vi dei Dialoghi sopra gli epitafi ‘ e Dom. Ant. Ronconi Pičeno nell’ opera ms,, che conservasi presso i conti Pola in Treviso, col titolo: Genealogica fragmenta antiguissimae et nobilissimae familiae de Castro Pola, nella quale sono raccolti moltissimi diplomi e documenti alla stessa spettanti. La famiglia dei Sergii, detti Castropola, del partito ghibellino, (') aspirava in patria ad alte cose, ed era invidiata da’ suoi concittadini, e parzialmente in tutto contrariata dalla pur potente famiglia dei Gionata ( 2 ). A propria sicurezza si era fabbricato un castello a doppio ricinto con torri sni vertice del colle pošto in mezzo alla cittd; di cui il de Ville, prima della totale distruzione di esso, misurd il dia— metro lungo di passi 74: dal qual castello appunto presero i Sergii il nome de Castro Polae, o Castropola, che si trova inciso sul sigillo sopraccennato. Forniti di molti beni e di non pochi feudi, sostennero varie dignith ed incarichi, nonclte ottennero privilegi importantissimi col favore imperiale, e dei patriarchi di Aquileja. Tra gli altri, ne fu accordato uno singolanssimo ed interessante nel 1290 dal patriarca Raimondo, vale a dire il diritto supremo del Tabellionato (Notariate) con ispeciale diploma, in cui si comandava, che nessuno, in Pola, e nel suo distretto, sarebbe ammesso alFesercizio di notaio, se prima da uno di questa famiglia non fosse riconoseiuta la di lui abilith e sufiicienza, proposta in pubblico arringo; nš alcun testamente, contratto, istrumento, e qualsivoglia altra pubblica carta potrebbero essere prodotti in giudizio, se prima non fossero firmati da qualeuno di questo casato. La celebrita dei Castropola comincia da Bonifacio nel 1180, aj tempo delTim- paratore Federico Barbarossa, dal qual Bonifacio sortirono poscia senatori, capitani, cavalieri, sino a Nascinguerra IV, Sergio II, e Fulcherio, i quali coi loro discen- denti furono scacciati da Pola. Accrebbe talmente la potenza' di questa famiglia, che Nascinguerra III, detto Fiorella nel 1305 circa, e il di lui figlio Sergio II, ( 3 ) arrivarono a sottomettere la (*) (*) I Sergii nel 1211 avevano Sissan, Fortiglian, la Torre di Boraso, e altri possedimenti in Valle, Rovigno, Due Castelli e S. Vincenti. Vedi I Sergii nelle Notizie storiche di Pola, Parenzo, Coana, 1876. (E.) ( 2 ) Gionata oppure Gionatasi, famiglia che voleva mantenuta la liberta di Pola, contrariamente ai Sergii che tendevano a tirannide. (E.) ( 3 ) Intorno al 1300 un Sergio dei Castropola, detto poi Sergio II, salvato, come vuole tradizione, ancora fanciullo, dai Francescani nella strage domestica e cittadina del 1271, avrebbe in benemerenza eretto sul colle del Campidoglio la chiesa di San Francesco. T. Luciani - Pola - Diz. cor. delPItalia. Milano, F. Vallardi, 1869. (E.) CAPITOLO VI. 405 citt&, e ad averne 1' intiera amministrazione, disponendo di essa con pieno arbitrio, essendo stati dichiarati perpetui capitani generali della medesima. Neli’ archivio ve- scovile di Parenzo vi ha procura di Sergio contrassegnata cosi: In Christi nomine et ibigue Nobilis, et potens vir D. Sergius de Castro Polae capitaneus generalis, et perpetualis dictae civitatis constituit etc. (') Questo supremo perpetuo dominio non fu per6 cosi lungo, come per esempio quello degli Scaligeri in Verona, dei Carraresi in Padova, e di tanti altri, che col capitanato generale dato ad essi in difesa delle liberti cittadine se ne resero potenti, e temuti principi assoluti. Ne godettero i Castropola padre e figlio non piu di ventisei anni, mentre pentiti i polesi del supremo potere loro concesso, resa ad essi troppo sospetta ed insofferente la potenza dei Castropola, non altrimenti pensarono di po- tersene liberare, che col darsi in tutto alla Repubblica di Venezia, median te 1’ atto di volontaria dedizione, seguito nel giorno 24 maggio 1331, coli’ espresso patto e condizione, che tanto Sergio II, Nascinguerra, III, come Nascinguerra IV di Pietro, e Fulcherio di Glicerio con tutti gli altri maschi, e discendenti di questo casato dovessero in avvenire stare per sempre lontani da Pola non solo, ma pure da tutta 1’Istria, Friuli e Schiavonia, (sicl), ritenendo per6 i loro beni situati nel distretto di Pola senza esserne molestati. Quod D. D. Sergius, et Nascinguerra, et Fulcherius dom. Glicerii de Castro Pola, et eorum masculi maneant exlra civitaiem Polae, et districtus Foro Julii, H istria, et Sclavonia, sicut videbitur ducati dominio', gaudentes nikilominus bonis suis positis in Polisano districtu ( 2 ). D’ allora in poi questa famiglia passo a stabilirsi a Treviso, ove al presente fio- risce sotto il nome dei conti Pola ( 3 ). (’) Kandler li vuole semplicemente capitani di Pola, carica ch’ei črede diversa da quella di capitani generali del popolo, che se anche 1'avessero avuta i Sergi non la tennero stabilmente perche popolare; mentre essi erano dal partito aristocratico anzi autocratieo. Secondo lo stesso i Sergii si sa- rebbero impadroniti a forza del castello nel 1271. (E.) ( 2 ) Secondo De Franceschi (Istr. - Not. štor.) Nascinguerra IV sarebbe stato cacciato da Pola in seguito a moto popolare prima dalla dedizione a Venezia. Šoggiunge lo stesso che quegli avrebhe tro- vato rifugio a Due Castelli, luogo ancora soggetto al Patriarca, poiche in data 20 novembre 1331 esso Patriarca raecomanda al suo gastaldione, ai giudici, consiglio e comune di Due Castelli di dare a Nascin¬ guerra di Pola un salvacondotto, per6 in modo che non abbia ad aver guerra coi Veneziani. Ed ancora in Maržo 1332 il Patriarca richiese a Venezia che il Nascinguerra possa dimorare in qualche luogo patriarcale deli’Istria, al che non venendo aderito, i Castropola furono poi confinati a Treviso, (E.) ( 3 ) Famiglia ora estinta. Diseendente dei conti Pola di Treviso era la contessa Marianna Pola, consorte del conte Francesco de Grisoni di Capodistria. Quer,ta virtuosa gentildonna impiegb la non breve sua vita in opere di carith, e si e resa specialmente benemerita per la fondazione di un Monte pio che dal suo nome s’intitola. A questo santissimo scopo destino nelFanno 1841 Timporto di fiorini trentaduemila di convenzione, parte in denaro e parte in capitali censuari. E dal vistoso capitale volle si levassero degl' interessi nella somma di f.ni mille e dueeento per costituire sei doti annue di f.ni duecento 1’ una a vantaggio di sei ragazze o vedove capodistriane, oneste e laboriose. Destinb ancora che- i civanzi degli importi dotali, o non conseguiti o conseguiti solo in parte, si serbassero ad aumentare la rendita delTAsilo Infantile di Capodistria, fondato dal filantropo suo consorte, il conte Francesco de Grisoni, con un capitale di f.ni c inguemUa, a cui si aggiunsero vistosi importi di altri benemeriti cittadini. La contessa Marianna Pola-Grisoni, fu dessa che ancora vivente dono per 1’Asilo una časa fatta porre da lei in buon assetto e dove si possono raccogliere fino ad ottanta bambini. Quale fondatrice del Monte pio e istitutrice delle grazie dotali la ricordano le seguenti epigrafi, 406 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA II sunnominato sigillo inciso e stampato nella detta dissertazione Negri, & ri- prodotto sul frontispizio del Tomo iv delle Antich. Ital. del Carli. Ha nell’ intorno dello stemma dei Castropola scritto — sigillum nescivere D. Pola — ed apparteneva a Nascinguera III detto Fiorella, il quale, come supremo primo inagistrato della sua patria, avendo foro, giudici, vicarii, ed altri ufflciali per Tamrninistrazione della giustizia e del governo, servivasi di detto sigillo per 1’autenticitA degli atti non solo suoi, ma di quelli ancora de’suoi ministri. Presento qui 1’albero di quest’epoca: GENEALOGIA DEI SERGII CASTROPOLA BONIFACIO I. 1180 Nascinguerra I. Galvano Bonifacio II. podesta di Treviso 1269-1283 Guernerio Monfiorido Glicerio Nascinguerra II. Sergio I. cavaliere 1283 1283 1283 1265-1283 1215 Nicold 1301 Fulcherio 1331 caeciato da Pola Matteo 1280 Pietro 1305 Nascinguerra IV, 1321 28 maržo 1331 cacciato da Pola Nascing. III. detto Fiorella 1283 I. eapit. gen. perpet. di Pola nel 1305 Sergio II. II. capit. gen. perpet. di Pola 1312, eaociato 1331 dettate dal dottissimo scienziato e Valente medico capodistriano Pottor Giov. Andrea de Manzoni, le quali si leggono scolpite in pietra mormorea, posta sulla facciata del Monte predetto: HANC MENSAM ' PIGNERATITIAM COMITISSA • MARIA ' ANNA • POLA ' GRISONI D. S. S. EREXIT ’ CONSTITUIT A ' MDCCCXLII HIC PRO ' PUELLIS 1 ET • VIDUIS VITA E ' INTEGRIS NUMMORUM • FOENUS PERPETUO (E.) CAPITOLO VI. 407 366. — NICOLČ da Capodistria, (1364), segretario e cancelliere di Francesco il vecchio di Carrara, e carissimo a quel principe. Carli Ant. Ital. 367. — GAVARDO Simeone di Capodistria, (1382), arcidiacono di questa eittA (‘). In sede vacante, per la morte di Marquardo patriarca di Aquileja Federico di Forda fu eletto vicedomino nel ternporale dal Capitolo nel giorno 11 gennaio 1382, come narra il Liruti, Notizie del Friuli. Da una Cronaca Ms. e da schede del co. Ag. Carli ritrovo che Simeone Gavardo arcidiacono di Capodistria, in sede vacante del Patriarca di Aquileja fu fatto da Federico di Porcla, per volonta dei deputati di tutto il consiglio generale del Friuli vicedomino generale, senza indicare 1’ anno, che potrebbe essere stato quello stesso in cui il Porcla era vicedomino nel ternporale. Dicono pure le scbede che pe’ suoi meriti ebbe Simeone in dono alcuni campi nel territorio di Capodistria, posti alla sommitA del monte S. Minio ( 2 ). 368. — PELLEGRINI (de) Santo da Capodistria, (1384), dotto giureconsulto, ed amicissimo del suo concittadino P. P. Vergerio il Seniore, dal quale h detto insignis doctor, et eques in lettera a lui diretta. Neli’ anno 1384 dal patriarca di Aquileja cardinale Filippo d’ Alengon fu creato capitano di Udine, carica che corrispondeva al grado di governatore, essendo stato rappresentante dello stesso principe. Quindi dai patriarchi Giovanni di Moravia ed Antonio Gaetano con vistoso stipendio fu fatto loro vicario nel ternporale, suprema ed autorevole dignitA di quel tempo. Non go- dette per6 di questo luminoso incarico che soli dodici anni, mentre nell’anno 1396, passando il fiume Stella, non lungi dal castello di Varmo, per recarsi alla Corte, rimase annegato, e portato in Udine fu onorevolmente sepolto nella chiesa di S Odorico. Di lui parla il Carli ( Antich. Ital. Tom. iv) e dice, che per confessione del Liruti nelle Notizie de’ letterati friulani, Tom. i., fu egli dottissimo, ed uno di quegli uomini esemplari a cui i Friulani devono molto del loro incivilimento. (') Di questo arcidiacono Gavardo, T. Luciani, dh alcuna notizia nella Prov. deli’Istria, an. Vil, n. 14. Egli dice che Simeone Gavardo, vissuto nella meta del secolo XIV, abbenche insignito di carica ecclesiastica onorevolissima, s’ impaccib troppo per sua mala ventura, in imprese guerresche fuor di provincia. Egli nel 1392, invase o penetrb di furto la rocca di Pietore nel Bellunese, quindi fatto pri- gione da Andrea di Miliario capitano dell’esercito di quel Comune, fu dannato a perpetuo carcere, a pane ed acqua in fondo alla torre del Castel di Belluno, dove mori nelFanno successivo 1393, ai 27 di maržo. Il Gavardo lascib tutto il suo al Capitolo della chiesa Maggiore di Belluno, e fu sepolto il giorno stesso della sua morte nella chiesa medesima, presso la porta dalla parte della Canonica. Tutto ei6 e narrato nella Cronaca Bellunese del canonico Clemente Miari, autore contemporaneo. — 6 curioso che 1’ albero genealogico della famiglia Gavardo dove sono notati con relativi cenni quelli che specialmente si distinsero, non registri questo arcidiacono Simeone, divenuto, nientemeno, che vicedomino generale del patriarcato ; carica onorifica ed import&nte che si concedeva soltanto a persone di alta capacita e di meriti distinti. — E ben vero che gli storici Verzi di Treviso, Piloni e Miari di Belluno lo dicono arcidiacono di Capodistria, ma non nativo di questa citta. «Per accertarlo, (dice Lucio Doglioni in una lettera al march. Girolamo Gravisi di Capodistria, datata Belluno 16 ottobre 1791) occorrerebbe il testa- mento dello stesso Gavardo, che io sperava di ritrovare fra le nostre carte capitolari, ma di cui non ho potuto avere tr*ccia.» — La suacc. lettera del Doglioni (Scritti Grav. B.) reca un brano della cronaca latina di Clemente Miari e che e lo stesso riportato da T. Luciani. (E.) ( 2 ) S. Minio potrebb’essere un errore tipografico in vece di Sermino; a meno che Sermino non sia una corruzione di San Minio o Miniato. (E.) 408 BIOGRAFIA DEOLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Io non potrd meglio dare contezza di lui, che trascrivendo qui letteralmente quanto ne dice lo stesso Liruti al cap. xvm, articolo ix, deli’ opera suddetta, tanto piu che se ne ritraggono varie notizie interessanti: «Giudico bene,» dic’ egli, «di far qui menzione anche di Santo de Pellegrini «nel modo medesimo, che ho fatto del patriarca Bertrando; anzi per la medesima «ragione, avendo egli avuta la sua origine fuori della provincia nostra del Friuli «(non pero fuori del dominio, e giurisdizione della chiesa di Aquileja, giacchž «nella cittA di Capodistria), e qui avendo piantata la sna abitazione nella cittA di «Friuli; ed in questa provincia essendo mancato di vita: ma molto piu perche egli «medesimo in una bella pištola latina (unico argomento, che ci rimase della sua «eloquenza) la quale si conserva ms. ne’ codici Guarneriani di S. Danielo da me in «čopia fatta passare tra’miei; scrive egli al suo amicissimo Pietro Paolo Vergerio «il vecchio, nome noto nella repubblica letteraria, di avere avuto nella nostra cittA «suddetta molte amicizie e parentele nobili, e di conto, unitamente alla consorte, ed «a’ ligliuoli, che seco in quella cittA fermamente dimoravano. — Questi, essendo giu- «reconsulto, e per dottrina noto e per farna, fu dal patriarca e cardinale Filippo «d’ A le n gon, quando mediante la sentenza del Carrarese, avea fatta la pace cogli «udinesi, creato capitano di quella cittA 1’ anno 1384, come si raccoglie dagli annali «di essa. Quivi passfi da Capodistria ad esercitare quella carica eh’era la piu co- «spicua nella cittA della residenza patriarcale, come era governatore rappresentava «il principe; ed occup6 quel pošto anco 1’anno seguente. Quindi fu dal patriarca «Giovanni di Moravia, successore deli’Alencon, eletto suo vicario nel temporale; che «in tal guisa quella- carica si denominava, la quale, le veci tenendo del patriarca «medesimo, fuori di quanto apparteneva ali’ ecclesiastico, decideva tutte le questioni, «e liti cosi civili, come criminali, udiva le appellazioni tutte, che in siffatte materie «venivano al tribunal patriarcale, inquisiva, condannava, e puniva pe’delitti; ed a «tutto ci6 presiedeva, che potesse concernere il dominio temporale; come delle pa¬ tenti d’ investitura, o collazione di tal carica ne’ miei apografi num. 552 ecc. chiara- «mente si comprende. In questo pošto egli era l’anno 1388 e 1390, come da sen- «tenze di lui di quegli anni, pronunciate nel palazzo patriarcale nella suddetta cittA «di Friuli, di mano di Gian’. Fulcherio di Spilimbergo cancelliere di quel patriarca, «che stanno ne’ miei apografi num. 723, ed in questo, oltre l’onore, aveva egli un «annuo stipendio di sopra quattrocento ducati d’ oro. Col qual utile considerabile Kpoteva, com’ egli serisse in quella pištola, mantenersi onorevolmente, risarcire i danni «della sua časa, provvedere alla buona educazione de’figliuoli, ed ancora sollevare «gli amici, e parenti, che erano pervenuti in cattiva fortuna. Si in hoc perseverabo «statu (sono di lui parole) potero rem familiarem undigue conguassatam refteere; upotero liberis prospicere; et amicorum, consanguineorum inopiam sublevare. Ma «non volle la divina disposizione, che gran tempo godesse il vantaggio di questa sua «buona sorte; ed ebbe, non molti anni dopo, occasione di esercitare quella vera virtu, «di cui era fornito, i;assegnandosi a’ divini voleri; e quel distaccamento dalle cose «caduche di questa terra, che nella detta pištola al Vergerio professa di sempre «avere avuto con queste parole: Non tamen de hac leeta confido fortuna'. hcee «habeo, ut depositurus, cum repetentur: illa redditurus me scio. Firmari animo, «cum me relinguere expediret, non turbari. Quindi poiche servito ebbe il patriarca CAPITOLO Vi. 409 «Giovanni nel suddetto impiego, finche visse, e poiche l’ebbe esercitato, come io «penso, anche circa due anni sotto il di lui successor e Antonio Gaetano; mentr’era «in viaggio, per rendersi in corte, nel passare il fiume Stella non lungi dal castello «di Varmo, in esso sommerso, perdette la vita a’ x. di maggio 1’anno 1396, e di «14 fu condotto il di lui cadavere in Udine, ove fu sepolto nella ehiesa di S. Odorico. «11 che abbiamo da memoria, che con queste parole si legge il giorno x di maggio «nell’antico necrologio, che si conserva nelFarchivio del capitolo della citt& di Friuli: «Obiit nobilis, et sapiens vir D. Sanctus de Peregrinis de Justinopoli, in jure canonico «licentiatus, in temporalibus vicarius generalis patriarchae Aguilejensis sic summersus nesi in Stella, et Utini sepultus in ecclesia S. Odorici mccccxvi. indictione iv. Oltre «la mentovata pištola, scritta da lui al Vergerio, e la risposta di questo a lui, che «sta unita nello stesso codice Guarneriano, e ne’ miei apografi, non abbiamo altra cosa «che render ci possa testimonianza del sapere, e deH’eloquenza del nostro Pellegrini. «Se perf> 6 agevol cosa, che ognuno conosca, come dicono i Iatini, ex ungue leonern «possiamo dire con verita, ch’egli in questa provincia sia stato uno de’miei ristoratori «della lingua latina, primache terminasse il secolo xiv. Poichč se questa pištola non si «pu6 dire scritta affatto affatto nella lingua forbita del secolo piu felice, perche ella 4 «scritta, come ad evidenza si scorge, famigliarmente, e senza certa cura e diligenza; si «pu6 per6 con verit4 asserire, che se avesse egli voluto porre nello scrivere piu di at- «tenzione, e di accuratezza, le cose tutte da lui scritte in tal guisa avrebbero potuto «stare al paragone con 1’opere degli scrittori di quel buon secolo. — Per quello poi «che spetta a sentimenti ed alla dottrina in essa pištola sparsa con tutta saviezza, «e con tutto il gusto; non si puo egli questo serittore giudicare, se non dottissimo «ed eloquentissimo. E come ad imitazione di Gicerone lo dichiara il medesimo Vergerio «nella sua risposta: Humanae sapientiae quoddam caeleste oraculum, e di uno «squisito e maturo discernimento: Turnn maturum, et grave judicium in me requiro. «Quindi e che in quella risposta si congratula con esso lui della buona fortuna in- «contrata in Friuli presso il patriarca, non pero eguale al di lui merito, e alla di «lui virtu: Tuis autem commodis, et honoribus, quce per litteras tuas mihi nota «fecisti; etsi virtuti tum imparibus; sunime congaudeo; sicgue semper eventurum « speravi; neque tibi, ut alia scripsi, nisi bene sperare possum, qui ab illis infaudis «litoribus ereptus sis. — Il Vergerio anch’egli era nato coneittadino del Pellegrini; «ma cosi scrive perche allora si ritrovava egli in Bologna, benche giovine, pubblico «professore in quel rinomato studio di logica. Egli e pertanto disavventura per noi, «che non ci sono di lui rimase altre opere, da queste decisioni in fuori, ed altre «poche cose legali: del qual genere di dottrina era intendentissimo per professione; «onde potere ancora noi friulani far vedere, che non siamo stati gli ultimi in Italia «a spogliarci della barbarie; e che i nostri ingegni hanno seguito i buoni esempj «de’ sopramentovati uomini singolari in ogni secolo; come abbiamo veduto, e vedremo «sempre piu in avvenire.» (') (*) (*) NelFArcheografo triestino, Nuova serie, vol. VIII, Trieste 1881-82, Attilio Hortis pubblico una. lettera diretta a Carlo Combi interno a Santo dei Pellegrini e Blenghio dei Grilli, accompagnata da un albero genealogico dei Pellegrini e da parecchi documenti. Nel doeumento ottavo si trovano frammenti di un processo concernente i figli di Santo, che possono servire come saggi dello stile italiano usato dalla curia triestina nel sec. XV. (E.) 410 MOGRAFIA BEGU DOMINI Dl S TIN TI DELL’ ISTRIA 369. — ALBERT1S Giovanni giustinopolitano, (1430), nel mese di febbrajo dello stesso anno fu fatto rettore degli artisti nell’ universita di Padova, successore a Gio¬ vanni Verone se. h' Albertis fu chiuso in carcere, e poscia liberato per il Consiglio dei Quaranta. Durante la čarcerazione fu fatto vicerettore Lutorino Zuccareda, e poscia rettore nel giugno 1432. Qual fosse il motivo della prigionia toccata al nostro Albertis, non ci viene indicato dal Facciolati (Gym. Patav. T. I. Pars. II.). 370. — TORNIELLO de NOVARIA Cristoforo, (*) di Capodistria, (1469), nacque da Pietro Torniello de Novaria, famiglia nobile di quella cittd. Vesti giovinetto 1’abito de’PP. de’ Servi, e nel 1446 li 7 luglio fu inviato a Padova, ove si laured. Apparisce dagli annali dei Servi, che nel 1453 magister Christophorus justinopolitanus fu prefetto pella provincia di Treviso; e nel 1459 dal ponteflce Pio II. maestro Francesco con- cittadino del Novaria servita, fu destinato arcivescovo di Epidauro, ed il Novaria di procuratore generale deli’ ordine de’ Servi fu fatto vicario generale. Neli’ anno 1461 nei comizii generali dei Serviti radunati in Treviso d’ordine del ponteflce, vi presiedette Cristoforo come nunzio pontificio, e col consenso di tutti i padri cold radunati in numero di 400, nemine penitus discrepante, fu eletto Cristoforo Torniello Novaria giustinopolitano in XX. 0 priore generale deli’ordine, e tosto assunse per sua tessera: Da gloriam Deo. Nei comizii di 430 padri congregati in Firenze nel 1469, il Novaria fu riconfermato priore generale, ed in quelli di Viterbo deli’anno 1482 dopo avere eretti varii monasterii, fu aggiunta la provincia delTIstria, e vi fu pošto primo provinciale P. Antonio de Castro Plebis. ( 2 ) — Pervenuto ad un’eta avanzata, chiese la dimissione delFonorevole incarico, ma con unanime deliberazione fu obbligato a continuare, colla concessione di farsi rappresentare da altro soggetto, ov’esso non potesse intervenire nella visita delle provincie. — Nel 1485 nel congresso generale a Castro Vetralo di Viterbo, alla presenza de’ padri in numero di quat- trocento il nostro Novaria , giž, avanzato in eta, ed aggravato da acciacchi, dopo aver fatto un analogo discorso, piegd a terra i ginocchi, abdicd il proprio officio, e rasse- gn6 in mano del protettore il sigillo ed il libro, facendo varie scuse per la sua risoluzione e chiedendo perdono per la necessith di eseguirla. I Padri in vista delle infermitž,, e della decrepitezza del Novaria stabilirono, che ritenesse il grado supre- mo, ed il nome di generale con due socii, ed un competente sussidio per sostenere la vita comodamente ed onestamente; ed elessero in vicario Antonio Alabanto, il quale soltanto dopo la morte del Novaria potesse prendere il nome di generale. In quest’ anno stesso nel mese di luglio 1485 il Novaria termino i suoi giorni in Roma. Fu egli di somma probita, e di u n’esimia erudizione; stabili in tutta 1’ Istria una nuova provincia, e ricusd la sede vescovile di Capodistria, sua patria. Cosi riscontrasi nelle (') Questa famiglia dei Tornielli d’origine veneta, flori in Forli e massime a No vara, da eni preše il cognome di Novara o Novaria. I Tornielli furono capi di faziono e spesso di repubblica. Nel secolo scorso si distinse quale predicatore Girolamo Francesco Torniello de Novaria (1693-1752). — V. Diz. un. di geog. štor. e biog. — Milano, Treves, 1878. (E.) ( 5 ) V. Fasti sacri e profani delle Chiese episcopali di Parenzo e Pola. (Archivio provinciale). Parenzo, G. Coana, 1883. Sotto il priorato del Novaria, e degna di nota la proibizione data dalla Repub- blica Veneta che i Francescani della Bosnia e della Croazia prendessero stanza nellTstria e vi copris- sero cariche. V. Fasti id. (E.) CAPITOLO VI. 411 centurie degli Annali deli’ ordine de’ Servi, compilati dal padre maestro Arcangelo Ginnio fiorentino. 371. — ZAROTTI Antonio da Capodistria, (1472), cavaliere e rettore dei Leggisti nel 1472 nell’ Universita di Padova, fu assessore'in diverse cittA, e mori vicario in Oti'anto. Manzioli e Facciolali Fast. — Pat. Gym. 372. — Del VESCOVO Lorenzo padre 1473, 373. — Del VESCOVO Antonio figlio, (1473), scultori da Rovigno. L’ ab. Moschini nella Gnida di Venezia, 1815, per Alvisopoli, Vol. II. P. II. pag. 394, parlando deli a chiesa e dei monaci camaldolesi di Murano dice: fra i nomi dei valorosi scultori che lavorarono in essa dalPanno 1469 al 1478 vi furono Lorenzo Del Vescovo, ed Antonio suo figlio, ed a pag. 694 dice: De Vescovi Andrea ed Antonio. Loro busti 614, 615. 374. — Da PARENZO Domenico di Donato, di Parenzo, (1473). egualmente scul- tore e nello stesso tempo che i due Del Vescovo e indicato di seguito dal Moschini Id, (’). 375. — Da POLA Bernardino, di Pola, (1477), rettore dei giuristi, e professore nelFUniversitA di Padova. II Facciolati (Gim. Patav. T. I. pag. 15.) ci racconta che durante la di lui reggenza fu decretato dal senato delFUniversitA VII. kal. Jul. di queH’anno 1477: 1. Che nessun padovano o veneziano avesse a dar voto nelle delibe- razioni deirUniversitA, di qualunque natura esse fossero. 2. Che nessun.patrizio veneto dovesse insegnare pubblicamente, sia col titolo di professore ordinario, sia di sostituto, ne con salario, ne senza salario. 3. Comando finalmente che i professori ordinari in avvenire non fossero soggetti ai suffragi degli scolari. — Neli’ anno seguente, 17 kal. Febr. 1478, essendo rettore il nostro Bernardino, fu rinnovato il vecchio decreto di formare il ruolo delFUniversitA nel mese di maggio, tempo in cui era il maggiore e pienissimo numero. 376. — PARENTINO Bernardo da Parenzo, (1494), frate agostiniano, nel qual ordine preše il detto nome, avendo in prima quello di Lorenzo, morto in Vicenza di anni 94, nel 1531, il cui epitafio e presso il Faccioli. Fu un eccellente pittore se- guace del Mantegna ( 2 ). Il Lanzi (Istoria Pittorica, Tom. III. p. 33, Tom. VI. p. III, Bassano, 1818, per Remondini) dice: «Piii al Mantegna avvicinasi, e in mol- «tissime figure si terrebbe per Mantegna stesso, Bernardo Parentino, che in un «chiostro di S. Giustina (in Padova) dipinse dieci fatti della vita di San Benedetto, ( 1 ) Chi non ammirb in S. Michele di Murano quelle colonne, quegli intagli di squisito lavoro nel puro stile del risorg-imento, in quello stile cosi rieco e immaginoso e veramente nazionale che si accosta al classico senza regole di vana pedanteria? Orbene, que’lavori furono in gran parte eseguiti da Antonio e Lorenzo Del Vescovo da Rovigno e Domenico di Donato da Parenzo. — P. Tedeschi — Cenni sulla storia dell’arte cristiana nelPIstria — Port. Or. an. 1859. Un altro scultore istriano non e ricordato qui in quel Taddeo da Rovigno, che secondo il Selvatico lavorb in S. Michele di Murano e con Jaeo- bello e Pietro Paolo delle Masegne nelle sculture di tanti magnifici palazzi veneziani, di cui sono com- piuto esemplare quello della Ca’ d’Oro, dei Giovanelli, e in particolare quello de’Foscari.Tedeschi o. c. (E.) ( 2 ) Il Caffi lo dice sulPappoggio del Lanzi pittore diligentissimo uscito dalla scuola di Squar- cione. V. Provincia delVIst. a. XIX, n. 14. (P) 412 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA «cingendogli di bellissimi fregi, e di picciole istorie a chiaroscuro, e soprapponendo «a ciaseuno il ritratto di un pontefice benedettino. Non vidi pittura di cliiostro re- «ligioso cosi bene ideata in ogni sua parte; e si sa che fu diretta da un insigne «lettorato di quel dotto ordine, e fu 1’ abate Gaspero da Pavia. Vi si legge il nome «del Parentino e gli anni 1489 e 1494» ( , ). L’ abate Moschini nel vol. n. della Gnida di Venezia parla di Bernardo, e c’ istruisce, che dal convento degli Scalzi di Padova e stato trasferito ali’ accademia delle Belle Arti alla CaritA di Venezia il quadro a tempera in cui Nostra Donna adora il bambino tra varii angeli in atto di suonare, che questo quadro «tiene tutti i caratteri di Bernardo Parentino, a cui «e attribuito: ma benche m ostri le stesse inclinazioni, e gli stessi studi, cio non «ostante, piu secca ch’e in alcune parti, e piu timida nel colorito, sembra anteriore «alle opere certe di quel pittore, che si veggono nel chiostro del collegio di Santa «Giustina in Padova,» ( 2 ). 377. — ZAROTTI Cristoforo, giustinopolitano, (1497), nel qual anno fu professore interprete delle istituzioni civili nell’ UniversitA di Padova. Facciolati Fasti Gym. Palač. P. I. 378. — VENER10 Giorgio, giustinopolitano, (1498), fu il quarantesimoprimo arci- prete di Verona nel 1497, e nel 1499 rinunzid 1’arcipretura. (Ughelli -ItaliaSacra T. V). 379. — Da POLA Bartolomeo, di Pola, (1500), che ignoro se fosse stato persona del seeolo, oppure claustrale; mi e noto soltanto ch’esso fu uno dei piu celebri che lavorarono in figure di tarsia. Reco quanto di lui dice il chiarissimo Lanzi (Ist. Pittor. T. III, pag. 67, ediz. di Bassano, 1818). «Le maggiori e le piu artificiose figure di «tarsia, che io vedessi, sono in un coro della Certosa di Pavia, distribuite una per «ogni spalliera: se ne fa autore un Bartolomeo da Pola che altrove mai non conobbi. «Vi e in ogni quadratura un busto di un apostolo, o di altro santo disegnato sul «gusto della scuola del Vinci. Certe gallerie ne serbano qualche quadro;» e nel- 1’ indice (T. vi. pag. 117) si dice che sembra aver fiorito circa il 1500 ( 3 ). 380. — VERGERI0 Filippo, giustinopolitano, (1501). In quest’anno successe nella cattedra delle istituzioni civili nelPUniversitA di Padova a Gabriele Pellegrini veronese, e la rinunzid non compito 1’ anno intiero. Facciolati. — Fasti Gigm. Pat. P. n. (') Varii anni sono veniva staccata dal muro del prirno chiostro di S. Giustina in Padova una vaga pittura in due comparti, ritenuta opera del Parentino. Oltre gli affreschi del Parentino a S. Giustina e le pitture nel Duomo di Padova, la pubblica galleria di Modena possiede di lui una tela in dne comparti coll'epigrafe: Bernardin parenzan pisit, che arieggia lo stile del Mantegna. V. Prov. id. (E.) ( 2 ) Secondo il Saggio di bibl. ist. Francesco Zanotto ha illustrato una tavola del Parentino che si eonserva all’Accademia di Venezia e che rappresenta — La nascita del Saloatore ed ai lati li Santi Eustachio, Jacopo Mag., Nicolo e Marco. Scrissero sul pittore Parentino oltre il sull. Caffi, Francesco Zanotto e il prof. P. Tedeschi nel- VArte e storia di Firenze. (E.) ( 3 ) 11 Lanzi e lo Stancovich sbagliarono nel porre tra gFistriani 1’intarsiatore Bartolomeo. Questi non e da Pola ma porta il cognome de Polli o della Polla ed e di Modena. Cosi rilevasi nel libro di Raffaele Erculei intitolato: Catalogo delle opere antiche d’intaglio e intarsio in legno esposte nel 1885 a Roma -ece. Roma, Civelli, 1885. V. Prov. deli’ Istria, an. XIX, n. 22, articolo di P. Tedeschi. (E.) CAPITOLO VI. 413 381. — BURLO Domenico, da Trieste, (1502), fu al servizio del pon telice Pio II nel 1463, e porto a Trieste T annunzio della pace seguita coi Veneziani, dai quali era stretta d’assedio cjuella citta. Nel 1501 con lettere delTimperatrice Bianca Maria fu dichiarato suo domestico, fam igli are, e c.ommensale. Ireneo p. 661. 382. — BORISI Bernardo giustinopolitano, (1503), maggiordomo supremo, intimo consigliere del Voivoda o principe del regno di Valacchia e Transilvania, oratore alla porta Ottomana per lo stesso; supremo segretario, consigliere, Datmano, e ge¬ nerale di cavalleria del principe di Moldavia. (Ex. schedis Com. August. Carli). 383. — SCHIAVONE Sebastiano da Rovigno, (1426?-1505), intarsiatore laico oli- vetano deli’ isola di Sant’ Elena di Venezia. Dice il Moschini nella Gnida di Venezia, ch’era di Rovigno ( l ) e che «nelle bellissime tarsie lavorate da lui per la chiesa del «suo convento, le quali pur troppo andarono distrutte, si leggeva cosi: extremus «HIC MORTALIUM OPERUM LABOR F. S. DE RUIGNO M. OLiVETI QDI 3 ID. SEPT. DIEM obut. 1505. Questa epigrafe e portata anche dal Corner (Eccl. Vent. dec. XII. p. 191), e se ne parla con lode anclie dal Sansovino. Lavoro pure fra Sebastiano ne’ sei comparti deli’ armadio di mezzo della sagrestia di S. Marco, i quali non mo- strano che fabbricati e prospettive. (Moschini id. T. I. p. 306). Questo intarsiatore fu ignoto al chiarissimo Lanzi. 384. — Da MUGGIA Giovanni di Muggia, (1509), fu professore ali’ Universita di Padova, e cess6 d’ insegnare ultimo di tutti nell’ anno 1509, tempo nel quale furono sospese le scuole per le guerre avute dalla Repubblica. Facciolali, Fasli Gijni. Pat. P. m. 385. — MUZ10 Cristoforo, giustinopolitano, (1514), padre di Girolamo Muzio. Dietro le notizie di Apostolo Ženo (leti. 1260, 1262) fu uomo di lettere, ( 2 ) ed era in Padova quando gli nacque Girolamo, trovandosi lontano dalla patria per oggetto di studii, sino a che fu chiamato ed eletto pubblico maestro con generoso ed onorevolis- simo stipendio dai suoi concittadini nel 1504, e condotto per un triennio, che continuo poscia sino alla morte, seguita nel 1514. Questa condotta ed il dolore che si ebbe per la di lui morte, danno a conoscere, dice lo Ženo, la stima del pubblico verso questo soggetto ed il suo sapere. Girolamo ebbe i suoi primi elementi di Grammatica e Ret- torica nella scuola del padre; |d e a stupirsi, ch’egli non 1’abbia mai rammentato ne’ suoi scritti come suo precettore, e solo faccia menzione di quelli che lo ammae- strarono dopo la sua prima andata in Venezia, che deve essere stata appunto dopo la morte del padre. (*) Documenti importanti che attcstano essere lo Schiavonc da Rovigno furono commiicati al prof. P. Tedeschi da Ippolito Caffi, conservatore delle antichita lombarde Scritti intorno a questo intarsiatore furono pubblicati nelTArch. štor. per Trieste, 1’Istria e il Trentino, vol. II. fase. I. 1882; nella Prov. deli’Ist. a. XVI, n. 15, e sono del Tedeschi; comc pure di lui sono vari scritti pubblicati in altri periodiei, tra cui nel V Arte e storia di Firenze. Neli’opera citata di Raffaele Erculci e ricordato quale intarsiatore un altro Schiavone di nome Domenico vissuto nel 1535 e che lavoi’6 nel coro di un monastero di Perugia. Il Tedeschi (Prov. id.) lo sospetta di Rovigno e continuatore della scuola di Fra Sebastiano, tanto piu perche lavorb col maestro Stefano da Bergamo, fratello del celebre fra Damiano, allievo come e noto, del celebre rovignese. (E.) ( 2 ) Uomo di lettere a quei tempi valeva precettore. (E.) 414 BIOGRAFIA DEGLI TJOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 386. — ANTICO Jlndrea, chierico da Montona, (1517), fu il primo che invento ed esegui la stampa in legno delle note musicali ('). Un libro di tali stampe io vidi, presso il marchese Gio: Paolo Polesini in Parenzo. Porta nel frontispizio un’ inci- sione in legno con donzella che sta seduta e suona il clavicembalo, mentre altra donna al lato sinistro tiene un libro di mušica, e sembra cantare. Sopra questa in- cisione e scritto: Frottole inlabulate da sonare organi, libro primo. Di sotto e scritto: Impresso in Roma da Andrea Anticho de Montona chierico. Con privileggio di P. P. Leone X., mdxvii. Seguono poscia le ariette in n. di 26 colle rispettive note di mušica, precedute da un indice alfabetico. Alcune incominciano pag. 2. ■ — Amor rpuando floriva\ p. 5. —■ Cki non črede che al mondo el sol nutrisca; p. 7. — Vergine bella; pag. 27. — Per dolor me ’n bagno el viso; p. 35. — Crudel fuggi se sai; e finisce alla pag. 39 col seguente: Breve del papa LEONE X. ad ANDREA ANTICO Dilecto filio Andreae Antiquo de Montona clerico Parentinae dioecesis Leo Papa X. Dilecte fili salutem, et Apostolicam benedict. Industria tua et honestus labor, quem ad imprimendos libros musicae jampridem confers nos movent, ut te aliqua speciali gratia, et favore nostro complectamur; ut cum intellexeris probari a nobis ejusmodi artem, in qua die noctuque laboras, non solum in ea studium tuum, et cura non refrigescat, sed in dies magis atque magis accendatur. Cum itaque tu primus formis tu is excusas propediem editurus sis organi intabulaturas opus tum utile et necessa- rium omnibus, qui eo artis genere delectantur; tum etiam novum, et numquam antea nostra tempestate impressum, accidat autem, ut suam quisque artem, et professionem magnificat. Nos paterne provvidere volentes, ne ex diligentia et laboribus tuis uti- litas ad alios cum jactura tua deferatur; quod facile fieret, si bae ipsae organorum intabulaturae, quarum imprimendarum primus author fuisti, ab aliis item imprime- rentur. Volumus et mandamus ne quis eas ipsas aliasve cujuscumque generis inta¬ bulaturas ad organum spectantes imprimi non antea usitatas, et praeterea alia opera, et libros musices, quos primos formis excusos, invulgabis sine permissione tua impri- mere, aut imprimi facere, aut impressos venumdare ullis in locis praesumat. Qui (') Uno studio sulPAntico diede alle stampe nel 1881 il triestino Albino Zenatti; secondo il quale 1'Antico non sarebbe 1'inventore della stampa in legno delle note musicali, ma invece Ottaviano Petrucci da Fossombrone. Ad altro istriano, secondo lo stesso Zenatti, spetterebbe una non piccola parte di gloria nelPinvenzione, perche eccitb il Petrucci ad accingersi alPardua impresa, e questi fu il letterato Bartolomeo Budrio da Capodistria. L’Antico fu, secondo lo Zenatti, benemerito perche uno dei primi a s tam pare canto figurato e intavolature d’organo e di liuto, giovando cosi immensamente al progresso delTarte musicale. L’Antico fu ancora distinto compositore di mušica, e ritiensi che il suo primo libro sia stato anche il primo libro musicale che venisse stampato in Roma (1510). — Vedansi ancora a pro- posito delPAntico gli Atti e memorie della societk istr. di Arch. e štor. pat. V. I, fasc. 1 e 2 ecc — NelTarticolo, che e del march. Girolamo Gravisi di Capodistria, ritroviamo oltre 1’Antico due altri distinti istriani: Don Daniele da Capodistria, mušico, e Jacopo Moderni da Pinguente, tipografe di opere di canto figurato. (E.) CAPITOLO VI. 415 contra mandatum hoc nostrum fecerit admiseritve eum excomun.icationis latae sen- tentiae, nec non librorum omnium hujusmodi ammissionis, ac ducatorum quingentorum censurae nostrae applicandorum multae poenas ipso facto incurisse declaramus per presentes; ac aequa paena multari volumus tam venditores quam emptores id genus intabulaturarum, et librorum ab aliis abs te impressorum, ut praefertur. Praecipientes propterea universis archiepiscopis omniumque in spiritualibus vicariis generalibus, ac nostrae et sanctae romanae ecclesiae officialibus, tam in alma urbe nostra quam extra eam nune, et pro tempore existentibus, et aliis, ad quos spectat in virtute sanctae obedientiae ut praemissa faciant ab omnibus inviolabiliter observari. Tibique in iis omnibus omni spe faveant, et assistant. Non obstante quacumque concessione de hac eadem re cuivis personae presertim dileeto filio Octaviano Petrutio semproniensi per nos faeta: cui nos propterea, quamvis jam per triennium, et amplius nihil ejus generis edidit, sed nostram et aliorum expectatione frustra suspensam tenuit, harum serie derogamus, presentibus ad quindecim annos proxime futuros dumtaxat valituris. Dat. Romae apud Sanctum Petrum sub annulo piscatoris die xxvii decembris, pon- tifleatus nostri anno quarto. Jacobus Sadoletus. Impresso in Roma per Andrea Anticho de Montona, nell’anno mdxvii a. di. xvit di gennaro. (') 387. — PETRONIO Bartolomeo da Capodistria, (1517), in quest’anno 1517 fu pro- fessore di Padova, nel terzo luogo della medicina teorica straordinaria. II Facciolati (T. i, P. ii), dice: 1517 — 17 — kal. maj. Bartholomeus de Petroniis, non ponendovi la patria. La famiglia Petronio e di Capodistria egualmente che di Pirano, e dobbiamo credere che fosse istriano, probabilmente di Capodistria. 888. — BELGRAMONI Francesco giustinopolitano, (1520), personaggio dotato di bonta, saggezza e dottrina. Da Antonio Veranzio vescovo d’ Agria nell’ Ungheria, fu aseritto canonico di quella cattedrale, e tali furono i meriti del Belgramoni, clie obbligato quel vescovo ad allontanarsi dalla diocesi in qualita di legato della Santa Sede, fu dallo stesso con amplissima facolth, eletto suo vicario, ed amministratore generale in torno al 1520. Sostenne per piu anni il delicato incarico con sommo onore, e ivi cesso di vivere compianto e desiderato. L’ imperatore Ferdinando I. in bene- merenza, onoro la di lui famiglia di nobilissimo stemma. (Ireneo). 389. — GIULIANI Pietro di Trieste, (1520). Fra molti illustri soggetti di questa antica e nobilc časa, accennerb cib che riporta 1’ Ireneo, il quale dice essere stato segretario deli’ imperatore Carlo V. come rilevasi dal diploma di data Brusselles 12 aprile 1522 ( 2 ). (*) (*) Una dottagliata deserizione di questo Codice musicale si legge nel suceitato volume Atti e , mem. annata 1, pag. 143. Il codice e ancora posseduto dalla famiglia dei marchesi Polesini di Parenzo. (E.) ( 2 ) Secondo aleuni storiografi istriani la famiglia Giuliani apparteneva alle piu antiche e nobili di Muggia. Nel Codice diplomatico del Kandl. si trova che nel trattato di pace tra la Repubblica Veneta, e il Marchesato d’Istria dei 12 maržo 933 e sottoseritto un Iuliano de Muggia cons. Un cavaliere Giu¬ liani da Muggia visse anche al tempo del vescovo Kapiccio ed e daipiesti ricordato con onore nelPIstria (E.) 416 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. 390. — POLESINI Girolamo da Capodistria, (1521), nel prirno novembre 1521 fu fatto profešsore della seconda scuola deli’ arte notarile nell’Universit& di Padova ('), e nell’ anno seguente ai 29 maržo cedette il pošto al suo concittadino Pietro Paolo Vergerio il Juniore, la cui vita, costumi, e fine si hanno presso il Papadopoli che lo annovera fra gli alunni nel T. m p. 66; Facciolati Fast. Gym. Pat. P. m. p. 193 ( 2 ). 391. — EGIDIO Francesco da Isola (1522?) secondo il Manzioli fu versatissimo, nelle lettere greche e latine. Fiori nel sec. xvi. 392. — ALMERIGOTTI dottor Giorgio giustinopolitano, (1522), nel 1493 fu pro- fessore del codiee nell’ Universita di Padova e poscia primo professore nella cattedra dei tre libri del codice Gregoriano-Ermogeniano di Teodosio, aperta nel 1 aprile deli’ anno 1522 e che s’ insegnava nei giorni festivi. (Facciol. F. Gym. Pat.). 393. — CARPACCIO Vittore da Capodistria, (1450?-1525?), celebre pittore del secolo xvi, la di cui patria pero e contenziosa, ( 3 ) come quella del figlio Benedetto, egualmente pittore. Unicamente per ragione di storia critica e biografica, io faro qui alcune osservazioni, che potranno dare rjualche luce a questo involuto argomento. Il Vasari (Vile dei Pittori, Firenze, 1550) lo dice semplicemente Veneto; il cav. Ridolfi (Vile dei Pittori, Venezia, 1648) «Cittadino Veneziano e nobile per antica «cittadinanza,» e vi unisce anche il di lui ritratto; il Zanelti (Della Pittura Venez. 1771, Venez.) lo chiama «Veneziano;» e tanto Vittore che Benedetto sottoscrissero le loro pitture coli’ appellativo di «Veneti.» ( 4 ). Portero quanto ne dice il chiarissimo Luigi Lanzi (Storia Pittorica Tom. m. p. 40, Bassano, 1818): «Competitore dei due Bellini e delFultimo Vivarino fu Vittore (') L’arte notarile detla anche fraglia o Universita dei notai, regolata da propri statuti, garan- tita dalle leggi municipali, form b a Padova (e vi si mantenne piti che a Bologna) un corpo separato fino al 1393 ed ebbe scuole particolari, nelle quali i candidati aspiranti al titolo e ali’esercizio del nota¬ riate, compivano un corso biennale. V. Storia scientifico-letteraria dollo studio di Padova di F. M. Colle, Padova, 1824, IV. 103. (E.) ( 2 ) L’ affermazione del Facciolati che il Vergerio ottenesse grado di lettore nell’Universita ebbe conferma in un opuscolo trovato da L. A. Ferrai nella Marciana, opuscolo che contiene la prelezione del Vergerio al suo corso di diritto eivile detta in quella Universita, ove si vede com’egli incominciasse a insegnare nel maggio 1522. L. A. Ferrai — P. P. Vergerio il giovine a Padova nell'Arch. st. per Trieste, 1'Istria, ed il Trentino ecc. (E.) ( 3 ) Carlo De Franceschi nell’ Istrid, Not. štor. seri ve: Ma la piii grande gloria artistica nostra si e Vittore Carpaccio di Capodistria nato inlorno al 1450 e morto nel 1525 circa. Di Capodistria lo dicono C. Combi, T. Luciani, P. Tedeschi, V. De Castro, mons. Bernardi, il Frizzoni, B. Benussi, A. Marsich e molti altri serittori ancora. (E.) ( 4 ) «E probabile per6 ch’egli nascesse in Istria, e parra ad ognuno debito di giustizia il reven- «dicare questa gloria italiana a una nobile e forte e infelice terra, che e e vuol essere italiana. In Capo- «distria esistono documenti intorno alla famiglia Carpaccio, la quale si estinse nel nostro secolo con la «morte di un Antonio Carpaccio, uomo di lettere, avvenuta nel gennajo del 1817. Per lungo ordine di «generazioni al primogenito dei Carpacci fu imposto il nome di Vettore, e tal nome e un’altra prova «per giudicare Capodistria come patria del pittore, essondo in quel paese antichissima la devozione di «san Vittore». Cosi P. G. Molmenti nella sna opera II Carpaccio e il Tiepolo (Studi d’arte veneziana), Torino, Loux e Favale 1885. — Lettere di Antonio Carpaccio a Girolamo Gravisi si conservano presso gli eredi di quest’ultimo in Capodistria. (E.) CAPITOLO VI. 417 «Carpaccio venelo, o di Capodistria e come loro adoperato a dipingere in palazzo «ducale; nel cui incendio del 1576 peri quella insigne raccolta di antiehe istorie, «rifatte dipoi da migliori pennelli. E pero rimaso dello stile di Villone si bel saggio «in Venezia nell’ oratorio di S. Orsola, che lo fa ten ere per ingegno vasto quanto «altri deli’ eta sua. Son otto istorie tratte dagli atti di quella Santa, e delle XI mila «compagne, che allora comunemente si credevan sinceri. Non manca ivi felicita di «fantasia nell’ immaginare nuove e copiose. composizioni; ne ordine a ben dištribuirle; «ne feconditd d’ idee a variarle di volti e di abiti; ne pratica di architetture, e di «paesaggio bellissimo per farle adorne. Soprattutto domina in quel dipinto una natu- «ralezza, e una espressione che invitava a rivederlo di tanto in tanto lo Zanetil stesso. «Notava allora gli affetti del popolo, che tutto pareva intendere, in tutto fermavasi, «in tutto mostrava sentimenti confopmi alla rappresentanza; onde conchiude il discorso «dicendo, che il Carpaccio avea in cuore la vita.» «Meglio ancora dipinse nella scuola di S. Girolamo, nella quale compete con «Gio. Bellini, e questa volta non ebbe a cedergli. Il suo carattere, che spesso con- «fonderebbesi con quel di Gentile, spicca anco nelle tavole degli altari, ov’ e quasi «originale in ogni composizione. La piu celebre in Venezia e la Purificazione a «S. Giobbe, ove pero il S. vecchio Simeone e in abito pontificale fra due ministri «vestiti da cardinali. Tolto questo errore di costume, e aggiunto piii colore alle čarni, «e piu tenerezza ai contorni, la tavola saria degna di ogni gran pittore. Ma a queste «doti, colpa della prima educazione, non giunse mai,» Lo stesso Lanzi (p. 35) indicando gli accessori che ponevano i pittori al tempo dei Carpacei, come angioletti, troni ricchi e pomposi, architetture a foggia di portico o di tribuna, si adattavano alcune volte al pietrame, e al disegno deli’ altare fingendo una continuazione di esso per entro la tavola; onde la somiglianza del colore, e del gusto inganna 1’occhio. e fa che si dubiti ove termini 1’ esteriore ornamento, e ove cominci la pittura; e nella nota sottoposta dice: «Di tal gusto fu la prospettiva, che «Gio. Bellino pose alla rinomatissima tavola di S. Zaccaria iu Venezia. Neli’ altar «maggiore di Capo d’ Istria un’ ali ra ve ne pose il Carpaccio seniore (Vettore); ed «anche di piu effetto. Nel fondo del quadro siede in trono maestosissimo Nostra Si- «gnora col divino infante ritfo su le ginocchia; e fan loro corona disposti sopra tre «gradi sei de’ piu venerati protettori del luogo, variati egregiamente ne’ vestiti e negli «atti, ed alcuni angioletti, che suonano, e con certa puerile semplicitii guatano insieme «lo spettatore, e lieti pajon chiedere che gioisca con loro. Conduce al trono un co- «lonnato lungo, beninteso, ben degradato, che una volta era unito a un bel colonnato «di pietra, che partivasi dalla tavola, e distendevasi in fuori per la cappella formando «all’ occhio un inganno, ed un quasi incanto di prospettiva, che poi si tolse quando «ne furono rimosse le colonne di pietra per aggrandire la tribuna. 1 vecchi della «citta, che videro il bello spettacolo, a’ forestieri il rammentano con desiderio, ed io «volentieri ne iscrivo prima che obliterata ne sia la memoria.» Nella nota posta all’indicata patria del Carpaccio, «o di Capodistria.» (p. 40) dice: «11 paese e imbevuto di questa persuasione (eioe che il Carpaccio fu di Capodistria), «malgrado le sue soscrizioni, anche ne’ cjuadri dipinti nell’ Istria. Iu quella che citamnio «a pag. 35 e seritto Victor Charpacius venetus pinocit 1510, in altro a S. Francesco «di Pirano — Victor is Charpatii veneli opm 1519. Venelo pure volFessere un Benedetio 418 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA «Carpaccio, forse figliuolo o nipote del precedente, di cui pure in Capodistria e alla «rotonda una incoronazlone di N. Donna con epigrafe Benetto Carpatio venelo pingeva «1537; e presso gli Osservanti il quadro del Nome di Gesu con le stesse parole, ma «con l’anno 1541. La storia veneta non conosce Benedetlo Carpaccio, ancorche ne fosse «degnissimo, perche quantunque nella estremita delle figure conservi orme deli’ antica «secchezza, non cede a molti nel sapor delle tinte, nella evidenza de’ volti, nell’ effetto «del chiaroscuro. Io dubito che questi vivesse fuor della capitale, e percid egli fosse «tenuto istriano; ma la famiglia e certamente veneta e forse oriunda da Murano.» Nel torno sesto, che forma 1’ indice, pagina 34, indica Vittore per veneziano, e dice: «Nel ritratto che fece di se medesimo, ed e presso gli eccellentissimi Giusli- «niani alle Zattere, scrisse per data 1’anno 1522. . . . Benedetlo pur veneto; an- «corche dagli istriani preteso loro come il precedente.» OSSERVAZIONI DELLO STANCOVICH intorno alla patria di VITTORE CARPACCIO 1. Il Vasari dice il Carpaccio, Venelo, il Zanetti, Veneziano, ed il Ridolfi Cittadino Veneziano, e di antica nobilth. Tutti questi autori non portano in prova alcuna dimogtrazione ne documento; e queste semplici asserzioni non sono autorevoli per riportarne credenza. 2. Amhidue i Carpacci si sottoscrissero veneti nelle loro pitture, e quello che veramente impone si e che lo fecero puranco nelle pitture esistenti in Capodistria loro patria. Questa circostanza, che sembra ineccepibile per ritenerli di patria veneti, puo subire pero qualche eccezione: 1. perche veneti potevano dirsi come di nazione e dominio veneto, accostumandosi comunemente chiamare lombardo, romano, napoletano, veneziano, francese, tedesco chiunque nascesse in Lombardia, in Romagna, nel regno di Napoli, nello Stato Veneto, in Francia ed in Germania; 2. potevansi dir veneti perche appartenenti alla veneta scuola pittorica; 3. potevano dirsi veneti perche da giovani passarono in Venezia a quella scuola, colh furono educati, colh furono a lungo domi- ciliati, cola eseguirono i loro lavori piu interessanti, e fors’ anche per un certo amor proprio di acquistare maggiore celebrith ed importanza nella loro professione, vollero chiamarsi veneti da Venezia gran capitale, piuttosto che Istriani o da Capodistria, Tuna piccola provincia, e 1’altra piccola citta. — Ne cio recherii meraviglia, ne cid puo ri- putai’si bizzarria, poiche nell’ opera stessa del Lanzi troviamo piu esempi consimili in altri pittori, come per esempio, Alešu Matteo che da certi e ritenuto romano, e da altri spagnuolo per il suo lungo domicilio in Ispagna; Pomponio Amalteo nelle sue pitture si chiamo Mottoe civis et incola, mentre era di San Vito (Friuli); Lorenzo Lotto in alcune pitture si scrisse pictor venelus, in altre Tervisinus; Diana Manlovana si segnd Diana civis Volaterana, ed era da Mantova; Giusto Padovano era fiorentino, ma per la lunga dimora in Padova fu detto padovano, e con questo nome e conosciuto. — In fine porterd un altro esempio dei due fratelli pittori Trevisani tutti due da Capodistria. Il Lanzi (St. Pit, T. n.) dice: «Fu dallo Zanchi educato in Venezia Francesco Tre- CAPITOLO VI. 419 «visani nato in Trevigi. A differenza di Angelo Trevisani questi e chiamato Romano «dal luogo dove fiori;» ed altrove (T. m. pag. 267): «Due Trevisani vissero ancora «in quei tempi. Francesco che si annovera della scuola romana, e Angelo che «per patria e per domicilio non puo rimoversi dalla veneta;» eppure ne Francesco Trevisani ebbe a patria Treviso, ne Angelo Venezia, essendo ambidue fratelli, figli del medesimo padre, nati in Capodistria, su di che veggasi il rispettivo articolo in quest’ opera. I Trevisani sono di epoca piu recente, e 1’ eruditissimo Lanzi poteva accertarsi della loro patria non solo, ma della loro parentela. Se questo diligente scrittore cadde in errori siffatti non ci rechera meraviglia, eh’ egli ritenesse per Veneti i Carpacci; ma ci sorprendera, grandemente, che dotto coni’ ei fu, abbia potu to dire «la famiglia e certamente veneta, e forse oriunda di Murano,» senza offrirne aleun’ altra prova, che la semplice asserzione, la quale come destituta di fondamento non puo convincere, ne persuadere. 3. In confronto di questi serittori che indicano i Carpacci veneti, e della sot- toserizione di veneti dei Carpacci stessi, la continuata tradizione in Capodistria da secoli, accennata dallo stesso Lanzi, che Capodistria era la patria dei medesimi ( x ) ci deve persuadere con maggiore fondamento di ragione a crederli nati in quella cittd, piuttosto che in Venezia, per la circostanza stessa, che sembra la piu contro- versa, cioe la loro sottoserizione di veneti nelle pitture stesse di Capodistria; mentre non e mai presumibile che i cittadini di Capodistria per costante tradizione ritenes- sero ed indicassero con gloria e compiacenza ai forestieri i Carpacci (come attesta il Lanzi ) per loro concittadini e patrioti, a fronte che avevano ai loro occhi, e pal- marmente leggevano seritto nelle patrie pitture dei Carpacci stessi la sottoserizione di veneti, se realmente non fossero stati di Capodistria. 4. Non e la sola tradizione che puo lusingarci a ritenere i Carpacci da Capo¬ distria, ma vi sono irrefragabili documenti in Capodistria della famiglia Carpaccio, come puo riscontrarsi nell’ albero gentilizio che presento alla fine di questo articolo, tratto dagli archivi di quella cattedrale, e disposto per tre generazioni successive da Vittore padre e Benedelto figlio; successione continuata per secoli sino ai nostri giorni nell’ ultimo superstite Antonio Carpaccio, uomo di lettere, morto in Trieste nel 1817; di cui ho parlato al capitolo iv. n. 259. 5. In detto albero non e indicata la patria dei due pittori Carpacci, perche mancano i registri di quel tempo in quella cattedrale, cominciando appena i mor- tuari nel 1616, e quelli di nascita nel 1552, ed essendo noto che in tutte le parocchie essi mancano, almeno nell’ Istria, perche non usitate regolarmente prima del concilio di Trento, dal qual sinodo furono poscia preseritti. Bentosto pero, e dai primi registri troviamo contezza della famiglia Carpaccio per secoli non interrotta. 6. Che questa famiglia sia quella stessa dei due pittori Vittore e Benedelto noi ci possiamo convincere coli’ esame deli’ albero stesso. Vi ha nell’ Istria, nello Stato Veneto, e fors’ anche altrove un costume inalterabile e costante d’ imporre al pri- mogeuito il nome battesimale deli’ avo, e cosi di generazione in generazione. Pongasi 1’ occhio ali’ albero dei Carpacci, e si vedril Vittore stipite, che ha il figlio Benedelto (’) E curioso che fino ai giorni nostri nessuno ha sognato di dare a patria che non sia 1’ Istria! Vittore Carpaccio altra (E.) 420 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA pittore. Questi ebbe cinque flgli maschi, al primogenito de’ quali pose il nome del- l’avo, celebre pittore: questo Vittore, primogenito del pittore Benedetlo ebbe piu %li; al suo primogenito e secondogenito impose il nome deli’ avo Benedelto pittore; cosi osservisi negli altri quattro flgli del pittore Benedelto, cioe Marcantonio, Ercole, Leandro e Nicolo, che ai loro primogeniti imposero 1’avito nome di Benedetlo; e passando alla terza generazione Vincenzo figlio di Vittore del fu Benedetlo pittore del qu. Vittore pittore in istipite, impose al proprio primogenito il nome deli’avo, e tritavo Vittore, e cosi successivamente nelle seguenti generazioni si videro questi nomi di Vittore e Benedelto; per cui ci possiamo assicurare che questa famiglia di Capodistria appartenga ai due pittori Carpacci. 7. Il nome di Vittore nella famiglia Carpacci ha una ragione maggiore di prova per giudicare Capodistria loro patria, perche la divozione di S. Vittore, ai 31 gennaro, e antichissima in Capodistria che conserva nella cattedrale la reliquia della testa di questo santo rinchiusa in una cassa di argento con cristalli, e si espone solennemente alla pubblica venerazione il giorno 19 febbraro, anniversario della traslazione, con molto concorso di popolo; per la cui devota usanza nelle piu antiche famiglie di ogni condizione si riteneva questo nome, il quale anche al presente non e fuor d’uso; e per la stessa divozione a questo santo šara stato adottato il nome anche nella fa¬ miglia Carpaccio. Del resto nomi di particolare devozione, se li vede adottati in tutti i paesi nei battesimi delle famiglie. — Inoltre un miglio distante da Capodistria, vi ha una contrada estesa, denominata San Vittore, da una chiesa ivi eretta, ora.di- strutta e da piu secoli dedicata a questo santo martire di Alessandria. Dal detto albero apparisce che ai 22 di maggio del 1631 un figlio di Andrea Carpaccio del fu Marcantonio, figlio del pittore Benedelto, mori in S. Vittore; circostanza la quale dimostra che la famiglia Carpaccio nel circondario della contrada S. Vittore aveva allora terreni e časa di abitazione, in cui cesso di vivere il figlio di Andrea; e forse piu ancora che questo nome di Vittore fu adottato dai Carpaccio per il santo titolare della chiesa presso cui erano poste le loro possidenze campestri (’). In confronto delle semplici asserzioni, mancanti di ogni prova, rispetto la patria dei Carpaccio, le suaccennate osservazioni, con migliore ragione preferibili, dimostrano che Capodistria e non Venezia fu la patria dei Carpaccio; ed anzi chi legge potrti giudicare, che la risultanza di esse non e la sola probabilita, ma complessivamente una prova morale, ed un convincimento fondato su cose di fatto per istabilire Ca¬ podistria patria di quei pittori. Aggiungero finalmente che 1’ ortografia di Carpaccio in detti registri si trova variamente scritta, vale a dire Charpatio, Carpathio, Carpalio, Carpaccio, Scarpazio, Scarpaza. (’) Anche sul colle di Oltra, presso Capodistria, havvi una localita che conserva il nome di Scarpazza; ovidente corruzione di Carpaccio. (E.) CAPITOLO VI. 421 GENEALOGIA DEI PITTORI CARPACCIO Charpatio, Carpathio, Carpatio, Carpaccio, Scarpazio, Scarpaza. VITTORE Sue pitture in Capodistria 1516, in Pirano 1519, in Venezia suo ritratto 1522. I BENEDETTO Sue pitture in Capodistria alla Rotonda 1537, ( l ) agli Osservanti 1541. I I VITTORE Marcantonio compare. 1565 m. 1620 in Maria moglie m. 1616 Margherita m. 1616 Ercole I OT 00 m O O o S m § =1 P o H—< o> co I I I G’ B *C I— ^ f g 5 or ® » op DO 5 „ g ^ m g p g' ® m a B m o P ® S P m ^ ■H S i—i h - 1 —| ct> trt 05 O , ~ J CO 05 CO c— {O Jo »- ° to ^ OT GO -G I VITTORE m. 1622 Leandro m. nel 1633 Nicolo m. nel 1630 b CD OT CO -G OT GO to OT 00 -a i— 1 o ' OT g OT 00 ® GO to to 05 ►r' to co co co o< m • ■j •H C5 O i—i h— 1 * 05 05 s oš' 05 00 05 Margherita m. 1619 Figlio morto in S. VITTOR 1631, 22 maggio 05 O? O P 6 O . 5. o* o 05 394. — CARPACCIO Benedetto da Capodistria, (1521), figlio di Vittore, di cui ho parlato nell’ articolo precedente. ( 2 ) 395. — De SOLDATIS Bernardo da Muggia, (1529), professore di Padova e rettore degli artisti nel 1529, VI id. sextil., il cui reggime fu prorogato alFanno seguente. Rifece il libro degli Statuti deli’ Un iver sita e lo fece stampare nel mese di maggio 1531. ( Facciol. Gym. Patav. T. II, p. 206). 396. — MUZIO Antonio giustinopolitano, (1530), figlio di Cristoforo e fratello di Girolamo. Di questo personaggio non si hanno notizie piu di quaute ne somministra il di lui fratello Girolamo nella lettera diretta ad Ottoniello Vida del 1532 (Lett. lib. I. p. 27, Firenze, 1590) . ... et prima era morto Antonio mio fratello, et quanto io perdei (') La chiesa della Rotonda e in oggi chiusa; la pittura di B. Carpaccio e conservata nella sala del Municipio. Altra tavola attribuita a questo figlio o nipote del celebre Vittore, si ammira sull’unico altare della Chiesa di S. Nicolb nella contrada del Porto. Facciamo voti che mutata in una tela di mo¬ derno pennello, la pittura del Carpaccio sia posta al Municipio nella stessa sala dove si conser- vano le altre. (E.) ( 2 ) Benedetto Carpaccio, figlio o nipote di Vittore sarebbe vissuto tra il 1476 e il 1552. (E.) 422 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA in Antonio, tanto in M. Aurelio, possiam dire, di aver perduto tutti. Mio fratello in eta di venticinque anni fatto (come sapete) castellano di Benevento, non contento di quel luogo, tornato a Roma per averne il governo, da invida morte ci fu tollo. 397. — VERZI Cristoforo, giustinopolitano, (1556), fu professore all’Universit& di Padova nel 1536. Dett6 la Sofistica seconda, e nel 1548, 30 novembre, successe a Remigio Meliorato di Salmona nella cattedra di Logica seconda. (Facciolali. Fasti. Gymn. Pal. Pars III, p. 311-312,). Dal Cardinal Bembo (Lettere V. V, p. 238) abbiamo un Cristoforo de’ Verzi flglio di Pietro, il quale in Roma era stalo molto lodato per giovane dotto e da tene ed era molto accetto ai cardinali Santa Croce e Farnese. Il Bembo con lett. dei 22 agosto 1541 raccomanda il di lui padre a suo nipote Matteo Bembo podesta di Capodistria ( l ). E probabile che questo sia il medesimo Verzi, e che dopo essere stato a Roma avesse ottenuta la cattedra in Padova. 398. — Da MUGGIA Pietro Paolo di Muggia, (1537), in questo stesso anno fu professore a Padova di Sofistica seconda, e viene chiamato Petrus Paulus Muglensis. (Facciol. Gym. Patav. T. II, p. 312). 399. — VERGERIO Aurelio, giustinopolitano, (1540), dotto nelle lingue latina, tedesca e francese, fu cavaliere di Francia ed in grande stima presso quel re e la regina Caterina ( 2 ). Manzioli ( 3 ). 400. — GRISONI Annibale, giustinopolitano, (1550), dottore dei Sacri Canoni, fu a Roma per avviarsi nella carriera degl’ impieghi e degli onori, ma dovette abban- donarla, come dice il Muzio nelle Lettere, per la gravezza di quel cielo. In patria fu canonico della cattedrale e nel 1549 commissario per 1’eretica pravita. Egli, com’e noto, spinto da un eccedente zelo di religione e forse di passione, fu il principale persecutore del proprio vescovo, P. P. Vergerio. Quanto ardito e biasimevole fosse il trasporto del canonico Annibale, bastera giudicarlo dal fatto, eh'egli in giorno di tlo- menica alla celebrazione della conventuale, predicando, invei contro il vescovo, ch’era pure in Capodistria, attribuendo a lui i mali tutti e le disgrazie che soffriva il popolo nella sterilita dei raccolti, nella siccith e nella mortalitet degli animali; fatto sedizioso che obbligo la pubblica autorita a reprimere, come fra gli altri, lo riporta anche il Sandi nella Storia civile di Venezia. ( ! ) (’) Matteo Bembo, nipote del cardinale, fu podestk di Capodistria negli anni 1541 e 1542 Kandl. Ind. (E.) ( 2 ) Caterina dei Medici, 1519-1589, figlia di Lorenzo dei Medici, duca d'Urbino e di Maddalena Borbone. Sposo nel 1533 Enrico II re di Francia, figlio di Francesco I. Caterina fu regnante astuta e co- raggiosa, ma vengono addebitati a lei i disordini e le sciagure di quel regno, specialmente la strage di San Bartolomeo. Fu protettrice delle arti; innalzb le Tuilleries e fece continuare il Louvre. S. T. (E.) ( 3 ) Con Aurelio Vergerio chiude lo Stancovich la serie dei soggetti di questa illustre famiglia istriana, la quale ha il vanto di avere dato due ingegni potenti e di farna mondiale in Pietro Paolo Vergerio il Seniore e nel vescovo Pietro Paolo Vergerio il Iuniore. Ma ben altri ne annovera la cronaca municipale, che si distinsero per operosita ed amore di patria; basti tra questi ricordare quel Pietro Vergerio Favonio, le cui benemerenze si leggono nei documenti recati da G. Vatova nella Prov. delPIstr. an. XVIII. e XIX. (E.) ( 4 ) Vedi 1’articolo G. B. Vergerio, vescovo di Pola, al n. 145, pag. 104 della presente edizione. (E.) CAPITOLO VI. 423 401. — DELL’ ARGENTO Bartolomeo di Trieste, (1560), segretario di Ferdinando I., e dichiarato conte palatino deli’ impero da Carlo V. e luogotenente di Trieste sna vita durante. Ireneo. p. 660. 402. — VIDA dottor Ottoniello, (1551), di Capodistria, nacque verso la fine del secolo XV (a) da Giacomo Vida e da Bartolomea Vergerio, ambedue famiglie delle piu illustri di quella citti. Fece i primi suoi studi in patria sotto i pubblici precettori di umane lettere Cristoforo Nuzio, padre del celebre Girolamo Muzio, Metello Metelli e Bernardino Donato. Nel 1520 pass6 alTuniversM di Padova per apprendere la giurisprudenza, dove ottenne la laurea dottorale. Nel 1526 si trova negli archivi pubblici della di lui patria che fu decorato del titolo di excellens legum cloctor. In questo tempo esercitd anche T arte notarile, in cui si iniziavano i nobili giovani a servizio della patria. NelFanno stesso 1526, li 25 febbraio, fu incaricato di una pubblica nunziatura a Venezia con Gio. Maria ed Antonio Zarotti cavaliere, e nel 1527, li 2 agosto, si trasferi pure per 1’argomento dei šali a trattare con quel magistrato; come nel 1533, li 6 gennaro, fu inviato egualmente per impedire il disarmo della pubblica galera di quella citti, comandata dal sopracomito Santo Gavardo, onde evitare il dispendio di armarne una di nuovo. Neli’ anno stesso con ducale 15 febbraio giunse pubblica commissione che due cittadini, i piu atti ed informati in materia de’ confini, fossero spediti a Trento per sostenere le ragioni della provincia dell’Istria intorno al possesso di beni cosi pubblici che privati, per essere col& composte le differenze dal giudizio di tre arbitri in esecuzione delle capitolazioni fatte in Vormazia nel 1527, e della confederazione di Bologna del 1529. Il nostro Vida fu prescelto in unione a Francesco Zarotti, e nell’ incontro stesso fu incaricato di trattare coi ministri austriaci sopra la libertž, delle strade della Carniola impedita dai Triestini, come di cosa molto essenziale in ispecialitž, al commercio de’šali per quella parte. Da lui ebbe principio Tonorevole impiego in Capodistria dei Provveditori ai confini per tutta 1’ Istria, che poscia verso il fine di detto secolo fu anche sostenuto con singolare merito dal giustinopolitano Giuseppe Verona, dottore fiscale (*), impiego che nel 1605 fu fissato con sovrano decreto perpetuamente in due nobili di quel consiglio. — Dietro un ordine pubblico del 1534 che fossero levati da Capodistria uomini da remo per le galere, il Vida, li 5 luglio, fu incaricato di ricorrere perche tale aggravio non fosse addossato alla citt&; e che piuttosto si sarebbe armata la sua galera secondo il solito colTeleggersi il suo sopracomito, per il quale oggetto si trasferi pure in Venezia nel 1538 e nel 1543. — Il convento delle monache di Santa Chiara era unito a quello de’ Minori conventuali sino ali’ anno 1539, manifesto esempio de’ conventi doppi anche in quella cittd; per forti motivi che insorsero, delibero quel consiglio di- far separare i due (a) Queste notizie letteralmente sono tratte dalla lettera Sopra la vita e memorie di Ottoniello Vida del marchese Girolamo Gravisi diretta nel giorno 25 luglio 1769 a M. Lucio Doglioni canonico e decano di Belluno, ed inserta nella Raccolta Ferrarese. Lo scritto s"intitola: Lettera al sig. Lucio Doglioni sopra la vita e memorie di Ottoniello Vida, del marchese Girolamo Gravisi da Capodistria. Fu inserta nella Raccolta ferrarese di opuscoli scien- tifici e letterari di chiari auiori italiani, vol. XXII (1792). — Ferrara, Venezia, 1779-1796. V. Saggio di Bibl. Istr. Biografia, n. 2740. (E.) (>) V. sul Verona quanto si dice nella nota in calce alla biografia di questo distinto capodistriano. (E.) 424 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA con ven ti, come fu eseguito in forza di un concordato fra la detta cittži e quei padci fatto in Venezia dal Vida in unione a Girolamo Zarotti. Eletto il Vida nel 1540 da quel consiglio per far valere il diritto di quella cittži sopra due comunali, col titolo di clefensor comunalium, contro il flscale che di pubblica ragione li sosteneva, si porto in Venezia con pubblica veste, come nell’ anno stesso fu eletto giudice deputato della citta con Pietro Tacco. — Sopra le istanze del vescovo d’allora Pietro Paolo Vergerio deliberb quel consiglio nel 1542 di eleggere tre cittadini, che avessero a scrivere ed a trattare per pubblica commissione coi provinciali, generali, e protettori di quegli ordini regolari ch’erano in quella citth, perchb dovessero di tempo in tempo essere cola spedite persone lelterate, e di vita esemplare, affinche predicando, consigliando, e confessando avessero ad istruire il popolo nella buona dottrina, ed il Vida fu eletto in principalith coi colleghi Raimondo Pola, e Francesco del Bello, facolth devoluta poscia ai sindaei deputati. Nel 1540 fu di nuovo eletto sindaco con Francesco Grisoni dottore, e nel 1548 nunzio per sostenere la liberth del consiglio e del collegio nelle deliberazioni particolarmente in materia di fondaco e comunith, contro gli arbitrii dei pubblici rappresentanti. Neli’ anno stesso portossi vicario a Crema, dove esercitb la sua carica con soddisfazione di quella citth. Torno 1’ anno seguente in patria; da lh fu spedito a Venezia per impetrare il divieto deli’estrazione troppo copiosa delle legna da fuoco dal territorio a pregiudizio della citta; ma ritornato non pensb a trattenersi per le circostanze, che sempre piu facevansi dolo- rose per le vicende del vescovo Vergerio. Lascio pertanto la patria, e si porto nel 1550 vicario a Feltre col podesth Antonio Žane, per godere maggiore tranquillith. — Avendo la citth di Feltre, nel sacco sofferto quaranta anni prima, perduto il libro de’ suoi statuti, delibero di compilarne un nuovo, e fatta la raccolta, il nostro Vida vi fece la prefazione, la quale fu riputata cosi nobile e giudiziosa, che per ordine della cittži fu posta in fronte deli’opera. — Poco dopo pero come che far non potesse opera piu gloriosa (dice il Cambruzi nella Storia di Feltre) lascio di vivere li 2 febbraro 1551 con universale dolore, perche amato e stimato da tutta la cittži. — Non fu ammogliato, ma ebbe una figlia naturale per nome Cornelia, che marito 1’ anno prima con Marco Begovich. — Eredi della sua facolta lascio Giuliano del Bello suo nipote, come appare dal suo testamento rogato in Feltre tre gioimi prima della sua morte. Dopo queste alquanto minute notizie delle magistrature patrie e degl’incarichi sostenuti, passerb a far cenno de’ suoi brevi viaggi, a parlare delFopinione che al suo tempo si ebbe di lui, ed infine ad esporre cio che riguarda la di lui creduta apostasia, sempre colle traccie del nostro pio, dotto, e rispettabile marchese Girolamo Gravisi, servendomi anzi scrupolosamente delle sue stesse espressioni. Il nostro Vida pertanto fece un viaggio a Roma con Pietro Paolo Vergerio, suo stretto congiunto, prima delle sue nunziature; fu a ritrovarlo a Vienna nel tempo della sua legazione alla Corte di Ferdinando, e fece con lui il giro della Germania. avendo anche prima fatti altri viaggi con Gio: Battista Vergerio, vescovo di Pola, fratello di Pietro Paolo. L’ opinione che si ebbe del Vida allora la riscontriamo primieramente nel Muzio, il quale dice nelle Letlere cattoliche che aveva conosciuto il Vida, prima della sua apostasia, per onesio, sincero, devoto, cristiano, e per uomo di letlere. — I Vergeriani dicevano, che se fosse sopravvissuto il Vida, avrebb’ egli data risposta CAPITOLO VI. 425 alle Vergeriane. — II suo concittadino Andrea Divo nella dediča che a lui fece degli Idilli di Teocrito, tradotti dal greco nel 1539, fece di lui questo elogio: «Tanta znest tibi, tum probitas, tum morum elegantia, et suavitas, ut omnes te non possint non summopere et amare, et observare plurimum. Ad lioec vero, quce quidem plurimi facienda sum, accedit etiam singularis gucedam non in jure modo, sed etiam in liumanioribus studiis peritia, ut non injuria, et jurisperitorum eloguentissimus, et eloguentissimorum jurisperitissimus dici possis. — Gio. Battista Goina nelPopuscolo De ingeniis Istrice, dice che ad litteras a natura guasi facti videnlur Istri, e prin- cipiando da Capodistria a celebrare gl’ ingegni della provincia, dopo lodati i tre Vergerii, soggiunge ad quos accedit Ottonellus Vida jurisperitorum eloguentissimus, et eloguentium jurisperitissimus. — Lodovico Vergerio nella sua descrizione del- 1’Istria presso il Munstero dice (Cos. lib. III. cap. 414.): Habet Justinopolis civitas, et semper habuit ingenia gucedam proeclara, et ad litterarum studia et res magna in prim,is apta. .. suni prceterea aliguot celeberrimi jurisconsulti in primis Ottonellus Vida. — II Cambruzi nella sua Storia di Feltre commendando il merito del nostro Vida nell’opera prestata per formare lo statuto di cjuella citth, lo dichiara, per uomo versatissimo nella giurisprudenza, e di vasta erudizione. L’ unica cosa che si abbia del Vida alle stampe, oltre la suaccennata pre- fazione allo statuto di Feltre, e una lunga Lettera inserita nella Raccolta di lettere volgari di diversi uomini ed eccellentissimi ingegni scritte in varie materie, edizione di Venezia d’ Aldo. Con questa nobilissima lettera, ch’ e senza data, ma che si deve credere scritta nel 1539, persuade il suo congiunto vescovo Vergerio di ritornare ali’ abbandonata sua sede. Nessun libro egli diede alle stampe, eppure nell’ indice dei libri proibiti di prima classe h stato incluso il Vida. Come ci b succedesse, e quali circostanze avesse a cid dato luogo c’ istruisce il Gravisi, il quale, come ve- dremo, corregge questo errore. La stretta relazione di parentela e di affetto verso il Vergerio lo metteva in vista de’ suoi aderenti; il suo sapere che particolarmente si celebrava dal Vergerio; la compiacenza dello stesso nell’ averlo tra suoi amici, e la lusinga di averlo anche tra suoi seguaci, del che anche il Vergerio si vanto una volta col Muzio; «ma piu «di tutto perh li due caratteri trasportati del Muzio e di Annibale Grisonio ca- «nonico ed inquisitore, recarono la gran macchia al suo nome. — II Muzio accecato «dall’ ardente suo zelo, sul fondamento perh fallace delle apparenze, non dubith della «di lui apostasia, e per far anche pompa del suo sapere se lo flgurava come eretico «per combatterlo. Il Grisonio scandalezzato anche ed ofFeso per 1’ interesse che 'il «Vida prendeva a salvezza di molti, malamente forse. indiziati per vergeriani, che «come inquisitore dovea volere, supponendoli tali, condannati e distrutti, non si con- «tenne dal dichiararlo un apostata.» — Per qualificare, riflette saggiamente il Gravisi, per eretica una persona non basta ch’ ella si scagli talvolta contro la disciplina ecclesiastica, e contro qualche ahuso, che vide talvolta sorgere nella chiesa. Questa si puh chiamare una libertž, temeraria ed una scandalosa imprudenza, ma non mai un’ eresia. Se anche il Vergerio non avesse avuta altra colpa, che quella di aver censurate le due leggende di S. Giorgio e di S. Cristoforo, per le quali, come fu detto dal cardinale Cervino (Crepin - etat de V Eglise) poi Marcello II, fu escluso dal concilio di Trento, per questa sola non potea essere condannato. Insegno S. Tom- 426 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA maso che pertinacia solum facit haereticum (Disp. n. 3, Art. 1 ad sex). e disse S. Agostino, che quelli che un qualche errore nel domma nulla pertinaci animositate defendunt nequaquam suni inler haereticos deputandi. (Ep. 48 al 162 n. 50). Da nna lettera del Vergerio data in risposta ad una scrittagli in Francia dal Vida nel 1539 (Lett. Volg.) si rileva che il Vida in Lubiana se la preše contro un predicatore, il quale andava spargendo šemi di eresia luterana, del che lo loda il vescovo dicendogli, voi faceste bene a prendervela contro di lui. ■—■ Ritornato il Ver¬ gerio dalla Francia al suo vescovato, comincid a dar ombra di sua credenza, e sin dal 1544, e nel 1545 fu denunziato a Roma come sospetto di eresia, per effetto de’ movimenti datisi da Antonio Elio allora segretario dei brevi presso il pontefice, e gli fu fatto formar processo da monsig. Della Časa, nunzio in Venezia, col mezzo de’ suoi commissari. — Il Vergerio si ritird allora in Mantova presso il cardinale Gonzaga, ch’era suo grande amico, dove stette almeno nove mesi. Ottoniello Vida perd si fermd tranquillo in patria, ed anzi nel 1546 gli fu affidata la carica primaria di sindaco deputato. Nel 1548 trovandosi vicario a Crema, dove erasi trasferito, pro- babilmente per fuggire le inquietudini della patria, ed essendo di ld. passato il Muzio, partito da Milano per portarsi a Capodistria, tenne col Vida discorsi in materia di religione. Disse il Vida obbiettando sul punto della necessita delle buone opere, che gli sembrava che piu spiccasse la gloria del Redentore, credetido di essere giustificati col prezzo della sua sola redenzione, di quello che sostenendo essere necessarie le buone opere unitamente a tal fede. — Potrebbe credersi che il Muzio non avesse avuta sul fatto F abilita di adequatamente sciogliere 1’ obbietto, perche scrivendogli da Milano, con lunga lettera posteriormente lo sciolse; ed allora ne rimase scanda- lezzato, mentre dopo averlo rimproverato di essersi lasciato traviare dal Vergerio dalla fede de’ suoi maggiori, poco vi volle che non andasse sul fatto ad accusarlo ali’ Inquisizione. — Partito il Muzio da Crema, trovd in Venezia il Vergerio, il quale palesd al Muzio sentimenti sospetti, e per appoggio si pregid anche di avere convinto il Vida; per la qual cosa, ritornando il Muzio a Milano, non passd per Crema, come promise, di che rimproverato dal Vida, rispose che non volle vederlo perche eretico, e percio scomunicato. — Vedendo il Vida come sempre piu il Muzio andava pubblicando 1’ apostasia del Vergerio, si querel6 con lui del modo con cui trattava il suo vescovo, dicendogli, che se lo conosceva in errore doveva ammonirlo privatamente colla correzione fraterna comandata dal vangelo, e lasciare di difamarlo colle sanguinose sue lettere, che aveva costume di far girar dappertutto. — Ri- guardo poi a se stesso gli scrisse apertamente il Vida, che non voleva con lui di- scorrere di religione, perche conoscendolo per disputante pericoloso, e perebA temea di essere da lui, senza ragione, trattato da eretico, come il Vergerio, che anzi pre- gavalo che nel produrre alle stampe, come vantavasi di voler fare, le dette lettere, non facesse uscire col suo nome quelle ch’ erano a lui dirette. — S’ avvide il Muzio che il Vida non voleva piu con lui ne scrivere ne parlare, e percio (Ver- geriane) promisegli di tacere, e che se si fosse parlato, mentre, come gli dava lu- singa di*visitarlo a Milano, non avrebbe fatta con lui parola, in materia di religione, per non dargli noja e disgusto. Dali’ inquisitore Grisoni al terminare deli’ anno 1548 fu data mano al secondo processo contro il Vergerio, per timore del quale, ncll’ entrare deli’ anno seguente, CAPITOLO VI. 427 abbandond Ja patria e 1’ Italia. — Neli’ opinione del Grisoni e del Muzio quasi tutti erano eretici in Capodistria (Vergeriane) sotto la bandiera di Vergerio. — II Vida non solamente non fu prešo di mira nella rigorosissima inquisizione, ma bensi si port6 replicatamente in Venezia dinanzi al nunzio, non gih per iscolpare se mede- simo, ma per difendere molte persone colh chiamate come accusate di falsa credenza, sostenendo il Vida colla maggiore liberth, che in Capodistria non vi erano eretici, ne eresie. — II Muzio nel primo di aprile 1548 (Vergeriane) gli aveva scritto come si scusasse di aver pensato sino allora male di lui, attribuendo la cagione principalmente al Vergerio, ma che pero eragli stato assai caro di averlo trovato in Crema piri desideroso d’ intendere il vero, che risoluto di voler difendere alcuna opinione. Qui osserva bene il Gravisi, che nel dir cib, il maestro delle mentite dh una mentita a se stesso per avere trattato il Vida da eretico nel tempo che non lo credea tale. — Avendo di poi saputo il Muzio nel 1550 che il Vida ando in Venezia per difendere i vergeriani, gli scrisse, che allora piu non dubitava delle di lui opinioni; mentre essendosi fatto avvocato di quella turba, era divenuto maestro di quelle dottrine. Il Bernini (Storia deli ’ eresie p. 664) scrisse che «il Vida infett6 anche Crema, «dove fu vicario, e mori miseramente», citando in prova il Muzio nelle CattoliChe, p. 8 e 25. — Quanto il Bernini si sia ingannato, basterh fare 1’ osservazione che il Vida non mori a Crema, ma a Feltre; e che il Muzio, da lui citato, mai disse di cid cosa alcuna; mentre e falso aver egli infettate Crema ed altre citth, poiche il Muzio stesso (Vergeriane p. 85j confessa di lui tutto il contrario, dicendo nella sua lettera: «Voi non avete, ch’io sappia, seminata per li campi di- Cristo la zizania come ha «fatto il Vergerio ». In un indice di eretici e di abiurati, che ritrovavasi nell’ officio deli’ Inquisi- zione di Capodistria, si legge registrato nel 1602 dali' inquisitor Castellani «Ottoniello « Vida eretico della prima classe notato nell’Indice«. — Questa testimonianza, mezzo secolo posteriore al Vida, non ha altro fondamento che quello deli’ Indice, nel quale appunto il Vida viene indicato tra gli autori proibiti di prima classe. Il primo Indice di libri proibiti fatto formare da Paolo IV, usci in Venezia nel 1548, mentr’era nunzio monsignor Della Časa. Varie edizioni poi se ne fecero con varie aggiunte, cioe in Firenze nel 1552, altra in Milano nel 1554, altra nel- 1’anno stesso in Venezia, e flnalmente 1’ ultima in Roma nel 1559. Nella seconda sessione del concilio di Trento, da Pio IV, allora pontefice, fu proposta ali’ esame la materia deli 'Indice, e Daniele Barbaro coadiutore di Aquileja (Pallav. Štor. del concil.) opino che il detto Indice di Paolo IV aveva bisogno di una nuova correzione, nel quale parere convennero pure tutti quei padri, benche fossero diverse le opinioni sulla correzione, sui modi, e sulla compilazione di un Indice nuovo. — Un nuovo Indice fatto dal concilio venne alla luce nel 1564, e nella prefazione di Francesco Faverio deli’Ordine de’Predicatori, fatta per ordine del concilio medesimo, si rileva che fu stabilito di servirsi per norma deli’ esemplare poco prima stampato in Roma; cioe di quell'o del 1559: Paucis tantam demptis atque etiam additis ; sicchž, tolta qualche piccola alterazione, puo dirsi che tutti gli Indici posteriori, riguardo ai libri proibiti sino al 1559, siano una copia di quello stampato in Roma nell’ anno stesso. Il Gravisi dh-e di non essergli noto, se in alcuno degl’ Indici sino al detto anno e nell’anno posteriore del concilio, sia stato incluso Ottoniello Vida tra gli 30 428 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA autori proibiti di prima classe. E pero probabile, dic’ egli, che per essere il Vida mancato di vita nel 1551 sia stato anteriormente incluso nell’ Indice del concilio. Dunque ii suo nome sarebbesi ritrovato in un Indice, che per confessione del concilio abbisognava molto di essere corretto. Ed infatti il Vergerio avendo preše per mano le cinque edizioni, vi scoperse, almeno nelle prime, come ha notato Apostolo Ženo, (Annolazioni ali’ eloq. Ital. T. II, p. \Q) molti errori di fatto, o nel nome degli autori dannati, o nel titolo dei libri proibiti. Se poi il Vida fu inchiuso nell’ Indice del concilio, qual ragione sard stata di farlo? «In un Indice di libri proibiti di prima classe come potea porsi Otloniello « Vida, che non era un libro, ma un uomo, e che certamente non fu autore di libro «alcuno?» — Non vi fu adunque altra ragione di averlo pošto, se non quella di essere state prodotte alla luce le Vergeriane. In queste il Vida e trattato aperta- mente da eretico, ed uscirono col privilegio anche di Giulio III, (Venezia presso il Giolito, 1550). E adunque molto probabile che monsig. Antonio Elio, concittadino del Muzio, o allora che trovavasi in Roma, o nel tempo che quale patriarca di Gerusalemme intervenne al concilio, primo tra veseovi, abbia avuto mano nella for- mazione del nuovo Indice, e sul fondamento di queste lettere, e forse anche per gli stimoli del Muzio di cui era amicissimo, e con cui tenne carteggio continuato per tutto il tempo che fu al concilio, ve 1' abbia fatto inserire. Cosi il Gravisi nel- 1’ indicata dissertazione. Rechiamo qui la seguente lettera di Lucio Doglioni, Giudice al maleficio datata Rovigo 12 agosto 1769, e indirizzata al march. Girolamo Gravisi in Capodistria perche ci dk ancora qnalche notizia deli’ illustre istriano Ottoniello Vida. (L’ autografo della stessa e tra gli scritti Grav. R.). L’ ardire, che ho avuto di pregare il Sig. March. Anteo, gentilissimo figlio suo, accio mi procurasse qualche notizia di Ottoniello Vida, e stato molto fortunato per me, avendomi prodotto 1’onore della diligente e dotta informazione con cui ella si e degnata di favorirmi. A questa mia ricerca ha dato occasione un pensiero, che da qualche tempo ho adottato di voler illustrare la memoria di coloro, che esercitando 1’ uffizio di Assessori si sono resi pregevoli o pei loro scritti, o per qualche altra ragione; cosa da niuno sinora fatta mai. Avendo pero riscontrato con quanta lode il Cambruzi nella St. lus. di Feltre parla del Vida, ho pensato di dovergli dar luogo; massimamente, che in certe mie schede scritte sino da’ miei primi anni ritrovai di aver notato: Othonellus Vida praestantissimus Iurisconsultus, quem Petrus Paulus Vergerius a Catholica Religione abduxit, senza piu ricordarmi donde io abbia raccolta questa notizia. Io sospetto per altro di averla preša dalla Štor. Ms. del Piloni; il quale forse di lui parlerh, essendo il Vida stato Vicario anche in Belluno col podestž, Alvise Cornaro; e comincid il di lui Reggimento a’ 6 di Novembre 1544 e termino a’ 14 di Maržo del 1546 come da’ Registri di Atti Notarili di quel tempo raccolgo. Si accrebbe la mia curiositd nell’ aver veduto registrato il nome di lui fra gli autori proibiti in prima classe, e mi diedi a supporre, che qualche opera in materia di Religione avesse egli scritto. Ma siccome era sicuro ch’ egli mori nella comunione cattolica, andava meco stesso fantasticando, che avesse egli prima apostatato, e che poscia pentito fosse ritornato in grembo della vera Chiesa. Ora mi vedo tratto d’ogni CAPITOLO VI. 429 dubbio dalla dottissima lettera sua, nella quale con si belle ragioni, con sode riflessioni e 'con fortissimi argomenti libera e pnrga dalla taccia di apostasia ingiustamente al Yida addossata la di lui memoria. Non pub certamente, come dottamente ella con- sidera, aver dato motivo che si ponesse il nome di lui fra gli scrittori proibiti in prima classe se non se lo schiamazzo fatto dal Muzio con troppo fervido ed inconsi- derato zelo contro di un uomo, dalla cui retta credenza abbiamo cosi ottimi indizii eziandio per la lettera da lui scritta al Vergerio. Non so poi come possa scusarsi la poca avvertenza di chi ha compilato 1’ Indice, e in esso vi ha insšrito il nome del Vida, senza che abbiasi di lui opera alcuna. Ma a che sto io facendo riflessi, quando ella con tanta accuratezza e finezza di giudizio ha giž, difeso da si falsa nota 1’illustre suo concittadino? Ammiratore pertanto del sommo valor suo, che giž, per altre cose mi era noto, fra le quali merita rnolta lode 1’erudita sua spiegazione sopra il passo di Strabone riguardante il commercio degli Aquileiesi, mi restringerb a renderle i piu divoti ringraziamenti per 1’ onore fattomi di parteciparmi la dotta sua produzione; e pregandola a donarmi il mezzo di potere coll’obbedienza a'pregiatissimi suoi comandi assicurarla della mia riconoscenza, passo a protestarmi con vera stima e rispetto Rovigo a’ 12 Agosto 1769 Devotissimo Lucio Doglioni (E.) 403. — Da R0VIGN0 padre Evangelista, di Rovigno, (1533), ex-provinciale della Dalmazia nel cinquantesimo sesto capitolo generale fu eletto definitore generale del suo ordine nel 1553. Fr. Aug. da Napoli Chronol. Seraph. Ord. Min. T. I. Neap. 1650. 404. — VERONA Giuseppe, giustinopolitano, (1554), uno dei piu dotti cittadini della sua patria. Fu provveditore ai confini, ed intervenne per la Repubblica di Ve- nezia al congresso di Trento, ove coi commissarii imperiali trattb gli affari destinati a discutersi, e s’ adopro utilmente negli interessi del principato. Al Verona nel 1550 l’apostata vescovo Vergerio ha diretto il sesto de’suoi Trattatelli stampati. (Carli Op. T. XV, p. 153; ('). 405. — De GRIGNANO Antonio, di Grisignana, (1564), deli’ordine francescano de’ Minori Conventuali. Suppongo sia stato da Grisignana; pero chiamandosi Grignano, potrebb’ essere piuttosto da Grignano, piccolo villaggio nel territorio di Trieste. Egli fu professore di Padova nella seconda scuola di inetafisica in via Scotti, nelPanno 1564. (Facc. Gijm. Pat. T. II, p. 263;. Intervenne al concilio di Trento come teologo, e colla carica di Regens S. Antonii de Patavio, circostanze che dimostrano la di lui ripu- tazione e dottrina. 406. — MAURUZ0 Giovanni da Capodistria, (1575), viene dal Manzioli ascritto fra i clarissimi in leltere di humanita. Apostoio Ženo (Lettere 887, p. 112, T. IV) dal contesto di due lettere tratte dal codice inedito di Lettere di Girolamo Muzio, che (*) (*) Si leggono notizie del capodistriano Dottor Giuseppe Verona nelle Digressioni di G. Vatova pubblicate nella Provincia, a. XIX. I Trattatelli del Vergerio furono stampati nel 1550 forse in Basilea dove si trovava 1’autore; e sono diretti a far conoscere le persecuzioni alle quali chi sostiene la vera dottrina apostolica e sottoposto, e a giustificazione del Vergerio per essersi rifugiato in Germania. (E.) 430 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA conservasi in Firenze nella libreria de’ signori marchesi Riccardi, rileva che Mauruzo fu nipote del Muzio, e che fu letterato e studiošo. La prima di queste lettere, che nel 1575 scrisse Girolamo al nipote Mauruzo, versa sopra alcune opposizioni fatte in Capo- al suo poema deli’ Egida, che poco prima avea trasmesso, scritto a mano, al detto Mauruzo. La seconda contiene alcuni argomenti di religione sopra un figlio, che gli nacque poco dopo il di lui matrimonio contratto in grado di parentela. 407. — B0N0M0 Giov. Battista di Trieste, (1575), priore e professore ali’ Uni- versitž. di Bologna nell’ anno 1575, come leggesi nella qui inserta epigrafe esposta in quel pubblico Ateneo: Hanc variis classem fecit decoratum figuris Comuni studio tota caterva scholae. Urbis, et altiloque celebratur nomen in orbe Crescat, et assidue gloria, farna deus. Annuerunt loanni Bonomo tergestino priore dignissimo Anno M.D.LXXV. 408. — ZAROTTI Leandro padre, 409. — ZAROTTf Ottaviano figlio, giustinopolitani, (1580), ci vengono additati dal Manzioli, il padre celebratissimo medico, considerato al suo tempo tra i primi nella sua professione colla quale acquisto nome illustre e ricchezze; il figlio Ottaviano per essere stato dotto nelle Lettere e particolarmente nella poesia. Riportiamo qui 1’ epigrafe gi& esistita nell’ ex chiesa della Madonna de’ Servi in Capodistria, oggi magazzino di proprietž. del signor Giovanni Martissa Carbonajo la quale fu copiata anche dal prof. G. Vatova e publicata nelle sue p. c. Digressioni (Prov. deli’ Istr. XX, 1). E dedicata, come si legge, da Alessandro Zarotti, avvocato di molta aspettazione in Venezia, alla memoria di suo nonno Leandro e del padre suo Ottaviano, tre pronipoti del sopracomito Antonio Zarotti (Tomm. Comment. — Stanc, n. 295 e nota 2). La lapide, secondo il Naldini (Corogr. di Capod.), copriva forse il cadavere di Leandro che riposava in quella chiesa nel recinto della cappella mag- giore. Ora e levata dal sito in cui trovavasi e fu regalata alla civica Commissione archeologica (G. Vatova p. c. Digr.). D . O . M LEANDER ZAROTTVS PHILOSOPHLE E IVEDICINZE PERITIA CLARISS SED MORVM GR A VIT AE. ET VITZEINOCENTIA CLARIOR CVM mETIIS PELLENDIS MORRIS PRINCIPEM LOCVM SEMPER OBTINVISSET AD PATRfAM QVAM MORTALIS RELIQVERAT POST MORTEM IMMORTALIS DELATVS C^LESTIS PATRIH DIEM HIC SITVS EXPECTAT VIX: AN: PLATONICOS r OBIIT XIV KAL: SEPTEMBR MDXCVI ALEX E ZAROTTVS -P C AVO ET OCTAVIANO PATRI OMNI VIRTVTVM GENERE ORNATISS . P: (E.) CAPITOLO VI. 431 410. — UBALDINI Giovanni Paolo da Muggia, (1588),(') professore e rettore degli artisti nelFUniversita di Padova. Nel 1588 prid. non. sextil. fece stampare il libro degli statuti, che quattro anni prima era stato riformato e confermato con lettere ducali del senato. La di lui saggezza e prudenza furono ammirate nella circostanza in cui gli sco- lari alemanni che in gran numero concoiTevano all’Universita di Padova, specialmente per lo studio delPanatomia, abbandonarono alPimprovviso il teatro anatomico, perchž il professore Fabrizio, spiegando i muscoli della lingua, pose in canzone il loro modo di parlare. Irritati i giovani alemanni, lo minacciarono, facendo una dimostrazione; ma interpostasi 1’ autoritA del nostro rettore Ubaldini, dolcemente trattando con essi e con parole persuasive, seppe ridurli alla quiete. (Facciolali, Fasli Gym. Pat. T. II, p. 2\S). 411. — ZAR0TT1 Zarotto giustinopolitano, (1590), lo indica il Manzioli, p. 95, medico del cardinale Radzivil in Polonia, e di virtu singolare nell’ esercizio della professione ( 2 ). 412. — NEGRI Gio. Antonio di Albona, (1592), cavaliere e conte palatino. Ac- coppio con successo l’eloquenza e la poetica ad una perfetta cognizione delle lingue volgari e del Lazio; seppe unire le piu lodevoli qualita di mente e di cuore, per le quali divenne I’ ammirazione e la delizia de’ suoi concittadini da essere salutato padre della pairia, come lo attesta questa epigrafe a caratteri d’oro posta nel coro della collegiata di Albona: (*) Gli Ubaldini provennero da Firenze, dalla quale citth esularono nelle lnnghe lotte di Guelfi e Ghibellini, di Bianchi e di Neri. V. Prov. delFIstr., XV, 1881, 20. Famiglie Ubaldini esistono anche oggi a Muggia. • (E.) ( 2 ) Di Leandro Zarotto ci da interessanti partioolari G. Vatova (Digr. Prov. deli’ Istr. XXI, 3, 4, 6, 7) dat quali sappiamo esser egli nato a Capodistria nel 1515 e morto a Venezia ai 19 agosto 1596. — Agostino Carli nelle Curiosites de Capodistria (Mans. ined.) dice che «Des trois Zarotti (il terzo e Zarotto nominato nel n. 411) professeurs on droit de medecine dans 1’universite de Padoue je n’ai vu q’ un groš 4° imprime chez mon camerade le M.is Elio Gravisi. C’ est une ouvrage de medecine du Prof. Leandre. I’ ignore s’ il y a d’ autres ouvrages des ces Zarotti, dont je ne plus dans ce moment donnes aucune autre notion, n’ ayant par iei le recueil des notes que m’ a envoye dans une lettre le P. Pellegrini.» — Dunque intorno allo stesso tempo, a detta dello Stancovich, sarebbero stati tre medici capodistriani nella famiglia Zarotti: Leandro, Otlaviano, e Zarotto , ma lo Stancovich ommise di ricordare un quarto forse il piu merilevole di ricordo: Cesare Zarotti (1610-1670), nato a Capodistria. Egli accoppio il genio delle lettere alle mediehe cognizioni, nella pratica delle quali aequistb a Venezia molto grido. Le opere da lui lasciate sono: De angelorum pugna (lavoro poetico), — M. Valerii Martialis epigram- maturn ecc. opera piena di curiose ricerche sullo stato della medicina in Roma ai tempi diMarziale; — Centuria sacrorum epigrammalum. Parlano di Cesare Zarotti la Biografia universale antica e moderna, Venezia, G. B. Missaglia, 1831, la Biblioteca volante del Cinelli, Roma, 1689. Ma quelli che veramente ripararono alFomissione dello Stancovich furono Carlo Combi nel I. anno della Porta Orientale sotto il titolo Brevi notizie biografiche e Giacomo Babuder nello Studio critico sopra alcuni poemi epici con ispeciale riguardo alla Pugna angelorum , poemetto in tre canti di Cesare Zarotti, medico e letterato ca- podistriano del secolo decimosettimo; negli Atti del Ginnasio superiore di Capodistria, an. scol. 1872-73. Capodistria tip. di G. Tondelli, 1873. Si potrebbe perb ritenere che Cesare Zarotti fosse figlio di Leandro, additato dallo Stancovich in quell’Ottaviano, detto da lui dotto nelle lettere e particolarmente nella poesia. Era assai usitato, (lo dice pure lo Stancovich in piu luoghi di questa sua opera), a que’ tempi di appel- larsi con nomi romani e Ottaviano potrebb’essere stato il secondo nome di Cesare, forse battezzato con quelli di Cesare Ottaviano; tanto piu che questo Zarotti visse tra il 1580 e il 1660, nello stesso tempo del Manzioli, il quale dh un cenno della sua vita. E questa una semplice ipotesi che poniamo qui, valga quanto pub valere. A piu diligenti indagatori l’ardua sentenza. (E.) 432 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA D. O. M. IO. ANTONIO . DE . NIGRIS . COM. EQ. PAL. BONAR. ARTIVM ET . LATINAE . ATQVE . TVSCAE . LINGVAE ADMIRABILEM . ORATORIAE ET . POETICAE . FACVLTATIS . LAVDEM . ADEPTO OMNIVM VIRTVTVM . ORNATIS . INSIGNITO . CIVIBVS . SVIS . ET PRIVATIM . ET . PVBLICAE . ADEO . CARO VT . ALBONAE . AB . OMNIBVS PATER . PATRIAE . MERITO . DICERETVR . NEC . NON AGNETI . MVDATIAE . PATRIT. VEN. IPSIVS . VXORI DILECTAE . MVLIERI . OPT . OMNIVMOVE VIRTVTVM . SPLEND. ORNATAE MELCHIOR . TRAQVILLVS . I. V. D. ET . HORATIVS FRATRES . PARENTIBVS OPT. ET . AMANT. P.P. VIXERVNT . AMBO . VT . IN . AMORE . SIC . IN AETATE . PARES . ANNOS . XLVIII OBUT . PRIMVS . ANNO . SALVTIS . MDXCII VII . KAL. MAR. ALTERA . VERO . ANNO . SALVTIS . MDXC VII . KAL. OCT. 413. — DA ROVIGNO padre Simeone di Rovigno, (1593), provinciale della Dal- mazia, nel sessantesimo secondo capitolo generale celebrato nell’ anno 1593 fu eletto Definitore generale deH’ordine serafico dei Minori; e nello stesso capitolo lettore di Teologia morale nel convento di Žara il padre Giacomo da Rovigno. Fr. Angel, da Nap. Chronol. Seraph. Ord. Min. (*) 414. — FINI dottore Antonio del fu Valerio da Capodistria, (1595), che sia stato personaggio di merito, ce lo indica la seguente dueale di Marino Grimani colla quale lo si fregia del titolo di Aeques: Marinus Grimano dei gratia dux venetiarum etc. Ad perpetuam rei memoriam. ita nobis probata extitit virtus, morumque inte- gritas domini Antonii Fino doctoris nobilis justinopolitani filii quondam dom. Valerii, ut ad ornamenta, quae illi generis nobilitas affert, nostram quoque comprobationem, ac testimonium virtutis illius voluerimus. Quamobrem debitis illum honoribus, ac titulis honestare volentes, eumdem dominum Antonium Aeguestri dignitate per manus nostras decoravimus atque ornavimus rite et recte servatis solemnitatibus consuetis, avinto illi ense de more, calcaribus aureis zonaque, cum privilegio, ut in posterum pro dignitate aequestris ordinis, ac pro virtutum illius splendore dominus Antonius Fino doctor, aeques ornatus ah omnibus appelletur, ab ornnibusque pro aequitate ornatissimo habeatur, liceatque ei vestes auratas, ensem, zonam, calcaria inaurata, caeteraque insignia militaria perpetuo deferre, atque gestare, ac denique fruatur quocumque honore, dignitate, praeminentia, jurisdictione, libertate, et privilegiis ad veram militiam, et aequestrem dignitatem pertinentibus; In quorum omnium fidem, ( J ) Un altro distinto istriano fu quindi il padre Giaeomo da Rovigno lettore di Teologia morale. (E.) CAPITOLO VI. 433 testimonium, ac robur, has nostras patentes fleri jussimus, et bulla nostra argentea p en de n te muniri. Dat. in N. Duc. pal. die 5 Augusti Ind. 8 — 1595. 415. — ZAROTTI monsignor Antonio di Capodistria, (1600), fu in Roma auditore del cardinale di Radzivil e mori in quella metropoli. Manzioli, 96. ( l ) 416. — CORADUCCI Rodolfo di Trieste, (1602), segretario imperiale, gia vicecan- celliere, consumato nelle ambascerie di principi, di re, di pontefici. Manzioli, p. 26. 417. — BASEGGIO Lauro di Trieste, (1603), dottore in legge, fu auditore a Genova. Personaggio ammirato per distinta virtu e per esemplare bonta. Visse in- torno il 1600. Manzioli, 26. 418. — ROBBA Nicolo da Muggia, (1609), medico e consigliere deli’ arciduca cFAustria. Visse intorno al 1609. Manzioli, p. 29. ( 2 ) 419. — GRAVISI Giovanni Nicolo di Capodistria, (1610), dice il Manzioli p. 86, che fioriva al suo tempo, era versato nelle lettere, ed era cavaliere della Repubblica di Venezia e del re di Francia. 420. — GRAVISI Lugrezio giustinopolitano, (1611), si dedicb al servizio del re di Polonia ov’era in estimazione, e dal quale fu creato cavaliere. Manzioli. ( 3 ) 421. — SECONDIS Giovanni da Muggia, (1612), riputatissimo medico in Lubiana. Manzioli. 422. — SCALCO Giovanni da Muggia, (1614?), fu piu volte vicario di Pavia, ed in altre citta della Lombardia, nonche rettore in Milano. Manzioli. 423. — ETTOREO Cristoforo da Isola, (1615), viene detto dal Manzioli, cancel- liere celeberrimo ( 4 ). 424. — NEGRI Orazio da Albona, (1628), nipote di Gio: Rasistenominatopiu innanzi, servi lungo tempo la Repubblica Veneta in qualit& di sovraintendente ai conflni di Albona (') Questo Zarotti, di nome Antonio, fu dottore in ambe le leggi, e vicario a Capodistria. Mori di un colpo apopletico a 30 anni il 13 novembre 1586, appena giunto a Roma, chiamatovi dal cardinale Radzivil ad essere suo auditore. Zarotto Zarotti, che si trovava pure in Roma, e fu medico dello stesso cardinale, gli chiuse gli occhi e lo ricordb poi in una lapide che diffusamente ci doscrive, riportandone un frammento G. Vatova nelle Digressioni (Prov. delTIst. XX, 24). - Possiamo qui accennare ancora, ripetendo il snll. Vatova, altri Zarotti: Francesco e Giovanni Paolo, 1’ uno sindaco di Capodistria, essendo podestk Gi- rolamo Cicogna, (1548-1550); l’altro giudice della stessa cittk ncl 1555 e nel 1574, provvcditore alla Sanita ecc.; e Paolo Bmilio e Giaeomo ecc. tutti riputati cittadini, che čopersero impieghi onorevoli. (E.) ( 2 ) Secondo il Favento nella nota al poema Istria del Rapicio (At. Gin. sup. di Capod. 1869-70) al tempo di questo celebre vescovo sarebbe stato un altro medico Robba di nome Antonio, ed avrebbe esercitato la professione intorno al 1563 in Trieste, e poi in Graz quale medico dei Signori nobili della Stiria. (E.) ( 3 ) Probabilmente questo Lugrezio Gravisi e lo stesso nominato al n. 318, cbe fu cavaliere di Si- gismondo III re di Polonia, come c’ istruisce il diploma originale conservato presso la fam. Gravisi Barb. di Capodistria. Un fratello di Lugrezio, Francesco, trucidato dagli Uscocchi nel 1613, fu pure in Polonia, ma nessun documento ci resta per rilevare se fosse stato fatto cavaliere da quel re. (E.) ( 4 ) Un Tomaso Ettoreo nativo da Isola, morto in Verona nel 1665 in carica di cancelliere pretoreo sark scambiato dallo Stancovich per Cristoforo, a meno che al tempo del Manzioli (1584? - 1650?) non vi fossero due cancellieri; Cristoforo e Tomaso. Questo Tomaso dispose della sua facoltk in Isola ed in Monfalcone a favore dei Contesini, che aggiunsero al loro cognome quello di Ettoreo. V. Memorie della fam. Contesini - Ettoreo ecc. edite da mons. Giovanni Zamarin, tip. Appol. 1887. (E.) 434 BIOGRAFIA DEGLT UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA e Fianona nelle perigliose circostanze di Sanita. Somministro soccorsi alle milizie re- golari nella custodia delle linee sanitarie, espose la vita in piu occasioni contro i confinanti alla testa delle stesse milizie, sostenendole col proprio valore ed esempio, per i quali meriti fu dal Senato Yeneto dichiarato sovraintendente generale ai confini di tutta la provincia deli’Istria, creato nel 1618 cavaliere di S. Marco e decorato di ricca collana d’ oro. Nel 1647 Gio: B altista Negri, flglio di Orazio, in riflesso ai meriti del padre fu pure creato cavaliere. Giorgini — Mm. St. 425. — NEGRI Gio: Domenico di Albona, (1619), nipote in terzo grado di Gio: Battista, sulle traccie dei suoi maggiori milito venturiero nella guerra marittima della Repubblica Veneta contro gli Ottomani nell’Jonio e nelFEgeo. Passo poscia in Ispagna in qualita di nobile venturiero sulla grande nave Alessandro. Fu alla ricupera della citta di Messina ribellatasi alla Francia, ove diede prove non dubbie di valore. Ritornato in patria, gli fu affidata la sovraintendenza di tutto il confine deli’ Istria nei maggiori sospetti colle provincie confinanti. Giorgini. 426. — BRUTTI Barnaba di Giaeomo da Capodistria, (1619), in questo stesso anno fu creato cavaliere di San Marco, come da ducale del doge Antonio Priuli del 19 agosto, in benemerenza di avere servito con fedelta e lode nella carica di dragomanno a Co- stantinopoli ed in altri pubblici uffizi, rammentandosene i meriti della famiglia che in ogni tempo diede sostanze e vita pel pubblico servizio. Race. I). S. di Capod. ( l ). 427. — • B0N0M0 Nicolo da Trieste, (1620), consigliere intimo dei serenissimi ar- ciduchi Carlo ed Ernesto, e deli’ imperatore Ferdinando II, distinto per talenti e valore, promosso a vicedomino della provincia del Cragno. Ireneo ( 2 ). 428. — Dell’ARGENTO Germanico, triestino, (1623), poeta famigliare deli’impe¬ ratore Ferdinando II. Ireneo. 429. — CAPOANO Marcello, da Trieste, (1624), dottore in ambe le leggi, vicario nel civile e giudice dei Malefici nel criminale. Neli’ anno 1545, fu premiato dal- 1’imperatore Massimiliano II, colla carica di luogotenente cesareo, e vicecapitano di Trieste, e poscia governatore del contado di Pisino. Da Ferdinando II, con diploma 20 maržo 1624, fu destinato a segretario di ambasciata del conte Raimondo Della Torre a Roma, e poscia del principe Ulderico duca di Cronau ed Ecchemberg a Napoli, di- chiarando esso Marcello e suoi discendenti in perpetuo cavalieri nobili. Ireneo ( 3 ). 430. — NEGRI Tranquillo di Albona, (1637), dottore in ambe le leggi, con bolla 18 luglio 1629 del pontefice Urbano VIII fu creato cavaliere aurato, e con diploma F) Vedi anche EfFemeridi istriane e triestine doll’ab. A. Marsich nell’ Almanacco istriano di A. Madonizza, 1864. (E.) ( 2 ) Alla stessa famiglia appartenne Andrea Bonomo, vissuto tra la meta del sec. XVIII e il prin- eipio del XIX; fu buon archeologo ed appassionato illustratore di monete, specie di Trieste. Lascid vari opuseoli, tra cui una dissertazione divisa in quattro capitoli sulle Monete dei vescovi di Trieste. Nella raccolta voluminosa contenente i Manoscritti monetari di Guido Antonio Zanetti di Bologna, con- servata nella Biblioteca nazionale di Brera, vi sono i disegni delle monete di Trieste inviati da Andrea Bonomo. V. Prov. delTIstr. a IX, 1875, n, 16. (E.) ( 3 ) Della famiglia Capoano vi saranno stati piu Mareelli; perche se il nominato dallo Staneovich avea gik nel 1545 la carica di luogotenente, poniamo nelT-eta di 30 anni, sarebbe stato segretario di ambasciata nelTeta di 109 anni. (E.) CAPITOLO VI. 435 del Senato e Popolo Romano datato in Campidoglio 1 ottobre deli’ anno stesso, a pieni voti ed a viva voce, fu acclamato cittadino, nobile, e patrizio romano. Quindi con lettera del re di Francia Luigi XIII segnata a Fontainebleau 7 giugno 1636 fu nominato cavaliere deli’ordine di S. Michele, e ne ricevette formalmente le insegne in Venezia addi 24 maggio 1637 dal sig. Coignet de la Tevalierc ambasciatore di Francia. Diplomi esistenti nella famiglia Negri di Albona. 431. — Dell’ARGENTO barone Pietro da Trieste, (1655), figlio di Giacomo, clie fu poi vescovo di Pedena, sostenne il carico di consigliere a Graz, di capitano a Fiume, e venne decorato del titolo di Libero barone del Sacro Romano Impero per i suoi distinti meriti, e pei servigi prestati ali’imperatore Ferdinando III, Ireneo, p. 660. 432. — PETTAZZI conte Nicolo, triestino, (1659), cavaliere gradito ali’ imperatore Leopoldo /, clie lo ascrisse fra i suoi ciambellani, promosso nel 1659 alla carica di capitano cesareo in Trieste, e nel 1664, in cui cesso di vivere, destinato a supremo capitano della Contea di Gorizia. 'Vari illustri personaggi furono di questa časa, fra quali il conte Benvenuto gran cavallerizzo, ciambellano deli’ imperatore Leopoldo. Ireneo. 433. — MARENZI Giovanni Paolo di Trieste, (1660), nel 1636 cavaliere di Malta, e 434. — MARENZI Cesare, cavaliere di Malta nel 1660, e 435. — MARENZI Lodovico, per le sue qualita, pei meriti e servitii prestate, con diploma deli’ imperatore Ferdinando III, datato da Praga 1654 15 settembre, viene dichiarato Libero barone del Sacro Romano Impero in perpetuo co’ suoi di- scendenti legittimi, e colla singolare facolta di crear «nobili, giudici ordinari, dottori «di legge, medicina, teologia/ filosofia, et ogni altra lecita facolt, fu traslocato in apposito sepolcro dietro 1’ altare di S. Eufemia, ornato della qui annessa epigrafe, ed onorato dal Lettore ex-provinciale p. Giuseppe Giusto Tamburini di eloquente orazione funebre: CINERES TO. FRANCISCI • COSTANTINI SAC. THEOL. DOCT. CONSVMATAE • SANOT1MONIAE • VIRI QVI5M • SACERDOTVM • DECVS BONORVM • EXEMPLVM PAVPERVM • PRAESIDIVM TOTA • CIVITAS • PIE • LVXIT PVBLICA • AVCTORITATE EX • LOCO • INOPPORTVNO . HVC . TRANSLATOS 10. COSTANTINVS • FR. CONSANGVINEVS IN • SEPVLCRO ■ RECENS • EXTRVCTO REPOSUIT ANNO . R. S. CIDIOCCLXXXII XVII • CAL. IAN. 457. — COSTANTINI dott. Oliviero da Rovigno, (1784). Il nome di questo sacer- dote e degno di essere tramandato alla memoria dei posteri per la sua pietA e bene- ficenza, avendo istituito e dotato in patria un ospitale pei poveri. Egli era zio di Francesco in precedenza accennato, e la memoria del dott. Oliviero e ricordata a Rovigno oggigiorno cola simpatia. Passo tra gli estinti nel 1784 e fu sepolto dietro 1’altare di S. Eufemia in apposito sepolcro, fregiato di onorevole epigrafe. 458. — BIANCINI padre Clemente da Rovigno, (1786), deli’ Ordine serafico de’ Minori Riformati, sacro oratore, clie si distinse nella predicazione a Roma, a Torino, a Venezia ed in altre principali cittž, d’ Italia. Peroi’o nel venerdi santo dinanzi la Serenissima Signoria di Venezia, e recitd in Torino il panegirico della Sacra Sindone alla presenza del re di Sardegna; mori in Verona .nel L786. 459. — COSTANTiNI dottore Pier’ Francesco da Rovigno, (1794), avvocato, dotto giureconsulto, e cultore delle belle lettere; di cui vi sono pili cose poetiche in istampe volanti, e nelle raccolte del suo tempo, nonche varie iscrizioni lapidarie. Di lui fece T elogio il celebre abate Spallanzani in una lettera piccante e sconclusionata contim Rovigno, inserta negli «Opuscoli scelti su le scienze ed arti,» nella circostanza che nel 1783 fu in Rovigno per oggetto di studio ittiologico. Di questa lettera mi piace riportare un brano: «Io fui introdotto in una časa .... dal padrone stesso, signore, «che agli studii di giurisprudenza, ne’quali e versatissimo, accoppia la piu estesa, e «la piu amena letteratura, e che alle doti dello spirito unendo quelle del cuore, e 446 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA «tutto zelo, tutto trasporto per secondare le lodevoli voglie degli amici, qnesto e il «signor avvocato Pier’ Francesco Costantini.» (Angel, sestin. p. 7.) 460. — BELGRAMONI del Bello Ingaldeo Lodovico da Pinguente, (1797), ebbe a padre il sergente maggiore Pietro Belgramoni, ed a madre Lucrezia Verzi. Fece il corso delle leggi nell’UniversitA di Padova, ne ottenne la laurea dottorale, e di- venne giureconsulto, criminalista ed oratore. Appartenne a varie accademie, come a quella dei Risorti di Capodistria nel 1747 e a quella di Cologna nel 1795. Egli fu riputatissimo in provincia non solo, ma pure in Venezia, ove in piu incontri fu chia- mato dal Veneto Senato a consulta per oggetti pubblici interessanti. Nel poema la Rinaldeide del Gavardo si fa cenno di lui. Cesso di vivere in Capodistria nel 1797, ed il suo nome si ricorda ai giorno d’ oggi con stima ed ammirazione. (') 461. — BATTISTELLA Simeone da Rovigno, (1800), architetto distinto, di cui, benche pochi monumenti si possono accennare, non pero si devono passare in silenzio quelli che esegui. Egli ebbe parte nel magnifico tempio di S. Eufemia; opera sua e la bella e gentile chiesuola della B. Y. della Salute, di juspatronato Biondi. Suo lavoro e la cisterna fatta nella cittA di Pirano nel 1776 in fondo instabile ed acquoso come parla la pubblica epigrafe colit eretta: LARGO • SMPTV. INIQVO • SOLO MARITIMO • AESTV • OCCVPATO Come pure altra cisterna nella piazza di Visinada eretta nel 1782. Frutto del suo ingegno fu 1’ innalzamento sulla cima deli’alto campanile in patria della gigantesca statua di metallo di S. Eufemia, che pompeggia maestosamente su quell’altezza, si muove ad ogni vento, e ne indica la direzione, la quale fu opera dei fratelli Vallani da Maniago. (Angel, sest.) Mori nel 1800. 462. — PADOVANI Francesco di Capodistria, (1806), nacque li 26 luglio 1763, di condizione popolana e onorata. Percorse con somma lode la educazione nel patrio Seminario e riusci valente nelle lettere umane, nelle teologiche e nello studio dhi classici. Fu professore di rettorica, canonico teologo della cattedrale, socio delPAcca- demia economica-letteraria dei Risorti, nella quale fu uno de’ piu attivi e distinti per le molte produzioni del suo ingegno, lette in quell’ adunanza. Il particolare ca- rattere e il modo d’ istruire la gioventu che ebbe il Padovani, non sono tanto facili a rinvenirsi, e non possono essere trascurati. Pazienza, dolcezza, zelo unito a profondo sapere, formarono nel Padovani una dote cosi distinta, che per il corso di venti anni in cui istrui la gioventu, i suoi allievi non solo profittarono utilmente e prontamente (*) (*) Il Belgramoni fu pure cultors della poesia, e secondando il gusto del tempo coltivb anche l'antiquaria. Si eonservano di lui tra gli Seritti Grav. B. vari lavori poetiei e una lettera diretta a Giro- lamo Gravisi nella quale discorre di aleune scoperte romane fatte nelPanno 1752 in un campo presso Pinguente, tra le quali cinque medaglie; quattro di queste consumate e corrose, una sola bene conser- vata colla testa di Trajano, reeante da una parte le sigle: IMP. CAES. NERVA . TRA1AN. AVG. GERM. P. M, e dali’altra parte: TRI . POT. COS. II . R. C. — Un Ambrogio Belgramoni console per Capodistria intervenne nel trattato di paee conchiuso nel 1216 tra Capodistria e Treviso. (E.) CAPITOLO VI. 447 rna furono preši da tanto amore e stima, che lo ebbero sempre in opinione di padre piu che di precettore; ed in modo che seguita la morte di lm nel 1 maggio 1806 in eti di quarantatre anni riusci inconsolabile a’ suoi amorosi discepoli, e rimase carissima la di lui memoria in patria. Ali’ avvenente e dignitoso aspetto, uni singolare amenitž. di spirito, modi urbanissimi, ed estese cognizioni nella Geografia, nella Storia sacra e profana, nelle lingue dotte, nella poesia italiana e latina; alle quali doti aggiunse quella del canto, di cui mostrossi eccellente esecutore ed istruttore espertissimo. 463. — GREGIS conte Gio. Antonio da Parenzo, (1806), dopo avere sostenuto con onore 1’ avvocatura criminale in Venezia, fu ivi Consigliere del Supremo Ma¬ gistrate di Sani ta; poscia giudice ai Tribunale di Cassazione in Milano, dalla quale magistratura chiesta dispensa, fu eletto Consigliere alla Corte d’Appello in Venezia, ove cessd di vivere nel 1806. 464. — GREGIS conte Rinaldo da Parenzo, (1806), fratello del precedente, dopo avere sostenuti sotto la Repubblica veneta vari vicariati criminali nella Terraferma, nel 1800 fu presidente del Tribunale Criminale deli’ Istria. Rinunzio 1’ onorevole incarico nel 1804; e in farna di riputato ed integerrimo magistrate si ritiro in patria a vita tranquilla, ove mori nel 1806 ( 1 ). 465. — Dalla Z0NCA Giannandrea, da Dignano, (1809), nacque li 20 settembre 1749 da Girolamo di nobile famiglia, originaria da Bergamo, e dalla contessa Maria Loredana-Balbi di Veglia. Compita felicemente una distinta educazione, e preša in Padova la Laurea in ambe le leggi, si diede a calcare le vie della Giurisprudenza politica e criminale, impiegando con frutto le ampie cognizioni da lui acquistate. Fu assessore in Venezia, Giudice al Maleficio a Salo, Vicenza e Brescia, e per la sua integrita nell’ esercizio delle leggi criminali, ebbe forte conflitto cogli Avogadori, sostenuto dagli Inquisitori, nel qual cimento riporto onorevole trionfo e lode dalla sovrana clemenza, dalla quale fu poscia destinato al governo del regio feudo di Orsera. Nel 1797 trovandosi in Venezia durante la caduta della Repubblica fu destinato da quella democrazia ad organizzatore deli’ Istria, ma il prudente Giannandrea rifiuto T incarico, e fuggendo quelle vertigini, si ritiro a vita oscura e pacifica nelle contrade dei Sette Comuni, donde mal suo grado fu tratto dal conte di Thurn, ministro ple- nipotenziario con decreto 10 luglio di detto anno, e destinato in patria a dirigente del Tribunale provvisorio. . Di molteplici e varie delegazioni fu incaricato in piu circostanze,. le quali seppe disimpegnare con pubblico aggradimento. Fu Commissario inquirente nel pro- cesso contro i malviventi, i quali infestarono la nostra provincia, e nel 1800 fu direttore politico in Pola, del quale incarico, dopo pochi mesi, chiese dispensa, che gli venne concessa per oggetto di salute, e per ragioni di famiglia. Breve pero fu la quiescenza, men tre nel 1802 fu nominato preside di una Commissione economica, e nel 1804 Commissario inquirente contro i malviventi, continuando in questa mansione anche sotto il regime francese sino al 1806 in cui queste contrade furono purgate (') Probabilmente della stessa famiglia e Don Antonio Filippo Gregis nato nella diocesi di Parenzo, precettore in Isola nel 1755 e nel 1761. V. Notizie di alcuni precettori in Istria race. dell’ab A. Marsich (E.) 448 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA dalla loro infezione. In febbrajo di detto anno dal magistrate* civile deli’ Istria fu stabilito delegato nel comune e dipartimento di Pola, e vi rimase sino ali’ istituzione della Yice-prefettura di Rovigno seguita nel maggio 1807. Nel 1808 con decreto 6 maržo fu eletto presidente del Consiglio dipartimentale deli’ Istria, ed in aprile con onorevole foglio della prefettura regalato di una medaglia, e con decreto 25 no¬ vembre deli’ anno stesso destinato a coprire la Yice-prefettura provvisoria di Rovigno, che non consegul, perche attaccato da forte pleurite cessd di vivere in patria nel giorno 4 gennajo 1809 fra il generale compianto. Ad una fervida tempra accoppiava avveduta prudenza, e zelantissimo della patria mantenne relazioni cospicue. 466. — BRIGI DO (de) conte Pompeo, di Trieste (1811), nacque il 20 luglio 1729, ed ebbe a padre il barone e capitano Girolamo Brigido patrizio triestino, e per madre la contessa Maria Polissena Psihoffzkg di Praga, dama di Corte deli’ impe- ratrice Maria Teresa. Pass6 il conte Pompeo per tutte le gradazioni del politico ministero, fu capitano circolare della Carniola inferiore ad Adelsberga, e commissario per la regolazione dei conflni del Litorale Austriaco, di Gorizia, della Carniola e Carintia fra PAustria e la Repubblica di Venezia. Passo poscia primo consigliere presso il governo della Galizia, e Lodomiria; e quindi in luogo di suo fratello conte Giuseppe, fu presidente deli’ amministrazione e direzione montanistica di Temesvar; trasferito quindi gover- natore di Tropavia nella Slesia; e flnalmente nel 1781 destinato governatore di Trieste, Lubiana e Gorizia, nonche consigliere intimo di Stato. Seppe fungere questo geloso e delicato incarico nella sua patria con somma prudenza e generale sod- disfazione in tempi difficili per una cittii marittima, che e 1’ emporio del commercio nell’Adriatico, e dove affluiscono e si domiciliano genti di ogni nazione per iscopo d’ industria e di traffico. Egli era stato gid pei suoi meriti e per quelli del fratello conte Giuseppe governatore della Gallizia, unitamente a lui elevato alla dignita di conte, enumerandosene i meriti e i servigi prestati dai due fratelli Pompeo e Giuseppe nell’onorevole diploma delTimperatrice Maria Teresa , segnato in Vienna il 28 giugno 1777. — NelTinvasione francese, si allontand il conte Pompeo dalla patria, ritornando dopo pochi giorni, nel 29 maggio 1797. — Mecenate delle arti, delle societž. e del commercio, seppe promuoverle a tutto suo potere, ed essendo presidente deli’ Acca- demia degli Arcadi romano-sonziaci, vide inaspettatamente' nel di 5 novembre 1802 nella pubblica biblioteca, Tinaugurazione del di lui busto per riconoscenza alPottimo e al benemerito magistrato. — Pervenuto all’eta di anni settantacinque, dopo ventitre di regime lodevolmente sostenuto in patria, e con sovrana soddisfazione nei momenti piu critici, nell’ anno 1804 venne giubilato dal monarca, e nel 1809 decorato della Gran croce delTordine di S. Leopoldo. Di poco pero pote fruire il co. Pompeo delle sovrane onorificenze, perciocche nel giorno 20 agosto 1811 cessasse di vivere, con dolore de’ suoi concittadini, e di ogni četo di persone in quella sempre crescente cittA. — Il conte senatore Dandolo levo altissimo grido a Milano, e per 1’Italia tutta co’ suoi seritti per avere il primo introdotto in Italia i merini: ma il nostro Brigido lo aveva di gran lunga preceduto, avendo formato intorno l’anno 1785 uno stabilimento nel suo feudo di Lupoglao in Istria: razza distinta di pecore di Spagna che oggi pure si conserva, ed anzi e alquanto propagata nei luoghi vicini. — N6 a cid si limitd CAPITOLO VI. 449 il conte Pompeo, che pure introdusse la famosa capra d’Ang6ra, le pecore d’Egitto, e promosse quanto pote 1’ agricoltura. Tutto ci6 egli fece modestamente, senza clie i torchi proclamassero il suo merito; ma io perd ne voglio conservare la memoria nelTarticolo presente, aggiungendo, che il di lui figlio, 1’attuale conte Paolo, animato egualmente dalla stessa passione pen F agricoltura rurale-economica, moltiplico la razza dei merini a Lupoglao, ed ora rinnova quella delle capre d’ Angdra, e per propagarne la spezie offre delle pecore a discretissimo prezzo ( 1 ). 467. — BRIGI DO conte Giuseppe del fu barone Girolamo da Trieste, (1812), dopo avere percorsa la carriera politica, ed ottenuto il pošto di ciambellano e d’ intimo consigliere, divenne governatore a Lubiana, e quindi a Leopoli. Questo illustre ca- valiere fu uno dei principali benefattori del Gioanneo di Graz, avendo legato a quel rinomato istituto e museo la somma di flor. sessanta mila, per la quale generosa dispo- sizione il di lui nome vivra nella memoria dei posteri. Nella sala principale del detto Gioanneo in faccia al busto deli’ areiduca Giovanni, che ne fu il fondatore, si vedono i ritratti dei tre piu distinti benefattori, cioe: il ministro deli’interno conte di Saurau, il conte Giuseppe Brigido, e il conte Egger di Klagenfurt. 468. — D’ ANDRI Pietro da Capodistria, (1817), nacque li 27 aprile 1749; com- piti lodevolmente gli studii nel patrio seminario, e divenuto sacerdote, fu cancelliere vescovile, canonico teologo, e quindi vicario generale capitolare in sede vacante, nonche decano e parroco della citta. La sua affabilita, pazienza, e prudenza lo resero direttore di spirito assai ricercato. Per lo zelo, per la pieta e dilezione del gregge, e per le sue ampie cognizioni religiose si merito 1’universale riverenza ed affetto. Mori nel 1817 a di 17 agosto, e cesso con lui un utile, pio e venerabile ecclesiastico, di cui io non credetti preterirne la memoria, perche il suo virtuoso operato vivra in- delebile tra i suoi concittadini. ( 2 )' 469. — VALLE Giovanni figlio di Paolo, (1819), nacque in Capodistria li 26 febbraio 1752, e mori in Venezia nel 24 gennaio 1819. Fu ehiarissimo ed eccellente corografo disegnatore, e lascio moltissime carte di nuova projezione. Disegno egli il Polesine di Rovigo col Ferrarese; fece la mappa del Padovano una delle piu esatte e minute che si possano avere in questo genere, la. quale fu data in origine dal cav. Zuliani nel 1793 in dono ali’ accademia di Padova per or¬ namente di quella sala. Fece inoltre la carta della Dalmazia, quella deli’ Istria in due carte, e poscia in una sola nel 1793. Aveva incominciato a lineare il dogado, che doveva essere in dodici carte, impresa promossa e protetta dal cavaliere e pro- curatore Pesaro, il quale non persuadendosi dei saggi di incisioni che ne avevano dato il Monaco, il Colombo, il Raniotto ed altri, cerc6 altrove piu abile incisore per 1’ esecuzione; ma sopravvenute le vicende politiche colla caduta di quella gloriosa (’) Il conte Paolo figlio di Pompeo Brigido mori nel 23 gennaro 1848; sostenne a Trieste, sua patria, vari impieghi civici. V. L’Istr. III, 1848, n. 10-11. (B.) ( 2 ) Della famiglia di monsignor Pietro D’Andri e il prof. Leonardo, figlio di Giuseppe, valente scrit- tore e patriotta, morto nel 1866. Si ha di lui nella Porta Orieniale, a. II, 1858 lo scritto: Della questione intorno alla patria, di S. Girolamo, stampato in quest’opera al Cap. II, pg. 62-67. (E.) 450 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA Repubblica, il progetto ebbe a tramontare. Nel 1806 attendeva il Valle a lineare in quattro fogli imperiali tutta 1’ Italia. Far6 alcune osservazioni sopra i due de’suoi lavori: la carta deli’ Istria, e la mappa della citta di Padova : 1. La carta Aa\Y Istria fu pubblicata nel 1797 riveduta e corretta dal cesareo regio ingegnere Giov. Antonio Capellaris; ma cpiesta non e che un nuovo intaglio di quella del Valle, avendo all’intorno gli ornamenti stessi usati dal Valle lasciando vuoto quel tratto, che pej necessM dal Valle si doveva lasciar vuoto, giacche snddito de’ Teneziani non poteva nel 1793 visitare quei paesi, che appartenevano ali’ Au- stria. Fece per6 il Capellaris 1’ aggiunta delle strade, ma queste sono a capriccio, perchž non esistevano a quel tempo, come lo sono al presente e soddisfacenti. (Mo- sehini Lett. Ven. T. I.). 2. Da una apologia col titolo di Discorso parenelico deli’ avvocato veneto dottor Marco Piazza rilevo, che il nostro Valle, giovane di grande ingegno e delle piu alte speranze, godeva il patrocinio del rinomato patrizio veneto cavaliere Girolamo Zuliani, e che dal medesimo nel 1779 fu il Volte commissionato a rilevare la pianta della citth di Padova, opera difficile, che pero il solo Valle seppe ridurre a perfe- zione. Da Roma, ov’era ambasciatore, il Zuliani scrisse al Valle nel 1780 eccitandolo al compimento; ma ritardando 1’opera per la vastith delle osservazioni e deli’in- volucro dei calcoli di somma fatica e pazienza, quello zelante patrizio in data di Roma 14 aprile 1781 gli raccomandava sollecitudine, chiedendo il tempo in cui sarebbe finita. La compi il Valle, e la spedi a Roma al detto ambasciatore, scriven- dogli con tutta umilth, che «aveva dubbio che altri forse avesse potuto riuscir meglio.» Risposegli ben tosto quel cavaliere: «Sia tolta alla sua modestia questa umiliante idea e si persuada pure che il «suo disegno oltre ali’ esattezza di cui posso esser io giudice piu competente degli «altri, unisce tutti que’ pregi che i piu valenti artisti di Roma m’ assicurano di aver «ricercato invano in altre opere di tal natura. Io. čredo di aver detto quanto basta «a consolarla, dopo ci6 1’ aver io dato commissione al sig. Bria che le dia un con- «trassegno della mia soddisfazione merita appena che io ne faccia parola.» Mancava una parte essenziale del disegno non compita, sopra la quale gli scrisse il detto cavalier da Roma li 14 settembre 1782 per sollecitudine: «Sa V. S. quanto «io m’ interessi nelle cose di Padova; e tra esse mi stanno a cuoi’e quelle nelle «quali vi e impegnata la di lei abilita e riputazione. Pošto cio, puo ben’ ella imma- «ginarsi che il disegno della porta del Portello, ch’ ella mi premise, in una delle «cose piu importanti, e tanto importante che merita, che per essa sola io le scriva «una lettera per sollecitarla a spedirmelo. Attendo dunque i suoi favori con quella «sollecitudine che non tolga punto ne alla singolare di lei esattezza, ne agli altri «impegni pressanti che potesse a vere.» Compito il lavoro quel cavaliere commise a Roma 1’ incisione, e spedi gl’ indici al conte Simeone Stratico professore di Padova, perche li passasse al Valle, con cui sapeva aver incontrata relazione. Fino a questo punto si puo osservare che tutto il lavoro e affatto del Valle. Ora passero alla narrazione che toglie il merito al valente nostro corografo, e lo attribuisce invece allo Stratico. Non fossero mai pervenuti alle mani dello Stratico questi Indici, che aguzzato OAPITOLO VI. 451 il di lui appetito dl gloria anche in cio, penso di volerne la parte principale, senza il benche minimo titolo; scrisse pertanto al Valle una lettera dicendo: «Ne’passati «1’ eccell. Zuliani mi mando le p rove degl’ indici, e gliele ho spedite con alcune cor- «rezioni (cosa inconcludente).» E detto nel fondo di detta carta, eh’ essa fu rettificata «con le osservazioni fatte da 16 punti sublimi, ed i triangoli da quella dedotti. Sa- «ranno appresso di lei le carte di dette osservazioni e triangoli. Io pur vorrei vedere «questi calcoli. e la prego di spedirmi le carte ad esse rehtive, che glie ne faro «pronta restituzione. (E qui osservisi il motivo). E necessario di tessere un piccolo «dettaglio, che le fard, onore, e pero ella me le trasmetta. Padova 9 maržo 1784.» Il Valle, lusingato da un elogio che poteva divenirgli onorevole ed utile, spedi al professore Stratico le carte richieste. Non contento di cio gli ricerca il detto pro- fessore maggiori notizie scrivendogli da Padova li 4 aprile 1784. «Ho ricevuto la «pregiatissima sua con le carte relative alle osservazioni fatte per rettificare la pianta «di Padova, le ho anche percorse, e trovai essere stati quindici li punti sublimi, dai «quali si sono praticate le osservazioni, non sedici, come era notato sulla pianta «(cio ž vero ma per un semplice errore di stampa). Non ho veduto ivi aleuna traccia «di base assicurata dalla quale dipenda la concatenazione de’triangoli; io la prego «di dirmi sopra cid qualche cosa; amerei anche moltissimo di sapere con qual metodo «ella abbia tracciata la meridiana di detta pianta. Tutto cio unicamente per poter «fare un dettaglio di questo lavoro, eh’ e riuscito assai bello, ed e utile che venga «illustrato da qualche relazione.» L’ oggetto fin qui non era che di far onore al benemerito Valle. Sospettd pero il Valle alquanto di queste avanzate richieste, e trascuro di sod- disfare alla domanda. Non cessb per6 il conte Stratico con terza lettera di lusingare il Valle, onde ottenere quanto chiedeva. Gli serisse percio una terza lettera: «Adesso «mi converrebbe avere li calcoli dei triangoli fatti sulla pianta di Padova, giacche «mi trovo al fine del mio lavoro nel quale avrebbero luogo detti calcoli. Ella di grazia «me ne solleciti dunque la missione, perche vorrei per il primo di agosto metter «sotto il torchio quest’opuscolo.» Il buon Valle gli spedi anche cio colla speranza di sua onorevole utilita. Gli serive ancora per la quarta volta lo Stratico, rispondendo, e chiedendo cose ancora maggiori, cioe 1’ operato del Valle. «Ricevo col favorito di «lei foglio il calcolo de’ triangoli per la pianta di Padova, e lo trovo esatto e chia- «rissimo. Ne la ringrazio intanto, e la prego di rispondermi alle seguenti domande: «Non vede quali basi misurate abbino servito di fondamento alla serie de’ triangoli «calcolati. Ella mi ha indicato d’ aver misurate due basi, una da Ognissanti a S. Fran- «cesco di Paola, 1’ altra da S. Croce a S. Danielo. Per disavventura non veggo, che «sienvi due triangoli con aleuno di questi, ne calcolati, e tra li triangoli calcolati «non ve n’ e aleuno, il quale abbia lati misurabili con precisione sul terreno. Os- «servo che gli angoli osservati sono poi ridotti nella seconda colonna. Bramerei di «sapere con qual regola ella abbia fatte queste riduzioni, le misure dei lati suppongo «che siano pertiche, la prego dunque di dirmi qualche cosa su questi articoli. » Fino a qui si vede chiaramente che il professore non solo non aveva la minima parte nel lavoro, ma neppure lo capiva, anzi ne chiedeva informazioni ali’ autore. Tardava il Valle a spedirgli le chieste informazioni. e lo Stratico per la quinta volta gli dirigeva la seguente da Padova li 4 settembre 1784: «Tempo fa le serissi rin- 452 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA. «graziandola delle carte che mi spedi col calcolo de’ triangoli relativi alla pianta «di Padova, e facendone la preghiera di spedirmi la misura attuale da lei preša «delle due basi, ed il legame con esse de’ triangoli calcolati. Inoltre la progo di «dirmi con qual regola ella avesse fatta la riduzione ai quattro retti da ciaschedun «punto sublime. Non vedendo da lei risposta, e conoscendo la sua propensione a «mio riguardo, sospetto che la lettera siasi smarrita, o qualche simile accidente che «rni dilazioni ii piacere delle di lei risposte. Le rimetto in memoria che le due basi «misurate da lei furono, siccome notai dalla di lei voce, il lato da S. Croce a S. «Daniele, e 1’ altro da Ognissanti a San Francesco di Paola.» Il Valle non seppe re- sistere nell’ annuire alle di lui domande, e gli spedi tutte le notizie delle di lui faticose e dotte operazioni. Non contento ancora di cio il professore Stratico, medito di figurare nella rnappa stessa, spiegando ardente desiderio al Valle di essere nominato in qualche maniera in quella grande opera. Il Valle, giovanissimo, di tutto abbisognava, e sin- golarmente di protezioni: sapeva egli che poteva costargli caro il rifluto, ina non pensava mai che la sua condiscendenza avesse da danneggiarlo. Estese lo Stratico di proprio pugno sulla carta originale che esiste nell’ Accademia di Padova il se- guente scritto: «Fu rilevata cjuesta pianta con attuali misure sopra li luoghi da «Giovanni Valle, e rettificata dal medemo assieme col sig.co. Simone Stratico pub- «blico professore di matematiche mediante le osservazioni istituite da 16 punti «sublimi e dai triangoli da quelle dedotti.» Il Valle accordo,queste espressioni con compiacente riguardo, perche se lo riconosceva autore, e lo Stratico soltanto coinpagno, ed assistente; e cosi sottoscritte le mappe dovevano tutte girare per 1’ Italia col nome di lui. Ma non fu cosi, inentre anche questa soscrizione, 'permessa per semplice cor- tesia, fu cambiata dallo Stratico nelle stainpe colle parole: Rettificata sotto la direzione del signor prof. Stratico, espressione con cui questi mostra di essere il vero autore, ed il povero Valle un volgare ineccanico esecutore sotto la direzione deli’ altro. Piu ancora avendo 1’autore scritto a lettere cub.itali in calce della mappa: GIOVANNI VALLE GIUSTINOPO LIT ANO FECE, questa soscrizione fu cancellata dallo Stratico, il quale pose invece nello stesso luogo i gradi di longitudine, e di latitudine. Colpito profondamente il Valle di questo sopruso letterario, grido, se ne dolse, e deposto ogni riguardo scrisse allo; Stratico quanto segue: «Quando io mi lusingava «di render nota al pubblico la mia insufficienza eolla produzione della pianta di «Padova, primo lavoro di qualche rimarco uscito dalla mia peuna, vedo fatalmente «deluse le mie speranze, ed abortito nel suo nascere il primario fine delle mie assidue «fatiche. La nuova soscrizione alla pianta medesima annessa alla correzione degli «indici, letta tre giorni sono con mia somma sorpresa, si e la causa funesta. Trovasi «questa diversa affatto da quella che fu dal genio di V. S. Illustrissima suggerita, «ed estesa, e che venne alla luce nella prima stampa. In essa io non trovava di che «lagnarmi conoscendomi onorato della sua approvazione, ma questa distruggendo in- «tieramente la verith de’ fatti, mi pone nell’ infelice condizione di un principiante «discepolo guidato a mano dalla sapien a del suo precettore. Tale inaspettato cam- «biamento ho creduto piuttosto un’ arbitrio dello stampatore di quello che un effetto «di sua commissione, giacche gli uomini grandi, tra quali ella si dice occupar un «posto luminoso, non hanno bisogno di mendicare. la loro gloria dali’ avvilimento CAPITOLO VI. 453 «degli altri. Io tengo peraltro una fortissima ragione di pretendere con tutta giustizia «un pubblico risarcimento ben vedendomi rapito quel compatimento, clie seppe me- «ritare la tenue opera mia, e che tutto mi si compete, poiche, come Ella sa, il lavoro «fu tutto mio. II distruggere la nuova soscrizione, rimettendovi la prima da lei, «come dissi, stabilita e fissata, e 1’ unica maniera di poner m calma il mio spirito, «che notabilmente amareggiato, desidera un riparo al proprio decoro. Sono certo «che Y. S. Ill.ma, fornito di talenti e di cuore, si dara il merito di consolarmi e di «esaudirmi, e con tutta la stima me le protesto. Venezia, 1784. Giovanni Valle.» Non volle lo Stratico ritrattarsi, e se la cav6 con questa risposta: «Io tengo «appresso di me la prima stampa delle tavole d’ indice della Pianta di Padova, e la «seeonda ancora. Tra queste nella soscrizione non vi e altra differenza di 15 invece «di 16, e delii titoli delle cattedre in eni servo. Cosi essendo di fatto, ed avendo «ella veduta, ed approvata, siccome mi accenna la stampa delle prime tavole incise, «non comprendo come ora vi trovi un motivo di lagnarsi: s’ ella si consigliera con «persone prudenti ritrovera che la soscrizione non 1’ e indecorosa, ne attribuisce a «me 1’ opera sua » Intanto ne’ pubblici fogli fu proclamato autore lo Stratico, e nelle Memorie degli Architetti antichi e moderni del celebre Francesco Milizia stampate in Bas- sano, in Napoli, a Piša, e Firenze si legge seritto nel torno primo a carte 98. «E «sperabile che Padova si renda ogni ora piu illustre per la sua nuova Accademia di «scienze. Ammiratore di tanti suoi pregi le fa un bel dono S 1 . E. il signor Girolamo «Zuliani attualmente ambasciatore della Serenissima Repubblica in Roma, personaggio «riguardevolissimo per le belle doti del cuore e della mente. Egli fa incidere una «grandissima carta topograflea di Padova, delineata con tutta 1’ esattezza sotto la «direzione del sig. co. Stratico professor di matematica in quella Universitd.» 11 povero e laboriosissimo Vatle non solo non e riconosciuto in aleun luogo per autore, ma nemmeno nominato come assistente. 11 co. Stratico era grande per farna, per dottrina, e per opere letterarie pub- blicate; ma in quešta circostanza ha dimostrato una riprovevole debolezza. Mi dispiace di avere dovuto raccontare questo fatto per la riconoscenza che ho verso quel ce¬ lebre professore, sotto cui attinsi in quell’ Universita aleuni lumi nelle matematiche e che in Milano io avvicinava, dove egli viveva senatore giubilato. Ma per patria gloria, per patrio diritto, per dovere di storico fedele non ho potuto esimermi di esporre la narrazione veritiera. L’ apologia Piazza favoritami dal Dottore de Manzoni, e assai piccante, ed e notoria in Capodistria (*). Finiro col portare la soscrizione quale attualmente si trova e che io trassi dalla mappa esposta nell’ atrio della Biblioteca del Seminario di Padova: «Fu rilevata «con attuali misure sopra i luoghi da Giovanni Vatle, e rettificata sotto la direzione «del sig. cd. Simone Stratico p. p. di matematiche, e fisica sperimentale nell’ universita (') Il dottore Gio. Andrea de Manzoni , dottissimo medico e letterato istriano, nato a Capodistria il 6 giugno 1798 e morto ivi il 1 giugno 1872. Pubblicarono un cenno biografleo di lui nella Prov. dell’Istr. an. IV, n. 12: il D.r Giovanni de Manzini e il D.r Zaccaria Lion; Mons. Francesco Petronio ne compose 1'orazione funebre, Carlo Combi 1’ epigrafe che-si legge in marino nelFOspedale di Capodistria. (E.) 454 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA «di Padova mediante le osservazioni instituite da 15 punti sublimi, ed i triangoli «da quelle dedotti. Incisa in Roma con la direzione di Giovanni Volpato. Pubblicata «1’ anno mt>cclxxxiv.» 470. — BRUTTI co. Agostino da Capodistria, (1821), figlio di Marco cav. di S. Stefano di Toscana, nacque nell’ anno 1750. Dotato delle migliori qualitA di mente e di cuore ascese ned febbraro 1809 al grado di Senatore del regno d' Italia, tras- ferendo a Milano, capitale del regno, il suo domicilio per dovere di ministero. Ca- duto quel governo ritirossi in Venezia a vita tranquilla non dimenticato dal regnante Francesco I d’ Austria, il quale elargi a lui ed a’ suoi colleghi senatori la pensione vitalizia personale di annui franchi 6200, che godette sino ali’anno 1821, in cui cessd di vivere a Venezia, lasciando memoria di ottimo e benefico cittadino, nonche d’ integerrimo magistralo. 471. — TRANQUILLI (de) Francesco Saverio, da Pisino, (1822), di antica e nobile famiglia. Compito in Germania il corso degli studi, si trasferi a Fiume, ove esercito 1’avvocatura, e quindi nel 1794 fu eletto Cancelliere di quel civico magistrato. Nel 1797 si accaso con Maria de’ Monaldi, dalla quale ebbe 1’ unica figlia sposata col- 1’ attuale Preside del magistrato di quella citta dottor Marco Costantini. Neli’ anno 1804 gli fu conferito il pošto di Assessore presso il Tribunale di cambio mercantile, e consolato di mare, ed accetto contemporaneamente la carica di Giudice rettore capitanale, corrispondente ali’ odierno Preside del magistrato, la qual carica nel- 1’anno 1809, in cui Fiume soggiacque ali’ invasione francese divenne di somina importanza, di peso, e difficilissimo disimpegno per le critiche circostanze di quel tempo. Organizzata Fiume col regime francese, fu egli destinato a procuratore imperiale presso quel Tribunale di prirna istanza. Ritornata Fiume sotto il dominio austriaco fu incaricato di varie importanti commissioni, ed in agosto 1815 passd al Tribunale di cambio-mercantile, e consolato di mare, qual referente in materie giuridiche, essendo nel tempo stesso provvisorio procuratore camerale. Organizzati i Dicasteri iu Fiume, nel maggio 1816 fu nominato .Consigliere del tribunale di appellazione civile e criminale del Litorale, allora eretto in Fiume. Sciolto questo Tribunale nel 1822 fu da sua rnaesta spontaneamente nominato pre- sidente del Tribunale civile-criminale di prima istanza in Žara, ove, pochi giorni dopo avere prestato giuramento, cesso di vivere nel di 7 novembre 1822. Integerrimo di costumi, zelante del pubblico bene e del servizio sovrano, a cui era attaccato con particolare affetto, dotto giureconsulto, indefesso nelle sue mansioni, seppe cattivarsi la pubblica dpinione per la sua condotta leale, la quale divenne utile nelle piu critiche circostanze, di modo che onorato e rispettato in vita, il di lui nome si sente ricordare tutto giorno in quella cittž, con affettuosa riverenza. 472. ROTA conte Orazio, di Momiano, (1824), feudatario di quel castello, ottimo conoscitore della lingua del Lazio, erudito, e distinto calligrafo morto nel 1824 di anni 84 con sentimenti di pieta e religione. Egli fu un abile calligrafo, scriveva a mano con tale esattezza e precisione, ed ornava di fregi, figure e rabeschi i suoi scritti a penna, che ingannano il piu attento osservatore, si giudica la scrittura una nitida e nobile stampa, ed i disegni un lavoro del piu fino bollino. Ho veduto CAPITOLO VI. 455 presso il vescovo di Cittanova due opuscoli di questo lavdro, cosi distintamente eseguiti, che veramente sorprendono. 1. Opuscolo in ottavo grande che contiene un’Orazione deli’arciprete di Buje Francesco Loy per 1’ ingresso di mons. Teodoro Loredan ' co. Balbi alla cattedra di Cittanova nel giorno 10 gennajo 1796. 2. Libro in quarto, ornato di magniflci fregi, rabesclii, e figure, il quale con¬ tiene una raccolta di poesie per 1’ ingresso indicato. 473. — MASATO don Giovanni di Rovigno (1826), canonico della sua patria. Oltre alle cognizioni ecclesiastiche, accoppiava una coltura non ordinaria della mu¬ šica, nella quale si distinse con molteplici composizioni. Esistono moJtissime sue messe e sono pregevoli singolarmente un Miserere, ed un Popule meus, che annualmente si cantano nei giorni santi. Cesso di vivere nel 1826. FAMIGLIE ISTRIANE PATRIZIE VENETE delle quali trentacimpe sono tribnnizie, con 1’ indicazione del luogo della loro origine ed epoca della loro estinzione. L’ Istria era cosi unita ali a Venezia, che n on solo veniva considerata ai tempi del Romani, come dissi in piu luoghi di quest’ opera, una stessa provincia, appellandosi sempre Venetiae et Istriae; ma piu ancora, in epoche anteriori una parte della Venezia, oggidi Friuli, formava parte deli’ Istria, per cui avendo i Romani fondata Aquileja, si opposero gl’ Istriani, come a violazione di diritti e di proprieta; e tal- mente fu spinta la cosa, che vinta dai Romani colla morte di Epulo, divenne 1’ Istria provincia romana. — Molestata dai barbari 1’ Italia, e distrutta Aquileja, i popoli della Venezia e alcuni deli’ Istria seguirono il medesimo destino, spaventati dal rovinoso torrente, si rifugiarono nell’Estuario, e diedero origine alla celebre Repu- blica Veneta, che preše il nome di Venetiarum appunto dalla varieta dei paesi della Venezia e deli’ Istria, dai quali i popoli concorsero a popolare quelle varie isolette nel seno delle lagune, ed ivi fondare il loro sicuro ritiro, ed un pacifico governo. — Le cronache venete ci rammentano che trentatre famiglie delle primarie delFIstria passarono a Venezia, e furono queste tribunizie. cioe delle primitive. Di seguito se ne accrebbe il numero, ed arrivo sino a quello di novantauna, prima che 1’ Istria per interesse rispettivo ed analogia di carattere nazionale e marittimo, con volontaria dedizione, si fosse assoggettata al veneto dominio; e forse che per gli interessi ap¬ punto di queste famiglie, e per le possidenze che tenevano nell’ Istria, insorsero quelle tante controversie coi principi che ne avevano il possesso nel medio evo. Non e, per dir vero, lieve stupore, che una pizcola provincia, quale si h 1’ I- stria, abbia dato un numero si considerevole di famiglie patrizie alla repubblica di Venezia; e non e lieve jattura per una piccola provincia la perdita di novantauua delle migliori famiglie, che formano un settimo della totalita delle famiglie patrizie venete, come dal dizionario del Bettinelli risulta il numero complessivo di 674. In iscambio CAPITOLO VI. 457 di cio, non omettero di accennare, che 1’Istria fece ačquisto nel 1378 di una doviziosa famiglia patrizia, che tuttora sussiste con lustro e splendore, vale a dire quella dei conti Grisoni di Capodistria ('). Cio premesso, daro il catalogo di qheste famiglie, aggiungendo le fonti da cui lo trassi: IS TRIA L Alberenghi. — Campidoglio, Diz. Bettinelli. — (Analogia cogli attuali Alberigo di Capodistria.) (E.) 2. Ariani. — Campidoglio. 3. Barboni. — Sanudo. 4. Barbonici. — I) iz ion ari o Bettinelli. 5. Baroni. — Campidoglio, Biz. Bettinelli. (Capodis.) 6. Bianco. — Sanudo, Čamp., Gallizioli, Cron., Bett. 7. Boccolo. — Campidoglio. —- (Probabile da Capodistria) (E.). 8. Dallafrascada. — Sanudo, Pr. Ireneo. — (Prob. da S. Vincenti) (E.). 9. Entio. — Campidoglio. 10. Erizzo tribunizia. Sanudo, Campid., Dizionario Bettinelli. 11. Frascada. — Čamp., Diz. Bettinelli. — (San Vincenti). 12. Frasca. — Čamp., Dizionario Bettinelli. — (Montona). 13. Frattello. — Dizionario‘Bettinelli. — (Orsera). 14. Garisello. — Campidoglio, — (Visignano). 15. istrico o Istrigo. — Cicogna. — (Umago). 16. Orso. — Campidoglio. — (Capodistria). 17. Quintavalle, tribunizia. — Sanudo. — (Pinguente). 18. Ruzieri — Dizionario Bettinelli. — (Pirario). 19. Sabbadini. — Sanudo, Campid., Dizionario Bettinelli. — (Albona) —• (Ora nel su- burbio di Capodistria) (E.). 20. Semitecoli. tribunizia. — Sanudo, Campid., Diz. Bettinelli. — (Pola). 21. Senadori. — Sanudo. — (Parenzo). 22. Signoii. — Campidoglio. — (Visinada). 23. Tolongi. tribunizia. — Ireneo. ALBONA 24. Sabbadini — a. 1361. (ved. n. 19) Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. CAPODISTRIA 25. Albani — tribunizia, a. 1262. Campidoglio, Ireneo. 26. Baronio — a. 1315. Gallizioli. (*) (*) Famiglia ora estinta; 1’ultimo rampollo fu il conte Pompeo che mori a Milano sul flore deli’ eth. Del conte Francesco, padre del conte Pompeo, resta memoria in molte benefichc istitnz.ioni lasciate a Capodistria. Un busto in marmo delPegregio seultore capodistriano Andrea Favento, nel pio istit. Grisoni e im modesto monumento nel patrio campo santo ricordano il generoso benefattore. (E.) 458 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 27. Basei e Basilii —• tribunizia. (Ora Baseggio). (E.) — Sanudo e Cicogna. 28. Beloscello — a. 1364. Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. 29. Calbani o Calboni — tribunizia, a. 1410. Non e proprio certo se di Capodistria o di Trieste. Campidoglio, Ireneo, Bettinelli. 30. Caotorta — tribunizia, a. 551. Prima a passare nelle lagune. Ireneo. Non e certo se di Capodistria o di Trieste. 31. Colombi — tribunizia. Ora a Cherso sul Quarnero. (E.) Sanudo. 32. Gretoli. — Sanudo. 1031. 33. Muse o Musse — a. 1334. Forse poi Musella. (E.) Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. 34. Orso — Campidoglio. CITTANOVA 35. Dalbore — a. 1371, Bettinelli. 36. Migliani. Sanudo. DIGNANO 37. Franciada — Campidoglio, Bettinelli. MONTONA 38. Frasca — Campidoglio, Bettinelli. MUGrGrlA 39. Basadonna — Ora anche in Albona. (E.) Ireneo. 40: Dalorzo — o Orso. Tribunizia, a. 1350. Bettinelli. 41. Dell’ Orso — a. 1321. Forse una stessa con quella del n. 16. Gli Orso od Orsi erano anche in questo secolo a Capodistria. (E.) 42. Mugici — a. 1306. Ora slavizzato in Musicli. (E.) Campidoglio, Bettinelli, Ireneo. 43. Mujo — a. 1386. Sanudo. 44. Da Muggia — a. 1388. Campidoglio, Bettinelli, Ireneo. 45. Muglia — Campidoglio, Bettinelli. 46. Mulla — tribunizia. ORSERA 47. Frattello — Bettinelli. PARENZO 48. Senadori — Sanudo. PINGUENTE 49. Quintavalle — tribunizia. Sanudo. PIRANO 50. Ruzieri — Anche oggi a Pirano. (E.) Bettinelli. CAPITOLO VI. 459 PISINO 51. Entio o Enzio. — Campidoglio. POLA 52. Dolfini. — tribunizia. Gallizioli. 53. Memmi. — tribunizia. Sanudo. 54. Polani — ora Bolani, tribunizia. Campidoglio, Cron. Bettinelli. ROVIOtNO 55. Tajapiera ora Tagliapietra — a. 1600. Bettinelli; A Pirano e Pinguente. (E.) SAN VINCENTI 56. Frascada — Campidoglio, Bettinelli. TRIESTE 57. Abrami — tribunizia. Anno deli’ estinzione 1459. Sanudo, Campidoglio, Ireneo. 58. Antenoreo — tribunizia. Ireneo. 59. Barbamaggiori — a. 1109. Ireneo. 60. Barbamanzilo — Ireneo. 61. Barbamocolo — a. 1277. Ireneo. 62. Barbazini — tribunizia, a. 1361. Ireneo. 63. Barbarigbi — tribunizia. Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. 64. Barbati -7- Ireneo. 65. Barbaro — Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. 66. Barbi — tribunizia. Ireneo. 67. Barbolani ■— tribunizia, a. 1137. Campidoglio, Ireneo, Bettinelli. 68. Barboniani — a. 1375. Campidoglio, Ireneo, Bettinelli. 69. Bariscaldi — tribunizia, a. 1321. Ireneo. 70. Belli — a. 1290. Da molti secoli a Capodistria. (E.) Campidoglio, Ireneo. 71. Bernardi — Ireneo. 72. Rocco — a. 1352. Sanudo, Campidoglio, Ireneo, Bettinelli. 73. Bonzi — tribunizia, a. 1508. I Bonzi nel secolo scorso erano a Capodistria. (E.) Sanudo, Campidoglio, Ireneo, Bettinelli. 74. Boncili — a. 1318. Ireneo. 75. Bonicaldi — a. 1314. Ireneo. 76. Bonomo — a. 1319. Anclie oggi a Trieste. (E.) 77. Bonzili — a. 1325. Sanudo, Campidoglio, Bettinelli. 78. Buricaldo — tribunizia, a. 1312. 8anudo, Campidoglio, Bettinelli. 79. Calbani o Calboni — tribunizia, a. 1410. Forse di Capodistria. Campidoglio, Ireneo, Bettinelli'. 80. Caotorta — tribunizia, a. 551, prima a passare nelle Lagune. Forse di Capodistria. 81. Capoani — a. 1298. Ireneo. 82. Castaldo — tribunizia Ireneo. I Castaldi di Feltre, da cui il celebre Pamfllo di famiglia patrizia, potrebbero originare da questa famiglia triestina. (E.) as 460 BIOGRAFIA DEGLI UOMINI DISTINTI DELL’ ISTRIA 83. Coppo — tribunizia. Ireneo, Nel 1540 anche ad Isola. (E.) 84. Coraeri o Cornelci. Nel secolo presente anche a Parenzo. Ireneo. 85. Dagausdei — tribunizia, a. 1370. Sanudo. 86. Oanisdia — tribunizia, a. 1312. Forse una derivazione deli’ altra. Sanudo, Cam- pidoglio, Bettinelli, Ireneo. 87. Donzorzi — a. 1302. Sanudo Campidogdio, Bettinelli, Ireneo. 88. Dongiorgi — a. 1312. Probabilmente la stessa del N. 00. Ireneo. 89. Giuliani — Campidogdio, Ireneo. Forse anche allora a Capodistria. Nel 1520, secondo 10 Stancovich, un Pietro Giuliani di Trieste era segretario di Caido V, e nel 1645 11 celebre Biagio Giuliani detto il Pietro Micca deli’Istria era di Capodistria. (E.) 90. Longo —- Ireneo. Attualmente anche a Capodistria. (E.) 91. Lorenzi — Campidogdio. 92. Masteiici — tribunizia. Ireneo. 93. Mazzaruoli o Istriuoli. Ireneo. 94. Pomo — Ireneo. 95. Rombolini o Rebolini. Forse gli attuali Rondolini. (E.) Sanudo, Campidogdio, Ireneo. 90. Tornarisi — Tribunizia. Ireneo. UMA 60 97. Istrico o Istrigo — Cicogna. VISIGNANO 98. Garisello — Campidoglio. V1SINADA 99. Signoli — Campidoglio. FINE FONTI 1. Sanudo Marino. (Rerum Ital. Script. T. XXII pag. 418) 2. Campidoglio venelo di Girolamo Alessandro Capellari Vivaro vicentino in vohuni IV in foglio, esistente ms. nella biblioteca di S. Marco in Venezia. 3. Bettinelli Giuseppe. Cronaca stampata nel ProtogiornMe di Venezia per h anno 1762 n. IV, indicante le famiglie venete estinte dopo l’anno 1297 al serrar del maggior consiglio. 4. Bettinelli Giuseppe. Dizionario storico portatile di tutte le venete patrizie famiglie. Venezia 1780 per lo stesso stampatore. 5. Gallizioli Gio. Battista. Memorie venete antiche. Venezia 1795 per Pracasso vol. VIII in 8.° 6. Cicogna Emmanuele. Iscrizioni veneziane. Venezia per Picotti 1825 e seg. in 4.° 7. Fra Ireneo della Croce. Istoria di Trieste 1698. Venezia in foglio; nel libro VIII cap. XI tratta del le famiglie di Trieste passate a Venezia, colTappoggio di Andrea JDandolo, di Giulio Feroldo, di Aurelio Tedoldo e di altre sei cronache ms., clie segneremo colle lettere deli’ alfabetto, e da chi avute. A Bal sig. Aldrago Picardi, cittadino di Trieste. B Dal sig. Maurizio Urbani, pure cittadino di Trieste. C. Da Francesco Rusca nodaro padovano. I) Cronaca che conservavasi in allora nel convento de’ carmelitani scalzi di Venezia. E Dal dottor Gasparo Brumati di Gorizia. F Dali’ abate Bernardo Giustiniani di Venezia. Frontispizio .Pag. 1 Dediča deli’ editore all’avv. Francesco Costantini da Pisino ... » III Canonico Don Pietro Stancovich •— cenno biografico. » V Lettera-dedica del can. Stancovich al professore Giuseppe de Lugnani . » VII Prefazione. » IX Titolo deli’ opera. » XII Copitolo I — Epoca romana. » XIV „ II — Santi . » XVI „ III — Mitrati. » XX „ IV — Letterati. » XXIV „ V — Militari. » XXVII „ VI — Distinti per altri titoli. » XXIX CAPITOLO I. Istriani deli’epoca romana. 1. Epulo re.Pag. 3 Aneddoto intorno ad Epulo. » 6 Ubicazione di Nesazio. » 7 2. Tito Statilio Sissena Tauro, console. » 10 3. Petronio Probo, console . » 12 4. Cajo Vibio Varo, legato e proconsole. » 14 5. Šesto Palpellio „ „ . .. » 15 6. Marco Sempronio, erpuite. » 16 7. Cajo Basilide „ di Pola. » » 8. Marco Aurelio Menofllo, equite di Pola. » » 9. Lucio Canzio Settiminio, „ „ Parenzo. » » 10. Fabio Severo, senatore, di Trieste. » » 11. Pubblio Attilio, prefetto . » 19 12. Lucio Vario Papiriano, duumviro, di Trieste. » » 13. Tito Abudio Vero Postumo, sottoprefetto, di Parenzo. » » 14. Tito Elio Crisomalo, liberto e procuratore, di Pola. » » 15. Quinto Cajo Petronio, procuratore. » 20 16. Partenopeo. » 25 17. Quinto Mario Proculo, beneficiario .. » » 18. Arogo, liberto .Pag. 52 19. Eufemio.... „ » » 20. Gianuario „ . .. » » 21. Gianuario, coadjutore. » » 22. Marco Aureiio Crescente, coadjutore. » » 23. Lucio Sergio Lepido, edile. » 26 24. Publio Palpellio, primopilo . » 27 25. Lucio Flaminio, tribuno militare . » » 26. Quinto Flaminio, „ B » » 27. Šesto Flaminio, „ „ » 28 28. Quinto Petronio Modesto, primopilo . » » 29. Cajo Precellio Augurino, triumviro. » » 30. Tiberio Attio lllaro, decurione. » » 31. Lucio Arnio Basso, centurione. » » 32. Lucio Sergio, edile di Pola. » 29 33. Cajo Sergio „ „ . » » 34. Lucio Cassio Longino, duumviro, di Pola. » » 35. Lucio Calpurnio Pisone, , „ . » » 36. Cajo Cetacio Severiano, edile, di Trieste. » » 37. Marco Surino Marcello, triumviro. » » 38. Ispanio Leutulo, duumviro. » » 39. Nipote, „ » » 40. Torbasio, decurione, di Pola. » 30 41. Cueio Pompeio Giustino, decurione, di Trieste. » » 42. Ario Imigenio, triumviro.. • » » 43. Publio Marico, quadrumviro. » » 44. Lucio Carpennio Sabino, seviro di Pola . ._. » » 45. Quinto Celio, seviro, di Trieste. » » 46. Publio Valerio, seviro. » 31 47. Lucio Tichio „. » » 48. Šesto Apuleio Apollonio, seviro, di Trieste. » » 49. Cajo Vibio Valente „ „ » » 50. Felice, „ „ » » 51. Tito Marcio Secondo „ » » 52. Cajo Valerio Trofimo, „ » » 53. Gneo Flavio Eros, » » 32 54. Quinto Sirzio Callisto, B » » 55. Selicio, seviro, di Pola. » » 56. Tito Lustidieno Nestore, augustale di Pola. » » 57. Lucio Publicio Sintropo, archigallo. » >> 58. Quinto Publicio, sacerdote telchino, di Trieste. » 33 59. Cajo Publicio Ermete, edituo. * » 60. Seconda, cimbalistra. » » 61. Visia Tertulina, sacerdotessa. » * 62. Lucio Verginio Pudente, aruspice. » >> 63. Marco Publicio, augure. » 34 64. Antonio Azio Calo, archiatro. » * 65. Cajo Alfio Isocriso, medico. » ( >:> k 66. Serjo Polense, parassito istrione. » 3o 67. Costanzo, munerario, di Trieste. * 36 68. Decorato, reziario „ » » 69. Ceruleo, mirmillione s » » 70. Decorato, seiutore „ » >:> 71. Doroteo Desmesolochio, gladiatore. » 37 72. Simplicio, grammatico, di Emona. 73. Antonino Etico, cosmografo. Alcune famiglie istriane deli’ epoca romana . CAPITOLO II. Santi istriani. 74. Beato Elio, di Castel Bona.. 75. S. Primo, sacerdote, di Trieste. 76. S. Marco, diacono „ . 77. S. Giasone » . 78. S. Ceciliano „ . 79. S. Lazzaro, diacono » . 80. S. Apollinare „ , . 81. S. Eufemia, martire „ . 82. S. Tecla „ „ .• 83. S. Zoilo. 84. S. Servilio. 85. S. Feliee. 86. S. Silvano. 87. S. Diode martire . 88. S. Servolo „ di Trieste . 89. S. Giustina „ * . 90. S. Giusto „ „ . 91. S. Ruffo „ di Luparo (Neoparo). 92. S. Donato „ . 93. S. Girolamo, di Stridone (Sdregna). La patria di S. Girolamo. Bella questione intorno alla patria di S. Girolamo. 94. S. Pietro, martire, di Parenzo. 95. S. Nazario, primo vescovo di Capo dTstria, di Boste (Elpidio) . . 96. S. Massimiano, arcivescovo di Ravenna, di Pola. 97. S - Florio, o Fiore, vescovo di Cittanova. 98. S. Niceforo, vescovo di Pedena. 99. Beato Assalone, vescovo di Capo d’ Istria . 100. Beato Ottone, minorita, di Pola. 101. Beato Monaldo, „ di Capo d’ Istria. 102. Beato Giuliano, rninore Osservante, di Valle. 103. Beato Antonio Martissa, servita, di Capo d’ Istria. 104. Beata G-iuliana Malgranello, servita, di Capo d’ Istria. CAPITOLO III. Mitrati Istriani. 105. Gennaro, patriarca 106. Lorenzo, 107. Marciano, „ 108. Epilanio, „ 109. Cipriano, , 110. Stefan o „ 111. Antonio,. » ] 12. Agatone, , Patriarchi. di Aquileja, di Pola . . n 71 • • di Grado, di Pirano . . „ di Umago . . , di Pola . . . * di Parenzo . . „ di Capo d’ Istria Pag. 37 » 39 » 41 » 43 » » » » » » » » » 44 » » » » » » » » » » » » » » » » » » » 45 » » » » » » » 48 » 57 » 60 » 67 » » » 68 » 71 » » » 75 » » » » » 76 » 77 » » Pag. » » » » » » )i> 78 79 » » 80 » » » 113. Cristoforo, patriarca di Orado, di Pola.Pag. 81 114. Giovanni, „ „ di Trieste. » 83 115. Fortun ato, „ „ „ .. » » 110. Elio Antonio „ di Gerusalemrne, di Capo d' Istria. » 86 Vescovi ed Arcivescovi. 117. Diocleto, vescovo di Torcello, di Cittanova.. » 87 118. Severo, „ „ . » » 119. Diodato, , „ di Rivalta (Prove). » » 120. Andrea, „ di Parenzo „ Parenzo. » » 121. Ravizza (Rapicio) Enrico I, vescovo di Trieste, sua patria .... » 88 122. Ottone, vescovo di Parenzo, sua patria ... » » 123. Bonacorsi Bonacorso, vescovo di Cittanova, di Capodistria .... » » 124. Ravizza (Rapicio) Enrico II, vescovo di Trieste, sua patria ...» » 125. Morandino Rodolfo, vescovo di Trieste, di Rebe.co. » 89 126. Giovanni, rescovo delTAlbania, di Trieste. » » 127. Giovanni, vescovo di Cittanova, di Trieste. » » 128. Carturis Nicolo, vescovo di Trieste, sua patria. » » 129. Giovanni, vescovo di Cittanova, di Montona?. » » 130. Pola Geremia, vescovo di Capo d’Istria, sua patria. » » 131. Sardo Pietro, vescovo di Lecce, di Pirano. » » 132. da Muggia Giovanni, vescovo di Scardona. » 90 133. Lodovico Traversari, vescovo di Segna, di Pirano. » » 134. Aldegardi Nicolo, vescovo di Treste, sua patria. » 01 135. Giovanni, vescovo di. Parenzo, sua patria . » » 130. Goppo Antonio, vescovo di Trieste, sua patria. » » 137. Francesco, arcivescovo di Epidauro, di Capo d’ Istria. » » 138. Pascasio, vescovo di Pedena, di Gallignana. » » 139. Vossich Simone, arcivescovo di Antivari di Montona. » 92 140. Venier Bernardo, vescovo di Chioggia, di Pirano ....... » 98 141. Bonomo Pietro, vescovo di Trieste, sua patria .. » » 142. Tarsia Nicolo, vescovo di Capo d'Istria, sua patria. » 94 143. De Franceschi Girolamo, vescovo di Corone, di Capo d’Istria . . » » 144. Tagliacozzi Giovanni, arcivescovo d’ Antivari, di Pirano .... » 145. Vergerio Gio. Batta, vescovo di Pola, di Capo d’ Istria. » 9o Vita e rnorte di Gio. Battista Vergerio. » y> Pittura nella sagrestia della cattedrale di Pola. » 99 Sopra la vita e morte 6i Giovanni Battista Vergerio. » 190 Pretesa eresia di Gio. Battista Vergerio. » 191 146. Tagliacozzi Giovanni, vescovo di Chioggia, di Pirano. » H9 147. Vergerio Pietro Paolo, vescovo di Capo d’Istria, sua patria ... » » Accuse contro il vescovo Pier Paolo Vergerio . » 121 Opere di Pietro Paolo Vergerio, il Iuniore, prima che fesse deposto dali’episcopato. » 131 Opere dello stesso Vergerio, dopo che fu deposto dali'episcopato . » 132 Autori che scrissero in torno al vescovo P. P. Vergerio .... » 136 148. Carli Domenico, vescovo di Zante, di Capo d’Istria. » 137 149. Percico Pietro, vescovo di Secovia, di Portole. » » 150. Barbabianca Matteo, vescovo di Pola, di Capo d’ Istria. » » 151. Rapicio Andrea, vescovo di Trieste, sua patria. » » Lettera di S. Carlo Borromeo al vescovo triesti no Andrea Rapicio . » 139 Opere stampate . » 143 152. De Andreis Francesso, vescovo di Šcopia, di Capo d’ Istria ... » » 153. Bruni Giovanni, arciveccovo di Antivari, di Capo d’ Istria .... Pag. 144 154. Brattalich Simone, vescovo di Zagabria, di Barbana. » » 155. Dell’ Argento Gio. Giacomo, vescovo di Pedeua, di Trieste ... » 150 156. Marenzi Antonio, vescovo di Pedena, di Trieste. » » 157. Caldana Petronio Nicolo, vescovo di Parenzo di Pirano .... » 151 158. Brutti Giacomo, vescovo di Cittanova, di Capo d’ Istria. » 152 159. Glavinich Sebastiano, vescovo di Segna, di Pedena. » » 160. Contesini-Ettoreo Lelio, vescovo di Pola, da Isola. » 153 161. Brutti conte Agostino, vescovo di Capo d’Istria, sua patria / . . » 154 162. Fonda Girolamo, vescovo di Trau, di Pirano. » » 163. Piccardi Aldrago, vescovo di Pedena, di Trieste. » 155 164. Brigido Michele. vescovo di Lubiana, di Trieste. » 156 165. Polesini Francesco, vescovo di Parenzo, di Montona. » 157 Abati mitrati. 1 (>(». Carli Agostino, abate di Bisztria, di Capo d’ Istria. » 158 167. Iiampellio Giacomo, abate di S. Maria in Abraham, di Pisino . . » » 1(58. Fattori Giovanni, abate di S. Giacomo sul Danubio, di Pisino . . » 159 169. Segher Pietro, abate di Cilli, di Gimino. » » CAPITOLO IV. Letlerali. 170. Vergerio Pietro Paolo, il Seniore, di Capo d’Istria-. »160 Opere stampate. » 164 Opere inedite. » 167 Scritti di Pietro Paolo Vergerio il Seniore, secoudo F ordine dato da C. Combi. » 170 Altri scritti del Vergerio. » 172 171. Zevenzoni Rafaele, di Trieste . » 173 172. Febeo Ambrogio, di Pirano. » » 173. Vergerio Aurelio di Capo d’Istria. » 174 174. Divo Andrea „ . » 176 175. Zarotti Cristoforo „ . »177 176. Coppo Pietro, di Isola. » » 177. Goina Gio. Battista, di Pirano. » 180 Opere di G. B. Goina. » » 178. Grisoni Dr. Francesco da Capo d’Istria. » 181 179. Vergerio Lodovico „ . ,» » 180. Pantera Giovanni Antonio, da Cittanova. » » 181. Verči Nicolo, da Capo d’Istria. » » 182. Capiduro Girolamo, da Parenzo. » 182 183. Tarsia Gio. Domenico, da Capodistria. » » 184. Febeo Giuseppe „ . »183 185. Tazio Giovanni , . » » 186. Flacio Matteo, da Albona. » » Scrittori controversi sulla patria del Flacio, ed osservazioni del ca- nonico Stancovich. » 186 Alcune opere di Matteo Flacio. »191 Altri scritti di Matteo Flacio. » 194 Autori che serissero intorno al Flacio. » 195 187. Muzio Girolamo, nato in Padova nel 1496 . » 196 Tullia d'Aragona, ispiratrice del Muzio. »210 Opere edite di Girolamo Muzio.Pag. 213 Opere in latino dello stesso. » 228 Opere inedite „ „ » >> Opere del Muzio, secondo la descrizione fatta da lui stesso ... » 233 188. Codro Giovanni, forse di Montona. » 235 189. Vida Giovanni da Capo d’ Istria. » » 190. Muzio Giulio Cesare „ .. • . » » 191. Metello Vincenzo „ . » » 192. Da Pola Damiano, da Pola.. • » 236 193. Vida Girolamo, da Capo d’ Istria. » » 194. Belli Ottoniello, „ . .. » » 195. Diviaco Giacomo, da Montona . » »_ 19(5. Lacea Filippa, da Pola. » 237 197. Valdera Marcantonio, da Capo d’ Istria. » 239 198. Belli Giulio „ » » 199. Manzuoli Nicolo „ » » 200. Brutti Alessandro „ '.. » 240 201. Bruni Antonio „ » » 202. Pola Pietro, cavaliere „ » » 203. Brutti Gio. Battista „ » 241 204. Zarotti Nicolo , » » 205. Mauruzio Pietro » ». » 206. Del Bello Ottoniello „ » » 207. Bonio Rocco, da Isola. » 242 208. Vergerio Angelo, forse di Capo d’Istria. » » 209. Santorio Santorio „ . » » Opere stampate del Santorio. » 248 Opere inedite.. » 250 Istrumertti inventati. » » 210. Tamaro Bonaventura, da Isola. » 252 211. Porto Emanuele, di Trieste.. » ■» 212. Fini Raimondo, da Capo d’Istria. » 253 213. Glavinich P. Francesco, di Canfanaro. » » 214. Da Parenzo Bernardo. » 255 215. DelPArgento Vitale, di Trieste. » » 216. Fini barone Alessandro » . . . » » 217. Petronio dottor Prospero, di Capo d’Istria. » >> 218. Vergerio Girolamo, , . » 256 Opere di G. Vergerio. » 257 219. Fini cavaliere Orazio, da Capo d’ Istria. » 258 Scritti inediti del Fini. >:> 259 220. Petronio Caldana co. Marco, da Pirano. » >> 221. Belli Ottoniello, da Capo d’ Istria. » 260 222. Dalla Croce Ireneo, di Trieste. » 261 223. Carli Gian’ Rinaldo, da Capo d’ Istria. » » 224. Seussa Vincenzo, da Trieste. » 262 225. Giorgini Bartolomeo di Albona. » 263 226. Gravisi marchese Cristoforo, di Capo d’ Istria ........ » » 227. Belli Giacomo » . » >>_ 228. Vergottini Antonio Dr. di Parenzo. » 265 229. Gravisi marchose Giuseppe, di Capo d’Istria. » ■» ■ Scritti editi di G. Gravisi. » 26(5 Abbozzi di lettere scritte ad Apostolu Ženo. » 267 Scritti inediti. » 271 230. Bonzio Giuseppe, di Capo d’ Istria. 231. Gravisi marchese Dionisio, di Capo d’Istria . . 232. Tartini Giuseppe, di Pirano. Opere edite del Tartini. — Musicali .... Opere inedite. — Musicali . ,. Manoscritti Tartiniani. 233. Zuanelli (Giovanelli?) conte Antonio, di Rovigno 234. Almerigotti Frances-o Dr. di Capo d’ Istria . . 235. Ferro pietro Barnaba, di Parenzo. 236. Belli Nicol6, di Capo d’ Istria. 237. Tamburini padre Giusto, da Rovigno .... 238. Gregis don Filippo, di Parenzo. 230. Baseggio Antonio, di Pinguente. 240. Fini barone Alessandro, di Trieste. 241. Carli'conte Girolamo, di Capo d’Istria . . . 242. Ricci Vincenzo „ ... 243. Carli Gian’ Rinaldo „ ... Opere di G. R. Carli. S tam p ate separatamente. Manoscritte.. Scritti del Carli riguardanti 1’ Istria .... 244. Sponza Nicolo Dr. di Rovigno . 245. Schiavuzzi padre Antonio, di Pirano .... 246. Fonda padre Girolamo , .... 247. Artusi Don Giovanni Dr. di Parenzo .... 248. Vergottini Bartolomeo „ .... 240. Sincich Lorenzo „ .... 250. Marchesini dottor Marcello, di Pinguente 251. Angelini Antonio, da Rovigno . 252. Albertini padre Giorgio Maria, di Parenzo . . Opere starnpate. Opei’e inedite. 253. Bocchina conte Francesco Alessio, di Pinguente 254. Voltiggi Giuseppe. 255. Gravisi marchese Girolamo, di Capo d’ Istria . Opere starnpate.. . Opere inedite. 256. Pesaro don Antonio, da Isola ....... 257. Declencich don Antonio, di Capo d’ Istria 258. D’ Este dottor Lorenzo, canouico, di Capo d’ Istria 259. Carpaccio Antonio » 260. Gavardo Alessandro , 261. Pellegrini Domenico Maria „ Opere starnpate. 262. Donadoni Gio. Casimiro, di Trieste. 263. Bonomo Andrea Giuseppe s . Opere inedite. 264. Vordoni Leonardo di Pietro, da Corfu . . . Opere pubblicate .. Opere inedite. 265. Sbisa dottor Sebastiano, da Rovigno .... Scritti pubblicati. 266. Carli co. Gianstefano da Capo d’ Istria . . . 267. Oplanich Gabriele, da Parenzo. Pag. 272 » 274 » 275 » 285 » 289 » 290 » » » 291 » » » 292 » 293 » » » » » 294 » » » 295 » 297 » 322 » 324 » » » 325 » 329 » » » » » 330 » » » » » 331 » 332 » 333 » 334 » » » 335 » » » 336 » 339 » 340 » 341 » 342 » » » 343 » » » 344 » 345 » 349 » » » 350 » » » 351 » 352 » » » 253 » » » 355 268. Dal Srnino Apollonio, da Piranu ..Pag. 356 269. Gravisi marcliese Giulio, da Pinguente. » » Porta aurea di Pola. » » 270. Polesini marchese Gio. Paolo Sereno da Parenzo. » » Opere edite., . .. » 362 Opere inedite.-., . . . . » 263 CAPITOLO V. M ilitari. 271. Bajolo di Trieste. »364 272. Gavardo Gavardo I. da Capo d’ Istria. » » 273. Rapieio Antonio da Trieste . »'• 365 274. Bonomo Gio. Antonio da Trieste. » » 275. Gavardo Gavardo II, di Capo d’ Istria. » » 276. Bonomo Pietro da Trieste. » 366 277. Žanom da Capo d’ Istria. » » 278. Di Montona Nicolo . » » 279. Gravisi Nicolo fu Van to di Pirano. » » 280. Bon Vittore di Capo d’ Istria. » 367 281. Lugnani Tiso „ » » 282. Lugnani Monfardino „ » 368 283. Lugnani Piato „ .. . » » 284. Gavardo Santo I „ .. ...» 285. Del Cancelliere Cristoforo di Trieste. .» 370 286. De Leo Antonio „ » » 287. Gravisi Van to da Capo d’ Istria. » » 288. Gavardo Giovanni Filippo „ » 371 289. Gavardo Rinaldo l „ » » 290. Bernardino da Montona.. . ».- 372 291. Ingaldeo Giovanni da Capo d’ Istria. » » 292. Ingaldeo Pasquale „ » 373 293. Tarsia Giacomo „ .» 294. Bombizza Giovanni da Muggia.. , » » 295. Zarotti Antonio da Capo d’ Istria . » 374 296. Tarsia Damiano fu Giacomo „ » » 297. Gavardo Roberto I „ » 375 298. Gavardo Alessandro I „ .. . » » 299. Gavardo Gavardo III „ . ... f .... . » 300. De Leo Antonio, di Trieste. » - 301. Apollonio Lorenzo di Capo d’Istria.. .. » 376 302. Scampicchio Matteo di Albona . . . . . .....'. . . » » 303. Verzi Giovanni di Capo d’Istria. » » 304. Dell’Argento Giusto' di Trieste. » 305. De Castro Gio. Battista di Pirano. » » 301? Percico Andrea da Portole. » 377 306. Tacco Gian’ Dotnenico da Capo d’ Istria. » » 307. Percico Paolo da Portole. » » 308. De Giovanni Giovanni da Capo d’ Istria. » 378 309. Carrerio Paolo Emilio „ .. . » » 310. Gravisi mar,Trese Pietro „ .. . . » ■ »• 311. Gavardo Prancesco 1 „ . » 379 312. Gavardo Rinaldo II „ . » » 313. Lupetino Baklo di Albona. » » 314. P> » » » » » » » » » » » 434 » » » 435 » » » •» » 436 » 347 » » 438 » » 439 » 440 » 447. Brutti Bartolom p o „ .. Pag. 440 448. Querenghi Orazio di Albona.• . . . . » » 449. Del Tacco Francesco, di Capo d’Istria . » 441 450. Del Tacco Giacomo , » » 451. Gavardo de Gavardo „ » » 452 . Trevisani Francesco „ » » 453 . Trevisani Angelo , » 443 454. Stancovich Antonio di Sanvincenti. » » 455. Reccliini Teresa da Parenzo. » 444 456. Costantini Gian’ Francesco, da Rovigno. » » 457. Costantini dottor Oliviero „ . » 445 458. Biancini padre Clemente „ .. » » 459. Costantini dottor Pier’Francesco „ .. . » » 460 . Belgramoni del Bello Ingaldeo Lodovico di Pinguente ..... » 446 461. Battistella Simeone da Rovigno. » » 462 . Radovani Francesco, da Capo d’Istria. » » 463. Gregis conte Gio. Antonio,’ da Parenzo. » 447 464. Gregis conte Rinaldo „ . » » 465. Dalla Zonca Giannandrea da Dignano. » » 466. Brigido conte Pompeo, di Trieste. » 448 467. Brigido conte Giuseppe „ » » 468. D’ An dri Pietro, da Capo d’ Istria. » » 469. Valle Giovanni „ .. » » 470. Brutti conte Agostino „ .. » 454 471. Tranquilli Francesco Saverio, da Pisino. » » 472. Rota conte Orazio, di Momiano. » » 473. Masato don Giovanni, di Rovigno. » 455 Famiglie istriane patrizie venete. » 456 f