Sto,ia Istria, Trieste e Gorizia nel settembre-ottobre '43 L'uomo istriano costretto a cadere in basso ' 8 settembre '43, quando fu annunci_ato l'ar~ist!zio,. fir mato cinque g1orm pnma, crollnel giro di qualche ora, come un castello di sabbia, l'impero che il piccolo re ed il grande collezionista di monete e terre altrui, Vittorio Emanuele III, era riuscito a mettere insieme negli ultimi tre decenni. Nel la confusione generale che regnin quei giorni, il governo di Badoglio rispettsolo il primo punto del l'armistizio, vale a dire il cessate il fuoco mentre le altre sette condi zioni della resa italiana non furono rispettate. Le autorità italiane mancarono così all'impegno che riguardava l'immediato rilascio dei prigionieri politici ed internati e, per di pistabiliva che "nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco". Per quanto riguarda gli internati jugoslavi, in molte località di cinon si tenne conto perché l'esercito italiano li consegncon custodia armata ai tedeschi (1), come quasi tutto il carcere di Alessandria, dove c'erano tra l'altro circa cento sloveni in attesa di essere processati dal Tribunale speciale che furono deportati in Germania da dove sono ritornati solo pochissimi. Altrettanto vale per i prigionieri politici che furono trasferiti -in quel periodo -dalla penisola verso il carcere triestino Coroneo. Le autorità italiane non hanno fatto niente per facilitare il ritorno nelle loro case degli uomini e dei ragazzi (inclusa la classe '26) arruolati.nei battaglioni speciali (unità di lavoro) nella primavera '43; anzi hanno fatto di tutto per spostarli dalla penisola appenninica verso le isole (specie Sardegna) per impedire loro la fuga verso casa. Dopo l'armistizio questi uomini saranno semplicemente dimenticati per un lungo periodo fino alla cessione all'esercito anglo-americano. Per di piuna parte degli ufficiali italiani ed in molti casi i carabinieri, si misero al servizio dei tedeschi dimenticando il giuramento al re e alla Patria. Tutti questi eventi creavano un clima particolarmente fosco nella Giulia (Istria, Trieste, Fiume e Gorizia), regione plurietnica che con il 18 Panorama dr. Boris Gombac Trattato di Rapallo del 1920 ( e quello di Roma del 1924) diventparte dell'Italia e dove la stragrande maggioranza degli slavi era già da tempo stanca delle umiliazioni fasciste. Alla luce di questi fatti bisogna dunque interpretare il periodo di settembreottobre '43. 8 Settembre -Il collasso dell'esercito italiano nella V. Giulia Quando si parla del periodo dell'armistizio, nella V. Giulia, la storiografia italiana si concentra soprattutto sul fenomeno delle "foibe", vale a dire le cavità carsiche usate per sterminare qualche centinaio di disgraziati italiani e slavi (indicati anche questi ultimi come italiani per ingrandire le atrocità "slavocomuniste"). La stampa ed alcuni autori italiani descrivono gli eventi in Istria, dopo l'armistizio, come se ogni slavo con i suoi rancori -accumulati durante il ventennio fascista -avesse scavato un buco per sotterrare, al momento opportuno, il suo "nemico secolare", !"'italiano". Le cose si sono sviluppate, fortunatamente per tutti, ben diversamente da quello che una certa propaganda di stampo nazional-fascista non smette di divulgare attraverso i media italiani e addirittura attraverso i libri scolastici. Quello che caratterizza di piil periodo di settembre-ottobre è che dei veri fiumi di militari italiani tentano di attraversare la regione per sfuggire ai tedeschi e ritornare a casa. L'8 settembre 1943 coglie i 340.000 soldati italiani dislocati in Jugoslavia nelle condizioni peggiori che un esercito di invasione possa immaginare: essi sono semplicemente abbandonati al loro destino, senza ordini chiari. Per questa ragione la stragrande maggioranza dei militari decide, dunque, di ritornare a casa e la principale, la pisemplice via di ritiro verso la penisola appenninica passa proprio attraverso la strada Fiume-Trieste. Trieste I punti nevralgici vennero occupati dai tedeschi a Trieste già il 9 settembre. Diverse navi militari abbandonarono il porto: tra esse la corvetta Berenice ( con equipaggio completo di 112 uomini) che, mentre tentava di mollare gli ormeggi, fu affondata dai cannoni tedeschi piazzati sul ciglione dell'altopiano carsico (Banne ). I naufraghi del "Berenice" furono proditoriamente mitragliati in mare (2). L'esercito italiano fu disarmato a Trieste il 10 settembre; i militari italiani furono smistati come prigionieri nei pidiversi stabilimenti della Giulia, specie alla Stazione centrale di Trieste (l'edificio del Silos) che era piena di soldati italiani catturati in Jugoslavia o nella Giulia. All'esterno del Silos c'era molta confusione: genitori, parenti e conoscenti che chiamavano per nome i prigionieri (molti dei quali erano fuggiti nei giorni precedenti) e non ricevevano risposta (3). I meno fortunati furono smistati verso la stazione ferroviaria di Villa Opicina (nel sobborgo di Trieste) e lì furono caricati -a parte qualche rara eccezione che accettla collaborazione con i tedeschi -a gruppi di settantacinque uomini (in piedi) in vagoni bestiame, che furono poi sigillati e inviati a Danzica. Il primo convoglio dei prigionieri partì già il 13 settembre e nelle vicinanze di Lubiana bisognava fare il trasbordo su un altro treno, perché la ferrovia fu fatta saltare in aria dai partigiani sloveni. Alcuni militari -in quel momento -tentarono la fuga, perfurono falciati dalle mitragliatrici tedesche. La battaglia di Gorizia Oltre 20.000 militari italiani e un reggimento di artiglieria tedesco erano schierati nel Goriziano in perfetta efficienza di guerra. Il territorio era sotto la sovranità italiana perlo stesso si arriv-con i partigiani locali -alle trattative per la resa (4). Dopo l'armistizio si erano accordati a proposito del disarmo dei militari italiani, della cessione d'armamenti e munizioni, ecc ... Il 9 settembre arriva San Pietro Storia (2 km da Gorizia) una colonna di circa mille manifestanti in maggioranza donne ed adolescenti -con bandiere slovene e con la stella rossa -che chiedevano la liberazione dei detenuti politici, rilasciati solo il giorno dopo. Di questi momenti ricorda Loredana Burlini di Vicenza: "Mi trovavo nel carcere giudiziario sin dai primi giorni del gennaio 1943 in attesa cli essere deferita al Tribunale speciale di Roma. Otto lunghi mesi di fam e atroce in una cella sovrappopolata e con ancora i postumi delle torture subìte a Tì-ieste nel dicembre 1942 dai carabinieri di Piazza Alberto. ( ... ) Fuori dal carcere ci attendeva una folla enorme, festante, con cartelli, che non sapeva come esprimerci calore, gratitudine, solidarietà e tanta simpatia. ( ... )" (5). Il 171 ° Reggimento tedesco avanzverso Gorizia. Si trovdavanti lo sbarramento, formato dal 9° Reggimento Alpini, il cui comandante Sibilla offrì al colonnello tedesco della birra ma, visto che non accettava le condizioni tedesche di resa, il germanico lo ringraziarrestandolo e mandando egli e l'intero reggimento in Germania (6). Accanto al ponte di Salcano era schierata la divisione Torino che in seguito ad aspri combattimenti, durante tutto il 9 settembre, i tedeschi riuscirono a catturare nella sua togiorno fu abbandonata anche Aidussina ed una parte delle armi furono lasciate ai partigiani. Le unità italiane abbandonarono Circhina e Iudrio già nella notte tra il 9 e il 10 settembre dopo essere state disarmate, ed in quei giorni fu ucciso l'impiegato comunale italiano Angelo Ruzzini ed alcuni altri abitanti locali (7) . Alla fine di settembre arriva Chirchina -da Lubiana -un gruppo di titini, già resisi famosi per i loro assassinii nella Provincia di Lubiana, e la prima cosa che fecero fu la convocazione di tutti gli italiani -immigrati in questo territorio dopo _ nussi "ha termine, prima ancora di avere avuto inizio, la difesa della Venezia Giulia". I partigiani locali -insieme con militari italiani -occuparono la località di Sussak, Castua, Mattuglie, Volosca e Laurana, e fecero saltare in aria i tre principali ponti, quello ferroviario, quello della strada costiera, quello di Rupa (a 10 km da Fiume) e quello dell'ex confine sull'Eneo (Rjecina). Tutto cirallentl'avanzata dell'esercito tedesco ed in buona parte impedì la deportazione dei militari italiani verso i campi di concentramento, pernon del tutto. talità. I partigiani italiani insieme a quelli sloveni difesero Gorizia dai tedeschi e fascisti. Nel momento dell'armistizio c'era nella selva di Tarnovo, una sola unità partigiana (Primorski odred, Distaccamento litorale) con due battaglioni, vale a dire in totale una cinquantina di uomini. Nell'immediato armistizio, per, moltissimi sloveni ed italiani presero le armi per difendere Gorizia dall'occupazione tedesca. Già il 10 settembre i tedeschi -rafforzati da reparti e formazioni speciali di ufficiali italiani che combattevano da semplici soldati -avevano conquistato il San Gabriele. Il 22 settembre '43 fu aperto un "fronte" presso la città di Gorizia. I tedeschi avevano subìto delle "grosse perdite", ma anche dalla parte partigiana le perdite furono con circa 150 morti e feriti -molto gravi. A Vipacco il comando italiano ricevette l'ordine, 1'11 settembre, di sgomberare la cittadina. Lo stesso il 1918 -che furono in seguito costretti a partire. Fiume/ Villa del Nevoso Il 10 settembre i tedeschi chiesero al generale Gambara, che si trovava a Fiume, di occupare la costa col pretesto di opporsi a ( eventuali) sbarchi anglo-americani; al suo rifiuto , fecero seguire nel pomeriggio un "ultimatum" che prospettava tre soluzioni: o combattere contro i tedeschi, o fare causa comune con questi, o cedere le armi ed andarsene alle proprie case (8). Le truppe, per effetto di quello che vedevano e sentivano intorno a loro -"armistizio! armistizio!" -si sfaldarono a poco a poco. Riuniti i generali presenti -a Sussak (Fiume) -e accogliendone l'unanime parere, si accettla terza soluzione -cedere le armi -con alcune clausole che tendevano a salvare la parte formale. "Con ci concluse il generale Za-Il 14 settembre partirono da Po· stumia e da Pola alcune unità tedesche che occuparono la città di Fiume alle 17.00 della stessa giornata. Le due unità tedesche arrivarono a catturare una parte dello Stato maggiore del Il Corpo d'armata -tra i quali Gambara, pitardi rilasciato -e un gran numero di militari italiani. A Villa del Nevoso piccola cittadina slovena -una ventina di chilometri da Fiume -dopo 1'8 settembre i partigiani rastrellarono tutte le donne e gli uomini italiani della zona. Li portarono in una fabbrica ed in seguito invitarono i militari italiani a riconoscere nel gruppo qualche presunto criminale. I militari italiani "prigionieri" non fecero alcun riconoscimento e finalmente si salvarono cantando "Bandiera rossa"; poi scapparono -come ricorda uno dei testimoni -"( .. .) purtroppo, verso i campi di concentramento te- P anorama 19 Storia _ deschi" (9 ). ~l 1_2 set_te1:nbre fu liberata dunque la c1tta ed I dmtorni e le armi furono trasportate verso i boschi del Monte Nevoso. I tedeschi attaccarono Villa del Nevoso il 15 settembre e in un combattimento impari i partigiani persero -secondo le fonti tedesche 20 ~?mini, mentre secondo quelle partigiane 16 uomini. Forse la stessa unità tedesca cattur il 15 settem bre, quaranta dalmati che stavano ritornando dal campo di concen tramento di Gonars e li falciarono con i mitra nelle vicinanze di Fiume. Quan_do oc~uparono Jelenje (Sus sak) mcend1arono quattordici case. Presso la _loc_alit~ d! Lipa (sempre nella _provmcia d1 Fmme) i patrioti croati -dopo l'armistizio -riuscirono ad uccidere nei combattimenti 60 militari tedeschi (1 O). Il periodo dell'armistizio nell'Istria occidentale e centrale Pola Il 9 settembre i carabinieri dispersero una manifestazione popolare sparando sulla folla, provocando tre morti e sedici feriti ( 11). Il 12 settembre il comando italiano cedette ad una unità di soli trecento t~deschi tutto il presidio militare: un distruttore, due cacciatori dei sommergibili, una nave cisterna e varie piccole unità marittime ed i tedeschi catturarono circa 15.000 uomini tra militari e altre persone in uniforme. Una minoranza di militari, con in tes_ta i fascisti, si mise peral servizio dei tedeschi. Continuarono a lavorare al servizio dei tedeschi anche mol_tissimi ca1:abinieri che svolgevano 11 r1:1o_lo ~h ~orveglianza dei prig10men italiani e non esitarono a sparare sui fuggiaschi, come ricorda un? ?i _loro (12) . Alcune migliaia di ufficiali e marinai italiani -che si erano rifiutati di servire l'invasore -vennero caricati ~u~ carri merci per essere trasportati m Germania ai lavori forzati ( 13 ). Ai tedeschi furono ceduti anche 400 prigionieri politici che si trovavaho in carcere. Questi detenuti furono liberati -dopo un duro combattimento -dai partigiani solo il 14 settembre ed in seguito si dettero ~Ila fu~a. U_n gruppo di prigionieri hberatI fu immediatamente catturato dai tedeschi e 25 fra di loro furono fucilati presso Montegrande a Fasana (14). Questo fu il primo grande eccidio di civili nella serie dei massacri compiuti dall'esercito tedesco in Istria nel settembre/ottobre del '43. Si era ormai verso la fine di set 20 Panorama tembre _e ogni giorno che passava i tedeschi facevano partire per des~ina_zion_e "i_gnota" un gruppo di prig1ome~1 1_taham. Il gruppo degli accadem1st1 che_ si ritrovnel porto di Pola (dopo 11 bombardamento di Liv<;>rno) fu convogliato verso la petroliera Reggina di 10.000 tonnellate. Nei serbatoi maleodoranti di questa n~v~ _fur_on? stivati duemila prigiomen 1taham che furono sbarcati il 29 settembre a Venezia dove li attendeva un lunghissimo treno di carri bestiame e con l'eccezione di qualche fortunato fuggiasco furono trasferiti in Germania (15) . L'Istria interna Gli istriani salvarono migliaia di militari italiani Visto che le principali strade ed incroci erano occupati dai tedeschi i militari italiani preferirono darsi alia fuga attraverso l'interno dell'Istria. Come era successo nel territorio abitato dagli sloveni anche nell'interno dell'Istria "croata" i contadini aiutavano -come riconosce il professore de Castro -"i soldati italiani sbandati a salva~si, dopo 1'8 settembre" (16). Sul settimanale vescovile Vita nuova del 18 settembre, il vescovo Santin raccontava: "Migliaia e migliaia di questi carissimi fratelli furono vestiti, nutriti, accolti, difesi; essi trovarono l'amore e il calore di una famiglia che si estendeva a tutte le c~se e . a. tutt! i_ casolari" (17) . Te~timom dJrett1 d1 quei fatti scrivono: Va sottolineato ancora una volta c~e la pop_ol_azione ( ... ) porse ogni amto poss1b1le alle migliaia e migliaia di soldati italiani demoralizzati ( ... ) che cercavano di raggiungere l'opposta sponda dell'Adriatico( ... )" (18). E assolutamente lo stesso discorso vale per la Dalmazia e Montenegro dove si trovavano i militari italiani abbandonati al loro destino. Fu_rono i patrioti slavi (lo stesso si chiamavano domobrani -patrioti e nonpartizani) (19), accompagnati da alcuni italiani, a catturare tre convogli di treni che trasportavano qualche migliaia di prigionieri italiani in viaggio da Pola verso la Germania. Nella notte fra il 12 e il 13 settembre alla ~tazione di Pisino, il lungo con~ vogl!~ v~nn_e accerchiato dagli insorti 1stnam, mentre altri due treni furono fermati già prima di arrivare in questa cittadina istriana. I marinai italiani furono liberati e lasciati andare alle loro case, mentre una cinquantina di essi si unirono alle formazioni antifasciste (20) . I militari tedeschi che accompagnavano i tre treni con i prigionieri italiani cer carono di sfuggire alla cattura e -a m~~à settembre (13 o 14) ventidue mil1tan tedes~hi furono passati per le armi nelle v1cmanze di Gallignana (Gracisée) (21). L'insurrezione popolare in Istria Tizzano /A/bona Sulla ~trada Pola-Trieste, 1'11 settembre_ circa mille insorti (per lo picontadini forzosamente arruolati) fermar':rno una colonna composta da 60 camion a bordo dei quali c'era un battaglione dell'esercito italiano che cercava di raggiungere Trieste. I soldati e gli ufficiali furono lasciati liberi di tornare alle loro case, e un gruppo di essi si unì agli insorti. Mentre era in corso la distribuzione delle armi e venivano costituite le c?mpagn_ie partigiane, quello stesso g10rno gmnse da Trieste, diretta a Pola, una colonna motorizzata tedesca c_on carri armati. In un'impari battaglia ( contadini contro militari esperti) le perdite partigiane furono p~santissime: 84 caduti (tra di loro cmque militari italiani che vi si erano uniti). Anche le perdite tedesche erano "sensibili" -secondo le fonti comuniste-: una autoblindo e alcuni militari. All'indomani dei combattimenti ~I bivio di Tizzano, gli insorti accerchiarono all'alba la città di Parenzo che si arrese ai "liberatori" ed in seguito oltre cento persone furono prelevate e portate via. Tra le persone deportate dai partigiani 82 di loro non si rivedranno mai pi Il 12 settembre i tedeschi -assistiti da fascisti locali -attaccarono press? ~!bona cir~a 300 ribelli (minaton d1 Arsa) e m quell'occasione fur?_no ucc!si 43 resistenti (22). Un msurrez10ne "generale" e "popolare" ebbe luogo in tutta l'Istria. La caduta del fascismo e l'armistizio in un primo momento, entusiasmarono m?ltissima gente. Nel giro di una sett!mana furono occupati dalla p_opol~~10n_e l,ocal_e quasi tutti i pres1d1 m1litan d Istna e le armi furono prelevate ai soldati e ufficiali italiani e la stessa cosa vale per i carabinieri. A tutti loro fu concesso di tornare liberamente alle loro case. L'euforia per la fine di un'epoca nera e piena di sofferenze fu grande e gli antifascisti colsero l'occasione per impossessarsi del potere -anche se a volte solo per qualche giorno -in tutta l'Istria tranne a Pola e a Fiume. Già il 13 settembre fu organizzata a Pisino una riunione tra i dirigenti dell'insurrezione ( con quasi totale assenza degli italiani, che allora rappresen~av~no la metà della popolazione 1stnana) durante la quale proclamarono l'unificazione dell'Istria alla Storia Croazia. Questa era una lotta nazionale e, nello stesso tempo, di classe e proprio a causa di questo fattore moltissimi italiani si unirono al movimento insurrezionale. Il grandissimo numero dei morti tra gli insorti si spiega col fatto che elementi irresponsabili, provenienti da Zagabria e dalla Lika, che avevano perso ogni contatto con la realtà locale, incitarono la gente all'insurrezione per poi -visto il pericolo tedesco -darsi alla fuga, lasciando gli ingenui abitanti locali ai nefasti destini. Rovigno Alla notizia dell'armistizio quel periodo in Istria. Il 22 settembre la città venne investita da una colonna tedesca disposta a ferro di cavallo: passano per le armi 3 cittadini e ripartirono verso Pola. Il giorno seguente, 23 settembre, le forze partigiane che si erano ritirate a Gimino, dove avevano pernottato, rientrarono nuovamente in città e in quell'occasione eseguirono una decina di arresti. Capodistria Dopo l'armistizio a Capodistria e Pirano partirono immediatamente verso casa i militari delle guarnigioni locali che furono disarmati, per dai perfedeli servitori dei co dell'Italia, ancora la sera del munisti jugoslavi . 1'8 settembre, i comunisti di Cominciarono, nello stes ., Rovigno con alla testa Pino so tempo i prelievi nelle case Budicin, organizzarono un dei noti fascisti locali (spesso pubblico comizio. Ad essi si "italianissimi" croati) ed altri unirono gli operai e le ope elementi compromessi con il raie delle fabbriche e nume fascismo proprietari terrieri - rosissimi cittadini. Il 15 set probabilmente vittime di tembre fu occupata l'isola di vendette di coloni e mezzadri Sant'Andrea -proprietà della -esattori delle imposte, guar famiglia austriaca Von Hue die campestri e in genere le teteroth -ed in quell'occa persone in qualche modo in sione furono portate via l'ot caricate di applicare leggi o tantenne baronessa Maria e norme statali. Come rileva la sua cinquantenne figlia nel suo diario il partigiano Barbara; non fecero mai pi Privilegio, sia a Rovigno che ritorno. in tutta l'Istria, "elementi La mattina del 16 settem estremisti irresponsabili" con bre, in base al piano, pidi sumarono vendette private, cento partigiani italiani e sotto la spinta di odi personali croati, insieme con i dirigenti o seguendo una linea di ri politici antifascisti di Rovigno vincita nazionalistica che mi entrarono nella città. Disar ra colpire chiunque fosse sia marono tutte le formazioni stato portatore di valori legati militari italiane di stanza in alla difesa dell'identità na città e con l'aiuto di comunisti zionale italiana" (27) . I primi locali riuscirono ad arrestare processati a Pisino e condan un centinaio di cittadini, i pi nati a morte ( circa cinquanta "incalliti fascisti macchiatisi persone, tra le quali il prete di crimini che per alcuni de Tarticchio di Villa di Rovi cenni avevano terrorizzato la gno) sono portati, il 19 set popolazione della città". Così tembre, in due cave di bauxite il Comitato rivoluzionario di Rovigno -comandato dai comunisti italiani locali -arrest il 17 settembre, e poi spedì a Pisino 14 persone (italiani, ex squadristi e confidenti dell'OVRA) (23). Solo uno tra gli arrestati sarà rilasciato a Pisino, gli altri saranno giustiziati prima dell'arrivo dei tedeschi. Questi ultimi riuscirono perad arrestare i due principali comunisti rovignesi Augusto Ferri e Pino Budicin e li passarono per le armi. I tedeschi riuscirono a catturare sul Canale di Leme, il 13 settembre, 16 giovani (italiani e croati) e li passarono immediatamente per le armi, insieme con altri quattro prigionieri (24) . Fu la prima lezione su come bisognava trattare i prigionieri; esecuzione che caratterizzava Pino Budicin, eroe popolare, uno dei principali artefici della partecipazione degli italiani alla lotta partigiana in Istria partigiani. I tedeschi non si sentivano sicuri e il 25 settembre trasferirono dalla prigione di Capodistria molti prigionieri politici a Trieste. Per evitare la stessa sorte al resto dei prigionieri, i partigiani entrarono in città e -con la complicità del medico del carcere Giovanni Paruta -riuscirono a liberare, il 26 settembre, circa duecento prigionieri ( originari dei territori jugoslavi occupati dall'Italia nel 1941) (25) . Il 27 settembre una colonna tedesca ammazzcinque partigiani -nell'incrocio Isola/Corte -che tenta- _ vano di fermarli con dei gesti (26). "Processi" dei ''fascisti" in Istria Qualche giorno dopo l'armistizio inizi nella regione Giulia, per metà spontanea e metà manipolata, la resistenza degli antifascisti, comunisti ed agitatori locali. Tra questi resistenti dell'ultima ora c'erano -in non pochi casi -quelli che avevano indossato la camicia nera solo qualche settimana indietro o la divisa di carabiniere sino all'8 settembre. Questi voltagabbana furono -a causa del loro passato -male ricevuti dalla gente locale, ma diventarono ( con una profondità di circa dieci metri) vicino al villaggio di Baksoti ( cava di Lindaro) e là sono stati passati per le armi. Visto che uno dei "fascisti" riuscì a scappare si decise allora di ricorrere alle cavità carsiche (foibe) e così è stata portata avanti l'esecuzione di circa 450 persone (tra loro alcune donne, pernon minorenni) fino all'inizio di ottobre, quando inizil'offensiva dei tedeschi. Questi ultimi riuscirono tra l'altro a catturare uno dei "giudici" di Pisino e lo passarono per le armi insieme alla figlia. Per capire _quegli eventi è assolutamente necessario tenere conto del fattore dell'irrazionalità. I sentimenti prevalsero sulla ragione e una specie di vendetta era -dopo il Panorama 21 Storia _ ventennio fascista -non solo prevedibile ma addirittura inevitabile, ciè avvenuto in ogni brusco cambiamento di regime. Oltre ai processi ci furono per lo meno due linciaggi dei fascisti; uno a Marzana (28) e l'altro a Gimoni. Gli eventi in quel periodo particolarmente torbido, precipitarono a causa dell'aggressione tedesca. Per di pi a causa del fatto che a capo dei giudici si misero i comunisti titini (a metà settembre fu mandato in Istria Jakov Blazevié), la ribellione prese una piega tutt'altro che "popolare". Ad un certo momento si pose la questione di cosa fare con tanti prigionieri fascisti e "fascisti", specie dopo la prevedibile offensiva tedesca. Tra i "giudici" prevalsero coloro che erano per l'eliminazione dei "fascisti". L'unico diritto che rimase spesso all'accusato era di confermare la propria identità. In moltissimi casi non si arrivnemmeno a questo ed i "fascisti" furono portati direttamente sui luoghi dell'esecuzione. Ne scriveva a proposito il prete Grah: "Personalmente non potevo credere che l'uomo istriano, tanto partigiano che partigiana, potesse cadere così in basso, perdere la dignità umana e sfogarsi nelle torture e massacro di gente innocente, donne e bambini, di notte portarli verso destinazioni sconosciute, giudicarli in 'nome del popolo' e precipitarli nelle foibe. Tuttavia questo avvenne in tutta l'Istria e così è scritta una delle pagine pibuie della sua storia" (29). L'uomo istriano -tranne qualche rarissima eccezione -non è caduto "così in basso" come sostiene Grah, ma fu buttato (!) "così in basso", dapprima dai fascisti ed in seguito dai comunisti. L'istriano era il mero esecutore -e anche quello non sempre -degli ordini che venivano da lontano. Dietro questi "processi ai fascisti" c'erano anche elementi di lotta di classe in un'Istria che fu, in parte, sommersa nei conflitti tra i coloni (molto spesso croati) e i proprietari terrestri ( spesso italiani o italianizzati) come è il caso di Pisino. Secondo lo storico triestino Galiano Fogar: "Gli eccidi hanno il carattere di una rappresaglia brutale, aizzata da alcuni croati autoctoni che vogliono indirizzare l'insurrezione partigiana sul binario di una rivincita nazionale e sociale contro l'Italia e la sua odiata classe dirigente 'borghese', terriera, burocratica, alimentando nei contadini slavi la speranza di un totale e rapido capovolgimento di posizioni da cui il dominatore tradizionale deve uscire battuto per sempre. È la lotta di classe identificata con quella nazionale per cui nazionalismo e socialismo diventano sinonimi nella guerra al nemico italiano" (30). 22 Panorama Un altro grande massacro fu compiuto su qualche centinaio di serbi ( ortodossi) sull'isola di Lussino che all'epoca faceva parte della provincia di Pola. Nella notte tra il 21 e il 22 settembre i titini sbarcano sull'isola e un cetnik che si era rifugiato lì dopo l'armistizio venne catturato e l'isola venne liberata dai partigiani il 23 settembre. Ne seguì il massacro di una sessantina di cetnik oltre la punta vicino al mare, uccisi a colpi di mitragliatrice, mentre altri 100-150 furono portati al mare aperto e non sono mai piritornati. Tra i cetnik ci furono permolti cattolici dell'isola di Veglia visto che una parte dei suoi abitanti aveva aderito al movimento filojugoslavo e hanno così condiviso la sorte degli ortodossi (31). I tedeschi occuparono Lussino il 13 novembre e portarono con sé reparti di cetnici, che si vendicarono dei partigiani e dei loro simpatizzanti con gli stessi sistemi, e il mare di Lussino si chiude su altre decine di vittime (32). I massacri della popolazione civile Il 2 di ottobre inizil'offensiva tedesca ed a Klivnik (Villa del Nevoso/Fiume) furono uccisi 60 partigiani ( contadini forzosamente arruolati qualche giorno prima) in un agguato preparato con i tedeschi dagli stessi comandi partigiani. Pio meno nello stesso periodo i tedeschi -assetati di vendetta perché feriti nel proprio orgoglio, dopo l'occupazione del Goriziano -buttarono in una cava di bauxite, nella località di Podgora, venticinque "partigiani" vivi ed in seguito spararono su di loro. Per finirla col divertimento -come testimonia nel suo libro il prete Ljubo Mare -si misero a suonare con la fisarmonica sul bordo della cava (33). Annichilando la "spontanea." resistenza -di fatto manipolata dai comunisti e nazionalisti -i tedeschi fecero sapere di voler imporre l'ordine in quel territorio che loro politicamente costituirono sotto il nome di Litorale Adriatico. Il 17 settembre i militari tedeschi entrarono - dopo i combattimenti con i partigiani -nella località di Jadreski. Uccisero tre civili innocenti e una ragazzina di sette anni che correva al riparo e, davanti agli abitanti terrorizzati, incendiarono alcune case e fienili (34). A Grisignana -come scrive il vescovo Santin -16 morti uccisi dai tedeschi, fra cui il segretario del fascio, uccisioni anche in chiesa (35). Il quotidiano di Trieste, Il Piccolo del 6 ottobre, nel riferire del "meraviglioso impeto dei tede schi", affermche in Istria "ogni casa ha uno straccio bianco di resa e tutti rimasti salutano romanamente chiedendo pietà" (36) . A Villanova del Quieto (Nova Vas) diciannove abitanti segnalati falsamente dai tre fascisti locali, ri fugiatisi a Trieste, come simpatiz zanti dei partigiani, furono allineati al muro e uccisi -il giorno 13 ottobre -a raffiche di mitra davanti a tutto il paese. A Pedena mons. Pietro Rensi con un gruppo di paesani raccolse nelle strade del villaggio 1 corpi di venti combattenti (meglio contadini) e li portal cimitero su un carro agricolo. A Monte Capodistria (Smarje) vennero bruciati settanta edifici, e passati per le armi tutti gli abitanti che non fecero in tempo a nascondersi nei boschi (in totale 15 persone) (37). Sabato 2 ottobre venne bombardata dall'aviazione tedesca per un'ora -con le bombe incendiarie -la cittadina di Gimino e sotto le macerie trovarono la morte circa cinquanta persone inermi (29 cittadini locali, 3 rovignesi che dovevano essere "processati" a Pisino, (38), ecc.) e oltre cento furono feriti. Il 6 ottobre passarono per le armi nella località di Grizili (Gimino) trentadue civili ( due si salvarono perché solo gravemente feriti). Lo stesso giorno incendiarono il villaggio di Zeci e ammazzarono due persone. Tra il 4 e 7 ottobre furono passati per le armi 9 persone di Zarecje (Pisino) (39) . Il 9 ottobre furono uccisi presso Canfanaro 19 combattenti partigiani, si trattava come di solito dei contadini arruolati forzosamente e mandati in battaglia senza alcuna previa preparazione. Il caso piclamoroso è stato senz'altro quello di Villa Crescini (Kresini) dove, il 7 ottobre 1943, i partigiani, sulla strada Canfanaro-Gimino spararono su un centauro tedesco che cadde nella fossa. Il militare riuscì pera sfuggire ed avvertire i suoi commilitoni a Canfanaro. I tedeschi ritornarono sul luogo dell'attacco e persero le staffe quando si resero conto che, oltre ad essere stato aggredito il protagonista del giorno, era stata rubata anche la moto del glorioso esercito tedesco. Apriti cielo! Il furto doveva essere punito! I derubati militari radunarono i 57 abitanti di Villa Crescini (indicato da "qualcuno"?! come luogo dove si cucinava per i partigiani) e li passarono per le armi. Tra gli assassinati c'erano 26 bambini minori di 15 anni e tra loro 15 al di sotto di sei. In seguito i vandali del ventesimo secolo incendiarono l'intero villaggio e, nel fuoco, morì una bambina di un anno (Andjelka Kresina) Storia _ che stava dormendo a casa. La storia deportati settecentodieci ebrei. Su nelle condizioni pibrutali. pernon finisce !ì1 1.235 ebrei deportati dal Litorale Tutti questi eventi di storia locale Una volta finito il lavoro di paAdriatico ( quasi tutti da Trieste e -del settembre ed ottobre '43 -cificazione a Crescini, gli assassini Gorizia) nei campi di sterminio tespiegano in buona parte perché una degeneri partirono qualche chilodeschi ne sono sopravvissuti solo 39 resistenza, inizialmente anche pometro pilontano, prelevarono dalle (40). La stessa sorte, dunque, che polare, degenerpresto in una riloro abitazioni e campi di lavoro gli toccinizialmente ai militari italiani voluzione comunista (guerra civile) e uomini della villa di Cascargani e e agli ebrei fu solo qualche settimana che -grazie al concorso di circodella località di Zgrabljié. Tutti quepitardi riservata a migliaia di altri stanze internazionali -permise ai sti uomini (tra i quali moltissimi antifascisti e civili (innocui) che fucomunisti jugoslavi di arrivare al avevano oltre sessant'anni) furono rono deportati verso la Germania potere alla fine della guerra. • radunati in un posto e ad un certo momento venne loro ordinato: "Adesso fuggite!". Quando i contadini cominciarono a correre, i "bravi" tiratori germanici spararono su di loro, come su delle lepri, e 64 uomini furono uccisi. I morti erano tanti che hanno dovuto interrarli in una fossa comune, visto che il cimitero locale era troppo piccolo per seppellire tutte le salme. In altre località succedettero le stesse cose. Deportazioni in Germania L'arrivo dei tedeschi signific-tra l'altro -una caccia spietata agli ebrei. A Trieste in due prelievi successivi, del 9 ottobre 1943 e del 19 gennaio '44, furono Il battaglione italiano "Budicin" entra nella città liberata NOTE: 1) POTOCNIK, F., Il campo di ste,minio fascista: l'isola di Rab , Torino, 1979, p. 87 2) FOGAR, Sotto l'occupazione nazista, p. 16; MOLINARI, Istria contesa -la gue,m , le foibe, esodo, Milano, Mursia, p. 24; LISIANI, Vladimiro, Good-bye T,ieste, Milano, Mursia, 1977, pp. 224-225 3) BERTI, Viaggio nel pianeta nazista -T,·ieste, Buchenwald, Langenstein, Milano, Francoangeli, 2000, p. 37 4) Eroismo degli Alpini in guem1, Milano, Editoriali Zeus, 2000, p. 120 5) L 'Unità del 4 settembre 1983, p. 11 6) Lo scempio di Santa Gorizia, op. cit. 7) MLAKAR, T,·agedija v Cerknem pozimi 1944, Gorica, Mohotjeva druzba, 200, p. 28 8) ZANUSSI, Gue,m e catastrofe d'Italia giugno 1943-maggio 1945, Roma, Corso, 1945, p. 234 9) http://www.impnet.co/italia-rsi/foibe/novagorica.htm 10) DIMINié, /stra u partizanskom notesu, p. 10 11) CRNOBORI, Tone, Borbena Pula, Rijeka, 1972, p. 204 12) L'Unità del 4 settembre, 1983, p. 12 13) FOGAR, Galliano, Sotto l'occupazione nazista nelle provincie orientali, Udine, Del Bianco, 1961, p. 21; MIGLIA, L 'lçtria una quercia, p. 183 14) DRNDié, Le armi e la libertà de/l'Js//ia, p. 377 15) Italiani nella li guen-a mondiale, pp. 276-290 16) DE CASTRO, Diego, La questione di T,-ieste, voi. I, p. 176 17) SANTIN, Antonio, T,ieste 1943-1945, Udine, del Bianco, 1963, p. 17 18) BRESSAN, Aldo/GIURICIN, Luciano, Fratelli nel sangue, Fiume, 1964, pp. 110-111, citato da FERENC, Kapitulacija Jtalije, p. 177, nota 19) DIMINié, /stra u partiza nskom notesu p. 11 20) DRNDié, Le armi e la libertà dell'Istria, Fiume, Edit, 1981, p. 286 21) GRAH, Ivan, "Istarske 'jazovke"', lstarska Danica , 1999, p. 98 22) DIMINié, !stra u partizanskom notesu, p. 12 23) MOLINARI, Istria, p. 27 24) DRNDié, Le armi e la libertà de/l'lshia, p. 382 25) Slovenska /stra v boju za svoboda , Koper, Lipa, p. 356 26) DELLO RE GAMBINI, Italo, Isola d'Istria a ,itroso nel tempo, Pasian di Prato, Campanotto Editore, 2000, p. 73 27) Memorie dell'antifascismo e della resistenza: agosto 1943maggio 1945, di Giorgio Privileggio, nel volume III 1973 dei Quaderni del Centro di ricerche storiche -Rovigno, dell'Unione degli Italiani dell'Istria e di Fiume 28) PIRINA, Genocidio ... , Pordenone, Adria, p. 19 29) GRAH, lstarska crkva u ratnom vihont (1943-1945), p. 9 30) FOGAR, G., Sotto l'occupazione nazista nelle provincie orientali, p. 66 31) DIMINié, /stra u partizanskom notesu, p. 24 32) MOLINARI, Istria contesa, p. 34 33) MARC, Ljubo, Crepinje, Celje, Gorica, Mohorjeva druzba, 1994, p. 42 34) GRAH, lstarska crkva u ratnom vihont (1943-1945), p. 93 35) SANTIN, T,-ieste 1943-1945, p. 23 36) MOLINARI, Istria, p. 33 37) SANTIN, T,-ieste 19453-1945, p. 25 note 38) Quaderni di ricerche storiche, voi. III, citato da MOLINARI, Istria contesa, p. 28 39) DRNDié, Le armi e la libertà de/l'Istria, p. 336 40) MILANO, Storia degli ebrei in Italia, p. 404; COSLOVICH, / percorsi della sopravvivenza, p. 1; SANTIN, T,-ieste 1943-1945, p. 28, nota 4. Panorama 23