ANNO XXVII. Capodistria, I Settembre 1893. N. 17 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il Ifi d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quali: ro «stre in propor/iotie. — Gli abbonamenti si ricevono presso ia f*MUUitiut. Il Castel Leone di Capodistria (Continuazione vedi N.o 10 e seg.) Ma intanto il palude avanzava sempre più ; ed ecco in quella lotta contro le forze naturali altri due decreti. Il primo è del 9 Giugno 1177 — Avendoci già riferito Paolo Morosini, Antonio Friuli, Andrea Diedo e Alvise Barozzi '), già ritornato podestà e capitano di Capodistria, che questa città, un tempo fortissima da parte di mare, ora si trova invece mal sicura, perchè la palude ha subito così profondo interrimento che a bassa marea si può, lasciando da parte la via maestra e il ponte di Castel Leone, entrare comodamente per quella in città si ordina al podestà e capitano di Capodistria, quod cavavi faciat barrinas ipso,s quae sunt inter civi-tatem et continentem, e non bastando a ciò fare i proprietari delle saline all' intorno, a cui era devoluta la manutenzione di quelle barene, concorrano alle spese per metà la città e per metà il territorio. Si scrive anche al luogotenente del Friuli di mandare a tal effetto colà l'ingegnere Alvise da Crema. (Senato Mare. Atti e Memorie Voi. VII Fascicolo 3 e 4. pag. 272). Dieci anni dopo il senato torna alla carica, con decreto che su per giù ripete le stesse cose. 1487. 14 Agosto. (Op. cit. pag. 274). E così con questa litania di decreti, molto uggiosa, diranno i nostri lettori, siamo giunti ai . primi anni del secolo XVI. in cui scoppiò la grande guerra originata dalla lega di Cambrai. Certo qui ci aspetta, si mormorerà, una nuova filza di senato ') Neil' elenco dei Podestà e Capitani di Gedeone Pusterla trovo invece nel 1475 registrato un Lodovico. Ma Lodovico, Luigi e Alvise sono varianti dello stesso nome. Articoli comunicati d'intere«» generale «i stampano fra* tuttamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — U» numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. mare, senato misti ecc____ Nulla di tutto questo ; le carte sono mute : Venezia ha ben altro pel capo che tenere in piedi il castello divenuto una inutile bicocca, dopo 1' invenzione della polvere, e i conseguenti nuovi usi di guerra. Una sol volta se ne fa indirettamente menzione ; e il relativo decreto dimostra in che miserabile stato fossero ridotte le mura della città. Udite. 1588. 17 Settembre. — Fatto venire in Collegio 1' ambasciatore cesareo gli si esponga : „saprà come ultimamente nella città nostra di Capodistria sono state scalate le mura da uomini armati,'e poi anco le mura del Palazzo di quel Rettor nostro, rotte le pubbliche carceri, ammazzato con una archibuggiata il vice cavalier, et condotti via due prigioni. Dal processo formato ... ci consta che il principal autor di tanto delitto è stato un nostro suddito chiamato Giov. Battista Languidis Cirugico, habitante in . . . Capo d' Istria, del qm. Antonio Languidis da Castelfranco di Trivisana et che egli dopo il fatto si salvò con li compagni a Trieste." Si prega però 1' ambasciatore di fare uffici onde 1' arciduca Carlo faccia arrestare i rei e consegnarli alla repubblica (Senato Secreti. Atti e Memorie Vol. VI. Fascicolo 3 e 4. pag. 311). Ma se tacciono i Senato Segreti parlano le relazioni dei Podestà e Capitani di Capodistria. E prima quella di Ser Zuan Bon presentata in collegio addì 5 Novembre 1589; prima non in ordine di tempo, ma che qui si riferisce subito perchè spiega il fatto del cerusico di cui sopra. Detto del miserabile stato delle mura il podestà aggiunge quanto segue. „Habbiamo, Serenissimo Principe, 1' esempio innanzi agli occhi che mentre quest' anno prossimamente passato se ritrovava carcerato un Special da Trieste per semplice debito, furono alcuni Trie- stini de tanto ardire et temerità che, scalate le mura et Corte del Palazzo, armati tutti d'archibusi e d' altre armi, con pali di ferro ed altri instrumenti, spezzate le serrature, aperte le porte, ca-vorno fuori di esse pregiani esso Speciale, et un altro insieme, che per causa assai leve in esse prigioni si ritrovava, et mentre dal mio Vice Cavagliero fu sentito il rumore che in essa Corte habitava, saltato fuori del letto, volendosi opporre ad una tanta violentia, subito colto da una arco-busata restò in maniera ferito, che immediate passò il meschino da questa vita; et in quel medesimo, istante per P istessa via che vennero, ritornati a scalar le muraglie, entrati in barca frettolosamente fuggendo, salvi se ne ritornarono a Trieste, non havendo io, colto così alla sprovvista sul primo sonno e repentinamente in tempo d' oscura et tenebrosa notte, potuto fare alcuna pro visione, siccome immediate de tutto detto pernicioso successo riverentemente diedi particolare et minuto conto a Vostra Serenità" ecc. ecc. Tutto questo ha per vero del comico ; magnifico quel podestà che lascia iudifeso il palazzo, in modo che : miei Triestini con un colpo di mano gli possono portar via il cerusico, e ammazzare il vice cavaliere ! Si può anche capire quindi in che stato fossero ridotte le mura e il Castel Leone. Seguita il podestà a consigliare umilmente la Signoria di destinare un corpo di guardia di 20 soldati almeno nella loggia della pubblica piazza e di sottoporli al signor Giov. Battista Caracciolo governatore delle Cernide di tutta la provincia, il quale dovrebbe risiedere nel Castel Leone, in cui allora ritrovavansi 8, diconsi otto soldati sotto il comando del capitano Fabio de' Buoi detto el strenuo. Cose insomma da far ridere la marmorea e venerabile Dea, mutata in giustizia e posta in cima al violato palazzo ! E quanto al castel Leone la prefata eccellenza del Podestà osserva che accanto ad esso castello se ritrova un ponte fabbricato di legno sopra pilastri di pietra viva, di lunghezza di passi cento circa e che da esso castello giunge ed arriva al corpo di essa città (cioè alla Muda attuale), fabbricato, il ponte non il castello, già alcune decine d'anni innanzi '), mentre prima, non già per alcun ponte, ma sopra terra ferma si entrava in città. E final-niente si lamenta il podestà della desolatione e rovina d' esso ponte ridotto in tale stato da non si poter transitare da carri e cavalli senza gravissimo pericolo et danno evidente del commercio, e conclude doversi sopra i pilastri ricostruire il ponte con buoni mattoni in volto ecc. ecc. . . . (Atti e Memorie. Vol. VI. Fascicolo 3. e pag. i25). (Continua) F. T. ---S-^fK-J^ -; INDICE DELLE CARTE 1)1 RASPO (Archivio provinciale) Filza 9. (Continuazione vedi n. 8 anno XXIV e seg.) anni 1526, 1527 e 1528 p. 1-24 Fascicolo assai guasto contenente atti civili diversi : fideiussioni, precetti penali, note di spese dovute dai Dignanesi per le appellazioni, sequestri, citazioni, assegnamento di termini e sentenze. anni 1526, 1527, 1528, 1529 p. 25-38 Extimationes damnorum datorum Registro di estimazioni fatte dagli stimatori del comune per danni recati ai campi dal bestiame. anni 1496, 1497 e 1502 p. 39-86 Podestà Faustino Delfino e Pietro Zane Fascicolo interpolato nella filza contenente atti civili agitatisi sotto il governo di Faustino Delfino e Pietro Zane podestà di Pinguente, quando in questa città non avevano ancora trasportata la loro residenza i capitani di Raspo. In questi atti appaiono le famiglie pinguentine Lupo, Flego, Fabbro, de Ger-manis e Zaramela. anni 1526, 1527 e 1528 p. 87-106 Capitano Filippo Donà Intentionum et depositionum teslium Deposizioni testimoniali in cause civili. anni 1526, 1527, 1528 e 1529 p. 107-160 Capitano Filippo Donà Pignorum Uber Registro di pegni consegnati in vigore di sentenze e loro incauti. Campi, vigne, orti, bovi, cavalli, gabbani di griso, vesti da donna, mete di fieno, botti, caldaie, anelli, molini o parti di molino, case, spade, balestre, zappe, filo ecc. anni 1526, 1527, 1528 e 1529 p. 161-176 Capitauo Filippo Donà Instrumenta et computa fratalearum Rendiconto delle confraternite pinguentine S. Domenica, S. Giorgio, S. Vito, S. Martino, S. Maria di strana, S. Donato, S. Sebastiano, S. Giovanni e S. Maria delle candele, S. Giusto per gli anni 1526, 1527, 1528 e 1529. La più ricca di tutte appare quella di S. Domenica la quale nell'anno 1526 possedeva lire 2)4.5 e lire 28.7 di crediti; quindi misure 14 di vino, 6 di frumento, 8 di mistura e 55 di oiio. anni 1526 e 1527 p. 177-182 Capitano Filippo Donà Relevationes testamentorum Presentazione in cancelleria di due cedole testamentarie di Giovanna moglie di Simone Cipa da Verch e di Giorgio Baxich da Colmo per essere stridate e quindi redatte in publica forma. Sono scritte da prete Nicola Mezarich beneficiato in Verch e da prete Zuane Pechiarich beneficiato a Colmo. (Continua) G. V. — Portole IST o tizie Assai di frequente oguuuo di noi avrà ricordato nei difficili momenti, nei quali troppo spesso ci troviamo, e nelle liete ma rare occasioni dei convegni tra comprovinciali, la nobile figura del Dottor Antonio Vidacovich ! 11 giorno 23 agosto ricorreva un anno della sua morte, e a ripensare il dolore cagionato dalla improvvisa sua dipartita da questa terra ci si riempirono gli occhi di lagrime, e col cuore serrato abbiamo ricordato i diversi episodi della sua vita, a noi noti ; in cui diede sempre prova di una bontà rara, di uno spirito di giustizia apprezzato dagli stessi avversari nella vita pubblica, di coraggio perseverante nella difesa dei diritti nazionali. La sua vita fu un omaggio continuo alla virtù, e noi ci lusinghiamo di avere appreso alla sua scuola se non altro il buon proposito di imitarlo, e insegnare ai giovani citandolo ad esempio, come si faccia ad amare la patria. Con la Notificazione del 14 Agosto pp. l'i. r. Luogotenenza del Litorale ha convocato gli elettori del distretto elettorale della città di Parenzo, Cittanova e Uraago, in Parenzo, il giorno 20 Settembre, per la : elezione suppletoria di un deputato alla Dieta Provinciale, in luogo del compianto siguor Francesco Sbisà. 11 comitato permanente del Consiglio agrario provinciale tenne una seduta in Parenzo il giorno 9 agosto pp. Riceviamo e con molto piacere pubblichiamo : All'onorevole Redazione della «Provincia» Capodistria S'interessa la compiacenza di codesta onorevole Redazione di voler pubblicare nel prossimo numero del ISuo periodico che nell'esplorazione eseguita il giorno 19 dčl volgente mese, col concorso dell' onor. sig. Gio-; vanni Ursich, i. r. tecnico tillosserico luogotenenziale, i non si trovò nulla che potesse far sospettare attual-■ mente della presenza della fillossera in questo podere E sperimentale provinciale. Dalla Giunta provinciale dell' Istria Parenzo 22 agosto 1893. U Capitano provinciale Dr. Campiteli) L' Istria del 26 agosto ha cominciato molto op-: portunamente la pubblicazione della Relazione presentata | ed approvata al II Congresso enologico austriaco 1891 iu Gorizia, dal Relatore pel quesito 7, onorevole Direttore prof. Hugues „Sull' adattamento delle viti americane iu Istria". Abbiamo ricevuto all'ultimo momento la triste notizia della morte di Pacifico Yalussi, quasi novantenne, avvenuta la sera del 29 agosto in Udine dove ancora dirigeva „il Giornale di Udine., Molti dei comprovinciali hauno conosciuto di persona Pacifico Yalussi, quando coi migliori nostri patriotti, contribuì così potentemente a risvegliare la vita nazionale nella città di Trieste prima del 1848; parecchi dei nostri lo seguirono e gli furono compagni nella memorabile difesa di Venezia; e poi dopo il 1859 nella vita laboriosa, a Milano, dove fu uno dei direttori della „Perseveranza", maestro a molti che cominciarono le prime armi nel giornalismo. Pacifico Valussi ebbe la fortuna di poter ritornare nella sua Udine dopo il 1866, e malgrado l'età e le fatiche e le ansie sofferte nel lungo esilio, continuò P opera sua della quale scrisse il programma nel suo libro sul Carattere della civiltà novella in Italia; e mantenne la parola fino all'ultimo momento. Addolorati per tanta perdita, e resi gli estremi onori all' egregio patriota, ripeteremo il moto del presidente della Lega Nazionale: chi muore nell' opera non par veramente morto a chi nell' opera resta. Cose locali I/ on. sig. Cesare Combi col mezzo dell'ili.o sig. podestà di Capodistria fece pervenire 1' oblazione di lire ital. 20, al nostro gruppo della Lega Nazionale in commemorazione del compianto concittadino Dr. Antonio Vidacovich nel primo anniversario della sua morte (23 agosto 1892). Annunziamo con piacere che il nostro concittadino Giminiano Pellegrini, venne testé nominato preside del regio Liceo Ginnasio e Rettore del Convitto Nazionale di Potenza. Bollettino statistico municipale di marzo 1893 Anagrafe. Nati battezzati 29, maschi 13, femmine 16. — Morti 25, uomini 8 (dei quali 3 carcerati), donne 6 fanciulli 5, fanciulle 3 sotto i 7 anni nonché maschi 2 femmine 1 nati morti. — Trapassati. 1. Förster ved. Adelaide d'anni 84, — 3. C. G. (carcerato) da Zara d'anni 31 — 4. P. G. (carcerato) da Knin Dalmazia d'anni 27 — 5. Majer ved. Margherita n. Minca d'anni 70 - 8. Lonzar Giacoma di Giulio d'anni 21 — Padovan Matteo fu Domenico d'anni 56 — 17, Delconte Chiara di Pietro d'anni 18 — 21. Fedola Domenico ved. del fu Giovanni d' anni 84 — Stocovich Michele fu Giovanni d'anni 80 — 24. R. M. (carcerato) da Misietich, Ragusavecchia d'anni 39 — 25. Rasman Maria n. Filippi d'anni 26 — 27. Pacchietto Nicolò fu Frsncesco d' anni 81 — 29. Cociancich Domenica n. Decarli ved. Antonio d' anni 68 — 30. [eralla Ferdinando fu Biagio d'anni 50. — Polizia, usciti dall'i, r. Casa di pena 12 dei quali 5 dalmati, 3 istriani, 1 tirolese, 1 triestino. 1 carniolino, 1 suddito italiano — sfrattati 6 — rilascio di nulla osta per estradazione di permesso di viaggio marittimo 7, rilascio di libretti di lavoro 1, insinuazioni di possidenti per vendere vino delle proprie campagne 7, per Ett. 60 a soidi 32-36 il litro. — Certificati per spedizioni di vino 16 per Ett. 102,5, d'olio d'oliva 3 per chi. 457,50, di sardoni salati 1 per mastelle 64 del peso comp, di chil. 1216, con un barile di salamoja del peso di chil 80. — Licenze industriali 1 per apertura di osteria. — Animali macellati: buoi 35 del peso di chil. 9665 con 536 chil. di sego, armente 19 del peso di chil. 3102, con 159 chil. di sego, vitelli 16 castrati 4. Bollettino delle malattie zimotiche. Capodistria: Risipola facciale 1 easo guarito. Febbre tifoidea 2 casi tuttora in cura. — Angina difterica 1 caso in cura. Varicella 1 caso tuttora in cura. — Lazzaretto : 0. Il Folk Lore italiano. L'infaticabile professore Angelo de Gubernatis si è messo a capo d'un opera che farà onore alla nazione. Ecco di che si tratta. La parola inglese rappresenta tutto il fondo, tutto il patrimonio ereditario delle tradizioni, credenze ed usanze popolari. L'Italia è forse più ricca d'ogni altro paese di questo fondo tradizionale, a motivo dei vari popoli che, in età diversa vennero ad abitarla, e delle varie civiltà per. le quali essa è passata. In Italia si è fatto già molto per avviare gli studi delle popolari tradizioni ; e basterà ricordare il Pitrè che tanto ha lavorato per la sua Sicilia, il Nigra raccoglitore dei canti popolari, del Canavese, il Com-paretti, il d'Ancona, e più che tutti il Brofferio. Ma ci sono ancora regioni inesplorate; e con-vien metterci in relazione con quanto si fece e si fa altrove ; quindi il nome inglese a significare le moderne tendenze internazionali. L' opera si raccomanda da sè agli .studi ed alla cooperazione degli Istriani. Oggi, che gli ultimi venuti tentano con ogni mezzo di trapiantare sul sacro suolo della patria le piante esotiche, e far passare come glorie croate le glorie nostre nazionali, giova unirci tutti, per mostrare quali siano veramente le genuine tradizioni, quali le leggende, e quali i canti che rendono meno gravosi al nostro popolo i duri travagli sul campo e sul mare. Ecco le condizioni dell' associazione. 1. Con lo scopo di riunire, ordinare e pubblicare tutto il materiale di tradizioni popolari italiane, viene fondata in Roma una Società che s'intitolerà del Folklore italiano. 2. Appena saranno raccolte cinquecento adesioni di soci effettivi, la Società si dichiarerà costituita ed incomincierà i suoi lavori e le sue pubblicazioni. 3. La Società si comporrà di un direttore, di soci effettivi e di consiglieri sparsi in tutta Italia e scelti possibilmente in modo che ogni regione italiana possa averne uno, al quale, occorrendo, i signori soci possano far capo. 4. Non essendo praticamente possibile il riunire i varii soci di una regione in assemblea generale o in una speciale adunanza regionale, abitando essi in luoghi diversi, tra i varii soci di una regione sarà dal direttore stesso aggregato come consigliere il folk-lorista che avrà già reso con alcuna sua notevole pubblicazione, segnalati servigi alla causa del fork-lore italiano. 5. Ogni socio verserà di anno in anno la quota di L. 12, con facoltà, se possa fargli comodo, di eseguire il pagamento in quattro rate trimestrali anticipate. 6. Ciascuno socio riceverà gratuitamente, ogni mese, la Rivista delle tradizioni popolari italiane, nelle quali saranno pubblicati i loro speciali contributi al folh-lore italiano e data notizia delle loro indagini. Per i non soci 1' abbonamento alla Rivista costerà 20 lire P anno. 7. A spese della Società, e sotto la responsabilità e a rischio del direttore, verrà pubblicata una serie di volumetti di una biblioteca del Fotk-lore italiano. Gli autori dei singoli volumi riceveranno, oltre dodici esemplari in dono, il 10 per 100 sopra l'incasso di ogni esemplare venduto. 1 soci potranno acquistare i volumi della Biblioteca col ribasso del 50 per cento sul prezzo segnato sopra la copertina. 8. Di tre in tre anni sarà, possibilmdnte, ora in una, ora in altra città d' Italia, tenuto un Congresso Nazionale dei Folh-lorish italiani, con lo scopo di discutere le varie questioni che riguardano il fork-lore italiano, di farne più ampio il lavoro, e di divulgare maggiormente tra i varii folk-loristi il carattere popolare di una speciale regione d'Italia. 9. Il direttore si terrà in continua corrispondenza coi signori consiglieri regionali, e diramerà, di tempo in tempo, circolari speciali per istruzione de' soci dispersi e miglior guida del loro lavoro. In tal modo, sebbene la Società abbia il suo primo moto da Roma, trarrà vita, efficacia ed impontanza dalle singole parti d' Italia. 10. Ogni socio riceverà una speciale tessera che lo accrediterà come tale, e gli varrà come diploma. Ritraendosi dalla Società, egli sarà in obbligo di farne restituzione. LA FILLOSSERA E L'ISTITUTO AGRARIO La presenza della fillossera nel territorio di Parenzo, anzi nell' agro della città, ha dato occasione con la dolorosa impressione, com1 era naturale, a molti discorsi ; e come si è visto di solito da per tutto, il povero contadino rifiutandosi di credere possibile un tanto disastro appena annunziato, piegatosi quindi davanti P evidenza dei fatti, ne incolpò questi e quello fuori che ricercare la spiegazione della terribile, presenza nel fatto naturale, inesorabile, nella marcia della fillossera che forza umana ancora non è stata capace fermare. I grandi proprietari di vigneti, e tutte le persone semplicemente di buon senso, in Parenzo, già da anni avevano preveduto la invasione, e se ne preoccupavano dei rimedi, confortandosi nelle esperienze fatte sotto i loro occhi nel podere sperimentale, e nella certezza che nelle loro terre rosse sarebbero prosperate le viti americane, le quali infatti si vedevano rigogliose, moltiplicarsi rapidamente, e portare bene l'innesto del patrio terrano come di altri vitigni, riconosciuti i meglio adatti a produrre vini scelti. — Come sia arrivata la fillossera a Parenzo, Dio solo lo sa ; è stata portata dall'uomo, dal vento o dalle sole sue ali? Il fatto è che fino dal 1887 fu constatata la presenza della fillossera nei vigneti di Yerteneglio ; ed è ad attribuirsi alle condizioni topografiche, alla interruzione della coltura a vigna specialmente, se il flagello non si sia allargato più sollecitamente verso la campagna di Parenzo. Ma non ci siamo proposti di investigare per quali vie e con quali mezzi sia arrivata la fillossera a Parenzo, ma di rilevare che il fatto della comparsa diede occasione a molte recriminazioni oltre la misura in cui di solito si manifestano, e accenneremo a quelle palesi presentate dal signor Andrea Davanzo nel Giovine Pensiero del 17 agosto. Perchè è questione che interessa vivamente tutta la provincia, e intorno alla quale è assolutamente necessario, intendersi bene. In quella corripondenza si accusa direttamente 'Istituto agrario provinciale di gravi colpe; di non aver scoperto subito, appena comparsa, la fillossera nel territorio di Parenzo, insinuando il sospetto che la vi sia nello stesso podere sperimentale dell' Istituto ; per cui il facile lettore, e pur troppo sono molti i facili lettori, forma da sè il giudizio, che la prima fillossera sia stata introdotta a spese provinciali nel podere sperimentale, colà moltiplicata, e sparsa poi per tutta la provincia, con la vendita dei magliuoli e delle barbatelle. Il signor Davanzo ha trovato però necessario di mettere le mani avanti: „queste sono le voci dei contadini specialmente che gridano; e ciò è un male" scrive .perchè dimostra la poca fiducia che si ha nelle nostre istituzioni e proprio in quelle che dovrebbero essere le migliori." Ma lungi dall' aver stigmatizzato le voci dei contadini dettate dall'ignoranza, e quelle di qualche possidente che forse non vede di buon occhio il vivajo di viti americane nel podere sperimentale di Parenzo, voci sempre maligne e calunnie belle e buone ; egli, il signor Davanzo, ha creduto suo dovere di farsene eco in tutta 1 ' Istria ; aggiungendovi una tirata contro P Istituto agrario provinciale. Nientemeno !. tanta è V ignoranza da lui supposta nel direttore (non si può venire ad altra conclusione) 1' ignoranza, ripetiamo, „da non conoscere neppure la fillossera, quando questa ha invaso i vigneti." Inutile dire che egli asserisce che nulla si è fatto in 18 anni; che quindi resta tutto a fare; e che se si va avanti così, meglio sopprimere P istituto, che sarà tanto di meno speso, e tanto guadagnato. h' Istria del 19 agosto risponde con molta competenza, rileva gli errori di fatto in cui è caduto il signor Davanzo nell' accennare ai conti delle spese che la nostra provincia sopporta per P Istituto, conti che ognuno può esaminare nella Relazione molto diffusa in tutta la provincia che la Giunta provinciale presenta ogni anno alla Dieta, e che questa sanziona. E questi conti, e le relazioni sulla attività dell' Istituto-, e quanto ne venne detto nelle ampie discussioni in seno alla Dieta, avrebbe dovuto leggere il sig. Andrea Davanzo prima di raccogliere il grido d'allarme dei suoi contadini in nome della gioventù istriana. Un'altra volta non gli si crederà; è troppo nota la storiella del fanciullo che gridava al lupo* al lupo, quando il lupo non e era, e tutti accorrevano ; il lupo un bel giorno se lo mangiò, e alle grida strazianti nessuno accorse! Ma il signor Davanzo fece peggio, ribadì i suoi errori nel Giovine Pensiero del 14 Agosto. Da giovane colto e onesto quale noi abbiamo il piacere di conoscerlo, posto in avvertenza del suo grave errore, e soltanto nel dubbio di avere errato, avrebbe dovuto recarsi^ a Parenzo a fare per conto suo una inchiesta presso l'Istituto agrario; sarebbe stato ricevuto a braccia aperte e insinuato nei mistici lavori, che non sono altro, se ne sarebbe convinto, che semplici analisi chimiche, innesti, prove di concimazione ecc. ecc.; e ne avrebbe guadagnato un tanto ; se non altro per riconoscere la verità, che egli avrebbe poi dovuto proclamare pubblicamente; e creda che tutti 1' avrebbero applaudito sinceramente...... tutte le persone colte, compresa la gioventù istriana, non certo i suoi contandini dei quali ha raccolto con tanta imprudenza le voci. 11 sig. Davanzo ha replicato nel Giovine Pensiero, confermando la sua piena ignoranza sullo svolgimento degli studi e dell' operosità dell' Istituto agrario, per cui l'Istria del 26 agosto ha dovuto rilevare ancora una volta e mettere a nudo i suoi errori. Una sola rettifica ha creduto di dover fare il sig. Davanzo e riguarda la persona del sig. Prof. Hugues, che nella prima corrispondenza aveva fatto credere lo ritenesse tanto ignorante, da non saper conoscere la fillossera nel vigneto sperimentale di Parenzo; dove, a dire del sig. Davanzo, la fillossera ci doveva essere. 11 sig. Davanzo questa volta ha dichiarato che nutre stima grandissima per il frof. Hugues. Meno male; e si troverà in buona compagnia con i pù distinti cultori della scienza agronomica in Italia, e anche fuori, dove il sig. Prof. Hugues è conosciuto e stimato per i suoi lavori. Ci manca assolutamente il tempo e lo spazio, per compilare la storia riassuntiva dell' Istituto sperimentale dal 1875 in poi, come avressimo voluto fare, convinti che certe cose non sono mai ripetute abbastanza; ma possiamo rimandare tutti quelli che s'interessano della nostra istituzione alla lettura degli atti dietali, e reso-conti della giunta provinciale; delle numerose pubblicazioni dello stesso Prof. Hugues; e ognuno che ne dubitasse potrà convincersi dell' operosità e dei risultati pratici ottenuti dall' Istituto agrario Provinciale, di confronto alle accuse formulate a nome suo e dei suoi contadini, dal signor Andrea Davanzo. Ma non vogliamo chiudere queste nostre lagnanze che abbiamo "creduto necessario di scrivere unicamente in difesa dei nostri più vitali interessi per ciò che sono protetti dall' Istituto agrario provinciale, senza una parola meno severa per il signor Andrea Davanzo che è giovane meritevole di ogni riguardo affettuoso, e che mostra anche errando buona volontà di fare. Gli daremo un consiglio. Vada a Parenzo, prenda cognizione dei regolamenti e osservi e studi come funziona in pratica ogni giorno il nostro Istituto, e sopra tutto discorra col direttore il prof. Hugues, domandi informazioni e schiarimenti; e poi faccia i suoi studi riassuntivi e proponga le riforme e i miglioramenti. Noi siamo sicuri che se il sig. Davanzo facesse così, diventerebbe uno degli apostoli della nostra istituzione, e inizierebbe assai bene la sua cariera nel servizio pubblico della nostra provincia. r. —--Mfc'S- Appunti bibliografici La liturgia slava con particolare riflesso all' Istria. Studio di Giovanni Pesante. Parenzo. Coana 1898. Un volume in sedicesimo di pagine 174. Vale fior. 1,35. Come già tutti avevano preveduto, il Canonico Pesante da Parenzo ha dato una piena confutazione agli scritti del Volarich, e trovato un argomento degno del suo ingegno e del suo cuore di prete cattolico e di cittadino istriano. In questo erudito e coscienzioso studio, il Pesante tranquillamente espone il carattere giuridico della liturgia slava, quale non ebbe e non ha le prerogative d'un vero e proprio privilegio, ma d'una consuetudine soggetta alle conseguenze legali della desuetudine; passa quindi a trattare del soggetto della liturgia stessa dimostrando con tutta evidenza che nelle concessioni parziali della Santa Sede a favore degl'Illirici, non fu mai contemplata l'Istria, e finalmente spiega nell'ultima parte come P introduzione del glagolismo qua e là nelle parrocchie di campagna dell' Istria sia stato un provvedimento ineluttabile, quindi tale che come tutti i provvedimenti presi nelle strettezze del bisogno dovea prima o poi cessare naturalmente col cessare di quello. È dunque questione complessa, grave, da non potersi per sommi capi esporre : tocca al lettore formarsene ora una chiara idea leggendo attentamente questo studio che gli riuscirà anche piacevole per la forma spigliata e vivace, e per Parte di assimilare cose già dette da altri, col solo intento d'illuminare e di persuadere, senza alcuna pompa di erudizione. Lo scrivente è quindi quasi sempre di pieno accordo col Pesante, come anche appare dall'articolo sulla stessa questione pubblicato nella „Provincia" 1 Gennajo 1893. Per non ripetere adunque cose già dette, ed anche per sollevarsi dalla presente questione (la quale d'altronde è di prima necessità per l'Istria) alla considerazione di altre questioni d'ordine più generale; piacemi esporre qui alcune idee suggeritemi dalla lettura di questo ottimo studio. E prima di tutto ho domandato a me, stesso: Come mai, a questi lumi di luna, la questione civile è oggi così intimamente congiunta presso gli Slavi con là questione della lingua, e del privilegio, o consuetudine che sia. di pregare Dio nella lingua dei loro padri? Il fatto pare strano oggi, che il mondo latino, e un po'anche il germanico (intendo la parte-colta), affettano di poter governare lo stato senza Dio: noto il fatto semplicemente senza approvarlo. Che presso gli Slavi ci siano alcuni che della religione si servono come d'un mezzo al conseguimento d'altri fini terreni (e noi ne abbiamo pur troppo le prove) sono pronto a concedere; ma per amore di giustizia, e giudicando sempre con quell'equanimità che è bello usare pur coi nemici, ritengo in generale nella nazione slava sincero questo connabio del sentimento religioso e civile; e assorgendo a più alti e lontani principi panni di aver trovato in questo stesso libro del Pesante la ca- gione di ciò. Perchè mai, appena concesso da Roma agli apostoli slavi l'uso del proprio linguaggio nella liturgia, sorsero con tanta violenza i vescovi tedeschi,. e specialmente Alvino arcivescovo di Salisburgo (pag. 21) a contrastare l'opera di Metodio? Sarà stato timore di perdere la giurisdizione, paura anche della barbarie slava; ma un po'anche risentimento,, invidia quasi, e timore che per mez-zo della lingua liturgica meglio si rassodasse temibile alle frontiere della patria tedesca un popolo straniero. Ed ecco così spiegato l'attuale connubio: gli Slavi rammentano come una grande ingiustizia la opposizione germanica all' uso della loro lingua, nella liturgia, e ammaestrati da una lunga esperienza credono questa buona arma, e un valido mezzo al raggiungimento di uno scopo politico. Certo ne abusano, e qui sta l'errore, in casa altrui, come da noi, mancando ai doveri dell'ospitalità verso un paese che li ha accolti, sognando antichi diritti, e inventando la favola di un' Istria evangelizzata da Metodio; e più ne abusano con Podio selvaggio verso il mondo latino e verso quella Roma, che prima li beneficò, e li sostenne nella lotta contro il clero-germanico; ma anche è certo essere naturale, e sorto dal fondo della coscienza del popolo slavo il desiderio, anzi la fede di un migliore destino per mezzo dell' unità della lingua liturgica. E chi sa. che il destino, o meglio la provvidenza di questi mezzi non si serva pe' suoi alti consigli; e perciò inclini Roma, pur così lenta e prudente in simili concessioni, a nuove larghezze, atte a raggiungere un giorno la sospirata unità. Sogni e utopie si dirà da molti; non però indegni del filosofo, e meno che meno del prete cattolico come il Pesante, il quale certo queste speranze avrà travedute, anche scrivendo un libro battagliero e d' occasione. Da questa sorge spontanea un'altra questione-Come è naturale il Canonico Pesante combatte a spada tratta l'uso della lingua nazionale nella liturgia, e con buone ragioni dimostra la convenienza del latino, quale lingua universale della chiesa d' occidente. Le ragioni sue e di moltissimi altri, lo ripeto, sono buone; ma non certo così assolute da non potersi da moltissimi addurre in contrario altre ragioni pure buone. Tale, per dirne 'ina, quella del buon Vescovo Naldini, il quale (•; sia pure con enfasi ampollosa) esclamava : O quanto più allaciano 1' huomo le voci del materno idioma, e quanto più feriscono il cuore gli accenti instillati col latte! (pag. 93). Altra ragione convincente è i l'esempio stesso della chiesa, che già tante e di- verse lingue liturgiche concedette all'oriente, e non tutte per ossequio ai primi fondatori, come insinua il Pesante. Spiegabile poi e spiegabilissimo il fatto d'aver più tardi serrato i freni, lodevolmente. In quello sfacellamento del mondo latino non era certo consulto concedere tante lingue liturgiche quanti erano i dialetti, e quando non era sorta ancora la lingua aulica, direbbe Dante, e colta d'ogni nazione. E il mondo non vi è preparato neppur eggi : prima devono spegnersi a poco a poco i vari dialetti, o almeno la civiltà così diffondersi da potere anche il volgo intendere la lingua nazionale. 11 senno di Roma e le concessioni già fatte, e gli strappi che continuamente .si fanno al latino, specialmente in Germania, ci fanno credere che ciò si farà, e in un tempo forse non tanto remoto, senza «he perciò ne vada di mezzo l'unità della fede e la maestà della religione. A proposito di queste ragioni con le quali il Canonico Pesante, sempre maestrevolmente del resto, sostiene l'unità della lingua liturgica avrei uno, anzi due cortesi appunti da fare. Prima di tutto riferisco alla lettera il passo dell'autore "Rassodate però le proprie basi, dilatatasi nell' oriente come nell'occidente, essa (la chiesa) fissò talmente come lingue sacre quelle primitive del suo sviluppo, che non solo escluse qualsiasi altra lingua di popoli evangelizzati di poi, ma non si adattò nemmeno a veruna delle modificazioni che quelle subirono nell' uso volgare. Anzi, per quanto almeno riguarda l'occidente, modellò il latino, da lei assunto come idioma liturgico in modo, da formarne una lingua per così dire particolare, tanto differente nell'espressioni, nei costrutti, nello spirito, da quella di Cicerone e di Cesare, quanto l'estrinsecazioni •della dignità d' un vescovo radicato nell' umiltà, rutilante dell'aureola dei santi, si dipartono dalle parole, dai tratti, dal portamento d'una dignità profana, tronfia e burbanzosa (pag. 158). Ora, per amor della verità e senza alcuna acrimonia rilevo qui una contraddizione ed un errore di fatto. E per vero se la chiesa, come vuole il Pesante, non si adattò a veruna delle modificazioni che il latino subì nell' uso volgare, come si spiega poi il fatto ammesso dal Pesante stesso, di aver cioè modellato il latino in modo da formarne una lingua particolare? Che non si sia piegata ad accettare nessuno dei volgari preesistenti alla lingua italiana, non il provenzale, non il lombardo di Bonvisin da Riva, non il toscano di Fra Iacobone, siamo perfettamente d'accordo; rimane però sempre il fatto che ella, accolto il latino quale lingua di chiesa, un po' alla volta vi si è adattata fino ad accogliere varie essenziali modificazioni del volgo al latino, quale per esempio, per dirne una, l'introduzione della rima nei canti liturgici. Il Pesante poi ha troppa conoscenza della patristica, perchè ci sia bisogno di rammentargli le ciceroniane velleità di San Girolamo, la màgnieloquenza di San Leone, e la differenza dello stile e della lingua dei primi padri della chiesa, con lo stile e la lingua degli scrittori nei secoli seguenti. E tuttociò avvenne non già per partito preso, ma per una naturale evoluzione,; e quindi l'altro asserto del Pesante, aver la Chiesa modellato il latino in modo da formarne, per così dire, una lingua particolare contiene un errore di fatto. Troppo è noto come il latino illustre per più cause, cedesse un po' alla volta il campo al latino rustico e come per via di una lenta corruzione questo si trasformasse poi con un misto di elementi rimasti da lingue antiche e primitive, e con un inquinamento di nuove lingue barbariche nelle lingue romancie in generale, e nei vari dialetti italici, in particolare. È vero, che, prevedendo l'obbiezione, il Pesante ha modificato la sentenza troppo assoluta, con la frase — una lingua, per così dire, particolare; ma trattandosi di un fatto su cui s'imposta un'argomentazione, e tanto più in un'opera polemica, conviene usare la massima esattezza. Concludiamo: la lingua liturgica latina non fu formata dalla chiesa; ma fu opera del tempo; e gli scrittori ecclesiastici parlarono e scrissero secondo lo stile e la lingua del loro tempo, piegandosi naturalmente alle modificazioni del latino rustico usato dalle plebi cristiane. Passiamo ad altro. Per sostenere la unità della lingua liturgica il Pesante, lo ripeto, adduce buone ragioni (la questione, l'ho già detto, non si può risolvere oggi) pure le sue ragioni non sono sempre tali da chiudere la bocca agli avversari, che hanno pur essi le loro buone ragioni. Per esempio egli declama con enfatiche parole, contro il radicalismo ecclesiastico, che assecondato una volta arriverebbe naturalmente fino a far recitare a voce alta e magari fra gare di ugole accompagnanti il clero, le stesse tremende parole della consacrazione (pag. 162). Altrove egli scrive "Quella sacra caligine, che involge la celebrazione dei ss. misteri in un idioma ignoto alle masse, è anzi ben più atto a tener desti gli affetti (pag. 161). Perchè mai il Pesante reputa tremende le parole della consacrazione? Non è forse il mistero dell'Eucarestia il più dolce, dei misteri? Non è la manifestazione più tenera della divina carità del Maestro? Oh che ci ha a fare il tremende? Passato è il tempo della disciplina dell'arcano; non ci sono più mìstiche cortine, non pili muri di divisione. Vuole il Pesante una prova che la chiesa non ha paura di manifestare al popolo le tremende parole? Cinque volte all'anno, e anche più se occorre, nelle sacre ordinazioni, nel tempio affollato, come nel Sabbato Santo, il Vescovo pronuncia la sacra forinola, anzi legge tutto il canone a voce alta, e con lui tutti gli ordinandi, in modo che tutti possano sentire. E quanto alla sacra caligine ci ho in proposito un fatto a narrare, del quale fui testimonio oculare. Nei Sabbato santo del corrente anno il Vescovo teneva la sacra ordinazione nel duomo di Lodi. Accanto a me c'era un soldato, tipo calabrese, duro e piantato come un pinolo, proprio, mutatis mutandis una copia di quelli del Giusti. Ebbene, quando Monsignor Rota, con la sua ugola energica aspirando e spiccando le sillabe pronunziò a voce alla la sacra forinola, il soldato con un certo sogghigno, voltosi ad un amico che gli Stava al fianco: Chi sa, disse, chi sa che cosa vogliono dire questi paroloni? E l'altro, che per fortuna era un buon figliuolo e bene addottrinato nelle cose della religione, niente altro, rispose devotamente, che le parole di Cristo; e qui gliele tradusse in volgare. Lo credereste? Il soldato ricompose le labbra, e piegò il ginocchio come tutti gli altri. La caligine sacra l'avea reso ignorante; il volgare gli fece piegare il ginocchio. Racconto questo fatto solo per mostrare al Pesante come le sue sentenze siano troppo assolute, e per rammentargli che ogni regola ha sempre le sue eccezioni. E tornando alla questione principale della Liturgia Slava, concludo che rimanendo ferine tutte le ottime ragioni da lui addotte per dimostrare l'illegalità delle mene slave nell'Istria, l'opera sua avrebbe forse meglio raggiunto l'intento, se si fosse astenuto dal condannare, con uno stile reciso, l'uso di una lingua nazionale nella liturgia, mostrandosi in certo modo più cattolico del Papa stesso, che ha concesso testé l'uso della lingua slava ai cattolici inontenegri ni; e nemico di quelle tante altre concessioni, che a tempo e luogo la Santa Sede con la solita prudenza sarà per concedere forse ad altre nazioni, e che tanti spiriti illuminati desiderano, senza perciò meritare la taccia di protestanti e di radicali. Ed è questo, con quanto si è detto di sopra quel punto di vista più alto e spazioso al quale l'autore modestamente desidera di essere condotto dalla critica onesta ed oggettiva. Il Pesante ha finalmente il merito grande In-quest' opera di aver dimostrato una temperanza non comune oggi di giudizi, e modernità di sentimenti come a pag. 168, 169 ecc. e il cielo volesse che queste belle pagine servissero e nell' Istria e in ogni paese di regola di condotta a molte persone di chiesa, spesso dimentiche che „sta nell'indole del cattolicismo-di sollevarsi sopra tutti i partiti, come la verità, la giustizia la moralità sta al di sopra d'ogni umano giudizio,. Sante parole, in cui si compendiano i titoli della lode meritata e sincera, quale tributiamo al buon sacerdote, ed all' onesto cittadino. P. T. ---;----...... PUBBLICAZIONI La Rivista Musicale illustrata, è il titolo di un nuovo periodico che si pubblica a Trieste, del quale abbiamo ricevuto il primo numero la settimana scorsa, lieti di apprendere che la direzione ne venne assunta dal nostro distinto comprovinciale dottor G. G. Manzutto, molto noto e apprezzato critico musicale. A giudicare da questo primo numero non si potrebbe desiderare di meglio, sia per la singolare bellezza dei tipi, l'artistica ricchezza di incisioni. I soggetti svolti corrispondono precisamente alle massime impostesi dalla redazione : trattare con elevatezza senza preconcetti, nell' indipendenza intera da qualsiasi legame, le questioni che si' annettono all' arte dei suoni, celebrarne i successi e-rilevarne gli errori, senza perdere per alcun motivo quelle vie del vero, che nelle condizioni attuali della' musica italiana sono sì difficili a calcare. Non dubitiamo che nella nostra provincia, la Rivista musicale sarà accolta, come merita, col più vivo interesse. Il sig. Arturo Marescalchi ha pubblicato un opu-scoletto, nel quale sviluppa scientificamente la seguente tesi : L' impiego dei fermenti selezionali nella vinificazione (estratto dall' Enotecnico del 18 andante). ! Sulle malattie infettive, conferenza del dottore Bernardo Schiavuzzi. Un opuscolo che forma parte della Raccolta di scritti di medicina per colti profani compilata dal dottore V. Tedeschi. Herbert Spencer. — Dalla libertà alla schiavitù..'. Versione dall' inglese di Sebastiano Vian.'Ilo. Editori L. Roux e C-, Torino-Roma. È un opuscolo di 51 pagina, e si trova iu vendita presso la libreria Ettore Vram in Trieste. Ne racco-' mandiamo vivamente la lettura.