ANNO X Capodistria, 1 Novembre 18 76 N. 21 vi otòuj;! l'i 08 LA P "Hflfit "Il f.iWi S' >:<■.'./:(■ :■!,:. i /J oibb ot.fcuV ■'•(i- -uu •;. •»(,. « olii» A>iil>w!' !fl "l'I t ilcjfu-ii i'jh oln&tniJtusiqqfi'Hfi olniiijp >i.l - >iil -»•; ÌOi'IM DELL' ISTRIA H'» \vr ; ali--- li» l'jì'ii 1 J'i'l lUllJq !. --i-- bibuli.*! i; . ,«vff ■■:>■ •.. lì ■ ■ Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-trimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Sedazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. COKEISPOOEIZE ' i- : Mi, ■ I. „.! .{'/IMI ■!/; Pisino li 14 Ottobre. — L'abbondante produzione di vino dell' altro anno, per cui eravamo tanto impensieriti a trovar modo di farne spaccio, non avendo influito sulle ricerche e sui prezzi nè la distruzione dei pampini pella brina in maggio, nè la crittogama che si diffondeva rapida nella state, e che appena testé a prossimo raccolto, constatata la scarsezza dell' uva, si rividero le faccie toste dei compratori; d'altro canto, l'ingente quantità di vino, in ispecialità bianco, andato guasto, saranno senza dubbio circostanze e fatti di seria riflessione pei possidenti della provincia. Infatti se si avesse un pieno prodotto, si verrebbe a spacciare a prezzo mediocre appena il vino buonissimo, e la massa del più ordinario dovrebbesi a qualunque prezzo far gavazzare dalla popolazione, o farne getto, divenuto guasto per mala confezione. — Nessuno più dubita che se possiamo trar piccoli e parziali profitti colle varie produzioni ed industrie agricole, dalla viticoltura soltanto, perchè fattibile! tutti, la provincia attender debba il lucro cui aspira. E per vero da qualche tempo se ne parla in proposito e si manifesta la miglior volontà di passare dalle parole ai fatti. Così nello scorso settembre ne fu tocco argomento al congresso nella società agraria; pochi giorni dopo venne divulgato un sunto teoretico-pratico di enologia, per cura della benemerita Giunta provinciale ; e poi nella stazione enologica a Parenzo vi si fanno diuturni esperimenti. Cose opportune, di cui nessuno disconosce l'importanza, ma che pure non conducono a pronti risultati, od almeno ad una via per giungere realmente alla meta, la quale di certo non si conseguirà con atti incompleti e parziali, mentre si richiede l'azione efficace di tutti i fattori con disciplinato accordo. — Il congresso agrario è precipuamente un ritrovo gradito per conoscenze ed amicizie, una festa provinciale, nella quale però essendo sproporzionato il numero degli intervenuti, in rapporto alla brevità di tempo, non possono aver luogo discussioni esaurienti, non venendo queste preparate da comitati, nè perchè tante persone esperte possono a loro volta dire il prò- 1 prio parere; aggiungi che altrettante di senno, per poca pratica di esporre in lingua corretta, si tacciono loro malgrado dinanzi a sì numeroso uditorio. Così, dopo letti la riferta sulla viticoltura, ne fu lasciata in tronco li discussione ; di maniera che rimase il desiderio dessa venisse ripigliata in conferenza confidenziale più ristretta, magari per privata iniziativa. — Il sunto teorico-pratico di enologia è certamente un libretto aureo, ma che ingegnando a dover farsi cose affatto opposte alle nostre consuetudini, non troverà tosto afcolto per intiero. Quando però si vedrà che i vini fatti dietro quelle prescrizioni avranno smercio e prezzo, la cosa andrà da sè ; che il tornaconto e la ntpessità conducono sulla buona via anche i caparbi e i trascurati. Sia per intanto ammanita l'istruzione ai singoli intelligenti e dauarosi, che pur troppo per fornire di quanto abbisogni una cantina c' è spesa assai. Lessi con piacere tutto il contenuto del libro, e sono impaziente che sua mercè si produca vino buono, abbocato, e scevro di quell' antipatico odore (dalla tolleranza del quale si può apprezzare bene spesso il senso delicato oppure la rassegnazione di parecchie mogli). Vorrei soltanto rettificati alcuni termini nella tabella posta infine del libro; imperciocché in cotesto nozioni di cui prima non fu fatta pubblicità, devesi con tutta pedanteria osservare l'esattezza di nomi e definizioni, onde non rimangano apprese ed usate con falsa denominazione. Così trovo notata l'uva Corbelaz che dovrebbe essere Carobela o come qui in campagna la dicono Carobelaz con desinenza slava masculina. In quanto alla natura dei terreni osservo che a Gollogorizza è terreno marnoso, non già argilloso, salvo il più o meno di argilla, quale componente la marna; in Albona la terra così detta bianca è pure marna, e non già calcare, salvo la calce quale componente della marna. La nostra terra rossa è argilla ferruginosa ovvero ocracea; la denominazione cretaceo, è ambigua; così terreno d'alluvione non ha significato mineralogico. La parola calcare adoprerei iu aggiunta alla nostra argilla nel caso soltanto dove per essere la terra poco profonda ed il sottosuolo roccia calcare di struttura lamellare, la vite possa insinuare le radici negli iuterstizii della roccia, e questa facilmente si sfaldi intaccata dal vomere o da influenze atmosferiche, di modo che il terreno è tutto zeppo di piastrelle di roccia calcare, il cui contatto colle radici ha senza dub- bio il suo effetto. — In quanto all'apprendimento dei risultati che si otterranno nella stazione sperimentale a Parenzo bisogna che ci armiamo di gran pazienza, perchè gli esperimenti non si possono fare che d'anuo in anno. Io credo che nel primo anno, si fece nella stazione come a preludio varisaggi di confezione e che ci si fece conoscere parecchi utensili e modi di trattamento onde si possa applicare ove si confacesse anche singoli perfezionamenti ; però il còmpito essenziale sarà di sperimentare anzi tutto la confezione di vini delle prevalenti nostre uve, separatamente sorta per sorta, per saper designare quali si prestino bene. I vini poi da miscel-la d'uve si farebbero a miglior agio. Ma frattanto pelle piantagioni che pur si fauno tuttodì, credo si dovrà giocoforza tenersi alle uve di vecchia conoscenza, al ter-rano, al refosco; e tra le tante bianche a quattro od al più cinque qualità, come e dove meglio riescono. Taluni vogliono dimostrare che il ferrano contenga poco alcool per farne lontane spedizioni, e che riesca a soddisfare i palati del nord ; ma se anche verremo al punto di fabbricare qui e qua bottiglie o più quantità di vino forte pei paesi settentrionali, il terrauo verrà cioncato a Venezia, Trieste. Pola ed ogni dove in provincia, e per quanto se ne avià, se sarà buouo, verrà ben pagato. Dal vivaio della stazione si potranno avere presto viti di qualità distinte, io però non me ne fiderei punto, fiuchè non ne vegga il frutto e possa tagliare il tralcio .dalla vite su cui vidi l'uva; perchè ho veduto che viti famose in un paese non corrispondere in un altroj e poi, checché si dica, avvengono talvolta sbagli ,di manipolazione nei vivai irreparabili sinché non si ahbiapo i grappoli sott'occhio. .— Ma se dopo tutto, non ogni uno potrà eseguire quanto viene raccomandato, sarebbe indispensabile che tutti si accordassero per introdurre il sistema della specializzazione, cioè destinare uu apprezzamento separato per tutta coltura delle viti; e quindi anche piantar queste in riparti assortendo le uve di contemporanea maturazione.La convenienza della specializzazione fu riconosciuta dovunque; qui poi è necessaria in quanto sono oggidì intercalati i fondi in guisa, che la custodia dell'uva riesce impossibile. Dal giorno che i contadini si danno a raccogliere, non si può più lasciar uva all' aperto, perchè viene rubata di giorno e più di notte come per bravura; e chi non è in grado di sorvegliare, deve raccoglier e produr vino acerbo invendibile. Anni fa si diceva non doversi desiderar altro che la legge sulla tutela dei campi. Ora l'abbiamo ; ma frattanto l'indirizzo umanitario poggiò più oltre. Non si vuole guardie, nè spauracchi, ma istruzione ; e quando i pelli-rosse sarebbero ammansati col leggere, s'istituisca la musica per nobilitare il cuore. Per intanto si paghi e si spenda, e si lavori a maggior gloria del proletariato e dell' anarchia. Lo Schizzo di Loewenthal Più campo e più ne sento delle belle ! GUADAGNOLI — Nove anni in uno. Habemus pontificem ! ... La tanto desiderata, la tanto attesa Divazza-Pola, ci regalò finalmente il pontefice. Già, voi, o lettore, avrete di primo acchito compreso il rancido traslato, e vi sarete accorto dal titolo qui in fronte, cosa sia apparso questa volta sotto le mentite spoglie del pontefice. Voi, conoscete già lo storiografo di questa bella ma ignorata provincia, il precouizzato dalle genti . . . in una parola il signor I. Loewenthal ! Nessun istriano, che ami veramente il suo povero nido, avrà lasciato passare senza un tenero sguardo il profondo e commoventissimo Schizzo dello storiografo sullodato, inserto nell' Osservatore triestino. E perchè le cose belle non sono mai a bastanza ammirate, io ripasserò — ad perpetuavi rei memoriam — i punti più lirici di quella pellegrina narrazione storico — geografico — economico — statistico — amministrativa, che trovasi nei numeri 209, 210, 213, 238, 239, 241 del prefato Osservatore. Il Loewenthal principia a schizzare la sua mirabile elucubrazione col seguente patetico fervorino : "L'apertura della ferrovia istriana (leggete Divazza-Pola) ci avvicinerà uno de' paesi più interessanti, ma finora poco conosciuti ed apprezzati della Monarchia., Ora, grazie a questo ravvicinamento,l'Istria, buttate giù le gramaglie, potrà cantare a squarcia gola il Te Deum laudamusl perchè finalmente sarà conosciuta ed apprezzata. Ma da chi? — ce lo dica, per carità, 1' egregio storiografo, chè abbiamo assai fretta di saperlo, non volendo porre il piede in fallo, ascoltando l'impulso del cuore, eh' è un viscere troppo balzano in fatto d'impulsi. Riguardo poi agi' incontestabili meriti della Divazza-Pola, possono gl'istriani dire col Guadagnoli: . . . considera poi chi ha l'occhio sveglio Che col vapor si agevola il commercio,-E che l'industria va di bene in meglio: Già all' ultimo con tanti ritrovati Abbiamo a doventar ricchi sfondati! E in vece d'impiegare asini e buoi, Che van sì lenti, averli giubilati, Un piccolo guadagno pare a voi ? Non sono i carri dal vapor portati Rapidi sì, che va con minor fretta, Dio ci liberi tutti, una saetta? . . . Ma proseguiamo ad assaporare lo Schizzo, che per bellissimi voli lirici crescit eundo. Udite: .La vegetazione silvestre, le alpi scoscese, i nudi e rocciosi altipiani .... si alternano . . . con feconde pianure rallegrate dalla Agave, dalla palma del dattero, dal grazioso ombrello (stupende bellezze!) e dal mirto sempre verde." Lettore spassionato, non vi sembra di trasportarvi addirittura nella poetica Abido, nei climi della vigna e del cedro .....ove le piagge Fioriscon sempre, e sempre fulge il sole ? Ove l'ale di balsami imbevute Cala zefiro stanche in sui rosai, E l'arancio più indora, e più s'abbronza L'ulivo, e l'usignol mai non è muto? Ma l'Istria non pretende a tanto. Ella ben sa, che a dipingerla esattamente, questa non è l'impronta datale da Natura. Proviamoci invece a dargliene una più simile al vero, magari derubando qualche storico indigeno, o come dicono i nostri confratelli d'Australia, un natio. Il natio non è un Loewenthal, ma ha del Leone i magnanimi sdegni e lo sguardo fermo — sicuro . . . nell' avvenire del suo paese. Eccola : »Un groppo di monti e di colli si snoda dal fianco di gigantesca barriera, e via avvallandosi e distrecciandosi in aperte campagne si distende. Le quali, strette alla lor volta dall' onda, corrono cosi per costa, che iu sè rientrando, e in varii seni rivolgendosi, si affrontano col mare e vi fan punta. Il suolo inalberato di fruttifere piante, di bei colori si rallegra sotto la più serena guardatura di cielo. Qua la vite s'impampina, e là 1' olivo spiega al sole il verde cupo fogliame . . . "Questa è l'Istria,.! .... "Cara terra, oh! come dolce entro dell'anima mi si accoglie il tuo nome. Sopra le silenti tue alture, e nel grembo delle umili tue valli, le une e le altre povere di abitatori, io non veggo gran copia di sontuosi edilìzi sorgere a disegno di ammirato stile, ma quinci brevi città messe a borgo, e quindi sparsi d'intorno casolari rustici di artifizio e poveri ui materia!„ E il Loewenthal invece: Qui benestanzà, mite costume e coltura, là miseria, abbandono, ignoranza : qui i più splendidi avanzi dell'antichità, i templi famosi (l'autore deve aver letto uu brano retrospettivo di storia veneta e fatta ingenuamente una miscèa dei templi di San Marco, della Salute, degli Scalzi, del Redentore, dei Frari et., colle modestissime chiese dell' Istria) i magnifici edifizii (quali? l'ergastolo di Capodistria?) là le umili capanne della miseria, e perchè non dirci poi a complemento dell'antitesi le umile capanne della ricchezza ? Continuo "chè la via lunga mi sospinge». — Lo Schizzo dice così : "Fondendo 1' osservazione propria collo studio dei più autentici e recenti dati statistici, l'autore si è proposto di contribuire col presente Schizzo alla miglior conoscenza delle condizioni attuali di questa parte della Monarchia». Da questa strana fusione ne viene invece una congerie di dati storici, geografici, artistici, economici, statistici, amministrativi, che Dio u' abbia misericordia ! Vi ricordate, lettore, i dati statistici ? No ? Eccovi rinfrescata la memoria con un saggio : Popolazione : "Al principio dell'anno 1870 il Mar-gravia-to contava 19 luoghi con più di 5000 abitanti, e precisamente secondo la grandezza, Pola, Castua, Pisino, Pirano, e Pinguente con più di 10000; Rovigno e Capodistria con più di 9000; Albona, Lussinpiccolo e Cherso con più di 7000 ; Castelnuovo, Parenzo, Veglia e Dolina (bello quel Veglia e Dolina!) con più di 6000; Buie, Dignano, Montona e Verbenico (bello quel Montona e Verbenico!) con più di 5000 abitanti.» Di questi 19 luoghi — Pola — per nominare solo i veramente principali, contava nel 1869, giusta 1' ultima anagrafe ufficiale, 10473 abitanti stabili, non comprese nè la guarnigione di terra, nè le ciurme e le milizie di mare ; uè Castua, nè Pisino, nè Pirano, nè Pinguente, hanno mai contato 10000 anime. Pinguente 458, Pirano 7691, Pisino 2909, Capodistria 7539, Albona 2084, Lussinpiccolo 5658, Cherso 4673, Parenzo 2471, Veglia 1359, Buje 2389, Diguano 4731, Montona 1267. La forma dell' Istria fu generalmente paragonata a quella dell' Africa : „Istria è paese al golfo adriaco in fondo, »Che in suoi brevi confin dell'affla terra »Ci ritrae la figura. Così cantava di lei, un gentile suo poeta, il com 1 pianto avvocato Francesco de Combi, nel poema VAlo-pigia. V' ha chi la paragonò a un cuneo, ad una piramide e perfino ad un'ugola: nessuno (io credo) prima del Loewenthal ad una pera rovesciata. Sarà forse perchè un boccone ghiotto e facile ad addentarsi ?. . Chi sa poi se altrettanto facile ad inghiottirsi e a digerirsi ? L' autore avverte che la punta di questa pera rovesciata dal sud al nord coincide colla punta di Pro-montore, fino alla quale si estende dal nord al sud il Carso in forma di diramazione delle Alpi Giulie; e che a questo si congiunge il cosidetto Gicenboden. Se il signor Loewenthal si degnasse un giorno di visitare questa inesplorata provincia, gli raccomando di non interrogare alcun istriano sul così detto Gicenboden. Uomo avvisato con quel che segue ! Il Monte Maggiore non è alto 4300 piedi, ma 4410, vale a dire m. 1394. Ch' io mi sappia, una vallata di Licciola non ha mai esistito in provincia. L' autore avrà forse voluto accennare alla vallata di Siciole, posta su quel di Pirano, e assai celebre pella coltura della vite. Fra gli strati di pietre, di cui l'Istria abbonda, la calcare è la più usata, e si scava specialmente nel distretto di Pola siili' Isola Brioni. Da queste cave già al tempo dei romani s'erano estratte grandi masse di pietre per trasportarle a Roma e a Ravenna. Nella stessa Pola esistono tuttora dei monumenti romani costruiti con questa pietra....» Così l'autore dello Schizzo. La pietra calcare qui nominata e la così detta roccia formata dal calcare ippuritico, ed è per lo più grigia, spesso bianca e talvolta giallastra, ovvero di roseo colore venata. Se ne trova a Nabresina nell' Istria superiore, e a Veruda nell'Inferiore, la quale ultima diede ai magnifici edifizii di Pola romana i bianchi suoi marmi ; poi ai Brioni, a Rovigno, a Orsera, a Moncalvo, a Barbana, a Castelnuovo d'Arsa, a Novaco di Montona, a Grisignana e in più luoghi ancora. A conoscere l'esatta costituzione geologica dell'Istria, s'informi l'autore di un certo libretto intitolato Porta Orientale. — La roccia calcarea dell' Istria non fu adoperata solamente nelle fabbriche di Vienna e di Pest, ma auche, fino dai tempi più remoti, in moltissimi luoghi del Regno d'Italia, in specie nei palazzi, nelle chiese, nei ponti e nell' Arsenale di Venezia. "Oltre al fiume Quieto, in tutta la penisola non vi sono che ruscelli soltanto.,, -- Falso, falsissimo! L'Istria non ha la fortuna di possedere un Danubio, è vero; scarseggia anzi di acqua, specialmente in causa delle numerose caverne sotterranee e della natura calcare del suo suolo ; ciò non ostante oltre il fiume Quieto, ci sono il Recca, il Risano, l'Arsa e la Dra-gogna; che danno un corso dalle 10 alle 15 miglia. Il Lisandro e Rubujeso (Rebujese) fra Capodistria e Trieste sono due torrentelli che non meritano ricordo; piuttosto il Santa Barbara o Fiumicino nelle vicinanze di Capodistria, il Draga presso Leme, il Bogliu-no, e non Boljunscica, che si getta nel lago di Cepici. A detta dello Schizzo due sole sono le sorgenti minerali, conosciute tra noi; l'una nelle vicinanze d'Isola, che brilla per la sua perpetua chiusura, l'altra presso Sovignaco su quel di Albona. Tutte due sono invece le meno rammentate dagl'istriani; se vuoisi piuttosto, ha da qualche tempo certa rinomanza quella di santo Stefano presso Sdregna, la piccola patria del grande dottor della Chiesa, San Girolamo. Eli'è sorgente sulfurea a 29°-31° R. ed è indicata per le artri-tidi, pei reumatismi, per le affezioni cutanee, croniche et. Il Manzuoli nella sua Descrittone della Provincia dell' Istria, che si va ora ristampando dall' Unione cronaca capodistriana, dice delle Terme di Santo Stefano'. "A pie' d'un monte di questo luoco, è un acqua (che sbocca nella valle di Montona) che bolle sempre e sa grandemente di solfere, e risana, con meraviglia, doglie, rogne (o aurea semplicità de' nostri padri!) e simili infermità. „ Se il Loewenthal bramasse conoscere un po' di bibliografia in proposito, per attignere notizia estese ed esatte, legga il parere medico dettato nel 1822 dal dottor Petrovich, la relazione del signor Carlo cavalier de Hauer, inserta nell'annuario dell'i, r. Istituto geologico dell'Impero, e riprodotta dal periodico la Provincia dell' Istria, che si stampa a Capodistria, anno II, n. 10. pag. 142; gli scritti del professore Luigi de Gravisi nell' Osservatore triestino, anno 1844, u. 85, 86 ed 87; quelli dell'avvocato Francesco de Cotnbi nello stesso giornale, riprodotti nel Supplimento alla Rivista Euganea, anno I, n. 16, 1857 et. et. Ora ripasserò un pò di storia e di Ielle arti, bistrattate orribilmente nel troppo nominato Schizzo, pregando il lettore, se ha avuto la pazienza di giungere fin qui, a pazientare ancora un pochino ; giacche a me pure sa mill'anni di finire le mie troppo tenere elucubrazioni intorno a codesto guazzabuglio, stranamente abborracciato ad usum Delphini. Scommetto che nessun scrittore dell'Istria ricordò mai prima del Loewenthal — qualmente Muggia tosse la prima città di cui gli austriaci prendessero possesso alla caduta della gloriosa e sapiente Repubblica (1797), e scommetto ancora che neppure i mug-gesani se lo sanno. Ecco un nuovo gioiello incastonato nella storia municipale di Muggia! Ma l'autore non sa una cosa che sappiamo tutti noi istriani ? ed è che dalla parte di Trieste, Muggia è vestibolo dell' Istria ; dunque vogliasi o non vogliasi è la prima città che de-v' essere occupata. A parlar propriamente, Capodistria, che viene dopo Muggia, (non se l'abbiano a male per carità, Servola, Pluvia, Scoffie, Decani,) Capodistria non è unita alla terra ferma per mezzo di una diga in pietra, lunga e larga a sufficienza', ma di due strade beli'e buone, ampie, piane e diritte. Diga, secondo Fanfani, è argine, e dicesi specialmente di quello che difende da' colpi di mare. Che Capodistria sia poi stata fondata dai Colchi è opinione, signor Loewenthal, contraddetta da un povero nostro scribacchiatore di storie (legga, favole), Gian Rinaldo Carli ; forse in proposito poteva saper qualcosa perchè nato in Istria — a Capodistria. Egli, il poveretto, volle dimostrare che i Colchi non si fermarono mai in Istria o vicino, ma in Cor-eira (Corfù). Disse che temendo essi l'ira di Eeta pregarono Alcinoo, rq di Corcira, ad accettarli come compagni, e che fermaronsi tra Feaci sino alla venuta dei Bacchiadi, oriundi da Elìua. Aggiunge poi le seguenti testuali parole: "Creduta vera la volgare opinione che da' Colchi discendessero gl'istriani, a certi scrittori sembrò conveniente l'asserire che Capodistria pure potesse vantare un'origine sì lontana, e da essi riconoscere la sua fondazione. Primo di tutti a scrivere così fu il Volaterrano, indi il Manzuoli e varii altri. Io credo che non sarebbe qui d'uopo di andare mendicando argomenti, onde far credere la falsità di questo erroneo supposto, quando in un' opera che tratta della spedizione degli Argonauti in Coleo, che forse non istarà molto a stamparsi, l'ho confutato., — In un assennato studio storico sull'Istria del professor Benussi, rovignese, si dice pure che lo stesso intreccio del viaggio dei Colchi mostra da per sè solo quanto sia favoloso. Esaminande poi il suo sviluppo cronologico specialmente iu quella parte che si riferisce al ritorno degli Argonauti, si vedrà, com'egli sia privo di ogni base storica. Per acquetare il Loewenthal, e per queli' imperiosa necessità naturale, che tutto deve avere un principio, sia pur come Minerva dalla testa di Giove, o come Romolo dalla Vestale, dirò che Capodistria nacque da una tribù grecanica in uuo stesso parto con Trieste, Cittanova, Parenzo, Pola e Nesazio. Sei gemelli! Che Pallude sia stata la divinità tutelare di Capodistria non è certo, perchè, dice il Carli, tranne l'i-scrizioue di Giustino, ritenuta dai più per apocrifa, siamo privi di qualunque fondamento. I versi a cui accenna il Loewenthal suonerebbero tradotti così; Di Pallade actèa fu questo un giorno Memorabile sasso il simulacro Finch'Egida rimase questa illustre Cittade ai Capri dalla pelle detta Della Diva. — • La qual pur vinti avendo Nelle arti dell' ingegno gii altri istriani, Sempre d'esser poi sempre il capo onrato Meritò della patria, a cui prefulse Iu ciò pur sola. Da Giustino il prence Giustinopoli, poscia e ai Veneziaui Capodistria alla fine fu chiamata Sotto ai quali ella viva ognor secura *) Non Giustiniano, ma Giustino II avrebbe dato il nome di Giustinopoli a Capodistria, e precisamente nell'epoca in cui l'Istria depredata dai Longobardi fu aumentata da nuove genti italiane. Capodistria però, durante l'invasione longobarda rimase sotto il dominio bisantino. Ella non fu conquistata dai Veneziani nel 1375, ma nel 1278 ai 5 del mese di febbrajo si diede spontaneamente alla Repubblica di Venezia. Fausto avvenimento, che è convalidato dalle parole della parte seguente, che si ritrova nel Libro d' Oro all' Archivio generale di Venezia 1,129: Qualiter civitas Iustinopolis accepta fuit — MCCLXXIII die V februari M. C. — Capta fuit pars, quod civitas Iustinopolis tollatur in Commune Venetìarum, salvo jure Patriarchae et domus Aqui-lejae, et erant homines CCXXXVI in Consiglio ex quibus XVI de non, CI non sìnceri, et CXIX sic **) A Capodistria oggigiorno non si conosce una piazza Lipzia, bensì una piazza del Duomo, che è indicata anche da un cieco pel suo campanile grosso e lungo; così piazza d'armi è chiamata Brolo; la piazza della Muda, più rettamente di Ponte piccolo, non ha belle foyitane, ma una bella fontana, costrutta nel 1667 a cura di Lorenzo da Ponte, la cui acqua sgorga a pie di un colle, e vi è addotta mediante tubi di legno, che serpeggiano sotterra. *) La traduzione in versi ini fu favorita da un colto poeta istriano, e credo sia la prima da quando fu scoperta la lapide. **) Così in lettera favoritami dall'illustre cavaliere professore G. de Leva. L'antica Accademia della Calza era dov'è in oggi il teatrino sociale (uno de' più antichi del mezzodì ? . uhm !) in via del Belvedere. Il Caffè in piazza del Duomo fu sempre chiamato della Loggia e venne fabbricato per quello stesso uso che lo furono tutte le Loggie italiane. La chiesa di Sant' Anna non ha dipinti dello Zambellini (Giovanni Bellini); a meno che non si voglia accettare la tradizione, assai vaga, essere di quell'illustre pittore due bellissimi quadrettini conservati in una sala terrena dell'annesso Monastero, e che un tempo ornavano le colonne di un altare a destra della chiesa. Sant' Anna non ha dipinti di Carpaccio, ma bensì un dipinto di Benttto Carpaccio figlio, che a paragone del padre, era un volgatissimo imbianchino. Uu Coneglia-no non è conosciuto quale pittore, sibbene Giovanili Battista Cima da Couegliano nel Veneto. Il conte Carli non si distinse per le sue opere letterarie, avendone dettate assai poche e di poca importanza, ma per le economiche, storiche, archeologiche. Verjjerio (il vecchio) oltrecchè filosofo, filologo ed isterico, fa pure giurisperito ed oratore, da meritarsi una cattedra a Padova e a Bologna, oltre la carica onorifica di ambasciatore dei principi carraresi, e le più difficili mansioni al Concilio di Costanza. Perchè senza pescare un Largacela ammirato, secondo lo Schizzo, per le sue creazioni artistiche, e che non ha mai esistito, il Loewenthal non ha nominato ancora tra gì' illustri capodistriani, un Vergerlo Pietro Paolo juniore, vescovo riformista, un Muzio Girolamo, letterato, un Trevisani Francesco, pittore, un Gavardo Gavardo II, valoroso sopracomito, ed altri ancora, che poteva rinvenire iu succinto in una pubblicazione comparsa a Padova nel 1866, riprodotta prima da un Lunarùtto pel popolo di Capodistria anno I, e dall' Unione, cronaca capodistriana, an. II, n° 24 ? (Continua) H I • i ■ ■■ i, ..■!■;■:■■ ■ ■ ——-. « a^.-.i n w < è dovuto a Tommaso Harriot, nato ad Oxford nel 1560 e morto a Londra nel 1621. — Leonardo da Vinei nel secolo XV introdusse i segni -(-e —: iu Italia ed in Francia le parole più e meno s'indicavano prima colle lettere iniziali p ed m. — Il segno X per la moltiplicazione trovasi in Oughtred (1631) che fu pure quello che scrisse i numeri decimali senza il denominatore coli' introduzione della virgola. Il punto si vede iu Cartesio e Leib-nitz (seconda metà del secolo XVII) ecc. — Fu Newton che pervenne alla legge dei coefficienti per mezzo di considerazioni, che non ha fatto conoscere. — Isacco Newton, nato a "VVodsWpe nella contea di Lincoln in Inghilterra nel 1642 e morto a Londra nel 1727, lasciò molte opere di cui le principali sono: V Aritmetica Universale, il Metodo delle flus- sioni (calcolo differenziale), i Principii matematici della filosofia naturale, 1' Ottica ecc. -• Biagio Pascal, nato a Clermont nel 1623, e morto nel li 62, fu... l'autore della prima memoria (1650) estesa sulle combinazioni. — L' uso della lineetta per separare il dividendo dal divisore si trova in Leonardo Fibonacci, detto Leonardo Pisano, nel suo trattato d' aritmetica intitolato : Incipit liber abaci compositus a Leonardo filio Bonacci che insegnava in Pisa nel secolo XIII. L' uso dei due punti è posteriore e sembra sia dovuto a Leibnitz. Sul modo con cui i Greci designavano le frazioni veggasi Nesselman (Gesch der Algebra p. 114). — Dobbiamo specialmente a Newton 1' idea generale di potenza; mentre la prima traccia di calcoli con esponenti si trova in Archimede, che nacque in Siracusa 1' anno 287 avanti 1' era volgare. — Qualunque numero che noti si possa esprimere ne per un numero intero, ne per una frazione, ma solo entro certi limiti con errore il più piccolo possibile, dicesi incommensurabile od irrazionale. per contrapposto a quelli che possono essere espressi esattamente mediante frazioni e che si dicono razionali. Leonardo Pisano adoperò nella sua aritmetica la parola Surdus (1202) che fu adoperata fino al secolo XVIII e che probabilmente era la traduzione della traduzione araba della voce tecnica greca. L' irrazionalità fu soggetto di molteplici meditazioni già presso Platone. Il libro X degli Elementi di Euclide contiene un apposito trattato sugli irrazionali. — Nicolò Tartaglia, nato a Brescia nel 1510 e morto a Venezia nel 1559, fu celebre geometra che scoperse il modo di risolvere le equazioni di 3° grado. Comunicò le formole a Girolamo Cardano, nato a Pavia nel 1501 e morto a Roma nel 1576, che ad onta della promessa del segreto, le pubblicò nel suo libro Ars Magna, estendendone però la discussione e le applicazioni. Scipione Dal Ferro o Ferreo, morto a Bologna sua patria, insegnò iu quella Università e fu il vero scopritore primo. — Lodovico Ferrari matematico bolognese, fece la scoperta della risoluzione delle equazioni generali di 4° grado, che fu pubblicata nel 1545 da Cardano, suo maestro, e nel 1547 da Bombelli bolognese. — Per le equazioni di grado superiore, abbiamo metodi speciali per la determinazione di tutte le radici reali tanto commensurabili che incommensurabili. A ciò si presta... il processo di calcolo del Buffini (*), che combinato col teorema del Fourier dà il modo più spedito per risolvere numericamente ogni equazione algebrica. Questo metodo importante fu dai Francesi attribuito a Budan, e dagli Inglesi all' Horner. — (*) Paolo Ruffini, celebre matematico reggiano, nato nel 1765 e morto nel 1822, insegnò analisi nell' Università di Modena e poscia matematiche applicate nel collegio militare della stessa città. Lasciò moltissime opere. — Zecchini Leonelli, cremonese di nascita, pubblicò nel 1800 in Bordeaux, dove professava matematiche, il Supplemento Logaritmico, che contiene i logaritmi addittiri e sottrattivi. Una di queste tavole immaginata dal Lionelli è ingiustamente attribuita al Gauss. -- L'inventore del giuoco degli scacchi fu invitato dal suo sovrano (*) a chiedergli una ricompensa proporzionata alla bellezza della sua invenzione. Dopo molti dinieghi, finalmente V inventore impegnato a mortificare ingegnosamente il re, disse che gli si desse un granello di frumento per la prima casa del suo scacchiere, 2 per la seconda, 4 per la terza e cosi via via raddoppiando fino alla 64.e8ìn,a La domanda sembrò da principio alla corte tutta un niente, ma fatti i calcoli fu trovato ineseguibile ed eccedente le ricchezze di tutti i monarchi del mondo .... (*) Il giucco degli scacchi fu inventato alle Indie il più vero, similmente in questo modo. Al principio del V secolo dell'Era Cristiana un Monarca Indiano per nome Shehram opprimeva i suoi sudditi e disprezzava le rappresentanze che su ciò gli facevano i grandi ed i sacerdoti. Un bramino chiamato Sessa o Sissa Ebn Daher (figlio di Daher), volle provare di far arrossire il sovrano dell' obblìo de' suoi doveri, col mezzo di una specie di apologo. Con tale intenzione inventò il giuoco degli scacchi, nel quale, benché il re sia il più importante di tutti i pezzi, è tuttavia uell' impotenza di attaccare e di difendersi senza il soccorso degli altri di minor grado ed importanza del suo .... I migliori autori assicurano che gli scacchi degli antichi erano ordinariamente di vetro. Tamerlano fu grande dilettante di questo giuoco. Gli Orientali 1' amano più di noi ed i barbareschi o corsai delle coste dell' Affrica passano per i più grandi giuocatori di scacchi. La prima idea delle frazioni continue la si deve al bolognese Antonio Cataldi (1613), mentre ingiustamente viene attribuita a Brounker(1665). Quest'ultimo con una di esse espresse il rapporto del quadrato circoscritto al cerchio, all' area del medesimo. Fatto è però che le belle proprietà di queste frazioni vennero per la prima volta studiate e portate a pubblica conoscenza da Ugenio, e più tardi dal torinese Lagrange, cTuT ne fece bellissime applicazioni. Molti analisti posteriori se ne occuparono, ed alcune ricerche su queste specie di espressioni si trovano nelle opere di Vallis. Ugenio ossia Huygens Cristiano nacque all'Aja nel 1629, e vi morì nef 1695.—Giuseppe Luigi Lagrangia o Lagran-ge nato a Torino nel 1736 e morto a Parigi nel 1813, contribuì molto ad arricchire la dottrina delle frazioni continue, applicandola alla risoluzione di importanti questioni. V.di il suo Traité de la résolution deséquations numeriques. A questo punto non posso astenermi da una meraviglia, cioè che nel § delle proporzioni e progressioni armoniche e contro armoniche non abbia trovato opportuno di ricordare l'immortale nostro Tartini e le sue opere scientifiche sull'Armonia. Dopo ciò un mi rallegro —alla terra d'Isola nel cui Albo sono segnati altri elettissimi ingegni e caratteri, Pietro Coppo, il Canonico Pesaro, Pasquale Be- senghi degli Ughi, il Padre Chiaro Vascotti.....e una stretta di mano all'egregio patriotta nostro che giustifica così bene dal canto suo la vecchia sentenza del Piranese Goineo = Ad Literas a natura quasi facti videntur Istri =e quell'altra di Andrea Rapicio cittadino e vescovo di Trieste: Felix ingenio haec Regio, si quae altera tota Ausonia est......... Venezia 19 Ottobre 1876 T. L. GLI SCRITTI di Pasquale Besenghi degli Ughi Sono ormai circa 26 anni che il defunto Avvocato Dr Madonizza così conchiudeva uu suo articolo sul Besenghi pubblicato nel Popolano: "Spero che si „ giungerà un dì a raccorre le sparse opere del Besen-„ ffhi, monumento di onore all'Istria e all'Italia, e „ che altri meglio che io non feci parlerà de' misteri „ della sua vita, e della grandezza de' suoi studi.„ Se non erriamo questo desiderio sta per essere soddisfatto, che il professore Nob. de Hassek, docente di letteratura italiana nell'I. R. Scuola Reale Superiore di Pirano, va raccogliendo tutto ciò che può trovarsi d'edito e d'inedito del Besenghi per fare un'edizione completa di tutti i suoi scritti, possibilmente in un unico volume che verrà stampato nel Regno. Il prof, de Hassek intende di far precedere gli scritti del Besenghi da uu suo studio critico - bibliografico intorno all'esimio poeta istriano. E in questo proposito egli si rivolse a noi, pregandoci di fare un appello a tutti quegli egregi che possedessero scritti editi ed inediti del Besenghi, come a dire prose letterarie, lettere, poesie ecc., pregandoli di volerne comunicare una copia a lui, affinchè egli possa approfittarne per condurre meglio codesta edizione; egli ci prega altresì di avvertire che per completare l'edizione degli scritti del Besenghi da lui ideata, oltre lo studio critico-bibliografico intorno al poeta, non sarebbe forse male se l'opera fosse adorna anche del ritratto dello stesso, e perciò egli prega chi ne avesse per avventura un esemplare, di volerglielo favorire in copia eseguita o a matita, o a penna o in fotografia, o in quel modo che si crederà più opportuno. Sui dialetti dell'Istria «nTvl tòJl»» SA ,OlHM«»R. t\S moj i • • «t't Viu.r 'AV (Cont. e fine V. pag. 1922) 16. Item che non sapiando algun deli consigleri ne dela terra de pola, elo manda lo cavestro solda in San Lorenzo, a Venexia, non sapiando algun per che cason. e passado cerca . j. mese e me$o elo se fese pagar lo comun de pola libre xxiiijor per spese delo dicto cavestro, digando luj chelo lavia mandado per fati del comun de pola non volendo exprimer la cason, la qual cosa e de grande desouor e danno del Comun de pola. Confosia . . . mior homini era in Pola del cavestro per mandar a Venexia ala presencia dela vostra signoria selo avesse bisugnado. Li qual deneri domandemo noy syndici del Comun de Pola che ala vostra signoria plaqua cheli dicti deneri ne sia resti-tuidi da lo dicto misser lo Conte. E se questo elo volese denegar mostrarasse per li quaderni del comun de pola e de li caneveri ... per altri boni homeni. 17. Item chelo dicto misser lo conte faseva . . . scentiva chel se charegasse formento de note, E de questo pore saver lo vero se ala vostra signoria plaxera mandar algun a pola a in quirir . . . questi servisij. No pluj de questi sovradicti corno de altri multi che noy non s . . . ordemo e non semo informadi. (non possunt probare per aliquos) Item quod domina Lucia uxor dicti domini Comitis charegari fecit et mixit extra polam pluribus et plu-ribus vicibns farinaio in Vegetibus et sachis et alijs vasis occulte in magna quantitate. Et hoc probatur per portatores et barcarolos. testes Ser Paulus de Anchona ) Ser Nicolaus quondam Menegellif Ser Coleti frater Marci da Buia > pin .... Ser Donatus stacionarius \ Et Alij Die xviij Maij 1353. presentate fuerunt pre . . . . acusationes et querele per infrascriptos abitatores de Pola. po Bertucius subtilis Ser Nicolaus de cleffas Ser Otobonus de bocatna . . is Ser Venerius Notarius Ser Otolinus qui fuit de florencia Ser Nicolaus ser Simeonis Ser Eaymundinus merca..... Magister Matheus m......... Ser Nicolaus quondam ser thom .... Dominicus de cap» (CaJ^ J (^auinus de Bussa Jacobelus mercator Nicoletus Bonano Johanes Ferareie In foglio separato, che pare seguito di altri fogli, sta scritto: misser Nicolo Qen si tolse da ser Otolin et da ser Bertuci Sutil. Cento lxij libre. Item da ser Francesco spiciero libre lx. Item da Iacomelo libre lx. Item da lo figlolo del plovan de medelino libre l picole. Item da Dani de Medelino libre L picole. Item da Marinala de Fasana libre lx. li quali tuti sovrascriti dineri e lo sia tolti contra la forma dela soa comission. e contra la soa crida, e coltra li ordeni de pola. e sia retignudo in si quela parte che li a plasesto ... E questo ve fara fe pinci no-derus loqual ascrite tutte queste chose. Item ve disemo che lo dicto misser lo coute si condena gibilino de cavodistria lo qual fo trovado cum fornaio iu lo porto de pola in barcha. quel conte sa fe se vender la barcha, et lo formaio lo qual fo vendudo circha libre xxij, dele qual e lo retene le doy parte in si et la terja a lo comun de Pola . . . corno voy trovare in quaderni del comun depola. et in quel tempo siera chanovero de cumun pincius noderus. Item selementa de misser Nicolo Qen.e dise che quelo sie stado chason de tuti li contrabani, e questo se demostrarà, per li capituli et esamunian^e infrascrite. In prima che per lo dito conte e soi consigleri et conseglo, sierà preso de mandar ser otobon deboca-manfin Ambaxador ala signoria, a declarar et a savaver senoy devisemo portar lo nostro olio et altre vituarie corno nui eramo usadi. e si fo trovada la barcha, elal-tro di seguiudo. lo dito conte dise segnori io no voglo che vuy mande a dir negota ala signoria, che io farè si che vuy sirè contenti, etignere tal modo che ve plaserà. dagando entention chel siràve contento che lo se portase in chavodistria, et in le terre de Venesia. testes ser tT' isser Scandola ser dominicus de Valencia Vii'!!'' -ril.i ser Yenerius notarili» ser Nicolaus Ferarese ser Veneaus Sutil : f!" !ì Item disemo che dapo che lo dicto conte dise quele parole lo so Nodero loqual elo afato scampar, sa dise atre Qintil-homeni de pola et a plusori altri, se vuy vole fornir lo nostro conte de olio et de vino, elo ve lassarà traher et portar le vostre chose 900 olio et vino fora lache vuy vole. testes ser Nasinguera ser Thomas Verandi ser Facio de Campo. Item disemo che lo dito so nodero si dise aplu-sor. persone, che se vuy porte del vostro olio lache ve plase fora euo abie nesun impensier che io so ben quelo che io digo dagando entention che lo conte fose contento. . i. ■ testes Nicolo de ser Baldo t. Iacomelo t. Nani spiciero t. J iero da Verona t. Bertucius de Amicis. frumentum venditum d. Nicolao Geno: t t. primo Nicoletns bareta. m.° ultra C. c t t. d. Iohanes Milex m.° ij ; c f t. ser Nicolaus quondam d. Simeonis. m.° ij et vj. c t t. ser Bertucius sutil m.° ij. t t. ser Nicolaus. quondam, d. cleofaxij. m.° C t t. ser Ugo qm. d. scandole m.° C. + t. ser Venerius q. d. Mathei. m.° C et xiiijor t t. Nicolaus. q. d. And. de bivandolo. m.° lv. t t. ser Antonius. Vicedominus. prò eius filia m.° xxv. t t. ser Nicolaus q. d. baldi mod. Ciiijor f t. sor nicolaus predictus, mod. xxxvij f t. ser Jolianes quondam Angeli mod. x ser Venerius yardivela mod v (cancellato) t t. ser Bertucius de Amicis mod C t t. Ser Otolinus. de Florencia mod. C- t. Dominus Episcopus mod. ij. f t. ser Ugo quondam domini petri. mod xl ser Matheus q. d. bonefacij. m (cancellato) t t. ser Nicolaus q. d. Angeli. Marcus de bonio (cancellato) t. Qenpolus. de pimo + t. Simon de ^achera f t. ser Matheus Johanis cuboli t t. Menardus "t t. dominus Abas Sancti Michaelis dominus plebanus Adignani (cancellato) f t. Dominus Abas Sancte Marie t. ser Andreas Caprarie emit prò eo. frumentum in quan- VAtW t. ser Venecianus. sutil. mod. xxx. t. Nicolaus cararius f t. destinatus f t. Iohanes delarosa. m.° x. frumenti t. Item habuit frumentum. et ordeum Rigalie Veneciarum quod-capit in stimma mod. ij et xl vel cercha. t. Item Marcus Nareso emit frumentum prò eo. -— ol);w NOTIZIE il ino uni 011100 iutiir ib