Carla Ciseri Montemagno, Dai linguaggi alla lingua, Introduzione all'educazio­ne linguistica ne/la scuola elementare, Firenze, La Nuova Jtalia 1987, 143 p. l. L'opera recensita (vol. 106 della collana Didattica viva) tratta l'educazione linguistica (EL), argomento oggi centrale in Italia. L'autrice, gia insegnante nella scuola elementare, lavora attualmente presso l'Istituto Regionale per la Ricerca, la Sperimentazione e l'Aggiornamento Educativo dedicandosi all'aggiornamento degli insegnanti della scuola elementare per l'area linguistica (dalla copertina). II presen­te agile volumetto si rivolge agli insegnanti «che presto dovranno affrontare la se­conda f.ase di aggiornamento obbligatorio sulle discipline» (p. IX), ma anche ai gio­vani colleghi che «in vista dei prossimi concorsi magistrali, vorranno avere una pre­parazione abbastanza puntuale anche sugli aspetti disciplinari» (ib.). II libro cerca di essere «semplice e facilmente fruibile anche da chi incontra per la prima volta le pro­blematiche dell'EL» (ib.), percio si serve di schemi grafici per facilitare l'orientamento e per sintetizzare, malo fa in maniera «poco pedante» (ib.). Inutile dir,e, tuttavia, che le nozioni fondamentali della linguistica odierna sono anche qui indispensabili, pertanto presenti. 2. II volume si divide in tre parti: la prima esamina e commenta sistematicamen­te il programma di lingua italiana (LI) del 1985 (molto diverso da quello del 1955), soffermandosi su alcuni argomenti di particolare interesse; la seconda parte si dedi­ca alla programmazione quanto alla LI; la terza parte presenta una tipologia delle attivita didattiche, intese come spunti anziche come «suggerimenti da seguire pedis­sequamente« (p. X). Tutto il libro cerca di introdurre le nozioni della linguistica mo­derna nella prassi glottodidattica: cosi, ad esempio, si commentano le nozioni di lin­gua e linguaggio (p. 4), si elencano i registri d'italiano dall'idioletto all'italiano scientifico (p. 6), si danno le varie definizioni del concetto di lingua (p. 6 e sgg.) ecc. L'insegnante deve introdurre queste nozioni insensibilmente, quasi in forma di gio­co: a p. 113, ad esempio, si raccomanda di presentare la combinabilita dei gruppi di parole sicch6 «senza parlare di economicita della lingua e della prima a seconda arti­colazione, i bambini avranno manipolato, almeno in parte, questa fondamentale di­mensione della lingua verbale»; a p. 117 si propone un esercizio di collegamento di un insieme di frasi mediante connettivi frasali, per ottenerne un testo; ecc. ecc. 3. Le idee principali (alcune ripetute varie volte nel volume), si possono siste­matizzare con facilita e chiarezza. 3.1 La lingua euno strumento complesso (p. 52) la cui base esemiotica, ed eco­me tale soltanto uno, sebbene privilegiato, dei sistemi di segni (p. 63). Percio in tutto il libro la lingua verbale viene spesso confrontata con altri sistemi semiotici e/o co­municativi (ad es. la gestualita), il che porta con se l'inclusione delle forme di comu­nicazione moderne non verbali: il film, la TV, il video. 3.2 Si accentua sempre la dimensione sociale della lingua: i suoi vari registri, gli usi determinati dalla societa e dalla situazione, il rispetto per i dialetti (v.av.) ecc. 3.3 L'atteggiamento di fronte alla grammatica tradizionale echiaramente nega­tivo: infatti, il termine stesso di grammatica estato sostituito dal sintagma riflessio­ne linguistica, il che «non esolo un fatto formale: rispecchia un profondo cambia­mento di prospettiva» (p. 51). La riflessione linguistica intende sostituire la vecchia grammatica, arida, astratta, lavoro «da sala anatomica» (p. 52), per fare riflettere l'alunno sulla lingua, sul suo uso e sulle sue funzioni. Si deve fare riflessione sulla lingua «senza ripercorrere i sentieri tradizionali dell 'analisi grammaticale» (p. 35). 3.4 Come si desiste dalla vecchia analisi grammaticale, cosl si evita anche il tra­dizionale purismo, sia nella lingua orale che nello scrivere. Ormai non si tende piu alla «"asettica ortoepia" stile RAi anni Cinquanta» (p. 33), e nel tema scritto non si persegue piu la scrittura «asettica e atemporale del "tema"» (p. 34), non si scrive piu «ne! vuoto» masi scrive sempre a persone definite, con scopi determinati e caratteri identificati. In tutto cio si riconosce l'attuale approccio pragmalinguistico (v. anche av .). Si evitano cosl «le tradizionali nevrosi da iper-correttismo che troppp spesso hanno ossessionato la nostra infanzia» (p. 31); anzi, il concetto stesso di (scrivere, parlare ecc.) correttamente non si intende piu come «necessifa di adesione ad un "modello alto" di communicazione» ma viene «al contrario precisato nei suoi con­ 1 torni socio!inguistici» (p. 27). La scuola non sara piu punitiva (p. 106) e tutto dovra essere spiegato, perche «non si pub pensare che le cose si fanno perche lo dice il pro­gramma o perche si sono sempre fatte» (p. 88). 3.5 Seguendo le stesse linee direttrici si allarga il corpus e oltre ai testi letterari si ammettono tutti i testi che possono suscitare l'interesse dei bambini di oggi: fumetti, cartoni animati, insegne stradali e pubblicitarie ecc. Valga per tutti il seguente -ot­timo -passo: «Le strutture della lingua si imparano altrettanto bene assumendo come contenuti sia Paperino e Topolino sia un qualsiasi argomento "serio" e tedio­so» (p. 106). Quanto lontano siamo dal tradizionale purismo (italiano e non solo ita­liano)! · 3.6 Eassai importante il marcato atteggiamento tollerante di fronte al dialetto: il dialetto viene rispettato (cfr. il titolo Rispettare il dialetto, p. 56), gli si riconosce implicitamente «lo status di ·lingua a tutti gli effetti» (ib.) pur ammettendo, beninte­so, che il dominio del dialetto epiu ristretto di quello della lingua (ib.). Siamo dun­que ben lontano dal «disprezzo verso i dialetti in genere, la guerra che era stata loro dichiarata durante il periodo fascista» (p. 57). II rispetto per il modo di parlare di al­tri va sviluppato sin dall'inizio perche «la pianta della tolleranza e del rispetto per le idee altrui emolto difficile da coltivare, se non ha radici profonde» (p. 27). · 3.7 Un posto notevolissimo in tutto il volume spetta al gioco come parte costi­tutiva del processo didattico in tutte le sue fasi; cosa normale nella scuola elementa­re, a cui si dirige !'opera. Cosl, ad esempio, una buona sezione della III parte si oc­cupa del gioco nell'insegnamento della lingua .(Giocare per apprendere, Giochi per accertare l'esistenza dei prerequisiti,11 gioco di «leggere», II gioco dei «suoni e dello specchio», II gioco del «dettato», II gioco di «scrivere», Giochi a squadre ecc.). E appunto attraverso le varie forme del gioco (ne! quale la fantasia dell 'insegnante e una condicio sine qua non) che i bambini impareranno alcuni concetti Iinguistici (cfr. § 2). 3.8 Nel corso di questa breve recensione abbiamo gia avuto occasione di accen­nare alla pragmatica. E logico che questo dominio di studi linguistici non possa mancare nel nostro volume: infatti, a diverse riprese si insiste sulla funzione della lingua orale e scritta, sugli scopi che si vogliono raggiungere con la lingua, sulle con­dizioni sociali dell'uso linguistico ecc. A p. 50 si spiega specificamente il piano prag­matico, a p. 70 si