I PRIMI DUCHI LONGOBARDI DEL FRIULI E LA POLITICA BIZANTINA VERSO IL DUCATO MARIO BROZZI C ividale del Friuli Convocati in occasione della Pasqua i Longobardi, fatti distruggere tu tti i villaggi (dopo q u aran tad u e anni di perm anenza in Pannonia) acciocché nessuno potesse cedere al desiderio di restare, Alboino, nella p rim av era dell’anno 568, mosse col suo popolo verso le più fertili cam ­ pagne italiane e, superata con estrem a facilità la resistenza dell’Im pero, occupò Forum Iulii (Cividale).1 L a scelta non avvenne a caso: dopo la distruzione di A quileia (a. 452) Forum Iulii, già fo rtificata nel Basso Im pero, doveva essere non solo la fortezza più v asta della Regione,1 2 m a, soprattutto, la più effi­ ciente da un punto di v ista m ilitare.3 E di questo im portante p articolare i Longobardi, già federati dell’Im ­ pero, dovevano essere a p e rfe tta conoscenza. A ppare perciò più che logico che Alboino puntasse proprio su Forum Iulii, onde costituirvi la sua prim a base m ilitare. L’occupazione dell’»oppidum« sembra sia avvenuta »sine aliquo ob­ staculo«,4 di modo che la città non dovette subire gravi danni (e ciò é molto verisimile perché la distruzione non avrebbe nociuto se non agli stessi invasori), mantenendo così intatta la sua fisionomia tardo-antica. Alboino, prim a di proseguire nella conquista delle Venezie e della L iguria, al fine di avere evidentem ente difese le spalle da eventuali in ­ cursioni avariche, decideva di affidare le prim e te rre occupate al proprio nipote e m arphais Gisulfo, »virum per om nia idoneum «. 1 Paolo Diacono, Historia Langobardorum, I, 7 e Mario Aveticense, Chron. minora, in M. G. M. p. 238: »Alboenus cum exercitu reliquens atque incendens Pannoniam patriam suam, cum mulieribus vel omni populo suo in fara Ita­ liam occupavit«. 2 Paolo Diacono, la chiama, a differenza degli altri »castra«, »oppidum«. Nel Catalogo Matritense essa viene addirittura detta »caput Venetiae« (M. G. M. Scriptores rerum Lang. p. 81, n. 6 e p. 188). 3 Un documento che testimonia le condizioni sufficientemente buone di Forum Iulii, dopo le prime invasioni barbariche, é la lettera indirizzata — 80 anni dopo l’incursione Unna — dal Prefetto di re Teodato ai magistrati di Aquileia, Concordia e Forum Iulii (Cassiodoro, Variarum, XII, 26, 2 in M. G. M. t. XII, p. 382). Il Governatore civile bizantino aveva la sua sede proprio in Forum Iulii. 4 Paolo Diacono, H. L. 4, 9. Gisulfo, dal canto suo, p er meglio proteggere le forze di invasione, chiedeva ed otteneva che si ferm assero con lui le m igliori »farae« e che gli uom ini (prim o nucleo di quelle arim annie che si sostituiranno alle stra tie bizantine) fossero provvisti di un congruo num ero di generose cavalle.5 A lla m orte di re C lefi (a. 572) Paolo, tra i duchi Longobardi, ricorda ancora una vo lta G isulfo.6 A ltro non sappiam o di questo prim o duca ed altro, pensiam o, non dovette apprendere lo storico cividalese dal ricordo (»ut fertur«, aggiunge egli stesso) delle tradizioni ancora vive ai suoi tempi, tra la »nobilitas« longobarda. A Gisulfo successe il fratello Grasulfo. A tal proposito gli storici sem bra abbiano fatto un po’ di confu­ sione. Il M uratori7 sostiene in fatti che il prim o duca del F riu li fu G ra­ sulfo. A ltri scrittori, e sono i più, pensano invece che il Gisulfo »m ar- phais« sia lo stesso che m orì nell’anno 610. In questo caso, supponendo che il duca assum esse i poteri tra i v en ­ ticinque ed i tre n t’an n i (non dim entichiam o che Paolo lo chiam a »vir«), sarebbe m orto a 72 anni circa, lasciando tu tti i suoi figli in giovanissim a età, tra cui uno che appena si reggeva in sella.8 Opinione anche questa p er la verità poco sostenibile. Che il prim o duca sia stato proprio Gi­ sulfo »nepos et m arphais« di Alboino, pensiam o — data la chiarezza del d e tta to di Paolo — non ci debbano essere dubbi. E ’molto probabile che l’equivoco sia sorto d all'av er trovato due duchi dello stesso nom e a b rev e distanza di tem po l'uno dall’altro, senza che Paolo abbia creduto opportuno (ma lo sapeva poi?) fare u n a chiara di­ stinzione. Né d’altro canto fa m enzione alcuna di questo G rasulfo. Di lui abbiam o notizie dal cronista bizantino M enandro P ro tetto re che ci assicura come il duca forogiuliese fosse in segrete intese coi B i­ zan tin i.9 E ’ assai probabile che G rasulfo prim a, e suo figlio Gisulfo II poi, (cioè dal 581 al 588 circa), siano stati federati, se non a d d irittu ra al soldo, dei B izantini, con i quali com batterono in Istria contro gli A vari e gli Slavi.1 0 1 1 L a successiva azione di re A utari, che spedì il duca di Trento Evino in Istria,1 1 dovette, appunto, essere oltre che u n ’azione contro i B izantini, anche una dim ostrazione di forza e di am m onim ento nei confronti del duca friulano. Già in questi prim issim i tem pi il ducato del F riuli assum eva una precisa fisionom ia autonom istica nei confronti di Pavia, e m an terrà q u e­ sto suo atteggiam ento, più o meno, sino all’epoca liutprandina, così come 5 Paolo Diacono, H. L. 2, 9. 6 Paolo Diacono, H. L. 2, 32. 7 A. Muratori, Annali d’Italia, voi. 2, p. 1079, Venezia 1884. 8 Paolo Diacono, H. L. 4, 38. 9 Menandro Protettore, fragm. 62, Historici Graeci Minores, Lipsia 1871, vol. 2. 1 0 G. P. Bognetti, Santa Maria di Castelseprio, p. 399, Milano 1948. M. G. H. Epist. Austr. 48, sub anno 581. 1 1 Paolo Diacono, H. L. 3, 27. accentuatam ente autonom i furono, nel corso della loro storia, i ducati di Spoleto e di B enevento. Ciò fu possibile per Spoleto perché, confinando con l’Esarcato, con la P entapoli ed il »P atrim onium Petri«, si trovò ad essere separato dagli a ltri ducati longobardi da u n a fitta rete di »castra«, fedeli ai B izantini, posti lungo la via F lam in ia (Bomarzo, Orte, A m eria, N arni, Terni, P e ­ rugia); tanto più la situazione era favorevole al ducato beneventano, geograficam ente assai lon tan o da Pavia. P e r il Ducato del F riu li l ’autonom ia fu certam ente sostenuta dai B izantini che avevano tu tto l’interesse ad isolare ed a m ettere in con­ trasto il governo longobardo con i ducati.1 2 Q uando G rasulfo scom parve dalla scena politica non sappiam o. Nel 590 troviam o a reggere le so rti del ducato friulano il di lui figlio Gisulfo II che, d u ran te la g u erra tr a A utari ed i franco-bizantini, si d ichiarerà fedele, col suo esercito, ai B izantini stessi.1 3 Ma verso il 603 anche Gi­ sulfo II sem bra, alm eno in apparenza, tro n carla con lTm pero: la notizia ce la dà, seppure di sfuggita, lo stesso Paolo, quando asserisce che »hoc anno G aidoaldus dux de T ridento et G isulfus de Foro Iulii cum antea a regis A gilulfi discordarent ab eo anno pace recep ti sunt«.1 4 Il distacco d a ll’ influenza bizantina del D ucato p are accentuarsi con la m orte del P atriarca Severo, quando con l’assenso del re e del duca G isulfo II, nell'anno 606, si elevò alla dignità p atriarcale l’abbate Gio­ vanni, n ell’antica A quileia, m entre P atria rc a di G rado veniva procla­ m ato A ntistite Candidiano. M orto C andidiano i vescovi che erano sotto i Bizantini, eleggevano E pifanio »et ex ilio tem pore coeperunt duo esse patriarcae«,1 5 uno scis­ m atico, quello di A quileia, ed uno ortodosso, quello di Grado. 1 2 Chi cercherà di risolvere la situazione — e ci riuscirà in parte sarà il friu­ lano Grimoaldo quando, assunto il trono, legherà a sé i due ducati centro me­ ridionali, eleggendo Duca di Spoleto il conte di Capua Trasamondo (che lo aveva aiutato nella conquista del Regno), facendogli sposare anche la propria figlia, ed eleggendo duca di Benevento il figlio Romoaldo. Grimoaldo tentò pure, ma con scarso successo, di far entrare nell’orbita regia anche il Ducato del Friuli, nominando suo luogotenente il duca Lupo e facendo poi sposare il proprio figlio Romoaldo con la figlia di Lupo, Teuderosa. 1 3 Così si esprimeva Romano esarca di Ravenna (a. 590) in una lettera indirizzata a re Childeberto: »Ravennam remeantes in Histriam provinciam contra hostem, Grasoulfum deliberavimus ambulare. Quam provinciam veni­ entes Gisoulfus vir magnificus, dux, filius Grasoulfi, in iuvenili aetate meliorem se patri cupiens demonstrare, occurrit nobis cum omni devotione sanctae res publicae se cum suis prioribus et integro exercitu, sicut fuit, subderet« (in M. G. H. Epist. Austr. 41). Evidentemente Grasulfo doveva essersi sottomesso a Pavia, in seguto alhenergico intervento di Evino duca di Trento, consiglian­ do così i Bizantini ad affidare, pensiamo, le sorti del ducato, nelle più sicure mani del figlio. 1 4 Paolo Diacono, H. L. 4, 28. L’anno é precisato dalla notizia del battesi- simo di Adoaldo figlio di Agilulfo, avvenuto appunto nella Pasqua del 603, nella Basilica di S. Giovanni a Monza. Evidentemente anche il cattolico Ga- idoaldo, duca di Trento, era passato ai Bizantini. 1 5 Paolo Diacono, H. L. 4, 33. In realtà nell’Italia Settentrionale vi erano tre chiese: quella ariana longobarda che faceva capo al vescovo di Pavia; quella cattolica e quella tricapitolina (Aquileia). Le fonti storiche tacciono di Gisulfo II sino al 610, sino a ll’anno cioè dell’incursione av arica contro Forum Iulii, rasa com pletam ente al suolo.1 6 La p u n tata avarica, senza dubbio m assiccia, e ben concertata, do­ v e tte essere davvero im provvisa ed in asp ettata se i Longobardi non tro ­ varono di m eglio che rifugiarsi nei loro »castra« dopo che Gisulfo II, coraggiosam ente spintosi contro gli invasori con le esigue forze che potè racim olare, m orì in b attaglia. P resa la città (Paolo accusa di tradim ento la moglie del Duca, Ro­ m ilda), gli A vari non solo la distrussero, m a »omnes qui iam m aiore e ta te constituti erant, langobardos gladio perim ere statuunt. M ulieres vero parvulos, captivati, sorte dividunt«.1 7 O ra il fatto che gli A vari, fedeli alleati, in questo m om ento, del regno longobardo, osarono com m ettere u n tale atto di p irateria e so­ p ra ttu tto la m ancanza di una qualsiasi reazione da p arte di re A gilulfo (alm eno Paolo non ne parla), confessiamolo, ci fà sospettare u n a vera e p ro p ria spedizione p u n itiv a contro il ducato del F riuli ordinata, ap p u n ­ to, da P avia.1 8 . Il m otivo che indusse il re longobardo a questa operazione dobbiam o forse ancora ricercarlo in una politica eccessivam ente filobizantina, e quindi autonom istica, del Duca friulano che, seppure ufficialm ente —• come abbiam o veduto — s’era rappacificato col re, di fatto le cose do­ v ettero andare in ben diverso modo. Bisognava risolvere u n a volta per sem pre la pericolosa posizione del ducato di confine (e di un confine così im portante) e gli A vari, con­ tr a r i all’Im pero, erano certam ente i com plici di cui ci si poteva com ple­ tam en te fidare. L ’azione, infatti, fu condotta, da un punto di vista m ilitare, alla p e r­ fezione: distruzione d ella città, dopo l’attacco im provviso; devastazione delle cam pagne; uccisione degli uom ini validi; deportazione in P an n o n ia delle donne e dei bam bini. Se l’azione degli A v ari fosse stata d e tta ta dal desiderio di stanziarsi — ad esempio —■ in F riu li (come av v errà in seguito), non si sarebbero certo ritirati, seppure indisturbati, dopo forse qualche settim ana: il tem ­ po, cioè, di com piere scorrerie e grassazioni nella Regione.1 9 In d u b b ia­ m ente l’incursione fu u n duro colpo per il D ucato del Friuli. Ma ap p are altresì evidente che il tem po dovette ingigantire il terrib ile avvenim ento, il cui ricordo era ancor vivo ai tem pi di Paolo. Se Forum Iulii fu e ffe tti­ vam ente rasa al suolo (e ne abbiam o am pie prove archeologiche), il m assacro della m aggior p a rte degli uom ini validi e la deportazione delle donne e dei bam bini, dovette • — pensiam o — rig u ard ate appunto i soli ab itan ti della citta devastata. L ’im provvisa incursione provocò, non v ’é dubbio, un notevole scom piglio tra le file longobarde; tanto che G isulfo II non potè affro n tare gli A vari che con poche forze. Il grosso, la m assa 1 6 Paolo Diacono, H. L. 4, 37. 1 7 Paolo Diacono, H. L. 4, 38. ? 8 Si veda G. P. Bognetti, Santa Maria di Castelseprio citato, p. 401. 1 0 Paolo Diacono, H. L. 4, 38. degli »exercitales«, si salvò trovando rifugio nei sicuri castelli di Cor- m òns, Nimis, Osoppo, A rtegna, Ragogna, G em ona ed Invillino.2 0 R itiratisi gli A vari, Taso e Caco, figli m aggiori di Gisulfo II, rito r­ narono nella d istru tta F o ru m Iu lii (evidentem ente s’erano p u r essi, assie­ m e ai fratelli e sorelle, rip a ra ti in qualche »castrum « vicino, forse in quello di Nimis) e assunsero il D ucato.2 1 D a Paolo sappiam o che estesero il loro dom inio sul territo rio degli Slavi, occupando p a rte d ella V alle del Gail. Da chi ricevettero il D ucato? »E videntem ente — risp o n d e il B ognetti — dai Bizantini, m a in que­ sto caso anziché lasciar risu scitare il ducato territo riale, con u n unico duca, attuarono quella diarch ica occupazione m ilitare.«2 2 T ragica fu la fine dei due fratelli: il patrizio G regorio, che gover­ n a v a Oderzo, avendo prom esso a Taso di adottarlo, secondo l’uso più b izantino che longobardo, tagliandogli la barba, invitò i due fratelli, p er assolvere alla prom essa. M a u n a volta ad Oderzo, chiuse le porte della città, G regorio fece assassinare Taso e Caco che, col loro seguito, si difesero sino a ll’ultim o. E G regorio — conclude Paolo — poiché lo aveva giurato, fattosi p o rta re la testa di Taso, gli tagliò la b arb a.2 3 A lla m orte di Taso e Caco il ducato fu assunto da G rasulfo II, zio p atern o dei due sv en tu rati giovani. Il governo di G rasulfo II (morto circa l’anno 652) ritornò solidale col regno. D ei duchi che seguirono, seppure le notizie in to rn o ad essi non siano davvero abbondanti, sappiam o, com unque qualcosa di più preciso. Dopo qualche altro tentativo di ribellione (ad esem pio da p arte di Lupo e del di lu i figlio W arnefrido, di A n frit di Ragogna e forse di Corvolo), il che ci p o rta alle soglie dell’ V ili secolo, l’influenza bizantina verso il nostro ducato cesserà com pletam ente. E dal ducato friulano usciranno due re: R atchis ed Astolfo. Anzi, sarà proprio u n duca friulano, Rodgaudo, che — alla fine del tan to discusso dominio Longobardo in Italia — m antenendo fede al p ro ­ prio re, affronterà con la fie ra »nobilitas« forogiuliese Carlo M agno in cam po aperto, p er la difesa di u n a te rra che e ra orm ai diven tata la loro p atria. POVZETEK Langobardski vojvode in politika Bizanca do langobardske vojvodine Kasno-antična trdnjava Forum Iulii (Čedad) je bila hkrati sedež bizan­ tinske administracije in je oboje ostala tudi za Langobardov. Kralj Alboin je mestu in pokrajini postavil na čelo nečaka Gisulfa s kočljivo nalogo, va- 2 0 Paolo Diacono, H. L. 4, 38. 2 1 Paolo Diacono, H. L. 4, 39. 2 2 G. P. Bognetti, Santa Maria di Castelseprio citato, p. 401. 2 3 Paolo Diacono, H. L. 4, 40. rovati vzhodno mejo medtem ko je sam z glavnino prodiral v Benečijo in Ligurijo. Gisulfu je kot vojvoda sledil brat Grasulf (po 572). Menander Pro­ tector omenja njegovo tajno povezovanje z Bizantinci. Boril se je skupaj z njimi proti Slovanom in Avarom v Istri. Leta 590 je stopil na čelo vojvodine Grasulf o v sin Gisulf, ki je nadaljeval bizantinofilsko in avtonomistično poli­ tiko. Izgleda, da se je okrog 603 tesneje povezal s svojim kraljem. Morda je treba iskati vzročne povezave za to v dejstvu, da je po smrti gradeškega pa­ triarha Severa postal opat Johannes akvilejski patriarh, gradeški pa Candi- dianus? Odtlej sta vladala dva patriarha, ortodoksni in shizmatični. Gisulf je padel v bitki z Avari 610. Avtor domneva, da je avarski vpad, uničenje trdnjav in strašen pokol morda povezan z nesoglasji med vojvodo in kraljem. Po Gisulfovi smrti sta prevzela oblast njegova sinova Taso in Caco, ki sta razširila langobardski dominij na slovanski svet. Avtor meni, da jima je voj­ vodsko čast podelil Bizanc. Zavratno ju je v Oderzu dal ubiti patricij Gre­ gorij, furlansko vojvodstvo pa je prevzel Grasulf (t 652), stric ubitih po oče­ tovi liniji. Ta je vzpostavil s kraljem soglasje. V teku 7. stoletja — skoraj vse do 8. stoletja — so se pojavljali upori proti kralju (Lupus, njegov sin Warnefrid, dalje, Anfrit iz mesta Ragogna, morda tudi Corvulus); a počasi je bizantinski vpliv zamrl. Iz kroga furlanskih vojvod sta izšla dva lango­ bardska kralja, Ratchis in Astolf. Zadnji vojvoda, Rodgaudus, se je za kralja boril s Karlom Velikim do zadnjega diha.