ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 259 received: 2020-07-10 DOI 10.19233/ASHS.2021.17 DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA Jadranka CERGOL Università del Litorale, Facoltà di Studi Umanistici, Dipartimento di italianistica e Istituto di studi interculturali, Titov trg 5, 6000 Koper, Slovenia e-mail: jadranka.cergol@fhs.upr.si SINTESI Lo scopo del presente contributo è proporre un confronto tra due trattati pedagogici che sono stati stesi da due umanisti europei, legati all’area dell’Alto Adriatico: si tratta dell’opera De ingenuis moribus et liberalibus studiis adulescentiae del Capodistriano Pier Paolo Vergerio il Vecchio e del Tractatus de liberorum educatione di Enea Silvio Piccolomini, allora vescovo di Trieste e futuro papa Pio II. Il primo dei due trattati detiene il primato assoluto nell’ambito della pedagogia umanistica, mentre il secondo fu scritto cinquant’anni più tardi e chiude la sequenza di una corrente intellettuale che ebbe un ruolo importante nella formazione del pensiero umanistico. Il confronto tra i due permette di intravedere quali furono i principali mutamenti avvenuti nell’arco della prima metà del secolo in questione, ma anche di comprendere quali siano stati invece i valori che sono rimasti fermi nella cultura umanistica. Parole chiave: trattato pedagogico, umanesimo, Pier Paolo Vergerio il Vecchio, Enea Silvio Piccolomini TWO HUMANISTIC PEDAGOGICAL TRACTS FOR A WINDOW TO EUROPE ABSTRACT The purpose of this contribution is to propose a comparison between two pedagogical tracts that were written by two European humanists, linked to the area of the Upper Adriatic: the first is De ingenuis moribus et liberalibus studiis adulescentiae written by the Capodistrian humanist Pier Paolo Vergerio the Elder, the second is the Tractatus de liberorum educatione by Enea Silvio Piccolomini, then bishop of Trieste and future Pope Pius II. The first of the two tracts holds the absolute primacy in the field of humanistic pedagogy, while the second was written fifty years later and closes the sequence of an intellectual current that played an important role in the formation of humanistic thought. The comparison between the two allows us to glimpse what the main changes occurred during the first half of the century in question, but also to understand what were the values that remained firm in humanistic culture. Keywords: pedagogical tract, humanism, Pier Paolo Vergerio the Elder, Enea Silvio Piccolomini ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 260 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 INTRODUZIONE Il tema dell’educazione è fortemente presente all’inizio dell’Umanesimo e continua a rimanere un perno rilevate, intorno al quale ruota il dibattito in- tellettuale della prima metà del Quattrocento. Un’ap- profondita analisi dei trattati scritti in questo periodo può mostrare un’interessante evoluzione delle idee umanistiche e in particolare del discorso educativo, il loro progredire da corte a corte e l’adattamento alle nuove esigenze educative degli aristocratici e borghesi della civiltà mercantile che miravano a for- mare intellettuali, non più dediti alla speculazione medievale del mondo ultraterreno, ma al governo concreto delle città. “Uno sguardo attento ai mo- delli educativi che si vengono via via prospettando dall’inizio fino ad oltre la metà del Quattrocento […] rivela una ricchezza di motivi e suggestioni che vanno ben oltre l’orizzonte pedagogico quale oggi lo intendiamo, e assumono una più ampia dimensione storica, politica, culturale, antropologica” (Rossi, 2016, 3). È interessante notare come il primo e l’ul- timo di questi trattati siano stati scritti da pedagoghi che erano in un modo o nell’altro legati all’area dell’Alto Adriatico, come per aprire e chiudere un cerchio che abbracci tutta l’Europa centrale. “Non è forse un caso che, nella storia dell’Umanesimo, italiano ed europeo, l’area di Capodistria e Trieste abbia giocato, in diverse occasioni, un ruolo impor- tante di cerniera tra Est e Ovest, tra Italia e Centro Europa” (Vecce, 2009, 147). I due trattati in questio- ne sono il De ingenuis moribus et liberalibus studiis adulescentiae del Capodistriano Pier Paolo Vergerio il Vecchio e il Tractatus de liberorum educatione di Enea Silvio Piccolomini, allora vescovo di Trieste e futuro papa Pio II. Il primo dei due detiene anche “il primato cronologico nei confronti degli altri, e costituisce in effetti la prima riflessione globale su un movimento che, dagli intellettuali padovani di fine Duecento-primo Trecento fino a Petrarca, Boccaccio e Salutati, ha già prodotto radicali cambiamenti nella scuola tardomedievale italiana” (Vecce, 2009, 148). LO STATO DELLE ARTI Gli studi finora pubblicati dimostrano come all’inizio del XV secolo in Italia cominciò a proli- ferare una vera e propria corrente educativa inno- vatrice nelle corti delle Signorie cittadine che portò alla nascita di importanti trattati pedagogici i quali rappresentano le prove di una delle più importanti linee di pensiero umanistico e cioè l’istruzione e 1 Numerosi sono i manoscritti dei trattati umanistici rinvenuti nelle più antiche biblioteche italiane ed europee. A partire dall’inven- zione della stampa nel XVI secolo gli stessi trattati vissero una diffusione ancora più ampia essendo stati stampati o singolarmente oppure – più frequentemente – inseriti in miscellanee (Cagnolati, 2016, 94). Per la diffusione dei manoscritti di Pier Paolo Vergerio si veda Favero (2018). l’educazione dei futuri signori (Garin, 1958; Kri- steller, 1962, 1–20; Grafton & Jardine, 1986; Quo- ndam, 2006). Leggendo le opere umanistiche infatti il tema dell’educazione e della pedagogia emerge in continuazione sia nei singoli trattati dedicati al tema che anche accennati in altri libri sul pensiero umanistico (Fubini, 2001; Viti, 2009; Vergara, 2012). Nell’arco dei primi cinquant’anni del secolo in questione si arriva così alla piena maturazione di una corrente di pensiero pedagogica che affonda le proprie radici nelle corti italiane, ma che ben presto, con codici manoscritti, incunaboli, epistole si diffonde in molteplici copie su gran parte del continente europeo1. Pier Paolo Vergerio il Vecchio appartiene alla prima generazione umanistica, caratterizzata, tra l’altro da un costante spostamento di città e corti prima italiane, poi anche europee. Dopo aver stu- diato a Padova, si traferì a Firenze, dove ebbe ma- estri come Francesco Zabanella, Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini. Fu poi lettore a Bologna, dove probabilmente compose quella che è considerata la prima commedia umanistica, il Paulus, ad iuvenum mores corrigendos. A maturare le prime esperienze educative fu a Padova tra il 1390 e il 1397, quando svolse le mansioni di segretario di Francesco II da Carrara e di precettore di suo figlio Ubertino. Si trasferì prima a Firenze, dove studiò greco da Emanuele Crisolora insieme a Coluccio Salutati, Jacopo dell’Agnolo e Palla Strozzi, per ritornare infine a Padova, dove terminò gli studi di diritto civile e canonico (McManamon, 1996; Ne- meth & Papo, 2017). Proprio questi continui scambi di città, di compagni ed insegnanti permise al Verge- rio di formarsi una propria linea di pedagogia, che non seguiva completamente l’esempio fiorentino, ma una nuova consapevolezza, basata più sui testi classici: “Tutto sommato fu più moderno dei suoi contemporanei, con una dimensione che oggi si direbbe europea.” (Petrini, 1991, 7). La modernità del Vergerio è riscontrabile proprio nella stesura del suo trattato pedagogico De ingenuis moribus et li- beralibus adulescentiae studiis, considerato il primo, di tutta una serie di trattati pedagogici “mirati alla elaborazione di linee educative basiche per le nuove generazioni” (Cagnolati, 2016, 93): ha affrontato il tema dell’educazione con assoluto anticipo rispetto alle pubblicazioni contemporanee nell’età umanisti- ca, “con i vivaci colori del dinamismo tipico dell’età comunale, ricca di contatti, relazioni, commerci, fatta di spazi aperti e di inusitate sperimentazioni” (Cagnolati, 2016, 93). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 261 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 Il trattato di Vergerio aprì in seguito la strada a tutta una serie di altri trattati sul tema della pedagogia. “Se da un certo punto di vista questo testo si può considerare un prototipo, dall’altro non bisogna cercarvi una originalità particolare […]; è il piccolo laboratorio di quella che sarà la futura cultura umanistica, lettura di classici e loro rielaborazione” (Del Nero, 2019, 8). Tra le opere pubblicate, una buona parte fu scritta “nell’Italia padana, poi, e specialmente nella sua parte nord-orientale sono individuabili alcuni dei luoghi di nascita, di formazione e di lavoro di uma- nisti-educatori quali Vergerio, Guarino, Barzizza, Vittorino.” (Del Nero, 2019, 9). Possono inoltre essere annoverati tra questi studiosi anche Leonar- do Bruni, Leon Battista Alberti, Matteo Palmieri, Maffeo Vegio da Lodi ed Enea Silvio Piccolomini (Grendler, 1991) che si inserisce in questo filone con il Tractatus de liberorum educatione (Maffei, 1968; Rotondi Secchi Tarugi, 1991), composto negli anni del suo vescovado a Trieste tra il 1447 e il 1450: come se si volesse chiudere il cerchio lì dove era stato aperto e abbracciare tutta l’Europa Centrale nella zona dell’Adriatico settentrionale. Rispetto al cuore pulsante dell’Umanesimo che veniva considerata l’asse geografica tra Firenze e Padova, Capodistria e Trieste potevano infatti sembrare zona ‘di periferia’, “ma forse proprio per questo in grado di dare una visione cosmopolita della rivoluzione che stava accadendo in Italia, e di consentirne una lettura più ampia nel resto del continente” (Vecce, 2009, 149). Entrambi gli autori trattati erano uomini di estra- zione culturale umanistica, ma anche importanti trasmettitori di valori umanistici in Europa. I loro viaggi li portarono in varie parti del continente, presso le università e le corti, dove avevano avuto la possibilità di promuovere una lettura umanistica dell’educazione che superava la divisione in natio- nes, promuovendo invece i valori morali e culturali dell’uomo, in linea con le tendenze dell’umanesimo italiano. Proprio il confronto tra questi due trattati pedagogici, quello del Vergerio e quello del Picco- lomini, ci permette di osservare i cambiamenti gra- duali che avvennero nella prima metà del Quattro- cento da una concezione, pure sempre umanistica, ma ancora rivolta alle arti liberali intese nell’ottica medievale nel caso del Vergerio, ad un’educazione di carattere più realistico e rivolta alla formazione del futuro signore da un punto di vista pratico e più manuale, come nel caso del Piccolomini. Lo scopo del presente contributo è quindi proporre un confronto tra i due trattati che ci segnalerà quali furono i principali mutamenti avvenuti nell’arco della prima metà del secolo in questione, ma anche di intravedere quei valori che sono invece rimasti fermi nella logica umanistica. GENESI, STRUTTURA E CARATTERISTICHE PRINCIPALI De ingenuis moribus et liberalibus adulescentiae studiis di Pier Paolo Vergerio il Vecchio Il trattato De ingenuis moribus et liberalibus adu- lescentiae studiis fu scritto da Pier Paolo Vergerio tra il 1400 e il 1402 a Padova, dopo che a Firenze ebbe studiato greco presso il maestro Manuele Crisolora. Già parecchi illustri studiosi e ricercatori (Garin, 1958; 1967; 1975; Petrini, 1991; Vecce, 2009; Ca- gnolati, 2016; Rossi, 2016; Favero, 2018; Cergol, 2019) hanno parlato e dimostrato l’interesse di Pier Paolo Vergerio il Vecchio nei confronti della peda- gogia umanistica, concentrandosi sui valori morali descritti soprattutto nel trattato, scritto nel 1400 e rifinito entro il 1402, e messi in pratica ancora prima nella prima commedia umanistica Paulus, ad iuvenes mores corrigendos, scritta all’età di 20 anni nel 1390. Questi studi hanno messo in evidenza soprattutto l’apporto della cultura romana descritta nelle Istituzioni oratorie di Quintiliano e l’Oratore di Cicerone (Petrini, 1991), mentre altri hanno ap- profondito l’apporto dei valori morali dalla paideia greca sul pensiero di Vergerio (Cergol, 2019). Va ricordato, inoltre, che il trattato di Vergerio fu il primo di tutta una serie di trattati pedagogici “mi- rati alla elaborazione di linee educative basiche per le nuove generazioni” (Cagnolati, 2016, 93): ha affrontato il tema dell’educazione con assoluto anticipo rispetto alle pubblicazioni contemporanee nell’età umanistica, “con i vivaci colori del dinami- smo tipico dell’età comunale, ricca di contatti, rela- zioni, commerci, fatta di spazi aperti e di inusitate sperimentazioni” (Cagnolati, 2016, 96). Infatti, 16 anni più tardi uscirono le Istituzioni oratorie, inte- gralmente presentate da Poggio Bracciolini, il De liberis educandis di Plutarco uscì invece nel 1411. Vergerio, alunno del filologo classico Manuele Crisolora, aveva probabilmente letto e analizzato il trattato di Plutarco parecchi anni prima e ne era rimasto entusiasta, dato che ha in seguito appro- fondito il tema nella propria opera. In realtà aveva probabilmente preso in considerazione la stesura di un trattato sulla pedagogia già qualche anno prima, dato che nel Prologo al Paulus preannunciò la stesura di un’opera che avrebbe parlato dei vizi e delle virtù dei giovani. Il trattato di Pier Paolo Vergerio il Vecchio è più breve rispetto a quello di Enea Silvio Piccolomini, ma nonostante ciò, denso di informazioni e precetti, ordinati in due principali capitoli: questa struttura semplice e lineare lo rese probabilmente anche molto agibile e contribuì, oltre alla sua chiarezza, a decre- tarne il successo di pubblico nell’Europa umanistica. L’opera è suddivisa in due parti che si specchiano ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 262 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 tra l’altro nel titolo stesso: Pars prior – De ingenuis moribus e Pars altera – de liberalibus studiis, entram- be precedute da una breve Praefatio. “Tuttavia non va dimenticato che per Vergerio i ‘comportamenti’, le ‘abitudini’, le ‘inclinazioni’ (mores) dei giovani e le loro ‘occupazioni’ (studia) formano un dittico inseparabile” (Favero, 2018, 12). La Praefatio funge soprattutto a spiegare lo scopo e l’impulso che ha spinto l’autore a trattare questo tema specificando il destinatario della sua opera. La prima parte è invece dedicata alle buone abitudini e alle inclinazioni dei giovani, vengono forniti infatti suggerimenti ai precet- tori su ciò che è permesso fare e ciò che invece non lo è e di come introdurre i giovani alla temperanza, al rispetto e alla buona educazione. La seconda parte è invece interamente dedicata alle arti liberali, cioè a quegli strumenti che devono essere offerti al giovane affinché scelga una vita di virtù e di sapienza. Tractatus de liberorum educatione di Enea Silvio Piccolomini Il Piccolomini scrive il suo trattato pedagogico, il De liberorum educatione, nel 1450, quando la sua breve esperienza di vescovo di Trieste volge al termine. La prima stagione dell’umanesimo pedagogico si con- clude con un’altra ‘lettera ad un principe’, dedicato al giovane Ladislao, figlio nato postumo del re di Boemia Alberto II, al tempo sotto la tutela dell’imperatore Fede- rico III. Come nel caso del trattato De ingenuis moribus di Vergerio, si tratta nuovamente di una lettera aperta rivolta in realtà alle nuove classi dirigenti europee, e basata non solo sull’esperienza italiana, ma anche sull’attenta osservazione delle istituzioni scolastiche e universitarie contemporanee nel resto del continente (Vecce, 2009). Il Trattato di Piccolomini è assai più ampio e complesso di quello del Vergerio, è infatti diviso in 39 sezioni precedute da un lungo prologo, nel quale l’autore spiega prima di tutto lo scopo del suo lavoro rifacendosi ad alcuni celebri esempi del passato e si rivolge poi al destinatario spiegandogli le proprie intenzioni. A differenza del Vergerio, Piccolomini pone parecchia attenzione anche alla corporeità, all’educazione del fisico e alla cura del corpo ai quali sono dedicati i primi capitoli dell’opera, tra i quali rientrano anche le sezioni che parlano di una dieta equilibrata e della temperanza nel bere. Si passa poi ai contenuti di un’educazione volta alla virtù, che comprendono lo studio della filosofia, della teologia, della retorica. Soprattutto all’arte dell’orazione e 2 “ciò che il bambino debba scegliere e cosa debba evitare.” 3 “Sebbene sia opportuno che tutti gli uomini (e in primo luogo i genitori) si impegnino ad educare correttamente i propri figli e che i figli siano quindi tali, da dimostrarsi degni di buoni genitori, tuttavia, è opportuno che soprattutto coloro che si trovano in posizione di potere, dei quali niente di ciò che viene detto o fatto può restare nascosto, siano educati nelle principali arti per essere considerati degni sia della sorte che del grado di dignità che essi detengono. È giusto infatti che coloro che vogliono avere riconosciuto tutto, siano essi stessi garanti delle stesse cose. E non vi è ragione più certa e stabile del governare, di coloro che, ottenendo il potere, ne siano considerati degni.” all’eleganza del discorso viene dedicato parecchio spazio, come anche ad alcune regole grammaticali che forse sembrano essere un po’ obsolete in un trattato di pedagogia generale, ma che indicano l’interesse e il peso della padronanza della lingua nell’educazione dei giovani: si parla ad esempio delle variazioni delle parole, delle declinazioni, dei casi e dei tempi, dei solecismi e dell’etimologia, argomenti molto specifici nell’ambito della linguistica. Ricollegandosi al discor- so del corretto uso della lingua, propone come fattore importante anche l’esempio di poeti, storici ed ora- tori che poi però li innalza anche ad exempla virtutis nell’ambito della morale per terminare con l’ultimo, trentanovesimo capitolo, dedicato a “quid eligendum et quid fugiendum puero”2. A CHI È RIVOLTA L’EDUCAZIONE Nella Praefatio al suo Trattato Pier Paolo Vergerio inizialmente afferma che tutti gli uomini (e special- mente i genitori) dovrebbero offrire ai propri figli una buona educazione, ma nel proseguo aggiunge che la questione dell’educazione deve essere presa in special modo in considerazione da chi dovrà governare: verum cum omnes homines deceat (parentes quidem in primis) eos esse, qui recte erudire suos liberos studeant, et filios deinde tales, qui parentibus bonis digni videri possint, praecipue tamen qui excelsiore loco sunt, quorum nihil neque dictum neque factum latere potest, de- cens est ita principalibus artibus instructos esse, ut et fortuna, et gradu dignitatis quam obtinent, digni habeantur. Aequum est enim, qui sibi sum- ma omnia deberi volunt, debere et eos summa omnia de se praestare. Nec est ulla certior aut stabilior regnandi ratio, quam si ii qui regna obtinent ab omnibus dignissimi omnium regno judicentur3. (Vergerius, Praefatio, 1958, 126) Come già accennato, Il Vergerio dedica il suo trattato a Ubertino da Carrara, figlio terzogenito di Francesco Novello. Il destinatario è quindi il signore della città in cui l’opera fu scritta, al quale il Vergerio si “rivolge con toni affettuosi e confiden- ziali, seppur improntati ad una evidente ode della sua nobile famiglia” (Cagnolati, 2016, 95). Vergerio, seguendo in questo caso l’insegnamento classico generato dal filosofo greco Platone (Cergol, 2019) è del parere che sarebbe opportuno offrire una buona educazione a tutti i cittadini, questa deve essere ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 263 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 in particolar modo rivolta a coloro che un giorno deterranno le redini del potere. “Il De ingenuis moribus contiene frequenti indicazioni su perché e come debba essere educato chi dovrà governare. Si tratta di luoghi, richiami a exempla e riflessioni, spesso collocate nel vissuto quotidiano e inquadrate nella rete di relazioni che si formano intorno a chi detiene il potere.” (Favero, 2016, 47). È necessario però aggiungere che seppure il trattato sia rivolto al giovane signore, l’autore si auspica che i suoi insegnamenti siano poi seguiti anche da altri ado- lescenti “che potranno ispirarsi al comportamento di Ubertino il quale dovrà apparire come un valido exemplum di perfezione, una volta che avrà seguito alla lettera i consigli e gli insegnamenti del suo mae- stro” (Cagnolati, 2016, 96). In quest’ottica il trattato del Vergerio si pone come punto di incontro tra la cultura dei Comuni e la nuova nascente cultura delle corti: ciò è riscontrabile proprio in questa sua dedica del trattato che da una parte si rivolge al si- gnore della città, ma dall’altra deve invece fungere da esempio a tutti i cittadini. Diverso invece è il discorso che viene fatto nel Tractatus de liberorum educatione del vescovo triestino Enea Silvio Piccolomini che si rivolge espressamente al principe Ladislao Postumo, nato dopo la morte del padre Alberto II e cresciuto sotto la protezione di Fede- rico III, presso il quale il Piccolomini era al servizio in veste di segretario di corte: Si quem virtuti operam dare totumque se bonis prebere artibus oportet, hunc esse te, Ladislae, rex inclite, nemo, qui sapiat, inficias ibit. Maxi- mis nanque regnis et amplissimis principatibus, postquam tutele finieris annos, expetaris impera- turus, quibus nisi consumate prudentie fueris, diu dominari non poteris4. (Piccolomini, 1958, 198) L’intento di Enea Silvio Piccolomini è quindi chiaro: educare il giovane principe, affinché sappia regnare vasti imperi con virtù e prudenza. Lo scopo dichiarato dell’educazione non è quindi più forma- re il buon cittadino come lo era stato in parte per Vergerio, ma un buon governatore che dovrà trarre esempio dai precetti degli antichi da una parte, ma anche dei suoi antenati “qui Romano imperio cum maxima laude prefuerunt, paterni ac materni proge- nitores, et qui te genuit, dive atque indelende memo- rie pater Albertus, a quibus degenerare fedissimum fuerit”5. Il Piccolomini ebbe molto a cuore il giovane principe e “fece di tutto […] dandogli consigli peda- gogici e occupandosi della sua istruzione retorica, 4 “Chiunque abbia senno, Ladislao, inclito re, ammetterà che, se a qualcuno si deve imporre di volgersi alla virtù e di prepararsi con tutto sé stesso alle buone arti, questo qualcuno sei tu. Quando uscirai di tutela ti aspetta infatti il governo di grandissimi regni e vastissimi principati, che non potrai dominare a lungo senza una consumata prudenza.” 5 “Che tennero con altissima lode l’impero romano, dei progenitori paterni e materni, di colui che ti generò, tuo padre Alberto, di santa e perenne memoria.” affinché il suo protetto divenisse un re grande anche per la sua cultura” (Pajorin, 2015, 29). Piccolomini, però, consapevole delle sue esperienze politiche e culturali sullo scenario europeo e della sua “attenta osservazione delle istituzioni scolastiche e univer- sitarie contemporanee” (Vecce, 2009, 153), scrive in realtà una lettera aperta che vuole essere anche indirizzata a tutte le classi dirigenti in Europa, “una lettura umanistica che andava contro le divisioni fra nationes, in nome di una superiore unità culturale e religiosa” (Vecce, 2009, 153). Recentemente sono stati pubblicati nuovi studi che mettono in discussione la finalità della trat- tatistica umanistica. Mentre il filone principale degli studiosi della pedagogia umanistica in Italia, a partire da Eugenio Gerin in poi, mette in risalto l’a- spetto civico dell’educazione che mirava a formare dei buoni cittadini nella realtà dei Comuni italiani, dall’altro tale tesi viene in parte ribaltata a favore della convinzione che sia stata invece la cultura nelle singole corti italiane a sviluppare il modello educativo dell’umanesimo (Rossi, 2016). Ed è pro- prio Pier Paolo Vergerio il Vecchio a rappresentare il momento del distacco dalla logica pedagogica nella realtà dei Comuni italiani dedicando il proprio trattato al figlio del Signore locale, ma nel contem- po, rivolgendosi ancora a tutti gli adolescenti che lo circondano. Da Vergerio in poi la maggior parte dei già citati autori infatti lavorò e scrisse soprattutto per i propri mecenati: Vittorino da Feltre creò e diresse la Scuola Giocosa alla corte dei Gonzaga a Mantova; Guarino Veronese trovò una posizione stabile e di prestigio presso la corte estense a Ferrara. Inoltre è necessario sottolineare le dediche di questi trattati pedagogici che sono perlopiù rivolti ai signori delle città: Vergerio lo dedica ad Ubertino da Carrara, Bat- tista Guarini, figlio di Guarino Veronese, indirizza il De ordine docendi ac studendi a Maffeo Gambara, giovane di nobile famiglia bresciana; per arrivare infine ad Enea Silvio Piccolomini che si rivolge chiaramente ed esclusivamente al principe Ladislao, erede al trono di Ungheria e Boemia. “Gli umanisti, insomma, approntano non solo una nuova pedago- gia culturale ma una nuova antropologia sociale e politica: pongono al centro del discorso non l’uomo in astratto ma il principe e la scena cortigiana che lo circonda.” (Rossi 2016, 19). Il dibattito rimane comunque aperto, soprattutto perché non in tutti gli autori è possibile parlare di educazione rivolta esclusivamente al signore locale, ma, come nel caso della Scuola Giocosa di Vittorino, l’educazione era rivolta a tutti i cittadini. ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 264 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 LO SCOPO DELL’EDUCAZIONE Lo scopo del trattato di Vergerio è chiaramente espresso già nel titolo stesso e riprende i valori morali degli ingenui mores romani e dell’arete greca e cioè la moralità dei costumi già chiaramente enunciata nel Paulus con il sottotitolo di ad corrigendos mores. Nell’epoca umanistica, Vergerio, prendendo spunto dai valori morali greci e romani, fu il primo ad enunciare i principi fondamentali dell’educazione armonica e integrale. Proprio come Platone, anche Vergerio pensa che il sapere non deve essere libresco, ma deve basarsi su scambi attivi e sulla discussione. Proderit autem et de communibus studiis una cum sodalibus crebro conferre: acuit enim inge- nium disputatio, linguam erudit, memoriamque confirmat; ac non modo multa disputando disci- mus, sed et quae sic discimus, aptius eloquimur, et firmius recordamur6. (Vergerius, 1958, 126) Educare i giovani voleva quindi dire educarli alla virtù che ricerca il bene per la comunità: ciò che era buono, era anche utile alla comunità stessa: l’idea del bene, del bello e dell’utile era nell’antica Grecia molto connessa ed avevo lo scopo principale la crescita della polis (Cergol, 2019). Trattando il tema dello scopo della corretta edu- cazione, Pier Paolo Vergerio inserisce nelle prime pagine del suo trattato un passo che potremmo definire autobiografico, quando parla dell’estrazione famigliare dell’adolescente e dice: “Neque enim opes ullas fir- miores aut certiora praesidia vitae parare filiis genitores possunt quam si eos exhibeant honestis artibus et libe- ralibus disciplinis instructos, quibus rebus praediti et obscura suae gentis nomina et humiles patrias attollere atque illustrare consueverunt7” (Vergerius, 1958, 128). Secondo il trattatista quindi non è tanto importante la famiglia (o la regione), da cui uno studente proviene, ma il valore più importante che deve essere trasmesso al giovane, è l’educazione in arti onorevoli e discipline liberali. “L’educazione è dunque l’eredità migliore e più duratura che i genitori possono lasciare ai figli, e arreca un elemento di rivoluzionaria funzione sociale, nella società europea dell’Autunno del Medioevo, con- sentendo a un giovane di oscure origini di nobilitare la propria famiglia, e di passare da una classe inferiore ad una superiore” (Vecce, 2009, 149). 6 “Sarà utile, inoltre, dialogare spesso degli studi comuni con i compagni: la discussione infatti affina l’ingegno, migliora la lingua, rafforza la me- moria; e, discutendo, non solo impariamo molto, ma, ciò che già sappiamo, lo esprimiamo in maniera più chiara e ce la ricordiamo meglio.” 7 “In effetti, i genitori non possono fornire ai figli risorse e protezioni più sicure per la vita di quelle che dà l’educazione in arti onorevoli e discipline liberali, con cui i fanciulli riescono di solito ad elevare e rendere famoso il nome della propria famiglia, anche se oscuro, e la stessa patria, anche se umile.” 8 “Se qualcuno non sarà educato nelle buone arti dall’adolescenza o se sarà rovinato da quelle cattive, non speri di allontanarsene facil- mente da queste seconde o di avvicinarsi a quelle prime, giunto ad un’età matura. In quest’età devono infatti essere poste le fondamenta del vivere correttamente, l’animo deve essere educato alla virtù, finché è giovane, e preparato ad accettare qualsiasi spunto; così come sarà adesso, la conserverà per tutta a vita.” Nel suo trattato quindi Vergerio offre al destinatario insegnamenti pratici di come usufruire della buona educazione offerta dalla famiglia, affinché il futuro signore avrà chiaro il concetto di virtù, così come era chiaro anche ai filosofi greci. “La riflessione sulla virtù è essenziale in ogni parte e in tutto lo sviluppo del De ingenuis moribus, che è stato composto proprio con l’intenzione di delineare un progetto educativo finaliz- zato all’acquisizione di essa” (Favero, 2018, 30). L’edu- cazione alla virtù è proposta anche attraverso modelli ed esempi da seguire che devono essere studiati dai discenti attraverso la storia: sono questi modelli a dare esempio di virtù e dei mores che vengono contrapposti ai vizi negativi. L’insistenza con la quale Vergerio pro- pone il concetto di virtus, ci indica il peso che intende dare allo scopo dell’educazione che deve appunto mirare a formare un giovane virtuoso – l’ideale morale ed etico rimane quindi saldo nella concezione della corretta educazione. Fin dalla Praefatio, dunque, appare chiaro come le buone arti e le virtù siano essenziali le une alle altre, quasi a formare un unico concetto, una stessa realtà: artibus vero bonis, nisi quis ab adulescentia fuerit institutus, aut si perversis infectus exstiterit, non facile de se speret, in aetate provectiori posse aut has abicere, aut illas continuo sibi parare. Jacienda sunt igitur in hac aetate fundamenta bene vivendi, et formandus ad virtutem animus, dum tener est, et facilis quamlibet impressionem admittere; quae ut nunc erit, ita et in reliqua vita servabitur8. (Vergerius, 1958, 126) Ciò che viene aggiunto invece da Vergerio è la ri- valutazione della posizione dei genitori nell’insegna- mento primario della virtù, “per far sì che il loro figlio cresca con sani principi etici assorbiti dal contesto in cui si trova a vivere fin dalla culla” (Cagnolati, 2016, 97). Nel passo già citato infatti il precettore umanista ribadisce l’importanza dei genitori nel trasmettere gli obblighi morali della società il che invece non era presente nella concezione della paideia greca, dato che sia Platone che Aristotele attribuirono la responsabilità dell’educazione allo Stato. Nella prima parte del suo trattato, Vergerio in maniera sintetica, ma esaustiva, riassume che cosa intende per educazione alla virtù. Dice infatti che da una parte è necessario possedere la modestia ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 265 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 necessaria per saper ascoltare i giusti ammonimenti e insegnamenti; dall’altra però può essere di aiuto possedere per natura un’indole che è “in actionibus prompti, fugientes otium, amantque semper aliquid recte agere, bene dispositi natura videntur”9 (Ver- gerius, 1958, 128). Nello stesso capoverso si trova anche la prima e l’unica osservazione che riguarda l’aspetto fisico dell’educando: un fisico debole può in realtà anche nascondere un buon intelletto, ma a volte comunque “nell’atteggiamento del corpo e nelle azioni si possono cogliere indizi di buona in- dole” (Favero, 2018, 13). Infine, Vergerio conclude la prima parte del suo trattato ribadendo di nuovo l’importanza di un’educazione pubblica, dato che è lo stato in primis a trarre benefici se i giovani sono educati al comportamento leale ed onesto nei con- fronti di esso: “Più i cittadini saranno educati, meglio si vivrà all’interno dello spazio comune, maggiore giovamento ne trarrà il bene collettivo” (Cagnolati, 2016, 98). Nel trattato di Enea Silvio Piccolomini, scritto cinquant’anni più tardi, rimangono fermi alcuni concetti basilari della cultura umanistica, altri inve- ce cambiano. Nella stessa prefazione pure lo stesso Piccolomini ribadisce l’importanza della virtù: “Regna virtuti parent, resistunt vitiis”10 (Piccolomini, 1958, 199). È la virtù quindi che resta il perno prin- cipale intorno al quale ruota il discorso dello scopo della corretta educazione, concetto che riprende gli esempi classici della virtus romana e dell’arete greca (Cergol, 2019). In Piccolomini però cambia il fine ultimo dell’educazione alla virtù: mentre in Vergerio questa aveva lo scopo principale di formare dei buo- ni cittadini, affinché anche lo Stato ne giovasse, la prospettiva del Piccolomini è diversa: la virtù serve soprattutto a governare bene gli altri: “Nulli magis quam regnanti opus est sapientia!”11 (Piccolomini, 1958, 199). Piccolomini continua affermando che il giovane principe deve trarre esempio anche dai celebri antenati, dato che è ciò quello che si addice a chi eredita il regno. Pure Piccolomini, come il suo predecessore, elenca alcune caratteristiche che sono proprie degli uomini virtuosi: “Nemo tibi non modestus sodalis pacet, morales historias totis hauris auribus in diesque fieri melior preceptoris tui monitu niteris”12 (Piccolomini, 1958, 199). Sulla modestia si insiste anche più avanti, quando nella prima sezione l’autore tratta l’indole dei fanciulli che richiede una natura buona e suscettibile di essere disciplinata. 9 “Pronta all’azione, aliena dalla pigrizia, desiderosa di operare sempre il bene”. 10 “I regni obbediscono alla virtù, recalcitano al vizio.” 11 “Nessuno quanto chi regna, ha bisogno di saggezza.” 12 “Non apprezzi nessun amico privo di modestia, ascolti avidamente i racconti morali, cerchi di farti sempre migliore sotto la guida del tuo precettore.” 13 “Come prima cosa che credano di non sapere nulla.” 14 “I maestri non devono essere cupi nella loro severità, ma neppure abbandonarsi a familiarità eccessiva; non devono meritare ne odio ne disprezzo, il loro discorso deve insistere su ciò che è retto.” Con lo sviluppo delle corti e l’instaurazione di un’educazione personalizzata al principe cresce anche l’importanza della figura del precettore che nel trattato di Vergerio non viene descritta. Picco- lomini invece gli dedica la seconda parte della prima sezione sottolineando l’importanza di alcune virtù che devono contraddistinguere anche gli stessi precettori: in primis devono essere persone istruite, ma che nel contempo non abbiano la presunzione di sapere tutto: “quod primum est, aut se non eruditos scire”13 (Piccolomini, 1958, 204). Come esempio illustre Piccolomini pone la scelta del re macedone Filippo II, di far istruire il figlio Alessandro (Magno) dal filosofo greco Aristotele. Seguono poi alcuni sug- gerimenti sugli educatori che “non sint austeritate tristes, nec comitate nimia dissoluit, quos nec odire nec contemnere iure possis, quorum sermo plurimum de honesto sit”14 (Piccolomini, 1958, 199). Dal confronto dello scopo della corretta edu- cazione si riscontra nuovamente che in entrambi gli autori è la virtù che rappresenta il fine ultimo dell’educazione, mentre differiscono gli usi che se ne fa: mentre in Vergerio questa funge soprattutto come formatrice di un onesto cittadino, in Piccolo- mini l’interesse rimane per il buon regnante. Non si discostano, però, nella concezione delle caratte- ristiche morali del signore che deve essere modesto, attento ai nuovi precetti, umile nei confronti del proprio educatore. Una novità che viene inserita da Piccolomini è anche la descrizione della figura del precettore. GLI STRUMENTI DI UNA CORRETTA EDUCAZIONE L’idea che impregna il testo di Vergerio sugli strumenti per una corretta educazione è chiara: per conseguire lo scopo dell’educazione alla virtù bisogna proporre ai giovani le arti liberali, alle quali viene dedicata la parte principale del trattato, cioè l’intera Pars altera. Mentre per i Greci le discipline principali erano quattro: le lettere, la musica, la lotta e il disegno, Vergerio riprende queste discipline trac- ciando un quadro completo delle migliori discipline secondo il criterio principale della priorità morale, di gradualità e di propedeuticità (Favero, 2018, 33), quindi della virtù. Le tre discipline principali delle arti liberali, chiamate così, perché rendono l’uomo libero, sono quindi la storia, la filosofia morale e l’eloquenza. ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 266 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 Nam liberalibus quidem ingeniis, et iis qui in publicis rebus et hominum communitate versari debent, convenientiora sunt historiae notitia et moralis philosophiae studium. Ce- terae quidem enim artium liberales dicuntur, quia liberos homines deceant, philosophia vero idcirco est liberalis, quod ejus studium liberos homines efficit. In horum igitur altero praecepta, quid sequi quidve fugere conveni- at, in altero exempla invenimus: in illa enim omnium hominum officia reperiuntur, et quid quemque deceat, in hac vero quid factum dictumve sit suis quoque temporibus. Adici- endum est ad haec (ni fallor) et tertium, id est eloquentia, quae civilis scientiae pars quae- dam est. Per philosophia siquidem possumus recte sentire, quod est in omni re primum, per eloquentiam graviter ornateque dicere, qua una re maxime conciliantur multitudinis ani- mi; per historiam vero in utrumque juvamur. Nam si senes idcirco prudentiores judicamus, eosque libenter audimus, quod per longam vitam et in se multa experti sunt, et in aliis pleraque viderunt atque audierunt, quid de iis est judicandum, qui multorum saeculorum res cognitu dignas memoriter norunt, et ad omnem casum proferre illustre aliquod exem- plum possunt? Ex quibus id efficitur, quod est summi viri et omnino excellentis ingenii, ut et optime quis dicere possit, et studeat quam optime facere15. (Vergerius, 1958, 132) Sono quindi nell’ordine queste le discipline, nelle quali deve essere educato il giovane: la storia, la filosofia morale e l’eloquenza che insieme alla grammatica e alla poesia, sono le discipline ad ave- re un ruolo preminente nella pedagogia umanistica: Vergerio in seguito spiega che dalla storia imparia- mo a prendere i migliori esempi, dalla filosofia mo- rale si impara a pensare correttamente e soprattutto con lo scopo di acquisire la virtù, dall’eloquenza invece come parlare in modo adeguato e consono al contesto. Vergerio ricorda anche che ai fanciulli nell’antica Grecia venivano insegnate le lettere, la 15 “Infatti agli ingegni liberali e a coloro che devono occuparsi delle cose pubbliche e della comunità degli uomini si addicono maggiormen- te gli insegnamenti della storia e lo studio della filosofia morale. Le altre arti vengono chiamate infatti arti liberali, perché si addicono a uomini liberi, la filosofia, invece, è anche liberale, perché studiandola, rende gli uomini liberi. Negli insegnamenti di quest’ultima troviamo ciò che deve essere seguito e ciò che deve essere evitato, nella prima invece gli esempi: in quella infatti si trovano tutti i doveri degli uomini e ciò che è opportuno fare, in questa invece ciò che è stato fatto e detto nel tempo. A queste due va aggiunta (se non sbaglio) una terza, cioè l’eloquenza che è parte della scienza civile. Con la filosofia impariamo a pensare correttamente, il che è l’aspetto più importante in ogni cosa, con l’eloquenza impariamo invece a parlare in modo adeguato e ornato, il che è lo strumento più importante per far conciliare una moltitudine di animi; la storia invece ci aiuta in entrambi i casi. Se infatti reputiamo i vecchi essere più saggi e li ascoltiamo volentieri, perché sono esperti in molte cose avendo vissuto una vita lunga e avendo visto e sentito tante altre cose dagli altri, cosa possiamo pensare di coloro che sanno a memoria gli avvenimenti di molti secoli, degni di conoscere, e in ogni occasione sanno offrire qualche illustre esempio? Da tutto ciò deriva la conclusione che ognuno può esprimersi correttamente e può impegnarsi a fare del suo meglio, il che si addice ad un uomo grande e di un ingegno eccellente.” 16 “Tra ciò che l’uomo possiede sulla terra, nulla è più prezioso dell’intelletto.” lotta, la musica e il disegno che vengono ritenute dal pedagogista importanti tappe nello sviluppo del giovane. Vengono in seguito ritenuti fondamen- tali la grammatica, la dialettica e la retorica che formavano appunto il trivio delle artes medievali. Al trivio seguono le quattro arti del quadrivio; in- nanzitutto c’è la musica che riesce a temperare le passioni dell’animo, si aggiungono poi l’aritmetica e la matematica che sono strettamente connesse tra loro, e infine l’astronomia. Alle arti che secondo Vergerio devono quindi essere insegnate ai giovani, il pedagogista aggiunge anche le discipline maggio- ri che possono essere apprese soltanto dopo aver acquisto le altre: la medicina, il diritto e la scienza divina (Favero, 2016, 34–42). In realtà Vergerio nella Pars altera dedica una parte della sua trattazione anche all’esercizio fisico e alla formazione militare che devono essere inse- riti nel curriculum educativo. Inoltre, verso la fine della sua trattazione sulle arti liberali, aggiunge che lo studio del greco antico deve essere ripreso dagli umanisti, perché si è arrivati al punto di studiare la filosofia greca attraverso il tramite degli autori latini che invece avevano una perfetta conoscenza del pensiero e della lingua greca. Così come già menzionato una delle carat- teristiche che contraddistingue il trattato del Piccolomini rispetto a quello del Vergerio è la corporeità, alla quale il secondo presta più attenzione dedicandone le prime sette sezioni, ribadendo però che “nihil esse, quod homines in terra possideant, pretiosius intellectu”16 (Piccolo- mini, 1958, 200). Il trattato del futuro papa Pio II propone il controllo del corpo come preliminare all’educazione della mente, un primo passo verso l’interiorizzazione di un costume di vita (mos, habitus) equilibrato e giusto che dal re, secondo un’altra convinzione diffusa tra i pedagogisti rinascimentali e di enorme fortuna per tutto l’An- tico Regime, si riverbera su tutto lo Stato e sul suo popolo. L’umanista è convinto che bisogna fare attenzione che il corpo non stia nell’ozio e non dorma più del dovuto, perché “bona enim in pueris corporis habitudo bone quoque se- ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 267 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 nectutis fundamenta iacit”17 (Piccolomini, 1958, 201). Seguono poi i consigli sui cibi e bevande che convengono ai ragazzi con un’interessante digressione su alcuni stereotipi che riguardano gli eccessi di alcune popolazioni europee. Picco- lomini invita il giovane principe anche ad essere temperati nel bere e a frenare i piaceri corporei badando e non esagerare anche con gli ornamenti del corpo, osservando un’eleganza che non abbia nulla di spiacevole o di ricercato. Tra i principi da osservare rientra anche una dieta sana, per la quale l’autore spiega le differenze principali tra le regioni italiane e quelle tedesche. Traendo spunto da altri trattati che furono scritti nella prima metà del Quattrocento (soprattutto Vittorino da Feltre e Guarino da Verona), Piccolomini è convinto che l’esercizio fisico giochi un ruolo importante nelle esperienze educative: la compostezza e il con- trollo del proprio corpo sono considerati parte integrante della formazione di un nobile e di un buon cittadino che è in grado di reggere la cosa pubblica e, all’occorrenza, di prendere le armi. Si passa poi all’educazione della mente co- minciando con l’affermare che per un ragazzo in attesa di regnare è assolutamente necessario lo studio della filosofia, “vero omnium mater artium”18 (Piccolomini, 1958, 200) che introduce l’animo dell’uomo alla religione, al diritto degli uomini, alla modestia e alla generosità. Strettamente connesso alla filosofia è lo studio delle lettere, poiché in una corte piena di adulatori, la cultura gioverà al futuro re per impadronirsi della verità attraverso i libri dei filosofi. Piccolomini dedica una sezione anche all’insegnamento della religione cristiana che non era stata trattata dal Vergerio. Il vescovo di Trieste è infatti convinto che “quanto maior es natus, tanto te debes humilius gerere, subiicere collum religione, interesse divinis officiis. Nam cui divinus cultus est cordi, facile reliqua famulantur”19 (Piccolomini, 1958, 201). Viene trattato anche il tema delle com- pagnie che sono adatte ai fanciulli, tema che non è stato preso in considerazione dal Vergerio nel suo trattato, ma che in realtà era stato descritto invece nella sua commedia Paulus, ad iuvenum mores corrigendos. Entrambi sono d’accordo sul fatto che i precettori devono fare attenzione alle compagnie dei ragazzi, ma soprattutto bisogna essere prudenti nei confronti degli adulatori: “est enim pestiferum genus hominum, qui audant quecumque audiunt laudari, et rursus cum vituperante vituperant”20 (Piccolomini, 1958, 202). 17 “Un fisico opportunamente temprato nella fanciullezza costituisce anche la base di una buona vecchiaia. 18 “la madre di tutte le arti.” 19 “Quanto più alto sei nato, tanto più devi comportarti con umiltà, sottometterti alla religione, partecipare ai riti divini. Se infatti uno ha a cuore il culto divino, facilmente le altre cose si sottomettono a lui.” 20 “Vi è infatti una razza pestifera di gente che loda ciò che sente lodare, e, al contrario, quando sente dir male, dice male.” 21 “Una discreta conoscenza musicale non pare da trascurarsi.” Piccolomini pone in seguito molta attenzione all’arte dell’orazione ricollegandosi alla tradizione medievale del trivio e quadrivio e anche agli inse- gnamenti del Vergerio. Così si consiglia al giovane principe di imparare a preparare il discorso che deve essere piano, cortese nel rivolgersi ai presenti, benevolo nel rispondere. Piccolomini riprende completamente gli insegnamenti del Vergerio, dato che entrambi suddividono la grammatica in tre par- ti, cioè nella scienza del corretto eloquio, nell’in- terpretazione dei poeti e degli altri autori e nelle regole dello scrivere. Seguono così tutta una serie di precetti che sono molto specifici all’ambito della grammatica e linguistica generale, come le regole della declinazione, dei casi e dei tempi, la spiega- zione dei solecismi, delle analogie ed etimologie, dei raddoppiamenti, dell’aspirazione. Il cerchio della linguistica si conclude con un breve accenno alla retorica e dialettica che sono però strettamente connesse con quanto detto prima. A queste temati- che vengono dedicate più di venti sezioni, mentre alla fine l’autore si sofferma ancora sul quadrivio delle materie, cioè sulla musica, geometria, arit- metica e astronomia. Piccolomini introduce il tema affermando che ci sono dei dubbi riguardo all’inse- gnamento della musica che sembra portare poca o nessuna utilità al governo dello stato. E in questo dubbio è espresso un altro importante cambiamento nella percezione dell’educazione. Mentre Vergerio era convinto dell’importanza della musica per la crescita dell’animo, Piccolomini invece non la considera tanto importante, anche se pensa che sia un’arte che non bisogna disprezzare, ma bisogna evitarne l’abuso: “non esset ergo huius disciplinae mediocris fugienda cognitio”21 (Piccolomini, 1958, 228). Ribadisce però l’importanza dello studio della geometria e dell’aritmetica e anche un po’ di astronomia, badando a non concentrarci soltanto su un’arte a scapito delle altre, trascurando soprattutto l’attività morale. Piccolomini, similmente a Verge- rio, termina il suo trattato con un cenno ad autori che conviene leggere e studiare. CONCLUSIONE A conclusione del confronto tra i due trattati, potremmo affermare che quello del Vergerio è molto più rivolto all’educazione verso le virtù, le antiche mores maiorum dei Romani, mentre quello del Piccolomini è invece più concreto sia nell’esemplificazione delle singole caratteristiche ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 268 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 dell’educazione che anche nei precetti che ven- gono forniti. È forse anche questa la causa per la quale quest’ultimo non è stato così diffuso come quello del Vergerio. Rimane comunque il fatto che entrambi i trattati assumono un ruolo di base per l’educazione dei signori locali e hanno come spunto principale le virtù, le conoscenze e le competenze che un futuro signore deve possedere. Anche la loro concezione della virtù risulta essere quasi invariata, dato che entrambi la considerano quale atteggiamento che si basa soprattutto sugli exempla degli antichi e che introducono il giovane signore ad un comportamento modesto, attento ai nuovi precetti, umile nei confronti del proprio educatore. Sono però riscontrabili alcuni cambiamenti dovuti soprattutto allo svilupparsi della cultura delle corti e al cambiamento nella concezione sull’utilità di una buona educazione: mentre in Vergerio questa serviva soprattutto a formare l’o- nesto cittadino, il Piccolomini la considera come uno strumento per forgiare il futuro regnante, il che era però già in parte pensato anche dal Ver- gerio. Il Piccolomini introduce anche il discorso sulla figura del precettore e descrive le caratteri- stiche che devono contraddistinguerlo. In seguito ad alcuni cambiamenti culturali, il Piccolomini esprime già i primi dubbi sulla scelta delle arti da studiare come strumento per una cor- retta educazione. Mentre il Vergerio riprende com- pletamente il sistema del trivio e del quadrivio, il Piccolomini mira ad insegnare arti e sapere che siano di carattere più pratico. In queste arti rientra preponderante l’insegnamento della lingua e tutto ciò che è con essa connesso, la grammatica, la retorica e le lettere. Mentre pone in secondo piano lo studio della musica, della geometria, dell’arit- metica e astronomia. Con il Piccolomini si conclude la trattatistica umanistica sulla pedagogia, dato che lo sviluppo delle corti e delle varie società molto probabil- mente non riteneva più importante trattare questo tema che però venne molto approfondito nell’età dell’Umanesimo e rappresenta lo specchio della cultura rinascimentale e dei cambiamenti che ha subito nell’arco del suo sviluppo. ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 269 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 DVE PEDAGOŠKI HUMANISTIČNI RAZPRAVI ZASIDRANI V EVROPSKEM HUMANISTIČNEM DUHU Jadranka CERGOL Univerza na Primorskem, Fakulteta za humanistične študije, Oddelek za italijanistiko in Inštitut za medkulturne študije, Titov trg 5, 6000 Koper, Slovenija e-mail: jadranka.cergol@fhs.upr.si POVZETEK Razprava obravnava in primerja dve humanistični pedagoški razpravi, ki sta nastali na območju zgornjega Jadrana: gre za De ingenuis moribus et liberalibus studiis adulescentiae koprskega humanista Petra Pavla Ver- gerija Starejšega in Tractatus de liberorum educatione tržaškega škofa Eneja Silvija Piccolominija. Prva od dveh razprav predstavlja sam temelj humanistične pedagogike, besedilo je bilo zelo cenjeno in uporabljeno po raznih evropskih središčih, Piccolominijeva razprava pa je nastala petdeset let kasneje in zaključuje serijo številnih drugih pedagoških razprav, ki so nastajale v prvi polovici 15. stoletja. Medtem ko Vergerijeva razprava kaže še znake zasidranosti v italijansko realnost manjših mestnih državic, v katerih je bil glavni cilj vzgojiti poštenega državljana, je Piccolominijeva razprava že povsem vpeta v življenje evropskih dvorov, na katerih je bil glavni cilj vzgoja bodočega vladarja. Primerjava obeh razprav zato ponuja zanimive iztočnice za vpogled v razvoj in spremembe temeljev, ki so zaznamovali humanistično pedagogiko. Ob razlikah pa je nujno izpostaviti še tiste vrednote, ki pa so ostale nespremenjene in so predstavljale trdno jedro vzgoje bodočega moža: gre predvsem za vrednote kreposti in poštenosti, ki jih pri odraščajočem mladeniču lahko vzgojitelj doseže s posredovanjem in učenjem nekaterih temeljnih disciplin, kot so zgodovina, filozofija, retorika, dialektika, glasba. Ključne besede: pedagoška razprava, humanizem, Peter Pavel Vergerij Starejši, Enej Silvij Piccolomini ANNALES · Ser. hist. sociol. · 31 · 2021 · 2 270 Jadranka CERGOL: DUE TRATTATI PEDAGOGICI UMANISTICI PER UNA FINESTRA VERSO L’EUROPA, 259–270 FONTI E BIBLIOGRAFIA Cagnolati, A. (2016): L’eredità dell’umanesimo italiano. Pier Paolo Vergerio e le sue teorie educative. Rivista di storia dell’educazione, 29, 3, 93–102. Cergol, J. (2019): Pier Paolo Vergerio il Vecchio e i valori morali della paideia greca. In: Pobežin, G. & P. Štoka (eds.): Clodiados libri XII Marci Petronii co. Caldanae. 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