Žarko Muljačič Freie Universität Berlin UDK 811.163.42'282(450.7) NUOYIDATISULLE COLONIE CROATE NELL' ITALIA MERIDIONALE CON PARTICOLARE RIGUARDO A QUELLE ESTTNTESI DA SECOLI IN CAMPANIA Negli ultimi tren'anni sono usciti parecchi lavori che si occupano direttamente o di passaggio delle colonie di profughi croati nell'Italia meridionale.1 Sfortunatamente una recente Bibliografía aggiornata (Resetar, 1997, 290-294), redatta da Walter Breu e Monica Gardenghi, omette molti titoli, specie se scritti da non slavisti. Questo contributo si divide in tinque capitoli: 1. Cenni introduttivi; 2. Un giro d'oriz-zonte sui risultati piú importanti recenti (con l'accento sulla consistenza delle certezze ormai acquistate e sui dubbi e sospetti tuttora permanenti riguardanti le all'incirca set-tanta localitá affrontate per la prima volta nel loro insieme da M. Resetar nel lontano 1911); 3. Le colonie campane; 4. Congetture sulla colonia campana non nominata, visitata nel 1613 dallo scrittore e lingüista croato Bartol Kasic; 5. Compiti futuri. 1. I nostri "arnesi del mestiere" si sono rafforzati con la pubblicazione del DETI (1981) e, ancora piú, dopo l'uscita del monumentale Dizionario toponomástico (DT) (1990). II suo único "difetto" é che non analizza geonimi che non siano almeno denominazioni di comuni funzionanti ai giorni nostri nella Repubblica Italiana (ve ne sono 8104) e che non é in grado di utilizzare tutti i documenti d'archivio (medievali e piú tardi) ma soltanto quelli stampati. II finora único volume del Catalogus Baronum si arresta intorno agli anni 1150-1168; i vari volumi delle RD (Rationes Decimarum) arrivano fino alia meta del Trecento. Vi vengono pero utiliz-zate anche altre collane di fonti o monografie e c'é da sperare che le precitate vengano pórtate avanti. La Prof.ssa Carla Marcato é responsabile per quasi tutte le regioni ad eccezione di quelle cúrate dagli altri quattro coautori (come ci informa G. B. Pellegrini a p. VIII, si tratta del Piemonte, della Liguria, dell'Alto Adige e della Sicilia). Ho creduto opportuno di citare soltanto 23 suoi lemmi (17 nel § 2 e 6 nel § 3) con i raccorciamenti necessari per ragioni di spazio. É vero che tale gruppo si riferisce a poco piú di un terzo dell'aliquota massima a cui aveva accennato a suo tempo il Resetar. Per sfortuna le sono rimasti ignoti due miei studi (Muljacic, 1973; 1986) in cui avrebbe potuto trovare dei dati su alcuni titoli assai importanti, per es. su: Capaldo, 1979; D'Amato, 1976; Jurlaro, 1966; Perrone Capano, 1963 ecc. 1 Awerto di passaggio che le regioni settentrionali adriatiche siamo informati, sopratutto per la città di Venezia, da una serie di libri e di studi pubblicati nell'ultimo decennio dalla giovane storica croata Lovorka Coralic. Grazie a lei abbiamo appreso moltissime notizie sugli abitanti croati (14.-18. sec.) di Venezia, ori-undi non solo delle regioni croate allora sotto il dominio della Serenissima ma anche di Rijeka (Fiume), la Croazia montana e pannonica, Dubrovnik (Ragusa) e di parti croate della Bosnia ed Erzegovina. 189 2. Mi consta che alcuni manuali considerano il Lazio come una regione centrale 2 (e cosi puré l'Abruzzo) e che il Molise (che come regione amministrativa fu creato con un emendamento della Costituzione Italiana nel 1963 dopo aver fatto parte della regione "storica" detta Abruzzo e Molise) vi viene qualificato come regione cen-tromeridionale. Mi son deciso pero a considerare tutte queste regioni e, á plus forte raison, la Puglia, la Campania, la Basilicata e la Sicilia, come meridionali (sull'ultima rinvio a Muljacic, 1986). Mi limiteró alie novitá sugli insediamenti croati riguardan-ti l'Abruzzo, la Basilicata (un "caso" sbagliato, corretto dalla Marcato), il Molise e la Puglia. La Campania va affrontata nel § 3. Concretamente si tratta di 17 "casi", disposti in ordine alfabético nelle rispettive regioni: ABRUZZO: Casacanditella,3 Mozzagrogna,4 Schiavi di Abruzzo;5 BASILICATA: Ginestra (Pz);6 Qui vanno messe in rilievo due cose: a) II Lazio attuale é molto piú vasto di quello prima del 1861 (ha inglo-bato non solo la parte sabina dell'Abruzzo - l'attuale provincia di Rieti in cui si trova il monte Terminillo che culmina a 2.213 metri - ma anche una frangia occidentale della Campania "storica", ossia la cittá di Gaeta e il suo retroterra); b) la localitá Fontechiari, a 40 km da Frosinone (giá Schiavi), verrá per tale causa studiata fra le colonie campane (§ 3); non hanno a che fare con insediamenti croati (o sloveni) certi villaggi modello, costruiti fra il 1929 e il 1939 nella nuova provincia del Lazio (Littoria) (che dal 9 aprile 1945 porta il nome di Latina), portanti nomi che ricordano battaglie con l'esercito austríaco nella Grande Guerra (p. es. Borgo Podgora (cfr. Atlas 54 H4), Borgo Bainsizza {ib., 53 G5) e simili). ri D Cfr. Marcato (1990b). Questo paese, situato nella provincia di Chieti {Atlas 50 F4), documentato la prima volta in CB, aa. 1150-1168, ossia molto prima dell'arrivo dei Croati, "nella dizione dialettale viene chiamato li schiavúne e l'etnico é schiavóne. Tale denominazione é dovuta al fatto che in questa localitá e nell'area cir-costante vi sono state immigrazioni di serbocroati", cfr. Marcato (1990b). N. B. Secca qui il sostantivo ser-bocroati; anche chi continua ad usare il glottonimo il serbocroato, dovrebbe sapere che un popolo di questo nome non é mai esistito. Cfr. anche DETI (p. 108, s. v.) con lievi variazioni fonetiche {li sk'avuné). L'etnico suona: Casacanditellése, -ési\ sk'avóné, -úné; sk'avunéllé, -illé. 4 (Ch, Atlas 50 G4). "Comune dell'area frentana, anticamente era chiamato Schiavoni di Lanciano ed anche Villa Schiavoni; tuttora l'etnico lócale dialettale é li scavúne, li schiavúne, dal latino medievale sclavus 'slavo' (de Giovanni 1989, 96). II territorio é stato interessato da un'immigrazione slava (croata) dalla fine del secolo XIII all'inizio del XVI, ed anche il toponimo Mozzagrogna é in parte dovuto alio slavo. Di origine antro-ponimica (un soprannome), é un composto ibrido di mozza(re) e dello slavo gronja 'ramoscello di ciliegio con frutto, fronda di frutta con ornamento'; dunque un equivalente di 'strappa ramo'; si cfr. con Mozzagrogno e varianti (de Giovanni, cit.)", cfr. Marcato (1990n). DETI (p. 357) menziona anche le forme dialettali del toponimo e dell'etnico e ricorda le forme addotte dal Resetar {Schiavoni di Lanciano, etn. Schiavonési). 5 (Ch, Atlas 54 H2-3). "Denominato Schiavi fino al R. D. (Regio Decreto) 22.1.1863 n. 1140 (DETI 530); é un cen- tro a 1172 m s. m., che domina dall'alto l'ansa che sotto di esso formano il torrente Sente e il fiume Trigno. Giá documentato nell'a. 989 "S. Salvator ad Sclavf, a. 1057 (?) "in finibus de castro qui vocatur Sclabt', a. 1058 "S. Salvator ad Sclavos" ecc., il toponimo riflette la forma latina medievale sclavus 'slavo' e si riferisce ad un antico insediamento slavo (croato) nel territorio, che rientra nel quadro di una immigrazione slava nell'area abruzzese e molisana particolarmente tra il sec. XIII e il XV (de Giovanni 1989,96)" (cfr. Marcato, 1990u). DETI (p. 530) riporta anche il nome dialettale italiano del paese (sk'évé) e gli etnici Schiavése, -ési; sk'avótte, -ütté. ® Marcato (1990h) crede che si tratti di un'antica fondazione longobarda; "la localitá fu poi ceduta a Francesco Giuria, capo di una comunitá albanese, insediatavisi nel 1482. II paese ha assunto, poi, il nome di Ginestra (di evidente origine fitonimica) ed in albanese é Siira (DETI 243); vi si conservano ancora le tradizioni culturali albanesi, compresa la parlata e, fino al 1627, anche il rito greco (TCI Bas. Cal. 251)". Lei corregge cosi tácitamente l'errore commesso da G. Colamonico (19512) il quale credeva che Ginestra degli Schiavoni (Benevento) fosse stata una volta di lingua albanese (confondendola con il paese Ginestra, prov. di Potenza). Per Marcato (1990i) v. § 3. - V. Atlas 60 F3. 190 MOLISE: Acquaviva Colecroce,7 Castelmäuro,8 Mafalda,9 Montemitro,10 Palata,11 Petacciato,12 San Felice del Molise,13 San Giacomo degli Schiavoni;14 H (Cb, Atlas 54 J2). "Commenda dell'Ordine gerosolimitano, nel '500 venne popolata da una colonia di croati, insediatisi nel Molise, la cui parlata si é conservata nel tempo. Pare che la prima notizia storica relativa alia presenza di slavi nel Molise risalga al 1297 dato che in una bolla di Bonifacio VIII si leggerebbe "Castrum Aquaevivae cum Vassallis Schiavonis", ma di stanziamenti sembra si possa parlare agli inizi del sec. XVI (v. De Giovanni 1974, 205)" (Marcato, 1990a). C. Marcato spiega nel seguito le ragioni che rendono plausibile il toponimo Acquaviva e menziona il suo nome croato "Kruc'cioce"'. DETI (6) conosce soltanto l'etnico standard italiano (Acquavivése, -ésí) e la sua inesistenza in croato (al suo posto si userebbe is krúca). o (Cb, Atlas 54 J2-3). "Situato a 692 m sul pendió del monte Mauro. Nella dizione dialettale é castellúccé, fino al R. D. 22.1.1885 n. 2900 si chiamava Castelluccio Acquaborrana (DETI 128), ed ha tratto il nome attuale da quello del monte Mauro... Secondo l'opinione di alcuni Castelmauro sarebbe antico stanziamento slavo, anzi il primo nel Molise, ma la notizia non é confermata da fonti storiche e nella localitá anualmente non vi sono slavofoni (v. De Giovanni 1974, 205)" (Marcato, 1990e). 9 (Cb, Atlas 54 J2). "Giá Ripalta di Riso, ha assunto la denominazione di Ripalta sul Trigno con R. D. 23.12.1894 n. 588 e di Mafalda con R. D. 12.10.1903 n. 413 {DETI 296) in onore della principessa Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II. É una localitá situata a 459 m s. m.; si ritiene che sia stata colonizzata da Slavi, ma mancano fonti storiche al proposito (cfr. De Giovanni 1974, 206). II luogo é menzionato in CB (aa. 1150-1168) come "Ripam Albam (: Aldam / Altam)", n.. 769, cioé "Riva Alta"" (Marcato, 19901). DETI (296) conosce soltanto etnici derivati da Mafalda. (Cb, Atlas 5412). "Localitá della valle del Trigno, a 79 km dal capoluogo; si trova a 508 m s. m. ed é un'iso-la lingüistica serbocroata, colonizzata probabilmente nel sec. XVI anche se mancano notizie storiche precise (De Giovanni 1974, 205). II toponimo é attestato in CB (aa. 1150-1168) "Domini Montis Mituli"...; si trat-ta di un composto di MONTE e di un latino *metulus per métula, diminutivo di meta 'mucchio; cumulo; altura'... (v. De Giovanni 1987,437)..." (Marcato, 1990m). DETI (ZAS) riporta le forme del TN in italiano, dialetto e croato e constata la mancanza dell'etnico croato, sostituito dal sintagma is mundimitar. H (Cb, Atlas 54 J2). "... É stato interessato da un insediamento serbocroato risalente al sec. XVI, probabilmente tra il 1524 ed il 1530 (De Giovanni 1974, 206). Attestato in CB ... "et Palatam"..." (Marcato 1990o). DETI (386). 12 (Cb, Atlas 50 J5; esiste anche, ib., P. Marina)."... De Giovanni 1974, 205-206,... informa che nella localitá si sono stabilite, pare intorno al 1835, delle famiglie slave (una decina)" (Marcato, 1990q). V. anche DETI (401). 13 (Cb, Atlas 54 J2). "Paese situato a 548 m s. m., dista 69 km da Campobasso. Giá denominato San Felice, ha assunto il nome di San Felice Slavo con R. D. 4.1.1863, n. 1196, di San Felice del Littorio con R. D. 27.6.1929 n. 1354 e quello attuale con D. P. R. 18.7.1949 n. 587 (DETI 487). II paese che fu commenda dell'Ordine Gerosolimitano, é stato interessato da un insediamento di serbo-croati, verosímilmente intorno al 1518 (v. De Giovanni 1974, 205-206), che hanno conservato a lungo la lingua, in parte conosciuta ancora oggi..." (Marcato, 1990r). DETI (486) riporta anche il TN croato Stifllic o Filie e gli etnici: sanfelicia.no, -ani nonché sklavúun (femm. sklavúunka), pl. sklavüni. 14 (Cb, Atlas 54 K2). "Paese situato a 169 m s. m., dista 65 km da Campobasso; si é denominato San Giacomo (dal santo patrono) fino al R. D. 4.2.1864 n. 1678 {DETI 489). La specificazione allude al fatto che il paese fu interessato da un insediamento di serbo-croati che dovrebbe risalire al 1564 (v. De Giovanni 1974, 205206); l'etnico schiavone si rifá al latino medievale sclavus 'slavo'" (Marcato, 1990s). 191 PUGLIA: Castellùccio dei Sàuri,15 Castelnuovo délia Dàunia,16 Lésina,17 Pèschici,18 San Vito dei Normanni.19 3. In questo capitolo centrale mi sento obbligato a menzionare anche tre "casi" non dei tutto certi (si tratta dei numeri 1, 5 e, forse, di uno dei numeri 6 e 7). Eccone le denominazioni: 1. Ariano Irpino (Av);20 2. Fontechiari (Fr);21 3. Ginestra degli Schiavoni (Bn);22 ^ (Fg, Atlas 56 D6). "Centro agricolo del Tavoliere. Nel Medioevo fece parte del feudo di Bovino... Nel 1310 é ricordato come "Castellucii de Sauro"..., poi a. 1328 ... "Clero Castellucii de Sauro"... ed anche "Castellucii de Schavis"... Quest'ultima denominazione si ritrova anche precedentemente, nell'a. 1180: "Cósale Casteluccii de Sclavis...". Dalla descrizione si puó rilevare che Castelluccio degli Schiavi corrisponde a Castelluccio de Sauri di cui é stato denominazione anteriore, con allusione ad un insédiamento di alloglotti provenienti, forse, dall'altra sponda deU'Adriatico" (Marcato, 1990d). DETI (127) non sa nulla di questa 'sinonimia' e rinvia a un libro di G. Colella (Trani, 1941, 387) secondo cui si tratterebbe di "paese giá di lingua albanese". 16 (Fg, Atlas 56 B4)."... si é chiamato Castelnuovo fino al R. D. 14.1.1864 n. 1632 (DETI 129)... Ma Castelnuovo... di recente ha sostituito il vecchio nome che era Castelluccio degli Schiavi ancora in uso alia fine del sec. XVII (cfr. Giustiniani 1797-1805, III, 345). Con tale nome, che allude ad un'antica presenza in loco di slavi o quantomeno di alloglotti, il paese é giá menzionato nel Catalogus Baronum (aa. 1150-1168)... "Castellucium de Sclavis", n. 1414, ed in seguito anche in RDApLC a. 1310 "Archipresbiter Castellucii de Sclavis" n. 249, a. 1328 "Clero Castellutii de Schavis (cioé Sclavis)" n. 265 e passim" (Marcato, 1990Í). 17 (Fg, Atlas 56 CD2). "... II toponimo é stato spiegato in vario modo: ...da voci slave come lesi, lesina "boscoso"... Quest'ultima ipotesi é anche quella di Rohlfs 1972, 350... che collega questo toponimo al nome dell'Isola di Lesina neU'Adriatico, ed é fondata sulla presenza di antiche immigrazioni serbocroate nella zona del Gargano" (Marcato, 1990j). DETI (279) non ne ha minima idea. 18 (Fg, Atlas 56 GH2). "Centro del Gargano... Si ritiene fondato nel 970 da Sueripolo, comandante degli Schiavoni... (TCI Puglia 215)". CB contiene conferme latine (1150-1168); quelle in RDApLC sono del 1310. II legame con voci slave significanti "sabbia" (su cui insiste G. Rohlfs, 1972) la Marcato (1990p) attribuisce "alia presenza di alloglotti slavi nel territorio, arrivati in época medievale via mare". Nessuna parola sulle ondate dei profughi croati sbarcativi nel Cinquecento. Come é stato scoperto piú di un mezzo secolo fa il lessicografo Jakov Mikalja (Peschici, 1601 - Loreto, 1654) nacque certamente li (e non a Pescia in Toscana come si credeva fino a tale data in base alia inesatta lettura di un documento neü'Archivio della Compagnia di Gesü a Roma) da padre croato (la nazionalitá della madre é ignota). 19 (Br, Atlas 62 14-5). "Denominato San Vito fino al R. D. 13.12.1863 n. 1616 (DETI 522), deriva la specifi-cazione dalla presenza dei Normanni nel luogo, ma in documenti medievali é menzionato anche come "San Vitus de Sclavis" (sec. XV, cit. da Rohlfs, 1986, 114), San Vito degli Schiavoni, nome dovuto ad una immi-grazione di una colonia di origine slava..." (Marcato, 1990t). Andavano menzionati Jurlaro (1966) e Muljacic (1986, 142-143). DETI (522) non menziona tale presenza. 20 (Av, Atlas 58 12). DT(38) e DETI (25-26) non menzionano insediamenti slavi. 91 (Fr, Atlas 54 CD3). Marcato (1990g) non menziona il suo nome antico. DETI (220) menziona come único TN dialettale sk'ávi. Accanto alie forme standard dell'etnico (Fontechiarése, -ésí) menziona (soltanto) come forme dialettali: sk'avarótto, sk'avarotti e termina il lemma con: "Giá Schiavi, assunse la denominazione attuale con R. D. 12.10.1862 n. 903". " (Bn, Atlas 56 B6). "A 42 km da Benevento, é un piccolo centro situato a 540 m s. m. sulla destra del torrente Ginestra (affluente del Miscano), al confine con la Puglia. É stato ripopolato alia fine del sec. XV da una colonia di Croati che avevano passato il mare per sottrarsi al dominio turco {LUI IX, 54). Attestato in CB..., successivamente in RDCamp. (Ariano)... La specificazione degli Schiavoni é in uso giá da tempo ed allude a presenza alloglotta, in particolare slava, nel territorio; cfr. anche Giustiniani 1797-1805, V, 80:2... Si con-gettura, che la sua origine data l'avesse qualche colonia di Schiavoni originarj dalla Dalmazia Europea (!)"; ivi si sostiene un loro sbarco in térra di Puglia fin daifa. 640 e, successivamente, nel sec. X, quando occu-parono la cittá di Siponto" (Marcato, 1990Í). DETI (243) rinvia a Finamore (1964, 40). 192 4. Liberi (Ce);23 5. Sant'Arcàngelo Trimonte (Bn);24 6. Schiava (Na) (fr. di Casamarciàno);25 7. Schiava (Na) (fr. di Tufino);26 8. Villanova del Battista (Av).27 L'Indice alfabético dell'Atlas contiene (pp. 113-118, a dodici colonne) ad occhio e croce 26.000 oiconimi. Non vi figurano nomi di monti, fiumi, isole, regioni, province, scavi archeologici, cime, stazioni ecc. nótate sulle 91 mappe di grandi dimensioni (38 x 28 cm). Tutti gli oiconimi sono accompagnati da "coordinate" ("ascisse" da A a K e "ordinate" da 1 a 6). Per Schiava ho trovato soltanto un 'reperto' (si trova a: 58 F3; come mi sembra, è un poco più vicino a Tufino che a Casamarciàno, ossia a Nord dell'autostrada attuale collegante Avellino e Casória (passando a Nord délia città di Nola). Tufino si trova a poca distanza dalla frontiera fra le province di Napoli e di Avellino. 4. Il gesuita Bartol Kasic (nato a Pag, sull'isola croata omonima, nel 1575, morto a Roma nel 1650) è autore délia prima grammatica croata (Institutionum linguae Illyricae libri duo, Romae MDCIIII), délia prima traduzione croata dell'intera Bibbia (stampata l'unica volta qualche anno fa, Paderborn-München-Wien-Zürich, 2000), di una trentina di scritti teologici e délia tragedia spirituale Sveta Vinifrida (pubblicata la prima volta nel 1938). Ha scritto, in terza persona (Cassius dixit...), un'autobio-grafia, forse mai terminata, i cui 193 fogli che descrivono la sua vita fino a un giorno non precisato del 1625 furono pubblicati dal suo confratello Miroslav Vanino nel (Ce, Atlas 58 Dl). "Comune a 25 km dal capoluogo, posto a 457 m s. m.... Già Schiavi, il comune era chiama-to in un primo tempo Schiavi di Formicola, poi Liberi di Formicola con R. D. 24.8.1862 n. 802 e Liberi con la costituzione di Formicola in comune autonomo (DETI 281). Il comune ha sede in località Villa, già detta Villa degliSclavi o Sclavia o degli Schiavi... Il cambiamento del nome da Schiavi a Liberi fu determinato dal disappunto degli abitanti che interpretavano il toponimo come riferimento ad antiche condizioni di schiavitù: perciö "questo piccolo paese abitato da uomini indipendenti e che sanno immolare sostanze e famiglia e vita per la Patria e la Libertà, non deve più chiamarsi Schiavi ma Liberi" come si legge nella delibera del Comune di Schiavi del 27.4.1862 (cit. da Gentile 1959,178). In verità, il toponimo Schiavi... non ha a che vedere con condizioni di servaggio, ma con l'etnico sclavi, ad indicare insediamenti di Schiavi (= Slavi, anche genéricamente, per designare popolazioni barbariche) la cui presenza è già documentata intorno al sec. VII-VIII (Gentile cit. 184-186)" (Marcato, 1990k). Malgrado i molti anni passati dopo taie "liberazione" la forma dialettale del toponimo suona tuttora (DETI281) villa dél'l'iskjàvi di fronte all'etnico Libertino, -ertini: quello dialettale (il DETI non nota la forma del singolare) suona skjavitti. 24 (Bn, Atlas 58 Hl-2). DT, s. v. (p. 599) non menziona coloni slavi. (Na, Atlas 58 F3). Non stupisce il fatto che Marcato (1990c; 1990v) non accenna ad alcuna di queste due (?) frazioni. I due lemmi nel DETI (530) sono identici per quello che riguarda le forme dei toponimi (a sk'àvê) e degli etnici nella forma standard (Schiavése, -ési) e dialettale, con la metafonia nel plurale (sk'avésë, -isë). Possiamo concludere o che il cartógrafo ha dimenticato di segnare una frazione o che (ció mi sembra più verosimile) esiste in realtà soltanto una frazione denominata Schiàva. 26 V. nota 25. 27 (As, Atlas 58 IJ2). "A 742 m s. m.... il centro... distrutto nel corso del '300, fu riedificato nella seconda metà del sec. XV dai feudatari Del Balzo e ripopolato con una colonia dalmatina. Nuovamente distrutto dal terremoto del 1694, poi da quello del 1930... Chiamato un tempo Polcarino, Pulcarino, poi Villanova e quindi Villanova del Battista con R. D. 26.10.1862 n. 936 (DETI 623) è menzionato col vecchio nome già in CB (aa. 1150-1168) "et Pulcarinum", poi ancora in RDCamp. (Ariano di Puglia) aa. 1308-1310..., a. 1328... Pulcarino è... un riflesso dell'etnico Bulgarus (nel Medioevo è anche antroponimo), riflesso in taluni toponimi italiani (-» Böigare, Bg.)" (Marcato, 1990x). 193 1940 e tradotti appena ai giorni nostri da Stjepan Sršan, 199928 (é autore pure di molte altre opere, i cui autografi o copie non furono firmati29). II Kašič ha soggiornato nel 1613, per poche ore, in un villaggio campano, añora abitato (in parte?) da profughi croati30. Lo ha fatto durante un viaggio (a cavallo), intrapreso in compagnia di due cittadini ragusei (da Dubrovnik) non nominati, sul tratto Barletta - Napoli, awenuto dieci mesi dopo il suo primo soggiorno a Dubrovnik (durato dai primi di dicembre del 1609 fino al novembre del 1612) e una missione nell'Impero Ottomano (Slavonia orientale, Sirmio, Belgrado, Serbia e Bosnia) terminata nel giugno del 1613.31 Sebbene un locutore oriundo del croato cia-cavo, il Kašič aveva imparato, durante i suoi studi in Italia e il suo lungo soggiorno a Dubrovnik e in altre parti stocave della Croazia, il croato stocavo. Siccome i termini menzionati sono stati creati appena nell'Ottocento da Vjekoslav Babukič (che tenne a Zagabria dal 1846 in poi la prima cattedra di croato), il Kašič non poteva 28 Siccome l'autografo di quest'opera non esiste, il Vanino ha utilizzato la migliore delle tre copie, ossia quel-la che si conserva nella Biblioteca dei Frati Minori a Dubrovnik. II suo titolo é Vita P. Bartholomaei Cassii Dalmatae / ab ipsomet conscripta, / et dono data a P. Raphaele Prodanello Ragusino / P. Raphaeli Tudisio, ex sorore filio. Dr. Vladimir Horvat (Zagreb) ossia il migliore conoscitore della vita e delle opere di B. Kasic , sta per pubblicare una migliore traduzione. V. per ora la sua monografía (1999). 29 V. Horvat ha pubblicato la prima edizione del suo dizionario croato-italiano, terminato in sostanza nel 1599 insieme con i resti finora trovati di un manuale di conversazione croato-latino, compilato ad usum proprium nel 1595 (si tratta di due manoscritti acefali). 3" Ripubblico qui il brano riferentesi alia prima parte della terza giornata del viaggio iniziata a Bovino (dove il Kasic e i suoi due compagni di viaggio ragusei avevano pernottato). Esso si trova alia fine del foglio 68. (4 righe) e sul 69. foglio (21 riga). Vi si legge: "Pater autem cum pernoctasset summo mane celebrato Sacro cum comitibus Beneventum versus in equis iter aggressus est. Post montis descensum ferme toto die ad V u 11 u r n i ripam equitandum fuit minus commodä deambulatione, nihilominus (69) tamen circa meridiem quiescendum in rusticana domuncula fuit, ut equi refici possent et equites aliquid cibi caperent praeparati a paupercula muliere. Colloquentibus ergo inter se viatoribus Ragusino idiomate monuit mulier sagax, ut caute sermocinarentur de rebus publicis; est enimvero, inquit, praesens quidam hie, qui sermocinationem vestram intelligit. Quo conspecto P. Cassius interrogavit ilium Dalmatica lingua quisnam esset, ex quonam oppido. Respondit se esse ex castello quodam non multum dissito, multaque alia castella esse illis partibus plena colonis, qui superioribus annis profugerant ex Dalmatia eo tempore quo Turcae illas regiones occupaverint. Hac igitur maiores nostri sese receperunt atque domicilia con-struxerunt omnesque linguä Dalmaticä utimur inter nos; habemus sacerdotes nobiscum catholicos, romano ritu utentes nobisque omnia sacramenta administrantes caeteraque ad salutem animarum neces-saria edocentes: multi autem iam linguam italicam didicerunt, qua et cum dominis colloqui possent et cum Italis negotia peragere; agros colunt, greges pecorum, armenta boum ac iumentorum equorumque per montana et campestria nutriunt custodiuntque diligenter accurateque antiquo more maiorum. His dictis ad bibendum invitatus epoto suo ciatho gratiisque actis, sublata mensa conscensis equis quisque suum iter capessens abiit hilarior". Cfr. Vanino (1940, 59); Srsan (1999, 79-80). Questo brano fa parte del capitolo "V. De reversione P. Cassii Ragusium et D. Simonis in Urbem" (cfr. Vanino, 1940, 56-62) portante un titolo a meta sbagliato: Con D. Simo s'intende un altro missionario croato (don Simun Matkovic), il quale aveva accompagnato il Kasic durante l'intera "missione ottomana". Erano ritor-nati insieme a Dubrovnik nei cui dintorni si erano imbarcati, dopo aver atteso alcune settimane un col-legamento navale con l'ltalia, su una medesima nave. Nella notte prima della partenza il Kasic fu coito da un grave malore e fu costretto a sbarcare a Dubrovnik. Si vede anche da questo particolare che il Kasic , il quale si mise a redigere la sua Vita (in base a brutte copie consérvate) appena verso il 1639, non diede mai al suo testo l'ultima mano (cfr. Horvat, 1999, 18 ss.). 194 servirsene e usava il termine lingua Dalmatica per il ciacavo e lingua Ragusina (in latino) owero lingua ragusea (in italiano) per il croato di Dubrovnik. II breve testo latino che descrive la conversazione fra due membri della colonia campana non nominata e il Kasic (v. nota 30), awenuta verso l'ora del pranzo in una data non precisata alia fine del settembre o all'inizio dell'ottobre del 1613, costi-tuisce l'unica 'autodescrizione' fatta da croati, abitanti il versante tirrenico dell'Italia. Essa é sfortunatamente indiretta: il Kasic ha riassunto in latino le loro 'dichiarazioni', fatte in croato (presumibilmente ciacavo). Ne possiamo dedurre che si trattava della seconda o della terza generazione di croati in térra campana, dunque di figli (o nipoti) di profughi fuggiti dalla loro patria attaccata dai turchi probabilmente verso il 1570.32 II tempo trascorsovi ha permesso ad alcuni di imparare l'italiano33 con cui comunicavano con i loro 'padroni' feudali e con altri italiani. Le due attivitá da essi svolte (aratura dei campi e pastorizia nei campi e sulle colime) nonché il fatto che il detto incontro era awenuto sul tratto di strada fra Bovino (Puglia) e Benevento (Campania), dove il Kasic e i suoi compagni di viaggio trascorsero la seconda e la terza notte di questo viaggio (sempre in case tenute da gesuiti34), prima di arrivare, dopo l'ultima (quarta) giornata a Napoli35, riduce il numero delle localitá potenziali a solé quattro: Ariano, Ginestra degli Schiavoni, Sant'Arcangelo Trimonte e Villanova del Battista36. Un fatto (un errore non so se del Kasic o del copiatore37) complica un poco le cose: prima di aver incontrato i propri connazionali e, cosi puré, dopo essersi congedato da loro, il Kasic insiste sul noto fiume Volturno (che - se vogliamo prestargli fede - non si sarebbe potuto evitare se si voleva arrivare a Benevento). É un errore non solo geográfico ma anche logico. Se il Kasic doveva sbrigare il piü presto possibile certi affari a Napoli prima di raggiungere Roma (doveva riferire al Generale del suo ordine e forse anche al Pontefice sui risultati della sua missione nell'Impero Ottomano), non vi era alcun motivo per voler traversare ad ogni modo un fiume che non si trova sul tratto fra Bovino e Benevento ma a piú di venti km ad ovest di Benevento (il che lo avrebbe costretto a perdere almeno ancora 32 Con Dalmatia il Kasic intendeva spesso la provincia romana DALMATIA la quale equivaleva a quasi tutta la Croazia marittima e montana (la Bosnia compresa). II croato ciacavo era parlato allora anche nella Croazia montana e nella attuale Bosnia occidentale. I profughi dunque non provenivano soltanto dalla Dalmazia sotto il dominio veneziano, che aveva subito intorno al 1571, durante la Guerra di Cipro, addirit-tura degli sbarchi sulle isole di Hvar/Lesina e Korcula/Curzola, fortunatamente respinti (disfatta della flotta turca durante l'assedio di Curzola il 15 agosto 1571). 33 Calcolo venti anni per ogni generazione. 34 Siccome i suoi compagni di viaggio non erano degli ecclesiastici, non stupisce il fatto che il convento di Orta ospitô soltanto il Kasic , v. nota 39, e che lo stesso awenne a Napoli (v. nota 35). "Hora circiter diei 21. liberrime urbem ingressi nullo latrunculo conspecto. P. Cassius domum Professam, comitibus consalutatis ac vale dicto, ingressus est" (cfr. Vanino, 1940, 60). 3(" Le rimanenti quattro si trovano molto lontano daU'unico itinerario verosimile (Schiavi, oggi Fontechiari, Schiavi, oggi Liberi) o su una delle strade che potevano portare i tre viaggiatori da Benevento a Napoli. 37 Un'edizione critica della Vita era teóricamente possibile nel 1940. Da allora fino ad oggi - come mi assi-cura V. Horvat - si sono smarrite le rimanenti due copie che il Vanino non ha voluto (o potuto) col-lazionare. 195 una giornata38). Per arrivare a Benevento occorreva perô traversare un affluente sinistre del Volturno, ossia Calore. Forse il Kasic pensava al hacino del Volturno (o le carte geografiche di cui disponeva erano sbagliate). Qui va menzionato che a BENEVENTUM (o nelle sue immediate vicinanze) (v. l'attuale cittadina Grottaminarda, Atlas 59 12) si congiungevano, già nell'antichità, le due arterie più importanti che congiungevano Roma alio spazio ionico o adriatico: la VIA APPIA NOVA che passando per la Basilicata attuale raggiungeva (via Taranto) Brindisi e la sua "alternativa" più recente (VIA TRAIANA) che da Benevento raggiungeva Brindisi attraverso la Puglia e che era più breve e più corno-da (perché in gran parte in pianura). Benché i tracciati di queste due arterie romane non si siano conservati in tutti i particolari, possiamo supporre che la strada seguita dal Kasic durante le prime due giornate corrispondeva grosso modo al tracciato di VIA TRAIANA. Infatti, lui menziona di aver pranzato il primo giorno CIRIGNOLAE (ossia "a Cerignola") e di aver dormito la prima notte HORTAE (ossia "a Orta") che in base al R. D. 26.10.1862 n. 972 fu denominata Orta Nova (v. DT, 458-459). Il Kasic riferisce (f. 68; v. Vanino, 1940, 58) che anche il suo primo pernottamento ebbe luogo nel collegio dei Gesuiti ("vesperi noctuque in H o r t a e domicilio cum PP. Societatis laetissime pernoctavit").39 Il suo secondo pernottamento si svolse pure in un convento dei Gesuiti, a Bovino (oggi provincia di Foggia), centro situato a 620 m s. m. (desumo questi dati da DT, 95). Se il Kasic avesse voluto continuare per vie cattive e scoscese ira monti che superano a volte mille metri di altezza, avrebbe potuto arrivare a Villanova del Battista (purtroppo il saggio del D'Amato non mi è accessibile!). Oso credere che non l'abbia fatto perché alla fine del f. 68 (Vanino, 1940, 59) il Kasic ammette esplicitamente che scesero sulla via maestra. La subregione Irpinia è caratterizzata dalla frontiera fra due bacini fluviali: a una ventina di km. ad occidente in linea d'aria del pié di monte su cui sorge Bovino si trova una 'párete' montana che divide l'ultimo membre del bacino adriatico (il torrente Cervaro che scorre sotto Bovino) dall'ultimo fiume del bacino tirrenico (il fiume Miscano, un affluente del fiume Calore che attraversa la città di Benevento40). Li sorge oggi la cittadina Ariano Irpino (Av, 809 m s. m.). Fino al 1930 si chiamava ufficialmente Ariano di Puglia, fino al 1868 soltanto Ariano (cfr. DT 38; vi si precisa: "Cittadina situata su tre colli, sullo spartiacque tra il bacino dell'Ùfita e quello del Cervaro..., è sede vescovile dal sec. XI (TCI, Camp. 435)". Credo che la localité visitata dal Kasic fosse Ariano. Se non fosse sceso da Bovino in valle, avrebbe potuto esserlo Villanova del Battista. Le rimanenti due colonie non lo sono state per due ragioni: sono abbastanza lontane dalla strada maestra (specie Ginestra degli Schiavoni); il Kasic ammette di esser entrato a Benevento dopo il cader del sole (nella stagione concreta, verso 18.30). Se la prima Un altro fiume o torrente di nome Volturno non esiste. 39 Cfr. nota 34. II fiume Calore ha, a sua volta, un afñuente che si chiama Üfita. 196 parte della terza giornata ebbe inizio dopo una messa celebrata "assai per tempo" (forse prima delle sei) e se l'incontro inizio verso mezzogiorno e il pranzo duro almeno fino alie 14, il tempo usato per arrivare servendosi della strada meno catti-va dal luogo dell'incontro fino a Benevento "intra urbis moenia" (ca. 4 ore e mezzo) corrisponde ottimamente alie difficoltá superate (i 28 km all'incirca fra Bovino e Ariano durarono, per le difficoltá della salita nella zona dello spartiacque fra il Cervaro e il Miscano (e il suo affluente Üfita), piú che i 39 km fra Ariano e Benevento centro! Per la quarta giornata che fu abbastanza comoda grazie a una "via regia" non pre-cisata (si deve pensare a un massimo di una sessantina di chilometri) disponiamo soltanto di due informazioni: essa duró dalla prima mattinata fino alie ore 21. Volevano entrare quanto prima a Napoli (dove soltanto per il Kasic esisteva un posto letto nel Collegio dei Gesuiti) perché avevano appreso che chi vi entrava nel cuore della notte si esponeva al rischio di essere svaligiato nel senso etimologico della parola;41 il Kasic nota che un viaggiatore a piedi (che incontrarono súbito dopo esser usciti da Benevento) disse loro che avrebbero visto in breve un'alta montagna sulla cui cima viveva un gufo terribile da cui tale monte aveva preso il nome.42 Sfortunatamente non sono riuscito a chiarire tale dato. L'unico monte che abbia un chiaro étimo "ornitologico" si trova quasi ad uguale distanza da due strade quasi parallele.43 II soggiorno del Kasic a Napoli e il suo viaggio a Roma, iniziato l'undici ottobre 1613 attraverso Capua, non ci interessano in questa sede.44 5. Le paríate croatomolisane sono. state studiate, negli ultimi quindici anni, anche dal punto di vista della lingüistica di contatto insistendo sui cambiamenti non soltanto lessicali, dovuti a locutori tri- e (qualche volta anche) tetralingui (L 1 croa-to-molisano, L 2 italiano molisano, L 3 italiano standard, L 4 italo-albanese).45 Come se ció non bastasse, dal 1927 in poi, e in modo intensivo dal 1950 in poi, molti 41 Cfr. il modo con cui i tre viaggiatori reagirono a notizie apprese a Benevento: "Summo mane post noctur-nam quietem celebrato divino Sacrificio discedendum fuit omnino, ne cogerentur intrare N e a p o 1 i m noctu, quando latrunculi assuescunt surripere ex equis sarcinulas hippoperatisque, praecidendo lígulas atque corrigias, quibus colligatae dépendent hinc inde" (cfr. Vanino, 1940, 59). 42 "Enimvero, inquit iuvenis, mons vociferatur strigis cuiusdam, quae in montis vertice inhabitat; nemo audet mortalium sursum ascendere, ñeque ad colloquendum ñeque inde ad illam detrahendam hucusque ausus est accedere; quod si quis id attentaret, per circuitum tenebricosa nébula horrornem incutiebat tartareum accedenti (cfr. Vanino, 1940, 60). 43 Soltanto per una di queste catene montuose (o monti isolati) sono riuscito a trovare un étimo in parte sod-disfacente. Per Monti d'Avella il DISC, s. v. avella (p. 228) rinvia a averia, meno freq. avelia, pop. verla s. f., "uccello dei Passeriformi, insettivoro e predatore, di medie dimensioni, con becco uncinato" (pp. 229), il cui étimo è incerto ("forse da lat. ávis quérula "uccello aggressivo, litigioso". Tale catena (la cui cima è di 1598 metri) si trova a sud del villaggio S. Martino Valle Caudina (cfr. Atlas 59 G3), dunque a NO della città di Avellino. 44 Cfr. Vanino (1940, 61). Vi si menzionano come stazioni VELITRI (it. Velletri) e TUSCULUM (le cui rovine sorgono presso l'odierna città di Frascati sui Colli Albani). "Le comunità albanofone sono ancora segnalate in Molise a Montecilfone, Portocannone, Ururi e, sia pure in condizione regressiva, a Campomarino (provincia di Campobasso)", cfr. Toso (2003, 64); v. anche Clissa (2001, 13). 197 croatomolisani si sono trasferiti per sempre in Australia, dove i loro figli hanno imparato l'inglese. J. F. Clissa, nato a San Felice del Molise nel 1949 da genitori croatomolisani, vive dal 1951 in Australia (Perth) alla cui Université si è laureato con un lavoro di magistero (Master of Arts), v. Clissa (1996); Muljačič (1996b). Secondo quanto mi ha detto, il numero dei croatomolisani passati in Australia equivale quasi a quello rimasto nel Molise. Questo idioma non fa parte soltanto di una "eteroglos-sia interna" (v. Bibliografía, s. v. Toso, Fiorenzo) ma anche di una "Second Diaspora". Da qualche anno disponiamo di due ampi dizionari croatomolisani (manca soltanto quello della parlata di Stifilič),46 di una breve grammatica della parlata di Kruč (Acquaviva Collecroce), attualizzata di fronte a quella di M. Rešetar,47 delle descrizioni fonologiche delle paríate di Kruč e di Mundimitar (Montemitro),48 di dati bibliografici non del tutto completi fino a scritti più recenti,49 di una serie di studi toponomastici50 e contattologici51 nonché di sguardi d'insieme sull'intero croatomolisano.52 Alcune dissertazioni, purtroppo quasi tutte inedite,53 stanno pure a disposizione degli studiosi. Arricchimenti quantitativi, purtroppo finora soltanto demografici e onomato-logici, saranno possibili per molte delle località a cui accenno il Rešetar grazie alla pubblicazione di nuove fonti d'archivio (non solo dei volumi II ss. di CB). Infine, come ci fa sperare A. Nesi,54 dati finora del tutto ignoti su croati impiegati dai Medici per la trasformazione di un modesto villaggio (omonimo) nel porto moderno di Livorno (dal 1571 in poi) potranno essere scoperti (dubito che si trovino dei 46 Cfr.: Breu/Piccoli, G. (2000), Piccoli, A./Sammartino, A. (2000) e la recensione per ambedue di Menac-Mihalic (2001). Si awisa che i lemmi croatomolisani nel primo dizionario vengono spiegati in tre lingue (italiano, croato standard, tedesco, 1-268). La traduzione opposta è facilitata da tre "registri": Italiano na-nasu (271-306), Croato -> na-nasu (307-345), Tedesco na-nasu (347-382). Nel secondo manca la componente tedesca (1-184). Seguono: Indice italiano / croato-molisano (187-244), Indice croato / croatomolisano (245-308), Toponimi di Montemitro (311-312), Altri toponimi (313), Nomi propri di persona (314), Soprannomi difamiglia (315) e Tavole (317-324). Clissa (2001, 251-283) ha pubblicato un modesto Molisan-Croatian/English vocabulary. 47 Cfr. Breu/Piccoli, G. (2000, 383-420; seguono Testi, tradotti in italiano, 421-444). V. anche Breu (1997a). 4® La Parte grammaticale di Breu/Piccoli, G. (2000) inizia con un breve capitolo di Fonética e Fonología (385389). Per Mondimitro v. Piccoli, A. (1985). V. anche Breu (1991; 1999) e cosi pure Barone (1995; recensito da Muljacic, 1996c). 49 Cfr. Resetar (1997, 286-294); Breu/Piccoli, G. (2000, 445-447); Lisac (2003, sporadicamente su pp. 69-76). Si devono sopratutto a M. De Giovanni (che certi autori notano de Giovanni) (1974-1989). V. anche i numerosi lemmi firmati da C. Marcato (1990). ^ Nella Bibliografía ho citato soltanto gli studi di W. Breu a me accessibili. Ve ne sono parecchi altri figuranti in Breu/Piccoli, G. (2000, 445-446). 52 Cfr. Hozjan (1998); Breu (2002). Cfr. Barone (1991, di cui una parte importante è stata pubblicata: Barone, 1995); Marra (1999) nonché le "tesi di laurea" (Diplomarbeiten) di A. Vetta (Roma, 1958); G. Piccoli (Roma, 1967); P. Piccoli (Urbino, 1976); A. Piccoli (Zagabria, 1993) (tutte nótate in Resetar, 1997, 293), di cui l'ultima fu tradotta (in A. Piccoli, 1995). "... Livorno; oggi centro peschereccio a forte presenza méridionale, città nata durante il XVT secolo per volere dei Medici e insediata in modo composito (dalmati, greci, turchi, provenzali, eapocorsini)...", cfr. Nesi, 1997, 40. L'unica monografía citata a sostegno di tali asserzioni (Braudel, Fernand / Romano, R. (1951), Navires et marchandises à l'entrée du port de Livourne (1547-1611), Paris, A. Colin) mi è sfortunata-mente inaccessibile. 198 testi compilati in croato da questi bilingui ma sara gia abbastanza se apprendiamo qualcosa sui loro cognomi e nomi, mestieri e sim.). Infine, malgrado la distruzione degli archivi aragonesi di Napoli (per eventi bellici del 1943; molti documenti si sono pero conservati in copia), spero che arricchiremo le nostre conoscenze su uno dei piu grandi abitatori di Napoli, Benedikt Kotruljevic (Benedetto Cotrugli), autore di un celebre trattato sull'arte della mercatura, terminato da lui "apud castrum Serpici dum epidimia vexat urbem Neapolitanam MCCCCLVIII, die XXV augustf,55 e forse anche su alcuni altri croati di Dubrovnik, suoi amici o conoscenti. Non vi si tratta pero di masse di profughi o immigrati "economici". Opere consúltate Atlas -> Italie/Italien (1993). BARONE, Charles (1991), Une situation du trilinguisme: L'enclave croate d'Acquaviva Collecroce. Grenoble (Thèse de doctorat, inédit). BARONE, Charles (1995), La parlata croata diAcquaviva Collecroce. Studio fonético e fonologico, Firenze, Leo S. Olschki Editore, pp. 206 (Accademia toscana discierne e lettere "La Colombaria", Studi CXLVT). 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Da Napoli dista all'incirca 50 km (v. Atlas, 59 H3; cfr. C. Marcato, "Sorbo Sérpico", DT, 632). 199 BREU, Walter - Giovanni PICCOLI, con la collaborazione di Snježana MARČEC (2000), Dizionario croato molisano di Acquaviva Collecroce. Dizionario plurilingüe délia lingua slava délia minoranza di provenienza dal-mata di Acquaviva Collecroce in Provincia di Campobasso. Dizionario, registri, grammatica, testi, Campobasso, pp. XXTV-447. CAPALDO, Mario (1979), "Slavi balcanici in Italia méridionale tra il VII e il XVI secolo. Sintesi storiografica e prospettive di ricerca", in: Raffo, A. M. (a cura di), Studi slavistki in onore di Carlo Verdiani, Pisa, 55-64. CAPPELLO, Teresa / TAGLIAVINI, Cario (1981), Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani (DETI), Bologna, Pàtron Editore. CB Jamison, E. (a cura di) (1972 ss.). 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Toso (2003) fa parte di una delle dodici "Schede sulle minoranze tutelate dalla Legge 482/1999" (ib., 63-95) pubblicate dallo stesso Autore. A lui si deve pure un terzo delle "Schede sulle eteroglossie interne", ossia: "3. Tabarchini di Sardegna" (ib., 102-104). Tale neologismo sta sostituendo il termine prowisorio minoranza nella minoranza. II tabarchino é un idioma ligure, parlato su due isolotti nella Sardegna sud-occidentale. Si tratta di ex marinai e soldati genovesi che la Repubblica di Genova vi ha insediato nel Settecento dopo lo sgombero dell'isola di Tabarca, una base militare in Tunisia. Povzetek NOVI PODATKI O HRVAŠKIH NASELBINAH V JUŽNI ITALIJI Pri zadnjem popisu prebivalstva v Italiji je 2081 prebivalcev treh vasi v deželi Molise, v pokrajini Campobasso (Kruč/Acquaviva Collecroce, Mundimitar/Montemitro, Stifilič/San Felice del Molise) izjavilo, daje njihov Ll, torej materni jezik, hrvaščina (croato molisano, nekateri italijanski jezikoslovci so za ta govor uporabili nov glotonim, slavisano). Razen tega poznajo (kot L2, itd.) skoraj vsi regionalni govor in standardno italijanščino, nekateri od njih so se v šoli spoznali tudi s standardno hrvaščino. Je pa tudi nekaj takih, ki so v stalnem stiku s sosednjimi Albanci (beg pred Turki v 15, stol., podobno kot predniki Hrvatov). Od leta 1951 dalje se zaznava masovna izselitev v Avstralijo. Tako je npr. eden od najpomembnejših kroatistov naše dobe John Felix Clissa, rojen leta 1949 v kraju San Felice di Molise, prišel v Perth in tam magistriral s temo iz zgodovine rojstnega kraja ter objavil tudi pomembno monografijo in nekaj študij, ki se ukvarjajo s to sekundarno diasporo in skušajo ohraniti moliško hrvaščino. Število teh govorcev ni dosti manjše kot tisto v deželi Molise, treba pa je upoštevati močno razseljenost in čisto drugačne razsežnosti, pa še popolno premoč dominantnega jezika. Moliška hrvaščina ne pozna starih besedil. Metode klasične dialektologije in primerjalnega jezikoslovja so malo primerne in se umikajo teoriji in praksi primerjave jezikov v stiku in s tem tudi v konfliktnih, zelo zapletenih situacijah. Italijansko jezikoslovje je že uvedlo nov izraz eteroglossia interna. V Rešetarjevem času (gl. njegovo monografijo Die serbokroatischen Kolonien Süditaliens, Wien 1911) seje razen navedenih treh še raziskovalo v nekako 70 kolonijah, vseh v južni Italiji, kjer je bil hrvaški jezik tedaj še živ ali vsaj deloma živ. Večina le-teh je bila, razumljivo, blizu Jadrana. Najprej so z islamizacijo ugasnile tiste na Siciliji (žive še v 10. stoletju). Avtorje pretehtal podatke o kolonijah v Kampaniji; največ jih je bilo v gričevju, v bližini razvodij. Na to ga je navedel zapis Bartola Kašiča (Pag, 1575 - Rim, 1650), jezikoslovca, prevajalca, slovničarja, avtorja prve hrvaške slovnice, Romae MDCIIII. Ta se je po skoraj štiriletni misiji v Dubrovniku in v nekaterih predelih Otomanskega cesarstva (1609-1613) vrnil v Rim, najprej z ladjo do Barlette, potem pa na konju po poti Cerignola - Orta Nova - Bovino - Benevent - Neapelj. Po postanku je šel preko Capue, Velletri-ja in Frascatija v Rim. Med Bovinom in Beneventom je v neki vasi poprosil nepoznano kmetico, naj mu da kaj jesti. Najbrž je bilo to v hrvaški koloniji Arianu (Irpinia). V svoji latinsko pisani avto-biografiji (Vita) je Kašič na celi strani obnovil pogovor z nekim Hrvatom iz te vasi: to je obenem najstarejša "samopredstavitev" neke hrvaške kolonije. Kot naslednjo nalogo vidi avtor raziskavo vloge Hrvatov pri nastajanju Livorna (od leta 1571 dalje). 202