Giovanni Battista Bronzini La «Malmaritata» e poesia per musica nelle corti italianc del Rinascimento Avtor pojasnjuje in analizira nekatere značilne primere iz procesa zavestnega ulivanja med umetno in ljudsko poezijo. Ta je našel najbolj ustrezno mesto na italijanskih renesančnih dvorih, kjer se je izrazil v vsej svoji umetniški vrednosti. The Author explains and analyses some significant cases and Examples of that Process of conscious contamination between learned and popular poetry, which took place in the Italian Renaissance courts. II problema sulla paternitä della Nencia da Barberino e stato risolto con l’attribuzione del componimento a un unico autore. E questo fu, con maggior probabilitä, proprio Lorenzo de Medici, detto il Magnifico (1449-1492). La varietä di redazioni in cui la Nencia ci e pervenuta (50, 39, 20 ottave) fa pensare <-'he la Nencia, una volta composta, sia divenuta quasi una res nullius nella cerchia di Lorenzo e sita stata perciö soggetta a rielaborazioni (da 20, testo originario, a 39 e a 50), che sono le risultanti di un processo di ampliamento comune alia poesia tradizionale.1 s> pensi ehe la Nencia fu scritta - accogliendo la data proposta da Fubini2 - verso *’agosto del 1473, quando Lorenzo fu nel Mugello, invitato da Pucci «a rivedere le nostre rive di Barberino piene di Nymphe»; e nella brigata riunita intorno a Lorenzo e a Pulci ben si spiega la possibilitä di una nascita ehe direi ‘collettiva’, togliendo pero al Sulla questione vedi: Paolo Toschi, La •Nencia• e di Lorenzo, in -Archivio Storico Italiano-, CVII, 1949, pp. 186-207, ripubbl. in Id., -Rappresaglia• di studi di letteraturapopolare, Pirenze, Olschki, 1957, pp. 95-120; Giovanni Battista Uronzini, Fast e condizioni cli ascesa e discesa della poesia popolare, in Studi in onore di Alfredo Schiaffini (-Hivista di cultura classica e medioevale-, VII, 1965, 1-3), Roma 1965, pp. 216-245, ripubbl. con qualche aggiunta in Id., It milo detla poesia popolare, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1966, pp. 45-85: 67—69; Vito R. Giustiniani, II testo della »Nencia• e della -Beca• secondo leplü antiche Stampe, Firenze, Olschki, 1976; La Nencia da Barberino, a cura di Rossella Iiessi, Roma, Editriee Salerno, 1982. Mario Fubini, 1 tre testi della *Nencia»da Barberino e la questione della paternitä delpoemetto, in Id., Studi sulla letteratura del Rinascimento, Firenze, Šansoni, 1948, pp. 62-125. termine ogni colorazione romantica e dandogli invece il senso moderno di pluralitä di coscienze artistiche convergenti. Di tale comunione di gu.sti con conseguente comproprietä di prodotti un documen-to singolare dell’area emiliana e costituito da un piccolo codice quattrocentesco prove-niente da Scandiano: 6 il Vat. Lat. 11255, ehe fu libro di spese, annotazioni varie e trascrizioni poetiche di casa Boiardo. Un servo di Matteomaria, di nome Grapelino o Bernadino Grapella (secondo una recente perizia calligrafica non sarebbe lo stesso Grapelino che annotö le spese del Conte) vi trascrisse strambotti, rispetti e ballate, ehe forse trovo frugando fra le carte del suo signore. E una piccola preziosa antologia di componimenti di poesia popolare circolante a quel tempo e in certo qual modo rispondente al gusto dello stesso Boiardo.3 E stata rilevata la corrispondenza di temi e motivi, nonche l’affinita di moduli stilistici e metodi con il Canzoniere e 1’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo.'1 Tale operazione filologica induce a riconoscere alcuni importanti connotati funzionali della lirica popolare del Quattrocento. Il grado massimo di mobilita della poesia popolare e del suo processo di ascesa dalla piaza alia corte fu dovuta a condizioni favorevoli di eircolarita della cultura, di avvicinamento fra i livelli culturali di massimo e minimo, di convergenza delle forme letterarie e popolari. Queste ultime, benche certo in misura minore di quelle, sono pur esse contagiate dalle tecniche pili raffinate di ascendenza provenzale e petrarchesca (clevinalh, gioco delle antitesi, ecc.). 11 che rispecchia una situazione generale. La poesia popolare quattrocentesca, nella sua maggior parte e comunque nella parte ehe sali alle corti ed entro nel repertorio dei poeti piü accreditali, non e quasi affatto vergine e spontanea, come si suole romanticamente definire, e neppure semplice ed elementare, come crocianamente si ritiene, sbagliando di grosso, che cosi sia tutta e sempre la poesia popolare. Ma e altresi sbagliato e antistorico dirla ‘semicolta’ per negarle di essere popolare (si commette anche qui un facile scambio tra giudicante e giudicato): popolare era nel Quattrocento quella, e non altra, poesia, contenente pur essa una buona dose di tecnica e di cultura, una poesia (ciö che conta) ehe i poeti illustri, accettandola o ispirandovi, sentivano popolare, perche offriva loro una maggiore (ed oggi la giudichiamo relativa-mente maggiore) freschezza e genuinitä di motivi e immagini, una maggiore (e anche oggi la giudichiamo in senso assoluto maggiore) aderenza al vissuto. 1 poeti, nel consid-erarla tale, contavano sulla coscienza del pubblico, ehe poneva sullo stesso piano poesia di corte e di popolo, come dimostrano, per indicare lino dei piü preziosi campioni del Mezzogiorno, la raccolta del conte di Popoli, nel 1468, ehe ospita strambotti e ballate di estrazione popolare accanto a rime di Petrarca e di rimatori aragonesi, petrarchesci e popolareggianti, e, per dire di una delle sillogi piü somiglianti all’antologia di Grapelino, Giulio Reichenbach, Saggl di poesia popolare fra le carte del Boiardo, in -Giornale Storico della Letteratura Italiana-, LXXVIl, 1921, pp. 29-53; cfr. G. B. Bronzini, Boiardo e la lirica popolare del '400, 2“ ed., Bari, Adriatica, 1973 (19711), Gemma Guerrini Ferri, Un imprevislo libro di famiglia: il ms. Vat. Lai. 11255, in ■Bollettino della ricerca sui libri di famiglia in Italia«, 1, 1988, pp. 23-24; Id., II codice Iransformatu. II Val-Lat. 11255 da miscellanea poetica a libro di famiglia, in -Alfabetismo e cultura scritta-, n. s., 1,1988, pp. 20' 22; II, 1989, pp. 10-24; Id., Scrieere in casa Boiardo: Maestri, copisti, segretart, servi e autografl, in -Scrittura e civiltä-, XIII, 1989, pp. 441-473. 1 Oltre a G. B. Bronzini, Boiardocit., dr. anche anche AntoniaTissoni Benvenuti, Una testimonianza manoscrittu parziale deli' -Innamoramento de Orlando-: il Vat. Lat. 11255, in Operosaparvaper Gianni Antonini. Studi raccolti da Domenico de Kobertis e Franco Gavazzeni, Verona, 1996, pp. 113-121. la folta serie di strambotti e barzellette, «discretamente celati» tra il Teseida e il Filostrato di Boccaccio, nel Vat. Lat. 10056, che e probabile fonte diretta di Serafino Aquilano, indiretta di Poliziano, Cantalicio e Boiardo.5 Non dispiacerä a chi mi segue in questo rapido excursus, tratto da una piii vasta indagine/' di passare dalla corte ferrarese degli Estensi a quella mantovana dei Gonzaga, legate fra loro dalla compresenza d’Isabella d’Este (1474-1530). Una breve sosta a Mantova, che fu uno dei centri piü ferventi di cultura umanistica fra il XV e XVI secolo, ci consentirä di risentire cantare al suono di liuti e arpe, grazie alia musicologia storica, ehe ne puo riconstruire il ritmo, una delle piü rappresentative versioni della Malmaritata, canzone a ballo lombarda ehe riportava in musica un tema poetico echeggiante in varie lingue europee.7 Questa canzone incontro tanta fortuna da entrar subito a far parte del repertorio di canzonette popolari in voga, attestate nelle incatenature musicali del secolo XVI. Essa compare in una raccolta di componimenti poetici, per lo piü frottole e barzellette di poeti noti, che dove avere il patrocinio d’Isabelle d’Este, in onore della quale fu curata la compilazione del codice A. 1.4 della Comunale di Mantova, dal quale Novati trasse il testo, che cosi recita:“ I Me marl non vol ehe balla, ehe l’e morta la cavala; se se fuse morto un bo, per dispeto io balirö. II Voio balar sira e matina ch’ogni bal mi so balare; so balar la ramazina, di za da Po, di la dal mare; e quel passo io so ben fare ehe va inanze e drie pian pian, Serventesi barzellette estrambotti del Quattrocento dal Cod. Vat. lat. 10656, in -Lares-, XI.V, 1979, pp. 72-96, 251-262, 385-394, XLVI, 1980, pp. 43-53, pp. 219-237, pp. 357-371, XLVII, 1981, pp. 396-411, XLVIII, 1982, pp. 213-247, XLVIII, 1982, pp. 389-400, XLVIII, 1982, pp. 547-570, XLIX, 1983, pp. 591-618. Di altri Scambt e ricambt di letteraturapopolare tra le corti in eta laurenziana, ho trattato in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnified, Politica Econumia Cultura Arte, Atti del Convegno di Studi (5-8 novembre ^ 1982), 3 voll., Pisa, Pacini Editore, 1996, II, pp. 681-706: 697. Per i testi italiani di tradizione scritta si veda Poesie musicali dei secoli XIV, XVe XVI tralle da vari codici per cura di Antonio Cappelli, Bologna, ltomagnoli, 1868; per quelli di tradizione orale Marcello Conati, Testi e Protagonisti della cultura orale a Pumane, in -Annuario Storico della Valpolicella- (Verona), 1983-1984, pp. 157-166. Per i testi stranieri, tramandati dal medioevo, cfr. Rudolf Dähne, Die Lieder der Maumariee seit dem Mittelaller, Halle, Max Niemeyer, 1933. Riferimenti in G. B. Bronzini, b'ilia, visne nubere? Un tema dt poesia Popolare, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1967 (Offlcina Romana dir. da Aurelio Roncaglia, 6). Francesco Novati, Malmaritata. Canzone a ballo lombarda del secolo XV, in-Miscellanea d’Ancona-, Genova, Tip. Sordomuti, 1890. e che an piglia gazan, con la zopa ben farö: sei ge fuse morto un bo, per dispeto io balirö. III Scio balar la stradiota, Bertonzina passa Po, trota trota margarota, Nicolö, sigula un po’; anchor ben balar mi so scaramela, fa la gala; e s’e morta la cavala, che ve ho a far?; el danno e so: se ge fusse morto un bo, per dispeto io balirö. IV Scio balar: o trenta lora, trenta lora trenta lira; et ho quela traditora, do, ehe la mi fa morire; perö voglio sempre gire per dispeto ad ogni festa; me mar! groša ha la testa, se balare io non vorö: sel ge fuse morto un bo, per dispeto io balirö. V El balar mi piace tanto ehe balar sempre voria; al mari mio lasio il pianto: morta e la cavala? E sia! Io non vo’ malanchonia; chi la vol[e] se la piglia; basta assai ch’io fo’ vigilia di quel che dir non si pö: se ge fusse morto un bo, per dispeto io balirö. VI Tacia pur il mio marito el mal anno che me da a torto; son conducta al mal partito, ehe a ogna scrocha invidia porto; el me da questo conforto ehe l’e morta la cavala, e per ciö non vol ehe bala; guarda pur se ä groso il co’: se ge fuse morto un bo, per dispeto io balirö. VII S’io volese far palese et mal anno che ’1 me da, stuperesti a tante offese che ad ognor costui me fa. Hör che ’1 facia ben se '1 sa, et che ’1 non me dia piu inpazo, poii ch’io giä non ho solazo altro ch’el balar ch’io fo: se ge fuse morto un bo, per dispeto io balirö. I tipi di danza indicati nella suddetta Malmaritata si ritrovano registrati, nei primi anni del Cinquecento, nella grande raccolta di liriche musicali curata da Ottaviano Petrucci (1504-1508). II celebre tipografo di Fossombrone, «inventore de’ tipi mobili metallici fusi ad agevolar la stampa delle note musicali»,9 nei nove libri della sua opera riuni in grande maggioranza composizioni d’autore, limitandosi a riportare per intero nei primo libro soltanto un componimento di tono superiore alia media (Passando per una rezella), mentre delle molte canzoni, cantilene e filastrocche plebee divulgatis-sime nei Quattrocento del tipo della Scaramella e della Ramacina non registrö ehe l’incipit (Quand’ andaras tu al monte, D’un bei mattin d’amore). Si vedano -Le b'rottole- nell’edizioneprincipe di Ottaviano Petrucci, a cura cli Raffaello Monterosso, 3 voll., Cremona, Athenaeum Cremonese, 1954. Noi dobbiamo il piü e il meglio di tanta poesia popolare cantata del .secolo XV al gusto degli stessi rimatori colti e compositori d’arte che ne incastonarono i pezzi migliori nelle proprie composizioni, talvolta solo un frammento, un ritornello o una clausola. Francesco Novati, che di questa lirica musicale fu il piü appassionato e acuto indagatore,10 ritenne ch’essi mirassero con ciö a fare del loro rivestimento aulico il delicato guscio ehe fa meglio assaporare il succo fresco di un frutto spontaneo, 1’incorniciatura ehe prepara e rende piü suggestiva la visione di un paesaggio vero, assegnando (fuor di metafora) alia propria composizione la funzione di glossa della canzone popolare da illuminare. Tale veduta, pur tanto acuta e brillante, riflette un’ottica populistica (o forse meglio Popolaristica) ehe in pieno positivismo delle lettere italiane proprio dall’alto era piü giusto assumere. Il nuovo modo di far poesia per musica, ampiamente documentato dal Torrefranca" e magistralmente trattegiato dallo stesso Novati,12 a me pare avesse Poco o nulla di naturale e debba quindi inscriversi in quello stesso processo culturale ehe vide umanisti insigni, giunti al massimo consumo di una maniera leziosa di poetare, awertire il bisogno di ravvivarne stile e linguaggio con 1 immissione di nuovi modi e toni. Ne lo svolgimento della scarna trama della composizione lirica, con un distico di canto popolare posto a chiusura, induce a considerare la Turlurü, o altra canzone a cui ci si riferisce, quale premio o compenso al travaglio sofferto e dichiarato dal poeta: vuol essere una gemma esotica, estrapolata dalla sua pianta, ehe serve a • endete piü luminosa la composizione dotta. Fu dunque il gusto raffinato dei musici d’arte a recuperare la musica di piazza elevandola funzionalmente al rango di quella cortigiana e quindi a salvare dall oblio, dandole un posto o salvacondotto nella scrittura, la produzione delle ü rappresentativo, colui ehe quel clima fisso come indirizzo culturale e obiettivo Politico. Cfr. F. Novati, Contribute alia storia delta lirica musicale italtana popolare epopolareggtanle dei secoli XV, XVI, XVIII, in Scritti di erudizione e di critica in more di K. Renter, Torino, Bocca, 1912, pp. 899-979. " Fausto Torrefranca, II segrelo del Quattrocento: musiche ariose epoesiapopolaresca, Milano, Hoepli, 1939. F. Novati, Contributo cit. 11 le lellere di Messer Andrea Calmo, riprodotte sulle stamps migliori, con introduzione ed illustrazioni di Vittorio Rossi, Torino, loescher, 1888, p. 421. Uno dei piü fecondi compositori del gruppo, attivo nel primo trentennio del secolo XVI, fu il modenese Lodovico Fogliani, autore di una incatenatura musicale che e un pastiche o meglio una fricassea, per dida con lo stesso termine fricassees con cui si chiamavano in Francia le «petites pieces composees des premiers vers ou de refrain des chansons en vogue»: la terminologia alimentare, usata per designare incatenaturemiste di motivi di mušica cortigiana e rusticale, si estendeva alle singole musiche composte di pieces colte e popolari, nonche alle danze e alle canzoni in genere. Ed e interessante dal punto di vista semantico, per ritrovare il significato oggettuale di talune parole oscure o rimaste enigmatiche ricorrenti nella lirica musicale dei secoli XV e XVI, com’e il caso di mazzacrocca, mazacrocha o massacrocca ehe va intesa come focaccia, ciambella, se non indica proprio una speciale pietanza molto gustata in Italia intorno al 1480.H La stessa terminologia alimentare usata nelle incatenature e importante altresi dal punto di vista antropologico, per spiegare altri significati letterali e figurati nelle loro relazioni profonde fondate sul rapporto tra cibo e sesso: vale l’esempio di mazzacrocca, ehe all’inizio del Cinquecento poteva designare la pannocchia di granturco (vedi sp. mazorca, port, magaroca) o il bas-tone pannocchiato, ossia con grossa estremitä (vedi venez. e padov. mazzoca, mazzocola, romagnolo mazocla ecc.), o il fuso e, quindi, per traslato il membro maschile, giacche l’osceno in queste canzoni semipopolari e volgari e quasi sempre coperto col doppio senso o con la terminazione equivoca, come si ha nella famosa ballata della Zota (sec. XV), continuatasi con dose crescente di oscenitä nella can-zonetta moderna della Bella Silfide (sec. XVIII), divulgatissima attraverso stampe fra Otto e Novecento.15 L’incatenatura di Fogliani, ehe fu accolta da Petrucci nel nono libro delle sue Frottole, riporta a mo’ di ritornello i versi iniziali di una ventina e piü di canzoni diffusissime tra basso popolo e alta societä. Molte di esse furono musicate dai maggiori musici del tempo e sono: Fortuna d’un gran tempo, Scaramela fa la gala, La tosa matta, basela un tratto e lassela andar, O tu non sai quel ehe dice la mala vechia, La traditora, la vol ch'io mora, Doh gatto salvatico, Che fa la ramacina car amor, Doh gratiosa e doh benigna e bella, Toche la man al barba, Passando per la rezella, La sartorella la passa Po, I-Ior su torela mo, Tente allora ruzinente, E si son si son lassame esser, Dagdun dagdun dagdun ve tu sta’, Deh che fala che la non vien, Fammene un poso de quella mazacrocha, Malgariton to patre ti domanda, P[vn]zirana p[re]zirana, Mi levava d'una matina piü per tempo ch’io non solea, E foie e chiacchiere. La tradizione di lungo corso che ebbe la poesia per mušica, dotta e popolare insieme, connota lo spirito ehe la promosse e l’alimentö fin quando ne sussistettero le ragioni culturali: uno spirito iperumanistico (e non antiumanistico come semplicistica-mente viene giudicato), ehe nobilitando l’arte volgare e vezzeggiando il popolo citta-dino prelude, concorre e in parte e coeva alia letteratura rusticale. M F. Novati, Contribute cit., p. 900. 15 Ibidem. Povzetek La »Malmaritata» (Nesrečno poročena) in peta poezija na italijanskih renesančnih dvorih Proces zlivanja umetne in ljudske poezije je našel najbolj ustrezno mesto na italijanskih renesančnih dvorih, kjer se je izrazil v vsej svoji umetniški vrednosti. Avtor v prispevku na nov kritičen način predstavlja in analizira nekatere primere in značilne vzorce, kot so Nencia da barberino s florentinskega dvora Lorenza Veličastnega, Boiardova lirična zbirka, prepletena s strambotti (enokitične lirične pesmi ljudskega izvora in pretežno ljubezenske vsebine, op. p.), ki jih je sestavil služabnik Grapelino na ferarskem dvoru grofa Seandiana, Lu -Malmaritata« {Nesrečno poročena) in druge plesne pesmi z mantovskega dvora Isabelle Este-Gonzaga.