I. ANNO. Sabato 28 Febbraro 1846. M 11. Della geografia genetica dell' Istria. Abbiamo già avvertito come talvolta il nome d'una provincia, segni non già la terra fisicamente conterminata, ma la terra occupata da un pòpolo che ha lingua comune o comune origine. Questo non è il caso dell' Istria nè, per quanto giungano le notizie storiche, lo fu mai: sembra anzi che la fisica configurazione per lo spar-timento interno, e la posizione della provincia, aperta da un lato al mare, in contatto dall' altro attraverso pochi passaggi montani con provincie alpine, sieno stale facile mezzo che due popoli diversi, se non di razza almeno di abitudini, l'occupassero nei tempi più remoti, all'occasione delle antichissime trasmigrazioni; ed anche quando siffatte trasmigrazioni si rinnovarono nei tempi di mezzo, il litorale fu sempre tenuto da popolo diverso da quello che tenne le parti interne. E seppure la penisola tutta fosse di configurazione più omogenea, dalla Vena al mare; non pertanto troppe sono le doti naturali delle quali è fornita la spiaggia, per non operare clic i lito— rani, per le preponderanti abitudini marine composti a civiltà tutta propria ed estesa, non avessero a diversificare da quelli che l'interno tenevano o tengono, ristretti alle sole abitudini agricole o montane. Nel farci a giudicare delle razze diverse che oggi la terra istriana tengono, è necessità passare a traverso dei tempi che precedettero, a fine di trovare la ragione di ciò che tuttogiorno troviamo esistere. Cinquecento o forse più anni avanti Gesù Cristo N. S. un popolo di gente grecanica, della famiglia dei Traci, il quale abitava alle foci dell'Istro o Danubio nel mar Nero, e che dalla penisola che abitava ebbe nome d' Istri, mosse per causa non bene chiarita dalle sedi tenute lungamente e montando il Danubio, la Sava e la Lubiana, passò le Alpi e prese novella stanza nella penisola che dai novelli sorvenuti ebbe nome d'Istria. Non tutta la penisola occupò, ma le spiaggie precipue, i porti di mare, navigatori come erano questi traci; e gli aborigeni all' interno ed ai monti furono confinati, delle cose di mare od inesperti, o poco curanti. Questi aborigeni erano di famiglia celtica, o, come altri la chiama, gallica, come ne chiarisce Livico nelle sue istorie, laddove raccontando la spedizione romana contro gì' istriani, di due eserciti fa menzione, l'uno di galli condotti dal regolo Carmelo, l'altro d' Istri guidati dal regolo Epulo, alleati non bene sinceri contro i Romani. Autorità di scrittori che videro, tradizioni a lungo conservate, nomi di città, di fiumi, di monti, attestano essere stati gì'istri marittimi di gente grecanica; nomi di città e di luoghi, inscrizioni frequentissime, attestano essere stati gì' istriani delle terre interne di famiglia celtica, o gallica, ancor nei primi secoli della romana dominazione. La più antica trasmigrazione fu di un popolo che la marina tolse agi'indigeni, indizio questo che i Traci, comunque in basso stadio di civiltà, fossero nonostante superiori ai loro fratelli di provincia, i Celti. Grande cangiamento portarono i Romani col sistema tutto loro proprio di colonizzazione allorquando conquistarono l'Istria nel 178 avanti G. C., perchè sul terreno già tenuto dai Traci, trapiantarono popolo novello tratto da altre provincie italiane, il quale preponderando per civiltà e per dominazione, operò di tale fatta che dell' antico pressoché niuna traccia rimase, od almeno non sì facilmente ravvisabile. Ed all' epoca che dispo-nevasi la monarchia in Roma, all' epoca delle guerre civili, novelli coloni trasportavansi nell' Istria per opera di Augusto, od a rimpiazzo di quelli che per le intestine discordie dello stato erano periti, od a rinforzo dei primitivi coloni. Da quali provincie venissero tratti, noi sappiamo; la dispersione, la distruzione delle lapidi che si rinvengono, ci toglie ogni lume: potremmo congetturare che nell' Istria più meridionale si trasportassero Liguri, indotti a ciò sospettare, da tradizione e da una lapida. La razza tracica, la razza celtica non erano le sole che tenessero anticamente l'Istria; quella parte che sta fra 1' Arsa ed il Quarnaro e forma oggigiorno 1' agro albonese, comunque molte testimonianze di origine pretta celtica conservi, sembra che fosse in antico popolata da Liburni. La razza tracica oppressa dalla latina, scemata colle uccisioni, colla servitù, si confuse onninamente con questa per formare quel popolo che dir si potrebbe italiano, conservando nelle singole frazioni quelle inflessioni e quei modi che erano del paese originario dal quale vennero i coloni, fatti poi popolo predominante. I Celti, i Liburni, colle instituzioni civili, colle leggi, accettarono anche la lingua latina siccome lingua nobile; però, leggende conservate le quali rimontano al secondo secolo di G. C. N. S. od in quel torno, ricordano l'uso di nomi celtici o liburnici, siccome nomi di famiglia e di località. Come prima della dominazione romana sotto nome d' Istri s'intendevano quelli che la costa abitavano di razza tracica, così dopo la colonia fondata, s'intesero quelli di razza latina, anzi italiana; quelli che l'interno abitavano, si considerarono come popolo alpino, diverso dagl'Istriani, e nella numerazione delle precipue tribù montanare che fa illustre geografo, quattro se ne contarono che sopra terra istriana risiedevano, e queste non erano le sole; il distinguersi queste tribù da quella dei Carni che ebbe maggiore rinomanza, farebbe quasi supporre che ai Carni fossero straniere; ma preziosa lapida c' insegna che appunto una di queste tribù distinta dai Carni, vi apparteneva come la specie al genere. Noi tutte le chiameremo col nome di Celti. Il comune governo, le instituzioni ed abitudini comuni, la lingua nobile comune, agirono siffattamente che al principio del nono secolo, gli abitanti della provincia dire si potevano un solo popolo comunque le razze si tenessero distinte, e svariati i dialetti. In questo tempo cominciano le immigrazioni e le emigrazioni; nessun cangiamento fecesi in precedenza, per quell' epoca in cui l'Istria fu soggetta all'Impero bizantino. Imperciocché sebbene bizantina fosse la dominazione, il governo si era latino, latina la lingua del foro e la lingua nobile; latine tutte le leggende in marmo che di quei tempi sopravanzarono. Corre voce in provincia che greci fossero gli antichi Istri, e lo stile di antiche chiese, e le leggende in queste, dipinte o scolpite, citansi in testimonianza; ma lo stile di architettura bizantina che nella provincia predominò (poche chiesette all' infuori) non era che lo stile romano degenerante ; era moda, anziché tipo nazionale, in quel modo che vediamo oggigiorno una nazione copiare lo stile dell' altra. I nomi del Salvatore e di Nostra Signora in sigle greche, erano usitati nelle chiese latine; gli altri nomi sono sempre espressi in caratteri dell' alfabeto latino ; le leggende che si dicono greche, sono tutte in carattere gotico rotondo del secolo XIV, od in carattere che dal gotico rotondo rinveniva sul carattere quadrato romano; non una sola inscrizione greca potemmo veder mai nò dell' antichità più remota, nè dei primi secoli del cristianesimo, più che qualche memoria funebre di persona che greca era di nazione, e di queste stesse la provenienza è assai sospetta. Le tradizioni di greca origine non possono riferirsi al dominio bizantino, sibbene ai Traci che la provincia tennero nella parte marittima. Nel nono secolo, buona parte d'illustri famiglie delle città marittime passò in Venezia, che sorgeva a città, a stato; gli Slavi furono trasferiti dal duca Giovanni che fu primo Duca per Carlomagno, e come con verosimiglianza potrebbesi dire, li trasferì in quella regione che sta fra Trieste e le Dragogne, fra il mare e la Vena. Questa razza o cacciò i primitivi abitanti, od occupò terreni che quelli avevano abbandonato; certo però che si tenne numerosa, compatta, non ad altro popolo frammista; e, ricusando i matrimoni coi latini, ed i latini sdegnando il matrimonio con essi loro, potè mantenersi attraverso dei secoli. Insieme ai primi slavi, immigrarono nella provincia famiglie tedesche, accresciutesi quando il reggimento feudale prevalse, e di queste famiglie fu quasi esclusivamente il dominio delle castella, che durò fino al 1400 ed anche più oltre. Di lignaggio tedesco furono i Marchesi della provincia, fino a che passò in potere dei Patriarchi , e poi tedeschi furono i lor vassalli; la contea d'Istria fu di un principe tedesco. Pure sì lunga dominazione non ebbe influenza sulla lingua del popolo, perchè isolate le famiglie, ed in contatto soltanto con altre di eguale lignaggio, non potevano agire per masse, e col cessare dei domini cessarono le famiglie medesime, e le poche residue si fusero nella massa, preponderante per numero, siccome è avvenuto nel Friuli e nella Terra-ferina veneta. A queste famiglie è dovuta la immigrazione seconda di altri slavi che troviamo fra la Dragogna ed i dintorni del Quieto e più addentro, affini agli altri di prima immigrazione; ma convien credere che accanto agli indigeni si fissassero, poiché non conservarono pure le abitudini e la lingua. Queste due tribù si riconoscono provenute dalla Sava e dalla Drava, ove i Marchesi d'Istria ebbero domini, i conti d'Istria furono signori di Mottlik ai confini della Croazia. Disertata più tardi la provincia da frequenti pesti, e da sciagure, frutto di deiezione, il principe veneto rinnovò le popolazioni della campagna con colonie tratte dalla Dalmazia, dal Montenegro, dall'Albania; il principe austriaco con coloni egualmente dalmati, che sulle sue terre eransi rifuggiti, e che fu necessità di stato il disperdere. Le quali razze, comechè introdotte in vari tempi, a piccole masse, non tutte si fusero, comunque pel numero preponderassero, e 1' originaria provenienza permettono di riconoscere. E mentre nell' aperta campagna novella razza fissa-vasi in sostituzione della cessata od espulsa; li comuni liberi, le castella, le città tenevansi ancora dai primitivi abitanti, i quali vivendo quasi in isole in mezzo a stranieri, non facilmente con questi si confusero, e tenutisi anche isolati fra città e città, fra castella e castella, la razza primitiva conservarono. Novelli coloni si condussero dal principe veneto in Pola ed in Parenzo, ed erano di greca stirpe, ma affratellatisi cogl' indigeni, con questi si confusero onninamente. " (sarà continuato) Memoriale di gratitudine. Nel 1845 usciva in Trieste per le stampe della Tipografia di Corte, e del Lloyd austriaco un volume di scelte prose e poesie sotto il titolo Memoriale di gratitudine, destinato a tramandare la memoria dell'affetto filiale che le diocesi di Parenzo e di Pola hanno pel loro prelato monsignor vescovo Antonio Peteani. Dei dettati in quello stampato non faremo parola, sebbene ve ne sieno di meritevoli di bella lode, e già ne ebbe a discorrere 1' Osservatore triestino nel suo N. 21 di quest' anno, ma dell' occasione piuttosto che mosse il cuore di quei diocesani a sì nobile testimonianza. Monsignor vescovo Antonio Peteani veniva nel-I' anno 1843 preconizzato al pallio arcivescovile di Zara, ed al primato della Dalmazia; esso preferì l'affezione dei suoi diocesani, e pregò di essere dispensato da maggiori onori. I parentini votarono in allora di erigere, per volontarie collezioni, novella ara nella chiesa suburbana della Beata Vergine regina degli Angeli, già chiesa dei Padri domenicani, e di alzare statua sovr' essa alla benedetta patrona della città. Poco stante muovevano incontro al pio prelato, reduce da Roma, ed in Venezia accoglievamo su piroscafo, che il riduceva a Parenzo fra le consolazioni e le esultanze. Nel settembre 1845, il novello altare veniva benedetto , e scoperta la statua, opera del veneto scultore Cameroni, lodata per la maestria d'esecuzione, per la compostezza del pensiero. Nella parte postica dell' altare incidevasi la seguente leggenda, dettata dal principe dei viventi latinisti, abb. professore Furlanetto di Padova. QUOD ANTONIVS ' PETEANI • EPISC • PARENTIN . POLEN OB • EXIMIA • EIVS • MERITA IADERTINAE • ARCHIEPISCOPALI • ECCLESIAE DESTINATUS HEIC • REMANERE • PRAEOPTAVIT PARENTINI HOC ■ ALTARE MARIAE • REGINAE • ANGELORVM DICATVM VT • TANTI • BENEFICII • SIGNIFICALO PERPETVO • DVRATVRA • EXTARET AB • INCHOATO ■ EXTRVENDYM CVRARVNT ANNO • MDCCCXLV Le due diocesi concordi consegnar vollero alla posterità non meno un segno di loro devozione al prelato che di fraterna amorevolezza, la quale ed in suo onore, e della provincia ridonda. Ci rallegriamo nel pubblicare il seguente invito che ci viene comunicato ; il quale se fosse per prosperare come si ha desiderio e speranza, mentre sarebbe di vantaggio alla provincia, raddoppiando i legami che unire la devono all' emporio triestino, supplirebbe a difetti troppo sentiti e dai produttori che pronto non hanno il modo di smercio, e dai consumenti che il genere troppo spesso acquistano viziato e fatturato. Invito alla fondazione di nno stabilimento commerciale in vini istriani a Trieste. Uno degli spedienti più facili ed insieme dei più possenti di cui nell' attuale stato di cose gì' Istriani dispongano onde migliorare notabilmente e con prontezza la condizione della loro patria, si è 1' assicurare e rendere secondo le circostanze più lucroso lo smercio del loro prodotto principale, il vino. Non havvi istriano clic di questa verità non sia convinto. ; A raggiungere ciò, e far pago cosi uno dei più cari voti generali, si è pensato di érigere in accommandita sulla piazza di Trieste uno stabilimento che commercerebbe in vini istriani, ritirandoli direttamente e vendendoli genuini non solo ne' luoghi di consumo attuale, ma tentando benanco nuove vie e maniere al loro sfogo - cosa a più sicuro spaccio ed al miglioramento de' prezzi, massime negli anni di abbondanza, necessaria. Cosi procacciando di ridonare il meritato credito ai vini istriani ed estendendo in modo conveniente la sfera del loro consumo, non può non guadagnarne, nonché lo stabilimento, la provincia intera. - Il commercio bene inteso è fonte di ricchezze. Ov' esso manca, le circostanze economiche, se pur non cadon deiette, si arrenano; e con esse l'incivilimento: poiché il progresso, sì morale che intellettuale, sta in ragione della prosperità materiale; la quale, per quanto ne sieno rigogliosi i germi, senza commercio non può svilupparsi. Questo è all' Istria, per le conseguenze dell' isolata sua posizione e per la quasi nullità delle sue industrie, particolarmente applicabile. Ed i vantaggi che arrecherà un tale ben ordinato ed avvedutamente condotto stabilimento sono di natura da influire grandemente sul destino totale dell' Istria. Si può, senza darsi 1' aria di profeta, con tutta certezza asserire che non vedrassi più, come pochi anni or sono, vendere il vino al vilissimo prezzo di carantani 40 1' e-niero, dovesse l'Istria produrne il doppio di quello ne produsse nelle annate più benedette: che già la sola esistenza di questo stabilimento farà sì che aumenti il prezzo de' vini e che meno eventuale ne sia pure lo smercio. Quindi si accresceranno e diffonderanno i mezzi pecuniari: per questi insinuandosi in un subito l'agiatezza gli animi prostrati si solleveranno; la volontà verrà spronata e risveglieransi le industrie ; si promoverà l'agricoltura, e, dacché sarà certa di ricavarne un utile, la popolazione, sempre aumentantesi, sarà ansiosa d'istruirsi davantaggio per migliorarne di mano in mano il metodo (che la deficienza di popolazione e l'ignoranza degli a-grìcoltori sono della povertà piuttosto effetti che non cause); - si potrà insomma sopperire a più di una mancanza, dar vita a delle proficue istituzioni, e levare appieno (quali è da noi) gì' inconvenienti che ostano ad un più rapido progredimento e che ora per la troppa ristrettezza di mezzi non si possono neanche smuovere -meno poi del tutto allontanare. Gli è inutile ! senza mezzi non c' è da sperar salute: agli umani non é concesso il creare dal nulla; all' incontro con mezzi anche piccoli, grandi cose operare si possono. - Negli ultimi secoli progressivamente decadendo, l'Istria, nel 1817 aveva colma la misura de'suoi guai ; ed in seguito a quell' anno calamitoso, in cui fino la speranza d'un miglior avvenire pareva interdetta, non si sapendo a che appigliare dava di necessità l'ultima mano alla quasi totale distruzione de'suoi boschi. Potrà forse essere questo, secondo alcuni, un male; ma fatto sta che da quell' epoca in qua la condizione dell' Istria si è in ogni rapporto considerevolmente migliorata: il che reputiamo doversi ascrivere innanzi tutto all' efficace impulso de' mezzi che se ne ricavarono ; clié invero, senza questi, il solo eccitamento sarebbe risultalo inen possente od inutile. Sennonché lo spediente del taglio di boschi, oltre all'essere passeggero ed in parte pregiudizievole, è ormai pressoché esaurito; e tanto più fa duopo provvedere ad alili che, senza 'stirpare preziosi fondi capitali, subiti sieno e duraturi, aftinché i pochi mezzi che si possiede, in luogo di aumentare, non scemino. 1 quali mezzi non è dato all' Istria più prontamente e continovamente moltiplicare, se non se procacciando al principale ed unica suo genere che abbondante pel commercio produce, uno smercio sicuro e lucroso. - Merce ricercata si paga a buoni prezzi: il vino istriano in generale è de'migliori: si costituiscano in comunione i piccoli capitali e lo si porti, da sé, genuino sui mercati: verrà allora apprezzato , ricercato e pagato bene. S'invitano pertanto gli uomini di speculazione e precipuamente gì' Istriani più facoltosi, a voler concorrere alla fondazione dello stabilimento in discorso. Dalla concordia viene la forza. E che gì' Istriani, che sono pur tanto affezionati alla propria terra, a tal uopo concordemente si adopereranno, se ne ha piena fidanza: troppo acerbo rimprovero ad essi ne verrebbe, se ciò eli' è essenzialmente da farsi pel bene di loro e della comune patria, non procurassero venga eziandio fatto. Preliminari all'erezione di esso stabilimento: 1. Il suo scopo sarà di commerciare in vini d'Istria, comperandoli sopra luogo dai producenti, non adulterandoli in guisa alcuna, e procurandone lo spaccio tanto qui che altrove. 2. Viene costituito per azioni di fior. 600, oppure mezze azioni di f. 300. 3. Correrà sotto la ditta Godina & C., ed il signor Agostino Godina, proponente, ne assumerà la rappresentanza, la gerenza e la firma. 4. Il fondo capitale resta fissato nell' importo di f. 30 mila, il quale dovrà essere insinuato assieme con la ditta all' i. r. Tribunale di qui. 5. La durata di questo stabilimento sarà di anni 6 decombili dal giorno della stipulazione del contratto e versamento del capitale. 6. Fatto il versamento dell' importo delle rispettive azioni, il Godina ne rilascia separata ricevuta, ed ognuno degl' interessati resta sollevato da qualunque siasi responsabilità verso i terzi, non ritenendosi obbligato che cogli importi esborsati delle azioni. 7. Ciascuno de'signori accommanditanti godrà l'annuo interesse del 6 per 0/° per 1' esposto fondo capitale, relativo a ciascuna quota, e questo gli verrà pagato alla fine d' ogni anno sociale. 8. Resta fissato al rappresentante l'annuo emolumento di f. 1000. 9. I registri saranno tenuti in scrittura doppia e dovranno essere sempre in piena regola ed in giornata, dovendo dimostrare ad evidenza tutte le operazioni che nel corso della società saranno intraprese. 10. Sarà incumbenza speciale del rappresentante di provvedersi del ministero occorrente, convenendo con o-gnuno degli impiegati pel rispettivo onorario, e non trascurando di aver sott'occhio la possibile economia disposa. 11. Tutte le spese di negozio, ministero, affitti ed altre inerenti andranno a carico della società. 12. Dal grembo degli azionisti nomineransi 3 revisori che potranno a beneplacito prendere in ogni tempo ispezione delle operazioni eseguite, e verificare il bilancio che annualmente sarà presentato ad ognuno degli accommanditanti. 13. Il rappresentante ha la facoltà d'intraprendere qualunque affare in vini che trovasse proficuo per la società, e soltanto nel caso che credesse di tentare una speculazione estranea al commercio vinario e che eccedesse l'importo della quarta parte del fondo capitale, esso sarà obbligato prima di effettuarla, d'interpellare 1' opinione de' 3 revisori, od in loro assenza dei prossi- mi 3 azionisti, e procurarsi preventivamente la loro approvazione. 14. Tosto che questi patti preliminari saranno firmati da un numero d' azionisti per la complessiva somma di f. 12 mila, si procederà alla stipulazione del formale contratto ed al versamento delle rispettive quote, ed il rappresentante ne sarà autorizzato di prendere le necessarie disposizioni onde lo stabilimento venga aperto e gli affari incamminati; nel tempo stesso avrà luogo l'insinuazione giusta il § 4. 15. L' utile annuale dovrà rimanere in aumento del capitale e soltanto alla cessazione del contratto sarà diviso con 80 per % a favore degli accommanditanti, e 20 per u/0 al rappresentante. 16. Nessuno degli azionisti potrà esigere il ritiro della propria quota prima dell' espiro del contratto sociale. Se però, per vicende imprevisibili o cambiamenti di circostanze dall' uno o dall' altro dei bilanci risultasse la perdita della terza parte del capitale, ciò che non v' ha luogo a temere, sarà rimesso alla pluralità, in ragione delle azioni, il determinare lo scioglimento del contratto anche prima della fissata epoca di anni 6. 17. Terminato il bilancio del quinto anno verrà deciso dagli azionisti se Io stabilimento debba cessare all'espiro del contratto sociale, oppure progredire ulteriormente; a qual fine saranno presi gli opportuni concerti tra loro ed il rappresentante per le disposizioni che saranno del caso. 18. Insorgendo qualche disparere fra il rappresentante e gli azionisti, essi rinunziano tutti al diritto di ricorrere ai competenti tribunali e si sottomettono inappellabilmente alla decisione di due arbitri da eleggersi un per parte, i quali discordando nomineranno un terzo per la definitiva deliberazione. 19. Sottoscrivendo i signori soci accommanditanti in unione al rappresentante i presenti patti preliminari, s'intenderanno valide le loro firme come se avessero sottoscritto il formale contratto; ed in conseguenza si passerà subito alla stipulazione formale del medesimo ed all' insinuazione dello stabilimento dietro le norme sopra stabilite. Trieste, febbraio 1846. HB. I signori intenzionati di prendervi parte, che desiderassero de' relativi schiarimenti o che amassero meglio di entrare in speciali contrattazioni, sono pregati di rivolgersi al signor Agostino Godina in Trieste, di ricapito al Calle Tedesco. Dobbiamo alla gentilezza del M. R. P. Chiaro Vascotti P indicazione ove si trovi il manoscritto del P. Bauzer sulle cose del Norico. Quest' era già del benemerito conte Rodolfo Coronini, passò al convento del Monte Santo, poi al convento di S. Antonio, soppresso che fu quello del Monte; andò poi non si sa come smarrito. Lo ricuperò il sig. Alessandro Volpi che da breve tempo lo diede al convento dei Francescani alla C-astagnavizza presso Gorizia, ove il si custodisce. Dell' opera sull' Istria dello stesso P. Rauzer, ninna traccia. Trieste, I. Papsoh