ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 received: 2010-06-03 UDC 930.25:347.961(497.4/.5) original scientific article RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI IN RAPPORTO AD UFFICI AFFINI DELL'AREA ADRIATICA Darko DAROVEC Universita del Litorale, Centro di ricerche scientifiche di Capodistria, SI-6000 Capodistria, Via Garibaldi 1 e-mail: darko.darovec@zrs.upr.si SINTESI Lo studio dell'istituto del notariato nell'Istria nord-occidentale e il confronto con l'attivitá di questa istituzione nei territori dell'Adriatico settentrionale, soprattutto orientale, hanno portato a concludere che questi luoghi, soprattutto nella fase iniziale di rinnovato successo del diritto romano e, con esso, del notariato dopo il XII secolo, fino alla caduta della Repubblica di Venezia nel 1797 hanno conosciuto uno sviluppo conforme all'esempio delle vicine localitá adriatiche nord-orientali, adeguando l'attivitá delle loro istituzioni a particolaritá giá esistenti. In questo modo ha preso forma l'istituto straordinario del vicedomino (a Trieste, Muggia, Capodistria, Isola, Pirano e Pola), incaricato non soltanto di autenticare i documenti notarili, ma anche di control-lare l'attivitá di tutte le altre cancellerie, nonché di curare e sistemare ilibri contenenti i regesti degli atti notarili, compito in altre parti affidato alla responsabilitá dei notai. In certi periodi altre localitá lungo l'Adriatico conobbero diversi uffici, quali ad esempio i memoriali, gli esaminatori, gli auditori ecc., che avevano competenze simili, soprattutto per quanto attiene lautenticazione, differenziandosi invece anche parecchio nelle altre mansioni. Parole chiave: Istria, Repubblica di Venezia, Adriatico, notariato, diritto romano THE ROLE OF ISTRIAN »VICEDOMINI« IN DRAWING UP NOTARIAL DOCUMENTS IN COMPARISON WITH OTHER SIMILAR INSTITUTIONS ALONG THE ADRIATIC ABSTRACT The comparative study of the functioning of the notary institution in northwestern Istria and in the upper eastern Adriatic has revealed that from the period of the revival of Roman law and the ensuing rise of the notary to the fall of the Venetian Republic in 789 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 1797, the development of northwestern Istria was modelled upon that of the upper eastern Adriatic area with the functioning of the Istrian institution being adapted to special local characteristics. As a result, the region saw the formation of a unique institution called »vicedominario« (in Trieste, Muggia, Koper, Izola, Piran and Pula) that was authorized not only to certify the authenticity of notarial documents, but also to supervise the operation of all other administrative offices and to keep the records of abstracts of notarial acts - a task entrusted to notaries in other places. Interestingly in different periods other areas along the Adriatic did know different types of offices such as »memorials«, »examinatores«, »auditors«, »pristaldus«, etc. who had similar, largely certification-related competences, as well as many other obligations of a different nature. Keywords: Istria, Venetian Republic, Adriatic, notary institution INTRODUZIONE Lo sviluppo del notariato istriano, specie nelle città dell'Istria nord-occidentale, indica che le sue origini vanno cercate nella sfera d'influenza romana o, meglio, romanza, ferma restando la presenza di molti elementi della tradizione franca e longobarda nella prassi notarile (cfr. Darovec, 2000). Dopo che, con l'avanzata longobarda nell'Italia settentrionale nella seconda metà del secolo VI, l'allora sviluppata istituzione del notariato romano perse la sua validità, per cui per garantire che gli atti giuridici fossero autentici e fededegni, al posto dei notai ritornarono in primo piano i testimoni che avevano preso parte all'atto giuridico, il che, malgrado l'introduzione di un sistema legale e la distribuzione dei privilegi notarili da parte delle autorità centrali, si protrasse anche nell'epoca franca, il notariato in Istria, a prescindere dall'occupazione franca della penisola istriana alla fine del secolo VIII, conservó lungo tutto il periodo anteriore alla »rinascita« del diritto e del notariato nel secolo XII tracce palesi della prassi notarile romana, che si manifestavano in particolare nei moduli prescritti per la redazione degli atti di diritto privato e pubblico.1 Quest'affermazione porta senza dubbio alla conclu-sione che il notariato in Istria era sviluppato già prima dell'847, anno in cui venne redatto il più antico atto di diritto privato conservatosi, le ultime volontà della monaca triestina Marù (cfr. il commento di Kandler, 1986, 134-135, nonché Leicht, 1910, 180). Parallelamente a quelli romanzi, entrarono in uso anche alcuni moduli giuridici longobardi e franchi, in particolare il documento giuridico stesso, »charta« (»charta, 1 Per una rassegna più dettagliata delle caratteristiche della prassi notarile in Istria cfr. Leicht, 1910, 179-201; Kos, 1956, 49-62; Vilfan, Otorepec, 1962, 105-120; Darovec, 1994. 790 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 carta, chartula«), che è il termine in uso per questo tipo di documento, il quale ha perduto il precedente valore romano di »instrumento«, cioè del documento, su cui già la firma del notaio era sufficiente a garantire l'autenticità dell'atto giuridico. La charta serviva ancora solo come richiamo alla memoria di un determinato atto giuridico, e senza la firma o almeno il segno (»signum manus«) dell'autore e dei testi, di regola in forma di croce, non aveva validità giuridica, anche se l'aveva redatta un notaio rico-nosciuto (Il passaggio dall'antico »tabellione« all'atto notarile e le conseguenti formalità di vidimazione di tali documenti sono già stati relativamente ben descritti nella bibliografia italiana che tratta questo argomento (Amelotti, Costamagna, 1975; Cencetti, 1966, XIX-XXXIV; Costamagna, 1977, 7-26; Durando, 1897; Leicht, 1948; Pertile, 1902; Pratesi, 1983), per cui a tale problematica in quest'occasione non dedicheremo una trattazione specifica). Contrariamente al valore del documento, nella persona giuridica del notaio in Istria si conservó in genere la tradizione romana ossia romanza, che portó allo sviluppo dell'istituzione del notariato come di un'isti-tuzione cittadina. Ne è una dimostrazione anche il notaio capodistriano Gregorio, che nel 932 e nel 933 (Kandler, 1986, 155-160; cfr. anche Zitko, 1993, 105-116) in qualita di notaio e sacerdote redó un atto pubblico a nome di tutta la città, e ció ricorda le caratteristiche di sviluppo del notariato in epoca romana, quando il municipio confermava i notai e esercitava il controllo su di essi (cfr. Amelotti, Costamagna, 1975, 41 ss.; Pratesi, 1983, 761). Che per la nomina e per l'investitura dei notai e quindi per il godimento della fede pubblica (»fides publica«) fosse necessaria la convalida della comunità cittadina, lo dimostra anche la nota causa per la decima in olio tra il Comune di Pirano e il vescovato di Capodistria all'inizio del secolo XIII (De Franceschi, 1924, n.o 11-65). E' evidente che nel periodo precedente era stato sufficiente che i notai, i quali esercitavano in queste due città, fossero riconosciuti soltanto dalla comunità cittadina, mentre al momento della nascita dei Comuni, affinché i loro atti fossero fededegni, essi dovevano essere con-fermati anche dal potere centrale, come dimostrato dalla causa citata in cui uno degli oggetti in causa fu anche la validità della fede pubblica dei notai che non erano stati riconosciuti notai imperiali (»imperiali auctoritate«) o papali (»auctoritate sacri Lateranensis palatii«), come invece era diventato d'obbligo nel Sacro Romano Impero dal secolo IX in poi (cfr. Costamagna, 1975, 182; Pertile, 1894-1902, 293). Sebbene dapprima anche in altre regioni i notai non sempre aggiungessero alla propria firma l'autorità in nome della quale esercitavano il loro mestiere, iniziarono a farlo regolar-mente dal secolo XII in poi (cfr. Costamagna, 1975, 197). Nelle città istriane, invece, i moduli con tali aggiunte diventarono d'uso nei documenti giuridici appena dalla seconda metà del secolo XIII in poi, mentre prima di ció i notai si firmavano soltanto come notai o notai cittadini (»civitatis notarius«) (cfr. Pertile, 1894-1902, 296). Peró i moduli di redazione dei documenti giuridici in vigore in Istria mostrano un maggior influsso veneziano già dal secolo XII, quindi ancora prima della conquista »uf- 791 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 ficiale« delle città nell'Istria nord-occidentale alla fine del secolo XIII (cfr. Leicht, 1910, 182; Kos, 1956, 57). Da allora in poi iniziarono a penetrare nella regione anche elementi del notariato »rinato« che, contrariamente dalla »charta« longobarda e franca, ridarono in particolare al notaio e al documento in quanto atto giuridico piena validité giuridica. Non solo si inizió ad usare il termine »instrumentum« al posto di »charta«, che peró rimase ancora a lungo in uso tra i notai per indicare un documento giuridico specifico, ma si affermarono relativamente presto anche altre forme »contemporanee« di controllo, in particolare della validité giuridica e dell'autenticità degli atti notarili (Leicht, 1936, 974). UFFICI NOTARILI Nonostante la credibilità generale di cui i notai godevano, nel momento dell'ascesa dei loro poteri autonomi i comuni cittadini iniziarono, soprattutto al fine di prevenire gli abusi e le falsificazioni degli atti notarili, a costituire una legislazione specifica che re-golava l'attività notarile. Accanto ad altre disposizioni di legge, negli Statuti cittadini trovarono posto anche le disposizioni sul notariato, che da una parte rendevano possibile il controllo indisturbato dell'attività notarile e dall'altra dotavano in tal modo gli atti notarili e i notai di ulteriore fede pubblica. Per garantire i rapporti giuridici privati e la legittimità della professione (»arte«) notarile, nella penisola italica dapprima si affermarono le scuole notarili cittadine, che avevano cura dell'istruzione adeguata dei notai, ma siccome con la crescita dei traffici commerciali e di altri rapporti giuridici cresceva anche il bisogno di notai, ben presto e in stretto legame con le autorità cittadine (statali) iniziarono a fondarsi »i collegi dei notai«, i cui compiti principali erano l'evidenza, il controllo e la distribuzione dei pri-vilegi di esercizio di quest'attività (più in dettaglio nella miscelanea Cencetti, 1977). Tra le nuove forme di esercizio dell'attività notarile rientrano senza dubbio anche i libri notarili. Dato che i documenti sugli atti giuridici venivano spesso perduti o distrutti, i notai presero l'abitudine, che al contempo fu una necessità, di registrare in breve (»imbreviatura«) l'oggetto giuridico del documento in libri appositi. Riporta-vano la data, i testimoni, la località (se l'atto non fu stipulato in loco) e l'oggetto dell'atto (giuridico). La registrazione dei rapporti giuridici privati nel libro notarile fatta dal notaio, contrariamente alla legislazione giustinianea (cfr. Leicht, 1948, 51 ss.), aveva lo stesso valore del documento pubblico originale e godeva la fede pubblica. Essa era la base con l'aiuto della quale il notaio poteva in ogni momento rilasciare un nuovo documento valido. Ció che in Italia era diventata consuetudine alla fine del secolo XII,2 dal secolo XIII in poi - anche da questa parte dell'Adriatico - gli Statuti cittadini cominciarono a fissare tra i doveri dei notai. 2 La prima menzione dell'imbreviatura notarile si trova a Genova, quando il notonotaio lócale Iohannes Scriba su un documento del 1156 scrisse che lo aveva copiato dal libro del suo maestro deceduto; Costamagna, 1977, 26. 792 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 Fig. 1: Il notaio nella Jettera iniziale in STTS, 1350, III/49. SI. 1: Notar v inicialki v STTS, 1350,111/49. Di questo tipo sono anche i più antichi libri notarili conservatisi in Slovenia, scritti dal notaio piranese Dominico alla fine del secolo XIII e all'inizio del secolo XIV; i primi due, trascritti e accompagnati dal necessario apparato critico, sono stati anche pubblicati (Mihelic, 1984; Mihelic, 1986). I libri notarili piranesi conservatisi (qualcosa di simile non possiamo trovarlo a Capodistria a causa dell'incendio nell'archivio della vicedomi-neria durante l'assedio dei genovesi nel 1380) testimoniano, oltre che l'adueguamento relativamente precoce alla nuova prassi notarile, anche una ben sviluppata attività economica, in particolare commerciale e bancaria, nell'Istria nord-occidentale, nonché l'af-fermazione della proprietà privata, che era il presupposto per lo sviluppo dell'attività notarile. Siccome nelle odierne regioni continentali slovene e in generale nell'Europa centrale l'istituto giuridico della proprietà privata non era sviluppato (cfr. Panjek, 2010), là il notariato andó sviluppandosi con significativo ritardo in confronto alle città commerciali mediterrannee, dove i rapporti di proprietà relativamente liberi e i frequenti passaggi di proprietà contribuirono al formarsi delle modalità di garanzia della proprietà privata, la cui base fu sicuramente l'istituzione del notariato. 793 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 Pero ai notai non era legata soltanto la sfera del diritto privato, bensi anche altre forme della vita sociale. Siccome nell'analfabetismo generalizzato i notai erano tra i pochi che all'epoca sapevano scrivere, assumevano anche molte funzioni retribuite, che inizialmente svolgevano parallelamente all'attivita notarile, mentre piu tardi veniva loro vietato di svolgere la pratica notarile nel caso in cui occupassero anche uffici pubblici (statali).3 In alcune citta istriane tra questi, oltre all'ufficio del cancelliere cittadino generalmente presente, esisteva anche uno specifico ufficio, quello dei »vicedomini«, conosciuto soltanto a Trieste, Muggia, Capodistria, Pirano e Pola. Mentre nel passato all'ufficio della vicedomineria istriana, rispetto ad altri uffici comunali, e stata dedicata poca attenzione,4 ultimamente i vicedomini, specialmente quelli triestini, hanno avuto maggior attenzione (cfr. Bloise, 1982, 45-50; Iona, 1988, 96-108; Antoni, 1989, 319-335; Antoni, 1991, 151-177; Margetic, 1973, 5-79; Daro-vec, 1994; Maffei, 1999, 489-542). Pero dato che i vicedomini istriani si presentano come una specificita della regione, meritano una trattazione piu approfondita, specialmente in rapporto allo sviluppo del notariato e di altri uffici comunali, nonché in rap-porto a istituzioni affini nelle aree piu o meno vicine (cfr. Audisio, 2005; Bruschi, 2006; Faggion, 2008; Grbavac, 2008). Quest'istituzione era tenuta a occuparsi, oltre che di importanti affari comunali, del controllo e della validita giuridica degli atti notarili. Pero quest'istituzione non naque da oggi a domani e anche se nella penisola istriana aveva alcune forme manifeste del tutto specifiche, essa non si formo senza l'influsso della prassi notarile nelle regioni limitrofe. Un paragone generale lo si puo fare con uffici affini nell'Italia settentrionale, special-mente a Bologna, nonché in Dalmazia. Una delle prime e delle piu prestigiose scuole notarili, che ebbe una spinta dal movi-mento universitario, venne fondata a Bologna (cfr. Anselmi, 1926; Ferrara, 1977, 50-121; Orlandelli, 1977, 29-46), dove relativamente presto venne fondato anche il collegio dei notai. A questa citta e legata un'altra istituzione, fondata nel 1265, che pero in altre citta dell'Italia settentrionale aveva forme manifeste d'attivita differenti, e la cui funzione era in particolare quella di impedire la fasificazione e di conservare la memoria dell'autenticita dell'atto giuridico. Questi notai bolognesi erano pubblici ufficiali stipendiati e operavano nell'istituzione dei memoriali, che prese il nome dai libri (»Liber memorialium« o »Memorialia communis«) nei quali questi registravano le imbreviature delle stipulazioni, sulla cui base, in caso di bisogno, potevano rilasciare delle copie dotate di piena validita 3 Cfr. STKP, 1993, lib. III, cap. 17; AST. AAMC, bob. 669, e Majer, 1904, sotto il numero 528 il decreto dell'ufficio dei »Conservatori ed Esecutori delle Leggi« in data 31 agosto 1758. 4 Cosi come per la maggior parte delle particolarita nella ricca storia istriana, e stato Kandler tra i primi a trattare anche l'ufficio della vicedomineria; cfr. Kandler, 1846, 75-80; Kandler, 1861, 15-16. De-grassi ha presentato l'ufficio confrontandolo con la podestaria (Degrassi, 1969, 9-12), mentre altri autori hanno trattato i vicedomini in relazione al notariato (cfr. p. es. Pahor, 1958, 124-127; Vilfan, 1961; Mihelic, 1984; Kos, 1994). 794 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 giuridica. Con l'aiuto degli strumenti adeguati - indici delle registrazioni nei libri, che i notai dei memoriali erano in dovere di tenere -, il loro ufficio rendeva possibile di ritrovare più velocemente il materiale necessario.5 Ogni imbreviatura che il notaio redava e che in base all'opinione Comune per il suo contenuto e per il suo valore (sopra le 20 libre bolognesi) meritava di essere iscritta nei libri dei memoriali, prima della registrazione ufficiale veniva letta da uno dei notai dell'ufficio (inizialente 2, poi 8) in presenza del notaio che aveva redatto il documento, delle parti e dei testimoni. Solo cosi controllato e registrato nei libri, l'atto giuridico diventava valido e godeva della fede pubblica. Eccezion fatta per le vicine Modena e Ferrara (cfr. Spaggiari, 1980, 207-226), non-ché per Ravenna e Mantova (cfr. Tamba, 1987, 284), in altre località un ufficio simile non era conosciuto. Ad esempio a Venezia, dove come a Genova a causa dello sviluppo dei traffici commerciali ben presto vennero fondate istituzioni simili all'archivio di stato, la conservazione dei documenti dei notai deceduti veniva affidato ai tre notai della »Cancellieria inferior« (Tamba, 1987, 251; cfr. Da Mosto, 1937, 219 e 245), mentre i giudici della »Curia dell'Esaminador« garantivano con la loro firma sul documento la fede pubblica nel commercio dei beni immobili (cfr. Da Mosto, 1937, 92-93; Guida Generale, 1994, 989-990; Antoni, 1989, 325). Perô questi ultimi, fondati nel 1204, di regola avevano cura del passaggio di proprietà dei beni immobili ereditati o donati, ma il loro compito principale era la certificazione delle dichiarazioni dei testi delle stipulazioni e non tanto quello di garantire la fede pubblica degli atti notarili (Margetic, 1971, 205; Margetic, 1973, 39-41). Mentre a Mantova gia verso la metà del secolo XIV la registrazione di certe stipulazioni nei libri dei memoriali diventó un'abitudine (Tamba, 1987, 285-286), nello stato veneto uffici simili ai memoriali, detti »Ufficio del Registro«, vennero istituiti soltanto a Verona (1407), Vicenza (1416), Padova (1420) e a Cologna Veneta (Sancassani, 1958-1959, 269-281). Questo si distingueva dall'ufficio dei me-moriali principalmente per il fatto che i notai eletti per lavorarvi trascrivevano nei libri appositi - i registri - il testo integrale degli atti notarili. Nonostante che i comuni elencati avessero dovuto sentire un certo bisogno autonomo per l'istituzione degli uffici trattati, questi vennero istituiti appena dopo la conquista veneziana di queste città. Peró già la sola esistenza dell'ufficio del registro, che nella propria attività ebbe molte oscillazioni, condizionate da numerose crisi politiche interne ed esterne alle città nonché dalle complicazioni e dalle lungagini nelle modalità di operare, garantiva alla città un maggiore grado di autonomia rispetto ad altri comuni veneti, come forse in modo migliore viene confermato dall'esistenza dell'»Ufficio del Registro« a Cologna Veneta, cittadina che dopo la conquista veneziana (1404) probabil-mente godeva la maggiore autonomia nella Terraferma veneta. 5 Di questo ufficio si sono occupati parecchi studiosi, ma lo studio più completo è quello di Tamba, 1987, 235-290; altri degni di nota sono: Cencetti, 1943, 117-124; Cesarini-Sforza, 1914, 379-392; Franchini, 1914, 95-106; Orlandelli, 1966, 193-205; Cencetti, 1977. 795 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 Fig. 2: Giudice o notaio nella lettera iniziale in STTS, 1350, III/43. SI. 2: Sodnik ali notar v inicialki v STTS, 1350, III/43. Simile all'uíficio dei memoriali, almeno in quanto alle modalità formali di certificazione degli atti di diritto privato, fu »l'ufficio della vicedomineria«, istituito in Istria nel secolo XIII. Peró date le condizioni specifiche esistenti in Istria, all'uíficio della vicedomineria, laddove esso esisteva (Trieste, Muggia, Capodistria, Isola, Pirano, Pola) spettavano anche altre funzioni, in particolare il controllo su tutto il materiale scritto degli uffici cittadini. Oltre a tenere libri appositi (»registri«), in cui, come i notai bolognesi dell'ufficio dei memoriali, registravano le imbreviature dei cambiamenti dei rapporti di proprietà su beni mobili ed immobili, i vicedomini tenevano anche registri specifici per la regi-strazione delle ultime volontà nonché per le donazioni votive alle istituzioni ecclesia-stiche, e con la loro firma vidimavano gli atti notarili attribuendo in tal modo ad essi la fede pubblica (»fides publica«), dato che senza di ció gli atti giuridici non erano validi; avevano anche il dovere di confermare con la loro firma sui libri dei funzionari comunali che questi avevano adempito bene al loro mandato. Secondo le fonti finora conosciute e la bibliografia disponibile, nessun ufficio comunale conosciuto in Italia aveva tutte queste competenze che abbiamo citato per i vicedomini. 796 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 In alcune localita del litorale croato e della Dalmazia (Veglia, Arbe, Segna, Zara, Trau, Spalato, Lesina, Brazza), sempre nel secolo XIII, vennero istituiti uffici comunali simili, retti dai cosiddetti esaminatori (»examinatores«), o, nel litorale montenegrino (Cattaro, Budua), dagli auditori (Margetic, 1971, 194 e 200); il loro numero variava da Comune a Comune, e andava da uno (Arbe) a cinque (Spalato). Di regola venivano eletti nel consiglio cittadino a tempo determinato, mentre il loro compito era la certificazione e la vidimazione dei documenti notarili e il controllo dell'operato di alcuni uffici comunali. Eccezion fatta per Spalato, dove l'esaminatore registrava le imbreviature degli affari stipulati nel diario comunale (cfr. Brandt, 1955, 182), non tenevano appositi libri di »imbreviature« degli atti giuridici stipulati, come era consuetudine nelle citta istriane citate e in alcune citta italiane. Alcuni studiosi dei rapporti giuridici medievali hanno cercato di stabilire i compiti degli esaminatori, ed e interessante che le opinioni di alcuni di loro sostanzialmente divergono. Alle affermazioni che erano soltanto degli strumenti per lo sfruttamento del popolo (Strohal, 1915, 328), che erano interpreti degli atti giuridici (Barada, 1938, 417), che sostituivano il collegio dei notai (Sufflay, 1904, 107), che controllavano la validita giuridica degli atti giuridici sia sul piano formale che su quello materiale (Kostrencic, 1930, 78), che vidimavano e autenticavano i documenti (Brandt, 1955, 182), che in qualita di pubblici ufficiali controllavano il traffico dei beni immobili e tutelavano i rapporti di proprieta (Beuc, 1954, 616 ss.) tanto che possiamo paragonarli agli »auscultatori« istriani, come Stipisic chiamava i vice domini (Stipisic, 1954, 120),6 aggiungiamo anche l'opinione di Inchiostri (Inchiostri, 1930, 78 ss.), che sostiene la tesi secondo cui il loro compito di porre la mano »ponere manum« su tutti i documenti e le imbreviature rappresentava solo un segno di conferma (approvazione) e di controllo e non tanto di attribuzione della fede pubblica, per cui essi sarebbero stati una specie di testimoni privilegiati. Margetic (Margetic, 1971, 191-193; Margetic, 1973, 15-32), il quale ha raccolto le trattazioni citate, individua, invece, le ragioni della loro esistenza proprio nel fatto che la firma dell'esaminatore sul documento notarile garantiva la fede pubblica e che quindi il suo scopo principale era il controllo del traffico degli immobili (Margetic, 1971, 200; Margetic, 1973, 77). Pero non in tutti i comuni dalmati in cui sono apparsi, gli esaminatori avevano la funzione di autenticazione, come ad esempio a Brazza e a Lesina, dove questo compito spettava al podesta. A Cherso e a Lagosta, dove non c'erano gli esaminatori, i documenti sul passaggio di proprieta degli immobili venivano autenticati dal rettore, a Veglia dal vicerettore, mentre a Ragusa tale compito veniva svolto da uno dei giudici (»... utnullam cartam tabelii faciam sine iudice iurato, qui et testis sit.«). Cosi era stato anche a Cattaro 6 Stipisic si basa sulla frase che accompagnava la firma dei vicedomini (»Auscultatum per me ...«), poiché secondo le norme degli Statuti il vicedomino e il notaio prima dell'autentica dovevano »riascoltare« ogni documento, vale a dire uno leggeva e l'altro confrontava il contenuto con il suo testo e viceversa; cfr. p. es.: STPI, 1987, 151. 797 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 e a Budua nel litorale montenegrino fino all'istituzione dell'ufficio dell'»auditore«, che successivamente autenticava i documenti notarili insieme con il giudice, cosi come altrove ció veniva fatto dagli esaminatori, e prima anche dai cosi detti pristavi (pri-staldus),7 dai conti, dai viceconti, dai tribuni, dai podestà e in Istria dai vicedomini (Margetic, 1971, 200; Margetic, 1973, 39-41; Darovec, 1994, 84-90). Nonostante la tesi generalmente accettata che con lo sviluppo del documento e dell'autorità notarile dal secolo XII e XIII in poi i notai hanno acquisito il ruolo dei portatori principali della fede pubblica (Kostrencic, 1930, 1-4), sulla base di quanto riportato possiamo concludere che i comuni, specialmente nella penisola appenninica e lungo la costa adriatica, hanno mantenuto sotto la propria giurisdizione il controllo del funzionamento di quest'istituzione. Questo si è palesamente manifestato nella nascita e nell'attività di diversi uffici che, conformemente alle necessità e alle possibilità delle singole collettività, erano incaricati del controllo giuridico della redazione dei documenti notarili. Oltre a rettori, podestà e conti (Cittanova, Brazza, Cherso, Veglia) e a giudici (Ragusa, Cattaro, Budua), conosciamo seguenti uffici di questo tipo: - collegi dei notai (Bologna, Treviso, ...), - archivi »di stato« (Venezia, Genova), - cancellieri del Comune (signoria) (Fiume, Parenzo, Docastelli, Gorizia), - notai dei memoriali (Bologna, Ferrara, Modena, Mantova, Ravenna), - notai dell'ufficio del registro (Verona, Vicenza, Padova, ...), - pristavi (Zara, Spalato), - esaminatori (Veglia, Arbe, Segna, Zara, Trau, Spalato), - auditori (Cattaro, Budua), - vicedomini (Trieste, Muggia, Capodistria, Isola, Pirano, Pola). A nostro giudizio, gli uffici citati avevano all'epoca un ruolo di grande importanza per l'organizzazione dell'autonomia dei comuni, ovvero sono stati istituiti proprio in virtù del bisogno della gestione autonoma cittadina, dato che autenticando autonomamente gli atti giuridici, si presentavano come soggetti politici paritetici nei rapporti con i principali sovrani dell'epoca, l'imperatore e il papa. I detti uffici hanno si tolto ai notai il potere preminente di autenticazione degli atti giuridici stipulati, ma questi con ció hanno acquistato maggiore validità, che era necessaria nel caso di cause giuridiche, dato che venivanoo garantiti anche da un'altra persona degna di fede. Perció non potremmo affermare che sono stati istituiti a causa della sfiducia nei notai e nel loro esercizio del mestiere, dato che la maggior parte degli ufficiali pubblici proveniva proprio dalle file dei notai locali che già partecipavano al governo, bensi nel fenomeno in questione si 7 II pristaldus, una sorta di aggiunto giudiziario, era presente in Dalmazia nel XII e XIII secolo, specie a Zara e Spalato. Si trattava di un impiegato ad hoc, che il tribunale autorizzava a conferire la fede pubblica ad atti notarili. Non era pero un impiegato pubblico e poteva conferire la fede pubblica, di regola, solo per singoli casi specifici. A differenza di altri, il nome di questo impiegato denota una matrice slava; cfr. Margetic, 1973, 36-40. 798 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 tratta prima di una tendenza allo sviluppo dinámico delle tecniche giuridiche di tutela dei rapporti contrattuali. Gli uffici comunali specifici per l'autenticazione di regola si sono affermati solo là dove il flusso degli abitanti e delle merci era più intenso, come nel caso istriano. Naturalmente, in merito a ció nasce spontanea la domanda quali siano le origini di tali uffici e perché siano stati fondati proprio in queste città, specialmente se sappiamo che nella maggior parte dei Paaesi dopo il secolo XII l'autorità dei notai si è affermata a tal punto che già con la loro firma e segno garantivano all'atto giuridico la necessaria fede pubblica. ORIGINI DELL'UFFICIO DELLA VICEDOMINERIA Precedentemente abbiamo constatato alcune specificità e sommiglianze nelle moda-lità di funzionamento dei memoriali bolognesi, degli esaminatori dalmati e dei vice-domini istriani. Peró cosi come gli esaminatori dalmati almeno inizialmente si riface-vano ai giudici veneziani, alla »curia degli esaminadori«, i vicedomini istriani si rifa-cevano a uffici simili dei patriarchi d'Aquilea, mentre i giureconsulti bolognesi per l'uf-ficio dei memoriali si rifacevano se non altro almeno alla vicina tradizione ravennate-bizantina, fermo restando che gli uffici citati hanno gradualmente adeguato l'attività di queste istituzioni alle proprie necessità. Difficilmente potremmo credere che i memoriali bolognesi sono »nati« appena e semplicemente con l'atto costitutivo del 1265, poiché l'abitudine di far autenticare l'atto da una seconda autorità esisteva già da prima. Prima dobbiamo ricordare le »insinu-azioni« romane,8 poi i registri dei beni immobili ravennati (»transscriptiones«) (cfr. Leicht, 1948, 55), ma non va dimenticato neanche il contribuito della pratica notarile franca, in cui tra i testimoni di un determinato atto giuridico comparivano i giudici -notai (»iudex et notarius«), i quali anche autenticavano con la loro firma il documento, quindi si presentavano come una specie di testimone privilegiato (Costamagna, 1975, 187; Pratesi, 1983, 763). L'ufficio della vicedomineria ha le sue radici nei primi secoli dell'organizzazione ecclesiastica, naturalmente in forma del tutto diversa da quella del successivo ufficio della vicedomineria istriano, incaricato di autenticare gli atti notarili ed altri atti giuridici. Le istituzioni ecclesiastiche hanno affidato l'amministrazione delle proprietà economiche a funzionari specifici, che all'Occidente hanno adottato il nome di vicedomini o visdomini. Inizialmente anche essi erano chierici, ma in seguito al codice carolingio dell'809 per l'esercizio della funzione non era più sufficiente che venissero nominati dai vescovi o dagli abati, ma alla nomina dovevano partecipare anche i conti e - il popolo! 8 Sul legame tra i libri dei memoriali bolognesi e le »insinuazioni« romane, quali loro possibili pre-cedenti, ha richiamato l'attenzione già Franchini, 1914, 96 ss. 799 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 (Costamagna, 1975, 184), il che valeva anche per le nomine degli avvocati ecclesiastici. Con il crescente ruolo delle istituzioni ecclesiastiche, acquistavano sempre maggior importanza anche i vicedomini, che lentamente hanno unito nelle proprie mani oltre al potere economico anche quello giuridico. Specialmente dal secolo X e XI in poi, quando in Italia l'ufficio passa nelle mani dell'aristocrazia laica cittadina, con la loro ammini-strazione dei beni votivi i vicedomini rappresentano uno dei ruoli piu attivi nella vita cittadina. Un ruolo simile i vicedomini lo avevano anche nei possedimenti infeudati ai patri-archi d'Aquilea nel Friuli, in Istra e in Carniola, specie dopo che nel 1208 hanno avuto dagli imperatori tedeschi anche il potere temporale nelle dette regioni. Pero i patriarchi d'Aquilea in Istria erano attivamente presenti in veste di proprietari terrieri almeno dal 1077, quando governavano i loro possedimenti per tramite dei loro amministratori laici, gastaldi e vicedomini, se queste due di regola non erano funzioni nelle mani dello stesso ufficiale, come nel caso del vicedomino capodistriano Almerico che viene chiamato vicedomino in un documento del 1045 con cui il possedimento aquileiense a Sermino presso Capodistria viene assegnato al monastero di San Cipriano (Kos, 1915, n.o 208) nel dicembre di quell'anno, mentre sul documento di giuramento di fedeltá a Venezia Almerigo viene citato come gastaldo capodistriano (Kos, 1915, n.o 209). Giá giudicando dal solo nome, il vicedomino (= luogotenente del signore) nelle cittá del patriarca d'Aquilea nel Friuli e in Istria dapprima svolgeva le mansioni di gover-natore del suo signore, soprattutto in relazione all'autenticazione delle cause civili e penali e al controllo della gestione finaziaria. Pero e interessante che come ufficio di controllo finanziario, nel secolo XIII anche a Venezia i visdomini compaiono a capo delle principali istituzioni economiche: fino alla fine del secolo XIV tre vicedomini erano a capo del »Fondaco dei Tedeschi«, mentre portavano il titolo di visdomino anche gli ufficiali a capo degli uffici »Ternaria Vecchia« e »Ternaria Nuova« nonché i »Visdomini all'intrada e all'insida«, che si occupavano principalmente della dogana marittima, mentre a capo di una sezioone della milizia marina c'erano i cosiddetti »Visdomini alla Tana« (cfr. Da Mosto, 1937, 147-148, 160, 189; Cappelletti, 1873, 105107, 116, 121-122; Zordan, 1971). Una funzione del tutto specifica l'aveva il vicedomino (vicedomo) della Carniola, che nella Carniola, dove quasi tutte le cittá sono diventate margraviali, nei secoli XIV e XV gestiva il suo patrimonio specifico. In esso si mescolavano elementi di tutore e di pubblico ufficiale, soprattutto di organo di controllo (Vilfan, 1961, 156). Gli esempi citati possono condurre all'origine Comune della funzione dei vicedo-mini, che con il passar del tempo in diverse aree geografiche e politiche si e evoluta in uffici specifici, i quali, come sembra, avevano almeno alcune mansioni amministrative e di controllo. Pero con lo sviluppo dell'autonomia cittadina e con la costante opposizione al potere dei patriarchi d'Aquilea, nelle cittá istriane ancor prima della conquista veneziana per l'attuazione efficace di questo processo nasce il bisogno di un ufficio a sé 800 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 stante dei vicedomini, che in nome del Comune avrebbero custodito gli atti giuridici stipulati e li avrebbero garantiti. In tal modo è stata resa possibile l'affermazione del diritto consuetudinario (»consuetudines«) e di alcune redazioni già scritte, ma a noi purtroppo non giunte, degli Statuti cittadini.9 I vicedomini, peró, sono riconducibili alla tradizione aquileense solo per il nome, dato che appena nel secolo XIV il patriarca ha nominato otto vicedomini per l'auten-ticazione e la vicedominazione dei documenti presso le principali cancellerie a Aquilea, Udine, Tolmezzo, Monfalcone, San Vito e Sacile (Someda De Marco, 1958, 30). Nel trasferimento delle competenze giuridiche civili, finanziarie e fiscali al Comune nel secolo XIII è palese una netta differenza tra l'Istria e le città del Friuli, che per tutto il secolo XIV e all'inizio del secolo XV era ancora sotto il dominio del patriarca, per cui in esse lo sviluppo della vicedomineria era diverso da quello nelle città istriane sotto il dominio veneto, dato che i vicedomini sono stati ufficilamente istituiti ad Aquilea ap-pena nel 1366 (Antoni, 1989, 322), mentre nel secolo XVII negli »Statuti della Patria del Friuli« (1673) non è più possibile trovarli (Margetic, 1971, 200), cosi come non si trova neanche qualche libro specifico che fosse redatto da questi funzionari incaricati di autenticare i documenti notarili. Perció era sbagliata l'affermazione di Pietro Kandler secondo cui i vicedomini istriani in quanto alla loro mansione di autenticazione degli atti giuridici derivano dalla tradizione dei vicedomini aquileensi (Antoni, 1989, 322). Tenendo conto di quanto stabilito sopra sulle competenze dei rettori cittadini nell'au-tenticazione degli atti notarili, è facile pensare che in alcune città istriane i vicedomini abbiano acquisito questa mansione nel periodo della fioritura della vita comunale alla metà del secolo XIII, quando l'ufficio era già completamente nelle mani dell'aristocrazia locale. Evidentemente i vicedomini dapprima operavano in conformità all'operato degli esaminatori veneziani o dell'Adriatico orientale e in conformità alla funzione di au-tenticazione posteriore, ma evidentemente ancora non in conformità alla funzione dei memoriali bolognesi, visto che dalle fonti conservate non è possibile stabilire che già in quell'epoca tenevano libri di immobili specifici. Peró, in base agli Statuti scritti più tardi possiamo concludere che il registro di questo tipo, nel quale venivano riportati tutti i 9 Sebbene le prime redazioni del diritto consuetudinario delle citta istriane contenessero probabilmente soltanto le disposizioni piu brevi ed importanti, che riguardavano l'esercizio concreto del potere come nel caso dello Statuto »su una pagina«, che nel 1222 e stato edito dall'allora governatore regionale, il patriarca d'Aquilea Bertoldo e di alcune »ordinationes«, che sono state »factae [...] de voluntate pro-vincialium omnium Istrie« (Bianchi, 1847, n.o 526 e 542; cfr. De Vergottini, 1926-1927, 97), proprio nel secolo XIII sono stati impiegati sforzi costanti per sviluppare l'attitudine di mettere per iscritto le consuetudini giuridiche. E' indubbio che tali sforzi nel 1274 hanno portato anche al primo Statuto di Pirano scritto. La struttura dei soli sei capitoli conservatisi nelle trascizioni dei secoli successivi indica che gia questi Statuti erano composti da piu libri, addirittura dieci, cosi come lo e la successiva redazione conservata del 1307 (cfr. STPI, 1987, XXXVII ss.); pero gli Statuti di Pirano vengono citati gia nel 1261 (De Franceschi, 1924, n.o 105), e quelli di Capodistria nel 1238 e nel 1239 (Kandler, 1986, ad anno), e anche se non conosciamo la loro ampiezza e il loro contenuto, queste sono indub-biamente le prove dello sviluppo del diritto Statutario in queste citta; cfr. De Vergottini, 1943, 61-70. 801 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 cambiamenti di rapporti di propriété su immobili, veniva tenuto presso la cancelleria comunale. Potremmo quindi dire che in quanto a questa funzione, gli istriani hanno preso a esempio i bolognesi, i ravennati, i dalmati, i veneziani o adirittura i friulani? Forse a tale conclusione porterebbe il fatto che nei secoli XII e XIII a ancor di più nel secolo XIV tra queste regioni si sono stabiliti rapporti relativamente intensi, poiché in quell'epoca almeno a Capodistria, rifacendoci al saggio di G. De Totto sul patriziato capodistriano (De Totto, 1939, 71-158), si sono insediati i rappresentanti di tre famiglie bolognesi, che col tempo sono stati accolti tra la nobiltà cittadina (Manzuoli, Musella, Sereni). Del tutto estraneo al contesto trattato è il tentativo di insediamento di un cen-tinaio di famiglie bolognesi nel territorio polese nella seconda metà del secolo XVI (Ber-tosa, 1986, 81 ss.), nonché il nome del villaggio Bolognesi nel retroterra capodistriano, perô proprio questi esempi dimostrano i continui contatti tra Bologna e l'Istria. Dall'altro canto, ci sono noti i trattati commerciali tra Pirano e Spalato (1192) (Kandler, 1986, ad anno), il frequente cognome istriano De Spalatis ecc., mentre è interessante anche la constatazione che tra i primi vicedomini istriani compaiono notai di Ravenna, che confondono Stipisic al punto che agli esaminatori assegna soltanto il ruolo di una specie di controllori di legalita degli affari giuridici stipulati, meravigliandosi al contempo che uffici di questo tipo non fossero comparsi anche altrove (Stipisic, 1954, 123). Per un lungo periodo di tempo, gli istriani erano, con sporadiche interruzioni, amministrativamente nello stesso stato con i friulani, mentre gli interessi commerciali e difensivi marini già da molto legavano gli istriani ai veneziani (cfr. trattato del 932 in Zitko, 1993, 105-116). Perô con la redazione dei libri specifici di imbreviature, che per modalité e im-portanza sono identici ai libri notarili di imbreviature, ai vicedomini si avvicinano maggiormente i memoriali bolognesi, mentre per la loro funzione di autenticazione degli atti giuridici in quanto ufficiali comunali eletti nel consiglio cittadino ai vicedomini sono affini gli esaminatori dalmati. Se prendiamo in considerazione gli avvenimenti politici più generali che hanno contribuito alla formazione degli uffici trattati, constateremo nuovamente alcune som-miglianze tra le regioni citate. Nella seconda metà del secolo XIII la Romagna è passata dal potere imperiale al potere papale, l'Istria all'epoca era scossa da numerosi conflitti interni, che erano la conseguenza dell'impotenza dei patriarchi d'Aquilea, del tentativo di maggiore penetrazione dei feudatari tedeschi, dell'ascesa di alcune città istriane - in primo luogo di Capodistria - e non ultimo dell'intervento determinante della Repubblica veneta, mentre la Dalmazia era tra l'incudine e il martello dei veneziani, dei croati e dei bizantini. Cosi in Romagna come in Istria e in Dalmazia, in questa situazione caotica le città hanno definitivamente costituito il governo autonomo, ovvero nelle loro relazioni con le autorità centrali le autorità cittadine hanno sfruttato queste circostanze per imprimere all'ampio spettro della vita sociale cittadina il timbro del potere comunale, allora ancora almeno formalmente »collettivo«. 802 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 Nonostante la vicinanza delle città dell'Istria nord-occidentale possiamo constatare che anche nella formazione della vicedomineria, cosi come nella formazione di altri uffici comunali, da città a città c'erano forme specifiche, le quali perô non escludono in alcun modo legami reciproci. In ciô non va sottovalutata l'inluenza di una qualche forma di legislativa provinciale, che viene menzionata già nel secolo XI in relazione al margravio istriano Ulderico di Weimar (1040-1070) (Kandler, 1986, anno 1060, n.o 101; Margetic, 1984-1985, 49-60), e ai già citati Statuti istriani »su una pagina«). Cosi, ad esempio, un atto giuridico autenticato dal vicedomino in una città era valido anche nella città vicina, anche se il suo contenuto non si riferiva alla località in cui il vice-domino esercitava (STPI, 1987, 153). Qui è interessante il fatto che l'ufficio dei vicedomini in Istria era conosciuto soltanto a Trieste, Muggia, Capodistria, Isola, Pirano e Pola, mentre in altre città importanti come Parenzo, Rovigno, Cittanova e altre, l'istituzione non si riscontra. Forse anche perché secondo l'opinione di certi storici nelle città dell'Istra nord-occidentale il potere bizantino si è conservato più a lungo che in altre (cfr. De Franceschi, 1968, 17-37)10 e perciô in esse si sarebbe conservata più a lungo la tradizione giuridica romana, cosi importante anche per l'attività del notariato in Istria (Vilfan, Otorepec, 1962, 107). VICEDOMINI COME VIDIMATORI DEGLI ATTI GIURIDICI Secondo i dati noti nel ruolo dei certificatori degli atti giuridici compaiono per primi i vicedomini piranesi Nicola Petrogna e Anoe Apollonio nel 1258, quando Bocca Senese ha redatto l'accompagnatoria ad Aquilea per Waltram e Absalom da Pirano (De Franceschi, 1924, n.o 101). Questi due vicedomini successivamente sono stati spesso presentí in diversi atti giuridici piranesi fino al 1280. Autenticavano obbligazioni per somme maggiori (De Franceschi, 1924, n.o 115), ricorsi in materia dei diritti di succes-sione (De Franceschi, 1924, n.o 127), conferme di proprietà nel Piranese e permessi di costruzione delle saline (De Franceschi, 1924, n.o 129, 155), contravvenzioni fnanziarie (De Franceschi, 1924, n.o 153), contratti di compravendita (De Franceschi, 1924, n.o 130 e 131). Hanno inoltre firmato l'atto con cui si limitano i diritti della magistratura del patriarca d'Aquilea (De Franceschi, 1924, n.o 133), le delibere comunali sul rimborso delle spese ai messi comunali (»ambaxiatores«) (De Franceschi, 1924, n.o 135, 148) e i pagamenti ai mastri per lavori su edifici comunali (loggia) (De Franceschi, 1924, n.o 140), i prestiti del Comune e la loro restituzione (De Franceschi, 1924, n.o 150, 156), l'aumento dello stipendio al capitano (De Franceschi, 1924, n.o 144), ingagi degli uffi-ciali comunali (De Franceschi, 1924, n.o 147), trattati di pace tra i piranesi avveduti e i loro vicini (De Franceschi, 1924, n.o 142), donazioni ai monasteri (De Franceschi, 1924, 10 Cappelli, 1988, 360, addirittura riporta gli anni (789-887), fino a quando Capodistria, Pirano e Umago sarebbero ancora state sotto il dominio bizantino. 803 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 n.o 152), le ultime volontà (De Franceschi, 1924, n.o 137) e altro ancora. In breve, tutti gli atti pubblici (comunali) e privati di una certa rilevanza, che con la loro firma hanno acquisito maggiore validité sia in città che fuori di essa. Purtroppo i documenti capodistriani, custoditi nella vicedomineria, sono andati di-strutti nel 1380, nell'incendio del palazzo comunale, che durante l'assedio della città è stato causato dai maggiori concorrenti e nemici veneziani dell'epoca, i genovesi (Gestrin, 1965, 9), mentre Venezia ha abrogato gli Statuti nel 1348, dopo la sollevazione di Capo-distria (Cesca, 1882) e li ha reintrodotti appena nel 1432, per cui nell'aggiunta all'inven-tario dell'antico archivio cittadino capodistriano possiamo trovare solo il dato sull'esi-stenza degli Statuti nel 1380.11 Per cui possiamo trovare i primi vicedomini capodistriani solo nei documenti pira-nesi. In particolare, nel 1261, quando i piranesi hanno fatto un prestito a Capodistria da Zorzetto da Padova, come garanti della stipula sono firmati i vicedomini Wecelio, che autenticava in sostituzione dell'ammalato Almerigo, e Iohannes (De Diethalmo).12 Negli anni seguenti anche a Capodistria erano regolarmente presenti solo due vicedomini, Almerigo e Iohannes, fino al 1279, quando il primo è stato sostituito da Odolrico, mentre il secondo è stato sostituito nel 1287 da Benedictus (De Franceschi, 1924, n.o 157 e 189). Peró ancora nel 1292 era tra i testimoni della sospensione degli scomunicati della diocesi capodistriana pronunciata il 17 febbraio, durante la messa solenne, dal vescovo capodistriano Vitale, come accennato, in presenza di »dominus Almericus de Boncandinis vicedominus« (De Franceschi, 1924, n.o 212). Probabilmente si tratta dello stesso Almerigo che fino al 1279 svolgeva regolarmente la funzione del vicedomino, mentre nel 1292 conservava ancora il titolo di vicedomino in memoria dell'ufficio svolto, il che nel passato rappresentava un'abitudine, se ricordiamo i loco-positi istriani del periodo franco, quando ancora nel secolo XII alcuni nobili portavano il cognome in memoria di questa funzione (De Vergottini, 1934, 192-209). I vicedomini capodistriani evidentemente avevano impegni simili a quelli dei vice-domini piranesi, solo che a Capodistria li possiamo rintracciare anche nei primi anni del dominio veneziano, quando oltre ai già citati nel ruolo del vicedomino troviamo anche Domenico Lugnani nel 1314 (De Totto, 1939, 118) e Ambrogio Mettona nel 1318 (De Franceschi, 1924, n.o 119). I loro doveri ricordano già molto quelli successivamente riportati negli Statuti, inclusa l'indicazione della ragione dell'eventuale assenza (De Franceschi, 1924, n.o 105), eccezion fatta per la durata del loro mandato; come segue da quanto scritto, i vicedomini sia a Pirano che a Capodistria svolgevano la loro funzione più anni o addirittura fino alla morte. Forse proprio questa circostanza ha portato a Pirano ancor prima della conquista veneziana (avvenuta nel 1283) alla cessione dell'at- 11 SI PAK KP 6, Appendice all'Archivio Antico di Capodistria fino all'anno 1800, n.o 106. 12 De Totto, 1939, 102, menziona Iohannes de Diethalmo come vicedomino appena nel 1264; cfr. De Franceschi, 1924, n.o 105. 804 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 tività dell'ufficio, dopo che i due vicedomini regolari, Annoe e Nicolaus, hanno cessato l'attività o quando uno di loro o entrambi sono morti, visto che tra i documenti piranesi si menzionano come notai già molto prima dell'assunzione della funzione del vicedomino e nel 1280 raggiungevano un'età veneranda, o per qualche altra ragione. Nel 1296, per la prima e l'ultima volta dopo il 1280, nei documenti piranesi viene menzionato »Annoe Firanensis notarius incliti Gregorii marchionis Istrie«, che è stato pregato (»interfui ro-gatus«) di stendere e certificare (»scripsi et roboravi«) il documento sul rinnovo dell'in-vestitura feudale di Adalpero Ellia di Firano sul possedimento di Iohannes da Momiano (De Franceschi, 1924, n.o 222). Che si trattasse dell'ex vicedomino, lo dimostra il suo titolo di notaio del patriarca d'Aquilea Gregorio (Montelongo), che ha occupato il trono patriarchino nel 1251 dopo la morte di Bertoldo (della famiglia Andechs-Merania), ed è stato rimosso nel 1267 per morire nel 1269, sicché Annoe ha iniziato la carriera del notaio proprio in quel periodo.13 Ció puó confermare l'ipotesi che si trattava di un ex vicedomino, visto che alla fine del secolo XIII in Istria quasi non si rintracciano più notai che si richiamassero all'autorità di Gregorio. Forse l'ipotesi sull'interruzione dell'ufficio vicedominario è legata anche al fatto che a Firano i primi libri notarili delle imbreviature sono conservati per il perido dal 1281 al 1320,14 che successivamente venivano redatti dai vicedomini. In quel periodo in Istria si trovava anche il maestro notaio bolognese (I) Tomasino, che cosi come a Ragusa e a Cattaro (1282) faceva conoscere ai notai a Venezia e in Istria le novità nella redazione degli atti amministrativi comunali e degli atti di diritto privato (Vilfan, Otorepec, 1962, 108). Non è detto che Tomasino non fosse stato anche a Firano, e dopo la sua partenza introdussero la redazione regolare dei libri notarili, che come in altre regioni italiche acquistarono il valore pubblico. Ferció forse i vicedomini nella loro funzione iniziale di semplici vidimatori degli atti giuridici non erano più necessari. Certi invece, sulla base del fatto che la prima redazione degli Statuti di Firano sotto il dominio veneto del 1307 non menziona l'ufficio vicedominario e sulla base del fatto che questo già cinquant'anni prima esisteva, suppongono che dopo la conquista delle città dell'Istria nord-occidentale li avesse aboliti Venezia (Fahor, 1958, 124), il che sarebbe comprensibile per quel che concerne la loro competenza di principali vidimatori e con-trollori di tutta l'amministrazione comunale, visto che i nuovi signori una tale funzione non l'avrebbero lasciata ai notabili locali. I massimi ufficiali comunali veneti, nominati nel Maggior Consiglio veneziano con titoli di podestà, conte (Fola) o podestà e capitano (Capodistria), portavano con sé anche i loro funzionari, come il »vicario«.15 13 Sugli avvenimenti politici in quel periodo cfr. Greco, 1939, 1-46; Darovec, 1990, 35. 14 SI FAK FI 9, Inventario, codici, 1./1 17. Un libro notarile con le registrazioni dei prestiti è conservato già per il periodo 1329-1333; SI FAK FI 9, Inventario, codici 24./10. 15 I vicari venivano chiamati anche »socius«, a Capodistria inizialmente erano addirittura due, i giudici, il cancelliere della podestaria e altri che provvedevano alla corretta amministrazione e alla gestione della cosa pubblica comunale; cfr. Benussi, 1887, 39. 805 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 Fig. 3: II vicedomino nella lettera iniziale del capitolo sull'elezione dei vicedomini in STTS, 1350,1/21. Sl. 3: Vicedomin v inicialki poglavja o izvolitvi vicedominovv STTS, 1350,1/21. L'ipotesi secondo cui l'ufficio vicedominario a Pirano ha cessato la sua attivita gia tre anni prima della conquista veneziana, mentre per Capodistria, nonostante la mancanza dei documenti, nei rari documenti riguardanti la citta, rintracciamo menzioni dei vicedomini prima del periodo della legalizzazione dell'ufficio negli Statuti istriani, e precisamente prima nel 1322 a Trieste (Iona, 1988, 96-108; Antoni, 1989, 319-335; Antoni, 1991, 151-177) e nel 1332 a Pirano, ci conferma che dopo la conquista delle citta istriane Venezia non aboliva l'ufficio se questo gia esisteva. Anzi, al contrario, a Pola dopo il 1332, anno della conquista della citta, ha appena istituito l'ufficio, dato che fino ad allora garantire la fede pubblica era di competenza soltanto dei notabili cittadini della famiglia Castropola (Benussi, 1923, 340-341). A Venezia, dopo la conquista di alcune citta istriane (Parenzo 1267, Capodistria e Isola 1279, Pirano 1283) lo sviluppo di questo ufficio in verita conveniva, se teniamo conto del fatto che anche da sola cercava di affidare nel territorio del suo stato alle citta conquistate anche l'amministrazione del loro retroterra e di interrompere in tal modo il potere dei signori precedenti, come dimostrato molto bene anche dall'istituzione dell'uf-ficio del registro a Verona, Vicenza, Padova e Cologna Veneta dopo la conquista veneta. 806 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 Inoltre, dobbiamo tener presente il fatto che per Venezia le cose amministrative in terra istriana rappresentavano appena un primo »reclutamento« per conquiste territoriali successive, avvenute dopo la conquista dei territori della »Terraferma« all'inizio del secolo XV. Ferció nel periodo anteriore tendeva maggiormente al controllo di singoli punti d'appoggio marittimi di importanza strategica lungo la costa adriatica che non alle conquiste territoriali, come dimostrato anche dalla stretto margine nella votazione del Maggior Consiglio veneziano con cui nel 1267 venne accolto il desiderio di Farenzo di entrare sotto la protezione della Repubblica veneta (De Vergottini, 1924, 21). Similmente come nei territori conquistati della »Terraferma« (Fovolo, 1980, 160 ss.; cfr. De Vergottini, 1926, 81-127), in Istria Venezia nell'amministrazione cittadina interna con-cedeva poteri relativamente ampi al diritto consuetudinario e agli Statuti cittadini, che queste città hanno conquistato e formato nel corso degli avvenimenti precedenti all'in-staurazione della sovranità veneziana. Nelle loro deliberazioni (»commissioni«) (cfr. Benussi, 1887, 3-109), che erano una specie di codice per i podestà inviati a nuovi incarichi, i veneziani di regola già nei primi capitoli disponevano che i rettori nel governare il reggimento assegnato loro seguissero le disposizioni degli Statuti cittadini e il diritto consuetudinario locale (»consuet-udines«), che viene menzionato già nei primi trattati tra le città istriane e Venezia.16 Solo gradualmente Venezia inizió ad imporre il suo diritto consuetudinario e le sue leggi, che certe volte incontravano opposizione, mentre certe altre neanche ci si accor-geva del cambiamento o il cambiamento sembrava una conseguenza dello sviluppo isti-tuzionale generale. Ferció neanche possiamo affermare con certezza che non c'erano disposizioni scritte sui vicedomini solo perché non li troviamo nella redazione degli Statuti di Firano del 1307. Allora questa bisogno forse non c'era, perché come sembra l'ufficio ha cessato l'attività per un certo tempo, il che non era l'unico esempio, visto che nella seconda metà del secolo XIV ugualmente cessato l'attività l'ufficio vicedominario a Muggia (13541403) (Iona, 1972, LII), che era sotto il potere del patriarca d'Aquilea fino al 1420. Anche per Capodistria, dove i vicedomini secondo i dati conosciuti presenti già nel periodo precedente al riportato l'ufficio vicedominario nella redazione piranese degli Statuti del 1332, non possiamo asserire con certezza che in quel momento non ci fossero disposizioni scritte su questo ufficio, dato che gli Statuti di questa città fino al 1380 non si sono conservati. Nonostante la posizione diversa di Trieste, dei suoi Statuti e dei suoi vicedomini, poiché nella città durante tutto il secolo XIII scorreva nel segno della lotta del Comune contro il potente vescovo da una parte e contro il patriarca d'Aquilea e Venezia dall'altra (De Vergottini, 1977, 1375-1392), non possiamo prendere la nota sui 16 Cfr. Kandier, 1986, n.o 81, 177-178, il trattato di Capodistria del 977, e anche prima nel documento del Placito di Risano (Kandier, 1986, n.o 54, 111-126) e con l'imperatore del 1035; cfr. De Vergottini, 1924, 77-78. 807 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 vicedomini del 1322 come la data di nascita dei vicedomini triestini, anche se con questo anno inizia la serie dei libri vicedominari, custoditi nel Archivio diplomatico di Trieste (cfr. Iona, 1988, 96-108; Antoni, 1989, 319-335). Proprio l'esempio piranese, dove i vicedomini hanno iniziato a tenere i libri vicedominari buoni sette anni prima della messa per iscritto dei loro doveri nella seconda redazione degli Statuti (1332), nonché il relativamente veloce ampliamente delle loro competenze su quelle di altri uffici comunali già esistenti o in formazione, comprova che all'inizio del periodo veneto l'ufficio dei vicedomini, con competenze più o meno ampie, poteva esistere già prima di venir riportato negli Statuti a noi conosciuti, quindi come una forma del diritto consuetudinario. Siccome perô i libri vicedominari o meglio i »Libri (rerum) mobilium et immo-bilium«, come questi libri venivano chiamati a Pirano poiché in essi venivano di regola riportati soltanto i sunti delle stipulazioni,17 si sono coservati appena dalla prima metà del secolo XIV e siccome neanche altri documenti testimoniano l'esistenza di questi libri nel periodo precedente, possiamo ragionevolmente supporre che nell'intreccio delle circostanze ancora sconosciute i vicedomini assunsero la regolazione dei registri appena nel periodo del dominio veneto in Istria, il che successivamente diventô uno dei loro doveri centrali, da questo punto di vista identico ai doveri dei notai bolognesi dell'ufficio dei memoriali. Il dovere di iscrizione delle imbreviature dei contratti di compravendita in appositi libri, custoditi nell'uffico vicedominario, si è mantenuto fino alla metà del secolo XVII; cosi a Pirano troviamo gli ultimi libri vicedominari per l'anno 1656 ossia 1661, mentre a Capodistria l'ultimo libro dei vicedomini risale agli anni 1650-1659 (Majer, 1904, n.o 137). Altri doveri dei vicedomini stabiliti già nel periodo pre-veneziano, vale a dire la firma e con ciô la certificazione e il controllo dei vari atti notarili e dei documenti di altri uffici comunali, sono invece rimasti nella consuetudine fino alla fine della Repubblica di Venezia. Perô con la terminazione di Francesco Minotto del 12 luglio 1745 è stato introdotto un nuovo dovere dei vicedomini, che ricordava molto la consuetudine deca-duta in Istria veneta di tenere i libri vicedominari,18 e in particolare di tenere i cosiddetti libri delle notificazioni (»Libro di notificazioni«) (Leggi Statutarie, 1757, lib. IV, 9397), una specie di libri catastali, in cui si riportavano anche le imbreviature degli atti di diritto privato, dai prestiti di denaro, dai debiti fino all'espropriazione dei beni immobili e mobili.19 17 Spesso tra le imbreviature troviamo trascrizioni di altre disposizioni o deliberazioni dell'autorita vene-ziana importanti per il Comune, che si riferivano all'attivita e alla vita nella citta; cfr. SI PAK PI 9, Libri dei vicedomini. 18 A Trieste si sono conservati 99 libri vicedominari per il periodo tra il 1322 e il 1731 (Iona, 1988, 97), e a Pirano 170 libri per il periodo tra il 1325 e il 1661 (SI PAK PI 9, Inventario), mentre a Capodistria a causa del gia citato incendio del 1380 possiamo trovarli solo da quell'anno fino al 1659 (Majer, 1904, n.o 1-526). 19 SI PAK KP 83, 1745-1884, libri 1-163. 808 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 Fig. 4: II vicedomino nella lettera iniziale del capitolo dedicato al suo giuramento in STTS, 1350,1/22. Sl. 4: Vicedomin v inicialki poglavja o vicedominovi zaprisegi v STTS, 1350,1/22. Percio a ragione nasce spontanea la domanda se forse nelle cittá dell'Istria nord-occidentale non si ha a che fare con due forme di attivitá dei vicedomini, e precisamente con quella del periodo preveneto, che ricorda in tutto l'attivitá degli esami-natori dalmati, e con quella del periodo veneto, quando hanno assunto anche alcune abitudini dei memoriali bolognesi, poiché e noto che la scuola notarile bolognese si e affermata assai anche a Venezia. Con la mediazione di Venezia e con la sua aspirazione di ordinare e contemporaneamente di esercitare, con l'aiuto del Comune, un controllo, l'uffico del vicedomino si e trasformato in tale misura che ha rappre-sentato uno dei uffici comunali principali non solo per tutti gli oggetti di diritto civile, bensi anche per il controllo dell'attivitá sia dei funzionari comunali che di quelli veneziani presenti in queste cittá. Paragonato invece all'ufficio dei memoriali bolognese, che giá a metá del secolo XV e stato sostituito dall'Ufficio del registro, simile all'omonimo ufficio nelle gi citate cittá della Terraferma veneta, in quanto alla tenuta delle imbreviature degli atti di diritto civile 809 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 e privato l'ufficio dei vicedomini istriani ancora dopo la fondazione del collegio dei notai a Capodistria nel 1598 - che ben presto in conformité alla concentrazione delle funzioni amministrative per l'Istria veneta a Capodistria è diventato collegio de notai istriano2Q -fino alla metà del secolo XVII svolgeva i doveri prescritti derivanti dal secolo XIV, il che, tra l'altro, era la conseguenza anche della stagnazione ovvero della decadenza economica rispetto ad altre regioni italiane. Cosi anche nelle città dell'Istria nord-occidentale troviamo di nuovo libri notarili conservati appena dalla fine del secolo XVI e dall'inizio del secolo XVII, il che in ogni modo ci pone di fronte a una domanda interessante sulla relazione ossia sulla correlazione tra i libri vicedominari e quelli notarili. REGOLAZIONE DEI LIBRI DELLE IMBREVIATURE DEGLI ATTI NOTARILI Quando riflettiamo sulla relazione tra i libri notarili e quelli vicedominari, ci poni-amo la domanda se era mero caso o una regola che nell'archivio piranese, dove l'antico materiale archiviale oggi disponibile riguardante tutte e tre le città slovene dell'Istria si è meglio conservato, proprio attorno al 1325, quando inizia la serie dei libri vicedominari, si inizió ad abbandonare l'abitudine della conservazione sistematica dei libri notarili.21 Strettamente legata alla regolazione dei libri era anche la questione della conservazione degli atti notarili, che agli oggetti giuridici attribuivano la fede pubblica e in tal modo conservavano la memoria autentica degli eventi giuridici. Con la nascita dell'uf-ficio vicedominario in alcune città istriane nel secolo XIV il potere comunale ha prov-veduto anche alla regolazione e alla conservazione dei documenti su azioni giuridiche realizzate negli appositi libri delle imbreviature. Perció è probabile che il bisogno se non della regolazione allora almeno della conservazione duratura dei libri notarili sia cessato da un punto di vista puramente pratico, dato che cosi e cosi erano necessarie le vidi-mazioni e le trascrizioni dei dati principali dell'atto giuridico dalla parte dei vicedomini. Tenuto conto dalla pratica notarile, quando il notaio doveva prima registrare ogni atto giuridico su piccoli fogli (»breve«) e poi copiarli nei libri notarili o iscriverli nei libri già sul posto, leggerlo alle parti e appena in seguito a questa procedura rilasciare, nel periodo prescritto, il documento autentico (STPI, 1987, lib. VIII, cap. 29, 595-596; cfr. Pertile, 1894-19Q2, 3Q1-3Q3), che, secondo gli Statuti cittadini istriani trattati, doveva essere già vicedominato nell'uffico comunale competente, consegue che i notai ancora tenevano i loro libri. Ció viene evidenziato anche dall'aggiunta agli Statuti di Pirano del 1428 (STPI, 1987, 269-27Q), che rivela a chiare lettere l'incoerenza affermatasi nella prassi e nello svolgimento dell'attività notarile, poiché stabilisce che all'epoca nessun 2Q Cfr. il libro del Collegio dei notai a Capodistria in AST. AAMC, Libri dei Consigli, Libro Consigli dei Nodari 1598-1737, bob. 7Q9; Majer, 19Q4, n.o 567. 21 I libri notarili, ovvero i frammenti di questi sono conservati per il periodo dal 1281 (128Q) al 132Q, mentre un libro con le registrazioni dei prestiti lo troviamo ancora per il periodo tra il 1329 e il 1335; cfr. SI PAK PI 9, 1. Libri notarili e 24. Codices Varii, n.o 1Q. 81Q ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 notaio teneva più i suoi protoccoli (»... quod cum in preterito tempore notarii in Pirano nullum tenuerintprotocholum...«), in cui avrebbe dovuto registrare i documenti, per cui si disponeva, per prevenire i possibili incidenti o le perdite dei libri nella vicedomineria (»... adueniente casu quem Deus aduertat, quod de vicedominaria aliquod infortunium accideret...«), che i notai, cosi come prima era stata la consuetudine, custodissero un libro nel quale avrebbero registrato tutti gli accordi a prescindere da ció se questi documenti fossero già stati vicedominati (»... debeat ad modum in antea tenere vnum librum, in quo scribere debeat omnia instrumenta que faciet non obstante quod dicta instrumenta sint vicedominata.«). Inoltre, disponeva che i notai entro tre giorni dopo la morte del testamentario dovessero registrare le sue ultime volontà nei loro libri, altri-menti il notaio avrebbe pagato la grossa multa di 200 libre nonché avrebbe perduto il diritto di esercitare l'attività. La disposizione del Maggior Consiglio piranese dell'anno citato ha quindi reintrodotto, ma non a lungo, l'obbligo di tenere i libri notarili, il che a Pirano era consuetudine almeno dal 1281.22 La consuetudine di tenere e conservare i libri notarili era chiaramente molto viva ancora nel momento della redazione degli Statuti di Pirano del 1332, quindi sette anni dopo l'introduzione dei libri vicedominari, visto che dispongono la conservazione dei libri (»inbreuiature notariorum«) al camerlengo comunale nel suo ufficio, mentre prima questi li conservava nella camera di San Giorgio, santo prottetore della città (STPI, 1987, lib. VIII, cap. 35, 601). Entro tre giorni dopo la morte del notaio, le sue imbre-viature dovevano essere, pena la multa di mezzo marco, consegnati al podestà, che li faceva sigillare ed archiviare presso il camerlengo comunale, cosi che nessuno senza il permesso del podestà potesse manco spostarli. La redazione anteriore (1307) degli Statuti addirittura vietava al podestà e ai suoi giudici questa cosa. Hanno anche deliberato che i giudici comunali devono ricordare al podestà, nel momento del prestare giura-mento all'incarico, le disposizioni citate (STPI, 1987, lib. VIII, cap. 35, 601), il che indica quanta attenzione veniva dedicata a questo problema. Inizialmente anche i libri vicedominari venivano conservati nella camera comunale (De Franceschi, 1960, XIII), insieme ai libri notarili, il che gradualmente ha portato alla duplicazione, problema che probabilmente qualche camerlengo »abile« o successiva-mente gli stessi vicedomini tentarono di risolvere in modo che la copie duplicate venissero rimosse in quanto inutili e superflue. La conseguenzza ne fu, probabilmente, che i notai smisero di tenere i loro libri. Di più, la disposizione del Maggior Consiglio piranese del 1429, quindi appena un anno dopo il tentativo di reintrodurre i libri notarili, ha annullato questa disposizione e disponeva che i libri vicedominari piranesi, in cui venivano registrati tutti i documenti e le ultime volontà, stipulati davanti ai notai, avessero il carattere di veri e validi protocolli notarili (»Quapropter considerato quod quaterni officii vicedominarie comunis Pirani in quibus per vicedominos notatur omnia, 22 SI PAK PI 9, Codici, 1. Libri notarili, n.o 1. 811 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 7S9-S22 et singula instrumenta, et testamenta, scripta per quemlibet notarium, qui quaterni sunt veri, et clariprothocoli ipsorum notariorum.«), per cui i notai non avevano l'obbligo di tenere i loro libri e le multe e le sanzioni prescritte dalla delibera precedente non an-davano applicate (STFI, 19S7, 271). All'incirca in questo periodo hanno smesso di custodire i libri notarili anche a Capo-distria, visto che i libri notarili delle imbreviature sono conservati in parallelo con quelli vicedominari soltanto per il periodo tra il 13S0 e il 143S (Majer, 1904, n.o 1-22).23 In ogni modo, la cessazione della conservazione dei libri notarili derivava dalle stesse modalità di esercizio dell'attività cancelleresca in relazione ai notai e ai vicedomini. Come ci insegnano gli Statuti cmunali trattati, il vicedomino redava l'imbreviatura per la registrazione nei suoi libri sulla base della stesura notarile dell'oggetto giuridico. In particolare, lo Statuto di Isola (STIZ, 1SS7-1SS9, lib. III, cap. 77) recita esplicitamente che né i notai né i vicedomini possono registrare nei libri vicedominari un documento che è stato redatto dal notaio, bensi soltanto il vicedomino puô registrare il contenuto dell'imbreviatura notarile del detto documento. Lo Statuto di Firano prosegue con la descrizione dei doveri del vicedomino nella procedura della vicedominatura: »Quando il vicedomino iscrive la »breviatura« o le ultime volontà nel suo libro, appositamente tenuto a questo scopo, il notaio prima legge il contenuto dal libro, mentre il vicedomino lo confronta con la »breviatura« del notaio, dopo di che il vicedomino prende il libro e il notaio legge il contenuto della »brevia-tura«, in modo che l'ultima volontà o la »breviatura« venga ogni volta sentita almeno due volte«.24 Similmente riportato anche negli Statuti di Capodistria (STKP, 1993, lib. III, cap. 17). Da quanto detto consegue che il vicedomino, dopo la rilettura della (»breviatura«) alle parti e dopo la loro conferma di quanto scritto, trascriveva nei suoi libri il contenuto della »breviatura« notarile, che poteva essere scritta nel fascicolo del notaio o soltanto su un foglio di carta (»breve«). Cioè, se anche pensiamo che i notai non tenevano più i loro libri, allora probabilmente non lo facevano perché l'iscrizione originale sul foglio (»breve«) prima dell'atto giuridico era già sufficiente, sempre che in presenza del notaio, del vicedomino e delle parti venisse ancora una volta controllato se i contraenti fossero d'accordo con il suo contenuto, dopo di che il vicedomino aveva a disposizione 15 giorni per registrarlo nei suoi libri (STKP, 1993, lib. III, cap. 17; STIZ, 1SS7-1SS9, lib. III, cap. 7S; STFI, 19S7, 151). 23 Fino alla fondazione del Collegio dei notai capodistriano nel 1598 per i singoli anni sono stati con-servati soltanto alcuni libri notarili con registrazioni delle ultime volontà, degli inventari, degli elenchi dotali e delle investiture; cfr. Majer, 1904, n.o 33, 38a, 57-59. 24 »Quo scripto, vicedominus accipiat breuiaturam siue testamentum et notarius legat quaternum et postea vicedominus accipiat quaternum et notarius legat testamentum siue breuiaturam, ita quod omne testamentum dupliciter ascultetur.« (STPI, 1987, 153-154). S12 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 Fig. 5: Il notaio nella lettera iniziale del capitolo sulle autenticazioni dei documenti in STTS, 1350,111/40. Sl. 5: Notar v inicialki poglavja o overovitvah dokumentovv STTS, 1350, III/40. Una prassi simile si e affermata, ad esempio, anche a Bologna, dove inizialmente dopo l'iscrizione della breviatura nel libro notarile, le parti contraenti assieme al notaio si presentavano al notaio dell'ufficio dei memoriali il quale, dopo la stessa procedura come nelle cittá istriane, iscriveva la »breviatura« del notaio nel suo libro. Dopo la riforma del 1285 era, invece, suficiente che le parti si presentassero al notaio dell'ufficio dei memoriali con la »breviatura« notarile, scritta su un foglio (»breve«), che veniva iscritta nel libro dei memoriali. La procedura descritta andava, in ogni modo, a beneficio dei notai dato che in tal modo veniva loro risparmiata l'andata all'ufficio dei memoriali, dove giá per l'aumentato volume di transazioni c'era una gran calca (Tamba, 1987, 279). Pero, nonostante alcuni notai tenessero ancora i loro libri, il che era loro molto utile, spe-cialmente quando a causa della perdita o per altre ragioni le parti chiedevano la re-dazione di un nuovo documento per il quale dovevano pagare un determinato onorario. Siccome le iscrizioni nei libri notarili e in seguito in quelli vicedominari avevano dal punto di vista giuridico piena validitá, spesso le parti neanche richiedevano la redazione del documento, bensi ricorrevano ad esso solo se si presentava la necessitá di affermare i propri diritti o perché, come ad esempio nel caso delle obbligazioni, e trascorso il tempo concordato o previsto dagli Statuti per la restituzione del prestito (STKP, 1993, lib. II, cap. 65; STIZ, 1887-1889, lib. II, cap. 76; STPI, 1987, lib. V, cap. 23). In questo caso 813 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 gli Statuti di Capodistria disponevano che il questuante si rivolgesse prima al notaio che ha stipulato l'atto giuridico in questione, e solo se questi era morto o aveva lasciato la città, il vicedomino poteva, previo il permesso del podestà, permettere alla cancellería della podestaria o a qualche altro notaio cittadino l'emissione della copia dell'atto dai libri vicedominari (STKP, 1993, lib. II, cap. 104). Inoltre, dovevano aver cura che al richiedente venisse copiato solo l'atto richiesto e che non gli venisse permesso di avere in visione altre iscrizioni nei libri vicedominari, le quali neanche i vicedomini potevano, pena la multa di 25 libre, usare ad altri fini se non per i casi di bisogno personale (STKP, 1993, lib. II, cap. 103). La discrezione nella gestione dei libri vicedominari e nel rilascio delle copie degli atti giuridici indica che il bisogno di tenere i libri notarili era pur sempre presente. Pero né gli Statuti di Capodistria né quelli di Isola in nessun capitolo dispongono l'obbligo di conservare i libri notarili dopo la morte del notaio, come, al contrario, dispongono gli Statuti di Pirano (STPI, 1987, lib. VIII, cap. 35), pero anche questi ultimi solo prima dell'affermazione definitiva dell'ufficio della vicedomineria (1307 e 1332), mentre nelle redazioni posteriori (1358 e 1383) questo articolo non si trova più (De Franceschi, 1960, 186 e 212). Tenuto conto del fatto che gli Statuti di Isola e di Capodistria a noi conosciuti e disponibili sono stati redatti nel periodo della pieno slancio dell'ufficio della vicedomi-neria, non possiamo sostenere che le disposizioni precedenti non contemplassero l'ob-bligo di conservazione dei libri notarili, specialmente in rapporto alla prassi posteriore presso certi uffici comunali. Siccome anche i libri vicedominari delle imbreviature erano giuridicamente validi, gradualmente è uscito dall'uso e dalla legislazione il bisogno di conservare i libri notarili, per cui non possiamo sostenere che i notai non li tenessero per le proprie necessità. Sicché nel periodo di attività dell'ufficio della vicedomineria fino all' istituzione del Collegio dei notai (1598) e ancora per un periodo successivo, i notai non conservavano e non redavano i libri notarili, mentre non era regolata per legge neanche la conservazione dei libri dei notai defunti, poiché i libri vicedominari hanno assunto non solo la funzione ma anche i compiti dei libri notarili, in particolare per tutti i tipi di atti di compravendità. Anche se i vicedomini hanno conservato alcune funzioni importanti, come la con-servazione di tutti i documenti del potere statale e cittadino che rimanevano nella città, probabilmente a causa dell'aumentata attività notarile e della generale alfabetizzazione, nel momento della fondazione del Collegio dei notai, specie dalla metà del secolo XVII in poi, essi hanno perduto alcune loro competenze che nel periodo precedente erano quelle principali, come la tenuta e la conservazione dei libri vicedominari, tuttavia con la loro firma su ogni singolo atto giuridico e con la loro presenza alla stipula delle ultime volontà garantivano ancor sempre a questi eventi la validità giuridica. 814 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTI NOTARILI ..., 789-822 CONCLUSIONE Nelle città istriane in cui era conosciuto l'istituto del vicedomino si è quindi svi-luppato un rapporto speciale tra l'istituzione del notariato e quella della vicedomineria, dato che quest'ultima ha assunto diversi compiti che in altre regioni, dove era meglio sviluppata l'istituzione del notariato, erano nelle competenze della prima. Inoltre, i vicedomini in queste città hanno assunto non solo il compito del controllo dei documenti notarili, della loro iscrizione nei libri appositi e della conservazione di questi libri in quanto dotati di validità giuridica, ma hanno anche assunto la funzione di una specie di archivisti comunali per tutti i documenti ufficiali che nascevano presso le autorità statali o cittadine. Sebbene con ció da una parte i notai venissero privati di una parte delle loro com-petenze, affermatesi con l'istituzione del notariato nella maggioranza delle città italiane dell'epoca, dall'altra tuttavia la loro validità veniva confermata anche da parte delle autorità cittadine, quindi locali, o almeno da parte delle autorità presenti, che in tal modo esercitavano direttamente il controllo dell'esercizio regolare e legale dell'attività notarile. Che fosse stata relativamente ben diffusa e affermata, lo testimoniano i numerosi libri vicedominari conservatisi nell'Archivio comunale di Capodistria, Pirano e Trieste (cfr. Darovec, 1996, 19-27). Lo studio dell'istituzione del notariato nell'Istria nord-occidentale in rapporto all'at-tività di quest'istituzione nelle regioni limitrofe ha portato alla conclusione che in queste località, specialmente all'inizio della rinnovata ascesa del diritto romano e della ad essa legata ascesa del notariato dopo il secolo XII, il notariato si è sviluppato in conformità a e sull'esempio delle regioni vicine, solo che l'attività delle loro istituzioni si adeguava alle particolarità locali già consolidatesi. Cosi si è formata un'istituzione singolare, la vicedomineria, che non aveva soltanto il compito di autenticare i documenti notarili, bensi anche quello di controllare l'attività di tutti gli altri uffici comunali e, al contempo, di aver cura della regolazione e della redazione dei libri di imbreviature degli atti no-tarili, compito questo di cui in altre località erano incaricati i notai. Grazie a quest'istituzione comunale, là dove l'ufficio della vicedomineria era conosciuta,25 si sono conservati fino ai nostri giorni documenti giuridici impor-tantissimi per la stora medievale e moderna, il cui contenuto va sicuramente oltre i confini istriani. 25 Purtroppo in questo Isola è un'eccezione poiché nel 1903 le fiamme hanno distrutto prezioso materiale d'archivio cittadino; cfr. Kramar, 2003, 10. 815 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 VLOGA ISTRSKIH VICEDOMINOV PRI SESTAVLJANJU NOTARSKIH SPISOV V PRIMERJAVI Z DRUGIMI SORODNIMI USTANOVAMI OB JADRANU Darko DAROVEC Univerza na Primorskem, Znanstvenoraziskovalno središče Koper, SI-6000 Koper, Garibaldijeva 1 e-mail: darko.darovec@zrs.upr.si POVZETEK Preučevanje ustanove notariata v severozahodni Istri s primerjavo o delovanju te institucije v Zgornjem in zlasti Vzhodnem Jadranu je privedlo do zaključka, da so se ti kraji zlasti v začetku ponovnega vzpona rimskega prava in z njim povezanega vzpona notariata po 12. stoletju pa vse do propada Beneške republike 1797 razvijali v skladu in po zgledu s sosednjimi kraji v zgornje in vzhodno-jadranskem območju, s tem, da so delovanje svojih institucij prilagajali že uveljavljenim posebnostim. Tako se je oblikovala edinstvena ustanova, vicedominarja (v Trstu, Miljah, Kopru, Izoli, Piranu in Pulju), ki ni bila zadolžena zgolj za overovljanje notarskih spisov, temveč tudi za nadzor nad delovanjem vseh drugih pisarniških uradov, obenem pa še za skrb nad vodenjem in urejanjem knjig izvlečkov notarskih aktov, naloga, za katero so bili v drugih krajih pristojni notarji. V določenih obdobjih so v drugih krajih ob Jadranu sicer poznali razne urade, kot npr. memoriale, eksaminatorje, auditorje, pristave ipd., ki so imeli podobne, predvsem overoviteljske pristojnosti, v drugih dolžnostih pa so se tudi tudi precej razlikovali. V istrskih mestih, kjer so poznali ustanovo vicedominov, se je torej razvil izjemen odnos med ustanovo notariata in vicedominarije, saj je slednja prevzela marsikatere naloge, ki so bile v drugih deželah v pristojnosti notariata. Povrhu tega pa so vice-domini v teh mestih prevzeli ne le nadzor nad notarskimi spisi, njihovo zabeleževanje v posebne knjige in hranjenje le-teh kot pravno veljavnih, temveč so prevzeli funkcijo nekakšnih komunskih arhivarjev za vse uradne spise, ki so nastali pri državni oziroma komunski oblasti. Čeprav je bil s tem po eni strani notarjem odvzet del kompetenc, ki jih je ustanova notariata uveljavila v večini italijanskih mest tedanjega časa, je bila po drugi strani njihova veljava potrjena še s strani komunske oblasti, torej domače, vselej prisotne avtoritete, ki je tako lahko neposredno izvrševala kontrolo nad rednim in pravilnim izvajanjem notarske dejavnosti. Da je bila ta razmeroma razširjena in uveljavljena, pa pričajo številne ohranjene vicedominske knjige iz piranskega, tržaškega in koprskega občinskega arhiva. Ključne besede: Istrat, Beneška republika, Jadran, notariat, rimsko pravo 816 ACTA HISTRIAE • 18 • 2010 • 4 Darko DAROVEC: RUOLO DEI VICEDOMINI ISTRIANI NELLA REDAZIONE DEGLI ATTINOTARILI ..., 789-822 FONTI E BIBLIOGRAFIA AST. AAMC - Archivio di Stato di Trieste (AST), Antico Archivio Municipale di Capodistria (AAMC). Bianchi, J. (1847): Thesaurus Ecclesiae Aquileiensis. Udine. De Franceschi, C. (ed.) (1924): Chartularium Piranense. Raccolta dei documenti medievali di Pirano. Atti e Memorie della Societá Istriana di Archeologia e Storia Patria (AMSI), XXXVI. Parenzo. Kandier, P. (1986): Codice Diplomatico Istriano. Vol. I. Trieste. Leggi Statutarie, 1757 - Leggi Statutarie per il buon governo della Provincia d'Istria. Delle Comunitá, Fontici, Monti di Pietá, Scuole, ed altri Luochi Pii, ed Offizj della medesima, di Lorenzo Paruta, Podesta e Capitanio di Capodistria, lib. IV. Venezia, 93-97. SI PAK KP 6 - Pokrajinski arhiv Koper (SI PAK KP) / Archivio Regionale di Capodistria. 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