Received: 2011-10-07 UDC 341.222(497.572)"17" Original scientific article INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700 Mauro PITTERI ITIS C. Zuccante, via Baglioni 22, 30173 Venezia Mestre, Italia e-mail: mpitteri@libero.it SINTESI Nel secondo Settecento, il confine fra la Repubblica e I'Impero situato tra il villaggio di Zumesco e il bosco veneto demaniale di Montona fu funestato da incidenti anche gravi. Essi erano dovuti alla necessita degli imperiali di provvedersi di fieno e legna che poteva-no procurarsi solo sconfinando. Nel 1768, la Repubblica acquistd i prati il cui possesso era rivendicato dagli esteri e che si trovavano in territorio veneto. Ricevuta una somma di denaro gli zumescani per lungo tempo rimasero quieti. La pressione demografica favo-ri nuovi incidenti. Nel 1785, si propose di retrovendere agli esteri i prati contesi e di mo-dificare la linea di Stato cosi da assegnare loro una porzione di bosco. Il piano fu respinto dai Sovrani. Nel 1788, si propose di vendere agli esteri un quantitativo prefissato di legname. Stavolta, il piano fu accolto, nel 1791, ma non si attud per il mancato accordo sul prezzo e per degli errori che si riscontrarono nella misura della superficie dei prati. Parole chiave: bosco, confini, fieno, legname, prato, roveri DISPUTES ON THE BOUNDARIES OF THE MONTONA FOREST IN THE 18TH CENTURY ABSTRACT In the second half of the 18th century the boundaries between the forest Montona and Zumesco were a central problem for Venice and the Austrian Empire. However in three different periods some solutions were proposed by the Austro-Venetian Commission, whose main purpose was to control Istria frontier and the enforcement of the Treaty of Gorizia (1754). In 1768 the Republic of Venice adopted the solution proposed by the Provveditore Gravisi and decided to buy some meadows under the Austrian possession. However in 1780 this agreement was not complied by the people of Zumesco. Engineer Ferro proposed to restore the situation of the Sixties of the century. The Venetian and the Austrian governments however refused this proposal. In 1788 the Venetian Provveditore ai confini dell'Istria Giobatta Fini recommended to maintain the boundaries and to resell the meadows. Finally, in 1791 this proposal was accepted by Venice and Austria, but due to other difficulties the plan was not implemented. Key words: woodland, boundaries, hay, wood, oaks, meadows Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 Per tutta la seconda meta del secolo XVIII, il tratto di confine fra il bosco pubblico veneto di Montona e le pertinenze del villaggio austriaco di Zumesco (Zamask) infastidi le Cancellerie di Vienna e di Venezia1. Le parti in causa erano un villaggio di monte e, per certi versi, la Repubblica stessa o, meglio, una sua magistratura. La vertenza inizia nel 1765, quando il commissario austriaco ai confini, Pomepo Brigido, avanzo delle ri-mostranze. Sudditi austriaci di Zumesco avevano subito il sequestro dei loro animali dai guardiani del bosco, a loro avviso, ingiustamente. Invece, per il marchese Giuseppe Gra-visi, provveditore veneto ai confini dell'Istria, il pascolo operato dagli zumescani era un usurpo perche quei prati erano di proprieta pubblica2. L'anno dopo, il provveditore Gravisi, invio a Venezia una relazione «sui possessi privati austriaci nel veneto dominio», tra i quali spiccava la presa prativa rivendicata da Zumesco, adiacente al bosco di Montona, al di la del rio Bolas, confine di Stato3. L'origine di tali con-tese stava in una vendita, del 1762, di campi padovani 42, fatta dai nobili Polesini di Montona al podesta. Su quei fondi, furono costruite due case per l'alloggio dei saltari, «a provvida difesa della sottoposta valle del bosco», fondi parte «posti cola a coltura con l'aratro» e parte rivendicati dagli esteri. Per Gravisi, quei pochi campi «di spazio non riflessibile ne per estensione, ne per la natura del fondo in parte paludoso e infelice», non valevano il rischio d'incrinare i rapporti di buon vicinato fra la Repubblica e l'Impero e consiglio di acquistarli. Con poca somma di denaro, si otterrebbe l'allontanamento degli animali esteri che entrava-no nel bosco «col pretesto di loro possedimenti» limitrofi; e «colle opportune escavazioni e ripari», si sarebbe migliorata «la condizione ora infelice del contenzioso prativo fondo», recuperando la spesa. Lo stesso commissario austriaco, fin dal 1761, aveva assicurato che gli zumescani si sarebbero accontentati «di ricevere il valore dei prati». Dunque, la soluzione avanzata da Gravisi e pragmatica. In punta di diritto le ragioni venete erano indiscutibili, ma non conveniva intraprendere una lunga contesa per quel fondo cosi poco appetibile in se, poiche il suo vero valore consisteva nella vicinanza al bosco e nella possibilita di tagliarvi legname di frodo. Meglio acquistare quei terreni e porre cosi fine alla disputa. Nella sua scrittura, il sopraintendente Tron inseri l'affare del bosco di Montona in quello piu generale dei possessi; ove possibile, occorreva far coincidere la linea territoriale con quella dei possedimenti privati, di cio le due Cancellerie erano convinte, ma non si fecero significativi progressi. Tra le tante questioni rimaste irrisolte ve n'era una «di riflessibile ed e quella de' possessi austriaci nella valle di Zumesco», dove si pretendevano dei fondi nella valle veneta «inclusi nel bosco di Montona, ne' quali apportano e possono veramente apportare considerabile aggravio», essendo giunti a tagliare «in una volta nove mille semenzali». Erano questi danni di valore ben superiore all'entita dei fondi contesi e percio meglio era acquistarli e por fine alla lite4. 1 Sui confini della Repubblica vedi Pitteri, 2007. Su quelli di Gorizia, Panjek, 2004. Su quelli istriani Bertoša, 1983. 2 ASVE, PSCC, 238, Relazione del provveditore Giuseppe Gravisi, 8 novembre 1765. Sulla storia dell'Istria si sono consultati Ivetic, 1999 e Darovec, 2010. 3 ASVE, PSCC, 238, Relazione del provveditore Gravisi. 31 luglio 1766; ASVE, PSCC, 238/1, Mappa di Cristoforo Bighignato, 16 luglio 1766. 4 ASVE, PSCC, 279, Scrittura del Sopraintendente alla Camera dei confini Andrea Tron, 4 aprile 1767. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 Una volta approvato l'acquisto pubblico, non restava che accordarsi sul prezzo. La stima dei prati si fece da periti di entrambe le parti e si concordo la somma di lire 4.1675. Ma, a sorpresa, il commissario Brigido avanzo una controproposta. Quelli di Zumesco, ogni anno, prima dei due tagli del fieno, avrebbero chiesto al podesta di Montona di designare a loro spese un guardiano a tutela del bosco e cosi si poteva evitare la vendita dei prati. Si puo immaginare il disappunto del nobile istriano che si vide costretto a sospen-dere la trattativa per chiedere istruzioni al Senato. Si perse cosi un altro anno. Nel 1768, Tron intervenne di nuovo. Vienna aveva proposto lo scavo di un fosso divisorio per evitare sconfinamenti, ma un tale progetto era inapplicabile. Innanzitutto, perche mai era stata riconosciuta la proprieta degli zumescani su quella che era una presa del bosco e che solo per quieto vivere si era deciso di acquistare. E poi, la Corte sapeva benissimo che «per preservare la quiete ai confini la massima dei Principi deve essere di procurare che li austriaci possedano il meno possibile nel Veneto e i veneti nell'Austria-co»; unico rimedio era percio l'acquisto pubblico di quei prati6. Gravisi era preoccupato; temeva responsabile di queste lungaggini fosse lo stesso suo collega o che l'affare «sia stato artatamente sublimato dagli zumescani». Qualche giorno prima, un altro incidente lo aveva ancor piu convinto della necessita dell'acquisto. Assen-ti i custodi del bosco in un giorno festivo, alcuni esteri «introdussero molti suoi animali nei suddetti prati e bosco conterminante: otto di essi [animali] pero furono fermati da essi custodi nel momento del loro regresso da Montona^)7. Probabilmente, il nuovo sconfina-mento aveva destato impressione anche a Vienna e, finalmente, Gravisi riusci ad acquistare i prati e a ricevere regolare quietanza della somma sborsata8. Il caso sembrava risolto. Si ricomincio a parlare d'incidenti al confine di Zumesco nel 1775, quando i guardiani del bosco furono accusati di aver usato prepotenze nei confronti di alcuni sudditi esteri, sequestrando indebitamente i loro animali e, addirittura, consumando un vitello9. Quel comportamento era contrario ai trattati10; infatti, in caso di sconfinamenti, non si doveva-no operare sequestri, ma denunciare invece il fatto alla commissione mista che avrebbe poi provveduto a rendere giustizia. I primi seri incidenti ci furono nel 1780, quando alcuni esteri di Zumesco fecero uno sfalcio abusivo e, di fronte a tanto fieno, per la gioia, un tale Antonio Calligarich verso a tutti del vino, ma la mescita non fu propizia. Catturato assieme ad altri, si vide comminare come pena il carcere e «pan e acqua^)11. 5 ASVE, PSCC, 238, Stima sottoscritta da Brigido e Gravisi a Trieste, 7 agosto 1767. 6 ASVE, PSCC, 279, Scrittura di Andrea Tron, 9 marzo 1768. Tron cito un caso analogo al confine vicentino, vedi Bellabarba, 1999. 7 ASVE, PSCC, 238, Relazione del provveditore Gravisi, 1° aprile 1768. Il fatto era accaduto il 20 marzo 1768. 8 ASVE, PSCC, 238, Lettere del podesta di Capodistria, 15 e 24 settembre 1768. Allegati i documenti relativi all'affare e la quietanza di lire 4.167. 9 ASVE, PSCC, 238, Protocollo della visita e relazione Liechtemberg e Fini, 21 settembre 1775. I danneggiati erano Malle Lancovich villico di Caschierga e il parroco di Boruto Marco Terlon che si era visto sequestrare cinque capi bovini e uno di loro macellato. Denunciarono danni per 109 ducati. 10 ASVE, PSCC, 280, Scrittura di Ascanio Girolamo Giustinian, 1° marzo 1776. 11 ASVE, PSCC, 239, Lettera del podesta di Capodistria, 30 agosto 1780. Il successivo 2 dicembre, il Senato Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 L'anno dopo, gli sconfinamenti si ripeterono piu gravi. Un gruppo di zumescani si era portato sul confine per impedire ai sudditi veneti di falciare i prati, asserendo esservi ordine negative del governo di Pisino. Uno di loro, il piu esagitato, arrivo a minacciare i presenti di morte. Il capitano Zorzi aveva ordinato ai veneti massima prudenza, ma il danno del mancato taglio dell'erba era notevole. Poi, «gli imperiali hanno dato inizio allo sfalcio dei fieni per portarli fuori del veneto Stato» e a fatica quel capitano trattenne i suoi nella moderazione, ma il «troppo malcontento» lo preoccupava12. Infine, gli esteri non si limitarono al solo sfalcio, ma tagliarono anche «semenzali e tolpi che asportarono unita-mente a quantita di legne ivi esistenti e recise di pubblica ragione con offesa dei pubblici diritti»13 e dello stesso trattato di Gorizia14. Il podesta di Capodistria ordino al provveditore Lepido Gravisi, subentrato al padre, di contattare il commissario Leichtemberg per riferirgli la gravita dell'episodio. Questi n'era gia a conoscenza e assicuro il pronto castigo dei rei che, difatti, furono sottoposti a processo15. Lo aveva informato il capitano di Pisino: «Pare che li sudditi di Zumesco abbiano perduto totalmente il giudizio, non so se guidati dal proprio capriccio oppure sedotti da gente cattiva, si presero nuovamente il punibile arbitrio di falzare come fecero li prati al di la del pubblico confine e per quanto ho potuto rilevare di trasportar alcune carra di fieno nelle loro case». Appena avuta denuncia «dello scandaloso fatto, oltre l'ini-bizione di progredire il lavoro, ho dato principio all'inquisizione, onde rilevare i capi ed il modo con cui fu eseguito»16. Nonostante la repressione, gli zumescani continuarono a usurpare quella presa che era «una delle piu vaste del bosco e piu abbondante e di miglior produzione dei roveri per li pubblici usi»17. Il carteggio fra Capodistria e Pisino permette di seguire il processo che si concluse l'anno seguente. Gli zumescani furono condannati a risarcire i danni, anche se l'ammontare di lire 480 fu ritenuto sproporzionato da Liechtemberg. Il «pozuppo Antonio Verza^> colpevole di aver partecipato ai veneti l'ordine inibitivo dello sfalcio, fu condannato a essere «esposto pubblicamente per tre ore con tavoletta pendente del collo ed iscrizione falsario»^^. Nel 1782, i Deputati alla Valle di Montona scrissero alla Camera dei confini per in-formare il Sopraintendente dell'accaduto a un nobile di Pinguente mentre stava girando il bosco; ebbene, lui e i guardiani di scorta «videro una truppa di animali bovini che pasco-lavano nella presa di Zumesco». Mentre i guardiani stavano sequestrando qualche capo, «accorsero rapidamente molti sudditi austriaci armati d'archibugio e di un coltello». Per gli ordino di sopire la vicenda. 12 ASVE, PSCC, 239, Dispaccio del podesta di Capodistria, 15 luglio 1781; copie di lettere del podesta di Montona, 9 e 13 luglio 1781. 13 ASVE, PSCC, 239, Lettera del capitano di Raspo, 19 luglio 1781. 14 ASVE, PSCC, 239, Parte del Consiglio dei Dieci, 27 luglio 1781; ASVE, C, XVII, Trattato di Gorizia del 26 dicembre 1754. 15 ASVE, PSCC, 239, Dispaccio del podesta di Capodistria, 3 agosto 1781. 16 ASVE, PSCC, 239, Copia di lettera del capitano di Pisino a Liechtemberg, 16 luglio 1781. 17 ASVE, PSCC, 239, Parte del Consiglio dei Dieci e relazione dei Deputati alla Valle di Montona, 4 e 8 agosto 1781. 18 ASVE, PSCC, 239, Lettera del podesta di Capodistria, 20 luglio 1782. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 evitare guai, quel nobile chiese di restare solo col suo servo a parlamentare con gli assalitori, una «torma de' villani che discendevano volando dai monti», e per sua buona sorte li acquieto19. Nell'agosto del 1783, nella presa di Zumesco, i Deputati denunciarono un nuovo sconfinamento degli esteri che recisero e asportarono molti semenzali di rovere, olmo e frassino «per servirsene a proprio particolar uso di cerchi di botte», indizio della diffusione della vite e, dunque, di un incremento demografico. Infatti, i legni sottratti ammontavano a 250 e, in seguito, si denuncio un altro furto di sessanta olmi e di dieci «roveretti»20. Durante l'ispezione ordinaria del 1784, i visitatori furono infastiditi da numerose querele avanzate sia dagli zumescani, sia dai guardiani del bosco. Era uno stillicidio. Un tale Mattio Dobrillovich lamento il sequestro del bestiame mentre pascolava con sei bovini. Un altro, che aveva sconfinato di appena tre pertiche, senza peraltro inferire danno, si vide privato della sua mannaia e picchiato tanto da essere stato costretto alcuni giorni a letto. Il guardiano Cotiga tiro una schioppettata a tale Ive Schiuliaz, colpevole di tenere in mano un ramo secco da fuoco. Poi tiro ancora una schioppettata a tale Ive Mattiasich che «andando alle nozze di un suo parente taglio con la britola da una siepe una vergolta per ripararsi dai cani»21. Gli episodi evidenziavano l'agire irregolare dei saltari veneti. Fatto sta che, dopo molti anni, il commissario Leichtemberg chiese per quelli di Zumesco il diritto di possesso nel bosco al di qua del rio Bollas e, quindi, il diritto di «prevalersi delle legne secche a uso di fuoco e delle legne minute a uso de' cerchi e palli delle viti», senza arrecare danni ai roveri. Al marchese Gravisi sembro risibile l'assunto che in tutta la costiera montuosa di Zumesco non nascessero alberi, perche, se cosi fosse, «nessuno sarebbe andato con famiglie in un posto dove non c'e legna da ardere». Con tali premesse, facile capire che nulla si concluse22. L'affare stava tornando a farsi serio, la sovranita della Repubblica su quella presa era di nuovo messa in pericolo e, nel caso, l'umiliazione sarebbe stata cocente. Nel 1784, pur condannandole, la corte di Vienna giustifico le azioni dei suoi sudditi che altrimenti non avrebbero avuto legna e fieno. Tali incidenti avevano come vera mo-tivazione una disordinata «configurazione» della linea territoriale e percio il principe di Kaunitz propose di affidare alla commissione mista la ricerca di un rimedio radicale23. Forte di tali commissioni il conte Liechtemberg non si fece scrupolo di proporre uno 19 ASVE, PSCC, 239, Lettera dei Deputati alla Valle di Montona, 5 giugno 1782. Allegato: relazione del conte Francesco Alessio de Bocchina, 14 maggio 1782. 20 ASVE, PSCC, 239, 241, Lettere dei Deputati alla Valle di Montona, 12 settembre 1783 e successivo 10 gennaio. 21 ASVE, PSCC, 239, Protocollo della visita, paragrafo 29, 25 settembre 1784. Pochi giorni dopo, Fini scrisse di ritenere esagerate le doglianze degli esteri «sul barbaro comportamento dei saltari del bosco», tuttavia, non si poteva negare che il sequestro degli animali era contrario alle regole confinali (ASVE, PSCC, 241, Lettera del provveditore Fini, 29 settembre 1784). I provveditori ai confini dell'Istria erano due, Giobatta Fini e Lepido Gravisi. 22 ASVE, PSCC, 239, Protocollo della visita, paragrafo 30, 25 settembre 1784. 23 ASVE, PSCC, 241, Promemoria della corte di Vienna, 26 agosto 1784. Questa busta e stata usata anche da Bertoša, 2011, 114-132 per studiare un incidente di confine detto «lo svaleggio di Lugoplavo». Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 scambio di territori: I'Impero avrebbe ceduto alla Repubblica il circondario di Zumesco in cambio del porto di Fianona; solo cosi, a suo dire si sarebbero troncate tutte le beghe confinarie. Prima di rispondere a tali richieste, il Senato volle maggiori chiarimenti e percio com-mise al sergente maggiore Antonio Ferro, ingegnere militare nella fortezza di Palma, di recarsi sui luoghi per valutare la proposta di permuta. Compiuta la missione, l'ingegner Ferro valuto la cosa svantaggiosa. Zumesco non aveva «altro spazio che la costiera di un erto colle» ed effettivamente non possedeva ne beni comunali, ne boschi e i suoi abitanti «se non se ne appropriassero dai loro vicini di Zumesco veneta, di Casterga [Kascerga] imperiale e del bosco di Montona ne sarebbero affatto privi». Il loro principale introito derivava dalla vendita «di qualche barilla di vino»; insomma, il valore di Zumesco stava a quello di Fianona «come 16 a 77». Era pero vero che quei poveri abitanti non avrebbero avuto di che vivere senza scon-finare. A riprova, la testimonianza del loro zuppano, Giovanni Schiulaz, d'anni 37, resa Fig. 1: La presa di Zumesco nel 1790 e i terreni contesi (ASVE, Provveditori sopraintenden-ti alla camera dei confini, b. 241, dis. 2. Atto di concessione n. 64/2014. La fotoriproduzione e stata eseguita dalla Sezione di fotoripoduzione dell'Archivio di Stato in Venezia). Fig. 1: The taking of Zumesco in 1790 and the disputed land (ASVE, Provveditori so-praintendenti alla camera dei confini, b. 241, dis. 2). Sl. 1: Osvojitev Zamaska leta 1790 in sporna zemljišča (ASVE, Provveditori soprainten-denti alla camera dei confini, b. 241, dis. 2). Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 in un processo celebrato a Pisino: per lui, il legname «che sogliono tagliare sono sempre piante giovani con cui fanno appunto i cerchi delle botti e al piu le pollette dei coperti delle nostre miserabili case». Per risolvere l'affare, Ferro propose di assegnare una parte della presa di Zumesco agli austriaci, modificando la linea territoriale e restituendo cosi a quei montanari due piccoli pezzi di prateria e una porzione di bosco dove non vi erano legni atti al «servizio pubblico di costruzioni navali»24. Il sopraintendente Contarini accolse con favore la proposta Ferro. Essa «ha il vantag-gio di non permutar popolazioni ma solo terreni e per accidente qualche colono». E la «retrocessione» di quegli appezzamenti si otterrebbe con una nuova direzione della linea di Stato. In punta di diritto, il Senato aveva «ogni ragione di esigere che le cose restino nel loro stato presente e che i zumescani austriaci si astengano dal por mano nei prati venduti e nel bosco veneto di Montona^>, ma «l'esperienza maestra delle umane cose non lascia molto luogo a sperare che con cio si ottenesse la necessaria quiete a quelle parti». Il fine della politica confinaria non era difendere a ogni costo la giurisdizione su qualche palmo di terra ma la pacifica convivenza dei rispettivi sudditi. Ora, «il bisogno de' zumescani e comprovato da processi austriaci e da informazioni venete, ma, quel ch'e piu, dai fatti che avvengono costantemente». Se non si provvedeva al loro bisogno «sussistera sempre la causa dei disordini e succedendo questi, qual efficacia e vigore potrebbero avere le rimo-stranze che si facessero allora dal canto veneto al Governo austriaco»? Nessuna, meglio essere pragmatici. L'inutilita dei passati rimedi «dimostra evidentemente la necessita di un nuovo»25. Intanto, continuarono gli incidenti, dovuti ai soliti sconfinamenti di animali, al taglio abusivo di legname e alle reazioni spropositate dei saltari26. Ci fu pure una zuffa, con scarico di archibugiate e incendio di un grande olmo per rappresaglia27. Se accetto la retrovendita dei prati e la cessione di una porzione boschiva ai suoi sudditi, la corte di Vienna non intendeva «accondiscendere al cambio territoriale», per non rendere quella linea ancor piu tortuosa, «con pericolo di nuove discordie e contestazioni». E poi, quei poveri sudditi non potevano essere privati di neppure una zolla di terra. In prati-ca, non si voleva rispettare il principio di reciprocity. Per contro, la Repubblica non poteva rinunciare neanche a poche spanne di territorio senza avere in cambio un corrispettivo, ne andava della dignita del Principe. Occorreva che Vienna chiarisse il modo con cui intendeva ricompensare lo Stato veneto della cessione, non necessariamente a Zumesco, poiche un corrispettivo poteva essere trovato in un'altra parte qualsiasi di quella lunga confinazio-ne. Dunque, si ripropose a Vienna il piano Ferro, dicendosi al contempo certi che Sua Ma-esta avrebbe trovato un opportuno reciproco28. L'affare era di nuovo in una fase di stallo. Era indubbio che in tutto il resto del lungo confine istriano succedeva poco a confron-to di quanto accadeva a Zumesco. Una non ben intesa pratica delle regole confinali da parte dei saltari aggravava la situazione, poiche, anziche rivolgersi al podesta di Capo- 24 ASVE, PSCC, 241, 241/1, Relazione e mappa del sergente maggiore Ferro, 15 febbraio 1785 (1784 m. v.). 25 ASVE, PSCC, 241, Scrittura del sopraintendente Contarini, 28 febbraio 1785 (1784 m. v.). 26 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Deputati alla Valle di Montona, 20 agosto 1785. 27 ASVE, PSCC, 239, Lettera del podesta di Montona, 28 luglio 1785. 28 ASVE, PSCC, 241, Scrittura del sopraintendente Francesco Pesaro, 9 dicembre 1785. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 distria, competente in materia, essi agivano usando piu «le violenze che le pignorazioni prescritte». A riprova, il sequestro di tre bovini e della mannaia di un pastorello, con la quale, per giunta, fu picchiato. Responsabilita erano anche del reggimento di Montona che dagli animali sequestrati «estorcer vuole un prezzo esorbitante, senza che vi precor-rano prima le necessarie prescritte stime». Un guardiano poi scarico un'archibugiata sui maiali introdottisi nel bosco, uccidendone uno29. Nel 1786, si esegui la perlustrazione statutaria di quella linea territoriale senza che la corte di Vienna avesse ancora risposto alle istanze venete. Cosi, non fu preso alcun provvedimento. Le trattative ripresero solo nel 1788. Durante gli appuntamenti preli-minari, a Trieste, il nuovo commissario austriaco, Giuseppe Kreizberg, ricerco a Fini la retrocessione dei prati acquistati dalla Repubblica vent'anni prima e la cessione di un pezzo boschivo a beneficio degli imperiali di Zumesco, cosi da dare una «esatta calma a quel facinoroso confine», ma questi ricuso l'offerta, non avendo autorita per «versare su questo affare». Nel riferire l'episodio al podesta, Fini avanzo una sua controproposta. Era assodato «che gli zumescani tengano precisa necessita di fieni per i loro animali e di palli per le loro abitazioni e per sostegno alle loro viti». Si potrebbero permutare i prati da retrocedere con il terreno di un privato suddito veneto, il piu lontano possibile dalla presa boschiva, da cedere poi agli esteri. Per quel che riguardava il legname, lo zuppano austriaco avrebbe potuto indicare «l'annuo bisogno e i pali gli siano consegnati dietro pa-gamento dal capitano della valle»30. Se non convinse l'idea della permuta, piacque invece il suggerimento di vendere al giusto prezzo agli esteri una prestabilita quantita di legname. Percio, si commise a Fini d'inviare a Venezia tutto il maneggio e lo s'invito intanto a cercare di concludere l'affare «in faccia ai luoghi» cosi come proposto dal piano Ferro31. Intanto, gli esteri avevano avanzato delle richieste improponibili: la prima, non vo-levano pagare le lire 4.167 per la retrovendita dei prati poiche, a loro avviso, andavano detratti tutti i mancati proventi patiti. Poi, volevano lo jus lignandi in una porzione del bosco. Per evitare danni al prezioso patrimonio della Repubblica e limitare le funeste «animosita tra confinanti», occorreva subito formulare una controproposta. La retrocessione dei prati era inevitabile. Era anche non ricusabile la richiesta di legname, poiche era accertata la sua penuria nel distretto di Zumesco. Lo esigevano i rapporti del buon vicinare; e il sacrificio di qualche albero era decisamente preferibile «all'alterazione della linea confinale». Percio, si propose la «retrocessione dei prati venduti dai zumescani austriaci ai veneti». E poi s'invitasse Vienna a indicare il bisogno «di pali per le viti e abi-tazioni e la quantita annualmente necessaria a quella popolazione di legna da fuoco». Una volta stabilita la quantita, la si consegnasse ogni anno «all'estero zuppano in confronto a un prezzo che sara convenuto e ragguagliato con la maggior discrezione». Forniti di fieno e legna gli esteri e tolto loro ogni pretesto di violare il bosco, si sarebbe stabilita la confisca degli animali sorpresi a pascolarvi e l'arresto delle persone, deroga alle regole confinarie va-lida «soltanto per quanto si estende il solo circondario del veneto bosco di Montona^». Tale 29 ASVE, PSCC, 241, Scrittura dei Provveditori ai confini, 23 giugno 1786. 30 ASVE, PSCC, 241, Relazione riservata del provveditore Fini, 23 maggio 1788. 31 ASVE, PSCC, 241, Scrittura dei Provveditori ai confini e parte del Senato, 9 e 30 giugno 1788. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 progetto sembrava al provveditore Vallaresso «il meno funesto», ma abbisognava dell'ap-provazione dei Deputati competenti. Se si trovava l'accordo, per sedare le vertenze passate poteva «bastare il silenzio dei Principi», insomma, una tacita amnistia32. I Deputati si dissero d'accordo sulla retrocessione dei prati, poco piu di campi 3 pa-dovani, ma, essendo questi «inviscerati nel bosco», reputavano necessario delimitarli con un fosso. Convennero anche sulla vendita del legname, purche ne fosse fissata l'esatta quantita, e da tagliare solo nella presa di Zumesco. In quanto ai reciproci danni, anche per loro era piu saggio rimanere silenti. Fornirono comunque una nota dei danni causati dagli zumescani fra 1783 e il 1788: taglio in tutto di 1.264 alberi, soprattutto semenzali di rovere, olmi e frassini; furto di 25 sacchi di ghiande, dunque, segno di un fiorente alle-vamento di maiali; pascolo abusivo di 270 animali quasi tutti bovini tranne quindici suini, quattro cavalli e due somari, oltre a molte pecore33. In quegli stessi giorni, a Capodistria, il provveditore Fini stese la relazione richiestagli dal podesta che in buona parte riguardava l'affare di Zumesco. Innanzitutto, i prati acqui-stati nel 1768 erano a disposizione dei Deputati che li affittavano a un tale di Montona. Poi, per lui, a Zumesco, compresa Dol, non vi erano piu di quaranta famiglie, provviste di legna da fuoco ma mancanti di quella per «pali di vite e per cerchi di botte», bisogno che si poteva soddisfare con poche centinaia di «pedali di rovere, olmo e frassino di un piede e di un piede e mezzo di volta^> per i cerchi; e con qualche migliaio di pali per sostenere le viti. Provvisti gli esteri di fieno e legname, per Fini era sufficiente «a tutelare il pubblico bosco la sola osservanza delle regole confinali che si riscontrano bastantemente operative nel resto della linea». Ma se «non dovessero bastare a frenare l'ingordigia de' zumescani», aveva buone speranze di ottenere dal commissario austriaco «l'estesa di un particolar capitolare di penali piu rigorose contro chi per qualunque ragione oltrepassasse la linear». In quanto alle liti pregresse, per lui era difficile far passare tutto sotto silenzio perche trop-pe erano le querimonie avanzate dagli imperiali contro i guardiani del bosco. Era meglio pensare a un concorde risarcimento dei danni34. Il Senato prese tempo e invio a Vienna un promemoria con cui di fatto rinviava ogni decisione poiche era necessario «uno speciale esame» prima di entrare nel merito delle proposte avanzate35. Tre mesi furono necessari alla Camera dei confini per studiare meglio il caso ripercorrendone le vicende, dall'acquisto dei prati del 1768, alla proposta Ferro di retrocessione degli stessi, assieme a una porzione di bosco, respinta da Vienna, fino alle ultime due ispezioni e alla pretesa avanzata dal commissario Kreizberg nel 1788. Non si poteva rifiutare la retrocessione dei prati, avendola offerta gli stessi veneti tre anni prima, a patto che fosse rimborsata l'intera somma di 4.167 lire. In quanto al preteso jus lignandi, era in se «un usurpo e una ruberia», ma per ottenere la quiete ai confini era «meno incomodo e preferibile il sacrificio di somministrar con addattate discipline e cautelle una conveniente porzione di legna piuttosto che lasciar viva la pretensione degli 32 ASVE, PSCC, 241, Scrittura del provveditore ai confini Zaccaria Vallaresso, 13 dicembre 1788. 33 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Deputati Zuanne Zusto e Agostino Barbarigo, 19 gennaio 1789 (1788 m. v.). 34 ASVE, PSCC, 241, Relazione del provveditore Fini, 18 gennaio 1789 (1788 m. v.). 35 ASVE, PSCC, 241, Parte del Senato, 31 gennaio 1789 (1788 m. v.). Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 austriaci sebben privata, ma protetta dal loro sovrano, di boscare in una considerabile parte di quel bosco». La Camera accolse la seconda parte della proposta Fini. Si desse pure allo zuppano estero un concordato quantitativo di legname, a patto di non «eccedere quanto puo dare la vicina presa del bosco cosi da non depauperare le parti lontane» e con l'esclusione «del rovere di qualunque tipo, permettendosi solo l'olmo e il frassino sino alli due o tre piedi veneti per volta di circonferenza alla base». Siglata la convenzione, qualunque animale estero sorpreso nel bosco di Montona sarebbe stato confiscato e il pastore consegnato al Magistrato veneto. Infine, per raggiungere la vera quiete, andavano dimenticati «tutti i pregressi e discussioni» su miglioramenti apportati dai veneti ai prati e sui danni sofferti dal bosco. «Questi sono li sacrifici e li divisamenti meno incomodi che nella complicata fastidiosa e da tanto tempo combattuta situazione di questo affare e nella difficolta d'im-maginare una stabile disciplina potrebbero raccogliersi in una carta da presentarsi alla corte di Vienna^»36. Da Vienna non pervennero riscontri alla nuova proposta veneta. Cosi, in seguito fu spedito un altro promemoria con inserte anche le doglianze per i danni inferti al bosco durante quell'estate37. Ma non si mosse foglia, l'ambasciatore veneto non poteva partecipare alcuna proposta di quella Corte38. Finalmente, in autunno, il principe di Kaunitz ebbe un abboccamento con l'ambasciatore. Ebbene, non poteva accogliere la proposta veneta perche era molto difficile sca-vare il fosso divisorio. Poi, la comunita di Zumesco era troppo povera per permettersi il pagamento del legname. Infine, sarebbe stata fonte di nuove querele la pretesa confisca del bestiame, poiche il prato avrebbe garantito solo il foraggio d'inverno, ma nelle altre stagioni era inevitabile per loro sconfinare. Per garantire la sussistenza dei suoi sudditi e tutelare il bosco di Montona, la Corte avrebbe rinunziato al preteso diritto di proprieta o almeno di usufrutto del cosiddetto Zumeschi Logh a patto pero che la Repubblica desse in piena proprieta agli esteri «la ristretta porzione di bosco situata tra li prati da retroce-dersi» e la fiumana, ampia solo un quarto di quanto a suo tempo preteso. Se il Senato avesse aderito, continuo Kaunitz, non era piu necessario lo scavo del fosso, poiche quella comunita non avrebbe piu avuto necessita di legname e fieno e dunque non avrebbe piu sconfinato39. Come si vede, le posizioni erano ancora lontane e non se ne fece nulla fino all'anno successivo. Prima di esprimere un giudizio sulla proposta viennese, la Camera invio l'incartamen-to ai Deputati per chiarimenti, soprattutto in merito al fosso divisorio, che tardarono ad arrivare40; infatti, non si riusciva a capire cosa s'intendesse con l'espressione Zumeschi Logh non essendo «a cognizione di persona, abbenche pratica di quei luoghi»41. E intanto continuavano le violazioni territoriali: da Raspo, si segnalo un nuovo taglio nel bosco 36 ASVE, PSCC, 283, Scrittura dei provveditori Vallaresso e Pesaro, 24 aprile 1789. 37 ASVE, PSCC, 241, Parti del Senato, 9 maggio e 10 ottobre 1789. 38 ASVE, PSCC, 241, Dispaccio dell'ambasciatore veneto a Vienna, 24 ottobre 1789. 39 ASVE, PSCC, 241, Promemoria del Governo austriaco, 17 novembre 1789. 40 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Provveditori ai confini, 23 febbraio 1790 (1789 m. v.). 41 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Deputati ai Provveditori, 14 giugno 1790. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 di ventitre «pedaletti di rovere» e trentotto olmi42. Da Montona, si denuncio il pascolo di armenti zumescani presso le case dei saltari e, addirittura, «in sito seminato a grano marciolo». Poi, gli imperiali tagliarono sedici semenzali di olmo mentre i guardiani assi-stevano alla Santa Messa; e, infine distrussero tre termini di pietra e un pilone in muro con le pubbliche insegne, a colpi di maglio, i cui autori pero furono assicurati alla giustizia43. Il rebus dell'espressione Zumeschi Logh fu risolto dall'ingegnere ai confini Carlo Petronio in un sopralluogo dell'estate 1790; era un tentativo estero di confondere le cose, poiche altro non voleva dire che presa di Zumesco, da lui posta in disegno44. Va-lendosi delle testimonianze degli anziani, dello zuppano e da tali Mattio Flego, nativo veneto ma da anni naturalizzato austriaco per via di moglie, e Iseppo Calegarich, che gli «servirono d'interpreti della lingua schiava», Petronio pote prendere le esatte misure e della presa e della quota di bosco pretesa dagli esteri che era molto superiore alla quarta parte, essendo ampia campi padovani 129 su un totale di 230. Poi, «la presa e feconda e preziosa e tutta ricca di piante novelle piene di vegetazione e di forza le quali attendono dalla natura il tempo necessario alla loro perfetta maturita per somministrar eccellenti legnami da costruzione» e, a confronto di molte altre, era «ancora piu felice per essere situata nella parte superiore della valle il che la rende meno soggetta agli allagamenti del fiume, alli ristagni d'acque tanto fatali a quelle piante che soffrono questa rovino-sa sciagura». Un vero peccato privarsene. Poi, a dire dell'ingegnere di Capodistria, i sudditi austriaci esageravano la loro poverta di fieno. Infatti, egli stesso aveva visto due pezzi dei loro prati, di complessivi campi 7 padovani, «ridotti arativi il che prova abbondanza e non scarsezza di foraggio e pastura per i loro animali». Infine, propose di permutare il poco prato di proprieta estera, poco piu di campi 3 padovani, con una superficie equivalente di bosco, dopo averla pero dissodata e delimitata con termini di pietra viva. I Deputati risposero solo in settembre, poiche l'affare «grave e complicato» non per-mise loro di dare risposte piu solerti. Senza ripercorrere la loro scrittura che risaliva alla dedizione di Montona a Venezia, con la cessione al Demanio del suo bosco, basti dire che reputarono «chimeriche e insostenibili» le pretese austriache sulla quarta parte della presa. Non ne avevano alcun diritto, specie dopo la confinazione approvata con il trattato del 1754, poiche allora si dimostro che quei fondi erano stati usurpati, come conferma-vano le ripetute richieste venete di risarcimento danni45. Non convinceva i Deputati il piano Petronio poiche si sarebbe persa una quota di bosco tra le piu fertili e «si dovrebbe immancabilmente alterare la linea di confine con sfigurazione del bosco medesimo». Co-munque lasciavano ogni decisione alla Camera dei confini. Sia pur vicino a soluzione, l'affare era ancora in una fase interlocutoria; nella primavera del 1791, la corte di Vienna vi richiamo l'attenzione della Repubblica poiche quei sudditi 42 ASVE, PSCC, 241, Lettera del capitano di Raspo, 20 dicembre 1789. 43 ASVE, PSCC, 241, Lettere del capitano di Montona, 15 e 29 luglio e 26 agosto 1790. 44 ASVE, PSCC, 241, 241/2, Relazione e mappa del capitano ing. Carlo Petronio, 31 luglio 1790. Il capitano manco ai vivi nel 1791 e con ducale 3 dicembre 1791 il Senato approve la nomina di suo figlio, Benedetto Petronio, a nuovo ingegnere ai confini dell'Istria. 45 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Deputati alla Valle di Montona Barbarigo e Bembo, 10 settembre 1790. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 erano «ridotti alla disperazione» e necessitati a «trasgredire i limiti del loro troppo ristretto terreno»46. La Camera ebbe gioco facile a sostenere che in realta quelli di Zumesco voleva-no la restituzione dei prati senza sborsare denaro e volevano anche prendersi una pezzo di bosco vantando titoli inesistenti. Non si poteva far altro che ribadire il piano Fini47. Con buona pace di chi vede negli anni finali della Repubblica un genuflettersi conti-nuo alle richieste asburgiche, la fermezza del Senato diede i suoi frutti. Avendo, finalmen-te, la comunita di Zumesco accettato la retrovendita dei prati e il piano Fini, la Corte non aveva difficolta alcuna a farli propri pur di vedere terminato un affare che tante noie aveva dato ai rispettivi Principi. Gli accordi finali li avrebbero presi il provveditore ai confini di Capodistria e il commissario austriaco, si confidava solo nella generosita ed equita veneta per ottenere la legna al minor prezzo possibile48. Sancito l'accordo di massima tra i Principi, la definizione dell'affare era rinviata alla visita ordinaria della commissione mista del 1792. La restituzione dei prati si fece velocemente. Poi, quelli di Zumesco avanzarono due richieste. La prima, di non concorrere alla facitura del fosso divisorio ne di cedere terra per il suo scavo, avendone cosi poca; per accontentarli, i Deputati acconsentirono a sca-varlo dentro il bosco. La seconda invece irrito il Magistrato veneto. Essi, come d'accordo, presentarono una distinta del legname occorrente, indicandolo genericamente come «pali a uso di sostegno delle viti, carri di vimini netti, legne da fuoco, carri spini», legni per co-struire carri, «mangolini e giogo», legni per doghe, per fabbriche e altri usi, ma offrirono in pagamento la somma di lire 13, soldi 7 e denari 6, ritenuta dai veneti irrisoria. I due capitani del bosco di Montona, uscente e in carica, furono incaricati di stilare una lista del legname a loro parere necessario agli esteri. A loro dire, bastavano duecento legni da fabbrica, quindici «miara» di pali per sostenere le viti, quaranta legni per costrui-re attrezzi rurali e ottanta piante «per uso de cerchi». Tale quantitativo era stimato lire 115 e soldi 4. Anche limitando il pagamento alle sole spese per il taglio e il trasporto, senza ulteriori guadagni, queste ammonterebbero a lire 59 e soldi 6, quattro volte piu di quanto offerto dagli esteri, la cui urgenza di provvedersi di legname era «fittizia», lo provava un attestato di quel curato ove si sosteneva che «essi vendettero del legname ai veneti per uso dei squeri di questa Dominate»49. Insomma, ogni volta che si arrivava a un passo dalla conclusione, nuove pretese ne allontanavano la fine. Ci si puo immaginare con quale stato d'animo i Provveditori ai confini si appresta-rono a redigere l'ennesima lunga e noiosa scrittura sull'affare. Ne vollero ripercorrere punto per punto tutto l'iter, fino alla visita del 1791, quando, accettando l'accordo della retrovendita del prato e della consegna del legname, gli esteri avevano anche risposto di riservarsi «di far le loro lamentele sopra la qualita e prezzo». Ora, non contenti, essi pre- 46 ASVE, PSCC, 241, Promemoria del Governo austriaco, 22 aprile 1791. Richiama anche i precedenti promemoria 19 novembre 1789 e 25 maggio 1790. 47 ASVE, PSCC, 241, Scrittura dei provveditori ai confini Vallaresso e Pesaro, 30 giugno 1791. 48 ASVE, PSCC, 241, Promemoria della corte di Vienna, 7 novembre 1791. Il 3 dicembre la risposta del Senato che finalmente approvava anche le deliberazioni prese dalla commissione mista durante la visita del 1790. 49 ASVE, PSCC, 241, Lettera dei Deputati della Valle di Montona, 8 giugno 1792. In questo documento e l'elenco del legname e le somme proposte. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 tendevano di essere esentati dal pagamento delle imposte per i fondi riacquistati in terri-torio veneto e di avere, come si e visto, il legname a prezzi di favore, fuori mercato; e non volevano solo quello che serviva «per loro vigne e tuguri e per iscaldarsi nell'inverno», ma pretendevano anche quello necessario «per lavori di traffico, come sono fabbriche, istromenti e vinali»50. Per uscire «da questo intricato affare», occorreva impartire agli ufficiali sottoposti istruzioni semplici e precise che dovevano contenere solo quanto convenuto tra i sovrani. Istruzioni che la Camera dei confini sintetizzo in dodici punti. Tra l'altro, si ribadiva che gli esteri dovevano pagare le 4.167 lire per riavere i prati. Il legname da vendere doveva essere solo di frassino e olmo e non doveva superare il quantitativo sopra indicato dai capitani del bosco e il prezzo doveva compensare le spese e «una quota discreta del valore intrinseco, non essendo ammissibile la vilissima offerta fatta dagli zumescani». Infine, persone o animali scoperti arbitrariamente nel bosco, dovevano essere soggette a quel Magistrato, in deroga alle regole confinali «le quali pero resteranno salve in tutto il resto della confinazione fra i due Stati»51. Nel 1793, ebbe finalmente luogo l'ispezione attuativa del piano convenuto. Stavolta sembrava sul serio che il ruolo terzo della commissione mista potesse superare una volta per tutte le discordie fra il Magistrato presidente del bosco di Montona e il villaggio este-ro di Zumesco. In giugno, si erano gia recati sul posto i rispettivi ingegneri per misurare esattamente i prati da retrovendere52. Tuttavia, ebbero un intoppo, non riuscirono a perti-carli subito «per la gran quantita d'acqua^> che li ricopriva; per non perdere tempo, deci-sero di proseguire le loro rilevazioni sul resto della linea confinale, affidando a due periti veneti e a due periti imperiali le stime del legname necessario53. E quando riuscirono a misurarli, ci furono brutte sorprese. Tornati a Trieste, gli ingegneri esposero alla commissione i risultati dei rilevamenti. Ebbene, con stupore del conte Fini, nell'area calcolata da retrocedere vi era una porzione di bosco con querce secolari che non doveva entrarvi. Secondo Petronio, il disegno Bi-ghignato del 1767 era sbagliato, e lo dimostro con dei calcoli precisi messi su mappa54. Gli imperiali presero subito l'occasione per aumentare la superficie richiesta. Come non bastasse, ma era prevedibile, le stime del legname lasciate ai periti di parte diedero esiti tra loro opposti: «quelle venete sono attaccate come esorbitanti e quelle austriache d'in-fimo prezzo». Ancora una volta, quando pareva chiuso, l'affare si riapriva. E cosi ripresero gli incidenti uno dei quali fini in tragedia. Nel giugno del 1794, trenta di Dol si portarono in 50 ASVE, PSCC, 242, Scrittura dei provveditori ai confini Nani e Vallaresso, 27 settembre 1792. 51 ASVE, PSCC, 242, Parte del Senato con le istruzioni in dodici punti per la soluzione dell'affare della presa di Zumesco, 1° dicembre 1792. L'ultimo punto proponeva l'amnistia per «tutte le colpe passate» e l'estinzione di antiche e recenti vertenze. 52 Si trattava di Bernardo Jencich e Benedetto Petronio. Secondo quanto convenuto a Trieste dal commissario Kreitzberg e dal provveditore Fini il 26 aprile, dovevano misurare la superficie esatta dei prati e stimare il legname necessario agli zumescani. 53 ASVE, PSCC, 242, Relazione Fini - Kreitzberg, 22 luglio 1793. 54 ASVE, PSCC, 242/3, Mappa sottoscritta da Jencich e Petronio, 12 giugno 1793. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 quella fatidica presa e, armati di schioppo, falciarono i prati. Avvertito del misfatto, reca-tosi sul posto con due colleghi, dopo un'aspra discussione, il capo dei saltari fu preso a schioppettate; i due che erano con lui, tiratori piu esperti, risposero al fuoco e colpirono tre zumescani, uno dei quali cadde a terra morto55. Le Camera dei confini torno a occuparsi della presa di Zumesco nel settembre del 1795, quando il podesta di Capodistria informo il Senato degli abboccamenti che il conte Fini ebbe col suo collega a Trieste prima della visita ordinaria. Ebbene, fu chiesto a Fini quali fossero le sue istruzioni per risolvere la vertenza. La risposta fu la solita. Era autorizzato a «trattare tanto la retrocessione dei prati quanto la discreta somministrazione di legna, tutto pero col-la norma delle passate convenzioni tra sovrani». Ma, al suo interlocutore, stante le passate difficolta «che impedirono persino l'approssimazione di qualche discreto componimento», cio parve limitato e, relaziono Fini, «tutto che io l'avessi animato di fare questo nuovo espe-rimento pronosticandogli effetti i piu felici subito che proceder si volesse con equita e buona fede», si disse «nella necessita di riferire la risposta al suo presidente in Lubiana^). Per il prov-veditore istriano quello era «un emergente nuovo e di cui non sa cogliere le conseguenze»56. Insomma, nonostante gli sforzi la terza parte non era riuscita a risolvere una faccenda dove tutto era scivoloso. Rimanevano i contrasti fra i guardiani del bosco e i villici di Zumesco la cui soluzione era affidata alla prepotenza del piu forte. Tuttavia, entro pochi mesi quel bosco sarebbe divenuto proprieta dell'imperatore grazie a un terzo incomodo; ed e probabile che la vertenza si sia risolta una volta venuto a mancare il confine di Stato. 55 ASVE, PSCC, 242, Lettera dei Deputati della Valle di Montona al Senato, 11 settembre 1794. 56 ASVE, PSCC, 242, Dispaccio del podesta di Capodistria e allegata lettera del provveditore Fini, 9 e 5 settembre 1795. Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 INCIDENTI NA OBMOČJU DRŽAVNE MEJE OB BENEŠKIH GOZDOVIH PRI MOTOVUNU V 18. STOLETJU Mauro PITTERI ITIS C. Zuccante, via Baglioni 22, 30173 Venezia Mestre, Italija e-mail: mpitteri@libero.it POVZETEK V drugi polovici 18. stoletja so mejno območje med Beneško republiko in Habsburškim cesarstvom, ki se je nahajala med vasjo Zamesk in beneškimi državnimi gozdovi pri Motovunu, pretresli hudi incidenti. Vzrok so bila prestopanja meje s strani imperija, in sicer zaradi potrebe, da si zagotovi zaloge sena in lesa. Leta 1768je Beneška republika odkupila pašnike, ki so se nahajali na območju Veneta, njihovo posest pa so zahtevali tujci. Prebivalci Zameska so prejeli določeno vsoto denarja in se zato kar nekaj časa niso vznemirjali. Demografski pritisk je nato povzročil nove incidente. Leta 1785 se je nakazal namen preprodaje pašnikov tujcem in spremembe državne mejne črte, tako da bi jim dodelili predel gozdov. Načrt so oblasti zavrnile. Leta 1788je prišlo do predloga, da bi tujcem prodali določeno količino lesa. Načrt je bil v letu 1791 sprejet, vendar ni prišlo do njegove konkretizacije, saj se niso uspeli domeniti glede cene, obenem pa je prišlo tudi do napak pri meritvah površine pašnikov. Ključne besede: gozd, meje, seno, les, pašnik, hrasti Mauro PITTERI: INCIDENTI SUL CONFINE DI STATO DEL BOSCO VENETO DI MONTONA NEL '700, 275-290 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASVE, C, XVII - Archivio di Stato di Venezia (ASVE), Commemoriali (C), vol. XVII, 166-167. ASVE, PSCC - ASVE, b. Provveditori e Sopraintendente alla Camera dei confini (PSCC). ASVE, SC - ASVE, f. Senato. Corti (SC). Bellabarba, M. (1999): Giurisdizione e comunita: Folgaria contro Lastebasse. Un caso di conflitto confinario fra impero asburgico e repubblica di Venezia, XVII - XVIII secolo. Acta Histriae, 7, 233-255. Bertoša, S. (2011): Osebujino Mjesto austrijske Istre. Lupoglavski kraj u srednjem i no-vom vijeku. Zagreb, Srednja Evropa. Bertoša, M. 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