BKUNO CAS TIGLIOSI IL GRUPPO DELLE PALE DI SAN MARTINO E LE VALLI LIMITROFE (ALPI DOLOMITICHE) PADOVA Società Cooperativa Tipografica 1939 • XVII MEMORIE MULI/TSTITl'TO (IKOLOOK'O DKLTiA K, UNI VK US ITA DI PADOVA - V..... X'III T a v i B. CASTIGLIONI. - Il (Impim drlle l'ale ili S. Martino. MH l-'nl. li. Hllliiillì. M 0 X T K A l i X K li BRUNO CASTIGLIONI IL GRUPPO DELLE PALE DI SAN MARTINO E LE VALLI LIMITROFE (ALPI DOLOMITICHE) PADOVA Società Cooperativa Tipografica 1039-xvn Memorie dell' Istituto Geologico della R. Università di Padova - Voi. XIII PREFAZIONE Il presente studio deriva dall'elaborazione del materiale geologico raccolto in vari periodi di escursioni, in anni diversi. Iniziai nel 1924 il rilevamento geologico della Valle del Biois. Negli anni seguenti ebbi dal lì. Magistrato alle Acque l'incarico di proseguirlo, per contribuire alla preparazione della Carta geologica delle Venezie al 100.000 ('). Così nel 1925 - 2(5 lavorai in quasi tutto il gruppo delle Pale, in Val Cismon, e nell'alta Valle del Mia; nel 1927 nell'Agordino, nel 1929 nel Cordevole superiore. Prescindendo da alcuni studi, che ho dedicato a particolari questioni tettoniche, morfologiche, glaciologiche (V. bibliografia), nel 1931 pubblicai una monografia sul Gruppo della Civetta, con una carta geologica al 25.000. Pensavo fin d'allora di utilizzare il molto materiale raccolto attorno al Gruppo delle l'ale di S. Martino, per una analoga pubblicazione, che riguardasse quest'altro maggiore massiccio dolomitico. Incoraggiato a ciò dal Chiar.mo prof. Giorgio Dal Piaz, direttore della Sezione Geologica del Magistrato, tornai sul posto nel 1935 per i necessari completamenti e aggiornamenti. Tali aggiornamenti, che mi portarono a rivedere numerose località, erano resi tanto più opportuni, e nello stesso tempo facilitati, dall'esistenza di nuove carte topografiche pel territorio trentino, dato che all'epoca delle prime campagne detto territorio si trovava molto male rappresentato sulle « tavolette » dell'edizione provvisoria del tempo di guerra, e quindi anche il rilevamento geologico su di esse non aveva potuto essere sufficientemente preciso (-). Per esigenze d'ordine pratico l'annessa carta ha dovuto essere ridotta alla scala di 1:35000, la quale tuttavia consente ancora la rappresentazione di quasi tutti i particolari rilevati sul (') Si tratta ili porzioni ilei unguenti fogli: «SI. Marmolada», pubblicato noi 1930. «Pieve ili Cadore», in corso ili stampa, «Feltro» e «Belluno», tuttora inedili. (-') >Tel 1031 in pubblicata unche una carta del Gruppo delle Palo al '25.0(11), da parte del • Deatsches iiiul OesterroicUisches Alpenverein», perì» assai imperfetta. Cfr. (9). 25000. Essa olire poi il vantaggio di riunire su un foglio solo un territorio notevolmente vasto, che, al di là dei limiti rigorosi del Gruppo delle Pale, abbraccia buona parte delle vallate che lo circondano, e dà quindi modo di esaminare i rapporti con altre unità geologiche contigue. Mi è doveroso esprimere qui la mia gratitudine al R. .Magistrato alle Acque di Venezia, giacché questo Ente, tanto benemerito per gli studi geologici e idrografici nella Regione Veneta, ha voluto far propria questa Carta, pubblicandola sotto il suo nome e con i suoi mezzi; ed ha notevolmente contribuito anche alla stampa della presente Memoria, nella collezione diretta dall'ili.ino Prof. U. Dal Piaz, che del pari vivamente ringrazio. Le conoscenze che si avevano precedentemente sulla geologia di questo territorio, si basano specialmente sui vecchi ma preziosi studi del Taramelli, e su quelli ilei Mojsisovics, la cui opera « Die Dolomitnffe », colla carta geologica al 75000, conserva un'importanza fondamentale. Dopo d'allora il Gruppo delle Pale non è mai stato oggetto di ricerche speciali, se si eccettuano quelle petrografiche del Keyserling sulle rocce eruttive della parte settentrionale. Solo lungo i margini la mia carta ha qualche tratto in comune con talune altre carte geologiche più o meno recenti. Così, l'angolo sud-ovest dell'area da me rilevata figura anche sulla carta geologica austriaca al 75000 (foglio « Borgo und Fiera di Primiero ») rilevata da G. B. Thener prima del 1909. L'estremo angolo nord-est entra invece nella carta geologica al 25000 dell'alto Cordevole rilevata dal Nòth (1929). Infine la porzione nordovest entra nella grande carta alla stessa scala dei dintorni di Predazzo pubblicata dal Vardabasso nel 1931 ('). Va poi ricordato che la parte meridionale dell'area presa in esame si trova illustrata anche da alcuni dei profili tettonici rilevati e descritti da G. Dal Piaz (1912). La notorietà di queste bellissime montagne e di alcune località di grande importanza turistica comprese nel territorio, mi dispensano da una descrizione topografica preliminare. Per l'orografia e la toponomastica ini riferisco alla Guida alpinistica compilata da mio fratello Ettore (12). (') Per questa porzione il prof. Vardabasso aveva potuto giovarsi dei miei rilevamenti inediti. Parte Prima I TERRENI La serie dei terreni che affiorano nella regione considerata va dal Paleozoico inferiore al Cretaceo. Vi si aggiungono poi copiosi depositi quaternari. ,Si trovano dunque rappresentati tutti i terreni che entrano nella costituzione delle Alpi Dolomitiche, ad eccezione di talune facies particolari della serie sedimentare e di alcune differenziazioni delle rocce eruttive. SCISTI CRISTALLINI L'infrastruttura cristallina della zona dinarica viene a eior-no ampiamente dove è stata tettonicamente più sollevata, cioè lungo il margine sud-occidentale dell'area in esame (Val Cismon), e poi in una specie di ellissoide allungato verso oriente, che occupa l'alto bacino del Mis e termina nella conca agordina. In un'altra pubblicazione ('), clic ho dedicato alla descrizione di questa zona anticlinale, ho accennato ai pochi scritti precedenti che si sono occupati di questi terreni, «lai punto di vista geologico, esclusi cioè quelli più strettamente dedicati ai giacimenti minerari. Rimandando per maggiori dettagli a quella mia precedente Nota, riporto qui i principali dati descrittivi sulle rocce che costituiscono questo complesso metamorfico, secondo i risultati dei miei rilevamenti. (2) CI Costituzione geologica della depressione Agortlo - Primiero (V. 11. tu della bibliografia). Sulla cartina geologica che vi e annessa e incorsa una svista : nella spiegazione dei sogni, i tratteggi dei numeri 7 e 0 vanno invertiti. (*) All'analisi microscopica di parecchie sezioni sottili, di queste rocce metamorfiche e delle porfiriti permiane, volle gentilmente attendere 1' umico prof. Cimi Andbeatta -ora Direttore dell' Istituto di Mineralogia di Bologna - al quale rinnovo i più sentiti ringraziamenti. Pabascisti. Filladi quarzifere. - Del complesso scistoso, queste sono le rocce più diffuse, con le loro svariate differenziazioni, sia nel-l'Agoni ino, sia in Val Cismon ('). 80110 scisti più o meno lucenti, grigi, spesso anche verdastri, per notevole contenuto di sericite e clorito. Presentano una scistosità molto fine, e di solito minutamente pieghettata. Più o meno concordanti colla scistosità si trovano spesso straterelli di quarzo, il quale riempie anche le frequenti piccole diaclasi che tagliano la roccia, in ogni direzione, mostrando d'essersi depositato successivamente a movimenti tettonici. In talune zone, come presso Pontalto di Agordo, e a SE di Mis, le fìlladi si presentano con una scistosità uniforme, che permette il distacco di lastre piane d'aspetto ardesiaco, in contrasto colla minuta pieghettatura che prevale nella maggior parte dell'area d'affioramento. Scisti grafitici. - In Val Impernia e nei dintorni di Tiser le filladi sono variamente arricchite di sostanza carboniosa, apparendo quindi di colore grigio-nerastro, ma conservando invariati i caratteri strutturali. Esse includono spesso cristallini di pirite e croste limonitiche, derivanti dai più cospicui giacimenti minerari che si trovano allineati specialmente verso il margine sud -orientale della zona scistosa. Filladi grafitiche e fìlladi normali sono spesso fittamente alternate e collegate da termini intermedi. così da non potersi delimitare esattamente le aree dei rispettivi affioramenti. Zone con questi caratteri sono quelle segnate a tratteggio sulla carta. Entro l'area delle filladi si rinvengono altri parascisti, che più 0 meno differiscono da queste per composizione mineralogica. pur essendo tutti intimamente connessi, difficilmente separabili nel rilevamento del terreno. Troviamo infatti: Quarziti micacee, talvolta grafitiche, in vicinanza delle comuni filladi grafìtiche, specie a SW di Tiser; I1) Del vor.snnte destro del Cismou, che entra jmnrialmeiitc nella carta, 11011 ho compiuto 1111 rilevamento sistematico. Perciò, per quanto riguarda le delimitazioni degli scisti cristallini, mi sono attenuto ai rilievi di O. II. Tukm-:k IH4), comprendendo tra i pa-rugneiss le «filladi felspnticlie » di questo autore, o ritenendo ossero ortognoiss la roccia del Col Iledolè, da lui indicata semplicemente «gneiss». Scisti anfibolici, scuri, tenaci, affioranti in piccoli lembi qua e là nella zona grafitica del Mis e sul versante del Cordevole, talvolta connessi con gli ortoscisti (vedi sotto). In line sui fianchi del Col Piagher affiorano scisti chiari che, per il loro contenuto di feldispati, si possono chiamare Parayneiss muscovitici. Essi presentano una scistosità molto fine e regolare, un colore grigio chiaro. Ortognetss. Sotto questo nome si può comprendere un gruppo di rocce, che per composizione e struttura occupa una posizione tutta speciale, rivelando una evidente origine eruttiva. Si tratta di rocce chiare, tenacissime, a fratture piane secondo diversi sistemi in-tersecantisi. Hanno tessitura occhiadina, con noduli macroscopici di feldispato. Occupano una zona che, come segnalò il Biuo-lini, dai pressi di Agordo si può seguire verso SW fino a California sul Mis, mantenendo per lungo tratto anche un risalto morfologico, per la grande tenacità che queste rocce hanno rispetto alle filladi incassanti (gola di sbocco della Val Sarzana, costoni rocciosi del Col Paternoster, Collazzo, ecc.). Altri affioramenti isolati di ortogneiss si rinvengono in vari punti della Val Sarzana e dell'alto Mis, con gli stessi caratteri fondamentali, ma talvolta più laminati e più ricchi di sericite e fiorite lungo le superfici di scistosità. In altri punti della stessa zona agordina si osserva un'alterazione chimica più o meno progredita, fino ad arrivare ai così detti <( scisti bianchi <>, a superfici untuose, ricchi di sericite, caolino e talco, qua e là con tracce ili solfuri metallici. Sono tali scisti bianchi, più o meno coni penetrati con gli scisti grafitici e le fìlladi, che contengono anche il noto importante ammasso piritico di Vall'Imperina, sfruttato da molti secoli, e quelli minori di Val Paganini, Digonian, ecc. ('). Talora si trovano anche masse notevoli ili caolino, suscettibili di sfruttamento (-). Non è difficile vedere la connessione causale, già accennata dai precedenti autori, della presenza di questi solfuri metallici (') lui storia delle ricorrile minerario ò stata roocntoinonto riassunta da TT. OiuffhÈ' (HO). Vodasi inoltro: Moretti (39, 40). Sulla carta ho indicato col segno speciale solo alcuni «lei più noti Tra gli nssaggi o scavi antichi e recenti. (') De Marchi L. (2#); Giuffkè (30) a p. 56, «ti. — 8 — e ilei tipici prodotti di alterazione degli scisti, in vicinanza di importanti linee di disturbo tettonico, che possono aver favorito i fenomeni pneumatolitici ed idrotermali. Mettendo in rapporto i giacimenti metalliferi coi movimenti tettonici alpini, cui fra l'altro appartiene l'importante piega-faglia di Vall'Imperina, si viene implicitamente ad attribuire un'età terziaria a queste mineralizzazioni, come pure a quelle che si allineano verso SW, in Val Mis e presso Primiero, entro terreni permiani, lungo la stessa linea tettonica (« linea della Val Sugana »). Queste conclusioni sono convalidate dalle recenti ricerche mineralogiche del Tohn-quist (ss), il quale non esita a stabilire anche una relazione genetica e una contemporaneità fra i giacimenti agordini e le manifestazioni eruttive dei graniti di Predazzo. Devo infine menzionare una roccia verde, cloritico-anfiboli-ca, affiorante nella gola della bassa Val Sarzana, sopra Giove. Essa pare strettamente connessa con la zona degli ortoscisti (nella quale l'ho inclusa sulla carta), pur mostrando una certa parentela con gli scisti quarzo-anfibolici già citati nel gruppo delle filladi. Come ho spiegato nella citata Nota Cpp. 4S-49Ì, mancano nella nostra area indizi che permettano di stabilire un ordine di successione tra i diversi termini del complesso scistoso, e di indagarne l'età relativa. Bisogna dunque riferirsi a quel poco che si è potuto stabilire, riguardo l'infrastruttura cristallina delle Dinaridi, là dove essa rivela taluni rapporti stratigrafici con terreni di più sicura datazione. specie nelle Alpi Carniche Ul, pp. 33-34). Sappiamo che ivi, secondo Gortàni e Vinassa De Regny, il complesso fìlladico è probabilmente riferibile al Cambriano e all'Ordoviciano, senza escludere che possa essere in parte anche più antico. Altri autori propendono a ritenerlo senz'altro pre-cambriano (17, p. 158). D'altronde la presenza di scisti grafitici, qui strettamente intercalati tra le filladi normali, da cui differiscono solo per l'arricchimento di sostanza earboniosa diffusa, non pare argomento sufficiente per ritenere che una porzione della serie possa riferirsi al Carbonifero, come è stato proposto in altre località per tipi analoghi ('). E' ben certo invece che proprio nel Carbonifero — se (') Vedasi la discussione ili (17) pag. 15». — 11 — non prima — avvennero i fenomeni orogenetici e di metamorfismo, interessanti egualmente tutto il complesso, scisti grafitici compresi. Infatti tutto il complesso degli scisti mostra di aver subito un metamorfismo abbastanza spinto, talvolta con tracce di fasi metamorfiche successive, che dobbiamo pensare connesso con intensi fenomeni di corrugamento profondo, e che si può genericamente riferire all'orogenesi ercinica. I piani di scistosità, e la stessa distribuzione topografica dei vari termini litologici mostrano una discreta costanza di direzione, pressa poco NE-SW : direzione che concorda « grosso modo » con quella dei motivi tettonici d'età alpina. Naturalmente anche il complesso scistoso ò stato ulteriormente disturbato da tali movimenti alpini (fratturazioni. negli ortogneiss, diaclasi con vene di quarzo, ecc.); ma si tratta di disturbi che, pur dove raggiunsero la massima intensità, provocando estese zone di milonitizzazione (per es. tra Sa-gron e Cereria), si riiiFerenziano sempre nettamente dai processi dinamici paleozoici che provocarono il metamorfismo generale. Le aree degli scisti cristallini, data la friabilità di queste rocce, si distinguono per l'abbondanza dei prodotti di sfacelo, generalmente minuti, per i profili relativamente dolci assunti dai versanti, con la sola eccezione delle zone d'affioramento degli ortogneiss. Sono terreni a permeabilità piuttosto scarsa, con sorgive frequenti ma di scarsa portata. Qualche limitato livello sorgentifero si ha in corrispondenza di zone grafitiche, per es. a SW di Tiser. PERMIANO La copertura degli scisti cristallini è costituita da rocce diverse da luogo a luogo, sedimentarie ed eruttive, depostesi in netta trasgressione sopra una superficie irregolare, modellata dai processi erosivi subaerei, cui la massa scistosa era stata soggetta durante 1111 lungo periodo, succeduto al corrugamento e all'emersione orogenetica, e durato in qualche luogo fino alla trasgressione marina del Permiano superiore. Il complesso ili questi depositi. in prevalenza continentali, si attribuisce genericamente al Permiano inferiore; ma si ammette che una parte possa essere più antica (Verrucano, pernio-carbonifero). — 10 — Conglomerati e arenarie basali (Verrucano). Conglomerati e brecce ili frammenti ili filladi, lucenti, grigi o più o. meno arrossati, con frammenti di media grossezza, generalmente poco elaborati, e cemento arenaceo filladico, derivano dal materiale di sfacelo meteorico-torrentizio delle fìlladi; materiale che si era andato accumulando in modo discontinuo, evidentemente in rapporto con le irregolarità del rilievo pre-permiano e con la varia localizzazione dei processi esterni di erosione e di accumulo. Nei dintorni di Sagron e in Val Pezzea (dove queste formazioni assumono uno spessore di varie centinaia di metri e contengono le note impregnazioni cinabrifere) ai conglomerati kì sovrappongono le arenarie rosse fine di natura (diadica e con inclusi frammentini di filladi ('), che permettono di tenere distinte queste arenarie da quelle propriamente dette di Val Gardena, prevalentemente derivate, come vedremo, dai porfidi. In altri territori attorno alla regione dolomitica si è talvolta cercato di tenere come carattere discriminante il colore, distinguendo in questo « Verrucano » un conglomerato grigio, forse in gran parte pre-permiano, ed un conglomerato rosso, che sarebbe contemporaneo o posteriore alle eruzioni porfiriche (Permiano inferiore-medio (-). Nell'Agordino una tale distinzione sarebbe troppo arbitraria, perchè la colorazione è troppo spesso un attributo secondario; essa sembra infatti dovuta all'azione di acque colorate, infiltrate secondariamente anche entro i conglomerati filladici basali, fino ad un limite, talvolta molto netto, che non corrisponde affatto ad un cambiamento litologico. Invece, negli interessanti affioramenti dell'alto Mis, e in tinelli presso Tonadico e Siror, da questi prodotti, essenzialmente derivati dalle filladi, si passa per gradi ad altri conglomerati e arenarie, in cui, assieme a frammenti di fìlladi, entrano in varia proporzione elementi minuti varicolori derivati dalle porfiriti e dai porfidi permiani. Tali elementi poi prendono il sopravvento assoluto, in certe arenarie scure sempre più strettamente con- (') Vertasi in (IO) la sezioni.- (lolla Busa (lolla Boa a piig. 58. |!) Cfr. (17). a pag. 103. — 11 — nesse con i prodotti eruttivi, tanto che può riuscire difficile, ad un primo esame, tenerle distinte dai rispettivi tufi, specialmente quando si presentano più compatte e senza stratificazione. In altri casi si deve parlare addirittura di origine effusiva, anziché clastica. Parlo di certi agglomerati con blocchi di porfi-rite, che affiorano alla base dei veri espandimenti porfiritici (Passo Cereda, Tonadico), per cui si direbbe che in una prima fase rottami di lava e tufi hanno inglobato frammenti degli scisti tolti dal fondo. Una facies speciale è poi data, nei pressi di Mis, da una specie di puddinga scura, a fondo porfiritico, ricca di ciottoletti di quarzo, con o senza altri elementi delle rocce più antiche. Sulla carta ho necessariamente riunito sotto unica colorazione tutte queste varietà di rocce, che in complesso sottostanno alle colate porfìriehe, e che talvolta si ripetono in alternanze irregolari. Il grande sviluppo assunto da queste formazioni nell'alto bacino del Mis, e più moderatamente nei dintorni di Primiero, indica verosimilmente l'esistenza di una depressione orografica, nel rilievo pre-permiano, verso la quale potevano convergere le acque torrentizie, per accumularvi grandi masse di detriti grossolani e poi, col mutare dell'ambiente in relazione colle manifestazioni endogene, di sabbie e arene deposte in bacini più tranquilli (forse in parte già marini), con crescente proporzione del materiale di sfacelo delle nuove rocce eruttive e piroclastiche. Rocce effusive permiane. Porfiriti. - Le porfiriti, che si trovano incluse nella parte basale della serie permiana, sono prevalentemente plagioclasiche, talora anche augitiche e orneblendiche, oppure molto ricche di clorite per alterazione di antiboli e pirosseni. Varia naturalmente anche il colore, dal grigio-nerastro passando al bruno, al bluastro. e talora al verde scuro, anche in relazione con lo stato di alterazione dei plagioclasi. Queste porfiriti affiorano in masse discontinue, di potenza molto variabile da punto a punto, con caratteri di colate, spesso associate a tufi, non sempre distinguibili all'esame macroscopico, e non sempre separabili sulla Carta, data la scala non suflì-cientemente grande. I migliori affioramenti si trovano nella con- — 12 — ca dell'alto Mis, presso il villaggetto omonimo e presso Sagron. Sopra Mis, nel solco percorso dal confine provinciale (ex confine di Stato), si trova anche una varietà di porfirite felsitica verdastra. Poco discosto, alle Case Tirelle, si vedono affioramenti por-firitici di limitata estensione, in mezzo alle filladi, clic per questa ragione si potrebbero ritenere per filoni. Qui risulta essere una porfirite augitica-orneblendica, con tipica struttura porfirica, con evidenti fenocristalli d'augite; potrebbe dunque corrispondere a uno dei filoni di « melafiro » citati dal Mojsisovics (87, |). 342), mentre tutti gli altri affioramenti hanno caratteri di colata. Ritengo poi che possa prender posto tra queste porfiriti permiane. o tra i loro tufi, anche una roccia particolare che affiora sul fianco sinistro della bassa Val Sarzana (a S. della Q. 777), poggiante sopra ortogneiss e ricoperta da arenaria di Gardena. Tale roccia verdastra, profondamente alterata in clorito, si presenta laminata e inilonitizzata, tanto da rivelare un vero epime-tamorfisnio. Questi caratteri già m'avevano indotto ad aggregarla. dubitativamente, al gruppo degli ortoscisti (10, p. 47-48). Nella conca di Primiero, sopra Ormanieo e Tonadico, le porfiriti sono rare, prevalendo invece i loro tufi. Nei rapporti coi porfidi quarziferi, le porfiriti ora descritte stanno normalmente al di sotto, rappresentando esse una prima fase, alquanto basica, dell'attività eruttiva del Permiano inferiore. Porfidi quarziferi. - Si tratta di porfidi generalmente violacei. bruni o rossi, appartenenti alle colate superiori dei porfidi trentini (Porfido di Lagorai, secondo la classificazione del Tiik-ner), che tanto sviluppo assumono ad occidente della nostra area (55). Entro i limiti di questa, nell'angolo nord-ovest, s'affaccia la grande massa porfirica della Cima di Bocche-M. Pradazzo, mentre più a sud, fino al Passo di Rolle, s'avanzano i porfidi della catena di Lagorai, potenti almeno 500 m. Tale spessore ò direttamente misurabile nelle pareti tagliate a picco a sud e ad est del Colbricon e della Cavallazza, pareti che mostrano la caratteristica fessurazione prismatica della roccia, perpendicolare ai piani di sovrapposizione delle diverse colate. Presso la Malga Fosse di Sotto si rinvengono varietà di porfido verdastro (pasta fondamentale verde, con fenocristalli di quarzo, biotite e ortoclasio roseo), con inclusi porfiritici rossi scuri. — 13 — Qui nell'alta Valle del Cismon ci troviamo ai margini dell'area di massima accumulazione dei porfidi tridentini. Da qui verso sud, lungo il Cismon, gli affioramenti s'assottigliano, e si esauriscono poco a sud della Val di Roda. Altre colate di notevole estensione affiorano tra Primiero e la testata del Mia, con prevalenza dei soliti tipi rossi; ma spesso più scuri, violacei, più poveri o mancanti di quarzo e mica, nella parte basale. Solo nelle si 11.11 re di Cenguei sopra Orman ico pare prevalga un porfido verde-grigio scuro, forse equivalente ai « Porfidi di Calamento ». distinti dal Tu un Kit in Val Sugami. Altri due affioramenti si trovano localizzati in Val Sarzana: anche qui sotto al porfido violetto si vede una varietà verdastra, peraltro molto alterata. E' poi da notare che con l'assottigliarsi e il finire delle colate porfiriche nella parte meridionale, si accompagna una relativa abbondanza di tufi, non sempre facilmente distinguibili dai porfidi. A lor volta questi tufi, rosso-bruni, talvolta chiari giallastri, più o meno friabili, si confondono colle arenarie basali e con quelle superiori (Gardena); nò sarebbe possibile una distinzione sicura anche dal punto di vista genetico. Sulla Carta ho tenuto conto specialmente delle condizioni di giacitura in rapporto coi porfidi. Arenaste dì Val Gardena. E" noto che questa formazione, essenzialmente costituita dai prodotti di disfacimento dei porfidi, comprende spesso, negli orizzonti inferiori, anche conglomerati con ciottoletti di quarzo. Le arenarie, di prevalente colore rosso-vino, sono più o meno regolarmente stratificate, con caratteri costanti su vaste estensioni, ciò che porta a pensare ad 1111 ambiente relativamente tranquillo. litoraneo o parzialmente marino. Rare impronte vegetali si rinvennero presso il Passo Cerecla. A volte l'arenaria si mostra in masse omogenee, in banchi di grande spessore, tenaci, così da assomigliare anche per le forme esteriori alle colate di porfido, tanto più che può allora assumere un sistema di spaccature verticali analoghe a quelle delle masse porfiriche. Queste arenarie così compatte offrono notevole resistenza all'erosione, rimanendo in risalto sui pendii (dintorni — 14 — di Falcai le) ; mentre di solito i terreni di questo livello si sfanno facilmente e vanno soggetti talora a intense erosioni. Generalmente i porfidi sono coperti in concordanza dalle arenarie. Discordanze si possono notare dove le masse porfiriche vanno assottigliandosi, e tanto più dove, mancando queste, la formazione arenacea viene a sovrapporsi direttamente su quelle più antiche: cioè sulle brecce elladiche basali (con tutti gli svariati termini intermedi di conglomerati e arenarie di carattere misto), oppure direttamente sulla irregolare superficie d'erosione degli scisti cristallini, dove questa evidentemente formava rilievi, rimasti più a lungo scoperti (Val Cismon a 8 della confluenza colla Val della Vecchia; territorio fra Gosaldo e Frassenè; bassa Val Sarzana). Da queste variabili condizioni derivano le notevoli variazioni di potenza di questa formazione, generalmente non sorpassante i 50-1)0 metri, ma localmente anche molto maggiore, forse 200 ni., specie nell'alta Valle del Biois. Sedimenti del Permiano Superiore. Sopra le arenarie di Gardena — che da ultimo si fanno più grige, o giallastre, e più marnose — si inizia un complesso molto vario ili sedimenti, lagunari e marini, caratterizzati nella parte inferiore da abbondanti inclusioni gessose, che segnano una nota caratteristica nel paesaggio, specie quando danno luogo a pendii franosi e profondamente erosi (dintorni di Falcade, Passo Valles, dintorni del Passo di Rolle, ecc.). I termini più bassi sono spesso rappresentati da strati calcarei scuri, compatti, o marnosi, grigi o brunicci. Altrove invece cominciano subito le marne grigie, cineree o plumbee, alternanti con straterelli bianchi di gesso, spesso minutamente contorti. Tale complesso può assumere uno spessore di parecchie decine, e talvolta di alcune centinaia di metri. In alternanza colle marne gessifere, e poi soprattutto ad esse sovrapposta, si ha la formazione calcarea principale di questo piano. Essa consiste in calcari grigi e nerastri, a strati piuttosto sottili e regolari, compatti e molto tenaci. A Veran presso Agor-do, e in pochi altri punti, ebbi ad osservare strati fossiliferi. Nessun dubbio che questa formazione corrisponda ai noti « calcari a Bellerophon » del Cadore e di altre località delle Alpi o-rientali, sebbene nell'area studiata non mi sia mai riuscito di — 15 — trovare Bellerofonti. Anche nell'elenco dato dal Dal Piaz per il Permiano dell'Agordino questo fossile, non figura (15, p. 13). E' da ricordare che presso Primiero questi calcari scuri contengono i noti giacimenti di minerali di ferro (miniere abbandonate di Transacqua e Valluneda). Spesso si notano, a livelli non costanti, banchi variamente potenti di dolomie e calcari grigi, duri ma friabili, cariati e spugnosi, con intercalazioni marnose e talora anche gessose. Sovente vi si uniscono pochi metri di calcari giallo-ocracei, dall'aspetto conglomeratico, o anche tufaceo-travertinoso. I termini più alti della formazione sono dati da strati sottili più chiari, prevalentemente marnosi, grigi o giallastri, che s'avvicinano per aspetto agli strati werfeniani, ai quali fanno passaggio. Come limite tra le due formazioni ho assunto, quando possibile, una prima fascia di argille rosee o gialle, che si vede bene segnata nei pendii nudi e degradati dei dintorni di Rolle, dell'alta Val JBiois e in altre località, e al di sopra della quale i caratteri delle assise werfeniane, con fossili, si fanno più marcati. .Nel suo complesso il Permiano superiore raggiunge una cospicua potenza, specie nella Valle del Biois (200 metri o più), anche a prescindere da quell'apparente ispessimento che è prodotto dal rigonfiamento e minuto contorcimento delle marne gessi fere. I terreni descritti sono spesso sede di fenomeni carsici; poco nei calcari, che sono spesso accompagnati da straterelli marnosi; molto invece negli strati gessiferi ('). - Quando questi strati sono messi allo scoperto, specie sui pendii ripidi, l'intenso dilavamento superficiale prevale sopra gli effetti della solubilità ilei gesso. Questi invece si manifestano indirettamente (con buche, imbuti, piccole doline in gran numero) nel rivestimento detritico alluvionale e morenico, nel terreno prativo e boscoso, che cela la natura gessosa del sottosuolo (dintorni del Passo di Rolle, Valles, Fal-cade, Voltago, ecc.). Altre manifestazioni legate alla solubilità dei gessi e dei calcari, sono le sorgenti incrostanti, e talvolta leggermente sulfuree, che scaturiscono da questi terreni, o a breve distanza (Falcade, Prati di Col presso S. Martino, Voltago, Val-cozzena, ecc.). (') Si confrontino a quosto proposito lo accurate ricerche del Marinelli (S2, 34). — .10 — S CIT I C 0 Strati di "NVebfkn. Anche le formazioni del Trias inferiore conservano nell'area, in esame i caratteri essenziali ben noti in tutta la regione dolomitica, dove il piano Scitico è sempre bene rappresentato dalle « arenarie variegate » o « strati di Werfen ». Trattasi infatti di una potente alternanza di arenarie fine argillose, talvolta alquanto micacee, e di marne, con intercalazioni irregolari di calcari impuri di vario aspetto. Questo complesso di strati va soggetto a franare facilmente, e ad un energico dilavamento superliciale, specialmente quando sono scoperti ed erosi i sottostanti strati permiani : tipici i « ( j rutti rossi » sopra S. Martino di Castrozza, e altre sponde erose presso Rolle e Yalles. D'altronde si tratta dei terreni più fertili e ricchi d'acque, tra quelli sedimentari, cosicché comprendono la massima parte dei versanti boscosi attorno al massiccio delle Pale. Come livello impermeabile alla base delle masse dolomitiche, sono sede delle più numerose e delle più grosse risorgive. Abbondano le impronte di lamellibranchi : banchi a Pseud-domonotis darai, specie nei livelli inferiori dei dintorni di Fal-cade; banchi a Myacites, ecc., in vari livelli. Relativamente frequenti pure gli strati a gasteropodi nei livelli superiori. Sul terreno una grossolana distinzione di livelli è possibile in base alla colorazione, perchè come al solito, se nella parte superiore (« strati di Campii o di Longiarù ») predomina decisamente la tinta rosso violacea delle arenarie micacee, nella parte inferiore, o « strati di Si usi », invece si alternano alcune zone rosse e rosee, con altre più estese zone giallastre o grige. Trattandosi di una distinzione spesso vaga e comunque di scarso significato, non ho creduto di trasportarla dai rilievi originari alla carta definitiva. Intercalazioni di gessi sono rare. Ne osservai alcuni sottili straterelli entro le arenarie rosse superiori nelle pareti franose a N della Pala Monda (alto Cismon). Nei livelli medi-superiori di frequente s'incontrano banchi irregolari di calcari giallastri, o rossicci, oolitici o conglomeratici, o arenacei, spesso formanti un vero impasto di piccoli gusci male riconoscibili (« oolite a gasteropodi »), frequentemente citati dagli autori. A questi bau- — 17 — chi molto caratteristici, di cui la presenza, l'estensione e la posizione stratigrafica non sono costanti, talvolta si uniscono pure conglomerati grossolani di tipo anisico (V. sotto). Ma anche dove mancano queste intercalazioni calcareo-con-glomeratiche entro gli strati sicuramente werfeniani, il limite tra lo Scitico e l'Anisico è molto incerto, perchè sopra la serie normale delle arenarie rosse si ha spesso un'alternanza di calcari marnosi e compatti, o anche dolomitici, e di altre arenarie di color rosso vivo, e conglomerati, che si possono volta per volta ascrivere meglio all'uno o all'altro piano, secondo le condizioni locali. ANISICO In questo piano cominciamo ad osservare sensibili variazioni locali, e anche vere eterotipie, con facies differenziate, specialmente nei livelli superiori. Vediamo infatti iniziarsi quelle formazioni di scogliera corallina, che continueranno nei piani successivi, e che hanno dato origine a banchi, lenti e masse più potenti calcareo-dolomitici. Inoltre, in alternanza coi comuni calcari anisici, od anche in serie continua, si sviluppano formazioni essenzialmente clastiche, che si possono considerare come un'altra facies a sè stante. Incomincio da questa. Conglomerati e arenarie. - Un termine litologico importante, che spesso si assume come termine basale dell'Anisico, è un conglomerato compatto, designato da alcuni col nome di Richthofen, formato da ciottoli varicolori derivati dagli strati werfeniani sottostanti, più o meno elaborati. Insieme con lenti sabbiose, questi conglomerati grossolani formano banchi discontinui, di vario spessore lino a 15-20 metri, compresi fra i depositi più spiccata-tamente marini e litoranei, evidentemente secondo come variava lo sfocio dei torrenti ai margini pure variabili di una terra momentaneamente emersa. Perciò non ò meraviglia che i conglomerati stessi occupino posizioni incostanti tra le altre formazioni del Werfeniano superiore e dell'Anisico. Essi si trovano infatti variamente associati ai calcari oolitici, alle arenarie rosse, ecc. degli strati di Werfen (V. sopra), come ad altre arenarie ed a calcari sicuramente anisici (Ron de Soni, sopra Cencenighe), per cui non si prestano ad essere assunti come un sicuro livello-guida. — 18 — Le ora citate arenarie anisiche si distinguono da quelle wer-feniane, quando possibile, non solo perchè spesso esse si trovano al di sopra di banchi di conglomerato o di calcare compatto; ma specialmente per taluni caratteri intrinseci. Prevalgono infatti arenarie ora più argillose, ora più calcaree, general niente prive di fossili, di colore rosso mattone intenso, con sporadiche variazioni rosee, gialle, grigio-verdi o cerulee. La stratificazione è spesso irregolare, poco appariscente, o può affatto mancare per grosso spessore. Si notano anche passaggi laterali a. conglomerati di vario aspetto, con prevalente cemento rosso, ed a calcari bianchi brecciati. Ala non sempre questi caratteri distintivi sono così manifesti, che non si rimanga in dubbio se tenere queste arenarie superiori separate o no da quelle werfeniane. Anch'io in passato ho spesso ristretto lAnisico inferiore alla sola facies calcarea (Mu-schelkalk), comprendendo tutt'al più alcune zone conglomerati-che ,ed arenacee più strettamente connesse ai calcari (7, a). A vedere le carte dei precedenti autori, si direbbe che anche essi abbiano fatto altrettanto, pur riconoscendo nei loro scritti la presenza nel Muschelkalk di conglomerati e arenarie rosse {37, pp. -Iti, 48; 44, p. 141). Ma le ulteriori ricerche mi hanno mostrato la necessità di considerare questo complesso litologico non come semplice intercalazione, bensì come una formazione sufficientemente bene individuata (comprendente per necessità anche i banchi calcarei o dolomitici, spesso tipicamente anisici, sottostanti alle arenarie rosse), bene rappresentata in quasi tutta l'area in esame, con notevole potenza (che in Val di Gares supera certo i 50 in.), esigente quindi di figurare con proporzionata ampiezza anche sulla Carta. Dunque sarebbe una formazione di passaggio fra lo Scitico e lAnisico, che però dovrebbe spettare in massima parte al secondo di questi piani, come facies normale dei suoi livelli inferiori. Ma spesso perdura anche nell'Anisico superiore, come facies particolare a fianco delle altre formazioni tipiche (V. sotto). Con ciò all'Anisico viene a riconoscersi una potenza complessiva molto maggiore di quanto usato finora, più conforme a quella che gli si assegna nel vicino territorio zoldano {$7, p. 318; 28, p. 21-24; 29). Facies calcarea. - Nel loro più comune aspetto, le formazioni anisiche, specie nei livelli inferiori-medi, consistono in una pila — 19 — di strati (li calcari impuri, più o meno marnosi, non di rado alquanto bituminosi, prevalentemente grigi, fino a neri, variamente tenaci. La potenza di questi calcari, generalmente bene stratificati, varia molto: da pochi metri, intercalati o sovrapposti alle formazioni arenacee, e alla base delle pareti dolomitiche, fino a spessori di oltre 100 metri. E' sul versante SE delle Pale, sopra Val Sarzana e Val del Mis, e in qualche tratto del versante nord, che si riscontra il maggiore sviluppo della facies calcarea, che diremo normale. Ivi mancano infatti, o quasi, le formazioni dolomitiche, ed anche le arenarie rosse sono limitate ad affioramenti sporadici. Invece possiamo osservare nella serie dei calcari alcuni orizzonti caratteristici, che spetterebbero all'Anisico superiore. Tali sono specialmente : ,a) Grossi banchi di calcari marnosi, terrosi, talvolta no-dulari e conglomeratici, abbastanza tenaci, grigi o cerulei, ma con caratteristiche macchie o zone giallo-brune per alterazioni superficiali; talora ricchi di brachiopodi, e specialmente di Spingerà trigonella. I migliori affioramenti sono attorno alla Malga Luna, sopra Frassenè. Da questi calcari macchiati si può passare ' direttamente alle pietre verdi, o ad altri terreni ladinici; oppure a : b) Calcari a diplopore, con brachiopodi, crinoidi, ecc.; talora compatti, chiari, come sul versante orientale del Dalailiol, in vicinanza delle formazioni di scogliera; tal' altra saccaroidi scuri, quasi neri, durissimi, formanti un orizzonte abbastanza caratteristico, ma discontinuo. Accenno ora ad alcune condizioni locali dei settori settentrionali. Sotto la parete occidentale del Cimon della Pala le marne rosse sono molto sviluppate e includono banchi di oolite rossa e giallo-bruna fossilifera, e qua e là anche conglomerati e strate-relli di gesso. Sopra questo complesso, che in massima parte dovrebbe essere ancora werfeniano, seguono banchi di calcari giallo-grigi, anche notevolmente potenti, ma non costanti e con qualche intercalazione marnosa. Indi riprendono le arenarie marnose rosse, ma del tipo anisico, con variazioni laterali di colore e — 20 — eli potenza elei singoli banchi, e alternati con strati grigi chiari ('). Le arenarie sorreggono finalmente una pila eli varie decine di metri di calcari grigi e bianchi lattiginosi, ili vario aspetto, con qualche banco superiore ricco ili diplopore. Facendosi sempre più compatti questi calcari passano gradualmente ai calcari dolomitici di scogliera, della parete ilei Cimone. Attorno al Castellazzo l'Anisico inferiore ò ancora più variato, con più frequenti alternanze di strati calcari fossiliferi va-ricolari, e di arenarie e conglomerati, che ancora affiorano sopra la sella di Q. 21.00. Nei monti a sud della Val Biois, in Val Garès, ecc., le arenarie rosse superiori hanno grande sviluppo, segnando una fascia continua molto evidente lungo tutti i versanti, separata dalle arenarie werfeniane per una grossa bancata di calcari grigi, e spesso anche associata a banchi di conglomerato grossolano (particolarmente nel versante N del M. Palmina, a circa 1900 ni.; al M. Pettenassa verso i 1700 ni., già nei livelli più alti delle arenarie). Sulla destra della Val Garès (Val Longhere, ecc.) queste potenti arenarie rosse stanno sopra alla fascia di calcari marnosi, e verso l'alto passano rapidamente a calcari scuri zonati e a pietre verdi, cioè a tipiche formazioni del livello ili Livinallongo. Tale continuità tra la facies arenacea anisica e quelle caratteristiche del Ladinico inferiore, si riscontra del resto anche altrove, sia in questo settore settentrionale (2), sia in quello meridionale (es. sotto Forcella d'Oltro). Ala in generale si sa che nei livelli, piìi alti dell'Anisico si sviluppa la facies dolomitica; e dove questa subisce una maggiore riduzione (M. Palmina, sbocco di Val Fioita) ciò va piuttosto a vantaggio della facies calcarea normale, compresi gli orizzonti più caratteristici menzionati più sopra per il settore sud-orientale. Un aspetto piuttosto singolare presenta l'Anisico a N di Cen-cenighe (Pian delle Anime, Ron de Sora). Insieme a lenti di conglomerato affiorano certi singolari calcari oolitici grigi, e altri calcari arenacei rossi, molto tenaci, oolitici o compatti, spesso (') Si vedo bene questa serio piegata in sinclinale nello sperono clic termina a Q. 20(14. (4) Condizioni analoghe si trovano sul M. Forca, ad W di A Meglio. Ivi assumendo come iverfeniani gli strati arenacei, si è facilmente indotti ad ammettere una serie di dislocazioni, per spiegare i frequenti contatti fra essi e gli strati di Livinallongo, complicando maggiormente la già complessa tettonica di quel monte. Cfr. {44). — 21 — fossiliferi (Mioforie, Gervillie, ecc.). Trattasi probabilmente di varietà calcaree delle arenarie rosse superiori ('). Facies dolomìtica. - A prescindere da alcuni banchi dolomitiche si possono osservare intercalati in vari livelli dell'Anisico arenaceo o calcareo, la tipica dolomia anisica — da molti ancora detta « Dolomia della Mendola », da alcuni « Dolomia della Seria » (J,7) — viene spesso considerata quale formazione normale dell'Anisico Superiore. Essa si trova bene sviluppata soltanto nella parte settentrionale del territorio di cui ci occupiamo, in quella sud-orientale essendo quasi completamente sostituita dagli strati calcarei già descritti. Lungo l'alto Cordevole, nel bacino del Biois e nell'alto Traviglielo la dolomia affiora infatti come una bancata quasi continua, ripetuta localmente per cause tettoniche. Tale bancata prende un netto risalto morfologico, formando una fascia rocciosa rilevata, attraverso i versanti dei monti, e anche speroni e alture rocciose isolate, di cui il miglior esempio è offerto dal Ca-stellazzo. Lo spessore massimo (circa 300 111.) si osserva nella chiusa del Cordevole sotto Cencenighe, probabilmente perchè ivi la formazione dolomitica si estende verso l'alto già nei primi livelli ladinici, a spese degli « strati di Livinallongo », che proprio lì si vedono ridotti ad uno spessore minimo. Sono appunto tali caratteristici strati, che ci permettono di definire sicuramente la dolomia anisica. interponendosi essi fra questa e la dolomia ladinica. Dove essi mancano, non vi è modo di considerare la dolomia anisica come una formazione a sè (V. più avanti). Altrove la dolomia anisica s'assottiglia, a vantaggio delle altre facies coeve già descritte. Così per es. sul M. Palmina la bancata dolomitica si riduce quasi a nulla, permettendo lo sviluppo regolare dei sedimenti calcarei di mare libero (V. sopra). Qualche cosa di analogo si osserva in talune località centrali : in Val S. Lucano presso Col di Pra, e sopra la Malga Ronz in Val Cismon; per passare poi ai bacini ilei Mis e di Val Sarzana che sappiamo liberi da scogliere dolomitiche di questo periodo. Rispetto alle grandi scogliere ladiniche, di cui avremo da occu- (M Ranchi a Mioforie con analoghi caratteri sono ricordati talvolta corno apparto-nenti agli strati di Campii {20, p. 27). — 22 — parci, le analoghe formazioni dell'Anisico occupavano dunque maggiore estensione verso nord, ma molto più ristretta verso sud e est. Dal punto di vista litologico, come per le altre maggiori formazioni «( dolomitiche ». si deve avvertire che non si tratta sempre di vera e propria dolomia, ma di calcari dolomitici a tenore variabile, e con talune diversità da sito a sito, per quanto riguarda la compattezza, il colore, ecc. Il carattere di costruzione di scogliera è però quasi sempre evidente La stratificazione è grossolana, o manca del tutto per grandi spessori. Con una certa frequenza s'incontrano banchi di calcari a diplopore. Non sono rare invece le forme di degradazione caratteristiche dei calcari più solubili: solcature carsiche, buche e conche doliniformi, appena si presentino favorevoli condizioni topografiche : per esempio sull'altipiano dei « Fochetti » (che significa appunto piccole buche) di Focobon, sia sopra i calcari anisici di scogliera, sia su strati calcarei già bulinici. LADINICO Strati di Livinallongo. Le formazioni di questo primo livello ladinico sono bene rappresentate nelle valli attornianti il Gruppo delle Pale, con spessori che, nell'Agordino, raggiungono forse i 200 metri. Coni' è noto, esse comprendono una notevole varietà di tipi litologici, che vanno dai comuni calcari grigi, compatti, a strati sottili; a quelli più marnosi e spesso bituminosi, scuri, finemente zonati; agli altri straterelli di calcari nodulari, con croste e noduli di selci grige, gialle, ecc.; ai tufi silicei sottili, compatti, in strati grigi o verde-azzurri, molto caratteristici (« pietre verdi ») : con frequenti intercalazioni, inoltre, di tufi arenacei scuri. Fra i comuni calcari marnosi — a superficie spessa improntata di Daonelle — si possono talora vedere interposte marne fogliettate scure, con impronte vegetali. Alcuni calcari neri si prestano a essere lavorati come marmo (Val Sordina). Le pietre verdi assumono maggiore sviluppo attorno alla conca agordina (38) e presso Primiero (Sasso della Padella), e vi rappresentano depositi di ambiente marino tranquillo, lontano — 23 — dai centri eruttivi. Ma si ritrovano pure in Val Biois, entro o in vicinanza delle formazioni prettamente vulcaniche del gruppo di Pape, depositate in momenti di sosta dell'attività eruttiva locale, in alternanza coi calcari marnosi e selciferi, e coi tufi augitici. Quando nell'Anisico superiore manca la facies dolomitica, il passaggio dagli strati anisici a quelli ladinici è meno netto, attraverso una serie di calcari scuri più o meno bituminosi. Così nell'alta Val Canali è dubbio se i termini più alti di quei potenti stivati calcarei, che formano, tra l'altro, il gradino che sbarra la valle presso il Rifugio Treviso, appartengano già al piano di Li-vinallongo, il quale in ogni caso è qui rappresentato soprattutto in facies dolomitica, nella parte basale delle pareti rocciose sovra-incombenti. Sulle falde meridionali dell'Agner osservai i primi strati silicei grigio-verdastri al di sotto dei calcari marnosi macchiati così tipici dell'Anisico superiore (orizzonte a trigonelle. V. sopra). Dove lAnisico superiore si sviluppa in facies dolomitica, gli strati di Livinallongo la ricoprono regolarmente, per vasti tratti. Si vede che in questi tratti la costruzione delle scogliere organo-gene è stata interrotta in modo repentino, o per rapido abbassamento del fondo marino, o fors'anche per intorbidamento delle acque causato dalla prima attività vulcanica. La facies dolomitica dunque non scompare, durante questa fase, ma si riduce su aree più ristrette, che vengono poi ad essere le aree centrali dei grandi massicci dolomitici ladinici. Infatti in tali massicci, della Civetta (8) e delle Pale, dove l'erosione ha operato profondi intagli, si può seguire l'assottigliamento graduale degli strati di Livinallongo dalla periferia verso il centro, da molte decine fino a pochi metri di spessore, rappresentati per lo più da calcari grigi o nerastri ben stratificati, che interrompono le pareti dolomitiche, talvolta anche in due o tre fasce o cengie ripetute (parete Est del Cimerlo; base della parete del Ci-111011 della Pala, con terrazze oblique di calcari fetidi salenti verso lo spigolo nord; ecc. ecc.). Anche oltre il termine dove queste intercalazioni praticamente cessano, si può vedere la parete dolomitica) per un certo tratto tagliata ancora da una semplice linea di discontinuità. Nei distretti vulcanici a nord delle Pale gli strati di Livinallongo formano normalmente la base delle masse di materiali e- — 24: — ruttivi (lave, tufi, conglomerati). Particolare sviluppo essi presentano sui piccoli altipiani della diruta Casera di Sais (Forno di Canale) e dei Fochetti di Focobon. In quest'ultima località si osserva l'intercalazione dei primi banchi di lava, in mezzo a questi strati. Ma poi sovente questi calcari impuri, con selci, si intercalano tra te formazioni eruttive in vari livelli, anche a notevole altezza. essendosi evidentemente depositati durante le soste dell'attività endogena. Di questa specie sono, a mio avviso, le brevi lingue calcaree del M. Tamer e della Punta dei Mar, e quelle maggiori intercalazioni, tutte comprese tra le lave, o tra lave o tufi, sul lato sud della montagna di Pape, dalla Casera Ambro-sogn alla Costa Palazza, presso la Malgonera e in Valgrande. Le quali intercalazioni calcaree si vedono lateralmente congiun-gersi, intimamente concresciute, con le propaggini dei calcari di scogliera, sul fianco nord delle Pale di S. Lucano. Del resto, anche prescindendo da queste lingue calcaree prolungate entro i depositi eruttivi, è un fatto molto frequente che al contatto laterale fra detti depositi e le scogliere dolomitiche si interpongano zone di calcari listati, selciferi, ecc., con soventi tracce di solfuri metallici (assaggi minerari). In altri casi invece la presenza di pacchi di strati calcarei, più o meno contorti, in posizioni diverse entro le masse eruttive, si interpretano meglio come effetto della stessa attività endogena (V. sotto); in altri ancora come ripetizioni tettoniche (V. parte seconda). Marne e arenarie del piano di « La Valle ». Lungo il versante orientale dell'Agner-Croda Grande, sopra ai predetti strati di Livinallongo,si trovano: a) alcune decine di metri di strati marnoso-tufacei, in alternanza con calcari marnosi scuri, con aspetto di Flysch. tipico del piano di « La Valle » (Wengen) delle valli ladine e del Cadore; b) arenarie tufacee scure. brune o rossicce, spesso anche conglomerati e puddinghe a ciottoletti quarzosi arrotondati, di vario colore. Questa successione si osserva particolarmente bene noli' alta Val di Zoppei (Malga Losc, Malga Agner), dove tutto il complesso supera forse i 150 metri di potenza. Questi e gli altri lembi riportati sulla Carta, si appoggiano e si innestano sulle più esterne bancate calca-reo-dolomitiche della grande scogliera delle Pale. In tali depositi — 25 — clastici litoranei — che si possono osservare anche sulla sinistra del Cordevole (8, p. 14), — entrano certamente materiali tufacei provenienti dai centri di attività vulcanica situati più a nord, nel bacino Biois-Alto Cordevole, di cui ora passerò a trattare. Si vedrà che anche nel complesso (li materiali piroclastici di quel distretto, almeno alcuni tipi di tufi marnosi, nella parte superiore, si avvicinano al solito tipo degli « strati di Wengen ». ROCCE ERUTTIVE E PIROCLASTICHE DEL LADINICO I prodotti vulcanici del Ladinico occupano una vasta area sul lato settentrionale del Gruppo delle Pale, bene delimitata da ogni parte, e suddivisa in due settori principali dalla profonda erosione della Val di Garès: sono il sottogruppo della Cima di Pape a est, e quello minore del Cimon della Stia a ovest. Il colore scuro di queste rocce, grige, o bruno nerastre, però spesso inverdite d'erba fino alle massime quote, costituisce il motivo dominante del paesaggio di queste montagne, in netto contrasto col biancore delle aride rocce calcareo-dolomitiche. I fianchi dirupati verso la Val Focobon, la Val di Garès e la valle del Cordevole sotto C'encenighe, sono essenzialmente modellati dai processi erosivi. Perciò su questi lati i limiti originari del distretto eruttivo non ci sono noti; ma è molto probabile che esso si estendesse notevolmente verso nord, nell'area dell'attuale valle del Biois, per congiungersi verosimilmente con le masse dei tufi e conglomerati lavici, che ci sono conservati nelle montagne a settentrione della valle stessa (Cime di Pezza, Piz Zorlet, ecc.). Verso sud invece le rocce eruttive si appoggiano alla massa dolomitica delle Pale, per contatto originario, in qualche punto per contatto tettonico. Al di fuori di quest'area eruttiva, vi è poi uno stuolo di filoni attraversanti i sedimenti ladinici e quelli più antichi, e specialmente frequenti nel sottogruppo del Focobon e nel bacino di testata del Travignolo. I prodotti effusivi compaiono sotto forma di colate porfiriti-ehe, più o meno potenti, direttamente sovrapposte o in alternanza con potenti depositi di tufi e agglomerati vulcanici. L'inizio dell'attività eruttiva coincide coll'inizio del Ladini- — 26 — co. In qualche tratto, come ad es. presso il Passo Venegiotta, le porfiriti poggiano sulla dolomia anisica. I più elevati prodotti vulcanici potrebbero già appartenenere al livello di S. Cassiano, come il Nòth (44) ha dimostrato per l'alto Cordevole. Uno studio petrografico su questo complesso eruttivo fu pubblicato dal Keyserling nel 1902 (84). Egli diede una descrizione particolareggiata dei principali tipi litologici, completata da notizie sulla loro distribuzione topografica, in particolare pel settore tra l'alta Val di Garès e la Malgonera. Per i tipi prevalenti il materiale da me raccolto corrisponde alle notizie date dal Keyserling. Posso così confermare l'unità sostanziale ilei complesso eruttivo, anche per i versanti che l'autore tedesco non aveva visitati. sui quali però ho riscontrato una maggiore frequenza di porfiriti acide e di porfido. Lo studio del materiale raccolto dal punto di vista della moderna petrografia rimane ancora da fare. Il cenno che io ne do si basa sull'esame di numerose sezioni sottili, fatto nell'Istituto di Mineralogia dell'Università di Padova, sotto la guida del Prof. Angelo Bianchi, al quale porgo, anche da queste pagine, i più sentiti ringraziamenti. Lave porfibitiche. La grande prevalenza delle rocce effusive è data da porfiriti scure, augitico-plagioclasiche, però molto variate nella composizione e nella struttura. Dai tipi più basici di vere porfiriti augi-tiche, si passa alle porfiriti plagioclasiche con più rari pirosseni. Macroscopicamente sono sempre ben visibili i cristalli di augite, talora di discrete dimensioni; più raramente, nei tipi più acidi, spiccano anche i cristalli bianchicci, o verdolini, ilei plagioclasi, che di solito entrano con maggior abbondanza a costituire la massa di fondo. I passaggi ila un tipo all'altro, o da una varietà all'altra, sono talvolta netti, trattandosi di differenti colate sovrapposte; ma più spesso si notano invece sul terreno passaggi graduali, cosicché si rende impossibile una separazione rigorosa dei vari tipi, e tanto meno una rappresentazione sulla carta della loro distribuzione. Mi sono quindi limitato a segnare alcune aree, nelle quali ho trovato prevalente uno dei tipi estremi, più basici o più acidi. — 27 — I. Porfiriti augitiche e augìtico - plagioclasiche. - I termini più basici sono dati da certe lave quasi nere, al limite verso i tipi melatirici, che si rinvengono nell'alto vallone di Rudelefin, sopra la Casera. Ma non molto diverse (leggermente più ricche di pla-gioclasi, anche in piccoli fenocristalli, e più povere di elementi ferniei) sono quelle che, con maggiore diffusione, si incontrano in varie località, particolarmente nelle pareti sotto la Palalada in Val Garès, e a livelli più elevati nella punta dei Mar, a Cam-pigat, nella Val di Gardès, ecc. Caratteri comuni sono i bei cristalli idiomorfi di pirosseno e quelli di plagioclasio (di composizione media labradoritica), immersi in una massa fondamentale a grana media o minuta, costituita da una seconda generazione degli stessi elementi, con olivina (o prodotti secondari da essa derivati), ilmenite, magnetite, apatite, ecc. come minerali accessori. La sostanza vetrosa generalmente scarseggia, ma in qualche campione si rivela un fondo vetrofirico distinto (Val Gardès). II. Porfiriti plagioclasìco-augitiche. - Sotto questa denominazione comprendo le rocce laviche più largamente diffuse, nelle quali i feldispati ed i pirosseni stanno fra loro in rapporti vari, ma senza una spiccata prevalenza degli uni sugli altri. Sono in complesso gli stessi tipi precedenti, differendone solo per la maggiore abbondanza di plagioclasio. Macroscopicamente non sempre si differenziano da quelli del primo gruppo, presentandosi i feldispati spesso alterati, e prevalendo nella massa fondamentale ossidi di ferro e prodotti di alterazione, per cui tale massa si presenta omogenea, bruno-nerastra-, in essa l'augite può anche scarseggiare. Altrove però i feldispati danno una caratteristica tinta chiara alla massa, in cui si distinguono i neri cristalli d'augite. Di tali porfiriti feldispatiche ad augite son formati in gran parte il Monte Tamer ed il Cimon della Stia, le cui pareti mostrano gli esempi più belli di strutture colonnari. Altre volte il carattere più evidente ò dato dai numerosi grossi cristalli di plagioclasio verde chiaro, con più rari cristalli di augite, immersi in una massa grigia o verdastra o violacea, più o meno scura. La pasta di fondo è per lo più olocristallina, e talora così marcatamente granulare, da ricordare quella di una roccia in- — 28 — trusiva o filoniana. Non mancano però tipi a massa vetrofiriea, e in qualche caso con abbondante sostanza vetrosa. Qua e là si notano facies amigdaloidi, con inclusi di zooliti, di calcite e di altri prodotti secondari. III. Porfiriti fcidi spati che acide ad augite. - Localizzate specialmente in determinati punti del versante orientale (Cordevole), si trovano rocce, che si distinguono da quelle prevalenti ora descritte, per una maggior compattezza della grana, e perchè accanto al plagioclasio predominante, con scarsi elementi fornici, contengono nella massa di fondo anche un po' di ortoclasio. 2503 Fig. 1 - Il versante nord della Cima di Pupe (visto dalla . 211(1). 1. turi arenacei, bene stratificati. - 2. conglomerati tufacei con ciottoli ili por-firite. - S, lave ciliare, arido. - 4. lave angltlche «cure. - 6, conglomerati ili tufi e Morelli calcari, con rari IiicIunì invici. La roccia è tenacissima, di tinta piuttosto chiara, spesso tendente al rosa. La struttura è meno distintamente porfirica, e tende piuttosto a quella granulare olocristallina : molti campioni potrebbero essere attribuiti a facies intrusive, accostandosi per l'aspetto e per la composizione a tipi monzonitici. Ma i rapporti di giacitura mostrano invece, per lo più, che si tratta ancora di masse di colata. Tale per es. la bancata alla base dello sperone, che dalla Cima di Pape scende verso est (N. 3 della figura 1). In probabile continuazione con questa bancata, la stessa roccia affiora più a SE, nel vallone di Ruclelefin; e poi, con caratteri analoghi, la ritroviamo in posizioni più basse nel vallone tra Man-driz e il col del Pez, e fin su presso i fienili della Busa (Q. 1897). La questo tipo si passa però ad altri, stabilendosi tutti i termini di transizione, da un lato alle porfiriti plagioclasiche precedentemente descritte, dall'altro a tipi ancora più acidi, derivati i — 29 — cioè da un magma sienitico, a fondo spiccatamente roseo. Particolarmente interessante è il risalire il pendio sopra la citata località della Busa (a NE della Cima di Pape), dove in breve spazio si succedono bancate diverse, di lave appartenenti a questo gruppo, e con termini ancora più acidi, fino a veri porfidi non quarziferi (V. sotto). IV. Porfidi non quarziferi. - Rappresentano i termini più acidi osservati nel complesso effusivo. Si tratta di rocce violacee o rossiece, durissime. Contengono fenocristalli di plagioclasio acido e di scarso ortoclasio con biotite e poca augite, immersi in una massa finissima rossa, ricca di sostanza vetrosa, spesso a tessitura fluidale. Le ho rinvenute alla Busa, insieme coi corrispondenti tufi, e alla Forcella Caoz. Ma poi si presentano copiosissime in forma di proietti, inclusi nei conglomerati tufacei che vedremo largamente diffusi, oppure in grossi blocchi più isolati (Malga Prademur). Altrove invece rocce a composizione sienitico - monzonitica, ma con struttura meno porfirica, olocristallina, simile ad alcuni termini già descritti nel gruppo III, a grana minuta rossa, con più rari cristalli di augite, ma ricchi di ortoclasio, compaiono isolati qua e là, in mezzo alle porfiriti plagioclasico - augitiche (alta Val della Pissa; Val del Zei). Non si può escludere che in parte si tratti di filoni, a carattere intrusivo, sebbene i rapporti di giacitura non mi siano apparsi chiaramente. Filoni. Filoni basici, con caratteri analoghi ai vari tipi di porfirite augitica e plagioclasico-augitica, sono frequenti sia entro la massa effusiva principale, sia anche al di fuori. Ma nel primo caso la somiglianza colle rocce incassanti, laviche o tufacee, di rado permette di distinguerli chiaramente. Invece con particolare evidenza spiccano i filoni di tinta scura attraverso le bianche dolomie del sottogruppo Mulaz - Focobon (Tav. Ili, fig. -t). e del Castel lazzo, con direzione generale NW - SE, spesso determinando anche, per la loro maggiore friabilità, profonde incisioni — 30 — (canaloni) nelle pareti di roccia ('). Molto frequenti si vedono anche filoni nei terreni permiani e scitici dell'alta Val Travignolo. E' noto che filoni analoghi porfìritico - melafirici abbondano anche in altri gruppi delle Dolomiti occidentali, e già il Mojki-sovics ne aveva segnalate le probabili connessioni coi centri eruttivi di Fiemme (Predazzo e Monzoni : cfr. 37, pp. 388, 388). Ma per il nostro distretto vedremo che non è necessario cercare un tale legame, essendoci uno o più focolai vulcanici locali. -Nello spazio che ci interessa i filoni sono costituiti da porfiriti più ,o meno basiche, analoghe a quelle delle masse effusive già esaminate. Anche la struttura prevalente è quella di tipiche porfiriti. Alcuni dei tipi estremi, per la maggiore basicità e per la caratteristica struttura intersecale della massa fondamentale, si possono senz'altro considerare filoni melafirici. Tale per es. un bellissimo filone che attraversa la parete SW della Punta dei Mar .Qualche altro mostra fenomeni di avanzatissima uralitiz-zazione dei componenti fornici. Non mancano tracce di metamorfismo di contatto, specie sulle rocce sedimentarie, ma sempre di modesta importanza. Prodotti piroclastici. 1. Brecce laviche e tufacee. - In tutto il tratto montuoso compreso tra la Val di Garès e la Val Reiane, dalla Forcella Ce-surette a quella di Caòz, è difficilissimo tracciare una netta separazione tra le lave di colata e gli ammassi di materiale rimaneggiato, caoticamente disposto, pur esso di natura porfiritica, con augite e variabile proporzione di elementi plagioclasici chiari. Le lave augitiche formano quasi tutto il versante di Garès; ma la parete terminale del monte di Palalada e delle Valghere, e la cresta verso la Forcella Cesurette sono invece costituite da giganteschi accumuli di brandelli e blocchi lavici d'ogni dimensione, legati da elementi minuti della stessa composizione. Nel versante di Val Reiane le lave in giacitura normale sono (') L'effettiva presenza ili alcuni doi filoni elio ho Regnato sulla carta è provata soltanto (lai ritrovamento di pochi frammenti di roccia porfiritica in mozzo al detrito dolomitico sul fondo dei canaloni. Si può ritenere elio in roalti'i i filoni siano piti numerosi, lungo quella serio di canaloni subparalleli dio incidono il massiccio dolomitico del Mula/ o del Focobon, fino alla Vallo dolio Cornelio od oltre ; canaloni olio, comunque, si sono formati lungo spaccature della roccia, gonoticumeiite legate, conio vedremo, al fenomeno filoniano (v. anche la fig. 2 sulla Tav. IV). — 31 — limitate alla parte basale, fino sui 1400 111. sopra Casera Fratta e fino a 1500-1550 sotto le Valghere; il tratto eli parete più ripida sovrastante è infatti anche qui costituita da un impasto, abbastanza tenace, di lave triturate e di tufi grossolani. Più in alto ancora i fianchi rivestiti di boschi, di arbusti e di prati rigogliosi fino alle sommità, non permettono una chiara visione della costituzione litologica; il materiale che si raccoglie è quasi sempre di natura porfiritica, più o meno fresca; e ciò può far credere di trovarsi sopra estese colate di lava ('). Ma in generale, come mostrano anche gli affioramenti delle creste, dal Colon alle Valghere, si tratta di materiale brecciato, triturato, con roccia sana qua e là per brevi tratti: forse brandelli lavici di maggiori dimensioni gettati in mezzo a questo materiale di esplosione. E' tuttavia possibile rinvenire qua e là lingue di lava in posizione normale. Salendo da Val Reiane verso Campigat, si osserva taluno eli questi banchi di porfirite, fra 1000 e 1700 in., non lontano dal contatto verso i calcari, e senza limite netto verso i conglomerati tufacei, contenenti blocchi lavici angolosi d'ogni dimensione. La alture a sud della Forcella Cesurette, lino sul Campo Boaro, che ho segnato sulla carta nello stesso modo, in realtà risultano .di costituzione solo parzialmente analoga a quella ora detta, delle dorsali più a nord. Vi prendono parte infatti anche grosse bancate di conglomerati del li tipo (V. sotto), con qualche colata lavica intercalata (per es. una s'incontra a circa 2100 ni., salendo da nord). Ammassi caotici di brecce laviche e tufacee di tipo analogo si riscontrano più o meno potenti ed estesi in varie altre località, non riportate tutte sulla Carta: in particolare alle Punte dei Mar, a ponente della Val Garès. Solo in qualche punto (versante est del Passo Lucali) può essere intervenuta una frantumazione postuma delle masse laviche, per cause tettoniche. II. Conglomerati. Un tipo che di solito si distingue nettamente da quelli ora descritti, ò dato da conglomerati di blocchi di porfirite bene arrotondati, con cemento tufaceo di grana minuta. Talvolta la roccia appare addirittura come un accatastamento di tali ciottoloni, che vengono a sporgere dalle pareti a (') V. nnclie la descrizione ila fa dal Keyserling (24. p. 317). — 32 — causa della più rapida degradazione dell'interposto tufo, e poi finiscono col cadere perfettamente isolati. Le loro dimensioni medie stanno fra quelle di un'arancia e quelle di una grossa zucca. Poiché si tratta per lo più di depositi sottomarini, pei quali, in via generale, è da escludere una lunga elaborazione per trascinamento torrentizio o per moto ondoso, non si possono interpretare tali ciottoli, d'accordo col Keyserling, se non come bombe vulcaniche, che nel trasporto sottomarino hanno perduto, o non hanno potuto acquistare, i loro specifici caratteri esteriori, per assumere invece forme rotonde e levigate. Prodotti d'esplosione anche questi, dunque, ma proiettati a maggiore distanza, e accatastati, insieinie a lapilli più minuti, in grandi masse, le quali mostrano una grossolana divisione in bancate, più o meno ricche di ciottoli, separate talvolta da letti di tufi più minuti ('). I ciottoli sono di due specie. Taluni sono costituiti dalle comuni porfiriti scure augitico - plagioclasiche, per lo più con vistosi cristalli di ambedue i minerali: ma questi ciottoli sono relativamente scarsi, limitati a poche località. Assolutamente predominanti sono invece i ciottoli chiari, grigi, violacei, o più spesso rosei, di porfidi feldispatici durissimi, ricchi di ortoclasio (i « porfidi ortoclasici » del Keyserling). A nord della Forcella Caòz e della Forcella di Gardès tutte le parti culminanti del gruppetto di Pape sono costituite da questi agglomerati di porfidi. Essi formano da soli, o con intercala zioni di banchi e blocchi di lava e di tufi sottili, intere alte pareti, e creste turrite, come quelle dei Castellini, dei Vanidiei, delle Cime di Pape (Tav. IV, fìg. 1), del Prademur e del Piaòn. pareti bugnate bruno - rossastre, di aspetto speciale, facilmente distinguibili dalle pareti di lava compatta a squadrature poliedriche od a strutture colonnari, e anche da quelle costituite dagli ammassi caotici di lave brecciate, dianzi descritte. Però in qualche punto vi è transizione da un tipo all'altro di questi conglomerati vulcanici: Forcella Caòz, Campo Boaro. III. Conglomerati minuti, tufi arenacei. - Riunisco in questo gruppo materiali molto eterogenei, dai tufi ancora grosso- (') Secondo i coniugi Cornelius gli unnloglii prodotti piroclastici del gruppo della Marmoluda, sarebbero dovuti piuttosto ad aziono torrentizia e ad abrasione costiera, imi-messo che una parte di queste formazioni vulcaniche emergesse dal mare (i.V, 14). Ma per il nostro territorio non mi pare che questa possi! essere la spiegazione generale. - 38 - lani, qiuali affiorano per es. tra le lave della Valle del Zei, fino a quelli sempre più sottili, stratificati, che si intercalano con maggiore frequenza, senza regola, tra le lave e i grossi conglomerati dei livelli più alti. Il materiale mostra sempre di derivare dalle porfiriti basiche. A volte vi sono inclusi ciottoletti eterogenei; altre volte si presentano bollosi; più spesso compatti e omogenei, nei singoli affioramenti. A sud della Forcella Prademur taluni di questi banchi arenacei ricordano nell'aspetto i tufi marnosi dei così detti « strati di La Valle » (Wengen), con straterelli sottili, degradazione cipollare, ecc. IV. Tufi compatti acidi. - Tra le colate porfiritiche si trova talvolta una roccia compattissima, grigio-chiara, o rossiccia, che-ai microscopio rivela una grana minutissima, omogenea. La composizione sembra avvicinarsi a quella delle lave più acide. Talvolta prevalgono elementi di porfido quarzifero, altre volte abbondano invece gli elementi feldispatici, senza quarzo. Affiorano presso la Q. 1897 (sopra Mandriz) e in vari punti dello sperone sotto la Costa Palazza. V. Interclusi calcari (segnati in rosso intenso sulla carta). -Nel versante settentrionale della Cima di Pape si osserva, intercalata fra i banchi di lava, una fascia chiara, costituita da calcari in masse frammentarie, depositati in discordanza sopra le lave, e commisti a tufi e a più rari inclusi lavici (N. 5 della ligu-ra 1). Sotto la Casera Gardes, in un complesso molto vario di tuli sottili, tufi conglomeratici, banchi di lava, si trovano pure zone di blocchi calcarei, i quali però, data la vicinanza della scogliera dolomitica, potrebbero qui rappresentare delle propaggini della scogliera stessa; oppure blocchi da essa franati, tra un'eruzione e l'altra. Origine anche più evidentemente sedimentare avrebbe un altro banco calcareo nella parete ovest della Punta dei Mar (Val Focobon). Invece per il banco della Cima di Pape e per altri affioramenti minori potrebbe trattarsi di materiale trascinato dal magma nella fase effusiva, se non forse di vere brecce di esplosione. I Centri eruttivi - Distribuzione del materiale eruttato. Dall'esame fatto risulta dunque che nel distretto eruttivo situato a nord del Gruppo dolomitico delle Pale prevalgono lave — 34 — basiche o debolmente acide, cioè più o meno ricche di augite e dei suoi prodotti di alterazione. Il centro, od i centri di emanazione della maggior parte del materiale restano ignoti; ma certo non potevano trovarsi tanto lontano, probabilmente anzi funzionavano entro la stessa zona di diffusione di queste lave, data l'abbondanza di materiali di esplosione, anche grossi, che vi si trovano frammisti. Anzi, la grande copia di questi ultimi nell'alta Val di Garès, porta già a pensare che il focolaio principale si 1. dolutili», n banchi iiu-lliiuti Ilimito ili sen^lirrn). - 2. |>nrfiriti. - 8. strilli ili IjIvIiiiiIIiiiik"- trovasse in questi dintorni. Ciò sarebbe convalidato anche dall'esistenza di numerosi filoni nel contiguo massiccio dolomitico del Focobon - Mulaz. Le osservazioni locali convalidano, almeno in parte, queste congetture. In alcuni punti, specialmente a ovest della testata della Val di Garès, possiamo osservare contatti tra le lave e i sedimenti mesotriasici, niente affatto normali. Ecco per es. quanto si vede nella Val del Rif (o Val de Piaz), sopra il villaggio di Garès. A metà della valle affiorano strati di Livinallongo fortemente corrugati in piccole strette pieghe, ma nel complesso immergentisi verso NNE, così da passare, sulla sponda sinistra della valletta, al di sotto delle lave, come è regola. Invece sul versante destro, sud, gli strati, inclinatissimi, s'appoggiano sopra le lave che costituiscono la Punta dei Sealet (V. figura 2), finché, a una certa altezza, s'interrompono con un taglio netto contro le lave stesse. Sul versante meridionale della stessa Punta, tra le lave e la dolomia dei Lastei, uno stretto affioramento di strati di Livinallon- — 35 — go è invece inclinato verso 88W. La Punta dei Scalet è dunque un cuneo di porfìrite sollevato tra i lembi sedimentari. Tutto fa credere che sia stata la spinta del magma ascendente, a sollevare e squarciare la coltre sedimentare, insieme colle rocce eruttive che già in un primo periodo vi si erano accumulate sopra. Questa zona è poi stata colpita da numerosi disturbi tettonici, come vedremo in seguito. Ma vi sono altre particolarità che, come quelle ora accennate, sarebbe vano cercare di interpretare sotto il solo punto di vista tettonico. A ovest della Punta dei Scalet si eleva un altro ardito spuntone roccioso di nere porfiriti (ni. 2130 circa, quota di aneroide), tut-t'attorno circondato da dolomia e da strati calcarei 0 tufacei di Livinallongo. Ma in mezzo alle lave si vedono pizzicati alcuni lem-betti di calcari, variamente contorti; e le lave stesse appaiono intensamente disturbate, con piani di frattura che si intersecano in varia guisa (V. fig. 3). Anche qui si tratta di un cuneo di roccia eruttiva che si è aperta la via tra 1 sedimenti, li ha sconvolti (come si vede specialmente alla base verso nord), ne ha strappato dei lembi, insieme probabilmente con frammenti di lava già consolidata. Ancora più su, risaliamo l'ultimo canalone che dà origine alla Val del Rif. E' un tipico canalone di frattura, tra le lave a sinistra, e i sedimenti bulinici sollevati a destra (vedi figura 4). Circa all'altezza del Passo Lucan (ni. 2323) cessa l'affioramento delle lave, che si vedono regolarmente adagiarsi sopra 1' originaria superficie della scogliera dolomitica (V. fig. 5). Il canalone di frattura prosegue, e più su lascerà sortire un ultimo piccolo affioramento lavico isolato. Ora, sulla sponda destra del canalone, si vede la dolomia sormontare la porfìrite secondo un Fijr. 3 - Sperono porfirltico tra i canaloni iniziali (lolla Val del Hit. visto (la E (schizzo dal vero). Lo frecce indirmi» ini cuiiiiloiie <11 fruttimi, Imijin il umile la Invìi i'Ji vieni- n ('iiiitiillii con In ilnlomlit III. Xelln invìi ni vedono lombottl ili strali enìenrei Cii. — 86 — piano inclinato che potrebbe rappresentare uno scorrimento; ma, cessata, come ho detto, la lava, pochi metri più in su lo stesso piano dà luogo alla fuoruscita di un filone porfiritico, che prosegue al di là del costone, verso SE, trasversalmente al pendio. C.L. -Fig- 4 - L" alta Val del Rif, sopra Oares, vista dalla Casoni della Stia. C. L., Corallini ilo I tlissi i del Lustri ili Focobon. }'. L, l'asso Lucan. A., spuntone porfiritleo, circa 21»i ni, illustralo anche dnllii flit. 3. li., sperone dolomitico, illustrati) iliillii ri», fi. 1. dolomia liiilinii'ii. purrirltl: presso il l'asso Ijiicau lincile brecce laviche e tufacee. ■'I. calcari sciclfeil. listati, ecc. degli strali ili Iilrlnullougo. Non si può evidentemente non connettere il filone con la massa porfiritica che sta sotto. Ma allora non si tratta di uno scorrimento o d'altro fenomeno tettonico d'età molto posteriore. Questa sezione naturale ci mostra invece come il magma porfiritico, ove non è riuscito a sortire in grosse masse, si sia incuneato lungo i piani di discontinuità della compagine dolomitica, cioè i piani di separazione fra le bancate marginali della scogliera; dove la resistenza era minore, la pressione interna riusciva-a rompere la bancata dolomitica, iniettandovi un filone. Questa spiegazione può ben valere per tutti quei filoni che attraversano la massa dolomitica del Mulaz e dei Lastei di Fo- — 87 — cobon; e dà ragione del parallelismo che vi è tra i filoni stessi, e tra essi e il margine della scogliera dolomitica. Dunque almeno uno dei centri eruttivi — e funzionante almeno durante le ultime fasi dell'attività endogena ladinica — si Kifl. 5 - Cium limo inizialo dolln Val del Tlif, presso il Passo Luran (dal vero), 1. dolomia il luiiii'hi inrlimtli lllniiti1 ili si-ogiierul. - porfirite regolariiii'iiti* sovrapposti! alla dolomia (in 0, porfirlle ili filini*-)- - 3. liiilmiiia. tottnnlrn-mento sollevata. - Le freoco iiiilii-aini 11 eaunloiie ili frattura -si-iirriiai-nto. Il contatto fra 2 o 3 imi tratto A -15 lui luogo per frattura verticali' ; nel tratto 11 -C la lava s'incunea anche sotto alla dolomia. 2830 campanili dei 2780 LASTEI 2720 Pi ir. 0 - Bicoatrusione, alquanto si-lteniali/.zata. del versatilo orioni alo ilei Lastei, sopra Garos (visto da SU). Cfr. lo figure '2, 8, 4. I. iloiomin. - 2. lave pnrftriticho e (sulle l'unte del Mar) brecce laviche. ■ :ì. strati di Livinal-lungo. - 4. filoni. — 38 — trovava situato al margine sud-ovest dell'area d\ diffusione delle porfiriti e dei relativi tufi. Tra i prodotti effusivi di questo distretto si è visto che le porfiriti di tipo più acido scarseggiano. Si può forse pensare che la grande diffusione che hanno invece le lave augitiche, talora anche in banchi sottili allungai issimi ('), debba essere in relazione con la grande fluidità di questi magmi basici, mentre l'effetto delle esplosioni si limiterebbe ad una frantumazione, grossolana o minuta, dei prodotti già emersi, con scarsi proietti (brecce del I" tipo). I magmi acidi, assai più densi, si sarebbero al contrario estesi pochissimo in forma di colate, fornendo invece un abbondantissimo materiale sotto forma di proietti, poi accatastati in grandi masse, più o meno distanti dai crateri (agglomerati del II" tipo). In ordine di tempo, probabilmente le emissioni porfiriticlio delle varie qualità si sono alternate con varia vicenda e da bocche diverse. Gli affioramenti più acidi della Val del Zei. della Costa Palazza e della Busa appartengono a livelli stratigrafìcamente piuttosto bassi, poco al di sopra degli strati di Livinallongo basali. Gli agglomerati di porfiriti feldispaticlie sovrastano a tutto il resto; ma intercalati vi si trovano banchi di lava augitica. D'altra parte, blocchi felclispatici rosei non mancano talvolta nelle posizioni più basse, sotto alle lave augitiche (es. in Val delle L011-ghere). DOLOMIA INFHARAIBLIANA Con questo nome, introdotto dal Taramelli, e già da me usato in precedenti scritti, intendo indicare tutta la facies dolomitica di scogliera organogena. che si è sviluppata, senza soluzione di continuità, per una grande parte del Trias, essenzialmente nel Ladinico (in corrispondenza ai sedimenti normali dei livelli di Livinallongo, di La Valle, e di S. Cassiano). ma spesso anche nel-l'Anisico per la parte basale, e in tutto il Carnico per la parte superiore. Essa ha dunque un significato più esteso che non la « Do- |'| Nell'alta Vallo tlel Oortlovolo si può seguirò por pai-occhi chilomotri un hnneo regolare, dello spessore di pochi moiri, comproso fra tufi o conglomerali (11, p. 15). — 39 — lomia dello Sciliar » (Schlerndolomit) che si vuole riferire solo al Laclinico p. d. Lo spessore di questa formazione dolomitica è enorme, specialmente nel settore NE (V. i profili tettonici sulla Tavola IX): 1500 m. nelle Pale di S. Lucano, 1000-1800 nell'Agner. (Tav. I). Tale potenza si trova eguagliata, o superata di poco, forse soltanto in qualche punto delle Dolomiti Ampezzane (47-, p. 55). I caratteri più appariscenti di queste dolomie sono ben noti. La roccia è bianca o grigia chiara, compatta o più spesso finemente saccaroide, più raramente a struttura brecciata con cemento calcitico, talvolta con piccoli vani tappezzati di calcite e dolomite. Tra i fossili, piuttosto rari, prevalgono le alghe (Diplo-pore ecc.) e i corallari, specialmente nelle parti marginali; qua e là, impronte di gasteropodi (Chemnitzia, Natica ecc.). La roccia è spesso omogenea su grandi estensioni, senza o con scarsa e maldistinta stratificazione, interrotta da piani di discontinuità sporadici, o più spesso da piani di rottura verticali od obliqui, con o senza spostamento tettonico. Si tratta di calcari dolomitici a composizione variabile, senza regola. In generale ritengo che il contenuto dolomitico sia più abbondante nelle parti inferiori. Calcari puri compatti, sul genere di quelli della Marmolada, non ebbi a rilevarne. Però nelle parti marginali della, scogliera, e anche in determinati livelli della parte interna, prendono vario sviluppo banchi grossolani, e talvolta strati più regolari di calcari di vario aspetto, su estensioni limitate e senza limiti netti col restante massiccio dolomitico. Il fondo del Vallone di Pradidali, come quello della Valle delle Lede, è infatti costituito da regolari grosse bancate di calcari compatti, formanti gradinate, a superficie incisa da solcature carsiche; invece i fianchi dei valloni, sopra questi banchi calcarei, mostrano di nuovo la compagine rocciosa massiccia. Ma specialmente nei livelli superiori è comune vedere la roccia farsi prevalentemente calcarea, con vario aspetto esteriore, e con più o meno intensi fenomeni di dissoluzione subaerea, che mancano invece nella dolomia. Oltre a fenomeni carsici più vistosi — campi solcati, crepacci, pozzi e doline — la roccia mostra spesso scheggiature, sforacchiature particolari, sulle quali ha poi buona presa l'azione disgregatrice del gelo (Cima Vezzana). Tra queste differenziazioni litologiche meritano di essere ricordati certi calcari gialli e rosei molto compatti, affioranti qua — 40 — e là nelle Pale di S. Lucano e nella Lastìa di Gardès, che ricordano nel!' aspetto talune formazioni gin resi; ma specialmente quelli affioranti sull'Altipiano, al Passo Rosetta e nella parte centrale intorno alla Riviera Manna. Qui si alternano strati regolari e grosse bancate meno bene distinte, di calcari bianchi e giallicci, variamente tenaci e friabili, e passanti lateralmente a zone di roccia massiccia del comune aspetto del calcare di scogliera. Sebbene essi rappresentino dunque un rallentamento, e una riduzione spaziale dell'attività diretta degli organismi edificatori, verso il limite superiore della formazione, non si può tuttavia tenerli separati, come formazione o facies a sò stante, non potendosi fare una distinzione sufficientemente precisa nò in senso topografico, ne in senso cronologico, nò come facies. Il fatto che la massa dolomitica verso l'alto si mostri meglio stratificata, è abbastanza frequente, anche fuori di qui; e lo vediamo anche in talune pareti marginali, come quelle delle Pale di S. Lucano e del Monte di Pelsa. Ala in questi ultimi casi a una certa altezza vediamo che In roccia cambia più decisamente di natura, passando a dolomia marnosa e ad altri calcari impuri, che tratterò a parte (strati di Raibl), poiché marcatamente si staccano dalla formazione di scogliera. Finché invece i caratteri di formazione di scogliera predominano, fatta eccezione di singole intercalazioni, non credo possibile separare nettamente una zona superiore calcarea, come fa il Nòth (44, p. 103), nò posso seguire il Yan IIouten, che parla di una dolomia cassiana (23, p. 178), nò il Pia, che forse estenderebbe anche alle citate varietà litologiche dell'Altipiano delle Pale la sua designazione di « Di'irren-stein Dolomit » (carnica) (47). D'accordo però nel pensare che la parte superiore delle scogliere, con o senza differenziazioni, può abbracciare cronologicamente anche i livelli camici, o propriamente raibliani. Questo potei facilmente dimostrare nel Gruppo della Civetta (8, p. 20 e segg.); e anche per l'area qui in esame ciò sarebbe provato dall' assottigliamento laterale degli strati raibliani di S. Lucano, dalla grande elevazione raggiunta dalla costruzione dolomitica in vari punti vicini a questo (Agner), non spiegabile con le sole cause tettoniche. Un interesse tutto speciale presentano alcuni tratti periferici del massiccio dolomitico, che ci mostrano i contatti etero-pici tra la scogliera di origine organica e i depositi coevi dei circostanti bracci di mare libero. Le imponenti pareti con cui il - 38 - massiccio dolomitico si affaccia sopra le valli del Cismon, del Travignolo e di S. Lucano, sono notoriamente un mero prociotto dell'erosione, che ha originato quei bacini, e non hanno quindi riferimento alcuno ai primitivi limiti della scogliera da questi lati. Verso NE la scogliera delle Pale si prolungava in quello che è oggi il basamento del gruppo della Civetta, rialzato nel Monte di Pelsa e nel Framont, al di là del profondo Canale di Listola-de, per il quale si è aperto il passo il Cordevole. La scogliera presenta quindi soltanto su due lati le fattezze originarie, poco alterate: a nord verso la Valle del Biois, a sud-est verso le conche di Agordo e dell'alto Mis. Il versante NW delle Pale di S. Lucano e quello della Pala dei Balconi col Campo Boaro furono già efficacemente descritti dal Mojsisovics come uno dei migliori esempi di passaggio laterale di facies della regione dolomitica. Lo stesso sarebbe a ovest di Garès, nel settore del Passo Lucan. se qui i rapporti non fossero complicati da disturbi tettonici. Ciò non toglie che tutti i ripidi pendii rocciosi dei Lastei di Focobon mostrano, non meno di quelli della Pala dei Balconi e del Monte S. Lucano, i tipici caratteri di una fiancata originaria della scogliera, con sbancamento inclinato in fuori, parallelamente al pendio (« Uebergussschichtung »), sulla quale si erano depositate altre formazioni che, essendo meno resistenti, oggi la degradazione ha in gran parte allontanate. Cotali altre formazioni ricoprono però ancora la base della fiancata dolomitica, e solo al Campo Boaro si conservano ancora molto in alto (Tav. Ili, fig. 1). Esse consistono per lo più in lave, agglomerati e tufi eruttivi che già conosciamo, più raramente in calcari e altri strati del tipo di Li-vinai lungo. II contatto eteropico è talvolta molto netto; tal'altra invece si osservano compenetrazioni di una facies nell'altra. Così per es. in Val Reiana e in Val Gardès è facile vedere lingue dolomitiche e blocchi staccati, isolati fra il materiale eruttivo, o con intercalati straterelli di calcari impuri e tufi listati, con venette di pirite e altri solfuri. Condizioni analoghe ritroviamo lungo il versante orientale della catena Agner - Cruda Grande. Tutta la parete presenta spiccatissimo uno sbancamento fortemente inclinato verso ESE (vedi lig. 7), che alla base si prolunga con lingue di calcari giallastri, pieni di avanzi di coralli e di altri organismi: lingue c — 42 — blocchi isolati frammezzo alle arenarie tufacee, alle marne e ai calcari bituminosi dei vari livelli bulinici. Invece più a sud la parete, dalla Cima d'Olirò fino al Dalai-bol. ha una diversa struttura e aspetto, dovuta al fatto che qui l'originario contorno della scogliera verso l'alto invece di arretrarsi vieppiù, veniva a sopravanzare alle altre formazioni ani-sico-ladiniche basali, e l'attuale parete di erosione si trovava al- Fig. 7 - T Pizzofti ci'Agner, visti dallo Spiz della Lastiii (Fot. E. Castiglioni). l'seudo • stratificazione ili scogliera, iiiclinuln verso SE (l'inclluuitono tettouien è verso N). quanto più arretrata di quella che poteva essere la scarpata originaria. E' indubbio che, almeno fino a tutto il Ladinico inferiore, esisteva in corrispondenza dell'attuale depressione di Cerala un braccio di mare libero, limitato a nord dalle propaggini della grande scogliera (Riff) delle Pale, a sud dalla minore ma non trascurabile scogliera del Piz di Sagron. Quest'ultima massa, nel tratto occidentale che sovrasta Primiero, poteva prendere sviluppo solo nel Ladinico avanzato, al di sopra degli strati di Livinallongo qui particolarmente potenti; invece sopra al Passo Cerala verosimilmente si era già iniziata durante l'Anisico, dato che alla base delle pareti dolomitiche affiorano quasi subito i terreni werfeniani. Qualche somiglianza strutturale colle ora citate pareti periferiche del massiccio delle Pale ci presenta anche una parete interna. quella che forma il fianco sinistro della Valle d'Angheraz. — 43 — Essa infatti appare costituita da una serie di bancate e placche di roccia fortemente inclinate verso est, cioè verso la valle. Se si tratta del solito fenomeno di sbancamento marginale, bisogna pensare che anche nell'interno del massiccio vi fosse una soluzione di continuità nella costruzione, ossia una zona — laguna o braccio di mare— di depositi eteropici, oggi totalmente asportati, al posto dell'attuale Val d'Angheraz; e questo potrebbe aiutarci ai spiegare l'origine di questa valle, così profondamente scavata nel cuore del massiccio. Ma per altri aspetti questa parete differisce da quelle tipiche fiancate periferiche sopra descritte; questa struttura a banchi inclinati differisce sensibilmente dalla vera « Uebergussschich-tung », quale siamo soliti vedere presso i contatti eteropici. I piani di disgiunzione tra le placche di roccia sono molto marcati, con frequente formazione di grotte, oblique come le placche stesse, e con influenza determinante sulla circolazione dell'acqua, che scompare e ricompare alla superficie secondo come affiorano le placche stesse. Si ha un po' l'impressione che si tratti di placche o fette di roccia sovrapposte per scorrimento; o per lo meno che si abbia una fratturazione multipla, parallela e obliqua, con o senza piccoli scorrimenti, dovuta comunque a disturbi tettonici, parallelamente ad una maggiore linea di dislocazione, non più riconoscibile, che dovrebbe seguire il decorso della Valle d'Angheraz. A convalidare questa interpretazione sta il fatto che in alcuni punti, dove l'erosione ò più progredita, si vede scoperta una compagine rocciosa più salda, in completa discordanza tettonica con le placche superficiali inclinate verso est; si vede infatti una stratificazione con prevalente inclinazione verso nord (')• Anche in altri punti del gruppo dolomitico si resta talvolta in dubbio, se attribuire certe particolarità di struttura ad anomalie originarie (momentanee interruzioni nella costruzione), o a disturbi tettonici. Spesso si rende preferibile la seconda ipotesi, come vedremo. Invece il dubbio può rimanere per quanto riguarda quella marcatissiina linea di discontinuità (2). che taglia alla base la Cima del Focobon e i Campanili delle Farangole e di (') Per or. lungo il sentiero tra la Casera ilei Fiz o il Col ilei Fngher: e più ili grande anche noi pendio soprastante al Pian di 31iel. (5) Riportata sulla carta geologica con soitilo linea azzurra. — 44 — Valgrande, con caratteristiche cenge, inclinate verso NE, che vanno dal Passo del Mulaz al Passo delle Fede (V. profilo V della tavola IX, e fig. 2 della tavola V). C A R N IC O Stbati di Baibl. I terreni raibliani — esclusa la facies dolomitica — hanno una area di affioramento piuttosto limitata nella regione qui trat tata. Nel gruppo della Civetta, che figura solo in piccola parte sulla Carta, già ebbi a distinguere due sorta principali di terreni : a) Calcari marnosi e bituminosi (specialmente al Col Negro e sui pascoli di Pelsa), spesso arenacei o anche conglomeratici; con banchi intercalati di calcari rosei o giallognoli, a facile dissoluzione carsica; a volte molto ricchi di fossili (soprattutto grosse alghe); di spessore variabilissimo, anche di parecchie decine di metri; talvolta passanti a banchi di calcare dolomitico, altre volte invece alle tipiche argille raibliane. b) Argille, arenarie argillose, prevalentemente rosse, con intercalazioni calcaree chiare, banchi di conglomerati con selci policrome. Costituiscono il riempimento di depressioni esistenti nelle ultime scogliere dolomitiche (valletta di Pelsa, Framont); talvolta con passaggi laterali ai calcari marnosi del tipo a. Sopra le Pale di S. Lucano i terreni raibliani hanno notevole sviluppo, e coi loro strati regolari piuttosto friabili determinano la formazione cii terrazze più o meno ampie che troncano la verticalità delle pareti dolomitiche e contengono alcuni piccoli ma caratteristici circhi glaciali. Argille e marne intensamente colorate come quelle della Civetta affiorano qui in pochi punti e in quantità minima, in mezzo agli altri terreni, predominando assolutamente la facies calcarea. Però anche i calcari marnosi scuri (raramente bituminosi), simili a quelli di Pelsa, sono piuttosto limitati. Prevalgono invece strati calcarei più puri e compatti, grigi, talvolta rossastri, talvolta con sottili intercalazioni argillose scure; spesso ricchi di fossili, per lo più mal conservati: coralli, alghe, gasteropodi ecc. Verso l'alto passano gradualmente agli strati dolomitici del Norico (Dolomia Principale). — 45 — Si distinguono alcuni strati particolari, potenti alcuni metri, specie nei versanti orientale e meridionale del Monte S. Lucano. Certi calcari a gasteropodi, bianchi giallicci o rossigni, compatti, spesso nodosi, ricordano l'aspetto dei calcari titoniani, anche pelle strane forme di degradazione, con strati sporgenti a cornice. Un altro notevole banco abbastanza regolare di calcare compatto, nei livelli più elevati, si presenta pieno zeppo di alghe (Sphae-rocodìum), in noduli sferici a struttura cipollare. Il complesso di questi strati raibliani supera in qualche parte i 50 metri di spessore. Ma lo spessore cambia rapidamente. Specie nel versante nord, gli strati raibliani nel loro aspetto particolare si riducono a pochi metri, o si tramutano in calcari più compatti e dolomitici, così da confondersi con gli strati più alti della Dolomia inferiore, e con quelli più bassi della Dolomia Principale, che costituisce il coronamento della montagna. Ripeto dunque che qualche parte superiore della Dolomia delle Pale (« infraraibliana ») è coeva degli Strati di Raihl; e senz'altro associabili con questi ultimi, se fossero meglio delimi-tabili, potrebbero essere quelle lenti di conglomerati calcarei bianchi o rossicci, con scarse tracce fossili, che ho già segnalato nelle parti più elevate della Lastìa di Gardès (p. 40). Ma all'in-fuori di questo piccolo settore delle Pale di S. Lucano, in nessun punto dell'esteso gruppo delle l'ale si ha una prova sicura che la Dolomia rappresenti tutto il piano Carnico, che non esistessero cioè sopra di essa altri depositi raibliani tipici, calcarei o arenacei, i quali ora, in ogni caso, sono del tutto scomparsi (')• La striscia raibliana che ho segnato attorno al Piz di Sagron e al Piz de Mez (cfr. profilo X, tav. TX) corrisponde anche qui all'ampia terrazza che intercede fra il massiccio di Dolomia infraraibliana e la Dolomia Principale della vetta. Io non ebbi modo di salirvi a controllare; però anche da lungi si scorge alla base dei torrioni terminali una zona di roccia più friabile. (') Un esiguo deposito di terra rossa sopra la cresta del Cimon della Pala, in mezzo a dolomia milonitizzato (roccia » marcia ». in gergo alpinistico), ritengo derivato da prodotti di alterazione, comuni lungo le linee di distilli», tettonico. — 48 — N 0 II IC 0 Dolomia Principale. In tutto il gruppo delle Pale questa formazione è ridotta a pochi residui, sopra le Pale di 8. Lucano, costituendovi le creste più elevate, con le loro caratteristiche forme di degradazione. Molto più estesa nel vicino gruppo della Civetta, offre colà maggiori possibilità di studio (tf, pp. 29-30). La «Dolomia Principale» si distingue solitamente bene dalla Dolomia « infraraibliana », anzitutto per la meglio marcata e più regolare stratificazione e per le forme di degradazione che ne derivano. Lo roccia è chiara, quasi bianca, non di rado sacca-roiile, a strati piuttosto sottili, con frequenti impronte di Mega-lodonti e di Turbo solitarius. Nei livelli superiori — forse in parte retici — si osservano strati friabili di calcari marnosi, variamente colorati, e di calcari breccia ti. Larghissima estensione occupano le formazioni del Trias superiore nella parte SE della nostra Carta, dove raggiungono una potenza ben superiore ai 1000 metri. Esse costituiscono tutta la base, tettonicamente molto sprofondata, che sorregge gli altipiani di Brandol e di Agnellezze, nonché il gruppo del Pizzon, venendo parzialmente ricoperte per piega-faglia, lungo il fianco settentrionale, dalle formazioni del Trias medio, specialmente nel massiccio dolomitico del Piz di Sagron, che a sua volta porta in vetta un residuo di dolomia norica in posizione normale. La (t Dolomia Principale » di questa zona meridionale, rispetto a quella della Civetta, si presenta più compatta, in strati più grossi. Però vi sono frequenti intercalazioni di calcari bituminosi, in strati sottili grigio-scuri, specialmente nelle parti più elevate della formazione; ma anche nei livelli inferiori la roccia molto spesso rivela alla percussione il caratteristico odore delle impregnazioni bituminose. Invece, entro i limiti dell'area qui rappresentata, generalmente non si trova quella particolare zona di strati scuri fortemente fetidi, e spesso brecciosi, che più a sud, ai due lati del Canale del Mis, s'interpone in modo netto tra le formazioni del Norico e del Lias ('). (!) « Dolomie retiche » - Vedi Dai. Piaz Uò, p. 26). - 38 - L LAS Questo piano è rappresentato da una potente massa di calcari chiari compatti, o alquanto saccaroidi, talvolta oolitici; quasi bianchi all'esterno, giallo-rosei o grigi nella frattura fresca; tenacissimi, divisi in grossi banchi regolari. Nel complesso sono poveri di. fossili, salvo in qualche livello: sezioni male determinabili di gasteropodi, brachiopodi ecc. Negli strati superiori includono spesso selci grige. Questa formazione, che può misurare 300-400 metri di spessore, si stacca di solito abbastanza nettamente dalla Dolomia Principale, perchè questa termina superiormente con strati sottili alquanto friabili. Ciò che più caratterizza esteriormente la formazione liasica è la nudità della roccia, lo squallore del paesaggio, ancora più spinto che nei massicci dolomitici, per effetto della più intensa carsicità. Tipico a questo riguardo specialmente l'altipiano fra Campotorondo e le l'else, di cui anche la carta topografica mette in evidenza il carattere prettamente carsico (doline), fintantoché i calcari del Lias non vengono ricoperti da quelli giuresi o cretacei. Questi, essendo più o meno marnosi e friabili, permettono la formazione di un abbondante terriccio eluviale, e conservando meglio l'umidità si rivestono di discreti pascoli: tipico il Monte « Prabello », lieve elevazione erbosa isolata in mezzo al deserto di pietra (Tav. VII, fig. 1). GIURESE MEDIO E SUPERIORE Lungo la dorsale Forcella dell'Omo - Monte Brandol - Monte Palone, sopra ai predetti calcari compatti del Lias si presentano: a) pochi metri di calcari grigi in strati sottili con selci; talvolta anche calcari rosei; b) una serie di alcune decine di metri di calcari nodulosi, gialli, rosei, rossi ecc., che costituiscono la caratteristica fascia — 48 — del « i-osso ammonitico », ben marcata attraverso i versanti in forma di cengia rientrante, spesso protetta da una cornice alquanto sporgente degli strati superiori più resistenti; c) un complesso di varie decine di metri di altri calcari sottili ricchi di selci, bianchi o variamente colorati, piuttosto fragili, talvolta con caratteri di « biancone ». 11 termine b) rappresenta notoriamente il Titonia.no, in senso lato (cioè compreso il Kimmeridgiano). Il termine a), ove non sia possibile una minuta distinzione, in base ai fossili, come potè fare il Dal Piaz nei pressi di Campotorondo (lo, p. 35), può restare a rappresentare qualche livello superiore del Doijger (Baio-ciano), e forse già qualche primo elemento del Maini, Per il suo modesto spessore, riuscendo difficile una buona rappresentazione sulla Carta, ho compreso questo termine nella stessa colorazione usata genericamente per il Giurese; bastando la interposta indicazione del Titoniano (striscia rossa) a rendere evidente, dove necessario, la presenza di questi strati post-liasiei. E' però possibile, anzi probabile, che anche i livelli più elevati dei calcari compatti, che ho genericamente attribuiti al Luis, per età appartengano già al Giurese medio. Infatti tale facies, nei territori vicini verso sud-ovest (Val Nagaoni, Vette di Feltre) e verso nordest, oltre il Cordevole, non abbraccia neppure tutto il Lias, che di solito si chiude con una caratteristica fascia di calcari marnosi rossi (Toarciano). Qui invece non solo manca tale fascia rossa (cengia) inferiore, ma anche i caratteristici calcari selciferi del Dogger, sotto alla fascia titoniana, hanno uno spessore molto ridotto ('). Il termine c), seguendo il Dal Piaz (15, p. 43), rappresenta ancora la parte superiore del Titoniano. CRETACEO Il Cretaceo inferiore al Monte Brandol, Col della Fontana, Monte Agnellezze, è costituito sia eia calcari bianchi, tipo biancone, ricchi di selce, che non si differenziano molto da quelli del (') Conviene ricordare 1" osservazione del Taiìamelli (òU, p. 548) : « a ponente della Valle del Cordevole, lio perduto di vista il piano animonitico più profondo e per converso ho osservato che il secondo, il titonico, pigliava sempre maggiore sviluppo». - 38 - Titomano superiore (per cui un limite rigoroso non si può tracciare), sia (la altri calcari lastriformi, più o meno arenacei, con caratteri di « scaglia » più o meno spiccati, variamente colorati in grigio-viola o rosa, ma alternati con altri bianchicci. Questi sono probabilmente le « Neocom-Mergel » del Hoernes ('); e dove il colore rosa è più intenso si scambiano facilmente per la vera scaglia senoniana. Tale « Scaglia » tipica, del Cretaceo superiore, conserva invece più stabilmente un bel colore rosso mattone, con gli altri caratteri esteriori di questa roccia. Nell'area della Carta essa e limitata al Monte Brandol, formandovi il nucleo della sinclinale (Tav. VII, fìg. 3). Per le formazioni del Quaternario vedasi a pag. 86 e seguenti. (') Vociasi (37. 11. 442). ira dalle ricerche del Dal Piaz (l'i, p. 50. 17:5) risulta che in alcuni casi I'Hoeiixes Ini erroneamente attribuito al Jfeocomiiino affioramenti di scaglia tettonicamente rovesciati sotto al biancone. Patite Seconda TETTONICA La tettonica del massiccio dolomitico delle Tale è relativamente semplice, specialmente se la confrontiamo con quella dei gruppi vicini, della Marmolada o della Civetta. Questo e uno di quei gruppi in cui si può vedere più rispettata, nelle grandi linee, l'originaria disposizione orizzontale delle formazioni. Ciò è probabilmente in relazione con la grande estensione occupata dal blocco dolomitico rigido, resistente più degli altri terreni alle spinte e tensioni che hanno agito durante il corrugamento alpino. I tratti più disturbati, come al solito, sono quelli marginali del massiccio dolomitico, specialmente a nord e a sud. A nord, in connessione con la zona anticlinalica della Cima di Bocche e Val Biois; a sud, in relazione con quella anche più importante che allaccia le conche di Primiero e di Agordo, caratterizzata lungo il fianco meridionale dalla così detta « linea della Valsugana », ben nota nella letteratura geologica delle Alpi Venete. Ad ambedue queste zone tettoniche ho già dedicato uno studio particolare (5, io)-, ciò mi permetterà di sorvolare su molti dettagli, imentre su altri porterò quelle precisazioni a cui mi hanno condotto le ulteriori ricognizioni. Le più importanti linee tettoniche appartengono a quei sistemi longitudinali che dominano la struttura delle Alpi Venete. Qui esse sono dirette da W ad E nel tratto settentrionale, da SW a NE in quello sud-orientale. Zona anticlinale Cima di Bocche-Val Biois. Disturbi lungo la fronte settentrionale del Gruppo delle Pale. ! Nell'angolo nord-ovest del territorio in esame trovasi la maggiore elevazione tettonica, rappresentata dalla massa porfirica del Col Margherita - M. Pradazzo, estremità orientale dell'ellissoide della Cima di Bocche. Verso est il rapido immergersi della massa porfirica presso Falcade fa sì che il motivo antielinale principale si risolva in un fascio di pieghe minori, alle quali partecipano i sedimenti, molto cedevoli, del Permiano superiore e del Trias inferiore, lungo il bacino del Biois e lungo la valle del Cordevole da Cencenighe iwl Alleghe (J, 8). Nell'ultimo tratto dette pieghe deviano decisamente verso NE. Nel territorio che ora ci interessa, a sud del T. Biois, ci troviamo dunque sulla gamba meridionale del sistema anticlina-lico, e vi osserviamo infatti una prevalente immersione verso S e SE. Osserviamo perù ancora un asse secondario di sollevamento, passante poco a N ilei M. Palmina e del Col dei Boi. Da qui pare che questo motivo antielinale prosegua verso NE, per passare oltre, il Biois a sud di Mas, e dirigersi verso S. Tommaso ('). La struttura del Col ilei Boi è peraltro complicata da pieghe minori con scorrimenti locali verso N (V. profilo III della tav. IX), e inoltre da una notevole piega-faglia trasversale, lungo la Valle della l'issa, con sollevamento del lembo orientale. Per queste particolarità confermo sostanzialmente la descrizione che ne ho dato nel 1926. Entrando nel dominio delle formazioni mesotriasiche — calcari e dolomie, lave e tufi — lasciamo un territorio a pieghe più o meno regolari, ed osserviamo come i disturbi tettonici prendano il carattere di pieghe-faglie, scorrimenti e fratture. Vediamo an- (') È l'antielinale N. 15 del mio precedente scritto (5). Ma a N del Biois la zona che avevo compreso nella sinclinale N. 14 mostra altre complicazioni, giacché il versante meridionale del Celenton è attraversato anche da ima stretta piega con nucleo di calcari permiani, che non avevo scorto prima del 1026. — 53 — che ripetersi ed accentuarsi quel rovesciamento verso nord, che si è notato nelle pieghe a N del Col dei Boi. Questo monte si trova in un incrocio di dislocazioni. I grossi conglomerati tufacei della vetta sono troncati sul lato sucl verosimilmente da una frattura che segue il vallone di Cola. A est della vetta deve proseguire la piega-faglia della Val della Pissa (contatto anormale tra la dolomia anisica e le formazioni ladini-che; forte sollevamento delle arenarie werfeniane del versante est). Si ò anche portati a collegare i vari affioramenti degli strati di Livinallongo, ammettendo un' altra dislocazione, con movimento da S verso N, interessante tutta la montagna di Pape. Tale scorrimento dà ragione di diversi particolari del versante che guarda la Val Gares (profilo III, e fig. 1 della Tav. IV) ('), mentre un accavallamento dello stesso genere, passante per Chioit, permette di interpretare meglio anche la struttura del versante orientale, e si raccorda bene con le pieghe dei dintorni di Cencenighe (profili I e II). Più a sud si ripetono con una certa frequenza le dislocazioni con andamento trasversale. La principale è quella che inette lo sperone dolomitico del Col del Pez a contatto colla porfìrite della Cima di Pape, essendo anche qui più sollevato il lembo orientale. Tale motivo è forse dovuto «1 fatto che in questo settore le pieghe maggiori sono obbligate ad inflettersi verso nord, per effetto della spinta da est verso ovest che prevale nel gruppo della Civetta. Una direzione prevalentemente meridiana hanno anche le altre fratture verticali che colpiscono le lave e i conglomerati vulcanici della montagna di Pape, specialmente nel versante sud, ma di cui è difficile valutare l'entità e il verso del movimento. Per esse si vedono anche molto tormentati gli strati calcarei (Li-vinallbngo), inclusi tra il materiale eruttivo, in Valgrande e attorno alla iMalgonera. Una linea più importante sembra che segua la Val Fioita (in basso forti contorcimenti negli strati anisici e laclinici), e verso sud la Val del Zei (che in alto è un vero canalone di frattura). Certo è che questa linea, passante per la Forcella di Caoz, separa due regioni di costituzione notevolmente diversa, specialmente per la distribuzione delle lave e dei materiali piroclastici. (') In questa Tirile una dislocatone era stata giil segnata dal Mojsisovics sulla sua carta, o meglio confermata dal KeyhrbIiIKG [24, p. 314). — 54 — Non mancano però neppure in queste masse di rocce eruttive esempi di disturbi con diverso stile, e con andamento longitudinale. (sempre rispetto alle grandi direttrici tettoniche). Una piega, sinclinale è ben pronunciata nei banchi conglomeratici sotto i Castellini. e un'altra più ampia nel M. Piaon (profilo ITI). Passando al settore a ponente della A7al Gares, pure in gran parte costituito da rocce eruttive, troviamo un motivo tettonico consimile a quello dominante a N della Cima di Pape, con accavallamento da S verso N. La dislocazione principale prende la forma di un netto scorrimento che si osserva bene dove viene tagliato dalla Val Focobon, alla stretta sotto la Casera. TI profilo IV e le fotografie (') ce ne mostrano il passaggio sui due versanti della valle, colla differenza che in quello occidentale il piano di scorrimento appare molto più inclinato, dunque più con l'aspetto di frattura, mentre in quello orientale gli strati di Livinal-longo contorti danno alla dislocazione più il carattere di piega -faglia. ►Seguendo una netta linea di demarcazione attraverso le lave del M. Palone e del l^imon della Stia, si riconosce poi la continuità fra lo scorrimento ora descritto e quello della Val Piscio-lot, presso Gares, reso pure manifesto da un affioramento di strati di Livinallongo, raddrizzati e contorti. E lo stesso motivo prosegue nel versante est della valle, dove sotto la Palalada si osservano gli stessi strati, selciferi, tufacei, ecc., schiacciati in una stretta anticlinale incompleta, tra le pareti di porfirite, pur esse frantumate e laminate lungo i canaloni di frattura. Anche più a nord, nella Val di Gares, il fianco sinistro mostra una ripetizione delle varie formazioni (dolomia anisica, strati di Livinallongo, porfiriti), che potrebbe pure sembrare d'origine tettonica, e raccordarsi bene, nel versante est, con lo scorrimento sotto la Cima di Pape. In passato anzi, mediante tale collegamento, ritenevo di poter tracciare una linea unica, dai pressi di Cencenighe fino all'alto Traviglielo (-5, p. 17 e tav. III). Questa interpretazione cadde, quando mi accorsi che lo scorrimento maggiore passa più a sud, nella cresta del M. Palone (v. sopra): ciò che non modifica sostanzialmente l'interpretazione tettonica del settore. Come fatto locale si può dire che, se pure alle falde del M. Tamer esiste una dislocazione del genere, essa (') Pig. 2 della tnv. Ili c fig. 3 della tav. IV. — 55 — devo avere minore importanza, nel quadro generale. Ma va anche tenuto presente che si possono avere ripetizioni puramente stratigrafiche, specie tra le lave e gli strati calcareo - tufacei ladi-nici, come si può vedere sull'altipiano dei Pochetti di Focobon. li' certo che sull'alto versante del M. Tamer si è in presenza di alternanze litologiche di questa specie, senza alcun intervento tettonico. Lo scorrimento che ho descritto nella Val Focobon si vede proseguire verso ponente, attraverso l'altipiano dei Fochetti, fino Pig. S - Il l'asso Venegiotta, visto dal Passo dei Pochetti. 1, ili'i'nrie calcari tintale). ■ 2. dolomia anlsica. - H, strati ili Livinallongo. - 4, porflrlte. - a, dolomia ludi Ili cu. - 6. linea di scorrimento. • 7. piega ■ faglia. ■ M. sperone nord del M. Maini. sotto il contrafforte settentrionale del M. Mulaz (profilo V). Qui le cose si complicano, sia per le varie alternanze delle lave coi calcari, sia per l'intervento di una dislocazione trasversale, la piega"- faglia del Passo Venegiotta, con spostamento verticale di circa 150 metri (Fig. 8). La posizione di alcuni piccoli lembi di calcari anisici, visibili nella valletta a sud del Passo, si può spiegare pensandoli implicati nella piega - scorrimento principale: essi sembrano rovesciarsi sopra le placche dolomitiche della Venegiotta. Ma poi, nel bacino dell'alto Travignolo, si ritorna ben presto a pieghe normali, appena dalle rocce più. rigide del Trias medio si ripassa in quelle plastiche del Trias inferiore. Ecco qui la sinclinale Venegiotta - Castellazzo, che si prolunga verso ovest nella grande doccia tettonica della Val Travignolo (profilo VI); e più a sud l'anticlinale che, in continuazione con la zona di Scor- ia — 56 — rimento alla base del Mulaz, si solleva nelle alture della Costazza. per poi allacciarsi col grande sollevamento dei porfidi che si inizia al Passo di Eolie. t iii massiccio dolomitico e i sitot contorni a ponente e levante. Qui. presso il Passo di Rolle, col M. Cavallazza prende inizio la lunga cresta monoclinale della catena porfirica dei Lagorai (Alpi di Fiemme): la quale tettonicamente non è che la gamba settentrionale del grande ellissoide cristallino della Cima d'Asta (in senso lato). La massa basale di scisti metamorfici e la sua copertura porfirica verso levante improvvisamente si abbassano lungo la linea Rolle - Val Cismon, e quindi vengono ricoperti a est dai terreni più giovani, così come vedemmo verificarsi più a nord, per l'an-ticlinale di Bocche - Val Biois. Ma qui l'abbassamento, dai dintorni del Passo di Rolle scendendo a 8. Martino, avviene per gradini, cioè mediante fratture e spostamenti verticali di blocchi porfirici (profilo VII e cfr. 37). Dopo un primo gradino per faglia al Passo Colbricon (che resta fuori della Carta), si osservano due altri gradini nella piattaforma porfirica dislocata, generati da fratture subverticali inizialmente dirette N-S, poi deviate verso SW, così da adattarsi anche al sistema tettonico longitudinale. Verso nord l'entità dei rigetti rapidamente scema, ed i sedimenti permiani e scitici vi si adattano sopra per semplice flessura (Passo di Rolle; gole del Cismon sotto la Malga Fosse eli sopra). Invece verso sud detti sedimenti sono stati asportati, od i gradini tettonici si rispecchiano perfettamente nelle terrazze orografiche del Pian della Cavallazza e dell'Orto Forestale. Una terza dislocazione dello stesso tipo, con direzione W-E. si deve ammettere allo sbocco della Val Brentella, tra l'altura dell'Orto Forestale ed il .Colfosco. E' poi possibile che altri minori disturbi trasversali accompagnino, lungo la sinistra del Cismon, l'immergersi verso est della piattaforma porfirica, che va anche rapidamente assottigliandosi. Vediamo ora come questi movimenti si ripercuotono nelle soprastanti .formazioni triasiche, e soprattutto nel blocco dolomitico delle Pale. Abbiamo visto che lo scorrimento, che accompagna la fronte — 57 — settentrionale del massiccio, si può ritenere la continuazione diretta dell'anticlinale Cavai lazza - Costazza. Venendo verso sud, osserviamo la bella piega del Cimon della Pala (profilo VI), con rovesciamento ancora diretto verso nord, nella quale vediamo l'Anisico calcareo-dolomitico accompagnare il movimento delle arenarie basali. Solo in alto la cerniera anticlinale si rompe, generando un piano di scorrimento che taglia lo sperone nord del monte (Tav. V, fig. 2) ('). L'anticlinale del Cimone si raccorda col secondo gradino dei porfidi sotto la Cavai lazza. Poi, alla terza e più profonda depressione dei porfidi allo sbocco della Val Brentella, corrisponde nel versante est l'importante sinclinale di S. Martino - Malga Pala. Anche qui il massiccio dolomitico si adatta solo in parte all'affossamento della base, con rotture e accavallamenti di non grande entità. Essi sono rivelati specialmente dai contorcimenti dei calcari selciferi di Livinallongo al Colverde, mentre la dolomia sovrastante si vede tagliata da 1111 piano obliquo di scorrimento, diretto verso il Passo Rosetta, e da altri piani di rottura secondari (profilo VI e fig. 3 della tav. VI). Il complesso Cusiglio-Rosetta, colpito da altri tagli verticali, si presenta relativamente sollevato. Un'altra debole depressione passa invece per il massiccio a S della Val di Roda. Qui il basamento plastico non offre affioramenti dimostrativi; ma la parete ovest del Campanile di Val di Roda presenta terrazze e cenge simili a quelle del Cimone, accennanti all'esistenza di disturbi nella compagine dolomitica. Piani di frattura subverticali sono del resto ben visibili nel versante interno, al l'asso di Ball e nel vallone di Pradidali. Come queste dislocazioni riconoscibili lungo la fronte occidentale del massiccio, si prolunghino verso E o NE nell'interno di esso, è difficile dire, data l'uniforme sua costituzione. E' probabile che la piega del Cimone interessi la base di tutta la catena settentrionale Vezzana-Focobon ; ma non sono riuscito (') Li"avancorpo dolomitico sotto lo «pigolo X dol Cimone ha uno spessore cosi notevole, elio 11011 paro possibile sia costituito solo da dolomia anisica, anche so contorta o ripiegata. Tuttavia, in mancanza di interruzioni litologiche evidenti, sarebbe troppo arbitrario tentare una distinzione di otft. sia in questo avancorpo, sia nella parto inferiore dogli speroni sotto la Vezzanii e la Cima Bureloni. Secondo il Mojsisovics sotto il Cimone passava una frattura verticale (-v7, pag. 339). Migliore un profilo dato da W. Pbnck, nel quale poro la lacerazione appare ancora troppo forte (46). — 58 — a trovare indicazioni sicure lungo quei contrafforti rocciosi. Anche la maggiore interruzione orografica tra il Mulaz e la catena del Focobon potrebbe ben essere connessa con questa zona di dislocazione (profilo V), dato l'elevarsi della dolomia anisica sotto la C. dei Bureloni in confronto del presumibile suo limite nella parete ovest del Mulaz. La catena Cimone - Focobon - Lastei è tagliata specialmente da due sistemi di spaccature. L'uno, con direzione prevalente NW - SE, ha avuto influenza predominante sullo scolpimento esterno della montagna, sull'incisione dei principali valloni e canaloni; è caratterizzato dai frequenti filoni melafirici che vi sono iniettati e che ne attestano l'età triasica (v. pp. 30, SO), mentre non si hanno prove di movimenti successivi. L'altro sistema, press'a poco normale al primo, è costituito da linee di rottura più sporadiche e irregolari, ma con più manifesti disturbi tettonici. Ne fa parte infatti quella serie di fratture, col lembo orientale sollevato. cui già accennavo parlando della giacitura delle porfiriti a contatto colla dolomia dei Lastei (v. pag. 36). La più evidente segue il canalone iniziale della Val del Rif (vedansi lo figure ± e 5). Tali fratture sono parallele al vallone settentrionale di Focobon (ghiacciaio), e al vallone delle Comelle, lungo i quali l'esistenza di dislocazioni ò per lo meno probabile: nel primo in prolungamento della linea del Cimone; nel secondo in rapporto coi disturbi notati nella zona di Colverde - Passo Rosetta. E' anche possibile che quel curioso fossato, che attraversa tutto l'Altipiano a sud della Riviera Manna (l). abbia qualche significato tettonico, in connessione a ovest con lo scorrimento del Passo Rosetta, a est con altre possibili dislocazioni nel Vallone di Miei; ma non si hanno indizi sufficienti. Anche 1' estremità orientale del massiccio dolomitico, pur avendo nel complesso una giacitura tranquilla, regolarmente declinante verso NE, non è rimasta esente da disturbi, che tuttavia le condizioni locali rendono male riconoscibili, specie per la scarsità di buoni affioramenti delle formazioni basali. Ture, quelle poche marne e arenarie visibili nei dintorni di Taibon, molto tormentate, fanno supporre che si prolunghino entro la Val S .Lucano le dislocazioni del Framont (Roa di Listolade), ridu- ci (Juesto nomo non si riferisco al l'ossuto, conio apparirebbe noi In carta topografica, bensì alla serie ili groppo tondeggianti a X dol fossato stesso. Cfr. (12, pp. 78 o 2B5). cibili essenzialmente a una stretta anticlinale (profilo I), mentre il gruppetto delle Pale di S. Lucano giace in sinclinale. E' probabile che anche la Valle d'Angheraz corrisponda a linee tettoniche, dirette da N' a S, il cui prolungamento nel massiccio della Croda Grande sarebbe segnato dai profondi canaloni che lo tagliano da parte a parte, con notevoli segni di movimento nella roccia. ITna vera e propria faglia è del resto visibile presso il gomito della valle, di fronte a Col di Pia (v. fig. 9), e altre minori entro il Werfeniano e l'Anisico a N di questo villaggetto e nella Val Bordina. Sulle particolarità del fianco sinistro della Val d'Angheraz, vedi l'accenno fattone a pag. 43. In vicinanza delle propaggini meridionali del gruppo delle Pale, si ha modo di osservare dislocazioni ili maggiore importanza, almeno dove ciò non sia, impedito dal manto detritico e morenico che riveste gran parte dei bassi versanti. I disturbi più appariscenti si hanno nell'alta Val Canali. Lungo il vallone che scende dalla Forcella d'Olirò sono calcari c arenarie dell'Anisieo inferiore, e forse in parte werfeniani, su fin oltre i 1900 metri, raddrizzati e fortemente contorti, in parte rovesciati sopra la massa dolomitica che più a sud forma il fianco sinistro della Val Canali. Siamo in presenza di una grossa piega rovesciata verso sud e stirata, che in alto, secondo il solito stile, si prolunga in uno scorrimento entro la dolomia delle Bocchette. In modo analogo, ammettendo una moderata deviazione dell'asse della piega-faglia, si può spiegare, sulla destra della valle, la sovrapposizione degli strati werfeniani alla dolomia, presso la. Malga Canali (profilo X). L" ulteriore prolungamento verso ponente ò reso invisibile dalla copertura morenica dei versanti della Val P raditi ali e del Col dei Cistri. E' però forse possibile colle-gare a questo movimento verso sud, direttamente o no, le rotture che si vedono attraversare le pareti rocciose sovrincombenti, del Cimerlo e del Sass Maor, particolarmente quella che determina il grande canalone a NE della vetta del Cimerlo. Fig. I) - Il « Covol dol Mont », di fronte il Col ili Pro, in Val S. Lucano (alquanto schematico). 11 « r.ivnl » è una grottii-ella si-arata ili-i conglomerati interglaciali (31. La dolomia alla base dell'Agner (1| è in contatto tettonici) eolie arenarie rosse u-crfcniuue (Si. — 60 — Passando invece sul versante del Mis. seguiamo il suddetto scorrimento, che dalla Rocchetta scende obliquamente verso il Pian di Cavai lem, determinando la ripetizione della serie anisico - ladinica, ben evidente attraverso gli scoscesi pendii sotto la Cima d'Oltro e gli Sforcelloni. Più innanzi troviamo lo sperone del Col di Luna, a struttura piuttosto complessa e non tutta chiara -— anche per le analogie d'aspetto fra diversi livelli stratigrafici — ma che essenzialmente consiste in una doppia piega, più o meno stirata e coricata verso SE, con una cerniera antielinale passante poco sopra il Passo di Luna (marne e arenarie rosse werfeniane e anisiche) e una cerniera sinclinale che taglia più ad est il colle omonimo, con pietre verdi e calcari selciferi del Ladinico (profilo Vili). Il raccordo tra queste pieghe e lo scorrimento della Rocchetta non incontra difficoltà; e del pari si può supporre un motivo tettonico unico — con complicazioni locali — che accompagni tutto il versante SE della catena Croda Grande-Agner, potendosi senza grande sforzo raccordare in tale motivo i pochi elementi riconoscibili lungo quelle pendici boschive e largamente rivestite da morene e detriti di falda. Fra questi elementi vanno ricordate la posizione anomala del porfido presso Voltago (che sarebbe limitato a SE da un gradino di faglia, secondo lo stile prevalente in questa roccia : v. profilo II), e le condizioni molto disturbate 'dei sedimenti eo- e mesotriasici dei versanti tra Voltago e Taibon. Qui le .pieghe vengono infine tagliate perpendicolarmente dalla Val Cordevole. e proseguono al di là di questa, con maggiore evidenza, alla base del Framont (profilo I) (8). Anticlinale Agordo - Primiero. «Linea della Valsugana » / Siamo così giunti alla grande antielinale Agordo - Primiero, che limita a SE il gruppo delle Pale, come quella della Val Biois lo limita a N. Le differenze fra le due alitici inali però sono notevoli. Anzitutto il diverso orientamento, giacché in quella meridionale, a est del Passo Cereda, l'asse di sollevamento volge decisamente a NE. Poi il fatto che il massimo sollevamento, anziché verificarsi a occidente, è ora spostato nella parte orientale, con una specie di ellissoide, costituito dalla massa scistosa prepermiana, allungata tra Agordo e Mis. Tale ellissoide ò poi marcatamente asimmetrico, con accen- - 38 - tuato rovesciamento generale verso SE, e conseguente fortissimo stiramento della gamba meridionale. Si ha così la piega-faglia lungo la Vairimperina, la Val Paganini, lungo un tratto del T. Mis fino a Vallalta, e fino alla Val Pezzea: per cui gli scisti cristallini dell'ellissoide sono a contatto colla Dolomia Principale, spesso rovesciata, dei monti del Mis. Soltanto presso lo sbocco della Vall'Imperiiia si conserva anche un residuo ci L Trias inferiore. Accompagnando la dislocazione al di là del Oordevole, fino alla Forcella Moschesin, si vedono riapparire sul lato nord, con l'innalzarsi della montagna, tutti i terreni del Trias, fino al Raibliano ('). Ci troviamo su una linea tettonica di capitale importanza. Essa fa parte della « Linea della Valsugana », che i vecchi geologi consideravano come una grande frattura, finché il Dal Piaz non diede una interpretazione più rispondente alle condizioni reali, particolarmente in questo settore (-). Mei tratto occidentale, tra Mis e Primiero, l'anticlinale principale non solo è molto meno accentuata, ma risulta anche nell'assieme meno asimmetrica, almeno per quanto riguarda la zona di cerniera, che lungo la depressione di Cereda pone allo scoperto i terreni più antichi. In questo tratto l'anticlinale è invece colpita da dislocazioni secondarie, ma di notevole estensione, sotto forma di scaglie tettoniche, più o meno sovraspinte da S verso N, che provocano alcune singolari ripetizioni delle fìlladi e dei porfidi permiani tra Sagron e il Passo Cereda (profilo X e fig. 10) ('). Nella zona di Primiero (profilo XI) un'analoga frammentazione in zolle dislocate, ma con minore rovesciamento, tiene addirittura il posto dell'anticlinale principale. (') Riguardo la prosecuzione della linea della Vali' Impenna nella Val Bordimi lungo le falde settentrionali del ir. Celo (v. Tav. II), e poi alla Forcella Moschesin. mi trovo perfettamente d* accordo col mojsisovics (per il tracciato, se non pel modo ili interpretare la dislocazione. Cfr. .37, p. 443). Al di là della Forcella Moschesin l'ho ancora seguita verso est. attraverso la testata della Val Pramper, alla Forcella Pramperet: e Iiifi oltre bisogna ammettere che prosegua entro la massa dolomitico a S. della Cima di Pramper. Non posso accettare quanto dal Leonardi è affermato in contrasto con quanto ora detto (20, pp. 5K, 72, e schizzo tettonico sulla Tav. X). Il massiccio del Tolvena, che ho quasi tutto rilevato in dettaglio, è bensì colpito da altre pieghe rovesciate e scorrimenti : ma questi sono ripetizioni relativamente secondarie, che interessano la zona rovesciata, a 8 della dislocazione principale, come dirò più avanti. Inoltre non credo vi siano motivi sufficienti per tracciare una linea di disturbo lungo la Val Pramper (29, p. 57). (•') V. 15, specialmente ai cap. V e VI della Parte seconda. Cfr. 10, pp. "i3-5o. f) Per maggiori dettagli Cfr. 10, pp. 38-50. — 0-2 — Fij*. 10 - Condizioni tettoniche dei diniorni di Siigroii. 1. scisti ('i-istalllui. - 3. ciHipIoiiicratl e arenari» liiisiiil iii>i Permiano. - il. porfiriti o pm-riili i|uuraifi-rl. • 4, arenarie ili (inni....... fi. strati del Permiano superiore. • ti. Worfenlano e l'iiii-uri marinisi ilpH'Anlslcii inferiore. - 7. iloliiniii' iurrarailiiiaiii'. - s. Ho- loiniu l'riiu'ipnle. - il, coii^niiiernli quaternari. Al solito, negli strati permo-scitici tali disturbi si trasformano in pieghe, più o meno lacerate; e poi in fratture subverticali nelle masse dolomitiche del Trias medio del gruppetto l'iz di Sagron-Palughet. Invece, in questo settore Cernia-Primiero, non vi è nulla che si possa collegare colla maggiore piega-faglia di Val l' Imperili a - Val Pezzea. Infatti a ponente della Val Pezzea riaffiorano i vari termini del Permiano e del Trias inferiore, finche a sud di Sagron la serie dei terreni è rappresentata al completo. Il piano di dislocazione principale, a partire dall'alta Val Pezzea (Val delle Moneghe), viene a tagliare obliquamente il gruppo dolomitico ili Cimonega (in senso lato): la dolomia infraraibliana del Piz di Sagron e del Sasso Largo viene a sovrapporsi per scorrimento ai banchi contorti e rovesciati della Dolomia Principale, che formano la Punta del Comedon e, più a sud, il massiccio del Sass da Mur (lig. 10 e profilo X). Nel settore della Val Giasinozza anche questo scorrimento s'attenua, e tra la dolomia infraraibliana delle Pale del Palughet e la,dolomia norica che da sud s'immerge fino al fondovalle, e passa poi anche sul versante destro nell'ultimo tratto, vi è quasi completa concordanza, nell'unico motivo di una grande piega rovesciata, con strappi di poca entità. Soltanto a SW di Primiero la « linea della Valsugana » riprenderà, com'è noto, il carattere — 63 — di piega-faglia, con lacerazione profondissima, e infine, verso il Passo della Gobbera, colla scomparsa totale di tutta la serie stratigrafica tra gli scisti cristallini e le dolomie del Trias superiore. I MONTI A SUD DELLA LlNEA DELLA VALSUGANA. Anche per quanto riguarda la struttura (lei monti a sud del Mis, e tra questo torrente e il Cordevole. il maggiore interesse si concentra in prossimità della grande piega-faglia Vall'Impe-rina - Val l'ezzea, che segna il margine dei monti stessi verso NW (v. ,Tav. II). Si sa che questi sono in massima parte costituiti da dolomia del Trias superiore, in giacitura normale, quasi orizzontale, tranne che appunto sul versante NW, dove si presenta fortemente inclinata, o verticale, o, più spesso, rovesciata. II rovesciamento caratteristico dei fianchi uniformi di questi monti si estende lino a due terzi d'altezza nel versante N del M. Pizzon (profilo II) e del Collaz (profilo Vili), e addirittura fino alla cresta orografica, e al di là, nel tratto M. Palone - M. Bran-dol - Comedon (profili Vili e IX e lig. 3 della tav. VII) (J), interessando in varia misura anche le formazioni giuresi e cretacee, che in quest'ultimo settore formano l'evidente nucleo d'una sinclinale contorta (Tav. VII, fig. 3). Qua e là, e particolarmente agli imbocchi del Canal del Mis e del Canal d'Agordo, queste potentissime pile di strati calcareo-dolomitici si vedono attraversate da piani di rottura, di solito fortemente inclinati o subverticali, coincidenti con discordanze di strati variamente accentuate. Per lo più queste rotture hanno un significato modesto, come di strappi interni della potente massa calcarea coinvolta nella grandiosa piega rovesciata. Però quasi ovunque si riesce a distinguere, uno strappo più importante, con una certa continuità da un settore all'altro. In tal modo possiamo tracciare una linea tettonica di notevole lunghezza, che, per ciò che dirò, chiamo Lìnea di Nera - Comedon; la quale tiene un andamento subparallelo alla Linea della Valsugana, senza però mai assumere un'importanza paragonabile a quest'ultima. In alcuni tratti si spiegano così i contatti anormali tra la Dolomia Principale e i calcari liasici lungo il versante settentrionale del Pizzon, del Colbel, dei monti Palone e Brandol; men- ci Si confronti nnclie il profilo V del Dai. Piaz (Jó). — 04 — tre più a ovest, alla Forcella dell'Omo, la linea di dislocazione passa sul versante meridionale, assumendo quasi il carattere d'uno scorrimento, con eliminazione di cospicue entità stratigrafiche (profili IXa del Comedon e X del M. Neva, e fig. 2 della Tav. VII). Inoltre, in questo settore il motivo tettonico si sdoppia, come mostrano le altre strette ripiegature della Dolomia Principale nelle parti sommitali del Comedon, del Sass da Mar e del M. Neva. Da notare che in questo settore il Mojsisovics aveva ritenuto che la stessa Linea della Valsugana si spostasse di molto verso sud, descrivendo un brusco gomito nella Val Giasinozza, e ritornando poi verso nord dalla forcella dell'Omo direttamente a Val-lalta. In tal modo essa verrebbe a confondersi con i suddetti disturbi del settore M. Neva - Comedon (37, p. 430), ai quali pertanto spetterebbe un'importanza di primo ordine nella tettonica della regione. A questa interpretazione quell'Autore era costretto, perchè non aveva scorto •— nò altri dopo ili lui — che la dislocazione principale passa invece per la Porcello Cimonega (vedi profilo X e Tav. Vili). Che alla Linea di Neva-Comedon non possa assegnarsi tale funzione principale, risulta e dal più scarso rilievo che essa ha nel settore del Mis, e da quanto si osserva più a ponente, dove, attraversata la bassa Val Giasinozza, essa va di nuovo trasformandosi in semplice cerniera di sinclinale, più o meno rovesciata, e con strappi di più lieve entità (Caltene, Fa-lasorni, orlo settentrionale dell'altipiano delle Vederne; al di là del Cismon non l'ho più scorta). Anche i monti ad est del Cordevole hanno struttura analoga. Nel Monte Celo, e ancor più nel gruppetto del Talvena, si osser-vano pieghe stirate e rovesciate verso sud, con scorrimenti" ripetuti anche di discreta estensione tra i quali è possibile trovare gli equivalenti della Linea di Neva-Comedon e delle altre complicazioni del Gruppo di Cimonega. CONSIDERAZIONI GENERALI Per concludere la descrizione della tettonica, non mi rimane che richiamare i principali fatti enunciati, coordinandoli secondo alcune vedute generali. I motivi tettonici principali obbediscono al sistema domi- — 65 — nante nelle Alpi Venete, di corrugamenti subparalleli, diretti da W a E, o da SW a NE. Si è visto che due sono le zone più intensamente colpite da questi corrugamenti : una meridionale, comprendente l'anticlinale Primiero - Agordo, accompagnata a S da importanti pieghe - faglie e scorrimenti, particolarmente la « linea della Valsugana », che la separa dalla zona abbassata delle Alpi Feltr ine e dei monti del Mis; l'altra settentrionale, comprendente l'anticlinale complessa della Val Biois. Fra le due zone il gruppo delle Pale rappresenta un'area relativamente depressa, tettonicamente abbastanza unitaria. In senso trasversale poi si osserva in gran parte del territorio un abbassamento da W a E, specialmente accentuato al margine occidentale, e in particolare in corrispondenza alle due massime elevazioni (M. Pradazzo e Cavallazza) della piattaforma porfìrica, la quale rapidamente si immerge verso est sotto i sedimenti per-inotriasici, anche mediante gradini di faglia. L'anticlinale meridionale presenta invece un forte, sollevamento ellissoidico nel settore orientale Mis - Agordo. Queste, così brevemente nominate, sono le principali ondulazioni del territorio, quali si sono generate prevalentemente per spinte agenti in direzione press a poco meridiana, e sotto l'influenza passiva del massiccio della Cima d'Asta sorgente a SW. Le complicazioni locali e il diverso stile di movimento che abbiamo volta a volta notato sono dovute specialmente alla diversa resistenza offerta dai materiali litologici, la cui distribuzione fin dall'origine non era uniforme. Di fronte alla notevole mobilità degli scisti cristallini basali, sta la rigidità della piattaforma porlirica, che ha potuto subire soltanto 1111 corrugamento in pieghe molto ampie, ma spezzandosi qua e-là con fratture perpendicolari. Molto più plastici, i sedi-nienti permiani e scitici potevano da un lato adattarsi mediante pieghe alle rotture dell'infrastruttura, dall'altro subire un corrugamento molto più intenso e minuto, specialmente a ridosso delle due anticlinali principali. A loro volta le masse più rigide mesotriasiche, dolomitiche e in parte porfìritiche, potevano solo parzialmente accompagnare tale corrugamento basale, e dove ciò 11011 fu possibile, i blocchi si spezzarono secondo fratture più o meno inclinate, o meglio scorrimenti, da interpretare sempre — 0(5 — come derivazione diretta dalle pieghe basali, cioè come pieghe rovesciate colla gamba mediana strappata ('). Nei riguardi del gruppo delle Pale, il rovesciamento delle pieghe è prevalentemente diretto verso nord lungo il lato settentrionale, verso sud lungo quello meridionale del massiccio dolomitico. Si può ben dire dunque che questo blocco, costretto fra le due principali pieghe che lo fiancheggiano a N e a S, ha subito una contrazione trasversale alquanto minore che non i sedimenti flessibili basali, così da apparire sopravanzato sopra di questi, su ambedue le fronti. Ancora un altro stile si osserva nei monti meridionali, a S della linea della Valsugana, dove le potentissime pile di strati calcareo - dolomitici neotriasici e giuresi hanno subito piegamenti grandiosi e di vasta portata, e solo in via subordinata strappi e scorrimenti locali. Tali formazioni si dimostrano dunque meno rigide, tettonicamente meno inerti, che non le scogliere dolomitiche infraraibliane, originariamente compatte, quasi prive di stratificazione. Questi diversi stili tettonici si sono reciprocamente influenzati, provocando adattamenti vari ilei terreni aventi vario grado di plasticità e flessibilità. Specialmente chiara ò l'influenza che le rotture delle masse rigide hanno esercitato su quelle più tenere, le quali si sono incuneate fra i blocchi risultanti, e talvolta, agendo da lubrificante, possono anche averne favorito l'ulteriore movimento. Questo si vede nelle arenarie scitiche, talvolta anche negli strati di Livinallongo, nei confronti coi calcari e le dolomie anisiche e ladiniche; e si vede nelle filladi, nei confronti ilei blocchi di porfido e porfirite permiani di minore spessore, che hanno potuto frammentarsi più minutamente (zona di Ceree! a, Primiero). Constatiamo che le zone di maggior corrugamento, e quindi di spezzettatura delle masse rigide (le due grandi zone anticli-nali) corrispondono ad aree in cui le masse stesse avevano già originariamente un minor spessore: le colate porfiriche nel tratto Primiero-Mis, le bancate dolomitiche alla periferia delle scogliere. E non è senza significato il fatto che le grandi zone anticlinali coincidono con aree che erano libere da scogliere dolomitiche ili- ci V. anche 40, p. 373. - 38 - fraraibliane, che erano cioè occupate per molto maggior spessore da formazioni eteropiche meno resistenti (cfr. 8, p. 55). Infine, per quanto concerne le dislocazioni aventi una direzione trasversale a quello che è l'andamento tettonico generale, esse potrebbero indurre a pensare che — analogamente a quanto si è riconosciuto in altri settori delle Alpi Dolomitiche — vi si dovessero distinguere fasi tettoniche successive, caratterizzate da diverse direzioni di spinta. Ora, se è chiaro che in singoli casi la dislocazione trasversale è posteriore a quelle longitudinali che ne risultano troncate (per es. al Col del Pez, v. p. 53), — pure si tratta di episodi secondari e affatto locali, ed a cause locali si può attribuirne l'origine. Per lo più invece non si può neppure vedere una tale successione cronologica, poiché la distinzione fra pieghe e rotture longitudinali e trasversali risponde più che altro a necessità descrittive, e neppure può essere rigorosa, le divergenti direzioni essendo causate essenzialmente dalle resistenze passive dei blocchi rigidi, soprattutto del massiccio della Cima d'Asta e della piattaforma porfirica potentemente sollevati a ponente del nostro territorio. Le fasi del corrugamento sono state necessariamente lunghe, e intramezzate da pause: e la sua intensità nelle singole fasi può ben essere stata diversa da un settore all'altro (più tardivo specialmente nelle parti più prossime al margine prealpino). Ma, quanto al modo di prodursi, in questo territorio e in quelli vicini a me meglio noti, il corrugamento stesso appare essenzialmente unitario, come prodotto sempre dalle stesse forze latenti, agenti su materiali di diversa resistenza. Parte Terza MORFOLOGIA FORMAZIONI QUATERNARIE INFLUENZE LITOLOGICHE E TETTONICHE SULLE. FORME DEL RILIEVO Nel corso della descrizione stratigrafica ho avuto spesso l'opportunità di accennare alle proprietà dei singoli terreni, per quanto riguarda la loro resistenza agli agenti distruttori esterni, all'infiltrazione dell'acqua, ecc. Queste proprietà sono fondamentali per la comprensione delle forme delle montagne, e di queste montagne in sommo grado, che in breve spazio mostrano la più grande varietà di rocce. Nelle Alpi, la regione dolomitica è giustamente conosciuta come quella che ci offre i più svariati e più belli contrasti di paesaggio. Il nostro territorio, specie se vogliamo comprendervi anche il gruppo della Civetta che entra solo in parte nella annessa carta geologica, si può dire che racchiuda tutti i principali tipi di paesaggio che si possono incontrare nella regione dolomitica. Passiamo in breve rassegna quelle rocce, o formazioni geologiche, che, per la loro maggiore resistenza, costituiscono quasi lo scheletro del rilievo orografico. Possiamo elencare: l'ortogneiss; i porfidi quarziferi; le varie formazioni di calcari compatti e dolomie del Trias medio e superiore; le lave porfiritiche e alcuni conglomerati piroclastici del Ladinico; i calcari del Lias; taluni banchi di calcari titoniani. - 38 - Queste infatti sono le rocce che, con caratteri specifici per ciascuna, costituiscono quasi tutte le vette delle montagne, o gli orli degli altipiani, le sporgenze dei versanti, le strette delle valli, i salti nei letti dei torrenti. E' un fatto evidente. Eppure giova brevemente insistervi, perchè spesso lo si vede trascurato, per dare maggiore importanza ad altri fattori morfologici. Queste rocce determinano la forma delle montagne. Dal tipo tabulare — quale si presenta, a grandi linee, nel massiccio delle Pale preso nel suo insieme, o in piccolo nel Castellazzo — si va al tipo largamente cupoliforme del Monte Pradazzo, a tutte le altre varietà, connesse colla diversa giacitura tettonica. Massima evidenza assume, quest' influenza passiva della struttura, nei frequenti rilievi monoclinali asimmetrici, quali la. Cavallazza (porfido), il Monte Venegiotta (calcari e dolomie anisici), i Lastei di Pape (conglomerati porfiritiei). il Monte Alto di Pelsa (dolomia infraraibliana), il Pizzon (calcari liasici), per citare esempi nei diversi tipi di roccia. Tra gli esempi di montagne a strati verticali. il migliore è quello del Sasso Padella, colla lunga cresta del Palugliet (Laclinico e Anisico). Un tipo speciale di forme resuscitate. è dato da quei fianchi mediocremente ripidi del massiccio dolomitico, che corrispondono alle originarie scarpate periferiche delle scogliere coralline (versante N delle Pale di S. Lucano, Lastei di Focobon, ecc.). Forme più massiccie e tozze assumono gli gneiss, ma tuttavia in risalto sopra gli scisti più disgregabili, così nella cresta del Bedolè, come in quella del Monte Armarolo, dal profilo a schiena d'asino. Tra le forme di denudazione connesse a particolari condizioni tettoniche, abbiamo visto i gradini del versante orientale della Cavallazza, corrispondenti ai gradini eli faglia della massa porfirica. Di fronte a queste formazioni rocciose più resistenti, ve ne sono altre con più spiccato carattere recessivo, per la maggiore degradabilità. Tali sono: le marne e arenarie del Permiano superiore e parzialmente dello Scitico; i calcari marnosi e selciferi degli « strati di Livinallongo »; taluni tufi arenacei più friabili del Ladinico; i calcari marnosi e specialmente le arenarie argillose del Raibliano; i calcari del Cretaceo. Carattere intermedio presentano le filladi, che costituiscono notevoli rilievi a forine tozze e con abbondante sfacelo lungo i — 71 — versanti, ed offrono un appoggio ancora relativamente solido ai sedimenti permiani, quando sotto di questi manchi la bancata dei porfidi (Val Cismon). Bisogna tenere presente che tutta questa classificazione ha soltanto un significato relativo, per ogni terreno elencato, subordinato cioè alla posizione che esso occupa in mezzo agli altri. Perchè è evidente che la maggiore o minore ripidezza del profilo della montagna, il diverso risalto dei singoli elementi litologici, dipende dal maggiore o minore grado di resistenza ai processi degradatori, rispetto all'elemento che sta di sotto e a quello che sovrasta. Le por fi ri ti ladiniche presentano di solito una notevole compattezza; ma quando s'appoggiano, o s'intercalano, alle dolomie (filoni), fil confronto di queste si mostrano ben più. friabili. Così pure, se riesce del tutto evidente la formazione delle terrazze c cenge a traverso le pareti dolomitiche in corrispondenza degli affioramenti di strati marnosi più degradabili, non è men vero che sia gli strati di Livinallongo, sia quelli di Raibl (almeno quando non si presentino in facies argillosa), indicati come formazioni recessive nella loro posizione normale, comprendono però anche rocco di notevole resistenza, ed infatti li vediamo assumere in certi casi, specialmente i primi, una funzione morfologica opposta (Col di Luna). Analoghe considerazioni si potrebbero fare in certi casi per le arenarie permiane e per la scaglia cretacea, che presenta un grado di disgregabilità moderato. Perfino gli strati arenaceo - marnosi werfeniani, rispetto a quelli permiani sottostanti, figurano come una copertura protettiva resistente, e vi formano talune alture a « cuesta » di notevole risalto, quali la Cima Venegia, la costa sopra Malga Fosse (Eolie), la Pala Monda sopra 8. Martino, ecc. 11 potere conservativo delle forme, è noto che non dipende soltanto dalla resistenza alle azioni meccaniche; vi influisce anche il grado di permeabilità, per la quale viene sottratta l'acqua dal compiere la sua normale azione erosiva all'esterno. Per tacere d'altro — trattandosi per lo più di fatti ben noti — è d'uopo ricordare la presenza di fenomeni carsici, cui mi è occorso di accennare a proposito di vari terreni. Essi raggiungono notevole intensità nei gessi permiani, tuttavia con infuenza morfologica e idrologica limitate, causa la facile disgregabilità superficiale della roccia solubile, intercalata a marne poco permeabili e loca- — 72 — lizzata in pochi settori. La massima diffusione e intensità trova invece il carsismo nei calcari liasici dei monti meridionali (altipiano di Campotorondo, Piano Eterno; cfr. p. 47). Anche sull'Altipiano delle Pale si osservano interessanti forme carsiche superficiali (V. p. 39): spaccature e pozzi, doline di varie forme e dimensioni; e inoltre grandi conche chiuse, cui non si saprebbe attribuire altra origine, che non sia quella carsica, e che hanno reso molto accidentata e ondulata la superficie dell'altipiano (i « Eoe » di Manstorna e di Miei, le Buse di Collalto, ecc.). Ma nel complesso di può rilevare la validità della regola generale, che attribuisce al carsismo piuttosto una funzione conservatrice delle forme del rilievo, nelle grandi linee. Passando ora dalle forme maggiori alle minori, è facile riconoscere che anche queste sono direttamente influenzate da altri caratteri intrinseci delle singole rocce, le quali assumono perciò una spiccata funzione paesistica. Ogni tipo di roccia ha un suo tipo morfologico. Specialmente lo manifestano quelle più tenaci, e con particolare evidenza nell'alta montagna, priva di vegetazione e in gran parte libera da rivestimenti detritici. Eccone i principali esempi. La fessurazione verticale, a prismi o a piani paralleli, dei porfidi permiani si manifesta evidente nella parete della Cavallazza e contribuisce a conservarne la verticalità. Le porfiriti ladiniche conservano più il carattere di rocce massiccie, senza manifestare di solito particolari regole di sfaldatura. Le linee direttrici delle forme esterne sono spesso linee di disturbo tettonico (V. il relativo Capitolo). Ma quando si sovrappongono con una certa regolarità colate di lava e bancate di conglomerato. con andamento suborizzontale e fenditure verticali, come nella Cima di Pape (Tav. IV, fig. 1), allora la montagna acquista forme turrite e profili d'una arditezza che s'avvicina a quella dei monti dolomitici. Tra le formazioni dolomitiche, la Dolomia Principale (nei gruppi, per noi marginali, della Civetta e di Cimonega) e talvolta quella anisica (Castellazzo) si fanno notare per la più regolare e distinta stratificazione, la quale, insieme alle frequenti diaclasi che scompongono la roccia perpendicolarmente, facilitano la formazione di pareti, percorse da innumerevoli cenge, e il distacco di torri bene squadrate. — 73 — I tenaci calcari liasici, a banchi più grossi, determinano piuttosto muraglie compatte, poco articolate. Per ultimo — per poterne dire un poco più diffusamente — vediamo la massa della dolomia infraraibliana, cioè il maggiore costituente del gruppo delle Pale, presentare la più grande varietà di forme, in causa della generale mancanza di una vera stratificazione, dell'esistenza, invece, di piani di discontinuità originari variamente disposti, della compattezza alquanto variabile, della fessurazione e fratturazione, irregolarmente distribuite e disposte. Prescindiamo dalle già menzionate forme carsiche, dalle numerose impronte glaciali, di cui sarà parola in seguito, per limitarci ora a considerare le sole forme di degradazione meteorica normale, che in alta montagna è dovuta soprattutto alle a-zioni del gelo. L'andamento di molti valloni, canaloni, camini, lo scolpimento delle pareti e delle creste, l'isolamento di speroni, torrioni, guglie e pinnacoli, in una parola tutta la bizzarria caratteristica dello scenario dolomitico, sono l'indiretto prodotto di tali discontinuità strutturali della roccia, abbiano esse origine tettonica, o eruttiva, o corrispondano alle condizioni originarie costruttive. Così per esempio, lungo quelle fiancate marginali che corrispondono ai limiti eteropici della scogliera, le forme di dettaglio e tutto l'aspetto in generale sono dati dal caratteristico sbancamento obliquo della roccia, inclinato verso l'esterno, di cui ho parlato a suo luogo (p. 41). Ilo pure accennato qua e là ad alcuni dei più tipici canaloni di frattura tettonica, la cui esemplificazione si potrebbe moltiplicare ('). Per alcuni di questi canaloni, in cui me parso più evidente l'avvenuto spostamento, fra le due masse a contatto, ho segnato sulla carta geologica la corrispondente'linea tettonica (nel tratto Cima di Ball - Sass Maor, nelle Pale di 8. Lucano, ecc.). Ma si tratta di un fenomeno molto più generale; e vi sono parti ili montagna in cui la fratturazione, parallela o incrociata, ha indirettamente provocato uno sminuzzamento di torri, lamine e scogli, come si vede lungo i fianchi del Cimerlo e ancor più tutt'attorno alla Pala della Madonna (Sfor- (l| Tra gli esempi piii notevoli la Val Sprit. il canalone «Iella Forcella della Beta, quello della Forcella del Pizzon (Agner), che ò accompagnato da una larga zona inilo-nitizzata. * celioni, Caldrolon, ecc., con fenditure verticali dirette NNE -SSW). Per quanto riguarda la catena settentrionale (Cimone - Focobon) ho già segnalato hi funzione morfologica dei due sistemi di spaccature intersecantisi, di diversa origine, e la speciale importanza dei filoni melafirici per la formazione di canaloni e valloni lungo i fianchi, di intagli e forcelle lungo le creste. GENESI E SVILUPPO DELLE VALLI Non si può credere che questa influenza passiva delle linee tettoniche, e anche della semplice fessurazione, si sia limitata alle forine che, in un certo senso, potremmo dire di dettaglio, offrendo le migliori vie d'attacco agli agenti atmosferici. E' intuitivo che esse hanno offerto analoga facilitazione all'erosione torrentizia, dei corsi d'acqua grandi e piccoli, e possono essere state cause determinanti ilei tracciato di talune valli maggiori, specie nei tratti attraversanti i massicci dolomitici compatti. Ciò risulta particolarmente verosimile per l'impostazione del tratto del Cordevole tra Ghirlo e Listolade, lungo una zona percorsa da fratture, dello stesso sistema cui appartengono la Val Besausega a ovest, ed altri valloni a est ('). Siamo quindi condotti a considerare più in generale l'origine del reticolo idrografico e dei suoi evidenti rapporti con le condizioni strutturali. Le maggiori vallate, ampie e con forme relativamente mature. sono disposte longitudinalmente, scavate nelle formazioni più antiche prevalentemente tenere, sollevate in anticlinali: la Valle del Biois, e quella serie di valli e selle che costituiscono la depressione Agordo - Primiero. Questa depressione è bensì parzialmente sdoppiata in due solchi paralleli (Val Sarzana - Forcella Aurine - Pra di Forca, e Val Impenna - Forcella Franche -Alto Mis), da definire solchi di contorno, rispetto alla modesta dorsale scistosa interposta; ma nell'assieme si può ben parlare d'una depressione unica, Agordo - Primiero. La Val Travignolo ò invece impostata in una sinclinale, e (') Ho gii! trattato la questione in nitro occasioni («, p. 200: c « p. 42, 62). — 75 — per questo costituisce un'eccezione in tutta la regione, spiegabile colla preponderante funzione della piattaforma porfirica, così incurvata, nel determinare passivamente le forme del rilievo (6, ]>. 201 - 202). La valle iniziale del Cismon, a N di Primiero, tiene invece un andamento quasi meridiano, cioè trasversale rispetto alle direttrici tettoniche e orografiche regionali; ma di fatto segue l'andamento locale delle formazioni geologiche, fortemente inclinate da W verso E. Essa ò dunque una valle di contorno, rispetto al grande ellissoide cristallino della Cima d'Asta (s. 1.) ('). Tronchi di valle nettamente trasversali, diaclinali, sono invece, oltre a quella del medio Cordevole da Cencenighe ad Agor-do, i (( Canali » attraversanti la barriera montuosa meridionale, del Cordevole (Canal d'Agordo). del Mis e del Cismon, da interpretarsi anch'essi come valli sovrimposte entro le compatte barriere calcaree, tutt'al più localmente condizionate, nel loro particolare andamento sinuoso, alle linee di minore resistenza offerte dai disturbi tettonici secondari, che hanno accompagnato il corrugamento grandioso di questa zona. Il dibattuto problema della precedenza delle valli trasversali sulle longitudinali, o viceversa, perde molto del suo interesse concreto, quando si consideri che l'impostazione del reticolo idrografico è da riportare ad una superficie iniziale di cui non conosciamo i lineamenti, e le eventuali mutazioni dei primi periodi ci sfuggono totalmente. Si può solo insistere, in via generale, sul fatto intuitivo, che è molto più facile che le valli longitudinali, scavate nelle zone di rocce più tenere, si vadano sviluppando gradualmente a spese dei tronchi trasversali, che non viceversa, specialmente quando, come nel nostro caso, queste valli trasversali fagliano grandi barriere di rocce compatte. Esse dunque, malgrado il loro aspetto più giovanile (rispetto a quelle longitudinali, rapidamente tendenti alla maturità morfologica), sono di regola geologicamente più antiche, eredi di un tracciato idrografico più semplice. E' poco verosimile che siano mai esistiti corsi d'acqua unitari nei solchi orografici longitudinali Biois - 8. Pelei In origino questa vnllo seguiva probabilmente la fascia dei terreni pernio - scitici, alla baso della muraglia dolomitica dello l'alo, che certamente sopravanzava verso ovest molto più ili ora: poi, affondandosi, prese ad incidere successivamente gli ultimi lombi della piattaforma porfirica e le filladi, inglobando la parte superiore della Val Lozen, cho verosimilmente si prolungava a nord della Forcella di Calaita. (48, p. 20). — 7(ì — legrino e Agordo - Primiero; e tanto meno, che essi si mantenessero a lungo tali, incidendosi fin quasi al livello dei bassi valichi attuali, e conservando un deflusso unico, verso l'Avisio il primo, verso il basso Cismon il secondo, come ha supposto lo Schwinnek (48, pp. 21-23). Meritano infine un breve cenno alcune delle valli secondarie. La Val Impenna, la Val Paganini, la Val delle Moneghe, prese in sé, sono esempi evidenti di solchi susseguenti, di contorno, poiché seguono il contatto tra formazioni più resistenti (dolomie del Nerico) ed altre meno (filladi, sedimenti permiani e scitici). Altrettanto si può dire per le due vallette scendenti ai lati opposti del Passo di Vallès (lungo il contorno dei porfidi, con erosione intensa specialmente lungo la piega - faglia del Rio Val lazza), nonché per la Val Reiane, la Val Gardes e la Val del Tor-col (lungo il contatto eteropico tra le dolomie e i tufi bulinici). La Val di Gares, trasversale, è probabilmente sempre esistita. come via di scarico d'una gran parte del grappo delle Pale. La sua continuazione superiore, il vallone delle Comelle, entro i limiti del massiccio dolomitico, si trova molto meno sviluppata che non la valle che, da Gares in giù, è scavata in rocce meno tenaci. L'erosione valliva, torrentizia - glaciale, ha intaccato la fiancata della scogliera dolomitica, incavandovi la bella testata semicircolare della valle profonda, sopra Gares. Ma già per condizioni geologiche originarie tale fiancata presentava qui la maggiore rientranza verso sud. Non è escluso che anche in corrispondenza del vallone delle Comelle esistessero condizioni strutturali predisponenti, o, forse meglio, qualche disturbo tettonico, in rapporto coll'improvviso innalzamento della massa dolomitica a ponente (V. pag. 58). Più ardua si presenta l'interpretazione della Valle d'Anghe-raz - S. Lucano, che per ben dieci chilometri taglia tutto lo spessore del massiccio dolomitico. Certamente nel rilievo attuale non v'è traccia che le acque di questa parte orientale del gruppo abbiano mai tenuto altra via. Ammettiamo dunque che esse abbiano sempre tenuto l'attuale tracciato, che poteva corrispondere « grosso modo » al generale declino verso NE del blocco dolomitico. Ma rimane il problema, come questa valle abbia potuto affondarsi tanto, tutta quanta, anziché rimanere, almeno in parte, in uno stadio analogo a quello della Val delle Comelle. Per il tronco d'Anglieraz, a direzione meridiana, ho già segnalato certe — 77 — particolarità costitutive e tettoniche, che potrebbero dar ragione d'una escavazione relativamente facile (p. 43). Per il tronco di S. Lucano, scavato proprio dove la formazione dolomitica raggiunge il massimo spessore, 1300-1(500 111., la coincidenza con una linea tettonica è probabile almeno per il tratto finale (v. p. 58). , -i .. i Fijr. il - Villi.- delle Cornelio. Kviili-nli- iiiiiili-lliiini-iitn iflnt'iali-. Iiii pila ti'i'iiiiiinlo sbocca pensilo sopra In Vili ili fìiiri-s. E' poi chiaro che l'approfondimento di tutta la valle potè venire accelerato regressivamente, a partire dal momento in cui presso la confluenza il Cordevole ed il Tegnas si furono approfonditi tanto, da intaccare le tenere arenarie basali, che oggi sono messe allo scoperto lungo l'intera valle. L'EVOLUZIONE MORFOLOGICA! DURANTE IL NEOGENE Se ora vogliamo cercare una coordinazione dei fatti analiticamente esposti, per seguirne lo svolgimento nel tempo, ci si pone subito la domanda se tale svolgimento sia stato uniforme, o se invece non si abbia modo di osservare -— come quasi dappertutto nelle Alpi Orientali — le testimonianze di fasi di relativa quiete, alternate con fasi di accelerata erosione, in collegamento con fasi di intensificato sollevamento orogenico. In un rilievo a struttura litologica e tettonica complessa tale ricerca è tutt'altro che facile, — 78 — e si spiega come, specialmente nelle Alpi e nelle Prealpi calcaree, si siano talvolta trovate ili fronte interpretazioni opposte. Per il nostro territorio lo Schwinner si sforzò invero ili raccordare fra di loro tutte le interruzioni del profilo dei versanti, terrazze ripiani insellature, in quattro sistemi ciclici ben distinti, sul cui accoglimento sono ila fare alcune riserve ('). Con maggiore cautela il Klebelsberg, riconosciuta la preponderanza della morfologia selettiva nelle Alpi Dolomitiche, pone in evidenza l'esistenza di una ben diffusa « mitteltertiàre Gebirgsoberflàche »; e per gli altri numerosi lembi di terrazze più basse si limita a cercare un raccordo in un livello di valle pliocenico, ancora sufficientemente generalizzato (26, 27). Di recente il Xanc.eko.ni, abbandonando le sue precedenti vedute essenzialmente basate sui principi di morfologia strutturale ha creduto di poter distinguere nel Gruppo di Sella ben cinque sistemi di spianamento ciclico, che vorrebbe rapportare ad altrettante fasi di orogenesi alpina e di sedimentazione subalpina (43) (-). Ho inteso dimostrare nelle pagine precedenti che le influenze strutturali sono assolutamente dominanti nella morfologia-dolomitica. Credo dunque che non ci si debba lasciare ingannare dalle corrispondenze semplicemente altinietriche, e tanto meno lasciarci troppo attrarre dal desiderio di ricostruire, senza migliori argomenti, antichi tracciati idrografici, appartenenti al tale o al tal altro livello morfologico, o ciclo. Con questa premessa, passo a descrivere quelle che mi paiono le più sicure (o meno incerte) testimonianze delle varie tappe dell'evoluzione del rilievo nel territorio in esame. (') A parte 1" inevitabile artificio elio vi è spesso nel metodo di simili ricostruzioni, vi è il pericolo della troppa soggettività noli' interpretazione delle singole forme. Inoltre le difficoltà dello ricerche durante le operazioni di guerra evidentemente non permisero che l'autore potesse raccogliere sul posto osservazioni in ogni parte esaurienti. Cosi si spiega che, per es., siano interpretate come terrazzo di denudazione anche le belle terrazze moreniche dei dintorni di Primiero {4N, p. 25). (!) Uno di questi « sistemi » sarebbe rappresentato da quelle caratteristiche cenge, che attraversano le pareti dolomitiche del massiccio del Sella, in corrispondenza alle intercalazioni marnose raibliane. Per verità, tale interpretazione mi sembra eccessivamente ardita, sia dal punto di vista teorico, sia per quello che io conosco di dette terrazze. 79 — L'Altipiano delle Pale di S. Martino. La genesi dell'Altipiano, tacendo delle ipotesi meno attendibili, si può spiegare in due modi. La spiegazione più semplice ravvisa in esso una superficie strutturale, ossia l'originaria superficie della scogliera dolomitica infraraibliana, rimessa a nudo (resuscitata) per l'asportazione erosiva delle formazioni più giovani, che dal Carnico in poi vi si erano sovrapposte, a cominciare dagli strati raibliani facilmente degradabili. Naturalmente non rivediamo la superficie strutturale intatta. Mano mano che veniva discoperta, essa andava soggetta ulteriormente al lavoro delle forze esterne, erosione meteorica, torrentizia, carsica, glaciale e nivale, cui dobbiamo molte forme di dettaglio; ma la forma complessiva rimane pianeggiante, o variamente mossa (sollevata specialmente lungo gli orli), per seguire le deformazioni tettoniche subite dal massiccio, in parte anche posteriori alla denudazione. L'Altipiano si trova relativamente depresso, in confronto alle parti marginali del Gruppo, e specialmente in confronto alla catena settentrionale e ad alcune vette meridionali (fig. 1-2, tav. VI). Dove l'erosione non ha troppo intaccato questi monti periferici, anch'essi conservano tratti pianeggianti, o inclinati, in modo grossolanamente conforme all'inclinazione tettonica. Solo verso NE prosegue, nelle Pale di S. Lucano e nel Monte di Pelsa, l'abbassamento graduale della piattaforma dolomitica infraraibliana, e quindi dei lembi di altipiano, o di piani inclinati, rispondenti alla stratificazione, e sorreggenti infine le costruzioni della Dolomia Principale. E' chiaro che tutto ciò risponde ai principi della morfologia selettiva, e quindi non basta il prevalere di forme pianeggianti, per poter parlare di forme mature o vecchie, rispondenti a determinate fasi della storia del rilievo. D'altra parte ci si può chiedere come mai, sull'area dell'Altipiano, non si conservi alcun residuo dei terreni più giovani, nessuna di quelle costruzioni di Dolomia Principale paragonabili, se non a quella gigantesca della Civetta, nè alla larga piattaforma che corona il massiccio del Sella, nò a ruderi isolati come le Cime di Lavaredo o la Crocia da Lago, almeno a quelle poche rovine che pur non mancano sullo Sciliar e sulle stesse Pale di - 38 - S. Lucano, sopra un basamento tanto meno esteso che non sia l'Altipiano in questione. La cosa è alquanto strana, data la non eccessiva altezza dell'Altipiano, e la forma a larga conca di tutto il massiccio, condizione favorevole alla conservazione dei terreni più giovani che vi erano contenuti. Perciò si è indotti a pensare che tale distruzione sia stata possibile, perchè svoltasi in uno spazio di tempo enormemente lungo, che ha permesso agli agenti esterni di compiere una degradazione molto avanzata del precedente rilievo montuoso, e di creare anche taluni vasti spianamenti, necessariamente prossimi ad un livello di base. In altre parole, l'Altipiano delle Pale rappresenterebbe 1111 rilievo vecchio (morfologicamente parlando), o per lo meno sensibilmente maturo, in netto contrasto colle forme giovanili delle pareti periferiche del massiccio. Questa ipotesi può almeno accettarsi come abbastanza verosimile. Fin dove prevalgono le forme pianeggianti si sarebbe dunque portati a pensare ad 1111 penepiano, geologicamente antico, se con la definizione di penepiano non contrastasse la presenza di rilievi marginali troppo elevati, eli 500-700 metri, specie nella catena settentrionale. E' vero che anche in questa catena, si osservano tratti spianati, o anche fortemente inclinati, che ho già menzionato più sopra mettendoli in rapporto con la struttura, ma che potrebbero anche interpretarsi come vecchie forme di degradazione, variamente sollevate o rese inclinate per movimenti tettonici successivi all'epoca dello spianamento (Fig. 1, tav. VI): ed è vero che all'esistenza di una morfologia matura molto più estesa possono far pensare, analogamente, certe forme raddolcite ancora conservate in qualche tratto dei monti meridionali (Crocia Grande, Cima di Ball, ecc.), che non siano semplicemente dovute alla degradazione nivale e glaciale. Ma, se non si vuol fra uso di troppe ipotesi, conviene raffigurarci un paesaggio variamente mosso e con notevoli dislivelli, e rilievi ancora abbastanza accentuati in corrispondenza delle condizioni litologiche e tettoniche. Verso questa conclusione ci porta anche il confronto con forme analoghe di altri gruppi dolomitici, nei quali pure le forme eli altipiano non sembrano sempre giustificate dalla sola morfologia selettiva ('), ma che sono pur esse a loro volta dominate da residui di più antichi rilievi. Perciò si dovrebbero concepire gli alti- («) Cosi pensa ori» anche il NanGERONI per l'altipiano del Sella 143, p. 12). — 81 piani non come veri penepiani (anche prescindendo dalle deformazioni postume), ma piuttosto come tratti più spianati entro 1111 paesaggio tendente alla maturità, esteso su tutta la regione ('). In questo paesaggio collinoso, o di mezza montagna, quello che è ora l'Altipiano delle Pale rappresentava un'area relativamente depressa; e come tale, doveva avere un livello prossimo a quello del fondo delle valli circostanti. Perciò la continuità di questa superfìcie pianeggiante al di fuori dei suoi limiti attuali non possiamo cercarla tanto più in basso, come si farebbe seguendo la superficie strutturale della scogliera dolomitica, che abbassandosi vieppiù verso NE assume più spiccati caratteri di forma selettiva (V. sopra); bensì dobbiamo cercare di raccordarla con altre forme spianate press'a poco allo stesso livello, o più elevate: per es. lungo talune creste dolomitiche a S. della Marmolada (fi, p. 197), o nelle testate di alcuni valloni, di poi escavate a circo, nel massiccio della Civetta (8, p. 67). Questo complesso di forme relativamente mature si può pensare formato nel primo lungo periodo di relativa tranquillità orogenica, dopo i movimenti alpini dell'Oligocene: quindi verosimilmente nel Miocene inferiore. Su ciò sembrava che concordasse la maggior parte degli autori, che si sono occupati di consimili altipiani nelle Alpi Orientali, e che hanno cercato di raccordare le fasi dell'evoluzione morfologica alpina con le fasi della sedimentazione subalpina ("). Senonehè negli ultimi anni si sono le vate alcune voci discordi, per cui da un lato si tende a ringiovanire, da un altro a portare ancora più indietro l'età degli spianamenti più elevati (:1). Ora, neppur io posso portare argomenti risolutivi per questa, sia pure approssimativa, datazione. Ma osservo che la questione in gran parte consiste nel discriminare, se que- (') Interpreto tuie paesaggio in modo conformo al Beiirmanx (1, p. 134) o ad altri autori tedeschi che si riferiscono alla cosi dotta « Baxlandscliaft », per i quali mi basti citare la recente rassegna data dal Machatschek (.90). jfel territorio circostante al gruppo delle Tale, durante lo stadio morfologico ora descritto, i maggiori rilievi stavano (come stanno tuttora) ili relazione con alcune più compatte masse calcaree tettonicamente sollevate, formanti i monti monoclinali della Marinolnda e della Civetta. (*) Cfr. specialmente Winkleb (57). (») Le forme da me descritte sembrano infatti raccordabili col II" sistema stabilito dal Oohtaxi nello Alpi Cannello e considerato gii! pliocenico (22, p. 2(1). D'altra parte il Klbbelsbebo, assegnando un'etil miocenica (. Mltteltertilir ») a superfici di spianamento molto più basse, ci costringerebbe ad attribuire un'etil ancora più antica ai nostri altipiani dolomitici, considerati come formo cicliche, mentre egli li considera forme selettivo (27 : e 2li, p. 75). — 82 — sti spianamenti alpini più elevati siano da raccordare con gli altipiani prealpini — pei quali le opinioni sono più concordi nel datarli dal Pliocene inferiore — oppure siano più antichi. La prima alternativa non si può escludere a priori, malgrado le forti differenze altimetriche, perchè queste possono essere causate dalla diversa entità del sollevamento pliocenico - quaternario, gradualmente minore nelle zone più esterne, d'accordo col continuato. movimento delle più importanti linee tettoniche, quelle dette di Valsugana - Comelico e di Belluno, e quella prealpina. Però i gruppi montuosi più interni sono molto più intaccati dall'erosione, le parti più elevate vi sono state largamente distrutte, conservandosi pochi resti delle forme antiche, in confronto colle catene e altipiani prealpini che ancora rispecchiano in gran parte il rilievo tettonico: ciò che non sembra possibile spiegare col solo effetto della maggiore elevazione di quelli in confronto di que-sti C). E' dunque più verosimile pensare — d'accordo con l'opinione più diffusa — che per le montagne interne il sollevamento si sia svolto in anticipo, e l'erosione abbia avuto tempo di agire profondamente, prima che, nel corso del Pliocene, si sollevassero gli altipiani prealpini, e, probabilmente in raccordo con questi, si determinassero lungo le valli alpine altri spianamenti meno estesi (V. altro paragrafo), molto più bassi degli altipiani dolomitici sopradescritti che vogliamo considerare miocenici. Le Alpi Feltrine. Nei limiti dell'area da me particolarmente presa in esame, l'altipiano di Campotorondo - Erera ed altri lembi spianati delle Alpi Feltrine presentano problemi in parte analoghi all'Altipiano delle l'ale. Ma qui le influenze strutturali sono ancora più chiare; ossia le forme di degradazione sono strettamente legate alla varia resistenza delle rocce, che è massima per i calcari del Lias. Inoltre la permanenza, sopra gli altipiani, di ancora cospicui rilievi di rocce più tenere, del Maini e del Cretaceo (Tav. VII, fig. 1 e 3), porta ad escludere che gli altipiani stessi siano stati esposti a lunghi processi di denudazione legati ad un particolare fj Più elio l'altezza assoluta, sull'intensità di erosione, conta quella relativa, e questa spesso è forte anche nelle l'reulpi. — 83 — livello di base; che cioè i tratti pianeggianti (calcari liasici denudati) rappresentino superici vecchie, o mature, come si ò potuto con qualche fondamento supporre per l'Altipiano delle Pale. In verità, sulle Alpi Feltrine non vi è nulla che inviti a pensare a forme cicliche, che costringa cioè a vedere nei tratti piani il prodotto di una determinata fase di spianamento generale (di erosione attenuata). Tutto si spiega con le leggi normali della degradazione di un rilievo composto di rocce di diversa resistenza e di diversa permeabilità. Il carsismo anche qui ha quasi arrestato l'evoluzione normale di vasti tratti d'altipiano, dopo che il livello di base s'era abbassato tutt'all'intorno. I ghiacciai quaternari hanno portato modificazioni di dettaglio. Per quanto concerne l'evoluzione ciclica, se davvero l'Altipiano delle Pale fu essenzialmente modellato in una lunga fase di spianamento generale (probabilmente nel Miocene inferiore), bisogna concludere che il modellamento della catena Feltrimi — dove quello spianamento è mancato — è più recente. L'antica topografìa miocenica, qui completamente distrutta, dobbiamo pensare che si estendesse in un livello più alto delle massime culminazioni attuali, restandone al di sotto anche il Sass da Mur e il Piz di Sagron, allo stesso modo dei monti meridionali del Gruppo delle Pale. Livelli di terrazze nelle valli. Bisogna abbassarsi molte centinaia di metri, in qualche tratto più di mille, perchè nelle vallate intorno al Gruppo delle Pale si possano riconoscere le impronte di altre fasi di sosta, che hanno interrotto il progresso dell'erosione in profondità. Queste soste però, -per quanto importanti, non sarebbero paragonabili con quel lungo periodo di tranquillità a cui dobbiamo attribuire la matura morfologia miocenica dell'Altipiano. Testimoni delle nuove soste sono talune spianate alle testate delle valli, terrazze di versante o semplici raddolcimenti di pendio lungo le valli, che non mostrino di essere legali a differenze litologiche. Esse si possono facilmente raccordare fra loro a formare sistemi d'un certo significato generale. Anzitutto le belle spianate pascolive, i lenti declivi che fiancheggiano la Val Venegia e si stendono ampiamente presso il Passo di Rolle, forse non sono tutti spiegabili colla natura dei — 84 — terreni arenaceo-marnosi che li costituiscono (terreni impermeabili e teneri, sorretti a ponente dal basamento porfirico) e neppure con l'abrasione esercitata dall'antico ghiacciaio trasfluente verso la Val Cismon. Infatti sembra che nell'assieme tali forme permettano di ricostruire l'antico fondovalle del bacino iniziale del Travignolo, fra 1900 e 2100 ni. Anche sul versante del Biois forma analoghe sono frequenti : bacino iniziale della Val Vallès, terrazza di Cavia, e, più incerte, altre terrazze più alte sui fianchi del M. Pradazzo. Da qui, scendendo lungo la Val Biois, fiancheggiata a sinistra da dolci dorsali di media montagna, a. destra da versanti più ripidi (versanti « di testata », per la stratificazione inclinata verso SE), ma non privi di qualche espressivo terrazzo (Malga Palniina), si può proseguire nella ricostruzione d'un livello di valle, con caratteri di relativa maturità, con fondo a circa 1500 m. a Falcade, 1300 m. allo sbocco nel Cordevole. Indizi più limitati e incerti si hanno per un altro livello più antico, di circa 200 ni. più alto (fi., p. 204). Analogamente nella Valle ilei Cordevole, prendendo in considerazione specialmente le forme del versante sinistro a est ili Agordo, avevo riconosciuto due livelli, con fondovalle sui 1300 e rispettivamente sui 1000-1100 ni. (8, p. 69). Al primo di essi, almeno in via ili ipotesi, potremmo cercare ili raccordare « grosso modo » le spianate pascolive del versante orientale dell'Agner e della Croda Grande, ed altri tratti pianeggianti della dorsale dell' Armarolo; al secondo, certe terrazze in roccia a Aliotte - Riva-monte. Ma non si tratta di forme « cicliche » caratteristiche, di sicura attribuzione. Altrettanto dico, o ancora meno, per i più alti lembi spianati attorno all'alta Val del Mis, sopra i 1500 m.; mentre per la ricostruzione d'un livello inferiore altre spianate e terrazze accennano, con maggiore verosimiglianza, a un antico fondovalle, che nel centro poteva stare tra i 1000 e i 1200 ni., secondo i tratti. Passiamo al bacino del Cismon. Nelle parti più elevate delle montagne scistose a ponente della valle (Tognola, Scanaiol, ecc.) si notano attenuazioni di pendio, piccoli ripiani, fondi di circhi, che nel complesso potrebbero indicare l'esistenza di -un'antica topografia tendente alla maturità, che sarebbe anche meglio svi- — 85 — lappata nel contiguo bacino del T. Vanoi ('). E" assai dubbio tuttavia se tale topografia possa raccordarsi con quella degli spianamenti di Rolle già menzionati (i bacini del Cismon e del Traviglielo erano e sono tuttora divisi da forme nettamente selettive), e se comunque essa possa assumere il valore di uno stadio morfologico importante, dato che i possibili raccordi con altre forme, nel Gruppo delle Pale e nelle altre valli circostanti, sono pochi ed estremamente incerti (soglie di valloni e di bacini circoidi, variamente interpretabili : Vallone di Sottocorona, Val di Roda, Val Pradidali, Lastei delle Lede e di Canali. Ad un livello molto più basso nella Valle del Cismon osserviamo invece marcaiissime ampie terrazze o attenuazioni di pendio su tutti i versanti, che si raccordano perfettamente per rappresentare un largo fondovalle, idealmente ricostruibile a vista, guardando verso sud dalle alture sopra S. Martino. Iniziandosi appunto presso S. Martino, sopra i 1400 m., questo fondo di valle va declinando a 1200 m., o anche a meno, a Primiero (400-500 in. sopra il fondo attuale), e qui si raccorda colle forme analoghe della Val Canali, Val Cereda e Val Noana (-). Singoli ripiani ben marcati (Prati di Col, Civertaglie) si spiegano per la facile erodi hi lità degli strati del Permiano superiore, sostenuti sull'orlo da arenarie più compatte o da porfidi. Altre terrazze, specie sui pendii del Belvedere, dei Dalaibi e di Cenguei, hanno l'orlo costituito da cordoni morenici postwùrmiani. Ma questi sono casi di dettaglio; e nulla toglie che tutto il complesso di dolci declivi e terrazze, che ho riunito in questo sistema morfologico, si debba interpretare in modo unitario, come forme legate ad un antico livello di valle, indicante una sosta prolungata dell'erosione. Riassumendo, occorre rilevare la buona corrispondenza riscontrata. nelle valli del Cordevole, del Mis e del Cismon, per ciò che riguarda le tracce meno incerte di una fase di sosta dell'ero- e? sione, la quale nelle tre conche di Primiero, dell'alto Mis e di A-gordo si ricostruisce a un'altitudine poco diversa, fra 1000 e 1200 (') Questo NI rollilo il livello fi dello SomviNNER (4fi, p. 10). Ma se si potesse definire r altezza del fondo delle valli maggiori, in corrispondenza con queste forme dogli alti versanti, io la corcherei molto più in basso di quanto abbia stimato il citato Autore (2050 in. a Canal S. Uovo). (-') Questo corrisponde al livello e. dello Sciiwinnkk \4S. p. 23). Quello che egli chiama livello 6, circa 200 ni. più alto, 6 costituito por lo più da formo selettive. - SO — m., circa 400 - 500 m. sopra il fonclovalle attuale. Più franimeli-tari, e di più incerta interpretazione, sarebbero i resti di un altro livello, di *200 - 300 m. più elevato. Ammessa l'esistenza anche di questo livello più alto, come di una sosta bene accertata, verrebbe facile collegarlo cogli spianamenti dell'alto Traviglielo (attraverso i quali sarebbe resa possibile una coordinazione coi livelli più diffusi nelle valli tributarie dell'Adige), e verso sud raccordarlo cogli altipiani prealpini (spianamento del Pliocene inferiore). Il nostro livello inferiore sarebbe allora paragonabile con quello di Trambilleno {25), di Laueo (56), e di Chiapovano (19), abbastanza concordemente collocato nel Pliocene superiore. Altrimenti, data la maggior importanza morfologica che nelle nostre valli assume il livello inferiore. si potrebbe pensare che questo, più che quello superiore, vi rappresentila fase di più lunga stasi, in concordanza colle più ampie superfiei spianate della fascia prealpina (la quale ebbe poi a subire un più forte inarcamento pliocenico - quaternario). E d'altra parte, risalendo la Val Biois, si può accompagnare questo livello inferiore fino alla testata della Val Vallès, sui 1000 in., cosicché non viene tolta la possibilità di confronti coi ripiani dell'alta Val Traviglielo ('). Comunque sia, malgrado tutte le incertezze, un fatto rimane bene assodato: l'esistenza di forme vailive indicanti uno o più soste dell'erosione, avvenute nel corso del Pliocene. Prima della fine di questo periodo probabilmente era già iniziata l'incisione dei nuovi solchi, che nel corso del Quaternario hanno dato origine alle profonde valli attuali, tra i resti sciupati delle antiche valli plioceniche. BRECCE DI VERSANTE E CONGLOMERATI ALLUVIONALI PREGLACIALI E INTERGLACIALI Sotto il Dalaibol, tra la Val Canali e la Val Cereda, la dorsale dei Dalaibi è costituita da detriti di falda, a elementi calcarei e dolomitici angolosi, fortemente cementati. (l| Al passo di Rollo, por lo particolari condizioni strutturali, ci sarebbe stato sempre un piti netto distacco altimetrico tra la testata della Val Travignolo e quella della Val C'ismon. la quale scende direttamente verso S, — 87 — Sui versanti a est e a sud della Conca di Primiero (Val Na-gaoni, pendici boscose sotto Ramezza, Pietena, Pavione) si trovano di frequente analoghi depositi di brecce tenacissime, che dobbiamo ritenere formati in un antico periodo di accumulo de-tritico. Essi infatti non sono confondibili coi detriti di falda recenti, e anche la loro cementazione deve considerarsi preglaciale, altrimenti non si spiegherebbe come non siano stati asportati tutti dai ghiacciai quaternari. Nella valle superiore del Cismon, sotto i Prati Ronzi e sotto i Prati di Col, si osservano depositi conglomeratici che si possono piuttosto ritenere di fondovalle, sia pure in posizione marginale. Sono costituiti da materiali grossolani scesi dal versante del monte, variamente elaborati, e sono tagliati, sul lato che guarda il Cismon, a. parete verticale, alta perfino alcune decine di metri, o per la loro compattezza vengono a sporgere a guisa di tetto (piccole grotte, sorgentellc) sopra i sedimenti permiani. Questi depositi sono parzialmente ricoperti da morene incoerenti, dell'ultima glaciazione. Morfologicamente sono appoggiati alle terrazze di versante appartenenti al livello di valle pliocenico. Tutt'al più i conglomerati dei Prati Ronzi, a 1150 m., potrebbero poggiare su una superficie d'erosione già alquanto affondata rispetto a quel livello. Comunque, questi vari depositi denoterebbero una fase di riempimento alluvionale e detritico, che, se non è più pliocenico, non può appartenere che al Quaternario più antico. Un deposito analogo, molto potente, si trova a E del Passo Cereda, intagliato dal Rio Bastia sopra il vii laghetto di Mis. E' appoggiato sopra le filladi, e ricoperto da alluvioni recenti e morene wiirmiane, ed è costituito da materiali, anche molto grossi, discesi dal versante nord. Esso fu già osservato dal Brucknìer (4», p. 994) e dallo Schwinner (48, p. 24), che lo ritennero « interglaciale ». Per l'analogia della posizione (raccordabile coll'antico sistema di terrazzi orografici della Valle del Mis, v. p. 84), e data la grande profondità dell'erosione della valle al di sotto di questo livello di alluvionamento, dovrei ritenerlo coevo con quelli dell'alto Cismon, e cioè piuttosto preglaciale che interglaciale. Conglomerati press'a poco della stessa natura, ma che per la posizione si devono tenere ben distinti dai precedenti, si rinvengono nelle valli del Mis, del Cordevole e dei suoi affluenti. — SS — Lungo le sponde del T. Mis. fin sotto Vallalta e lungo le incisioni dei suoi piccoli tributari, queste alluvioni cementate affiorano quasi in continuità, poggiando sulle filladi, general niente a non molte decine di metri d'altezza sopra il letto attuale. Sono ricoperte da morene recenti, o più spesso da materiali alluvionali (fluvio-glaciali) poco o nulla cementati, che vedremo collegabili con apparati morenici stadiali (terrazze di Mis). Pare quindi che queste alluvioni cementate si siano depositate in una fase in cui la valle era già scavata quasi alla profondità attuale, avrebbero poi subito la cementazione prima dell'ultima glaciazione, che le ha in gran parte risparmiate. Appartengono dunque verosimilmente all'interglaciale Riss - Wiirm. La stessa datazione può valere per i conglomerati osservati presso Voltago e Frassenè, coperti da morene rimaneggiate e materiale fluvio-glaciale, ed ora resi visibili dalle incisioni recenti del Rio Sarzana e elei piccoli affluenti di sinistra. Anche sulla sponda destra del Cordevole. specialmente presso Valcozzena e al Santuario di Pianezze, affiorano conglomerati alluvionali che, indipendentemente dalla cementazione (tuttora in progresso in qualche punto per opera di sorgenti incrostanti: v. p. 15), non possono confondersi col morenico che li riveste. Essi fanno parte, con altri affioramenti osservati attorno ad Agordo (8, p. 79), di un riempimento prewiirmiano della conca, che, iniziatosi forse ad un livello inferiore al fondo alluvionale odierno, si è elevato almeno HO-lOO ni. al di sopra di questo ('). In Val Biois troviamo condizioni analoghe a quelle dell'alto Mis. Lungo gli affluenti di sinistra (Gavone, Tegosa. Rif di Val-lada) si vedono belle terrazze di alluvioni postglaciali (con rimaneggiamento di materiali morenici estranei alla valle), appoggiate su alluvioni cementate interglaciali, tutte costituite da materiali locali (6, p. 210; 7). Infine, anche la Val S. Lucano conserva un residuo dell'antico riempimento, nel conglomerato tenacissimo che s' addossa alla base dei contrafforti NW dellAgner, fra 1030 e 1050 m. (-). Per la sua posizione elevata, dovrei ritenerlo più antico delle (') Si burli però elio le terrazze che fronteggiano Agordo, cosparse di morene recenti (Sor-col, Coste. Pianezze, Giove), sono in lmona parte scolpite nella roccia in posto, senza ohe sia possibile datarle. (!) V, Lo schizzo del C'ovol del Jlont a pag. 59, — 89 — altre formazioni ora descritte del bacino del Cordevole, le quali ci sono conservate in lembi molto più estesi. Dopo il riempimento della Valle 8. Lucano, rivelatoci da quell'unico lembo superstite, l'erosione — fluviale e glaciale — dev'esser stata ben più lunga ed efficace. Si può dunque pensare che quel lembo appartenga a 1111 interglaciale precedente, forse Mindel-Riss. MODELLAMENTO GLACIALE Il ritrovamento delle antiche alluvioni ora descritte ci porta dunque a distinguere talune fasi della storia delle valli durante il Quaternario. Per lo meno sappiamo che 1' approfondirsi delle valli ►— per escavazione fluviale e glaciale — non è stato continuo, che è stato anzi interrotto da fasi di parziale riempimento, forse parecchie volte. D'altra parte anche nel Postglaciale lungo alcuni tronchi delle valli maggiori si è avuto un nuovo riempimento, tutt'altro che trascurabile (v. p. 94). Perciò noi non conosciamo l'entità del massimo scavo, che probabilmente fu raggiunto durante l'ultima invasione glaciale; e in qualche tratto forse già nella penultima. Infatti i tratti delle valli oggi maggiormente alluvionati appaiono come tratti sovrescavati dai ghiacciai: così le conche di Primiero e di Agordo (e in minor misura un breve tratto dell'alto Mis), scavate nelle filladi e nel Permiano, a monte degli stretti Canali di uscita; così gran parte della "Val S. Lucano (Tav. V, lig. 1) e della Val di Gares, che sono due magnifici esempi di doccia (truogolo) glaciale, colle loro grandiose testate chiuse a semicerchio; così lungo il Biois le conche di Falcade - La Mora e di Forno - Mas (Tav. Ili, lig. 3), che non sono altro che i bacini di esaurimento delle docce glaciali di Val Focobon e di Val Gares (0. p. 208). Le più belle docce glaciali sono, al solito, valli trasversali, e tanto migliori quanto più compatte le rocce sui fianchi, e specialmente se queste hanno una giacitura tranquilla, orizzontale: non quindi nei tratti iniziali dei « Canali » del Mis e di Agordo, ove le bancate calcaree inclinate controcorrente si sono più a lungo opposte all'erosione. Ma l'azione glaciale di piallamento, di smussatura delle sporgenze ,è egualmente evidente, fino ai 1400 m. almeno, e ancora più all'imbocco dei Canali. — no — Passando dalle valli maggiori alle minori e all'alta montagna. troviamo forme d'erosione glaciale tanto più nette e caratteristiche, ma di scarsa entità nella storia della degradazione del rilievo. No sarebbe il caso di insistere in un' enumerazione di troppi dettagli, che vanno dall' escavazione in contropendenza dei bacini di valle, dalla modellatura a doccia dei valloni con Fig. 12 - li» Pulii ili S. M urti un, col gliiiicciaiotto, vista ilalln Roseli a (Fot. G. liurluni). Si notino, sotto il slilni-eiaio. li- carni IcrlHliohe rioiilrnuzo dello pan-li sui iluo lati, ovili 1*1111 impronto erosivo lasoialo tini pliineriaio quaternario. elio srouilova nella Val di limiti. pareti verticali lisce, alle svasature a circo più o meno caratteristico delle testate di valle, fino alle vaste superfici mammellonate, montonate, sopra i pianori elevati (sui porfidi della Cavallazza e del Col Margherita, meglio che sui calcari, nei quali prevalgono le forme carsiche). Che i valloni internati nel massiccio delle Pale siano tutti, qual più qual meno, modificati dall'azione glaciale, non è nep- — 91 — pure il caso di rilevare. Molti sono i bacinetti di testata foggiati a vasca rotonda, ovale, allungata, talvolta con piccole raccolte d'acqua .Ma si sa che nelle montagne dolomitiche questi bacini circoidi hanno la più grande varietà «li forme, mentre son rari i tipici circhi, a dimensioni e forme relativamente costanti, che caratterizzano altri gruppi montuosi, di rocce cristalline. Più caratteristica ò invece in molti valloni la trasformazione in doccia ripida, con bella sezione a IT, e pareti inferiori ben levigate. Vedansi ad esempio il vallone del ghiacciaio della Pala (fig. 12) ed i valloni orientali della Vezzana e del Focobon (Tav. VI, fig. 1), mentre quelli occidentali, sono troppo ripidi, e in gran parte tuttora occupati da ghiacci e nevi (Tav. V, fig. 2). Interessa anche osservare il modellamento assunto da quelle che erano le vie di scarico dei grandi ghiacciai dell'Altipiano. Come il vallone di Campotorondo era la principale gronda di scarico dell'altipiano omonimo; così lo era, per l'Altipiano delle Pale, il vallone delle Comelle, profondamente sovrescavato (Fig. 11 a p. 77). Ma il ghiacciaio traboccava per diverse altre vie. con colate che hanno lasciato impronte inconfondibili, in diversi valloni che intaccano l'orlo dell'Altipiano: a ovest giù dal Passo Bottega e dal Passo Rosetta; a est giù per la Tromba di Miei; a nord specialmente per i valloni svasati che convergono nella testata della Val Gares. MORENE WÙRMIANE E STADIALI (') La Carta geologica mostra la larga diffusione che hanno i depositi morenici, particolarmente attorno alla conca di Primiero, nelle valli che vi confluiscono del Cismon e dei Canali, poi nell'alto bacino del Mis, in Val Sarzana ecc. Naturalmente essi apparirebbero molto più estesi, in particolar modo in Val Impenna e in Val Biois, se non avessi preferito lasciare maggiore evidenza alle rocce in posto, dove le morene non costituiscono una copertura continua. Inoltre spesso si trovano massi erratici in copia, ad altezze notevolmente maggiori delle morene che possono essere riportate sulla carta. (') Questo Capitolo è tornito molto succinto, perchè l'argomento fu oggetto di altra pubblicazione. Non ho osservato depositi di glaciazioni precedenti a quella wiirmiana. Tutte le morene segnate appartengono dunque all'ultima glaciazione, o, in maggior copia, a stadi successivi. Confermando, nelle linee generali, le notizie date dal I'knck (.$5. p. 858) e dal Biuìcknkk (^J, p. 958), si può ritenere che durante il massimo rigonfiamento wuriniano i ghiacci raggiungessero i 2200 ni. alla testata della Val Travignolo, donde trasfluivano in parte nella Val Biois e nella Val Cismon. Nella conca di Primiero il ghiacciaio del Cismon aveva ancora un'altezza fra 1000 e 1400 ni.; e analogamente la conca di Agordo era riempita fino oltre i 1500 ni.; poco meno il bacino superiore del Mis (l). I fianchi di queste tre conche sono in gran parte rivestiti di morene, che i rispettivi ghiacciai abbandonarono durante le fasi di decrescita, prima di ritirarsi entro i minori bacini d'origine. Le soste, o le momentanee riprese, sono contrassegnate da bello morene di sponda, da terrazze lungo i versanti, particolarmente evidenti e regolarmente scaglionate attorno alla conca di Primiero. Nella Valle del Mis per un certo tempo perdurò l'afflusso di ghiaccio dall'Agordino. attraverso la Forcella Franche, com'è dimostrato dai materiali erratici provenienti dall'Alto Cordevole. Attorno ad Agordo le varie tappe del ritiro del ghiacciaio wiirmiano sono contrassegnate anche da ripetuti fenomeni di ostruzione morenica delle valli confluenti, in modo speciale nella Val Sarzana, che è stata sbarrata prima a Frassenè, poi presso Voltago, infine presso lo sbocco ("). A monte di ognuno di questi sbarramenti la Val Sarzana appare ricolmata da morene rimaneggiate e da successivi apporti torrentizi locali (v. Tav. II). Nell'alta valle del Mis, come in quella del Cismon a sud di Primiero (fuori della nostra carta), si hanno cospicui depositi di ghiacciai locali, uno per ciascuna valletta confluente, caratterizzati eia blocchi erratici di grandi dimensioni: a Sagron, sopra il villaggio di Mis, a Don di Gosaldo, ecc.. Il limite delle nevi permanenti corrispondente a questi depositi doveva essere ancora (') Ijo Schwinner credette di dover abbassane molto queste cifro, diminuendo sensibilmente l'importanza della glaciazione w tir mi nini in queste valli. Le mie osservazioni non convalidano questa tesi, concordando meglio con le precedenti conclusioni del bluu.'kner. (-') Quest' ultimo sbarramento lui deviato il torrente, costringendolo 11 scavarsi una -rolli epigenetica mezzo Km. a s, del corso antico. — 95 — molto basso (1000 - 1700 m.), ossia poco diverso da quello wiir-miano, denotando un momentaneo irrigidimento climatico (stadio «) intervenuto dopo che la valle era stata sgombrata dal ghiacciaio wurmiano; Da queste morene frontali prendono inizio nella Valle del Mis sistemi molto regolari di depositi terrazzati, fluvioglaciali. Numerosi sono pure, in quasi tutte le valli, i depositi morenici di stadi via via più recenti, che in generale riesce agevole, con la dovuta elasticità, raggruppare nei tre classici stadi di Buhl, di Gschnitz e di Daini (fi, v, «), in base alle stime che si possono fare sul rispettivo limite nivale. Alcuni di questi apparati stadiali sono da tempo conosciuti. Così quelli della Val Ve-negia per il ghiacciaio del Traviglielo (v e f>), descritti dal Penck (45, p. 042); quello poderosissimo (fi) che sbarra la bassa Val Canali e porta le rovine del Castel Pietra, il quale aveva fermato l'attenzione del Mojsisovics (37, p. 341); quello che chiude la conca di S. Martino (45, p. 1001), che io assegno egualmente allo stadio f». Anche nelle valli di S. Lucano e Corpassa Per sono bene rappresentati, il 1 anche in Val di Gares (morene franoidi) e allo sbocco della Val Focobon presso Piò Falcade. Numerose inoltre le morene dauniane e più recenti nei valloni e circhi più elevati o più riparati della montagna, fino alle morene storiche, antistanti ai piccoli ghiacciai attuali. FORMAZIONI POSTGLACIALI E ATTUALI Dei 'osit 1 alluviona li . Ho accennato nel precedente paragrafo alle alluvioni terrazzate della Valle del Mis, strettamente connesse con le morene dello stadio ». Questi tipici depositi fluvio-glaciali ricoprono in gran parte i conglomerati prewùrmiani (v. p. SS) e hanno altezze decrescenti, dai pressi del villaggetto di Mis, giù giù fino all'imbocco del Canale. Non mi sono noti altri depositi aventi questo carattere. Le alluvioni che costituiscono il fondo delle nostre valli, sono tutte postglaciali. Le terrazzature che esse mostrano sono dovute a fenomeni locali di sbarramento e di conseguente reincisione. I11 altre occasioni ho parlato degli ampi e potenti coni alluvionali — 94 — del Gavone e di Vallada, che hanno sbarrato il passo al T. Biois e determinato il riempimento delle conche di Falcade, di Caviola, di Forno («, p. 210); e dei coni concresciuti dei torrenti Missiaga e Bordimi, e di quello minore della Rova, che analogamente hanno causato ralluvionamento e la terrazzatimi della conca di A-gordo, e obbligato il Cordevole a tagliarsi un nuovo letto negli, scisti di Pontalto (8, p. 81). La stessa cosa ò accaduta a Primiero, per effetto del grande cono di Molaren — provocato dall'intenso sfacelo delle filladi del versante nord — unitamente ai più antichi depositi di alluvioni, l'orse miste a morene, che sulla sponda meridionale costituiscono le terrazze alquanto irregolari di Noga-rili-Osne. Questi fenomeni si sono ripetuti nell'alta Val 8. Lucano, e più in piccolo in molti altri punti, anche in relaziono a fenomeni di frana, come si può comprendere dal semplice esame della carta geologica. In altri numerosi casi i depositi alluvionali riempiono le depressioni create dagli sbarramenti morenici stadia ri, come è specialmente visibile in Val Venegia, a 8. Martino di Castrozza, nella Val Canali, nella media Val 8. Lucano, ecc. ecc.; come pure le conche carsiche e di escavazione glaciale dell'Altipiano delle l'ale. Tra le formazioni alluvionali ho compreso alcuni depositi lacustri. Si comprende che molti bacini alluvionali, creati per sbarramento, possono essere passati per una prima fase lacustre; fase che tuttora persiste presso la Forcella ili Calaita, e, sia pure in minime dimensioni, allo sbocco della Val Brentella (S. Martino), nell'alta Val ili Gares, e presso 8. Lucano. Quanto all'età, tutti questi depositi alluvionali sono da comprendere nel periodo geologico più recente, Olocene, pur dovendosi fare una approssimativa distinzione, non solo tra le terrazze più alte (più antiche) e quelle più basse, fino ai greti attuali, ciò che ò ovvio, ma anche tra gli accumuli dalle forme ben sistemate — come in generale quelli di Agordo e di Primiero — ed altri che per la freschezza delle incisioni, l'instabilità delle scarpate, mostrano una maggiore giovinezza. Leggenda e storia parlano del resto di inondazioni e alluvioni devastatrici (31, p. 28) e non è affatto escluso che fenomeni del genere possano ripetersi, col verificarsi di determinate circostanze meteoriche. Ciò si può senz'altro constatare nella sempre minacciante Boa di Listola- — 95 — de (') e in taluni torrentacci della Val S. Lucano e in qualche piccolo tributario del Cismon; ma non si può escludere per il T. Gavone (Falcade), che prende origine dalle grandiose erosioni ca-lancoidi nelle arenarie argillose permo-scitiche delle « Marmo-lade ». Poiché anche il Rio di Valles ed altri minori tributari del Biois si trovano in condizioni analoghe, finché non siano avanzate le opere di sistemazione, cui attende la Milizia Forestale, lo stesso T. Biois va soggetto a piene pericolose, con forte trasporto di materiale solido (Si). Falde detritiche e depositi di erana. Una fascia di detriti si stende quasi continua al piede delle pareti rocciose più erte, specialmente di quelle della dolomia ani-sica e ladinica. In Val S. Lucano, in Val Canali e in tante altre località si assiste all'accrescersi continuato di coni detritici, più o meno concresciuti lateralmente, alimentati specialmente dallo scarico di determinati canaloni, ove la roccia sia più friabile (talvolta per zone milonitizzate) e dove più intensamente possa operare il gelo alla sua disgregazione. Lo sfacelo delle pareti è naturalmente tanto più intenso, quando le rocce tenaci che le costituiscono poggiano su terreni teneri, facile preda all'erosione acquea. Scarseggia invece il materiale detritico sotto ai versanti che accompagnano l'inclinazione degli strati (versante N W del Pizzon e del Collaz-Palone-Braudol) o delle bancate marginali delle scogliere dolomitiche (versante SE dell'Agner e Croda Grande, versante N delle Pale di S. Lucano, ecc.). In questi accumuli detritici abbondano spesso enormi blocchi di roccia, per cui si dovrebbe parlare piuttosto di prodotti di frana. Di fatto non si può tracciare una separazione rigorosa tra le due sorta, di depositi, e sulla carta ho adottato la segnatura speciale solo per i più cospicui depositi di frana. Alcuni di questi datano da tempi storici; l'ultima frana importante è quella che nel 1908 distrusse gli abitati di Pra e La-gunaz in Val S. Lucano (£). Questa fu una semplice frana di crollo, d'una parte della parete dolomitica fessurata. In altri casi è evidente il preventivo cedimento della base, spesso costituita (M Collo misto di fi-miii e ili deiezione: ultima catastrofe nel I8(i5. — 98 — da terreni impermeabili, particolarmente cedevoli. Ciò valga per le varie frane che hanno occupato con macerie caotiche vaste plaghe dei versanti sopra Cenceniglie, le quali furono anche favorite, in buona parte, dall' inclinazione degli strati nello stesso senso del versante ('). Alcuni depositi di frana più antichi sono invece commisti a materiali di trasporto glaciale. Degna di nota è infine una vasta frana di materiali gneissici, che riveste il versante di fìlladi a Tiser e Forcella Franche. I GHIACCIAI ATTUALI. La carta geologica porta segnati «ghiacciai e nevai» per circa 3 Kmq. Di questi circa 1.9 Kmq. sono occupati da formazioni aventi più spiccati caratteri di ghiacciai, otto in tutto. Il Ghiacciaio della Fradusta, che dal versante N del monte omonimo si espande largo e piatto fra le ondulazioni dell'Altipiano, ha un'estensione pari alla somma degli altri (0.94 Kmq.). Gli altri sono tipici ghiacciai di vallone, ma, se si eccettua quello del Travignolo (0,38 Kmq.), sono tutti ben modesti di dimensioni e d'aspetto, pur presentando qualche particolare interesse glaciologico : Ghiacciai di Focobon, dei Bureloni, delle Ziroecole, di Val Strutt,, della Pala e del Marmor ("). Questi ghiacciai si trovano in fase di dimagrimento progressivo, specialmente dopo il 1920. Il ritiro frontale, in una decina d'anni, è stato proporzionalmente forte, superando i 50 ni. tanto al Ghiacciaio del Travignolo, quanto su alcuni lobi del Ghiacciaio della Fradusta (Tav. VI, fig. 4). Anche i maggiori nevai, nelle estati più calde, si sono ridotti a miseri residui. L'azione morfologica di questi rivestimenti glaeio - nivali è naturalmente esigua. I ghiacci aietti compiono soprattutto un'azione di trasporto, trascinando fino alla fronte, e là depositando (») Una frana incipiente, elio può rappresentare 1111 pericolo non trascurabilo per In Val ili Gures, tende a distaccarsi dal fianco E del M. Pettenassa (arenarie argillose rosse, inclinato secondo il versante). (s) Ampie notizie sopra cinque di questi ghiacciai furono dati nel 1910 dal Marinelli 133). Io no descrissi altri due nel 1925 (4): e qualche altra notizia si trova nello Relazioni delle campagne glaoiologiclie che per il controllo delle variazioni annuali furono ila me continuate per diversi anni, talvolta con l'apporto di misure anche del dr. G. Vianello (V. Bollett. del Comitato Glaciologico Ital., 192K, 102», 1931, 1933, 1984, 1936). — 97 — in forma di argini morenici, il materiale detritico che su di essi cade dai dirupi circostanti. E si tratta talvolta di cumuli cospicui (Chiac. Focobon, Travignolo), cui tuttavia non manca l'apporto di morena di fondo, prodotta dall'azione erosiva, che può essere non trascurabile, specie nei ripidi ghiacciai di vallone. Sulle superaci debolmente inclinate dell'Altipiano l'azione, del ghiaccio e della neve è piuttosto eguagliatrice, mediante il disgregamento minuto della roccia e la distribuzione dei detriti in superfici uniformi. Qua e là, superfici di recente rimaste scoperte, appaiono infatti tipicamente lastricate. Altrove, nelle depressioni ove s'aduna il materiale più fino (per es. nelle piccole conche allineate sotto la Riviera Manna, dove il calcare un po' marnoso fornisce un terriccio sottile scuro), il gelo del terreno produce anche qualche esempio di svolo strutturale- (a strisce o a poligoni), la cui apparizione si conosce ormai per diversi gruppi dolomitici. Per quanto riguarda il deflusso glaciale, e la sua influenza idrologica sui torrenti della regione, non ci si può naturalmente aspettare molto. Solo il Ghiacciaio del Travignolo, coi canaloni ghiacciati che lo fiancheggiano, influisce direttamente sulla portata del torrente omonimo, che sgorga al piede del pendio morenico presso l'ex Malga Vezzana. Eccettuato il Ghiacciaio di Fra-dlista, gli altri, presi individualmente, dànno 1111 contributo d'acqua troppo meschino, per offrire qualche interesse. Ma l'Altipiano delle Pale, col suo ghiacciaio maggiore, con vasti nevai relativamente stabili, e colle numerose conche riempite di neve per gran parte dell'estate, rappresenta una riserva d'acqua non trascurabile, la quale però non alimenta i torrenti, scorrenti in fondo alle valli, se non per via indiretta sotterranea, cioè attraverso le fenditure del massiccio dolomitico. Davanti ai vari lobi settentrionali del Ghiacciaio della Fradusta, le copiose acque di fusione delle giornate estive si perdono nelle fessure dopo aver percorso pochi metri, o pochi decametri al più, nelle depressioni del terreno carsico. Nè molto più a lungo scorrono alla luce del sole le acque del lobo occidentale, alla testata del Val I011 di P radici ali. Impossibile dire, senza appositi esperimenti, in quale bacino idrografico debba essere considerato questo ghiacciaio, nò si può dire che appartenga ad uno solo. Le acque del massiccio dolomitico — glacio-nivali e piova- — 98 — ne — ricompaiono infatti in parecchi punti, generalmente alla base della formazione dolomitica, lungo gli affioramenti impermeabili dell'Anisico e specialmente dello Scitico, o addirittura sul fondo delle valli tra il detrito, andando direttamente a ingrossare i torrenti principali. Le più cospicue di tali risorgenze — le quali, con la loro portata relativamente stabile, sono un fattore di regolarità nel regime dei torrenti — si trovano in Val Canali (sotto il Rifugio), in Val Pradidali (sponda sinistra, sopra e sotto la Malga) e alla confluenza di ambedue (Le Acque Nere, captate dall'acquedotto di Primiero); nella Val di Gares (laghetto che dà origine al Torrente Liera); in Val d'Angheraz (sponda sinistra sotto la Malga) e di S. Lucano (a sinistra presso la Chiesa, a destra alle Peschiere, allo sbocco del Livinal dell'Acqua, ecc.). Ad eccezione di quelle eli S. Lucano, che misurano circa 6", tutte le altre citate hanno temperature fra 4° e 5° G. OPERE CITATE 1. Bkhrmann W. ■ Die (ili esten Ziigc im Antlits der Alpen. - Geogr. Anzeiger, 11)33. (Cfr. spec. a p. 134). 2. Bibolini A. -La catastrofe di Prà e Lagunaz nell'Agordino. - Boll. Comitato Geol. Hai., XL, 1009. 3. — Le miniere di Agordo. - Boll. Soci. Geol. Ital., XLIII, 1024. Brucknhr E. - vedi Ponce: A. 4. Casttgi.toni B. - Alcuni ghiacciai, velie Dolomiti e il loro ambiente orografico e climatico. - Boll, del G.A.I., N. 75, 1925. 5. — Note tettoniche sulla Valle del Bini*. - Atti Acc. Veneto ■ Tren- tino - Istriana, XVII, Padova, 102(5. (5. — Sulla morfologia- della Valle del Biois. - Boll. Soc. Geol. Ital.. XLV, 1026. 7. — Carta Geologica delle Tre Venezie, Foglio « M. Marmolada ». -E. Magistrato alle Acque, Venezia 1930 (Solo per il bacino del T. Biois). S. — Il Gruppo della Civetta. - Memorie Istituto Geologico dell'Università di Padova, IX, 1931. 9. — Considerazioni sopra alarne recenti carte della regione dolomitica, - Boll. B. Società Geogr. Ital., 1932. 10. — Costituzione geologica della depressione Agordo - Primiero. - Studi Trentini di Se. Nat., a. XVI, 1035. 11. — Relazione siti rilevamenti geologici nella regione dolomitica, - Padova, Soc. Coop. Tipografica, 10&">. 12. Oastigljoni E. - Pale di !>'. Mai-tino. - Milano, C.A.I. e T.C.I., 1035. - Con cenni geografici e geologici di B. Castigmoni. 13. Corneuus H. P. e Furlani - Cornelio s M. - Xur Geologie der Tuff- bildnngcn im Marmolatagebiet. • Centralblatt f. Min, eie., 1024. 14. — llcbcr die Telefonile der Marmolatagruppe. - Neues Jalirb. f. Min. etc., Beilageband LYI, 1020. 15. Dal Piaz G. - Studi geotettonici sulle Alpi orientali. Regione fra il Brenta e i dintorni del Lago S. Croce. - Memorie Istituto Geologico dell'Univ. di Padova, voi. 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Mommi E. ■ / giacimenti ili minerali di ferro delle, Alpi Dolomitiche. - Lji Miniera Hai., 1027. 1". — Esplorazioni geo fisiche e, rabdoman tiehc dei giacimenti di pirite nell'Agordiiio. - limi., 1927. 41. — Le miniere, di mercurio di Vullallu e, Sagron. - L'Industria Mi- neraria, Roma 1931. 42. Nanuhhoni L. (!. - he forme, delle, cime di Val (/ardena. - Natura, Voi. XXVIII, 1937. 43. — Morfologia del Mia e della regione liarbcllino. - l'alibi. dell'U- iii versi 1 A. Cai (oli» a del S. (J. - Milano, 1938. 44. Nììtii L. - neologie, des mittleren Cwdc,rolegebictes zwisclien Vallazza and Ceneenighe. - .1 ali ri». (Scoi. Itundesanstalt, 79 Bd. - Wien, 1929. 45. Pknck A., BkCckkkr K. - Dia Alpcn ini Eiszeitaltcr. - Leipzig. Tan- clinit/i, 1.909. -Ili. Phnck W. - Dir ({eologi.sc/ic Una des Geliirges ron /'redazzo. - Neues Jalirb. 1". alili, eie., Beilageliand XXXII, Stuttgart, 1911. 17. 1*3 A .F. - XI ni ligia/ih in und Teli oh il: dar Dolomiten ron /'rag*. -Wien, 1937. 48. Scmwinner R, - Die Ofcrflachcngcstaltuiig ilex osi lìchen Kuganer Ge- bietes. - Berlin, Borii tra egei-, 1923. 49. Stiny ']. - Zar Eiszcitgeologie ron /'redazzo und l'rimor. - Verli. CJeol. Reichsanstalt, 1919. 59. Takamklli T. - Appunti geologici siillu l'rorincia di Belluno. - Aiti Hoc, Hai. Se. Nat., XXI. 1*79. 51. — (teologia delle l'rnrincic Venete - Memorie R. Ace. Lincei, voi. XIII, 1882. 52. — Note, illustrative sulla caria geologica della l'rorincia ili liei- Inno. - Pavia, Tip. Fasi, 1883. 53. Toknqvist A. - Die Erslagerstatten dcr Dolomitcn und Vencliens. I. Der Kiesstoclc ron Agordo. - Sitzungsber. Akad. Wiss. Wien, 142 Bd.. 1933. 54. Trener G. B. - Geologischc Speziulkarte der Osterreich ischi Monar- chie. - Foglio Borgo - Fiera di Primiero. 1 : 75000. - Wien, Geol. Reichsanstalt, 1909. 55. — Noie illustrati re, della carta Geologica delle Tre Venezie. Foglio Trento. - Ufficio Idrog. Magistrato alle Acque. Padova, 1933. 5fi. Vardabasso R. - Carta, geologica del territorio eruttivo di /'redazzo e Monsoni. 1 : 25000. - Uff. Idrog. R. Magistrato alle Acque, Padova. .1931. 57. Winkler A. - Ueber die Besiehungcn zumiseli cu Sedimenta,tion} Tekto-iiìk und Morphologie in iler jungtertiiiren Entwicklungsgeschi-clite der Ostalpen. - Sita. Ber. Akad. der Wiss., 132 Bd., Wien, 1924. AO tubi,,' ^ m tgfa kr. INDICE PREFAZIONE..........pag. 3 Pakth Prima : I TERRENI........» 5 SCISTI CRISTALLINI.......„ 5 Punisci sti.............6 Orlogneiss...........7 PERMIANO ...........9 Conglomerati e arenarie basali (Verruca-nò) . . » 10 Rocce effusive permiane......» 11 Arenarie di Val Gardena......» 13 Sedimenti del Permiano superiore . . . » 14 SCITICO - Strati di Werfen......» 16 ANISICO ..........» 17 LADINICO - Staiti di Livinallongo.....,, 22 Marne e arenarie del « piano di La Valle ». . . » 24 ROCCE ERUTTIVE E PIROCLASTICHE DEL LADI- .NICO ..........» 25 Lave porflritiche........» 20 Filoni .........» 29 Prodotti piroclastici.......» 30 I centri eruttivi - Distribuzione del materiale eruttato » 33 DOLOMIA INFRARAIBLIÀNA .....» 38 CARNICO - Strati di Raibl.......«44 NORICO - Dolomia Principale......» 4(» LIAS...........» 47 GIURESE MEDIO E SUPERIORE.....» 47 CRETACEO . . . ......» ' 48 — 104 — Parto Seconda : TETTONICA........Pag. STI Zona anticlinale (Mina <11 Bocche - Val lììois. Disturbi lungo la frinite settentrionale del Gruppo delle l'ale » ÌJ2 Il massiccio dolomitico e i suoi contorni a ponente e levante .........» 56 Anticlinale Agordo - Primiero. « Linea della Valsagli na ».........» 61) I monti a sud della Linea della. Valsngana ...» 63 CONSIDERAZIONI GENERALI.....» 64 Parth Terza : MORFOLOGIA - FORMAZIONI QUATERNARIE » 6» INFLUENZE LITOLOGICHE E TETTONICHE SULLE FORME DEL RILIEVO . . . . . » «9 GENESI E sviluppo DELLE VALLI ...» 74 L'EVOLUZIONE MORFOLOGICA DURANTE IL NEOGENE ...........» 77 L'Altipiano delle Pale di S. Martino ...» 751 Le Alpi Feltrine........» 82 Livelli di terrazze nelle valli.....» 83 BRECCE DI VERSANTE E CONGLOMERATI ALLUVIONALI, PREGLACIALI E INTERGLACIALI . » 86 MODELLAMENTO GLACIALE .....» 85) MORENE WÙRMIANE E STADIALI . . » 91 FORMAZIONI POSTGLACIALI E ATTUALI . . » 93 Depositi alluvionali.......» 93 Falde detritiche e depositi ili frana.....» 95 I ghiacciai attuali.......» 96 OPERE CITATE .........» 99 Finito di a/ampaiv il ii Mugn'io IH30 • X VII. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II Panorama della conca di A bacino del Mis. visto dalla Cima Sul lucido : fq, filladi quarzifere. fg, filladi grafitiche. pgn, paragneiss. ogn, ortogneiss. ■v, Verrucano. porfiriti e porfidi permiani. P (l'i- sedimenti permiani, te, strati di Werfen. an, Anisico. li, strati di Livinallongo. t, tufi ladinici. ordo e dei monti elle circondano l'alto i S. Sebastiano. di, dolomia infraraibliana (ladi- nico-carnica). di. Dolomia principale. /. Lias. g. Giurese. cr, Cretaceo. gl, morenico e fluvio-glaciale. al. alluvioni. OH. scorrimento Oltro-Roccliettn. YS, Linea della Valsugana. NC, linea di Neva-Comedon. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III. Fio. 1. — 11 Sasso Negro col ripiano erboso del Campo Boaro. Tufi e conglomerati porfiritici. appoggiati alla fiancata settentrionale della scogliera dolomitica. Fig. 2. — Il ripiano dei Pochetti di Focobon. 1. Anisico marnoso. — 2. dolomia anisica. — 3, strati di Livi-nallongo. — 4. porfiriti. — 5, dolomia ladinica. — (». por-lidi quarziferi del M. Pradazzo e O. di Bocche. x—x, scorrimento. Fig. 3.— La bassa Vai di Gares e un tratto della Val Biois. coi villaggi di Forno. Celat. ecc. Tipica doccia glaciale. A destra, nel fianco del Col dei Boi, marne, calcari e porfiriti'sollevati in antielinale. Ofr. Profilo III della Tav. IX. Fig. 4. — Il versante ne del Mnlaz. Fiancata di scogliera dolomitica, attraversata'da filoni mela-firiei e modellata dai ghiacci. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA JV. Fig. 1. — La Cima di Pape, versante ovest. a, marne e calcari anisiei. — 1. strati di Livinallongo. — por Ariti. — t. tufi. — cg. conglomerati di tufi e ciottoli por tìntici. La linea a tratti segna 1 'approssimativo decorso dello scorrimento. - Cfr. profilo HI della Tav. IX. Fig. 2. — Cascata di Gares. all'uscita della gola delle Comelle. La parete a sinistra, da cui esce il getto d'acqua, continua al di là. nel canalone clie si vede aprirsi di fronte. Questo è uno dei numerosi intagli, diretti da NW a SE, in corrispondenza dei filoni melafirici che attraversano le bancate dolomitiche. Fig. 3. — Il Cimon della Stia, visto dalla sponda sinistra della Val Focobon (Fochetti). In primo piano, l'imbocco superiore del canalone determinato dalla faglia-scorrimento (a sinistra porfirite. a destra dolomia milonitizzata). Sul versante di fronte si vede proseguire lo scorrimento (linea nera) attraverso le lave porfi-ritiche O) ed una striscia di strati di Livinallongo (Z). che in parte si ripiegano su sè stessi. Cfr. profilo IV. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA li. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol. XIII B. CASTIGLIONE - Il Uriipiui delle Puh- di 8. Martino. TAV. IV Fig. 1 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V. Fio. 1. — La conca (li Agordo e il Gruppo delle Pale, visto da est. Nel centro si apre la Val S. Lucano. 1, M. Agner. — 2, margine settentrionale dell'Altipiano delle Pale. — 3. Cima della Vezzana. — i. Cima del Focobon. — 5, massiccio delle Pale ili 8. Lucano, troncato superiormente dal caratteristico altipiano raibliano, sormontato a sua volta da piccole creste ili Dolomia Principale. Cfr. profilo II della Tav. IX. Fio. 2. — La catena settentrionale delle Pale e la testata della Val Tra-vignolo. 1, fianco ovest del Mulaz. — 2. Passo di Valgrande. — 3 e 4, Campanile e Cima di Valgrande. colla caratteristica terrazza obliqua. — 5. Cima dei Bureloni. — 0. Cima, della Vezzana. — 7. Passo del Travignolo, e sottostante ghiacciaio omonimo. — 8. Cimon della Pala. Le crocette indicano gli affioramenti ili calcari marnosi (strati di Livinallongo) entro il massiccio dolomitico. La linea a tratti indica lo scorrimento del Cirnone. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA li. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol. XIII Fig. 2 Fot» Gì lìnrluiii. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VI. Fig. 1. — Un tratto dell'Altipiano delle Pale di S. Martino, sotto al Ghiacciaio della Fradusta. Si distingue la dorsale della « li ivi era Manna » e la fossa racchiudente il laghetto di Manna. Nello sfondo la Vezzana (al centro) e le altre cime della catena settentrionale. Fio. 2. — L'Altipiano delle Pale di S. Martino (parte occidentale), visto dalla Cima della Vezzana. A dest ra la depressione in corrispondenza del Passo Rosetta : in fondo a sinistra la Fi-adusta col ghiacciaio. Fig. 3. — La Rosetta e la Pala viste da S. Martino di Castrozza. Le pareti principali sono di dolomia ladinica. Sono stati marcati sulla fotografìa gli affioramenti degli strati di Livi-nallongo. a, dolomia anisica. — te, .strati di Werfen. — p. terreni permiani. — m, morene. I trattini indicano linee di disturbo tettonico, le freccine alcuni canaloni di frattura. Cfr. profilo VI della Tav. IX. Fig. 4. — La fronte del Ghiacciaio della Fradusta. nell'estate 1935. L'argine morenico nel centro della veduta conserva un nucleo di ghiaccio morto: la fronte viva si ritira sempre più. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII. Fig. 1. — L'altipiano carsico di Campotorondo e delle Pelse (calcari lia-sici), visto dal Col della Fontana. Nel mezzo spicca il M. Mondo (calcari giuresi e cretacei), in fondo a sinistra il Pia bello (Giurese). Fig. — La Punta del Comedon, vista da est. Dolomia Principale () contorta e rovesciata sopra i calcari del Lias (?) del versante sud. Fig. 3. — Il Monte Brando], visto da ovest. 1. Lias. — g, Giurese medio. — ti, Titoniano tipico (calcari nodulosi ammonitici, in prevalenza rossi). — ts, Titoniano superiore. — cr.i. Cretaceo inferiore (biancone). — cr.s, Cretaceo superiore (scaglia rossa), elle forma il nucleo della sinclinale rovesciata. Cfr. profilo IX della Tav. IX. .MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R UNIVERSITÀ DI PADOVA Vol. XIII 2325 "Q. l\6l Q.1160 Fift. :! MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ 1)1 PADOVA - VOL. XIII B. CASTIGLIONI - 11 flrujtjm ,Hle Pule di S. Martina. TaV. VIII t. p.uomoa m.forca. piz zorlff i^rfiwitìl?^ fflfIS !li!!i| Civetta m4alto di pelsa oiazza vC.di Pape oStìmmi .P^Duran ^ClMON d. Stia M.Tamer * Pale di s. lucano Focobon. n^J ! ijT\|t. -J ryj liGniMiM i\ I RiiP'il ! lj\l IIHMlll i'iMi'iiiji i 111 I\UWLLM 'lllìi^lWl ZflLé'RlCON V"Ut! i Val dì S.LucnnO >ClMONC d.r M.agner ALTIPIANO Urtino arosetta M.CELO i» Frassem APALA WS.M! CRODACRANDE 7 armjvrolo Sass Maor E? Franche, C. D'iOLTROj PlZZON \i\CiHOH P.i0 Ceredcf- PRIMIERÌ Coibera * vfpÌRNE rf l^i-il! WUn Ikpwoazzo1 ! ì i ! j | ! ; j I ì^ j I X'! MI i"t'iiMii; j I Mljft i ì |i |\m din: ì",iìij!ii \\mri ii i !ii • ! » «TX' /.R^iVdlUs'iv^i^^^ / * ^ A / PR^P£ ^Moschesin/^^ SCANAiOL plz dlls/u^on * * SCHEMA TETTONICO Anticlinale -x—x—x x * x— cori.ta.tcL, rovesciata. Sinclinale <=>■ -o- <><>-<^>- ^ ■ I BranQoi. coricoita., rovesciata— Flessura. Piega-faglia. Scorrimento UH, Auticlinale prinoipnlo Cima ili Boccilo — Val Bìoìr. Vs, « Li non dolili Vulmifjimu » IN"C. Linea di Neva • Comodati. 11 grisi ì-uppi-OHenta lo aree d'affioramento dei terreni pi fi antichi, fino allo Scitico (incluso). Le aree tratteggiato sono quello dei porfidi permiani. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA - VOL. XIII. TAV. IX B. CASTIGLIONI - lì Gruppo Mie l'ale ili S. Martino. "Framont m.pighfi?a Val M or in ac h .■ CAfrf " wy Vjl Rovi] AfittLK Cene e rughe. T. Cordevole Pale. oi S. Lucano Spiz OCUA Lastìa Costa Rv lazza impenna Apn/rclo unitone T. Su-iano Col Bel PcAotnuH Lastìa di Gapdes .2 269 M.Piaon GAfiDELLOM Campanili dei Lastei m &!?artdoi. M.Tamer Col Piagher Focobon m^fcf--SA5S : jf, PIZDI5agron /ore. "■t^"x Feltraio Piz bfl Palughet dilla PoSEJTA Tciich'a » 1 i K.Vdl Giasinozza H' ari di I ' CA5TELLAZZ0 C.VENE&IA ìassn flaor T.TrovlQnolo CmtRLO Sasso Padella 1000 Cavallazza MM l'i'TV ...MIMMI. 100O ti? (jiuriMto T.Travignolo p, Belvedere. CoLrosco V.llluiKlij ItfiV PROFILI GEOLOGICI ATTE A VE USO IL GRUPPO DELLE PALE DI S. MARTINO E LE VALLI CIRCOSTANTI - Seulii I: 40(MH)