PROGRAMMA CAPODISTRIA TIPOGRA.FIA COBOL & PRIORA 1892 KS« ■y'S\ --••v'vv .. - ^ -.. : \ >•-*- «■* ■ ■. <4irt»wn*»jteaž:i:i ..... * .. * PROGRAMMA DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE DI CAPODISTRIA CAPODISTRIA TIPOGRAFIA COBOL-PRIORA 1892 Parte Prima: Sui natali di Francesco Patrizio (1529-1597) per cura del prof. Stefano Petris Parte Seconda : Notizie intorno al Ginnasio pubblicate dalla Direzione. £dit. la Direzione dein. r. Ginnasio. SÜI HATALI DI FRANCESCO PATRIZIO (1529-1597) Col risvegliarsi degli studi filosofici, e meglio ancora per via di quelli sulle Odi barbare del Carducci, da pochi anni in Italia e fuori fu scritto parecchio anche su quel grande ingegno che fu Francesco Patrizio, ii filosofo ardito, il poeta geniale, il precursore di Newton e di Linneo.') Giä il Guerrini in una sua monografia pubblicata nel « Propugnatore » (0. Guerrini, Di F. Patrizio e della rarissima edizione della sua «Nova Philosophia» nel «Propugnatore» a. XII, disp. I. e II, Bologna 1879), aveva tentato di ricostituire la biografia deli’ illustre filosofo chersino spigolando ne,lle opere sue e di altri, ma non pote confutare l’origine attribuitagli dal Mar-navich. Pochi anni dopo il chiarissimo A. Solerti, scorrendo le filze Rinuccini della Biblioteca Nazionale di Firenze, ebbe la Ventura di seoprire alcune lettere inedite dirette dal Patrizio a Baccio Va-lori. Una di queste contiene 1’ autobiografia di Francesco, preziosis-simo documento che sparge non poca luce sui natali del nostro istriano e sulla sua vita agitata. (v. Archivio storico per Trieste, 1’Istria e il Trentino, vol. III, fase. 3.° e 4.°, Roma 1886). Perö ancor oggi c’ e chi, o per non aver letta 1’autobiografia, o perche presti maggior fede alla tradizione di quello che alle parole del Patri/.io, vuole il grand’ uomo nato da illecite nozze. Par-vemi buona cosa di servirmi dei documenti, che mi fu dato di rin- *) V. fra altri il Chiarini: «I critici italiani e la metrica delle Odi barbare» (Prolusione alla seconda edizione delle Odi, Bologna 1878); Cavallotti: «Anticaglie» (Roma, 1879); Stampini, Trezza ecc. Piü recente di tutti, e che si riferisce diret-tamente al Patrizio, e lo studio del Dr. Milivoj Srepel: «O Patricijevoj poetici» (Lib. CVII del «Rad» Zagabria, 1892). Ž uno studio accuratissimo sulle opere del grande chersino; 1' autore non ricerca perö 1’origine del Patrizio, ma ne tesse in brevi tratti la biografia, desumendola dalle opere del Patrizio e dal Tiraboschi, fatica ehe avi ebbe potuto risparmiarsi sol ch'avesse saputo degli studi del Guerrini e del Solerti, usciti nel 1879, nel 1886 e nel 1891. S’ intende poi ehe lo Šrepel fa del nostro Francesco una gloria croata, e chiude dicendo ehe i Croati possono andar superbi di avere tale un figlio. Perche poi sempre meglio lo si conoaca, e per dar maggior luce a certe asserzioni contenute nel presente studio, do infin« una biografia del Patri/.io, quella seritta dal Ljubič, il quäle la trasse a sua volta dal Vitturi. tracciare scorrendo i Libri Consigli della citt;\ di Cherso e rovistando qua e colä negli archivi, per provare ehe le cose asserite dal Pa-trizio nell’ autobiografia sono vere in ogni lor parte, e ehe la tradizione sulla sua origine scandalosa non ha nessuna ragione d’ esistere. «L’anno 1529, a’25 d'Aprile, serive egli al Valori, nacque Fran.co Patricio in Cherso terra d’ una delle antiche Absirtidi in Liburnia, nel Quarnaro, la qual terra o isola Plinio chiama Crexa, Tolo-meo Crepsa: di padre Stefano Patricio, liuom primo fra la nobiltä, e di madre Maria. Ma ehe nobiltä p 11 o essere in terra piccola e povera? Vero e ehe la casa pretende, per 1’ arina ehe e un quartiere azuro e bianco attraversato di una eroce rossa, di venire di Bosina, del sangue regale. Che quest’ arma portava, il testimoniano certe antiche carte di navigare, che a quel regno la piantano cosi fatta; il quäle fu distrutto da Pleomer seeondo intorno agli anni 1400; overo per lo cognome credono venir da Siena. Certo e ehe un Stefanello venne di Bosina, con quanto pote portare da quella ruina, e comperö gran parte de’ pascoli deli’ isola, ehe sono poi state le ricchezze e il sostegno della casa.» Non mi farö qui a ripetere ciö che 1’ eruditissin.o Guerrini, ancor prima ehe 1’autobiografia venisse alla luce, disse per provare che veramente Francesco nacque a Cherso; 1’ab. Ladvoeat, il Brücker fra altri lo volevano nato a Clissa in Dalmazia! Diro soltanto la ragione per eui egli, discendente dalla famiglia de Petris da Cherso, abbia assunto il cognome di Patricio. L’uso deli’ epoca, col sorgere degli studi classici, voleva ehe il cognome rispondesse meglio alla dolcezza deli’ idioma italieo. E non fu gici il Patrizio ehe 1’ abbia mutato di sua posta; prima di lui 1’ avea cosi portato 1’ avo suo, e cambiato cosi lo serbö il padre di Francesco. Non e dunque, come sembra supporre il Dr. Srepel, ehe il Patrizio stesso 1’ abbia mutato dallo slavo PetritS. Un tale cognome non esiste e mai esiste sull’isola nostra. E ehe egli non 1’ abbia mutato, ma 1’ abbia ereditato dai suoi ed invece si sia piut-tosto accomodato di portarlo, lo provo subito. 11 cognome suonö sempre Petris fin da quando esistono documenti, ehe si riferiscono alla sua famiglia. Cito fra altri un testamento di Stana Petris-Fo-seari (4 maggio 1387), ehe prima di passar in pellegrinaggio in Terra Santa lascia i suoi beni a Stefano de Petris (v. archivio del convento di S. Francesco a Cherso); il Kukuljevič stesso, riportando un atto ehe si riferisce ad un Petris (1399), lo chiama Stephanus Petris (vedi lvukuljevič: lura. p. II, p. II); il testamento di un Stefanello de Petris (1405), acconciato si nel latino Petrissius, ma non Petricius; un’ iscrizione ehe gli eredi di Stefanello fecero porre sulla chiesa di S. Spirito (iuspatronato della famiglia Petris) e ehe dice: Hoc opus erigere fecerunt haeredes domini Stephani de Pe-trisio; i Libri battesimali, che qua e lä al nome di Petris sostitu-iscono quello di Petrisseo. Mi cade sott’occhio, a mo’ d’esempio, la data 21 maržo 1601, giorno in eui viene battezzato a Cherso un «Stefano (Bortolo) di Zuanne Petrisseo.» E ben vero ehe a Ca- % isole, viÜaggio deli’ isola dove i Petris ebbero ed hanno tuttora vasti possessi, il nome fu slavizzato nel secolo decimosettimo; ma da Petris si fece Petriševic e non Petrioevič. (v. per esempio al-l’anno 1581 la fede di nascita di quel Nicolö, che fu poi cavaliere di S. Marco: « godisča 1585 miseča marca dan 14 miser mikula i tadej sin gospodina Kapitana Petriševica» . ..). Resta quindi sempre il fatto che Patrizio ad ogni modo non avrebbe fatto derivare il suo nome da Petrid. E di tali prove ce ne sarebbero a iosa. Patrizio invece il suo l’ereditö daH’avo e dal padre. Leggo infatti nel 1 e II Libro Consigli della cittä di Clierso giä all’anno 1519, 29 giugno: «Dominus Nicolaus de Patriciis (avo di Francesco, che, notisi, nacque nel 1529; veggasi la sua biografia in fine) quon-dam domini Mathei fideiussit pro supradicto ser Johanne de Patriciis cognato suo » In an documento privato del 1537, 12 maggio, (una convenzione fra il convento di S. Francesco a Cherso e gli eredi di Antonio de Petris-Marcello, vescovo di Cittanova d’ Istria e arci» vescovo di Patrasso, conven/.ione che trascrivo nelle note perche farä luce su altro argomento; v. nota ') e detto: «Inter lieverendum Dominum Stephanum Patritiurn quondam Domini Nicolai....» Cosi all’ §nno 1548, 22 gennaio: «Visto di quanta ingratitudine saria pagati li gran stenti e strusii ha patito e patirä il spect. messer Stefano Patricio (e costui il padre di Francesco) orator alli piedi della Signoria » (v. nota 24j. II cognome Patricius o Patritius, se in latino, e Patricio, quando sia scritto in itali»no, lo si riscontra ad ogni pie’ sospinto (v. nel Ljubid: „Monumenta“ il testamento di Giov. Frangipani, dove fra i testimoni apparisce un Stephanus Pa~ tricio da Cherso), mutato cosi da quello di Petris, in atti di l'amiglia, in documenti pubblici, e nei Libri Consigli del secolo XVI. Francesco dunque il suo l’ereditö dagli avi e non lo mutö di suo ta-lento, come si volle, per coprire la sua origine scandalosa. L’ebbero anche gli altri Petris quel cognome; mentre Patrizio lo serbö intatto sempre, gli altri, forse anche per ragioni d' interesse, lo avvicen-darono al vero, all'originale. C’e poi in tutto ciö fors’ anco un po’ di miüanteria; ci teneva il Patrizio, e lo nota il Guerrini (v. pag. 176 del «Propugnatore,» ed i «Paralleli militari» del Patrizio t. I, lib. 3. «Siena 1’antica sua patria —»), di dirsi discendente dalla nobile famiglia Patrizi di Siena, e non volle perciö rnutar il cognome assunto ed ereditato, coli’altro che non suonava prettamente italico; e ci teneva, credo, tanto piü perche, come si sa, visse onorato t3 festeggiato alla corte di Alfonso II di Ferrara (v. biografia ln fine)» Ma pare a me ci sia stata un’ altra ragione ancora. II nome Petris presso i cardinali ed i pontefici, amici e mecenati del grand’uomo; puzzava, come vedremo, d’ eresia. Veniamo alla questione piü importante. E da prestarsi fede, al Patrizio, che scrisse essere figlio di Stefano Patricio e di Maria, o a chi lo disse nato da nozze scandalose? Esaminerö la seconda parte della questione, perche questa da luce e risponde alla prima. L’illegittimitä., anzi 1’origine scandalosa del nostro istriano, si basa su due fatti: sulla tradizione e su un testamento. Vuolsi che il Patrizio sia figlio o, secondo altri, nipote illegittimo di un prelato Petris: e mentre gli uni lo dissero e lo scrissero, altri avvalorö la strana leggenda producendo perfino un documento. Fra i primi noto il Marnavich’), fra i secondi il Dr. Marco de Petris. Cosi ne parla il Marnavich: Edidit Crexana Civitas aetate nostra praestantissimum virum politicarum litterarum, et Platonioae doctrinae in Europa facile Principom, qui dum Romanae Academiae a Clemente VIII praepositus omnium in se oculos converteret, ibidem diem extremum clausit, Franciseus Patritius appellatus; qui tarnen inaximo Philo-sophici animi praejudicio, ex eo, quod humilissimo loco apud suos nasceretur, natales occultare studens Senensem se civem maxima cordatorum virorum admiratione in fronte lucubrationum suarum scripsit. Audivi etiam a fide digno viro id 11011 tantum egisse occul-tandae humilitatis quam sacrilegorum natalium gratia; fertur enim rurali Sacerdote agri Crexani patre genitus (v. Fortis: Saggio d’Os-servazioni sopra 1’isola di Cherso ed Ossero, pag. 153). II Marnavich e il primo fra gli scrittori dalmati ch’ abbia fatto cenno del Patrizio; fu quasi suo contemporaneo. Era quindi molto faeile a lui di schiarire il fatto; invece egli riporta la voce di un vir dignus, che certo lo trasse in inganno e fece ehe il degno canonico di Sebenico prendesse un granchio confondendo e pomi di persone, e fatti. La tradizione ehe diceva essere esistito un figlio di un sacerdote Petris era ben vera; anzi si dieeva ehe i prelati fossero due e due i tigliuoli, ma Patrizio non c’ entra per nullain tutto ci6. Trovo infatti nel «Processo» di I3aldo Lupetino per lute-ranismo (1541) ehe fra gli accusati c’ era ,un prete Antonio figliol naturale del piovan vecehio.“’) Ora pievano, titolo con cui allora *) Giovanni Tomco Marnavich, canonico a Sebenico. dove anche nacque, oltre ali’opera «Descriptio urbis Spalatensis » ci lascio i « Dialoghi suH'Illirico e sui Cesari illirici» (De Illvrico Caesaribusque lllyricis). fe appunto in questa seconda opera (studio di non moko valore) ch' egli parla del Patrizio. *) V. «La Penna» Rivista di Storia, Scienze sociali, Letteratura ecc., Rovigno, 1886, A. I, N. 3- Leggesi poi nel II Libro Consigli della citta di Cherso: — 29 giugno 1538. «Item posita fuit pars quod elligatur magister scholarum: Rev. dominus Antonius Tonsorinus doetor cum salario ducatorum 60 quattuor datis suffragiis habuit pros: 18, c. 15; Dominus praesbiter Antonius de Petris cum salario ducatorum 45 habuit pros: ‘25, cont: 12. — 2 gennaio 1530. «Item propositum fuit quod confirmetur Excellentem dominum Antonium Patritium grammaticae praeceptor cum zonta ducatorum decem ultra salarium per annos quatuor. — 29 giugno 1543. «His factis, per magnifieum dominum comitem, spectabiles dominos iudices et advocatos posita fuit pars de confirmando magistrum scholae seu praeceptorem grammaticae Rev. dom. patrem Antonium de Petris per anno tantum»......... — 20 aprile 1544. «11 consiglio e autorizzato di cercare un precettore con «sa» lario honesto.» Dall’anno 1544 al 1559 e assente dalla patria; vi ritorna nel 1559 ed e rieletto a precettore. — 2 giugno 1559. « Pre Antonio Petris vostro compatriota et servitore carico di fede et pieno di speranza di essere collocato nella patria mia et a servitu di quella sempre quando ho possuto et con la vita et con la robba ho operato per far ad uno Minimo delle Sig.ie vostre in particolare nonche in Universale et piacere et gratissimo favore. Oesidero dunque un giorno come ho giä detto esser vostro per sempre sicome vostro mi attrovo. Dico essermi venuto a notitia ehe il presen te chiamavasi a Cherso chi fosse rivestito della suprema carica eccle-siastica, nel 1541 era un Don Stefano fu Nicolö de Petris, successo ad alti-o Don Stefano fu Matteo de Petris addi 6 Dicembre 1536 ; quindi prete Antonio era figlio di Don Stefano fu Matteo, morto appunto nel giorno 11 Maggio 1536. Mi riserbo di provar ciö piü innanzi quando si dovrä parlare dei due prelati. Di prete Antonio Patricio fanno cenno qua e cola anche i Libri Consigli perche, come ho dimostrato nella nota a pie di pagina, fu pubblico precettore in patria. — Fra le molte pergarnene, conservate nel ricco archivio dei P. P. di S. Francesco a Veglia, trovansi pareccbie, ehe si rife-riscono a frate Giovanni Marcello-de Petris, fratello del vescovo Antonio, uomo clie appunto come il fratello coperse le piii eccelse cariclie nel suo Online. Giovanni Marcello-Patrizio con testamento del 10 luglio 1536, in seguito a licenza dei superiori, beneficava un figliuol suo naturale, Marco-Antonio, e lasciava riccbi possessi in Istria (ereditati dal fratello vescovo) al convento de’ Frari a Venezia (v. archivio S. Francesco, Veglia). Non veglio arnmettere ehe prelati insigni per virtü e per dottrina avessero avuto figliuol i da illecite nozze; sono anzi convinto clie tutti e due fossero passati allo stato sacerdotale, come di frequente avveniva a quell’epoca, poiche ebbero perduta la loro consorte, o ehe avessero avuto figliolanza prima di passare allo stato sacerdotale; il Vergerio, a mo’ d’esempio, si fe prete, mortagli la moglie Diana. Che fosse cosi lo prova anche 1' etä dei genitori. Don Stefano fu Matteo, pievano dal 1507 al 1536, ha un figlio Don Antonio Patrizio, che, come egli diee (v. nota), nel 1558 era di etä «senile e pietosa.» Marco-Antonio figlio di fra Giov. Mareello de Petris (f 1536) era gia. morto nel 1546, tant’ e vero che pel iigl io Stefano, ehe entra in Consiglio appunto nel giorno 2 gennaio 1546, giura il cugino Antonio (Stephanus de Petris quondam domini Marci Antonii de Petris pro quo iuravit Dominus Antonius de Petris quia publica voce Stefanus est filius quondam domini Marci Antonii). La tradizione perö era ba-sata sulla veritä; ci furono due Petris, tigliuoli di due prelati, e propriamente Don Antonio Patrizio (notisi il cognome) e Marco-Antonio Palrizio, il primo dei quali fu anche precettore in patria, tutti e due contemporanei al nostro filosofo. A wen ne in appresso che il Dr. Marco de Petris, appassionato cu 1 tore di storia patria e di tutto ciö che valesse ad illustrare la sua isola, rinvenisse un testamento di Don Stefano Petris, padre di Don Antonio Patrizio, rogato 1’ 11 maggio dei 1536, anno in cui Ecc mo messer Francesco Petruoio vostro maestro di schola e per partire et la-sciarvi in loco dei quäle se son buono et atto servire le Sig.rie vostre mi attro-veressi prontissirno et fidele raccordandovi che non per prelio ma per benefitio grande che io desidero conseguir da questa magnifica comunitä, ma per farle quella servitü che lo desidero rendendomi certo che in questa mia senile et a Voi pietosa etä non mancaressi pagarmi quel cibo che parera alle _Sig rie vostre alle quali humilmente mi raccomando et professo da servitore.» E eletto contro un «Nicolö Moyseo vostro patriota» col salario di 60 ducati. Nel 1560 viene rieletto, anzi gli si aumenta la paga con 15 ducati « stante la sua poverta, la carestia e l'anno sterile». Cosi nel 1562. appunto moriva Don Stefano. In quel testamento egii parla anche del Patrizio; eccolo, come lo riporta il Petris: «Lascio alla madre di Francesco detta Petrizza Baldissicina due porzioni di due vi-gneti, una casa ed un orto col dovere di tramandare il tutto al di lei figlio Francesco Patrizio, cui lascio inoltre cento lire per prov-veder libri, vesti e tutto il mio credito che ho verso il Reverendo Martino mio zio e verso la sorella di detto Martino sostituendo nelle vigne, orto e casa i miei nepoti quallora morisse detto Francesco senza leggittimi eredi.» L’esistenza del testamento, di cui si conserva il solo lrain-mento riportato di sopra in uno studio ancor inedito del Dr. Petris e posseduto dal Rev. Don Domenico Muškardin, parroco a S. Giovanni (isola di Cherso), nun la metto in dubbio, anche perche non e possibile inventare, cosi, a casaoeio, nomi di per-sone, anni, e date, corrispondenti in tutto alla veritä, cose ehe il Dr. Petris non avrebbe potuto conoscere se non da un tal do-cumento. Sembrami soltanto strano ch’egli, piuttosto ehe lasciarci un documento di tale importanza nella sua integritä, non ci abbia lasciato ehe un sunto, perche non c’e chi non vegga ehe il testamento riportato non e che un compendio dell’originale. Bastö dunque il riavenimento di quest’atto perche il Dr. Petris, che dell’esistenza reale del figlio di Don Stefano e di quello di Giovanni-Marcello 11011 ne sapeva buccicata, basandosi sulla vaga tradi/.ione dell’esi-stenza d’un tigliuolo di un prelato, sparsa dal Marnavieh, reputasse il Patrizio tigliuolo di Don Stefano, e desse consistenza alla diceria, tanto piii perche o 11011 sapeva ehe il Marnavieh parla di un sacer-dos ruralis, o 11011 aveva mai letto ehe il Petris era stato pievano a Cherso fin dal 1507, e lo supponeva invece parroco in qualche villaggio deli’isola. La notizia si sparse ben presto in Dalmazia, dove il Petris aveva amici e colleghi ed era con questi in corri-spondenza epistolare. ln prova che eio sia vero eceo una Iettera ehe il Hreglianovich seriveva a lui in data 24 novembre 1814: «La notizia ehe concerne il testamento del prete che lo beneficö, avvalora la congettura ragionevole, ehe fosse il Patrizio figliuolo naturale del sacerdote; e questa notizia, appoggiata da un documento, farä impressione gratissima presso que’ molti, ehe sanno apprezzare le memorie biografiche de’ grand’ uomini». (v. studio inedito del Dr. Petris). La Iettera stessa del Hreglianovich ci mostra ehe il Dr. Petris aveva poea tidueia nella sua scoperta, e ehe la sua 11011 era altro se non una congettura. Infatti 11011 poteva Don Stefano benefieare un nepote? da ehe cosa si arguisce ehe Patrizio sia stato suo figliuolo? perche, ad avvalorare il suo asserto, non ci ha lasciato il testamento per intero, nella sua originahta? Vedremo prove anche maggiori contro 1' ipotesi del Dr. Petris. La tradizione dice ancora che Francesco sia nato da illegittirne nozze di una nepote del vescovo Marcello-de Petris. Ora per quanto io mi sia adoperato per indagare se il benemerito uomo abbia avuto nepoti, 11011 mi fu dato di trovarne ehe una sola, anzi sua proni- pote, Francesca de Carvin, che certo non puö essere la madr-e di Patrizio. Francesca de Petris, vedova di Matteo Anton iazzo de Bo-china (-j- 1499), sorella del vescovo Petris-Marcello, si sposö nel 1500 in Radoca di Marco de Carvin ed ebbe tre figliuoli, frate Antonio, Marco e Gasparo. Frate Antonio muore nel 1537; Marco, sposato in Maria, nel 1534; da Marco e da Maria nascono tre figli: Francesco, Antonio e Francesca. Siccome nella miglior ipotesi Marco nacque nel 1500 e si šara sposato nel 1520, a 20 anni, Francesca, sua figlia, nel 1529 non poteva essere la madre di Patrizio. Anzi nel 1537 tanto Francesco che Francesca de Carvin erano ancora mi-nori di etä, perehe nella lite promossa dal loro fratello Antonio al convento di S. Fran-esco in Cherso per i beni che loro spetta-vano come eredi del vescovo, essi ve n gon o rappresentati dal fra-tello maggiore. E notisi ehe allora. per lo Statute stesso deli'isola, bastava l'etä di quattordici anni per essere dichiarati maggiori (v. nota 1-2). Mi pare poi debito di cortesia rispondere ad altra ipotesi, sorta di questi giorni, rispetto ai natali del Patrizio. 11 reverendo padre Granic, segretario provineiale dei Minori Cunventuali, quell’istesso a cui debbo le grazie migliori per avermi favorit« in gran copia documenti dalTarchivio del suo convento a Cherso, nel buio pesto ehe c'era rispetto ai natali dell'illustre fi-losofo, lo suppose figlio di quel Marco de Carvin, di cui ho fatto cenno di sopra, e credette poter congetturare che Francesco, figlio di Marco e di Maria, abbia assunto il cognome di Patricio in memoria del vescovo. Credo pero la sua supposizione non regga; Francesco de Carvin apparisce con questo nomo) a piü riprese nel II e 111 Libro Consigli: cito soltanto gli anni 1545, 2 gennaio e 1558, 2 gennaio. Or eh i fu dunque il Stefano padre del Patrizio? Nell’albero genealogico Petris, compilato da me su quello esi-stente ai Frari a Venezia (sezione moderna), su uno ehe risale allo scorcio del XVIII secolo, e sui Libri Consigli (v. Petris: Spoglio Libri Consigli della eitta di Cherso; Capodistria, Cobol e Priora 1892), fonte assolutamente innegabile, trovo nel XVI secolo parecehi membri della famiglia Petris, che portavano il nome di Stefano. La-scierö di parlare di Stefano fu Nicolo (-j- 1502), di Stefano fu Antonio, di cui non si fa piü parola dopo il 1496 e ehe certo non lasciö eredi, di Stefano figlio di Giovanni assunto nel 1545 in Consiglio e rnorto nel 1591, perche tutti questi non potevano essere padri di Francesco. Diro invece dei due prelati a cui ho giä accennato, ed ai quali si potrebbe al caso attribuire la paternitä del Patrizio (e, come dissi, fu attribuita), se giä non bastasse per provare il contrario eiö che ho detto; parlerö poi di Stefano di Nicolo, per far vedere che quest’ultimo appunto fu suo padre. Don Stefano fu Matteo de Petris (quello dunque del testamento) resse la chitssa di Cherso col titolo di Pievano dal 5 luglio 1507 al 1536, 11 maggio. Lo provano i Libri Consigli: «Morto il piovano Moise de Moisis e eletto a tale carica, avendo il consiglio la pre- rogativa deli’ elezione, Don Stefano de Petris. Segue anzi il privi-iegio di conferma e di investitura fatto da Clemente di Lalio, cora-missario del vescovo Giusti» (v. Petris, o. c., vol. I, pag. 26, e il decreto del Lalio nelle note, pag. 108). Don Stefano fu Nicolö de Petris successe al primo nella carica di pievano nel 1536, 6 di-eembre, e governö la dio esi fino al 1551 (v. nota 3). II Patrizio non poteva essere figlio ne dell’uno, ne dell’altro. II primo dei due, Stefano fu Matteo, muore dunque nel 1536; lo provano e il suo testamento, citato dal Dr. Petris, e i Libri Consigli. Parmi prima di tutto debba esser rnorto molto vecchio, e che quindi nel 1529 sia stato dilficile abbia potuto lasciarsi vincere da certe passioni erotiche. Infatti ho gia detto nella nota a pag. 5 ehe suo Hglio Don Antonio Patrizio nel 1559 era in etä «senile e pietosa.» Suo fratello Nicolo poi, fratelJo maggiore eome arguisco dal nome deü’avo suo, giä nel 1495, quando lianno principio i Libri Consigli, doveva avere per lo meno trent’anni (notisi ehe mori nel 1532) se nel 1495 veniva eletto a giudice e nel 1496 ad arbitro in una lite fra Cherso ed Ossero (v. Petris, o. e., pag. 1 e 3). 11 fratello Don Stefano, ammetto sia stato fratello minore, ne avrä avuti venticinque, quindi cirea trentasette quando nel 1507 veniva eletto a pievano, sessantasei quando moriva, e cinquant’otto nel 1529, anno in cui naseeva Patrizio. A Don Stefano cosi si attribuirebbero poi due li-gliuoli: Don Antonio Patrizio e Francesco, figi i d'etä ben differente, che mentre Antonio nel 1559 era oramai vecchio, Francesco tro-vavasi appena nella virilitä. Ma non basta; il Patrizio nella sua au-tobiografia parla anche di « due nipoti di sorella rimasa vedova e povera » (v autobiogratia nell’Arch. stor., pag. 279). Dunque non pili uno, il vero, Don Antonio, ma sarebbero ben tre i figli di Don Stefano. A supporre cio si ribella la mente. E ben vero ehe se si ponga riflesso a certi documenti del I e II Libro Consigli (v. Petris, o. c , pag. 39, a. 1513; II Lib. Cons., a. 1533, 2 giugno e nota 4) 1’immoralita del clero a Cherso, appunto in quel torno di tempo, era quanto di peggio si possa ideare, e ehe se si volesse giudicare da quel documento, di verecondia non era da parlarsi. Quei documento pero si spiega invece ben altrimenti. Verteva allora gran lite fra gli eredi del vescovo Antonio Francesco de Petris-Marcello ed il convento dei Minori Conventuali a Cherso, eome ho provato colla conven-zione citata alla nota 1, e premeva agli eredi ehe il convento ve-nisse soppresso per ereditare i beni del defunto vescovo. Tutto ciö ci viene provato anche dalla ducale Gritti.*) *) Andreas Gritti Dei grntin Dux Venetiarum ecc. Nobili et sapienti viro Bartolomeo Georgio de suo mandato Comiti Chersi et Ausceri fideli difeeto salu-tem et dilectionis affectum. Ne e sta exposto per parte di quellI venerabili Frati di S. Francesco de quello loco che pretendendo haver nn legato fatto a quel mo-nasterio per il R. general marcello: et altri beni pertinenti al ditto rnonasterio : par che aleuni de li ehe voriano differir la eexattion di tal legato et beni vanno cercando di inetter ditto rnonasterio sotto li fratti di /.ocoli: ricercando il iusto suffragio uostro onde se ben tenimo che questo non debba seguir senza altra pre-cedente causa et senza intelligentia nostra nientedimeno ne e parso farvi la presente imponendovi cum li Capi del Consiglio nostro di X ehe no debbiate permet- Se Don Stefano avesse dato saggio di tale inverecondia com’e che avrebbe potuto godere la stima generale, la fiducia del vescovo, anzi di parecchi vescovi, di cui fu vicario? come avrebbe potuto venir nominato dalla S. Sede fin ad amministratore della diocesi dopo la morte del Piperario (1527) fino all’elezione del suo succes-sore Antonio II de Capo (1533), e fungere proprio allora quando dava di se spettacolo si vergognoso e poneva alla gogna il suo nome, la sua posizione sociale? e come proprio allora poteva essere stimato ed onorato da quel sant’ uomo ehe fu il cugino suo, il vescovo Petris-Marcello ? (v. nota 5). C’e altro Don Stefano fu Nicolo, pievano di Cherso dal 1536-1551; muore a Venezia 1’anno 1551, circa quel tempo in cui presso a poco moriva, anche forse a Venezia, il padre di Francesco (v. nota 3). Parmi si debba escludere anche questo Don Stefano. Prima di tutto non čredo si possa ammettere che colla pietä e coi sentimenti religiosi, di ehe giustamente andavano superbi gli avi nostri sull’ isola, v an to ancor oggi de’ figliuoli, essi, a cui spettava e spetta di diritto 1’e.lezione del pievano, avessero eletto a quella carica un uomo, che sei anni prima avrebbe dato esempio di tale immoralitä, e che avrebbe avuto ancora nel 1536 nella stessa cittä, a Cherso, un figlio che frequentava la scuola (v. autobiografia citata). Trovo poi nel III Libro Consigli un atto, col quäle addi 26 settembre 1557 il pievano Don Andrea de Bochina, successore del Petris, viene eletto come oratore alla Repubblica per presentare i lagni della Comunitä contro Francesco Patrisio, il quäle s’ adoperava a Venezia presso il legato pontificio affinche si rifiutasse di ricono-scere come canonico della collegiata di Cherso un Pre Michiel Percacich, eletto a quella carica dal capitolo. In quel documento si parla del nostro Patrizio (Patrisio, vedi piii sotto Venesia per Venezia) con ben poco rispetto; e detto di lui «[»er uno come si dice clerico Francesco Patrisio ». Fra i presenti a quella tornata del Consiglio c’erano due nepoti del morto Don Stefano, (quello istesso che fu pievano dal 1536-51), i quali sarebbero stati eugini di Francesco, e propriamente il cap. Stefano e Nicolo de Petris; vi mancavano invece tutti i veri e prossimi parenti del Patrizio. Or si sa quäle sia stato a quell’epoca il rispetto che si aveva per la nobiltä; 11011 si puö quindi ammettere diese i due Petris fossero stati veramente eugini di Francesco, sia egli pur stato uno spurio, avessero permesso che si parlasse di lui con cosi poco rispetto, anzi tar sia fatta aleuna innovation del dicto monasterio de S. Francesco introducendo frati de le galoce; ma li lasserete perseverare come hanno fatto fin al presente prestandoli il iusto favor vostro per la ricuperation del legato et beni sopradicti : come e conveniente: et si aveste altro in contrario ne avvisarete. — Datae in nostro Ducali Palatio die XV, luli, Ind. MD.XXXIII. (v. pergamena nell'archivio S. Francesco a Cherso; Petris, o. C., pag. 100, e la nota 5 pel testamento del vescovo). Noto poi per incidenza che nel II Libro Consigli all’anno 1532 fra i deputati del popolo si legge il nome di «un Giorgio del fa Piovan» e gia prima (1507, 2/1) riscontrasi nel I Libro Consigli un Mattio del Piovan da Caisole (v. Petris o. c. pag. 27). iß che si procedesse contro di lui a Venezia, non foss’ altro per sal-vaguardare l’onore del casato, che allora appunto trovavasi in auge per titoli di nobiltä, e contava fra i suoi membri un cav. Agostin, un capitano Stefano, ed altri non meno celebri uomini d’arme. Don Stefano poi, corae 1’altro, fu uomo che si meritö estima-zione grandissima; anch’egli fu vicario generale dei vescovi d’Ossero, e non c’e pagina quasi del II Libro Consigli, in cui non si faccia cenno di lui per essersi adoperato in difficili contingenze a van-taggio della patria, e gode 1’ illirnitata fiducia dei suoi conterranei (v. nota 7). II Patrizio, coine dirö, asserisce nella sua autobiografia che a nove anni s’ imbarcö sulla galea di un suo zio, fratello di suo padre, e fu alla fazione di Preveša, a quella di Castelnuovo e di Napoli di Malvasia. Ora non e da supporre che lo zio avesse tenuto seco un bastardo, 1’avesse tenuto con se insieme a tanti altri giovanetti di nobil casato, i quali avrebbero certo sfuggito ogni relazione con fanciullo nato da illecite nozze. Lo zio poi parini non avrebbe ac-consentito a farlo anche per via d'interesse, che certo cosi non avrebbe potuto aspirare per i propri figli aH’ereditä di Don Stefano, il quäle invece gia nel 1521 avea fatto acquisto di ricchi possessi in Pischio (localitä non lungi da Cherso) insieme al fratello Giovanni, e prima ancora altri assai piii vasti ne aveva comperato a Caisole (v. nota 8). e altri ne comperö in appresso (v. II. Lib. Cons. a. 1548-50). E il prelato sarebbe stato tanto inverecondo da permettere che un bastardo frequenti la pubblica scuola? avrebbe avuto lo zio tanta cura di lui da pensare alla sua educazione tosto che a dodici anni lo sbarcö a Venezia? e il padre, un sacerdote, avrebbe per-messo eh’ egli, a fini re la sua educazione, si portasse in Germania, nella culla della riforma ? Credo dunque si debba assolutamente rigettare la tradizione che vuole il Patrizio figliuolo di un prelato della famiglia Petris, e che il Marnavuh, il quäle per primo sparse la falsa notizia del-l’origine scandalosa del grand’ uomo, sia stato tratto in errore dalla reale esistenza di due Patricio, figli veramente l’uno di Don Stefano fu Matteo, 1’altro di Giovanni Marcello-de Petris, cioe Don Antonio e Marco-Antonio Patricio, conternporanei anzi coet.anei di Francesco. Infine Patrizio stesso scrive d'essere figliuolo di «Stefano Patricio huom primo tra la nobiltä». Esclusi tutti gli altri e chiaro che Francesco scrisse ed asseri il vero. C’ e forse una ragione per non prestargli fede? Non credo ne sia, tanto piü perche a que-st’ epoca esiste veramente un Stefano de Petris, o Patricio, il quäle, eorae il figliuolo, ebbe vita assai fortunosa, e perche 1'autobiografia di Francesco merita fede, corroborata com'e da documenti, che mi fu dato di porre alla luce. Colla scorta dunque dell’autobiografia cercherö di stabilire la vera ascendenza deU’illustre uomo. Continua dunque il Patricio: «Mandate fanciullo alla scuola*), il primo giorno, con meraviglia del maestro iinparö a leggere. E ’) Furono maestri a Cherso dal 1529-39 il frate Francesco Maiv.az (1533), Girolamo degli Ermolai (1533), Don Nicolö Percacich (1533J, e Gian Francesco- fu sempre il primo nelle classi de’ scolari. L’anno *38 il padre il mandö con un suo fratello ch’era capitano della galera della terra, che i Signori sogliono concedere alle cittä di Dalmazia. Si trovö alla fattione della Preveša, e di Castelnuovo, e poi nella fuga del Pacsä, e vi fu quasi preso da Dragute. Vide la rendita di Napoli e di Malvasia, e attendato il campo turchesco. Del ’42 vennero a Venezia a disarmare. Fra questo tempo si scordo da prima di leg-gere, poi, trovato su la galea a caso un libretto detto t'ior di virtü, e’ da se rimparö, e poi del continuo di propria inclinatione leggea libri di battaglia, tanto che il zio si maravigliava di cosi continua e spontanea letione. Venuti a Venezia, volle il zio che fosse mer-cante, e lo mandö alla scuola, coine dicono, d’abaco e quaderno. Ma il padre, intendendo quella inclination al leggere, volle che fosse mandato ad imparar grammatica; e andö da un prete Andrea fiorentino, che correggea stampe a’ Giunti; fece tosto profitto. Poi il richiamo a casa, e quindi con certa occasione il mandö per istu-diare in Inghilstat in Baviera, ove stette fino alla guerra di Carlo V contro a’ Protestanti, per la quäle in capo a 15 mesi tornö a casa; frequentö la scuola, e di maggio, l’anno 1547, fu mandato a studio a Padova. Ove quella prima state, trovato un Xenofonte greco e latino, senza niuna guida o aiuto, si rimise nella lingua greca, di che havea havuti certi pochi principi in Inghilstat, e fece tanto profitto, che a principio di novembre e di studio ardi di stu-diare e il testo di Aristotele e i commentatori sopra la loica Greci. Andö ad udir il Tomitano, famoso loico, ma non gli pose mai pia-cere, senza saper dire perche, onde studio loica da se. L’anno se-guente entrö alla filosofia di un certo Alberto, e del Genoa, e ne anco questi gli poterono piacere, e studiö da se. In fin di studio udi il Monti medico, e gli piacque per il metodo di trattar le cose; e cosi Bassiano Lando, di cui fu scolare mentre stette in istudio. E fra tanto, sentendo un frate di S. Franc0 sostentar conclusioni platoniche, se ne innamorö, e fatto poi seco amicizia dimandögli che lo inviasse per la via di Platone. Gli propose come per via ot-tima la Teologia del Ficino, a che si diede con grande aviditä; e tale fu il principio di quello studio che poi sempre ha seguitato. L’anno 1551 gli mori il padre, onde deliberö di non volere esser medico, e vende Galeno e gli altri libri di medicina; e per affari famigliari gli convenne dar una volta a casa; e, accomodatigli per allora, tornö a Padova. Ma l’anno ’54 convenne che tornasse a casa, e si mettesse in lite con quel zio che 1’havea guidato in galea per lo mondo. Durö alquanti anni, e in questi entrö in briga di que-stione con un cavaliere suo cugino; rimase su l’honor suo. Del ’57, passato il mare in Ancona, fu a Roma, ed impetrö un beneficio assai buono, ma in sul prenderne possesso il medesimo zio se gli oppose, onde si rinnovö una altra lite che durö fino al ’60.... ». Petruceio da Bologna (1533-1538). V. anche l’anno 1535, 2S giugno, per una « po-liza del maestro della scolla da leggerse nel conseglio questo di»; un anno prima, 29 giugno 1534, sta scritto di lui: «loh. franciscus de Petrutiis, iuventutis cher-siensis moderatoris, Visa suffieientia et sedulitate » e rieletto. Appare intanto dalle parole del Patrizio che suo padre ebbe un fratello, capitano sulla galea chersana;') se si potesse scoprire chi sia stato costui, sarebbe tolto ogni dubbio. Pur troppo non e cosa faeile, e non lo e anche se si volesse ammettere ehe lo zio, a cui allude Francesco, sia stato sopracomito anziche, come egli dice, capitano ; soltanto per via di altro documento potro provare chi sia stato lo zio del Patrizio. Fra i privilegi goduti dai nobili delle terre soggette alla Se-renissima c’era pur que!lo deli’esenzione da qualsivoglia aggravio reale e personale (v. Petris, o. c., pag. 58, introduzione). Avevano invece inolti diritti i nobili; fra gli altri quello di comandare una galea (galera), ehe, allestita dalla Repubblica, veniva fornita di soldati, scelti fra i popolani della terra. II comandante, detto sopracomito, era sempre un nobile deli’ isola, scelto dai nobili e dai popolani in apposita seduta del Consiglio cittadino, al quäle, a Cherso, per tale circostanza prendevano parte anche i nobili e popolani di Ossero. Col sopracomito imbarcavansi sulla galea quanti giovani di nobil famiglia avessero voluto darsi al mestiere delFarmi, e vi coprivano le cariche di ufficiali. E cosi che dal I Libro Consigli appare eletto a sopracomito nel 1499, 2 febbraio, Giorgio de Co-lombis; nel 1509, 27 maggio, Zanco de Bochina; 14 maggio 1514 Antonio de Bochina; poi addi 4 giugno 1520 Bortolo de Bochina, due anni dopo, 11 giugno, Francesco Drasa d’Ossero e finalmente nel 1525 (senza data, ma certo prima deli’ottobre) Giovanni fu Ni-colo de Petris, rieletto dopo diciotto anni nel giorno 25 marzO 1543.9) Sembrerebbe quindi che essendo stato sopracomito a quell’ epoca Giovanni de Petris, costui fosse lo zio del quäle parla Francesco. Giovanni de Petris, sopracomito, e fratello di quel Don Stefano che fu pievano di Cherso dal 1536-1551. il secondo dei due prelati, a cui si attribuisce la paternitä. del Patrizio. Ora siccome ho provato prima che Don Stefano non poteva essere padre del Patrizio (anche perche nella peggiore delle ipotesi c’6 il testamento deli’altro Don Stefano deli’11 maggio 1536), ne viene che Giovanni non fu suo zio, cioe Giovanni sopracomito non fu fratello del padre di Patrizio, se non si voglia ammettere ehe fossero esistiti due Stefani, fratelli tutti e due a Giovanni, uno padre di Patrizio, e 1’altro pievano, cosa ben difficile, e ehe non risulta da nessun documento. Giovanni poi, come appare dal II Libro Consigli, era assente da Cherso fin dall’anno 1537; e non čredo che a quell’epoca sia stato *) La galea armata dali’isola ebbe sempre il nome di galea chersana. Veg-gasi in proposito nel periodico « La Provincia dell’Istria» a. XVIII, n. 8. (16 aprile 1884) nna lettera di Gian-Francesco Moise ,d. d Brescia 10 agosto 1615 «Alli Molto illustri Signori Giovani Nobili Chersani.» E una scoperta ehe non risale dunque a qualche anno. La galea chersana si distinse in piii fazioni, ed i suoi sopracoraiti ebbero dalla Serenissima onori ed elogi. «Et per i conti Palatini, dice il Moise, sotto 1* imperio invittissimo della Serenissima Repubblica di Venezia, alla quäle servendo sono stati et vi sono molti della nostra cittk in diverse Podestarie et Fortezze, Ambasciatori, Giudici, Vicari, Cancellieri e sopracomiti di Galere Cher-sane come fra gli altri fu 1'invittissimo Capitano Andrea Petris nell’armata contro il Turco. (v. anche III. Libro Consigli, 1578, 15 nov,). piii sopracomito. Infatti se nel 1538 avesse ancor coperta la carica di sopracomito, giä ottenuta nel 1525, perche rieleggerlo nel 1543? Se fu rieletto nel 1543 vuol dire ehe fra il 1525 ed il 1543 ci sarä stato altro nobile, ch’ ebbe il titolo di sopracomito. Non posso provare se veramente sia avvenuta in questo mezzo una nuova elezione, perche fatalmente le ultime pagine del 1 Libro Consigli, ehe termina coll’anno 1528, sono sciupate tanto da non esser assolutamente leggibili; il secondo comincia col 1531. So perö che un sopracomito poteva venil* rieletto, ma soltanto quando in questo frattempo si fosse passato ali’elezione di un nuovo; altrimenti egli continuava a fungere. Cosl il celebre Colane Drasio continuö sempre ad essere sopracomito dal di della sua elezione (17 aprile 1558). Ben mi e facile invece provare coi Libri Consigli che Giovanni fu assento da Cherso dal gennaio 1537, mentre vi appare sempre negli anni antecedenti 1531, 1532 e 1536.tft) Ora se Giovanni fosse lo zio a cui allude, Patrizio non avrebbe potuto a nove anni imbarcarsi sulla galea dello zio, ehe era assente. Trovo invece che giä nel 1537 si doveva armar a Cherso una galea, e ehe nel 1539 ci lurono non pochi dissidi fra i nobili ed i popolani per la ra-gione ehe i secondi volevano costringere i primi a sobbarcarsi alla lor volta al peso di armar la galea del sopracomito Andrea Micheli, ch’era venuto ad «interzar» la sua galea a Cherso.") Credo dunque che Patrizio si sarä imbarcato su una galea del Micheli con qual-che fratello di suo padre, il quäle fratello e probabile abbia coperto la carica di capitano. Egli infatti non fa parola di un sopracomito, ma di un capitano. Ho giä addotto del resto ancor prima altri motivi per i quali 6 assolutamente da escludersi che Giovanni de Petris sia stato suo zio, cioe fratello di suo padre. Aggiungo ancora ehe fra i membri della famiglia Petris ci furono parecchi capitani, ehe poi furono eletti a sopracomiti. Perciö suppongo (e čredo ragione-volmente, e lo provo piü sotto) che il Patrizio non voleva alludere a Giovanni, che non era sopracomito, e ehe se fosse stato sarebbe stato chiamato dal Patrizio nell’ autobiografia, sopracomito e non capitano. Cito a mo’ d’esempio il cap. Stefano, il cap. Andrea, cap. Giacomo, cap. Nicolö; Andrea e Giacomo furono poi sopracomiti (v. IV Lib. Consigli). Lo zio a cui allude Francesco era invece il cav. Gian-Giorgio de Petris, fratello appunto di Stefano, padre del Patrizio; lo prova un documento ehe non ammette dubbio. Mi venne fatto di rinvenire nell’ archivio de’ Frari un atto, da cui apparisce ehe nel 1553 veniva dibattuta una lite fra aleuni membri della famiglia Petris per certa somma di denaro, depositata alla Camera de’ Prestiti a Venezia12). E una lite fra la linea ca-detta dali’ una e la maggiore; la prima rappresentata dal cav. Gian-Giorgio, la seconda appunto dal sopracomito Giovanni. K da sapersi ehe un Dragogna Halbis-de Petris, figiio maggiore di quel Stefano che nel 1405 fondava la chiesa di S. Spirito ed il cosi detto Colu-mello Petris (una specie di fidecomesso di carattere del tutto privato, esistente ancor oggi), con suo testamento del 1405, 4 maržo, costi-tuiva erede dei suoi possessi il fratello minore Antonio, come appare da altro documento del 1458, 16 nov. e dali’ iscrizione posta sulla chiesa di S. Spirito in Cherso, sotto all’arma della linea cadetta, che e appunto 1’arma Balbis, non inquartata a quella dei Petris'3). Antonio, l’erede di Dragogna, ebbe un figlio, Stefano, e questi, quattro figliuoli: Matteo, Antonio, Nicolö e Dobrizza, citati appunto nel documento del 1457 come «percollumeilos» di Dragogna. Matteo era il maggiore dei fratelli; egli ebbe due figliuoli: Don Stefano, quel pievano al quäle pel testamento dell’anno 1536 fu attribuita dal Dr. Petris la paternitä del Patrizio, e Nicolö. Nicolö ebbe due figliuoli: Stefano e il cav. Gian-Giorgio. Ne viene che Matteo rap-presentö per legge di maggiorasc© il fidecomesso Dragogna; dopo la sua morte fu rappresentato dal figlio maggiore Nicolö, e dopo la morte di Nicolö dal figlio maggiore Stefano, il padre del Patrizio. Stefano perö (come si vedrä) era morto in esilio, accusato di eresia; Francesco suo figlio (Patrizio) era allo studio a Padova, (v. auto-biografia) e dell’eretico e del figlio dell’eretico, spogliato dei beni paterni in seguito all’esilio del padre, niuno si curö. II cavalier Gian-Giorgio volle allora far valere i suoi pretesi diritti come rappresentante il fedecomesso Dragogna, mentre invece tal diritto avrebbe spettato al Patrizio. Gli si oppose perö Giovanni, il sopra-comito, che sposato ad una sorella del padre di Gian-Giorgio («co-gnato suo» dice il I Libro Gons, all’anno 1519, 29 giugno), credeva a sua volta di aver diritto maggiore di lui, cioö del nepote, al fidecomesso Dragogna. Daciö la lite. E che sia cosi lo prova il fatto che il documento e esteso ad «Istantiam illoruin de Balbis,» nome qnesto portato dalla linea cadetta (ancor oggi mutato in Baibich), erede di Dragogna de Petris, il quäle come figlio maggiore di Stefano (-j- 5/5, 1405) portava il nome deli’ avo materno, Dragogna de Balbis. Una prova maggiore che la lite vertesse fra Gian-Giorgio e Giovanni s’ha ancora in ciö, che di Gian-Giorgio sta detto «qual vive ed altri fioli morti», e di Giovanni egualmente (Ser Zuanne e il piovan Don Stefano ultimamente morto ed altri figli morti per avanti; in tutto n.o cinque), mentre gli altri membri rappresentanti i singoli rami della fainiglia, son tutti nominati quali procuratori, oppure detti «senza erede.» Quando poi il Patrizio, che allora trovavasi a Padova, venne a sapere della lite fra i due eugini Gian-Giorgio e Giovanni, egli, a cui veramente spettava per diritto 1’ ereditä Dragogna, perche figlio di Stefano, fratello maggiore di Gian-Giorgio, fece lite a sua volta allo zio Gian-Giorgio (e si mise «in lite con quel zio che 1’havea guidato per lo mondo»). Gian-Giorgio infatto nel 1554 era a Cherso, non v’ era invece Giovanni, che non appare nei Libri Consigli dopo il 1553, 4 novembre, mentre pur era vivo ancora nel 1560. Ancora una cosa: quando nel 1562, come si vedrä, entra in Consiglio un Nicolö, fratello del nostro Francesco, non giura per lui lo zio Gian-Giorgio, che pur era a Cherso, ma Giacomo de Drasa suo eugino; 1’ anno dopo invece per 1’ altro fratello di Francesco, Tranquillo, giura lo zio; ne viene che nel 1562 la lite fra Patrizio e lo zio durava tuttora. Lite (dice il Patrizio) egli ebbe anche con «un cavaliere suo eugino»; costui non poteva essere che il cav. Andrea, figlio appunto del sopracomito Giovanni. Andrea infatti era cugino di Patrizio in secondo grado perche figlio di Giovanni, che fu inarito ad una sorella di Nicolö, avo del Patrizio (v. albero genealogico alla nota 12). II cav. Gian Giorgio poteva poi essere il capitano della galea, a cui allude il Patrizio? IIo giä provato che parecchi nobili prima di essere sopracoraiti, eran stati capitani di galea. E vero ehe Gian-Giorgio viene assunto in Consiglio nel 1542; si dovrebbe quindi supporre appena nel 1542 abbia avuto 18 anni;perciö nel 1538 non avrebbe potuto coprire la carica di capitano. E da osser-varsi perö ehe molti nobili, assenti dalla patria, vengono aseritti al Consiglio cittadino anche in etä piü matura di quella voluta dallo Statuto, e vi vengono assunti appunto perche si riconoscano i loro diritti. Cosi, a mo’ d’ esempio, il 2 gennaio del 1555 viene assunto in Consiglio il figlio del sopracomito Giovanni, Agostin, il quäle tre anni dopo (1558, 23 maržo) apparisce col titolo di cavaliere. S’egli fossevi entrato a 18 anni, a vent’ anni sarebbe stato giä cavaliere. Notisi ehe tale titolo non poteva spettargli per diritto d’e-reditä, e ehe dal giorno in cui preše parte al Consiglio (2 gennaio 1555) fino al 1558, fu sempre a Cherso. Anche 1’etä stessa parmi debba dare ragione a quanto dico. Se Gian-Giorgio appena nel 1542 avesse avuto dieiott’ anni, sarebbe morto assai giovane, cioe a soli 47 anni, e a trent’anni sarebbe stato giä cavaliere. Infatti egli muore nel 1571 (v. Processo del cav. Gian-Giorgio de Petris, arch. de’ Frari) e nel 1557, 21 settembre, lo si riscontra nel III Libro Consigli col titolo di cavaliere. C’ e di pivi; suo figlio Matteo, am-messo ehe sia il maggiore, (e potrebbe essere maggiore di lui invece il figlio Benedetto, parroco di Cherso) entra in Consiglio nel 1564, per cui Gian-Giorgio si sarebbe sposato neanche a vent’ anni. Ma posso addurre ancora una prova che Giovanni sopracomito non era lo zio a cui allude Francesco, e ehe quindi Patrizio non era figlio di Don Stefano. «Del ’57,» die’egli, «passato il mare in Ancona, fu a Roma, ed impetrö un beneficio assai buono, ma in sul prenderne possesso il medesiino zio se gli oppose.» II benefizio, di cui fa cenno il Patrizio, non puö essere che quello di cui ho fatto parola in quell’ atto del 1557, 26 settembre (v. nota 6), dal quäle si vede che Francesco s’ era rivolto al legato apostolico a Venezia, contro 1’elezione del Percacich a canonico della collegiata di Cherso; il Percacich andava cosi a godere un benefizio spettante al Patrizio. Ora opporsi a Francesco non poteva ehe lo zio Gian-Giorgio, il quäle avea figliuoli ancor in tenera etä, e fra questi uno ehe aspirava a carica ecclesiastiea, e' ehe poi fu anche pievano. Giovanni invece ben avea figliuoli, ma erano giä tutti in etä molto avvanzata e giä cavalieri, titolo codesto non ereditato, ma procacciatosi per lor' geste. Gian-Giorgio dunque preferi che il benefizio passasse ad un prelato perche sapeva che da costui 1’ avrebbero ereditato i suoi figliuoli, mentre se passava a Patrizio, egli 1’avrebbe al caso tras-messo alla sua linea, o ad uno dei fratelli suoi, cioe a Stefano, o a Tranquillo, perche un beneficio poteva passare in ereditä anche a laici. Questa dol beneficio e poi la prova maggiore della sua le-gittimitä; uno spurio, per legge canonica, era escluso dal godimento di un beneficio (defectus natalium). Basterebbe dunque 1’ aver dimostrato ad evidenza ehe nessun Stefano de Petris, di quelli a cui finora ho accennato, furono i ge ■ nitori di Francesco, per asserire che Stefano di Nicolö gli fu padre. Siccome perö coli’ addurre prove anche maggiori verranno alla luce altri fatti, che a mio modo di vedere spiegano la vita agitata del celeberrimo uonio, e si dovrä trattare di altro personaggio non meno importante del nostro filosofo, parmi meriti la pena di parlarne. Non dirö di nuovo che Stefano, il padre di Francesco, si chia-masse veramente Patricio, perche ripeterei cosa gia provata alle pagine 7 e 5. La prima volta che trovai fatta parola di *ui, si fu nel II Libro Consigli all’ anno 1540, nel giorno 30 marzo, in che appare in Consiglio, ove copre la carica di giudice insieme a Petrisso de Petris, suo eugino. Ora non riscontrandosi mai il suo nome prima di quest’ epoca ne nel III ne nel II Libro Consigli, il quäle ultimo ha principio col 1531, e siccome invece nel 1540 e gla giudice (carica che non veniva coperta prima d’aver raggiunto 1’ etä di 30 anni), e naturale che debba essere stato assunto in Consiglio parecchio tempo prima del 1540, e certo prima del 1531; dunque molto prima del 1531 doveva avere diciotto anni. E che sia cosi lo prova anche la eircostanza che suo padre Nicolö, circa il 1500, avea, come ho detto, quarant’anni, per cui Stefano nel 1529 poteva ben avere un figliuolo. Se non apparisce assunto vuol dire che manca la pagina. Egli del resto non e il solo che non apparisca assunto; non lo e lo stesso sopracomito Giovanni, il cap. Giacomo, e tanti altri ancora della cui esistenza, come di quella di Stefano, non v’ ha dubbio. Stefano fu certo fratello del cav. Gian-Giorgio, e quindi figlio di Nicolö fu Matteo. Ciö si prova anche dai Libri Consigli. Leggo infatti all’ anno 1542, 29 giugno, che per Gian-Giorgio, eletto a fonticaro dei nobili, fa garanzia, come lo volova lo Statuto dell’isola, il fratello Stefano: «lohannem Georgium de Patriciis per quem fideiussit dominus Stephanus eius frater.» Quando nel 1546 Stefano e rieletto a giudice (e giudice fu anche nel 1542, nel 1544 e nel 1546), vota per lui anche il fratello Gian-Giorgio: «Iohannes Georgius de Petris elexit dominum Stephanum fratrem suum» (v. II. Lib. Consigli). Gian-Giorgio, e quindi Stefano, fu certo figlio di Nicolo ; 1' attestano 1’ albero genealogico ai Frari, quello del XVIII secolo, e gli stessi Libri Consigli, dove, a mo’ d’ esempio, all’anno 1542, 2 gennaio, all’ atto di venir assunto in Consiglio sta scritto di lui: «In quo quidem Consilio assumptus fuit in consiliariis Dominus loh. Georgius de Petris quondam domini Nicolai, habito iu-ramento domini Iacopi de Drasa quondam domini Andreae.» L’istesso Stefano addi 7 agosto 1543 appare citato fra i nobili nel II Libro Consigli col nome di Stefanus de Petris quondam domini Nicolai. Resta cosi pro/ato anche ad esuberanza che Stefano de Petris o Patricio fu figlio di Nicolö; il quäle Nicolö fu figlio di Matteo. E che sia cosi lo attesta il I Libro Consigli dove nell’ elenco dei nobili dall’anno 1495-1496 trovasi sempre citato il nome di Matteo de Petris, e quello di Nicolö de Petris, flglio di Matteo. Dopo il 29 giu-gno 1497 di Nicolö sta detto «fu Matteo» e sempre cosi fino alla sua morte, cioe fino al 1532, 13 ottobre. Matteo poi fu a sua volta figlio di Nicolö come lo prova 1’albero genealogico ai Frari, docu-mento, che servendo di base ad una lite, certo non poteva venir alte-rato, tanto piü che erano trascorsi poco piü di cinquant’ anni da che Matteo era morto. Stefano di Nicolö Patricio fu uomo che gode la fiducia de’ suoi conterranei, i quali, appena egli ebbe fatto ritorno in patria, vollero coprisse per ben quattro volte in sei anni (1540-46) la carica di giudice, cosi che quattro volte fu giudice, quattro volte avvocato della comunitä e propriamente tutte quelle volte, in che lo Statuto permetteva potessero venir coperte cariche di simile natura. Ebbe tenacia di propositi e difese con ogni mezzo, come appunto avea fatto suo padre, (v. Petris, o. c., anno 1521, p. 53 e seg.), i privilegi ed i diritti della nobiltä contro la prepotenza dei rettori o conti veneti, e fu sempre schifo da dipendenza straniera. E lo fece in un’epoca in cui 1’ estrinsecazione delle proprie idee, se pur giuste ed oneste, valeva la pena del capo, in epoca in cui il prepotente si serviva di un’arma terribile per ischiacciar 1’ avversario, 1’eresia. Educato dal padre alla scuola di libertä e di franchezza, il Petris mal sof-friva lo sgoverno che della sua isola faceva il conte veneto Simone Diedo, per mezzo di creatura infame, quäle era certo Giacomo Cur-zolano, famigerato per le sue geste anclie sull’ isola di Yeglia. S’ adoprö quindi, come giudice, affinche il Curzolano ed il Diedo e poi il Malipiero ed il Loredan, venissero richiamati dalla bignoria. Ma i conti si vendicarono aspramente: spinsero il Curzolano a de-nunciare per eresia a Venezia agli Inquisitori di Stato il celebre frate Baldo Lupetino (1541-1557), allora appunto quando la Repub-blica era sotto l’incubo della congiura dei fratelli Cavazza (v. Romanin « St. doc. di Venezia » tom. VI anche per la guerra a cui accenna il Patrizio). — C’era ben una ragione perche i conti, e per essi il Curzolano, volgessero i loro dardi contro il povero frate, che da piü anni predicava a Cherso con plauso di tutti. Essi vole-vano, accusando lui di luteranismo e di eresia, colpire piuttosto Stefano Patricio, che i vigliacchi non si arrischiavano di accusare, perche troppo potente per le sue aderenze e in patria e a Venezia; speravano invece sarebbe caduto da se nelle reti, come infatti cadde, pel suo carattere impetuoso e per difendere frate Baldo, suo pa-rente. Infatti gi& nel 1541, 2 gennaio, i giudici della comunitä, pro-testavano contro il conte, che teneva come commilitone il Curzolano «persona infamis ut constat ex sententie Clarissimi provisoris Veglae» e spediva a tal’uopo un messo speciale a Venezia.14) A frate Baldo invece, addi 1 maggio 1541, veniva assegnato dal Consiglio un dono di 20 ducati « cum bene et optime instruxerit totum populum istum».15) Un mese dopo, 29 giugno, Stefano Patricio, eletto ap- pena a giudice della communitä, torna alla carica contro il Cur-zolano dipingendolo coi piü foschi colori, ed e accettata la sua pro-posta che sia mandato un inesso a Venezia perche esponga tutti i fatti pusti a carico del Curzolano, e perche la Repubblica deleghi il conte di Arbe o quello di Albona ad inquirire contro il conte Diedo. lfi) Intanto il Curzolano, per vendicarsi del Petris aveva giä accusato il Lupetino agli Inquisitori (v. Processo di Baldo Lupetino nella «Penna»), i quali perö non credettero di poter pro-cedere contro di lui. Ma quando 1’anno appresso 1542, 8 gennaio, il Petris, come avvocato della comunitä, ottenne ehe venisse mandato a Venezia Giaconio fu Bortolomeo de Drasa per esporvi « i gravami» dei «continui torti, extorsion fatte da poi el partir deli i Cl.mi sig. Syndaci da Madonna la eontessa, suo figliuolo, la madre et Giacomo Curzolan suo consigliero et inastro del tutto» e di-mandar di nuovo ehe il conte di Arbe «aut il podesta di Albona, si habbi a transferi? qua in Cherso attrovandosi giorni otto avanti ch’auera compito il suo rezimento et aldir li gravami delli ditti poveri et desgravarli fazendoli render il suo», sembra ehe il Curzolan per mezzo del Diedo abbia rinnovata la denuncia a Venezia contro frate Baldo, al quäle, contro 1’ uso fin’ora seguito, appena nell’agosto del 1542 viene assegnato un dono per le prediche della quaresima17), e di lui non fanno piü cenno i Libri Consigli. Suc-cesso nel reggimento dell’i'sola al Diedo il conte Nioolö Minotto (l genn. 1543-1545), e continuando il Curzolan ad essei’e commili-tone, le communita di Cherso ed Ossero delegano il pievano Don Stefano de Petris, perche presenti alla Serenissima i lagni contro il Curzolan (29 maggio). Ma era tanto il terrore ehe costui incuteva in tutti per le sue relazioni cogli inquisitori, che Don Stefano si rifiutö d’ andar a Venezia, e fu eletto invece sua Andrea de Donatis (13 giugno) 18). Alla aceusa contro il Lupetino segui allora quella contro Don Antonio Patrizio (v. «La Penna»), eugino di Stefano, che l’anno 1544 non e piü precettore a Cherso. Infatti addi 20 aprile s’incariea il Do-nati, nunzio a Venezia, di cercar un abile precettore; il Curzolan s’ebbe cosi una nuova vittima e colpi il Petris nei piü cari afLtti; infatti nel settembre (1514) e nominato come precettore a Cherso un don Antonio Tonsorino da Venezia19). II Curzolano perö non avea osato ancora accusare il Petris. Lo fe’ soltanto quando, successo al Minotto il conte Malipiero, il Petris, come giudice e poi come avvocato della communitä,, protestö a Venezia contro il governo del conte, che, calpestando tutti i diritti della nobiltä, voleva reggere 1’ isola a suo talento, e tanto s’adoperö in quella bisogna come ora-tore a Venezia (5 settembre 1546), che il Malipiero fu richiamato ancor prima di finire il suo biennio di carica.20) Ma il Curzolano intanto non era stato inoperoso, ed in seguito a sua aceusa il medico CollAntonio Panarello era stato costretto di chieder licenza (2 gennaio 1546)21). Or colse quest’occasione per accusare anche il Petris, che tanto avea fatto perche i conti lo licenziassero. Mentre infatti al Malipiero succedeva il Loredan (29 sett. 1540), ed il Petris trovavasi a Venezia come oratore della communitä, il nuovo conte propone che sia richiamato da Venezia il Petris, e mi-nacc.ia di fargli un processo criminale22). La proposta e respinta; anzi, malgrado le proteste del conte, e riconfermato a nuncio, e gli si dä. un voto di fiducia.23) Ma il Loredan portossi a Venezia (la-sciando il governo deirisola, anziche ai giudici, al suo cancelliere Bonmartini ed al Curzolano, il primo dei quali si firma perfino col titolo di vicecomes), ove gli riusci di far punire il Petris coli’ esilio, ed indarno il Consiglio protestö contro il Loredan.24) Cosi adunque per aver voluto difendere i privilegi della sua isola, sanciti da Venezia, il Petris, ehe non poteva venir colpito direttamente, si vide privato del suo appoggio principale, del Lupetino, suo cognato, poi di Don Antonio suo cugino, e da ultimo cadde anch’ egli vittima del Curzolano e del Loredan, ch’egli voleva allontanar dal reggi-mento deli’ isola, come avea fatto allontanare il Malipiero. Infatti čredo sieno stati vincoli di sangue quelli ch’aveano spinto il Petris a difendere frate Baldo e Don Antonio Patrizio, e a convergere ogni sua ira contro il Curzolano ed i conti, ehe lo appoggiavano. Di Don Antonio Patrizio non parlo perche ho giä. detto ch’era suo cugino. Rispetto al parentado con Baldo parmi ne sia prova, oltre al fatto della difesa, il testamento di Don Stefano de Petris. Nel testamento, giä citato a p. 8, leggesi che Francesco fu figliuolo di Petrizza Baldissicina. Un tale cognome non mi venne mai fatto di trovar citato in nessun documento, in nessun registro, non nei Libri Consigli, che pur hanno principio col 1495, non nei Libri Battesimali o Matrimoniali deli’isola (seconda metä, del XVI secolo). Baldissicina non e infatti un cognome italiano, ma un ap-pellativo formato dal nome slavo Baldid o Baldissic (in italiano Baldo o Baldassare, Baldino o Baldassarino) e trasformato in femmi-nile; quindi Baldissicina non vuol dir altro ehe «addetto, appar-tenente, eongiunto a Baldissic». Questo mutamento di nomi dallo italiano nello slavo, ed il suffisso pošto al cognome od al nome della donna, ehe colle nozze passava ad altro casato, lo troviamo frequente sull’ isola, dove fino al principio del presente secolo, anche nelle fa-miglie piii cospieue per censo e per coltura, si parlava lo slavo e 1’italiano. Cosi per esempio da Petrissa si fece Petrissicina e Pe-trissevica (leggi «za»), fin da Colombis si fe’ Golubich e Golubicina. Deploro assai ehe il Dr. Petris non ci abbia lasciato la copia originale del testamento di Don Stefano, e deploro ciö anche perchž dubito cbe il nome della madre di Francesco sia veramente Petrizza. Questo nome'seritto cosi non 1’ho trovato mai; sempre invece si riscontra dovunque quello di Petrissa; ed e naturale. Infatti Petrissa, nella famiglia Petris, e il femminile derivato da Petrisso, e questo da Pietro, il quäle ultimo nome, per assimilarlo al cognome, fu sempre seritto Petrisso fin nei documenti privati. Credo invece ehe nei traserivere il nome dal testamento originale, il Dr. Petris abbia scambiato le lettere Pale ehe vi sia stato invece seritto Marizza. Marizza o Mare e il nome slavo di Maria, usato oggi ancora a Cherso fin dalle famiglie italiane. Che poi ci sieno stati vincoli di parentela fra Baldo Lupetino e Stefano Patrizio me lo fa supporre anche un altro i’atto. Francesco scrive che « con certa occasione » il padre «il m an do per istudiare in Inghilstat in Baviera ». L’occasione, a cui accenna il Patrizio, e il viaggio del Flacio in Germania (1546), reduce da Venezia, dove avea portato lettere ai cor-religionari di Lutero. 11 Flacio, si sa, fu cugino di frate Baldo, ed era stato il consiglio del frate albonese che avea spinto il Flacio a portarsi in Germania (1529"). II Patrizio quindi seguiva in Germania persona cara all’amico, al cognato di suo padre, persona ehe quindi era nel tempo istesso suo parente, il Flacio. Se dunque si voglia aver in mente ehe Stefano Patrizio, padre di Francesco, come giudice ed avvocato della comunitä colse ogni occasione, o la creö, per difendere e proteggere fra Baldo Lupetino, e che fu vittima deli’ affetto dimostratogli, se si pensa che il co-gnome della madre di Francesco accenna giä da se ad un parentado con Baldo, che il Lupetino a mezzo del Flacio, suo parente, prov-vide all’ educazione di Francesco, čredo poter asserire fosse parente del Lupetino per parte di madre. E questa mia ipotesi parmi possa avere consistenza anche per altre ragioni. Mortogli il padre in esilio nel 1551, quando Francesco si trovö abbandonato, sfuggito, anzi osteggiato dagli stessi parenti con liti, quando a nessuno calse del figlio deli' eretico maledetto e di lui si parlö come di un intruso (v. atto del 1557), fu il Lupetino che nelle aspre lotte della vita provvide a lui un rifugio alla corte di Ferrara coll’ingraziarsi Ercole II collo scritto «Alla memoria eterna piissimae ducissae Ferrariae, » e Francesco pote po;-o dopo dar alla luce a Ferrara il suo «Eridano» (1557), in cui canta le gesta degli Estensi. Sembrerä strano poi a qualcuno che Don Stefano, nel suo te-stamento del 11 maggio 1536, nornini ostentatamente Petrizza (o Marizza) Baldissicina come madre di Francesco; che Francesco nella sua autobiografia accenni soltanto al padre, e della madre non dica che il, nome, senza parlarci del di lei casato. E da pensarsi anzitutto che il testamento di Don Stefano non £ originale, ma un sunto tratto da un originale. Or chi potrebbe dire quali sieno state le relazioni di diritto fra la madre ed il figlio, e se queste forse non esigessero che il testamento fosse redatto cosi? Dal fatto che Baldissicina e distinta specialmente nel testamento, non si puö mica asserire che Francesco sia stato uno spurio. Anzi se fosse stato illegittimo non lo si sarebbe chiamato col vero co-gnome di famiglia, e Don Stefano non lo avrebbe designato col nome del casato suo; vuol dire invece che Francesco era legittimo figlio di Baldissicina, e lo si riconosceva come tale con un atto pubblico. Se Don Stefano nomina la madre credo lo faccia perche Baldissicina sarä stata giä morta, e il prelato voleva distinguere il figlio del primo letto dagli altri che o erano nati, o eventualmente avrebbero potuto nascere da altro matrimonio. Infatti Stefano ebbe altri figliuoli. Leggesi nel III Libro Consigli all’ anno 1562, *) Vedi Dr. E. Nacinovich: FJacio. Studio biografico-storico. Fiume 1886. 29 giugno: «Comparuit in camera praetoria dominus Nicolaus de Petris quondam Domini Stephani quondam Nicolai petens admitti in consilio, pro quo iuravit spect. dominus Iacopus de Drasa esse de legittimo matrimonio et de legittima aetate et fuit admissus.» In data 29 giugno 1503 entra anche in Consiglio il di lui fratello Tranquillo. I due fratelli del Patrizio erano certo minori d’ etä di Francesco, perche se erano entrati in Consiglio nell’ 62 e 03, vuol dire che erano nati 1’uno nell’anno 1544, 1’ altro nel 1545, dunque parecchi anni dopo la nascita di Francesco, avvenuta coine ho detto nel 1529; anzi loro madre l'u una Drasa. Se Francesco poi non l'a che accennare al padre e alla madre, credo 1’ abbia fatto appunto perche non con veniva a lui, filosofo platonico, amico di pontefici e di cardinali, visto Tumore di Alfonso II e della sua corte, far cenno del padre morto in voce d’ eretico, e della madre, figlia, o sorella che sia, di quel Lupetino, morto nel canal de’ Marrani. Per lo contrario faceva pompa di essere parente di quel vescovo Marcello-Patrizio, conosciuto dovunque in Italia, e lo disse (perö non nell’autobiografia, che sapeva di poter venir smentito) fratello di suo avo, mentre non era che cngino di suo avo (v. Petris, o. c., pag. 87 e seg.). — Che poi sia stato figlio legittimo, oltre al testamento citato, lo prova anche 1’ estimazione grandissima in che era tenuto alla corte di Ferrara, la sua amieizia con uomini insigni quali i pontefici Gregorio XIV, suo condiscepolo, il cardinale Aldobrandino, poi papa Clemente VIII, con cui fu sempre in corri-spondenza, tutti e due suoi mecenati, e con quella Tarquinia Molza, che con Lucrezia Bendidio e Laura Peperara fu la stella della corte estense, quella stessa di cui appunto il Patrizio scrisse le lodi mag-gieri nelle sue Discussioni Peripatotiche. Lo stesso conte Annibale Romei, che col Patrizio visse alla corte estense e fu suo amico ed ammiratore, non avrebbe scritto di lui «nobile di Dalmazia», se avesse avuto un dubbio solo sulla legittimitä della sua origine.*) Chiudo infine coll’asserire che il celeberrimo Patrizio, come 10 chiama il Solerti, (e spero la gentile Cherso vorrä ricordarne il nome famoso, non foss’altro con un’umile iscrizione, quando nel ’97 ci sarä il terzo centenario della sua morte) non niutö di suo capriccio 11 nome del casato, non nacque da nozze illecite o scandalose, ma fu figlio legittimo di Stefano di Nicolö de Petris e di Maria Lupetino. Se poi le ragioni addotte a tutti non sembrassero tali da escludere ogni dubbio, mi consola l’idea di non aver fatto un lavoro proprio del tutto inutile col rovistar negli archivi della mia isola per offrire fonti sicure, a chi volesse di proposito occuparsi del grande filosofo chersino. Deplbro si di non aver potuto ancora consultare l’archivio de’ Frari per i processi del cav. Gian Giorgio de Petris. Certo quei documenti, colla scorta dei Libri Consigli e degli alberi genealogici, dovrebbero dar luce maggiore sui natali del grande istriano, di cui l’Eritreo scrisse: Non hu ins modo se longe superioris aevi Ilalo-rum omnium multo doclissimus. *) Vedi A. Solerti: Ferrara e la corte Estense nella seconda raetä del secolo decimosesto. «I discorsi di Annibale Romei». NOTE Fra le note preše dai Libri Consigli alcune ehe mi sembro avessero nn valore maggiore le traserissi come stanno nell’ originale, altre troppo lunghe perche sieno riprodotte trassi da uno spoglio del II Lib. Cons. compilato da me, come seguito del I volume, gik uscito per le stampe. Uno studio piu accurato sui documenti ehe si riferiscono al Patrizio, mi obbli-gano poi di disdire ciö che altra volta serissi nel lavoro citato sull'autobiografia del nostro filosofo; in quello studio dichiarava dubbie le sue asserzioni: ho piacere di poter ricredermi. ') Inter Rev. Dom. Stephanum Patritium quondam dom. Nicolai dig.m Pleba-num Chersi et Viearium generalem R.i D.i Antonii Cappo Ep. Ausserensis et D. Io. Iacobum Egregium causidicum civem ehei'sensem nee non Rev. D. P. Mag. ThomamSincovichS. T. professorGuardianum... ex una et Antoniom deCarvino q. Marci agentem nomine suo proprio et nomine matris suae D. Mariae ac Francisci et Franice fratris et sororis suis(?) ex altera pro bonis pertinentibus q. d. fratri Antonio de Carvino patruo dieti Antonii, qui his diebus proxime praeteritis diern sunm extremum clausit tam de bonis paternis et maternis eidem q. fratri Antonio speotantibus, pervenientibus haereditario inre q. R.moD. Antonio Marcello Pelrissio Ep.i emoniensis et quorumque modo perventuris, ad infraseriptam compositionem et pacta devenerunt videlicet.... 2) Che cussi maschij corao femene eompido el quartodecimo ano sia reputa de legitinia etade. Cognossando esser utele alguna cossa sora la etade legitima de chiarare Statuimo che in li indicij e contrati cussi el maschio como la femena eompido el quartodecimo ano de etade legitinia esser sia zudegado (v. Statuto deli’ isola di Ossero e Cherso ms., lib. I, eap. 23). 3; In quo quidem consilio expositum fuit per spectabilem dominum ju-dicem Nicolaum de Bochina quod nuper de hac vita decessisset inulto Rev.dus Dominus Stephanus de Petris plebanus Dominae Sanetae Mariae Maioris et ple-bania ista non officietur pro ut est de more et gubernetur bonum esse elligendi in loco pvaefati domini praesbiteri Stephani alterum constituere. Itaque cum spec-tabilis Comnnitas Chersi cum eius consilio habeat prerogativam istam elligendi plebanum dictae Ecclesiae: indicto Consilio per omnes nemine discrepante con-clusum fuit ut alter eligeretur iuxta solitum ad hac ne plebaniam ipsam vacaret et data nota ut unusquisque consiliarius elligeret diquiorem et sufficentiorem ad offitium praedictum plebanatum per scrutinium electi fuerunt infrascripti: Rev. Stephanus Petrissius vicarius qui habuit pro XIX cont. XV. „ Nicolaus de Donatis „ „ „ VIII „ XXVIII. „ Iohannes Moscardinus „ „ „ XI11I „ XXIX. (v. II. Lib. Cons. della cittä di Cherso, anno 1536, 6 dicernbre). — 8 nov. 1551. E noto a V. M. Mag.o missier lo conte et cap.io et a Voi spett. et Nobili Consiglieri il quondam Mons. domino Stefano Patritio benemerito orator per causa della irnputa/.ion deli aperti occupatori deli beni comunali de questa spett. communitk li giorni passati in Venezia essere mancato de la presente vita.... E piii sotto alla stessa data: — Electio Rev. domini plebani loco quondam Rev.di domini Stephani Patritii. (Eletto don Andrea de Bochina, v. II. Lib. Consigli). 4) Domenica 29 giugno 1533. « Cum sit ehe li progenitori nostri de multi nobili et populari e abitanti di questa insnla de Cherso abbiano edifieato e bene-ficato lo monasterio di S. Francesco posto di fuori arente questa c.ittä di Cherso e.... in quello siano stati posti frati dell’ordine minore di S. Francesco con fermo proposito et intentione che questi siando persone religiöse con santitä, oratione ed operationi rendessero le debite Laude e sacrifizi aü’Önnipotente Iddio per aver firma speranza di conseguir da quello infinite grazie alli habitanti de questa in-sula et anchora remissione'alle anime delli defunti benefattori di quello. Ma es-sendo accaduto che dali ditti frati in loco di sperar luce di veder la bona opera loro quali doveriano esser per esempio del hon viver de tutti li habitanti de questa insula, per honore della sua religione e riverentia de Iddio... Che li frati del ordine minore de S. Francesco no habbino piii habitar ne quomodo impazzarsi nel convento preditto de S. Francesco... ma che in loco de quelü siano messi frati dell’ordine Osservante di S. Francesco come persone meritevole de ogni beneficio» ... La proposta, accettata, era dei giudici Francesco ürasa e Giacomo de Co-lumbis e degli avvocati Andrea de Drasa e Andrea de Donatis. (V. II. Lib. Consigli; v. anche Petris o. c. pag. 39, anno 1513, 3/5). 5) — 1509, 17 nov. Fra i deputati eletti per portarsi a Venezia a por fine a certa lite fra Cherso ed Ossero apparisce don Stefano de Petris. — 1513, 29 giugno. « Si eleggono tre deputati (due nobili ed uno del po-polo: Don Stefano de Petris pievano, Francesco de Drasa e Francesco Zutinis) i quali debbano portarsi a Fiume per trattar una tregua fra Fiume ed altri luoghi ad essa citta soggetti, e l'isola di Cherso (v. Petris, o. c. pag. 32, 39, ecc.). V. Farlati: Uly. sacr. t. V. pag. 211: Stephanus de Petris sive Petrissus, quem Canonici, post mortem Joannis Baptistae Garzoni (1-515), in vicarium capi-tularem elegerant per eos annos rem Christianam administravit. — Itidem dum esset Romae (parla del vescovo Garzoni), Vicarium generalem constituit Stephanum de Petris civem Crepsensem, canonicum Veglensem et Primi-cerium Absorensis Ecclesiae (pag. 211). — Stephanus de Petris Canoni^us Vegliensis, Priucicerius Auxerensis Vi-carius Ioannis Baptistae de Garzonis Episcopi Auxerensis... (v. Valerio da Ponte), (pag. 211). — Tota rei christianae administratio per eos annos incubuit in Vicarium Capitularem Stephanum Petritium, rectorem Ecclesiae Crepsensis et canonicum Absorensem (pag. 213). — Per le sue relazioni col vescovo Antonio de Petris-Marcello v. Petris, o. c., pag. 77, nota 2. — 1531, 4 giugno. «II Rev. Don Stefano de Petris, vicario generale della diocesi ausserense «sede vacante R.mi Ep.i dicti loci viene mandato orator a Venezia, rifiutandosi di andarvi im Drasa, per difendere in appellazione alcune liti della comunitk contro Nicolö Dumarich ed i villici di Dragosici (v. Spogiio inedito 11 Lib. Consigli). — 1532, 12 maggio. «Don Stefano de Petris, Nicolö de Petris e Francesco de Rodinis, che trovansi a Venezia, ricevono l’incarico di cercar un bravo medico» (v. anche 29 giugno 1533, 6/4). 6) Generoso et Egregio Consiglio. Di continovo si vedono novita et corrup-tione de antichissime consuetudine, Privilegij et Bulle concesse al Rev.do Cap.lo di questa citta della Chiesa di S. Maria maggior fette per persone che non hanno no pur servito un giorno in essa Chiesa, ma neanco appena vistola disturbando i sacerdotti di quel poco numero che s' attrovano servienti al Culto et honore divino di. quali parre che alcuni sijno stati eletti in ricompensa de tanta longa servitu di anni 20 o 30 et piu prestata ad essa Chiesa , . . divina sufficienti ritrovati et idonei in Cannonici et conservatori di essa chiesa et divini sacrifitij et uffitij, si come al presente si vede per la lettura (o lettera?) di una vana et insomniata Cittatione ottenuta nell' offitio del R.mo Monsignor legato Apostolieo per uno come si diee clerico Francesco Patrisio nella persona del R do messer pre Michel Percacich gia eletto in cannonico per esso R.do capitolo in virtu delle sodette bulle et anti-quissima consuetudine de questa Citta, il quäle e stato messo in possesso spirituale et temporale et senza electione et senza bulla et senza altra raggione certa per turbar et contraffar a tali privilegij Decreti del' Illustrissimo Dominio Bulle del R.mo Legato Apostolico et antiquissima consuetudine observata gia tanto tempo. Pero per manutenzion et corservation de tal ordeni et observamenti desiderosi con tutta questa Comunita che ognuno stij nelli gradi et lochi sui havuti per re-giam viam et che in futurum da tali perturbatori non sij molestato esso Reverendo Capitolo et Sacerdotti dali quali adeguata condequa et fidel servitu si ha et semper si ha habuto con sotisfation de tutto il popolo et universita tutti noi lo sappiamo et occulata fide vediamo: Vadi la parte posta per noi giudici et advocati di questa spettabile comunitä d’i Cherso (giudici erano: Antonio de Bochina e Donato de Drasa; avvocati: Cristoforo Rizio de Bochina c Antonio de Petris; conte Tadeo Gradenigo) de crear uno orator o sacerdote o Nobile o Popolare il qual transfe-rirsi habbij nella inclita citta di Venesia et comparer insieme con il Procurator di questa spettabile Comunita il Eccell.mo sig. Dottor Hieronimo Dominis davanti il Rev.mo Monsignor legato et cadaun clarissiino Magistrato dove megtio gli sara comodo a j roseguir essa cittation et deffender per posse essi sodetti privilegij, Decreti Consuetudini et Bulle et confirmationi .... et concessioni di esso Rev.do Capitolo con ampla libertä et autorita de deffender et procurar come meglio ad esso Orator parera partenir alla presente causa et alle altre occorreranno in simile materia de Sacerdotti et Cannonicarij (v. 111 Libro Cons., a. 1557, 26 sett.). 7) Traggo dallo Spoglio ancor inedito del II Libro Consigli le notizie che lo riguardano. — 1539, 28 settembre. II piovano Don Stefano de Petris ha 1' incarico di presentarsi al Consiglio dei Pregadi per protestare contro Francesco Nassimbeni e Antonio de Pappia, i quali come tribuni del popolo erano stati mandati a Venezia «per nome de esso populo che non sia astretto a dar homini al mag co miser Andrea Michiel per interzar la sua galia » (v. nota). 1542, 22 ottobre. II pievano don Stefano de Petris e mandato a Venezia perche chieda dal Senato 1’ esenzione dal pagamento delle decime imposte alle ga-staldie di S. Vito, S. Lorenzo e S. Biagio, ed il permesso di importar grano dalle Marche e dall’ Apulia. — 1543, 19 aprile. & scolto il pievano don Stefano de Petris come nuncio a Venezia per presentare al Senato le querele delle comunita di Cherso e d'Ossero contro il Curzolano. — 1544, 2 gennaio. In seguito a proposta del pievano don Stefano de Petris si decide di ingrandire il duomo, che a stento puö contenere i devofi «maxime nelle feste solenne» e per essere «antiquissima, piccola e ruinosa et mal fabricatta». — 1544, 2 gennaio. Si autorizza il pievano don Stefano de Petris di sosti-tuire il üonatis nella sua ambascieria a Venezia. — 1544, 19 maggio. II pievano don Stefano de Petris e incaricato di pro-vedere a Venezia perche la Repubblica voglia revoeare la ducale Lando. — 1547, 25 ottobre. Si decide di mandare a Venezia il pievano don Stefano de Petris per protestar contro il conte ed il suo cancelliere. 1549, 25 agosto. Malgrado 1' opposizione del conte il pievano don Stefano de Petris e Giovanni de Pappia, sono eletti quali oratori a Venezia per provedere alle terminazioni prese in Consiglio in data 18 luglio (si trattava di «diffender la causa della notaria»). 8) A don Stefano de Petris. vicario del vescovo d’Ossero, ed al di lui fra-tello Giovanni fu Nicolö, si concede a livello la vigna di S. Stefano in Pischio, verso pagamento di ducati 2 all’ anno, togliendola al Dubanich ... (v. Petris, o. c. pag. 60, anno 1521, 2/1). — 1550, 2 febbraio. E accettata la proposta degli agenti della Communita che «sia proseguita la causa per il ricupero dei beni comperati dal rev. Piovan don Stefano Petris e messer Zuanne suo fratello posti a Caisole al logo dito Gele-gna e Cosmaref e procurar che tali beni no' siano da altri goduti, ma si habbino da convertir a comodo di questa communita» e si dobbano vendere «ad pubblicum incantum uti venduntur alii incantus mandriarum S. Viti, s. Blasii et s. Laurentii» (Questi beni nel 1495 erano stati comperati al pubblico incanto da Giovanni Nassimbeni da Mantova per un credito di 500 lire da lui vantato verso la comu-nitä di Caisole, col patto il comune possa ricuperarli. Siccome in quell' anno istesso Caisole si dava a Cherso, il comune di Cherso sostenne parecchie liti contro il Nassimbeni (v. Petris, o. C., vol. I), il quäle, per trarsi d’impiccio, nel 1506 li avea venduti ai Petris). 9) Y. Petris, o. c. agli anni citati e II Libro Consigli (spoglio inedito). «1543, 25 marzo, Domenica di resurrezione. Elezione del sopracomito. Sono assunti in Consiglio Nicolö di Giacomo fu Andrea Drasa, Andrea fu Bortolo de Drasa, e Francesco di Gerolamo de Bochina. Per Nicolö de Drasa giura il suo «avunculus» (fra-tello della madre) Stefano de Petris. Sono presenti i nobili e popolani di Cherso ed Ossero (seguono i nomi). E eletto Giovanni de Petris, contro Francesco fu Simone e Lodovico di Francesco de Drasa d’ Ossero, i quali protestano contro 1’ elezione de) Petris, dicendola illegale». ln) v. Spoglio II. Libro Consigli Iohannes de Petris 29 giugno 1531; 1532 2/1 e eletto a giudice; 7/4, 12/5; 1536, 6/12; 1537, 2/1. 11) 1537, 2 gennaio Sono eletti Francesco de Drasa e Francesco de Rodinis (sotto pena di ducati 50 nel caso si rifiutassero) quali nuncii a Venezia per pro-testar contro 1'armar della galea od almeno per ottenere che il numero degli «ar-mati sia limitato da 40 a 20 (v. Spoglio inedito). — 1539, 28 sett. « Essendo pervenuto ale orechie, et notitia de nuj zudesi, et advocati di questa spectabel comunita qualmente ser Francesco Nasimben et ser Antonio da Pavia assunti deputati de questo populo de Cherso essendo sta mandati per nome de esso populo a suplicar che nö sia astretto a dar homeni al mag.co misser Andrea Michiel per interzar la sua galia secondo la volonta sua et non per altro come etiam per le litere de credenza del mag.co conte fatte in tal materia consta. Per mo che ditto Francesco et ser Antonio senza comissione alcuna de questo populo imo contra il voler de quelo et de tutta questa terra et isolla, si nobili come populari, quäle e stata et semper et viver pacifico et quiete et senza innovatione alcuna siano comparsi ali piedi de la 111. Signoria et trattano che le galie quel che de cetero se interzerano in questa isola siano interzate per faculta si per nobili come per popolari cossa nova et contra li hordeni et observantia per questa isolla et de cadauno altro loco di Dalmatia et contro le dichiaration za fatte per lo excelso conseglio de pregadi qual ha dichiarito che essendo questa tal gravitudine personal fiat per personas et no per bona fortune et per populäres et non per nobiles iuxta alia loca Dalmatiae » . . . . — 1539, 11 ottobre. Nel consiglio de’ popolani; presenti dieci deputati del popolo («et alii reperiuntur Venetiis») mistro matteo Vodopiich, tribuno del po-polo, legge la seguente parte, che viene accettata ad unanimitä: Cum sit che havendosi transferiti a Venetia li deputati di questo fidelissimo populo di Cherso per causa deli' interzar delle galie et maxime della galia sopracomito il m.co m. Andrea Michel qual dimandava certi homeni per interzar la sua galia donde per li preditti deputati cioe s. Antonio de Pavia et s. Francesco Nasimben e sta obtenuto dala 111.ma Signoria nostra che tal homini non debiano esser dati come appar per le littere ducali: Insuper essendo de bisogno a proveder ad una grave lesion de questo fidelissimo populo che lo interzar per facultk quäle per onni iustitia et eq.uita dovrebbe esser fatto: et essendo li prediti nunzi et deputati nostri de li a Venezia ali quali bisognerebbe mandar qualche danaro per solicitar tal causa: Percio per la auctoritk de questo nostro Conseglio del populo per ogni megior modo: Landara parte che i predetti deputati abbiano piena autoritä.» di far ciö che lor meglio parerk per ottener che d' or innanzi non i popolani soli sieno costretti di dar uomini da remo, ma che anche i nobili sieno obbligati a c.oncorrere all’ armar delle galee a seconda delle proprie rendite. (v Spoglio inedito del II Libro Cons. e 1’ originale agli anni citati). 12) Aggiungo all’atto originale, con tipi in corsivo, tutti quegli altri membrl della famiglia, dei quali e fatto cenno nel presente studio. Arehivio de’ Frari D. Dragogna de Balbis Testes examinati ad Instantiam illornm de Jtalbis in executione littorarnm Dominorum Camerae Imprestitorum Iliustrissimi Domini Venetiarum ut intns N.o LXI | Ommissis D. Dobrizza eins filia et uxorquondam Stephani de Petris -j- 1405,515 (fondatore del Columello Petris di S. Spirito in favore di tutti e due i figliuoli, Pelrisso ed Antonio). I S. (ser) Petrissius Dragogna s. Antonius Petrissius I [nonm deli avo materno) (-]- 1405, 4/3) (linea Petris- Balbis, o s. Stefano (fondatore di altro Columello Petris di linea Dragogna) | S. Spirito col testamento del 1405, 4j3, | s. Antonio Zorzi antecedente a quello del padre, in fa- s. Stefano | vore del solo fratello Antonio) i s. Nicolö De Petris 7 (f 1508) I s. Zuanne De Petris e il pievan Don Stefano ulti-mamente morto ed altri figli morti per avanti; in tutto n.o cinque. — (I tre figli morti sono: Francesco f 1525; Bortolo -j- 1515; Antonio f 1514. II piovano Don Stefano (1530-51) moriva nel 1551). — I figli di Zuanne sono: Francesco •}• 1557; cav. Agostino j 1565; cav. Andrea, f 1556; e cap. Stefano f 1591); era sposato in N. di Matteo fu Stef. de Petris; sopracom. f 1560 T i Dobrizza in Giovanni de Profieis I s. Nicolö in N. Marcello, don-de la linea Petris-Marcello ?Stefano Marc' Antonio j_ i ÜC ►Ö o B •-S O *»3 © 3 > o 72 y_ •S e-f p c ^ 2sl I tre figli morti senza erede (e sono : Antonio f 1499; Antoni o Marcello vescovo di Cittanovaf\521,e Giovanni Marcello ministro provinc, di Dalinazia, f 1536, il quäle ebbe un figlio naturale Marco-Antonio Patrizio 1 I 5? O o ° 2 > § Antonio Tertius constitutns procurator 01 JC !/l * 3 “ s. Antonio 50 d. Stefano (pievano di Cherso 1507-1536) f 11 Maggio 1536 B o § d. Antonio Patrizio ü 3 J0 Ul M * a> 2 «s s > K S» > ? t« y • O--3 ° 5 9 © Q 3 O z . 5* > §-.*r3 .So <— o • P z I I s. Nicolö, cognato di Zuanne fu Nicolö de Petris f 1532 s & .< ^ §■* §* §'3^ -2.1 cav. Zuan Zorzi f 1571 qual vive ed altri fioli morti Stefano -]- 1551 *) in Maria Lupetino 2) in N. de Drasa *) Francesco Patrizio I 2) Nicolö I 2) Tranquillo A tergo. Mag.co Viro Domino Trono Comiti et Cap.o Chersi tanquam fratri honi. ommissis Intus: Magnifico come fratello; Habbiamo sin molti mesi ricevuto vostre d. di 8 marzo 1553 ad uno proeesso formato per V. M. nella Ca (causa?) di alcuni Petris di costä nostro luogo nel qual v’ e ineerto uno albero della discendentia di detti Petris come in esso et pur a noi par che detto albero sia in parte difettivo come qui sotto W. Perö acciö la justitia habbia luoco rechiedemo che V. M. voglia a noi mandar distintamente chi sieno stati gli altri figli dello quondam ser Nicolö de Petris et se loro hanno lassado fioli . . . et de tutto far fare una autentica sola . . . a noi inserta in sue facendo oltre di questo una fede che altri che questo no siano discendenti dal dicto quondam Nicolö se ritrovano in esser acciö che possiamo assignar C . . . la parte quelli che de rason aspetta V. M. sark . . . etiam di fare che quelli che saranno tenudi diseendenti dal ditto q. s. Nicolö . . . facciano commessione ad aleun di eomparire davanti noi per poter diraaadar il suo, et caso che loro non fossero in caso far che li Governatori suoi faccino il tutto. Nec alia M. V. L. S. Ex Venet.s die X Ott.s 1553 Sebastianus Pisani Ex Coll.o Camere Imprestitorum Illust.mi D. D. Venet. L. S. W s. Nicolö de Petris I s. Zuanne de Petris ultimamente morto et altri figli per avanti; in tutto N. 5 Per copia conforme all’ originale incontratta Dall’Imp. Reg. Commiss. Distrett. Cherso li 30 Genaro 1826 per eccezione del sig. Capo d’ Ufficio, Gucherman (?) attnario 13 ).......instituit (Dragogna, f 1405, 4 mar/o) suum patrem et matrem oranium suorum bonorum heraedes in vitam et eis mortuis, omnia sua bona in unum congregentur et stent et de fructibus eorum omni anno dare debeant fra-tribus S. Francisci praedicti loci libras 70 parvorum et dicere debeant omni die unam Missam pro anima sua et insuper ordinavit quod de suis reditibus dicti patres habere debeant omni anno libras 20 usquequo duraverint dicta animalia et vineae et quod teneantur dicti omni hebdomada dicere duas missas in capella videlicet in Sacristia dicti loci volens quod defunctis patre et matre ac decedente sorore et fratre eorum haeredes sive executores notati in testamento sive descendentes ex eis remaneant percolomelos ita quod teneantur de duobus annis in duos annos per ordinem voluntatem dicti testatoris executioni mittere............ Ora in un documento dell’anno 1457, 16 novembre, e nominato «n Nicolö de Petris, che insieme ad Antonio, Matteo e Dobrizza sono citati come i colomelli del testamento di Dragogna (v. arch. S. Francesco a Cherso). Nicolö, Antonio, Matteo e Dobrizza appariscono infatti nell' albero genealogico ai Frari come diseendenti di Stefano di Antonio, fratello quest’ultimo del testatore Dragogna. Lo prova anche 1' iscrizione posta sullo stipite della chiesa, di S. Spirito, allato di quella comune ai due rami; essa dice: Haeredes Domini Dragogne anno domini posuerunt 1448. 14) 1541, 2 gennaio (giudici: Andrea de Donatis e Matteo Gapich; avvocati : Nicolö de Bochina e Giacomo de Drasa fu Andrea). «Item posita fuit pars per spect. dominos iudices et advocatos quod detur et concedatur facultas ipsis spect. dominis iudicibus et advocatis huius spect. communitatis Chersii mittendi Venetias unum vel plures prout eisdem visum fuerit pro defensione causae contra s. Iacopum Cur-zolanum comilitonem electum per magnificum dominum Comitem, attento quod exercere non potest ipsum officium tanquam persona infamis, ut constat ex senten-tia Cl.mi provisoris Vegle contra eum lata. Cum libertate comparendi coram qui-buscumque iudicibus et magistratibus coram quibus dicta d .... (ad defendendam ?) causa comparere fuerit necesse» (II L. C.) 15) 1541, 1 maggio. «In quo quidem consilio per magnificum dominum Co-mitem, iudices ed advocatos propositum fuit quod cum per R.dum D. fratrem Baldum concionatorem in hac quadragesima proxima decursa fuit praedicatum et anuntia-tum verbum divinum et de eo bene et optime sua Reverentia seu paternitas in-struxerit totum populum istum et conveniens ac iustum sit quod de condecenti elemosina recognoscantur labores sui. Ideo quod sibi dentur pro elemosina de bonis huius spect. Comunitatis ducati viginti in ratione 1. 6. p. 4 pro ducato.» 16) 1541, 4 sett. (giudici: Francesco de Donatis e Stefano de Petris; avv. i giudici dello scorso semestre). «Essendo stato per certo tempo Iacopo Curzolan offitial a Vegia ed essendo capitati li Cl.mi s ri Syndici a far syndicato in ditta Citta forno fatti assaissimi richiarnj contro ditto Giacopo per piü et diverse persone de ditta Citta et insula delli excessivi delicti, extorsion et manzarie per lui com-messi et perpetrati, dove Sue Excll.tie commisero al Cl.mo pretor doversi formar processo contro de lui,-et trovato culpabile con degna pena punirlo. Et cussi per esso m.eo pretor formato esso processo et.... quello bandizado de ditta isola per so anni Donele poi par che dal Zorzi Tiracro caneelliere allora di V. M.a fn condoito a questa isola per suo vice cavalier. El qual Iacopo pel beneficio receputto sbalzo il ditto Zorzi Tiracro et breviter fu creato per V. M.a suo cavalier; qual comenzo a terrizar piu et diverse persone et far manzerie iusta il suo solito. Qual cosa vedendo li spect. judici et advocati esser in danno et preiuditio della universita et di opprobrio della sua Citta et contro li ordeni della Ill.ma Sig.ria nostra, quali no volono che un infame possi esercitar uno officio pubblico, come boni defensori della patria et della sua comunitä Comparseno da V.a M.a instando che quella do-vesse privar ditto lacopo dal ditto offitio per le cause sopra esposte allegando iusta et honesta richiesta, mai V.a M.a volse assentir fin che no fosse congregato il Consiglio, et perche la proposta a mandar alli piedi della Ill.ma Sig.ria a dolersi che la V.a M.a contro li ordeni voleva tenir ditto infame in tal offitio. II che visto per V.a M.a et che senza qualche nota del suo honor non si poteva trattar tal cosa fo contenta al termine de privarlo de ditto offitio. Dove cercando vendicarsi de tal cosa esso Iacopo Curzolan persona perversa et maligna, atta solitamente a mal far ando et comparse alli piedi delli Exc.mi S.i Cappi et falsamente exposse et que-rello qualmente hierano stati alcuni presuntuosi i quali havevano tagliato da piu roveri segnati per la Casa dell'arsenal n.o 1000 et semenzali n.o 30000. Qual querela intesa per essi Ex.mi S r Cappi scrissero al Mag.co S.r Conte che sopra di cio dovesse formar processo per tal delinquenza, quelli havranno fatto tagliar aut tagliato, essi roveri segnati et semenzali per via reclamo over altramente che si avesse la verita et trovandosi tal delinqtienti, formato processo, quello mandar a sue Exc.tie ut latius in ipsis litteris cum quibus habet relatio. Dove par poi che sia venuto in questa Citta il ditto lacopo Curzolano cum dui pratichi del ar-senal et habbia calvacato cum loro per 1'isola, dove li ha apparso e piacesto, vedendo li boschi de quella ad sui libbitum per alquanti giorni; poi, partiti essi pratichi, par che esso Iacopo habbia instituido assaissime querele contro piu et di-versi nobili cittadini et contadini de questa isola, et specialmente contro la comunitä, nostra querellando quella aver tagliato et fatto tagliar over permesso tagliar ben da roveri 1000 segnati incirca, osservando in li lochi delli preditti querellati in special haver trovato legni segnati et semenzati tagliati, quali per sua falsa que-rella ascendono alla summa de legni 3000 in circa instando che quelli per il nostro signor conte dover esser processo: qual quereile sono falsissime et non contengono verita che dicti legni siano ne semenzali ne segnati, ne mancho tagliati per li patroni delli logi, cume in veritä cussi doveria esser. vogliando lui tali sue querelle haver loco e che fossero examinate le lettere delli Exc mi sig. Cappi quali comettano che si debba per il nostro conte formar processo contro queli hanno tagliato, o fatto tagliar legni segnati o semenzali e tal processo mandar a Sue Exc.tie. II che non si havendo trovato conveniente et no bastando 1’ animo al dicto Giacomo di comparer piü davanti uno tanto Tribunale havendo falsamente denunciati quelli e querellato cercho che il m.co sig.r conte debba proveder et espedir le ditte sue querelle indebitamente facte et far condannare ingiustamente li prefati querellati pensando poi farli andar in condanna (?) et farli pagar condanasion et spese de cancelieri et cavalieri iniuste et indebitamente per esser longa la via andar a Venezia et convenir far spese grande a cavar scritture et processi et far toglier tal iniuste sententie non havendo li nostri poveri huomeni a far tal effetto, a questo modo pensando stracharli et farli spender ouer farli venir a gratia et pagar tal injuste et indebite condemnasion. Percho volendo ovviare al danno della nostra comunitä et universitä come siamo tenutti ed obbligati espedir li offitii nostri, et far cognoscer appresso li E.mi s.ri Cappi la innocentia nostra e la falsa querimonia dell'adversario: Landera parte posta per li sp. s. giudici et advocati che a quelli sia data plenaria liberta et auctorita de mandar bisognando uno, o piü nuntij cum salario parerä a quelli alli piedi della Ill.ma S.ria nostra et delli prefacti s.ri Cappi et a qualunque magistrato sarä bisogno et esponer il gravame della ditta comunitä in tal materia et ovviar che il nostro signor conte non proceda ad sumariam sopra tal querella, ma siano esseguite le lettere et la mente delli prefacti E.mi s.ri Cappi che quello formato processo sua M a quello debba mandar a sue Ex.me Sig.rie. Et sopra cio ad comparir davanti sua Mag.ca et intimarli che nullo modo sopra tal querella debba far sententia, ma solamente pure et mere esseguir esse lettere di Essi Ex.mi sig.ri Cappi prout sonant, azio per sue Ex.me sig.rie visto esso processo sia conosciuta l’innocentia delli querellati et falsita esposta dal adversario. Et se pur qualchuno fosse culpabile sia castigato per sue Ex.me sig.rie et lo in-nocente liberato sicut iustitia postulat et requirit. Et in caso sua M.a fusse de opinion come ha gia mostrato et mostra esser de voler expedir tal querella che li ditti nontii possino etiam (?) condolersi et a gravarsi de quella dove et in cadaun loco sara bisogno cum pleno et generali mandato auctorita et libertati de questo sp. conseglio.» Segue 1’ atto con cui il Consiglio chiede al conte di voler spedir gli atti a Venezia e di non far il processo a Cherso, oppure ne affidi 1’ incarico a quello di Albona o di Arbe, e ciö perche il suo Cancelliere e ancor inesperto su tali materie e puö venir sobillato da altri (Francesco Lion, Marin, «sospectissimo et inimicis-simo nostro»). II conte si l ifiuta; i giudici allora incaricano i nunzii di esporre a Venezia i loro gravami contro il conte. «Item landera parte posta per li sp. Giudici et Ad-vocati che sia data liberta alli preditti nontii et oratori de poder comparer alli piedi della 111.ma sig ria nostra et a qualunque altro offitio et magistrate sarä, bisogno Et exponer et querellar contro el Mag.co Sig.r Conte presente et la sua corte de quello per sua Mag. ne viene innovato cuntro li ordeni, lege, privilegi et concessioni a Nui date per la 111.ma Sig.ria nostra et sopra zio proveder de opor-tuno remedio ehe tal nostri ordeni et Concessioni no siano observati et sopra de zio far et oprar tutto quello šara bisogno in tal matteria». (43 favor. 3 contr.) ,7) 1542, 8 gennaio (giudici: Petrisso de Petris e Giovanni de Drasa; av-vocati: Francesco de Donatis e Stefano de Petris). «Per ogni loco dove si va per questa Citta et insula non si vede altro ehe lamenti et pianti di poveri Cittadini et contadini per li continui torti et extorsioni che vien fatti da po il partir delli Cl.mi si.ri Syndici da Madonna la Contessa, suo figliuolo, la madre et lacopo Curzolan suo consigliere et mastro del tutto si de cose judicate per li dieti Cl.mi sig.ri Syndici in loro danno, como di nuovo perfatte e si fanno alla jornata in far trazer li poveretti con diversi mezzi: Dilche no poten-dosi sustentar per loro impotentia de suvvenirsi: Noi iudici et advocati de questa spet. Comunitä astretti dal vincolo e dalla charita compiena et maxima essendo cosi la mente della IU.ma Sig.ria nostra che niuno suo suddito sia vexado a torto desiderosi satisfar al voler della prefatta Sig.ria nostra 111.ma ne ha apparso a chia-mar il presente spet. Consiglio in presentia del mag.co Conte qual per impotentia della malatia continua za mesi quattro nulla proveder puol, ma li ditti fanno quello volono, cosi lassar persone fora de preson per latrocinio ritrovate per danari como in far segnar sententie criminali a suo modo absente del tutto sp. cancellario qual per esser persona da ben, recta ed inimica d’ ogni cosa mal fatta in aliquo modo no assentiria a tal estorsion; il ehe ridundando in gran danno de li ditti povari: Vadi la parte sia manda un orator alli piedi della prefatta 111.ma sig.ria nostra ad esponer li ditti gravami e dimandar di special gratia sua Serenita sia contenta commetter al Mag.co conte d’Arbe aut al podesta d’Albona aut come meglio apparera a quella si habbi a transfTerir qui a Cherso, attrovandosi giorni otto avanti ch’haveva compito il suo regimente et aldir li gravami delli ditti poveri et desgravarli: fazendoli render il suo come il dover porta qual mag.co dele-gado venir debba qui a tutte spese di questa spet. comunitä cioe in aliquo eh« la Ill.ma S.ria senta spesa aleuna: Et che possi formar processi de diverse man-zarie usade in quell' isola per Jac.o Curzolano sotto pretesto del nome delli Cl.mi nostri pretori Volendo legar i piu poveretti in su li Cargadori a suo modo como fosse Signor Tyranno Digando li voglio per tal zentil huomo et quelli no volendo far a suo modo li da accuse iniuste minazandoli per tal jllieiti modi, come 1' ha fatto su 1’ isola di Veglia come par per il suo bando et usando parole da jotto come l’he, et formati processi expedirli: come meglio apparera alla prefatta Ill.ma Sig.ria nostra sostentando le robbe delli dieti, fin s’ habbi eognoscer quello havranno restituire azio no mandino via il resto, Dilche speriamo nella clementia sua non ne manchera come mai ne ha manchato». — E eletto Giacomo de Drasa fu Bortolo. 11 Drasa vuol esimersi dali’incarico ricevuto, dicendo d’essere debitore verso il comune; i giudici perö dichiarano valida la sua elezione (e lo prova anehe il conte) perche «la parte Bollani contro i debitori verso la comunitä si riferisce soltanto alle cariche salariate». (v. Sp. II Lib. Cons.). Domenica 20 agosto 1542 «Quibus quidem viris sedentibus ad loca solita iusta morem et gradum personarum per speot. dominos iudices antedictos expoSi-tum fuit qnaliter in hac quadragesima praedicatum fuit verbum divinum per R. dom. patrem baldum cui pro Ellemosina nichil datum et quibus in annis praeceden-tibus solitum-fuit dare pro Ellemosina de denariis huius spect. comunitatis aliis contionatoribus ut dicitur apparere per partes captas in hoc spect. Consilio qua-propter dicitur equum et condecente esse quod et ipsi R.do patri baldo dentur ducati XX.ti pro elemosina de denariis praedictis iuxta solitum ut alii summi viri contionatores habeant se conferre ad locum istum . . . .» (22 fav. 6 cont.). 18) 1543, 19 aprile: E scelto il pievano Don Stefano de Petris (meritissimus plebanus Chersi) per presentar a Venezia, come nurizio al senato le querele della comunitä contro Giacopo Curzolano». — 13 giugno « Kssendosi rifiütato il pievano don Stefano de Petris eletto a nuncio a Venezia di portarvisi, si eiegge a tale carica Andrea de Donatis, che accetta. — 1544, 20 aprile. «Andrea de Donatis, ambasciatore della comunitä a Venezia, col mezzo del fratello Francesco chiede di poter ritornar a Cherso per «ex-/pedire le sue bisogna». Si autQrizza invece il pievano Don Stefano di assumere 1’ incarico aftidato al Donatis, o di farsi sostituire da altra persona nel öaso non potesse fermarsi troppo a lungo a Venezia», (v. Spoglio II Lib. Cons.). ’9) 1544, 20 aprile, domenica «Item posita fuit pars de danda libertate mag co Dom.o- Comiti spect. dom. judicibus et advocatis inveniendi unurn praeceptorem cum salario honesto...........» 20) 1546, 5 settembre. «Stefano de Petris e Francesco Lion sono eletti a deputati a Venezia affinche: 1) provedano che 1'ereditä di Nicölö Butafogo «devenga alla comunitä» 2) «che li danari spesi per questa povera comunitä per il excelso Dominio li siano fatti boni li conti del censo eo maxime che si aritroviamo debltori grossi». 3) che li dicti facino conffirmar li ordeni et concessioni facte a questa spet. • comunitä dal Cl.mo general de mar e dalli CI mi signori Syndici». 4) «piu anchora li dicti oratori possono aggravarsi dal Mag.co messer Piero Malipiero delle innovation contro. li ordeni e privilegii fatene impadronendosi del. dinaro della Comunitä e del fontego contro la . . . . della prelibata signoria nostra.» 5) Anchora dolersi del suo cancelliere et vice cancelliero Francesco bonmartin per le mangiarie et excessivi pagamenti. 6) Li quali oratori procurino haver il taglio dei Roveri non reservati per la chasa del arsenal et habbino anche di procurar contro quocumque tutto quello a loro paresse fusse utile et beneficio a questa spet. Comunitä.» Addi 29 settembre e riportata nel II Lib. Cons. la lettera del Malipiero con cni accredita il Petris ed il Lion, come nuntii della cittä di Cherso alla Serenissima. 21) II medico Coli’ Antonio Pänarello, accüsato dal Curzolano (v. proc. di Baldo Lupetino njlla «Penna») era medico a Cherso giä dal 1537. Leggesi nel II Libro Consiglio appunto a quell'anno (2 gennaio) che «al medico Collantonio, vista lä sua numerosa famiglia si aumenta la paga con altri 25 ducati». Credo sia stato da Monopoli. Infatti in. data 25 maggio 1536, in seguito a proposta del pievano che aveva avuto incarico di ricercare un esperto medico a Venezia, e nomi- nato Antonio da Manopoli giä medico a Pirano ed a Spalato. Da quest’ epoca e sempre a Cherso, e si legge il suo cognome nel II Libro Cons. or scritto Lanarello or «Panarello» (e questo mi pare il vero pel’che scritto assai chiaramente) sempre-. perö 'col nome di Collantonio. 1537, 29 giugno «II maestro, lo speziale, il medico ed il cirusico sono ri-confermati nella carica col solilo salario». 1538, 2 gennaio. «In prefato consilio audita humili supplicatione Ex.mi do-mici Colli Antonii medici salaviati ab ipsa spect. .comunitate petente attento eius numerosa famillia et flde sibi data per agentes huius spect. comunitatis cum reponi ed salarium suum pristinum ducatorum centum viginti quinque in a'nno, quod in-talligatur reconductus pro anno». 1539, 2 gennaio «son ricondotti, il medico, il. cirusico, 1’ orologiaio ed il precettore Don Antonio Patricio». 1543, 2 gennaio «Per spectabilem Dominum Andream de Donatis advocatum expositum fuit quod Exc.um dominum Collant’ Lamorellus medicus Chersii jam es plivit suam conduatam, et quia esset utile et proficaum quod reconducetur denuo per annura unum cum salario ducatorum centum triginta unius in ratione lib. 6 et p. 6 pro singulo anno prout per annum conductus fuit: et quia bonum medicum in terra et civitate habere utile est et civitati et habitantibus ...... 1544, 29 giugno. «Quod confirmatur Ex.ens Dom. Coli’antonius Panarellus physicus » 1546, 2 gennaio. «Et poi fu detto et esposto in questo spet. Cons.o: II Ex te D. Coli’ Ant.o Panarello physico di questa comunita di Cherso ha tolta bona licentia per voler andar far i fatti suoj, perche fuo chiamato da sue Ex.cie a veder la sua E le comparso davanti Esso spet. cons.o cussi che lui ha deliberado partirse e redurse con la sua famiglia dove » 22} 1547,28 gennaio. II contepropone che sia richiamato da Venezia «il noncio spet.co. Stefano de Petris . . . (perche par chel predicto Fran. Lion sii andato a cancelliero ed habbi lasado la cosa imperfetta alle spalle del suo compagno)............ che sino hora niente ha operato invece ha vuto testimonianza che questo ambas-sador diffende le cosse sue proprie et lassa lo Commun .... desiderando di star- sene in longo in simil legationi per manzar, devorar et minar (son esposte altre lagnanze con cui si accusa il Petris di aver trattato anche su altre questioni a lui non commesse, per esempio, sulla carica di notaio chiesta da un Gasparo Causin; il margine perö della carta e dilavato e quindi non si capisce il tenore della lunga accusa)........... Quae pars lecta et Pubblicata per me Iacopum de Scriptoribus cancellarium praedictae eius Magn.cae de mandato .... secutae fuerunt multae inconvenientiae quae pro importantia rei non sunt descriptae in Libro hoc sed................ diffussius annottate et descriptae in processu criminali separate pro eius Magn.cia formatto... Partae receptae fuerunt in bussullo albo undecim *) et in virido tresdecim. Ex quibus undecim ballotis in ipso bussolo albo receptis fuit extracta una eo pro Dominum Andream filium domini Johannis de Petris qui no . . . . facta prius ei ad-monitione Dixit: La ho messa in el bussolo bianco et se ne havesse avuto milla le havaria dato accio restasse lo Imbassador. II Petris, malgrado la parte del conte, e riconfermato ambasciatore a Venezia (. . . . fino alli urgenti necessarii negotii di la nostra spet. com. per expeditioni debba .... mandatto a Venezia messer Stefano Patricio che il pref. nostro orator possi et abbi autoritä di componer....) V. Spoglio Libro II Cons. 23) 1547, 25 ottobre. «II consiglio e convocato sotto la loggia in assenza del conte «Venetiis commorantis » 1 giudici protestano contro il cancelliere che, as-sente il conte, si arroga i diritti spettanti a lui e si firma «viceconte»; decidono che: 1) trattandosi di cose che non fossero di loro incombenza, s’abbia d’attender 1’arrivo del conte; 2) che gli officiali non abbiano dovere di prestarsi ai comandi del cancelliere; 3) possano i giudici reclamare in ogni tempo contro le decisioni fatte dal cancelliere. Letta la protesta i giudici intimano al cancelliere di comparir loro dinanzi. Egli manda rispondere «di non voler altramente presentarsi in assenza de messer lo conte ne manco darli il palazzo.» Richiesto di nuovo di presentarsi e di mostrar 1’ atto con che il conte lo investiva di poteri, risponde di non aver tale autoritä, ma che neanche i giudici 1’ avevano, e che perciö essi non potevano tener consiglio. Si decide di mandar a Venezia il pievano Don Stefano per protestar contro il conte ed il cancelliere. I deputati del popolo avevano gia abbandonato l'assemblea, ad eccezione di Francesco Radoca, il quäle invece disse: I deputati del popolo ed altri sono partiti via, ancor io con vostra licenza parto, ma si volete darne questa parte la considereremo per due o tre giorni. 1548, 5 aprile Gli agenti del comune domandano al conte il permesso «di potersi doler avanti li Cl.mi sig.ri Sindici si del mag.co conte, cancellier e Cavalieri come altri di la sua corte et de poder adimandar il taglio della Terminazion per Sua mag.cia noviter fatta in favore del Marzaz delli denari di questa spettabile Comunita.") II cancelliere vuole che «ad ogni bono fine» sia registrata nei Libri Consigli la proposta dei giudici, i quali dichiarano non potersi trattare ne pro-porre la parte posta dal cancelliere sopra i denari spettanti al comune ed al fontico. *) i popolani presenti erano 10. **) II Marzaz addi 19 febbrajo rifiutava la carica di precettore, offertagli dal comune. — 8 aprile. Noi Vincenzo Barbadico e Victor Bragadeno sindici Provisores ed advocatores Dalmatiae. Havendone voi m. Iacomo de Scriptoribus cancellier del m.co m. Mathio Loredan honorabile conte di Clierso et Ossero presentato V original parte prhesa come ne avete affirmato in questo sp. com. di Clierso alli venticinque di maržo deli' anno 1547 in materia delli gravami da esser per li oralori de quesla spett. coniunitä esposti ali' Ill.mo Duc.e Dom io nostro come in quella qual per non attrovarse in questo pubblico Libro di consegli registrata, vi comandamo che la debbiate registrar ad literarni come in essa si legge facendone notta essa esser quella che fu prhesa in detto Consiglio di 25 marzo prefatto reslituendo poi esso original all' officio nostro et cosi eseguirete. Data Chersi die 25 aprilis 1518. Giacomo de scriptoribus traserive subito sotto la parte, di cui fa cenno la lettera dei Sindaci; essa infatti non era riportata prima in nessuna pagina dei Libri Consigli. Da questa traspare che « vista di quanta ingratitudine saria pagati li gran stenti et strusii ha patito et patira il spect mess. Stefano Patricio orator ai piedi della Signoria per questa povera e.omunitä» e considerato «esso orator stante la sententia exulatoria essendo sforzato non potersi comparir a perfidere le cose a lui comesse dal spet. consiglio et maximo attendendo alle sue particularita dell’ exilio» si propone di raandar ambasciatori a Venezia per «procurar al taglio di essa sententia contro esso Stefano ... : » dolersi dei cancelliere che, eccitato a scrivere la parte presa nel consiglio rispose: «Noterö ciö che voglio» ed altre parole inur-bane all’ indirizzo dei giudice Zuanne de Petris. Se poi riuscisse agli oratori di liberar il Petris dal bando, sia a lui lasciato il potere di continuar la lite contro il conte. La comunitä poi s’ obbliga di difen-dere a sue spese i nuovi nuncii che stanno per partire, nel caso venissero pro-cessati criminalmente e pone a loro disposizione 60 ducati (v. Spoglio 11 Libro Consigli). Stef. prof. Petris Ex Dizionario Biografico degli uomini illustri della Dalmazia — compilato dal- V Ab. Simeone Gliubich di Cittavecchia — Vienna, 1856. Rod. Lechner — Zara, Battara. p. 241. Patrizio Francesco sorti i natali nell’ isola di Cherso nel 1529 dal nobile casato de Petris, detto poi Petrizio o Patrizio*. Percorsa in Padova la carriera degli studi, sotto gli insegnamenti di Fran. Robortello e di Marcantonio Genova (Dial. di St. p. 6 — Dis. Per. v. 1. p. 113), ove ascritto alla societä de’ Dalmati ne fu per due volte consigliere. recavasi a Venezia, allora celebrata sopra ogni cittk ita-lica pei nobilissimi ingegni, indi in patria riducevasi (1554. V. Dialog, di Stor. p. 54). Riavutosi appena da una malattia. da cui veniva colto in questo frattempo, passb in Ancona, indi a Roma, e da qui a Padova, ove ristabilitosi perfettamente in salute compose e poco dopo publicö a Ferrara (1557) un poema intitolato: L' Eridano a nuovo verso eroico in lode della famiglia d’ Este, applaudito da tutii i dotti suoi contemporanei. II verso e di tredici sillabe, e tronco nel mezzo, usato perö da altri fin dal secolo XIV. (Fontan. Bibliot. T. I. p. 235). L’anno 1560 egli era in Venezia, come raccogliesi dal principio de’suoi Dialoglii sulla storia, ivi in quell’anno stampati. Da qui passava in Cipro, donde ritornato in Agosto dei 1561 (Contil. Let. T. 2. p 331) vi ritornö di nuovo in quell’isola nel 1562 (Pancosm. L. 24), con Filippo Mocenigo ivi Arcivescovo, il quäle sei prendeva seco per gio-varsi deli’opera sua. Vi ritornava appena nel 1568, ed e percift ch'egli stesso si duole di aver passati senza alcun frutto in quell’isola oltre a sette anni, atten- *) Alcuni scrittori lo dicono Sanese, Ferrarese, Veneziano, o che so io. Dagli scritti suoi mede-simi si hanno prove che egli appartenesse alla nobile famiglia Petris tra le raguardevoli deli’ isola di Cherso. V. Jo. Tora. Marnavich Dial. de lllyr. Caes. q. lllyr. — Annibale Romei (Discor. st. 1585), Zi-letti^Gior. 1. p. 4.) — Ciro Spontone (Bottig. Dialog. 4. Verona 1589 p, 11) — Fontanini (T. l. p. 100. Bibliot.) — Fortis. (Sag. sopra Ch. ed Oss. p. 157). den d o solo agli altrui vantaggi (Praef'. ad. Vol. IV. Discuss. Peripat). Datosi in questo a conoscere maggiormente per le sue egregie doti dell’animo e la molta valentia nel maneggio delle eose pubbliche, s’attirö 1' attenzione della Veneta si-gnoria, la quäle inearicavalo indi a poco di dne importanti missioni, 1' una a Genova, a Madrid l’altra, nelle quali occupossi per lo spazio di sei mesi (Praef. ad Vol. I Dis. Perip. 1571). Ma non molto dopo (1574) il troviam di nuovo in viaggio da Genova in Ispagna (Pancosm. I. 24), donde rinornatovi tre anni dopo, dal Duca Alfonso II fu chiamato in Ferrara a spiegare la filosofia in quell’ uni-versitä (1578 V. Boresetti Hist. Gymn. Fer. Vol. II p. 202.), ove si trattenne fino al 1592. Gregorio XIV suo amicissimo e condiscepolo, e Clemente VIII successore di quello sni seggio pontifizio, colmarono Patrizio di benefieenze ed onori, anzi quest’ ultimo appena fu eletto Pontefice, chiamollo a Roma a coprire la cattedra di filosofia in quella celebre universitä, ove iocominciö 1’epoca della maggior di lui gloria, ehe lo pareggia ai Baconi ai Leibnizii. Datosi qui tosto a combat-tere gli inveterati pregiudizi, e gli errori della seuola Aristoteliea, difesa a quel tempo alaeremente da alanni dotti peripatetici, di cui alla testa eravi il cardinale Bellarmino, imprese a dimostrare sempre piü la filosofia di Platone essere del tutto conforme al cristianesimo a senso di quanto aveva poe’ anzi esposto nella sua o-pera: Nova de universis philosophia, publicata mentre era a Ferrara. Per tal modo si attirö addosso nno sciame di importuni detrattori, i quali adoperaronsi af-finche quest' opera non uscisse alla luce, ma che poi dovettero appagarsi ehe ag-ginnte vi fossero aleune postille e censure di certo Fra Giac-omo da Lago, degne dell’aM( dormitabo aut ridebo Oraziano. Anche un Teodoro Angeluecio medico scribacchiö, sostenendo i Peripatetici, un grosso volume contro Patrizio'), da cui egli si ditese egregiamente ") con una bella Apologia diretta al celebre Cesare Cremonino (1584). Ma ben presto egli trionfö de’malevoli, e si vide ricolmo di o-nori dai Pontefici ed onorato dall’amicizia dei piii illustri scienziati del tempo, in ispecie di Girolamo della Rovere, il quäle fece a lui dono di un bel esemplare greco dei discorsi di Erntete Trismegisto, che in eta avanzata publicö tradotto ed illustrato. Fu adoperato da Alfonso d’ Este per comporre le dispute insorte fra Bologna e Ferrara per le foci del Reno in Pb. In etk provetta rivide la patria, e quivi occupossi di un altra sua opera di molta lena, che intitolö: Nuova Filosofia delle cose universali, ove in ispecialtk primeggiano le dotte sue osservazioni in-torno al!a storia fossile, all’ astronomia, alla meteorologia, e vi pose in ridicolo l’a-strologia ancora a que’ tempi in credito, per cui Gio. Gonzio Olsato nella sua Storia Filosofica lo chiama: Homo audacis mgenii. Ma una tale audacia e appunto una prova luminosa dello slancio e della vigoria del suo ingegno creatore. II sistema sessuale delle piante, adombrato confusamente da Teofrasto, Patrizio sviluppö, e cosi fece strada al gran Linneo (Monti Prelus.), insegnö il sistema copernicano vent’ otto anni prima deli’ abiura di Galileo nell' opera pivi sopra indicata, e ehe il Vogt appella; opus eximie et maxime veritatis, stampata due volte, una delle quali a Venezia nel 1595, ma rara. 11 Brutter (Stor. Filosoflco - Critica T. IV) qualifica per dottissime ed ecceller,ti le sue Discussioni Peripateliche. II Salmasio e lo Sca-ligero commendarono moko le seguenti opere del nostro Patrizio.- — Trattato della Milizia romana — Paraletti Militari — bialogo della teoria della terra sotto il nome di Lamberto — Arte Oratoria — Peca sulla Poetica — Apologia deli’ Ariosto sotto il nome di Francesco Muto. Lasciö inedito il commentario sopra Omero ed altri seritti. Ma quantunque egli vi mettesse piü volte in dileggio le imposture de’ Scolastici e degli Astrologi, si lasciö affascinare da quelle dei Zoroastici, Ermetici ed Orfici, e mescolö le fole Alessandrine, Egiziache e Caldaiche colle Platoniche e colle sue particolari, aggiungendovi aleune cose di Bernardino Telesio. Ma gli errori de’ geni straordinari hanno un non so che di grande e di sublime, e in pro-cesso di tempo influiscono alla scoperta della veritä. Traviarono i piü grandi filo-sofi antichi; errb lo stesso Cartesio risalendo nella conoscenza della natura dalle cause agli elfetti, ma non pero rimase scema la loro gloria. Ad ogni modo il nostro Patrizio deve annoverarsi fra i primi ristauratori delle scienze, e come tale ritenuto dai piü dotti. L’Eritreo cosi in quanto a lui si esprime: Non huius modo, sed longe superioris aevi Italorum omnium multo doctissimus. — Pietro Bayle lo •*) Sententia quod Metaphysica sit eadem quae Phisica. — Venezia 1584 in 4.0 — Exercitationum cum Patrizio. Liber. Venezia 158Ö in 4.o chiama Gran fdosofo (Die. Ist. Crit. Tom. III.) e la Biografla Universale Antica e Moderna ne dice altrettanto. Venne egli a morte in Roma addi 7 febbraio del 1597. Le sue principal! opere sono: 1°. Deila storia dieci dialnghi, Venezia 1560 in 4°., voltate in Latino da Nie. Stupano, Basilea 1576, in 8°. 2°. Deila Rettorica, Venezia 1562. Fra altre cose in questo lavoro offre sulla formazione della superficie del globo terrestre il medesirao sistema, che Burnet da poi sviluppö nella sua Teiluris theoria sacra. 3°. La Milizia romana di Polibio, di Livio e di Dionisio Alicarnasseo. Ferrara 1-583 in 4°. flg. tradotta in latino dal Küster ed inserita nel Thesaur. Antiq. Roni. del Grevio. Tom. X. pag. 82. 4°. Paralelli militari, Roma 1594-95. 2 vol. in fogl. di 254 e 466 pagino ; ove pone a confronto l’arte militare antica colla moderna. Lo Scaligero approfittö di questo lavoro nell’ opera, che scrisse sullo stesso argomento. 5°. Plocli elementa tlieologica et physica latine reddita.. Ferrara 1583, in 4". 6°. Della poetica, Ferrara 1586. 2 vol. in 4. Nella I parte discorre dei prin-cipali scrittori latini e greci, nella seconda si scaglia contro i seguaci della scuola Aristotelica. 7°. Della nuova geometria libri XV. Ferrara 1587 in 4°. 8°. Discussionum peripateticorum tomi IV. Basilea 1581 in fogl. eol ritratto deli' autore. 11 primo tomo, pubblicato pure a Venezia nel 1571, reca la vita d'A-ristotele; nel secondo si fa a dimostrare, aver Aristotele tolto dagli altri filosofi ciö che ha di buono e di retto nelle sue opere; negli altri due confuta con molta erudizione e sagacia i Peripatetici, proponendo a cardine d’ogni insegnamento fi-losofico le dottrine platoniche. 9°. Nova de universis philosophia. Ferrara in fogli. Qui si trovano voltati in latino col testo a fronte i lavori di Zoroastro, Ermete Trismegisto, Asclepio ecc. Tale opera venne publicata, perö senza il testo greco in Amburgo nel 1593 in 16° col titolo; „Magia philosophica.“ La prima edizione e rarissima. Alberto Fortis nel suo Saggio d' osservazioni sopra V isola di Cherso ed Os-sero (Venezia 1771) afferma, che quest’ uomo fu un prodigio di sapere ne’suoi tempi, e che sarebbe stato un luminare inestinguibile della risorta filosofia, se fosse nato un po' piü tardi, o avesse potuto svilupparsi con piü libertä, professando le scienze in luoghi meno soggetti alle postoie che Ferrara, e Roma non erano. Aggiunge che egli ebbe de’ pensieri intorno al primiero stato del nostro Globo, che si cavavano dali’ordinario; e che in un suo dialogo intitolato il Lamberto propose quella pre-cisamente medesima Teoria, cui s’ appropriö un secolo dopo Burnet, ricopiandola poco esemplarmente quasi parola per parola (Burnet, Teiluris Theoria Sacra, Londra 1631.) Reca dopo ciö non poca meraviglia, come il celebre Ces. Cantü, sorvolando i meriti incontestahili del nostro Patrizio e fondandosi unicamente sui difetti alla pag. 509. XVI Tomo della sua Storia Universale (Torino 1845) abbia inteso a de-turparne la farna con modi incovenienti, e per la gravitä del soggetto che tratta, inde-corosi. „In modo piü originale, die’egli, Franc. Patrizio da Clissa (?) in Dalma- zia, dopo aver tentato ecc...........rimessi in credito dai neoplatonici misticiVi aggiunge da poi: „Nella poetica tratta fondare la poesia sopra il vero e la storia. Romanticismo anticipato. Eppure era noto ad esso Cantü il giudizio che sul nostro Patrizio pronunziava il sommo tra i biografi italiani, e che qui giova riportare: Fornito di vivissimo ingegno ed avido di tentar vie in cui non si debba raggionare con lode. (Tiraboschi. Stor. della Let. Ital. Napoli 1781. vol. 7. p. 359). Lavori deli'etä giovanile del nostro Patrizio sono: La cittä felice: dialogo deli' onore, discorso della diversitä de' furori poetici: lettera sopra un sonetto del Petrarca (1553) — V Eridano in nuovo verso eroico (Ferrara 1557). ”*) Piü fortemente ancora fu difeso il Patrizio da Francesco Muti Cosentino, che P anno 1588 diede alle stampe in Ferrara, cinque libri di dispute, o a dir meglio di invettive contro l’Angeluzzi. NOTIZIE SCOL A STICHE I. PERSONALE INSEGNANTE Babuder Giacomo, cavaliere deli’ Ordine di Francesco Giuseppe, membro dell’eccelso i. r. Consiglio scolastico provinciale dell’Istria; deputato alla Dieta provinciale deli’ Istria pel collegio delle cittä, d’Isola, Pinguente, Muggia, membro del Consiglio di amministrazione del Pio Istituto Grisoni in Capodistria, Consigliere scolastico, Di-rettore del Ginnasio. — Insegnö lingua greca nella Vili ore 4 settimanali, Sbuelz Carlo. — Professor e di rangu superiore. Capoclasse deli’ VIII. — Insegnö matematica nelle classi V, VI, VII, VIII; fisica nelle classi IV, VII, VIII; ore 21. Custode del gabinetto di fisica, membro della Commissione esaminatrice pei candidati al ma-gistero nelle scuole popolari e cittadine. Petris Stefano. — Professore di rango superiore, i. r. conser-vatore di monumenti storici per la provincia d’Istria, Capoclasse della VII. — Insegnö geografia nella I; storia e geografia nelle classi III, IV, VI, VII, VIII; ore settimanali 20. Spadaro Don Nicolö. — Consigliere consistoriale, professore e catechista ginnasiale, membro della Commissione esaminatrice dei candidati al magistero nelle scuole popolari e cittadine. Direttore del convilto diocesano parentino-polese. — Insegnö religione in tutte le classi e propedeutica filosofica nella VII, ore settimanali 18. Zernitz Antonio. — Professore, bibliolecario addetto alla custodia ed alla dispensa dei libri deslinali a letlure private degli scolari. — Insegnö lingua e letteratura italiana nelle classi IV, V, VI, VII, VIII, ore 15 settimanali. Mateičid Francesco. — Professore, capoclasse della IV. — Insegnö lingua latina, greca e tedesca nella IV, lingua tedesca nella V; ore 16 settimanali. Gerosa Oreste. — Professore, cuslode del gabinello di storia naturale, segrelario del consorzio agrario locale. — Insegnö storia naturale nelle classi 1, II, III, V, VI; matematica nelle classi I, II, III, IV; ore 22 settimanali. Filzi Giovanni Battista. — Professore, copoclasse della II. — Insegnö lingua italiana e latina nella II, lingua greca nella classe VIII; ore sett. 17. Bisiac Giovanni. — Professore, bibliotecario. — Insegnö lingua tedesca nelle classi II, III, VI, VII, VIII ;* ore 15 sett. Maier Francesco. — Professore, capoclasse nella VI. — Insegnö lingua latina e greca nella VI; latino nella VII; ore sett. 16. Steffani Stefano. — Docente effcllivo, capoclasse nella III. — Insegnö lingua italiana, latina e greca nella III; storia nella V; ore 17 settimanali. Vätovaz Giuseppe. — Docenle effettivo, capoclasse della V. — Insegnö lingua latina e greca nella V; lingua latina e propedeutica filosofica nella classe VIII, ore sett. 18. Marini Ernesto. — Docente effettivo, capoclasse nella 1. — Insegnö lingua italiana, tedesca e latina nella I, storia e geografia nella II; ore 19. Col giorno 9 giugno a. c. i signori Zernitz, Steffani e Vätovaz si accollarono in aggiunla alle loro mansioni ordinarie, il primo, V insegnamento deli' italiano, il secondo quello del latino nella II; il sig. Vätovaz l' inse g namento del greco nella classe VIII, in sosli-tuzione del collega ammalalo signor professore Filzi. OGGETTI LIBERI Lingua slava: tre corsi a due ore settimanali per ciascuno. L’ insegnamento venne impartito dal professore ginnasiale sunnomi-nato, sig. Francesco Mateičic. Ginnastica: corsi quattro ad un’ ora settimanale per ciascuno. L’insegnamento venne impartito dal docente deli’ i. r. istituto magistrale in luogo, sig. Carlo Ciborra. Canto: due corsi ad un’ora settimanale per ciascuno. — L’insegnamento fu impartito dal maestro di tnusica sig. Giulio Giorgieri. La calligrafia fu insegnata agli scolari della I e II classe in un’ora settimanale per classe dal sig. Ferdinando Perko, docente di disegno nell’ i. r. istituto magistrale in luogo. Civica Deputazione ginnasiale Signori Felice Dr. Bennati, Nicolö Dr. Del Bello, Antonio Dr. Zetto. Ricevitore della, lassa scolaslica Signor Alessandro Bonne, cassiere di rango superiore nell’i. r. ufficio principale delle imposte in Capodistria. Zetto Francesco, bidello, inserviente ai gabinetti e custode del fabbricato. PIANO DIDATTICO DELL'I. R. G1NNA.SI0 SUPERIORE DI CAPODISTRIA NELL’ anno SCOLASTICO 1891-92 CLASSE I, — Religione. I. sem. Spiegazione del simbolo apo-stolico, dell’oi’azione domenicale, del decalogo, dei cinque precetti della chiesa e della giustizia cristiana. II sem. Delle domeniche e feste della chiesa cattolica colle varie cerimonie. — Latino. Morfo-logia. — Le piü importanti flessioni regolari, esercitate a mezzo di versioni dall’una lingua nell’altra, come si trovano nel libro di esercizi dello Schultz. Ogni settimana un compito scolastico dimeča ora ed un domestico. Esercizi di memoria — piü tardi trascrizione di proposizioni latine tradotte e piccoli compiti domestici. — Italiano. Esposizione della parte etimologica della Grammatica di Demattio, con esercizi di analisi grammaticale. Esercizi di grammatica logica. — Proposizioni semplici e composte. Teoria della narrazione con alcune favole dei migliori autori da imparare a memoria, da prin-cipio una dettatura ogni 14 giorni, piü tardi un tema scolastico o domestico alternativamente, oltre la dettatura. ut supra. — Tedesco. Grammatica, fino alla declinazione del sostantivo. Lettura dal Müller (corso pratico di lingua tedesca) fino alla pagina 80. Compiti: uno scolastico ed uu domestico al mese alternativamente. Geografia. Nozioni elementari della Geografia generale e politica. Addestra-destramenco nella lettura e disegno di carte geografiche. — Mate-matica. Aritmetica: le quattro operazioni fondamentali con numeri interi/ Divisibilitä (Frazioni). Abaco. Geometria intituitiva: linee, rette, circoli, angoli, parallele. Triangoli colle regole della con-gruenza (costruzione di figure), temi scolastici uno al mese. — Storia naturale. I sem. Mammiferi; alcuni tipi di molluschi e radiati. II sem. Articolati. CLASSE II. — Religione Dei SS. Sacramenti e delle cerimonie neH’amministrazione dei medesimi. — Latino. Teoria sulle forme meno usitate e sulle irregolari, applicate agli esempi del libro degli esercizi dello Schultz, come sopra. Ogni settimana un compito scolastico di mezza ora. Esercizi di memoria come nella I classe; piü tardi, preparazione domestica. Tre temi scolastici di mezz’ora ed un tema domestico al mese. — Italiano. Esposizione della sintassi. Definizione della proposizione e delle sue specie, della frase e del periodo. Analisi logica di proposizioni semplici e composte. Brani facili di poesia da imparare a memoria. Tre temi scolastici e domestici al mese altern. Dettattura come in I. — Tedesco. Elementi della Grammatica fino al Verbo. Esercizi continui dal Müller (Corso pratico) fino al termine della parte I. Compiti; uno in iscuola e uno acasa ciascun mese. — Geografia e Storia. (2 ore) Geografia speciaL dell’Africa, Asia, divisione orizontale e verticale dell' Europa. Geografia speciale dell’evo antico (2 ore). — Matematica.. Aritmetica: moltiplicazione e divisione abbreviata, proporzioni. La regola del tre semplice. — Geometria: regole della congruenza e loro appli-cazione nei triangoli. II cerchio, il quadrilatero, il poligono; temi come nella I. — Storia naturale. I semestre, Iiegno animale: uccelli, rettili, anfibi, pešci, II sem. Botanica, CLASSE III. — Religione. Storia sacra dell’ antico testamento colla Geografia della terra santa. — Latino. Grammatica; teoria dei casi e preposizioni. Lettura: da Cornelio Nepote o da Curzio. Pre-parazione. Ogni due settimane un tema scolastico di un’ora. Ogni tre settimane un tema domestico. — Greco, Teoria delle forme re-golari, con esclusione dei verbi in (it. Versione dal libro di Lettura, Esercizi di memoria. Preparazione; ogni due settimane un tema scolastico o domesticu alternativamente. — Italiano. Lettura dal testo con commenti grammaticali e storici, Esercizi di memoria sopra poesie scelte. Riepilogo di tutta la grammatica. Delle figure grammaticali. Ogni mese un tema scolastico ed un domestico. — Tede-sco. Grammatica: la conjugazione debole e forte dal Müller (Corso pratico) vol. II fino alia pag. 81. Esercizi e compiti come sopra. — Geografia. Geografia speciale della rimanente Europa (ad ecce-zione dell’Austria-Llngheria) dell’America ed Australia (ore 2). — Storia del medio evo (ore 1) — Matematica. Aritmetica: Conteggio con numeri indeterminati. Le quattro operazioni fondamentali con numeri generali intieri e rotti. Elevamento a potenza. Estrazione della radice quadrata e cubica. — Geometria: eguaglianza delle su-perfici, trasmutazione delle figure, calcolo delle lunghezze e superfici. Somiglianza, temi come nella I. — Storia naturale, 1 sein. (Insegn, intuitivo). Mineralogia, II sem. Fisica sperimentale. Proprietä generali dei corpi: Calorico; idee fondamentali di chimica. CLASSE IV. — Religione. Storia del nuovo testamento in con-nessione colla Geografia della terra santa. — Latino. Gramm, teoria dei modi; congiunzioni. Temi come nella terza. LetturedaG. Cesare. - Greco. Verbi in (it. Le forme irregolari piü importanti. Punti culminanti della sintassi. Version i dal libro di lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella III. — Italiano. Lettura dal testo con commenti grammaticali e storici. Esercizi di memoria sopra poesie classiche. Dei sinonimi. Delle lettere propriamente dette (I semestre). Della versificazione italiana (II semestre). Temi come nella III classe. — Tedesco. Grammatica: Verbi irregolari e composti; reggenza dei verbi; avverbi, preposizioni, congiunzioni ed interiezioni. Lettura: dal Müller, il resto del II vol. e compiti come sopra. Esercizi di memoria. — Geografia. I sem. Storia deli’ evo moderno con parti-colare riflesso all’Austria-Ungheria. II sem. Geografia speciale dell’Austria-Unglieria, ed in particolare del Litorale. — Matematica. Aritmetica: Equazioni di primo grado. Regola del tre composta, in-teresse composto. — Geometria: giacitura e posizione reciproca di linee e piani, angolo solido. Specie principali dei corpi, calcolo delle superfici e volumi. Temi come nella prima. — Scienze naturali. Fi- sica sperimentale, Meccanica, Magnetismo, Elettricitä, Acustica, Ottica, calorico raggiante. CLASSE V. — Religione. La chiesa e i suoi dommi, parte I. Apologia. La chiesa cattolica e la sola vera chiesa di G. Cristo. — Latino. (nel I sem.) Tito Livio, Ovidio: Tristi, Ex Ponto. Esercizi stilistico-grammaticali 1 ora sett. Preparazione; temi — cinque sco-lastici per semestre. — Greco. Lettura: I sem. Senofonte (Crest. Schenkl) Ciropedia, brani. Anabasi. Omero, Iliade. Esercizi gram-maticali. Preparazione; temi — quattro scolastici per semestre. — Italiano. Storia della letteratura ital. dai secoli 200, 300, 400. No-zioni delle varie specie di componimenti in verso ed in prosa (secondo 1’ Antologia). Notizie generali sui traslati, sulle figure rettoriche e sulla buona locuzione italiana. Esercizi di memoria; temi come nella III. — Tedesco. Ripetizione delle parti pili importanti della morfo-logia accompagnate da copiosi esercizi. Sintassi: proposizioni princi-pali e dipendenti. inversione, uso deli’ infinito e participio, avverbio, preposizione; esercizi di memoria e traduzioni dali’italiano in tedesco e viceversa. Compiti 1 scol. e 1 dom. al mese. — Geografia e Storia. Storia dell’evo antico fino ali’assoggettamento deli'Italia, Geografia relativa. — Matematica. Aritmetica: Le quattro operazioni con interi e frazioni; numeri negativi e frazioni. Proprieta dei numeri. Equazioni di 1° grado con una e piü incognite. Geometria: Plani-metria; temi come nella I. — Storia naturale. Insegnamento siste-matico. I. sem. Mineralogia. II. sem. Botanica. CLASSE V4. — Religione. La Chiesa e i suoi dommi p. II. I dommi cattolici svolti nel loro nesso e nei loro rapporti. — Latino. Sallustio, de bello Iugnrthino. Cicerone, Catilinarie. Virgilio. En. Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Temi coine nella V. — Greco Lettura; nel I sem. Omero, Iliade. Erodoto. Senofonte. Grammatica, Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella V. — Italiano. Storia della letteratura italiana dei secoli 500, 600, No-zioni delle varie specie di componimenti in verso ed in prosa (dal-1’Antologia. Esercizi di memoria. — Temi — ogni tre settimane un componimento scolastico o domestico altermativamente, — Tedesco. Ripetizione e maggiore sviluppo delle teorie sintattiche. Dottrina dei casi. Costruzioni. Traduzione ed analisi di brani scelti pros. e poe-tici dal Nöe P. I. Compiti uno scolastico e uno domestico ciascun mese. Esercizi di memoria. — Geografia e Storia. Continuazione e fine deli’ evo antico. Storia del medio evo con relativa geografia — Matematica. Potenze, radici e logaritmi Equazioni di secondo grado ad un’ incognita. Geometria. II I sem. Stereometria; il II sem. Trigonometria piana. Temi come nella I. — Storia naturale.. Insegn, sistematico in tutti i due semestri. Zoologia. CLASSE VII. — Religione. La morale cattolica. — Latino. Cicerone, orazioni due; un dialogo breve o brani scelti di un dialogo maggiore. Virgilio, Eneide, Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Terni scol. come nella V. — Greco. Demostene. Omero, (Odissea.) Temi come nella V. — Italiano. Storia della letteratura italiana del 700. Nozione sulle varie specie di componimenti come nella VI Classe. Dello stile. Illustrazione della I cantica di Dante, di cui i brani migliori d’ apprendersi a memoria. Temi come nella VI Classe. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’ istruzione). Ripetizione di tutta la sintassi. Lettura dal Nöe, Antolog. p. II. Gram-matica Fritsch. Traduzione ed analisi con osservazoni filologiche. Esercizi di memoria. Compiti come nella VI. — Geografia e storia. Sto-ria deli’ evo moderno con riflesso allo sviluppo politico interno degli stati di Europa e Geografia relativa. — Matematica. Arit.: equazioni quadrate con due incognite, equazioni diofantiche di I grado. Fra-zioni a cat. (Kettenbriiche), Progressioni, calcoli d’interesse composto e rendita. Teoria delle combinazioni con applicazione. Geometria, Temi trigonometrici, Geometria analitica nel piano, sezioni coniche. Temi come nella 1. — Scienze naturali. Fisica: meccanica. calorico, chimica. — Propedeutica. Logica. CLASSE VIII. — Religione. Storia della Chiesa cattolica. Ri-petizioni dei punti culminanti della dogmatica e della morale. — Latino. Tacito, Germania, dagli Annali e storie. Orazio: poesie scelte (edizione Grysar). Esercizi stilistico gramm. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura nel I sem. Platone. Apologia di Socrate, due dialoghi minori od uno maggiore. Omero, üdissea; Sofocle. Preparaz. e temi come nella V. — Italiano. Storia della letteratura ital. deli’800. Breve riassunto di tutta la storia letteraria. Illustrazione degli ultimi canti dell’inferno di Dante, della 11 cantica e di alcune parti della III, di cui i brani migliori da apprendersi a memoria, temi come nella VI Classe. Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’istruzione.) Lettura dal Nöe Ant. p. II. Esercizi di versione su qualche autore classico italiano. Letteratura sulla scorta del testo (cenni sui principali periodi della letteratura tedesca). Gram. Fritsch. Compiti come nella classe precedente. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. I sem. Storia della Monaixhia austro ungarica. II sem. Studio geografico statistico della Monarchia austro-ungarica; riepilogo della storia greca e romana. — Matematica. Esercizi sulla soluzione di problemi matematici. Ripetizione delle partite impor-tanti della materia. Temi come nella I. — Scienze naturali. Fisica; magnetismo, elettricitä, calorico, acustica, ottica (elementi di astro-nomia). — Propedeutica. Psicologia empirica. ELENCO DEI LIBRI SCOLASTICI CHE SONO ATTUALMETE IN USO IN QUESTO GINNASIO I. Classe. Religione: II Catechismo grande, Vienna, i. r. deposito di Libri scolastici 1885. Lalino: Schultz-Fornaciari: Grammatica-Esercizi, Torino. Er-nianno Loescher 1885. Ilaliano: Demattio: Grammatica. Vienna, ut supra 1886. Letture p. I, 2 edizione, Vienna, All'r. Hoelder 1886. Tedesco: Müller: corso pratico p. I. Torino. Ermanno Loescher 1884. Geogra/ia: Klun p. 1. ediz. IV, Vienna, C. Gerold e figli, 1879. Aritmetica: Močnik, ed. VI, p. I, Vienna, idem 1849. Geometria: Močnik, p. I, ed. V, Vienna idem 1879. Storia naturale: Zoologia: Pokorny-Lessona. Torino Loescher. II. Classe. Religione: Catechismo grande come supra. Culto di Gaume e Valli. Trento, Seiser editore. 1882. Latino: come sopra. Ilaliano: Grammatica come sopra. Letture p. II, Vienna, Al-fredo Koelder 1883. Tedesco: come sopra. Geogra/ia: Klun p. IIII, 3 ediz, Vienna, C. Gerold e F. 1879. Storia: Weiter p. I Evo Antico, Vienna, C. G. e F. 1879. Maternatica: Aritmetica e Geometria come sopra. Storia naturale: Zoologia come sopra. Botanica (Pokorny-Ca-ruel). Torino 1882. III Classe. Religione: Schuster: Storia sacra. Vienna 1885. Latino: Schultz-Fornaciari ut supra. Memorabilia Alex Magni (Schmidt e Gehle) Vienna, Hoelder 1882. Greco: Curtius-Miiller: Grammatica. Torino, Loescher, 1884, 1886. Casagrande: Esercizi, Torino, Paravia 1886, III ediz. Ilaliano: Demattio ut supra. Letture p. III. Vienna, Hoelder 1883. Tedesco: Müller: Corso pratico p. II. Torino, Loescher 1883. Geogra/ia: Klan p. 111, ediz. 111. Vienna C. Gerold e F. 1879, Storia: Weiter p. II, Evo medio. Vienna C. Gerold e F. 1879. Aritmetica: Močnik-Zampieri p. II ediz IV. Vienna, Carlo Ge-, rold e F. 1887. Geometria: Močnik p. II, ediz. IV, Vienna idem 1871. Storia naturale: Mineralogia, Pokorny-Struever, Torino, Loe-scker 1882, Fisica: Vlacovich, Trieste, Caprin edit. 1880. IV Classe. Religione: Schuster: Storia sacra ut supra. Latino \ Graramatica. Esercizi ut supra. Cesare, De bello gal-lico. (Prammer) Praga, Tempskv 1883. Greco : come nella terza. Italiano: Demattio, ut supra. Letture p. IV. Vienna, Alfredo Hoelder 1883. Tcdesco: come nella terza. Geogra/ia: Klun p. II ediz. III Vienna, C. Gerold e F. 1878. Storia: Weiter p. 111. Evo moderno, Vienna idem 1879. Matematica: come nella III classe. Fisica: Vlacovich ut supra. V Classe. Religione: de Favento. La chiesa cattolica, la sua dottrina e la sua storia. Capodistria. Priora 1879-80. Latino: Schulz-Fornaciari. Raccolta di temi per la sintassi. Torino, Loescher 1884 „Livio“ edidit Grysar 1 e II vol. Vienna Carlo Gerold e figli 1872. „Ovidio“ Carmina selecta, Sedlmayer, Praga, Temsky 1884. Greco. Čurtius: Grammatica, per la sintassi come nella III ed esercizi per la stessa di Schenkl. IV ediz. Torino, Loescher 1882. Schenkl: Crestomazia di Senofonte, Torino, Loescher 1880, ecc. Omero, Iliade I e II ediz. Tempsky, Praga. Italiano: Antologia di poesie e prose scelte italiane (edita da Chiopris) Trieste 2a edizione, 1891, P. I. Tcdesco: Nöe: Antologia p. I, Vienna, Graeser 1880. Fritsch Grammatica tedesca, Torino, Loescher 1879 ediz. III. Storia: Gindely: Storia universale pel Ginnasiosup. I ed. Tempsky, Praga. Matematica: Močnik: Algebra per le classi superiori. Vienna C. G. e F. 1878. — Močnik: Geometria versione Menegazzi, Trieste, Dase, 1891. Storia naturale: Mineralogia-Geologia ; Hochstetten e Bisching, Vienna, Hoelder 1882, Botanica, Bill-Lanza. Vienna, Gerold C. 1857. VI Classe. Religione: de Favento (ut supra). Latino: Schulz-Fornacciari come nella V „Sallustio“ Bellum lugurtinum, e B. Catilinae Scheindle Praga, Tempsky 1833. „Vir-gilio Aeneidos, ediz. Hoffmann, Vienna, C. Gerold F. 1882. Greco: Casagrande: Sintassi greca. Torino Loescher 1883. — Casagrande: Esercizi p. II. (relativi), Torino idem. 1870. „Omero„ ed. Schenkl, Crestomazia di Senofonte ut supra „Erodoto“ (Wil-iielm) Vienna, C. Gerold, e F. 1870. Italiano: Antologia ut sup. P. II. Tedesco: Nöe e Fritsch come nella Y. Storia', Pütz p. II. Evo medio. Vienna C. Gerold e F. 1857. Malemalica; Močnik Algebra ut supra. Močnik Tavole loga-ritmiehe, Vienna idem 1882. Storia naturale: Antropologia (spiegazioni del Prof, Gerosa). Zoologia: Schmarda, Vienna idem 1854. VII Classe. Religione: de Favento (ut supra.). Latino: Schultz-Fornaciari ut supra. Virgilio Eneide ut supra, Cicerone, Orationes selectae Klotz edit. p. I e II Lipsia. Teubner 1888 Cicerone, De officiis, Schiche, Praga, Tempsky 1885. Greco : Curtius: Grammatica ut supra e Casagrande, Esercizi p. II ut supra. Omero: Odissea ediz. Pauly. Praga Tempsky p. I 1884, p. II 1880. Demostene: Orationes ediz. Tempsky. Italiano: Antologia, ut sopra P. III. Dante, Divina commedia. ed. Löscher, senza note. Tedesco: Fritsch: Grammatica ut supra. Nöe, Antologia p. II Vienna, Graeser 1780. Storia: Pütz p. IH, Evo moderno, Vienna 1858 C. Gerold e F. Matematica-, come nella VI. Fisica: Münch-Mora, Vienna 1877 Holder. Propedeutica filoso/ica: Schiavi, II ediz. Torino, Marietti 1879. VIII Classe. Religione: de Favento (ut supra). Latino'. Orazio: Carmina selecta, Petschenig, Praga, Tempsky 1885. Tacito: p. I e III Halm. Lipsia Teubner 1884. Greco: Platone (Wohlrab), Lipsia, Teubner 1884. Italiano: Antologia, ut supra P. IV. — Dante, ut supra. Tedesco: come nella VII. Storia e geografia: Hannak, Geografia e storia deli’ Austria, Vienna Holder 1884. Matematica: come nella VI e VII. Fisica: come sopra. Propedeutica filoso/ica: come nella VII. Nelle classi I, II, III, IV e VIII si adopera: Trampier: Mit-telschulatlas. Wien, Staatsdrucherei 1885. Nelle classi II, III, IV, V e VII si adopera: Putzger: Historischer Schul-Atlas. Wien, 1886 (Pichler). TEMI PROPOSTI PER COMPONIMENTI AGLI SCOLARI DEL GINNASIO SUPERIORE. CLASSE V. Occupazioni d’ uno scolaro durante le vacanze (lettera ad un amico). — Dell’origine della lingua italiana. — L’in-verno. — 11 dl dei morti. — Pietro delle Vigne e la sua pena nel-1’inferno dantesco. — Perche Erodoto chiami 1’Egitto „un dono del Nilo“. — II cane. — L’avaro ed il prodigo (considerazioni). La morte del conte Ugolino. — Utilitä. del fuoco. — Perche il Quattrocento sia detto il secolo del Rinascimento. — Dolori e gioie del marinaio. — Le strade ferrate. — II mito d’Orfeo secondo la tragedia del Poliziano. — Capodistria e i suoi dintorni (descriziono). — Le rappresentazioni sacre nel secolo XV. — L’estate.— Espon-gansi tutti gli oggetti ehe ci rendono cara la patria. CLASSE VI. — La vita umana e le stagioni. — Nicolo Machiavelli e Francesco Guicciardini (parallelo). — Della vita e delle opere di Lodovico Ariosto. — I/oro ed il ferro; utilitä e danni ehe da questi metalli derivano all’umanitä. — Influenza dell’ellemsmo sulla vita sociale e politica di Roma antica. — 11 secolo d’Augusto. — Sofronia ed Olindo (episodio della Ger. liberata). — Indole di Lucio Sergio Catilina secondo Sallustio e Cicerone. — Utilitä, del viaggiare. — II cavallo. — La spada e 1’aratro. — Si tessano le lodi della vita carapestre sulletracce di Virgilio e deli'Alamanni. Sua sorte nemo contentus. — I piü celebri oratori greci, latini ed italiani. CLASSE VII. — Dante Alighieri (biografia). — Chi possiede un vero amico possiede un tesoro. — II secentismo e 1’ Arcadia. — L’ acqua, strumento di distruzione e di civiltä. — Le scoperte e le loro conseguenze. — L’ordine e 1’ anima del mondo morale e materiale. — La satira di Giuseppe Parini. — Carattere del Parini desunto dall’ode „La Caduta“. — II mare tranquillo e il mare in burrasca. — L’assedio e la liberazione di Vienna nel 1683. — Perche 1’uomo sia superiore a tutti gli animali. — II giuoco. — La commedia deli’arte e la riforma di Carlo Goldoni. — II suicidio dinnanzi il tribunale della ragione. CLASSE VIII. — Le scienze e lelettere ingentiliscono 1’animo di chi le coltiva. — Utilitä della serittura e della stampa. — Dell’ori-gine dell’arte drammatica nell’antica Grecia ed in Italia. — Non chi possiede poco, ma chi desidera molto, e povero (Seneca). — La vista e 1‘udito (dissertazione). — Osservazioni intorno al passaggio di Dante dali’Inferno al Purgatorio. — I punti piü beli i nei Se-polcri del Foscolo. — II tempo e piü prezioso dell’oro. — Le pene dei superbi e degli invidiosi nel Purgatorio dantesco. — Le riforme deli’ imperatore Giuseppe II. — Wer fremde Sprachen nicht kennt, weiss nichts von seiner eigenen (Goethe). — Confronto tra gli an-tichi Fenici ed i moderni Inglesi. Prof. Antonio Zernitz. BRANI DI AUTORI GRECI E LATINI STUDIATI NELL’ANNO SCOLASTICO 1891-92 Classe III. Latino. — Cornelio Nipote. Tutte le vite di uomini celebri dell’antichitä, contenute nel testo prescritto, ad eccezione di quella di Temistocle e di Eumene. Classe IV. Latino. — C. Iulii Caesaris. Comra. de bello gal- lico. Libro I, IV, VI. — P. Ovidio Nas. Metamorph., Philemon et Baucis ; Midas, Daedalus et Icarus. Classe V. Latino. — T. Llvii, ab urbe condita, lib. I e qual lettura privata lib. III, IV, VI, partes selectae. — Ovidio. Palle Metamorfosi, 1° Esordio, 2° le quattro etä del mondo, 3° 11 consiglio degli Dei, 4° il diluvio, 5a Deucalione e Pirra, 12. il ratto di Pro-serpina; Dai Fasti, 11. il 24 di 1'ebbraio, il regifugio (Preša di Gabii ; 15, le feste dal 19 al 23 di Maržo. Le quinquatrie maggiori; 16, il 12 di aprile, I ludi ceriali. Dalle ore tristi: 8, Autobiografia. Dalle lettere del Ponto; 1. O dolce patria! (a Rufino). — Greco. Seno-fonte (Crestomazia Schenkl); Dalla Ciropedia: B. Ciro, capitano, VII Ciro e Gobri'a; VIII. La battaglia, IX Ciro e Creso. Dall’Ana- basi, B. Senofonte, V. Senofonte alla testa deli’esercito. — Omero, Iliade. C. I. Classe VI. — Latino. Sallustio, Catilina. — Cicerone, la I Cati-naria. Cesare, guerra civile lib. I. Virgilio, Bucoliche I e V; Geor-gicbe I, 1-159; II 458-540, IV, 149-558; Eneide parte del I libr. — Greco. Omero. Iliade III, IV, VI. Erodolo, guerre persiane I-XVI, XV1-XXVI; Senofonte, Memorabili I, II, III (dalla Crestomazia Schenkl. Classe VII. Latino — Virgilio, Eneide I, II> IV, VI. Cicerone, II Catilinaria, de imperio Cn. Porapei, Tusculanae lib. I. — Greco. Demostene. Kata

Zi~ AVVISO L’apertura deli’anno scolastico 1892-93 avrä. luogo il 16 Set-tembre a. c. L’iserizione prineipiera il giorno 13 Settembre e continuerž. nei quattro giorni successivi dalle ore 9 ant. alle 12 m. Gli študenti dovranno eomparire all’istituto accompagnati dai genitori o dai rappresentanti dei medesimi, i quali — a seanso di misure spiacevoli ehe potrebbero venir preše dalla Direzione nel corso dell'anno scolastico — sonotenuti di dar avviso alla serivente presso quäle famiglia intendano di collocare a dozzina i rispettivi (igli o raccomandati. Cosi pure vorranno eomparire muniti della fede di po-vertž, estesa in piena forma legale — sopra le stampiglie preseritte ehe si possono avere dalla tipografia Cobol-Priora di qui — quegli študenti ehe vorranno aspirare ali’ esenzione della tassa scolastica od a sussidi dal fondo di beneficenza. Pegi: esami di ammissione alla 1. Classe sono fissate due epoche, il 15, 16, (eventualmente 17) Luglio ed il 16, 17, 18 Settembre a. c. Per altri esami sono destinati i giorni 16, 17, 18 Settembre. L’ufficio divino d’inaugurazione si celebrerä, il 18 Settembre e 1’istru- zione regolare principierä. il 19 Settembre. DALLA DIREZIONE DELL’ I. R. GINNASIO SUPERIORE Capodistria 14 Luglio 1892 II Direttore fi. BABUDER - . t: s'r‘.-V-1 1 ' '• l. : * Čf) i §üi v ' ■■ ■• ' :• sVi : -■•:-■ :'•■>• ;v?v ; ■sü' v •'-■ * 'p.". ■ ':-■ ■ "" /v ; ■ isr~c.r m ' ?-«? -/ * %*■ ' ■’ *T' ’ * • *.-& . -', "I •' fr ' »- , ^ .J t*■.- SiA-«£* ' rv. ; . v ■.- ; - ¥m^^£0čk --to* <. i ■ v, * -r rfts >■ : ^ • -V ;-••> •=-, / 'v , J - H” . .■ ’ ■ J* 4."«*/.*■■■ fr&if'J- r&fe *f *5*j «. . ; > .... * .•. •* i taft ..'.k :• •s ^ yg TO C j*::