ANNO XVI. Capodistria, 16 Agosto 1882. N. 16. LA PROV DELL'ISTRIA Esce il 1" ed il 36 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e aua-irimestile in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Sedazione. — Dn numero separato soidi 15. — Pagamenti anticipati. 'ANNALI ISTRIANI 7 234. (lei Secolo deciiiiotel'ZO. *) Magonza. Gli Istriani si rifiutano di contribuire le solite rendite al marchese governatore, Giacomo de Orzone ; i messi del patriarca di Aquileia ottengono da Arrigo tiglio dell'imperatore Federico l'annullamento delle locazioni fatte in Istria? senza il permesso patriarchio per minor censo dell' antico. Manz. Ann. del Fri. - Tom. II, p. 318. CORRISPONDENZE Pinguente, ii 8 Agosto 1882. È un fatto indiscutibile, e che 1' esperienza otrebbe ad ognuno far toccare con mano, che alcune delle nostre scuole popolari maschili on s'impartisce ai giovanetti un'istruzione con->rme all'età, e all'intelligenza loro; ciò lascia on poco a desiderare sia dal lato del compor-unento, come anche da quello del metodo didat- Ìco ; per cui non può passare sotto silenzio queste ìomalie chi ama la patria e l'onore che le donda da' suoi figli. — E omettendo di parlare Iella condotta morale, farò soltanto un fuggevole punto sull'istruzione in genere. Oggigiorno caricano quelle tenere menti d'un lonte di cose, alla cui portata non sono i fan-iHi, o almeno tutti. Troppe materie si vuole ie apprendano gli allievi, e segnatamente quelli classe quarta : ed essi non hanno in capo che caos, talché confondono ad esempio un nome irico con un nome geografico, e così va dicendo, i ricordo anzi d' avere udito che un fanciullo, terrogato quali fossero i monti che separano Europa dall'Asia, rispondesse con tutta fran- lezza "gli Unni, dlA Ohe se prendiamo a dire in particolare del modo onde s'insegna la nostra lingua, allora potrei facilmente arguire quanto sotto quest' a-spetto l'istruzione lasci a desiderare. E per fermo si danno parecchi allievi della quarta classe i quali di grammatica ne sanno tanto poco da non distinguere un verbo da un nome o quid simile, e certuui durano perfino fatica a declinare un sostantivo o coniugare un verbo. Parlo per esperienza . . . "experto Crede Ruperto.„ Se poi gettano sulla carta due sole righe di loro composizione, commettono errori in quantità forse maggiori che non siano le parole. A tale condizione adunque trovasi lo scolare di quarta classe, e con siffatti principi entra in un ginnasio, dove naturalmente non può reggere, perchè all' edifizio da erigersi manca la base ; alla stessa maniera che una casa non potrebbe star ritta, ove non avesse solide fondamenta. E se il giovanetto è ora imbarazzato, a chi devesi attribuire la colpa? ... Al maestro, io crederei. Vi souo di fatti dei maestri i quali danno la preferenza ai figli di persone ragguardevoli o agiate, e più volte rilasciano ai medesimi buoni attestati perchè possano accedere alla classe superiore, senza punto indagare se abbiano o meno le cognizioni volute dall'indole degli studi ginnasiali. Ed i professori, non trovando il terreno preparato sono costretti a rimandare il giovanetto a percorrere il mal battuto sentiero. Con ciò, senza dubbio, si tronca al fanciullo la via e lo si mette nel più grande imbroglio, facendolo credere più istrutto che non lo sia in realtà. Quando il maestro conosce che l'allievo non è abile alla classe superiore, gli faccia ripetere un anno, il che tornerà di vantaggio tanto allo scolaro, quanto anche ai maestri stessi. Questi, poi, debbono da parte loro trattare egual- j mente gli alunni ; e, al dire dello storico latino, strie ira et studio. Che se tutti adempissero coscienziosamente al loro compito, allora siamo d'avviso, cbe l'educazione dei fanciulli — astraendo dalla domestica —- conseguirebbe appieno lo scopo, e ne«suno avrebbe a muovere querela in proposito. v Laonde esorto i maestri a voler bene considerare la nobile missione e la responsabilità che da loro s'attende ed a cui sono legati : e n'andrò lieto se dalle mie deboli parole potrò ottenere ! quel frutto, che cordialmente ho sempre desiderato, j Q. Un' escursione alpina Come le promisi nell' ultima mia, mi affretto a ragguagliarla intorno alla escursione alpina, che feci sul Carso di Pinguente, iu compagnia di un geometra, mio amico, colà chiamato per determinare una linea di contine tra il Comune di Lanischie e quello di Castua. Percorremmo insieme la foresta del Quieto, lanciando ; a destra la cittadella di Montona, cue regina della valle, s' erge sopra un colle coltivato a viti e ad olivi. Stringe però il cuore nel vedere la celebrata e vastissima foresta ancora in mano all' Erario : méntre la ; provincia con una saggia regolazione del Quieto e con j relativo sistema di drenaggio, potrebbe utilizzarla per ! proprio conto. Di fatti la foresta di Montona si presterebbe di gran lunga alla produzione del grano, ìn modo da diventare un sicuro e ricco granajo dell'Istria ; cosicché il corrispettivo della rendita invece di affluire fuori di provincia, resterebbe fra noi. Il rimanente della foresta si presterebbe a prato e per conseguenza all'incremento dell'ammalia, urgente necessità della prò- ! vincia e fonte sicura Ji ricchezza. Lo stesso Governo non j ne potrebbe avversare l'innovazione, perchè esso pure ne avvantaggerebbe nella rendita sternale. E spetterebbe alla Dieta provinciale darne l'iniziativa o con mezzi propri ! oppure mediante associazioni, le quali, senza dubbio, si potrebbero formare fra tutti gl'istriani, cui sta a cuore il progresso economico della loro patria. ) Ricordo, che per lo passato la Giunta provinciale , si occupava col massimo interessamento della bonificazione della valle montonese, e precisamente di quel tratto, che si estende dal Ponte Portone alla foce del j Quieto. Secondo me, chi ha sempre le mani in pasta, j avrebbe obbligo imprescindibile di battere e ribattere ; il chiodo, dimostrandone la urgente e somma importanza ! dell'attuazione. Nessuno ignora, che per quanto spetta ; all'igiene, ne vantaggerebbero le località contermini di | Torre, di Villanova. di Buje, dove le febbri prodotte dalle esalazioni mefitiche esinaniscono o spengono quei ; poveri abitatori. Seguitando il cammino alle falde dei monti di Portole, cittadella conosciuta per la svegliatezza e laboriosità della sua popolazione, visitammo la fabbrica di potassa dei signori Corazza di Montona, quindi le terme di Santo Stefano, abbellite di recente dall'a nimoso loro proprietario, signor Bertetich, ed il picco] paesello di Sdregna, l'antica Stridonia, patria incontri stata del grande dottore della Chiesa Latina. Da Sdregn lungo le ridenti rive del Quieto, percorremmo la vai lata chiusa da monti ispidi e brulli, sovra cui toi reggia Sovignacco, un tempo villaggio fiorente pf la miniera di allume, dalla quale fatalmente non i ricava oggi che uu materiale servibile soltanto a Re vigno per la confezione del cemento idraulico. Ma sottosuolo di Sovignacco è sempre zeppo di allume di carbon fossile, che scavati potrebbero servire ali creazione di stabilimenti industriali, di cui tanto ab bisognerebbe i' attività della provincia. Bella e pittoresca è la strada serpeggiante fra mezz 1' angusta valle, da cui si scorgono i diruti avanzi di medievale castello di Pietrapelosa, fu sede dei Marche d'Istria e dei Patriarchi di Aquileja ; castello ci aveva sotto la sua giurisdizione le ville di Malocep Sdregna. Marcenigla, San Sirico (Socerga), Salise, Cei nizza, Nugla, Grimalda, Moschizze, Mluu, Codoglie Pregara, appartenute poi in gran parte ai Marche: Gravisi fino dall'anno 1440. II castello di Pietrapeloa è situato presso il torrente Brazzana, affluente d« Quieto, la cui colonna d' acqua potrebbesi oggidì uti lizzare in vari modi pel vantaggio dell'agricoltura. E Pietrapelosa arrivammo alla Porta di Ferro, così denc minata dalle accidentalità geologiche, passando la strad fra due roccie colossali raffiguranti due stipiti, e d quel romantico sito dominammo Pinguente, l'ampi sua vallata, il circostante paese, e nello sfondo 1' irt costiera del Carso, attraversata dalla ferrovia. Pinguente (Pinquentum, volg. Piovente), vetust pago dei Subocrini, occupata nel 1420 dai Veneti^ f sede di podestà, nel 1511 dei capitani di Raspo, com anche si vede dalle lapidi e stemmi raccolti sulla fac ciata del suo palazzo municipale o sparsi per la citt. della e per altri luoghi del circondano. Pinguente' ancora cinta da mura con due porte, una delle quali ass; bene conservata unitamente ai massicci battenti, cbe mi strano tuttora le traccie del fuoco appiccato dai France in sul principio del secolo. Fra le fabbriche moderne notevole in Pinguente quella delle scuole, bella p semplicità architettonica ed agiatezza di locali. Potr dire alcun cbe delle strade interne e del campanile. ma tutto si può fare col buon volere quando propr non difettino i mezzi. Grazioso è il giardino-birreri aperto anni fa dall' intelligente patriottismo dell' i decesso signor Sirotich, il quale con non piccolo sagr tìzio pecuniario seppe ottemperare ad un urgente b sogno dei suoi conterranei. Organizzato P itinerario dalla commissione pei r trovo a Lanischie. e quindi alla vetta del monte Si confine giurisdizionale che separa il distretto di Pii guente da quello di Castua, parte a cavallo, parte vettura, arrivammo per nuova e bella strada al vi laggio di Rozzo (Rocium), altro antichissimo pago d Subocrini. Lasciato il veicolo, ascesi appiedi col m compagno il monte, arrampicandoci, senza posa, p un' ora e più. Mano mano che ci avanzavamo nel salita ci si affacciava un nuovo e maestoso orizzont a levante il Caldiera che pare si tuffi nel Qìuarne ed appresso la simpatica Albona con ispessi villag e casolari digradanti per varietà di tinte. Percoirremr un' altra ora appiedi e traversalmente il Carsio, nu Itipiauo, arido e desolato come un'Arabia Petrea, vendo di fronte altri monti più elevati, più brulli, iù desolati ; quindi dalla cima dell'altipiano ci si offri uale oasi nello squallore del deserto, un'ampia e dilesa valle, ben coltivata con messe ricca e biondeg-iante. Però la mano rapace dell' uomo rese assai poglio questo paese montano, di modo che si dovrebbe Dire ogni sforzo per arrestarne l'opera di distruzione, vantaggio della nostra provincia. Ritengo per fermo he la siccità sì deplorata in Istria, non vi sarebbe (SÌ di frequente e fatale, se si persistesse nell'opra del sboscamento del nostro Carso con quell'alacrità che me da parecchio l'operosa Trieste. Ripeto, pur troppo, )se ormai stantie., ma repetita juvant, e possono anche iovare se ripetute all' infinito. In fondo all' ubertosa vaile, quasi appiedi della istiera, giace Lauischie, grosso villaggio dei Cici, li tato da circa 600 anime, e composto di bianche «ette, che rallegrano l'animo dell'alpinista, specie se le iorge dall'alto. Convenuta la comitiva a Lauischie, si smottò, e poi di buon mattino parte a piedi parte a 'vallo di muli si ascese fra gole, insenature e burroni il ivello altipiano; finche dopo tre ore di asprissimo viaggio toccò la vetta del Sia, monte alto 3500 piedi e ri-iperto da secolari e fittissimi faggi. Avvicinandosi al ia si costeggia la Valbona, che si estende per cin-uauta ettari di terreno, e che è celebre per la dovisi dei foraggi e per la quantità degli annosi faggi ie l'attorniano. Questa valle appartenne un tempo al arnuue di Altura nella Polesaua, e fu poi acquistata li Cici di Lanischie. Quantunque interminabili selve di faggio cuoprano •aonti di questo versante istriano, esse poco giovano suoi abitatori. Causa precipua e forse unica si è la aucauza di strade che li congiungano coi centri aggiori; motivo per cui il Cicio affrontando ogni auiera disagi è ridotto a farsi carbonajo o pastore, ir raggruzzolare quattro fiorini da due sacca di carne, il Cicio e la sua famiglia devouo impiegare nque giornate nel taglio, nella catasta, nella bru-itura ed in fine nella conduttura in piazza. Me i convinsi co' miei propri occhi iu questi giorni ie mi trovai nella selva del Sia, dove visitai carbonaje, gli abituri non più spaziosi di un canile, e ive potei persuadermi della grande laboriosità di questo busto montanaro istriano, e del modestissimo suo vivere, e mi si dica che i Cici manchino d' intelligenza ; ni si distinguono per il loro ingegno aperto e pron-Bimo, e per i loro modi confidenti e gai. Si direbbe j usi che scorre sempre nulle loro vene il sangue la-lio, il quale traspare in specialità dall'animo coraggioso ■ bollente e dai loro vivi atteggiamenti. A Lauischie, jive gli abitanti souo d'origine sloveuo-serblica, si parla j. tutti l'italiano, e tutti se ue vantano, perchè rico-Iscono in questo idioma il primo ed unico fattore Iella j( qualsiasi esistenza, ed abborrouo i mestatori di Iremoute, che arrabbiati si affaticano di attutire le U;ie loro aspirazioni di civiltà, in cui anche i Cici eìiino indubbiamente avanzando. n Sul vertice del Sia vidi i ruderi di una colonna gi confine veneto, e più innanzi sul monte Pilich "•remo limite veneto a quadruplice contine delle cir-■stauti Comuni, stava fin non ha guari altra colonna le demarcava ad occidente la giurisdizione veneta con [ nn leone alato, ed ad oriente il dominio imperiale con un' aquila bicipite. Anche dal monte Pilich si gode un incantevole paesaggio, specie a nord-est, donde si domina la bassa Carnìola, la regione che si estende da Castelnovo fino al Tricorno e giù giù fino al Quarnero. Confesso che da questa poetica altura mi sgorgarono inconsciamente dalle labbra i bei versi all'Istria del carissimo Fa-chinetti : Penisola gentil, che il mar circonda Segnando alla comun patria la meta..... con quel che segue. Le Terme di Monfalcone *> A San Giovanni questo fiume scaturisce per diverse polle, come localmente chiamano i suoi emissari, i quali di nuovo mi ricordano il Libano. Suppongo, che la voce Fola sia uu congenito celtico dell'illirico poli, del gallese pwl, dell'islandese polir, e del nostro pool. Le sorgenti principali, situate ad alcuni piedi di profondità, sono tre: la settentrionale vicinissima alla chiesa, è grande, lenta, piena di malerbe; il bacino ivi eretto è provvisto di cateratte per il lavoro del Molino Grande, o grande molino di farina, i La sorgente centrale bolle sotto un muro nano di roccia con stratificazioni ciclopiche, ornata di ellera bellissima, che è la caratteristica dell'Istria; il suo letto è angusto, diritto, profondo. La sorgente meridionale, scaturisce da una grotta sotto un albero, con uu muro a tergo; questa è la più grande, tranquilla, e bassa; alimenta il Molino Piccolo alla riva sinistra. Fra le due ultime, un lembo di terra è ancora appellato il giardino; e un bitorzolo sulla cima era il Belvedere del l'antico castello. Queste sono le precise sorgenti del Timavo, le quali, dopo avere attorniato due isolette si uniscono alla cosidetta Mandria di San Giovanni, che è uu canale simile a una diga, — stretto, profondo, formato a guisa di un' g inverso. Le acque blu-verdastre, simili allo zolfo, sono piene di grosse anguille (bisati); e Marziale nomina il famoso pesce lupus, chiamato in oggi branzino, La linea sicura e chiusa dalla parte di terra è ben nota ai trabaccoli e alle barcazze, le quali rassomigliano il vecchio Mar-gate hoy. Questi bastimenti microscopici caricano ai due mulini, vicino alle sorgenti. Il fiume finalmente entra nel Golfo per due punti, nord e sud, il primo rapido interrandosi. Qui riceve il Lukovac o il ruscello Cave (Luka). L'ultimo *; Dall'opera di Burtou : The Therme of Monfalcone. London, Horace Cox, 1881. — Continuazione ; vedi i N. 6, 8, 9, 10 e 14. ' alimentato da una moltitudine di sorgenti minori j sotto r orlo del Carso, fa parte del sistema j Timavo. Così potete trovare sette e nove ora, oppure anche una dozzina. Qui dintorno i Veneziani non lasciarono buon nome e la Repubblica è accusata di aver danneggiata la corrente collo sprofondarvi alla foce un bastimento. Belforte, l'opera eh' essi costrussero nel secolo XIII contro i loro nemici il Patriarca di Aquileja ed il Conte di Gorizia, è oggi sotto acqua e si mostra solamente a bassa marea. Alcuni ritengono aver succeduto 1' originario fanum Diomedis. Dalla chiesa di San Giovanni andammo intorno alla testa delle acque del basso Timavo, e dopo venti minuti di pianura paludosa, ci arrampicammo lungo il margine della rupe di Duino, prospiciente il mare a sud-ovest. Dopo alcuni passi trovammo fra gli ubertosi giunchi e le obliose canne un' apertura nella pietra calcare, da cui gorgoglia a bassa marea una certa quantità d' acqua, assai pregna di zolfo. La temperatura della sorgente era in Giugno alle 5 p. m. 10° R. ( a 55.° Fahr.) Come le acque d'Isola, cittadella istriana, benché di troppo dispendio per ridurle ad uso terme, sono diuretiche e dove abbondano la pelagra ed altri mali cutanei non dovrebb' essere permesso di lasciarle preda al mare. Questa gita ci ha procurato un bello studio intorno al classico Stagno (Stagna) o Lacus limavi. Negli antichi tempi esisteva uu lago fronteggiato verso il mare dalle Insidae Clarae. Si suppone, e non senza ragione, che a' tempi romani, queste paludi erano 1' imboccatura del Sontius o fiume Isonzo, il quale oggi scorre presso Gorizia e Gradisca, e che perciò venne denominato — „il più giovane fiume d'Europa." ') Gli è certo ch'ebbero luogo vari mutamenti. Una corrente passa rapida sulle «piaggie orientali dell'Adriatico, gira intorno il suo capo, e scorre nella Romagna Veneziana e nell' Apuli». Di consueto la costa occidentale s'innalza, e così le città simili ad Adria e a Ravenna, un tempo marittime, sono ora fra terra. La costa orientale cedette, come scorgesi da una fila di rovine sott' acqua fra l'Istria e le Bocche di Cattaro. Ma vi sono eccezioni, ed una di queste è il litorale fra Duino e Monfalcone, dove furono trovati forti anelli di ferro, alti ed asciutti, che servirono per fermare i bastimenti ; ed accanto la sorgente secolare dello Stagno (Stagna), le pianure sono piegate dalle bianche muraglie ') 'Ber Isonzo ala tler jàngste Fluss von Europa, opuscolo letto al Congresso geogràfico di Parigi nel 1875 dall' erudito signor Barone C. di Czoernig (padre . del Carso che si protendono verso 1' oriente. Raggiungiamo ora la strada maestra, che data pure dal 1831, e dove la vecchia linea correva lungo l'argine destro del Timavo. Alcuni muri a destra, in rovina, segnano il confine della vecchia Signoria di Duino. Mano mano che uno si avanza, vede i resti dello Stagno nella vegetazione acquatica, alta, colorita e fresca; nelle linee d'acqua solcate da gigli, ed in campicelli quadrati quivi asciutti colà bagnati, che significano risaje. Come le faecie giallastre dei contadini sono indizio di quelle «spugne " portatrici di febbri, chiamate altamente drenaggio. Esse albergano una turba di ranocchi gracidanti senza tregua — „usignuoli di Monfalcone' — innocui serpi di due specie, nere e verdi ; nonché uno stormo di corvi e di bruni stornelli. Vi si trovano anche uccelli selvatici e la scritta Caccia riservata in lettere cubitali ; ma la riserva deve essere ben rara quando ognuno ha un fueile ec un cane e vi passa ogni Domenica. La strada maestra Trieste-Venezia si versa ora da settentrione ad occidente ; il viale ci vecchi e cadenti pioppi lombardi, che presto diverranno gelsi, piega sullo stagno di Monfalcone aumentando da 1 e 'I, a 3 chil. Alla nostra sinistra vediamo le isolette, che Plinio (Nat. Hist. III. 26) chiama le .,Clarae insulae, ante ostia Timavi . . . juxta Histrorum agrum, (.'issa,, Pullaria" ecc. Esse giaciono fra noi e l'Adriatico in forma di due massi staccati di pietra grigia calcare, evidentemente massi esterni de Carso; un tempo isolette di roccia, esse furono unite al continente dopo il secolo dodicesimo. La prima, più orientale, è il Monticello della Punta che fiancheggia la parte nordica di una piccola baja formata dalla imboccatura paludosa de Timavo-Lukovac. Così è chiamato dal forte „La Punta", che guarda la bocca del porto, il ponte' di leguo sopra il Lukovac, e l'antica strada mae-i stia, ora una linea traversale che la spalleggia. Le opere di pietra e calce, un tempo veneziane e poi austriache, furono lasciate andare in rovina' dopo l'anno 1849. Si può girare intorno agli erbosi pendii ed agli spezzati terrapieni senza incontrare alcuno, eccettuata la guardia della costa (finanza), che è accasata in un imbiancato1 cottage. Separata dall' „Insula Clara" da una breve palude, appena sopra le alte maree della testa del Golfo è la seconda, conosciuta oggi per: „Monticello di Sant'Antonio". Più lunga e più larga della sua vicina, ella si solleva ad un'altezza da 50 ad 80 piedi. Una casa di cura ab- bellirà in avvenire la collina, da cui gli ammalati godranno 1' aria e la vista del mare. Quivi trovansi due delle caverne di pietra calcare tanto comuni in questi paesi. La più piccola prospiciente verso terra o a settentrione è detta nei libri Grotta delle Fate e dal volgo Del diavolo zoppa. Ella è celebre fra i cercatesori. Nel 1730 cinque uomini la visitarono di notte e quattro furono spaventati a morte, come essi raccontarono dai barbagianni o civette cornute. Seguiti da due preti ed una femmina, scavarono accuratamente sotto le stalattiti, ma non trovarono niente. La „Grotta dei Nottoli", di faccia al mare, è molto più ampia, ed è notevole per la sua quantità di breccia ossifera, 1' usuale massa spezzata in una pasta rossa. Io portai via delle mostre, ma qui non furono mai trovati avanzi umani. Sul contine orientale della quondam isoletta giace la tozza, melanconica e piccola cappella del patrono Sant'Antonio,l'eremita della Tebaide. Tessere ed altri avanzi furono trovati all'intorno. Qui infatti, e lungo tutta la costa i padroni del mondo di quell'epoca, avevano le loro ville, le fabbriche di terraglie, le tintorie e ne' tempi medievali eravi un guardaforte. Ad occidente di quest' ^Insula Clara" un ramo di strada corre al Porto Rosica, il porto di Mon-faìcone, che è un fossato pieno di malerbe, fangoso, ma grande abbastanza pe' suoi bastimenti simili a barche, formato da una diga che finisce in un muro di pietra; ai di là éstendesi il Golfo Ionio, detto ora Adriatico. Le spiaggie dell'acqua bassa mostrano le profonde isolette conosciute col nome di Pansano, Cavana e Fitimisini. Quaranta giace rimpetto al villaggio degli Alberoni, i cui grandi alberi credesi sieno appartenuti alla Silva Diomedaea. Più in là della lunga e sottile punta, La Sdoba, formante l'argine sinistro del moderno Isonzo, che si stende fuori del mare, si redono il campanile e le bianche case di Grado, nonché la folta vegetazione della Santa Isola. Barbami. i ; ; i Tutto questo per ciò che spetta alla sinistra. A man ritta si vedono i sostegni fatti di pietra de! Carso ; qui la stratificazione si cambia da orizzontale in verticale, ed in alcuni luoghi apparisce a guisa di materia listata, mal piegata e peggio collocata. I! ruscelletto Lukovac attraversato da un ponte di pietra, che è succeduto ad uno di legno, bagna il paese come il Timavo. La sorgente è il lungo e basso lago di Doberdò; un passaggio sotterraneo conduce al lago di Pietra Rossa, bene imboscato ; un altro sotterraneo lo conduce ad un burrone, attraversato dal ponte della ferrovia ; e finalmente quando sbocca sullo Stagnum è nudrito da una quantità di „polle". Il letto più basso era fino agli ultimi anni na-c, vigabile, e la „Sacca dei Bagni" è un „largo" sapra il ponte, Un po' più avanti sì vede il villaggio di Medeazza, degno di nota per non avere nè prete, nè avvocato, né medico; e per conseguenza i suoi abitanti giungono alla più tarda vecchiaja. Suppongo che il nome, pronunciato Medeavazza. sia uno de' nomi derivati dalla voce meduat, orso ; bestia che un tempo dev'essere stata più comune ; ha però indotto certi ^rchelogì locali ad unirlo con quello della cattiva maglie di Coìchide. Ll originale spedizione degli Argonauti era una scorreria piratesca nell' Eusino, dove 1' oro veniva raccolto nella maniera primitiva, colie pelli di pecora, — „tosoni d'oro.u In seguito il nome cejtico della peni-: sola istriana fu confuso con quello del delta nel basso Danubio, La voce Istria deriva probabilmente | dal celtico hìstr o histrinn (guscio), che corrisponde a murice, la moderna garusa, la quale si adoperava nella tintura della porpora. Da qui ; il porto V-istro e l'isola a mezzogiorno di Rovigno/) Questo divenne facilmente Ister uisge | (acqua) e dear ( largo) ; e quindi il racconto mitologico di Giasone, Medea, Assirto, fu trasferito I dall' Istro Danubiano all' Istria dell' Adriatico. L'antica Lubiana era chiamata Nauportus, porto della „Argonavis", e per tacere di altro, fu trasferito il fatto memorabile del fratricidio ovidiano Tomi, nell'Isola di Cherso. (Continua) Cose locali Monsignor Giovanni Dr. Glavina fece jeri il suo solenne ingresso nella nostra città, quale vescovo delle unite diocesi Trieste - Capodistria. La ristrettezza del tempo non ci permette di estenderci in particolari sul lietissimo avvenimento e su'la entusiàstica accoglienza fattagli da tutta la nostra popolazione. Lo faremo ben volentieri nel prossimo numero. Diciamo intanto che il nuovo vescovo nacque nei nostro distretto, poco lungi da Capodistria, il dì 13 aprile 1828, che venne ordinato sacerdote il 17 agosto 1852, consacrato vescovo di Parenzo e Pola il 6 ottobre 1878, e che fu nominato vescovo di Trieste-Ca-podistna addì 2 maggio 1882. Vari scritti di occasione in prosa ed in verso 11 prof. Benussi,(li Rovigno. che pubblicò parecchi ottimi manuali di geografia é storia istriana, sostiene r origine celtica dell'Istria ; ed io sono disposto a credere che la voce latina óstrea, l'islandese ,ostr. e J' inglese oyster, hanno origine celtica, e itili'cóme dicono i dizionari origine greca da 'octs'ov, osso. — L'ostrica istriana è lodata da Plinio XXXII. 6); e con un po' d'appoggio del Governo la coltura delle ostriche potrebbe essere utile alla provincia. Anche Cassiodoro fa menzione delle conchiglie istriane. vennero stampati e pubblicati per questa faustissima ricorrenza, tra i quali ricordiamo una raccolta di cose ecclesiastiche relative a questa città, dedicata dal Municipio, alcuni decasillabi ed un sonetto del Capitolo Concattedrale, un carme latino di Mons. de Favento, ed una poesia popolare del professore di questo ginnasio Abate | Lorenzo Schiavi. Una Cronaca di Rovigno del secolo 18.° *) a dì 8 marzo. — Furono i suddetti trasportati allo scoglio di S. Caterina e fecero un protesto a chi si aspetta per avergli lasciato portar via le sue prede dagl'Imperiali. a dì 9 d.° — Passò di qui la squadriglia Imperiale colle prede diretta per Trieste; ed arrivarono qui tre Ufficiali Ingegneri Tedeschi col Dr. Segher medico di Pisino per prender in esame tutti li Porti della nostra Provincia. Di tutti .questi fatti in questa sera furono scritti dispacci ed al Magistr. alla Sanità, ed al Governo, a dì 17 d.° — Capitò in questa mattina un'ora dopo il mezzogiorno S. E. Leonardo Correr Almirante colla sua nave di Linea la „Gloria Veneta", accompagnato dalla fregata la Bellona Governator S. E. Grassi, e si ancorarono in porto di Val de Bora, ove non vi è memoria di uomini viventi che mai abbiano dato fondo navi da guerra, a dì 22 d.° — Capitò da Venezia alle ore 21 una brazzera pareuzana per espresso all' Ecc. Correr con ordine del Senato di salpar subito, e portarsi in Venezia; il vento forte di tramontana non gli permise di salpar questa sera. Egli avea fatto un invito per dimani ad un pranzo pubblico. a dì 28 d.° — L' esercito Francese, dopo aver sconfitto il Principe Carlo sotto Gorizia, s'impadronì ed entrò iu Trieste, a dì 24 d.° — Partì in questa mattina dal Porto diretto per Venezia S. E. Almirante Correr con tutta la squadra, a dì 25 d.° — Barche arrivate da Venezia portarono la triste noti zia che Brescia e Bergamo si erano ribellate al suo Sovrano, ed innalzato l'Albero della Libertà, dopo aver scacciato da Bergamo S. E. Alessandro Ottolini Cap. e Podestà, e di aver fermato e messo in carcere S. E. Alvise Mocenigo e S. E. Frane. Battaja Ispettor Generale di Terraferma, tutto il Ministero ed un Martinengo. Quindi si ordinò un triduo col SS. Sacramento in Venezia; si espose alla venerazione l'immagine della B. V. in S. Marco ; si raddoppiarono le battaglie ; e tutto il Senato era in estrema desolazione, il quale teneva frequentissimi Pregadi, e consulte nere, a di 30 d.° — Passò per queste acque una squadra inglese composta di due navi di linea, e due grosse fregate dirette per Trieste. E capitò in questo porto una squadriglia austriaca composta di dodici lancie cannoniere, due Brik. un Cotter, che scortavano moltissimi tarta-nesi carichi di cannoni, balle, polveri, farina e tormento ed altre mercanzie dirette per Segna, e portate via da Trieste all' arrivo de' Francesi, a dì 2 aprile — Capitò qui il Colonello Bor-tolossi che passava in Dalmazia con commissioni pressantissime per far reclute. a di 4 d°. — Capitò qui da Venezia il Colonello .....che passava in Dalmazia per far leva di dieci mila uomini per le ribellioni di Bergamo, Brescia, Crema e Salò; anzi nacque li 31 decorso Marzo una battaglia fra Veronesi e Bresciani e coli' ajuto del mezzo Reggimento Zulatti la vittoria si dichiarò per i Veronesi. Fu preso il co. Lechi efatto anco prigioniero il Gambara, ferito, con altri 300 individui, e presi sette cannoni. Era unito al sud. Ufficiale un Principe Gonzaga che passava per Segna a Vienna onde ottener da S. M. l'Imperatore il placet di poter abitare in Venezia. a dì 19 d. — Capitò in questa sera il Maggior Parma per far soldati, motivandosi aver la Francia intimato la guerra alla nostra repubblica. Alle ore 3 capitò un espresso a Parenzo a S. E. Correr Ai-mirante, chiamandolo subito in Venezia colla sua squadra. a dì 23 d. — Capitò in questa mattina da Venezia un Ufficiale di marina di Po-lovirileo, spedito dalla Repubblica per avvisar la Popolazione che volendo entrar per forza un Tartanon francese carico di uomini entro il porto di Venezia e respinto dai cannoni del Lido, ed insistendo, fu loro spedito incontro un sciambecco di schiavoni, i quali ne uccisero cinque e ferirono sette perchè fermati dagli ufficiali e fecero prigionieri il rimanente ; quindi era avvertito il popolo Rovignese di ricever i Francesi con buona maniera se venivano amici, e respinger la forza colla forza se venivano come nemici. Quindi si armarono subito tre vascelli eh' erano nel porto di Val de Bora, due di Cap. Iseppo e Cap. Nicolò fratelli Fachinetti, rovignesi, ed il terzo Cap. Ballerini, e due altri eh' erano nel porto di S. Catterina, uno di Cap. Drago Bocchino, 1' altro di Cap. Zuanne Capponi, rovignese. Si spedirono ottanta e più uomini sotto la direzione del tenente Zonca e del cap. Leonardo Davanzo in tante brazzere per equipaggiare la nave da guerra „ Eolo " lasciata in Quieto dall'Almirante Correr perchè spoglia di equipaggio, — Governator S. E. Giulio Querini. Si spedì il tenente Filaretto per e-spresso a Parenzo, Cittanuova, Umago,. Pirano, Capodistria ad avvisare tutte queste città di tale insorgenza: il suddetto Ufficiale Polovirileo partì il dopopranzo per la Dalmazia ad avvisar S. E. Provved. Gen. a dì 24 d. — Ritornarono indietro le Barche spedite alla nave suddetta perchè non ne avea bisogno, essendo jeri capitato un Cotter da Venezia con rinforzo di marinari, e commissione che salpi la suddetta nave „Eolo" subito, e si porti ancor essa ad unirsi alla squadra Correr in Venezia. In questa sera partì per il Litorale dell' Istria il Maggior Parma, il Sopraintendeute alle Cernide ed il suo accompagnamento, a dì 25 d. — Passò per quest' acque a distanza di sei miglia due navi da guerra, e due Cotter inglesi che andavano verso Trieste, a dì 3 Maggio — Arrivò in Parenzo alle ore 4 di notte S. E. Provv. Francesco Pesaro, il quale nascosto nella nave di S. E. Leonardo Correr Almirante in porto di Piave, s' imbarcò colla barca di P. Nicolò de Borri Rovignese. ed arrivato in Parenzo con lettera del Correr commendatizia al Marchese Gio: Paolo Polesini, fu provvisto jeri di cavalcatura, e passò a Pisino con il suo cameriere, fuggendo lo sdegno de' cittadini. *) Scoperte archeologiche Dalla gentilezza dell'egregio sig. Capitano di Gendarmeria Schram ho ricevuto copia delle seguenti due iscrizioni : i. Trovata alla Madonna delle Grazie nel bosco di Siana presso Pola. IL S1B1 • ET • I • Al TI • AVGVS CON1VG1 • I ET • LIBERTIS OVAT Il sig. Conservatore H. F. Kenner, custode del Gabinetto d'antichità in Vienna e Referente per l'Istria, spiega così l'epigrafe frammentaria: „Un uomo, il cui nome manca, pone a sè ed „ alla moglie, liberta dell'imperatore Tiberio, ed „ ai suoi proprii liberti .(dei quali è conservato „ un solo nome ■— Quarto oppure Ovarso) un „ monumento sepolcrale." Si potrebbe, a mio parere, ritenere che il TI della terza linea non indichi TIBERII (che sarebbe piuttosto stato scritto TIB., come in altre iscrizioni), ma sia il dativo del nome della moglie AI . . . TIS; e che questa fosse liberta non già dell'imp. Tiberio, ma di Augusto, tanto più che porta il prenome di IVLIA (I •) figlia di questo imperatore. 0 piuttosto il TI • indicherebbe l'imperatore Tito, il quale ebbe pure una figlia Iulia. 2. Frammento trovato a Pola sotto il castello nel clivo di S. Rocco. ■ÌG PAVIA • C DEMM MENVSS DVASM Il Kandler ne' suoi inediti manoscritti enumerando tutte le divinità forestiere che ebbero culto in Istria, esclude espressamente quella asiatica di Mitra, il dio della luce. Di recente *) II Pesgro aveva supplicato indarno il'Senato a provvedere per l'armamento e per la resistenza al Bonaparte. (N. d. R.) fu scoperto a Pola un bassorilievo che lo rap- i presenta nella solita forma d' un giovane col j berretto frigio e mantello svolazzante, che mon- | tato sopra un toro atterrato lo scanna con coltello, avendo all' intorno altri giovani ed animali. Di questo bassorilievo però non fu ricuperato che la metà inferiore, il cui disegno mi fu spedito dal sullodato sig. capitano. Altra nuova scoperta archeologica. Scavandosi negli scorsi giorni nelle vicinanze dell'Ammiragliato in un fondo del Sig. Wassermann per gettare le fondamenta d'una casa, furono estratti cinque o sei pezzi di colonne scannellate ed i rispettivi bellissimi capitelli. C. D. F. PUBBLICAZIONI Programma dell' 1 B. Ginnasio superiore di Capodistria, anno scolastico 1881-82. Contiene un dottissimo studio del professor Oreste Gerosa sulla propagazione del regno animale, diviso in ventidue parti, una delle quali parla della fillossera e della sua pro-pagazioue. Dai dati statìstici rileviamo che vi furono inscritti 140 italiani, 4 slavi, 3 greci, 1 tedesco, 2 francesi. L'apertura dell'anno scolastico 1882-83 avrà luogo 1 ottobre a. c. Progamma dell' I. R. Scuola Nautica di Lus-sinpiccolo — anno scolastico 1881-82. Questo istituto aperto nel 17 geniiajo 1855, è in oggi diviso in tre corsi. Dai dati statistici apprendiamo che nell' anno presente furono inscritti 36 scolari, 33 dei quali erano italiani, 1 slavo. L'apertura dell'anno scolastico 1882-83 seguirà nel giorno 1 ottobre a. c. Programma dell' I. R. Ginnasio superiore di Pisino - anno scolastico 1881-82. E diviso in due parti: nella prima si legge un lavoro in lingua tedesca dal titolo: La grande moria in G«nnania negli anni 1348-1351, e le susseguenti pestilenze fino a la fine del XIV se- l colo; nella seconda parte vi hanno le notizie scolastiche, da cui rilevasi che il ginnasio fu frequentato da 112 scolari, dei quali 77 italiani, 41 croati, 14 sloveni, 6 tedeschi. Sostennero bone l'esame di maturità i tre seguenti: Giovanni Olarici da Piagnente, Eduardo Slobo-nich da. Bischoflach (Carniola), e Giuseppe Larice da Fianona. L'anno scolastico 1882-83 inconiincierà nel 2 ottobre a. c. Stato delle scuole popolari maschili e femminili di Capodistria alla chiusa dell' anno scolastico 1881-82. La frequentazione dei maschi fu di 313. de' quali 190 furono promossi, quella delle femmine fu di 322, promosse 197. La riapertura delle scuole seguir? il 2 ottobre ed apposito avviso rammenta ai genitori o tutori l'obbligo loro imposto dalla legge di far frequentare regolarmente la scuola dai fanciulli obbliga- j tivi, risparmiando così alle autorità delegate alla sor- j veglianza della frequentazione il dispiacere di applicare ; a loro riguardo le penalità portate dalla legge scolastica in vigore. Esposizione industriale agricola a. u. del 1882 in Trieste. Regolamento generale per la sezione agraria, coi programmi della sezione agraria, dei concorsi per la floricoltura e giardiilà/ggio. dei coueorsi per la esposizione dell'ammalia,; nonché il regolamento speciale per esposizione dell'animalìa, le classi formanti parte dell' esposizioni temporanee ed in fine il calendario per queste esposizioni. Cornelio Frangipane di Castello giureconsulto, oratore e poeta del secolo XVI di Prospero Antonini; estratto dall'Archivio storico italiano, serie IV, Tomo Vili e IX, Firenze, Uffizio dell'Archivio storico italiano, coi tipi .li M. Celli ni e C. 1882. Memoria del conte Matteo Thunn sulla legge 9 febbrajo 1882 relativa alla imposta stii fabbricati. Il conte Thunn, indefesso scrittore di cose che interessano le circostanze economiche del nostro paese (trentino), addimostra in questo nuovo lavoro la gravezza della nuova imposta del casatico, ed il difetto di giustizia distributiva che si riscontra nella base, specialmente ove essa imposta viene applicata per classe secondo la tariffa B, facendo spiccare (All'eloquenza delle cifre e coi sodi argomenti la mancanza di razionale criterio e della predetta giustizia distributiva. — Sarà sopportabile questo nuovo peso sul nostro paese? Non lo crede il chiar antore della memoria; egli crede che la legge attuale non reggerà molto tempo, e spera che sarà riformata con elementi più equi e tollerabili. Per ciò ottenere la raccomanda agli elettori interessati,perchè influiscano presso i deputati al Consiglio dell'impero, ed intanto anche durante l'attività della legge invita ad approfittare dei diritti costituzionali, affine di potere introdurvi quelle giuste ed opportune modificazioni consentanee alle nostre peculiari circostanze economiche. (Dal Sena co) L'Archivio storico per Trieste, V Istria ed il Trentino contiene nel fascicolo 4" i seguenti argomenti: Re Berengario I. in Istria — G. Grion. Un discorso inedito di Pier Paolo Vergerio il seuioredi Capodistria — 0. A. Combi. Di Castellalo trentino, oggi Castel d'Ario mantovano, ricordi storici — F. Ambrosi. Un gruppo di aesgravi trovati a Trento— P. Orsi. Varietà. — Maestro Martino daSteuico. Curiosità storiche istriane, dalmate e trentine ecc. — A. Bertolotti. Scoperta paletnologia in Istria — T. Luciani. Epigrafe capodistriana — P. Orsi. Rassegna bibliografica. Statuti e ordinamenti per i Battuti di Trento, pubblicati da 0. Schneller. La legge romana udinese, per F. Schupfer. Le relazioni tra Trieste e Venezia sino al 1381 per G. Cesca. Saggiodi cartografia della Regione Veneta. L' Archeografo Triestino, anno Vili. Annunzi cibi.; pubblicazioni periodiche. La sollevazione di Capodistria nel 1340 — 100 documenti inediti, pubblicati ed illustrati da Giovanni Osca, dottore in filosofia e lettere.— Brucher e Tedeschi librai — editori. Verona, Libreria alla Minerva — Padova, Libreria all'Università — Lipsia, 1882. Questa importantissima raccolta è preceduta da un sunto, che tratteggia con molta erudizione e maestria i fatti storici istriani nel secolo XIV, specie quelli di Capodistria nelle sue antichissime relazioni con Venezia.