r t Avv. CARLO PO DI ZECCA SLA VIA ITALIANA GIVI DA LE presso fulvio (giovanni tipooiia fo-editoiie 1884 (68010 PER COMINCIARE Una mattina del..... 1KN4, percorrendo la strada che da Cividale conduce nel distretto di S. Pietro, mi sentì irresistibilmente fermato sulla riva di Àzzida a contemplare il paesaggio* In faccia, chiusa da monti scuri, la bassa valle di S. Leonardo, tortuosa minile corsa dalla Rieka e geminata di paeselli, sui quali allora si librava la nebbia. A sinistra, la più alta valle di S. Pietro, solcata dal Natisone e sulla, quale eccelle nella gloria del cielo il Matajur, cui mandano un saluto i vicini picchi nevosi della Carinzia. Alla mia destra, sulla punta dì un monte, il santuario della Vergine nell'aureola dell'alba. Indietro poi, fra le linee del castello diroccato di Griinbcrg da una parte e le colline digradanti dall'altra, le mura, le torri eri i campanili dell'antica Forogiulio, misticamente vaporosa, ed illuminata dal sole nascente. La vista complessa mi (eco riflettere: non è maturo il tempo di far conoscere all'Italia, un po' meglio che non la sia, questa sua Slavia? c no '1 potrei tentare io, cui, se possono far difetto a ciò il tempo, i necessari materiali e l'ingegno, soccorrerà la dilezione per una terra che fu culla dei miei padri? Ed ecco l'origino di queste note. STORIA FISICA Il Girardi, a pag. 153, voi. i, della sua Storia fisica del Friuli, sulla base della tradizione e di antichi autori, asserisce che nel Monte della Vergine esistevano infissi e disposti allo stesso livello alcuni grossi anelli di ferro, e ne induce che « anticamente fin là venissero le navi, esten-« dendosi a quel punto le acque marine e che a quei « anelli di ferro si attaccassero ». A conferma di ciò altri assicurano di aver oggigiorno veduto simili anelli alla medesima altezza sui monti di S. Canciano, di S. Martino, di S. Bortolomio, nei comuni di S. Pietro, Grimacco e S. Leonardo. Il padre Sturolo, nei suoi manoscritti rinfrescanti VOtium forojuliense del canonico Guerra, ammette l'esistenza di questi anelli, ma opina che servissero o per calare al piano, lungo le funi a quelli assicurate, legna e pietre, o per legarvi, giusta il costume dei tempi, i prigionieri. Gli anelli quindi possono esistere o no come l'araba fenice, ed in ogni caso essere stati messi per tutt'altra destinazione che per attaccarvi le navi. o Accennato ad ogni modo il l'atto, sembrami degno di maggior considerazione l'altro, che il prof. Catullo, già ornamento dell'ateneo udinese, osservava, nei dintorni di Vernasse il calcare, con alcuni nicchi stratificati di bivalvi, e della stessa natura di quelli di Ronchi di Monfalcone procedenti da Duino, e simile in tutto al calcare jurassico del Bellunese. - La scienza quindi ci assicurerebbe che nei tempi preistorici l'Adriatico arrivava fin là. Ritiratosi il mare, le valli della Sohiavonia restarono laghi, e ne sono argomento la, loro conformazione, gli strati di tutta ghiaia che a profondità diverse si trovano quasi ovunque ed il terreno alluvionale che specialmente si avverte negli scavi pòi materiale delle fornaci di Merso. Una tradizione poi vuole che quei laghi fossero sostenuti da una diga di terrìccio, che correva dal monte di Pur-gessimo ai contrapposti monti di Yornasso, e che, rotto quel debole sostegno dalle acque, queste irrompessero sulla pianura di Cividalo. Spariti i laghi, restarono i torrenti fra cui primo il Natisene, avente nome ed onore di dumo. La straordinaria profondità del letto di quest'ultimo vuoisi spiegala dalla tradizione che l'Isonzo pure vi correva «nitro e (die dicesi deviato da una frana caduta dal Matajur nella valle di Starasella pel diluvio d'acqua dell'anno 589, segnalato da Paolo Diacono india sua storia dei Longobardi, lih,, in, cap. xxxin. A proposito di questo Cataclisma il sullodato Girardi, a pag. 27 del voi. n, scrive: « Sorprendenti sono i profondi « strati di pudinga sui quali il Natiso sprofondandosi « effettuò prodigiosamente il suo corso, incominciando « poc# sopra S. Pietro, e non molto lungi, oltre Qividale « progredendo. Calcarea è dessa ed in masse irregolari «ammonticchiata, e quantunque sia porosa, cariata, cellu-« lare, è non pertanto dura e consìstente. Si trova anche «molto al disopra dell'attuale letto del Natiso, locchè « prova Vantico corso di una gran massa di acque a quella « volta, la quale strascinò seco de' ciottoli di varia natura, « correndo allora quelle acque sopra un livello maggiore « di quello eli*1 conservano presentemente. » Quegli poi che oggi voglia accompagnare il corso del Natisene soltanto dà S. Pietro al ponte di S. Quirino, dovrà convenire, che, e per le sue ardite tortuosità e pelle rive altissime tagliate a picco e pei massi ciclopici che in tutti i sensi e forme ne ingombrano il letto, è forse il fiume più singolare d'Italia. « Le corrosioni effettuate dalle acque dei monti » continua il Girardi a pag. 29 « fecero nascere i scoscendimenti «d'intere montagne, all'imperversar dei tremuoti in particolare, sembrando anche originato in tal guisa l'Antro « non lontano di s. Giovanni, dappoiché gli antri non si « rinvengono mai nel granito, ma nella calce, nel gesso « e nelle montagne arenarie soltanto. » Una visita a questa grotta. Vi si ascende per 114 gradini di pietra, e circa a metà della scalea leggesi goticamente incisa la data 1101. Arrivato in alto, trovi dapprima scavata nel monte una cella con entrovi gli avanzi di un forno senza cemento ed un mortaio nel suolo petroso. Quivi sostiamo ad ascoltare una curiosa tradizione, alla quale forse si allude nei versi: * •« C era una volta una regina Che volea far pane E non avea farina. Questa regina erasi rifugiata nella grotta, e le orde di Attila r assediavano a lungo dal piano sottoposto di Biacis tanto che la poveretta erasi ridotta a pestare da sola il frumento nel mortaio ed a cuocersi il pane nel forno. Un giorno un parlamentario si studiò di sorprenderla colla lusinga di una resa onorifica, ma essa lasciando animosamente cadere nella valle i grani delle due ultime misure di frumento, « se il tuo signore » gli disse « ostinerassi « nell' assedio tanti anni quanti sono questi granelli, io « resisterò, perchè i viveri mi vengono mandati da altri s «paesi traverso la grotta. » Si credei te a ciò, l'assedio fu levato come infruttuoso, la regina, tornò a dominare la valle d'Antro, e l'antico suo rifugio assunse il nome glorioso di fortezza degli Slavi. Fortezza e prigione, perchè il sullodato padre Sturolo scrive: «Alcuni pensano òhe il nostro duca Pemmone «padre di s. Rachisio fosse stato relegato nell'Antro di « s. Giovami] dal re Luitprando allorquando esso duca « imprigionò il patriarca Callisto, e eollogatosi ai circon-« vicini schiavi voleva a forza riacquistare questo suo «perduto Ducato.» [Fortilizio d'Antro, pag. 119.) Entriamo finalmente nella gTOtta: ha forma semicircolare, e al terzo inferiore dell' altezza è divisa da un doppio arco petroso, in parte artefatto, sotto cui precipita una perenne corrente d'acqua freddissima, la (piale, ingrossata dalle pioggie, manda un fragore spaventoso rintronando sotto le sassose volte della caverna.-(ìli archi che nascondono il torrente formano pavimento all'atrio, e di lì stendesi un salone lungo circa 10 metri, largo 10, alto 14, a cui macigni enormi variamente protuberanti sono soffitto e pareti Su queste ultimi1, due lapidi con caratteri assai log'ori, che nessuno seppe decifrare, e di cui una col millesimo 1 ft-Qg. A destra, una cappella dalla' cui fincstrina godi una vrsta incantevole. Dietro il rustico aitar maggiore si comincia a scendere. Lo starnazzare dell' ali di una miriade di pipistrèlli attaccati alle volte ti danno lo sbigottimento che coglie chiunque voglia addentrarsi nelle viscere- misteriose della, terra. Poi silenzio e tenebre, fantasticamente rotte dalla fiaccola della guida. Ma l'acqua néra dèi fondo, i massi informi di pietra, su cui devi arrampicarti per proseguire nel periglioso viaggio, ti sping&uo al ritorno, e nessuno, che io mi sappia, arrivò al termine, il quale, secondo i terrazzani, ha la sua uscita, dopo un chilometro e più, da un'altra grotta dei monti di Prestento. Gli stessi caratteri calcarei presenta il Matajur, che l'Hacquet è incerto se assegnare a limite fra le Alpi Carniche e Giulie invece del Tergiou. Non è sterminatamente alto, come il suo nome potrebbe far credere, perchè misura soli metri 1642 sul livello del mare, ma dirò eoli'illustre esploratore delle Ande, E. Vhim-pen: «quelli che non possono scalare le cime delle Alpi, « si consolino, imparando, ch'esse non offrono generalmente « i panorami che lasciano nella memoria l'impressione più « forte e durevole. Certamente alcuni panorami che si «scoprono dalle più alt)1 velli1 sono sorprendenti, ma non « eguaglieranno mai quelli delle cime isolate e centrali, « che hanno un gran valore dal punto di vista pittoresco. » A me quindi, più impressionista che scienziato, sia permesso digredire di nuovo col racconto di una salita fatta nel dicembre 1881, in quella stagione che, secondo un altro autore, il Corona, è la più propria per gustare completamente uno spettacolo alpino. Eravamo giunti a Stermizza, paesello a metà di Monte-maggiore e che forma centro delle altre frazioni e casali che si inerpicano sulle larghe spalle del gigante. Il cappellano del villaggio ci condussi1 a vedere la nuova sua chiesa e ci fece rimarcare la pietra dei pilastri della porta e dell'altare, che fu sviscerata dal monte. Sono monoliti di rispettabile grandezza, e quel che è più venati e lucidi da scambiarsi col marmo. Le campane frattanto suonavano mezzogiorno; uno splendido sole riscaldava l'aria tranquilla; io aveva tre Ore libere prima di tornare agli uffici che mi avevano chiamato lassù, e:-vuoi, zietto, che ne approfittiamo per conquistare la vetta? - mi disse la nipote signorina Adele Parravieini, venuta da Milano a respirar l'aria di questi monti. - Audiamo! - fu la mia risposta. Il degno cappellano, che ora dorme l'eterno sonno nel, cimitero della sua chiesa, non si sentì da tanto di «esserci compagno nel precipitoso viaggio, ma ci fornì di una guida all'altezza della nostra discreta audacia. Dopo il villaggio di Moni emaggiore, l'ultimo abitato umano su (pici dosso e presentautesi quale un' oasi in mezzo a conifere, i circostanti monti abbassatisi ci consentirono la vista dell'Adriatico. Ma il ràpido salire si era reso impossibile, ad onta che l'avveduta guida ci facesse girare gli arti del mostro, e ciò pel difetto di ogni sentiero e per l'erba sdrucciolevole. Alcune dònne, che la coglievano e riponevano nei casoni perduti in quelle sterminate praterie, mostrarono nel loro linguaggio la più alta sorpresa nel vedere l'ardita alpinista fìttasi in testa di domare l'indocile terreno. Fortunatamente si cominciò a trovare la neve nei fossi, e la guida ed io i nostri scarponi e la signorina i suoi stivaletti; aiFondammo nel bianco elemento, onde inumidire l'erba riarsa e così fermare i nostri passi. Finalmente un vento impetuoso ci annuncia la vicinanza della cima. A «mesto punto finisce il terreno levigato e si rizza un cono di bianchi massi, che disegnano le loro forme colossali sul verde terreno, Su, su, su: noi siamo giunti sul cocuzzolo e nessun ostacolo si frappone a spaziare lo sguardo intorno. Che festa di monti! p] quelli della Carinzia, della Stiria, del Tirolo; poi quelli del Litorale e dà ultimo la distosa dèlie Alpi italiane. Ed in giù vallate senza sole, di cui si distinguono appena i bianchi paeselli eolle loro basse miserie. Ed in lontananza il mare sempre rutilante come una conca d'oro. Ed in alto un azzurro cupo, che fa divinare le infinite profondità dei cieli. La bufera infernal che mai non resta su quella cima suscitò in quel momento all'accesa fantasia le leggendarie figure di Alboino, che cupido, undeque quantum prospicere pota i t Kalim conte mplatus est; di N ariete» che in ricambio della conocchia pòrtagli dall'imperatrice Sofia presenta ora all'invasore i frutti d'Italia per allettarlo a discendere; e più basso di uno slavo che guata le mosse del nuovo padrone per occupare la terra che egli lascierà dietro di se. Tre grandi popoli ivi rappresentati: il romano morituro, il longobardo virile ed il giovane slavo, che dovevano cambiare il mondo antico, mettere in iscena il moderno e preparare forse il futuro......... Il Ritiratesi le acque dai monti, questi e le valli soggette si coprirono di boschi, che lussureggiavano anche sotto il patriarcale dominio. Eredità di quei boschi restarono a lungo gii animali feroci (lupi e orsi) ed a difesa da questi ultimi, perfino alli 11 settembre 1(566, le ducali venete accordarono agli slavi il porto degli archibugi lunghi. E fino e specialmente nel torno di detta epoca le condizioni fisiche della regione dovettero essere pessime. Frequenti pestilènze, le quali spiegano i relativi servizi internazionali imposti agli slavi. (Ili ultimi servizi emergono dai documenti prestati negli anni 1613, 1614, 1620, 1621, 162-8, 1624 fino al 16 luglio, e poi dal 29 marzo 1630 fino al 17 settembre 1648 e finalmente dal 1649 al 1658. Grandini desolatone e conseguenti carestie, e, ad esempio, da una supplica per anticipazione di miglio presentata da Stefano Cosmacino deputato delle convalli di Antro e Merso al serenissimo Principe in data 29 ottobre 1660, rilevo che « di giorno in giorno ritruvansi giacenti morti nelle strade, « abbattuti dalla fame. » Forse commozioni telluriche, come si evincerebbe dal seguente documento, confermato per la verità dal Provveditore di Cividalc, Cesare Balbi: Faccio indubitata fede p.r q.do sottoscrito, qualmente nelle contrade di Antro et Morso, il cattivo topo habbia del anno 1066 et 1607 fatto notabile dano in diverse Ville nelle dette Contrade. Il Pete vero anno alli 18. Lugio 1668, à fatto destruto la maggior parte di Villagij nelle medeme Contrade. In quom Fidem. Adi 14 sino 1668 in S. Leonardo. Io D. Zuanc Suborlo Vicario Curato in S. Leonardo. STORIA POLITICA Il comm. Pigorini, direttore del Museo preistorico di Roma, visitando nel 1880 questa regione, trovò nei pressi di S. Pietro alcuni avanzi della età del ferro, simili a quelli scoperti ad Halstatt in Carinzia e ad Este nel Veneto, che dinotavano la presenza dell' uomo, almeno nella valle del Natisone, fino da qucll' epoca remota. Accennato semplicemente il fatto, entro nel periodo storico. Donde provennero i nostri slavi? Il friulano senatore conte Prospero Antonini nel suo patriottico libro - Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità di questa regione - a pag. 52 scrive: « I Vindi (Winden-erranti) da cui in seguito rampollarono « gli Slovenzl o Sloveni, invaso il Norico mediterraneo, « arsero chiese e badie (545), calati in Italia sulle orme di «Alboino, qualche anno appresso fissarono stabile dimora « nelle valli della Mura, il ella Sava e della Drava. Occupata «nella Carinola (Craingau) la marca Craina o Scabonica «(548), indi la Carentania o Carinzia,, scesero nella valle «Giulia, dove i Boìoari o Bara ri li respinsero, e fecero «argine porcile non s'inoltrassero dal Norico nella Rezia « rinnovando le loro escursioni (585). » Sebbene l'Antonini, d'accordo colla generalità degli autori, non metta dubbio con quelle parole che anche i nostri slavi dall'ultima tappa della Carinzia scendessero nella valle Giulia, pure, ed ai solo scopo d'invogliare altri migliori di me a nuovi studi sul punto importante della provenienza, esporrò un'altra versione basata sui seguenti dati: Di storia: - Il canonico Guerra nel suaccennato Otivm fùrojulien&e,.voi. lviii, vvv, pag, 218, riporta un'antica Relazione della città di Ci ri ti ai e del Friuli, in cui e detto: « il monte che occupa il Settentrione, ed il Levante (del «territorio di Cividale) è abitalo dai Schiavi, così chiamati « fino da Paolo Diacono, de' Schiavi o> Illirici di Dalmazia. » L'autorità invocata del Diacono, storico quasi contemporaneo all'entrata degli Slavi in Italia e per giunta civi-dalese e quindi vicino agli slessi, sarebbe decisiva, ma nò nelle Gesta dei Longobardi nò nelle altre sue opere mi venne fatto di trovare il pretoso accenno. Un dato storico più preciso ci sarebbe fornito dalla lettera di papa Gregorio al clero dell'Istria, commiscrante le continue irruzioni degli Sloveni: « a fili gor in bis, quo-« niam in vobis patior; Conturbo?, quia per Istria^ aditimi «jam in Italiani Entrare eieperunt ». (Greg. i, lih. x, Ep. xxxvi.) Di tradizione: - È tuttora viva in queste montagne (e la trovai perfino a Luicco Illirico) la tradizione che i nosi ri Slavi provenissero dalla Dalmazia o dalla Bosnia ed Erzegovina anziché dalla Carinzia. Di lingua: - Qualche esempio: - l Carintiani dicono mleco latte, lepo bello, laha amante, reM fiume, In Dalmazia invece, come nella nostra regione, si raddolcisce Velie, pronunciando mUéco, liepo, lii'ba. rieha. I nostri hanno la desinenza in é eguale a quella dei croati, serbiani, dalmati; per es. Bielle, Blasutic, Marie, mentre in Carinola è diversa: Bertic, Blasutic, Marie. I nostri terminano al pari degli slavi più meridionali, alcune parole in ac ed ar, per es. Ivanac (Giannetto), Lurinac (Lorenzino), Petar (Pietro), vietar (vento), anziché in ec ed in er come i eragnolini: Iranec, Lurinec, Peter, vieter, ecc. Alcuni de' nostri montanari,seguejtdo pei loro commerci la recento occupazione austriaca della Bosnia e dell'Erzegovina, vi trovarono con loro sorpresa nomi identici a quelli di famiglie e villaggi delle loro montagne, come Ciubiz, Coxtanizza, Gabrovizza, ecc., locchò dissero di non aver riscontrato nella più vicina Carinzia. Potrebbe darsi però che entrambe le origini fossero parzialmente vere, e cioè che gli slavi della Carinzia per la strada del Pilifero Venissero ad occupare una vallata della nostra regione, e precisamente quella di S. Pietro, e gli slavi della Dalmazia, 0 della Bosnia ed Erzegovina l'altra, ossia quella di S. Leonardo ed i monti del vicino comune di Prepotto. A suffragare quest' ultima versione starebbe qualche deferenza etnografica avvertita fra gli abitanti della valle di S. Pietro e quelli della valle di San Leonardo, e pedino una specie di antagonismo fra loro, onde i primi chiamavano fin l'altro dì S'aberi (mangiatori di rane) i secondi, e questi di rimando gli altri Lesnicheri (mangiatori di pera acerbe). Ma lasciamo le ipotesi, e veniamo ai fatti. Esporrò questi, finche lo posso, colle parole dello storico dei Longobardi (traduzione del Viviani) perchè fonte unica ed originale, e se anche si rimarcherà qualche lacuna, io non mi credo autorizzato a colmarla. « Morto Lupo...., Varnefrido suo figliuolo volle nel luogo «del padre ottenere il ducato di Forogiulio; ma temendo « le forze del re Grimoaldo, rifugiossi alla nazione Schiava « in Carnunto che corrottamente chiamavasi Carantano, «(Carinzia). Costui poscia ritornatosene alla testa degli « Schiavi, quasi per volere colle loro forze riacquistare il « ducato, i Forogiuliani presso il castello di Ncmas (Niniis), «il qiiah* è posto in vicinanza, del Forogiulio, gli si pre-« Capitarono sopra e l'uccisero.» (Anno 666 - Lib. v, cap. xxii.) Si nota qui elio probabilmente gli slavi della Carinzia si unirono coi nostri a Yarnei'rido é poi tutti furono battuti presso Nimis, lo cui montagne erano e sono occupate da altri Slavi. « Dopo queste cose fu costituito duca del Forogiulio « Vettari, oriundo della città di Vicenza, uomo benigno, « che governava dolcemente il popolo. Ora avendo inteso «la gente degli Schiavi, che egli era partito per la città « di Ticino, radunarono una grossa moltitudine per assal-« tare il castello dei Forogiuliani. Per lo che vennero ad «accamparsi in un luogo che chiamasi Broxa (Brischis) « non molto distante dal Forogiulio. Ma secondo la divina « disposizione, accadde che il duca Vettari, all' insaputa « degli Schiavi, la sera innanzi giungesse là da Ticino. E «poiché i suoi cavalieri (nelVoriginule: comitesj, come si « suol fare, cransi ritornati alle loro case, essendogli arri-« vato sì fatto annuncio degli Schiavi,^con pochi uomini, « cioè con venticinque, marciò contro di loro. Onde gli « Schiavi vedendolo venire con sì scarso numero, si misero « a deriderlo dicendo : ecco il patriarca che viene coi chie-« rici contro di noi. Ma Vettari essendosi avvicinato al « ponte del Natisone [del/o di />'. Queriua) il quale è posto «nel sito ove risiedevano gli Schiavi, strappandosi l'elmo « (avevaegli la testa calva) mostrò il suo volto agli Schiavi; « ed allora avendo essi conosciuto esser quegli Vettari, « improvvisamente atterriti si misero a gridare Vettari, « Vettari: onde così spaventandogli Iddio pensano anzi « alla fuga chi* alla battaglia. Allora \ ettari, piombato sopra « di loro coi pochi che avea, ne fece cotanta strage, che «di cinquemila uomini appena alcuni potoiono scampar « colla fuga. » (Anno 670 - Lib. y, cap. xxm.) Nella nota al testo di Paolo Diacono, nella raccolta degli scrittori Rerum ihdieaeum, a pag. 483, si osserva giudiziosamente, essere più probabile < he qui vi s;a alterazione di numero fatta dai copisti, anziché l'autore abbia scritto di buona fede l'avvenimento incrodib.lo, che venticinque uomini avessero ucciso cinquemila nem.e;. Certo si è che presso il ponte di S. Onerino si trovarono e si trovano innumere ossa ed armi, prova di quella strage. E sopra la porta della pubblica loggia del borgo Bros-sana di dividale veniva collocata una lapido in marmo colla seguente iscrizione : Non procul hi ne Broxas est in finibus Antri Qui nomen tibi Porta dedit Broxana vetustuw, Dux ibi finitimo* poreussit Vectaris hostes, Curn galeam abjecit currens in praìlio. calvus, Teste Natiso et rubicondi sanguino montes. < Essendo morto nel Forogiulio Aldone, che dicevano « essere stato prefetto del palazzo, assunse il ducato certo « Ferdulfo nativo dalle parti della Liguria, uomo lubrico «e vanaglorioso; il quale, agognando il vanto di vincitor « degli Schiavi, recò infinito danno a se stesso ed ai Fo-« rogiuliani. Costui corruppe con premi certi Schiavi, afiìn-« che a sua istigazione introducessero nella Forogiuliana « provincia una mano di armati della loro nazione. Il che « appunto è avvenuto. Ecco perciò qua! fu la cagione della « grande mina, a cui soggiacque la detta provincia. Piom-« barono i malandrini dalla Schiavonia sopra le greggi e « sopra i pastori, che pascolavano nei loro confini (V origi-« naie: in eornm vicinia), e ne trasportarono grosso bottino. «A costoro tenne dietro il rettore del luogo, che nella « propria lingua dicono essi Scnldais, nobile personaggio « di cuore e di forze valorosissimo, ma non potè in alcun « modo raggiungerli. - Onde ritornando indietro gli si « fece contro Ferdulfo ; ed avendolo interrogato qual cosa «fosse avvenuta di quei malandrini, Argait (arga, voce « ingiuriosa, come presso gli ebrei raca), così quegli chia-« mavasi, rispose, che coloro se ne eran fuggiti. - Allora '< Ferdulfo sdegnato, così proruppe: Quando mai potresti < fare alcuna prodezza tu, cui viene da Arga il nome d'Ar-«gait? e l'altro, punto da grandissima collera, siccome sfera uomo valorosissimo, così rispose: Voglia Dio, che 8 nò io, nè tu, o Ferdulfo, eseiaruo da questa vita, prima '<■ che gli altri conoscano chi di noi due più meriti 1 nome 2 \ « d' Arga. - E poiché s'ebbero dette tra loro queste "villane « parole, avvenne che dopo non molti giorni giugnesse «con grandi forze l'esercito degli Schiavi già preparato « dai premi datigli da Fcrdulfo. - E avendo piantato sulla più « alta cima del monte gli alloggiamenti, ove da qualunque « parte era difficilissimo a loro accostarsi, il duca Ferdulfo « sopraggiunto col proprio esercito cominciò a circuire lo « stesso monte per potere pei luoghi piani sopra di loro « scagliarsi. - Allora Argait, del quale or ora parlammo, «disse a Ferdulfo: ricordati, o duca, che dicesti che io « sono poltrone e da nulla, e che con vile parola mi chia-« masti Arga. - Or dunque l'ira di Dio cada sopra quello «di noi, (die F ultimo s'accosterà a questi Schiavi. - Ciò «detto voltò il cavallo per T asprezza del monte, dove più « malagevole era l'ascesa, avviandosi verso il campo degli « Schiavoni. - Ora Ferdulfo recandosi a vergogna se an-« eh' egli per gli stessi disastrosi luoghi non fosse salito « ad assaltare gli Schiavi, si prese a seguitarlo per tutti « quegli scabri, diffìcili e dirupati sentieri. Parimenti il suo « esercito vergognandosi di non seguitare il suo duco, si « mosse tosto dietro i suoi passi. - Vedendo perciò gli « Schiavi inoltrarsi i nemici su pei declivi della montagna, «animosamente s'apparecchiarono alla difesa, e più colle « pietre e co' bastoni che colle armi, contro di loro pu-« gnando, gettategli da cavallo quasi tutti li uccisero; É « così anzi per caso che per virtù conseguirono la vittoria. « - Ivi peri tutta la nobiltà friulana, ivi cadde il duca « Ferdulfo, e con esso fu morto colui che lo aveva provocato. «E quivi sciaguratamente per una vana contesa, e per « imprudenza furono rotti tanti uomini valorosi, quanti per « concordia di volontà e per salutare consiglio avrebbero « bastato a sconfiggere migliaia e migliaia de' loro nemici. « Colà nondimeno un longobardo di nome Manichi, il quale « fu padre di Pietro duca dei Forogiuliani, e di Orso pur « duca dei Cenodcsi, solo animosamente ed eroicamente « operò. - Essendo questi precipitato da cavallo, improv-« visamente gli diede addosso uno schiavo che gli legò « le mani con una fune; ma egli colle mani legate traendo « dalla destra la lancia del medesimo schiavo, e datogli « un gran colpo con quella, cosi legato com'era, gettandosi «per quei dirupati sentieri, fuggì.» (Anni 695 o 705? -Lib. VI, cap. XXIV.) « Morto dunque il duca Ferdulfo ne] modo che abbiam « detto, fu sostituito in suo luogo Corvulo, il quale per «poco tempo tenne il ducato. Costui per avere offeso il « re, privato della luce degli occhi, vituperosamente se ne «visse.» (Lib. VI, cap. XXV.) « In opposto Pemmone, uomo ingegnoso e utile alla « patria, meritò il ducato, Costui fu generato da padre «bellunese, cioè di Belluno.... Questo duca, raccolti insieme «i figliuoli di tutti i nobili ch'erano morti nel la battaglia; «della quale'abbiamo detto, li alimentò insieme co' suoi, « nello stesso modo che se fossero stati da lui medesimo «generati.» (Lib. VI, cap. XXVI.) « Costiti, essendo già fatti adulti i fanciulli di quei nobili «che avea fotte allevare in compagnia co'propri figliuoli, «in un momento ebbe la nuova che un'immensa moltitu-« dine di Schiavi era giunta in un luogo che si chiamava « Lauriana [probabilmente Laurino di Torreano presso « Dividale, piuttosto che La varia no come vogliono i eom-«mentatori). Ond'egli co' detti giovani, per la terza volta « piombato sopra coloro, li ruppe con grandissima strage, « nè più dopo ivi fu morto alcuno della gente dei Longobardi, eccetto che Sigualdo, il quale era molto avanzato « negli anni. Questi nella guerra, antecedente, fatta, sotto « Ferdulfo, perdette due figli. Benché nelle due prime volte «s'avesse egli, secondo il voler suo, vendicato di quegli « Schiavi, non potè neppure la terza volta dal divieto del «duca e degli altri Longobardi essere raffrenato; ma invece «così loro rispose: Ho vendicato quanto basta la, morte « de' miei figliuoli, e se ora verrà la morte lietamente «l'incontrerò. Così fu: ed egli solo in quella zuffa vi « rimase estinto. Ma Pemmone, poiché ebbe uccisa gran «quantità de' nemici, temendo di perdere alcuno de' suoi « nella mischia, stipulò nello stesso tempo la pace cogli «Schiavi, e da quel tempo costoro cominciarono ognor « più a paventare delle armi de' Forogiuliesi. » (Anno 718 — Lib. VI, cap, XLV.) « Rateili (figlio di Pemmone) divenuto duca del Foro-« giulio, entrato co' suoi nella Carinola, patria degli Schiavi, « ne uccise una gran moltitudine, e tutte le cose loro « minò. In questo luogo, essendogli improvvisamente venuti « addosso gli Schiavi, prima che egli avesse preso dallo « scudiero la propria lancia, alzata una mazza, che portava « in mano, colpì con quella il primo che a lui atfacciossi, « e lo stese morto. » (Anno 739 - Lih. VI, cap. LIL) Qui il Diacono finisce la storia della lotta fra i Longobardi e gli Slavi, e bisogna arguirne che questi ultimi, minati, non pensassero alla rivincita. Ma le guerre e la lebbra portata dai Longobardi in Italia avevano spopolato il Friuli, onde gli Slavi, invitativi 0 trasportati dai loro monti nel basso Friuli, vi lavorarono le terre più incolte, i deserti latifondi dei Longobardi maggiori, dei conti rurali, dei baroni di stirpe salica, bavarica, ovvero i mansi appartenenti ai monaci ed alle badie. .Questi coloni rurali dopo qualche generazione, poco a poco si confusero coi vicini abitanti di altre stirpi, lasciando di sè unica traccia nei nomi di sclavica derivanza, che tuttora sono propri di alcuni paesi, quali : Gorizia, Gradisca, Gra-discutta, Belgrado, Sela o Selo [villaggio), Precenicco, Seri lieo, Virco, Sammardenchia, Lonca, Blauzzo, Poceco, Pocenia, Doliuzza, Santa Marizza, Jalmicco, Sclaunicco, Visco, Versa Sclabonica, Pasian Schiavonesco, ecc. I / illustre pubblicista friulano cav. Pacifico Valussi mi faceva osservare in argomento, che a Mort eglia no ed aTalmas-sons vi e il borg dei Sclavons; che nella campagna del *| terreno sassoso - na cele, sulla roccia -r sano-: e/ih, nei prati - reliha njira, campo grande -za horilam, dietro la vasca - r svnrhaìt, agli zampilli -v novinah, nei nuovi campi />od hièo, sotto la casa - pod krajam, sotto Torlo - /' dolini, nella valle - ecc. Nomi di villaggi. Frazioni nel comune di S. 1 Motro : Vernasse (Far nasj difendici — Clenia (Tic ni je; qui non e' e — Altovizza (V topea) terreno fangoso —Sorzento (Sarsenta) il luogo dei mosconi — Ponteaoco (Petijac) accattone — Tarpezzo (Tarpec) il sofferente — Chiabai (Tje-haj, hoij) più in là - Podar (Podèrj distruggi — Costa (Kost-tà) quest'osso. Frazioni del comune di Tarcotta : piaois ( rilegaci) l'uggitivi — Lasiz (Laze) paesi di piccoli appezzamenti — Fogliano (Peljan) condotto — Erbezzo (Rabec) usando, u-sante — Montefosca Ùerni varh) niente nero— Spignon (Varh) cima — Cicigulis ( Vece-gai is) batti lo ragazze — Ooregnavas (Gorenja vas) villa alta —- Podvnrsi (Pod vare C i) sotto la tesa ai pesci. fc Frazioni del connine, di Rodda: Urisohis /iris ije, netta via (anticamente Mrnxas) — Pilifero (Podbuniessaz) sotto i malati — Porovizza ■Peroriti) frondoso — Lodi (Lok) arco — Uodgiiaoli. fontana — Clavora (Alti re rea) afflitto — Ossiaeli (Osnnjak) porta-cote — Scubin (Skubin) V. imberbe — Labore, del friulano — S'io.radi, sorgo — Zejaz. lepre — Orioenje (Orici/nje) paese delle noci. Frazioni del colmino di Savogna : ^uxo^im (Za VOdnjaffl) dietro le aeque — Cfpletischis (Tje plehièca) via i balli — Gahrovizza (Gabrovca) Jprra da carpani— Pelava (Piava) paese natante — Jollina (Jeli ina) paese dei cervi — Pechini^ (Peline) eretaglie — Stermizza (HIermieti) luogo ripido. Frazioni del comune di S. Leonardo: Cosizza (Kožica) capretta — Glastra (Hlasta) getta giù — Cravaro (Krarar) vaccaro — J)olegna , Dolenja) al basso — Osgnetto (Osnje) paese di albarello — Pìzzigh (Pirie) cantuccio — Prehod (Prehod) transito — LTscivizza (Usirca) luogo din pidocchi Frazioni .del comune di Stregua: Stregua (Srlednje) di mezzo — Obblizza (Oblica.) rape — Podpocchio (Pod peč io) sotto il forno — Oernetigh (Cernetic) moretto — Clinaz (Klinac) eouielln - - Duglie (Doltje, Unije) lunghe .— Podgora (Podi/oro) sotto il monte — Preserie (Pre serie) latrine. Frazioni del comune di Grimaeco : Grimacco (Garmak) roveto — Sverinaz, luogo dello belve — Clodigh [Hlodi c) legnetto — Liessa (Liesa) pónte tessuto a vimini anticamente usato pel passaggio del Pieka.—■ Soum (Selea) vil-laggetti — Topolò (TojU)lerr) luogo dei pioppi. Frazioni del. comune di Drènchia : Dreuchia (Dreka) paese stereoso— Clabuzza.ro (Kltihuéar) cappellaio — Cras (Kras) rupe — Ora j (Kraj) vicino, appresso, P orlo — Ob-benetto (Del/eujc; paese grasso ■— Ooncbrida (Ocno bardo) podere del padre — Prapotnizza (Prapot) felce, oppure pràpotnica, una, sorta di susina. Alcuni cognomi: Golles (Goles) calvo —Velicaz ( Venirne) uomo grande — Porgimeli ( Va rajah) custodi1 — Bledigh (Bledic) blaterone,, oppure pallidetto — Cromaz (Ilromac) storpio — Cosmacini (Kosmačini) pelosi — Carligh (Kerlic) persona di beli' aspetto — Cumar (Kumar) il compare, oppure Kumeran, dolente — Debcgnach (Debeljnjah) grasso, grosso — Gosgnach (Iloscak) boscaiuolo — Fili-pigli (Filipic) piccolo Filippo — Blasigh (Blaiic) piccolo Biagio — Coceancigh (Kociancic) piccolo Canciano — Iur-cigh (lurcic) piccolo Giorgio — Mucigh (Mucté) il muto •— Uecaz (Vekdc) strillone — Gariup, amaro — Grimaz, irrequieto — Medvesigli, orsino —Smriecar (Smrekar) abc-taio— Trinco o Drinko, toro —Sdrauligh (da Sdreu) sano — Vidigh, speculatore — Cuschigli, schiamazzatore — Ie-rebigh (Jerebic) piccolo catorno — Loszach (Lusiadi) fangoso — Cudicio (Hudic) diavolo — Snidercigh (Sniderciè) sartorello — Covacigh (Kovacic) fabbretto — Uolerigh (Volerle) pastorello di manzi —Cramar (Kramar) chinca-gliere girovago — Loviszach (Lovisèak) seguitatorc, cacciatore — Quala (Hvala),vanesio — Predan, venduto — Raccaro (Rakav) pescatore di gamberi — Ruttar (Rndari) lavoratore nelle miniere — Sittaro (Sitar) venditore di stacci — Scubla (Skubla) che ha pelato — Vogrigh (Vo-gric) ungheresetto —- Cernoja (uernoja) cosa negra — Sgubin (Sgubljen) perduto — Specogna — (Spehonja) odore di lardo — Chiudi (Cink) civetta — Ccsnich, aglio .— Manziu, mignolo — Saccù (Sakolj) falco — Sirch (Sirk) grano turco — Zabrieszach, montanaro. Infine, siccome cosa interessante l'Italia, che ricetta al settentrione ed al mezzogiorno gli Slavi, mando il lettore all' opera del Papanti — i Parlari italiani in Certaldo alla festa del V Centenario di Messer Giovanni Boccacci — e gli suggerisco dì confrontare la traduzione di una novella Boccaccesca nel dialetto di S. Pietro, (fatta dagli egregi Don Pietro Podrecca e Giuseppe Manzini) con quella simile nel dialetto slavo di Molise, (prof. Giovanni De Ru-bertis), ed avviserà la singolare somiglianza dei due dialetti e la conseguente loro conservazione in onta a tanta distanza, diversità di vicende e di condizioni locali. ISTITUZIONI CHIESASTICHE La menzione prima della parrocchia di S. Pietro si trova nella Bolla di Papa Celestino III, in data Vili Kal. xbris del 1192, in cui fra le 'parrocchie confermate al Capitolo di Cividale si indicano: « MccUsitmde Vohana cum « capellis suis, Fcclesiam de Plez, Ferirsi ani 8. Viti, Fede-« siam S. Petri de Algida rum capellis suis, ree. » senza che sia fatta menzione di altre parrocchie in Schiavonia, che, ove fossero. esistite, ragionevolmente doveansi nominare. La Cappella più antica della parrocchia di S. Pietro e quindi di tutta la Schiavonia è quella di S. Quirino. Sorso sulle rovine di un tempio di Diana che, more romano, era stato eretto sulla sponda del Natisone ed all' ingresso di1 Un misteriose foreste. Nel cimitero di S. Quirino si portavano a seppellire i morti fino da Plez. La campagna circostanti1, si chiama Infiora sedia, villaggio, nudi1 si; ne argomenta che quella chiesetta fosse il centro eziandio del primo abitato slavo. In una sentenza matrimoniale del 31 maggio 1351 fra due individui di Zaplatischa, tolta ex libro definitionum ca-pitularium di quell'anno, fol. 55, si legge: « Nos Leonardus Oanonicus Cimtatensis Archidiaconus «plebi h hi saaclor/'/n Leonardi et Petri etc. » Vi è nominata quindi la prima volta la parrocchia di S. Leonardo, che con quella di S. Pietro venne allora a costituire il governo1 ecclesiastico delle due vallate. Dallo stesso libro delle definizioni a pag. 56, 62 e fol. 3, dal 1480 al 1488 tolgo, siccome caratteristici dei tempi, i seguenti documenti: maggio d.° - Citazione al Sindaco di Antro di comparir davanti al Giudico Delegato della S. Sede, Vicario Patriarcale dì Venezia, per la causa col Capitolo. 7 giugno d.° - Ripresentazione dai villici del P. Wolfango (in seguito a facoltà avuta dal Patriarca di avere due preti in loro assistenza) e rifiuto del Capitolo. 23 Luglio d.° — Deputato un Canonico del Capitolo por sostenere la causa a Venezia, gli atti della quale scomparvero dall' archivio capitolare. Adesso noi distretto slavo si contano lo Vicario Curaziali di S. Pietro, S. Leonardo e V ultima più recente di Dren-chia. La prima ha soggette 19 cappellanie, la seconda 10 e la terza 1. Gli antichi comuni erano press' a poco quante le cappellanie. In tutto vi sono, oggi che scrivo, 50 Chiese a-perte al pubblico, 30 sacerdoti e 18 studenti nel seminario di Udine. Un cenno finalmente sul vicino e frequentatissimo Santuario della Madonna del Monte, che in una memoria dell' archivio capitolare di Cividale del 1596 è chiamata la Madonna 4& Bosco sopra Cividale d'Austria, e che dai nostri montanari ò detta Madonna antica slava. La prima menzione ne è fatta dal Patriarca Vorlico in una concessione al Capitolo del 15 giugno 1175. (De Rubeis. Monumenta Ecclesia} Aquilejensis, pag. 536.) Addi 21 giugno 1448 vi fu fatta dipingere 1' Ancona o immagine per ducati 43. Nel 1511 si teme che il santuario e V abitato sieno sorpresi e saccheggiati dai vicini tedeschi per la guerra di Massimiliano imperatore colla repubblica veneta. Li 21 marzo e 10 aprile 1538 vengono erette dai villici e dal Capitolo le circostanti fortificazioni a difesa dei turchi, tassata ogni prebenda 8 ducati (fol. 224 degli atti capitolari di quell' anno), onde il luogo assunse allora il nome di Castel del Monte. ISTITUZIONI AMMINISTRATIVE La Schiavonia, isolata por monti e torrenti dai contermini stati, ab immemorabili faceva una specie di stato a se. Infatti essa non è manco nominata nel 1327 in un atto del Parlamento, che dà V. elenco di tutti i contribuenti (ecclesiastici, nobili castellani e comunità) degli armati per la difesa della Patria. In questa isolata autonomia come si reggeva? Col le istituzioni del tempo, ma che presso di lei acquistarono speciale carattere e vigore. La Terminazione 24 settembre 1722 dei snidici Inquisitori in terra ferma per la S™ Repubblica di Venezia, nomina le ville componenti le convalli di Antro e Morso : Vernasso, Biacis, Erbez, Ceplctischis, Vcrnassino, Cle-nia, Ponteacco, Clastra, Luicco, Tribù1 di sopra, Stregua, Altana. Lasiz, Tarcetta, Mersino, Savogna, Azzida, S. Pietro, Brischis, Cosizza, Drenchia, Oblizza, Podpecchio, S. Leonardo, Spignon, Pegliauo, Montemaggiore, Brizza, Sor-zento, Biarz, Rodda, Grimacco, Costne, Cravero, Tribil di Sotto, Merso di Sotto. Sono 36 ville, cadauna delle quali costituiva un comune. Alla testa di questo stava il Decano, eletto dai padri di famiglia, i quali componevano la oicinia, che si raccoglieva sulla piazza o su altro luogo aperto, e trattava gì' interessi della comunità. Alla testa poi delle due convalli di Antro e Merso, le quali compongono e naturalmente dividono la Schiavonia, stavano due Decani grandi o Sindici, che convocavano le viciname grandi dei comuni della convalle rispettiva intorno alle lastre di pietra o banche esistenti nelle ville di Tarcetta e di Merso. Un esempio: Adì 10 api-ilo 1710. In villa di Tarcetta, alla Lastra luoco solito della Vicinanza Grande. Ove congregati li decani dell' Onoranda Banca d1 Antro, alla presenza delli quali al N. di 45 i'u da tutti creato in Cancilliere della loro Giurisdizione in mancanza del q. Mag.«0 D. D. Carlo Calcaterra loro cane." il sp. Luca Cucavaz di S. Pietro così. L'Arrengo o Consiglio o Parlamento della Schiavonia si riuniva una volta all' anno e più, quando lo esigeva il pubblico interesse, vicino alla chiesetta di S. Quirino, sotto i tigli secolari, all' aria aperta. La forma di simili assemblee e le materie che vi si 1 ruttavano risulteranno dai seguenti documenti: Adì 1 giugno 1674. Nel publico Arengo nel loco solito appo S. Quirino. Ove li decani tutti della Contratta di Antro hanno eletto in novo Sindico Giovanni Blasuttigh q. Pietro della villa di Vernassino, come riff.0 Leonardo Dorbolò Giurato grande con la patta della Maggior parte delli decani, et tu liccnciato con honori Giac.u Troppina Sinodico passatto. Adì 4 d.° et loco. Li Decani tutti della Contratta di Merso, eccettuato il Dee.0 di Poppcch (Podpecchio) hanno elotto in loco di Leonardo Pappes per novo Sindico di d.a Contratta Valentino Tomasetigh della Villa di Cosizza così rifferindo Steff.0 Pappes Giurato con alla patta di detti Decani. Adì d.° Li Decani tutti dell' una et dell' altra Contratta hanno deliberato, che cadauno di loro debba haver p. Dom.a prosa.wa ventura in pena di Marcha una applicata al mag.0 sig.r Galstaldo tli S. Ser.'à capitar per tempo in Arengo et portar compitta sodisfai.'1 della rata ultima posta in ragion di soldi dicci affine, di poter levare le informat.' dall' Ill.mo et sig.r General di Palma et tanto riferiscono li Giurati sud.1 con la pata di detti Decani. L. D. M. A. Domenica 24 luglio 1785 Ind.'' 3tia. Nelle vicinanze della \'cnd.a Chiesa di S. Quirino Pertinenze del Comune d' Azzida loco solito, ove li Decani dell' Ond.e Contrade d'Antro, e Merso costumano congregarsi in P.° Aringo, alla presenza dei sottoscritti Testi ove Convocato P Aringo della Contrada d' Antro previj gì' inviti Verbali fatti precorrere a cadaun D.no et de more e giusto le solite formalità et ordinario metodo all' quale intervennero gl' infrasti. (Seguono i nomi di 15 Decani di ville.,) Nel quali' aringo ut supra legalmente convocato, ed unito componente P intiera onoranda contrada sudetta d' Antro esposero essi Decani essersi spontaneamente dimesso e rinunciata la carica di Sindico della contrada stessa Marino Pattistigh q.rn Zuane, ed esser perciò necessario di sostituir ed elegger senza ritardo altra persona di sperimentata fedeltà e cognizione in Sindico della d.ta Convalle acciò gli all'ari della med.raa non rissentiscano danno, o pregiudizio, e per conservar sempre la buona direzione ed ordine. Dopo la qual proposizione fatto avendo d.tl D."' lungo e circolar discorso, e contribuito ogni più matura considerazione e quanto in questo proposito rimettersi debba, rimarcando massime P abilità ed onoratezza dell' infras.1" Jussigh, hanno unanimi e concordi nomino contraddente passata parte a pieni voti, inerendo alle parti prese sopra le vicinie de" rispettivi comuni..... costituito in loro general Procuratore, noncio, comesso e Sindico di cotesta Onoranda Contrada d' Antro Andrea ■Jussigh q.m Vincenzo della villa d' Azzida qui pronte e tal impiego accettante per anno uno p.° v.° tantum solamente impartendogli detti Decani autorità di poter a nome di osse Convalli, Decani od abitanti tutti agire ed amministrare gli altari ed interessi di d.a contrada ed assister con tutta diligenza fedeltà e solecitudine ed ogni, o qualunque indigenze interesse, che in ora si tratta, quanto a quelli che in posterum accader potessero, comparii avanti qualsiasi Tribunale sì di prima instanza che in grado d' Appellazione, e massime inanzi gl' 111.»1 ed Kcc.mi Magistrati, Consigli e Coleggi dell' inclita dominante, ed etiam a piedi di sua serenità, conforme il bisogno lo richiederà, umiliar memoriali suplieho, ottener ascolto, et quidquid si rendesse opportuno e necessario. Restando detto -lussigli incaricato dalli sud.11 D.ni a doversi impiegar con tutta fedeltà, ingenuità, onoratezza nella Carica ed obblighi, che seco porta la carica di Sindic, acciò gli affari della detta Convale per la di lui incuria, o cativa direzione non restino pregiudicati. Venendo assegnato dalli sud.u D> per sua Mercede al Mod,° Sindico L. 3.— al giorno, quando si porterà por gli affari della Convale a dividale, Udine e Palma, e se alla SS."'a Dominante Due. 4 oltre le Panche al giorno dovendo però detto Jussigh unitamente al sig. Domenico Mul-loni Deputato dar nota giusta dell' osato, e speso. Con promessa di tutti li sunominati Decani solidariamente per nomo anco doli rispettivi Comuni d' aver sempre fermo, rato ecc. Presenti Luca Hordon q.m Tomaso del Comune di Podpecchio e Filippo Zujan q.m Giorgio del Comune di Vernasso Testi. Ita est, concordatimi Originali. Laurentius Cueavaz Cancollarius jurisd>* ilonorandarum Hancarum Antri Mersique ex actis dictarum Contradarum. In un manoscritto intitolato : Riflessioni sopra lo stato economico della Schiavonia che Lorenzo Tomasetig Avocato Sindico della Schiavonia scrisse nell' anno 1788 a lume e direzione della Popolazione, leggo come in un Arrengo tenutosi dodici anni prima, cioè nel 1776, fu pronunciato il seguente discorso, che in parte riassumo ed in parte testualmente riporto, per i suoi particolari storici e per caratterizzare una gente interessata, avveduta e pur sapientemente civile. Si premise che la Schiavonia deve starsene continuamente all' erta per la conservazione dei suoi privilegi di esonero da gravezze; che ad onta di ciò nei primordi pel fatto degli abbocàtorl dei dazi eransi insinuate, siccome non specificatamente contemplate da quei privilegi, cinque differenti imposte, cioè del restrino in annui ducati 120, del Quintetto, del Sussidio, dell' Acconcio delle pelli e della Macina, convertitasi poi nell' obbligo del mantenimento della strada del Pulfero; che anni prima 1'Abboccatoio aveva tentato di estendere il dazio delle miniere anche a questo paese; che un anno avanti si protendeva di obbligare i mugnai al dispendio di formali investiture per V uso delle acque; che in altro incontro si voleva introdurre anche la Tansa delle arti; che di tratto in tratto sopravvengono perciò motivi di ricorsi e di difesa da sostenersi alla Dominante subito subito, onde V abuso non prenda radici col possesso ; che tutto ciò importa spesa, la necessità di una rendita certa, annua e nacionale e la dimostrazione del fonte a cui attingerla piii proprio, adattato e meno sensibile. V oratore quindi espresse così il piano del suo progetto : Nella Schiavonia si spazzano in tutte le osterie alla minuta un anno per l'altro all' incirca 300 fiotti di vino, per la maggior parte vino forastiere del Friuli, che smungie il Paese di denaro, si dia per suposto, che dette Rotti una per P altra siano di Conzi 12 por una, sicché tutte le dette 300 Botti formerebbero un Monte di Conzi N. 3600. Si propone che la misura del Boccale respctivo sia diminuita, osia resa minore da quello ò in presente di una sola vigesima parte, cosichè per ogni Conzo di misura Comune rissultarebbe un risparmio di tre Boccal di vino, che avanzarebbero nella Botte à motivo della detta suggierita minorazione. Questo risparmio di tré Poccali per ogni Conzo di misura Comune staro dovrebbe per la Cassa della Schiavonia, à cui il respetivo oste sarebbe in debito di render conto, ed esborsarne il ricavato à ragion di spasso con li confronti delli Sagumi delle Botti. Sù tal piano adunque si supponga, che il vino à spasso possi valere un' anno per V altro soldi sei il Boccale, cosichè con tale raguaglio la Schiavonia avesse da incassare soldi 18 per ogni conzo di vino; e moltiplicando questa tale utilità sopra P indicato suma di Conzi '3600, ne rissultasse la sopra annualio utilità in L. 3240, che entrerebbero nella Cassa della Schiavonia; e quello, che importa più, nissuno se ne rissontirebbe molestamente aggravato; e la ragione è chiara, poiché quando la gravezza sta in linea negativa, ossia di piccola diminucione, passa affatto innosservata. Un Galantuomo và all'osteria à bere un' Boccale di vino, lascia di buon'animo, senza rammarico e senza avedersi la vigiesima parte, che non la vede, ma se all' opposto la gravezza stasse in linea positiva, cioè se si volesse accrescere al prezzo solito un' bezzo solo per ogni Boccale, in tal caso oltre che il carico sarebbe di molto più gravoso, mentre sopra detta supposta «urna di vino, ed un bezzo per Boccale, verrebbe à risultare una rendita annuale nella suma di L. 5400, riuscirebbe poi anche più odioso di sua natura, importando u.i' continuo sensibile urto all' interesse di chi fosse obbligato pagare di volta in volta il bezzo d' imposta. A tutto ciò si aggiunga il riflesso che in tale gravezza sopra il vino concorrerebbe a pagarla h forastiere, il viandante, e che fra li Naccionali il più vicioso ubriaccone,vsè per una parte portarebbe svantaggio alla Patria consumando, e sbilanciando la di lui famiglia, per P altra P istesso suo scialaquo portarebbe qualche maggior vantaggio alla Cassa Naccio-nale; ed il ridurre il vicio, che sin' ora non hà fatto che puro danno al Paese, dover render in' aveniro dell' utile al Paese istesso, ella è una massima di insigne prudenza. Così pure si rifletta, che H detti insensibili risparmi non verrebbero già perdutti dagli abitanti dell' Paese, mentre si ritroverebbero tutti uniti à loro benefizio e per loro Comune difesa nella Cassa Naccionalo ; e posto che la detta Cassa arrivi ritraere una rendita sufficiente, in tal caso non vi sarà più bisogno di steurc, ossia giottiti, e di imposte eventuali cotanto odiose, e difficili nelle loro riscossioni. — Un'esatto registro poi dovrà di anno in anno dimostrare l'introito e V uscita. 11 Corpo dell' Arrengo sarebbe il siccuro Custode della Cassa, che serrata a tré Chiavi, non potesse aprirsi per estrar' soldo, e non che alla presenza e con intervento di tré Deputati, che verebbero scielti dal detto Arrengo, ed à quali vcrebbo consegnato una Chiave per cadauno. In somma in allora la Schiavonia potrebbe dire di avere finalmt.0 incominciato à vivere, ed à dirigiersi con mottodica eeconomica, ed in forma di Nacione Civilizzala. Questa proposta, scrive il Tommasetig, restò con esultanza accolta. Neil'Arrengo 23 dicembre 1788, riunitosi al luogo consueto nelle vicinanze della Veneranda Chiesa di S. Antonio Abate di Merso di Sopra, « fu proposta e passata parte a « pieni voti nomine contradicente che in termine di quindici « giorni prossimi vent.'1 deliba esser riscosso il residuo delle « Steure sive Tanze vecchie, come pure attese l'indigenze « e premurosi affari di questa Onoranda Contrada e di quella « d' Antro, hanno deliberato e passata parte unanimi, e con-« cordi gli antescritti Decani d'impure come in fatti hanno « imposta una Steura o sive Tanza di L. 6 per terreno, con «obbligo che quella parimenti debba esser in termine di « giorni 15 prossimi vent.1 consegnata dalli rispettivi De- « cani, e da «presti al su.....ninalo di loro Sindico, altriménti «possa lo stesso Sindico Ovisznob eseguir somma eia metile « alle Case detti Decani, e li Decani stessi alle Case de' « rispettivi Comuni contro gì' impollinali, e renitenti sie. » Arrengo 12 novembre 1797 dei Decani e Deputati di ambe le convalli a S. Quirino, nel quale i due Sindici piopongono « di passare all'elezione di n. 2 Deputati e Procuratori, « quali abbiano a presentarsi a piedi del Trono di Sua « Maestà l'imperatore od a qualunque altra autorità, per « implorare la coi derma dell i Antichissimi Pivileggi, in « vigor dei quali ecc. » Simile plenario 27 marzo 1803 a S. Quirino, nel quale « restò preso con la generalità de' voti che a vista debbano « Dno Giuseppe Venturino Sindico della Convallc d'An-« tro e « Dno Miehielle Droli Deputato della eonvalle di Morso « conferirsi in Venezia ad osequiare in nome di tutto «questo corpo S. E. Ferdinando Co: di Bissingen Cornami ssario Plenipotenziario di S. M. Francesco II, ecc.» Ultimo delti 2 maggio 1804 a ri. Quirino, in cui i Deputati e Decani delle due convalli «discusse prima altre «materie loro incombenti, fu poscia versato sulla condotta «dell'attuai giudice della Giurisd.'' dell' onda Banca di «Morso situatn nel Distretto di questa Sohiavonia, il nob. « ed ecc.11' sig.1' D.r Antonio Mittoni, fu d' unanime consenso «e per acclamazione dichiarato, attestato, e preso a pieni « voti, che non solo a veruno d' essi componenti il prte «Arringo, ma neppure per quanto essi sappiano, a veruno «degli altri Abitanti soggetti tanto alla giurisd.0 della « detta Banca di Morso, che alle altre Giurisd/ situate in « questo medesimo distretto, ha il med.1110 p]cc.tu sig.r D.r « Mittoni Giudice della Banca di Merso dato motivo di do-« glianze, reclami e sospetti in civile, criminale e politico, «potendo e dovendo quindi in atto di pura e mora verità « quest' Arrcngo certificare, che il suddetto Ecc.te Giudice «nell'atto di amministrare con tutta imparzialità, solleci-« tudine ed integrità il suo ufficio, si ha saputo conciliare « la pubblica confidenza de' suoi Giurisdizionali. » Dai suddetti documenti emerge, che il popolo della Sohiavonia aveva saputo crearsi un governo proprio, democratico e parlamentare, che deliberava nei suoi Arrenghi intorno a tutti gli interessi amministrativi, economici, politici e giudiziari della, regione, che fino all' ultimo diede saggio di forte organamento, di sapienza civile, e che <- degno di figurare nella storia gloriosa dei Comuni italiani. Col compartimento territoriale 1 aprile 1816, i 36 comuni, che costituivano la Schiavouia, furono ridotti agli otto seguenti: S. Pietro, Tarcetta, Rodda, Savogna, Grimacco, Drenchia, Stregua, S. Leonardo e venne crealo il Disfretto di S. Pietro degli Slavi con un I. E. Commissario. Nel 1867 il Distrotto col Capoluogo sacrificava il suo titolo — degli Slavi — all'unità italiana e si chiamò: S. Pietro al Natisone. Ma, fin oltre al 1830, le Vicinie seguitarono a funzionare in onta ed a fianco dei nuovi consigli comunali. Addì 30 marzo 1884 io mi recai 11 visitare la Lastra di S. Pietro, la quale ò naturalmente di pietra, grossissima, appoggiata a solido piedestallo ed ombreggiata da un gelso antico, in mezzo ad una piazzetta cieca, perdio i patres patrie d' allora evitavano i luoghi troppo rumorosi pelle loro deliberazioni. Visto che io mi era fermato a contemplarla, uscì dalla sua casetta prospettante un buon vecchio, il quale stimò d'intervenire a dirmi, che si ricordava d' aver veduto nella sua fanciullezza Convenire la vieinia intorno a quella lastra per deliberare di tutti gli interessi frazionali, e che solo la sospettosa polizia austriaca nel 1833 riuscì a bandire simili popolari adunanze ! In talune frazioni, specialmente montuose, le Vicinie seguitarono a riunirsi fino al 1850, ossia fino alla divisione dei fondi comunali. Precedeva la pubblicazione festiva del cappellano dall' altare sull' ora del Comizio, ed in questo si riunivano i capi-famiglia, al solito suono della campana. Col peculio frazionale si cominciava dal comperare una botte di vino, che veniva distribuito a tutte le famiglie, e quello o quelli dei loro capi che avessero contravvenuto alle deliberazioni prese, dovevano pagarlo tutto. Per la discussione nessun presidente eletto, e soltanto la persona o le persone più stimate del villaggio davano la piega naturale alle deliberazioni. Tuttora in certi incolti indivisi si mantiene il tranquillo e secolare possesso dei frazionisti con esclusione di ogni estraneo, senza che vi si ingerisca il Comune legale o 1' autorità giudiziaria. Tanta vitalità conservò presso questo popolo perfino P ente Frazione ! ISTITUZIONI GIUDIZIARIE PREMESSA STORICA Il comm. Michele Leicht nella sua dotta monografia sui Giudizi feudali del Friuli scrive, che il Patriarca di Aqui-leja aveva due Massari in Antro e Morso, cadauno dei quali nominava dodici giudici pei Banchi di quelle vallate. Sotto la repubblica veneta poi trovo Ordinanza 22 settembre 1502 del Luogotenente della Patria del Friuli: « a-« vuta fede che gli uomini dello Convalli di Antro e Merso « hanno facoltà di giudicare in prima istanza, anche in « caso di omicidio seguito in dette contrade, riservata ap-« pellazione alla comunità di Cividale, revocando lettere « contrarie, dichiara che gli uomini di dette contrade pos-« sano e debbano giudicare e sentenziare nel caso di dette « lettere ed in altre simili. » Uguale Ordinanza 17 ottobre 1566, che riconosce nella convalle d' Antro il pacifico possesso di giudicare tanto nel Civile quanto nel Criminale, ed ordina di passare il processo formalo à Dividale contro Michele Molina/ di Canal del Judri alla suddetta Convalle per la sentenza. Curiosa Terminazione 1 febbraio 1623 del Sindacato di Cividale « che non sia, tenuto il decano Podrecca dar denuncia di parole ingiuriose, risse, o pugni o cose simili « quando non seguano con effusione di sangue nè meno « dar denuncie de' furti di giorno et di notte quando non « seguano con rotture di porte di balconi, et non si possi « nelli soprad.1 casi formar processi ex off.0 nè far...... ma « solo in seguito quarella della parte offesa. » Segue la fondamentale Investitura del doge Giovanni Cornelio in data 21 aprile 1627, provocata quando il governo veneto si adoperava, a togliere la conferma ed investitura d'ogni privilegiata giurisdizione, e (die invece nel nostro caso confermava « alli tìdeli huomini et habitanti nelle Con-« valli e Contrade di Sehiavonia di Antro e Merso, la giu-« risd.nc civile et criminale et criminalissima, col mero et « misto imperio delli lochi chiamati le banche di Antro et, « Merso giudicando con I' assistenza, del Castaldo, ò de suoi «Sostituii, con tutti li usi, ragioni, giurisd.ni, emolumenti, « prerogative'spettanti a d.a giurisd.™, come da tempo im-« memorabile è stata anco da loro maggiori goduta et « possessa senza alterazione, o diminuzione alcuna, et salve «sempre le solite appell."1 alla Città et liegg.1" nostro di « Friuli anted.0, et ogni altra prerogativa della, sig.™ nostra. « Et il d.° Clemente Gallanda come Sindico et Proc.e e-« spresso delli sudetti nomini et habitanti delle Convalli, « et Contrade predette, con 1' assistenza de quattro Consi-« glieri nostri, de doi capi di 40, e delli Proved. sopra li «feudi giusta la puhlica ordinat.'' ha genuflesso prestato «indie nostre mani il debito giuramento di fedeltà ecc.» In conferma di quella Ducale tre anni dopo (26 settembre 1630) i Provveditori sopra li feudi ordinano al Provveditore di Cividale dehha «immediate e senz'altra iìde-«jussione far rilasciare di prigione Gaspare Troppina, es-« scudo quel giudizio incompetente, non potendo esso « giudicar se non in appellatione, rimettendo il Processo « alli 12 Huomini et Gast^Ho non appartenendo a Lei il «reputar immeritevoli ossi populi di quelli privilegi el ella " eseguirà sotto pena altrimente sarà sub.' formato debito-« ra Palazzo. » Nel 21 giugno 1644, furono esentate dette Convalli dal pagamento di una tassa giudiziaria. Addi 11 settembre 1660 essendo intenzione di Marino Srimani ohe «la Banca di Antro sia conservata nella sua « superiorità e giurisdìtlOne conforme alli sui privilegi et «consuetudini senza alcuna innovazione o disturbo, ordina «al Provveditore di Cividale di consegnare un processo da « esso ineompotentemcnte assunto contro individui soggetti « alla Banca di M erse. » Gli Slavi poi vigilavano continuamente e contro qualunque a conservarsi i confini della loro giurisdizione. Tanto risulta dalla loro istanza 1(5 giugno 1671, presentata ai Provveditori sopra li Feudi e che per estratto riporto: Procura il aig. Co: Cosso concertando nelle formo che ben appariscono col Comun, et huomeni di Maxarolis, e Tauioris di far stradane potesse a' suoi ingiusti disegni, et pregiudicare alla giurisd.11" che tengono le ledei.contrade delle Convalli d'Antro, e Morso, nelle ville, iS've Commini di Herbez, Monsfoschia, e Calla, sperando forse vantaggio ''ella confusione con artificio studiata, che però restando evidente rop-nfpbato d tal quale disegno pei1 li suddetti [intatto, et per noi intervon.41 d' esse fedol.mt-' Contrade contradette, et vedendosi por le carie irrofraga-hilmente, che il luogo preciso dove Luccardo Conoidi fu con forza privata stento, è compreso nelle pertinenze delle sud,* Convalli, deverebbe il •ned.">« sig.1' Conte, et huomini de Maxarolis decisici- dall' indebita pretensione di voler inferir pregiudicij all'altrui giurisd."e ecc. Addì 30 agosto e 3 dicembre 1721, 27 luglio e 22 a-&OstO 1736 il Magistrato dei Fendi conferma l'Investitura I aprile 1627 sotto le pene di Ducati 100 e 500 ai violatori, e di nullità di qualunque esecuzione. Nel 17 aprile 1747 lo stesso Magistrato ordina al Provveditore di Cividale la consegna alle ripetili*; Banche del Processo penale contro Naeoaro loro giurisdizionario. Segue Ducale 9 marzo 17(.)6 di Lodovico Manin con cui (< li fedeli huomini et abitanti indie contrade e convalli di « Scliiavonia di Antro c Morso furono n'investili della. Giuris-« dizione Civile, Criminale et erhuinalissima, col mero et « misto imperio delli predetti biechi chiamati le banche « d' Antro e Morso » precisamente come noli' Investitura 21 aprile 1627. Caduta la Repubblica Veneta,e subentrata l'occupazione fra noesi1, li 22 luglio 1797 il Governo central«1, del Friuli «meritando un peculiare riguardo ed un'apposita, provile denza la topica ubicazione di «mclle valli e per facilitare « li mezzi a tutti quei cittadini di usare le loro ragioni » decretò l'erezione di due Tribunali di prima istanza civile o criminale per cadauna delle valli, i civili con tre giudici per cadauno ed i criminali invece con un solo giudice per ognuno. Sorvenufa la dominazione austriaca, vennero reintegrati gli abitanti della Schiavonia, noi loro privilegi e giurisdizione politica, amministrativa, civile e criminale come praticavasi avanti al 1 gennaio 1796, e con Decreto 28 luglio 1798 dell'I. U. Governo Generale di Venezia venne approvata la proposta nomina del Giudice civile e criminale Dott. Antonio Mittoni (detto per la Convalle di Morso. Sotto il Regno Italico,'nel 1805, fu istiluila, pel creato Cantone di S. Pietro degli Slavi, la Giudicatura di Pace. Ripristinata la dominazione austriaca, con Decreto del febbraio 1818 il Distrotto di S. Pietro degli Slavi fu aggregato pel giudiziario alla Pretura di Cividale, dal cui Mandamento tuttora dipende. Da una statistica penale, compilata, a richiesta del Sindaco di S. Pietro per tutto il triennio 1872-73-74, desumo il seguente quadro di confronto: crimini Delitti Contrav- l'o|ml;t- Òsservtaiottì venzioni lione Distretto di S. Pietro 50 110 293 10892 La popolazione fu esposta Distretto 'li Cividale 122 1020 IMI ir. giusta la circoscrizione giudiziaria del II. De- Totale pel Mandatu." 178 439 1813 5! 00? cretò 3 luglio 1871 ii. 834«. 11. Noto poi che nella specialità del Distretto di S. Pietro le contravvenzioni doganali figurarono sempre pel maggior numero di reati, ed i furti pel minimo e quasi nullo. Ciò premesso, passo alle istituzioni giudiziarie, quali eransi maturate sotto la repubblica di Venezia. ordinamento giudiziario Dal seguente documento risulta il modo d' elezione dei 12 giudici per cadauna Banca. Adì 9 dicembro 1721. Si fà fede dalla Cariceli.* delle Ranche d' Antro e Morso come gli honorandi Giudici della Banca d' Antro sono a rodolo cioè per tutte le ville di detta Contratta ogni uno per cui sono al N. di 12 Giudici che pronunciano sentenze Civili e Criminali nella Villa di Biacis in d.a Contratta d'Antro; Et gli hon. Giudici di Morso si ellegono un li altri finita la loro annata così sotto li passati secoli pratticato, et di presente si continua. Lucas Cucovaz Cane. top. O più chiaramente: nella convalle d' Antro i 12 giudici venivano eietti ogni anno dai capi-famiglia delle 12 ville che componevano la Contrada. Nella convalle di Merso i 12 giudici scadenti ogni anno di carica eleggevano i loro successori. Nei giudizi interveniva anche il Gastaldo od il Soprain-tendente o sostituto che lo rappresentava, ma con poteri limitatissimi di fronte a quella giuria popolare, locchè si arguisce dal seguente Decreto 18 dicembre 1800 N. 11253-1528 del Governo Generale di Venezia: « In seguito alle rimostranze della Città di Cividale del « Friuli umiliate all' I. R. G. G. relativamente al Decreto « 5 giugno 1799.... in dichiarazione del precitato Decreto «5 giugno 1799, deliberò: che Salve al Gastaldo eletto « dalla Città di Dividale di Friul le onorificionze, privilegi, «autorità e emolumenti eome ali7-epoca 1796, (pianto alla « Giudicatura Civile e Crim., come è stabilito dall' invcsti-« tura 1627, 21 aprile, possa intervenire eolla personale sua. «presenza unitamente al Giudici1 ordinario, senz' altra in-« gerenza che quella di rilasciare e firmare gli atti ooeor-« renti nel solo caso che mancasse lo stesso Giudice orci dinario, come praticavasi a detta epoca 1796. » REGOLAMENTO GIUDIZIARIO È importante notare come le mcinie lo deliberassero. Tanto risulta dal seguente documento: Adi 10 giugno 1772. Ref." Ludovico Vinturino Giur.0 del Comun di Azzidda ossero congregati li vuomini del detto di lui Comune more et loco solito in vi-einia il giorno dì Jori coli' intervento di n.° 64 vicini. Laddove disse essere stata proposta e passata parte a pieni voti nemimi contradicontc che non debba esser fatta alcuna novità in merito delle Fraudo (udienze,) che si tengono dalli Onod. Giudici di Biacis Luca q<" altro Luca Spagnut ) Giuseppe Gubana qm Leonardo j ^. j Luca Piata g» Tomaso ( Urbano Ccrnoja q«" Zuanne j T.ircotta Pietro Loviszach qm Pietro ) Stetano Dorbolò a" Filippo ) ,. ~ . ^ , t Fogliano Stefano Dorbolò qm Paolo ) Stetano qm Gregorio Muttino / ,. T, . ,.. « , - -1 /,. [ (l1 Lrbez/.o Michiel Jerset qm Giorgio ) Michiel Jerset qm Giorgio .................... di Montemagg." Miehiclc Vinturin qm Leonardo di Azzida Per Marino e Tommaso fratelli Cencigh, con Filippo e Zuanne Pprj fratelli Cencigh cittanti in scrittura per questa Prauda detti Marino e Tommaso coli' avvoc.'0 presentarono effettivat.0 estesa tenoris '«stando in tutto e per tutto coni' in quella e nello spese. Presente d.u Filippo facendo per nomo anco di Zuanne proprio fratello e protestata ampiamente 1" estesa ex adverse prodotta instò che con la reggiezione della medesima resti confermata la Sentenza a proprio 'avore seguita alla Lastra di Tarcetta del dì 24 aprile p, p. e terminato bone judicatum, et male ex ad verso appellatimi pronti a bonificar quclo 'pianto a buon conto hanno de mobili ricevuto sic salvis et in expensis et veli» audivi. Finalmente gli ondi Giudici, ascoltate le ragioni delle sudette partì "Mediante li loro Avvocati, e fattesi leggere le sudette estese, ed altre carte, Christi nomine prius invocato, a questo hano interloquendo di-chiarato, che una parte, e P altra debbano presentare in quest' Oli'.0 li aspettivi Processi alfine risservandosi poi per la prima altra Prauda di giudicar in merito prout sic. I verbali d' udienza riportavano alle volte una quarantina di liti, la maggior parte delle quali, pella benefica ùìtrommissione dei giudici, appariscono sopite. Non mi venne fatto invece dr trovare manco una sentenza definitiva. Probabilmente si registravano alla buona nel Verbale, come la seguente preparatoria: Per Filippo e Bortolo fratelli Hoszach con Giacomo Drescigh citato 'etrograde per questa Prauda come detto Filippo fratria etiain nomine, formo rimanenti le cose a proprio favore in contumacia giudicate, instò 2.da vice resti fatto, e dichiarato come nelle proprie precedenti instanze, che si repetiscono cosi e nelle spose, et velie audivi. Presente detto Drescigh, et salvie instò per la copia. L' altra parte non attentis instò ut supra. Finalmente gP Onorandi Giudici, ascoltate le ragioni delle sudette parti, mediante li loro Avvocati, e fattosi leggerete sud." estese, Christi Nomine prius invocato a quo etc. hano dichiarato, che detto Drescigh nel tue di giorni 20 prossimi venturi provar debba se abbino li fratelli distrutto, o venduto parte de legni per li quali fu seguito il contratto, e non provando in detto termine, hano esaudito le instanze di d.° Hoszach sic. (Manca la data) L' appello (cosa degna di studio e d'imitazione) si faceva da una Banca all' altra, e cosi, per volontà di popolo, si eludeva 1' appello di diritto al Provveditore di Cividalc. Fra i molti esempi che ho trovati, ne cito uno solo: Frauda — L. D. M. Li 7 maggio 1772. In Villa di Biacis, al Luoco solito. Avanti etc. Per Andrea Simoneligh con Matteo Dreszach detto Cozzainor citante per questa Prauda come il detto coli' Avvocato instò per il taglio della Sentenza 10 marzo p. p. pronunciata dagli Onorandi Giudici dell' Ondo Tribunale di Merso di sotto, e che resti pnato male judicatum et bene appellatimi, presentando giusto il disposto delle leggi il libello appellatorio, e Sentenza appellata con la Corte, e Processo tenoris sic et in expensis. Presente Andrea figlio e Procuratore di d.° Matteo non acconsentì, ed instò anzi per la conferma della Sentenza stessa e che resti pnato bene judicatum et male ex adverso appellatum, presentando ad_ esso il Processetto e certi tenoris delle quali intende servirsi nella pnte causa, protestando per la prima altra Prauda voler esser ascoltato sic salvia et in expensis. E le parti per la prima altra Prauda. Addì 1 febbraio 1623, avanti alla Cancelleria della città di Cividale «Mattia Tropina d'Azida et Eugenio Simaz di Seuza........... per le «Contraile della Schiavonia di Merso et Antro domandarono che non «possi il Gastaldo di S. Marco di quella Città appellarsi delle Sontonzo € condanatorie delle loro Banche......... avanti l'Ili."10 R,eg.° di questa «Città non aggravandosi di quello le parti.» La domanda fu Licenziata, ma veggente e non opponente il Gastaldo, continuarono di fatto gli appelli reciproci. Le esecuzioni civili erano singolarmente economiche ed adatte alla povertà, degli abitanti. Ecco esempi delle fasi della, procedura. Gastaldo otc. 1. P. Ad Insta di Mattia Salamant q.m Urbano resterà intimato ad Antonio, e Luca cugini Bordon, che per P ottavo gno dopo la presenta'/.e si portarà P.co P.'° ad escorporar tanti beni di detti Bordon equivalenti al Caplo livello di I). 20, proddi e spese, come appar Istro 9 luglio 1741. Al che volendo potranno intervenire in detto gno; altrimenti sarà il tutto oprato in di loro absenza. Restando in oltre citati detti cugini Bordon avanti qta Giusta per la p.ma Prauda dopo a Morso di sotto a sentir publicar P operaz." stessa, e veder far, c dichiarar prout ea die in jud.° sic tanto et in quorum. Die 1U Maij 1772. 1772. 13 giug.o Riti".0 Pietro Boi-don Uomo di Coc di Podpechio aver li 11 p. p. Mag.0 presentata controsta Intimaz.0 ad Antonio Bordon personalni. •« alla Casa sic. 1772, 12 luglio. Per Zuanne Medves con Simone suo IVatllo, il detto salvis etc. instò per la pubblicazione della stima, e Revisione stabilita da Dno Carlo Cornoja P.c0 P10 del di 5 spirante sic. Presente detto Simone, et salvis etc. non ricusò segua la pubblicazione della sud.* revisione ad hoc. E così giusto il volontario contcntamcnlo delle parti restò publieata Gastaldo I. P. Ad Insta di Val.0 .lussa Erede della q.m Marina figlia qm Leonardo Piata, infierendo all' A Ho contum.1« del dì 10 spirante a pprio favore seguito, e contro gli credi qm Giorgio Ballus, e loro Domestici, che veduto il prosente non ardiscano do cantero nè per loro, nò per interposte persone minimam.'« ingerirsi, nò per nome in conto alcuno nel!i pezzi di terra chiamati Nagoregnin-puogli, e Vart-Podclisso, sive Nabatunc descritti, e conterminati nella stima, ed escorporaz.0 4 Maggio p. p. stabilita da Dno Carlo Ccrnoja, e pub.*-"» in contimi.a delti stessi eredi Ballus il dì-7 di d.° Mese di Maggio, ma queli con quanto ò dentro lasciar in pien dominio, pacifico possesso e libera disposiz.0 d' esso Mandante. Tanto eseguiranno in pena di D. 25 per cad.°, ed altro mag.1' ad arbitrio di qta Giusta, oltre la criminalità in caso sic aliter in quorum. Dio 30 junij 1772. 1772. 3 settembre, rili'.'' .Mattia Pussin qm Giorgio l'omo di Coo di Lasiz aver li 0 Luglio p.° p.° portato il Controsto .Mandato a Giorgio Ballus, mediante Milena di lui Moglie personalni.11-' alla casa sic. Di giudizi criminali e criminalissimi tenuti dalle Banche non mi fu dalo aver documenti, ma per la forma si deve ritenere die seguissero come i civili. Rarissimi e (piasi nulli dovevano essere i reati di sangue, se nel 1747 le Banche sollevarono un chiassoso conflitto di, giurisdizione verso il Provveditore di (Dividale, che pel-l'inusato caso d' un omicidio aveva avocato a sè il processo Race aro. La detenzione si scontava d' ordinario nella torre castellana di Biaeis, o più economicamente mediante la dada. Era questa una specie di morsa, in cui si costringeva una gamba od un braccio del reo, il (piale, secondo la gravità della pena, doveva rimanersene all' aria aperta, in berlina, 12, 24, o più ore. Ma anche la dada aveva i suoi inconvenienti. Una volta, raccontava mio nonno cancelliere della Ranca d'Antro, vi fu condannata una donna. Senonchè essa aveva una gamba così grossa, che per quanti sforzi facesse il fante di giustizia per costringerla nella dada destinala per le donne, non vi riuscì. Ricorse alla dada degli nomini e da (presta la femmina si Inscio serrare. Ma quando il fante si fu allontanato, essa levò con disinvoltura la gamba da quella dada, che naturalmente era troppo larga, e prese il volo. Le Panelli1 pronunciavano anche in materia finanziaria e di polizia. Ecco due documenti. Li 4 giugno 1772. Nella causa vertente fra il Decano, comune od Uomini di Spignori da una, ed il Decano, Comune od L'omini di Biacis dall' altra, mediante Valentino Puller Oceano del prefato Comune di Spignon, ed Antonio Racearo levano di quello di Biacis sudetto per occasione della rata del Dacio Pestrino stata imposta al li su detti rispettivi Comuni ed apparente dal comparto eiformato sotto il ili l'i. agosto p. p. fu accordato, e eon-venuto, che la rata stessa abbia ad esser corrisposta ugualmente, cioè la rata porzione per cadauna cosa compresa in detti due rispettivi Comuni, ciò stante cesserà motivo d' ogni ultcrior contesa sic. Presenti Bortolo fianchigli qm Mattia di Tarcetta, Giacomo Specogna oriundo dì Lasiz ora abitante in detta Villa di Tarcetta. Testimonj. Gastaldo, e Giudici d' Antro e Merso. T. P. Resta ex off.0 intimato a Zuanne Mennigh relativamente all' odierno Dee.'0 di questa Giustizia, che nel termine di gni 3 p. v. depositar debba in quest' Offizio la pena di L. 25 nella quale è incorso per aver il giorno di jeri tenuta Festa di Ballo da soldo nelli suoi Casamenti non ostante il mandato dobit, statogli intimato come da relaz.0 relativa a Decreto di d.° Giorno emanato da questa stessa Giusta tanto p. sic. Die 28. Augusti 1792. A chiusa dell' argomento giudiziario, darò un cenno sulle giurisdizioni private nel distretto. Eccone un documento. 18 gennajo 1799. Cividal. Segue nota di tutte lo ville della Schiavonia soggette all' infrascritte Giurisdizioni, vedi Ducale 13 novembre 1713. dell' Ec.,uo Senato Veneto. 1. Del Monastero di S. Maria in Valle — Graverò con pochi casali, Morso di Sopra, Vernassino. 2. Del Conto Giuseppe Gropplero di Troppenburgo — Clastra. 3. Del Co: Marcello di Venezia — Vernasso. 4. Del nob. l'ortis — S. Leonardo, Grimacco, S. Pietro de Schiavoni. 5. Dei nob. Portis e Formentoni — Savogna. 6. Del Rev."10 Capitolo — Biarzo. 7. Dei nob. Co : Spilimbergo — Rodila e Puffaro. 8. Del Co: Puppi — Mersino. 9. Del nob. Canussio — Oblizza. 10. Del Co : Remondini — Cosizza. 11. Del nob. Scotti — Copletischis e Tercimonte. . 12. Del Co: Arigoni — Costa di Vernassino. 13. Del Co: Doro — Sorzento. 14. Dei nob. Bojani e d' Attimis — Stregna, Clinaz e Obenetto. 15. Del Rev.1110 M.1' Custode — Rrischis. 1G. Dei rev.l,i PP. di S. Domenico — Brizza. Non mi venne fatto però di trovare nemmeno un documento di giudizi civili o criminali resi da quei giusdicenti, e dal seguente documento arguisco che eglino stessi si rivolgessero ordinariamente alle Banche. Gastaldo Cita/..0 ad insta del sig. Val.0 Guazzo Agente Romondini contro Valentino figlio di Steffano Felletigh cadente per il p.rao gno Giurid.6 matna, in forma. Die — 1(5 junij 1772. È però viva e graziosa la memoria della Sentenza Inter alios, pronunciata dal giurisdieente di Morsine. Avendo egli udite le ragioni di certi pastori leticanti per un pascolo, domandò al suo cancelliere, se gli sembrava che la parte attrice avesse ragione. — Lustrassimo sì, rispose il cancelliere. — E l'altra parte? gli replicò il giudice. — Anche questa mi sembra, che abbia ragione. — Allora il giusdicente decise anche in rima: « se ambedue hanno ra-« gione, trattandosi di pecore e di pastori, lasciamoli che « si sbrighiuo fra di lori. » E via giudice e cancelliere a pranzo al Pulfaro. Resta finalmente il ricordo che per conservare il possesso dei diritti giurisdizionali, ogni anno ai due d' agosto i giusdicenti in una quarantina di carrozze convenivano da Cividale sul largo di S. Quirino ed ivi .......... mangiavano i pollastrclli del ferragosto. PRIVILEGI, ecc. La Repubblica veneta, maestra di abile governò ai domini passati ed anche ai presenti, appena ricevette in dedizione la Schiavonia, le confermò gli antichi privilegi, ne aggiunse del nuovi, so ne assicurò in questo modo la fedeltà illimitata; la volle quindi autonoma ed indipendente, e da ultimo si affidò ad essa polla custodia dei confini oh preservatìonem1 gentium barbaromm. E pella storia e pollo scopo della mia compilazione è necessario dimostrare tutti questi punti. privilegi Ducale 1455, 16 luglio, che corferma le lettere ducali 1450,15 novembre, ed esonera gli Slavi dalla contribuzione di legnami e di paglia per le navi, considerata condizione montanearum istarum et situ ac pajipertate earum. Simile 1464, 15 ottobre, che se in qualche lettera (lucale fosse scritto esenti e non esenti, non s'intenda il secondo caso per la Schiavonia, se non quando verrà fatta espressa menzione di lei. Simile 1492, 26 settembre, « nos illos exemptos conserti vari voluimus et mandavimus ab omnibus et gravedinibus « et in hoc propositu magis alane magis perse cera m ns. » Dal Consiglio dei Dieci 1532, 17 maggio, commettente al Provveditore di (Dividale « di non permettere che gli «uomini della villa di Landio vengano astretti ad alcuna « fazione contro la forma dei loro privilegi. » Qui trascrivo la seguente ducale: Andreas Gritti Dei Gratia Dux Venotiarum Nobili et Sap......Equiti de suo Mand. Locumten. Patria} Fofijulii fideli dilecto salutem et di-lectionis affectum. Li fidelissimi nostri Comuni' et huomini delle Montagne et Convalle di Cividal di Friuli hanno mandato sui Nuncj alla ...... nostra, con La supplicatione inclusa; per la quale come vederete si doleno d' esser eccessi vam." aggravati nella ....... che li danno questi di Cividal di Friuli nella contributionc dilli Sussidj p. noi imposta. Ondo desiderando nui, che essi nostri fidelissimi siono sublevati di quel cargo, che li tosso indebitarli.0 imposto, habbianio voluto, come essi ne riebiedono, rimetterli a Voi, et vi comettemo che dobbiate (prendere '() sopra le cose contenute in La Loro supplica buona inlbrmatione et potendoli con giust.a sublevare sì come domandano, lo dobbiate far sì che i non babbiano a sopportar maggior peso di quello che debitam.'' li spetta, come è mento et intention nostra et esibendovi ......scrvatis tamen servandis et citatila citandis. Dat. in nro Ducali Palatio dio 13 Januaris Ind. xi mdxxxvii. In seguito al relativo Decreto 23 ottobre 1538, di Gabriele Venerio Luogotenente della Patria del Friuli, addì 29 stesso coni]mi-vero, « sedente Cl.*° Doni. Lucumtenente « cum suo sp. D. Vicario in Logia Palatii Comunis Utini ad « jura reddendum » i Sindici delle Convalli coi loro Procuratori e F « excellente legum doctore » Tiberio Deciano loro Avvocato; e Filippo de Portis « intervenicns prò comuni-« tate Civitatis Austria^ » col dottore Antonio Canussio. Ini- r ziavasi così fra essi una Causa, lunghissima, cui pose fine T autorità dogale colla conferma degli antichi privilegi. Ducali 1550, 31 agosto; 1559, 10 marzo; 1579, 12 settembre; e 1668, 21 marzo, le quali, tagliate tre Sentenze contrarie del Luogotenente della Patria, commettono « di « non astringere gli abitatori delle Convalli a gravezze e di « osservare le loro solile et antique immunità. » Decreto 1622, 30 settembre, del Provveditore di Cividale che in base agli ordini del Senato « fa pubblicamente in-« tendere come gli habitanti delle Convalli di Antro e Merso « come dalla pub.ca munificenza vengono conservati esenti « d' ogni dazio. » « De Mandato dell' 111.ino S. Antonio Drigo per la Ser.m* « Sig.a di Venezia al Prov.r di Cividal del Friuli e suo di-« stretto — si fà sapere che gli Schiavi delle Valli di Merso « et Antro non sono tenuti a pagar alcuna gabella per la « condotta di animali che passeranno per questa città. — « Li 29 7bre 1633. Joseph Paccanieus Cane. » Ducale 1635, 19 maggio, che non sieno molestate le Convalli per il dazio carni col soldo per lira. Simile 1635, 18 ottobre, che venendo le Convalli angariate per parte dei daziari, debbano le stesse versare solo Ducati 60 all' anuu nella Cassa di Palma, esenti da ogni altro dazio per macina. Simile 1636, 10 giugno, che accorda alla Schiavonia 1' esenzione della Tansa. Lettere presidenziali dell'Ecc.mo Senato 18 e 28 marzo 1642, che commettono non doversi molestare le Convalli per dazio acquavite. 1644, 21 giugno. — Dei Provveditori sopra li Feudi che esonerano i Comuni e Contrade suddetti « dall' obbligo « della Tansa ord.11 dell' ecc."10 Senato. » Segue la pratica sulF esonero dal dazio del vino, interessante, perdio dimostrava che il Governo veneto, pur di favorire gli slavi, non esitava ad esporsi al pericolo d'indennizzare i suoi appaltatori. 1648, 29 7mbris. l'i 'i>s:alna colla testa, colle braccia, colle gambe. E durante la nota tenuta, il primo clarino si sente tirato su in piedi e chiude entrambi gli occhi per non perdere il filo del motivo, mentre i compagni aspettano la rientrata col piede sospeso. Il popolo conserva ancora la tradizione della sua provenienza Traco-Frigio-Pelasgica in una danza, che chiamano Stari Ples, la cui origine è così spiegata da Plutarco: « ucciso eh' ebbe Teseo il minotauro nel laberinto di « Creta, e liberati i giovanetti e le fanciulle dall' obbrobrioso « tributo, istituì ed eseguì un ballo che rappresentasse i mi-« stenosi rivolgimenti e le uscite dallo intricato labirinto. » Una volta quelNballo si eseguiva da! nostri Slavi in questa maniera: un giovane sceglie una donzella, le dà in mano P estremità di un fazzoletto bianco mentre egli trattiene V altra,, e così, a coppia a coppia, al suono di una musica molle, passano danzando da stanza a stanza imitando i circuiti e i giramenthdel labirinto. Ritornati nella sala, si collocano a destra le baìierinc, a sinistra i ballerini e intrecciano a cadenza svariate figure, finché si raccolgono tutti intorno al coreografo, quasi per attcstargli la loro gratitudine per la ricuperata libertà. Adesso resta il fondo della danza e solo, non avendosi a disposizione il labirinto delle stanze, le coppie si accontentano di passeggiare nei riposi del ballo sul tavolato e sempre sotto il padiglione del cielo. Alla sera di quel memorabile giorno, i canti. Uno a volo ne colgo, in pretto vernacolo di S. Pietro, che qui trascrivo : BOZÌMR Tu zadnja viéeri O j uba je leta ! — Rož ime dikleta, lest muoren iti. Na priden vie tode Ne v zime, ne v liete : Mož ime o diete ! lest muoren iti. Pod oknu nupriden Vie pieti veselu, Kir v drugu daželu, lest rnuoren iti. Ti pride na vietre, Ku iskra od plemena, lubezan ognjena, Od moj ga sarcu. Bon žalostan klicu Za. sudinosi dobiti, — An ti še inurbiti S' na /misliš na me ! Pa siniljena s' bila, An nimar si taka, Na me saromaka Se zmisliš ti že. An kadar za gledaš 'Nu obljicje jokati, (fadUzno zaPvati, Se zmislis na mo ! — &o t' pride novica, De niesan na sviete, Na žalvi se diete, Pa moli za me. Resnično jubezan Niò mime pozabiti. — Tud jest pa moliti 'Cen v nebi za te ! E vuol diro: « Addio. — Questa b, Y ultima sera, o diletta ! — addio « fanciulletta, io devo partir. « Non verrò più in queste parti nè d'inverno, nè d'e-« state: addio, diletta, io devo partir. « Non verrò più a cantar allegramente sotto la finestra, « poiché per altro paese io devo partir. « Ti verrà sull' ali di zeffiro, come scintilla dalla fiamma, « 1' ardente affetto del mio cuor. « Chiamerò accorato per conseguir pietà, — e tu forse « neppur ti sovverrai di me ! « Ma tu fosti sempre pietosa, e tale sei tuttora; di me « tapino ti sovverrai ancor. « E quando vedrai un volto piangente, accorarsi inno-« cente, ti sovverrai di me ! — « Se ti verrà la nuova, che io non sono più al mondo, « non affannarti, o diletta, ma prega per me. « Non è possibile di scordare il vero affetto, — anch' io « voglio pregare in cielo per te ! » Nel loro spirito d'indipendenza sono ossequientissimi alle autorità, ed a dimostrarlo valga il seguente caratteristico esempio udito dai vecchioni dell' epoca napoleonica. Si era inaugurata la coscrizione militare e dapprincipio i Sindaci sceglievano essi i giovani che riputavano idonei al servizio, li facevano legare, e così li mandavano ai corpi destinati a morire sotto le nevi della Russia. Un giorno uno di questi Sindaci slavi scopre un nerboruto giovanetto, che spaccava colla sua ascia un castagno secolare, e gli scaraventa il sacramentale: tu sei soldato. 11 giovane non apre bocca, impallidisce, non si muove.,Allora il Sindaco, non avendo pronta la corda, gli liga i polsi con un filo e con questo se lo tira dietro. Una sol volta, ho trovato, che 1' antica ferocia slava risorgesse e accompagnasse la ribellione ad un' autorità, quella di finanza. Il fatto inaudito però fece tanto chiasso che il cronista Sturolo stimò di descriverlo ed io credo utile di riportarlo nella sua crudezza ingloriosa, perchè questo libro non vuol essere soltanto un panegirico. « L' anno 1763,16 giugno, attesi li grossi contrabbandi « poc' anzi trovati dagli uffici di questa Città nella Schia-« vonia, e specialmente in Pilifero confinante cogli Au- « striaci, con non poco detrimento di quelli, si risolsero, tutti « d' accordo riuniti, gli circonvicini villaggi vendicarsi colla « morte del Cavalliere, e di quattro suoi ufficiali in questo « modo : Finsero una spia, che fu Andrea Mulligh di Ver-« nasso, che venuto in Città dal detto Cavalliere dandoli « a credere, che di nuovo erano stati introdotti grossi con-« trabhandi nel Pilifero, che perciò tosto si portasse di « nuovo colassù coi suoi ufficiali a far le sue. — « Perlocchè oggi ben fomiti d'arme e di coraggio tutti « e cinque verso colà s' avviarono, ma arrivati alla stret-« tezza della via fra altissimi Monti spalleggiati da una « parte dall' inaoessibile Monte, dall' altra dal Natisone, « guardando innanzi videro una folta schiera di schiavi ar-« mati, che li venivano incontro, voltati all' indietro, ne «era un'altra che li seguivano; alzato lo sguardo a quel-« 1' alte cime de sovraposti monti, udirono gli schiammazzi « d'un intiero esercito di uomini donne e fanciulli, che ar-« mati di sassi e pietre gridavamo nel lor linguaggio: dai, « dai, uccideteli, ammazzateli ; e questi era gran parte Tul-« minotti ed Austriaci; quindi li cinque miseri dopo d'es-« sersi inginocchiati ed aver ad alta voce pregata la vita « e perdono a quegl' infuriati, diedero mano alle pistole ed « alle archibugiate ed allora si videro più che mai alle « strette, attorniati da quelli del piano con armi, ferri, fuo-« chi, legni e sassi, e da un nembo di pietre che dai monti « piovettero ; onde chi qua chi là tutti si videro misera-« mente estinti, 1' ultimo dei quali, anzi il più vecchio, se-« mimorto com' era, cercando arrampicarsi su per il Monte, « una di quelle schiave lo ributtò addietro schiacciandole « la testa con grosso sasso scagliatogli giù da quello; indi « andatigli addosso gli spogliarono di quanto avevano seco, «li lasciarono nella semplice camicia; e la mattina se-« guente posti quei cinque cadaveri su d' un carro, sepolti « furono nel Cimitero di S. Pietro dei Schiavi con concorso « grande de curiosi paesani e specialmente cittadini. » La proprietà divisa fra tutti, o quasi, rende pressoché impossibili i furti, e tu, percorrendo la via angusta traverso alle loro frazioni, mcraviglierai nel vedere le loro porte senza serrature e tutta la loro ricchezza mobile esposta notte e giorno alla fede pubblica. Conseguenza per altro dello sminuzzamento dei eampi, della moltiplicata dei collimanti e della necessaria difesa del frusto di terra, a sudori di sangue fatto fruttare, si è lo spirito di litigio, cancrena della Schiavonia: questionano per una zolla, per una zucca che abbarbichi le sue radici in terra non sua ! Si comincia colle protesi e i vanti, i gridi, a cui prendono parte donne e fanciulli, sul luogo della turbativa, e poi, senza essersi torto un capello, corrono in Pretura. Ma anche qui si trattano con cavalleria rusticana, onde non ò raro il caso che attore e convenuto facciano il viaggio e pranzino assieme1, che l'uno presti all'altro i denari pei bolli della causa e poi combattono accanitamente, per le vie di tutti i possibili incidenti, in tutti i gradi di giurisdizione, usane ad consuma/ ion em. In questi duelli ci mettono anche la teatralità, e mi ricordo che, in un accesso giudiziale a Masarolis, un vecchio ottuagenario si fece portare a braccia fuori del letto onde veder la Pretura e potere prima di morire cantare il nunc dimmìttis, mentre tutti i paesani se ne stavano pittorescamente disposti sui gradi del monte. Quando poi restano spennati, l'anno il racconto glorioso delle loro cause, ed erudiscono con altera benignità i novizi coi frutti dell'esperienza a cosi caro prezzo acquistata. Non sono molti lustri che viveva un vecchione, chiamato il dottore di Morsine, il quale senza saper leggere, conosceva a memoria tutti i paragrafi del Codice civile austriaco ! Giacche mi trovo nel T argomentò del tuo e del mio, non so resistere alla tentazione di narrare un caso di resa privata di giustizia, perchè quella ufficiale poteva arrivar tarda. Una sera arriva a Chip un forestiere, discute con una povera vedova il prezzo della, sua vacca, e. sembrandogli, Conveniente, conclude che. glielo pagherà al mattino e si condurrà via la, bestia, l'imi itosi invece nella notte del contratto stipulato, prima che albeggiasse se la svigna. Ma aveva fatti i conti senza V oste, perchè ad un miglio da Clap fu raggiunto da tutti i paesani, i quali, senza dirgli una parola, od usargli una mala grazia, se lo presero a braccetto, lo riaccompagnarono dalla vedova, l'obbligarono a versarle il prezzo, gli consegnarono la vacca e poi cortesemente gli augurarono il buon viaggio. Data anche la ragion politica, come si spiega che i nostri Slavi riuscirono a conservarsi inalterati i loro eccezionali privilegi per forse mille anni ? Con V attaccamento che ci mettono ai loro possessi e con V energia tenace ed i sagrifici che adoperano quando quelli sono minacciati. Se la Repubblica veneta favoriva i loro privilegi, provveditori, gastaldi, daziari, abbocatori li controminavano assiduamente. Ma gli Slavi sempre all' erta. Avevano formata una cassa nacionale al solo scopo di aver pronti i mozzi per far valere i loro diritti. Al primo allarme 1' arrengo si eonvoca, e.nomina i suoi noncj, i quali accorrono ove il pericolo lo domandi, a Cividale, a Palma, a Udine. Quando poi un vento contrario spira in provincia, non lo affrontano, ma virano di bordo, e via, col viatico di quattro ducati, alla Dominante. Qui lo Slavo, che avrà viaggiato tutta la notte, arriva all' alba. Coli' occhio ai suoi cari monti non si lascierà abbagliare dalle iridescenze dei palagi marmorei di Venezia, preoccupato del solo scopo della sua missione; non sentirà le punture della brezza marina sul petto scoperto ; non si accascierà per trovarsi solo, e con linguaggio non compreso in mezzo ai mattinieri barcaroi che lo canzoneranno, ed in attesa che si faccia il giorno pei zentìlomìnì, vicino alla porta della Carta del palazzo ducale, aspetterà. Ma quale magica parola avrà egli pronunziato, perchè dopo gli si spalanchino i battenti dei Provveditori sui feudi, dell' Eccellentissimo Senato, e perfino del Doge, il quale in persona vorrà riceverne il giuramento di fedelissimo ? Come avrà egli fatto ad ottenere lettere, terminazioni e ducali, che obbligheranno i daziari a risarcirlo del maltolto ed a romper contratti d' appalti, Provveditori ad umiliarsi avanti a lui a pena di esser formati debitori a Palazzo, e Luogotenenti ad ascoltarne pazientemente i lagni? Non ritorna egli sui suoi passi con una pergamena fra le mani (die conferma alla sua Sehiavonia « la giurisd.nc civile et « criminale et criminalissima col mero et misto imperio ? » Oli una gente la quale con tanta perseveranza di propositi riesce ad ottenere e conservarsi tutto questo, non diserterà, di fronte a qualsiasi nemico un palmo del terreno, che l'Italia gli ha assegnato, a costo di tarsi ammazzare !.... Fermo questo attaccamento ai possessi ed ai diritti, che molti1 volte confina colla taccagneria, i nostri Slavi sono volonterosamente generosi ed ospitali, onde uu civi-dalese può percorrere giorni e giorni le loro montagne senza spendere un soldo nelle osterie e quel che e più senza tema di essere importunato pel ricambio dagli ospiti quando affluiranno ai mercati di dividale; e questa larga ospitalità viene usata a tutti, anche a quelli che loro fanno del male, e lo sanno gli uscieri, che dopo eseguito un pignoramento sono molte volte convitati dall' esecutato. Memori in ciò dell' antica, ospitalità polla quale (scrive il Cantù nella sua St. Univ. Vol. X. Parte I. Cap. VIII) « Y avveni-« ticcio otteneva il primo posto al focolare, o alla mensa, « i frutti più belli, il più fresco pesce. Uno slavo ricusava «asilo? Gli altri venivano a devastarne i poderi e abbat-« terne la casa. S' ei non avesse di che onorare Y ospite, «'poteva andare a rubar gli alimenti e gli attrezzi ne-« cessarj. » Non volendo, come il Germano, restar imprigionato sempre in una cerchia determinata e seguendo invece, come scrive Pomponio Mela, 1' antico costume dei Sarmati di non fermarsi mai in un luogo, il nostro Slavo cammina, cammina sempre, e conquista ai suoi commerci quelle regioni della sterminata Slavia, che dalla speculazione non sono state ancora visitate. Parecchi si perdono senza che altro si sappia di loro, o muoiono senza che al Comune natale pervenga manco P atto di morte. E tanto le famiglie sono avvezze a queste periodiche sparizioni che non ne provano 1' ansia civile od il doloro smodato. Per questo forse è possibile il banchetto consuetudinario dei funerali, cui la famiglia del morto convita tutta la parentela. Del matrimonio fatto per compera resta un simbolo nella caparra che dà il garzone alla donzella, e che rappresenta il prezzo con cui il primo compera la libertà della seconda. Descriverò la relativa cerimonia, perchè gli usi nuziali mettono in vista molta parte dei costumi di un popolo. Nei nostri matrimoni slavi uno degli attori principali è il mediatore, che si chiama chioccia (clochie) forse perchè unisce i pulcini ossia i futuri sposi. Il di lui confidente od aiutante è un fratello del nubendo. Quest' ultimo, accompagnato dagli altri due, si presenta direttamente alla ragazza e la domanda in isposa. Essa arrossendo abbassa il capo e questo è P assenso di rito. Allora il giovane incoraggiato combina coi di lei genitori la dote e quindi versa una somma di denaro, a titolo di caparra, alla sposa, la quale lo ricambia con un fazzoletto di seta. Spari di fucile annunciano al di fuori la conclusione degli sponsali. Due sere prima del mat rimo ino ritorna la comitiva per levare il corredo della ragazza e trasportarlo nella casa dello sposo, ma trova sbarrata la via con una corda. Per ottenere che sia tolta, bisogna regalare ai giovinotti del paese, che 1' hanno tesa, mezzo ettolitro di vino e più, a seconda dei mezzi economici degli sposi, e quindi si fa un primo banchetto in casa della ragazza. Alla vigilia uno secondo e più solenne. Nel giorno del matrimonio, lo sposo colla chioccia, il fratello e numeroso corteo ritornano per levar la sposa, preannunciando il loro arrivo coi soliti spari. Prima la chioccia va per entrare in casa, ma i domestici escono, chiudono dietro di loro la porta e le domandano cosa vuole. La chioccia allora fìnge di leggere una carta, e risponde che è venuta a prendere una sposa. I domestici negano che questa vi sia. Ma la chioccia insiste e soggiunge che ne sente 1' odore. Dopo un lungo battibecco, i famigliari conducono fuori una vecchia e domandano alla insistente se quella sia la sposa. E la chioccia: nò; quella che io chiedo ha la fronte liscia, le guancie rosate e spira un olezzo soave d' amore. Poi le conducono una ragazza, prossima essa pure al matrimonio, e le domandano se quella sia. Avuta nuova negativa, le presentano la sorella della sposa e la chioccia osserva che odora di sposa, ma che non è la sposa. Finalmente vanno a prendere la genuina, che stavasene chiusa in una stanza colle sue compagne, e la chioccia le prende senz'altro la mano, e la pone in quella dello sposo. Quindi a due a due e fra i ripetuti spari, tutti si avviano alla Chiesa ed al Municipio. Dopo lo sposalizio, marcia del corteo, sur una via seminata di rose e sotto verdi archi, alla casa maritale. In vicinanza di questa un tentativo di rapimento della sposa alla chioccia, onde questa non possa,consegnarla alla suocera, ma non ci si riesce e 1' antica madre di famiglia può finalmente consegnare alla giovane sposa la meckiara, emblema della nuova padronanza e di tutti gli uffici casalinghi. Qui scambio di baci della sposa con tutti i famigliari e da ultimo il terzo banchetto, che, intramezzato dai soliti spari e dalle danze, dura perfino tre giorni. Per l'accettata soggezione, la moglie dà del voi al suo signore, e sino a poco fa, la padrona di casa non siedeva ai conviti di famiglia, ma serviva gli ospiti. Quando poi ossa veniva invitata in altra casa, conduceva seco tutti i suoi marmocchi, li collocava sotto la tavola intorno ai suoi ginocchi e dal suo piatto toglieva per essi i bocconi. La frequente indifferenza della donna polla qualità dell'uomo cui è destinata, si rivela dal seguente fatto: Nel 1883, in circondario di Tiflis, Asia minore, alcuni europei comperarono dagli eredi di un generale russo un podere onde coltivarlo in società, l'ostisi all'opera, si accorsero che mancavano loro le donne per accudire alle domestiche faccende e per tante altre belle cose. Detto e. fatto: uno di Cestne, in quel di Grimacco, fu incaricato dell' incetta singolare pella nuova colonia, ed egli polla bisogna tornò al paese natio, cominciò dallo scegliere per si una donzella di Jainich (die bravamente sposò avanti al- 1' Ufficiale dello Stato Civile di S. Leonardo e poi, persuase due sorelle pure di Jainich, un'altra ragazza di Altana e P ultima di Drenchia ad unirsi con lui e colla nuova sua sposa, via in carovana alla cerca dei mariti. Due di esse seppero al momento della partenza clic erano destinate a due boemi, ma le altre lo avranno saputo al termine del lungo viaggio. Una simile indifferenza da parte dell' uomo per la donna si manifesta altra volta così: Un giovane sposa una bella-ragazza, ma sorta subito dopo questione sulla dote, non l'avvicina per due anni, finche gli affini non si decidono per disperazione a pagargliela. Nò vi è a dire per questi esempi che i nostri montanari non provino gli stimoli del senso, anzi il contrario, e per ciò l'Austria (a (pianto udì raccontare) forniva i chako più stretti agli Slavi, le chiese locali mantengono nei loro ambienti assoluta separazione fra gli uomini e le donne, e pertìno a Boriane ed a Lene, su (pud del vicino Caporetto, la ragazza non si laseierà trovare dal promesso-che dentro un sacco ermeticamente chiuso intorno al collo di lei ! ] Quando c' è una puerpera in casa, tutti le coprono il letto con doni mangerecci, ed al battesimo la regala il padrino, ma per l'avvertito spirito d' indipendenza, i parenti del neonato si affretteranno a ricambiarlo ad usura. I nomi più antichi sono quelli di Marino e di Maria (Minza), il più comune quello di Giovanni Battista, quasi precursore della nuova civiltà, e tanto soddisfa, che in una famiglia viene imposto successivamente a più figli, i (piali si distingueranno così: Giovanni I, Giovanni II, III e IV, come in una genealogia di re. II padre (se pure il fanciullo appena nato non è deposto in terra ai piedi di lui arbitro della sua vita) è brusco e rigoroso coi figli. A favore poi del primogenito, donazioni, vitalizi, testamenti ; e questa e altra piaga della Schiavonia, avvegnaché i vecchi donanti, siccome arnesi inutili, si lasciano dopo mendicare. Eppure questi non si lagnano in vista che tale fu sempre, il sistema per conservare 1' unità e la forza della famiglia. Insomma non havvi fra loro (a somiglianza del Germano di Tacito) che una persona in tutti i sensi libera, cioè il capo. AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO agricoltura Gli Slavi si erano rivelati dissodatori di fondi prevalenti agdi stessi indigeni lin da (piando erano stati chiamati a colonizzare il basso Friuli. Stabilitisi in seguito sui monti, trovarono che il feudalismo aveva allungato e seguitava ad allungare su tutti i fondi le sue molteplici braccia* Ecco l'elenco di questa progressiva invasione feudale. 1°. I nobili di Cividale, i quali ne erano stati investiti in parecchi luoghi dai duchi, conti e marchesi forogiuliani e finalmente dai patriarchi d'Aquile j a. Le investiture di questi ultimi in parecchie ville e luoghi della Sehiavonia. risultano dalla preziosa raccolta fatta nel secolo XIV dall' udinese Odorico de Susannis, cancelliere patriarcale. A questi nobili i nostri Slavi dovettero corrispondere gravosi affitti, per lo più in natura, dei quali ora souosi quasi intieramente liberati cogli affranchi. II0. Lo stesso Patriarcato d' Aquileja, il quale amministrava le rendite delle terre riservatesi mediante il suo G astai do. Dalla Fede della Cancelleria della Magnifica Città di Cividale del Friuli, DI maggio 1786, risulta che « nella ■\ Schiavonia, cioè nelle sole ville ossia nelli 36 Comuni « componenti le due Convalli d' Antro e Morso, si trovano « 1641 corpi ossia tratti di fondi separati e distinti di ra-« gioii feudale soggetti a questa Gastaldia ed obbligati a « varie rispettive annuali contribuzioni di censi perpetui « ed infrancabili parte in natura e parte in soldi verso « detta Gastaldia. » Neil' Archivio della Città di Cividale esiste il catastico Curalipeo dei beni della Gastaldia. Al Patriarcato subentrava nei diritti d'esazione la Repubblica veneta, lincile ned' anno 1717, addi 21 luglio, gì' 111."1' ed Ecc."" signori deputati ed aggiunti sopra la provvision del danaro « hanno dato, venduto e perpetuaci mente allignato, come con il presente Istrumento danno, ■■< vendono, e perpet."' allieuano essa Gastaldia, muda e ca-« nipa con tutti gli Jus (dio possedeva Sua Serenità ad « Antonio de Brandis Deputato della Città di Cividal del « Friuli a quest' effetto destinato e munito de' neeossarj « requisiti fatti vedere a LL. EE., e per nome della mode-« sima città riceve la presente vendita, ed allienazione per «il prezzo convenuto ed approvato dall'Ecc.""' Sonato di • Ducati 37700.... e coli'obbligo dell'annua oblazione di « paja due pernici nel tempo del SS. N'alale al Serenissimo « Doge in ricognizione dell' Alto Dominio. » Ut imi Gastaldi furono i nobili Pontotti e de Portis. Finalmente, in grazia di parziali affranchi, trasouranze dei Gastaldi nelle reinvestiture, impossibilità d'identificazione di beni e di contribuenti, rivolgimenti politici, amministrativi e giudiziari, la Gastaldia con tutti i suoi diritti di esazione e privilegi andò perduta per sempre. La riduzione poi a coltura dei fondi liberati dal feudalismo dei privati e della Castaldia, ebbe la massima spinta sotto il Regno italico e, convien dirlo, in grazia dei soldati francesi appartenenti al corpo di occupazione della Schia-vonia. Disseminati questi in tutte le famiglie, se insegnarono la modestia alle fanciulle e 1' allungamento dei calzoni ai mariti, nelle ore libere dai loro esercizi guerreschi, lavoravano coi contadini, coli' esempio mostravano loro la riduzione dei dolci pendi in rauchi, ondo questo nome rimase a molti luoghi e la memoria di quei civilizzatori benedetta. III0. La Repubblica veneta successa al Patriarcato. Anche questa erasi riservato nelle montagne moltissimi latifondi, i quali però vennero sempre lasciati in godimento delle frazioni. Ognuna di queste aveva la sua investitura e le ultimi1, rinnovate dalla Repubblica veneta fra il 1780 e 1790, accordavano il pascolo gratuito ed in comune, lo proibivano prima del san Giorgio di ogni anno,, lasciavano ai poveri il taglio delle sterpaglie allignanti e riservavano all'Arsenale gli alberi d' alto fusto. Colla Sovrana Risoluzione 10 aprile 1839, sanzionata dal Rescritto costituzionale 18 marzo 1848, fu ordinata la divisione di quei latifondi, laconizzatine gli assegni o per case, o per testa od in relazione alla possidenza. Le Deputazioni comunali, all'uopo sentite, adottarono quest' ultima misura, onde i lotti furono di relazione formati tra il 1848 e 1849 e deliberati all' asta nel 1851 e 1852 fra le ditte intestate nelle rispettive frazioni. Questa divisione favori i primitivi proprietari a danno dei poveri, fu micidiale alla pastorizia, creò una nuova gravezza col canone comunale imposto sur ogni lotto, aumentò il lavoro pel di lui dissodamento, ma crebbe i salari pella mano d' opera dei nullatenenti ed iniziò il progressivo rinnovamento agricolo di queste montagne. Da un prospetto stampato li 10 dicembre 1878 (perchè non ne trovai di più recenti) tolgo i seguenti dati statistici per V intero Distretto : Superfìcie: Pert. cens. 163489. 86. — Rendita: ex austr. Lire 108744.69.— Numero degli appezzamenti: 71901.— Numero delle Ditte: 10512. — Popolazione: 15621. (Nella Relazione del Provveditore Balbi al serenissimo Principe, del 1637, il numero degli abitanti figura invece di quattro mila o poco più). — Media superficie per Ditta: Peri 15. 55. — Media rendita: L. 10. 34. — Media superficie per appezzamento : Pert. 2. 27. — Media,rendita per appezzamento L. 1. 56. — Media numero degdi appezzamenti per ciascuna Ditta : Int. 6 Cent. 90. — Rapporto fra il numero delle Ditte e la popolazione: 1 a 1.41. Manca una statistica dei prodotti, i quali consistono principalmente in legna, castagno, foraggi, vitelli, burro, frutta e vino bianco detto cividino, una distinta specialità di queste pendici. Non occorre dire che il clima vi è sanissimo ed abbastanza temperato e V acqua delle innumere fonti più che buona, salutare. Quasi tutti i villaggi poi rimasero sempre immuni da ogni sorta di epidemie. . Stupendi i punti di vista, e per citarne uno solo, Azzida, guardata dal greto dei torrenti che si riuniscono sotto la sua altissima base, si presenta alle aperte valli come una fortezza incantata. Deliziose le posizioni per villeggiatura sulle eminenze apriche, ed una ne avevano ad Oculis i padri domenicani di Cividale. Un sito poi che per me congiunge le bellezze della natura coi progressi dell' arte agricola è Rodda, onde mi sarà perdonata un' altra breve descrizione della salita da me fattavi addì 9 luglio 1884, questa volta assieme alla nipote signorina Lina Zanuso da Brendola su quel di Vicenza. .........all' altezza di circa 700 metri dal livello del mare si aprì al nostro sguardo una spaziosa gradinata di pietra, che ci condusse sulla breve spianata della chiesa. Ammiratone T elegante portico moderno, perfezionamento dell'atrio antico di tutte le cappelle slave, trovammo due altre belle gradinate che mettono ai lati della piazza, sorretta questa da muraglioni di pietra. Ho detto piazza, siccome luogo di convegno dei comunisti, ma la si potrebbe chiamare poderetto modello, avvegnaché ogni sorta di alberi da frutto vi appariscono di fresco piantati. Frammezzo a questi poi simmetriche aiuole di fiori, e sedie e sofà rustici tutt' all' ingirò. Da questa piazza di nuovo genere si fece correre diritto un viale ombreggiato dai rami dei castagni secolari, e che riesce alle prime case dello sparso villaggio. Qui la via si restringe a sentiero e tortuosamente corre in mezzo a fertili zappativi in pendio, a ronchi ed a frutteti giovani e fiorenti, onde tutta la campagna sembra un giardino. Chi diede una disposizione così ordinata a questo quadro montano ? Pel lavoro massiccio, gP industri abitatori, e per l'insegnamento intelligente e per la parte ornamentale, il cappellano don Pietro Podrecca, quel tipo di gentiluomo alpino, che ora si presenta sulla porta della bianca canonica prospettante la piazza e che ci invita ad entrare. Simpatico eremitaggio, che nella sua stessa angustia mira a dare 1' altro esempio della pace, della gaiezza, della pulizia e del comodo cittadino a tutte possibilmente le altre case della Curazìa ! Neil' atrio un canarino ci saluta con un' arietta slava insegnatagli sull' organetto ed eseguita con tanta deliziosa precisione da meritare all' uccellino il titolo di primo tenore della montagna. Il tinello fu pitturato e tappezzato dal prete, e sur ogni tavolo sono disposti meravigliosi lavori a traforo in acero e ciliegio di quei boschi, dall' astuccio per signora al Duomo di Milano, compiuti accanto al fuoco quando le curo maggiori della salute morale e fisica dei terrazzani sono fornite e quando la neve ha bloccata la casa. Durante il pranzo meridiano, copioso di prodotti squisiti del paese, nemmeno un senso di caldo in quella giornata afosa di luglio, che un' aria fresca lassù circola continuamente. Al caffè, centellinato sulla piazza-frutteto, uno spettacolo della natura. Sul monte sovrastante al presbitero si posa una nuvoletta, si allarga, oscura 1' aria, e pioggia dirotta e scoppio di fulmini, la cui distanza è fatta misurare dal buon prete alla signorina impaurata e pur graziosamente curiosa, collo battute del polso. Ma ricompariscono 1' azzurro, il sole, le cime, e del rapido temporale restano unici indizi i ruscelli formatisi, che segnano le loro bianche strisele sul verde cupo dei monti e con fracasso vanno a morire nel sottoposto Natisone. Concludendo questo argomento importali!issimo dell' a-gricoltura, segnalo il fatto, ogni giorno più saliente, che molti Slavi, i quali hanno accumulato un peculio nei loro monti, calano alla pianura ed ivi si fanno proprietari ed i migliori coltivatori delle terre. Per far prevedere gli effetti di questa nuova e pacifica occupazione del suolo friulano, riporterò una parte della Relaziono al Senato, in data 8 ottobre 1585, del Provveditore Giacomo Rhenicr sugli Slavi dell'Istria, i quali — altra volta lo dissi — hanno forse comune origine coi nostri, e certamente con questi molta analogia: «..... mi persuado che (gli Slavi) sian per fare ottima « riuscita, et che debbano dare larghissimo esempio ad altri « suoi paesani di venirsene allegramente a viver seco et con «buon frutto di quella coltivatione; di ohe ne è fermissima «caparra l'effetto mirabile, de gl'altri Muiiachi Zarattini «di Marzana, di Pomor, et di Moniieliio, et altri della na-« tura istessa sparsi per il paese, che altre volte con 1' au-« forila et consenso di Vostra Serenità vennero a stabilirsi « in quei confini: poiché in poco tempo hanno, et in terreni « qt in vignali latto prove mirabili, et possono dirsi vera-« mente i più industriosi del paese. Anzi che la diligontia « et industria di quei di Marzana passa tanto oltre, che ho «convenuto con continue previsioni tenerli in freno dal-« 1' estirpare terreni nel bosco ivi vicino, perchè questa « qualità di genti1, a cui la fatica dell' agricoltura è grata, « et soave molto più si compiace noli' haver terreni inculti «et da estirpare, che negl' istessi arati; perciocché oltre « che si dilettano dell' esercitio, ricevono anco assai mag-« gior utile *ncir arar terreni novali, perchè senza altro « bisogno di riposar, quelle terre per molto corso di tempo « nel principio fruttano. » industria In atti del fu notaio Antonio Bellone avvi un' investitura del 30 giugno 1517 a Girolamo de Raimondi e soci di una miniera di argento vivo in quel di Cisgne, frazione di S. Leonardo. Il succitato Gilardi a pag. 20 del Voi. 11° della sua storia fisica segnala che « a Stupižza si vede ricomparire il filone «d'argento vivo rintracciato a Cisgne, sotto la forma di «mercurio nativo, e nei contorni di Albana il cinabro nà-« tivo bitumifero e simile a quello della miniera d'Idria « scoperte nel 1497 ed attivata nel 1506, che nella stessa «linea quasi si trova; talché si potrebbe concludere che « da ponente a levante quid ricco filone percorrendo, in « vari punti si manifesti. » Nella località detta Tarsi/a del Matajur si fecero tre assaggi di una, miniera d'oro. Il primo nel 1K00, ad opera del Governo austriaco, e si abbandonò perchè trovato l'oro commisto a zinco ed in quantità giudicata troppo piccola. Il secondo fu ritentato nel 1873. da, un signore austriaco e lasciato in asso, forse per difetto di mezzi. Di nuovo nel 1878 ingegneri austriaci studiarono il terreno, e conclusero per 1' esistenza di una ricca miniera, d' oro e d' argento, ma richiedente profonde e costose eseavazioni. Pietra di prima qualità eonta ogni montagna; undici cave ne sono aperte ad Azzida, Ponteacco, Clenia, Tarpezzo, Savogna ed Osgnetto; la merce vieni1 mandata fino e specialmente a Vienna cd a Pest, no nostro Papa' eie Hiis auditis nobis dixit debetis — quod lioe non laeio intuita deuariorum in quibus milii tenetur Patri archa sod ultorius volo deliberare, et vobis ro.spondobo, sic stetimus usquo ad piesens. Interim vonit novimi de unione fionda Ecclesia; Sanctio Dei do loco accepto scilicet in Saona propre Gonuam cu m Capitulis quos por presentem mittióius nuncium solcoitavimus prò posse atque sollecitabimus infutiirum dante Domino. Valete felicitar ut optatis. Dat. Borne dio Vili. Maij (manda V anno che probabilmente fu il 1347). Nicolaus (Philippus?) de Portis ) n. Vestri cives cum Rocomandatione premissa. Particula sumpta ex gravamiuibus productis per Conradum qm Dni Petri Fondani de Civitate Austri;.' Aquilejensis Dia^ccsis Cancellarium Ecclesia} Oivitatensis, et Plebanurn Quadrubii contra Rev. D. Bertrandum Patriarcham Aquilejensem anno MCCCXLVIII Inditione Prima die XX octobris. Item ipse D. Patriarcha est exeomunicatus per costitutionom Pro-vincialeni prò eo, quod dedit D. Federico de Savorgnano et perniisit fieri Castrimi in Quadrubrio ubi est Oymiteriuni, et Curtim Plebis meaì S, Marina;, ex (pio eastro milili sunt homines vulnerati, mortili et in-terfecti, et tota Patria fuit, et est in penuria, culpa et negligxmtia ipsius D. Patriarchi. Ego Marcus Antonius Nicolettus civis, et vice Cancellarius Civitatis Forijulii, ex notis olim D. Stepbani notali i Civitatensis mibi comnis fideliter aliena manu suprascrijitas duas particulas educere feci, meque inlido cimi usitatu siguo conscripsi. — S. N. Queste rappresaglie dovevano finire in ima catastrofe. ■ Nel palazzo-castello de Portis in Dividale si unirono i congiurati, e capitanati dal Conte di Gorizia e da Gian Francesco Frangipane Conte di Castello, deliberarono la morte del patriarca Bertrando e la mandarono ad effetto il giorno 6 giugno 1350, nella, pianura, di Rinchevelda presso Spili m b ergo. Nè tardò molto la vendetta, Nicolò di Lussemburgo, successore a Bertrando nel Patriarcato, volle la strage, dei congiurati e, fra gli altri, Filippo de Portis nel 1 giugno 1353 fu condotto sopra un carro per la città di Udine, tanagliato nelle membra, poi ligato a, due cavalli e squartato. Ultimo sprazzo di luce, forse riflesso dal Patriarcato su Cividale, fu il Concilio ecumenico indettovi nell'anno 1469 dal pontefice Gregorio XII, che era stato appositamente raccomandato ai cividalesi dall' imperatore Roberto. (La lettera nel Libro d'oio.) Dopo questo fatto la città ognora più si epopolava. Riconoscendo però il bisogno della sua florida esistenza, in data 20 maggio 1415, l'imperatore Sigismondo emanava ordine da Costanza di risanguarla trasportandovi famiglie d'ogni fatta, sotto comminatoria che «si quis... licentiaB « et concessionis ac Indulti Nri hujusmodi violator extiterit « et inobediens Nne Cesarea) Majesfatis so noverit incur-« surum prajsentiam sub Nro Majestatis sigilli testimonio « litter, » (Lib. i, Pag. c. 126 dell' ex Archivio del Monastero di S. Maria in Valle di Cividale.) Pare che il Decreto non avesse, esecuzione, perchè in quegli anni si preparava per Cividale un nuovo destino. Memorie del Patriarcato. — La comunità cividaleso aveva i propri statuti fino dal mille. Essa concedeva di diritto la nobiltà a quelle famiglie (die no giudicasse meritevoli, iscrivendole nel Libro d' oro. Oltre gì' indizi di coltura emersi dalla scuola di grammatica, da altre di teologia e dai due diplomi per l'università, e caratteristico notare che Tommasino Cerchiala, nato nel 1185 in Cividale, vi dettò in lingua tedesca un poema intitolato: Ber Wel-chiscli Gast — 1' ospite romanico — che fu pubblicato l'anno 1852 da Enrico Riickert in Lipsia. Nella festa di Pentecoste e nei duo giorni successivi del 1304, il Clero della Collegiata, convenuto nel palazzo del Patriarca Ottobono de' Razzi, rappresentava una trilogia il cui soggetto partendo dalla creazione del mondo arrivava, ài giudizio universale. Giuliano, canonico cividalese, probabilmente attore come gli altri, ne dà nella sua veridica cronaca i particolari, e quella rappresentazione 6 stimata una delle più. complete ed antiche della storia dell'arte. Lo stesso Giuliano, descrivendo un assedio sofferto da Cividale nel 1331, dice che gli assedianti baìlistabant cu tu sciapo versus terram, e questo è il più antico documento sud' uso delle armi da fuoco, dopo quello dell' Archivio fiorentino che risale al 1325. Nel 1318 erano fabbriche di carta a Cividale e nel 1485 vi si stampavano: i rudimenti di grammatica di Nicolò Perotti. Eredità del Patriarcato resta 1' Archivio Capitolare con manoscritti preziosissimi che dal secolo v giungono fino all' invenzione della stampa. Fra questi, i due codici di Gertrude, sorella di S. Stefano e di S. Elisabetta figlia di Andrea II, entrambi re d' Ungheria; una collezione di pergamene capitolari ordinate in 26 volumi dal mille in poi; Antifonari dei secoli xm e xiv, il famoso Evangeliario del v secolo con innumeri firme, sigle o croci di principi e sovrani, fra cui quelle di Teodorico e Carlomagno. Nel 1881 la città di Breslavia commetteva la fotografia di tre pagine del sullodato Evangeliario perchè in quelle stanno firme di pellegrini breslaviesi, unico documento dell' esistenza della capitale della Slesia prussiana in quei tempi remoti. città veneta L'accorta Repubblica di Venezia, per assicurarsi l'acquisto del Friuli, iniziò con Cividale trattative « super facto « Paeis qiuerenda3 et habenda;, cum Patriaroha nullo modo « ipsam habere possit. » (Convocazione del Consiglio cividalese in data 15 maggio 1419.) Per estratto pubblico i relativi importantissimi documenti : MCCCCXVilli Die Lume vigesimo nono mcnsis Maij. In stupa comu-nis convocato Consilio sono Campane ut moris est, Hec est relatio facta per ser Sirnonem Joannis tonij Ambasciatorem regrcssum a Dominio Venetiarum, qui retulit sub compodio..... quod Ducale Doniiniuin con-tentabatur dare Pacem Civitatensibus dumodo ipsi Civitatcnscs velint esse amici Amicorum et inimici inimicorum.... MCCCCXVI1II Die Mercurij ultimo mensis maij. — In stupa etc. talis difinitio sicut est. Super relatis ne quisquam aliquo modo atentarct neq. presumoret propalare aut manifestare ea qua) dieta et narata sunt per ipsum Ser Simonem, difìnitum fuit quod portaretur unum miasale in quo Crucelixus Fictus esset, super quo Crucefixo quilibct Consiliarius iuret ad sacrosancta Dei Evangelia rnauibus tacto et ore osculato Cruci-fìxo nullis temporibus diceret, manifestaret aut propalaret quo quomodo per dirrectum aut per indircctum alicui, quino fuit in presenti Consilio, sub Pena privatiouis Consilij et omnis officij Comunis terne Civitatis Austria) et lingua ponitus privetur, quibus dilinitis delatum est missale etc. MCCCCXVUII die prima mensis Julij — In Pieno Consilio, in quo Intcrfuerunt omnes et Provisores et Consigliarij.. . . Primo rcspondcatur Ser.mo Ducali Dominio, super petitione per ipsum, videlicet, quod Comunitas sit amica amicorum et inimica inimicorum, et in boc instetur, suplicetur, notificetur et deduretur, Quod Comunitas Nostra nullo modo intendit esse contra Ecclesiam Aquiligienscm, ejusquo Patriam, et membra quia si forent, meritare putarentur ribellos, Pro-ditores, et Patricide, et quod nullus deberet consulere Comuni tati ad hoc facienda prò bonore suo contra vere Patriarcham Lodovicum Ducem del dech semel Comunitas se obtulit mitterc ad curiani Romanam, et sic realiter faeiet et quisquid sib, mandabit sanctissimus Dominus noster Pappa, libere obediet suis mandatis aliter non posse facere cum bone-stato nisi primo idem Patriarcha se moveret contra Comunitatem ad arma, et tunc posset Comunitas cum omni honestate se movere contra eum ad illud idem.... Gravissime dovettero essere le pressioni e la fretta della Repubblica per assicurarsi di Cividale, se con questa strinse il trattato di pace addì 11 stesso, con cui la città si obbligava « esse inimica Domini Regi s Romano rum et Hunga-« ria? » e di cooperare contro il Patriarca, la comunità di Udine e gli altri compatriotti della Patria. Però a Cividale furono conservati gli antichi diritti: « Nullus tamon ex suis ordinibus eommutatis : sed intra se « cives Terrea regimem, sicut ante conservarunt. » (Mon. Ecc. Aq. Col. 1043); — Ducale Priolo 1550, 23 giugno, prescrivente che la città di Cividale del Friuli sia in tutto e per tutto separata dalla città di Udine; — altra Ducale Malipiero 1460, 7 febbraio: « mandamus expresse, ut hsoc - materia totaliter sopiatur, et nullatenus moveatur, nec in « futurum molestettft; suprascripta Comunitas Civitatis Au-« stria) occasione dicti Castri Tolmini : sed omnino pacifica « ipsius cum juribus suis possessione gaudere permittatur « omni contradictione cessante, sicut illud jamdiu tenuit, « et de prajscns possidet. » Perfino dalla seguente lettera, che scoprii neh" Archivio Municipale cividalese, si può arguire che almeno per un momento la Repubblica, mediante il Patriarca d'allora, un patrizio veneto Grimani, accarezzava l'idea di restituire a Cividale la residenza di fatto del Patriarcato, tanto più che questo non aveva ancora il suo palazzo in Udine. Mag.«1 Ps.°ri II R.mo S.»r Cardinale Patriarcha uro ò tanto affettio-nato alla terra dj Cividale, Che di Continuo di essa ne parla co' Grande amofevolezàa, lodando lo sito, lo dilettevole et Commodo habitare, et la dolco et Gentil natura do tutti universalmente, Che habitano in essa, talmente Clic partendo di Roma et di qsta legazione ha deliberato, Che Cividale sia la ferma sua habitazioue, Con animo de dimostrar Con buoni effetti' il Cordini amore, qual vi porta, et auchor che sua S. R.ma hab-bia de gli luochj assai nel Patriarchato, et opali suoi di Cencta, et Concordia, della qualità. Che vi è nota ne gli (piali oltre la spirituale tiene incile la temporale jurisditiono, propone Cividale alle suo terre, et à gP altri luochi in queste parti, ne è dj, che di Ciò Con me non ne ra-gionj : desiderarebbe sua S. R.ma fabricàr lo Palazzo Patriarchale di Civioale, et li sarebbe di piacere, clic doi oratorj nostri Comparessero avaii la Scr.ma S.ria Con Yn<> suo micio à dimadarlo, Che Certo indica sarà l'aeil Cosa ottenerlo : Il che sarà di ornamento Grande alla terra Vra, et Come sia ottenuto sua. S. R.m* volo in p sona venir Costi, accio si faccia il modello, et siano deputali soprastati alla fabrica, et ancho il danaro necessario, Volendo che il R.mo S.01' Patriarcha suo fratello in sua absenza faccia apresso voi la sua residenza, molto desidera sua S. R.ma intender la mente Vra, p potere scrivere a Venezia, che si Compara ava ti la serx"'a S.a Con gP oiatorj vostri, vi piacerà p vostre lettore dalle notitia di (pianto vi parerà. Io son molto ben visto et ca- rezzato da sua S. ft.'"a no inanella in tutti gli Conti dimostrarmi il sjngolar amor suo, et Venendo occasione nò dubito trovarmi molto Contento essere venuto alli servitij di sua. S. li.",a et Come aflcttionatissimo et devotissimo à V." S.e me raccomando. Dj Perugia, el dj Vltimo Aprile M.DXXXVJ. Figliolo et S.tor II Vescovo di Vkbino Vicelcfi.ilo di l'oriiK'-' (Extra] Alli .Mag.*-) S.01"'1 Proveditori Consiglio et Comunità di Cividale S.°'i Al. Oss.mi (L. S.) In base ai patti del trattato di pace eolla Repubblica veneta, Cividale si affrettò a mandare cartello di sfida al Patriarca Tech ed al comune di Udine (28 agosto 1419), onde questi due, assieme ai goriziani, posero P assedio alla città, la (piale però, coadiuvata dai veneziani e da abbondante neve caduta, (novembre 1419) resistette e fu libera dopo sedici giorni. L'anno successivo Udine e tutto il rimanente Friuli fecero la loro dedizione alla Repubblica. Perduta la propria autonomia politica, Cividale si tenne il glorioso ufficio di difendere la Patria ai confini. Ecco due luminosi esempi. Addì 1 agosto 1420 il conte di Cilia e Segovia, cognato e generale del Re d' Ungheria, a nome del suo Re, di quello dei romani, del Papa e del Duca, di Milano, coli'astuzia e con minaccie di sterminio, tentò di costringere la Comunità cividalese a staccarsi da Venezia. La Comunità, impreparata, ottenne sole ventiquattro ore per riflettere, ed al domani, adunatosi il Consiglio plenario, rispondeva all' Ambasciatore: « quod ipsa Comunitas « certa pacta inijt cum inclito Dominio \"enetorum qua1 « usq. ad morie/// intendi! persèrvare inviolata tamq. veri « fideles, et quod tractatum Concordia' et obedientifie trao-« tare potest cum ipso Dominio Venetorum, a cujus mandatis « nunq. summus recesso ri. Et si pur ipse Comes volet «nobis damna inferro dispositi snmmus nos viriliter def-« fendere, sperantes in Dee nostro, ac in Nra Juslifia, Jnq. « ser.mo Due. Dominio Venetorum et ejus potcntia, quod si « hostes nostri ad nostras offonsiones venermt, ita tracta-« buntur quod vellent non venisse. » E non vennero. All' epoca della lega di Cambrai gP Imperiali avevano rotto le truppe venete nelle battaglie di Ghiaradadda e di Tri vignano., onde il duca di Brunswick, imbaldanzito, con 10.000 uomini piombò su Cividale, battendola in breccia dalla collina detta del Fortino con 17 pezzi d'artiglieria, le cui palle pesavano da 50 a 100 libbre. Tre assnlti furono rinnovati, e tutti tre respinti dai cittadini frammezzo a cui combattevano le donne. In questa circostanza il cividalese Girolamo nob. For-mentini introdusse in città 300 fanti all' insaputa del nemico, e Zenone de Portis «non solimi res ol l'orlnnas snas prò « aleudis d sustonlandibus militibus large profusit, verum " eliam ejus supellectilia ex stanno et plumbo prò čon-« flandis pitis scoporum, dedit. » (M. A. Nicolettus Cane. Civ. die 10 julii 1580). Squarciate finalmente le mura di S. Domenico, gli assediati fecero una disperata sortita, inchiodando e prendendo i cannoni nemici, onde gl'Imperiali, che avevano perduto 1500 soldati fra morti e feriti, levarono l'assedio. (2 agosto, 1509). Se Cividale non avesse osate queste resistenze all' Un-garo ed al Tedesco, visto che poco dopo il Brunswick s'impadroniva di Pletz e di Tolmino, e che fra le pretese dell'imperatore Massimiliano stava il riacquisto dello stalo aquilcjese e della Contea di Gorizia, gran parte "almeno del Friuli occidentale avrebbe forse avuta la sorte di quello orientale. città italiana Mi limito a citare tre onorifici particolari del suo patriottismo nazionale. Nel 1848 i cividalesi furono dei primi a sollevarsi ed armarsi contro lo straniero, e ad un tempo si mostrarono tanto generosi da accogliere indie loro case e trattare per mesi e mesi come tigli gli allievi dell'I. R, Collegio miniare locale, che gli Austriaci fuggenti vi avevano dimenticati senza guida, e difesa. Nel 1861 questa cittadella eoi dava, fra i suoi figli emigrati, ben undici ufficiali nell'esercito nazionale. Quanto al 186(5, non ha guari il venerando Cavalletto, dettando neh1' Opinione la necrologia, del deputato Piccoli nativo di questa città, ammirava 1' ardita protesta fatta in quell' anno dai cividalesi contro il minacciato pericolo di rimanere staccati dalla patria comune, e concludeva che Cividale « posta nel nostro confine orientale, allo sbocco « deli' alta valle del Natisone occupata da gente slava, fa «argine allo espandersi del panslavismo.» CITTÀ ODIERNA Col confine politico stabilito nel 1866, cessò il commercio dei Carinliani e degli Slavi del Coglio, su quel di Gorizia,, con Cividale. Continuarono per altro le relazioni di questa città colla piazza di Trieste. Pei nostri Slavi Cividale è la stari Cedaci (vecchio Cividale), la Mecca, il loro mercato, onde tutti i sabati sembra quasi una città slava. Che ciò sia sempre stato, risulta dalla seguente Ducale di Silvestro Valerio in data 5 febbraio 1698. OMMIBSIS. 4. Dichiara finalmente et stabilisce et alli Popoli fideliss.1"1 delle Contrade d' Antro et Merso, et sono Villagi trentasei, et in numero d1 Anime seiinilacinquoecntododici in circa, non possa in alcun tempo né por qualsivoglia emergente negarsi di potersi provedere per quei Mercati di Cividale e Territorio di biade d' ogni qualità pel loro necessario alimento con le sempre praticate formalità adhorcnti a loro privilegi, mentre somministran anch' essi le loro povere sostanze in Cividale med."10 e Giurisd.111, de Latici nij d' ogni sorta, Animali Rovini e Minuti, fieno, legne da fuoco, legne da lavoro et altro. Ab immemorabili i figli degli Slavi abbienti frequentano le scuole di Cividale, Neil' anno 1882-83, si contavano quarantacinque di questi nelle sole elementari maschili della città. Di più avvi il Collegio-Convitto comunale, che attira gli esteri del Litorale e perfino della Dalmazia, onde nel 1879 se ne contavano 80 su 130 convittori. Insomma Cividale, dall' alto del suo ponte del Diavolo sul Natisone, guarda ad oriente i monti slavi e ad occidente la pianura che va a morire in mare, presso Aquileja.... INTERMEZZO A questo punto, presso a riassumerci ed a concludere, noi ci arrestiamo un istante per rispondere, con olimpica calma, ad una censura che ci venne mossa intorno alla convenienza di una pubblicazione sulla Slavia, sia pure italiana. Si disse adunque che non era necessaria tale pubblicazione, nò persino atto patriottico dare pretesto oggi, più o meno efficacemente non monta, ad una questiono slava che non esiste p non sta sul tappeto. E si è aggiunto che se pure tale questione esiste, v' è pericolo d'inacerbirla, affrontandola, sotto forma qualsiasi, adesso in Italia. Orbene: per quanto spetta alla necessità, noi crediamo che la nostra Slavia abbia diritto ad una'illustrazione come ogni altra parte d'Italia, e ohe imprendendo simile illustrazione, si colmi una vergognosa lacuna. Per quanto poi spella all' intento ed agli effetti patriottici di queste note modeste, noi possiamo replicare sen-z' altro che per le nostre intenzioni risponde vittoriosamente tutta la vita passata, come risponderà V avvenire. E per gli effetti, se nelle nostre ricerche ed osservazioni oltrepassammo la linea dei confini politici, questo è avvenuto neeessariamonle pel fallo clic non v'ha soluzione di continuità geografica od etnologica fra la Slavia italiana o lo altre propaggini slavi1. Ma percórrendo quella linea toccammo con mano che e gli Slavi finitimi e la stessa Austria (la quale per le sue viste li asseconda con larghezze d' ogni maniera) cospirano a quella espansione al di qua di detta linea che l'Italia dovrebbe esercitare al di là. E procedendo più avanti ci femmo accorti che — oltre ai fatti più comuni di risse e di lotte, talvolta sanguinose, per la preponderanza sulle coste già venete, dell'Istria, e della Dalmazia — in tutta la grande Slavia, da Arkangel a Novi-Bazar, da Astrakan ;i Lubiana, ferve mi lavorio indefesso, efficace, forse decisivo, di studi e di propagande per 1' espansione dell' elemento slavo, in ogni parte, e non esclusa per certo l'Italia, E ci toccò perfino la sorpresa, dettando questa memoria, d'incontrarci ad ogni passo cogli studi degli Slavi d'Oltralpe, che illustravano, pei loro fini, un nostro territorio, come non l'avevano e non l'hanno sinora fatto, pei loro fini, gl'italiani. (Vedi per esempio e per citar solo i più recenti e vicini, la Zgodovina tominska — Storia di Tolmino —■ del Ruttar, stampata, in Gorizia nel 1882; cd i fascicoli i e m. J1883, della rivista LivJtljfn/s/n Zvon -— la campana di Lubiana.) E di fronte a questi fatti, troppo significanti per 1' avvenire della patria, noi non ci terremmo buoni italiani se ci rassegnassimo in pace tra la folla degli addormentati, o se contassimo per uno nel manipolo degli addormentatori Gridiamo adunque alto: che è tempo di svegliarsi una volta, e di opporre studi a studi, e ricerche a ricerche, e illustrazioni a illustrazioni, e finalmente sforzi di espansione — pacifici sino al possibile s'intende — a sforzi d'espansione. A questa conclusione dovevamo arrivare, studiando Slavi che vivono entro i confini politici d'Italia. Che se domani vedremo da altri migliori approfondita la questione dallo stesso punto di vista italiano, ci terremo, per la qualsiasi nostra iniziativa, soddisfatti come d'un alto dovere, propriamente patriottico, osato e compiuto. ALCUNI GUAI La lingua. — Due esempi sullo storto e comune giudizio intorno alla stessa : Il conte Prospero Anteluni (che come friulano dovette pur trovarsi a contatto dei nostri Slavi) a pagine 220, 518 e 520 del suo Frinii orientale) stigmatizza senz'altro « quei « parlari imbastarditi e corrotti Òhe si accostano più o meno «ai linguaggi transalpini, che slovenzi. vlndi. carentani « soglionsi denominare .... ibridi vernacoli delle genti sla-« viche stanziate di qua delle alpi.... corrottissimi gerghi « misti di locuzioni prese a prestanza dai dialetti vencto-«carnici# ripieni di vocaboli in molta parte derivati dal-« l'idioma romanico. » — Altro che dialetto, secondo il buon professore di Kasanj, il più accostantesi all' antico slavone, la veneranda lingua dei riti religiosi russi ! Il Fanfulla del giorno 26 luglio 1884. nel suo articolo di fondo intitolato: Un microbo fi), parlando iti anticipazione di questa operetta da lui ini i lobi Li In f/i orine Slavia (?), non esita di asserire: « Sono quattro o cinque migliaia di contadini dissemi- « nati neir alto Friuli, che parlano lo slavo come io par-« lerei 1' ottentotto, cioè, un gergo barbaro di una lingua « barbara. » Quando opere e giornali, per altri titoli autorevoli, concordano nello stesso sprezzo ed ignoranza sui nostri Slavi (ritenuti sinonimi di s-chiavi) e sul loro idioma, io mi convinco sempre più che la mia illustrazione sarà utile a qualche cosa. Conati d' estirpazione di questo idioma. — Fin dalle scuole primarie, invece di procedere dal noto all' ignoto, ossia d'insegnare col mezzo della lingua nativa la nazionale, si vorrebbe che le maestre parlottassero addirittura. l'italiano. Si istituì in S. Pietro una scuola magistrale femminile per avere delle maestre da disseminare in tutta la Slavia italiana. Ottima cosa ! Soltanto mi permetto di osservare che polla dimenticanza di quel benedetto processo dal nolo all' ignoto, si è latta la bella scoperta che le allieve slave, le quali sono in numero di due o tre, non intendono le maestre toscane, e che quindi sono proferibili le friulane, le quali sommano perciò ad una ventina. Molto bene raggiunto lo scopo dell' Istituto ! Alla Pretura di Cividale, cui più ailluisee lo Slavo, egli non trova un interprete fissi o se lo vuole, bisogna che lo paghi del suo, ed in passato, non temo di essere smentito, veniva minacciato di prigione per non sapersi spiegare in italiano ! Una volta un R. Commissario stimò doluto snodi fare un casus belli e di chiedere speciali istruzioni al Ministero, perchè nel distretto si usavano i catechismi slavi. Riconosco che le suddette prepotenze giudiziarie c fisime amministrative sono da addebitarsi alle persone dei titolari, tanto è vero che nel secondo caso il patrio governo non diede seguito al rapporto, appena seppe che anche nelle chiese si predicava in islavo, ma ritengo necessaria una regola fissa, onde quei fatti non si ripetano, nei quali casi lo Slavo potrà un momento temere la rinnovazione per lui del castigo minacciato da Mose al popolo Ebreo: « adduce! Dominus super te gentem______cujus linguam « iutelligere non possis (Deuteronomio, C. 28, V. 49). » E quel che è peggio, il malcontento verrà espresso dal poeta di questi monti nella seguente canzone, in dialetto cragnolino, pubblicata dalla gazzetta Soča (Isonzo) di Gorizia nel 24 maggio 1871. SLOVENIJA INO NJENA HČERKA NA BENEŠKEM Kaj joce.š se ti krasotica ? Kaj v klavernih mislih živiš? Si tudi ti moja h corica, M3 vedno pri sorcu stojiš. Glej ! tvoje sestrice na Dravi, Na Soči, na Savi si ze Pripravljajo lóvor, da v slavi Veselo vse ovenčajo me. — Ah ! mamica draga in mila ! Okove ln zuljc poglej Ki nosim, in bom jih nosila laz v svojim domovji vselej. Jaz nisem ne v vradu, ne v šoli, Da ravno tu od vekov živim; Ko tujka beračim okoli, Le v Cerkvi zavetje dobim. Ne poznam veselja, radosti, Le solza mi solzo podi Po bledem obljicju, do kosti Me laška pijalka mori. K' dar dajo lovorske vezila Ti hčerke v preslavni spomin, Jaz bom milotinke glasila Pod verbo, potem pa?... pogin ! In mamka, na mojo gomilo, • Te prosim, položi na njo Cipresovo tužno vozilo, In kani iz očesa solzo !! — Ne misli tak" hčerka slovenska; Ne obupaj na lastni prihod : Naj pride se sila peklenska, Ne unici slovenski zarod! Cho vuol dire: «La. madre - r,inoi a slava ed il suo dialetto, nel « Veneto. — (Madre e figlia) Perche piangi tu, avvenente ? «perchè vivi in pensieri dolorosi ? Sei anche lumia iiglia, « e sempre mi stai a cuore. «Guarda! le tuo sorelle sulla Drava, sull'Isonzo, sulla « Sava già raccolgono P alloro, onde tutte con giubilo co-« rouarmi in gloria. — « Ah ! mamma cara ed affettuosa ! guarda le ritorte ed « i calli che porto, e porterò io nella mia patria, sempre. « Io non sono ne noli' Ufficio, nè in Scuola, abbenchè « qui viva da secoli. Come forestiera vò questuando attorno; « solo in Chiesa trovo rifugio. « Non conosco giovialità, esultanza : solo lagrima mi «spinge lagrima pel pallido volto; fino all'osso mi rode « la sanguisuga friulana, « Allorché ti offriranno le figlie i serti d' alloro a glo-« irosissimo ricordo, io sotto il salice piangente vocifererò « elegie, e poi ?..... perimento ! « E, mamma, sulla mia tomba, ti prego poni il funereo « serto cipressino, e ti caschi dalla pupilla una lagrima !! — «Non parlar così, o figlia slovena! non disperare del « tuo proprio avvenire. Si scateni ane he la violenza inj"erti naie, non annienterà il §èrme sloveno t % Giustizia. — Chiameresti benefattore quel ricco, il quale, incontrato uno zotico tapinello, gli dasse seriche vesti, ma gli togliesse di mano la polenta eh' ci va sbocconcellando ? Questo panni l'accia il governo patrio con tutti i proletari del regno, e quindi anche col povero Slavo. Lusso di un codice civile franco-italiano, casi^ico fino al pettegolezzo e clic pure ti apre l'adito a sempre nuove questioni. Procedura circondata da tutte le immaginabili guarentigie, e viceversa rovinosa, pel debitore ed irrisoria pel creditore. Un solo esempio. Dopo di essere stati menati questi due a spasso per dividale, Udine, Venezia e magari a Firenze in cerca di giustizia, 1' ingenuo creditore spera alla fine di pagarsi siili" unico eampicello datogli in ipoteca, magari sotto la meu costosa procedura, austriaca. Bravo! se sarà riuscito a spogliare del campicello il debitore, si accorgerà di aver speso nella sola esecuzione il triplo del valore del fondo. Una volta l'ex deputato Dell'Angelo denunciò questa enormità più sentita che altrove nell' alpestre Friuli. Eh sì ! i colleghi, avvocati principi, fecero orecchie da mercante, e la proposta allora fatta di un rimedio restò lettera morta in quest' Italia in cui, usi e costumi si costringono sul letto di Procuste delle leggi. Cosa ne e derivato? Che ora divennero frequentissimi fra queste popolazioni, già tanto ossequenti alle leggi, i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, di sottrazione di oggetti pignorati e peggio. Comuni. — Per virtù d'inerzia si lasciarono gli otto dei domini francese ed austriaco, ma non si mancò di caricarli dei nuovi uffici e conseguenti spese. Cosa ne e conseguito ? Che mentre ai trentasei comuni veneti si trovavano pronti e degni i loro rappresentanti popolari, agli otto comuni italiani ed agli imposti nuovi uffici mancano le persone adatte, e per di più alle cresciute spese le rendite corrispondenti. Indispensabile perciò, e senza beneficio della scelta, il segretario comunale, per tirare la malandata carretta. Nel 1882, avanti al tribunale correzionale di U-dine, un sindaco così scusava colla rozza efficacia slava questa indeclinabile necessità : « il comunista slavo sta al « suo segretario, come il vitello alle mamme della vacca. » E per aggravare il malanno o fare che nessuno lo vedesse, si tolse alla Schiavonia, assieme agli altri unici regi, la residenza del R. Commissario distrettuale! Viabilità. — Molto sotto questo riguardo si è fatto, ma mancano: nel comune di S. Pietro il tronco di Oculis e le strade di Vernassino e di Biarzo ; a Tarcetta le strade di Pegliano, Erbczzo e Spagnut; a Savogna il tronco dal rugo Rante al confine, 1' altro dal torrente Aborna a Brizza e le strade da Jeronischc a Stupizza ed a Masseris ; a Gri-macco il tronco da Clodigh a Topolò; a S. Leonardo il tronco daPostach al confino di Grimacco; a Stregna fu compiuta la strada da S. Leonardo a Podmir e mancano le altre; Rodda ha la sola provinciale che la percorre e nulla per la montagna; Drenchia, nessuna strada. Privilegi — Guardimi il eielo dall' invocarli ora che tutti sono uguali avanti alla legge, ma nou vorrei che per 10 zelo della uguaglianza di diritti (zelo che, innegabilmente, 11 governo italiano adopera anche verso i suoi Slavi), si riuscisse in fatto alla disuguaglianza di trattamento. Al solito mi spiego con qualche esempio. Oltre centomila lire all' anno (racimolate; a furia di ca-posoldi e di esecuzioni fiscali dai miserabili possidentucci) escono per imposte dal Distretto, e queste a vantaggio in gran parte del rimanente del regno. Ora, se non si vuole considerare la povertà della regione, ritenuta da tutte le Ducali venete peli' esonero delle tasse, si affretti almeno la perequazione fondiaria, onde la Schiavonia per avventura non paghi più della Sicilia, il granaio d' Italia. Si levino pure e quotidianamentecontravvenzioni stradali e si riscuotano le relative multe, ma si suggerisca in quelle gole un diverso collocamento dei carri ingombranti. Si vieti eziandio il pascolo sui fondi superiori pel pericolo di frane, ma s'indennizzi il proprietario, il quale molte volte è costretto ad abbandonare il fondo ed intanto a pagare la prediale e la multa. Si applichi anche qui la provvida legge forestale, ma in modo giusto e non già dando un' occhiata ai monti dalle loro falde, e comprendendo nel vincolo perfino aratori e case, e molte volte (per es. nel comune di Rodda) più ettari di terreno che non ne abbia tutto il comune censuario, per poi grandinare multe e sempre multe! Stia pure la linea doganale invece dei gloriosi confini difesi dai nostri Savi, ma, compatibilmente coli' esecuzione della legge finanziaria, si tenga una volta a calcolo che i piccoli contrabbandi sono in qualche modo scusati dalla tentazione del posto confine, che non si trova p, e. nelP Italia media, e che quindi urge un qualche temperamento, e ciò onde le gravissime multe e le prigionie, che talvolta si prolungano per anni, non finiscano di rovinare questa già stremata regione. Monumenti e memorie. — Sapete, o Slavi, (ma questa in gran parte è colpa vostra) cosa di quelli è successo ? La chiesa di S. Quirino, la più antica della Schiavonia, prima convertita in fienile, adesso rovina. Il piazzale circostante, dove si radunavano gli Arrenghi, tagliato sacrilegamente dalla strada, che poteva girarlo. I tigli secolari, spariti. E le lastre di Antro e di Merso e delle Vicinie, spezzate o disperse o ricoverate per carità nei cortili delle osterie. Volete anche sapere dove sono andati a finire i documenti della vostra storia? Ve lo dirò io. Circa il secolo decimosesto, nell' incendio del preziosissimo Archivio parrocchiale di S. Pietro, onde si è visto che la maggior parte dei documenti ora usati risalgono solo ad uno o due secoli addietro. Nei lunghi anni del servaggio austriaco, sul caminetto, a riscaldare i piedi impuri della ganza di qualche L R. Commissario. Poi nel 1866 sottratti e venduti ai salumai di Cormons e di Gorizia. Finalmente gli ultimi avanzi, caricati sur una carretta e sparsi sul nudo suolo in una soffitta del Palazzo degli Uffici di Cividale, ove giacciono aperti al vento, alla pioggia, a tutti ! ALCUNI RIMEDI Torno alla lingua. — Il R. Provveditore agli studi, ea-valier Massone, nella sua bella e dettagliata Relazione V istruzione popolare nella provincia di Udine nelV anno scolastico 1882-83 — se la sbriga, intorno all' argomento che ci preoccupa, con poche parole: « Solo fra 36646 abitanti dei 15 comuni spiarsi fra i « monti delle Giulie è ancora dominante la lingua slava, « che, come ognun sa, nulla ha che fare colla lingua ita-« liana, ma che, e per effetto delle scuole e del movimento « commerciale, accenna a scomparire lentamente, benché « in alcuni siti si mantenga ancora con tenacità, e sia, « riguardata quasi come un patrimonio privato. » Questo giudizio, recentissimo ed ufficiale, riassume tanti altri che avrei potuto allegare, e conclude pella possibilità della scomparsa, benché lenta, della lingua slava dall' Italia e, fra le linee, pella necessità di quella scomparsa. Ma oè la possibilità nè quella necessità si verificano. Non la possibilità, e per le ragioni discorse nel capitolo speciale sulla lingua e per trovare il dialetto slavo della regione (a differenza di quello della provincia di Molise) perenne alimento alla sua vita subito al di là del confine, onde più logicamente, se possibile, bisognerebbe far scomparire pel vagheggiato scopo la grande Slavia. Non la necessità, perchè la lingua slava nella regione non è pericolosa all' italianità di quest' ultima. Infatti non lo fu in passato, e basta a dimostrarlo la fedeltà slava, sempre costante, in onta alla rispettata separazione di razza, di lingua e di territorio. Non lo sarà in avvenire, perchè il riconoscimento illimitato e conseguente libero uso di questa lingua riuscirà il miglior rimedio contro ogni velleità panslavista : similia aimiliòus curantur. Ma se, ad onta di ciò, questa velleità venisse a fare capolino dal di fuori, noi ammoniremo i nostri Slavi: che il nome slavo non suonò sempre gloria e vittoria; che negli inizi infatti i loro antenati furono soggetti agli Avari nella Pannonia ; che quando vollero occupare da invasori la pianura friulana, furono più fiate sconfitti dai Longobardi e riconfinati nelle montagne; che in queste, versanti della penisola, furono ospiti ; che dopo e per oltre mille anni la loro storia s'identifica con quella d'Italia ; che da questa sola ebbero quel po' po' di civiltà e l'indipendenza; e che, non dubito, avranno trattamento sempre migliore da un governo, il quale si lascia additare anche crudamente i mali, suggerire i rimedi, e provvede. Quindi, coesistenza delle due lingue, in modo però che V italiana sia sempre V ufficiale e la slava resti patrimonio privato della regione. Precisamente così avveniva sotto la Repubblica veneta, onde abbiamo veduto che tutti gli atti amministrativi e giudiziari erano scritti in italiano, mentre nei rapporti privati seguitava a correre la lingua slava. Ma noi desidereremo ancora di più e cioè che adoperandosi nelle scuole lo slavo per insegnare l'italiano, si purghi il primo dagli introdotti neologismi ed in una parola lo si riduca a perfetta forma grammaticale. Così i nostri Slavi potranno con tutta facilità parlare e scrivere bene due lingue e si sà, che un uomo vale tanti uomini quante lingue conosce, e che per la regione questo costituirà un doppio capitale da non isprezzarsi, come si è fatto sinora. Soltanto io mi chieggo se gli attuali maestri e maestre sieno al caso d'insegnare le due lingue in modo che la nativa, per ragione naturale, non preponderi sull' altra, che invece entrambe camminino parakdlc e, se vuoisi, che si mantenga fra esse la sottilissima distinzione di lingua ufficiale e di lingua privata. Da questa domanda vedesi che la questione degli insegnanti primari è forse più importante nella Schiavonia, che in ogni altra parte d'Italia, onde non sarà un fuor d' opera spendervi intorno qualche parola. Il Cristo, chiamato per antonomasia divin Maestro, mentre ordinava agli Apostoli : ite et (locete omnes gentes, pare a sè riserbasse il primario ufficio di istruire i fanciulli: sinite ad me venire parmdos. Infatti si richiede un più abile vignaiuolo per iscegliere un terreno, correggerlo al bisogno e concimarlo nella debita misura, piantarvi i magdiuoli più adatti ed educarli, ovverosia per conservare le viti fattesi adulte e prosperose? Nell'istruzione pubblica invece si riserbano i milioni, i professori decorosamente stipendiati e la diretta ingerenza governativa alle università ed alle scuole secondarie, e si abbandonano «piasi del tutto le primarie ai comuni, molte fiate ignoranti e retrogradi, ed a macstrucoli tirati su come Dio vuole e peggio pagati. Così si cura il vertice e si trascura la base. E quando questa vacilla, come si può pretendere che l'edificio si aderga sicuro? Capisco che se si proponesse d'invertire le parti, la terminerebbe così: videntes scriba mirabilia quee fecit et pueros clamanles in tempio et elicente^ — Hosanna Filio David, — indignati sunt. (S. Matt. cap. 21. v. 15.) Ossia nel caso nostro: vedendo i professoroni le meraviglie operate da un umile Maestro ed i suoi scolaretti che lo acclamavano, si accordarono perdio 1' esempio non avesse seguito. 10 quindi mi limiterò a far voti che l'Istituto magistrale di S. Pietro risponda allo scopo di sua fondazione e dia buono maestre, soltanto o principalissimamente per la Slavia italiana. Finalmente, come coronamento dell' istruzione della Schiavonia, si fondi a Cividale, centro della materia prima, almeno una cattedra di lingua e di discipline slave. La Francia ne istituiva una a Parigi. l'rosso di noi, il Ciampoli, in uu Fanfidla della Domenica del 1883, segnalava: «chi; il movimento letterario « russo degli ultimi anni è stato più fecondo, più serio, più « ardito del francese stesso. » 11 compianto poeta Prati scriveva : « almeno per grati-« tudine si dovrebbe in Italia coltivare la lingua illirica, « dappoiché non v' ha slavo che non impari la lingua « nostra. » Il deputato Vegezzi Rusealla sino dal 1868 proponeva al Parlamento l'istituzione di cattedre slave, ed in vari scritti dimostrava l'utilità immensa che da simili studi deriverebbe. Propugnando nel Giornale di Udine delli 31 luglio e 13 settembre 1883, la progettata istituzione, io mi domandava : Quale può esser la futura posizione della nostra penisola di fronte alla grande Slavia? O quella di amica o quella di nemica. Nel primo caso, bisogna pensar a conservare 1' amicizia, la quale è più probabile, perchè, ad esempio, « il genio della « nazione russa è assai più portato della tedesca ad armo-« nizzare con tutte lo nazioni. » (Storia della Letteratura russa per Stefano Sceviref e Giuseppe Rubini. Felice Le Mounier 1862, pag. ITI.) Ora il modo migliore per il vagheggiato scopo si è quello di trattar bene, e secondo lo domanda la loro razza, gli Slavi che abbiamo in casa. Il gran principe russo Vladimiro Monomaco nel suo testamento politico ammoniva cosi i figli: « dalla maniera colla « quale gli stranieri od ospiti vengono trattati in un paese, « dipende il bene o il mah; che ne diranno dopo coi loro « compatrioti i. » E poi non ò forse lontano il tempo in cui fra 1' Adriatico ed il Mar Nero si costituirà un regno slavo, e fra questo e l'Italia (lo dirò colle parole non sospette del sonatore Antonini a pag\ 520 del suo Friuli orientale) « gli Slavi dell' Istria e del Friuli sono forse predestinati « a servire di anello, il quale congiunga la coltura italica « e la slava e rannodi la civiltà delle genti neo-latine a « quella dei popoli danubiani. » A predisporre quindi la desiderata amicizia, sarà opportuno pel nostro giovine Regno di coltivare nel suo seno, e dove ha pronta la materia prima, un semenzaio di lingua e di studi slavi da cui si possano, se non altro, togliere pei cresciuti bisogni i rappresentanti degli interessi nazionali presso tanti popoli a base slava. Nel secondo supposto d'inimicizia, questo semenzaio sarà ancora più prezioso, perchè dalla nostra Schiavonia riuscirà più facile studiare la consimile natura della grande Slavia, ed i nostri montanari, che vedemmo ab antiquo girovagarla tutta, ben diretti, potranno spiarne i moti a sicurezza della patria. In pace ed in guerra adunque lo stesso elemento slavo del nostro suolo potrebbe servire siccome il mezzo migliore dell' augurata espansione italiana. In onta a tutti questi argomenti non v' ha ancora in Italia, che io mi sappia, una cattedra di lingua e di discipline slave. Però a bene sperare m' è cagione il fatto, che gli stessi rappresentanti in luogo del patrio Governo, si accorsero di questo bisogno, ed il R. Ispettore scolastico del circondario, professor Roncaglia, il quale con intelletto d' amore studiò il paese, mi faceva P onore di scrivere in data 10 a-gosto 1883, convenire pienamente nell'idea della fondazione; di un Istituto specialista a Cividale per l'insegnamento della lingua e letteratura slava ; potersi frattanto istituirne un' apposita cattedra nel Collegio Convitto cividalese (da dichiararsi nazionale e da completarsi per gli studi tecnici) e doversi in ogni modo preporre agli altri insegnamenti (da me pure suggeriti) di discipline alemanne e di storia friulana quello, dello slavo. Giustizia. — Non pave ancora scritto per l'Italia 1' instaurano facienda ab ìmis fundamentis ; chi sa per quanto tempo ancora la rivoluzione francese, che sola riuscì a sopprimere le discorse istituzioni in queste contrade, lascie-rà sentire i suoi effetti livellatori; e quindi è inutile invocare la sapienza antica delle Banche, della giuria paesana per ogni materia, degli appelli reciproci e delle esecuzioni economiche. Accontentiamoci dunque del promesso nuovo Ordinamento giudiziario, ma venga davvero e presto ! Allora ogni comune slavo avrà la sua giustizia locale, abbastanza allargata, e per tutti gli affari più grossi e senza limiti, il giudice unico di Cividale. Pelle esecuzioni poi si copi anche stavolta la Francia, il cui Parlamento, onde aiutare la piccola proprietà di campagna ed impedire che questa, appena 80 anni dopo la sua comparsa, morisse d' anemia, votò recentemente una legge che disaggrava dai diritti di bollo, di registro, di cancelleria e d'ipoteca la vendita giudiziaria d' ogni immobile di valor inferiore alle L. 2000, e riduce inoltre di un quarto le competenze tribunalesche per la vendita di beni stimati meno di L. 1000. Comuni. — Date le odierne leggi amministrative ed i conseguenti sempre maggiori incarichi e spese, si abbia il coraggio di ridurre il numero dei Comuni, ma si studi contemporaneamente, anche all' infuori della legge comunale, di fare qualcosa per l'ente frazione, tuttora così vitale. Strade. — Convergano tutte alla patria italiana, principale mezzo codesto per italianizzare sempre più la regione ! Si completi la rete delle strade mancanti, si tolgano o si correggano certe impossibili rive (la cui spesa sarebbe stata mille volte pagata coli' importo dello sciupìo di tante bestie o carri transeunti) e si preparino gli studi almeno per un tramvia che dal Ponte di S. Quirino allacci il Distrotto slavo colla ventura ferrata di Cividale. Pella realizzazione di questo piano, come dissi in molta parte politico, il signor Giovanni Duriavig, Segretario comunale di Stregua, suggerisce e mi scrive: « Se i nostri Comuni, rovinati economicamente per le « spese obbligatorie loro addossate, non hanno mezzi con « cui addivenire alla sistemazione delle loro strade, il R. Go-« verno, invece che il quarto, accordi il terzo di sussidio, « e questo, assieme alle prestazioni in natura, tradizionali « nei nostri monti, basterà alla costruzione e sistemazione « delle strade in tutti i Comuni. » Custodia dei confini. — Si deve lasciare 1' antico onore di questa alle____guardie doganali ? Nò. La Schiavonia, con tutto il circondario di Cividale, seguiti a costituire 1' antica colonia militare romana, il vallo, F argine, il quale (secondo una stupenda corrispondenza udinese dell' autunno 1883 all' Italia di Milano) « se non basterà a frenare 1' onda del « vorticoso torrente d' Oltralpe, toglierà però ad esso gran « parte della forza, in modo che giungerà a noi quasi acqua « morta. » Quindi un battaglione, e più, se possibile, e tutto di figli slavi e friulani del circondario di Cividale, che colla sede del comando in quest' ultima città e colle compagnie disseminate a Cividale, S. Pietro, Faedis, Tarcento, ecc., abbia la missione e la gloriosa divisa di custodire i confini e di studiare il terreno al di là..... Governo. — Historia magistra vita così degli individui che dei popoli, e nel caso nostro abbiamo appreso da essa che la Schiavonia fu accostata all' Italia, per le vie di Cividale e di Venezia. Quindi, augurando, coli' illustre Senatore Manfrin, che 1' angolo dei Veneti, già salvatori di Roma contro i Galli, sia considerato anche oggi quale precipua difesa della penisola, pensiamo intanto a ricostituire fortemente il primo centro italiano della Schiavonia e della lunga linea dei confini, che è Cividale. A questo scopo, via il Commissariato, di nome austriaco, e di fatto, semplice ufficio di posta, che quindi non può manco travedere P importanza della missione governativa qui, e surrogazione pronta con una Sottoprefettura di coti/ine, quale fu durante tutto il regno italico dal 1806 al 1813. Non è questo il luogo di designarne i molteplici uffici, che d' altronde si estrinsecheranno subito dallo scopo, ma suggerisco fin d' ora di non dimenticarne due. Il primo, di nominare una Commissione, possibilmente composta dei Sindaci e di altri probiviri della Schiavonia, la quale avvisi, meglio e più esattamente che non 1' abbia latto io, i mali e proponga i rimedi e possibili immeglia-mentì, onde il governo patrio col tramite della Sottopre-fettura vi provveda. Il secondo, di nominare un' altra Commissione (è 1' e-poca delle commissioni, ed un paio di più non guasta), composta delle più colte persone dei Distretto ed anche del di fuori, la «piale provegga subito subito alla conservazione delle memorie ed ai monumenti. Se abbiamo lamentati ignominiosamente dispersi o distrutti i documenti della nostra Slavia, che il pubblico Arrengo teneva chiusi a tre chiavi in un apposito scrigno (Tomasetig ib. ib.), se ne levino le copie dall' Archivio dei Frari di Venezia, da quelli Capitolare, Municipale e Pretorio di Cividale, dal Notarile di Udine, dalle Fabbricerie, Comuni e privati. Furono questi ultimi (specie i signori cav. Germinano Cueavaz, sindaco, Domenico Podrecca, possidente, ed Antonio Liccaro, perito, di S. Pietro; il più volte lodato reverendo don Pietro Podrecca di Rodda; dott. Giuseppe Faidutti di Serutto e Giovanni Blasutig di Vernassino, che pubblicamente ringrazio) i quali mi fornirono i precipui documenti e notizie pel lavoro e, quello che è più notabile, della antica vita privata degli Slavi. È dunque ora che non solo gli Alemanni ed i Russi vengano ad esumare da quegli Archivi le nostre memorie storiche ; è ora che ogni regione, ogni città e perfino ogni villaggio, cominci ad. attingere alla fonte dei documenti delle sue famiglie, che ogni giorno si vanno disperdendo, i materiali di altrettante storie nuove e caratteristiche, preparazione alla vera Storia d'Italia e degli Italiani. Se i documenti costituiscono la storia scritta, i monumenti né sono la parlante, che un popolo, il quale voglia uscire dall' abbiezione, deve avere o procacciarsi. Si riatti adunque la veneranda Chiesa di S. Quirino, e, se il circostante cimitero raccoglieva le salme dei lontanissimi Slavi, divenga il modesto Panteon della regione. Ili Si cominci dall' esporre sur una parete interna di questa Chiesa i busti dello Stellini e del Querin e sull'altra un quadro raffigurante il Sindico Clemente Gallanda, che presta giuramento di fedeltà nelle mani del doge Cornelio, i1 quale lo ricambia colla famosa pergamena. Sul ristretto piazzale si educhino i tigli, ricordo almeno ai nepoti, del luogo in cui si teneva 1' Arrengo, il Parlamento della piccola Patria. Si rimettano al sito pristino le Lastre o Banche delle Vicinle e delle Convalli d' Antro e Merso, intorno a cui si esplicavano un reggimento comunale ed un' amministrazione della giustizia popolari, e durati vigorosi fino all' ultimo respiro della indimenticata Repubblica di Venezia. Iscrizioni in pietra (che non ne manca) additino al viatore d'Oltralpe ove stavano i castelli ed i fortilizi, gli accampamenti cd i luoghi di battaglia, i cinque Passi e la guardia del Pulfero, oh pmservationem gentìum barla-rorum. PER FINIRE 0 libro piccioletto, raggiungi lo intendimento che ti sei prefisso, e spariranno le nebbie che io vidi librarsi sulla valle della Schiavonia ed il sole di una vera civiltà leve-rassi fulgido anche su questi monti, che fanno degna corona alla patria italiana ! INDICE Storia fìsica........ Storia politica....... Lingua.......... Istituzioni chiesastiche .... Istituzioni amministrativo . . . Istituzioni giudiziarie..... Privilegi ecc. ....... Costumi......... Agricoltura, Industria e Commercio Uomini illustri passati e.... futuri......... » 97 Strada del Pulfero e confini........... » 101 Cividale................... » 107 Intermezzo................. » 123 Alcuni guai................. » 125 Alcuni rimedi................ » »33 Per finire.................. » 143