V*' Hesjchii Glossographi discipulus et sniykwaii'h; rus,ms in ipsa Constantinopoli sec. XII-XIII e cod. Vin- dob. etcadditis aliis pure grcecis, el trium aliorum Cjrilliani lexici codicuni speciminibus, aliisquc miscel- laneis philologici maxime et slavistki argumenti, nune primum edidit Bartholomceus Kopitar. Aug. Austr. Jmp. a Biblioth. palat. custodia etc., cum tabula cenea grceco-russa. VindoboncB , i 8/fO, apud C. Gerold. In B.° 1^/ueil’arte colia quale 1’uomo, ritornando sovra se stesso, raffronta la successione de’suoi pensieri con quella di quei suoni e di quci segni merce i quali gli vien fatto di trasmetterli alla percezione altrui, tenta afferrarne il mirabile magistero, e ridurlo a norme de- terminate e certe, ci porge, per mezzo della lingua onde n’ e deri¬ vata il nome appo di noi , non fallace indizio della nazione che ne fu inventrice. La Grecia avea gia prodotti.i maggiori miracoli della sua poesia e della sua eloquenza, allorche i suoi filosofi non po- tendo disgiungere 1’analisi dei pensamenti deU’uomo da quelle for¬ me onde gli e forza vestirli, posarono i primi fondamenti della grammatica. Contribuirono non poco al di lei progresso le sottili investigazioni degli stoici indiritte a conoscere quali parole abbiano in se ragione sufficiente di loro significazione, e quali da tale pri- roitiva significazione siano State tralte ad altra meramente conven- zionale, problema degno della filosofia di questa nostra eta, sebbenc osservato in allora colle limitate vedute di una nazione cui era nota una sola tra le innumerevoli favelle dalle quali e divisa 1’ u- mana stirpe. Pero la grammatica non ottenne un piu robusto svi- luppo,. se non se dalla famosa scuola d’Alessandria che diede si felice impulso ad ogni genere di studii scientilici. L’esame che in quella si fece di ogni parola, di ogni sillaba di Omero, per tacere degli altri antichi, fbrni ampia messe alle investigazioni ed alle dispute dei grammatici, e fu pure cagioue che, sebbenesi tardi, si pensasse a sussidiare lo studio della lingua col mezzo di voca- bolarj. L’uso dei critici di appuntare nei codici degli anticlii le voci di- susate, e percio remote dalla coraune intelligenza, scrivendovi so- pra od in raarglne il corrispondente vocabolo piu noto, diede origlne alle cosi dette collezioni di glosse. Questa voce, passata, siccome presso di noi quella di lingua, dal significare 1’organo dclla favella alla favella stessa , fu altresi dai Greci impiegata nel senso di lin- guaggio proprio delfautore, e percio usala ad indicare quelle voci che ne costituiscono la proprieta, 1’idioma. Ne venne quindi che glosse si dicessero lanto dai Greci quanto poscia dai Latini quelle voci appuntate, e loro interpretazioni, e di la derivaron pure appo di noi i vocaboli chiosa, chiosare in si- gnificato di chiarire, commenlare. La piu antica raccolta di tali glosse di cui ci sia pervenuta no- tizia si fu quella di Fileta precettore di Tolomeo Filadelfo, e quindi coevo alla fondazione della scuola d’ Alessandria. Pero sono in al- cuni punti cosi lenti i progressi della ragione umana, che fu sol- tanto divisamento dei modemi il richiamare le inflessioni dei verbi e dei nomi ad una sola di loro forme , ed il collocarle in rigoroso ordine alfabetico. Piu lessici sono a noi pervenuti dalla greca antichita, ina se ne traggiamo quello di Apollonio che, siccome le glosse di Fileta, ha per base il solo Omero, e che pare risalga al secolo priino d eh'era volgare, tutti gli altri sono di assai tarda ela o talmente interpolati, che invano sino ad ora faticarono i dotti onde distinguerne la parte primitiva dalle posteriori. aggiunte. Tanto avvien pure del lessico che porta il nome di Esichio nel solo codice che tultora se ne serba nella Marciana di Venezia. Hanno gia diinostrato Fabrizio, Harles, e, seguendo le loro Irac- cie,ilnostro autore, che quel lessico non si potrebhe nel sito stato attuale attribuire ad alcuno dei diversi Esichii mentovati fra gii scrittori greci sia sacri sia profani, perclie ci porge evidenti indizii di troppo tarda eta. Lo stesso dicasi degli altri lessici greci attri- buiti a san Ciriilo, intorno ai quali opporlunamente osserva inollre che, ben lungi dali’ essere uniformi, non meno discordano tra di loro di quello che discordino dalPaltro attribuito ad Esichio. Da tutto cio si raccoglie che se 1’ origine di questi lessici e da allribuirsi alla scuola d’Alessandria, egli e certo d’altra parte che fu- rono di poi, ed a piu riprese ed in diversi modi, interpolati, ed a tale che ne nacque questione tra i moderni, se la primitiva compilazione Jbsse opera di scrittore pagano, o di cristiano. E qui \N~ 6j6~ot) 3 si ossepvi clie pari incerlezza intorno ali’ epoca e condizione deg j autori regna ancora sugli altri due precipui antichi lessici greci di Saida e di Arpocrazione. A ragione quindi il signor Kopitar tenta dirigere le investigazioni dei filologi sui tanti codici di tal fatla clie giaociono tuttora nelle biblioteche, ed a preferenza sui pid antichi. Colhaumentarsi dei confronti si verrebbe cosi forse a capo di sciogliere l’intricato problema con grande vantaggio della filologia. Al quale scopo il signor Kopitar ci ha dato nella sua prefazione un saggio di tre codici della Biblioteca imperiale di Vienna, tutti e tre attribuili a s. Cirillo, sebbene fra di essi diversi e portanti tutti frequenti indizii di epoca assai posteriore a quel Padre della Chie- sa. Un quarto deli’ istesso genere si e quello cui 1’ editore ha im- posto il nom.e di' Esichio, sebbene sia anonimo perche acefalo. Egli dice avergli cio non pertanto imposto tal nome, anziche quello di Cirillo, ali’ oggetto gia mentovalo di destare sovra un tal punto le indagini degli eruditi. Pero desso differisce da quel!o porlante il nome di Esichio, di maniera cbe appena ci fornisce il modo di scorgere avere ambidue una istessa origine. Infatti quello di cui il signor Kopitar ci fa conoscere un ampio saggio se in rnolte glosse concorda colPEsicbio quale e pubblicato, in altre concorda con Sui- da. Il riscontro poi di tutti questi diversi lessici riesce utilissimo ad emendarne i molli errori introdotti dagli amanuensi e perpe- tuati dall’ignoranza dei loro successori. Cosi in due dei codici dei quali ha dato i saggi il signor Kopitar troviamo la glossa ajSSla vf Sakau u«. L ’Etjmologicum magnum porta invece la glossa 'ASSix xai ’A[28ijpx S&foutaa, poi cita un testo che si riferisce alla sola Abdera. Invece altri lessici ci danno ’A/3 Sta. per nome proprio, ovvero ne danno 1’ interpretazione del significato ebraico. Se ora esaminereino Suida, vi troveremo, A3or,px ?pxt.y-yyx v., t. I. (i), poi Afi8ix ovo^ia zu/jeov onde e evidente che i copisti hanno errato legando la spiegazione del nome precedente al nome seguente, e che chi scrisse la glossa riportata dali’ elymologicon associo poscia la vera alla erronea cre- dendole distinte. Tali confronti., oltre alla rettificazione degli errori, giovano a far conoscere 1’ordine in cui i lessici sono stati trascritti, e quindi possono porgerci un filo per ricondurci al loro slato pri- mitivo od almeno a meglio stabilirne la successiva derivazione. (i) Da quest’ antica glossa sembra raccogliersi che la citta di Abdera avesse comunicato il sno nome a auella plaga marittima eni era apposta. Ma se la pubbllcazione dei saggi di simll natura puo offrire materia di ulili confronti alla greca filologia, quest , ullimo codice ha im pregio affalto singolare per le vocirusse onde č arricchito. I/uso clie abbiamo indicato qui sopra di appuntare le voci anliquate o proprie delPautore, si applico eziandio alle voci nate da partico- lari dialetti o derivate da lingua straniera (i). Ne nacque poscia quello inverso di scrivere per ugual modo accanto o sopra le voci latine e greche quelle della lingua nazionale piu conla a chi su quei codici apprendeva quelie lingue per esso lui straniere. Onde per opera di quegli stessi monaci tanto a torto accusati della rovina degli antichi codici attestata dai palimsesti (2), quando loro andiamo in- vece debitori della conservazione deli* antica letteralura, otlenghiamo altresl un prezioso materiale delle lingue europee di un’ epoca cui d’ ordinario non raggiungono altri monumenti. Numerose sono le collezioni per tal modo ottenute di antichi vocaboli delle lin¬ gue germaniche e celliche, e chi sa quant’ altre ne giacciono tut- tora inedite nelle bibliolecbe? Di simili glosse in lingua russa e ar- ricchilo il codice di cui trattiamo. (1) La grande estensione di pacsi nei quali era parlata la lingua greca dopo le conquiste di Alessandro e la mescolanza coi Mace- doni conquistatori, aggiunscro agli antichi dialetti e loro varieta, piu nuovi; e quantunque vi fosse un dialetto ritenuto comune, pure, oltreche era concesso P atticizzare 3 cioe scrivere in dialetto attico, e mescolare al dialetto comune frasi attiche, molti scrittori non si seppero astenere dat mescolare anco idiotismi del nativo dialetto alla lingua comune. L * appuntare queste voci fu opera frequente degli antichi glossatori c lessicografi. (2) L’indegnazione destata nei dotti al raccogliersi come gli ora- coli della SibiNa i laceri e mutili avanzi sopravissuti alla dislru- zionc dei codici, li fece prorotnpere in araare querele contro i mo- naci, quasi che a bello studio avessero dislrutti quei monumenti deli’ antico sapere. Ma a chi consideri la cosa ad anirao pacato, ri- sultera che non si distruggevano se non se quei codici che erano lo- gori e mancanti del principio, il quale giaminai non si trova nei palimsesti ; clie si trovano piu spesso autori profani reseritti so¬ pra libri sacri o liturgici che non viceversa. Chi ha versato in tali studii potra asserire per prova essere incomparabilmente piu fre- quente il primo oaso del secondo, onde egli e evidente che la materia non entrava per nulla nei decidere della distruzione dei co¬ dici, ma che la carezza della pergamena la induceva ogni qual volta fossero in istato di tale degradazione da essere giudicati di nessun uso, e altromle probabilmente gia traseritti. 5 Dalla mancante distinzione delle due lettere russe ierr, iery ar- gomenta il nostro autore che queste glosse scritte a penna siano non meno antiche del secolo XIII, e argomenta poi che 1’ eta del codice scritto colla canna, in carta di bambagia sia del secolo XI o XII; ne certamente si potrebbe concedergli maggiore anticliila, sia pei dati derivati dalla forma dei caratteri, come egii opporlu- namente osserva; sia anche per quello della carta; sia in fine per la lingua che ha traccie di infima grecita nella voce y poduši per šl)divts t, e cosi di infima latinita npi(3izt.ov, fialavelov lozzpbv, cioe privatum onde il prive deiFrancesi; ed infme per la frequente per- mutazione delle lettere /3 e v , (3 ed p, S e 5. Dalla circostanza che il celebre Busbeek reco da Costantinopoli a Vienna questo co¬ dice argomenta 1’editore che le glosse le quali sono apposte alla sola lettera a ed edite per intiero, siano State da un Russo scritte in quella greca metropoli. Sarebbe pero forse egualmente proba- bile che le glosse fossero State scritte in Russia e di la poscia re- calo il codice a Costantinopoli, poiche gia da secoli la Russia, ed in ispecie Mosca, abbondano di codici greci, specialmente sacri, dei secoli XI e XII, non che di lessici, dei quali tratto specialmente Mattei; onde a torto asseri il Possevino essere a’suoi tempi i Russi alfatto ignari della lingua greca, e non essere vero, come era stalo asserito da Paolo Giovio, che avessero versioni deiPadri nella loro lingua. Egli e ormai noto che non solo i Russi hanno molte anti¬ che versioni de’ Padri greci, ma che lo studio della lingua greca ebbe appo di loro clii lo coltivasse, sebbene in assai scarso namero, siccome lo altesta anche Gio. Fabre, scrittore del secolo XVI, nel suo opuscolo sulla religione dei Moscovili. Potrebbero forse farci credere il codice scritto in Russia oltre le anomalie ortografiche osservate di šopra, 1’esservi fiauiiTijc (perfiaS/jrviS), poiche gli Slavi non sanno pronunciare la Checche pero ne sia, non e dispfege- vole questo monumento di quella lingua, sebbene di epoca assai po- steriore a tanti altri gia noti, e sebbene, come d’ordinario avviene di tali raccolte, dia evidenti indizii del poco discernimento dello scrittore. Esso poi ci mostra, al pari dei monumenti tutti di quelia nazione, la mescolanza di voci slave liturgiche colle russe, siccome si scorge dalla voce grad, citta, usata insieme colla russa gorod. Se 1’ opuscolo che ci ha trattenuti sino ad ora puo per 1’ una parle eccitare ulili indagini sulla greca filologia , se per l’altra puo chia- rire la storia e le vicende della lingua russa, non meno importanti sono le indagini delle quali si occupa il signor Kopitar nell*appendice 6 miscellanea pressoche unicamente dedicata alla filologia ed istoria dei dialetti slavi. E qui si osservi che quantunque nulla appaia es- sere piu soggetto a continue vicende nella umana societa quanto il fugace elemento della favella, pure le indagini dei moderni eruditi sulle lingue viventi e sui monumenti delle estinte, sembrano ormai aver pošto in piena evidenza doversi in esso, anziche nelle discordi testimonianze dei greci e latini scrittori poco curanti delle cose stra- niere, ed anziche nelle stesse variela fisiche delle nazioni, inco- stanti nei loro caratteri ne mai riducibili a determinate calegorie, cercare principalmente il filo della successiva diramazione delle genti. Sovra tale principio, dimostrata 1 ’affinita delle anliche lingue delFIndostan e della Persia colla maggior parte delle europee, fu posta la prima pietra di un edificio cui. ulteriori indagini vanno di mano in mano perfezionando. Lo zelo col quale dagli eruditi di ogni parte d’ Europa si vanno ricercando gli antichi monumenti di lingue, e le stesse dispute ihtorno ali* antichita e preminenza dei diversi dialetti, non poco contribuišcono a si nobile scopo col chia- rire 1’istoria dei singoli rami della grande famiglia e congiungerne cosi la parte critica alla etimologica e grammalicale. Sebbene quindi tali laboriose ricerche debbano per loro speciale natura destare pre- cipuo interesse presso quella nazione cui la lingua appartiene, non e percio men vero che a molivo dello stretto legame che tulle que- ste lingue riunisce, tali particolari investigazioni non poco giovano alla soluzione dei grandi problemi tuttora pendenti intorno alla loro successione e fiiiazione. Ne ultime per certo sono le lingue slave fra la numerosa scliiera di quelle che ai moderni filologi e piaciuto contraddistinguere col nome di indogermaniche. I suoi piu antichi dialetti paragonati col latino, col greco, col gotico (quello fra i germanici di cui posse- diamo piu antichi e piu estesi monumenti), ci mostrano tale analo- gia nelle radici e nelle forme, da persuadere anche i piu restii, della unita d’ origine di lutte queste lingue. Novella ed importante conferma ne forni al signor Kopitar 1 ’ E- vangeliario glagolitico della Vaticana del secolo XI, che fu gia di Assemani. In esso trovansi piu esempii di una forma di prele- rito nei verbi, simile a quella usitatissima dai Latini, e prodotta dalla inserzione della s come nelle forme milto, misij fulgco , fulxij rego, rexi. Aggiugne egiiche qualche esempio se ne trova anche nei co- dice Cloziano (i), ma che sfuggi alla di lui osservazione, perche (i) Del qualc vedasi Bill. hal. torno S2. 0 , pag. 260. 7 cotifuso colla forma dei verbi passivi che legano al verbo il pro- nome di terza persona (sia), appunlo come da noi si fa negli infiniti reciprochi, cbe usiamo pure per passivi nelle forme renclersi, leg- gersi. Allorquando in quest’ opera periodica abbiamo dato contezža ai nostri Ieggitori delle dolte indagini del signor Kopitar sul codice Clo- ziano, abbiamo pure accennato come egli vittoriosamente dimo- strasse il dialetto, in cui fu dettata la versione delle scritture onde usano tuttora le nazioni slave, essere stato lo slavo pannonico, quello cioe degli Slavi stanziati nella Germania meridionale e nell’Unghe- ria. Se la mescolanza delle voci liturgicbe latine in quella versione prova per 1 ’ una parte le Telazioni del traduttore colla chiesa occi- dentale, le voci germaniche preše dai dialetti deli’Alemagna me¬ ridionale provano per 1 ’ altra che e stata eseguila in paesi che ne erano a conlatto. Le voci oltar (altare), papesch (pabst, la quale sebbene derivata dal greco, si adduce per la forma simile alla ger- manica); mine (miinch), monaco (cui si applichi la stessa osser- vazione); chrestiti (kristen presso gli antichi Tedeschi), battezza- rej komkanje (comunione) -, poganie ( paganus ) paganoj post (fa- sten), digiunojpeci ( pec , antico ted.), inferno-, knez ( kuning)principe-, nepriazen ( unholcl, non benigno, epiteto dato al demonio dai Goli e dagli allri antichi Tedeschi, come dal dialetto liturgico degli Sla¬ vi), penez ( pfennig) oholo (i) mostrano ad evidenza questa veri- ta (2). Nel gia citato articolo abbiamo indicato gli argomenti coi quali furono a nostro credere distrutte le obbiezioni opposte dal dottissimo Giacomo Grimm, per tacere delle altre, delle quali ora a lungo ragiona il signor Kopitar, di quegli serittori slavi che, intesi a favorire le idee deiRussi sullapretesaantica unila liturgica di quel!a nazione, hanno perfino immaginato, contro ogni autorita storica, anzi (1) Gli Slavi usano sostituire la tenae p ali’ aspirata f dci Te- deschi. (2) E qui non sapremmo omettere di aggiungere, che sebbene la voce cerk/ sia analoga alla tedesca Kirche , e quindi confermi la stessa teši, pure non possiamo convenire col signor Kopitar chc vuolc quest’ ultima una traduzione di Ecclesia anziche una derivazione da Kuptazi. Osserviamo a tale proposito che la voce basilica, usata in tutta la eristianila d’Occidente e applicata ad ogni chiesa dai pro¬ testanti di dialetto romancio nei Grigioni, baselgia, e pure d’origine greca, onde .non e meraviglia se altra consimil voce greca' fosse ad- dottata a simile intendimento. 8 contro la fede di tutti i monumenti d’ ogni sorta, ed in ispecie con- tro quella delle bolle di Giovanni Vlil, che i Boemi, i Polacchi e gli Slavi pannonici avessero un tempo rito greco. E qui si osservi la strana contraddizione degli oppositori delbantica sede pannonica del rito slavo. Menlre il dotto Dobrowsky, indotto dalle voci litur- giche occidentali della versione slava, voleva bensi ammettere un rito anteriore a Cirillo presso gli Slavi, ma voleva che questo fosse latino, e che da questo fossero passati al greco; invece questi mo¬ derni scrittori sostengono 1’ opinione contraria. A ragione conchiude ilsignor Kopitar doversi delpari escludere amendueleipotesi, siccome conlrarie ai piu sinceri documenti che possediamo; ed appoggia altresi la sua doltrina sulla preminenza del rito occidentale in quelle contrade, alla antica uniformita di quelcalendario colromano, unifor- mita conservata persino in quelIo di Ostromir del secolo XI. Sottilis- sime sono le indagini del nostro autore sul dialetto liturgico che la versione slava della Bibbia ando di mano in mano introducendo per l’uso sacro della nazione, dialetto della cui influenza presso gli stessi Russi abbiamo veduto qui sopra la prova, e che vicen- devolmente piu o meno modificato non solo nella pronunzia, ma ben anco nella scrittura da diversi altri dialetti, ha poi dato origine a tante dotte contese intorno alla preminenza di essi derivata dalla pretcsa maggiore vicinanza al primitivo. Tanto avvien sempre in časi simili, come avvenne presso i Tedeschi e presso di noi, e sic¬ come avvenir suole ogni qual volta 1’ incivilimento o le circostanze politiche o religiose attribuiscono ad un dialetto una preponderanza variata a norma det variare delle circostanze slesse. AUe dotte os- servazioni del nostro autore ci contenteremo di aggiungere clie la somiglianza fra lo slavo liturgico e lo slovacco (ossia slavo d’Un- gheria) e gia stata osservata da Dalimil, cronista boemo del secolo XIV (V. Jahrbilcherder, Liter. XXXVII.), che i Russi appo i quali sono d’ ordinario sconosciute le aspirazioni, siccome appresso tutte le nazioni slave che non hanno per questo verso subito influenza straniera (i), pure aspirano la letlera r nelle voci lilurgiche. Cio (i) Non e pero a tacere delle antiche relazioni dei Russi coi Va¬ rogi, gente scandinava, onde ebbero un tempo i ioro dominatori, ne di que!le posteriori prodotte dal connnercio c dall’inciviliinento toro, in cui ebbero tanta parte i Tedeschi, e tale che la lingua russa ne fornisce non dubbie prove. Questo pero non toglie che quella lin- gua non sia priva di aspirazioni, piu vocalizzala, e meno aspreggiata 9 conferma sempre piu che il dialetto sacro deri vi da nazione posta a vicino contatto colle germaniche; e di fatto cosi la aspirano i Boemi, gli Slovacchi e le altre genti pressoche immedesimate per la meseolata convivenza e per lunga sudditanza colle nazioni ger- maniche. ]N T on sapremmo terminare senza far qualche cenno di un altro oggetto che risguarda la storia deli’ arte dello scrivere in Euro- pa, e di cui gia abbiamo trattato nel piu volte indicato articolo. Riprendiamo ora tanto piu volontieri quell’argomento, in quanto che se abbiamo per una parte a confermare le cose in allora esposte , avremo per 1’ altra occasione di emendare un nostro errore. Os- servammo in allora col nostro autore che il codice Cloziano ci for- nisce indubbia dimostrazione deli’anticliita deli’ alfabeto glagoli- tico maggiore di quella del Cirilliano, non che dell’antica sua esten- sione appo le genti slave. Ora avendo il signor Kopitar esaminato in Pioma, ove si reco per questo oggetto, il gia citato codice Asse- maniano scritto in Bulgaria nel secolo XI, non solo ne inferi che il glagolitico fosse in uso in quella contrada, il che pur si racco- giieva da un codice conservato nella Biblioteca reale di Parigi, e descritto dai Monaci Maurini nel loro Trattato sull’arte diploma- tica ■, ma ne inferi pure con ingegnoso argomento derivato dalla maggior quantita di abbreviazioni che trovansi in questo codice a rispetto del Cloziano, che quest’ultimo sia ben piu antico del seco¬ lo XI,convenendo cosinelT opinione da noi emessa nel piu volte citato articolo. Si osservi ancora che 1’ alfabeto di cui usano i Bosniacchi, e che ha per fondamento il Cirilliano, pure differisce alquanto da esso, per avere nelle diverse varieta cbe ne presentano le edizioni di Roma e di Venezia conservate alcune forme glagolitiche non a- dottate dagli altri Slavi che usano 1’ alfabeto stesso, ed inoltre una lettera glagolitica, che non ha la sua corrispondente nel Cirilliano , e che e da essi impiegata nelle voci derivate dal greco in luogo di y. Di piu tra i eodici slavi della Valicana descritti in quel cata- logo, opera di Michele Bombrowsky (Y. Mai, Scrip. Vet. Nova di consonanti che non quelle dei Polacchi e degli Slavi stanziati nella Germania ed Ungheria. Il che, se abbiasi ad attribuire a pri- mitiva differenza dei dialetti, od alla natura meno dissona dai suoni dello slavo, dei dialetti germanico-scandinavi e della Bassa Germa¬ nia ( Niederdeutsch ) a rispetto di quelli della Germania Meridionale (Haelitleulsch ), puo essere argomento ai filologi di ulteriori indagini. Collectio, t. V), se ne trova uno in carattere latino trascritto ad Almissa nel J 546 da altro anticliissimo in caraltere chrobatico. Cbe per tale caraltere si abbia ad intendere il glagolilico , non puo ri- chiamarsi in dubbio. e le antiche annotazioni apposte al codice Cloziano ne fanno piena fcde. Siccome poi questo codice contierie quella cronaca nota per la sua traduzione lalina edita da Lucius, e cbiaraata del Diocleate, che giunge solo al secolo XI; ne abbiamo altra prova oltre qnella del Salterio di Nicolo d’Arbe, di cui gia femmo in allora menzione, che in Dalmazia si usava il glagolilico sino da quell’ epoca anche agli usi civili. Non manchiamo poi di prove che 1’ alfabeto glagolitico, sebbene ora affatto ignoto in Rus¬ sia, pure vi sia stato anticamente in uso. Abbiamo gia indicato uu codice scritto a Kiovia in carattere Cirilliano con iniziali glagolili- che. Inoltre Ibn Abi Iakub el Ned j im, scrittore arabo della fine del secolo X, narra che i Russi avevano una foggia di caratteri che coslumavanoinciderein legno, e ne arreca poscia alcuni saggi. Il eh. Fraehn, cui andiamo debitori della pubblicazione di si importante documento, osserva a ragione che tale saggio non ci ofire somiglianza alcuna col carattere Cirilliano gia introdolto in Russia alla stessa epoca, come ne faimo autentica fede le monete di Vladimiro, e l’i- scrizione della cliiesa della decima in Kiovia, giudicata coeva al- 1’ erezione della chiesa stessa in quell’ epoca avvenuta, Egli e quindi indotto a credere che, oltre la Cirilliana, altra scrittura fosse gia in allora in uso nella Russia. Aggiunge opportunamente 1’ autorita di Karamsin che adduce una cronaca russa del secolo XIV, indicante che gli Slavi innanzi 1’ introduzione deli’ alfabeto Cirilliano, e men- tre eran tuttora pagani, leggevano e calcolavano merce incisioni nel legno. Egli quindi ne argomenta che avessero una foggia di scrit¬ tura simigliante ai runi; ma poi a ragione osserva che 1’ indicato saggio fornito dallo scrittore arabo non ci mostra somiglianza alcuna coi caratteri ranici. Se pero il dotlo orientalista avesse conosciuto i fatti qui sopra indicati, che provano ad evidenza Fantiča esten- sione del carattere glagolitico presso le nazioni slave, non avrebbe esitato a riconoscere in quel saggio la prova deli’ antichissimo uso di tal carattere in Russia, e tanto piu che le lettere ne mostrano evidente analogia colle forme piu antiche di esso, se non che sono volte da destra a sinislra, forse per errore deli’Arabo che segnava di memoria, uso a cosi scrivere nella sua lingua. Accenna inveee lo stesso Fraehn alla somiglianza deli’ indicato saggio colle iscri- zioni del monle Sinai, la qual e realmente merita pure osserva- I zione, e cosi ad alcune ingegnose osservazioni di Klaprolh sulle iscrizioni in caratteri ignoti trovate in Siberia, caratteri nei quali scorge decisa somiglianza coi runici del Nord. Checche ne sia di quesli ultimi due punti, ed in ispecie delle iscrizioni del Sinai, in- torno alla origine delle quali nulla abbiamo di determinato, egli si rende oraraai certo che le nazioni slave usarono caratteri glago- litici avanti la loro convei’sione al cristianesimo , e cbe questo ca- rattere era penetrato sino in Russia avanti che la religione cristiana vi portasse quello di Cirillo derivato dal greco, anzi formato dal greco coli’ aggiunte di alcune delle stesse lettere glagolitiche. La mescolanza di alcuni tralti di glagolitico nel Cirilliano, usata da un amanuense bulgaro nel secolo XII, ci mostra parimenti come il glagolitico cedesse grado a grado illuogo al Cirilliano. Se pero que- sti dati positivi tutti collimano a rivelarci una verita che pochi anni sono era reputata una favola dai dotti, cioe che le gejiti slave pres- soclie tutte avessero scrittura alfabetica, mentre erano tuttora pa- gane,ne insorge pure novello edimportante quesito. Se gli Slavila recassero seco dall’Asia, ove ebbero le antiche loro sedi> o se lo addottassero prendendolo dalle nazioni fra le quali piu tardi hanno pošto stanza. Nel precedente nostx-o lavoro intomo a questo argo- mento abbiamo accennato come piu alfabeti di origine diversa dal Ialino e dal greco fossero in uso nell’ antica Europa. Fra quesli ab¬ biamo creduto di poter annoverare un alfabeto degli Albanesi nel cbe andammo certamenle errati, troppo fidando nelle asserzioni di Maltebrun, cbe ha evidentemente confuso gli Albanesi Auslriaci cbe parlano dialetto slavo, cogli Arnauti od Epiroti, ed avendo inoltre noi malamente intesele fi\asi usate da Poqueville. Piu diligenti inda- gini e 1’ autorita dei piri dotti viaggiatori ci hanno ormai resi certi che di niun alfabeto usano gli Epiroti tranne del latino,appo di essi di recente inlrodotto, ed innanzi alla cui introduzione non consta che conoscessero scrittura. Cio per altro non toglie che non possa tuttora stimarsi probabile che le nazioni slave abbiano appresa la scrittura dalle genti europee, comunque alfatlo incerte ne ri- mangano 1’ epoca e la contrada in cui cio avvenisse. (Articolo inserito ncl torno 98. 0 della Bibl. Ital.J Milano, 1840 . Tip. Bernardom.