Anno T. Capodistria, Maggio 1903. N. 3, PERIODICO MENSILE Di una porta che ha (lato il nome ad un rione della citta di Capodistria Avendo Paolo Tedeschi, il quale nel secondo numero delle «Pagine Istriane* tratto del nome della antica porta di Bossedraga, dichiarato che in questa parola c'e materia di studio, poiche io ebbi occasione di occuparmi di questo nome cosi strano, che a molti parve persino esotico, mi sembra op-portuno di approfittare della cortesia di questo periodico, per mettere, se b mai possibile, un po' di luce in una questione, che se ai piu parra forse di poca entit&, eccito finora 1' atten-zione di molti studiosi delle cose nostre, non eseluso il nostro illustre concittadino, 1' eruclitissimo Gian Rinaldo Carli, il quale penso che la voce fosse d'origine greca e volle spiegarla «boum exercitatio» '). Eppure, sebbene tanti uomini illustri abbiano tentato di spiegare questo strano vocabolo, hno ad oggi non si e venuti a nessuna conclusione, perche, secondo me, la via che finora si 6 tenuta, non e la giusta. Egli e indubitato che ogni parola ha la sua storia e che anche alla parola Bossedraga toccd la fortuna, che hanno tutte le parole, che passano per la tratila dei secoli, le quali, su-bendo lente ma continue modiflcazioni, si trasformano certe volte in modo da mettere, per spiegarle, in serio imbarazzo anche provetti tilologi, quando non abbiano un punto di par-tenza accertato. Egli e naturale quindi che per spiegare la voce Bossedraga non si deve partire dal nome, che oggi ha il rione, nel quale si trovava la porta sunnominata, ma si da quello che essa aveva anticamente, se e possibile di dimostrare con do- *) Vatova. «La colonna di S, Giustina» pag. 59, cumenti alla mano, ch'essa 11'ebbe in tempi piu remoti 1111 altro che suona alquanto diverso dal preselite, o con altre parole che quello di adesso e 11110 storpiamento deli'antico. E qnest,o e quello ch'io mi propongo di provare col presente articolo. II Kandler nel codice diplomatico istriano nomina due volte questa porta in due documenti deli'anno 1210, in 11110 dei quali e detta Unserdaga, nell'altro Busserdaga, che e la stessa cosa, vedi Musella e Mussella '). Spinto dalla curiosM di sapere, se questo fosse il nome antico della porta, ovvero se ci fosse un errore di grafla, mi venne in mente di consultare i documenti piu antichi, che esistono nell'Arcliivio Comunale di Capodistria, e rilevai che in una quarantina di essi, nei quali la porta e nominata, essa e sempre scritta Porta buserdaga. I documenti da me consultati vanno deli'anno 1382-1476 2). In 11110 solo deli'anno 1414, redatto dal notaio Simone de Baisio si legge Bussdraga, probabilmente per errore deli' amanuense. Nel liber niger, libro di d tičali, gi/i citato dal Marsich (1430-1492), a pag. 72, nella ripartizione della gente delle di-verse porte, che doveva andar mguardar la fiera de S.ta Mar/a de h'i.aui» la porta e detta Busserdaga. II Vatova dice d'aver letto nei libri dei Consigli, che incominciano nel 1480, liusdraga e Busadraga. Io trovai in un estimo delle facolta del 1556 Busadraga, in un altro del 1560 Busedraga; nell'estimo della citta dej 1582, fatto so t to il Capitano e Podesta Al vise Morosini, sindici Daniel Del Tacco e Bernardin Barbo, trovai scritto Bussedraga, in 11110 del 1631 Busedraga e finalmente nell'estimo del maggio 1651 "fallo sol (o il regime felicissimo di Stefano Capello, sindici Raimondo Doti. Fin e Nicolo Elio», porta Bosedraga. Da quanto sono venuto esponendo mi sembra che colla scorta dei documenti si debba riuscire alla seguente conclusione: ') Marsich. «Annali Istriani del secolo XIII... Provincia deli'Istria A. XV, N.o 5. 2) Questi documenti, che per ragion di spazio 11011 mi e possibile di citare 11110 per uno, sono atti notarili di diversa specie dei nodari Almerico de Adalpero, Silvestro de Adalpero, Guariento de Victore, Baisino de Baisio Simone de Baisio, Rantulfo de Octaco, Donato Pinadel, Natale de Mussella' Bortolomeo de Bonzanino, Nicola de Vulcina fii Giorgio e qualche altro^ sottoscritti da varii vicedomini, la maggiSr parte pero dai vicedomini Leazario Ponzello e Simone de Victore. 1) il nome antico della porta e Buserdaga ; essa si cliiamo cosi dal 1210-1.100, perehe appena verso la fine del 1400 si trova qualche accenno a modificazioni, che ricorrono accanto al nome antico, esse sono Busdraga e Busedraga. 2) Dal 17)00-1000 si riscontrano i nomi di Busedraga, Bussedraga e Busadraga. 3) Dal 1000-1700 il nome persistente e Busedraga e per la priraa volta apparisce il nome di Bosedragal), che con ve r-tito nei tempi a noi piu vieini in Bossedraga, divento il nome del rione, nel quale esistette la porta, che nei primi secoli si chiamč Buserdaga. Ma qui viene a proposito la domanda, che cosa significa Buserdaga? II Prof. Petris, mio egregio collega, col quale si parld parecchie volte su questo argomento, mi suggeri un si-gnificato, che mi sembra plausibile. Egli propende a ritenere che Buserdaga non voglia dir altro che «bocca d'acqua» o «bocca deH'acqua». E dov'e mai quest'acqua? L'acqua ci sarebbe ed abbondante; essa sarebbe il fiume Risano, che sbocca a piccola disfcanza da Capodistria, dirimpetto al sito dove si trovava la porta, clie ebbe il nome di Buserdaga. II fiume sarebbe stato denominato per antono-masia l'acqua, in quanto che il Risano, sebbene piccolo, ebb sempre una certa importanza come fiume di confine, ed il popolo avrebbe potuto intender benissimo passar 1' acqua per passare il confine. Riguardo poi alla prima parte del nome giova notare che ancor oggi le saline, che fiancheggiano il Risano nella sua parte inferiore, son dette dal popolo saline di bocca-fiume. Comunque la sia a me preme di constatare che 1' antico nome della porta fu Buserdaga e che da questo nome devono prenclere le mosse coloro che vogliono cercare il vero signifi-cato della parola, su cui si questiona; veggano ora i glottologi, che si occupano con amore delle questioni clialettali attinenti alla nostra proviucia, se il mio egregio collega si e bene ap-posto, o se questa voce debba essere interpretata altrimenti. Prof. F. Majer. II Naldini nella »Corografia eccl.» stampata a Venezia nel 1700, la chiama ancora Busedraga. ANCORA sUIiIi' ORIGINE DEIi NOJVIE »CAPODISTRIA" *) Sebbene i piu antichi geografi e mitografi alludano al-l'isola e 11011 alla citta, checche ne sia della relazione che in-tercede fra il mito degli Argonauti e il nome Assirtidi, appli-cato alle isole del Quarnero '), il piu antico nome della citta, di Ossero (omettendo Apsirtos che si presenta sporadicamente), fu Apsoros raddolcito in Absoros (var. Absaros) latinamente Absarus; il piu recente, secondo me d' origine popolare, e Ossero, in veste latina Auxerus, Ausserns. L'antico, d'origine dotta o letteraria, si uso dai laici per molti secoli avanti e dopo il 1000 nelle scrittnre, dalla chiesa sempre; il secondo soltanto dopo il 1000, quando gli atti pubblici si estendevano in latino, ora alternato col primo ora dasolo; e finalmente, dal secolo XVII in poi, in italiano soltanto Ossero. In un docmnento del 1208, l'cstensore, mentre da un lato s' attieue alla tradizione letteraria, registra pero anche la forma popolare : «pro comitatu Auseri de Ausero* (leggi: Aussero); in un altro del 1229 trovasi: «('liersi el Auseri*; in un terzo del 1274 sta piu volte: Anxeri, Auxerenses... e cosi nei secoli posteriori, quantunque nelle carte apparisca eziandio la forma primitiva, raddolcita quasi sempre in Absero. Ed ora si domanda: Come mai dalla forma antica Apsoros-Absoros (var. Apsaros-Absaivs, lat. Absarus) derivo la forma odierna Ossero, lat. Auxerus, Ausserns ? Secondo le leggi fonetiche, che governano il passaggio dalle forme del latino volgare nell' italiano, non e possibile ottenere Ossero dalla forma antica e dotta Apsoros, non trovandosi časi del passaggio di a tonica latina in o italiano. La forma Apsoros, latinamente Absorus o Absarus ci avrebbe dato Assoi-o o Assero, non mai Ossero. Conviene adunque ammettere, che accanto alla forma antica, di origine e di tradizione dotta o letteraria, si sia svi-luppata, giti avanti il 1000, una forma popolare, non usata ancora nelle scritture, la quale si avvicinava d'assai alla forma Ossaro, Ossero, se non era proprio tale, coni'io čredo ferma-mente. Ch io non navighi in congetture fantastiche, ma che mi trovi dinanzi a fatti, mi convince il Porfirogenito. Egli, nel *) Vedi fascicolo II, pg-. 26 di questo periodico. L> Cfr- 11 111 io studio: II mito degli Argonauti e le Assirtidi, in Atti e Memorie della Soc. d' archeol. e štor. patria, Parenzo, 1885. suo noto libro «De ad miriistraiido Imperio*, scritto poco prima del 1000, adopera piu volte la forma Opsara (to zd-jtpov tš "O^apa). Ora, s' egli greeo, e scrivendo in greco, 11011 s? servi del nome primitivo Apsoros, A/jsai'os, che piu ritraeva del greco e che veniva usato nelle scritture, bisogna ammettere ch'egli riprodusse il nome volgare, usato dal popolo, ma non nelle scritture, vestendolo alla greca. Ancora una domanda: Derivo 1'italiano Ossero da Auxe-nts, Ausserus (come oro da aururn) o non piuttosto siamo di fronte all'italiano Ossero in veste latina? Io non esito un istante a ritenere ferinamente, che nei secoli anteriori al 1000, il popolo s'era foggiata una propria forma — Ossero — la quale da lui venne usata sempre anche dopo il 1000; che invece gli estensori degli atti pubblici, per vezzo letterario, continuarono a usare la forma antica, finclie un bel giorno qualcuno, scrivendo ancor sempre in latino, accanto alla forma dotta, registro anche la popolare in veste latina. Per poter ammettere, che dalla forma latina Auxerus, Ausserus provenne 1' italiana Ossero, bisogna eziandio concedere, che da Absaros s' ebbe dapprima Auxerits, Ausserus, gia tra i secoli VII-X, donde Ossero; cio che contrasta colla fonetfca, e col fatto, che nes-suno registro questa forma prima del 1000: che la cliiesa mantenne sempre, e i letterati ancora per molti secoli dopo il 1000. la forma antica, in latino pero; nientre, allorquando nei secoli XVI e XVII, s' incominciarono a scrivere gli atti in italiano, c'incontriamo sempre in Ossero1). II mio ragionamento stil nome Ossero s'attaglia appuntino a quello di Capodistria. II suo nome antico e Egida, che ben presto fu rimpiazzato da Gapris (cfr. Apsirtos, Apsoros). Capris adunque avrebbe dovuto entrare nell' uso dei dotti e della chiesa e perdurare fin dopo il 1000. Se non che una lieve dif-lerenza c' e; e questa consiste nell' avere assunto Capodistria M La farma popolare primi ti va sara stata adunque: Opnaro, Obnovo, Oumro, raddolcita poi in Ossero. II raddolcimento di ar in ev e un fatto tanto noto e comune nell' italiano, da non richiedere una dimostrazione. E ben vero, che un tale raddolcimento avviene in sillaba protonica (come in: gherofano, sme,raldo, sermento, ranerhio, amero, amerei....); e allora ■s' ebbe forse prima la voce : osserese (in la rilfade osserese) e poi per ana-logia Ossero. nel VI secolo 1'altro nome Justinopolis, e cio, giusta 1'opinione comune, in onore di Giustino II (565-578). La chiesa, sede ve-scovile g i a dal VI secolo con raolta probabilita '), assume il nome di justinopolilana, come Ossero quello di apsarensis, e lo conservo sempre fino al giorno d'oggi. Justinopolis entro anche nell'uso letterario e prima e dopo il 1000; ma natural-mente il Capris non pote sparire come per incanto, eppero comparisce ancora nell' epoca del famoso Plačilo al Risano (804) *in terrilorio Caprense» — de civilate Capras (933) — Caprenses (974) — Tam infra civitatem Justinopolim quam ecctra, qnae rocatur Capras (976) sporadicamente Caprenses de Comit. Istrie (1074) V. Cod. dipl. istriana. Nella promessa delle ciftči istriane a Venezia nel 933, al tempo del Marcbese Vintero, se nel testo troviamo Justinopolis, tra le firme c'imbattiamo in un tale «de civitate Caprar.ni = Capraruin (Romanin, I, 370). Nel 1035 (Minotto, I, 1) «poteslas civit. Justinopolis nuntii Justinopolis . . . ma anche: hominibus Justinop., que alio nornine Capras rocatur» ; ma poi Caprae finisce collo sparire attatto, laddove Justinopolis continua acl apparire nelle carte pubbliche. Non ci manca altro, per 1' eguaglianza del processo storico, cVimbatterei in uno scritto, in cui l'estensore, accanto al nome Justinopolis, registri anche quello usato dal popolo, cioe, Capodistria. Ed ecco che nel patto di questa citta del 1145 (Minotto, I, 5) sta: "Pactum Justinopolis, que dicitur Caput Istrie*; e nel testo: et populus Justinopolis, Mest, Caput Ystrie» *). Nel 1180 (Cod. diplom, islr.) trovo: "de Capite Istriae». Nel documento del 1202 (Minotto, I, 9, 10), in calce al-l'atto dei Muggesani, sta: Hujus rei testes fuerimt: Almericus testis Capud Istrie (Cod. diplom, islr. var. — Caput Ystrie).3) ') Pola era gia di certo sede vescovile nel VI secolo. V. Codice di-pLomatico istricino ad a. 511-526 : «Antonio viro venerabili Polensi epincojto Theodoricus rex.» — Cfr la nota del Kandler ad a. 1186. Capodistria era sede vescovile dopo il 524. Manca la serie dei primi vescovi. Cfr. anclie: Benussi, Nel Medio Evo, p. 543-545. ž) Nel Cod. dipl. istr. a. 948, sta : «per Communitalem et homines Civitatis Tergesti, quae caput et Istriae...» ma il Kandler qualifico il documento per un' imposiura del sec. XIV. 3) A proposito di quest' Almerigo di Capodistria, onde probabilmente naeque il cognomo. Almerigotto, non sara discaro ai Capodistriani, se ri- Nel 1216 (Cod. dipl. istr.): *homi/u'f/na Capitis Histrie sive Justinopolis — liomincs Justinopolis sire Capitis Histriae> ecc. Nei secoli XIII-XIV, gli estensori degli atti pubfelici, fin-cM questi si scrissero in latino, continuano a šervirsi del nome Justinopolis '). Nei secoli XV, XVI, alcuni atti sono seritti in latino, alcuni in italiano; nei primi si trova Justinopolis, nei secondi Capodislria*). Dopo il 1600 gli atti sono quasi tutti estesi in italiano; in essi troviamo sempre Capodistria, raris-sime volte C iustinopoli, che i'esta alla chiesa soltanto. Ed ora l itorniamo al documento del 114;"). Quel Jnstinopolis, in un atto pubblico esteso in latino, ce lo sappiamo spie-gare: esso e dovuto alla traclizione dotta o letteraria; ma quel Caput Istria del 1145, e quel Capud Istrie del 1202, come spiegarlo, ove non si annnetta, che ancor p rima del 1000, ac-canto al nome letterario Jnstinopolis (o se vuolsi anche Ca-prae) sia nato il nome italiano: capo, caro, cao de Istria''), usato allora e anche dopo il 1000, soltanto dal popolo nel par-lar famigliare e non nelle scritture; e che dopo il 1000, seri--vendosi gli atti pubblici in latino, qualeuno — seguendo la tradizione letteraria - uso il dotto Justinopolis, ma dandoci eziandio in veste latina il caro de Istria? ') porto qui questa notizia tlai Monumenta tiistorico-juridica Slavorum meri-dionalinm, P. I, vol. IV, pag. LVIII, nota 2: scrittnra fatta «per manum Ioannis Alinerigot.o de Iustinopoli, Cancetlario Cornunitatis Veglae in /1.1-1...» e pag. LIN ',a. 1431) fatto a Veglia : «E/o Ioctnnes de Almerigotto, Ser Francisci de Iustinopoli,publicus imperinl/ avetoritate Kotarivs et Communis Veglae CanceUarins____» ') Vodi: Minotto (1. cit.) fino ali'anno 1332; poi nei diversi vohuni degli Atti e Memorie della societa storica istriana • 1332-1500 circa); negli stessi volumi e nel lavoro citato (le! prof. Vatova (1500-1600 circa). *) Vedi Atti e Memorie cit., IV, 291: «Volenio e comandemovi... che... intendandovi rum el podesta e capetanio... de Capodistria..." (1473). E dello stesso anno: *in territorium Mocho, Mugle et Jnstinopolis...» 3) Per le forme volgari italiane, che s' incontrano gia dal VII al X secolo, si consulti: Del volgare illustre ecc. di A. Gloria, Venezia 1880 ; Storia della letteratura italiana di C. Cantii, Firenze, 1865, p. 7 sgg. 4) Cfr. C. Cantu, 1. cit. p. 10: "In loco ubi dicitur lo Cavo», (in carta del 900) — Gloria, 1. cit. p. 17, ca pit, cau, co — Conselve = Caput silve — Codevigo (Co-de-vigo) = Caput vici — p. 66, Cavosilre j= Caput silve — p. 73, Cavo de vigo — p. 91, Causilve — p. 92, Capo e capu.... forme tutte anteriori al 1000. Analogamente a quanto fa il Gloria, il latino popolare, in bocca al popolo, doveva presso a poco nell' Istria sonare "Cosi nei detti secoli: Ego (eo) abito in la civilate (cittade) posita in capo (cavo, cao) de Istria.» 11 Dr. Benussi dice (1. rit,.), che allora, dal lato del set-tentrione, non Capodistria, ma Trieste era la citta in capo del-l'Istria; ma io controsservo, cio non arreca alcun pregiudizio alla questione: in primo luogo perche trattasi di un nome d'origine popolare, e agli occhi degli abitanti delle altre citta deli' Istria, non Trieste, ma Capodistria appariva la citta in capo della penisola, data la sua configurazione dal lato del settentrione, mentre Muggia — castello allora ') di poca im-portanza, specie Muggia vecchia — resta quasi tagliata fuori dalla larga e profonda v alle di Capodistria; in secondo luogo perche 1' origine del nome non risale, secondo me, ali' epoca precisa del documento, o giu di li (1145), ma e d'origine an-teriore al 1000, risale cioe ai secoli VII—X, nei quali dal latino volgare si svilupparono le lingue romanze. Trieste, Aprile 130!). Oiuseppe Vassilich IL NUOVO A SILO I primi Brefotrofi di cui si ha notizia furono fondati in Italia nel IV secolo dalla dama romana Fabiola. Da quell'epoca in poi, rovistando le storie, troviamo che in tutti i secoli e presso tutte le. nazioni vissero dei benemeriti, che inspirati dal genio della caritk, fondarono e diressero dovunque le scuole infantili in cui si raccoglievano i poveri bimbi, si alimentavano e si educavano. Ferrante Aporti, scorgendo nell' asilo la base deli' educa-zione pubblica, raccolse in esso a fidata custodia i bambini delle famiglie miserabili, associando loro quelli nati in condi-zione piu lieta, e largheggio con tutti di affettuose e intelligenti cure, in modo da farli crescere gagliardi, puliti e disciplinati. La scuola infantile deli'Aporti nata in*Lombardia, passo in Piemonte donde si propago per tutta Italia. Frattanto s'im-portarono nell' Italia anche altri metodi ed altre dottrine at-tinte alla scuola germanica, e comincio a diftondersi il sistema ') Cfr. Benussi, Nel medio evo ecc. Parenzo, 1H97 j). 35. — Cocl. dipl. istr. a; e h, seguito: »anche le tracluzioni degli statuti costituiscono ultra gloria deli'lstria. E finisce lo seri t to con le parole: »Si, si, gli statuti segnano epoca nobihssima peri' lstria nulli secnnda, quanto e umiliante d secolo passato ed il presente in materia di legislazione*. Queste ferme convinzioni doveano provenire da uno studio protondo »di quelle forme romane di reggimento municipale delle quali non si videi-o piu sapienti, e alle quali 1' eta moderna, tanto ch se superba, attinse e attinge sicc-ome a miniera ine-sausta e inesauribile«. (Conti™a) Nicolo Cobol. RECE^SIONI Gior. Quarantotto, Histria, poemetto. Trieste, 1903, E. Sambo, editrice »L'innominata» (pgg. 32). Hanno fatto un bel diseutere i critici, al comparire del Qa ira carducciano, a che genere letterario appartenesse e se fosse mai possibile una moderna rifioritura della poesia epica' Vennero, dopo, Vilki Glori del Pasc-arella, e / Mille del Michelangeli, e Aquileia del Pitteri, e Le citta del silenzio del d'Annunzio e non so quant'altri aneora. Ad acc; escere la serie di questi ritorni alla poesia epi ca, ove la materia storica ci 6 data attjraverso una forma essenzialmente lirica, viene ora ul-timo il poemetto del Quarantotto, che in una corona di venti tre sonetti canta le gesta piu gloriose deli'Istria. Dal mi to piu lontano degli Argonauti, che faceva passare Giasone e Medea per il nostro mare, sino alla romanizzazione della provincia, e poi giu sino alle incursioni barbariche, alla dominazione veneta, alle modernissime lotte della civiltk italiana contro gli slavi, non erano poche le pagine degne di poema, alle quali il giovanissimo autore poteva inspirarsi. La fuga di Medea, le sanguinose vicende della conquista romana, 1'ere-zione deli'anfiteatro di Pola, il placito del Risano, la parteci-pazione alla battaglia di Lepanto, 1'eccidio di Mandre, il sa-crifizio di Biagio Giuliani, la caduta della signoria di San Marco, ed altre ed altre ancora, ci sfilano dinanzi agli occhi, con ra-pida alternativa di luoghi e di tempi, di persone e di sentimenti. Non sempre il quadro e perfetto: colpa, parte deli'argo-mento, parte deli' autore. Trattandosi di elaborare liricamente degli spunti poetici attinti alla storia, 1'autore e costretto ad accennare soltanto moltissimi particolari, che il narratore epico svolgerebbe invece diffusamente, e a far troppa tidanza, cosi, sull' erudizione del lettore, che, fornito raagari di bastanti qua-litk estetiche per gustare le bellezze formali del poemetto, e condannato a rinunciare a meta del godimento, o per lo meno al godimento immediato, per mancanza di cognizioni storiche, le quali (badiamo!) versano quasi tutte nel campo della storia provinciale e municipale. Troppo vasta, inoltre, la tela: il che fa si che, passanclo continuamente di epoca in epoca, e da oppressi ad oppressori, il sentimento del poeta e pošto in una perenne antitesi che turba 1' unita deli' impressione estetica nel lettore. Manchevole, in fine, l'evidenza del paesaggio, povero di caratteristiche, ne sempre ben tornita la forma. Se 1'opera d'arte, considerata in s6 stessa, non e inap-puntabile, non dobbiamo pero nascondere che merita gran lode per altri rispetti. L' autore, dicemmo, giovanissimo, fa con questo poemetto un bel passo innanzi nell' evoluzione della sua tecnica. D'annunziano nei primissimi Tentativi (1901), s'era provato di movere il passo, fra molte incongruenze e con qualche scarto, ma piu spedito e a modo suo nelle Musiche e fantasmi, Spoade adriatiche (1902): d'annunziano ancora, ma deli' ultima maniera, s'avvicina eol presente poemetto alla fine del suo periodo di preparazione e ci promette una forma personale maschia e generosa. Se neppur qui la scelta dell'ag-gettivo e sempre felice, o, a volte, e, viceversa, ricercata e preziosa; se 1'impostatura del quadro 6 sei'vile o soverchia-mente comune; se il sentiinento dilegua sovente nell'indeter-minatezza; c' e pero sempre da apprezzare 1'inspirazione ro-busta deli' insieme, e uno stile piu vigoroso e piu padrone della lingua italiana, e il sonetto, sopra tutto, e spesso maneggiato, come deve essere, cioe come un periodo musicale completo, con esatta rispondenza di tutte le sue parti. Ecco, ad esempio, il congedo, senza dubbio il meglio riuscito: Se ].a fatic.a cui sacrai tant' oro di strenua volonta lode coniporta ; se nel verso fedel qualehe e risorta nobiie gesta del passato onore ; se nella patria mia non anche e morta ogni favilla di gentil valore ; e se quel canto che ne delta i I core cibo di fede e di speranza apporta ; niodestamente tu dalla solenne bianca collina di San Giusto al mare paterno dri/.za, o verso mio, le penne : e alla voee immortal che 1'Adria esprime dal fido seno alle costiere eare, mesci il sacro tenor delle tue rime. Chi, a un poeta poco piu che ventenne, che sa fare di questi versi, vorrk negare una lode, sia pure per quanto si voglia condizionata, ma che significhi iucoraggiamento e fiducia ch'egli produrra di meglio, a onor di se stesso e della sua terra? Dr. F. Pasmi. Idrografia sotterranea carsica del prof. C. Hugues. Gorizia, Paternolli, 190:}. , Con questo titolo il chiarissimo pi'ofessore Carlo Hugues, segretario della Societ& Agraria Goriziana, tik alle stampe 1111 importante lavoro di 1111' ottantina di pagine. La pubblicazione in parola, nel suo svolgimento, corri sponde non solo alle esigenze della moderna scienza speleo-logica, ma dimostra cio che nel momento preselite e cosa di vitale importanza in forma chiara ed evidente, i contatti i litimi che esistono, tra questa scienza e gli studi tecnici pratici, per provvedimenti di acqua potabilc nelle diverse regioni carsiche. L'opera, pregevole per notizie, osservazioni personali, fatti positivi raccolti dali' egregio professore nelle sne peregrinazioni, riesce di particolare iuteresse per coloro che sVoccupano di questi studi nelle province adriatiche, specialmente nella pe-nisola Istriana, su cui verte in gran parte il lavoro. L'Autore, gia nella prefazione, ben opportunamente sprona con appropriate parole i giovani studiosi ad occuparsi degli studi speleologici e idrologici nelle regioni carsiche ponendo in evidenza, che inentre imponenti corsi d'acqua potabile ratti scorrono nelle misteriose viscere del suolo e si disperdono non utilizzati al inarc; vasti pianori della Carsia, importanti cittži capitali e di provincia, numerose borgate ed infinifi casolari, 11011 trovano al presente, per liinghi mesi deli'anno, nemmeno 1' acqua indispensabilc alle esigenze moderne del vivere civile, e ai piu indispensabili bisogni deli'cconomia domestica e r tirale*. Qualunque tentativo, diretto allo scopo di conoscere, con ricerche ecl esplorazioni del sottosuolo, 1'idrografia sotterranea, della Carsia, sara per il nostro paese opera di grandissimo valore scientific-o, igienico cd economico. « Su questa nuova via, cosi egli scrive, dovrebbero per-tanto avviarsi da per tutto i coraggiosi esploratori e gli studiosi delle regioni della Carsia, per dare indirizzo veramente pratico ed utile alle pericolose c faticose loro investigazioni*. «A vaincre siniti pMl cu triomphe scin t/loire». »Facciano essi dunque, di questa aurea sentenza de Cor-nelle, la loro divisa, per affrontare i morali e i materiali pe-ricoli di questa inipresa nobilissima. Li benedirii una intiera popolazione assetata; li beuediranno le citta languenti per pe-nuria di questo elemento indispensabile alla civilta ed alla vita*. k\. editore '' rodattorr rnsponsabiln. Tipografia Cobol k Priora, Capodistria.