L'ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. Semestre e trimestrein proporzione Si pubblica ogni sabato. Al chiarissimo Sig. C. O. F. Vi hanno di quelli, dilettissimo D. F., i quali non spingendo gli occhi della mente al di là di quanto veggono cogli occhi corporei si persuadono che la prosperità materiale di una provincia qualunque sia opera del caso, del caso 1' esistenza o 1' aumento di qualche città, del caso la prosperità o la deiezione della campagna; e dal caso attendono che le condizioni si migliorino. Od al più se di ciò vogliono pur manifestare una ragione qualunque, dicono: voi siete ricchi perchè siete ricchi, e noi siamo poveri perchè siamo poveri; e col lamentare e col deplorare sè medesimi occupano quell'ingegno e quel tempo che meglio sarebbe in altro adoperato. Vi sono di quelli che negli atti e nei movimenti della pubblica amministrazione cercano la causa di tutto, anche se il sole è troppo cocente, la pioggia troppo scarsa o troppo abbondante, ed infingendo quasi che il pubblico governo abbia obbligo di mantenere i sudditi tutti ignorano o non si avvisano che la pubblica amministrazione segna le condizioni generali, entro cui è dato ai singoli di agire e di muoversi. Ignorano o fingono di ignorare che ogni individuo è membro della società umana, che gli individui sono nulla per sè, ma colla società hanno obblighi come hanno benefizi, e che ogni individuo è responsabile dinanzi alla propria coscienza e dinanzi a Dio del suo operare o del suo oziare, perchè dell' uno e dell' altro le male conseguenze si rovesciano su quella società di cui è membro. In verità io credo che il pensare di siffatti sia contro religione, e contro buon senso — Aiutati che Iddio ti aiuterà — è motto in bocca di tutti; è 1' espressione d' una sapienza eterna, immutabile, impressa a caratteri indelebili nel cuore di ogni uomo. L' uomo isolato, 1' egoista, non è uomo, ne ha l'aspetto e nulla più, e soffre il castigo di suo egoismo in mille modi. Cosa vuol fare di un egoista? egli distruggerebbe i suoi simili pensando di arricchire, egli diviene falso, subdolo, avaro di opere, invidioso. L'uomo è destinato a vivere e ad agire nella società, prossimamente quella della famiglia, poi del comune, poi della provincia, poi dello stato ; ognuna di queste condizioni ha la propria sfera (intendiamo parlare soltanto delle condizioni economiche) ed il proprio movimento, il quale anche mentre agisce entro la propria sfera, opera altresì nella maggiore di cui è frazione; imperciocché la prosperità delle famiglie è prosperità de' comuni, la prosperità di queste è della provincia. E come i comuni rustici hanno bisogno della villa per adoperare quei modi a promuovere le prosperità che sono di comune; così le ville hanno bisogno delle città minori, queste di centro maggiore; imperciocché i prodotti del suolo devono eccedere il bisogno di consumo ad aesum et usurn, come ; dicevano i nostri vecchi, per soddisfare ad altre esigenze; nè di questa eccedenza può farsene traffico se non in concorrenza di compratori; né le città minori possono dare i prodotti manufatti di inferiore categoria se non in concorrenza di consumenti; nè le città maggiori possono fare altrimenti per le cose che sono loro proprie. La natura ha segnato in ciò una misura al di sotto della quale la pubblica prosperità è impossibile, al di sopra della quale' essa prenderebbe altra indole. Un comu-ne,rdi trenta persone sarebbe comune in verità se così costituito, ma sarebbe nella impossibilità di tenere mercato, perchè compratori e venditori si identificherebbero nella stessa persona; un comune di trenta persone potrebbe appena provvedere a quei bisogni che sono di vicinato, appena potrebbe farsi un pozzo, od un' aja promiscua da battere grano; ma non avrebbe i mezzi di togliere quei mali che sono inseparabili dall' umanità, né menti o forze da provvedere a ciò che sarebbe di prosperità al comune. Una provincia piccolissima, ricorderebbe quel famoso quesito legale, se sia lecito tirarvi un sasso oltre il territorio. Ma la natura fu spesso assai provvida e compensò la ristrettezza del territorio agricolo con altre doti pregevolissime, siccome è il caso di questa Istria nostra. Ho inteso più volte a dire che se l'Istria avesse una città popolata da 20 a 30000 abitanti nel suo interno, la di lei prosperità sarebbe assicurata. Il quale pensamento se fu sincero sembra a me peccare contro 1' esperienza di venti secoli durante i quali le città tutte di qualche conto si formarono al mare, contro il consenso di tutti i tempi e di tutte le nazioni che se non poterono formare città alla spiaggia del mare, cercarono di porla con questo in comunicazione di acqua; sembra a me che sveli una sconoscenza dei modi pei quali le città hanno vita e sussistenza, e che città siasi creduto un ammasso di case, ed un assembramento di molti uomini; e richiama la domanda che fece Alessandro il grande ad un architetto, il quale gli aveva presentato il piano di immensa città. — Per quai modi si alimenterà questa città? — A questo io non ci ho pensato, rispose l'architetto. Quel pensamento sembra peccare contro quella legge elerna che esige le città sulle linee di grande movimento: e sembra partirsi da quella credenza che l'emporio di Trieste sia nato in esecuzione a decreti, repentinamente da sè ; mentre fu il prodotto della saggezza di provvedimenti, della solerzia dei novelli abitanti, e dell'azione di nulla meno che cenlo trentaotto anni, del movimento mercantile di una intera monarchia. La fisica conformazione dell'Istria montuosa in grandissima parte, tagliala da vallate profonde e da seni di mare che per la brevità loro non concedono di essere linee di movimento, tenendo naturalmente disgiunte le singole parti offre maggiore ostacolo alla volontà degli uomini di fare cosa comune, seppure questa volontà giungesse per la conoscenza del tutto a farsi superiore all'amore delle singole parti. Vi fu tempo invero nel quale una città era centrale della penisola, e fu questa Pola nei tempi antichi, e poi che questa cedette più che ai destini, alle meschine idee di municipalismo, altra era per costituirsi a centro, e fu questa Capodistria durante il governo dei Patriarchi, ma Capodistria fu impedita da avversioni municipali. Venuti tempi infelicissimi, la preponderanza di una città sulle altre fu di nome più che d'altro; in questi nostri tempi se ne formò una ed importante quale è Trieste su suolo che è istriano, su terra che è il compimento della spiaggia istriana, e più prossimo punto di contatto fra mare e provincie interne; nè la lingua è straniera, ma è quella medesima che parlasi nel rimanente della penisola, adottata dai novelli venuti, e divenuta propria nei figli loro. Quand' anche una seconda città potesse formarsi nella provincia a centro di relazioni provinciali, non sorgerebbe già questa si sollecitamente, non potrebbe sorgere per repentino comando, non sorgerebbe per saggia utilizzazione dei mezzi propri; non sorgerebbe che per impulso esterno, siccome avvenne di Parenzo, ed avverrà di Pola (Capodistria, Rovigno, Pirano da secoli conservano la loro condizione), ma nè 1' una nè 1' altra s' alzeranno a centrale di tutta la provincia; in ogni evento questa città centrale che starebbe nei desideri, dovrà necessariamente subordinarsi a Trieste, perchè è incarico di questa il trattare gli interessi mercantili maggiori di ben altre provincie. E grandissima ventura sembra a me quella che la penisola abbia sul proprio terreno città che alle condizioni di città provinciale unisce quella di emporio mercantile. Io non Le dirò per quali cause 1' unione di Trieste col rimanente della spiaggia istriana agisca sulla prosperità di questa; a me piace vedere i fatti ed i monumenti. Quando la penisola era divisa fra due potentati ; quella parte che era della repubblica veneta era in condizioni infelici. Dio tolga che io abbia a detrattare a quel governo ; io sto ai fatti. Nessun commercio tra città e città perchè vietato ed insolito; pochissimo commercio con Venezia, e questo maltrattato da formalità, da usure, da monopoli, nessun commercio col di fuori, nessunissimo ; nè arti, nè industrie potevano allignare ove ogni comune era uno stato economico nemico ai vicini ; le possidenze maggiori in mano dei nobili decurionali stranieri ad ogni negozio; le possidenze feudali in mano dei nobili veneti; le possidenze cittadine piccole, spezzate, le possidenze rustiche in mano di contadini ignoranti e più che non occorre infingardi ; la povertà era la divisa degli istriani veneti; e per coonestare ciò cita-vasi un passo di classico autore — 1'aupertns confugit ad Istros. Carestia continua, fame regolarmente ogni dieci anni, per cui diminuzione di popolo, necessità nel governo di soccorrere i sudditi con prestiti di derrate, che mai venivano restituite; fondaci di grani per sovvenire nella miseria; ladri, accattoni, da per tutto, malattie quasi fossero pesti che scusavano coli' incolpare la malaria; pochi agiati in mezzo a molta poveraglia, agiatezza per lo più di semplice confronto con quelli che nulla avevano, anzi che assoluta ; la plebe, la ragazzaglia lacera, sudicia, tanto la miseria avea fatto cessare quel sentimento naturale di pulitezza esterna, il paradiso troppo spesso invocato dai poveri per liberarsi dai figli, da quei poveri ai quali dappertutto sono i figli ricchezza. Le arti edificatorie che segnano la prosperità di una provincia, segnavano pur troppo in questa nostra una deiezione, qualche chiesa, qualche rara casa di agiati vedevasi nelle città in mezzo a casette antiche, cadenti. Le carte di quei tempi registrano testimonianze di povertà anche in quelle medesime città ove stanziavano gli agiati ; ed anche senza queste testimonianze, il pensamento del popolo era testimonianza di condizioni infelici. Si dice che l'Istria pagasse pochissimo di imposizioni; questo va rettificato con ciò che la Repubblica incassava poco, ma il danaro valeva allora assai più di oggidì, le indirette, erano innumerabili, e per la povertà della penisola non erano poca cosa. Non appena caduta la Repubblica, 1' Istria già veneta venne in dominio dell'Austria e fu unita a Trieste, e con questa ebbe contatti, le condizioni in molti luoghi migliorarono, di quell' epoca sono i più degli edifizi moderni, molte fortune formaronsi, il danaro era frequente in molti punti, abbondante in altri, la navigazione ebbe vita, e pareva 1' Istria destinata a fornire la marina di Trieste. Queste relazioni della costa con Trieste erano di tale necessità che la Repubblica la quale voleva interdetto ogni contatto col novello emporio, chiuse un occhio come si dice e lasciò Capodistria, Isola, Pirano, si ponessero in contat'.i che a questi luoghi tornarono di vantaggio. Sull'asserta prosperità durante il Regno d' Italia, e durante l'impero francese avremmo molto a dire, ci è noto che il governo d' allora aveva in animo di alzare le condizioni economiche della provincia che giudicò assai in basso; ma il tempo di farlo mancò; durante 1' impero francese, la guerra di mare era tale flagello da non essere compensato dal danaro posto in giro pei movimenti militari. Pure anche in quei tempi luttuosi, 1' Istria fe' capo in Trieste e da Trieste ridotta in allora a meno che 20000 abitanti attendeva risorse che poi non ebbero effetto. E durante questi governi la fame desolò la provincia, la desolò anche nei primi anni della rioccupazione, ma questa fame del 1817 fu l'ultima. Vi furono anni di carestia ma non di fame, e lo stesso anno decorso che sparse la morte in tante regioni d' Europa, ed in provincie sì prossime all'Istria, non fe' stragi nell'Istria coinè nel secolo passato era solito. In quest' ultimo trentennio la popolazione aumentò a dismisura, le commodità della vita sono più generalizzate, in varie parti sorgono novelli edifizi, la pulitezza delle persone, delle città è aumentata; il raggio di movimento dalla provincia alla capitale va di giorno in giorno aumentandosi, villici di comuni remote che appena ne conoscevano il nome la frequentano, la sicurezza è generale, il pitoccare è in qualche parte abitudine soltanto, in altra conseguenza di inala distribuzione di popolazione. Io non vorrei ascrivere siffatti benefizi al libero contatto della provincia con Trieste, ma il giudizio della massa è per me di maggiore autorità che le propensioni od avversioni di alcuni; la massa dei piccoli possidenti, dei villici, degli artieri è sì attaccata alle oscillazioni inevitabili di giovane città e di città mercantile, che s' affligge alle nostre sventure, s' allegra alle nostre consolazioni. Si è verissimo, la provincia non intende Trieste e pensa che le condizioni sieno bene diverse da ciò che sono; pensi e creda ciò che più le aggrada, ma sente di essere unita ai destini di questa città, siccome provincia a capitale di provincia e questo sentimento produrrà i suoi effetti. Si è tentato in qualche parte di riannodare le antiche relazioni con Venezia, ma eccetto un articolo che lì soltanto trova smercio e che è caso riservato in gran parte, non si fecero buoni affari, e ben s'accorsero quelli che ne fecero l'esperimento quale differenza vi sia. Io non so come pensino quelli che per ingegno e per intelligenza hanno debito di promuovere anche"colle parole gli interessi materiali della patria terra; so bensì cosa facciano, e potrebbe essere benissimo che vi sia contraddizione tra il dire ed il fare, nè questa contraddizione sarebbe la prima al mondo. Forse vi ha chi pensa dovere una capitale di provincia essere il centro non soltanto della prosperità materiale, ma altresì dell' intelligenza e del sapere, e che si tenga impossibile che in Trieste possa concentrarsi; ma non si dice Repubblica letteraria? ed è perciò che vi sono e partiti e scissure e gelosie ; però grazie al cielo senza turbamento di ordine pubblico, e senza sviamento della pubblica prosperità. Del rimanente siamo pure tranquilli che come quella letteratura che fu prediletta non ha migliorato nei secoli passati nemmeno di un millesimo le infelici condizioni della parte di penisola al mare, non migliorerà le attuali. La immensa maggiorità del popolo vi è straniera del tutto, e quella parte che la coltiva ama di seguire quella di provincia e città che si trova in condizioni economiche, morali ed intellettuali bene diverse. Ma quella letteratura che essenzialmente occorre al commercio quasi esclusiva occupazione di Trieste, è trattata qui in modo che invano si cercherebbe per Italia, per Francia, per Ispagna; i Giornali che pubblica il Lloyd Austriaco, la corrispondenza che tiene con tutti i porli, la ostensibilità di questa corrispondenza, i giornali ed i libri che raduna per lettura dei soci, sono mezzi che altrove non vengono adoperati con tanta dovizia, nemmeno per interessi che si credono più nobili e più alti; che non sono i nostri essenziali, e per quanto io penso nemmeno della provincia; imperciocché l'industria, le arti, i traffici sono bisogno presente, forte, e tale che la mente ha campo vastissimo di fare ponderazioni. Ella pensa che 1' altra sponda dell' Adriatico più prossima a Trieste possa porsi in relazioni e contatti tali la averne preferenza sull' Istria, e di ciò Ella bene si appone. E quella provincia siffatta che se è inferiore all'Istria per molle naturali condizioni ha il benefizio di trovarsi sulla via di passaggio dei traffici di terra in regioni della Germania meridionale, ed aperta che fosse questa via in modo facile, ne verrebbe che quelle altre relazioni si annoderebbero che sono sempre desiderate da paese agricolo ed induslrioso, da paese progredito nell' attività e nell' intelligenza dei propri interessi, con un emporio mercantile attivo, coraggioso, e mutui grandissimi vantaggi ne verrebbero. La difficoltà sta nelle comunicazioni di mare desiderate, e la natura fu in quelle spiaggie meno generosa che sulle noslre, perchè 1' arte appena arriva con grave dispendio ad offerire approdo facile e stazione sicura alle navi. Allorquando si fe' il primo ed il secondo esperimento con Aquileja, mandando a quell' antico porto un battello a vapore, parve che le difficoltà fossero non insormontabili, però gravi; ma l'ingegno e r attività le vincono, come ebbero a vincerle in Trieste, e da bellissimo articolo recente nell' Appendice dell Osservatore apprendiamo che il piano ben lungi dall' essere abbandonato, è anzi fatto argomento di studi, pei quali si posero insieme fondi indispensabili per rea-; lizzare la cosa, ed al movimento ed alla partecipazione che prende Trieste corrispondono il movimento e la partecipazione di quelle regioni che ne comprendono l'importanza. Porti verranno fatti meglio accessibili, e da questi le vie o sono pronte, o si attiveranno per passar oltre. Questo movimento di passaggio del commercio non potrà essere dell'Istria, perchè attraverso di lei non si giunge a paesi ove il commercio sia attivo e grandioso; la via di mare esclude quella di terra, e per la via di mare potrebbe l'Istria prendere parte attivissima colla navigazione ; ma non vi prende parte al grande cabotaggio che quella spiaggia la quale è da sei secoli unita a Trieste, ed ha abitudini e contatti, i quali ben risarciscono la condizione meno felice del suolo; la spiaggia occidentale prese parte alla navigazione or sono quaranta anni, poi sminuì talmente che appena ha segno; e del piccolo cabotaggio, noi sappiamo di città che non ha oggidì barche, ed altra volta contava molti capitani. Ed è degno a notarsi come di una stessa terra quella parte che appena ha qualche cala, abbia navilio numeroso ed intraprendente, mentre quella che ha dovizia di porti e naturale vocazione al navigare vi prenda sì poca parte; (non intendiamo delle isole del Carnero e dei Lussini i quali ultimi presero posto sì bello dopo che uniti furono a Trieste). Ned è a dirsi che Trieste abbia fatto verso la penisola, ciò che l'antica padrona faceva con lei, che l'abbia tenuta affatto priva di ogni comunicazione. Da tre anni un battello a vapore scorre due volte la settimana il litorale, e tocca assai punti di quella costa che da cinquanta anni è unita a Trieste, nessuno di quella costa che da secoli vi è unita. Tre anni sono corsi, pure nessun movimento si è mostrato in progresso di tempo che fosse diverso da quello che si attivò nel primo aprirsi della navigazione periodica; mentre la frequenza dei montanari da parte di terra si è in questo frattempo aumentata di non poco; e per quanto giunse a mia conoscenza nessun provvedimento, nessun' opera, nessuna intenzione si è mostrata che valesse a promovere quel movimento che i vapori destano dovunque. Imperciocché nessuna via, o vicinale o comunale, od altra si aprì, nè quelle stesse comunque non tutte calcolate a riunire il monte al mare, che danno comunicazione sono in istato rotabile ottimo come quello delle strade erariali; nè mezzo alcuno venne attivalo per accelerare i movimenti o per creare comunicazioni, non pria usate. Certamente che la comunicazione mediante i battelli a vapore porterà i suoi effetti, ma aiutati che Dio ti aiuterà; il mondo dappertutto si muove a passi accelerati, l'attività fa sì che vengano supplite le minori attitudini, e nel movimento odierno ben può facilmente avvenire che il meglio a-datto giunga tardi e divenga superfluo. Il che intendo dire perchè non pensi Ella che Trieste sia indifferente alla penisola. Trieste sa cosa imponga a lei la condizione di comune, di provincia e di emporio, ed il muoversi e 1' operare di lei, le sue instituzioni lo provano abbastanza. Non si è mossa a pietà dei Dalmati affamati, memore che la Dalmazia ha gli occhi rivolti a Trieste? Ma queste relazioni non sono di coazione nè obblighi di natura tale da doverli assolutamente adempiere, come fossero o politici, o civili; costituiscono piuttosto quella sfera d' attività naturale che è lasciata all' attività libera degli individui, dei consorzi, dei comuni; il pubblico governo ne dà la possibilità, ma non potrebbe certamente volersi tutore economico, che anzi in quegli slati in cui il voler fare si trovò impacciato fu data la gran sentenza laissez nous faire. I territori od economici o mercantili non sono segnati dagli scompartimenti di amministrazione politica, e non è tolto cercarli, fosse anche nella Turchia o nella Barbaria. L'Istria non prende parte al movimento di trasporto del commercio che nella costa Orientale, essa può prendere parte all' attività di Trieste per la doppia condizione, o di emporio mercantile, o di mercato di grande città. Egli è impossibile che trovi di utilizzare queste condizioni in altra città prossima dell'Adriatico superiore; nè vi avrebbe altra scelta che fra Venezia e Trieste. Prescindendo che da Venezia è separata da larghissimo seno, prescindendo da ciò che quelli di là dell' acqua considerano la provincia siccome straniera, e la pongono fra i paesi dei quali si dice: poco più in là stanno i Turchi; che le antiche relazioni non sono nemmeno nella memoria degli uomini e che le odierne condizioni della provincia sono affatto sconosciute, a segno che dotte persone maravigliarono quasi che qui si parlasse italiano nelle città siccome nella Dalmazia e nell' Isole Ioniche; prescindendo da ciò che il mercato di Venezia è a dovizia fornito di provincie assai progredite nella economia rurale, volendo anche prescindere da ciò che la naturale provincia si è questo Litorale unito sotto comune governo, e con destini stabili; il fatto si è che il commercio calca la via delle coste Orientali dell'Adriatico e fa capo in Trieste, dal quale porto ripiega in buona parte verso Venezia. Dio conceda a quell' inclita e veneranda città di prosperare sempre più, e conceda che quella legge che condanna ogni vivente al sorgere ed al dechinare non osti alla sua prosperità, ma se risorse a migliore condizione economica in questi nostri tempi, si fu per 1' effetto di ben altre cause che quelle a cui assai menti rivolgevano lor pensiero. E in condizioni migliori, ma non per cause di commercio: lo è per cause affatto locali; e chi ha veduto p