•;' X C R O N I G H E O S S I A MEMORIE STORICHE S A C R O - PROFANE Dl TRIESTE Cominciando dall’XI. secolo sino a’nostri giorni; compi- late dal R. D. Giuseppe MainAti Sagrestano della Catte- drale di S. Giusto Martire. ColPaggiunta della relazio» ne dei Vescovi dal primo sino al decimo secolo. TOMO PRIMO VENKZiA M E L L A JIPOGRAFIA PICOTTI 1 8 I 7 J ' . ■ ;.v. J«,,* 1 i :. v - f"-:. _ • . ' -v' • •'••• - ' J -' V • ‘ ‘ V ^ .T . |J\ *.r. t s- 5 y fif', v/;.-: 'i r iv .'-'v.V. 'K.v ’ix - -|V. • dl 00 30 %-^- PREFAZIONE. Il desiderio di conoscere, e di sapere cio cbe meno ovvio, perquanto esser possa tal- volta disutile o dannoso, e pure per lo piu una delle inolle piu efficaci del bene, ed uno stimolo proficuo per la scoperta d infi- nite cose all’uomo ed alla societa utilissime. Questo desiderio di conoscere, e di sape¬ re nacque in me pure, e principalmente nacque per le cose che risguardano la mia patria, Trieste, Esso fecemi cercare avida- mente tutte quelle stori che notizie, che su. di Trieste ci si conservano dallestampe. Per esso andai, quanto piu fummi possibile, in traccia di quelle rnemorie e docmnenti ma- lioscritti, che le guerre, gl’ incendj, e la indolenza de tempi andati non bastarono a sottrarci del tutto. Ma scarso fu il primo frutto delle mie fatiche 5 ed in virtii appena VI del mio perseverarvi giunsi a poter visitare reconditi archivj, e prijate raccolte, ovetra gli avauzi delle stragi, deglincendj, de’ to¬ pi, e del tempo pur pure mi riesei qua, e la di rinvenire oltre a molti preziosi docu¬ menti, e copie di documenti, una raccolta di manoscritte memorie del P. Ireneo del- la Croce, che formata se 1’avea, senza dub- bio, ali’ uopo di compiere la sua storia di Trieste. Ricca e questa raccolta di documenti. Io tutti li rapporto col testo originale latino nell appendicedi ciascun torno della mia ope¬ ra; ma nell’opera stessa li reco con una tra- duzione letterale dove la serie de falti na- turalmente la chiama. L ordine da me prescelto pel mio raccon- to e il cronologico; e in esso non d alt ra mas- sima divisoria mi servo, che di quella na- scente dalle vite de’ vescovi triestini; e cio unicamente per fornire al lettore delle ra- gionate, e proporzionate pause. E pero se- condo 1 epoche della vita di ogni vescovo VII troverassi fedelmente narrato tutto cio che sott ogni aspetto alla patria noslra di nota- bile intervenne. Promisi bensi nel mio inanifesto, cbe principio prenderebbe la mia slona dove il P. Ireneo la sua fini; ma considerando che a questa pur v’era qualche cosa daggiun- gere, e grado esser potrebbe al iettore di trovare in un solo corpo raccolto tutto cio che giova a sapersi con relazione alla vita di ciascuno de’ nostri anche piti antichi ve- scovi 3 risolsi di prendere le mosse addirit- tura dal primo nostro vescovo in poi. Le tenebre dei tempi da noi piii remoti tulta involgono la storia polilica della patria, e la ecclesiastica storia soltanto loro sovrasta e le rischiara. Da cio viene che il primo torno piu degli ecclesiastici, clre de’ pre^_ ni avvenimenli si occupa; laddo,'; e il C ontra- rio avviene de seguenti . Lo stile scelto e pomposo non šara certa- mente quel.!o che ornera la mia falica, e con- tenterk il Iettore vago soltanto di bella dici- TIH tura; raa questi perdonando i difetti dello stile, aggradisca vieppiu benignamente T animo e la volonta di chi con la diligente raccolta di patrie roemorie, nel suo silenzio- 50 ritiro si affatico dillustrare, e di giova- re alla palria altrettanto, che incapace si sente di farlo per la yia di fatti Juminosi, e di grido. L’4yT0RKr TAVOLA CRONOLOGICA 'X)c 3 Vescovi e loro numero pro greš sivo, delle Memorie pih rilevanti; de’ Documenti che arricchiscono quesl‘ Opt* ra, deli’ arino nel quale successe il falto che si rac* conta} e del numero corrispondente della pagina. DoctmBsM DOCUMfiNTI X Abjura di Firmino, in- viata al Pon- tefice s, Gre- gorio. RisposLa del Pon telice a Firmino. Lettera seri t ta dal medesimo Pontefice ali’ Esareo di xi XII / ' XIIt XIV 84 lo4o v esco v r Aldogero. Kum. M E M O R I E ! 7 Assiste alla Dcdicazione della Chiesa Patriarcale d J Aquileja. Morte del Patriarca Po- pone, mentre disegna di ri- cuperar Gra- do dai Vene- ziani. Eberardo succede alPa- triarca Popo- ne , ed ottie- ne dal Pon- tefice Leone IX. lareinte- grazione del¬ la superiori- ta del vesco- vato diTrie- ste. DOCrMENTI Carta d! do- nazione del Patriarca Po- pone al ve- scovodiTrie- ste di Uma- go, ed altri luoghi nell’ Istria. XT XVI XVII PAG. 120 12 ! ivi 122 12,3 126 l32 Anno l 5 CA 1 '7' v e s c o v 1 Wernardo o Yascardo. TS UM- 22 M E M O R I E Qual sogget- to fosse Die- tamaro ve- scovo diTrie- ste. Errigo Con- te di Gorizi;, e Tirolo Po- destk diTrie- ste. Vengono riformati li Statuti della citta. Azioni di questo vesco- vo. Fa diversi donazioni ai Canoniei del la sua Catte draledi Trie ste. DOCUMEPiTI cide li confi- ni di Trieste con quelli di Duino. Bolla di Pa- pa Alessan- dro 111. col- !a quale con- ferma la do- ** XVIII SIS XX f A G. Anno V E S C O V 1 Sum. M E M O H ! K D0CTJMENT7 »56 E 209 Geberardo. 2 9 i58 ivi )212 12X3 Corrado. 3o x5.9 121 5 L’ Impera- tox - e Ottone in veste ilPa triarca d’ A- quileja del doniinio del- le Provincie deli’ Istria, e della Carin- tia. dai Venezia- ni diTrieste, Žara, ed al- tri luoghidel- 1’ Istria. Viene isti- tuita inTrie- stela Confi-a- ternita, del¬ ta del San- tissimo . Il Patriar- ca Volchero conduce se- co ii vesco- vo Corrado al C.oncilio generale in Roma. PodestaMar- co venelo. 11 vescovo Corrado do- na alli suoi S st XXII XXIII F A G. 177 178 »79 *S4 186 187 188 189 i vi XXIV DocuMEan Istromento di venditad"’ alcuni beni del vescova- to diTrieste. XXV XXVI documenti XXVII } ' DOCUMENTI Concordato tra i canoni- ci, e capito- lo con la Co- munita di Trieste. XXVIII XXIX PAG. »6l 269 270 • »• •< t ' ,■ <: ' . * ':.r .ti 'v>ii 'T lih '.I ({ '.rr.tl v 7 r MEMORIE STORIGHE SA CRO-PROFANE D A IL’ A KN O 44. AL i 3 OO. , ' - ■ % ■ ■ • ■ . 1 GIAGINT O i i’ H X M O VESCOVO Dl TRIESTE Imperatore Vespasiajmo 44 Pontefice Clemente L’ anno 44 di nostra Salute 1 ’Apostolo s.Pietro, 44 abbandonata la cattedra d’Antiocliia poi'tossi a Ro¬ ma, e condusse persuo compagno 1’evangelista san Marco , uno de’ 72 discepoli del Signore, ove finito di scrivere il suo Vangelo, quello del 46 , fn man¬ data dal s.Apostolo alla eitta d’Aquileja, celebre in quei tempi , ai pari di Roma , per m seminare la fede di Cristo . Quivi arrivato sparse con intre- pido zelo la divina semente della cattolica čreden- za, la qual subitoin queiprincipj ad onta delPattac- camento alla superstiziosa predominante idolati-ia, trasse nel grembo della cristiana Chiesa molti sog- getti illustri, fra’ quali Ermacora , Fortunato, Gre- gorio ed altri furono i principali. Moltiplicavansi alla giornata i Fedeli ; il chescor- gendo s. Marco , per piii stabilirli nella lede , tra- dusse di nuovo in lingna greca lo stesso Vangelo, per essere quell’idioma fainigliarissimo in Aquileja ali or a uiti m a citta capitale ne’confini delPItalia, ivi usato per la frequenza dei popoli orientali; ad- ditandosi ai nos tri tempi ancora vicino le rovine di quella gran metropoli uu’isoletta, ove in una ehiesetta per antica tradizione si tiene che s. Mar¬ co lo trascrivesse, e si con$eryo sin che la Repub- 1 a Mica di Venezia, impadronitasi del Friuli (r) nel 1420 sotto il doge Toramaso P/toeenigo, lo feeetra- sportare in quella dominante . Si trattenne s.Marco, secondo 1 ’opinione d’alcu- ni, cpiattro anni in Aquileja , e vedendo in quella citta stabilita perfettamente la fede, desideroso di vedereil suo amato maestro, ovvero come altri scri- vono , rieliiamato da esso ; priina di ritornare a Roma,adistanza dei Fedelinuovamente convertiti, elesse per suo sucoessore, e vescovo di quella cliie- sa Ermacora, di nazione alemanno, e di nascita no- bile ,il quale per la lunga dimora in Aquileja me¬ riti), al dire delFabbate Ferdinando Ughelio (2), la cittadinanza di quella citta, e volle che molt’ altri 1 ’accompagnassero aRoma, per presentarli al prin¬ cipe degli Apostoli, coine primitivi frutti delle sue fatiche,e della chiesa, essendo clie Aquileja fu la prima cliiesa, che dopo Roma abbraceiasse la fede evangeliea, che percio sin al presente giorno e fi- conosciuto meritamente s. Marco, primo apostolo, e dottore di quella diocesi, e suo successore s. Er¬ macora, il quale con s. Forfcunato suo diacono so¬ ho venerati col titolo di principali padroni. Arrivati a Roma, fu s. Ermacora consecrato pri¬ mo -vescovo d’ Aquileja, e riceve dalle mani del principe degli Apostoli il velo del Sagramento del- Fordine, col bastone , o pastorale, il quale oggidi (1) Ferd. Ughell. Ital. Sac. Toni. 5 . Col. 12. (2) Tom. 5 . Col. 20. 3 si conserva nel santuario della cattedrale tli Go- 44 rizia . Neli’ assegnazione del tempo , che fu creato ve- scovo , il cardinale Baronio ne’suoi Annali gli at- tribuisce quello delPanno 46 , nel quale san Pietro ordino i seguenti vescovi, Panerazio , Martino , Berillo, e Filippo nella Sieilia, a Capoa Prisco, aNapoli Agresto, aFiesole Romolo,aLucaPaolino, a Ravenna Apollinare, a Verona Euprepio, aPadova Prosdocimo,aPavia Siro,e poiprosiegue ad Aquile- jadopo Marco evangelista, assegno Ermacora. An- drea Dandolo, Errieo Palladio, ed Ughellio con Lodovico Schonleben gli assegnano piii probabil- mente Fanno 5 o, potenaosi pero concordare fa- cilmente tali opinioni col dire $ che nel 46 , men- 46 tre venne s. Marco in Aquileja , 1 ’eleggesse ve- scovo di quella citta, e poi nel 5 o, quando ando seco a Roma losse ordinato e consecrato dal prin¬ cipe degli Apostoli s. Pietro . Scrivono gli accennati autori, ed altri seco loro, che ritornato Ermacora da Roma aila sua sede, ap- plicossi con santo zelo ali 5 ampiiazione della nobi- lissirna vigha della eristiaria religione , spargendo , e diffondendo per tutta la provincia , e parti cir- convicine il seme della parola divina . Portossi per- sonalmente ad insegnare la santa fede, come e tra- dizione comune , alla nostra citta di Trieste, quan- tunque asseriscano alcuni , che cio segnisse Fanno 46 di nostraSalute, e primo della sna conversione . Il nome certo del primo vescovo della nostra cit¬ ta, con quello di molti altri suoi successori, la scar- 4 4_j. sezza degli scrittori, collalunghezza del tempo, le persecuzioni de’tiranni,e l’essere tante volte distrut- ta, ha privato noi di si degna memoria; cionondi- menoasseriscono alcuni s’addimandasseGiACiNTO, che con Giovino di Trento , e Giovenzio di Pavia , fu ordinato da s. Ermacora vescovo di Trieste, do- po il suo ritorno da Roma . Che s.Ermacora assegnasseaTrieste il primo ve¬ scovo , fosse Giacinto , o altri, oltre 1’ addotte au- torita, colFantica, e sttccessiva tradizione, sino a’ nostri giorni conservata, la continua serie dei dia- coni , che ritroviarno in essa, manifestamente lo dimostra; mentre fu costume antico della Chiesa , che i diaconi assistessero ai vescovo quando predi- cava, e_celebrava solennemente 1’officio divino , e cosi anco ordino s. Anacletp papa che(i) neigiorni piu solenni il vescovo abbia o sette, o cinque, o tre diaconi^ che diconsi suoi occhi; i quali vestiti coi sagri paramenti ec. E benche 1’ antichita, e tante rovine abbiano smarrito c olle scritture anco la me¬ moria, e le notizie de’primi prelati, che nel prin- cipio dellaC!hiesa,uonsolocolla dottrinae col buon esempio, ma con la vita stessa , e sangue sparso per Gesti Cristo, la coltivarono, e stabilirono nel- la lede; non toglie pero in essa sino all’ora presente la continua serie dei vescovi, come le congetture ca- (i) In solemnioribus autem diebus episcopus, aut se- ptem, aut quinque, aut tres diaconos, qui ejus ocu- li dicuntur, habeat, qui sacris iuduti vestimen- tis ec. = 5 vate da grandissimi istorici, e scrittori ecclesiasti- 44 ci Jo diinostrano. Le sue azioni nel vescovato, tutte adorne di ze¬ lo, e piene di fervore, non vertevano , clie nel pa- soere 1’affidatogli gregge, e nelPaumentarlo , col procurare sempre piu nuovi proseliti, e seguaci a Gesu Cristo . Qual fosse il fine del suo vivere, il quale successe 1’anno 72, ci e affatto ignoto, come ancora e ignoto se_, e chi immediatamente siagli succeduto nella sede sino alPanno Imperatore 120* Pontefice Adriano. Iginio. 2. S. PRIMO vescovo, e protoraartire di Trieste, col quale parteciparono della gloriosa palma del martirio, Marco suo diacono , Giasone, e Geliano, epercio tutti equattronelladedicatoria dello statu- to della citta stampato 1’anno 1625 sono riconosciu- ti suoi cittadini, e come tali annoverati tra i di lei protettori. Il glorioso martirio segui sotto Adriano Itnpera- J2 ,o tore,circa gli anni del Signore 139., il quale as- sunto alFimperio, delibero di proseguire contro la Ghiesa 1 ’incominciata persecuzione, che Trajano suo predecessore lascio, colla sua morte , imperfet- ta . A tal fine pubblico per tutto 1 ’impero terribili editti con rigorose pene a’ vicarj e prefetti delle citta e provincie, della propria disgrazia, oltre al- tre arbitrarie, che tutti i cristiani fossero crudel- mente trucidati. Invio ad Astasio ^ il quale con ti- 6 120 tolo di presidente governava Trieste, il seguente decreto, con ordine espresso, che in pubblicapiaz- za scolpito in pietra si dovesse esporre (i). Chiun- que sei chepossiedi i fasci delPimpero (2), da qua- lunque luogo seaccia, uccidi i cristiani, e distrug- gi le loro chiese =. Esegui Astasio i cenni del suo Monarca , ed avendo presentito che i nostri quattro campioni, professando la legge di Cristo , traessero a se molti gentili, i quali dalla loro predicazione, e dottrina convinti,tralasciata 1 ’idolatria si fossero bat- tezzati, il tiranno feee prenderePrimo co’ suoi com- pagni, e cinti di catene, condim’e al suo tribunale, e quindi con parole orpellate d’affetto, occultando il suo maligno furore, procurava rivoglierlidal pro- positoloro . Perseverariti ecostanti i medesimi nell 1 * * * 5 aperta confessione della fede di Cristo, comando ai ministri che Giasone e Celiano con verghe di ferro fossero crudelmente percossi, sinche esalassero 1 ’ ultiinospirito soprail suolo, e che aPrimo, e aMar- co fuori delle mura della citta fosse tagliata la te¬ sta . I corpi tutti insieme con gran venerazione da’ Fedeli raccolti, in onorevole sepoltura presso la cit¬ ta furono degnamente riposti, ove sempre con gran (1) Quisquis es , qui fasces imperii possides, ubi- cumque christianos depelle, occide, templaque illo- rum everte. =2 {2) A’ prefetti, e presidenti andava avanti uiio che portava uu fascio di bastoncelli con in niezzo una mannaja, seguodi potere ed autorita, di castigarf, ed uccidere. 120 7 divozione vemnero riveriti dal popolo, sin tanto che 1 ’anno 755. la sorella d’Amone vescovo di Ve¬ rona, chiamata Maria, venuta a Trieste li compro, e li trasporto in quella citta, ove ora si venerano. Conservasi aneora qualehe piceiola memoria di questi gloriosi martiri nella nostra eitta, special- mente un miglio e mezzo incirca distante da essa, in una collina posseduta ora dal signor Giuseppe de Cronnest, dottore di legge, ridotta dal medesi- rao con finezza d’ arte in ameni giardini, ed uber- tose campagne . Al presente la suddetta collina volgarmente vie- ne conosciuta sotto il nome di san Celino, nel cui distretto fra due altre colline ritrovansi rivi cor- renti d’ acque, con folti boschi, la profondita dei quali in lingua Slava, o Cragnolina, cbiamasi dai contadini Marckova Globena, cbe nelTitaliana fa- vella significa, Boscaglia profonda di Marco; cio che facredere essersi i suddetti santi martiri Celia- 110 e Marco co’ loro compagni ritirati in que’ luoghi a nascondersi, atterriti dai crudelissimi editti con- tro il nome cristiano, e percib le restasse il nome di san Celino, e di Marckova . Imperatore lbl. Pontefice Antoniivo Pio . ■ Aniceto . 3 . MARTINO, quale trovasi regktrato nella vita 1 5 r del martire s ant’ Apollinare suddiacono nostrocon- - cittadino. Questi ormai di veneranda canizie, ed inargentate cbiome , al sentire il fierissimo, e cru- ioi dele editto delFImperatore Aritonino contro i cri- stiani, esattamente pošto in esecuzione dalTinu- mano Licino, spedito da Roma in Trieste come pre- fetto; si ritiro , e nascose in una delle caverne , o grotte fuori della citta, come fecero tutti i cristia- ni . Veniva quivi alimentato dal prelodato suddia- cono sanFApollinare suo discepolo, ma finalmente oppresso da’patimenti e disagi, fini di vivere e dipenare, cambiando questa colla vita migliore , promessa da Gesu Cristo a quelli che soffrono le persecuzioni per la giustizia, 1 ’anno i5r . Dopo di questo prelato non se ne ha contezza di verun altro per lo spazio di i38. anm,eioe fino ali’ anno Imperatori Pontefice Diocleziano 289. Gajo. e Massimiano . 289 4- SEBASTIANO, al quale comparve il martire san Giusto nostroprotettore, e concittadino la stes- sa notte dopo essere stato gettato in m are coi pesi al collo da’ manigoldi, comandandogli che si por- tasse al lido, nel luogo chiamato in addietro corau- nementeGrumula, ora dettoCampo Maržo , dietro il lazzaretto vecchio, che avrebbe ivi trovato sulla rena trasportato dalFonde il suo corpo,e quivi appresso diligentemente lo seppellisse , fu il terzo vescovo di cui si abbia contezza. Antieamente i vescovi appellavansi per antono- masia anche sacerdoti, come prolissamente prova 9 il P. Ireneo deli a Croce, ene percio, tanto il sud- 3 g 9 detto vescovo Martino, rammemorato nella vita , e martirio di sant’Apollinare suddiacono, quanto questo Sebastiano , vengono soltanto chiamati sa- cerdotititolo in que’ tempi, come ho detto , equi- valente a queIlo di vescovo . Il non avere altra notizia del vescovo Sebastia- no, si pub ragionevolmente attribuire alla circo- stanza del tempo; mentre infierendo le persecuzio- ni, erano in principalita preši di mira gli ecclesia- stici, e precisamente ivescovi, i quali tenevansi piucche mai nascosti, riserbandosi per la coltiva- zionede’Fedeli,laquale essidoveano esercitarecolla maggior segretezza, e cautela; che percio non de- ve recar meraviglia se i vescovi di que’ tempi non sono a noi troppo noti. Dopo fatta inenzione del suddetto vescovo Seba- stiano, s’ arresta la serie de’ vescovi triestini pel tratto di a 5 v. anni. Ad altro non si pub attribuire quest’ enorme vacuo se non agli spogli, gia ridetti, delle memorie, e seritture cagionati dalle guerre , e dalle incursioni de’barbari, e specialmente del celebre Attila nel 462., cosicche non si ha notizia d’alcun altro vescovo sino ali’ anno Imperatore 64 6. Pontefice Giustiniano . ViGILIO. Totila re d’Italia. 5. FRUGIFERO. Altra notizia del medesimo 546 non si ha, se non se, che abbia fatta una sottoseri- lO 546 zione, nelPoecasione che Massimiano arcivescovo di Ravenna, nativo deli a citta diPola, fece edifica- re uiia chiesa fuori della citta sua patria in onore della gran Madre di Dio, da esso intitolata Fcrmo- sa, addimandata al presente della Beata Vergine del Canedo, quale adorno di ricchi e preziosi doni, ed arricchi d’ alcnni fondi di terra, come si scorge dalPinvestitura seguita li 21. Febbraro 1 ’anno 546. alla presenza degPinfrascritti vescovi, Macedonio d’ Afjuileja, F rugife ro di Trie ste, Germano di Brescia, i cjuali anco si sottoscrissero . L’anno che fosse assunto Frugifero al vescovato di Trieste, e (juanto tempo lo reggesse, e chi do- po la sua morte gli succedesse, resta ancora per 1 ’ addotte cagioni nelFabisso delPoscurita sepolto. Imperatore 5 6 9. Pontefice Gxusxino II. Giovannj jji. Alboino re d’Italia. 569 6. GEMINIANO veseovodi Trieste, celebre solo per essersi uuito allo scisma diPaolinovescovo d’A- (juileja. Questi presentita la venuta de’Longobardi inItaiia,raccolto il clero, le sagre reliquie col rima- nente del tesoro della sua chiesa d’Aquilpja si ritiro uelPisola di Grado, ove stabili nelPavvenire la se¬ de vescovile, eol cbiamarla nuova Aquileja . I ve¬ ščo vi scismatici, fra’ quali anco il nostro di Trieste aderenti di Paolino , seorgendosi acefali senza pa- store e capo che li reggesse, perche alienati dalla Chiesa Romana, elessero il mentovato Paolino prin- pipale fra gli-altri vescori di quel partito, invece 569 di papa, e prelato supremo ,-chiamandolo nell’av- venire non pid col norne di vescovo, ma di pa- triarea. Ancbe il nostro Geminiano per lo stesso timore delPirivasione cioe de’ Longobardi, avendo trovato i corpi di 4 »* m ar tiri con quelli de’ santiCanciano, e Cancianilla, e delie sante Eufemia, Dorotea, Tecla, ed Erasma, levati dalla citta di Trieste li porto a Grado come in luogo sicuro . Di fatti 1 ’anno appresso, cioe 570. i Longobardi, 5^0 Germani di origine, i quali abitavano da 400. anni nella Pannonia, senza aVer coraggio di nulla intra- prendere lasciavano passare innanzi a loro le na- zioni piu possenti, e pid valorose. Finalmente do- po 1 ’estinzione degli Ostrogoti, nel seoondo anno di Giustino il giovane , uscirono dalle selvagge lo¬ ro abitazioni, sotto la condotta del loro re Alboino, entrarono in Italia per la parte del Friuli, e stato Veneto, e si rendettero signori di tutto il paesesino al di la della Toscana, eecettuate pero Roma, Ra- venna , ed alcune piazze bensi estremamente forti, ma in a&sai piceol numero , I Lombardi erano Ariani, ma avevano seco molti altri barbari, Pannonj, Bulgari, Gepidj, Svevi, Norici, per la maggior parte ancora pagani. IS 58o. Imperatore Tiberio Costantino. Pontefiee Pelagio II. 5g 0 7. SEVERO vescovo di Trieste. Questi pure s* inviluppo nelloScisma d’Elia successore di Paolino patriarca di Grado . Essendosi Elia riconciiiato col pontefiee Pelagio II., ottenne dal medesimo la gra- zia deila traslazione della sede d’ Aquileja in Gra¬ do, dove congrego col suo consenso nella chiesa di sant’ Eufemia, da esso fabbricata in quella citta , un sinodo di ventuno vescovi, per dichiararla me¬ tropoli delle provincie di Venezia, ed Istria , e de- corarla col titolo di Aquileja nuova. Assisti nell’ aceennatosinodo, a nome del sommo Pontefiee , Lorenzo Prete con titolo di legato . A questo sino¬ do intervenne anche Severo con altri 19. vescovi. La simulata riconciliazione del patriarca Elia col Papa, ebbe poca durata; poiche appena sciolto il sinodo, dimentico delle promesse fatte al Pon¬ tefiee , ricadde di nuovo nello scisma . Desiderando il sommo Pontefiee Pelagio di ri- O durre alPabbandonato ovile di santa Chiesa li scis- matici smarriti, invio loro Panno 586. Reden to vescovo trentino, e 1’abbate Quovultdeo suoi lega¬ ti, accompagnati con lettere Pontificie, .accio resi capaci della veritali disponessero alla pace ed unio- ne cattolica. Nulla profittando da questa lettera il patriarca , serissegli il pontefiee la seconda , e poi la terza volta assistito dalPajuto, ed opera del Ma- gno Gregorio, suo successore poi nel pontificato , ed ano de’ quattro dottori della Chiesa, collaquale f 3 ammonisce ESia , e suoi collegati pivi colle lagrime S8o che colPinchiostro; ne queste pietose lagrime fu- ron bastevoli a mollificare quegl’ impietriti euori degli scismaticijdie resi piu duri ed ostinati dipri- ma, congregarono un altro sinodo, non gia per ap- provare il coneilio costantinopolitano, e dannare le opinioni de’ Manichei, ma bensi per ricorrere albimperatore Maurizio. Nel tempo stesso, che eelebravasi nelPisola di Orado 1’ addotto coneiliabolo , mori ilpatriarea Elia, dopogovernata quella ehiesa anni quattordici,mesi dieci, e giorni venPuno . Elessero nello stesso coneiliabolo que’ padri Severo nobile di Ravenna, fautore anch’ egli , e capo degli scismatici, e come taleprocuro ditfondere con ogni sollecitudine il pestifero veleno, che ave- va nel petto, nelle provincie vicine gia reconcilia- te coli’ Apostolica Sede . Pervenuta si infausta nuo* va alPorecchie del pontefiee Pelagio , sollecito 1’ esarco Smaragdo per Popportuno rimedio, il quale seuza dimora approdo improvvisamente colParma- ta navale ali’ isola di Orado, ove a vira forza trat- to dalla ehiesa di sant’ Eufemia, il patriarca con tre altri vescovi suoi aderenti, cioe Giovanni diPa- lenzo, Severo di Trieste, e Vindemio diCeneda, li condusse prigioni a Ravenna, e d’ordine pontificio consegnolli nelle mani di Giovanni arciveseovo di quella citta, acciocche li cnstodisse , e li riducesse ali’ abbandonato ovile deli’apostolica Ghiesa. Promessa ubbidienza al sommo Pontefiee, e dan- nata la prima opinione da Severo patriarca e suoi *4 So compagni, dopo un arino d, pCgionia, furono rila-^ sciati, e permesso loro il ritorno libero alle patrie loro . Dove arrivati il patriarca Severo rad ono nel¬ la terra di Marano, poco distante da Grado, un altro conciliabolo di dieci vescovi , dove detesto 1 ’ ubbidienza promessa al Pontefice, e Punione fatta in Ravenna colla Chiesa Romana, ed abbi’accio di nuovo con ginramento F antico Crrore . Non inter- vennero a questo sinodo il nostro Severo, ne gli altri due vescovi compagni della prigionia del pa¬ triarca, .forse percbe stabili e'costanti nella fede data in Ravenna , come veri cattolici uniti, ed ag- gregati alla Chiesa universale, ricusarono d’ assi- stere a quel conciliabolo, e comunicare piu. cogli scismatici. Di qnanti talenti, e lettere, fosse F aecennato Severo vescovo di Trieste, lo dimostrano 1 ’azioni da esso operate in servizio dello scisma , e del pa¬ triarca suo capo principale; mentre eletto fra gli altri vescovi suoi aderenti, assisteva con ešso nella eitta di Grado, ove come a supremo tribunale , concorrevano per consiglio, ed ajuto tutti gli scis¬ matici, colPautorita del quale conchiudevansi , e spedivansi tutti gli affari dello scisma, per opporsi alla Chiesa, ed al Pontelice; ritrovato percio da Smaragdo in Grado, lo condusse col patriarca Se¬ vero prigione in Ravenna . Altra cosa particolai^e non ritrovasi di questo vescovo. Il corso di tempo che egli governo la chiesa di Trieste, e quando mo¬ ri non abbiamo cosa certa; dalle congetture pero caviamo fosse cirea F anno 590. poco piu, o meno . i5 Imperatore 5 9 5. Pontefice Maurizio . Gregorič Magno . AdLoLFore d’Italia(i) 8.FIRMINO successe nel vescovato di Trieste a Severo, il quale seguendo le vestigia del suo predecessore, eome vero cattolico aderi dal princi- pio del suo go verno allaGliiesa Romana mapersua- so poi dai cattivi scismatici, e specialmente dali’ istanze del patriarca Severo, col dichiararsi del loro partito s^llontano dalPunione cattolica, benche per poco tempo avviluppato restasse nell’errore ; mercecche aperte Forecehie alle paterne ammoni- zioni del pontefice san Gregorio ritorno presto al grembo di santa Chiesa, inviando allo stesso Pon¬ tefice la seguente abjura . I. Qualunque volta Pocchio del cuore ottenebra- to colla nube delPerrore, venga rasserenato da su- premo spleadore, con gran cautela si dee procnra- re , che 1’autore dello scisma di soppiato non s’av- I. Quoties cordis oculus nube erroris obductus, su- pernae illustrationis lumine fit serenus magna caute- la nitendum est , ne latenter Auctor Schismatis ir- ruat, et ab unitatss radice, eos qui ad eam reversi fue- (1 } Secondo l’addizione alVUghellio. Tom. 5. Col. 577 . Firmino successe nel Vescovuto di Trieste V arino Goi Finninjun apud Tergeslum princeps Sacrorum erat Anno 6o3, 16 venti, e clie di nuovo colParma delPerrore non se- pari dalFunita della radice quelli che alla medesi- ina erano ritornati. Ed e percio, che il vescovo di qc.ella tal citta avendo conosciuto il laccio della di- visione col quale ero avvinto, considerando conti- nuamente meco stesso, con sommessa e spontanea volonta, sono, per la divina grazia, ritornato al- Punita della Sede Apostolica . Ed affinche non sia creduta la mia conversione fatta con perversa in- tenzione 5 o con odio occulto 3 sotto la decaduta , o privazione del mio ordine , e con obbligazione di scomunica giuro, e prometto a te, edin persona tua a s. Pictro principe degli Apostoli, ed al di lni vicario beatissimo Gregorio, e suoi successori, di non ritornare mai piu per qualunque persuasione ed inqualunque altramaniera alloscisma, dal qua- le, per misericordia del nostroRedentore, sono sta- to sottratto; iha sernpre rimarro attaccato alPunita rant, telo iterum erroris abseindat. Et ideo ego civita- tis iilias episcopus, comperto divisionis laqueo, quo tenebar, dintiaa niecuvn eogitatione pertractans, pro- na, et spontauea voluntate, ad unitatem Sediš Aposto- licae, Divina gratia duee, reversus sum . Et ne prava mente, seu simukate reversus existimer, sub mei Ordi” nis času spondeo, et auathematis obligatione, atque promitto tibi, et per te sancto Petro Apostolorum Prin¬ cipi, atque ejus Vicario Beatissimo Gregorio, vel suc- cessoribns ipsius, nre nuuquam quorumlibet suasioni- bus, vel quocumque alio modo ad Scliisma, de quoRe- demptoris uostri misericordia liberante ereptus sum < *1 della santa Chiesa cattolica, ed alla comunione del 5g5 Romano Pontefice. Ghe percio giurando dico per Iddio onnipotente, e per questi santi quattroEvan- gelj, quali tengo nelle mie mani, e per la salute de^popoli , e degl’ illustrissinii Signori nostri che presiedono al governo della Repubblica, di restare sempre, e senza dubbio, come ho detto, nelPuni- ta della cattolica Chiesa, e nella comunione del Ro¬ mano Pontefice. Ghe se, il che Dio non voglia, con qualche pretesto, o ragione mi separero in avveni- re, addivenendo reo di spergiuro, sia riconosciuto degno di eterna pena, ed abbia nel futuro secolo la porzione colPautore dello scisma. Questa carta poi di mia eonfessione, e promessa P ho dettata al mio notaro che la scriva, col consenso de’sacerdoti, de’ diaconi e de’chierici, i quali d’unanime propenso reversurum: sed semper me in unitate Sanctae Eccle- siae Catholicae, et Communione Romani Pontifieis pur omnia permansurum. Unde jurans dico per Deum Omni- potentem, et per haec Sancta qaatuor Evangelia, quae in manibns meis teneo, et per salutem gentium, atque iliustrium dominorum nostroruni rempublicam guber- nantium, me in unitate, sicut dixi, Eeclesiae Gatholi cae et communione Romani Pontifieis semper, et sine du- bio permanere. Quod si, quod absit, aliqua eXcusatio- ne, \el argumento ab bac me unitate divisero, perjurii reatum incurrens, aeternae paenae obligatus inveniar, et cuni Autbore Scbismatis babeam in futuro saeculo por tiouem. Hanc autem coufessionis, promissionisque n/eae carthulam notario meo, cum consensu presbyterorum, et diaconorum, atque clericorum, qui me in hac uni- i8 volere in tutte le soprascritte cose obbligandosi mi hanno seguito in questa unita, e tli proprio pugno debbonsi sottoscrivere, e sottoscritta di proprio mio carattere la inviai a te. Fatta in quel luogo, gior- no, e eoi soprascritti assessorj. Io stesso vescovo diquella tal citta mi sono sottoscritto aquesta mia confessione, e promessa eol dato giuramento di os- servare tutte le soprascritte cose. Risposta del Pontefice s. Gregorio al vescovo Firmino. II. Quello cbe del numero de’suoi servi, il no- stro Redentore non vuole che perisca, di tal ma- niera gPillumina il cuore colFispirazione delta sua tate obligantes in suprascriptis omnibus prona simul voluntate secuti, atque propriis manibus subscripturi sunt, scribendum dictavi, et propria manu subscribens tibi tradidi. Acta in loco illo, die, et consulibus su¬ prascriptis . Ego ille episcopus civitatis illius huic confessioni promissiouique meae praestito de conservandis supra¬ scriptis omnibus Sacramento subscripsi. Gregorius Firmino episcopo Histriae de conversione e j us ad S. Ecclesiam Catholicam. II. Quem Redemptor noster de servortim suorumnu- mero perire non patitur, ita misericordiae suae inspi- ratione cor ejus iliustrat, ut deserto erroris obscuro *9 ffiisericordia, che abbandonate le tenebre deli’er- 5 9 5 rore, ritorni alla cognizione della luce, ed al sen- tiero della verita. Onde avendo ricevuta la carissi- ma lettera di tua fraternita, con grand’esultanza godiamo nel Signore, che la divina grazia ti ha ri- chiamato alPunita della Chiesa, dalla quale eri sta- to separato dalPistigazione di uomini imperiti, e pertinaci, Ma siccome, cpianto ilnemico delPuman genereti scorge vittorioso, tantopiuvivamente non cessa di tendere insidie, ti e duopo essere del tutto sollecito e vigilante , e preparare lo scudo della costanza contra i di lui dardi, affincha snperati si spezzino , e non abbiano forza di penetrare nelPin- terno. Dunque, fratello carissimo, nessun desiderio di beni temporali, nessun errore , veruna lusinga, veruna seduzione, che con avvelettate saette di pa¬ role attossicano Panima, dal fervore del tuo ritorno ti pieghino , o ti costringano tornare addietro: af- ad cognitionem lucis, et viam redeat veritatis. Unde suscepta charissima fraternita tis tuae epistola, magna in Domino exultatione gaudemus, quod Divina te gratia ad unitatem Ecclesiae, a qua pertinacium, et imperi- torum hominum instinctu disiunetus fueras, revoca- vit. Sed quia quanto antiquus hostis superatum te con- spicit, tanto insidiari acrius non quiescit, omnino sol- licitum , vigilantemque te esse convenit, atque scu- tum constantiae contra jaeula ipsius praeparare, ut il- lisa frangantur, et vim interius penetrandi nonhabeant. Nulla ergo te, clarissime frater, rerum desideria, nulli errores, nulla blandimenta, nullae seductiones, quae venenatis verborum sagittis animas inficiunt, a rever- finche tu che superasti il forte, dopo la vittoria sil tenuto schiavo , il che Dio non voglia : ma piutto- stoaffinche lamadreChiesa, col divino favore, spar- *apertutt’il mondo, conosca che tu non sei ri- tmnato ozioso nel suo seno, con grandissima dili- genza tu devi vigilare, ed affaticarti, per poter te- co richiamare gli altri. In quanto a’ danni che hai commesso coli’ esempio del tuo allontanamento , non solo ricompensi col bene del tuo ritorno; ma inoltre ne dimostri il guadagno, affine di meritarti il perdono de’falli trascorsi, e di ricevere il premio delle future buone azioni, sembri avere piu richia- mati al tuo Signore, di quello ne hai distolti. Noi dunque avrem del tutto cura della quiete di tua fraternita, cotn’e di dovere ilpensarlo : perche, col divinoajuto, dopoichegia sei unacosa sola con noi, sionis tuae fervore te molliant, aut retro redire com- pellant: ne qui fortem superaveras, gravis a forte su- pereris, et captivus, quod absit, post victoriam tenea- ris. Sed magis ut mater Ecclesia per totum Deo propi- tio orbem diffusa, ad suum te redisse gremium non inertem agnoscat, studiosissime tibi vigilandum, ac la- borandum est, ut tecum possis et alios revocare. Qua- tenus damna, quae aversionis tuae exemplo commise- ras, non solum reversionis bono resarcias, sed etiam lucrum exhibeas, ut ad promerendam praeteritorum ve- iiiam, et futurorum praemia capessenda, plus Domino tuo videaris revoeasse, quain retuleras. Nobis ergo omnino curae erit de fraternitatis tuae quiete, ut di- gnum est; cogitare: quia postquam nobiseum, jam Deo 2,1 Sitendiarno a^tioi vantaggj, non altrimenti che se 5g fossero nostri. Giovanni suddiacono ci scrisse alcrnie cose circa le vostre necessita, m a erediamo col divino ajuto, clie s, Pietro al quale siete ritornati, non vi debba abbandonare » Ora poi de’doni del medesimo s.Pie¬ tro abbiamo rimesso alla vostra fraternita un para- mento che voi dovete ricevere con quella carita. colla quale vi viene spedito . Altra lettera scritta dal medesimo Pontefice s. Gregorio a Smeragdo Esarco di Ravenna, nella qnale gli raccomanda la protezione di Firmino con- tro Severo patriarca d’Aquile)a. IIL Abbiam conosciuto altre volte, eccellentissi- mo figlio, con qual desiderio, e con quale impegno protegente, unus es, non aliter utilitates tuas, quam nostras attendirnus. Aliqua vero nobis de necessitalibus vestris Joannes subdiaconns scripsit> sed credimus de Dei nostri potentia,. quia Sanctus Petrus, ad quem re- versi estis, vos deserere non debeat. Modo antem de benedictione ejusdem Sancti Petri transmisimus frater- nitati vestrae paraturam unam, quam vos necesse est cum charitate, qua vobis transmissa est, suseipere. Gregor!us Smaragdo patricio exSrco: De violentia Severi contra Firminum episcopum. III. Olim novimus excellentissime fili quo desiderio > qua\e conversione animi, pro adjuranda dei ecclesiain 22 5tj5 vi siete fervorosamente maneggiato per ajatare cioe, la Chiesa di Dio nelle parti delPIstria col ze¬ lo del nostro Redentore, per amore delPeternopre- mio. Pošto cio, non abbiamo mancato di far perve- nire a vostra cognizione quelle cose che a noi di fresco cisono state annunciate . Poiche, avanti l’ar- rivo delPeccellenza vostra, il nostro fratello e eoe- piscopoFirmino prelato della Chiesa di Trieste, es- sendosi con salutevole sentimento ravveduto dallo scisma a cui era congiunto, e ritornato alPunita della madre Chiesa, e stato co’ nostri decreti con- fermato, sino a quando veramente restera con for- tezza di animo fisso e stabile nel seno della madre chiesa che ha riconosciuta . II che saputo Severo vescovo di Grado, capo dello aeisma, comincio con diverse persuasive di prenij se potesse richiamar- lo dal proposito. Non potendo,, col divino ajuto, in Histriae videlicet partibus, zelo Redemptoris nostri, amo¬ re aeternae mercedis studii vestri fervor extiterit. Quod cum ita sit, ea quae nohis de illis nuper sunt nuntia- ta,ad vestram non destitimus referre notitiam. Firmi- nus siquidem frater , et coepiscopus noster Tergestinae Antistes Ecclesia^, a n te adventum vestrae excellentiae salubri consilio ab schismate cui inhaešerat resipiscens, atque ad unitatem Matris Ecclesiae fortitudine animi fixus, ac stabilis permaneret. Quo audito Severus Gra- densis episeopus, ejusdem *caput sehismatis, cum di- versis praemiorum caepit, si posset, suasionibus revo- eare proposito. Quod dum perficere posse authore Deo Biinirae valnisset, seditionem illi suorum civium exci- »3 veruna maniera venirne a capo, ardieccitare i suoi 5g5 cittadini alla sedizione eontro di lui. Ma quanto ahbia sofferto il predetto fratello, e eoepiscopo no- stro Firmino da quella immissione, piii estesamen- te, e con maggior verita lo potrete conoscere cola da vicino.Per laqual cosa diretti gli ordini delFee- cellenza vostra a quelli che col divino ajutogover- nano in vostro luogo nelle parti delFIstria, coman- date severamente, che debbano difendere dalle in- ferite molestie il sopraddetto nostro fratello, ed in ogni maniera di procurare la di lui quiete di gran- de utile a molti per imitarlo ; affinche questo pro- vedimento sia la sicurezzadesiderata de’ravveduti, ed occasione atta per quelli che lo vorranno segui- tare . Laonde salutando 1’eccellenza vostra con pa- terno affetto domandiamo che il fervore del vostro zelo prestato p>er F addietro, ora piu fortemente in- tare non timuit. Quanta vero praedictus frater, et coe- piscopus noster Finninus ex eadem immissione pertule- rit, plenius illie, ac verius e vicino poteritis agnoscere. Di- rgctis itaque excellentiae vestrae jussionibus, his qui in Hi- striae partibus locum vestrum agere Deo autbore no- scuiUur , districtius jubetote: Quatenus et saepe dictum fratrem nostrum ab illatis debeant defensare molestiis, et quietem illius multis ad imitandum profuturam mo- dis omnibus procurarej ut liaee vestra provisio, et con- versorum sit optata securitas, et occasio apta sequen- tium. Excellentiam quapropter vestram paterno salu- tantes affectu petimus, ut zeli vestri in hac causa olim exhibiti nune vehementius incendeat: Tantaque vos cor.tra hostes Dei vimlices, defensoresque reperiant , »4 sista in questa causa, e vi ritrovin vendieatore, e difensore contro i nemici di Dio, qijanto e piu. pre- ziosa 1’anima avanti a Dio, della difesa del corpo. La stessa rettitudine che in voi vige, vi armi con- tra itraviati; si reintegri il corpo della Ghiesa nei vostri tempi, cio che in quelle parti e lacerato . Abbiate in questa causa il retributore della retti¬ tudine delle vostre opere, e 1’autore deli’integri- ta. Impercioccheeonfidiamonella divina misericor- dia, che i nostri esteriori nemici vi trovino tanto piu forte contro di loro, quanto che gli avversarj della vera fede vi proveranno terribili col divino amore ec. Pervenuto 1’ avviso al patriarca Severo, che il nostro vescovo Firmino alienato da lui, erasi uni- to nuovamente alla Chiesa Romana, e reconciliato col sommo Pontefice, quantunqae ridotto a stato miserabile colla sua chiesa, e colmo di mille affli- zioni, per le rapine , ed incendj poco prim a sofFer- ti dagli avari Longobardi, e Sclavi, i quali non cpianto apud Deum preciosior est animae, quam defen- sio corporis. Armet vos contra devios, ipsa quae in vobis viget rectitudo: redintegretur vestris temporibus, quod in. illis est partibus scissum corpus Eeelesiae. Ha- betis in hac causa retributionem vestri operiš rectitu- dinis, ac integritatis autliorem. De Divina namque mi- sericordia confidimus, quod tanto ex(eriores hostes no¬ stri valentiores vos contra se reperiant, quanto vos inimici rectae fidei divino in se senserint amore ter- ribiles ec. 25 ammollirono il suo imperversato cuore , anziche 5^5 piu indurito, ed ostinato di prima, procurocon va- rie promesse , e lusinghe ridurlo un’ altra volta al suo partito. Scorgendo finalmente di poco frutto gl’in viti, colmo di rabbia , e furore non traiascio di sollecitare i proprj di lui sudditi , e cittadini di Trieste, con mille callunnie contro di lui, accioe- cbe essi ancora lo perseguitassero . II tempo che Firmino reggesse la chiesa di Trie- ste dopo la sua conversione, quando morisse, e chi g!i suceedesse nel vescovato, non trovasi sin’ora chi lo abbia scritto. Solamente 1 ’ abbate Ughellio assegna l’anno 680 a Imperatdre CoSTANTINO POGO- 6 8o* NATO . BERTARiDore d’italia. 9. GAUDENZIO. Di questo vescovo non si ha 680 altra memoria, se non che sia intervenuto al conei- lio generale congregato in Roma dal Pontefice Aga- tone contro i Monoteliti dove si sottoscrisse: Gau- denzio vescovo della santa chiesa Triestina per tut- ta 1’Istria. Pontefice Agatone . Imperatori COSTANTINO CAPRO- 7^9* nimo, e Legate IV. Desiderio re d’italia. Pontefice Paolo I. io. GIOVANNII. Se il medesimo sia successo immediatamente nel vescovato di Trieste a Gau- denzio, non lo sapgiamo, giacche di cio non esiste veruna metnoria. Neppure sappiamo, in qual anno preeisamente sia stato assunto al vescovato diTrie- ste; raa probabilmente dalla circostanza de’ tempi calamitosi si congettura, essere stata la sedevesco- vile Triestina vedova diversi anni, giacche lapro- vincia delPIstria, nella quale era compreso Trie¬ ste , era parte posseduta da Greci, e parte da Lon- gobardi nemici capitali della Chiesa Romana, per la perfidia, e malvagita loro, si ridnsse a stato cosi deplorabile, che rimasero le chiese vedove dipasto- ri, la santita sprezzata,, e vilipesa,le cose sagre vendnte, le lettere totalmente sbandite, il popolo corrotto, e dedito a tutte le malvagita, in somma non regnavano in lei, che le rapine, i furti, e sa- grilegj, privando la provincia di vescovi, e zelan- ti pastori, che alla fine la ridassero con un vesca- vo solo. Neli’enunciato anno di sopra 709. morto Vita- liano patriarca di Grado gli successe il nostro Gio- vanni; uomo eruditissimo in ogni scienza e virtu, e dal principio fu maestro di grammatica latina . L’ arte della grammatica in que’ tempi era di tan- to credito e stima , che i cittadini di Rodi spediro- •no a Cossio un raaestro di tal professione per trat- ^$9 tar seco la pace. GPintendenti di tale arte furono molto amati e riveriti dali’ Imperatore Garlo Ma- gno, il quale 1’apprese da Paolo diacono, e 1’abba- te Lugo Ferrarese, che visse a quei tempi, si pre- gia averla appresa da Aldarico arcivescovo Senone- se, essendo che dagli ecclesiastici soli veniva inse- gnata. Per la cordiale e buona corrispondenzfa con Ca- listo patriarca d’Aquileja gode il nostro Giovanni nel principio del suo governo somma tranquillita e paee, con aumento grande della cattolica religione. Passato poi da questa a miglior vita Calisto, gli suceesse nel patriarcato d’ Aquileja Signal do d’ori- gine Longobardo, e parente stretto del re Deside- rio, il quale protetto, e fomentato da’ suoi Longo- bardi, invase i confini e la giurisdizione di quello di Grado , e per maggiormente conturbare la quiete , istigo que’ pochi vescovi, che allora governavano le chiese delFIstria, a sottrarsi dalPubbidienza del proprio Metropolita, i quali assistiti dalla tirannide del re Desiderio , che apportava continue moleštie e danni alla Ghiesa, e popoli a lei soggetti con dis- prezzo deli’ autorita, del prelato e delPistesso Pon- tefice, consecravansi 1’uno l’altro,poco o nulla curandosi delle paterne ammonizioni del nostro Giovanni. Insolenze, e disprezzo si eontumace di que’ ve- Sjpovi, obbligarono il nostro Patriarca a ricorrere per ajuto e soceorso alla Sede Apostolica, le eni is- tanze furono esposte in un pubblico Goncilio, che a aS 59 quel tempo si celebrava in Roma . Coramiserand® il Somrno Pontefice 1’ afflizioni delPangustiato pre- lato, gli rescrisse 1’ingiunto breve del tenore che siegue. ' ■ IV'. Stefano veseovo, servo de’ servi di Dio al fratello Giovanni coepiscopo . Ricevute pertanto le riguardevoli note di vo9tra santita, e rilette le medesirne , abbiamo osservato ohe tu,o eccellentereverendissimo fratello, sei con- sunto dalPangustia, e dalla tristezza dei perfidi e maligni emoli della provineia vostra delPIstria.Per le cjuali cose il nostro animo e continuamente af- flitto dal medesimo duolo ; ma nulladimeno in niuit modo la giusta causa permette, con questa novita, che la nostra e la vostra mente si disanimi, e si rat- tristi. Imperciecehe confidtamo fermamente, che IV. Fratri Joanni coepiscopo Stephanus Servus Ser- vorum Dei Episcopus . Susceptis itaque conspicuis Sanctitatis Vestrae apicibus, eisque relectis, magne te Reverendissime Frater angu- stia, maeroreque fore attritum cognovimus a perfidis , et malignis aemulis vestrae Histriartim provinciae . Prc quo et noster protinus animus eadem lugubria attri- tus est; sed tamen fas nequaquam permittat, nostras , vestrasque mentes hoc novimento odio a (lici, et maero- re . Quoniam certo confidipaus, quod jam prope est Do- 3 9 gia il Signore e vicino, il quale rigetti da se la lie- rezza degli arroganti, e consoli le iacrime , e li ge- sniti degliuinili,e Jecalamita coipianti. Attesoche, earissimo fratello, col divino ajuto c’industriamo ansanti con tutte le forze di eloquentemente pro- ■vare, come il nostro predecessore di santa metnoria signore Stefano Papa , acciocehe sia la vostra re- denziorie e salute, e la totale sicurezza, siccome coli’ajuto della Divina misericordia profittino le cose nostre . Poiche nella nostra convenzione gene¬ rale fra i Romani, Francesi, e Longobardi si co- nosee risultare , ehe la stessa vostra provincia delPlstria sia stata confermata, ed annessa come la provincia di Venezia . Percio la vostra santila confidi nelPimmutabile Signore , perche cosi lian- sio procurato i Fedeli di S. Pietro , di servire con giuramento al beato Pietro Principe degli Apostoli, minus, ut arrogantium feritatem deiiciat, et humilium lachrjmas, et gemitum, aerumnas consoletur fletibus • Quippe nos, charissime Frater, Deo propitio totis viribus inhiantes satagimus disertandum ; sicuti praedecessor noster sanctae recordationis Dominus Stephanus Papa , ut vestra sit redemptio, atque salus, et imraensa secu- ritas , (piemadmodum nostra, opitulante Divina iniseri- cordia proliciant . Qaoniani in nostro paeto generali quod inter Pionianos, Francos, et Longobardos digno- scitur provenire, et ipsa vestra Istriarum provincia con- stat esse confirniata, et annexa, similique Venetiarum provincia. Ideo confidat in Domino immutabilis San- ctitas Vestra, quia ita fideles B. Petri, studuerunt, ad 3o ed a tutti i suoi Vicarj, che 1’ hanno seguitato nel- ladilui Sede Apostolica sino allafine de’secoli han¬ no rimesso la promessa in iscritto. Affine che io procuri di difendere sempre, siccome questa Ro¬ mana Provincia, e 1’Esarcato di Ravenna, cosi an- che la vostra stessa provincia in egual modo dali’ oppressione de’ nemici. Hai richiesto, santissimo fratello j che corregga i vescovi delPIstria , affin- che si ravvedano da tanta iniqua temerita, il che per verita acconsentendo ai tuoi desiderii abbiam diretti i nostri Apostolici scritti ai medesimi ve¬ scovi contumaci , il che tanto loro , i quali hanno ardito di commettere la medesima illecita conse- grazione, quanto quelii, che dagli stessi sono stati fuor di regola ordinati, obbligandoli con gagliar- de proibizioni, abbiamo avuto cura di privadi del serviendo jurejurando B. Petro Apostolorum Principi, et ejus omnibus Vicariis, qui in Sede ipsins Apostoli¬ ca usque in finem saeculi secuti erunt, in scriptis con- tulerunt promissionem: Ut sicut hanc uostram Roma¬ nam provinciam, et exarcatum Ravennatum, et ip.sam quoque vestram provinciam pari modo ah inimicorum oppressionibus semper defendere procurem. Petiisti, San- ctissime Frater, corripi Episcopos Istriae, uta tanta, et iniqua resipiscant temeritate; quod quidem tuis annuen- tes votis nostra Apostolica scripta, eisdem contumaci- bus Episcopis direximus; quod tam illos, qui eandem il- licitam perpetrare ausi sunt consecrationem, quam eos, qui ab ipsis enormiter ordinati sunt, obligantes eos va- lidis iuterdictionibus, utque a sacro sacerdotali officio, 3i sagro officio sacerdotale , e della dignita de’proprj 75 q onori, corne disprezzatori ec. Non si rimossero punto gli ostinati, e contumaci vescovi, per le caritative ammonizioni delPapa, anzi col fomento ed assistenza del patriarca d’ Acjuileja, 'e favore degPinsolenti Longobardi, resi piu contumaci, obbligarono il doge Maurizio di Ve- nezia, il quale proteggeva e favoriva il nostro Gio- vanni, amandare 1 ’anno 77aMagno prete, e Costan- tino tribuno suoi ambasciatori a Roma al sommo PonteficeStefanoacciocche comandasseal patriarca d’Aquileja a desistere di piu perturbare la Chiesa di Grado,ed ai vescovi dell’Istria d’ubbidire, e rico noscere il proprio pastore, e metropolita . S’accom* pagno cogli ambasciatori del doge anco il zelantis- simo Giovanni per assistere con piu efficacia ai proprj interessi, e rimuoverecon santo zelo da quei cuori ostinati il contumace errore ; ma la morte del Papa prima che arrivassero a Roma rese vane le sue speranze. Udendo il nostro patriarca Giovanni le tirannie, le ingiustizie, e le oppressioni dei dogi di Venezia Giovanni e Maurizio padre e figlio, mosso da santo zelo volle ammonirli, lo che produsse un contrario effetto nel cuore di que’tiranni, che anzi ne eon- cepirono verso il buon prelato un odio mortale . et proprii honnoris dignitate, sicuti contemptores privare studuimus etc. 3a 5g S’ aggiunse un altro motivo per infierire contro il medesimo ed e che il doge Giovanni ad istanza di Niceforo imperatore greco, in luogo del morto ve- scovo d’01ivolo, ovvero Castello, sostitui Cristo- foro greco, fratello di Longino Essrco di Ravenna. Eletto questi contro la volonta, e con dispiacere di tutti li tribuni della provincia, e particolarmente del nostro patriarca Giovanni, pratiehissimo del soggetto,e male affetto, che nodrivano li Greci con¬ tro la chiesa romana, non volle approvarlo, anzl che lo separo dalla comunione de’ fedeli. Irrit6questo fatto si fieramente il doge, che sen- za alcun timore di Dio , e rispetto alla religione, gpedi subito Maurizio suo figliuolo con grossa ar- inata a Grado ■, qual prešo il patriarca, lo fe con- durre sopra im’alta torre, al lido del mare, e da quella precipitare Parmo 3oa, dopo avere santa- mente governato alcnni anni la chiesa di Trieste, in qualita di vescovo, e poi quasi quaranta quella di Grado. Le macčhie del di lui sangue che rimase- ro nei marmi della rocca, in testimonio di tanta scelleragine si sono vedute per molti secoli, che non si potevano lavare, ne toglier via in alcun modo - 33 Imperator! Pontefice CošTANTINO CaPRO- 7^6- PAOLO I. nimo, e Leone IV. Desiderio re dTtalia. 11. MAURIZIO, ilqualeper la promozionediGio- vanni I. al patriarcato diGrado successe nel vesco- vato di Trieste, viene addimandato dal Sigonio col nome di Massimo. Fu soggetto di singolari virtu, e talenti, e perche essendo fedele a Dio , ed al som- ino pontefice non aderiva alli cos turni de’ Greci che risiedevano iu queste parti, percio gli cavarono gli occhi, e poi lo privarono di vita. Imperatori Carlo Magno Costantino 788. re d e ’Franchi e Lon- ed Irene Augusta gobardi Desiderio re d’Italia. ia, FORTUNATO nobile cittadino di Trieste, e nipote del prelodato Giovanni patriarca di Grado, soggetto di qualificate virtu, e talenti, col mezzo de’quali meritd d’acquistare 1’amicizia delPimpe- ratore Carlo Magno, che non solo lo riconobbe cou pregiatissimi privilegi, e speciali prerogative; ma ancora lo favori, e difiese ne’suoi continui travagli, e calamitose persecuzioni. Contrasse 1 ’amicizia di questo imperatore allorehe , vendicata, il medesi- mo, a Tersaco la morte d’Errigo duca del Friuli, e puniti i ribelli,portos9i a Trieste, ove da’suoi cit- tadini ricevuto, evenerato colle maggiori dimostra- 3 _ o n . :> J Po I 8 O 3 a 53 34 zioni d’ossequio, gPinnalzarono in segno della sna magnificenza e valore un arco trionfale di pietra bianca, parte del quale a’tempi nostri ancor si con- serva, chiamato comunemente per Paddietro la pri- gione di Ricardo, ora detto P areo di Rieardo . Le grazie e privilegj concessi alla nostra eitta diTrie- ste , alla sua chiesa, e vescovato in tale occasione dalPinvittissimo re Carlo , non sono da me riferiti, perche smarrite,, e perdnte le copie, cogli originali de’privilegj, o dalPincuria, e poca eustodia de’no¬ stri anteeessori, ovvero per il trasporto seguito di tutte le seritture autentiche della nostra citta a quella di Venezia, quando P anno 1378 resto sog- getta a quella repubblica, come pid diffusamente si vedra a suo luogo . La venuta di Carlo Mae-no in Trieste oecorse lo O stesso anno ebe fu incoronato imperatore a Roma dal pontefice Leone III. li 25 . decembre dell’8oo. II nostro vescovo Fortunato fu eletto alla dihni¬ ta del patriarcato di Grado eirca P 801 o P 802 ,poi- cbe P anno 8 o 3 nel mese di maržo riceve la qui in- giunta bolla dal Pontefice Leone III. colla quale venne graziato del pallio ne’seguenti termini. V. Leone vescovo servo de’ servi diDio . 'Al re- verendissimo , e santissimo confratello Fortunato patriarca della chiesa di Grado . V. Leo Episcopus servus servorum Dei. Reverendis- simo, ac sanctissimo confratri Fortunato Patriarcha Gra- densis Ecclesiae. 35 Assumersi Y officio di saeerdote, per quello che 78S Suguarda soltanto il proprio vivere, se lo ponderia- nio con interna vigilanza, e piu di peso, che diono- re, essendoche non e sufficiente ad avere cura del- le cose proprie, colui il quale non amministn-ra in salubre guisa le cose altrui. Imperciocche per sie¬ st’oggetto appunto s’appfopria i diritti del go verno pastorale, affine di ammettere in se medesimo con provida pieta la cura degli altri, e disporsi a custo- dirli con vigilanza^ affinche il lupo insidiatore non trovi la possibilita in lui di farne impeto, e danno non apporti allepecore. Dobbiamo avere una sol- lecitudine siiTatta, che chiudiamo 1 ’adito ali’ antico astuto neraico del genere umano , e resistiamo a tutto poterecontro la di lui včracita, accioccheper Vitae suae tantumodo offlcium sacerdotis assumere, si interiori vigilantia perpendamus , plus est orieris, quam bonoris, quippe qui propria curare non sufficit, nisi, et salubriter gerserit aliena. Nam ad hoc Pastoralis regi- niinis jura aggreditnr, ut aliorum in se sollicitudinem pia provisione suscipiat,et in eorum se se custodia vi- gilanter disponat, ut lupus insidians, possibilitatem in eo irrumpendi non habeat, nec lesionem ovibus infe- rat. Sic debemus sollecitudineni gerere, ut callido an- tiquo butnani generis inimico aditum praecludamus, et totis eontra ejus voracitatem viribus obsistamus, ne nostra forte dessidia labida, quod absit, fauce deglu- tiat, et ejus ad nostram non immerito applicetur pae- 11 a m perditio, qui eommissos sollicita custodia cautela 36 i avventura a motivo della nostra infingardaggine, il che Dio allontani, non inghiottisca alcuno con ra- biose fauci, la di cui perdizione meritevolmente si attribuisce a colpa nostra , mentre chi e affidato alla cautela di sollecita custodia e da noi negletto. Prestiamo adunque quello che promettiamo, e noi ai quali per disposizione della divina provvidenza tocca in sorte di reggere , affrettiamoei a giovare quanto si puo, affinche allorquando verra il čredi- tore per fare con noi i conti, ritrovi che abbiamo fatto de^uadagni, ed a norma delle sue promesse ci consoli col gniderdone. Pertanto considera cio, fratello carissimo,, e riconosci che il laogo il quale hai acquistato , non l’hai ricevuto per riposo , ma per la fatica . Gorrobora i ouori de’Fedeli colle esortazioni, e quello degl’infedeli convertilo con somrno impegno. Il che affiae tu possa meritare di negligimus. Kxhibeamus ergo quod dicimus, et quibus Divini dispensatione consilii praeesse contingit, prodes- se quantum possumus festinemus, ut dum creditor ra- tionem nobiscum positurus advenerit, lucrum nos fe* eisse reperiat, et sua sicut promisit remuneratione lae- tificet. Hoc itaque frater cbarissime considera, et locuru quem adeptus es, non ad requiem , sed ad laborem te suscepisse cognosce. Adhortationis ope fidelium corda corrobora, infidelium vero sunimo opere converte. Quod ut facilius assequi merearis praedicationem tuam vita comendet. Ipsa eis institutio, ipsa magistrasit, ad desi- deriurn aeteraae vitae docente suspirent, tuo viventes ootisegnire plu facflmente, la bnona vita raccoman- di la tua predicazione, quella sia a loro d’istruzio- ne, quella di maestra; mentre tu insegni, sospiri- bo al desiderio deli’ eterna vita, e ci pervengano; vivendo secondo il tuo buon esempio non curino le cose temporali __ e disprezzino le transitorie, aspiri- no coi desiderj a cpielle cose che sempre durano, le quali sono senza termine alcuno. Iu queste cose pertanto applica il tuo studio, in questo persevera contutta 1’attenzione della tua mente, finchequan- do avranno conseguito queste cose colla tua predi¬ cazione, ed imitazione., tanto piu grandi premj ri- ceverai dal nostro Iddio, quanto che hai proourato d’ esercitare con una conveniente sollecitudine del tuo officio d’ acquistargli le loro anime. Inoltre ab- biamo dato alla tua fraternita il palliosecondo Fantiča consuetudine, del quale ti rammenterai d^usare in tal maniera , siccome i nostri predeces- sori a’predecessori tuoi hanno concesso, cioe man- exemplo, et perveniant, temporalia despiciant, et quae transitoria sunt contemnent, ad ea quae semper du« rent, quae nullo fine clauduntur, desideriis anhelent. In his igitur studium adhibe, in hoc tota inentis inten- tione persiste, quatenus dum tua predicatione, atque imitatione haec fuerint consecuti, tanto majora a Deo nostro recipies, quanto congrua sollieitudine lucrandis eis animabus officii tui exercere operam minime dedi- ®ti. Palium praeterea juxta antequam consuetudinem baternitati tuae dedimus quo ita uti memineris, sicut 38 tenuta rintegritade’šudiprivilegj . La fede poidel- la tua fraternita , quantunque nella tua lettera, che hai diretta , accuratamente aATesti dovuto es- porre , noi ci rallegriamo nel Signore, che e retta , e 1’ abbiamo appresa nella solenne confessione del simbole. Preghiamo poi 1’onnipotente Iddio, affinche col- la sua grazia ti protegga, e ti conceda di adempire colle opere il ricevuto officio sacerdotale . Scritto per mano di Benedetto notaro, e cancelliere deli a S. R. C. nel mese di maržo per mano d^nstaehio primicerio della s. Sede Apostolica , imperando il nostro sig. Carlo piissimo augusto, da Dio corotia- to Magno e pacifico deli’ imperio , 1’anno 3zo in- dizione XI, del medesimo nostro signore padrone 5to indizione XI. praedecessores nostri, tuis praedecessoribus concessere, privilegiorum suorum scilicet integritate servata . Fidcm autem fraternitatis tuae, quamvis in Epi stola tua, quam dilexisti subtiliter debuisses exponere, veruntamen lae- tamur in domino, quia eam rectani esse, et in solenmi Symboli confessione didicimus. Oramus autem Omnipotentem Deum ut sua te mu- nitione circumtegat, et sacerdotii susceptum offieium operibus implere eoncedat. Scriptum per manum Bene- dicli notarii, et Scriuarii S. R- E. in Mense Martio Ind. XI. bene vale. Dat. XII. Kal. April, per manum Eustachii Primicerii S. Sediš Apostolicae Imperante no¬ stro Domino Garolo Piissimo Augusto a Deo Coronato Magno , et pacifico Imperii anno III. Iud. XI. Patronis ejusdem Domini nostri V. Iud. XI. 3 9 L’obbrobriosa, e deplorabil morte accennata di sopra del nostro Patriarca Giovanni, altero e scon- volse di maniera gli animi dei Tribuni e del popolo della provincia di Venezia contro iDogi Giovanni e Maurizio suo figliuolo , ehe manco poco non venis- sefo pubblieamente da essi trucidati. Ldelezione alPistessa dignita di Patriarca di Grado del suddet- to Fortunato nostro vescovo, nipote del sullodato defunto Patriarca Giovanni, col favore delPlmpera- tore Carlo Magno , mitigo alcrnanto gli anirni esa- cerbati de’Tribuni e popoli contro i Dogi. Le catti- ve operazioni pero ed i pessimi costumi de’medesi- mi Dogi Giovanni, e Maurizio iigliuolo e collega, giunti a termine intollerabile accesero si fattamente Todio de’ cittadini e tribuni di Malamoeco, e For¬ tunato nostro Patriarca di Grado suo fratello, con vendicare la morte deli’innocente Pastore loro zio, cbeprocuraronodiliberare ancose stessi dallatiran- nia di quei sagrileghi; ma perclie Pottimo mezzo al buon maneggio delle congiure rieerca segretezza, quindi e che scoperto il fatto dai Dogi, convenne ad Obelerio, e suoi seguaci allontanarsi dalla citta, e ritirarsi a vivere celatainente sottoTrevigi, ed a» Patriarca Fortunato alla citta di Grado; ove i Dogi spedirono subito una potente armata, il che neces- sito il Patriarca anco indi partirsi. Scorgendosi Fortunato scaeciato dalla propria citta e chiesa, col eonsiglio d 2 Obelerio suo fratello e d’altri parenti ed amiei delibero senza dimora di ricorrere in Francia ali’Imperatore suo parzialissi- ino, come subito esegui , Arrivato alla corte espose 4 ° „83 a Carlo Magno le sue gravezze, coli’ empia morte del Patriarca suo zio, e detestabili operazioni dei Dogi,quali sentite, mossero quell’ Imperatore a volerli proteggere, e soccorrere, particolarmente Fortunato per le sue rare v ir tu e talenti da esso molto stimato, e riverito, che percio in loro ajuto spedi incontanente Pipino suo figliuolo, con poten- te esercito a’ danni dei Dogi. Raccolse in questo mentre Obelerio buon numero de’ pareuti, amici , ' ed altra gente, e portossi d’improvviso a Malamoc- co,d’onde scacciati i Dogi Giovanni, e Maurizio, con Gristoforo vescovo di castello lor famigliarissi- mo, autori tutti della morte del Patriarca Giovan¬ ni, i quali prevedendo 1’ imminente pericolo, rico- veraronsi per sicurezza nella citta diMantova.Con- sultata dai tribuni, e popolo la fuga dei Dogi, si 1 decreto deporli dalla dignita Dogale, e con giubilo universale fu acclamato Obelerio 1 ’anno 804. Prin¬ cipe in Malamoeco. Presentito in Francia dal Patriarca Fortunato il felice, e prospero successo d’ Obelerio Antenorio suo fratello; e con la fuga de’ deposti Dogi, cessati i timori delle minacciate rovine, propose di ritor- nare in Italia, e ricondursi a Grado; ma prinia di lasciare la Francia ottenne dali’ Imperatore 1 ’ in- giunto diploma riferito da Carlo Sigonio, e da U- ghellio, concernente non solo il suo Patriarcato,ma ancora la propria persona, ed i suoi famigliari, 4 r VL Carlo serenissimo atsgusto da DIo coronato 783 Magno, e pacifieo Imperatore de’ Romani gover- nando 1’Imperio per la misericordia di Dio re de’ Franeesi, e de’Longobardi; Abbiamo creduto di fa¬ re questo di grandissiino, trattando delle immurn- ta del nostro regno, se alle richieste de’ saeerdoti, o de’ servi di Dio volontieri accordiamo quelle co- se, che alPorecchie nostre sono state apportate , affinche le portiamo ad effetto nel nome del Signo- re . Pertanto sia noto a tutti i nostri fedeli presen- ti, e futuri, qualmente il venerabile Fortunato Pa- triarca di Grado della sede di san Marco Evangeli¬ sta, e di sant’Ermagora vescovo domando alla no- stra serenita, che tale beneficio , cirea la detta me- morata santa chiesa dobbiamo coneedere, e confer- VI. Carolus Serenissimus Augustus a Deo Goronatus Magnus, et Pacificus Imperator Rom. gubernans Im- perium per misericordiam Dei Res Francorum, et Lon- gobardorum. Maximum regni nostri hoc agere credimus immuni- tatum, si petitionibus Sačerdotum, vel ServorumDei, quae nostris auribus fuerint probatae * libenter annua- tnus, ut eos in Dei nomine ad effectum perducamus. Igitur notum sit omnibus fidelibus nostris praesentibus, et futuris, qualiter venerabilis Fortunatus Gradensis Patriarcha Sediš Sancti Marci Evangelistae, et Sancti Ermagorae Episcopus Serenitati nostrae petiit, ut tale beneficium. circa dietam memoratam Sanctam Ecclesiam 4 a mare colla nostra indulgenza. In quanto sotto il nome d’ immunita debbano risiedere,e vivere pa- cificamente tranquilli, tanto esso, quanto i sacer- doti, e gli altri, non che i servi, i coloni, ciie so« no domiciliati nelle sue terre, nell’ Istria, Homan- diola, o inLombardia , oppure in qualsivoglia altro luogo. La domanda del quale non abbiamo voluto denegare obbligandoci i di lui meriti, e servizio ; ma sappiate che per aumento della nostra mercbde nel nome di Dio abbiamo cosi coneesso e conferma- to in tutte le cose, tanto i vescovi, gli spedali, e le chiese battesimali. Ordinando dunque comandia- rao, che nei borghi, o ville, o čase, o altre qualsi- vogliano possessioni,da qualunque luogo nel tempo presente il meinorato Patriarca si riconosce essere giustamente, e ragionevolmente investito, 'nessuu ex nostra Indulgentia concedere, et confirmare debea- mus, Quatenus sub immunitatis nomine, tatu ipse, quam Sacerdotes, et re!iqui, nec non Servi, Coloni> qui in terris sms commanent, in Istria, Romandiola, seu in Longobardia, vel ubicjne quieto trannte vivere, et residere debeant. Cujus petitipnem ejus servitio, et meri tis compellentibus denegare-noluimus , sed pro mer- cedis nostrae augmento in Dei nomine ita concessisse, et in omnibus cordirmasse, eognoscite, tam Episcopia , et Xenodochia , Eaciesias Baptismales: Praecipientes er- go jubemus, ut vicis, vel villis, seu rebus, vel reliquis quibuslibet possessiouibus undecuinque praesenti tem- pore raemoratus Patriarcba, iuste, et rationabiliter ve- pubblico giudice ingiustamente presuma ingerirsi , o riscuotere, per sentire causa, o esigere feudi , ne alloggiamento, o per fare preparamenti, ne ri- cercare veruna ingiusta ricompensa; ma quando arrivera il predetto Patriarca Fortunato, tanto egli stesso , quanto i di lui sueeessori, coloni, e servi , cbe soggiornano sulle sue terre, o il restante degli uomini, possono eosi per nostra condiscendenza tranquillamente vivere e risiedere. Gosieche sia ad essi maggiormente noto, ehe debbono continuamen- te pregare la Divina misericordia per noi, e per la stabilita del nostro regno.Ed affinche questa au- torita sia immutabile, o col tempo avvenire si con- servi meglio , 1’abbiamo dipropria mano sottoscrit- stitus esse dignoscitur, nullus Judex publicus injuste ad causas audiendum, vel feuda exigendnm,'nec man- siones, seu paratas faciendum, nec ullas redibitiones injustas requireudum se ingerere, aut exactare praesu- mat j sed cum praedictus Fortunatus Patriarcba adve- nerit, sub immunitatis nomine, tam ipse quam ejus Successores , et Coloni, ac Servi, qui super terras suas commanent, vel reliqui homines sic valeant ex nostra indulgentia, quieto tramite vivere, ac residere. Hoc ut melius eis declaretur pro nobis, vel pro stabilitate regui nostri jugiter Domini misericordiam exorare. Et mt haec auctoritas firmiter habeatur, vel pro tempore 788 44 _gp ( ta, ed abbiamo comandaio ene sia sigma ta col no* stro anello. Marca (L.S.) del Gloriosissimo Imperatore Adingo per sua Maesta , e Casutaldo, dato li a 3 agosto nel nostro sagro palazzo Panno terzo per la Dio grazia del nostro impero. Ritornato in Italia tuttd iieto e consolato il no¬ stro patriarca Fortun a to, non ardi pero d’entrare neila citta diVenezia, ne andare a Grado, oveGio- vanni diacono col favore de’sagrileghi Dogi padre e figlio aveva usurpata quella sede, ma ritirato in Murano neila parroechia di s. Gipriano sotto Tor- celio , fece incareerare Finiquo invasore della sua Ghiesa, e mitigato alquanto il furore dei dogi, por- melius conservetur, manu propria subtus firma\imus, et de annulo nostro sigillari jussimus. Signnm (L. S.) Gloriosissimi Imperatoris Hadingus ad -vicem, et Gasubaldo Dat. Idibus Au- gusti in Sacro Palatio nostro anno tertio Christo pro- pitio Imperii nostri. 45 tossi tutto festoso alla citta di Grado. Liberatosi con la fuga 1’incarcerato Giovanni, si trasferi a Mantova sotto la protezione dei Dogi, ne contento di cid, solleeitolli un’altravolta alle vendettecon- tro Fortunato. E perche a quei tempi era sostenu- to il dominio deli’Europa, e dipendeva la conser- vazione , e 1’esser suo , quasi dadue poli, inOrien- te dalla potenzaGreca, ed in Occidente dallaFran- cese, non riconoscevano i principi d’Italia altro ap- poggio, ehe le forze di que’ due potentati. Inteso i due deposti Dogi il ricorso fatto dalpatriarca Fortu- nato, eda’suoi aderenti alla Fraucia, coli’ottenuto soccorso, per armarsi aneh’essi alla difesa, spedi- rono ambasciatori a Niceforo in Costantinopoli, il quale oltre larghe esibizioni, e prornesse, spedi su- bito Ničeta suo capitano generale con grand’arma- ta nelFAdriatico in loro ajuto . In questo mentre Obeleno tutto sollecito in ven- dicare la morte del patriarca suo zio , unito 1’ anno 8o5 col tribuni aderenti, parenti, e popolo assedib la citta d’Eraclea, ( la quale fu distrutta da Pipino re ddtalia, per comando delFimperatoreGarlo suo padre ) a persuasione del patriarca Fortunato, non per mal alletto verso la patria, ma solamente accid restasse punita, e vendicata la sacrilega morte del patriarca Giovanni suo zio. Per la demolizione d’ Eraclea la nobilta della provincia, la quale abitava la maggior parte in essa citta, come in metropoli, e sede principale, parte si divise in Malamocco, e parte in Torcello, e buon numero in Rialto, ed al- tre Isole circonvicine. 46 ^88 Occorsero nella provineia veneta in questo tem¬ po aecidenti di gran rilievo, posciacche concesso ad Obelerio d’ eleggersi per compagni, e colleghi nel governo i due suoi fratelli Beato e Valentino , il primo di qnesti ansioso d’usurparsi ilprineipato, sotto pretesto che Obelerio aderiva troppo agPinte- ressi della Franeia, per conseguire il suo intento, eccito il popolo contrario , e rnal affetto al Doge , a causa delle sne cattive operazioni, a discacciarlo dalla patria, a cui convenne ricovrarsi presso l’Im- peratore in Franeia . Il pubblico per mancanza del doge , in riguardo delle rare qualita, e talenti del patriarca Fortuna- to , stimato e riverito da tutti, gPincarico di so- praintendere , ed assistere in eompagnia di Beato, e Valentino fratelli, alladirezione de’piu importan- ti affari del governo , maneggio egli con gran solle- citudine, e diligenza la lega desiderata da Pipinot figliuolo di Carlo, eontro Niceforo imperatore della Grecia, ilqualenon potendo sortire, risolve abban- donare la patria, anco eontro il sentimento de’piu savj , per ritornare in Fi’ancia , ove dimoro molti anni. Tal deliberazione sconvolse si fattamente 809 glianimi eontro la suapersona, obe 1’anno 809 con- ferirono la. sua sede patriarcale di Grado a Giovan- ni abbate di s. Servolo . Non tralaseiavaFortnnato,ilqnale ancora dimora- vain Franeia, di maneggiare con ogni sollecitudine la pace con Garlo, stimandosi obbligato a beneficio della patria, d’estinguere questafiamma, di eui era stato mantice, mentre a’proprj interessi, a quel- 47 li della suaChiesa, e di tat,ta 1’Italia,non iscorgeva 788 maggior vantaggio, che il riconciliarsi coi Veneti, e plaeare quei tumulti. Conseguito dopo molte di- ligenze il sospirato fine, ritornd alla patria, indi per essere mediatore della pace , ed aggiustamento colFimperatore Niceforo, si trasferi a Gostantino- poli, ove mediante i suoi manierosi tratti, conse- gui il felice intento, e si conehiuse una pace solen- ne tra Carlo, Niceforo ed i Veneti; che F anno 81 3 81 3 dopo morto Niceforo si stabili nuovamente fraCar- Jo Magno e Michele imperatore d^riente, colla di- visione degFiinperj, gia prima stahilita, e conchiu- sa col suo antecessore . Sopite e terminate colla pace le rivolnzioni del- Fltalia, sopravvenne a Carlo Magno un dolor di fianco, che F anno 814, 60 di sua eta ,47 del regno 814 di Francia, e i 3 delFiraperio , con universale dolo- re. di tutto il cristianesimo levogli la vita . Quest’anno stesso, Lodovieo snccesso nelFimpe- rio in luogo di Carlo, ad istanza del patriarca For- tnnato , concesse ai popoli delFIstria, che i retto- ri, governatori, vescovi, ahhati, o tribuni, ed il re- stante degli ordini abbiano facolta di eleggere;e per mezzo di legati rinovo il decreto ordinato da Carlo suo padre. NelFanno 818, e quarto delFimpero di Lodovieo, 3 j3 riconciliato di nuovo Fortunato coi Veneti, otten- ne la conferma degli antichiprivilegj della suachie. sa, e costrinse Fabbate Giovanni che Faveva usur- pata a ritornare nel suo monastero . Gode poco il sospirato riposo della sua Chiesa il 4 a 8ai nostro Fortunato , mentre 1 ’anno 821 , uu’altra tempesta, o persecuzione insorta dal cattivo animo d’alcuni contro dilui, lo necessito ad abbandonare tuPaltra volta la patria. Sapea ben’egli addottrina- to dalla morte seguitadel zio, che il cedere alla fu- ria dei grandi e assai meglio, che 1'opporsi con pe- ricolo della vita alle lor mal concepite passioni. Scrive pero Pabbate Ughellio, che Tiberio sito sa- cerdote 1 ’ineolpasse presso Lodovico Pio, di secre- ta intelligenza con Lindevisio re degli Ungheri, e Pesortasse a perseverare non solo nelPincominciata perfidia contro di lui, tna anco di sovvenirlo con danari, consiglio, artefici, e muratori per fortifica- re i suoi castelli. Citato alla corte il patriarca, per rendere conto diquesto fatto; prima di partirepasso inlstria, indi fingendc di ritornare a Grado si trasferi per sicu- rezza alla eitta di Žara in Dalmazia; ove scopren- do a Giovanni governatore di quella provincia il motivo di sua fuga, questi I imbarco su d’una na- ve, coli a quale si porto inimediatamente a Costan- 824 tinopoli,ove dirnorb tre anni, e P anno 824 parti verso la Francia cogli ambasciaiori dell imperatore Michele , il quale mando per regalo ali’imperatore Lodovico Fopere di s. Dionigio Areopagita tradotte dal greco in latino . Il primo giorno di decembre diede Lodovico u~ dienza nella citta diRoano agli ambasciatori veim- ti da Gosiantinopoli, ed al patriarca Fortunato . I primi, dopo presentate le lettere coi doni, espose“ ro essere mandati per comporre e stabilire la pace 49 lica il loro Sigoore, e la Maesta sua, ed a causa del- 788 la venerazione delle sagre immagini doversi porta¬ le a Roma . Sentite poi le scuie della fuga del Pa- triarca, gFimpose d’andare eogli ambasciatori dal Poiiteflce , aceib esaminate, ed approvate da esso , si mamfestasse meglio la sua innocenza al mondo; ma prevenuto dalla morte prima di partire dalla Francia, dopo avere governata la chiesa di Trieste circa la anni , e quella di Grado eirca arini 24, re¬ se Ranima al Creatore, lasciando alla sua Chiesa, e ad altri luoghi pii molti ornamenti ecelesiasti- ci, i quali in sua vita aveva acquistati. t Imperatori Pontefice Lotario e Lodo- 848* Leone IV. vico II. i3. GIOVANNIII. Celebre e questo nostro ve- 848 scovo per quello che si dira in appresso . Era in questi tempi piucehe mai afflitta la no- stra patria, e depauperata per 1’ incursione dei barbari Saraceni, li quali sotto il comando di Sa¬ lda loro reis, o capo, erano venuti in questoGol- fo per predare alcane navi venete ritornate da So- ria , cariche di preziose merci, le quali per salvarsi s’erano ritirate in queste acque . Sopraggiunte nul- la ostante da questa ciurmaglia, divennero misera- bil preda del loro furore , e senza pieta uecisero tutta lagente ritrovatain essa.Ne contenti del ra- pito bottino, smontatia terra distrussero colle fiata* 4 ' 5 o 84^ me, e col ferro il territorio della nostra citta di Trieste. Mosso a pieta Lotario ( 1 ) figliuolo deli’ impera- tore Lodovico Pio, dono al vescovo Giovanni II. di Trieste la stessa citta, con le sue mura, torri , e tre miglia di circuito intorno ad essa di territorio, come dal qui ingiunto diploma , o privilegio chia- ramente si scorge. VII. Nel nome della Santa ed Individua T rinita, Lotario per la Dio grazia Re. Non dubitiamo che sia utile alPanima nostra se ai Sand e venerabili facciamo de’doni di cose de- gne. Sappiano di certo universalmente tutti i no- VII. In nomine Sanctae et Individuae Trinitatis. Lotharius , Divina favente Clementia, Rex. Si Sanctis ac Venerabilibus digna conferimus snu- nera, animae nostrae proficuuin esse non ambigimus. , Quocirca omnium Sanctae Ecclesiae Dei fidelium no- (1) La critica sopra questo Lotario si veda nell* annotazione n. 2. sotto le Colon. 577. 578. aggiunta ali’ Italia Sacr. Tom. 5 . deli’ Abhale Ughellio nell’ edizione Venela. E nella dissertazione sopra le mone- te de’ Fescovi di Trieste dali’Mustre Arcade Orni - > teo Lusanio alla pag. 10. e seg. 5x Stri fedeli deli a chiesa di Dio, presenti, cioe e fu- turi, qualmente colFintervento, e richiesta delno- stro fedele diletto venerabile vescovo Ottone, e per amore di Dio, e delPanima del nostro genitore, e rimedio nostro, per mezzo di questo nostro coman- do corae giustainente, e legalmente possiamo, do- niamo, eoncediamo, regaliamo, ed offriamo alla Chiesa dellaBeata Vergine Madre di Dio, e di san Giustomartire, i quali sono capi del vescovo Trie* stino, a cui presiede il verierabii uomo Giovanni vescovo nostro diletto fedele, tutte le cose di dirit- to del nostro regno, e distretto, ed i pubblici recla- ini, e tutto cio che sembra appartenere alla parte della nostra repubblica, che sono tanto dentro la medesima citta di Trieste, quanto cio che si di- strorum, praesentium scilicet et futurorum, comperiat universitas, qualiter interventu ac petitione Otoni Ve- nerabilis Episcopi nobis dilecti fidelis, ac pro Dei amo¬ re, animaeque nostri parentis , nostraeque remedio per boe nostrum praeceptum, prout juste et legaliter pos- sumus, donamus, concedimus, largimur atque ofFeri- mus Ecclesiae Beatae Dei Genitricis, et Virginis Ma- riae, Sanctique Justi Martyris quae caput sunt Terge- stini Episeopy, cui praeest Vetierabilis Vir Joannes Epi- scopus noster dilectus fidelis, omnes res juriš nostri regni a tque Destrictus, et puhlicam quaerimoniam, et quidquid puhlice parti nostrae rei pertinere videtur, tam infra eamdemTergestinam civitatem conjacentes, quamqucd steode faori del oireuito intorno, e con tre miglia per ogni verso. Non meno ehe le inura del la stessa citta, e tutto il Circuit o, colle torri ,, porte, porti- celle, e tutto eio, come fu. detto, che sembri ap- partenere in qiiel luogo alla nostra repubblica.Or- dinando dunque comandiarno , cbe nessuna perso- na grandeo piccola del nostro regno, che coman- dera nella sudetta citta, ardisca pretendere alcuna gabella, o tjualehe pnbblica funzione, meutre, co- me si e detto , tre miglia estesi per ogni verso di fuori, ne colFautorita d’alcnn principe comandino, neppure venga citato aleiuio se non alla presenza del iuddetto vescovo Giovanni e suoi successori da parte della predetta Chiesa o de’loro coinmissarj, eorne avantidi noi, oalia presenza del conte del no- «xtra circuitum circa, et undique versus tribus mil- iiris portentis. Nec non et maram ipsius civitatis to- tumque circuitum cam turribus , portis,. et porterulis, et quidquid, ut dictum -est, ad partem nostrae Reipa- biice in ibi per ti nere videtur ; praecipientes iuqueju- betnus, ut nulla regni nostri magna parvaque persona in prelibata civitate curatura aliquod vectigal aut ali- qnam puhlicam fuuetionem exigere audeat, ueque de lori s ut dictum est tribus Miliarjs uudique versus portentis , nec alicujus auctoritate Principis placitum custodiaut, ne ante aliqucm distringantur, nisi ante praetaxatum Jobannem Episcopum suosque Successores ad partem praedicte Ecclesiae vel eorum missos, tan- q,uam ante nos ant ante nostri Comitis praesentiam pa- E tl" 6 palazzo . E tutto cib , che fino ad ora e app ar- g^g tenuto alla parte della nostra repubblica, quelli stessi che abbiamo gia detto procurino e godano in perpetno da parte delle predette Cliiese, allontana- t.a ogni opposizione. di qualunqne nomo. Se pertan- to vi šara alcnn violatore di questo nostro eoman- do, sappia clie dovra esborsare mille lire d’ottimo oro , meta alla nostra eamera, e meta alla predet- ta chiesa, ed al medesisno venerabile vescovo Gio- vanni diletto nostro fedele, ed ai suoi successori. Inoltre abbia il castigo con Giuda, e Satira nelPeter- ne fiamme . II che accib piu certamente si čreda, e con maggior diligenza da tutti si osservi, essendoci sottoscritti di proprio pngno abbiamo ordinato che laty. Et quidquid nostrae publicae rei part) usque modo pertinuisse videtur ipsi quos praedixinras ad partem praedietarum Eeclesiarum procurent in perpe- tuum et fruantur, omnium h orni nr, m contradictione remota. Si quis igitur liujus nostri praecepti violator extiterit, cognoscat se composituruni auri optimi libras mille, medietatemCaineraenosttae, et medielatem prae- dictae Ecclesiae atque eidem Johanni Venerabili Epi- scopo dilecto fideli nostro suisque suceessoribus. Jusu- per cum Juda et Saphyra in aeterno incendio liabeat punitionem. Quod ut verius credatur, di]igentiusq,ue 54 843 veuga corroborato col sigillo del nostro anello # Sigillo del Signore(L.S.) Lotario Re Serenissimo. Odorico vice-cancelliere del Re, Brunimeo vesco- vo , e vice-cancelliere riconobbe . Dato li 8 agosto Fanno delPincamazione del Si- gnore 848, e del regno del signore Re Lotario 18 indizione terza . Fatto in Pavia felicemente. In virtu di questo diploma di Lotario, i vescovi di Trieste nel secolo 14 ( poiche innanzi non šene trova traccia ) assunsero il titolo di vescovo e con* te di Trieste . ab omnibus observetur, manu propria roborantes, a- nulo nostro subter insigniri jussimus. Signum Domini (L. S.) Lotharii Regis Serenissimi Odoricus Regis Vicecancellarius Brunimeus Episcopus, ac Vice Cancellarius recognovit . Datum octavo die Augusti, anno Dominice Incarna- tionis DGGCVLVIII.Ragai vero Domini Lothary Regis XVIII., Indictione tertia. Actum Papiae feliciter. 55 Imperatore 909. Pontefice Lodovico III. Sergio III. 14.TAURINO.Dopo il suaccennato vescovo Gio- vanni secondo, non trovasi altra iriemoria de , vesco- vi della nostra citta_, oltre quella del preselite Tau- rino molto caro, e famigliare del re Berengario , ehe fu anche imperatore.Questo vescovo secondo Fopinione d’alcuni fu assunto algoverno della dio- cesi j e chiesa di Trieste 1 ’anno 909 , a cui il re Be- 3’engario suddetto aono F anno 911 alquanti beni nelFIstria. Ottenne il nostro Taurino tal douazio- «e, e grazia col mezzo, ed intercessione di Edolfo ■vescovo di Mantova, come dali’ ingiunto diploma si scorge. VIII. In nome della Santa ed Individua Trinita 4 Berengario re di tutt’ i fedeli della santa Chiesa di Dio., presenti cioe e futuri. Sappiano tutti univer- salmente., qualmente per 1’industria, intereessio- ne, e domanda di Edolfo vescovo della santa chie¬ sa di Mantova , e nostro diletto fedele, il quale ci VIII. In nomine Sanctae, et Individuae Trinitatis. Berengarius Rex omnium fidelium Sanctae Dei Ec- elesiae nostrorum scilicet praesentrum, ac futurornm. Comperiat universitas, qualiter industria , interventu, ac petitione EdulpJiy Sanctae Mantuanensis Ecclesiae 56 909 prego, per amore di Dio, e mercede delPanima no- stra, cbe ci fossirno degnati concedere per mezzo di quest , ordine di nostra donazione alla santa Chie- sa Triestina, la quale e edificata in onore del pre- clarissimo martire Giusto, e dono a te Taurino ve- scovo, ed a’tuoi successori, alcuni castelli di ragio- ne del nostro regno , i quali si addimandano Ver- mes, uno riiaggiore, 1’altrominore, e sono tra ilpo- tere de’diritti del nostro regno, con tutto cio cbe gli appartiene , monti, valli, piannre, acque , pa- scoli, selve, rupi grandi e picciole , acque , cor- renti d’ acque, pescagioni, cacce, terre colte, ed incolte, e con tutte le loro pertinenze colaadjacen- Episcopi, ac dilecti fidelis nostri, qui nos esoravit, ob amorcm Dei, animaeque nostrae mercedem, concedere di- remur per boe nostrae largitionis praeceptum Sanctae Tergestinae Ecclesiae, quae est constructa in honorem praeclarissimi Martyris Justi, Tibique Tauriuo Episco- po, tuisque successoribus, quosdam Castellos Juriš Re- gni nostri, qui dicuntur Verraes (1), unus major, al- ter minor, ac sunt infra potestatem juriš Regni nostri, cum omnibus šibi ad eos pertinentibus montibus, valli- bus,planiciebus , pratis , paseuis, Syl\is, rnpibus, ac rupi- nis, aquis, aquarum decursibns, piscationibus,Venatio- nibus, Terris cultis , et incultis , et cum omnibus eo- rum pertinentibus ibidem adjacentibus, dono et trans-' (1) Neli e vicinanze di Parenzo. 7 r ' 7 ti, e trasferisco nella fletta cfaiesa Triestina, ed in onore del preclarissimo Giusto martire, di cui tu o Ta urino sei al pi'esente vescoro, per amore diDio, e mercede delTanima noštra con precettoria auto- rita , cou ogni integrita comandando ci siamo do¬ gnati di concedere, e donare. Ordiniamo aduncp e che veran duca, rnarcheše, conte , visconte, seu- diere , decano , o qualsivoglia persona n.egli stessi castelli gia nominati ardisca tenere tribunale, ne fare aleun giudizio, se non avanti il prefato vesco- vo Taurino, e suoi successori, come se fosse avan- ti a noi, o al nostroprefato legato, in virtu di {pre¬ sto nostro reale orcVne. Concediamo con proprieta di diritto, e con ogni integrita, doniarno, e di no- fundo in dieta Tergestina Ecclesia, et in honorem praeclarissimi Justi Maniri, cui tuTaurinus Episcopus in praesenti Praesul esse videris, pro Dei amore, mer- cedeque animae nostrae praeceptoria auetoritate noslra sub omni integritate concedere atque largiri diguare- mur praecipientes. Ergo jubemusut nullus Dux, Mar- cliio, Comes, Vicecomes, Scudalflo, Decanus, aut quae- libet persona, in ipsis jam dictis Castellis, necplacitum tenere, neque ulla districtione facere praesumat, nisi ante praetaxatum Taurinum Episcopum, suosque sue- cessores, tamquam ante nos, aut nostrum Legatum praefatum, per hoc nostrum Regale praeceptum, jure pro- prietario, sub omni integritate concedimus, et largi- mur, ac de nostro jure, et potestate in ejus clemea- 909 58 stra autorita, e potere trasmettiamo, e deleghiarno tutto nella clemenza sua di s. Giusto manire . Se alcuno pertanto tentera di frangere J violare o in- quietare questo comando di nostra concessione, sappia ehe dovra esborsare cento libbre d’oro ottimo, la meta alla nostra camera, e la meta alla predetta santa chiesaTriestina. II che aceio si čreda piu ve- r Oj econognidiligenzasiosservidaognuno, l’abbia- mo firmato di propria mano, ed abbiamo ordinato di apporvi il sigillo del nostro anello . Sigillo delSignore {L.S.) piissimo Re Berengario. Giovanni vice-cancelliere di Ardigo vescovo , e arcicancelliere ho riconoseiuto. tiam Sancti Martvris Justi oninia transfundimus, a c delegamus. Si quis igitur hoc nostrae concessionis prae- ceptum infringere, vel -violare, aut inquietare tempta- verit, sciat se compositurum auri optimi libras centum medictatem Camerae nostrae, et medietatem Sanctae praelibatae Ecclesiae Tergestinae. Quod ut verius cre- datur, et diligentius ab omnibus observetur, tnanu pro¬ pria roboratum de annuli nostri sculptu insigniri jus- simus. Signum Domini Berengarii (L.S.) Piissimi Regis. Joannes Cancellarius vice Ardigi Episcopi, et Archi- cancellarii recognovit. 5 g Dato li 27 giugno Parmo deli’ Incarnazione del Signore 911, indizione seconda. Fatto in Pavia felicemente nel nome di Gristo . Cosi sia. Re d’Italia 94 ^* Pontefiee Lotario Agapito . i 5 . (i)GIOVANNI III.Gelebre per avere venduto alla comunita di Trieste il dominio sopra la mede- sima concesso al vescovo dello stesso nome suo an- tecessore, dalPimperatore Lotario . I/imperiosa ne- cessita delle circostanze di que’tempi lo costrinse- ro a cio fare; poiche ritrovavasi cosi alle strette 1’ afflitta eitta di Trieste per Pincursione dei bar¬ bari j ed altre guerre mosse dai principi Carintia- Dat. V. Kal. Julii anno Dominicelncarn. DCCCCXI. Domini nostri Berengarii piiss. Regis XV. Ind. secun- da. Aetum Papiae in Christi nomine feliciter. Amen. (1) U Abbate Ughellio Ital.Sac. Tom. 5 . Col. 577. aggiudica a c/uesto Giovanni la donazione fatla da Lotario della Cittd di Trieste, e suo Territorio ve- runa menzione facendo del sopra mentovato Giovan- ni II. nell’ 6o 909 ni , Sclavi, ed Ungheri, occupatori della provincis del Cragno, e Carso, i quali con continue invasioni apportavano col ferro , e col fuoco al suo territorio molte calamita , e malori, che per difenderlo col- r arini da’ suoi nemici , e per conservazione della pace comune, e rimuovere gli seandali, ed altri in- converiienti, che occorrevano alla giornata fra il vescovo, capitolo, ed icanonici daunaparte,edetta comunita, e popolo dalFaltra, necessitarono, dico, il vescovo Giovanni suddetto ad impegnarsi con Da¬ niele David ebreo di Gorizia di grossa somma di denaro. Per soddisfare a qnesti snoi debiti ascen- denti a marche 617 , e mezza, non avendo altre ri- sorse, cede, e vende alia comunita di Trieste tut- te le ragioni, jus , e dominio, ch’egli e il suo ve- scovato tenevano sopra essa citta, colla riserva sob tanto di coniar moneta , ed altre particolari rninu- zie , come si osserva nella qui sottoposta Copia deli’ fstrumento IX. Nel nome di Dio E terno-. Amen. L’ anno deli’ incarnazione del Signore 949 , ne! mese di febbraroil giorno 21 , indizione quarta,pre- IX. In Christi nomine Amen. Anno ab Incarnatione Domini DCGCCXLVIIII. Men- 6 1 senti gPinfrascritti testimonj: Sappiano tutti quelli ■ehe leggeranno cjuesto primo Istrumento, tjualmen- te il reverendisskno padremonsignor Giovanni per la divina grazia vescovo Triestino, ed i signori no- stri decano, e canonici tutti, e capitolo della chie- sa di Trieste per essi ed in nome de’loro successo- ri, e per utilita della ehiesa, vescovato, e capito¬ lo , dando ciascheduno P assenso da una parte, ed il signor Pietro Bernardi irifrascritto sindico procu- ratore, e massaro della comunita, e del popolo del¬ la citta di Trieste sopra iufrascritti dalPaltra ;Gon- siderando P utilita,, e lo stato della detta ehiesa, vescovato e capitolo , e la pace fra le parti, e per rimuovere gli scandali, e gli errori esistenti fra il vescovo, canonici, capitolo e ehiesa da una parte, ed il detto comune e popolo dalPaltra, e per ischi- vare in ay venire i danni, i pericoli, ed i mali gia sis Februarii die XXI. Indictione quarta teslibus in- fraseriptis praesentibus. Noveriut univčrsi, boe prinium Instrumentum inspecturi, (|uod Revereudus Pater Bo- niinus Joannes Miseratione Divina Episcopus Tergesti- uus, et Domini H. Deeanus, Canonici omnes, et Capi- tulum Ecelesiae Tergestinae pro seipsis, et successoribus eorum nomine, ae pro utilitate dictae Ecelesiae, Epi- scopatus, et Capituli, liiuc inde dantes asseusus ex u- na parte, et Dominus Petrus Bernardi infraseriptus Syn- dicus Procurator, et Mašsarius Comunitatis, et po¬ puli Civitatis Tergesti super infraseriptis ex altera. 9°9 Č2 948 occorsi, e che possono occorrere ai posteri, e i lo-* ro debiti, e della detta chiesa, ne’quali sono obbli- gati a Daniele David ebreo di Gorizia tintore in Trieste come manifesta il pubblico istromento fat- to per mano di Giovanni Longi, e gPinteressi ai medesimioccorrenti, lasommacogPinteressi ascen- de fino al presente mese al totale di marche 517 e mezza (1). Li quali denari, cioe cinquecento mar¬ che , sono stati spesi nella gtierra per difendere i Considerantes utilitatem, et statum dictae Ecclesiae , Episcopatus, et Capituli, et pacem inter partes, et re- movere scandala et errores existentes inter Episcopum, Canonicos, Capitulum, et Ecclesiam ex una parte, et dictum Comune, et Populum ex altera, et cavere de futuro, ac damna, pericula, et mala occursa quae pos- sunt occurrere posteris , et debita eorum, et dictae Eg- clesiae, in quibus sunt obligati, Danieli David Judeo de Gcrritia Tinctori Tergesti, ut patet Instrumentum publicum manu Joannis Longi, et usuris currentibus eisdem, quae summa ascendit cum usuris, usque ad Mensem praesentem ad summam Marcharum quinque centum decem, et septem cum dimidia, quae pecuuia (1) Jiilevasi da una lettera antica scritta dalCap- pellano di Pagano Patriarca d’ Acjudeja, che la Marca di Moneta Aquilejese valeva Lire g. Soldi 6 . ed 8 . de piccoli, cioe bagatlini ( 12. de’ quali corn- ponevano un soldo ). 63 proprj beni loro , e della detta chiesa , eontro le gen ti del signor duca di Carintia, ed anco altri pi¬ rati de’ Carsi, e ladri, come a tatti dei presenti e manifesto , i quali da lungo tempo hanno distrut- to, ed annualmente distruggono i medesimi loro beni, e della detta chiesa 5 cosicche essi, e i beni della chiesa sono ridotti al nnlla, e considerando, che se non sono osservati i patti ad esso Daniele David fino al mese di maggio, cadrebbe la causa co’snoi mallevadori, alla pena del doppio, e pen- sando agli errori 3 e scandali, che furono, e che ver- ranno fra le dette parti, per gFinfrascritti diritti, che il comune ha sempre avuto, coi privilegj au- tentici degllmperatoriRomani, ne’quali apparisce videlicet Marcharum quinquecentum fuit expendita in guerra, causa defensandi bona eorum, et dictae Ec- clesiae contra gentes Domini Ducis Karintiae, et etiam alios Piratos de Carsis et robatores qui magno tempo- re ipsos bona eorum , et Ecclesiae destruxerunt, et de- struunt annuatim, ut omnibus est manifestum depar- tibus; ita quod ipsi, et bona Ecclesiae quae ad nihi- lum devenere, et considerantes quod nisi ipsi Danieli David usque ad Mensem Maii esset solutum de pactis, caderet cum fidejussoribus suis ad paenam dupli, et pensantes erroribus, et scandalis, qui fuere, et Vene¬ re inter dictas partes pro infrascriptis juribus, quae Comune semper tenuit cum privilegiis autbenticis Ro* manorum Imperatorum, iu quibus plena libertas eis 64 ,109 esscrgli concessa la piena liberta; e eousiderando, che essi, e le chiese, ed i loro beui in perpetuo dal comune, e popolo della detta citta potranno es~ sere rneglio guardati , e difesi clie da altra perso- na , e da altre piii giuste cause; lunghissimo tem¬ po, piii e piu volte fra loro e nel capitolo e faori tenuto esame, hanno deliberato per portare miglior utile alla chiesa, essendocheniente apparteneva de- gFinfrascritti diritti di queste cose, che possedo- eo, rna piuttosto che le infrascritte cose cagionano danni e mancamenti 3 e cosi nel medesimo luogo gli stessi signori vescovo, decano, canonici, e capi¬ tolo hanno glnrato col tocco de’santi evangelj, che eredevano di far Lene , ed utilmente tutto cio , e sia espedienie per la chiesa corne fu detto di sopra. concessa esse videtur, et considerantes quod ipsi, et Ecclesiae, et bona eorum in perpetuum per Comune, et Populum dictae C i vi tatis melius quam per aliam persouam poterint vardari, et.defensari, et exaliis justis causis pluribus^ diu, et diu, et pluries inter eos habitd pensamento, et in Capitulo, et extra pluries delibera- verunt pro meliori utilitate Ecelesiae reportanda, cum de infrascriptis juribus nihil de redditibus pertinebat de his qu.ae possident, sed potius damna ipsorum, et errores facere infrascripta, et sic ibidem ipsi Domini Episeopus, Decanus, Canonici, et Capitulum jurave- runt tactis Evangeliis quod ea credebant bene, et uti- liter facere, et esse espediens pro Ecclesia, ut dictuni e&t supra. 65 Li medesimi signori vescovo, decano, canoni- ei, e capitolo tutti qui presenti concordemente ac- consentendo, e facendo le cose infrascritte, e die- tro il consiglio tenuto precedentemente poco fa es- sendosi riservati a loro, ed alla ehiesa. Prirno col- la giurisdizione spirituale , alle vigne , earripi , pra¬ ti 5 čase che presentemente hanno nella citta di Trieste, e nel suo distretto, o in appresso potran- no avere, e similmente fuori del distretto. Parimente di pagare le deeime seeondo Pantiča consnetudine , salve le parti, che hanno o che eb- hero pel tempo'pas sato . Similmente hanno dato , consegnato , concesso , venduto , e' rinunziato in perpetuo per se stessi, e loro »nccessori i censi dei feudi , e feudi stessi , le Ipsi Domini Episeopns, Decanus, Canonici omnes hie praesentes, et Capitulum concorditer consentiendo, et faciendo infrašeripta, et super pensamento prius habito dudum reservatis eis, et Eeelesiae. Primo jurisdictione spirituali, vineis, eampis, pratis, domifaus quae nune babent in Civitate Tergesti-, et ejus districtu, vel im* posterum poterunt habere, et eliam extra districtum. Item decimis seeundum consuetudinem antiquam pa* gandis, salvis ab his qui eas babent vel in autea babe-* bunt in feudum. Item censibus feudorum et feudis, villis eorum in districtu Tergesti et extra rustici* habitantibus in illis 66 loro ville nel distretto di Trieste, ed i contadini che in quelle si rilrovano, coi loro beni, diritti, e frutti loro; ed in ogni miglior modo, che hanno potuto, fecero e diedero al signor Pietro del quon- dam Bernardi cittadino della citta di Trieste, pro- curatore, e massaro del comune della detta citta', e popolo , come appare nel libro del comune, qua- le io notaro e parti abbiamo veduto, avendo a cio il pieno potere in nome della detta citta, comune, e popolo, e la perpetua liberta, tutti i loro diritti, e privilegj, giurisdizioni, giustizie , ragioni, auto- torita se mai ne hanno , ed in addietro ne possano avere avuti, qualunque cosa sopra la citta del pre- detto Trieste , nel medesimo di lui distretto, o del* cum bonis suis juribus et fructibus eorum pro seipsis et successoribus eorum, in perpetuum dederunt , tra- diderunt, cesserunt, vendiderunt, et renunciaverunt , et omni modo quo melius potuerunt fecerunt, et de¬ derunt Domino Petro quondam Bernardi civi civita- tis Tergesti Procuratori, et Massario dictae civitatis Comunis , et Populi , ut patet in libro Comunis, quem ego Notarius et partes vidimus, plenam ad haec ba- benti potestatem nomine dictae Civitatis Comunis et Po¬ puli et libertate perpetua omnia jura eorum et privi- legia jurisdictiones, justitias, rationes, aetiones, si quae habent vel tenent, Instrumenta omnia si quae babent vel in antea habere possent quomodocumque supra ci- vitatem Tergesti praedictam ejus districtum in eadem 6? la medesima , ne’loro uomini, o beni in perpetuo , 909 o con privilegio degl’ Imperatori e Re de’ Romani, o dal signor Duca di Carintia, o dai Duchi , o da qualunque altro, o dalla consuetudine , o uso , o da qualunque patto, e tutto cio , e tutto quello ehe ad es-si comunemente, edin particolareapparti«nfe| o puo appartenere, salvi gli uomini, ed i beni so- praddetti nella detta citta, e suo distretto. { Corne ancora quella parte, appartenente a lord insieme col detto comune nel coniare moneta;co^ sieche totalmente la loro parte sia del solo detto comune, e la medesima possa farsi ancora da lord stessi. Gonsegnando nello stesso luogo almedesimo signor Pietro Proeuratore colle loro mani tutti i loro diritti, Istromenti, Privilegj con ognivirtit d^ vel eandem in hominibus ipsorum vel bonis in perpe- tuum sive ex privilegiis Romanorum Regibus Impera- toribus sive a Domino Duce Karintfae vel a Dueibus sive ab aliis quibuscumque, sive ex consuetudine vel usu, vel ex pacto quibuscumque, et omne id, et to- tum quod eis comuniter vel per se pertineret vel per- tinere posset, salvis supradictis in dieta civitate ejus districtu hominibus, et bonis. Item eam partem quae eis pertinet una cum dieto Comune in cudendo Monetam , ita quod totaliter pars eorum sit dieti Comunis solius, et illam per se amo- do facere possit: Tradentes ibidem eidem Domino Pe¬ tro Procuratori per mamiš eorum onmia jura eorum, 9°9 68 medesimi, ed lianno veduto, ehe possnno in perpe"* tuo servirsi di quelle ragioni, corae avessero essi stessi potuto, in qualunque luogo, ed alla presenza di chiunque. Parimente hanno promesso, e si sono obbligati per se , e suoi successori in perpetuo, ed hanno va¬ luto da questo momento, che se in qualunque tem¬ po da qualche Vescovo, o aleun altro della predetta Chiesa ricevesse in nome della detta Chiesa qual- clie privilegio, istronaento , o diritto aleuno, tan- to dagPImperatori , Re, DucM } quanto da altri chiunque sopra la stessa citta col distretto, o in essa , o nei beni, o in pregiudizio, o vituperio dei medesimi , o eziandio per onore ed utile della Chie¬ sa , citta, e uomini, che quei privilegj , istromen- Instrumenta Privilegia, cum omni virtute eorundem, et voluerunt quod illis et ratiemibus perpetuo possit uti ut ipsi potuissent, et ubicumque et coram quocumque. Item promiserunt, et se obligaverunt per se suosque successores in perpetuo, et voluerunt ex modo quod si quo tempore per aliquem Episcopum vel alium de Ec- clesia praedicta reciperetur noroine dictae Ecclesiae ali- quod privilegium, Instrumentum, vel jus aliquod tam ab Imperatoribus, Regibus, Ducibus quam aliis quibus- cumque supra ipsam Ci vi Latern cum districtu, vel in ipsa, vel in homines ejusdem, vel in bonis, vel in praejuditium, vel vituperium eorundem, vel etiam pro ho n or e, et utiiitate dictae Cii vi ta tis, et hominmn quod 6g ti, e diritti sieno del detto Comune, e citta, e per essa sieno le sopraddette, e colle sopraddette cose. E che quel Vescovo, o altro che avra ottenuto, sia obbligata dare questo, e qnelle al detto Comune , come cosasua, purche abbia soddisfatto al medosi- ino Comune delle spese fatte per quelle . Similmente, per patto avuto fra le parti, essi signori vescovo , canonici, e capitolo si sono obbli- gati per se, e loto successori in qualunque tempo saranno richiesti dal dettoComune didover andare dal signor Imperator©, o Duchi per ottenere la con- ferma dei detti privilegj, istrumenti avuti per Fad- dietro, che uno o 1-altro di loro andranno a spese del Comune, e faranno , e procureranno di ottene- illa privilegia, instrumenta , et jura sint dieti Comunis, et Civitatis, ct per ipsa sint supradicta , et cum su- pradiefis. Et quod ille Episcopus vel alius qui obti- nuerit, teneatur dare illud, et illa dieto Comuni ut sua, dummodo Comune eidern satisfaciat de expensis faetis ab illis . Item etiam ex paeto habito inter partes ipsi Domi- nus Episcopus, Canonici, et Capitulurn se obligave- runt per se suosque successores quandocutnque fuerint requisiti per dictum Comune quod ire debeaut ad Do- minum Imperatorem Vel Duees pro impetrando con- firmationes dietorum Privilegiorum , et Instrumentorum primo liabitorum, quod ipsi vel alter eorum expensis Comunis ibunt et facient et juxta posse habere pro- 7 ° qo(j re con ogni possibilita , e tutto cio che otterrarmo nei predetti loro nomi, o della Chiesa , tutto deb- ba essere in vantaggio della detta citta in quanto concerne le cose sopraddette date, e vendute , ri- guardo a quelle cose che toccassero ad altre utilita della Chiesa , sieno, e debbano restare alla stessa Chiesa. Greando e facendo il detto signor Pietro procuratore , eziandio della Chiesa perpetuamente Belle cosepredette, e qualsivoglia di loro possesso- ri, e padroni eome nelle cose proprie. Comeancora e stato promesso d’ajutare la detta citta., comune, e uomini, e con tutto 1’impegno fa- vorirli in qualsivoglia cosa verranno ricercati. Parimente hanno scancellate, e levate tutte le sentenze, e processi fatti, e pronunziati contro i curabunt, et quod obtinuerint in praedicds nomine corum vel Ecclesiae illud totum debeat esse in utili- tatem dictae Civitatis in. quantum tangent supradicta data, et vendita, in his quae tangerent alia ad utili- latem Ecclesiae, ipsius Ecclesiae sint et debeant re- manere, constituentes et facientes dictum Doininnm Petrum Procuratorem etiam Ecclesiae pro in perpetuo in praedictis quolibet eorum Possessores et Dominos ut in rebus propriis. Item etiam promiserunt juvare dietam Givitatem, et Comune, et homines el favorem dare suo posse in qui- buscumque reqnisiti. Item cassaverunt, et tollerunt omnes sententias, et 7 1 rettori, consiglieri , cittadini, e la predetta citta 909 per (jualsivoslia caeione, ed hanno voluto. che sie- no di niun vigore, e tutto cio hanno fatto per la ragione, che il detto signor Pietro proouratore , in nome del detto^comune, citta , e popolo, in perpe- tuo agli stessi monsignor vescovo , canonici, e loro capitolo accettanti a nome loro e della Chiesa , nel- lo stessoluogoha dato e numeratoin denari d’Aqui- leja cinquecento marehe , le quali nel medesimo luogo il detto monsignor vescovo, d^cano, canoni¬ ci, e capitolo prontamente hanno dato, e pagato al detto Daniele David ebreo presen te , ed accet- tante, in pagamento del detto debito; e lo stesso Daniele David ha ricevute le medesime, ed haguie- tanzato , ed assolto i medesimi dalla detta somraa. processus factas et latas contra Rectores > Consiliarios, Cives, et Civitatem praedictam quacumque de causa, et voluerunt quod sint nullius valoris, et hoc totum fecerunt pro eo, quare dictus Dominus Petrus Procu- rator nomine dieti Comunis, et Civitatis et Populi in perpetuo eisdem Domino Episcopo, Decano, Canonieis, et Capitulo ipsorum nomine et Ecclesiae recipientibus ibidem dedit, solvit, et numeravit in deuariis Aqui- legensibns Marchas quinque centum qnas ibidem in- continenti dictus Dominus Episcopus, Decanus , Cano¬ nici , et Capitulum dieto Danieli David Judeo praesen- ti, et reeipienti in solutionem dieti debiti dederunt, et solverunt; et ipse Daniel David eosdem recepit, et eosdem dt> dieta summa quietavit, et absolvit ibidem. 9°9 <72 Similmente eziandio il detto sign or Pietro in no me dei detto cornune , e citta diede, e concesse in perpetuo nelle ville, e contadini, cbe abitano in queste ville , tanto nel distretto di Trieste, quan* to fuori, agli stessi siguori vescovo, decano, cano- niči j e capitolo, ogni giurisdizione , giustizia, e re- galia , quale ebbe e pratico 1’ uso comune; sajve sempre la giurisdizione del comune, e la giustizia nei predetti, sopra Tojnicidio , il furto , la rapiua s e merr.broa nSitilato, e salvo che i detli villani debbano pagare le imposizioni del comune, ed im<- poste dat comune, edi lavorare per servigio del co¬ mune coi loro animali e earri. Corne aucora diede t e concesse ai medesimi !a Itein etiam dietus Dominus Petrus, nomine dieti Comuuis et Civitatis, dedit et coneessit per in perpe¬ tuo in Villis et Rusticis habitantibus in illis sitis tam in distrietu Tergesti quam extra eisdem Domino Epi- scopo, Decano, Canonicis, Capitulo, et Ecclesiae omnem jurisdictionem et justitiam, et regalia quae Comune bucusque habuit, et tenuit, salvis semper Comuni ju- risdictione, et justitia in praedictis de bomicidio, fur¬ to, robaria, et niembro manco, et salvo quod dieti ru- stici debeant solvere angaria Comuuis et pro Comune miposilas, et ire cum a rini s tempdfe guerrae , et quan- do mandabitur per Comune et cum Animalibus, et curribus eorum labore ad servitium Comunis. Item dedit coneessit dietam mulam, dieti Comu- & ' teada del detto comune, e la porta diRiborgo della citta in onore di Dio, e della Beata Maria, e di s. Giusto martire, e per la perpetua ripafazione dellaGhiesa da esigersi dai medesimi ehe vengono ai mercati, o ehe escono colle inercij seeondo la istruzione , e forma consueta,, per la cauša e itiodo delti lin qui, e non altriinetiti. Cosi pure gli stessi vescovo, canonici, capitolo, e Ghiesa in proporzione portino i pesi della delta muda , i quali faceva il comune nella riedilicazio- ne dei ponti , delle made, e delle altre cese della citta, coi legnami. Parimenti il detto mortsignor vescovo, deeanb, canonici, e capitolo, e la Cbiesa proniise e si obbli- go in perpetuo di guardare fedelmente con buona nis, et Civilatis Januae Riburgi, ad hoiiorem Dei et B. Mari a o et S. Justi Mart., et pro perpetua repara- tione Ecclesiae eorundent exigettdam a forensibus ve- nientibus vel exeuntibus cum mercadantiis secundum modum et formam cousUetos pef Comune hucuscpie, et noti alias. Item etiam pro ratione dictae Mutae ipsi Episcopus, Canonici, Capitulum, et Bcelesia in perpetuum por- tent onera quae Comune faciebat in redificatioue pontium mutarutn, et aliarum rerutn Civitatis cum li- gtfaminibus. Item promisit, et se obligavit in perpetuum dic.tos Dominam Episcopuni, Decanum, Canonicos, Capitulum, 74 gog fede , difendere, e manteaere possibilmente i beni e li diritti de’medesimi da qualunque ladro, e cat- tiva gente . Similmente casso tutte le sentenze , e condanne fatte contra i famigliari , e villani de’ predetti, e della Ghiesa , e costitui in perpetuo possessori, e signori nelle predette cose i medesimi, ed i loro successori, e la Ghiesa nelle predette cose, come nelle proprie . Le quali cose tutte qui poste , e soprapposte , e ciascheduna cosa fktta, detta, e scritta, hanno pro* messo le dette parti per se , e loro successori, ed eredi in perpetuo , dall’una. e dalTaltra parte, ob- biigandosi di volere che sia, e si abbia , si vos;lia, Ecclesiam j bona et jura eorundem a quibuscumque robatoribus, et malis hominibus bona fide vardare et defensare et manutenere suo posse. Item cassavit omnes senteulias et condemnationes factas contra familiares, et rusticos praedictorura et Eeclesiae et in praefaetas contra familiares et rusticos praedictorum et Eeclesiae. et in praedictis constituit eosdem et successores eorum et Ecclesiam per in per- petuo possessores et Dominos, ut in rebus propriis. Quae omnia et singula supra posita dieta, faeta, et seripta promiserunt dictae partes per se suosque suc¬ cessores et heredes in perpetuum hinc inde una pars alteri se obligando, firma, rata, stabiiita fore veli« et esse, et habere, tenere, et servare, et non contra- 7$ si tenga, si conservi ferma, costante, stabilita, e di non contravvenire, sotto penadimille marGhe d’ar- gento j e di soddisfare il giuramento dal trasgresso- re alla parte che ha osservato, ed avendo quellipa- gati, nondimeno restino ferme le sopraddette con- dizioni. E per tutte ^ e ciascheduna delle predette cose, si e obbligata una parte e 1’altra . di qua, e di la tutti i beni della Chiesa, e del Comune , e sieno piu ferme ambe le parti nello stesso luogo toccati gliEvangelj giuro di perseverare edosserva- re perpetuamente le cose scritte. Ed ordino che questo presente istrumento , in testimonio della verita, sia sigillato col loro sigillo. Tutte le cose predette furono fatte in Trieste nella sala del pa- lazzo vescovile , in presenza del signor Giovanni, e Bartolommeo Preti nella Chiesa de’ Ss.Martiri di venire sub paena mille Marcharum argenti, et jura- nieuti solvendi per contrafacientem parti quae serva- verit, et illa pagata nihilomiuus firma sint supradi- cta. Et pro praedictis omnibus et singulis obligavit una pars alteri, hic inde omnia bona eoruin Ecclesiae et Comunis et sint magis firma, utraque pars ibidem , tactis Evangeliis, juravit servare perpetuo supradieta • Et mandaverunt hoc praesens Instrumentum eorum Sigillis in testimonium verita tis Sigillari'. Facta fue- runt omnia praedicta in Civitate Tergesti praeuicta, in sala Domus Episcopnlis, praesentibus Dominis Joan- •ne et Bartolomeo presbyteris in Ecclesia Sanctorum 76 . ■ Trieste , di Pietro Nigri, Antonio cli Margarita no- tari, Nicolo de Stablis notaro, Sergio, Lorenzo La* žaro bottegajo, e Giusto mercante cittadini di Trie¬ ste , e molti altri testimoni pregati, e chiamati a quest’effetto. Io Giovanni vescovo sopraddetto mi sono sotto¬ scritto . Io H. decano predetto mi soao sottoscritto per me, e pel capitolo. ! > Io Pietro Nigri sopraddetto testimonio, sono stato presente a tuttequeste cose, e mi sono sottoscritto. Io Antonio di Margarita notaro predetto sono stato presente a tutte queste cose, e mi sono sot¬ toscritto . Martvrum de Tergesto, Petro Nigri, Antonio Marga- ritae Notario, Nicolao de Stablis Notario, Sergio Lau- rentii, Lazaro Apotecario, et Justo Mercbatore Civibus Tergesti, et aliis quam pluribus testibus ad haec \oca- tis et rogatis. Ego Johannes Episcopus snpradictus me subscripsi. Ego H. Decanus praedictus per me et Capitulo nre subscripsi. Ego Petrus Nigri testis supradictus bis omnibus in- terfui et me subscripsi. Ego Antonius Margaritae Notarius praedictus bis emnibus interfui, et me subscripsi. 77 Io Lazaro bottegajo predetto sono stato presen- te, e mi sono sottoscritto . Io Giusto mercante sono stato presente alle pre- dette cose, e mi sono sottoscritto . Io Giovanni figlio del cpoondam maest.ro Bernar¬ do medico con autorita, e del detto monsignor ve- scovo pnbblico notaro, a tutte, e ciascheduna del- le predette cose coi soprascritti testimoni sono sta¬ to presente , ho veduto ed udito , ed ho scritto due volte qu.es to istromento a richiesta delle par¬ tij ed a ciascheduna parte ho dato i! suo. i----------- : - Ego Lazarus Apothecarius praedictus praesens fui et me subscripsi. Ego Justus Mercator praedictis praesens fui et me subscripsi. Ego Johannes filius quondam Magistri Bernardi Me¬ dici puhlici Imp. Auctoritate Notarius et dieti Domi¬ ni Episcopi, supradictis omnibus et singulis cum su- pradictis testibus praesens fui, vidi, et apdivi, et ad petitionem partiun? boe liistrumentum scrlpsi bis, et cuilibet parti dedi suurn. 7 8 Imperatore Ariugo II. loig. Pontefice Benedetto VIII. * 16. GIO; RODOLFO . Non ritrovandosi presso 1’abate Ferdinando Ughellio (i) nel suo catalogo de’Vescovi di Trieste dalPanno 966 sino a quello del iix 5 notizia d’ alcun suo vescovo, insorge dub- bio, se nel corso degli aecennati anni esistessero vescovi alla sua Diocesi; la qual difficolta scioglie 1’ abbate Gio: Frartcesco Palladio (a) col dire cbe Gio: Rodolfo vescovo di Trieste unito coi vescovi Bertaldino di Pola , Antonio Riccherio di Feltre, Pietro Lodovieo di Belluno, Gaspare Almerico di Trevigi, Giovanni Azzo di Cittanuova, Crescenzio Majo di Concordia, e Stefano Sorfanio di Pedena, fosse presente alladonazione fatta da Giovanni Pa- triarca d’Aquileja a Moroneo Preposlto, ed ai Ca- nonici di s. Stefano fuoi’i diessa citta di mol ti beni^ decime, ville, e giurisdizioni, acciocche con assi- duita, e diligenza assistessero, ed officiassero quel- la Chiesa; mentre le sue tenui entrate non erano sufficienti al mantenimento dei Ganonici ed a 1 tri ministri dellamedesima.NelPaggiuntapoi delPaba- te Coletti nell’ Ughellio leggesi Ricolfo invece di Rodolfo quale trovasi sottoscritto nel concilio di Francfort 1’anno xoo6 (3). (1) Ital. Sacr. (2) St. del Friuli part. 1. lih. 4. (3) Ughel. Tom. 5. Col. 577. Che 1’ anno, in cui i! prefato vescovo Gio: Ro- dolfo fu promosso alla prelatura di Trieste, fosse prima del 1016 e certissimo, mentre il prenotato Patriarca Giovanni, poco dopo seguita tal donazio- ne, colmo di meriti si trasferi alPempireo, e nella dignitapatriarcale 1’anno 10x6 gli successe Popone di nazione alemanno, cancelliere maggiore del sud- detto imperatore Arrigo II. col cui favore unito ai propi-j talenti, e virtii ottenne tal prelatura. Dopo che ebbeconseguitoilpossesso,feritorno inGerma- nia, a continuare in corte la carica di gran cancel¬ liere , ove rimase sin a tanto, che Fimperatore Ar¬ rigo, per sopire i tumulti della Lombardia, 1’anno 1022, si trasfeiila terza volta in Italiaaccompagna~ i to dal Patriarca Popone, al quale 1’anno seguente addosso il comando d’undecimila cornbattenti, ter¬ za parte del suo esercito imperiale, acciocche s’in- camminasse verso 1’Abruzzo, ritenendo un’altra par¬ te pressodi se con animo d’acquistare Troja , come segui, e del rimanente fe’condottiere Pellegrino ar- civescovo di Colonia, qual seco eondusse dallaGer- mania, con ordine d’istradarsi verso Roma; ma da- gli eccessivi caldi interrotti i disegni deli’Impera¬ tore, lo necessitarono a ritornare in Germania, ed il Patriarca Popone di fermarsi nella propria resi- denza in Aquileja. Deliberando Popone, confidato nel favore ed as- sistenza di Cesare, di por fine una volta alPantica differenza dei due Patriarcati, col sottomettere la Chiesa di Grado alla Metropolitana d’Aquileja; spedi a tal fine suoi ambasciatori al Sommo Ponte- fic Office BenedettoVIII acciocche al suo tribunale com« parisse Orso Patriarca Gradense, per terminare, e decidere la lite , il quale citato ricusb oomparire, eon iseusa d’incontrare qualche pericolo nel cam- mino, temendo Fautorita di Popone;che percio dal Papa fu ammessa la seusa . La morte delPimperatore Arrigo seguita 1 ’anno 0241024 sospese alquanto le controversie de’Patriar- chi; poi le discordie civili insorte nella citta di Ve¬ nezia, diedero comoda ©eeasiotieed adito 1)1 Patriar¬ ca Popone dlnvadere 1 ’isofa di Grado, e termina¬ re colParme la oontesa, mentre il Patriarca Orso per assistere agli affari del doge Ottone suo fratel- lo rilegato in Grecia trattenevasi in Venezia . Assa- lita con nmnerosa gente quella citta, dopo qualche resistenza, cou prornessa di non offendere , mapro- teggere i suoi cittadini, divenne padrone di quel- P isola, e senz’altra dimora rimando in Aquileja Fantico tesoro della sua Chiesa, gik trasferito in Grado,il quale consisteva in vasi d’oro, argenteria, paramenti, i corpi dei Santi Ermagora e Fortuna« to , ed altri corpi santi, col libro dei vangelj serit- to di mano propria delP Evangelista s. Marco, che per Fincursionef dei Longobardi Paolino suo ante- cessore, ed altri Patriarchi depositarono in Grado, come in luogo sicuro. Cio eseguito senz^ltroindu« gio spedi suoi ambasciatori a Giovanni Papa XX«. dal quale ottenne, che la Chiesa di Grado nell’ av- venire fosse soggetta alla Patriarcale d , Aquileja . Altero grandemente 1 ’operato del Patriarca Po,- pone il pubblico di Venezia, il quale cangiateledb* 8i scordie in prudente Consiglio richiamo alla propria residenza il Doge Ottone, e Panno seguente ioa 5 . 102 J con potente arraata sorti quella Repubblica per la ricupera di Grado, ilquale subito si rese al suo do- minio . Divenuti i Veneti Padroni della medesima per maggiormente assicurarla, furono dal Doge con diligenza ristaurate,e fortificate le suemura, ed altre fabbriche pubbliche. AlPavviso di talperdita,il Patriarca Popone rieorse per ajuto ali’ imperatore Corrado, suceesso nelregno d’Italia ad Arrigo, col dissuaderlo anche a non rinovare la Confederazione fatta coi Veneti, dal quale 1 ’anno 1026. impetro ^ buon numero di soldati, quali uniti ai proprj, con poderoso esercito si spinse ai danni dei lor confini, depredando, e devastando ogni cosa. Ottenne pure l’anno 1028. dal medesima Pon- ^ ... ... 102 *) tefice Giovanni altro specialissimo privilegio , con la confermazione che ’1 Patriarcato d’Aquileja fos- se Capo, eMetropolitano di tutte le Chiese d’Ita- lia, e cbe la Sede Aquilejese, dopo la Romana, fos- se Vicaria , e la prima in tutte 1’occorrenze, ed af- fari Eeelesiastici delPItalia, e col Pallio Pontificio anche nuova confermazione, che tutti i Vescovati, Monasterj, Chiese , Parrocchie, Pievi, Titoli, Cap- pelle, Castelli, Ville, Terreni , Decirne , ed altri utili gia spettanti, e sottoposti al suo Patriarcato, .nuovamente spettassero allo stesso coli’isola di Grado e sue pertinenze, inerendo allo Sinodo Man- tovano deli’ imperatore Corrado tutte le compe- tenze, prerogative, e ragioni a’ suoi predecessori concesse sopra essa isola di Grado , j 02 I0 ^no 4 - del mese di luglio indizione 12. Fatto nella citta di Trieste . Sembrando che la sublimita pontificale, per vo- lere della divina clemenza, dallo stesso Autore di tutto il creato a guesto finesia stata stabilita affin- cbe i Pastori e Rettori delle Chiese di Dio raccol- gano insieme lepecorelle ch’erano disperse per tut- te le parti della terra . Abbiamo creduto necessario che il Pastore goda di riportare sulle sue spalle al gregge la pecora cb’era smarrita. Per la qual eosa Erinicio per istinto divino veseovo di Trieste } pro- vedendo alla salute delle anime,desideroso diporre in salvo nel porto della salute , come una nave che te Domino nostro Henrico V. Imperatore, die vero IV. Uiensis Julii, Indictione XII. Actum in civitate Ter- gestina. Cum Pontificalis Celsitudo, Divinae Clementiae nu- tu, ab ipso Auctore rerum omnium ad hoc instituta videatur, ut Pastores etRectores Ecclesiarum Dei, quae per orbis terrarum spatio diffusae sunt, oves quae dis- persae fuerant congreget in unum. Necessario duximus quo Pastor ovium, quae perdita fuerat, ad gregem su¬ per humerum reportare gaudeat. Quapropter Herini- cius Divino instinctu Tergestinus Episcopus de salute animarum providens loca Sanctorum Martyrum, quae jg5 ha sofferto il naufragio^ i luoghi <3ei Santi Martiri, cbe sorto prossimi alla medesima citta, i quali sem- 100 ^ hrano distrutti. Io pertantoprelodato vescovoTrie- stino,cioeErinicio, concedo cpiesta piena ed ineom™ mutabile carta di donazione a te Tribuno nobilissi- mo Abbate di s. Giorgio , e di s. Stefano protomar- tire presso al palazzo del Doge vicino Rialto, ed ai tuoi suecessori, e Monaci della prenominata Cbiesa dei San ti Martiri viemo al lido del mare, con tutte le sne pertinenze, dentro e fuori della stessa citta di Trieste, senza verun prezzo, o guadagno terre- no , ma soltanto per rimedio della nostra anima, e di tutti i fedeli defunti, e di quelli che fondarono il medesimo luogo, concediamo la padronanza del eidem civitati sunt confinia, quae quasi destructa esse videbantur ad salutis portum quasi iNavis passam nau- fragium deducere cupio. Ego itaque praelibatus Epi- scopus Tergestinus, scilicet Herinicius, plenam et in- eommutabilem eartulain donatiouis concedo tibi Tri¬ buno nobilissimo Abbati sancti Georgii, et sancti Ste- pbani Prothomartyris juxta Palatium Ducis prope Ri- \um Altum , luisque successoribus, atque fratribus de praenominata Ecclesia sanctorum Martyrum, juxla li- tus Maris cum omnibus suis pertinentiis, intus, et ex- tra istius Tergestinae civitatis absque ullo pretio , vel terreno lucro* sed solummodo pro nostrae animae, om- niumque fidelium defunctorum remedio, et illorum, qui illum locum ordinaverunt ejusdem loči concedi- jo6 medesimo luogo di averlo, tenerlo , lo, possederlo in perpetuo, e di fare voi nel medesimo luogo, o nel proprio monastero, o in qualunque luogo sembrera , onde ne abbiate una stabile proprieta , Cosi pero dico, che in ogni anno nella festa di s. Giusto Martire, il di cui sa- gratissimo corpo riposa in questa citta Triestina, che e li a. novembre paghiate ventiquattro denari sila camera vescovile , Per la qual cosa do e conce- do a voi le sopraddette cose, affincbe dobbiate fare cola il servizio divino, ed ordinare quelli cbe nel medesimo luogo devono restarvi , In appresso poi dovete secondo la vostra possibilita onorare e vie- jnaggiormente deeorare il luogo , affinche possiate mus potestatem habendi, tenendi, gaudendi, frueudi, possidendi perpetuis temporibus, vel quidquid vobis in eodem loco, vel in proprio Monasterio, aut in quo- cumcpie loco firmissimam potestatem habeatis. Ita ta- men dico, quod singulis annis in feslo Sancti Justi Martyris,cnjus Sacratissimum Corpus in hac Tergestina requiescit civitate, quod est 1Y. notijs Novembris, vh ginti qua,tuor denarios Canierae Episeopalis persolvalis. Idcirco autem do et concedo, vobis supradictis, ut ibt servitium Dei. facere debeatis, et ordinare illos, qui jbidem debent pernianere, Računi vero secundum ve- gtrum posse deinceps debeatis honorare, et exaltare, ut januam Regni Cnelestis possitis intrare. Si quis vero* quad fieri non čredo, neque in futurum spero ego goderlo, usar- tutto cio che a 107 etitrare nel regho celeste. Se alcuno poi, il che non eredo ,ne spero in a'vvenire,oio prenominato Erini- cio vescovo di questa sede Triestina, o alcuno dei miei successori, che contro questa carta di donazio- ne tentera di procedere, o presumera corrompere , molestare , o vorranno imporre qualche prenaio , o debito o peso ivi ( se non per avere orazioni pei fe- deli defunti ) eccettuati quelli sopraddetti 24 dena- ri, come abbiamo gia detto, sappia che dovra dare tre libbre di oropurissimo, costrettopoi dallalegge romana , le paghi, e dopo soddisfatta la penale, re- sti stabile e fenna . Qnesta carta di mia donazione poi resti nel suo vigore . L’anno del Signore, gior- no, Imperatore, o indizione come sopra fedelmen- te ec. praenominatus Herinicins, liujus Tergestinae Sediš Epi- scopus, vel aliquis de successoribus meis, qui contra liane donationis cartulam ire tentaverit, aut corrum- pere, vel molestare praesumpserit, aut aliquod prae- mium, vel debitum, aut jugum ibi ( nisi defunctorum fidelium orationes habere ) vel šmponere voluerit, ex- ceptis illis supradictis vigintiquatuor denariis, sicut praediximus, sciat se oompositurum auri purissimi li- bras tres , coactus enim lege Romana , boe solvat, et post paenae solutionis, stabilis, firmaque persistet. Haec vero mea donationis cartula in sua permaneat llrmita- te. Anno Domini , die, Imperatore, vel Indictione su- pra fi deli ter ec. io8 Sottoscrizione di mano del mio monsignor Erint- cio vescovo , il quale comando di scrivere questa carta di donazione . ( L. S. ) Sottoscrizione di mano del signor Almerico vice- domo. ( L. S.) Imper. e Re lll 5 . Pontefice Ahrigo V. PasquAle II. j 5 20. ARTUICO suecesse nel vescovato di Trie- ste ad Erinicio, e del medesimo altra meinoria non trovo, se non qirella del seguente istromento, col quale conferma la donazione fatta dal suo anteces- sore del luogo de’ Santi Martiri ai Monaci Benedit- tini di s. Giorgio maggiore di Venezia . XIV. In notne della Santa ed Individua Trinita. L’anno delPIncarnazione del Signore* m 5 . Impe- rando il signor nostro Arrigo imperatore li 12. del mese d^ttobrejindizione ottava. Fatto nella cittadi (L.S.) Signum manus Domini mei Herinieii Episco- pi qui liano donationis cartulam scribere jussit. (L.S.) Signum manus Domini Almerici vicedomini ec. XIV. In nomine Sanetae, et Individuae Trinitatis. Anno vero ab Incarnatione ejusdem, millesimo centesi- mo XV. Iinperante Domino nostro Henrico Imperatore> die XII. mensis Octobris, Indictione VIII. Actum i» ioq Trieste. Io peftanto rnonsig. Artulco per divino is- tinto vescovo Triestinoproveclendo alla salute delle 11 anime. II luogo dei Ss. Martiri, il quale sembra es- sere quasi distrutto, come una nave che ha soffer- to il naufragio,desideriamo di condurlo al porto del- la salute . Ora io predetto vescovo Triestino col mio avvocato VVoldoričo Locoposito eonsenziente , concedo a te s. Stefano, e s. Giorgio, ed a te Tri¬ buno Abbate , ed alli tuoi successori, e fratelb la carta di donazipne piena edincommu,tabile.Gioe di terra arativa quale appartienea me ed a s.Giusto, e quella prenominata terra e posta vicino la strada che conduce alla chiesa dis. Andrea Apostoio.il suo capo confina di sopra colla terra di san Giusto civilate Tergesti j Ego itaque Dominus Hartuieus Divi¬ no instinctu Tergestinus Episcopus de salute animarum providens. Locum sanctorum Martvrum qui quasi de' structus esse videatur ad salutis portum, cjuasi navim passam naufragium deducere cupimus. Nune ego prae- libatus Tergestinus Episcopus curn consentiente Advo- cato meo VV oldoričo Locoposito plena m et iiiconunuta- bilem cartulam donationis concedo tibi saneto Stepba- no, et saneto Georgio et tibi Tribuno Abbati tuisque successoribus atque fratribus. Hoc est de terra araticia que mibi pertinet et saneto Justo, et illa prenominata terra est posita juxta semitam quae ducit adEcclesiar.u -sancti Andreae Apostoli, caput ejusdem firmatur desu- per in terra saneti Justi Martjris. Aiiud caput lirma' I io i .Martire. J-daltro capo confina sino al!a riva del ma« re. II suo lato poi confina alla chiesa, la quale fu una volta di s. Stefano. E 1’ altro lato confina col- la summentovata strada. Io dunque prenominato Artuico vescovo Triestino do, e dono la soprascrit- ta terra senza verun prezzo, o guadagno terreno; ma soltanto per rimedio deli’ onima nostra , e di tutti i defunti, e di quelli che fondarono quel luo- go, concediamo la padronanza del medesimo luogo, d’averlo, tenerlo , goderlo, usarlo, possederlo in perpetuo, abbiate voi il potere nel medesimo luo¬ go , o nel proprio monastero , o in qualunque altro luogo abbiate una stabile padronanza . Perci© a voi goprascritti concedo, che dobbiate ordinare ivi H tur usque ad ripam maris. Latus vero ejus firinatur in praenomrnata semita. Unde enim ego prhenomina’ tus H. Tergestinus Episcopus do, atque dono supra- scriptam terram absque ullo pretio, vel terreno lucro; sed solummodo pro nostrae animae, omniumque d 0 ' functorum remedio, et illorum qui illum locum or ' dinaverunt, ejusdem loči concedimus poiestntem l ia ' bendi, tenendi, gaudendi, fruendi perpetuis. tempov?- bus, vobis in eodem loco vel in proprio Monasteri® vestro, aut in quocumque loco potestatem finnissinia 111 habeatis. Idcirco concedo vobis suprascr-iptis ut ib? s® 1 ' - vitium Dei debeatis ordinare, et restaurare suprascn- ptum locum secundum ves trum posse. Locum vero de¬ beatis bonorare et esaltare ut melius potestis ad pr°^' tervizio divino, e ristaui'are il suddetto luoso coine ttieglio polete , a vostro vantaggio , e di quelli che* debbono quivi servire , Se poi alcuno , il che non čredo, ne spero che si fara, che io prenominato Ve- scovo , o alcuno de’ miei successori, tentera di an- dare contro qnesta mia catta di donazione, o la stessa memorata tetra $ o impOrra qualche premio* o debito, o peso, sappia che dovra pagare tre lihbre di purissimo oro , costretto dalla legge Romana le paghi, dopo soddisfatta la penale, questa mia car-* ta di donazione restinonostante stabile e feritna uel suo vigore, e venga eziandio condannato deli’ ana¬ tema con G-iuda traditore, ed abbia la nialedizione delFonnipotente Iddio, e della santissima di luiGe- nitrice Maria, e di tutti i Santi, Angeli, Arcange- r*- - - • — — --— " ■ “* ■■■ • " : - Cuum vestnim, et eorum qui ibidem debent. servira Siquis vero , quod fieri rou Čredo, neque futurum spce ro, quod ego praenominatus Episcopus, aut aliquis d«; successoi^ibus meis, qnl Contra bane meae donationitf cartulam ac in ipsa memoratarn tetram ire temptaverit, ailt aliquod praemium s vel debitum, aut jtigttrri ibi illiposuerit, sei.it se esse composituruni auri purissimt libras III,, coactus lege Romana boe solvat, post pae- ne solutionem stabilis firniaque consistat lisec meae do- »ationis cartttla, et in sua permaneat firmitate, etiani eum Juda proditefre nnathematis gladio coudemnetur, Deique Omnipotentis maledictionem, et Sanelissimae Geniuicis ejus Mariae, Sanctorumque pmuiuoij Aug«- 5 ra li, Patriarchi, Profeti, Apostoli,, Martiri, Confesso- » tII<;> ri, Vergini, e la nostra nei secoli dei secoli. Co- si sia. L’ amio del Signore, il giorno , PImperatore e P Indizione soprascritta fatta felieemente. ( Šottoserizione di mano di Monsignore Artuico vescovo per consenso del suo avvocato Woldorico Locoposito, il quaie pregai serivesse questa carta di donazione 'j Šottoserizione di mano di Stefano prete di san Mariino, testimonio. Šottoserizione di mano d’Ai- mone giudice, testimonio. Šottoserizione diAndrea Celenonario , testimonio . Šottoserizione di mano di Vincenzo giudice. Qnesti sono i testimoni. Io CAescenzo Arcidiacono Tabellio e notaro di questa lorum, Arcangelorum , Patriarcarum , Prophetarum, Apo- stolorum , Martjrum, Confessorum, Virginum, nostram' que habeat in saecula saeculorum. Amen. Anno Domini, die, Imperatore, vel Indictione su- praseriptis aeta feliciter . ( Signum raanus Dominis Hartuici Episcopi per con- sensum Advocati sui Woldorici Locopositi qui bane demationis cartulam seribere rog. ) Signum manus Stephani Praesbyteri sancti Martini, testis. Signum manus Aymouis Judicis, testis. Signum manus Andreae Celenonarii, testis. Signum manus Um- berti, testis. Signum manus Vincentii Judicis. Isti sunt testes. Ego Crescentius Arcbidiaconus hujus Tergestr f 13 citta di Trieste, pregato dai soprascritti testimoni, colla mia propria mano 1’ ho seritta, compita e fir- rnata. ai. DIETAMARO, addimandato dali’ahate U- XI 3^ ghellio (1) Diatimoro, ovvero Diatimaro, alla cui promozione assegna solamente 1’ anno 1139, per- che 1’anno seguente 1140 intervenne alla consa- grazione della chiesa di san Giorgio in Verona, nella Ganonica tenuta da Pellegrino d’ Aquileja, siceome lo dimostra la pietra di marmo nellamede- sima chiesa incisa con antichi caratteri do ve il no- stro vescovo vien chiamato Detemaro . Perehe Pusurpazione, e violazione degli altrui confini sempre fu 1’ origine di molti litigj, diseor- die, ed asprissime rotture , donde in tutti i tempi la comrinita e citta di Trieste, per la vicinanza dellasignoria del castello diDuino al suo territorio, fu sempre molestata, e soggetta a molti disturhi ne’suoi confini; merce che non contenti i suoi si- gnori del proprio distretto, mai tralasciarouo d’al- nae civitatis Tabellio, et Notarius rogatus a supraseri- ptis testibus manu tnea propria scripsi, «omplevi> at* que firmavi. Imper. e Re Lotario III. Pontefice 1134* Innocenzo II. (i) Ital. Sacr. Tom, 5 . Col. 5 yy. 8 larearsi e stendersi sul territorio di Trieste co« 1134 ® ^ . notabile pregiudizio della citta, e suoi statuti. Po- sciache oltre 1’avere usurpato gran parte delle vi- gne e d’ altri terreni situati nella riviera del mare, sino alla valle di Sestiana, autico confine del ter¬ ritorio della nostra citta, come appare dai confi- ni espressi nel suo anticosigillo, esposto dal P.Ire- neo della Croce nella sua Storia diTrieste (i), nella qual valle sin al presente conservasi la memoria delPinsigne vittoria ivi ottenuta dai nostri cittadi- ni contro Manlio console, ed esercito Romano cosi incisa sopra una pietra - (*) La valle di Sestiana fa testimonianza j dove i Triestini strapparono la vit¬ toria a’ Romani. - E si scorge chiaramente dalPin- giunto istromento estratto dal libro manoscritto in pergamena delle costituzioni capitolari della Cat- tedrale di Trieste, celebrato 1’anno 1139 ai 10 del mese di giugno col signor Dieltamo di Duino, quando il vescovo Dietamaro eletto giudice d^mbe le parti, aompose tutte le differenze , e pretensioni vertenti fra la citta di Trieste, ed esso signore so¬ pra tali affari. (*) Testalur Sestiana Vallis, uhi Tergestini R°' manis victoriam praeripuerunt. (t) Cap. 5. lih. 2. XV. Nel nome del nosf.ro Signor Gesti Cristo . Idanno deli’ Incarnazione del medesjmo i189. Re-' gnando il signor nostro Corrado. Trieste li 10 di giugno, indizione seconda. Essendovi lite, e contrasto tra il conmne della eittii di Trieste, ed il signorDieltamo di Dnino pe’ confini del territorio della medesima citta, e del gia detto Dieltamo, perilche si laguava il coma¬ ne predetto della citta di Trieste, che il rnedesimo Dieltamo abbia oltrepassato i suoi confini, e si fos- se introme,sso nel loro territorio, e lo stesso Diel¬ tamo similmente si doleva che i Triestini si fos- sero intromessi nel suo territorio; finalmente mon- signor Dietamaro vescovo Triestino , col volere XV. In nomine Domini nostri Jesu Christi. Anno ■vero ab Incarnatione ejusdem MCXXXVIIII. Regnan- te Domino nostro Conrado. Tergesti die X. exeunte Junio, Jndictione secunda. Cum lis et conteniio esset inter commune Tergesti ci- fitatis, et Dominum Dieltamum de Duino pro confitii- bus territorii ejusdem civitatis^ et jam dieti Dieltaroi versus Longheram sicut vadit via publica ultra Venam lotum versus mare, tam pascua quain siiva, et c[uic- quid inter hos fines continetur. Ita quod Domino Dieb lamo nec alicui alfi aliquid pertinet intra praedesiga a ' em^altro ha qualche cosa cola, 1’ ha avuta dal cit- taclini di Trieste , ed eziandio alcuna parte della 1 chiesa di s. Giovanni de Tuba giace sulla terra di s. Giusto, onde la predetta chiesa di s. Giovanni e tenuta pagare ogni anno ai Ganonici Triestini , sotto nome di censo, la meta deli’ offerta, che vie- ne nella festa di san Giovanni alla messa minore . Tutte queste cose hanno giurato e provato che so- no vere ai predetti che avevanomemoria, cioeVin- cenzo giudiee , Agmo giudice, Adalgero giudice, Tefanio de Martino, Bemenardo, Bonifaeio , Ripal- dofiglio di Leone, Azo de Of, Of suo fratello, Ami- zo , Vitale figlio di Zinisino, e Voldrico figlio di Preroz . Essendo poi fatte le cose in tal modo, il prenominato Dieltamo promise, che in avvenire tos confines . Et si ipse vel alius aliquis aliquid liabet ibi, a civibus Tergestinis habuit, et etiaifl quaedam pars Ecclesiae sancti Johannis tenetur solvere omni an¬ no Canonicis Tergestinis, nomine census, medietatem oblationis quae venit in festo sancti Johannis ad mf- norem missam. Haec omnia juraverunt, et probave- runt Vera esse praedicti recordantes, scilicet Vincen- tius Jndex, Agmo Judex, Adalgerus Judex, Tefanius de Martino, Bemenardus, Bonifacius, Ripaldus filius Leonis, Azo de Of, Of frater ejus, Amizo, Vitalis fi¬ lius Zinisini, et Voldricus filius Preroz. Quod vero cum ita factum fuisset, praenotpinatus Diehamus pro- non s’intromettera oltre il determinato territo* ^rio . Ed il predetto Ripaldo Gastaldo per il comune di Trieste similmente ha prornesso , che non si dovra intromettere oltre quello eh’e stato superiormeute disegnato . Il prenominato poi monsignor Vescovo, affinche in avvenire non nasca fra loro eontrasto, pose fra loro la penale, ehe qualsivoglia parte s’in- tromettera oltre i determinati confini, soggiaccia alla pena di cinque libbre d’ottimo oro, e tutte queste eose nondimeno ottengano perpetua forza . Fatto uel luogo che sichiama Licusel. I testimoni pregati poi fnrono Vodolrico luogotenente Triesti- no, Bonifacio Caprese locoposito, Almerieo vicedo- ino, Engelperto solda to , ed altri molti; ed affinche ni is it quod de caetero se non intromitteret de praesi- gnato Tenilorio. Et praedictus Ripaldus Gastaldio pro Conimuni de Tergesto promisit similiter, quod ultra lioc quod desi- gnatuin est superius, senon deberet intromittere. Prae- nominati vero Dominus Episcopus, ad hoc ut de cae¬ tero non cresceret inter eos contentio, posuit inter eos paeuam, ut quicumque intromitteret ultra praedesi- gnntos coufines, subiaceret V. 1 ibr. optimi auri, ethaec omnia nihilominus perpetuam obtineant firmitatem. Acinni iu loco quod dicitur Licusel. Testes vero ro¬ gali fucrunt, Vodolricuš Tergestinus Locopositus, Bo- nifacius Caprensis Locopositus, AlmericusVicedominus> Engelpertus miies, et alii multi; et ut baec firm'U s 119 si čreda piu. fermo dai posteri, il prefato monsi- gnor Vescovo la fece munire colFimpressione del suosigillo. Io Volderico Tabellio della citta diTrieste inter- venni, e per comando di monsignor vescovo Dieta- iu aro , e pregato dalle parti, ho scritto questa car- ta di proprio pugno, 1’ho compita , e confermata . Io Andrea Ravizza vicedomiuo del coraane di Trieste, come F ho trovatonella vicedominaria del¬ la detta citta in un quaderno di me Andrea vice- domino, fedelrnente 1’ ho estratto . Quantunque per qualche tempo i signori di Dui- no stante Faccordo fatto colla citta, e pena impo- sta dal vescovo coritro i trasgressori deli’ accen- nato accordo e composizione; non percio tralascia- rono i successori padroni del prefato Castelto di violare nelFavvenire, ed estendersi oltre gli accen- nati confini, con notahil pregimlizio dei diritti, e credatur a posleris, praefalus Dominus Episcopus si- gilli sui impressione fecit muniri. Ego Voldericus Ter- gestinae civitatis Tabellio interfui et jussu Domini Die- tamari Episcopi , et a partibus rogatus, hanc cartulam propria manij scripsi, complevi, et roboravi. Ego Andreas Raviza Vicedominus Communis Tergesti suprascriptum Instrumenium, prout reperi in Vicedo¬ minaria dictae civitatis in quodam quaterno mei An- dreae Vicedomini fideliter extraxi. 120 ragione della citta di Trieste, come si vedra nel li ^'^'corso di queste memorie. Posciacche non contenti alcuni degli stessi d’a vere aggregato alla giurisdi- zione di esso Castello gran parte dellevigne, e ter- reni da pascoli, situati alla riva del mare spettanti al territorio della citta, altri pretesero con pre- potenza, ed aspi'e rainaocie contro chi presumesse impedire, e fare contrasto nel dominio della pešca dei tonni sino alla punta di Grignano , intrapresa da quei signori con grandissimo pregiudizio della citta, sempre a tempi immemorabili stata padrona di quella pescagione, a verun altro permessa, che ai soli pescatori di Trieste . Ottenne anco il vescovo Dietamaro quest’ anr.o n 39 coli’ intervento dei Legati apostolici la resti- tuzione della Pieve di Siziole con le decime spet¬ tanti ad essa Pieve, ed anco le possessioni d’Albu- zana, ed Isola usurpate alla nostra Diocesi di Trie¬ ste dai signori Canonici di Gapodistria, come rife- risce monsignor Andrea Rapieio nei suoi frammen- ti manoscritti, e si vedra anco piu. abbasso nelFan- no 1177. Che il nostro vescovo Dietamaro fosse soggetto qualificato , e di rari talenti, lo dimostra pure la sua conversazione e famigliarita col Patriarca Pel- legrino d’ Aquileja soggetto di tanta stima presso i Pontefici, ed Imperatori, clie merito essere accla- mato dal vescovo Ottone Frisingese col titolod’Eroe acquistato da esso negPimportanti maneggi, che in diverse occasioni con grandissimo onore, e gloria sua ridusse a perfetto fine. Trasferitosi il Patriaroa J2I Pellegrino alla corte imperiale, che dimorava nella citta di Verona, condusse seco il nostro vescovo 11 ^ Dietamaro per godere de’suoi famigliari colloquj, e riconsacrando la chiesa di s. Giorgio di essa citta volleche lo servisse assistente nella funzione, co$i scrive Raffael Bagata (1) che nel lato meridionale della porta di essa chiesa sonovi due iscrizioni, in una delle quali vi e memoria che Pellegrino Pa- triarca d’Aquileja riconsacro Panno 1140 quella chiesa , ove assiste anco Dietamaro vescovo Trie- stino. Re di Germ. e d’Ital. . Pontefice 1 1 A 1 CorhadoIII. ^ Innocenzo II. 22. BERNARDO successe nel vescovato di Trie-i *4 r ste a Dietamaro. Non ritrovasi di questo vescovo che la sola memoria del nome, che sia stato ve¬ scovo di Trieste; quantunque 1’ahate Ughellio {2) attribuisca anco il suo nome a Wernardo, ovvero Vascardo, che Panno ix5a gli successe nella digni- ta di vescovo di Trieste, come presto vedremo . Essendo Parmo n5© Podesta della nostra citta di Trieste 1’ illustrissimo signor Errigo conte dl Gorizia e Tirolo, dopo saggio e prudente riflesso sopra la confusione e disordini, che la moltiplicita (t) Anliq. Monument. pag. 80. (2) Ital. Sacr. Tom. 5. Col. 577. num. 11. 122 degli Statuti osservati in quei tempi, apportavano 1 ^alla citta^ con grandissimo pregiudizio della paoe ed esatta giustizia; conchiuse finalmente di restrin- gerli e compilarli tutti in un volume, nelle cui an- notazioni, e d’ altri tre pure manoscritti, si \eggo- no scritti i nomi de’ Podesta che nei tempi atida- ti assistettero alla nostra citta di Trieste. Re di Germ. e d’Ital. . Pontefice Fjsderigo I. 112. Eugenio III. ai 5 23 . WERNARDO,oweroWaseardo, addimanda- to da GiorgioPiloniVerenardo (i), da Pietro Maria Čampi. Guarnardo (a). Non capisco come P abate Ugheliio ( 3 ) assegni solamente P anno 1177 al no- stro Wernardo, mentre poco prima (4) serivendo dei vescovi di Capodistria lo dichiari P anno 1102 nostro vscovo di Trieste coli’ingiunte parole (*): C) Post s. NazariumEpiscopum nuliiusPraesulis Justi- nopolitani memoria occurrit usque ad amium 1166. Tametsi ann. 1 i 5 a. bane Ecclesiam šibi commendatam Weruardus Episcopus Tergestiuus reperiatur admini- st.rasse. (1) Histor. Cividal di Belluno, lib. 2. pag. 83 . ( 2 ) Ist.Eccl. di Piacenza par. 2. lib. i^.num. 1177. ( 3 ) Ital. Sacr. Tom. 5 . Col. 577. num. X/. ( 4 ) Col. 38 ». i 23 l)opo san Nazario vescovo, nori si presenta 'veruna inetnoria d’ aleun prelato di Gapouistria, siuo ali’ anno 1166 } quantunque si ritrovi clie 1’ anno u5a il vescovo Triestino Wernardo abbia amministrata questa chiesa a lui raccomandata. Intervenne il nostro VVernardo al sentire deli’ aceeunato Piloni (i) , riferito anco dal cavaliere Orsato (a), nel Sinodo celebrato in Aquilcja nel ii 56, ove coi vescovi Giovanni di Padova, Bere- nuccio di Concordia, ed Azone di Ceneda lodarono la confermazione dei privilegj e donazione delle decime fatta alla Ganonica di Belluno, da Almone vescovo di quella citta, che visse circa gli anni 875 , e non quello del n56 , onde nori saprei co- rne concordare quesd autori; il quale Almone, "secondo F Ughellio (3), nel corso di arini 18 , che P imperatore Federico Barbarossa affiisse e tor- mento il sommo Pontefice Alessandro III., foinen- tando, eproteggendo contro di lui tre Antipapi soi- smatici, Vittore IV. qual visse quattro anni, e set- te mesi, Callisto III. anni 3. e Pascasio III. anni 7. e mesi cirnjue. Successero diversi accidenti riferiti dagPistortci,i quaii perche alieni da quest’istoria, e lontani. dalla nostra patria, addurro soltanto cio eli’ avvenneadUldarico Patriarcad’Aquileja, figiio (1) Loc. cit. (2) Ist. di Padova }>art. i. lih. (3) Ital. Sac. Tom. 5. Col. 146. num. i(> 124 di Volurardo, conte di Sorini, cognato, ed aderen* l32 te deirimperatore, mentre per divertire le forze dellarepubblica di Venezia, che contraria allo scis- ma gli guerreggiava contro,' e per assistergli con gran seguito de’ suoi Feudatarj del Friuli, sudditi, ed altre genti de’ Prencipi a lui favorevoli, preše e depredd 1’ arino 1162 la citta di Grado per decidere colParmi la gia tante volte accennata difFerenza con quel Patriarca favorito e protetto dai Veneti. Presentita tal nuova Vital Michele doge di Vene¬ zia , ed avvisato che Uldarico sprovvisto dhnorava in Grado, invase alPimprovviso con grand’armata quella citta, qual preša le prigione Paccennato Pa¬ triarca con 12 Canonici, ed altri primati, e nobili che lo seguivano, e li trasporto seco tutti a Vene¬ zia . Composte indi a poco le differenze, furono ri- lasciati, e posti in liberta con obbligo, che in i> membranzadel seguito, il Patriarca per ricognizio- We nel tempo di Carnevale inviasse ogn’ anno a Ve- Jiezia un grosso Toro, e dodiei porci per il giorno di giovedi grasso, coi quali in eommemorazione di tal successo fu fatta in appresso una solenne festi- vita nella maestosa Piazza di s. Marco . Raccomandata dalla s. Sede Apostol iea la cm a e governo della Chiesa e Vescovato di Capodistria al nostro veseovo Wernardo, assiste con gran diligen- za e sollecitudinepel corso di i4anni cioe dal u52, sin a quello del ii 66 anco quella Diocesi, come si aeeenno di sopra col precitato Ughellio. Alle repli- cate istanze deiGiustinopolitani, a quel tempo sog- getti alla repubhlica di Venezia, concesse il Sommo laS Pontefice Aiessandro coirinferposizione (lel Doge nuovamente il titolo di Vescovo a cjuella Diocesi, 11 come dimostrail Dandolo (i) con queste parole (*):= La citta di Capodistria, la quale gia da molto tem¬ po era stata privata della Sede di Cattedrale, per le suppliche del Doge di Venezia., al quale era soggetta, la restitui in tutte le sue parti, e le diede il Vescovo. = Dichiarando il nostro Wer- nardo aneo per vescovo di Capodistria, come si scorge dal Breve Apostolico inviato per tale effetto ad Uldavico Patriarca d’Aquileja, inserito dalPU- ghellio (a) il quale principia: (**) = Sebbene di tut- ti gli Apostoli ec. = in cui sono 1’ingiunte parole: {***] = Parimente la Chiesa di Capodistria poi, (*) Justinopolitanam urbem, quae jam diu Catlie- drali Sede privata fuerat, ad supplicationem Dueis Ve- netiarum, cujus fideles erant, in integrum restituit et Episcopum ei dedit. ('*) Licet onmium Apostolorum ec. (***) Item Justinopolitanam veroEcelesiam, quam ibi et Eeclesiae tuae nihilominus confirmamus Sedem Epi- scopalem de omnium fratrum nostrorum consilio in- stituimus, ita quidem lit venerabilis frater nosterTVer- nardus nune ejusdem loei Episcopus tam illam quam Tergestinam Ecclesiam, uee non et totam Bpiscopatum, ( 1 ) In Chronic. ( 2 ) Ital. Sacr. Tom. 5. Col. 65. 126 la quale ciononostante confermiamo a te ed ali* * ilS2 tua Ghiesa, con consiglio di tutti i nostri fratel- li costituiamo la Sede Vescovile , cosi pure , che il nostro venerabile fratello Wernardo, ora vescovo del medesimo luogo, debba ottenere vita suaduran- te tantoquella, quanto la Chiesa Triestina, non che tutto il Vescovato, e dopo la sua morte ti sia permesso col consiglio dei tuoi suffraganei con au- torita della Sede Apostolica , se vorrai, e conosce- rai che abbia sufficienti facolta a quest'oggetto, re- stituire la Sede Pontificale in tutte e dne. Quanto risplendesse la benignita del nostroWer- nardo verso i snoi Ganonici e Gapitolo della Cat- tedrale di Trieste, lo dimostra la donazione ad essi fatta il ii 71 di tutte le decime delle vigne, e čase della citta di Trieste, col consenso del Patriarca d’ Aqnileja Uldarico, riferita anco dal prefato Ugbel- lio (1)colPingiunte parole: ( # ) = Wernardo fece mol- quamdiu vixerit debeat obtinere, et eo defuncto liceat tibi de consilio suffraganeorum tuorum, cum Sediš Apostolicae autboritate in utraque si voluerit, et fa- cultates eorum ad boe sufficientes agnoveris Sedem re- stituere Pontificalem ec. (*) Wernardus Canouicis suae Cathedralis plurima dona delargitus est, ut vitam honestius tolerarent. (1) Col. 677. 127 ti splendidi doni a’Canonici della sua Cattedrale, affinche potessero condurre una vita piu decorosa. 11 ^* Gontinuavano in questo mentre le turbolenze d’ Italia eontro 1 ’ Imperatdre , e quelle dello scisma del Pontificato Romano con gran diseapito degPin- teressi ecclesiastici , dovendo molti Sacerdoti, e Prelati aderenti al buon partito, perseguitati dagli Scismatici ricoverarsi in Venezia, come luogo sicu- ro, e libero dal lor furore. Fra’ quali lo stesso Pon- tefice Alessandro si ritiro ineognito nel Convento della Carita fra’Canonici regolari Lateranensi il cui abito e religione egli prirna aveva professato . Rac- colse PImperatore forinidabile esereito, col quale flagello la Lombardia , e distrusse Milano; indi in- camminato verso lo Stato veneto, incontrato dai confederati a Legnago con perdita considerabile rb mase vinto - Ne minor infortunio successe ad Otto- ne suo figlio, quale con un’armata di 75 vele solca- va 1 ’Adriatico, quando assalitodalla veneta nel por- to di Salvore , cinquemiglia lontano da Pirano nel- 1’lstria, superato e vinto da essa fu anco condotto prigioniere a Venezia, come riferiscono gli Annali di Borgogna (1) sotto 1 ’anno 1177 addotti da Giro- lamo Bandi Fiorentino nella sua vittoria navale (2) (1) A cart. t20. (2) Pag lia. 12 » . coiringiunte parole : = (*) Sentendo Timperatore “"Friderico che viera il somme Pontefice Alessandro, mando Ottone suo figliuolo con mParmatg. navale a Venezia, per ripetere il Pontefice. Al quale es- sendoandato incontro ilDogeSebastiano con3oGa-r lere, avendolo assalito vicino alla citta di Pirano,lo supero, e lo condusse prigioniere a Venezia, e per mezzo 9uo fu composta la pace fra il Pontefice e suo padre Plmperatore. Poiche essendo venuto a Venezia Friderico approvo la pace fatta dal figlšo. Conmnque accadessero gli accennati successi, e dai scrittori in varie forme anco riferiti, perche non appartenenti a queste memorie sono da me trala- sciati; soltanto diro cid che delnostro vescovoWer- iiardo scrive P Ahate Ughellio (i) il quale — (**} si (*) Fridericus Imperator audiens summum Pontifi- cem Alexandrum adesse , Othonem filium suum cum armata classe ad reposcendum Pontifieem Venetias mi- sit. Cui Sebastianus Dux prope oppidum Pirani occur- rens cum 3o. triremibus facto congressu ipsum supera- vit, et Venetias captum adduxit. Otho autem ad Pon* tificem perduetus, eo procurante pax inter Pontifieem et Imperatorem Patrem compouitur. Nam cum Fride¬ ricus Venetias venisset, pacem cum filio confectam ap* probavit. (**) Interfuit Venetiis cum inter Federicum primum I iperatorem, et Alexaudrum III. Pontifieem ieto fae- dere pax coiret. ( 1 ) Ital. Sacr. 'Tom. 5. Col. I 29 trovo in Venezia allorche successe la pace tra Tim- r peratore Federico primo, ed Alessandro III. Per es- sere annoverato da Pietro Maria Čampi (i) fra i molti e gran personaggi , cosi ecclesiastici, come laicij i quaii colle loro comitive in tutto al nurnero di seimille trecento novanta eoncorsero da varie parti in gnest’ anno a Venezia, tutti presenti, al- 1’accennata , e solenne pace. Azione v era men te de- gna di ponderazione , e di molto onore verso il Vi- cario di Cristo. Per favellare solamente dei vesco- vi delle citta d’Italia, che vennero a riverire, ed accornpagnare il sommo Pontefice in tal occorren- za fn Wernardo nostro vescovo di Trieste con tren¬ ta. uomini; P arcivescovo Algisio di Milano^ con Milone vescovo di Torino, 1’arcidiacono , ed arci- prete suoi, e sessanta uomini; 1’arciveseovo Gerar- do di Raven n a con cinquanta uomini; Tedaldo ve¬ scovo di Piacenza con due prepositi, e venti uomi¬ ni; ed i vescovi Salomone di Trento con trenta uo¬ mini ; Giovanni di Bologna con un preposito, e tren¬ ta uomini; Gualla di Bergamo con dodici uomini; Alberico di Lodi coli’ahate di s. Pietro, ed il pre- posito di s. Geminiano , e diecinove uomini; Otto vescovo di Alba con dieci uomini; Garsendone di Mantova con ventotto uomini ; OfFrpdo di Cremo- aa con qnaranta uomini; Giovanni di Brescia con trenta uomini; Guglielmo d’Asti con gnindici uo- (i) Ist. Eccl. di Piacenza par. a. lib. i4- ann. i»77' 9 oi i3o mini 5 Anselmo di Como con 1’Arcidiacono, e Pre* ^posito, e quaranta uomini; Gerardo di Padova col- 1’ arcidiacono e ventisei uomini ; Oberto d’Aqui nella Liguria con dieeisette uomini; Ognibene di Verona con ventisei uomini; Sigifredo di Ceneda con dieci uomini; Ugo di Modena con venti uomi¬ ni; Pietro di Pavia colParciprete ed il preposito con trenta uomini; Olderico di Trevigi con venti uomini; Gerardo di Concordia con dieci uomini; Stefano con venti uomini; Gentile d’Osimo con ven- tiquattro uomini; Giovachino di Rimini con dodici uomini; Filippo di Pola con venti uomini; Precce- dino di Ferrara con ventisei uomini; Drudo di Feb tre con venti uomini, ed Alberico di Reggio col- F arcidiacono , ed il preposito, e quaranta uomini. In tutto prelati 29, uomini 715. Stabilita la pace, e divenuti i due Principi amici., p-rima della partenza da Venezia lascio il Sommo Pontefice molti segni esterni deli’ obbligo suo ver- so quella Repubblica, fra’ quali arricchi con varie indulgenze non solo la cbiesa di s. Marco, quella della Carita, e moke altre di essa citta; m a ezian- dio Faccennata chiesa di s. Giovanni di Salvore? ove segui la battaglia, come dalFantica Storia iW' noscritta inpergamena,che in essa si conserva chia" ramente si scorge; le quali indulgenze poi furono ampliate al tempo dis.Tommaso vescovod’Ancona daPapa InnocenzoIII. l’anno del Signore MCCVIl- e XII. del suo Pontificato . 177 Q uest ann ° parimente del 1177 fu decisa a favo- re dei nostii Ganonici di Trieste la iierissima lite? che verteva fra di essi a cansa della deeinia cleUa pieve tli Siziole contigua alla terra di Pirano , ed altribeni d’Isola usurpati dai Canonici di Capocli- stria, come dalla sentenza serittain pergamena an- tica si scorge, qual oggidi ancora si conserva nella nostra caneelleria vescovile diTrieste(i) pnbblica- ta li jo settembre di quest’ anno da Uidarico Pa- triarea d’ Aquileja, Pietro de Bono CardinaJe di s. Susanna, ed Ugone Cardinale di s. Eustaehio giudi- ci delegati da Papa Alessandro III. in tale affare; i qitali dopo diligente esame delle ragioni addotto dall’una e dalPaltra parte condannarono i Canonici di Capodistria alla restituzione, quale sentenza in- comincia cosi : — (*) L’anno 1x77. Essendo Ponte- fice Alessandro III. Regnando Federieo. Indizione decima , li 10 del mese di settembre . Fatto nel pa- lazzo del Patriarea diGradoUldarico Patriarca del- la Ghiesa d’ Aqnileja, Legato della Sede apostoli- ca ec. In questi anni pure dopO la stabilita pace otten- ne Leonardo abbate di s. Giorgio maggiore di Ve- nezia dal prenominato Papa Alessandro III. la con- (*) Anno MCLXX\IT. Pontif. Alexand. III. Imperant. Federieo. Indic. X. die X. mensis Septembris. Actum in Palatio Gradenensis Patriarchae Uidarico. (i) Riferita dal P. Ireneo nel cap, 3. del lih. della Istoria di Trieste. iSa. ferma della donazlone della chiesa dei Santi Mar- 1 ^tiri, e sne attinenze , fatta alFOrdine Benedettino dai nostri vescovi di Trieste Erinicio , Artuico, e Wernardo, sebbene da questo Pontefice non ven- gatio nominati, che i due soli veseovi Erinicio, e Wernardo,come si scorge dalla segnente Bolla sen- za la data deli’ anno . XVI. Alessandro Vescovo servo de’servi di Dio ai diletti iigli , e fratelli di s. Giorgio , salute ed apo- stolica benedizione. E cosa degna cbe noi facilmente aeconsentiamo ai giusti desiderj dei supplieanti e le brame cbe non discordano dalla retta ragione , si devono con affetto assecondare. Per la qual cosa, figli diletti nel Signore, concorrendo con grato assenso allevo- stre ginste domande, siccome Erinicio di b.m. ve- XVI. Alexander Episcopus servus servorum Dei: dileetis filiis, et fratribus s. Georgii salutem, et apo- stolicam benedictioucm . Justis petentium desideriis, dignum est, nos facile praebere consensum, et vota, quae a rationis tramite non discordant, affectu sunt prosequente complenda. Ea propter dilecti in domino filii, vestris justis po- stulationibus, grato concurrente assensu, ecelesiam San- ctorum Martyrum, quemadmodum eam vobis Herini' isa eovo Triesdno, col consenso de’ suoi canonihi ec. e di Pellegrinoqu. Patriarca d’Aquileja ragionevol- 11 J:L inente vi ha donata la chiesa dei Santi Maftiri, e tanto esso, quanto il suo suecessore Wernardo pre- senteinente vescovo del medesimo luogo, vi lianno conferinad con autentiche scritture,e per voi con apostolica autorita conlermiamo al vostro Monaste- ro, e col patrocinio del presente scritto vi abbiamo comuuicato, determinando < che a nessun uomo sia lecito rompere questa scrittura di nostra conferma- zione , o alcun poco farle contro. Se poi alcuno te- merariamente presiunera cio fare, sappia che incor- rera nello sdegno delPonnipotente Iddio, e de’ SS. Apostoli Pietro e Paolo . Dato in Frascati li 28 di ottobve. cius qu. Tergestinus episcopus, cnm consensu canonr- corum suorum ec. et P. qu. Aquilejensis Patris ratio- nabiliter contulit, et tatu ipse, quam successor ejus W. nune ejusdem loči episcopus seripto authentico ro- borarunt vobis, et per vos Monasterio vestro authori- tate apostolica confirmamus, et praesenti seripti patro¬ cinio communimus, statuentes, ut nulli omnino homi- num liceat liane paginam nostrae confirmationis irifringe- re, vel eis aliquantisper contraire. Si quis autem te- mere praesumpserit, indignationem Omnipotentis Dei, et sanetorum Petri, et Pauli Apostolorum ejus seitove- rit incursuruni. Dat. Tusculani V. Kal. Novenib. 134 P rima di ritornare 1’Imperatore Federico in Ger- mania, dichiaro l’anno 1179 su0 vicario imperiale ”^in Italia 1’accennato Uldarico Patriarca d’Aquileja col quale convenne il Patriarca Errigo di Grado per sopire tutte le discerdie, e differenze, che con tanti danni, guerre, e rovine afflissero nel corso d’anni 575 i Patriarchi d , Aquileja, e quelli di Gra¬ do loro predecessori per il preteso titolo di Metro¬ polita , che ciascuna p* rte presumeva giustamente a se, ed alla sua Chiesa convenirsi. Pacificati dun- que insieme questi due Prelati , cede, e rinunzio il Patriarca Errigo spontaneamente ed amichevolmen- te col consenso del somino Pontefice Alessandro a g o quello d’Aquileja 1’anno xi8q in mano di Giovan- ni vescovo di Vicenza, e di Romolo Scolastico di Aquileja, ogni ragione acquistata, e che potesso avere a suo nome, e de’suoi successori contro 1’ac- *cennato Uldarico, e sua Chiesa, e sopra i vescova- ti delflstria, cioe Trieste, Capodistria, Parenzo , Pola, Pedena, Gittanova, e deli’ arcivescovato e Chiesa di Žara Primate della Dalmazia , come afl- che di quelli di Corno , Mantova ; Verona, Vicen¬ za , Padova, Trevigi, Trento, Belluno, Feltre, Ceneda e Concordia in terra ferma , con la sola ri- serva per se, e sua Chiesa di Grado , dei vescovati dei Lidi veneti, e la ragione di esigere ec. come faceva, il vino deli’.Istria, e di possedere le čase, che teneva in quella parte, a riserva anco di qual- che particolar ragione, che la sua Chiesa di Grado potesse avere contro qualcuno di quei vescovi , thierici, e parroechie deli’ Istria; restando in tal 135 guisa sopite tutte 1’ antiche difFerenze, e litigj so- pra le metropolitane ragioni fra la Cliiesa d’Aqui- leja j e quella di Grado. di Trieste dopo lamorte diWernardo, e di lui nul- la piu se ne sa. Arrigo VI.redTtalia s5 LUITOLDO vescovo di Trieste,il quale ritro- Il8S vasi regi s trato come testimonio in un istrumento di transazione tra 1’abate Mosacense, e la signo- ra Adelmota moglie di Stefano di Duino, fatto alla presenza del Patriarca di Aquileja Gotifredo (i). Arrigo VI. re d^Ttalia. Imperatore 11 87. Federico I. Pontefici Gregokio VIII. e Gleiviente III. Imperatore Federico I. 1188- Pontefiee Clejviente III. ( 1 ) Ughellius Ital. Sacr. Tom. 5 . Col. 77 . i36 Re di Gerinania e 1190. Pontefice Glemente III. dTtalia Arkigo VI. 190 VOLCANGO , ovvero Voscalco , fu questo eletto dal Capitolo e Ganonici di Trieste per loro antica immemorabile consuetudine, costume e ra- gione . L’ab. Ughedlio lo chiama (*) Vascalco clieftt eletto allamedesima Sedenel 1192 , e dopo duean- ni dalla sua elezione fu confermato dal Patriarca d’ Aquileja, essendo convenuti fra il Capitolo ed il Patriarca in questa maniera circa il diritto di far P elezione.= Mercecche presentato per la sua confer- uia al Patriarca Gottofredo, s’oppose egli a tal ele¬ zione per suo inviato in Roma, con espressa dichia- razione, che ad esso, e non ai Canonici di Trieste, s’aspettasse il diritto d’eleggere il vescovo d’essa citta; aggiungendo anco che la presentazione deli’ eletto non fosse fatta in tempo . Presentita dai Ga¬ nonici nostri 1’ opposizione del Patriarca, ricorsero a Roma, ove d’o rdi ne delSommo Pontefice Glemen¬ te III. fu rimessa, ed agitata la nostra lite avanti Graziano de’Santi Gosmo e Damiano, e Gerardo di (*) Tr ascalcus ad eamdem Sedem fuit electus 1192, ac post duos annos a sua electione a Patriarcha Aqui- lejensi confirmatus, cum de jure eligendi intcr Capi- tul um et P atriarcham lis fuerit composita . lij s. Adriano GarditialiDiaconi, la quale per la morte del Papa, pria che fosse spedita, resto indecisa. 1 Assunto Celestino III. al Sommo Pontificato, ri- novarono i nostri Canonici la lite, ed egli dopo di- ligente informazione dei prenominati Cardinali so- pra tal litigio, per troncare ogni sottrazione del Pa* triarca, e rimuovere qualsivoglia lunghezza, com- mise, e comando con Boli a speciale a Marco vesco¬ vo di Castello, e ad Araldo vescovo diChiozza, che esaminate con diligenza le ragioni delPuna e del-P altra parte, senz’altra interposizione d’appellazio- ne, sopissero tutte le contraddizioni e provedessero subito di vescovo ali’ alflitta Chiesa tanto tempo priva di pastore. XVII. Celestino vescovo servo dei servi diDio ai venerabili fratelli vescovi di Castello, e diChiozza, salute ed apostolica benedizione . Avendo di fresco i diletti nostri figli arcidiaco- no, e canonici della Chiesa di Trieste destinato il diletto figlio maestro G. per il diletto figlio Volcan- XVII. Caelestinus Episcopus Servus Servoruni Dei. Venerabilibus fratribns Castellano, et Clugiensi Episco- pis. Salutem et Apcstolieam benedictionem. Cura nuper dilecti filii nostri Arehidiaconus, et Ca¬ nonici Ecclesiae Tergestinensis, dilectum filium magi¬ stru m G. pro dilecto filio Wolcanco, quem se asserunt 138 co, che asseriscono d’avere essi canonicamente e- 1 9°letto invescovo, da essere confermato dalla Sede Apostolica , IlNunzio si oppose al venerabile nostro jratello Patriarca d’Aguileja che facesse tal cosa * Avendo dato ad ambe le parti i diletti nostri figli Graziano de’ Ss. Cosmo e Bamiano, e Gerardo dis. Adriano Diaconi Cardinali, gli Auditori avanti a loro (jualche tempo non sonoandati d’accordo. Pro- pose percioil dettomaestro, edabbiamo saputodal- le lettere de’predetti Ganonici e Glero della Chiesa Triestina, ch’essendola detta Chiesa vacante diPa- store, di comune consenso avendo eletto il predet- to Volcanco, Ganonico della medesima Chiesa , in vescovo, e dopo eletto avendolo comunemeute pre* »entato al Patriarca predetto per la eonferma, il eanonice in episcopum elegisse confirmando ad Sedent Apostolicam destinassent. Nuntius venerabili fratri nostri AquilejensiPatriarchae id facere contradixit. Cum- que utricpie parti dilectos filios nos tros Gratianum san- ctorum Cosroae etDamiani, et Gherardmn sancti Adria¬ ni Diaconi Cardinales dederimus auditores, coram ipsis alicpiandiu ad invicem disceptarunt,- proposuit namque dictus magister, et ex litteris praedictorura Ganonieo- riim, et Cleri Ecclesiae Tergestinensis accepimus, quod in ipsa Ecclesia Pastore vacaret, communi consilio prae- dictutn Volcancum Canonicum ejusdem Ecclesiae, ca- nonice in Episcopum eligerent, et electum jam prae« slieto Patriarchae confirmandum communiter praesenta- < i&9 gnale per nessim modo lo volle confermare , asse- rendo 3 che la stessa elezione apparteneva a lui so- 11 lo; li dettiCanonici hanno appellato alla Sede apo- stolica , e per mezzo del lcro Nunzio ricorsero alla b. m. di Clemente Papa nostro predecessore; il guale ad istanza della sua riehiesta commise la causa al venerabile nostro fratello ed arcidiacono Paduanis., da terminarsi entro un debito tempo. Ma il detto Patriarca colPoccasione deli’ espedizio- ne citato da essi per la terza volta, dilaziono di ve- nirenel termine preseritto . Ed in tal maniera scan- sandosi, abbandonb per ben due anni e piu la Chiesa senza Pastore, e di suo capriccio converti in proprio uso i beni della medesima Chiesa ; ma prima colla licenza eoncessa dal medesimo Patriar- verint: guem cum ipse eonfirmare nullatenus noluis- set, asserens electionem ipsam ad se tantummodo perti- nere, dieti Cauonici ad Sedem Apostulicam appellave- runtj et ad bon. meni. Clemeutem Papam praedeces- sorem nostrum per suum Nuntiuin aceesserunt: Qui ad tuae petitionis instantiam, causam venerabili fra¬ tri nostro episcopo, et arcbidiacono Paduanis corntni- sit, fine debito terminandam. Sed dictus Patriarcha tertio ab illis citatus expeditionis occasioue, ad termi- num venire distulit; et ita subterfugiendo, Ecclesiam sine Pastore per biennium et amplius dereliquit, et bo¬ na illius Ecclesiae in proprios usus pro sua volunlate i4o ca di eleggere, poi esaendo ritornato dalla predefta ' y °spedizione allu propria Chiesa , il Clero , ed il po- polo della predetta citta presentarono di nuovo al detto Patriarca 1’elezione perche la confermasse. Ai cjuali si dice che rispondesse , clie il detto elet- to, per essere aggravato di senile eta, non lo vole- va confermare in quanto; e cosi lo stesso eletto col Clero e popolo diTrieste appelloalla nostra udien- za . Ma Dulladimeno il medesimo Patriarca dispose a suo piaciinentode^benidella stessaChiesa. AlPin- contro poi il Nunzio del prefato Patriarca 'asseii costantemente , che 1’elezione di quella Chiesa ap- partiene soltanto allo stesso Patriarca; ed oppose altre cose contro la persoua delPeletto, eolle quali convertit. Sed eodem Patriarcha prius concessa licen- tia eligendi, postmodum de praedicta expeditioue, ad propria redeunte, Clerus et populus praedietae civita- tis, electionem ipsam, eidem Patriarchae confirmandain denuo praesentarunt. Quibus dicitur respondisse, quod dictum electum, eo quod senio fueret pergravatus, 110- lebat aliquatenus eonfirmare,- et sic electus ipse cum Clero, et populo Tergestino, nostrae audientiae ap- pellavit. Sed nihilominus idem Patriarcha, de bonis ejusdejn Ecclesiae, pro suae disposuit beneplaeito vo- luntatis. E contrario vero Nuntius praefati Patriarchae constanter asseruit electionem ipsius Ecclesiae ad eurn- dem Patriarcliam tantummodo pertinere: aliaque in per¬ soua electi objecit, quibt:s cum probabat non posse in 1-4 r prova che il medesimo non possa in vigore dei ca- »oni essere promosso al ve*covato . Propose ezian- 11 dio che avendo poco prima celebrata un’altra ele- zione, conoscendo Feletto, che Felezione in verun conto apparteneva ai Canonici, servendosi d’un pni sano consiglio la rifiuto . Ma nonostante i delti Canonici hanno celebrato cosi di proprio arbitrio Felezione del gia delto Volcanco. Presentate adun- affiuche forse 'n o n crediate, che non vogliamo ve- nire alla vostra presenza nel prefisso termine per 11 9° disprezzo , del che Dio ci guardi. Parvenuta ai Legati pontificj la rinitnzia a loro inviata dal Patriarea Gottofredo delle sue pretese ragioni sopra 1’ elezione fatta dai Cauonici nella persona di Volcango per il vescovafo di Trieste : decretaronOj senza altra dilazione a favore del- Peletto veseovo Volcango, e dei nostri Cauonici elettori nella forma seguenle . XIX. Marco per la Dio grazia di Castello, edA- raldo per la stessa grazia di Chioggia vescovi ec. Sembra essere conveniente, e giusto, che il pro- cedimento d’un afiare colPordine, col gnale sitrat- vimus sufficienter: eadem vobis praesentium tenore significantes, ne forte ex contemptu, quod absit, ad vest ra m praesentia.m in praefixo nobis termino non venire credatis. XIX. Marcus Dei gratia Castellanus, et Araldus eadem gratia Clugiensis Episcopi ec. Gonveniensj et aeguum esse -videtur, ut negotii pro- cessus ordine guo geritur ad posteritatis memoriam £t ylo seripturae transmittetur, ne imposterum obli\io- 10 I I 46 ta, siatrasmesso allamemoriadeipostericolloscrit- 31 9°to, affinche in progresso di tempo coli’incertezza non nasea 1’errore delladimenticanza, edalFincer- tezza il litigio. Per la qual cosa noi soprascrittive- scovi, eletti nella causa delPelezione del vescovo della Chiesa Triestina, pervenuta a nostra notizia, abbiamo arvuto cura dfinserirla nella presente pa- gina . Es 3 endoehe la memorata causa, la quale vol- gevasi soprd Felezione delPeletto sig. Volcango Triestino, lra il detto Gottifredo Patriarca d’Aqui- leja, e P Arcidiacono, e Canonicidella Chiesa Trie- stina, sia stata a noi dal sig. Papa Celestino čom- messa per decidere, ed allontanata ogni appellazio- ne ^ col debito fine terminare , come manifestamen- te apparisce nelFesempio della Commissione: al medesimo Patriarca per comando del sig. Papa ab- nis errore ambiguitas, et ex ambiguitate litigium oria- tur. Qua propter nos memorati episcopi supradicti de causa electionis Tergestinae Ecclesiae electi ad no- titiam nostrae perventa, praesenti paginae inserere cu- ravimus. Gum autem memorata causa, quae iater di- clum Gottifridum Aquilejensem Patriarcham, et Archi- diaconum, et Canonicos Tergestinae Ecclesiae super electione Domini Wdcangi Tergestinensis electi ver- tebatur uobis a Domino Papa Caelestino, decidenda > et fine debito, appellatione remota, terminanda foret commissa, siout in exemplo commissionis manifeste ap- paret, eidem Patriarchae de mandato Domini Papae, Inarno prefisso il termine perentorio nel martedifra Fottava degli Apostoli Pietro e Paolo, cioe il primo 1 diluglio; ma il predetto Patriarca nel termine alui prefisso spedi a noi un messo con sna lettera', nella quale si. eonteneva* ch’egli per riverenza del sig. Papa, come apparisce nelPesemplare della stessa lettera, confermo 1’elezione fatta dalPArcidiacono e Canonici della Chiesa Triestina delPeletto Vol- cango Triestino, ne obbietta a loro nulla cirea la libera elezione, Sappiano i presenti, e ijuelli che> dopo noi succederanno, che il sig.Patriarca doman- dandogli iMessi della cittadi Trieste, se abbiacon- fermato il di loro nuovamente eletto , manifesta- ffiente confesso d’avere eonfermato il detto Volcan- go da loro eletto, ne avesse ad opporre a loro alcu- tertia feria intra octavam Apostolorum Petri, et Pauli, idest Kalendis Julii terminum peremptorium, praefixi- mus. Verum praedictusPatriarcha in termino šibi constb tuto, Nuntium cum litteris suis ad nos destinavit, incjui- bus continebat, quod ipse ob reverentiam Domini Pa- pae, sicut in exemplo litterarum ipsius annotata appa- ret, electionem Wolcangi Tergestinensis electi, ab Ar- cliidiacono, et Canonicis Tergestinae Ecclesiae factam confirmavit, nec qujdquam eis de libera electione obii- cere. Sciant praesentes, et post nos venturi, quod Do- minus Patriarcha, sciscitantibus Tergestinae civitatis A T untiis, utrum novi ter electum eorum confirmaverit > manifeste eonfessus est, quod dictmn TVolcangum eo- na oosa in contrario intorno alla libera elezione. 9°Intervennero pertestimonijAmicoGanonioo diCon- cordia, Oto Frate Rosacense, Abate Ulrico Suevo, Filippo di Verona j Errigo figlio di Ruperto Deca- no, Uirico figlio di Racino di Muco, DomenieoPre- te Triestino , Bonifacio Triestino della Corte . Fatto in quest’anno delFIncarnazione del Signo- re 1193. In Altineis. Avanti pranzo ec. Con tal dicfiiarazione rimasero sopite tntte le differenze, e litigj, e confermati i nostri Canonici nelPantico' possesso d’eleggere il proprio vescovo, indipendenti dal Patriarca. Pochi anni gode il no- stro Wolcango la dignita vescovile , raentre aggra- vato dalla vecchiaja, per 1’avanzata sua eta scor- gendo insufficienti le sue forze a sostenere il grave peso della Diocesi, scrive Monsignor Andrea Rapi- cio ne’ suoi frammenti manoscritti, che col rinun- ziare il vescovato, s’esentasse dal governo, ed,in* rum electum confirmasset, nec quidquam eis de Ube- ra electione obiicisse. Interfuerunt testes/AmicusCon- eordiensis Canonicus, Octo Frat. Rosacensis, AbbasUl- ricus Suaevius, Philippus de Verona, Henricus Ruper¬ ti filius Decanus, Ulricus filius Raccini de Mucbo, Do* minicus Tergestinus Praesbiter, Bonifacius Tergestinus della Corte. Act. boe An. Dom. Incar. 1192. In Altineis. Prius Prandium ec . * 4 <) šli a poeo s 5 esentas.se anco dal mondo : ovvero co- me vogliono altrl, che pemutasse colFEmpireo la sua Diocesi. Imp. vacante. 1200. Pontefice Innocenzo III.. 27.ARRIGO5O Enrico II. successe nel vesco- vato di Trieste. Questi fu figliuolo di Teopompo Ravizza^ o Rapiccio concittadino nostro, dottore d’ arnbi leleggi, eletto e confermato quest’anno 1200. invece del preaccennato Wolcango, del quale 1 ’ a- bate Ughellio (1) scrive: — ( # ) Enrico Ravizza figlio di Torpompo nobilissimo cittadino fu chiamato a questa Sede 1208_Quant’ errasse 1 ’ abate Ughel¬ lio nelPassegnare Fanno 1208 a questo vescovo y si scorge da cio ehe presto diremo scrivendo de’ suoi successori Vuebaldo, e Gorrado . La nobilissima, ed antichissima famiglia Rapiccia di Trieste pre- giaši d’avere somministrati due vescovi allapatria, Paccennato Errigo, ed Andrea, con altri soggetti illustri in lettere e valorosi eolParmi, fra’ quali fu Antonio Rapiccio capitano d’Uldarico nostro ve¬ scovo ilquale con 3 o mille soldati d’ordine del Pa- triarca d’ Aquileja assedio la citta di Brescia. (*) Henricus Ravizza filius Torpompi nobilissimi cs* ■Vis ad hanc Sedem fuit vocatus 1208. (1) Ital. Sacr. Tom. 5 . Col. 678. a 5 o Nel tempo del preaccennato veseovo Rapiecio a ^non potendo soffrire i nostri Triestini, 'usi alla li-s berta, che i Veneziani s’ usurpassero 1 ’ assoluto dominio del mare, riniti con altri confinanti deli’ Istria, scorrevano ben spesso il Golfo, danneggian- do aneo le navi ch’andavano a Venezia, ove per- venuti nel 1201. Arrigo Conte di Fiandra^ Lodovi- co Gonte di Savoja, e Bonifacio Marchese di Mon- ferrato, per incamminarsi con numeroso esercito de’ Grocesegnati al soccorao dei Gristiani contro i Saraceni di Soria ? ed accordato con determinato prezzo il numero di Legni necessarj al lor bisogno con quella Repubblica, non fu possibile d’ottenere Fintento, pria che promettessero, ed offerisseroes- si un'ausiliario favore delle loro persone, e mili- zie nelF impresa di Žara, gli anni passati ricupera- ta dagli Ungheri. Montate le lor milizie sulle navi* e galere veneziane, Arrigo Dandolo Doge sebbea cieco quasi afifatto degli oechi, volle guidare e reg- gere Farmata, quale grossa di 240 vele, si spiccb li 3 3 . Ottobre dello stesso anno dal Lido, e di primo slaneio si porto a Trieste, i cui cittadini colti ali’ iinprovviso, scorgendosi insulRcienti di resistere ad nna forza bastante a far trem are un potente Im- pero, col rendersi tributarj presentarono le cbiavi al Doge. Mugia, Umago, e tutti gli altri luogbi delFlstria praticarono lo stesso, come scrireMarc’ Antonio Sabellico(ij. — AlFimpensato arrivo di si Meram Fenet dec. 1. lih. 8. iŠr grand’ armata navale, eh’ infestava il eprso del mare, intimoriti iTriestini, e gli altri abitanti 1 ’ deiristria mandano ad Arrigo supplicando pace, gli fu data, ma 'con condizione, che gli abitanti di Umago dassero cinquanta orne di Vino, e li Trie- stini ne mandassero ogni anno altrettante col nome di tributo al Doge diVenezia, Ji quali giurassero pubblicamente, che avrebbero dato perpetuamente un tal tributo, e di rimanere in questa fedelta , nella quale li suoi antenati non si fossero mai ri- trovati per F addietro. — E con tali felici successi avanzossi poscia tutta 1’armata in Dalmazia sotto le mura di Žara. Essendo verissimo cio ehe delle Repubbliche serive un autore: — Quali se danno gli ajuti vogliono anco Fusura^ mentre crescono con la rovina deiPrencipi, e mandano le loro trup- pe per acquistai’e Stati, non per ajutare Prencipi quando non e commune Finteresse, perche sono incompatibili Liberta, ePrincipato. — Il che si vi- de chiaramente successo in quest impresa. Dopo quattr’ anni di residenza nel vescovato di - Trieste, fatta da Monsignor Rapiecio, permutando con la morte miglior vita ritrovasi F anno Imp.vacante. ^ Pontefice 1 2 o 5. Innocenzo III. a8. VUEBALDO, il quale fu sostituito al sopra.l-_ detto vescovo Rapiecio. Nel mese di gennaro Ro- daldo, e la consorte sua Almingarda feoero dona- zione al Capitolo di Trieste di tutti i proprj beni in suffragio delle loro anime . Abbenche TUgliel- ^lio non faccia menzione di Vuebaldo,, nonostante , il confermare colTingiunta carta la donazione fatta da’ suoi predecessori ai Ganonici della Cattedrale sua , dimostra chiaramente, eh’ egli in ouell’ anno reggesse il vescovato di Trieste. XX. Chiunque viene innalzato colla Divina gra- zia alla dignita del regime Pontificale ec. Per la qual cosa sappia 1’universalita di tutti iFedeli del¬ la nostra Chiesa, preseliti cioe e futuri, qualmente noi Vuebaldo -Triestino Ministro, coli’intervento di tutto il Capitolo, non cbe per la salute delPani- ma nostra ^ e dei nostri predecessori , siccome giu- stamente , e legalmente possiamo ., concediamo , e confermiamo con questa carta di nostra conferma i doni che espressamente diede , concesse, offeri alla nostra Chiesa di Trieste il nostro predecesso- XX. Quicumque superi Numinis gratia, Pontificalis regiminis dignitate sublimatur ec. Ea propter omnium Ecclesiae nostrae lidelium praesentium seilieet, ac fu- turorum coinpeniat universitas, cpialiter nos Uuebaldus Tergestinus Minister, totius Capituli interventu, nec non ad salutem animae nostrae, et praedecessorum 110- strorum, prout juste, et legaliter possumus, per hanc nostrain confirmationis cartam, dona quae predecessor noster Wernardus dedit, expresse concessit, obtulit Ecclesiae nostrae Tergestinae, quae caput est nostri 153 re VernardOj la guale e capo del nostro vescovato, e dei nostri fratelliche servono aDio ec. iFlndizio- 120 ^ ne ottava nel mese di Febbraro . Lo stesso anno i2o3. nel mese di Ottobre il ve¬ ščo vo Vuebaldo, volgarmente chiamato Vebardo, confermo la sentenza della terra e molino, che ave- vano tolto i giudici della citta Triestina, in favo- re del Capitolo contro gli eredi di Conone, fu De- cano del detto Capitolo . Qi|est’ atto di aonferma fn fatto in Trieste nella cbiesa della Beata Vergine Maria innanzi F altare del Beato Stefano Proto- martire. Risentissi al maggior segno il Sommo Pontefice innocenzo terzo che i Veneziani assistiti dai Cro- cesegnati, e Francesi col palliato pretesto diportar soccorso ai Gristiani, che guerreggiavano contro ai Saraceni in Soria avessero ardito usurpare la nostra citta di Trieste con molti altri luoghi delPIstria e levare al re Ladislao d’ Ungheria la citta di Žara, il quale impegnato nella guei’ra contro gli accen- nati Saraceni, ricorse con grandissime doglianze a Sua Santita, che per tale eccesso colfulmine del- le Ecclesiastiche Censure dichiarolli scomunicati , ricusando parimente di consecrare percio il figliuo- ‘ V ' - ' r ^ episcopatus, et fratribus nostris Deo famulantibus, con- cedimus, et confirmamus etc. Indictione Vili. mensis Februarii. 154 lo del Doge eletto Patriarca diGrado, corae si.scor- 32°3g e dalPiiigiunte parole, estratte dalla lunga lette- ra da esso seritta al precitato Re Ladislao. XXI. Carissimo fratello, non yogliamo ehe sii ali’ oseuro, ;che tanto 1’esercito insolente de’Ve- lieziatii , guanto dei Francesi,per la destrnzione del Coneordato , abbiamo avuto il pensiere di an- nodarli col legame della scomuniea. Ed avendo richiesto i maggiori deli’ esercito de’ Francesi il beneficio delFassolazione, non poterono essere as- solti prima di aver giurato*d’GSservare li nostri or- dini, e si sono obbligati non solo essi, xna anchel loro suecessori, con scritture autentiche , e paten¬ ti, che procureranno di soddisfare al nostro ordine šopra cjuelPeccesso . Ma perche il Doge de’ Vene- ziani, ed i suoi non hanno ancora domandata la XXI. Nolurtius te frater carissime ignorare, quod tam insolentem Venetorum, quam Francorum exerci* tum, propter destructionem faedere Anathematis viu- culo curavimus innodarej cumque- majores exereitus Gallicani absolutionis beneficium postularent, noti prius potuerunt nbsolvi, quam juraver in t nostris stare inan- datis, et obligaverunt non solum se ipsos, sed šuos etiam successores per litteras autenticlias, et Patentes, nno-l ad mandatum nostrum super iiio excessu satis- facere procurabunt. Quia vero Venetorum Dux , et sui nondum absolutionis gratiam non postularunt, uqs in 155 grazia deli’ assoluzione, noi abbiamo proeeduto contro di loro intanto che non abbiamo voluto con- 120 ^ sagrare il suo diletto figlio eletto Patriarca, anzi essendo venuto personalmente da noi, 1’abbiamo rimandato confuso non senza gran vergogna . Ti ab¬ biamo eziandio fatto sapere, che presso Giadera, la quale finora fu soggetta con tutta la sna Provin- cia al Patriarca di Grado, facessi celebrare Pele- sione canonica d’un’idonea persona, ed indriz- zassi a noi P eletto per consagrarIo,e dargli il Pal- lio, e cosi corainciassimo a punire la -super bi a dei Veneti. L’ abate Francesco Palladio diligentissimo in ri- ferire nelle sne Istorie del Friuli tutte le azioni, e suceessi dei Patriarchi d 3 Aquileja e di Grado, non fa menzione aleuna delPelezione di questd Patriar¬ ca figlio del Doge, forse per non insinuare la sco- raunica incorsa dai Veneti a causa delPusurpazio- tantum jam processimus contra eos, quod dilectum fi- lium suum Patriareliam electum noluimns consecrare, imo cUm ad nos personaliter accessisset, remisimus eum non sine magno pudore confusum. Significavimus quo- que tihi, ut apnel Ja.derarn , qnae haetenus cum tota Provincia sua subiecta'fuit Patriarchae Gradensi, face- res electioneni canonieam dej persona idonea celebrari, et electum ad nos conseerandum, ct pallianduM diri- geres , ut *ie incipereinus punire superbiam Vene toru m. 'i5 6 ne fatta nelPIstria dei Iuoghi soggetti al Patriarca d’Aquileja. Imperatore Pontefice Ottone IV. 1209. i NJsr0CENZ0 ul 209 „ 29. GEBERARDO era vescovo Triestino l’an- „ no 1209., il quale ritrovasi corne testimonio nel ,, Diploma di Ottone Imperatore, col qnale dono il ,, Ducato del Friuli a Valtero Patriarca d’Aquile- „ ja. E nelFanno ian ritrovasi lo stesso Gebe- J5 rardo vescovo di Trieste , testimonio in una de- „ cisione del medesimo Valtero, o Vulchero Pa- „ triarca tra 1 ’ ahate Mosacense, ed il Gonte di Go- j, rizia . u Sin qui 1 ’autore delle aggiunte nelPItalia sacra deli’ abate Ughellio. Insorsero in questi tempi difficolta considerevoli nelPIstria originate dalle false pretensioni dei Ve* neti, i quali per Pusurpato dominio e padronanza delPAdriatico pretendevano esigere tributo daquex popoli confinanti sul mare, peraltro soggetti alla Ghiesa Patriarcale d’Aqui!eja, pei’che con le mer- canzie, pescagioni, e sale godevano utili immensi dal medesimo. Renitenti gPIstiiani di riconoscere i Veneti per legittimi signori delPAdriatico ricor- sero al Patriarca Wolehero a cui parve di molto pregiudizio quell’ aggravio alle ragioni della sua Ghiesa, menti’e pretendeva, che gPIstriani non do« vessero conoscere altri superiori, che Pautoritapa- triarcalc investita dagl’ Imperatori in qnel m ar che- iS 7 sato. Per ridurre nuovamente alPantica divozione quei popoli, spedi nell’ Istria iConti diGorizia con I20 9 molta gente, iquali ritrovando che molti fomeiitati dai Veneti ricusavano di riconoscere il Patriar- ea per signore., dichiarolli scomunicati, delibero cbe dal Sotnmo Pontefice, ed Imperatore, primi Potentati del Cristianesimo fossero quelle contr.o- versie civilmente giudicate . Invio per tale effetto suo Ambasciatore al Papa Pietro vescovo di Con- čordia, ed Engilberto uno dei Gonti di Gorfzia ali’ Imperatore, che occupati d’altri piri gravi afFari, differirono 1’impegno ad altro tempo. Assunto alPImpero Ottone quarto di questo no¬ tne , investi subito il Patriarca Volchero delle Pro- vincie della Carintia, e deli’Istria, con tutti gli ulili, e ragioni imperiali, gia per avanti da’suoi predecessori esercitate, in virtu delle quali asse- gno al governo deli’ Istria un Soprintendente, che coli’ ordinario titolo di Marchese la reggesse lo spazio di due anni a nome del Patriarca. Giunto a quella residenza Ermano d’ Arcano con titolo di IVIarchese, non trascuro diligenza, acciocche quel Marchesato fosse reintegrato nella primiera autori- ta, e nei soliti tributi, con assicurare anche le stra- de dagli svaliggi e dagli assassinj degli uominiscel- lerati; per istabilire un ottimo governo nella Pro- vineia deli’Istria, e godere dei frutti d’ un pacifico possesso, si trasferi il Patriarca P anno iau. in quelle parti, e con sollevare i Comuni ,■ concede a quei popoli lunghe immunita . i5S Imperatore 1212. Pontefice Ottone IV. Lstnocenžo lili iaia So. CORRADD j soggetto distinto in lettere e talenti, suceesse nella cattedra vescovile di Trieste a Geberardo. In questo stesso atino il patriarcaVol- cliero ne! suo ritorno dali’ Istria, giunto in Trieste Tolle che il nostro vescovo Corrado 1’accompagnas- se in A'quilevi per condurlo seco aTrevigi,ove mediante la sua destrezza, capacita e talenti potes- ge piu facilmente sopire le differenze che verte- vano fra i principali di quella citta, e la časa di Camino, le quali maneggiate dalla prudenza del nostro-Corrado, con giubilo e soddisfazione uni- versale di tutti si stahili una solenne pace. L’anno seguente iai3 fu istituita nella nostra citta di Trieste la celebre Compagnia, o Confrater- nita del Santissimo Sagramento, de’ eni Confra- telli, o disciplinanti, poi addimandati volgarmente Battuti, se ne ha piena notizia nella Storia di Trie¬ ste del P. Ireneo (i), ove si rimette il lettore per non replicare qui di nuovo lo stesšo. Di questi di- scip’inanti serive dilFusamente Palladio (a) . Poeo dopo i! ritorno del Patriarca alla sua resi- denza in Aquileja, dovendosi convocare la dieta ge¬ nerale in Germania, nella citta d’Augusta inviossi (i) Cap. a. lih. 5. (a) Ist. del Friuli p. p. lih. 6. pag. 2^5, log Panno m4'. aecompagnato dal nostro vescovoCor- rado a quella volta; ove dopo Pimpiego dei piu ri- * 1 levanti interessi delPImperio ottenne li 7 febbrajo da Federičo II. re de’ Romani 1 ’investitura di tutti i beni, e giurisdizioni del patriarcato, con cpiello del ducato del Friuli, e Regalie dei vescovati deli’ Istria,con molte altre prerogatvve e privilegj ad- dotti nel Diploma inserito da Wo.lfgango Lazio (() con gueste parole (*). Inoltre tutte le Regalie delil vescovati delPIstria, cioe di Trieste, Capodistria, Parenzo, Cittanova, e Pola. Le Regalie pure del li vescovati diConcordia, e di Belluno ec. A qual in- vestitura si ritrovarono presenti oltre .il nostro Cor- rado anche. gPinfrascritti vescovi; Corrado di Ra- tisbona, Menegoldo di Padova, Ottone di Frisinga, Corrado di Brescia, Federieo di Trento, Arduico Aichstetense , Sifido Augustense, con diversi eonti della Gennania', e cavalieri principali del Friuli. Eccitato da non mai disgiunti abusi nel vivere dei chierici, e laici il sommo Pontefice Innocenzo III. intimo P anno ia ]5 d Concilio quarto Latera- nense, riuscito per numero de’ Padri, e per qual:i- (*) Praeterea regalia omnia episcopatuum Islriae sci- licet Tergestinensis, Justinopolitanensis, Parentinensis, Aemmonensis, et Polensis, regalia quoque Concordiuna, et Bellunam Episcopatuum ee. (1) De geni. Migration. lih. 6. pag. 197. i6o ta loro uno dei memorabili della Cbiesa uriiver- I2 sale^ attesoclie tratti gli Orientali dali’efficacia del timore , che loro cagionavano le 'armi Maomet- tane, accorsero ad assistere a qnel Congresso, che aveva per oggetto il distrnggerle , e deposta 1’ an- tipatia tanti anni professata colla Chiesa Latina, inchinarono il loro fasto a portarsi a Roma, com- parendovi i due patriarchi di Costantihopoli , e di Gerusalemm-e con mol ti prelati dei principali deli’ Oriente, i quali uniti-ai Latini costituirouo il nu- mero di 70 arcivescovi, di 41 2 vescovi di abati e superiori regolari sopra gli 800, che in tntti per- vennero al numero di iax 5 Padli al sentire di Marco Battaglini, e secondo 1 ’ opinione d’ altri ia 85 3 oltre gli ambasciatori degl’imperj Romano e Greco, oratori dei Re di Spagna, Francia, Inghil- terra, Gerusalernme , Cipro, ed altri Potentati. In eni anche intervenne il Patriarca Ulcherio d 5 Aqui- leja, ed appoggiato alle congetture di tant’altri ri- levanti alFari da lui ridotti a felice termine dalla destrezza, e maneggio del nostro vescovo Gorrado, mi porge foudamento in asserire che accompagnas- se il Patriarca a que.l eoncilio . Vi fu nel medesimO ordinata Ja confessione annnale al proprio Sacer- dote, e la Comunione pasquale nella propria Chie¬ sa; ed e questo il primo decreto conosciuto , il qua- le ordina generalmente la confessione sagramenta- le. L’impedimento di parentela pel matrimonio vi fn ridotto dal settimo grado al quarto (1). (1) Bercastcl Stor\ del Crislianes. ann. i2i5. ] 61 Non si tosto parti il Patriarca Volchero con no- bilissima comitiva d’ Eeclesiastici e Secolari alla 1 volta di Roma , che il Conte di Gorizia s’ usurpo ravvocazia del villaggio di Fara spettanteal Capi- tolo d’Aquileja, la qual novita pervenuta alF orec- chie del Patriarca, cgli scorgendo tale afFare diffi- cile a sopirsi, ricorse alla suprema autoritaPontifi- cia, da cui fu rimessa la cognizione del litigio ad Angelo Barocci Patriarca diGrado, aceioccheprocn- rasse con ogni termine d’ amorev-olezza di ridurre quel Conte alla restituzione d’ essa terra . Affati- cossi indarno il Patriarca di Grado per ottenere pacificamente Pintento; ma scorgendo , che con la cortesia, e piacevolezza non fu possihile di piegare il Conte ad obbedire, si volse alle censure, dicliia- randolo seomunicato. Altero tale scomunica si fat- tamente il Conte, eh’en trato ostilmente nel me- desimo villaggio lo distrusse con la morte di quasi tutti gli abitanti. La notizia di questi nuovi eeces- si perturbo non poco la mente del Patriarca Vol- chero, il quale per estinguere questo fnoco, fe’ri- corso con nuove istanze al Pontefice, il quale com- mise 1’esecuzione dellafulminata scomunica a Gior¬ dano Maltraverso vescovo di Padova. Pria d’ese- guirsi la fulminata sentenza contro il Conte, volle il Patriarca Volchero si congregasse nella quaresi~ tna un sinodo provineiale in Aquileja, ove fra. gli altri vescovi suffraganei intervenne anco il nostro Corrado con quello di Padova. Comparve parimen- te il medesirno Conte, il quale in fine mosso dalle tagioni^, e stimolo dellapropria coscienza, siridus- 16a se con reciproca soddisfazione alPaggiustamento 121 'col Capitolo, e colPassoluzione della scomuniea s’estinse in tal modo il fuoco di queste discordie. Ritornato il nostro vescovo Corrado a Trieste, concesse e dono con generosissima munificenza ai 3 )I gsuoi Canonici li 7 aprile del iai6alcune decimede’ \ini dovuti al proprio vescovato, come si scorge da un’ antica pergamena stipulata nel Refettorio del¬ la Canonica di Trieste alla presenza di monsignor Leonardo vescovo di Cittanova, del sig. Marco Po¬ desta di Trieste, edi molti altri ivi presenti. E con non minor splendidezza, assegno agPistessi P anno i22i. Indizione nona li 2 >\. Aprile il possesso di iaaitutte leCappellanie della citta, e suo territorio; ed ottennero li 28. del medesimo mese, ‘ed anno la conferma delle cessioni, e donazione delle decitne da esso fatte al predetto Capitolo della sua Catte- drale P anno 1216., come dimostra la Bolla spedi- ta in Roma da Papa Onorio III. Ansioso parimente cpiesto Prelato di promuove- re, e gratificare un suo fatnigliare, e domestico, lo costitui Canonico soprannumerario ai dodici della Cattedrale di s. Giusto . Aggravati di tal promozio- ne i Canonici, ricorsero alla Sede Apostolica a Ro¬ ma , ove agitata la causa fu deciso a favore del re- scovo, che li Canonici della Cattedrale fossero do¬ dici, ed un soprannumerario col titolo e dignita di scolastico : come si scorge dalla Bolla d’Onorio III. Sommo Pontefice , spedita in Laterano, il cui ori¬ ginale si conserva anco di presente nell' archivio del Capitolo d’essa Cattedrale . j 63 Per sopire le antiohe difficolta e litigi in varj tempi insorti a causa dei confini, fra la nostra Co- I2a munita di Trieste, e la Signoria di Duino , e per conservazione della pace, convennero di comun con' senso le parti di rimettere la deeisione d’ ogni pre- tesa ne’ sigg. Tefanio, e Germano cittadini di .Ca- podistria, e nel sig. D. Gregorio Canonico, e sign. giudice di Trieste, ed Odorico Cuetfgna, eletti giu- dici compromissarj dai medesimi, ali’arbitri o dei quali s^bbligarono soggiacere senz^lcuna contrad- dizione sotto pena di due mille lire venete da essi imposta nelPinginnta serittura. XXII. In nome del Signore . L’arino del Signore iaa3. Indizione undeeirna li 6. del mese di novem- 122 bre , giorno di lnnedi. Essendo che fra ilComime di Trieste dauna par- te , ed il sig. Ugone di Duino dali’altra , alla pre- senza di monsig. Gorrado vescovo Triestino s’ agi- tasse una lite, e controversia sopra alcuni limiti XXTI. In nomine Domini. Anno Domini millesimo ducentesimo 23 . Indict. undecima, mense Novembris, sexto intrante die Lunae. Cum inter Commune Tergesti civilatis ex una pr¬ te, et dominum Ugonem de Dnino ex altera , in praesentia domini C. Conradi Tergestini episcopi lis« i 64 del loro territorio vicini uno ali’altro; finalmente l22 ^piacque ad arnbe le parti cornpromettere in arbitri, cioe il sig. Tefanio, e Germano cittadini di Capo- distria, il sig.D. Gregorio canonico di Trieste, Do- menico giudice della medesima citta, non che il sig. Odorlico di Cucagna promettendo , e sotto pe¬ na di due mille lire venete obbligandosi co’ suoi successori ed eredi di obbedire, ed assoggettarsi ad ogni arbitrio , e sentenza, che i detti arbitri cre- deranno bene di promulgare. I quali arbitri inte- , se le allegazioni, vedute, ed udite le posizioni d’ ambe le parti , comunemente e concordemente proraulgarono fra loro tale sentenza od arbitrio di- cendo . Nel nome di Dio . Noi prenominati arbitri et eontroversia Verteretur super quibusdam limiti- bus territorii eorum šibi invicem cohaerentis; tan* dem utrique parti placuit in arbitros compromitte- r«, videlicet: in dominum Tefanum, et Germanum cives Justinopolitanos , et dominum Gregorium Cano- nieum Tergesti, Dominicum Judicem ejusdem civita- tis, nec non et dominum Odorlicum de Cucanea promittentes, et sub paena duo millia Libr. Venet., se cum suis successoribus, et beredibus obligantes parere, et obedire onmi arbitrio, et sententiae, quem vel quam dieti arbitri duxerint promulgandam. Qui arbi¬ tri intellectis allegationibus, visis, et auditis utriu$que partis positionibus, communiter, concorditer talem in* ter eos sententiam, sive arbitrium promulgarunt, di- / vogliavno , e sentenziando diciamo, che il Comune della citta abbia,tenga e tranquillamente senz^l- 1 cuna contraddizione possegga dalla via earreggiabi- le di Sestiana verso Longhera tutto cio ch’ebbe, e possede co’ suoi maggiori, e per antico tempo fino ad ora . Cioe le selve ed i pascoli a seconda della pubblica strada verso il monte, e dal monte disot- to fino al tnare, e tutti i territorj , o strade carreg- giabili, le quali furono per.1’antico, e sono al pre- sente , si tengano libere, aperte, e disimbarazzate, e se vi sono alcune vigne intorno ai predetti ter¬ ritorj , si levin via, e sidistruggano tanto, che non faceiano verun impedimento ai medesimi territo¬ rj , o ai cittadini di Trieste . E se qualcuno non fa- centes. In Dei nomine. Nos praenominati arbitri volu«' mus, et sententiando dicimus, quod Commune praedi- ctae civitatis habeat, teneat, et quiete sine alicpta con* tradictione possideat a Carraria de Sistigliano versus Longheram quicquid cum suis majoribus ab antiquis temporibus hactenus habuit, et possedit. Scilicet syl- vas, et pascua sicut vadit via publica versus montem, et a monte inferius usque ad mare, -et omnia territo- ria, seu Carrariae quae antiquitus fuerunt et nune sunt, liberae et apertae teneantur, et expeditae. Et si quae vineae sunt circa praedicta territoria, remo- Veantur, et tantum destruantur, quod nullum faciant eisdem territoriis, sive civibus Tergesti impedimentum, Et si quis hoc non fecerit, et datnnum inde aliquod i66 ra cio, ed indi ne provera alcun danno, non ne a3 conseguisca quindi alcuna ragione , o seddisfazio- ne.Ed il sig.Ugo,nei suoi uomini, ne veruu altro in suo norae ardisca accendere, o con qual- che frode tagliare,o distruggere qualche bosco, selva superiore, o inferiore tra i determinati confi- ni. II prefato sig. Ugo poi abbia, tenga, e quieta- inente possegga tutto cio che coi suoi antenati d’ antichissimo tempo fino ad ora ebbe, e possede , cioele vigne , campi, se vi sono, e pascoli, ed in avvenire si cessi dal litigio, e scancelliamo ogni pena e soddisfazione, che vieendevolmente si chie- devano in occasione di qualche intromissione fatta finora, o di catture, o con ferite di uomini, i quali allora furono carcerati, o feriti. Goman- habuit, nullam inde rationem, vel satisfactionem con- sequatur. Et dominus Ugo ne sui hofnines nemus sylvam aliquam superiorem, vel inferiorem infra prae- designatos conflues audeat comburere, vel ob aliquam Iraudem incidere, vel distruere, nec aliquis prof eoj praefatus vero dominus Ugo habeat , teneat, et quiete' possideat quicquid cum suis majoribus ab antiquis tem- poribus usque hactenus habuit, et possedit, seilicet Vi* neas, campos si sunt, ct pascua, et de caetero cessetur a lite, et cassamus omnem paenara et satisfactionem, quam šibi ad invicem petebant occasione alicujus in- tromissionis hactenus factae, seu captiouis vel vulneri- bus hotninum, qui tune capti vel vulnerati fueruut. 167 dianiOj ed ordiniamo, che tutte queste cose soprad- dette si debbano stabilmente osservare da ambe le 1 parti per se e loro sucoessori, ed eredi sotto pena di due mille lire di denaro veneto , da pagarsi alk parte,che avra osservata la presente sentenza,e nullostante tutte le predette cose ottengano il lo¬ ro vigore. Ed affinche questa cosa venga maggior- mente creduta dax posteri, il predetto monsig.Corr rado vescovo di Trieste feee munire la presente carta colPimpressione del suo sigillo . (L.S.) Io Pietro notaro del sagro palazzo sono stato pre¬ sente come sopra, per comando de’sopraddetti giu- dici ho scritto ; emi sono firmato . Questa sentenza fu estratta da un quaderno ^ ossia protocollo da Andrea Rapiccio, o Ravizza , stato vicedomo della citta di Trieste ael , in Haec omnia supradicta praecipimus, et firmiter obser- vari utrique parti jubemus per se suosque successores, et haeredes sub paena duo millia libr. denar. Ven. parti, bane sententiam servanti, solvendarnm, et su- pradicta omnia perpetuam nihilominus obtinennt fir- mitatem. Et ut hoc a posteris magis credatur, prac- dictus dominus C. Terg. episcopus hanc cartulam *i- gilli sui impressione fecit maniri. (L.S.) Ego Petrus sacri palatii notari.us interfui ut 5 upr a legitur, jussu »upradictorum judieum scripsi et ro- borari. i6b' fine della quale e notato dal medesimo cosi:(*) no¬ ta, che i soprascritti istrumenti 1’ho registrati irs cjuesto quaderno per commissione , e comando di monsig. Antonio de Gop vescovo TriestinOj sapen- do che furono ritrovati in un foglio di papiro gia estratti dalla vicedominaria per mano di ser Gio- vahni de Bonomis del qu, ser Rizzardo, allora vi- cedomo delia citta di Trieste. Riferisce il sig.ProsperoPetronio medico di Trie¬ ste nelle sue memorie sagre, e profane manoserit- 1224 1 ® delPIstria (i) che l 5 anno 1224. monsig. Gerardo vescovo di Cittanova consagrasse come vicario del Patriai’ca d’Aquileja la chiesa dei Santi Martiri fuori della porta di Cavana della nostra citta di Trieste, membro della congregazione Cassinese de’ monaci Benedettini. 1229 Bitnasero terminate l’anno seguente 1229. mol- te difierenze , che lungamente vertevano fra il no- stro vescovo Gorrado, ed il Patriarca d’Aquileja , (*) Nota quod suprascripta instrumenta de commis- sioue, et mandato domini Antonii de Gop episcopi Terg. registravi in hoc quaterno, sciens quod reperta luerit in quodam folio papiri jam estracta ex vicedo. minaria , mana ser Johannis de Bonomis, quondam s#r Rizzardi, tune vicedomini civit. Terg. (1) Par. 2. Cap. 6. 169 Con la cessione del dominio d’alcuni luoghi di sti- ffiia fatta dal vescovo alla Sede Aquilejese. Quantunque non si trovi ai giorni nostid ferma certezza di tempo, ed aano della fondazione del convento di s. Franceseo fuori della porta di Cava- na della nostra citta di Trieste, attribuita alla de- plorabile perdita delle sue scritture: appoggiati alPimmemoi’abile tradizione dei nostri antenati , conservata sempre sin a questi tempi nella citta $ non v’ e dubbio che andando s. Antonio di Padova tPordine del Serafico P. s. Franceseo a predicare la Divina parola in varie citta d’Italia, come rife- riscono le croniche dei frati minori (1), anco la no¬ stra citta di Trieste godesse qualche volta la vista, e predicazione di si gran Santo; ove impetrasse la fondazione deli’accennato convento circa P an- no 1229. Mentre Gorizia, e Mugia gloriansi d’ essere State le chiese e conventi loro principiati dal medesimo Santo, conservandosi oggidi in Gori¬ zia una cappella situata nella meta del claustroove dicono alloggiasse s. Antonio, ed in Trieste pure ritrovavasi una casetta fuori del convento, e ehiesa di s. Franceseo poi ridotta in fenile, in cui qualche tempo dicono abitasse Pistesso Santo, quindi tutto fu coavertito in piazza P anno x 8 i 3 . dalPintenden- te Galafati sotto il governoFrancese. Ritornato in Italia PImperatore Federico II.. dal- (1) JVel Lib. 5 . 17 © 1'impresa di Terra santa dopoio anni di tregua fatta 122, 9col Soldano, mosse aspra guerra al Pontefice Gre- gorio IX. ed alla Chiesa; da cui ebbero origine in Italialedne tantofamose e funestefazioni d.e’Guelfi parziali alla Chiesa e^Pontefice, e Ghibellini allTm- peratore, che per tanto tempo Phanno resa la piu misera e deplorabile, benche peraltro sia la piu bella, e la piu nobile parte del mondo..Questofi- nalmente bramoso della pace, e ,d’essere coronato dal Papa , lo fe supplicare, cbe lo ricevesse in gra- zia ( perche era scomunicato ) ne prima di pagare dodicimille onee di oro per risarcire i danni fatti alla Chiesa Romana, pote ottenere da Gregorio 1’intento. Venuto per tale efietto in Anagni 1’anno ia3o. o ve dimorava il sommo Pontefice , ritrovossi I2 ^°a quel famoso congresso anche Corrado nostro ve- sčovo di Trieste, qual impetro dal medesimo Impe- ratore la conferma di tutti i privilegj anticamente ottenuti dalla sua Chiesa, e Vescovato dai Re ed Imperatori suoi anteoessori. Ritornato tutto giulivo pelgi ottenuti privilegj il nostro veseovo Corrado a Trieste, il quale čredo chefosse ilprimo vescovo di Trieste, che ottenesse dalPImperatore il privijegio di coniare monete; mentre prima di lui non ritrovasi moneta d' altro veseovo di Trieste,, ma bersi d’alt :j suoi successori come si vedra nel corso di quest’ Istoria^ e percid qui la riferiseo in primo iuogo^ II cui originale d 5 argento si conservava nel celebre museo deli’'d- lustrissimo signor conte Giovanni Lazara nella cit- ta di Padova con altre sei di diversi vescovi, che t 7 l lo seguirono, i quali pero non lianno il pallio eh’e proprio de’ Patriarchi soli, e d (^Metropoli lani ^ ma hanno certa faseia sopra la casula, o veste pontifi- eale j di cui parla il Ducange . Di queste monete, e delle successive parla il P. Ireneo della Croce, il Liruti, Muratori, ed il P. Rubeis, come vedesi notato sopra eiascheduna ino- neta . Poco si trattenne a godere gli eftetti dei beni a lui impartiti dalla clernenza di Federico , men- tre aggravatod’inferinita agli n di novembre dello stess’anno colP abbandonare il mondo,si trasferi colmo di meriti alla patria celeste ; conservarulosi nelle memorie '.apitolari manoseritte le ingiunte parole. (*) L’anno ia3o gli n novembre mori il reveren- dissimo monsignor Corrado vescovo della Chiesa Triestina, il quale tratto icanonici come padre be¬ nigno. = Oltre Faccennata eonfei’ma dei privilegj (*) Anno iž3o. die XI. novembris obyt Rev- DD. Corradus Ecclesiae Tergestinae episcopus, qui ut pa¬ ter benignus traetavit cauoaicos. 17 » dono e concesse PImperatore Federico al prenomi- nato vescovo Corrado, e suoi successori i castelli e terre dTJmago, Siparo , Fontana Georgica,. Ver¬ ine, e Fisola di Ponziano situate nelPIstria, con tutte le ragioni e pertinenze de’ loro territorj, da’ quali in appresso non raccoglieva il nostro vescovo di Trieste altro utile, che alcune poche regalie dal- la terra d’Umago, avendo oceupato il rimanente al- cuni patrizj veneti ^ da che la provincia delPIstria rimase soggetta a quella Repubblica. Imperatore 12 ^ 0 . Pontefice Federico II. Gregohio IX. 3i LEONARDO I. Morto il vescovo Gorrado, 2 ^°congregati al solito i nostri canonici del eapitolo di Trieste elessero quest’anno in sua vece per loro vescovo il prenominato Leonardo. S’ opposero a tal elezione i canonici di Mugia , col pretesto che fosse nulla tal elezione, mentre pretendevano an- cor essi d’intervenire al congresso di essa . Al qual pretesto eontraddicendo il nostro eapitolo di Trieste allego a se solo, e non ad altri spettarsi tal elezio¬ ne . Quindi insorse fra ambedue le parti uh lungo e fiero litigio, per la cui decisione fecero ricorso al Patriarca d’Aquileja Bertoldo, il quale oceupato in altri importanti affari, delego al vescovo, ed arci- diacono di Gapodistria la causa, riservando la di- chiarazione della sentenza definitiva a se stesso. Dal non sortire aleun effetto in Gapodistria tal li" te, fu nuovamente rimessa al decano d’ Aquileja, J?3 il quale dichiaro, che il diritto d’eleggereil vesco- vo di Trieste spettasse al decano e capitolo diquel- ia ^° la Cattedrale, e non ad altri; il ohe approvato dal Patriarca, confermo lasentenza lia aprile del ia3a coli’ imporre perpetuo silenzio a’ canonici di Mugia; Assunto Leonardo al governo della Diocesi, per gratificare i canonici deli’ impartito favore, con¬ fermo li 7 ottobre del ia33 la donazione delle de- cime a lor concesse dal suo predecessore Corrado, delle cui grazie e privilegj ottenuti dalPImperato- re Federico servendosi, fece egli ancora coniare P ingiunte monete d’argento. Scorgendosi questo prelato per Pindisposizioni, epoca salute, quasi impotente a sostenere il gover¬ no della Chiesa, delibero mandare spontaneamen- te al sommo Pontefice Gregorio IX. la rinunzia del vescovato, per la cpiale spedi Pingiunto Breve al Patriarca d’Aquileja, accio ricevuta detta rinunzia, procnrasse dal capitolo P elczione di un altro suc- eessore sufficiente ed idoneo , corne si šcorge dal i?4 registro vaticano (i) riferito dali’ abate Ughel« Ia3o lio (2) . XXIII. Gregorio vgscovo servo de’servi di Dio. Al venerabile Patriarca d’Aquileja salute.Da parte del diletto figlio eletto vescovo Triestino fu avanti a noi proposto, che avendolo il Signore toe- cato col gastigo, sebbene 1’abbia risparmiato dalle fauci della morte;ma gli abbia condonata una tre- gua affinche si penta , impedito pero fino ad ora da una lunga infermita ed inabile in quanto alPuman senso , cosicche si teme che possa piuttosto essere di danno, che di utile alla prefata chiesa Triesti- na, specialmente non potendo sopportare i pesi XXIII. Gregorius episcopus servus servorum Dei. Veuerabili Palriarebe Aquilejensi salutem ec. Ex par- te dilecti filii Tergestini electi, propositum coram no- bis, quod cum castigans castigaverit eum Dominus* li- cet non tradiderit eum morti, sed indulserit inducias paenitendi, usque adeo tamen ex infirmitate longa> et quoad humanos sensus inbabilis praepeditus, quod Ecclesiae praelibataeTergestinae timetur obesse potius- quam prodesse, praesertim cum ojusdem Ecclesiae one' CO Ep. 256 . f i®i. cm. (2) Tom. 5 . col. 578. della Chiesa medesima, e difenderla dai malfatto- ri . Per la qual cosa il medesimo eletto colle sue I23 ° lettere ci supplico, che facessimo accettare la sna rinunzia . Noi adunque, compassionando col dovu- to affetto Je di lui infermita, se sono vere le cose esposte, ti avvisiarno che ricevi la rinunzia del me¬ desimo in nostra vece, e che ingiunghi al capitolo Triestino, che provveda per loro, e per la suddetta Chiesa unapersona idonea per pastore .Dato in La- terano li a3 novembre, 1’anno settimo del nostrn pontificato. Quest’anno ancora del 1233 ritrovo nella crona- ca di Venezia manoscritta del Dandolo queste pa¬ role: = (*j Li Triestini giurano fedelta ai Venezia- ni per mezzo del signor Pietro Zeim — ; come cio ra supportare nequeat, et eam a malifactoribus defen- sare. Quare idem electus per suas nobis litteras sup- plicavit ut caessionem suam recipi faceremus. Nos igi- tur ejus infirmitati debito compatientes afFectu, naoHe- mus quatenus , si praemissis veritas suffragatur, ces- sionem hujusmodi recipias, vice nostrae. Capitulo Ter- gestino injungeas, ut šibi et ejusmodi Ecclesiae de persona idonea provideat in Pastorem ec. Dat. Latera- ui IX. Kalendas decembris Pontificatus nostri arino VII- (*) Tergestini mediatore Domino Petro Ženo vene- lis fidelitatem jurant. 176 »eguisse non ritrovo sin^ ora altro autore , che h scriva :~onde a cio devesi avvertire . Imperatore 13^4« Pon telice, Federigo II. Gregorio IX. ** sS 4 3a GIVARDO . Per la rimmzia del vescovato fat* ta dal vescovo Leonardo direi fosse eletto in que- st’anno dal eapitolo della Gattedrale di Trieste in suo luogo Givardo Arangone, mentre la moneta d’ argento col nome di Givardo vescovo di Trieste: D 1 unsimiže iniagUo e rovescio e uma del Fatsias* de il prefato monsignor vescovo con titolo di ven- dita diede, consegno e concesse ai signori Gio- vanni Ranfo, Vitale de Alborio, e Bonifacio figlio del qu. Ganciano Gonsoli di Trieste, accettanti in loro nome , ed in nome di tutta la Gomunita, e di tutti i cittadini di Trieste, e de’’ loro successori ed eredi in perpetuo, il diritto della colletta del Vino, ed il diritto di Petrolio, e del diritto Calci- fieo e di Peliparia, ed il diritto delle appellazioni, cioe che in appresso non si faccia appellazione da* vanti i Consoli di nessuna questione al medesi- mo, ne ai suoi successori, ed il diritto del Conso- lato, cioe che li cittadini di Trieste abbiano il potere di eleggere i Consoli pel governo di detta et alienare pro debitis persolvendis. Unde memoratus Dominus Episcopus, titulo venditionis, dedit et tradi- dit, et concessit Dominis Johanni Rampho, Vitali de Alborio, et Bonifacio filio quondam Canciani consuli- bus Tergesti, recipientibus nomine suo et nomine to- tius Communis, et omnium civium Tergesti, et eorum successoribus, et haeredibus in perpetuum jusCollectae Vini, et jus Petrolii, et jus Calcificum, et Pelipariae, et jus appellationum, videlicet quod deinceps corara consulibus appellatio non fiat de aliqua quaestione ad eum, nec ad ejus successores; et jus consulatus, videli* cet, quod potestatera habeant eligendi Consules civcs Tergesti ad dictae civitatis regimen, sine possesso delle dette mude, e della moneta, e delle possessioni, e rendite.senzanuncio d’alcun dominio, o di altra persona contraddicente, e di fa¬ re di esse tuttocio che vorranno, dando e conceden- do da ora licetiza, e potere a loro d’entrare nella tennta, e nel corporale possesso di quelle, promet- tendo il detto monsignor vescovo per se e suoi suc- cessori di difendere, garantire, autorizzare edisbri- gare il detto pegnolegittimamente da ogni persona j e di tenere, ed avere il detto obbligo rato , e sta¬ lile in perpetuo ai detti Consoli, ed al Comune , e loro suecessori, ed eredi. Ne contro le predetteeo- se,o alcuna delle sopraddette, venire o fare sottola Consules, et Commnne Tergesti intrandi in possessio- tiem dictarum rnutae, et monaete, et possessionum , atque reddituum . ... . absque nuntio alicujus domini!, vel alterius personae contradicentis, et faeiendi de eis quidquid voluerint , dans et eoncedens ex nune eis licentiarn et potestateni intrandi in tenutam, et corporaleni possessionem eo- rum, promittens dirtus Dominus Episcopus per se suos- que successores dictum pignus legiptime ab omni per* sona defendere, guarentare, auetorizzare atque disbri- gare. Et dietam obligationem ratam , et firmam in per- petuum habere et tenere dictis Consulibus et Commu- m, eorumque successoribus, et baeredibus in perpe- tuum. Nec contra praedicta vel aliquod praedietorum aliqua occasione, venire aut facere sub dieta paena } aof &etta pena, la quale ancorche pagata, nulladimend tutte le predette cose ottengano il loro vigore in per- 12 ^ petuo, e restino intatte. Inoltre il si g. Vitale deca- no della Chiesa di Trieste, il sig. Voldorico arci- diacono della medesinia Chiesa, Pre Andrea custo- de,Matteo Scolaslico, Corrado, ed Errigo, Ran- dolfo, eSardio, e Giovanni diaconi, Alberto sud- diacono, ed Errigo chierico Ganonici di Trieste in proprio nome, ed in nome di tutto ilCapitoloTrie- stino acconsentirono alle predette vendite, eonse- gne, cessioni, ed alienazioni, che ridondano in mi- nor danno della Chiesa di Trieste , di (juello che se il detto monsignor Vescovo avesse vendute altre possessioni e rendite della Chiesa. Di piu hanno giurato corporalniente sopra i santi Evangelj diDio qua soluta , praedicta omnia nihilominus in perpetuum (tuum robur obtineant, et illibata permaneant. Insu- per dominus Vitalis decanus Ecclesiae Tergestinae, . dominus Voldorieus ejusdem Ecclesiae Archidiaconus , praesbyter Andreas custos, Matheus Scolasticus, Con- radus, et Henricus, Rantulphus et Sardius, et Joannes diaconi, Albertus subdiaconus, et Henricu9 clericus Canonici Tergesti nomine suo, et nomine totius Gapi- iuli Tergestini consenserunt praedictis 'venditionibus, traditionibus, cessionibus, et alienationibus in minori damno Ecclesiae Tergesti redundare, quod si dictus Dominus Episcopus alias posstssiones, et redditus Ec- «lesiae vendidisset. Insuper juraverunt corporaliter ad 2 02 i cletti Decano, ed Arcidiacono, in loro tutti glial* 12, ^tri Capitolari, col loro consenso, e volonta di ave- re j e tenere fermo, e stabile il detto consenso; e di non contravenire, muovere , o fare in comune, ne separatamente da se, ne per mezzo d’ altri, con qual- che pretesto, o eccezione. E che darannoconsiglio, ed ajuto , e favore, che tutte, e ciascheduna delle predette cose ottengano in perpetuo forza, e fer- mezza. A memoria poi della qual cosa, e stabile so- stegno, col volere di monsignor Vescovo, e Capito- lo cjuesto istromento e stato corroborato co’ loro sigilli. Fatto in Trieste nel Palazzo vescovile . Li testimoni furono pregati Pre Germano cappellano di monsignor mernorato Vescovo, sig.Pezemano di Sancla Dei Evangelia dieti Decanus, et Archidiaconus in ipsorum omnium eorum de Capitulo anima eorum consensu, et voluntate dictum consensum ratum, et firmum habere, tenere, et non contravenire, movere, vel facere communiter, nec di visim per se, nec per alium vel alios alnjua oecasione, vel exceptione. Et quod da- bunt cousilium, et auxilium, ac favorem, quod prae- dicta omnia et singula in perpetuum robar obtineant, et firmitatem. Ad cuj.us autem rei memoriam, et sta- bilem firmamentum de voluntate Domini Episcopi et Capituli fuit hoe Instrumentum eorum sigillorum mu- nimine roboratum. Actum Tergesti in palatio Episco- patus. Testes fuerunt rogati Presbyter Germaaus cap- pellanus Domini Episcopi memorati, dominus Peze- 2t>3 Ragonia, Marco Signolo, Marco Venerio, Giovanni Ugozono di Venezia , ed altri molti. Io Rantulfo 12 notajo del sagro Palazzo sono statopresente a tutte queste cose, ho scritla e sottoscritto questa carta. 10 Lazaro notg.ua del sagro Palazzo sono stato pre- sente a tutte queste cose, bo scritto, e sottoscritto questa carta, Di Olderieo sinora non si pote ritrovare alcuna inoneta; benche monsignor AndreaRapiccione’suoi manoscritti asserisca, che egli ne coniasse, e dal so- praddetto istromento risnlti ehe possedesse la zecca. Imp. vaeante. l2^4* Pontefice Alessandro IV. ia5 S7 ARLONGO. Passato da questa a miglior vita 11 nostro vescovo Olderieo, elessero i Canonici, e Capitolo di Trieste Panno corrente per loro vesco¬ vo Arlongo de Vocisperch, ovvero Visgoni, cano- nico anch’esso della nostra citta. Richicsta alSom- manus de Ragonia, Marcus Signolus, MarcusVenerius, Johanues Ugozono deVenetiis, et alb plures. EgoRan- tulphns sacri palatii notarius his omnibus interfui, bane cartam seripsi, et roboravi. Ego Lazarus sacri palatii notarius his omnibus interfui, bane cartam scri- psi et roboravi. 204 f mo Pontefice Innocenzo IV. dal Capitolo la confer- "nnazione di tale elezione; spedi egli il duodecimo anno del suo Pontificato alli 17 settembre un Bre- ve (1) a’ vescovi di Pola, Pedena, e Capodistria, che esaminate le azioni d’Arlongo, eritrovatolosuf- ficiente ed idoneo lo dovessero confermare. Ne sen- za indizio di qualche sospetto raccomando il Papa a’ prenominati vescovi la sua conferma j mentre Alessandro IV. che lo stesso anno successe nelPon- tilicato ad Innocenzo, scuoprendolo simoniaco, e scoraunicato lo scaccio corae delinquente dalla Se¬ de, e privo della dignita vescovile. Imp.vacante. . Pontefice 13 Alessandko IV. 255 38 GUEROERIO. Congregato il Capitolo della Cattedrale per la nuova elezione d’un altroPrelato sostituii’ono in sua vece Gueroerio suddetto Cano- nico d’ Acjnileja, il quale dal suddetto Alessandro fu confermato li i3. di maržo di quest’anno (2). 2 56 L’anno seguente ia-56. il Patriarca Gregorio d’ Aquileja a quei di Capodistria, di Mugia, diParen* zo, e di s.Lorenzo, concesse autorita di poter eleg- (1) Epist. 39. fol. 192. ex Registr. Vatic. clelf Ughel. loc. cit. (2) Epist. 39. fol. 192. ex Registr. Vat. Ughellio Ital. Sacr. Tom. 5 . col. 1 54 - ao5 gere per un anno i loro Podesta, e specialmente a quelli di Capodistria concesse 1’elezione a tal di- gnita anco di soggetti di nazione veneta, il che pri- ma era vietato. Dopo avere occupata Gueroerio la Sede Vescovi- le circa quattro anni, cesso di vivere 1’anno 1259. 1259 Imp. vacante. „ Pontefice 1260. . TT , Alessandro IV. 1260 3 q LEONARDO II. Fu eletto dal Capitolo di Trieste dopo la morte delFanzidetto in questo ste3- so anno, come riferisce monsig. Andrea Rapiccio nelle sue memorie deVescovi di Trieste Man. Scrit. del quale scrive = (*) La di cui memoria, ancora esiste in alcune proeure di denari = Benche presso 1’Ughellio di esso nontrovasi veruna menzione, as- eegnando solo fra i vescovi Olderico, ed Arlongo un tal Leonida , del quale adduce le riferite parole scritte da monsig. Rapiccio senza motivare 1’ anno della sua elezione, o confenna, il che porge fonda- mento di congetturare, ch’egli errasse nel nome di tal vescovo, il quale poco piu d’ un anno gode tal prelatura ; mentre assalito dalla morte , in suo luo- go fu nuovamente eletto,, e restituito alla dignita vescovile nel (*) Cujus maemoria adhuc extat in quibusdam pro curis denariis. ao6 Imp. vaeante. - Pontefice 12 2 * Urbano IV. 12,62 37 ARLONGO de’ Visgoni suddescritto, tner-> ceecbe, purgato dalle sne colpe, merito col perdo- no anche la mitra, nel qual anno assistito da quat- tro altrivescovi consecrosolennemente H4. novem¬ bre la sua Cattedrale di s. Ginsto inartire, ed anco l’altare delPlmmacolata Concezione, come addi- 1 ta la memoria in esso ritrovata 1’anno i65a. quan- do inonsig. Antonio Marenzi vescovo di Trieste,, per ridurre in miglior forma moderna tale altare , ritrovo sotto una colonna tre cassette con inoitere- liquie de’San ti, e liella maggiore, in una pergame- na solita riporsi nella consagrazione si ritrovaronO distintamente queste parole (*). L’anno delTIn- carnazione del Signore 12,62. Indizione settima li 6. del mese di novembre fu dedicato questo altare colla chiesa dal venerabile padre monsig. Arlongo per laDio grazia vescovo e con te Triestino^ con al- tri quattro vescovi = . II che porge fondaraento a dire che il vescovo Arlongo ottenesse dal Somino Pontefice Urbano IV. lo special privilegio di consa- grare quell’ altare con due mense . Gonservasi me- moria di sei monete di questo prelato, riferite dal (*) Anno ab Incarnatione Domini MCCLXII. Ind.VlI- die VI. mensis novembris dedicatum fuit hoc altare cum Ecclesia a Vener. patreDomiuo Arlongo Dei gratia Episcopo et comiteTergestino cum aliis quatuor Episcopis. 2 .07 nobil Bonomo Stetner nella sua dissertazione sopra le monete de’vescovi di Triestej e sono le $e- guenti. 208 Quest’ anno pure fu eletto in Podesta di Trieste Mainardo il giovane figliuolo di Mainardo II. conte di Gorizia, e di Notilde figliuola di Bertoldo III. marehese d 5 Istria . Le rare qualita e talenti di que- sto Mainardo , le quali resero cosi chiaro e riverito il suo norae presso i Principi delPImpero, mos- sero anco 1’ animo dei nostri cittadini di Trieste a ^ 0 prolungare la carica di Podesta sino alPanno 12,70. colfassegno di marche 100. d’oro ali’ anno , som* ma ; e valore non disprezzabile a quei tempi, come abbiamo dalla ingiunta memoria manoscritta che si conservava nella vicedominaria della nostra citta. c o r 1 a Mainardo il giovane Conte di Gorizia figliuola del secondo Mainardo nato di Notilde figliuola di Bertoldo terzo Marehese d’Istria ec. e di Mainardo primo genero d^lberto Conte del Tirolo figliuolo d’Henrico nipote d’(Merico, e pronepote di Corra- do ec. Circa gli anni del Signore ja6a sino alli 1270 avendo lasciato il Contado di Gorizia al fratello Alberto, edessopassatosene a godere quello del Ti¬ rolo pervenutogli per eredita deli’ avola , ma prima fu eletto e creato capitano della comunita di Trie¬ ste , e di pensione corne comportavano quei tempi* e F erario Triestino poteva, gli fu dato cento mar¬ che d’oro j con autorita suprema di loro capitano. Quale in recognizione di questa sua dignita , ed onoranza, e per segno d’amore, e buona vicinanza »09 invito per compadre il comune di Trieste al hatte- simo d’Elisabetta sua primogenita, e poimoglie 1 d’Alberto figliuolo primogenito diRodolfo Conte di Auspurch,e DucadelPAustrialmperatore; dallaqual Elisabetta oggidi discende tutta la Sei’enissima Ča¬ sa d’Austria, come da Adelaide sua sorella marita- ta a Federico Principe della Misnia proviene la Se- renissima Časa di Sugaria , Misnia , e Turirigia . E dal comune di Trieste per li suoi intervenienti giudici, od oratori, che assisterono allora furono donate al battesimo lire cento . Dallo stesso Conte Mainardo, o piuttosto dal pa- dre suo fu scrittodaGorizia in data de ’3 novembre al capitolo di Trieste, che liberasse dalle carceri un suo cappellano nomatoPopone de Lindek, alle quali erastatocondannato dichiarandosi, che avreb- be proceduto contro di esso capitolo. A quei tempi pagavansi dal vescovo, e Diocesi di Trieste, aleune imposizioni, o regalie, imposte dai sommi Pontefici, o loro nunzj, e legati, le qua- li talvolta ascendevano a cinquanta e piu ducati, mentre Panno 127» la somma fu ascendente a li¬ re i3a Veronesi,che dividevasi proporzionatamen- te sopra tutti i beneficj della Diocesi (1). Ma perche aleune persone secolari nel riscuotere nueste regalie servendosi deli’ estorsioni usavano mol te ingiustizie, i canonici di Trieste per evitare ( 1 ) Memorie capilolari. della C alte dr al e di Trieste. j 4 le frodi, e liberarsi da tal molestla , ricorsero Pan- 7 °no i a55 al sommo Pontefice Alessandro IV. il qua- le delego gli n d’aprile del medesimo anno quest’ affare al vescovo di Capodistria, acciocche esaraina. to il fatto, e ritrovata la verita, sotto pene di cen- sure imponesse la giusta soddisfazione di quello si deve, levando in tal guisa le frodolenti estorsioni di quei tali, il ch6 rese la pace, e quiete alla no- stra Diocesi. Fupromosso da Papa Gregorio X. al patriarca- to d’ Aquileja P anno 1272, come riferisce Gio: Gandido (1), Raimondo della Torre Milanese, il quale nel conferirsi alla residenza della sua sede, fu accompagnato da molti soggetti della Torre suoi parenti, dai quali poi come da fecondissime piante diratnarono tante nobilissime, e splendidissime fa- miglie Torriane, o della Torre, che sparse nel Friuli, nella Carintia, e Germania risplendono ai gioimi nostri al pari d* ogni altra famiglia dellTm- pero. Oltre la comitiva dei parenti, s’accrebbero anche 60 giovani tutti gentiluomini Milanesi su- perbamente vestiti per iscudieri, 5 o cavalieri cori quattro cavalli, ed uno scudiere per ciascheduno; 600 soldati con due cavalli, e cento uomini d’ ar- me, cbe tutFinsieme formavano una corte vera- mente regia. ( 1 ) Comment. d'Aquil. Vib. 5 . 07. Ughel. Ital. Sacr • Tom. 5 . Col. 21 T I/anno seguente 1273 agli n del mese d’aprile fu eonsacrata da certo vescovo Antonio ( forse coadju - I2, 7 tore d’Arlongo ) la chiesa di s. Atanasio vescovo e confessore posta alla ripa delmare verso tramon- tana, un miglio in circa distante dalla nostra citta di Trieste, come sta registrato nelle accennate me- roorie capitolari manoscritte . Nel cui sito poi fa edificato un palazzo chiamato comunemente Belve- dere, quantunque la contrada de Vignali ritenesse ancora Pantico nome benche corrotto di s. Anasta- sio , invece di s. Atanasio. Applicatosi il Patriarca Raimondo a’ piu impor- tanti ed ottimi maneggj di governo del suo stato ? ritrovd che i Veneziani usurpata la citta di Capodi- stria, con molte altre terre, e castelli nel marchc- sato delPIstria spettanti alla sua Chiesa e giurisdi- zione, s’erano impadronitidi tutta la Costa del ma- re di quella provincia con notahile aliargamento di confini del loro dominio in pregindizio grande del suo stato . Quindi pretendendo il Patriarca la resti- tuzione delle ragioni, che la sua sede aveva sopra quel marchesato, congrego 1’anno 1277 un genera-^^ le parlamento, in cui concorrendo tutti i parlamen- tarj nell’ opinione del Patriarca, fu stabilito di muover guerra contro quella Repubblica per ricu- perare il perduto . Portossi a tale effetto accompa- gnato da molta nobilta in Carintia, ove allora sog- giornava 1 ’Imperatore Rodolfo^ col quale conferi la deliberazione fatta di riavere con Parmi, i luoghi usurpati dai Veneziani nelPIstria, per reintegrare quel marchesato nelPantica soggezione della Chie- a ia sa d’Aquileja . E conseguito da Cesare per tal im- preša ogni dimandato soccorso di gente, ed aju- to, intimo incontanente ai Veneziani la guerra . Ne si tosto incominciarono gli apparecchi per quella, che trattandosi d’ aggiustamento con promessa del- la restituzione dei luoghi usurpati, s’acquietarono le cose senza jiassare piu oltre . L’anno seguente 1278 li jo luglio essendo vesco- ^ vo di Trieste il prenominato monsignor Arlongo , ebbe felice principio nella nostra ia88q ue un’altra volta, signori, e rivestite colParmi an- che la primiera intrepidezza, e seguite me, che per la mia, e per la vostra Chiesa, e per la fede dei po* poli sono disposto incontrare quaisivoglia avversita e travaglio, che a Dio piacesse addossarmi. Vipro* metto ora una certa vittoria si perche il Conte Prin¬ cipe ill astre per fede, per ardire, e prudenza senza pari con tutte le sue forze si e eongiunto a noi, co- me anche perche gl’inimici in gran parte partiti, come sapete, c’invitano a tanta gloria, che in tutti i tempi šara tanto piu celebre, ed onorata . quanto le nostre fatiche saranno State piu lunghe, e piu reiterate ; oltreche col proseguir quest’impresa, e col difendere ora i Triestini lascieranno i Furlani alla posterita eterno il loro notne, e 1’esempio che tralaseiando di soccorrerli in quest’impresa, dira il mondo con ragione, che avendogli difesi prima nella maggior furia, e potenza nemica gli abbiano poi contro piceiol numero abbandonati. Finito il Patriarca Raimondo il suo elfieace discorso, non fu aleuno, che noa applaudisse, ed esaltasse la sua pia aftezione verso i popoli, e ponderato parere nell’ espedizioni. Onde conehiuso nel parlamente cio che conveniva per soccorrere 1’ afflitta Trieste, fu subito ai ia luglio congregato Pesercito consi- stente in 36 mille soldati, con gran copia di vetto- vaglie con gaudio mai piu veduto nel cuor dei Fur¬ lani, ed il Patriarca unissi col figliuolo del Gonte di Gorizia , in cui ancorehe giovatie risplendeva una aspettativa di prudenza, di forza, e di vaiore egua- a3i le alla gloria del padre aocompagnato da Antonio Bonomo nostro eittadino, che veniva per soccorre- 1288 re la patria, il quale in una soaramuccia col presi- dio uscito da Belforte vicino a Monfalcone rimase morto . Non tralasciavano in questo mentre i Veneti le diligenze, ed adoperare ogni sforzo per impadro- nirsi della citta ed ottenere l’intento : Passalirono percio da tutte le parti, e con tutto il potere,, in- traprendendo dinuovo la piu gagliarda espugnazio- ne che loro suggeriva la speme concepita d’un otti- mo fine, invigoriti per l’arrivo d’un nnovo soccor- so d’un terzo d’abitanti di Venezia ivi mandati, col divieto di non partirsi, benche passati tre mesi non venissero cangiati con altro terzo de’medesi- mi cittadini; onde piu fieri che mai ringagliardiro- no gli assalti travagliando gli assediati, pero con poca buona riuscita per la costante x'esistenza dei valorosi difensori, che rese il Gimento assai piu dif- ficile della presupposta credenza . Mentre i Triesti- ni ansiosi della liberta convertivano l’aftlizione,col timore,in fortezza respinsero conmolto spargimen- to di sangue gli assalitori dalle mura: onde scher- niti e fuori di speranza della gia presupposta vitto- ria, scorgendo i Provveditori che passati due anni di rigoroso assedio perdevasi il tempo senza verun profitto deliberarono, astretti anco dalla penuria dei viveri, e calamita d’abbandonare 1’impresa, e levare l’assedio, conoscendo apertamente 1’ ostina- zione non essere virtu, ma vizio . L’arrivo anco del Patriarca col suo esercito, il settimo di giogno alla 238 23 2 vista di Trieste, accelero di pid tale risoluzione, m e n tre il sentire da lontano io strepitoso fracasso, che per le scoscese balze del Carso facevano i suoi carriaggj di vettovaglie, oltre la moltiplicita dei grandissimi fuochi 0611’esercito, e nella citta, in- timori si fattamente ilpresidio della fabbrieataTer- ra di Romagna, che atterrito dallo spavento, la-- sciando in abbandono ogni cosa, si ricovero preči- pitosamente nelle barclie , e navi, gridando ad al¬ ta voce, chi puo salvarsi lo faccia . Levato Fasse- dio sortiroao immantinente dalla citta pieni di giu- bilo i nostri Triestini, ed entrati nel forte Roma- gna , prima deli’ arrivo de’ collegati, ritrovarono in esso mol ti mangani , ed altri edifiej mili tari , con qnantita di vettovaglie, ed altre cose diverse, e do- po il loro trasporto in eitta, spianarono subito Fac- cennato forte . Liberata la citta con si felice esito , e riposate ahpianto le milizie, ritorno il Patriarca Raimondo Del Friuli , o ve licenziato Pesercito diede princi- pio a'trattati di pace. Rinvigoriti i nostri cittadini dalFimprovvisa partenza dei Veneti, armarono im¬ mantinente alquante barche , ansiosi di rifarsi, e vendicarsi in parte de’’ danni ed oltraggi da loro ri- cevnti, e scorrendo con quelle il mare, arrivati improvvisamente a Caorle, la quale saccheggiata P incendiarono , indi fatta prigione la gioventb, e levati i navigli ritrovati nel porto, portarono Fin- fortunio medesimo a Malamocco, come assefisce il Dandoio nella Gronaca veneta manoscritta a mm 233 iaflg con queste parole:— (*) Cioe restando vitto- riosi i Triestini, e percio ripieni di molto coraggio, 1 e taeitamente solcando con alquanti Legni armati nel silenzio della notte, invasero Caorle, e presero Manin Sil vio, podesta di quel luogo, con una sua figlia, Jopo avergli incendiato il palazzo; ma rila- sciarono la'sua veechia ed inferma consorte in pel- liccia . Andiedero aMalarnocco, e similmente I’in~ ecndiarono, e fecero altre cose, le quali furono di non poco obbrobrio, e disoncre, alli Veneti. — Monsignor vescovo Brissa di Toppo aveva prešo ad impresdto da nn certo Cino Diotisalvi fiorenti- no, stabilito in Trieste, cento lire, da dovergliele restituire nelle feste di Pasqua del medesimo an- no , e per sicnrezza di detto debito monsignor Ve¬ scovo gli da la Muda fino al tempo deli’ esborso; di piu, domanda il suddetto Diotisalvi ,che monsi- gnore gli faccia una carta o scrittura, colla qu,ale gli concede la dettaMuda col consensodelCapitolo, (*)• Tergestini nempe victores et ob hoc mul ta virilitate repleli, cum aliquibus lignis armatis, sub no- ctis taciturnitate, clam secedentes Carpulas invaserunt, et Maninum Silvio potestatem dieti loči cum quadam ejus filia ceperunt, palatio prius concremato, uxorem ve¬ ro vetulam, et infirmam in pellicio relaxerunt. Mathe- maucum accesserunt, quod similiter combusserunt, et alia fecerunt quae opprobry,et dedecoris fuerunt non modicuin Venetorum. a34 per due o tre anni, nel gnal caso gli condona tat- to il debitoec., come si osserva nella seguente scrittura in lingua vernaeola Fiorentina (1) . «2,90 Li 20 giugno del 1290. Io Cino Dietisalvi di Firenze sono in questo con- cordio questo die, co raesser Jo vescovo de Trieste, che mi die dare di qua in Pasqua prossima Lire Ciento di pieuli de me dare la Muda de Trieste imia tenuta di qui a tanto che io abbia le dette ciento libre. Aehe mi deve fare di quie per tutto Maggio una charta dinnovo de la moneta di Trie¬ ste come lu mi venda in cingue anni di tempo di pacie colla confermagione del Chapitolo. Overo farmi una charta dinnovo, oltrecio che dio lo a te- nere, che contenga di tre anni, o di due colla con¬ fermagione del Chapitolo, darmi queste charte per tuto Magio a tutte sue spese se questo mi fa, sie li fo io rimesione d’ ogni cosa che per alcuna charta io li potessi demandare fina questo die se al termi¬ ne nol mavese fatte le sopradette cose, questa i- scritta sia chasa e vana , e no sia dalhuno valore. A mastro Siuttocino le scritta de’ salvare in se si- no quel termine ec. ( 1 ) Registrata ne 3 libri Capitolari deli a Cattedrul« di Trieste. a 35 Guglielmo Ongarello nella storia di Padova ma- noscritta in lingua padovana antica seme cosi : I2 9 ° „ In 1290. Podesta messer Tomaso Quirini da Ve- ,, nezia fu fatta liga tra Padovani, Visentini, Pa- ,, triarca d’ Aquileja, et la Comunita di Trieste da ,, una parte , et quelli da Venesia dali’ altra per j, fino a nove anni prossirni, che duvra venire . ,, Assegnati dalla Repubblica di Venezia Tomma- so Quirini, Pietro Basegio, Pietro Ženo, e Rogiero Morosini , per trattare la pace col Patriarca d’A- quileja, e stabilire gli alfari deli’ Istria , essa fu fi- nalmente conchiusa dopo dodici anni di guerra, li n Novembre 1291, con le condizioni seguenti, cioe che i Veneti rilasciassero al Patriarca la ter- radiMugia, ed alla no^tra citta di Trieste il ca- 12 9 * stello di Moccb, cogli altri luoghi occupati avanti quest’ ultima jmossa d’ armi, ritenendo essi gli al¬ tri eastelli delPIstria, sino alla decisione del Som- mo Pontefice, e che d’ ainbe le parti fossero rila- sciati i prigionieri, ed aperti i passi, con libera facolta a ciascuno di poter riassumere i traffichi, ed esercitare liberamente il commercio. Della qual pace riferisce 1 ’ accennato Dandolo (1) le qui in- giunte parole: = (*) Ma in questi tempi gli errori, g= (*) His vero temporibus, errores, etguerrae tem- pore praedecessorum Uujus Ducis exortae inter Aqui- (1) Loe. ek. a36 e le guerre, nate in tempo dei predecessori di que- I2 9 I sto Doge ( parla di Pietro Gradenigo) tra il Patriar- ca d’Aquilej« , ed il Conte di Gorizia, e i Trie- stini da vina parte , e li Veneziani dalP altra, ora con la probita di questo inclito Doge li j o Novem¬ bre ^ Indizionei4 5 sono ritornate la quiete, e la paeifica concordia per mezzo di Tommaso Quirino, Pietro Basegio, Pietro Ženo, e Rogero Morosrni. Stabilita la pace, e ponderando i Canonici e Ca- pitolo della nostra Cattedrale di Trieste da un canto, ed i Giudici col Magistra to e Cittadini dali’ altro, che gli anni passati la sola uniformita ed unione de’ voleri li conservo e difese tanto tempo contro la potenza Veneta, che con ragione gli uni potevano rappresentare agli altri gli ammaestra- menti di Seneca (i) : — (*) Imperciocche con quai lejensem Patriarcham, Comitem Goritiae, et Tergesti- nos ex una parte, et Venetos ex altera, nune et pro- bitate hujus incliti Ducis dieXI. Noveinbris, Ind.XIV. quietam et pacificam concordiam redactae sunt perTho- mam Quirino, Petrum Basilio, Petrum Ženo, et Ra- gerium Mauroceno. — (*) Nam quo alio tuti sumus, quam quod mu- tuis juvamur officiis ? Hoc udo instruetior vita , coutra- que incursiones subitas muniLior est beneficiorum cosn- inercio. (i) 4' de Benefic. cap. 18. a37 altro raezzo siatn sicuri, se non che col tnezzo deli’assistenza, che ci prestiamO 1’ un 1’ altro ? I2 9 r 'Quest’ e 1’ uuica massima delPumaaa vita; contro gP.improvvisi assalti la piu sicura difesa e 1’ aju- tarsi scambievohnente d’ accordo = . Posciache dalla collegazione amiehevole de’ cittadini, e sud- diti prendono le citta e regni vigorosa forza per abbattere la potenza nemica, a guisa del torrente , quale formato ed accresciuto di molti rivi riesce al se n tire del Garirnbertimaggioi’e coi ricevuti rin- forzi. Appoggiati dunque alle accennate niassime, ed a quanto soggiunge il prenominato Seneca (i): — Due eose furono che lo salvarono avanti ogni altro, laragione, e la societa— stabilirono uni- tamente di comune accordo li 5 Febbraro Piugiun- ta scrittura del 1292, e concordato da me fedel- rnente trascritto, cotne segue . XXVII. L’ anno del Signore 1292 li 5 Febbraro . n Fu fatto un accordo tra i Canonici, il Gapitolo * Duas res dedit, quae illum obnoxium caete- ris validissinium fecerunt, rationem, et societatem. XXVII. Anno Domini MCCXCII. die V. Februarii. Concordium factuni fuit inter Canonicos, Capitulum ,(1) Seriec. loc. cit. a38 della oliiesa di Trieste , e i Giudici, Consiglieri, e 2 9 a Citiadini Triestini. Coli’ autorita data loro dal Consiglio maggiore, ed in vece e in nome di tutto il Comune di Trieste, scambievolmente e eoncor- demente si associarono ed unirono in difesa di tut- tiloro,e deli’infrascritta unione, contro qualsi- voglia persona, che voglia impedire o malignare la Chiesa, ilCapitolo, e la Citta di Trieste dei predetti e quahinque dei Ganonici, e dei Chierici della Chiesa e Cittadini di Trieste sopraddetto, in que’ modi e patti almeno. Che se aecada che alla medesimaChiesa, Capitolo e Citta, o ad alcuno dei predetti, venga apportato impedimento, ofatta mo- lestia, aggravio e danno da chiunqne o da qualsi- vogliano, reciprocamente si daranno ajutog e si Ecclesiae Tergestensis, judices, consiliarios, etcivesTer. gestinos. Autoritate eis tradita a Majori Consilio, et vice, ac nomine totius Communis Tergesti j fecerunt ad invicem unanimiter, et concorditer societatem, et unio- nem, ad ipsorum omnium defensionem, et infrascri- ptorum unitam societatem, contra quoslibet personas impedire -vel negligere volentes Ecclesiam ,• GapituFum, et civiiatetn Tergesti, praedicto, et quarnfibet Canoni- corum, Clericorum dictae Ecclesiae, ac civium civrtatis praodictae: hys quidem modjs, et pactis; Quod si con- tingat eidem Ecclesiae capitulo, et civitati, vel alicui praedictorum , impedimentum, molestiam, gravamen, ac damnum, per quemcumque, vel quoscumque inferri, manterranno a tutto potere, facendo le spese eo- munemente, a rata porzione dei beni, e che ne una, 12 9 2 ne 1’altra delle parti trattera, ne fara trattare ne mandera lettere , o ricevera senza la domanda , o consenso deli’ altra parte sopra i loro comnni inte- ressi. Promettendo il sig. Decano, Arcidiacono e Capitolo in suo nome, e della dettaChiesa,con ob- bligare tutti i suoi beni tanto ecclesiastici, quan- to secolari, presenti e futuri da una parte , e lidet- ti giudici, per se, e per il predetto Consiglio o Co- mune colPobbligazione di tutti li beni del detto Comune, presenti, e futuri dali’ altra . E che tutte le suddette e singole cose vicendevolmente si ab- biano da avere e tenere rate, e confermate , e non vel fierl se se ad invicera adjuvabunt, et manutene- bunt toto posse, facienies expensas communiter, pro rata bonorura. Et quod neutra partium tractabit, nec tractare faciet, neque littcras mittet, vel recipiet abs- que requfsitione, vel consensu alterius partis, super eorum communibus negotus. Promittentes DominusDe- canus, Archidiaconus, et Capitulum nomine suo, et dictae Ecclesiae, cum obligatione otnnium bonorum suorurn tam ecclesiasticorum, qunm saecularium, prae- sentium, et futurorum, ex una parte: et dieti judicef per se, et praedieto Consilio, et Communi, cum obli¬ gatione omnium bonorum dieti Communis praesentium, et futurorum ex altera. Supradicta omnia, et singula ad in vicem, rata, et firma habere, et tenere, et non a4° contrafare, o contravvenire con qualche oceasione, 9 2 eccezioneo pretesto, senza cagione, sotto pena di quattro miiie lire piecole >li deri ari veneti ec. Io Andrea Notaro del sagro palazzo 3 e di Trieste sono stato presente ec. Qaest’anno 1292 fu Podesta eletto dal Comune di Trieste Arrigo Gorite di Gorizia . Passato da questa a miglior vita Folchefio vesco- vo di Concordia, fu eletto in sua vece con pie r -ez- za di voti da qnel Capitolo Giacomo d’Usigrispaco Udinese, e confennata dal Patriarea Raimondo P elezione, cotumise a monsig.Brissa di Toppo nost o vescovo di Trieste la sua consagrazione, la quale segui li 21 decembre del 1293'giorno di s. Tomma- 9 ^so Apostolo nel palazzo d’Aquileja . La mancanza di Guartipertoldo di Spilirribergo , possessore di moiti Dorninj, e Giurisdizionij cagio- no molte discordie , e fautori nel Friuli, che divise fra li signori di Zuccula, e Spilirnbergo da un caa- to ed Artico di Caslello dalPaltro, pretendenti di tale eredita, apporto grave danno alla Patria . Po- sciache ciascuna delle parti tralasciando di trattare eontra facere v-el venire aliqua occasione esceptione, in- genio, sive causa, sub paena quatuor millium libram m deuariorum venetorum parvorum ec. Ego Andreas sacri palatii, et Tergesti notarius hys omnibus interfui ec. 2^1 eivilmente la causa, procurava d’ottenere coli’ar¬ ini il preteso possesso . Divisa la Provincia in due fazioni, scambievoli furono i danni,che apporto una parte alPaltra aderendo i nostri Triestini ai signori di Zuccula, e Spilimbergo , gPinviarono P anno seguente in ajuto duecento fanti. Ritrovasi ne’ frammenti manoscritti di monsig. Andrea Rapiccio, che l’anno 1395 consta che la fa¬ miglia di Bauleo , o Basseo passasse da Capodistria a stabilirsi in Trieste. Quanto cio sia lontano dal l ero lo dimostra ilP.Ireneo nella sua storia diTrie- ste, quando molte famiglie nobili per fuggire Pin- cursione dei barbari abbandonata la nostra citta di Trieste ritiraronsi parte nelle Lagune di Venezia, ed altre in Capodistria . Onde P asserire che i Bas- eei lasciata Capodistria venissero ad abitare in Trieste non deve presupporre che questa nobilissi- ma famiglia annoverata fra le piu cospicue di Ro¬ ma , quando venne nelPIstria eleggesse per proprio domicilio Capodistria : mentre uei primi tempi quel luogo, perche di poco rilievo, rimase privo delle prei'ogative di Colonia, e per conseguenza de’ ma¬ gistrati , il che rende incredibile , che famiglia di tanto lustro in Roma, non men propensa ed ansio- sa degli onori de’magistrati, che P altre famiglie nobili Romane, tralasciasse di prendere abitazione in Trieste , ovvero in Pola dichiarate Colonie de’ cittadini Romani, per abitare in Capodistria : ma bensi che per le eause addotte ivi ritirate, poco sod. disfattedi soggiornare al Dominio Veneto, ritorna- Yano nuovamerite alla Patria. 16 24-2 Ponderando monsig. Brissa di Toppo,come pa- 9 °drone proprietario della Giurisdizione del Gastello di Moccb , e Villaggi sottoposti ali’ istesso, i quali rendevano obbedienza, e vassallaggio al suo vesco- vato : non pote egli per ragionevoli cause assistere alla custodia di esso Castello , e difenderlo contro chiumjue, con pregiudizio notabile della propria citta, presumevainvadere, ed usuparsi quel pošto. Per isgravare duncpte la sua Chiesa, ed assicurare da quella parte la citta, diede e concesse per dieci anni venturi in governo, e custodia alla Comunita di Trieste il prenorainato Castello colle condizioni, e patti inserti nel seguente Istromento descritto fe- delmente dal suo originale . XXVIII. In nome delPEterno Dio . L’ anno del Signore 1295. Indizione ottava li 10 del mese di maržo . Fatto in Trieste nel palazzo vescovile, es- sendo presenti il prudente uomo sig. Gillone ar- cidiaeono d , Aquileja, ed il sig. Biagio mansiona- rio d’Aquileja, Pantolfo prete, e Zufredo notaro XXVIII. In nomine Dei diterni. Anno ejusdem mil- lesimo ducentesimo nonagesimo quinto. Indictione octa- va, die decima intrante mense mar-tii. Actum Tergesti in episcopali palatio, praesentibus prudente 'viro do¬ mino Gillone arehidiacono Aquilejensi , et Dominis Blaxio mansionario Aquilejen., Rantulfo praesbitero> di Trleste, Ricardo, edOdorico detto Testa deCop- po, famigliare del detto monsig. vescovo infrascrit- 1 to, Volvino piovano d’Umago, Giacomo detto Al- badia, famigliare del detto sig. arcidiacono, te- stimoni cola chiamati, e pregati, ed altri. Considerati i molti mali , e danni i quali accad- dero al vescovato, ed alla Chiesa, al comune, ed agli uomini di Trieste, per gli omicidj, prigionie, incendj, rapine, saccheggi, devastazioni di vigne , e de’loro lavori, e molti altri danni e modi, per cansa del Castello di Moeco, che cadde nelle mani degfinimici del vescovato della Chieša, e Comu- ne , e uomini di Trieste, affine d’ avere diligente cura, e sicura custodia del detto Castello, ed affin- čt Zufredo Notario de Terg., Riccardo, et Odorico di¬ eto Testa de Coppo, familiare dieti Domini Episcopi in- fraseripti, Volvino Plebano de Umago, Jacopo dieto Albadia, familiare dieti domini archidiaconi, testibus ibi ad hoc vocatis, et rogatis, et aliis. Consideratis multiplicibus malis, et damnis, quae evenerunt Episcopatui, et Ecclesiae, Commufti, et bo- minibus Tergestinis per hottlicidia, captivitates, incen- dia, rapinas, depopulationes, et vastationes vinearum, et laboreriorum suorum, et plures alias tncinries ( sic legitur ) et modos propter Castrum de Mucbo quod pervenit ad manus inimicorum Episcopatus Eccle¬ siae et Communis, ac hominum de Tergesto, ut de ipso Castro diligens, et secura custodia habeatur , Ut- 244 cbe sia tolto via ogni dubbio , e pericolo , cbe pos- a 9^sa accadere al predetto Casiello, acciocche le vib le, ed altri beni del vescovato, e della Chiesa sieno libere e sicure sotto la protezione del comune e degli uomini di Trieste. II reverendo Padre monsi- gnor Brissa, per la grazia di Dio vescovo Triestino aveudo tenuto uu solenne consulto , e consiglio , e trattato delle precedenti cose , con il prudente si- gnor Gillone arcidiacono d’ Aquileja, Legato , e Nunzio del reverendo Padre monsignor Rairaondo per la Dio grazia Patriarca della santa sede d’Aqui. leja, e colli discreti uomini signori Errigo deca- nOj e capitolo della Chiesa di Trieste, e con altre solennita, le quali di diritto furono solite ad osser- varsi in simili contratti. Conoscendo cbe Pinfra- que omne dubium et perieulum, quod evenire possit praedicto Castro, tollatur , ac et ut villae , et alia bo¬ na Episcopatus, et Ecelesiae liberae, et securae sint sub proteetione Communis et hominum de Tergesto. Reverendus Pater Dominus Brissa Dei gratia Episcopus Tergestinus habita deliberatione solemni,et consilio , ac tractatu praecedentibus cum prudente viro domino Gillone archidiacono Aquilegensi, legato, et nuncio Rev. patris Domini Raymundi Dei gratia sanctae Aqui- legensis Sediš Patriarchae, et Capituli Aquilegensis, ac cum discretis vu-is dominis Henrico decauo, et Capi- tulo Ecelesiae Terg., et aliis solemnitatibus quae de jure consueverunt in bujustnodi contraetibus observa- a 4Š sčritta eoricessione e utile per il vescovato, e Chle- sa Triestina , col consenso, e volere dei signori Er- 12 9 rigo decano, e del capitolo della memorata Chiesa Triestina , commise , e concesse al signor Matteo Bajardo sindico e procuratore de’signori Sardio, Mostelli, Valexi, ed Errivico , e Sardio di Largen- to consoli del eonsiglio s e comune di Trieste , in vece, ed in nome del detto comune ricevendo la custodia del Gastello di Mocco , fino a dieci anni prossimi venturi. Restando le ville, ed altre pos- sessioni spettanti allo stesso Castello, col dominio ed onoranze al memorato monsignor vescovo, ec- cettuato il dominio de’maleficj . Quelli maleficj poi s i quali esigono pena pecuniaria , il detto ri. Cognoscetis concessionem mfrascriptam utilem esse pro Episcopatu et Ecclesia Tergestiria, de consensu, et voluntate dominorum Henrici decani, et Capiluli me- moratae Ecclesiae Tergestinae, eommisit et concessit domino Mattheo Bajardo sindico, et procuratore domi- norum Sardii, Mostellis Valexii, Henrivici, et Sardii de Largento Consulum Gonsilii, et Conimunis Tergesti ■vice, et nomine dieti Communis recipienti Custodiain Castri de Mocho , usque ad decem annos prosime ven- turos. Remanentibus villis, et aliis possessionibus spe. ctantibus ad ipsum Castrum, cum dominio et bono- rantiis Domino Episcopo memorato, excepto dominio de maleficiis. lila autem maleficia, quae esigunt pae- nam pecuuiariam, dictus Dominus Episcopus intra suos A monsignor vescovo abbia, ricouosca , e faccia puni- 9^re entro i suoi confini . Cosi ancora clie il comune e gli uomini di Trieste debbano ajutare, difendere, e mantenere il detto monsignor vescovo Con buona fede nel conservare le di lui ville , e diritti. E vi- ceversa il detto monsignor vescovo sia tenuto fare il sitnile a loro . Compiti poi i detti dieei anni, il comune, e gli uomini di Trieste sieno obbligati di dare , e restituire il detto Castello liberamente, e senza verun prezzo, o soddisfazione della custodia, delle fatture, o aleune altre spese fatte dal memo- rato monsignor vescovo per se e suoi successori , ed il detto sindico o procnratore, in nome del so- praddetto sindicario , e procuratorio, colla solenne fines habeat, cognoscat, faciat et punire. Ita etiam quod Commune, et homines de Tergesto juvare, defendere, et manutenere debeant dictum Dominum Episcopum bona fide in manutenendis villis, et juribus suis. Et e contra dietus Dominus Episcopus eis similiter facere teneatur. Compietis autem dictis decem annis Commu¬ ne, et homines de Tergesto dictum Gastrum dare, et restituere teneantur libere et abstjue ullo pretio, vel sa- tisfactione custodiae fatuminum ( sic ), vel aliarum aliquarum expensarum factarum a Domino Episcopo rae- moralo, promittens dietus Domiuus Episcopus per se et suos successores, et dietus Sindicus, e% Procuraior, sindicario et procuratorio nomine supradieto, stipula- tione soletuni interveniente ad invicem supradicta ojb- M7 etipulazione vicendevole di avere, e tenere, atten- dere, ed osservare rate, ferme tutte, e ciasehedu- 1 na delle sopraddette cose, edi non contravvenire, o fare per se, ne per mezzo di qualche altra interpo- sta persona, con qualche ragione, eccezione, o mo¬ do , pretesto, o causa, sotto pena di trecento mar- che di denari nuovi della moneta d’Aquileja , o Triestina, le quali tante volte si possano chiedere, ed esigere con effetto , quante volte si commette- ra contro di essa la mancanza, col risareimento dei danni, interessi e spese quindi competenti, e da eompetersi. Di piu giurarono il detto monsignor vescovo sopra P anima sua alle cose a lui proposte, ed il detto sindico , e proeuratore, sopra 1’anime dei predetti consoli delConsiglio , e delComune, e nia, et singula rata, et firma habere et tenere, atten- dere et observare, et non contravenire vel facere per se, nec per aliquam personam interpositam aliquibus ratione, exceptione, vel modo, ingenio, sive causa sub paena trecentorum marcharum denariorum novorum, Aquileg. vel Tergestinae monetae, quae toties peti pos- sit, et exigi cum efFectu, quoties commitetur in eam , cum refectione damnorum, interesse ac expensarum exinde competitarum, et competiturarum. Juraverunt insuper dictus dominus Episcopus in suam animain ši¬ bi proposids, ac dictus sindicus et procurator in ani- mas praedictorum cousulum Consilii, et Communis, ac suam tactis Evangeliis Sacrosanctis praedicta omnia et ^18 sopra la sua, toCcati gli Evangelj sagročanti di ave* 2 9°re, e tenere rate, e ferme tutte, e ciascheduna del- le predette eose , con vicendevole solenne stipula- zione . Obbligando a cio il detto monsignor vesco- vo i beni del suo vescovato, ed il signor sindico, e proeuratore in nome del suddetto sindicario., e pro- curatorio vicendevolmeute tutti i beni del detto comune,ecollapena dipagare idanni, erisarcimen- to delle spese , nonostante il presente istromento resti nel suo vigore. Alle cose sopraddette v’inter- venrsero li signori Errigo decano , Giacomo arci- diacono , Odolrico scolastico^ Almerico sagrestano, Gregorio, Carotto , Andrea, Tommaso , Pertoldo, Fioranenzio , Marsilio e Bernardo canonici della memorata Ciiiesa, prestando il loro assenso. Per singula rata, et firma habere, et tenere stipulatione solemni ad indicem. Obligantes ad haec dictus domi- nus Episcopas bona Episcopatus sui, ac dominus sirs- dicus, et procurator, sindicario et procuratorio noini- ne supradicto, ad invicem bona omnia dieti Commu- nis, paenaque solutione damuorum et expensaruin re- fectione, praesens Instrumentum nihilominus in sua permaneat firmitate. Supradictis imerfuerunt domini Henricus decanus, Jacobus archidiaconus , Odorlicus seolasticus, Almericus sacrista, Gregorius, Carottus, An¬ dreas, Thomas, Pertoldus, Floranentius, Marsilius, et Bernardus canonici Ecclesiae memoratae, suumque ad- kibentes assensum. Ad majprem autem praedictoruia 249 forme zza maggiore poi tli tutte le predette cose, il memorato monsignor vescovo, e i detti signori de- 1 cano, e capitolo, i consoli e consiglio, e comune di Trieste fecero il presente istromento , e lo ma- nirono co’ sigilli pendenti di ciascheduno di loro • Io Errigo nota j o con imperiale autodta fui pre¬ sente , e pregato lo scrissi, Stava situato questo castello sopra la valle di Eaule , percio addimandata allora la valle di Moc- co, contigua alla montagna del Carso, nella cima d’ un colle per difesa di quel pošto con istrada as- sai anglista, laquale conduce inlstria, ed anco alla nostra citta di Trieste , ove oggidi e fabbricata la nuova Muda, o gabella nominata Finfenperg, per essere circondata da altre quattro colline. Quest’anno medesimo il nostromonsignor vesco¬ vo Brissa diede in affitto 5 e concesse alla comunita di Trieste alcuni diritti suoi e del vescovato, per ripararsi dalle usure e dai debiti, come dal se- guente istromento si rileva» omnium firmitatem, dominus Episcopus memoratus, ac dieti domini decanus, et capitulum, consules, et eonsilium, et Commuue Tergesti fecerunt praesens In- strumentum eorum sirigulorum sigillorum pendentium appensione muniri. Ego Henricus Imperiali Auctoritate Nctarius hi* m- te.fui, et rogat us seripsi. s 5o XXIX. Nel nomedelPeternoIddio. L’anno del ( Si- 2 9 ^gnore 1396. Indizione ottava, li 10 maržo. Fatto in Trieste nel palazzo vescovile, essendo presenti il prudente uomo signor Gillone arcidiaeouo d’Aqui- leja, ed il signor Biagio mansionario d’ Aijuileja, Randolfo prete, e Zufredo notajo di Trieste, Ricar- do j ed Odorico detto Testa di Goppo, famigliare del detto monsignor vescovo infrascritto , Volvino Umago, Giacomo detto Albadia, famigliare del sud- detto signor areidiacono, e testimoni ivi chiama- ti, pregati, ed altri. Essendo State devastate e distruttea cagione del- le guerre, e delle discordie avute tempo fa nella provincia delPIstria, e specialmente nel distretto XXIX. In nomine Dei iEterni. Anno ejusdem mil- lesimo ducentesimo nonagesimo qointo, Indictione octa- va, die decima intrante martio. Actum Tergesti in Epi- scopali palatio. praesentibus prudente viro domino Gil¬ lone archidiacono Aquilegiensi, et dominis Blaxio man¬ sionario Aquilegensi, Rantulfo presbytero, et Zufredo notario Terg. Riccardo, et Odorico dieto Testa de Cop- po, familiare dieti Domini Episcopi infraseripti, Vol- "vino plebano de Umago, Jacobo dieto Albadia, fami¬ liare dieti domini archidiaconi, et testibus ibi advor- catis, rogatis, et aliis. Cum propter guerras et discordias habitas olim in provincia Histriae, et specialiter in uistrictu Dioecesi Tergestin. depopulatae, destructae et devastatae sint n5r e Diocesi di Trieste.cosicche per le grandi ed urgenti necessita, i teni e diritti del detto ve- scovato sieno obbligati dal reverendo Padre monsi- gnor Brissa per la Dio grazia vescovo Triestino, at- tesi i bisogni di vitto e vestito, e di altre cose ne- cessarie di iui, e della sua famiglia , non potendo ottenere altrimenti, e non potendo il medesimo monsignor Vescovo aggravato col peso delle Hsure, sostenere il detto peso, clie ridonderebbe in gravis- simo danno, anzi nella disiruzione del suo vesco- vato , le quali cose sopraddette sono 'pienamente patenti. Il medesimo monsignor Vescovo tenuto un solenne congresgo, e consiglio, e trattato delle co¬ se precedenti col prudente signor Gillone arcidia« cono d’Aquileja legato, e nunzio del reverendo Pa- ..... 5 ita quod, propter nimias st urgentes necessitates, bona et jura dieti Episcopatus obligata eint per reverendum patrem Dominum Brixam Dei gra- tia Episcopum Tergestinum, propter sui, et familiae opportunitatem victus, et vestitus et aliorum necessario- rum, cum aliter habere nou possint, et cum ideru Dominus Episcopus usurarum onere pergravatus, di- ctum onus sustinere non valens, quod in gravissimum damnum, imo in destructionem Episcopatus sui re- dundaret, quae supradicta patent ad plenum. Jdem Dominus Episcopus habita deliberatione solemni et concilio, ac traetatu praecedentibus cum prudente vi- ro domino Gillone archidiacono Aquilejensi legato, et a oz dre monšignor Raimondo per la Dio grazia Patriaf* 32 9^ca della santa sede d’Aquileja, e del capitolo d’ A- quileja, e coi discreti uornini sign. Errigo decano e capitolo della Chiesa Triestina, e con altre solennita le qnali sono State solitedi diritto d’osservarsi in si- mili contratti. Gonsiderando le concessioni e locazio- ni infraseritte, essere espedienti a se ed al suo ve- scovato, e niente dannose , affitto , e concesse, ed accordd vita suadurante al sig.Matteo Bajardo sin- dico e proeuratore de’si 5 g, Sardio Mostelli, Vales- sio Erriverieo e Sardio di LargentoConsoli del con- siglio, e del comime di Trieste, in liome del loro sindicario, e procuratorio, aceettante col consensoj, e volonta dei detti sigg. Decano, e Capitolo della nuncio reverendi Patris Domini Raymundi Dei gr a tis Sanctae Sediš Aquilejensis Patriarchae et Capituli Ac- quilejen , ac cum discretis viris dominis Henrieo de¬ cano, et Capitulo Eeclesiae Tergestinae, et aliis solem- nitatibus, quae de jure consueverunt in hujusraodi contractibus observari. Considerans concessiones, et lo- cationes infrascriptas šibi, et Episcopatui suo esse ex- pedientes, et ininime damnosas, locavit et concessit , ac consensit in vita sua domino Matthaeo Bajardo siu- dieo, et proeuratore dominorum Sardii Mostelli ,< Va- lexii Henriverici, et Sardii de Largento consulum Consi- lii, et Communis Tergesti, sindicario et procuratorio n o min e ipsarum reeipienti, de consensu et voluntat« dietoram dominorum Dečani, et Capituli Eeclesiae Teu- 253 Cliiesa Triestina Tofficio di Gastaldiorjato, di san- gue, di battiture, e le regalie con quel diritto, che 1 ha e puo avere, e questo pel prezzo, e col notne di prezzo di duecento marche.di buoni denari d’Aquileja, o di moneta Triestina, de’quali il detlo proeuratore, e sindico, in nome del sopraddetto sin- dicario, e procuratorio, ha promesso di pagare la meta fino alla festa di s. Martinoprossimo venturo, eTaltra meta poi dalla festa di s. Giorgio prossimo venturo per un anno immediatamente appresso in denaro Veneto al detto monsignor Vescovo, o a chi cgli eommettera sotto pena del terzo di piu in de¬ nari, secondo la qualita di ciasehedun denaro, in proporzione. Cosi ancora, che se il medesimo mon¬ signor Vescovo abbia qualche diritto contro il Co- gestinae oiBcium Gastaldionatus, cruentam, etlividam, ©t regalia cum eo jure quod habet, et babere videtur, et hoc pro praetio, et nornitie praetii ducentarum mar- cbarum frixeriorum, bonorum denariorutn, Aquilejen- sis vel Tergestinae monetae, de quibus dictus procu- rator, et sindicus, sindicario et procuratorio nomine supradicto, medietatem solvere promisit usque ad fe- sttun sancti Martini proximi venturi; alteram vero iueditatem a festo sancti Georgii proxime venturi ad unum annum iminediate sequentem in den. tum. dieto domino Episcopo, vel cui commiserit sub paena tertii plus in denariis, ut sors pro quolibet denario pro ra¬ la. Ita etiam quodsi idem dominus Episcopus quiescet sS4 mune, e gli uomini diTrieste, nella citta o dlstret-^ Triestino, i quali cliritti il Comune , e gli uo¬ mini diTrieste non vedono, ne credonodi avere,ne si ricordano; lostesso monsignorVesccvo s , acquie- tera ed osservera silenzio nel domandarli, o ricer- carlifinche vive, salva sempre a se la moneta del- la Muda , le decime, i feudi, e i diritti de’feudi. E se alcune particolari persone almedesimo monsi- gnorVescovo tenessero od oecupassero le possessio- ni, le vigne , i carnpi, i prati, o alfri Teni mobili o immobili, il medesimo monsignor Vescovo le pos- sa pretendere avanti al dominio Triestino, con- fessando ed asserendo il mentovato monsignor Ve¬ scovo che circa i sopraddetti diritti nominati , non da e fa aleuna alienazione, o concessione ad alcuna persona, con qualche pretesto, o cagio- et tacebit de ipsis petendis, vel requirendis in vita sua. Salva šibi semper mata moneta, decimis, feudis et jure feudorum. Et si aliquae speciales personae ei- dem domino EpiscopO detinerent, vel occuparent pos- sessiones, vineas, cainpos, prata, vel alia bona mobi- lia vel immobiliaj idem dominus Episcopus possit eas, et ea petere, et requirere contra dominio Tergestino , confitens, et asserens dominus Episcopus memoratus, quod de jam dictis juribus superius nominatis nullam dationem vel alienationem, seu concessionem facit ali- cui personae, aliquo ingenio, sive causa, vel a ni mo ^ aSS ne, oanimo.Chese apparirebbe il contrario, sia tenuto il detto monsignor Vescovo ali’ infrascrit- 1 ta pena; e nonostante le cose soprascritte ed infra- scritte rimangano immobili . Inoltre monsig. Ve¬ scovo rivoco tutti i processi, cbe fece contro il Ca- pitolo eClero, ed ilComune., e gliuomini della cit- ta_, e diocesiTriestina,e tutti e ciascheduno diloro, cassando, ed annullando gFistrumenti e le scrittu- re s e tutti idirittichedi laapparissero,promettendo detto monsignor Vescovo col consenso e volonta de’ si gg. Errigo decano, e delcapitolo della mentovata Chiesa al detto sindico, eprocuratore, in nomedel sopraddetto sindicario , e procuratorio stipulante ed accettante le dette locazioni, concessioni, e con- senso, e tutte e ciascuna delle predette cose , ed al Quod si contrarium apparet, teneatur dictus dominus Episcopus ad paenam infrascriptam ; et nihilominus suprascripta et infrascripta firma permaneant. Revoca- vit insuper dominus Episcopus memoratus omnes pro- eessus, quos fecit contra Capitulum etClerum, etCom- mune ac homines Tergestinae civitatis, et Dioecesis, et omnes, et singulos eorum, cassas et irritas instru¬ menta, scripturas, et omnia jura quae apparent exin- de, promittens dictus dominus Episcopus de consensu et voluntate dominorum Henrico Dečani, et Capituli Ecclesiae memorate dieto sindico, et procuratori, sin¬ dicario, et procuratorio nomine supradicti, stipulanti, et recipienti dieta* locationem, concessionem, et con- aS6 comune e uornini di Trieste, di avere, tenere, aš~ a 9^tendere, ed osservare rate, e fermedi difendere, e mantenere, e non eontravvenire, o fai’e 5 o muove- re da se o per mezzo di qualche altra interposta. persona, sotto alcun nome, eccezione, o modo , pretesto o causa , sotto pena di trecento marche di denari nuovi d’ Aquileja , o di moneta Triestina, la quale tante volte si possa effettivamente esige- re^ quante volte šara contraffatto il preselite con- tratto 5 pagata poi , o na la pena nonostante le eose soprascritte, o infraseritte rimangano nella loro fermezza . Inoltre giurarono il detto monsig. Vescovo sopra la sua anima le cose a se p rop o s te, ed il sig. Sindico e Procuratore sull’aninie dei seusum, et praedicta omnia, et singula dictis Commu- ni, et hominibus de Tergesto. ra,ta et> firma habere, et tenere, attendere, et observare, defeadere et mana- tenere, et non contravenire vel faeere, seu movere per se vel per aliquam aliam personam interposiiam aliquibus noraine, exceptione 5 vel modo, ingenio, si¬ ve causa, sub paena tercentarum marcharom denario-, rum novorum, Aquilejensi vel Tergestinae aionetae, quod toties peti possit et exigi cum effectu quoties contrafactum fuerit, paena quoque solula vel non, su- prascvipta, et infrascripta nihilominus in sua perina- neant firmitate., Juraverunt insnper dictus dominus Episcopus in suam animam šibi praepositis, ac do mi¬ nus siudicus, et procurator in aniraas praedietorus* aof predetti Consoli del Gonsiglio e Cornune, e sopra la sua, toccati i sagrosanti Evangelj, ehe tutte, e 12 9 ciascana delle sopraddette eose le hanno e tengo- no per stabili e ferme, e di non contravvenire con alouna oceasione, o eceezione, obbligando il detto monsignor Vescovo al gia detto Sindico e Proeura- tore stipulante, ed accettante in nome del soprad- detto sindicario e procuratorio tutti i suoi beni o diritti, e quei del suo vescovato; le quali cose se non leosservera, lo stesso Comune e gli uomini possano di sua propria autorita intromettere, te- nere e possedere, senza Jieenza, giudizio o requi- sizioae di alcun dominio, o giudice eeelesiastico o secolare , ed allontanata ogni eontraddizione d’ al- tra persona, lino ali’ intiero pagamento di tutti i consulum consilii et Commuuis, ae sua m taetis Evan geliis sacrosanctis, praedieta omnia et singula rata et firma habere, et te nore, et non coutravenire oceasione aliqua re exceptione. Obligans dictus dominus episeo- pus jan dieto sindico et procuratori stipulanti, et re- cipienti sindicario, et procuratorio nontine supradicta omnia bona, et jura sua et episcopatus sni, quae si Coutrafaceret, ipsa C o m um n e el homines sua propria auetoritate iutromiitere, tenere, ae possidere valeant #bsque licentia, judieio vel recpiisitiane alicujus domi- Tiii, seu judicis eeelesiastici, vel saecularis, omnique »lterius personae coutradictione remota, usque »d in¬ tegrala solutionemj et satisfaetionem oranima praedi- 3 7 a58 predetti, i quali Leni e diritti il suddetto monsig. 295Vescovo eonfesso di possedere con diritto preca- rio, se facesse o venisse contro le cose predette , o alcuna delle predette; rinunziando il detto monsi- gnor Vescovo ali’ eceezione indebita , odilui, o per giusta causa nel fatto, ed azioni del diritto, e della legge delle deeretali, coli’ ajuto de’ decreti, costituzioni, consuetudini, lettere ottenute, oda ottenersi dalla Curia Romana , o da qualche altra, o di qualunque altro . Io Errigo notajo con imperiale autorita sono sta¬ lo presente a queste cose., e pregato le ho scritte . Pretendeva il nostro vescovo Brissa una certa quantita di vino conosciuto sotto il nome di Ribo- la dai Monaei Benedettini occnpanti la chiesa de’ Santi Martiri, onde i medesimi ricorsero in que- ctornm, quae bona jura dictus dominus episcopusprae- cario jure se, ipsorum nomine, possidere confessus est, si contra praediota vel aliquod praedictorum faceret, vel veniret. Renuntians dictus dominus episcopus ex- ceptioni indebiti, sive ejus vel ex injusta causa in fa- ctu actionumque juri et legum decretalium, seu de- cretorum ausilio, constitutiouibus, consuetudinibus, litteris, a Romana vel qualibet alia Curia impetratis , vel impetrandis, vel cujuslibet altevius. Ego Henricus Jmperiali auetoritate notarius bis in- terfui rogatus scripsi. a59 8to medesimo anno 1295 al Pontefice Bonifacio ot- tavo cbiedendo giustizia . II predetto Pontefice a 1 quest’ oggetto spedi ad Albertino di Monselice, canonico di Treviso, la seguente Bolla, onde in breve e quietaraente terminasse tali differenze . XXX. Bonifacio vescovo servo de’ servi di Dio . Al diletto figlio Albertino di Monselice canonico di Treviso salute, ed apostolica benedizione. Si sono con Noi lagnati 1 ’Abate ed il Convento del Monastero di s. Giorgio Maggiore di Venezia,i quali in verun modo appartengono alla Chiesa Ro¬ mana, delPOrdine di s. Benedetto, che il vene- rabile nostro fratello Brissa vescovo Triestiuo gli agsrava indebitamente sopra una certa quantita di vino, cbe volgarmente si chiama Rubola, sopra una somma di dan aro e di terra, sopra le posses- sioni ed altre cose. Percio raccomandiamo al tuo XXX. Bonifacius Episcopus servus servorum Dei. Dilecto filio Albertino de Monsilice canonico Tarvisi- no salutem et apostolicam benedictionem. Conquesti sunt nobis Abbas, et Conventus Monasterii s. Georgii Majoris de Venetiis ad Romanam Ecclesiam nullo mo¬ do pertinentis, ordinis s. Benedicti, quod venerabilis frater noster Brixa episcopus Tergestinus super quadam quantitate vini, quod Rubola vulgariter appellatur, pe- cuniae summa, terrae, possessionibus, et rebus aliis in- juriatur eisdem. Ideoque discretioni tuae per Apostoli- 2,60 discernimento per mezzo d’ uu apostolico scrltto , che couvocate le parti, ascolti la Causa, e senza appellazione , con debito fine la decida, facendo ri- gorosamente osservare colla nostra autorita cpiello che avrai decretato ec. Dato in Roma, presso s. Pietro li 20 maržo, F an- no secondo del nostro Pontificato. Memore la nostra citta di Trieste de’tanti favori e beneficj ricevuti dal Patriarca Raimondo , e della protezione che teneva di essa citta, elesse 1’ anno 1296 per suo podesta Errigo della Torre Milanese a 9 ^stretto parente di esso Patriarca . Monsignor Andrea Rapiccio nostro vescovo di Trieste, ne’suoi frammenti man. ser. attribuisce Torigine della nobilissima famiglia Bonoma di Trie¬ ste a quest’anno solamente . puesfanno pure segni la perniciosa permuta, che fece il nostro vescovo Brissa di Toppo col Pa¬ triarca Raimondo della Torre, della terra di Mugia, allora soggetta al vescovato di Trieste con la Pieve di san Ganciano delPIsonzo, mentre al presente ca scripta mandamus, quatenus partibus convocatis» audias causam, et appellatione remota, debito fine de- cidas, faciens quod decreveris auctoritate nostra firmi- ter observari ec. Datum Romae, apud sanctuuiPetrum, XIII. KI. apri¬ li«, Pontificatus nostri anno secundo. a6r il vescovato di Trieste non gode nh 1’unane l’altra: onde per memoria di tal fatto voglio qui inserire 1 1’istromento di permuta segnita fra le parti. XXXI. Nel nome di Cristo cosi sia. L’anno del medesimo 1296, Indizione nona, li i3 febhraro. Fat¬ to in Aquileja nel palazzo patriarcale, presenti il venerabile Padre monsignor Fra Simone vescovo di Capodistria, ed il signor Cino di Firenze, ed altri mol ti a cio chiarnati e pregati testimonj. Il venerabile Padre in Cristo il monsignor Bris- sa vescovo di Trieste per se e suoi successori, in nome suo, e della Chiesa Triestina, permuto , diede in cambio, e consegno al reverendo Padre in Cristo, e monsignor Raimondo Patriarca della San¬ ta Sede d’Aquileja, per se, e suoi successori, e del- XXXI. In Christi nomine amen. Anno ejusdem mil- lesimo ducentesimo nonagesimo sexto, Indictione nona, die tertio decimo, exeunte Februario, Aquilegiae, in Patriarchali palatio actum, praesentibus venerabile pa¬ tre domino fratre Simone episcopo Justinopol. et do¬ mino Cino de Florentia, et aliis pluribus ad baec vo- catis testibns et roga tis. Venerabilis in Cliristo pater dominus Brixa episco- pus Tergestinus per se suosque successores suo et Ec- clesiae Tergestinae nomine , permutavit, et in cambium dedit, et tradidit reverendo in Cbristo patri, et do¬ mino Raymundo sanctae Sediš Aquilegensis Patliavebae a6a la Chiesa d’Aquileja, stipulante, ed accettante tut- a 9^ti i frutti del diritto temporale, e le decime che esso e la Chiesa Triestina aveva, opotevaave- re, e quelli, o quelle, che appartenevano a loro , in tutto il territorio della terra di Mugia, tanto nel borgo, e castello, quanto fuori, tanto di biade, che di vino, e šale, e tanto di valli, che monti , e tan¬ to occupate, che non occupate, e tanto quello che gli tocco per la morte del signor Valei’io di Mumia- no, quanto quello che si usurpavano i signori fra- telli Giovanni , e Biachino di Mumiano, o qualcun altro di loro, o alcun altro a cui il detto sign. Gio- varsni, o lo stesso signor Biachino , o a loro due lo avessero in qualunque modo dato, tanto il palazzo per se, ac successoribus sms, et Ecclesiae Aquilegensis stipulante et recipiente omnem usufructum et totum j us temporale decimae, quae quas, et quam ipse, et Ecclesia Tergestina habebat, seu habere poterat, et qui quod, et quae ad ipsos spectabant in toto terrae et territorio Muglae, tam in burgo et Castro Muglae, quam extra, tam bladi, quam vini et salis, et tam vallis, quam montium, et tam occupata, quam non occupata, et tam illud quod šibi exciderat per obitum domini Valerii de Mimiglanis, quam illud quod šibi usurpa- bant dominus Jobannes et Biacbinus fratres de Mimi¬ glanis, seu alter eorum, sive quis alius cui dictus do¬ minus Johannes, vel ipse dominus Biacbinus , seu ipsi ambo illud quocumque modo dedisseut, et tam pala- z63 quanto qualunque altra cosa conosciuta sotto qual- sivoglia altro nome, taiito infeudato, quanto non 1 infeudato , spettanti per sempre alla chiesa di san Ganciano oltre 1’Isonzo della Diocesi d’Aquileja, e per mille duecento lire piccole venete in suo sup. pleinento, e rieompensa, le quali dette cose teinpo- rali valerebbero meno deli’ usufrutto e diritto tem* porale delle sopraddette decime . Ad avere, tenere, possedere , e tutto cio che ad esso monsignor Pa- triarca, ed ai suoi successori piacera in perpetuo di fare del detto usufrutto, e diritto temporale sulle sopraddette decime, non alienando quelle della Chiesa d’Aquileja , il qual denaro pero detto mon- si , .1 - Kj \