received: 2010-02-18 UDC 330.34:94(450.361)"18" original scientific article MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL'IDEA DI BENESSERE COMMERCIALE A TRIESTE NELL'ULTIMA ETÁ ASBURGICA Glullo MELLINATO Universitá di Milano-Bicocca, Dipartimento di Economia Politica, IT-20126 Milano, Piazza dell'Ateneo Nuovo 1, Edificio U6 e-mail: giulio.mellinato@unimib.it SINTESI A Trieste, negll annl Sessanta dell'Ottocento, l'lmmlnenza dell'apertura del Canale dl Suez creo le condlzlonl per avvlare alcune rlñesslonl sul posslblll vantaggl che leconomla locale avrebbe potuto trarre dalla trasformazlone del Medlterraneo, da baclno chluso ln mare dl translto. L éllte lntellettuale locale elaboro sostanzlal-mente due poslzlonl: una tendenzlalmente retroversa e »leglttimlsta«, rlconosclblle ln Pletro Kandler, legata alla valorlzzazlone della contlnulta lstltuzlonale con ll nesso asburglco, ed una seconda plu progresslsta e »medlterranea«, esposta da Pasquale Revoltella, che lntendeva avvalersl dl tutte le llberta dl movlmento e le autonomle dl cul godeva ll ceto commerclale trlestlno. Da quel momento, la dlcotomla tra una vlslone »contlnentale« ed una »medlterranea« del destlno eco-nomlco trlestlno e rlcomparsa plu volte nelle rlñesslonl sulleconomla e la polltlca della cltta, nascondendo ben plu concretl lnteressl ed asplrazlonl che percorrevano ll composlto tessuto soclale clttadlno. Parole chlave: svlluppo economlco, rlvoluzlone del trasportl, storla marlttlma, nazlonallsmo economlco, lrredentlsmo, borghesla THE MEDITERRANEAN AND CENTRAL EUROPEAN. A CONTRIBUTION TO THE RESEARCH ON THE IDEA OF COMMERCIAL WELFARE IN TRIESTE IN THE LAST PERIOD OF HABSBURG RULE ABSTRACT In the 1860s ln Trleste, the lmmlnent openlng of the Suez Canal created the condltlons for reflectlon upon the posslble advantages of the transformatlon of the Medlterranean Sea from a closed basln lnto a translt sea and what thls 229 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 transformation could bring to the local economy. In general, two perspectives emerged among the local intellectual elite: one that was substantially conservative and »legitimist« and tied to the valorisation of institutional continuity based on the Habsburg nexus, advocated by Pietro Kandler. The second view, more progressivist and »Mediterranean«, advocated by Pasquale Revoltella, aimed at taking advantage of all the liberties of movement and autonomies enjoyed by the Triestine commercial class. Since then, the dichotomy between the »continental« and »Mediterranean« visions of the path that commerce in Trieste should undertake has become recurrent in reflections of the economy and politics in the town, hiding much more concrete interests and aspirations interwoven in the town's intricate social tissue. Key words: economic development, transport revolution, maritime history economic nationalism, irredentism, bourgeoisie Nel 1864 Pietro Kandler e Pasquale Revoltella pubblicarono due scritti di argo-mento simile, ma dal contenuto molto diverso, esprimendo ottiche e giudizi completamente divergenti a proposito del destino economico di Trieste. Il momento, a cavallo tra il completamento del collegamento ferroviario Vienna-Trieste e l'apertura del Canale di Suez, risultava particolarmente incerto e dinamico: l'occasione era quindi propizia per affrontare una questione fondamentale: quali erano le vere origini della prosperity triestina? Fuor di dubbio che, in prima istanza, la risposta fosse »i commerci«. Ma, ad una analisi piu approfondita, si apriva la vera questione: il merito maggiore andava alla struttura istituzionale entro la quale la citta era stata inserita, oppure alla dinamica intraprendenza di un ceto mercantile che in gran parte era di recente insediamento, e quindi poco legato alle tradizioni locali, ma pronto a cogliere le occasioni di profitto ovunque si presentassero? Pietro Kandler,1 anche per motivi professionali, non poteva che dare il primato alla struttura istituzionale, ma per farlo utilizzava non il linguaggio dell'ufficialita o del lealismo, bensi quello della convenienza, dimostrando implicitamente fin dall'ini-zio quale fosse l'obiettivo del suo discorso: »Le origini, l'indole, lestensione dell'Em-porio triestino devono cercarsi, in tutto un complesso di cose, che costituiscono la missione di Trieste, ed i modi; e che hanno loro base nella fisica configurazione di questo seno ultimo dell'Adriatico; [...] nella posizione di Trieste nella grande fa-miglia austriaca; nel proponimento che e proprio dello Stato intero, il quale e 1 Pietro Kandler nacque a Trieste nel 1804. Studio legge dapprima a Vienna e poi a Pavia, dove si laureo. Inizio a praticare a Trieste nel 1826, presso lo studio di Domenico Rossetti, con il quale inizio a collaborare anche nelle ricerche di storia patria. Divenne Procuratore civico nel 1842, alla morte di Rossetti, e conservo tale carica fino alla morte, nel 1871, dedicandosi ad una intensa attività editoriale e di studio. 230 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 affidato al governo ed al giudizio del Principe; a guidare il quale niuna cosa giova meglio che la Storia dell'Emporio medesimo, nelle Istituzioni e nelle leggi tutte che devonoporsi in concordia, e coadiuvare quelproponimento. [...] Coloro chepensano nascere e durare gli Empori, spontaneamente, come i canneti nei paludi, ed il Com-mercio che li forma non avere bisogno alcuno di governo, [...] sono a nostro vedere in errore gravissimo« (Kandler, 1864, 1). Kandler doveva sicuramente difendere una struttura che intercettô in ritardo lo sviluppo economico moderno. Come ha ricordato David Good, ancora »all'inizio del XIX secolo, ¡'Impero asburgico era una collezione di economie locali e regionali scarsamente integrate, alcune agganciate più direttamente ad economie esterne piut-tosto che luna con l'altra« (Good, 1991, 235). Tradizionalmente, Trieste aveva rico-perto il duplice ruolo di avamposto adriatico dell'economia austriaca, ma anche di »piazza« continentale per i numerosi networks commerciali mediterranei che vi avevano insediato propri rappresentanti, spesso orgogliosi della propria origine tanto da farne esplicito riferimento nell'architettura dei propri palazzi (Harlaftis, 1996; Cassis, 2006). Da questo punto di vista, e limitatamente al livello economico, il potere politico centrale austriaco accettô il fatto che la città di Trieste si sviluppasse sostanzialmente come una realtà autocefala, all'interno della variegata compagine istituzionale asbur-gica. Deputazione di Borsa, Camera di Commercio e lo stesso Comune-Dieta di Trieste, assieme ad altre importanti istituzioni attive in campo economico (come il Governo Marittimo, ad esempio), avevano ufficialmente il compito di raccordare le istanze locali con i centri politici ed amministrativi viennesi, ma in realtà funzio-navano come stanze di compensazione e di autogoverno degli interessi commerciali e finanziari locali (Finzi, Panariti, Panjek, 2003), dal momento che, fino all'abolizione del portofranco integrale (1891) non fu interesse di Vienna intralciare lo sviluppo di un cosi promettente emporio marittimo, fatta salva la garanzia (più volte riaffermata) di una assoluta fedeltà politica all'Imperatore ed agli altri simboli del nesso as-burgico. Fedeltà politica e libertà economica rappresentavano in fondo due facce della stessa medaglia. Pasquale Revoltella,2 invece, anche per le sue ben note vicende personali, imper-sonava un evidente modello per quella nuova forma di uomo d'affari che le oppor-tunità dell'economia triestina avevano l'ambizione di creare ad ogni generazione (Masau Dan, 1996). 2 Pasquale Revoltella nacque a Venezia nel 1795 e si trasferi a Trieste con la famiglia nel 1797. Inizio molto presto a collaborare con alcuni commercianti locali, per poi aprire una casa commerciale propria nel 1835. In seguito, fu tra i dirigenti delle Assicurazioni Generali e del Lloyd Triestino, ma cumulo incarichi e responsabilitá in numerosissime societá ed iniziative commerciali. Fu anche Vicepresidente della Societá Internazionale del Canale di Suez. Fu nominato Barone nel 1867 e mori senza eredi due anni dopo. 231 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 Nella sua pubblicazione, Revoltella rinnovava enfáticamente il vincolo di fedeltá al nesso asburgico, ricordando pero quanto i tempi imponessero cambiamenti profondi nella mentalitá di chi si occupava di commercio, ed associando l'idea di progresso, non quella di stabilitá, all'illuminata guida dell'Imperatore.3 Ma alle note-voli risorse ed alle favorevoli prospettive non corrispondevano (ancora) risultati significativi: »A mala pena puossl addltare un artícolo, che sla fornlto dall Austria al commercio mondlale in copla tale da prlmegglare sul mercatl esterl, assegnando cosí all'esportazlone austrlaca convenlente posto negll scambl tra l due emlsferl. Lo stesso commerclo alllngrosso dell'Austrla e dlpuro dettagllo« (Revoltella, 1864, 5). Dalla necessitá di allargare gli spazi dell'economia asburgica il discorso di Revoltella passava ai legami commerciali su lunga distanza, quindi ai trasporti marittimi ed infine al ruolo di Trieste come fulcro per quella espansione economica cosi necessaria per non perdere il ritmo dell'accelerazione europea. Allo Stato spettava il ruolo di promotore, di garante, di regolatore,4 all'interno di un'area vasta che proprio in quegli anni stava acquistando consapevolezza della propria identitá economica (Agnelli, 2005). In una parola, lo Stato doveva diventare il retroterra per le iniziative economiche private, che sviluppandosi per l'interesse personale avrebbero portato beneficio all'intera struttura della compagine asburgica. Gli uomini d'affari del Litorale erano pronti: »Credlamo dl scorgere la necesslta lneluttablle dl estendere quanto megllo sl possa la produzlone nazlonale, e ne ravvlslamo llpronto ed efflcace mezzo nell'accresclmento del nostro commerclo con lestero,« in vista del soddisfacimento »del plu vltall lnteressl dello stato« (Revoltella, 1864, 44-45). La prospettiva esposta da Revoltella mirava a disegnare in primo luogo la sfida delle nuove opportunitá, ed assegnava semmai alle istituzioni un ruolo di tutela, mentre l'attenzione era tutta posta alle convenienze economiche ed allo sviluppo di occasioni motivazionali per dar vita a nuovi affari, e generare nuovi imprenditori. Inoltre, la realizzazione della grande impresa del Canale di Suez proprio in quegli anni stava dando l'idea di quanto potente potesse essere il sistema commerciale europeo, tanto da progettare e gestire un'opera per quei tempi ciclopica se presa singolarmente, ma che risultava senz'altro modesta se paragonata al fervore di costruzioni ferroviarie che in quegli stessi anni stava coprendo l'Europa (e non solo) di nuovi collegamenti, molto piu economici e veloci rispetto a qualsiasi sistema passato. 3 »Sotto l egida di un Monarca, che sta a livello dello spirito del secolo, la patria nostra comune va incontro ad uñera novella di gloria e di grandezza, di prosperita e di generale benessere« (Revoltella, 1864, 1). 4 »Se l'Austria vuol coltivare dei rapporti di commercio diretto al di la dell'Oceano, convien inco-minciare colla stipulazione di trattati commerciali e di navigazione, sostenuti da quella mostra di forza marittima, di cui abbiamo dimostrato l'indispensabilita« (Revoltella, 1864, 25). 232 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 Trieste dal 1857 era il primo porto dell'Adriatico ad essere collegato direttamente con la rete ferroviaria continentale, e la prospettiva della prossima apertura del Canale di Suez rafforzava lo spirito ottimistico legato ad un simile primato tecnologico. Nella sua visione, Revoltella rendeva chiara la percezione di una quantitá di risorse ancora disponibili, di affari che aspettavano soltanto di essere conclusi e di uno Stato, quello asburgico, che poteva sperare di incamerare significativi benefici soltanto lasciando liberi i triestini di seguire la propria indole commerciale, occu-pandosi del minimo di infrastrutture (come la rete consolare) che avrebbe funzionato come supporto all'iniziativa »mediterranea« dei privati. In fondo, le due prospettive esposte nei volumi del 1864 non potevano essere piu diverse. Entrambi gli autori osservavano con attenzione e partecipazione le rilevanti trasformazioni che il piccolo universo triestino stava vivendo nel pieno della »rivoluzione dei trasporti« ed alla vigilia dell'apertura del Canale di Suez. Ma la prospettiva di Kandler era, per cosi dire, retroversa. Per comprendere lo stato attuale delle cose, egli osservava l'evoluzione passata delle istituzioni e delle regole che ave-vano tenuto assieme fino ad allora quella strana mescolanza di popoli, interessi commerciali e traffici che era Trieste. Revoltella, invece, guardava al futuro, e nella storia triestina vedeva soprattutto le opportunitá e le risorse ancora inespresse che, pienamente dispiegate, avrebbero potuto far finalmente decollare l'emporio. In realtá, entrambi gli osservatori riuscivano a ricostruire una vivida immagine di Trieste in un'etá segnata da importanti cambiamenti nella cornice istituzionale ed economica del suo sviluppo, cogliendone aspetti autentici, ma diversi. A pochi anni dall'unificazione italiana (ovvero della sconfitta austriaca), ed in attesa dell'ormai imminente cambio di ruolo del Mediterraneo, da bacino chiuso ad area di transito, le sorti dell'emporio adriatico degli Asburgo sembravano quantomai aperte, ed in entrambi i casi l'ottica appare ottimistica. Kandler, per trovare una risposta alla domanda »dove sta andando Trieste,« si rivolgeva al passato, allo sviluppo delle sue istituzioni nel corso del tempo, trovando nella fissitá istituzionale una guida non solo per comprendere il passato, ma anche le prevedibili direzioni degli sviluppi futuri. Revoltella, al contrario, guardava convinto ai tempi che stavano per arrivare, ed il suo pensiero era rivolto soprattutto all'organiz-zazione delle risorse disponibili in vista di quelle che sarebbero state le opportunitá che i tempi nuovi stavano preparando. Entrambi gli autori percepivano segnali che indicavano come un vecchio mondo stesse finendo, ma questa loro percezione pro-duceva risultati divergenti allorquando si trattava di indicare un atteggiamento da as-sumere per affrontare i prevedibili profondi cambiamenti che entrambi si aspettavano. Per Kandler il segno distintivo era quello della continuitá, per Revoltella invece l'avanzare del nuovo imponeva uno sforzo creativo, per adattare ai tempi soprattutto l'equilibrio tra interessi delle attivitá economiche e ruolo delle istituzioni pubbliche, a vantaggio delle prime, un po' come stava avvenendo in Gran Bretagna. 233 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 Da questo punto di vista, quindi, il problema diventava il rapporto tra interessi economici ed istituzioni dello stato nazionale, all'interno dei particolari contesti nei quali si svolgeva la vicenda: quello triestino, contrassegnato dalle autonomie e fran-chigie del portofranco, e quello asburgico, con la sua particolare versione polimorfa dell'accentramento e della modernizzazione istituzionale, in un periodo nel quale le principali ambizioni erano ancora territoriali, non marittime (Evans, 2006, 287 e ss.). L'ottica di Revoltella era inoltre proiettata all'esterno, verso quell'economia marittima internazionale che proprio in quegli anni sembrava essere il principale motore (oltre che l'essenziale veicolo) della crescita europea. Tra il 1800 ed il 1913 il volume del commercio mondiale si moltiplico per venticinque, con significative accelerazioni proprio negli anni Cinquanta e Settanta (Osterhammel, Petersson, 2005, 66), come premessa e conseguenza di cio che Revoltella stava osservando nel 1864. Nello stesso periodo, il rapporto tra commercio e produzione mondiale aumento di 11 volte (Kenwood, Lougheed, 1999, 79), indicando chiaramente come non solo si commerciasse di più, ma come una larga parte della produzione fosse dedicata all'esportazione. Dal punto di vista di Revoltella, quindi, il discorso si poneva in termini semplici: se l'Austria non adottava una politica economica consapevolmente rivolta all'espansione verso l'estero, tutto il sistema produttivo nazionale correva il rischio di perdere un'occasione d'oro per il proprio sviluppo, in anni nei quali l'unificazione tedesca stava ridisegnando la mappa dei rapporti economici nel Centro Europa, a tutto svantaggio del tradizionale predominio asburgico in quell'area (Kenwood, Lougheed, 1999, 65). In fondo, in quei due testi potremmo ritrovare le tracce di due tendenze interpretative che sarebbero rimaste a lungo divergenti nel giudicare le sorti di Trieste, ed in particolare le fonti del suo benessere. Da una parte una linea »mitteleuropea« e continentale, secondo la quale l'elemento determinante era costituito dal nesso asburgico, dalla stabilità garantita dall'architettura istituzionale dell'Impero e dalle opportunità offerte da un mercato interno relativamente prospero ed in rapida espan-sione, com'era quello austriaco. Dall'altra, invece, potremmo trovare gli elementi relativi ad un'ottica più »mediterranea« e mercantile, secondo la quale le ragioni della prosperità triestina (passata e, sperabilmente, futura) erano da ricercare nel suo destino marittimo, ovvero nell'essere crocevia di numerosi network commerciali mediterranei che collegavano l'Egeo, il Mar Nero e l'intero Levante ottomano all'Europa, rispetto ai quali l'elemento istituzionale risultava essere una variabile di secondo piano rispetto al gioco dei vantaggi economici. Evidentemente, nella Trieste dell'epoca entrambi gli elementi convivevano. Ma qui la questione non era tanto costituita dall'affermazione di una prospettiva a scapito dell'altra, quanto piuttosto dalla ricerca di un primato degli interessi rappresentati da una corrente rispetto a quelli dell'altra. Nella città portofranco, che ancora godeva di ampi privilegi, esenzioni e quote di autogoverno, e nella quale la Camera di Com- 234 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 mercio e la Borsa rappresentavano anche centri di potere reale, non era cosa di poco conto mettere al centro dell'attenzione una prospettiva piuttosto che un'altra (Millo, 2005). All'interno di questo quadro, Trieste funzionava sia come canale per l'import e l'export, sia come testa pensante dell'intera operazione (fatte salve le implicazioni politico-diplomatiche e militari), con evidenti vantaggi per l'Impero, ma anche per la borghesia commerciale e finanziaria locale (Babudieri, 1965; Panjek, 1986), dentro logiche che all'epoca ancora contemperavano interessi economici locali ed obiettivi politici imperiali. Il problema era costituito dal primato dell'ottica, se »continentale« o »mediterranea«, non dalla scelta tra una o l'altra, almeno ai tempi di Kandler e Revoltella. Entrambi i discorsi contenevano premesse economiche, per un ragionamento che pero diventava politico quando toccava i temi del migliore »ambiente« all'interno del quale garantire il perseguimento dello sviluppo economico triestino: il nesso asbur-gico dei lealisti oppure l'ingresso in un più grande mercato italiano, com'era l'aspi-razione degli irredentisti? All'inizio del nuovo secolo, negli anni della polemica, un po' tutti gli argomenti vennero usati da entrambe le fazioni (Cattaruzza, 2007, 15-68), ma, in fondo, al di là degli eccessi polemici e propagandistici, forse la stessa pubblicistica dell'età tardo-asburgica puo fornirci utili indicazioni per ricentrare il discorso sulle fonti e sugli elementi di sostegno della crescita economica locale. Inestricabilmente connesso con l'abbandono della prospettiva continentale, nella scelta degli irredentisti, c'era anche il rischio di un confronto troppo diretto con un'economia marittima italiana che stava già manovrando per sostituirsi, e non affiancarsi, alla struttura economica triestina. Secondo le fonti utilizzate da Taylor, »There was a practical aim behind the agitation for Trieste. The shipping firms of Genoa and Venice wished to cut Trieste off from its hinterland and so to divert the Mediterranean trade of central Europe to themselves« (Taylor, 1957, 547). Risultava quindi indispensabile, per la borghesia mercantile cittadina, creare le premesse per un discorso economico-politico a vasto raggio, che tutelasse gli interessi locali e nel contempo ne garantisse l'autonomia operativa. Va detto che una crescita cosi impetuosa produceva grandi opportunità, ma anche grandi problemi, soprattutto per le economie periferiche come quella austriaca. L'accelerata evolu-zione economica avrebbe progressivamente coinvolto interessi che Revoltella e Kandler nemmeno immaginavano ai loro tempi. Ma proprio l'eccessivo successo della prospettiva di Revoltella (l'espansione della rete commerciale imperniata su Trieste) fini per segnarne il destino, generando una reazione istituzionale che esa-spero la prospettiva kandleriana fino a far temere ad alcuni un progressivo inari-dimento degli spazi all'interno dei quali poteva ancora esercitarsi l'autogoverno degli interessi commerciali triestini, tanto da far temere la trasformazione della struttura economica della città in una semplice appendice mercantile di Vienna. 235 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 Oltre all'interesse commerciale ed alle opportunité istituzionali, una terza dinamica stava infatti prepotentemente influenzando lo sviluppo del destino economico triestino. Recentemente, ci si riferisce sempre più umversalmente a questo fenomeno come all' »imperialismo«, accomunando all'interno di questo concetto realtà profon-damente diverse. Ció che conta qui sottolineare è pero il fatto che una quota cre-scente delle risorse affluite a Trieste dal centro dell'Impero negli ultimi decenni dell'800 avevano come scopo non tanto lo sviluppo dell'economia locale in sé intesa, bensi la costituzione di un sistema marittimo fortemente integrato con le ambizioni di espansione oltremare sviluppate dai circoli governativi viennesi (Sondhaus, 1999), in stretto parallelismo con ció che stavano facendo altre potenze europee, compresa l'Italia. Anche in seguito a simili sviluppi, alla fine del secolo Trieste era diventata una città molto diversa da quella nella quale viveva Revoltella. Ormai, l'estensione delle funzioni pubbliche e l'ampia burocratizzazione delle stesse attività commerciali, soprattutto dopo che il telegrafo aveva reso molto meno avventuroso ogni tipo di transazione a lunga distanza, avevano »impiegatizzato« l'economia e la società cit-tadina. Nel descrivere la nuova realtà, Scipio Slataper5 poteva riconoscere ancora una volta le due visioni (quella kandleriana alternativa a quella espressa da Revoltella) della prosperità cittadina, assegnando loro peró nomi diversi. »[La città] è sbocco dell'interesse tedesco. Deve volere una ferrovia, due ferrovie che luniscano con la Germania. E rallegrarsi della merce nutrice del commercio e della gente imba-starditrice del sangue che esse trasportano. È il travaglio delle due nature che coz-zano ad annullarsi a vicenda: la commerciale e l italiana. E Trieste non puô stroz-zare nessuna delle due: è la sua doppia anima: si ucciderebbe. Ogni cosa al commercio necessaria è violazione d'italianità; ciô che ne è vero aumento danneggia quello« (Slataper, 1954, 45). Ma al di sotto della montante polemica nazionale sono riscontrabili anche ben precise linee di scontro tra interessi diversi. La nuova ventata dello spirito accen-tratore e »nazionalizzatore«, nell'età dell'imperialismo, aveva infatti investito anche le principali istituzioni dell'autocefalismo economico triestino, interrompendo una linea che fino a quel momento aveva fatto coincidere lo sviluppo economico della città con la crescita delle opportunità di profitto per i suoi ceti dirigenti. Alla fine del XIX secolo una simile indipendenza economica non poteva più venir tollerata, dal momento che i rapporti con l'esterno (di qualsiasi tipo) erano diventati una delle tematiche più critiche dell'intera politica europea. Inoltre, le capacità di 5 Scipio Slataper nacque a Trieste nel 1888. Trasferitosi a Firenze per motivi di studio, si legó al nucleo di intellettuali che gravitava attorno alla rivista La Voce fondata da Giuseppe Prezzolini. Su quella rivista pubblicó numerosi articoli nei quali presentava al pubblico italiano il variegato panorama culturale della Venezia Giulia. Fu volontario nell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, e mori in combattimento nel dicembre del 1915. 236 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 proiezione marittima di uno Stato avevano assunto un'importanza centrale nella definizione dello status relativo delle grandi potenze, rendendo anche la flotta mercantile (in quanto militarizzabile in ogni momento, secondo la legge austriaca) una componente non secondaria della politica di potenza dell'Impero asburgico. Inoltre, l'area d'azione economica triestina stava diventando uno dei teatri chiave della politica estera asburgica (Bridge, 1996). All'interno di una simile prospettiva, a cavallo tra '800 e '900 decisioni gover-native bloccarono molti dei canali di autopromozione della borghesia locale, ed ini-ziarono ad arrivare da Vienna non solo indicazioni e prospettive, ma anche persone e incarichi di responsabilité affidati direttamente dal centro, bypassando completamente i circuiti locali. Il caso del Lloyd austriaco appare significativo. Fondato da assicuratori e da commercianti i cui interessi erano fortemente radicati in città, negli ultimi decenni del secolo visse uno sviluppo significativo che si accompagné ad una progressiva articolazione della sua struttura interna, fino ad utilizzare ai propri vertici figure professionali relativamente poco presenti sulla piazza triestina, come l'am-ministratore-manager (responsabile ma non proprietario di quote del capitale) oppure il dirigente tecnico. Lentamente, oltre alla struttura interna si modifico anche la funzione inter-nazionale del Lloyd austriaco, che soprattutto nelle sue filiali del Mediterraneo orientale finiva con lo svolgere funzioni paradiplomatiche, diventando quasi una struttura sussidiaria alla rete di ambasciate e consolati (Stefani, Astori, 1938). A partire dal 1891, con il rinnovo delle convenzioni grazie alle quali il Lloyd esercitava le linee sovvenzionate dallo Stato, vennero introdotti alcuni elementi che progres-sivamente limitarono tanto l'autonomia, quanto soprattutto la »triestinità« della Compagnia di navigazione. La nomina del Presidente della società fu riservata all'Im-peratore, numerosi Consiglieri d'Amministrazione vennero nominati tra i vertici militari di più stretta osservanza asburgica ed infine, dal 1906, i Consigli d'Ammini-strazione e le Assemblee dei soci si tennero a Vienna, lasciando agli uffici di Trieste soltanto la responsabilité tecnica nella gestione degli affari. Fu in questo periodo che riprese corpo e vigore l'idea che l'economia triestina potesse sopravvivere anche senza l'Austria. Si trattava di una ripresa della prospettiva mediterranea, ma in questo caso la politica (l'irredentismo) prevaleva decisamente sulla economia, e la prospettiva mediterranea serviva per avvalorare l'ipotesi di un inedito (dal punto di vista economico) legame con l'Italia, piuttosto che l'auto-nomismo cittadino. Il ragionamento era piuttosto semplice: in fondo, Trieste era l'unico porto dell'alto Adriatico pienamente funzionante, secondo una citata frase di Bismark (Taylor, 1954, 263), nonostante il (relativo) sviluppo di Fiume e la presenza di Venezia. L'interscambio con l'oltremare dell'intera Europa centrale avrebbe dovuto necessaria-mente passare per Trieste, si pensava, qualsiasi fossero le condizioni politiche, 237 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 perché le condizioni geografiche da sole sarebbero state sufficienti ad indicare una direzione precisa per quei traffici. In realtá, una simile ottica era soltanto apparentemente rivolta al futuro, mentre la questione vera nasceva soprattutto dalla percezione di una progressiva perdita. Non si trattava certo di una perdita di benessere, dal momento che tutti gli indicatori di-mostrano come l'economia triestina fosse in piena espansione. Piuttosto, si trattava di una perdita relativa, di una dequalificazione rispetto alle aspettative di avanzamento di status e di opportunitá che la borghesia triestina aveva maturato negli anni iniziali della »rivoluzione dei trasporti«. In Europa, il nazionalismo economico si é ripresentato piu volte nell'etá contemporanea, con caratteristiche sempre simili: un'immagine dell'economia come un gioco a somma zero (se io guadagno, qualcun altro deve perdere), usata per legittimare atteggiamenti prevaricatori; l'idea che lo Stato debba avere un compito primario nel difendere, quando non nell'appoggiare e sostenere, le iniziative economiche dei singoli, in vista di una futura (ed ipotetica) redistribuzione dei benefici ottenuti; la convinzione di poter superare le incertezze e le ambiguitá proprie di ogni etá di transizione appoggiando soluzioni politiche che si presentano come forti e tenden-zialmente autoritarie (Baughn, Yaprak, 1996). In realtá, negli anni successivi all'abolizione del portofranco integrale, lo Stato austriaco fu piu che generoso nel sostenere lo sviluppo economico triestino (Melli-nato, 2005), ma manco nel trasmettere alla borghesia triestina quelle sicurezze sul proprio ruolo che la stessa espansione della cittá e della sua economia (con l'arrivo di quote crescenti di popolazione dall'interno dell'Impero) stavano mettendo in crisi. L'evoluzione delle attitudini individuali fu incanalata anche da alcuni significativi contributi intellettuali, che fornirono materiali a sostegno di una prospettiva so-stanzialmente anticontinentale del destino economico triestino, fondata su un com-plesso di ragionamenti volti ad irrobustire il ruolo del legame nazionale (nel senso linguistico del termine), l'orgoglio, e migliori opportunitá per il futuro ed un senso di superioritá insoddisfatta, secondo uno schema all'epoca diffuso in Europa (Dekker, Malova, Hoogendoorn, 2003). Secondo Mario Alberti era l'area mediterranea, attraverso l'Italia, che avrebbe garantito la prosperitá di Trieste e dei triestini (soprattutto a quelli di nazionalitá italiana), proiettandosi all'interno del continente con le sue reti mercantili e le sue iniziative economiche.6 Nelle parole di Alberti »Trieste deve la sua fortuna economica alla sua felice posizione geografica ed alle sagaci attitudini mercantili dei suoi commercianti« (Alberti, 1916, 19). Nel suo ragionamento, Alberti partiva dalla costruzione della legittimitá (storica e culturale) e della razionalitá (economica) della prospettiva italo-mediterranea, per poi costruire le 6 »Se l'avvenire di Trieste e intimamente legato alla soluzione integrale del problema adriatico, nessun motivo d'ordine economico associa invece le sorti di Trieste con quelle dell'Austria. La fortuna di Trieste e una funzione dell'Adriatico italiano, ma e indipendente dall'Austria« (Alberti, 1916, 17). 238 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 premesse intellettuali ad una sorta di doveroso egoismo collettivo, da indirizzare verso le istanze irredentiste delle quali era fautore ed in parte anche artefice (Sapelli, 1990, 18-23). Al di sotto della propaganda, pero, sono riconoscibili elementi di ragionamenti più profondi, che illuminano sulla reale distribuzione degli interessi in campo. »Poiché, con l'annessione di Trieste e di Fiume, lItalia non solo avrà nelle sue mani tutte le fila delle grandi correnti economiche tra il basso centro d'Europa, il bacino Mediterraneo e l'Estremo Oriente, ma sarà altresi padrona di uno dei più me-ravigliosi strumenti atti a tradurre in efficace penetrazione positiva il bisogno di espansione mondiale delle produzioni italiane« (Alberti, 1916, 107). Il sistema economico-commerciale triestino, infatti, aveva assoluta necessità di espandersi per assicurarsi sufficienti margini di profitto dalle attività di inter-mediazione, rese continuamente più efficienti dallo sviluppo tecnologico ed organiz-zativo (Shah Mohammed, Williamson, 2004; Estevadeordal, Frantz, Taylor, 2002). La scelta dell'Italia, paese più arretrato dell'Austria e quindi portatore di maggiori margini di sviluppo, rispondeva a questa esigenza, fondamentale soprattutto per la piccola-media borghesia degli uffici e della burocrazia, molto più che alle prospettive di sviluppo generale dell'emporio cui era interessata l'élite (Valdevit, 2004, 10 e ss.). Era da questi strati della società che si sviluppavano le paure più cupe per l'avvenire di una Trieste che si voleva credere troppo sottomessa agli interessi della parte continentale dell'Impero,7 e per questo incapace di valorizzare interamente le proprie potenzialità. La produttività dei trasporti marittimi era in crescita costante da quasi mezzo secolo (più o meno proprio gli anni di Revoltella e Kandler) (Finlay, O'Rourke, 2003, 35-37; Pamuk, Williamson, 2000), e quindi ogni imprenditore interessato nei tra-sporti marittimi doveva incessantemente aumentare il volume d'affari, se voleva mantenere stabile il reddito. In più, Trieste era una città ormai abituata all'espansione. Anzi, la stessa Camera di Commercio aveva alimentato ottimistiche previsioni sulle future potenzialità dell'emporio adriatico ancora alla vigilia della guerra (Moscheni, 1910). In questo senso, ogni timore per una possibile intromissione esterna nel delicato meccanismo triestino poteva venir sfruttata per aumentare il senso d'insicurezza già insito nella transizione in corso. Un'espressione ancora più limpida del pensiero di Alberti si trova in un suo piccolo pamphlet del 1915 dedicato fin dal titolo all'analisi degli spazi marittimi. Nel caso di una vittoria dell'Austria nella Grande guerra, 7 In occasione dell'abolizione delle esenzioni doganali estese a tutta la città, il 16 luglio 1891 LIndipendente scriveva: »Oggi lultimo filo di speranza sè spezzato e Trieste piomba nella grande voragine oscura in fondo a cui si agita la spaventosa potenza dell'ignoto. Nella storia di Trieste, che ha tante pagine di gloria e di sventura, la data d'oggi resterà indissolubilmente legata alla memoria di un grande disastro cittadino« (Piemontese, 1961, 64). 239 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 »Trieste slavizzata diventerebbe il centro irradiatore degli scambi commerciali con i Balcani e con cid di influenze jugo-slave austriache in quei paesi« (Alberti, 1915, 10-11). Era la materializzazione della prospettiva continentale, nella quale Trieste perdeva la sua autonomia »mediterranea« all'interno dell'Impero e veniva assorbita completamente dalle logiche continentali. »Con opportuni congegni di tariffe, l'Austria-Ungheria, disponendo della ferrovia Danubio-Adriatico, potrebbe mono-polizzare tutte le correnti di traffico balcaniche che correranno nellAdriatico, in-canalandole verso i suoi porti [sic] in breve ora slavizzati di Trieste e di Fiume, con gran pregiudizio dell'Italia, il cui commercio sarebbe cosi tagliato fuori« (Alberti, 1915, 10-11). Mario Alberti, già segretario della Camera di Commercio di Trieste, certamente conosceva il pericolo di una colonizzazione da parte del capitale italiano, anche se da una parte le esigenze propagandistiche, dall'altra la sicurezza nell'insostituibilità della funzione »mediterranea« di Trieste gli facevano ritenere impensabile un crollo delle solide barriere che reggevano l'autonomia economica triestina. Ancor più incrollabili erano le certezze espresse da Ruggero Timeus,8 secondo il quale la differenziazione rispetto alle istanze continentali era vitale per la sopravvivenza della Trieste mercantile ed italiana. Ecco comparire l'ultimo elemento della parabola: l'impossibilità, per i nuovi portavoce della borghesia triestina, di accettare la prospettiva continentale, a causa dell'aumento di peso specifico che all'interno di quella direttrice aveva ormai acquisito l'elemento slavo, soprattutto all'interno delle ultime evoluzioni del nesso asburgico. »Il trialismo non pud rinunciare assolutamente a Trieste, perché senza Trieste mancherebbe dellunico grande sbocco sullAdriatico e dellunico centro economico che in generale pud possedere e che forse mai potrebbe avere. Una volta poi unita Trieste allo Stato trialistico, la sua completa slavizzazione sarebbe sicura e rapida« (Fauro, 1965, 121). Ecco gli ultimi elementi di un quadro ormai completamente in bianco e nero: noi o loro, la rovina oppure il riscatto, non importa se a spese dell'altro perché queste sarebbero le regole di un gioco ineluttabile, il gioco a somma zero del nazionalismo economico. Il piccolo (ma politicamente influente) mondo degli impiegati pubblici e privati, della piccola borghesia delle professioni e degli affari era pronto ad accogliere un discorso che lo tutelasse dai più immediati problemi quotidiani. Questi »ceti impiegatizi minori, assillati dalla concorrenza degli impiegati provenienti da altre province dell'impero (più dotati generalmente dal punto di vista delle cono-scenze linguistiche), o dalla psicosi della slavizzazione della citta« (Privitera, 1983, 53-54) non esitarono ad abbracciare non solo una prospettiva mediterranea, ma 8 Ruggero Timeus (noto anche come Fauro) nacque a Trieste nel 1892, e fu un attivo irredentista. Scrisse su L ldea nazlonale e nel 1914 pubblico una monografía, Trleste, che ebbe ampia diffusione in Italia. Si presentava come un paladino della difesa dell'italianitá della Venezia Giulia minacciata dallo slavismo. Si arruolo volontario nella prima guerra mondiale e mori in combattimento, nel 1915. 240 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 un'intera impostazione anticontinentale del destino economico della città, confidando che posizione geografica ed infrastrutture commerciali da sole fossero sufficienti per garantire redditi e benessere. L'ampliamento della sfera economica italiana, poi, avrebbe portato quel surplus di dinamicità espansiva che serviva per mantenere elevata la redditività dell'economia marittima triestina, riservando una posizione privilegiata agli italiani nella redistri-buzione delle risorse, anche se in questo caso era più complesso formulare previsioni concrete e credibili, mentre più facile risultava il ricorso all'immaginazione spe-ranzosa,9 all'interno di un ambiente già abituato a creare e consumare miti legit-timanti (Negrelli, 2002, 1350-1360). Contro tutto questo si levó la voce, solitaria ed ammonitrice, di Angelo Vivante.10 Nei suoi scritti, la consapevolezza che l'esasperazione della contraddizione tra l'anima mediterranea e quella continentale di Trieste avrebbe portato entrambe ad un punto morto era più che evidente. Anzi, già prima della pubblicazione di Irredentismo adriatico, in un articolo su La Voce del dicembre 1910, affermava con decisione: »'Che Trieste, per ragion di interessi, sia legata a paesi slavi e tedeschi assai più che ad italiani è risaputo dai pochissimi che costi sanno alcunché delle terre irredente, 'vi è dunque un 'destino economico straniero di Trieste epperô di tutta la Giulia che le è inseparabilmente congiunta. ' Questa è per lui la realtà che sta dietro ad ogni 'volata retorico-sentimentale'« (Daneo, 1988, 39). Secondo Elio Apih, ancora nel 1984, »la situazione attuale del porto di Trieste dimostra che le deduzioni del Vivante sull'importanza dei privilegi austriaci erano fondate« (Apih, 1984, XI), ma ai tempi nei quali Vivante scriveva la ricerca del fondamento, vero o presunto, del destino economico della capitale marittima dell'Adriatico asburgico doveva essere svolta attraverso una dialettica articolata, ed un serrato confronto tra documenti e statistiche di varia provenienza. Non a caso, la prospettiva di Vivante iniziava ad articolarsi proprio facendo riferimento ad un orizzonte culturale molto vicino a quello espresso da Revoltella ai suoi tempi: »Il ceto mercantile triestino, con la sua consueta psicologia, argo-menta[va] cosi: tutto ciô che ci unisce di più alla Germania, allarga il nostro hinterland, giova quindi ai nostri affari. Andiamo a Francoforte a farvi, magari, i patrioti 9 »Con l'Italia noi saremo i veri uomini, gli uomini completi che danno il loro lavoro e la loro intelligenza allopera comune per la grandezza della Patria; quello che sarà creato da noi e quello che sarà pensato farà parte di una grande creazione e di un grande pensiero; il nostro spirito contribuirá a creare le nostre leggi e le nostre leggi Hsseranno i nostri destini« (Fauro, 1965, 213). 10 Angelo Vivante, nato a Trieste nel 1869, apparteneva per nascita a quel ceto borghese commerciale mitteleuropeo che in quegli anni era al centro dell'espansione economica triestina. Laureatosi in legge a Bologna, si avvicinó agli ambienti de La Voce presso le cui edizioni avrebbe pubblicato il suo Irredentismo Adriatico, nel 1912. Nel frattempo, si era avvicinato al socialismo. Fu direttore del quotidiano Il Lavoratore, perseguendo una linea internazionalista e non interventista. Mori suicida dopo l'ingresso in guerra dell'Italia, nel 1915. 241 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 tedeschi« (Vivante, 1945, 39). Quella simmetria tra fedeltá politica ed allargamento del circuito d'affari si interruppe allorquando il gruppo dei beneficiari si allargo fino ad articolarsi in sottogruppi nazionali, sviluppando tendenze poco collaborative, che iniziarono a perseguire anche obiettivi diversi dal semplice sviluppo delle occasioni di profitto.11 Dalle aspirazioni nazionali dei singoli alla ridefinizione degli spazi economici il passo, secondo Vivante, fu breve: »Concezione economica nella quale campeggia anche una concezione politica: la futura Slavia, cioe un corpo auto-politico jugoslavo, destinato presto o tardi a formarsi e gravitante su Trieste, suo porto naturale« (Vivante, 1945, 135-136). Nell'altro campo, l'aspirazione all'unificazione italiana si appoggiava su potenti, ma molte volte celate, motivazioni sociali e politiche, mentre le assai propagandate motivazioni economiche erano del tutto inconsistenti. »Oggi, la posizione commerciale dell'Italia a Trieste ha tutt'altro carattere. Trieste non e piü un mercato italiano che potrebbe guadagnare d'intensita con l'annessione politica e la conseguente caduta delle barriere doganali. [...] Ma domani, perduta Trieste e comunque diminuida l'importanza dell'Adriatico per l'organizzazione o le organizzazioni dei popoli abitanti nel retroterra della Giulia, basterebbe che lo Stato o gli Stati padroni del hinterland' facessero una politica fluviale, disinteressandosi dell'Adriatico per veder esulare da questo, la corrente piü larga e redditizia dei suoi traffici [...] Ció si verificherebbe in qualunque regime politico: tanto se l'Austria attuale si sfasciasse per rientrare in altre unita statali [...] quanto si componesse per conto proprio in forma diversa dallattuale« (Vivante, 1945, 219; 230-231). Vivante aveva quindi correttamente individuato non solo l'inconsistenza dei di-scorsi del nuovo irredentismo »imperialista«, ma ne aveva anche colto le interne pulsioni suicide. Una economia fatta di scambi e di relazioni, come quella gravitante su Trieste, non poteva sperare di sopravvivere trasformandosi nel monopolio di una componente a scapito delle altre. Inoltre, la funzione svolta dallo Stato asburgico non poteva venir esclusa dai ragionamenti riguardanti lo sviluppo economico di Trieste senza lasciare un vuoto significativo, soprattutto con riferimento a cio che era stato fatto nei decenni a cavallo dei due secoli (Jangakis, 1923, 71-78). Gli anni successivi alla Grande guerra avrebbero dimostrato quanto fossero ipo-tetiche (e sostanzialmente illusorie) le linee di ragionamento sulla natura del benes-sere economico di Trieste basate sul primato del piu forte sul piu debole. Ma quanto quelle riflessioni, benché fondate su principi cosi fragili, siano state usate per 11 »Nella Giulia si è andato lungamente svolgendo un fenomeno demográfico spiegabile dallincrocio di due nazioni, luna a economia e quindi a civiltà superiore, aggruppata nelle città, l'altra attaccata alla zolla e dispersa nelle campagne; la prima ha tenuto assopita e poi ha in parte assimilato la seconda, finché questa, sotto l'influsso di molteplici e complessi fattori, ho incominciato a reagire contro l'assimilazione e a scuotersi dallassopimento. Lotta nazionale della Giulia vuol dire dunque, nel suo fondo, lotta per continuare o troncare questi due processi, attraverso i quali si è mantenuta e in gran parte si mantiene ancora, la prevalenza degli italiani sugli slavi« (Vivante, 1945, 132). 242 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 condizionare la mentalita e la prassi politica nella Venezia Giulia, e quali risultati concreti siano stati raggiunti partendo da quelle premesse, e argomento che ancora attende di essere pienamente indagato. SREDOZEMSKI IN SREDNJEEVROPSKI. PRISPEVEK K ŠTUDIJI PREDSTAVE O TRGOVINSKEM BLAGOSTANJU V TRSTU OB KONCU OBDOBJA HABSBURŽANOV Giulio MELLINATO Univerza Milano-Bicocca, Oddelek za politično ekonomijo, IT-20126 Milano, Piazza dell'Ateneo Nuovo 1, Edificio U6 e-mail: giulio.mellinato@unimib.it POVZETEK Leta 1884 sta v Trstu sočasno izšli dve knjigi s podobno vsebino, kar pa ni bilo golo naključje. To so bila leta zaključnih del na Sueškem prekopu in celotno mestno gospodarsko tkivo je poskušalo ugotoviti, na kakšen način bi bilo mogoče odpiranje novih sredozemskih pomorskih poti spremeniti v trgovsko prednost. Pietro Kandler je v delu Emporio e portofranco di Trieste predstavil svoje videnje razcveta Trsta, ki je po njegovem mnenju temeljilo na povezavi (ekonomski, zlasti pa politični) z avstro-ogrskim cesarstvom, s čimer je implicitno ponudil razlago, po kateri je mestu gospodarsko blaginjo zagotavljal njegov institucionalni položaj. Nasprotno pa je v svojem delu La compartecipazione dell'Austria al com-mercio mondiale Pasquale Revoltella poudarjal ustvarjalno genialnost Tržačanov, ki so sicer priznavali visoko cesarsko gospostvo, a so bili toliko bolj podjetni in gospodarsko učinkoviti, kolikor bolj so ostajali neodvisni od osrednje politične oblasti, kar pa je prinašalo koristi celotnemu avstrijskemu gospodarstvu. Ključna predstavnika tržaških vodilnih krogov sta dejansko ponujala dve komplementarni predstavi v zvezi z izvorom tržaškega blagostanja: za Kandlerja je bila najboljša »celinska« perspektiva, saj je Trst predstavljal južno pot, izhod za habsburško gospodarstvo (a tudi za politiko in državne strukture), medtem ko je bila za Revoltello prevladujoča predvsem navezava na pomorske in balkanske trgovske mreže, katerim so tržaške posebne pravice in avtonomnost ponujale primernejše zaledje od drugih okolij pri opravljanju posredniških dejavnosti. S te plati je Revoltella izražal bolj »sredozemski« pristop pri izvoru tržaške blaginje kot tudi pri pričakovanjih v zvezi z razvojem mesta, neodvisnega od centralističnih teženj Dunaja. Tako dihotomična diferenciacija gospodarske usode Trsta in celotne Julijske krajine se je zopet pojavila za časa iredentizma, a takrat so bili vzroki povsem drugačni od razlogov, iz katerih se je rodila. Vprašanje v zvezi z najprimernejšim 243 Giulio MELLINATO: MEDITERRANEI E MITTELEUROPEI. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ..., 229-246 okoljem za ohranitev tržaškega blagostanja se je pojavilo ob razpravi o načinu prekinitve povezav z Avstrijo in o bolj ali manj problematični vključitvi tržaškega pomorskega gospodarstva v italijansko ekonomijo. Pod površinsko ravnjo nizanja dejstev pa je mogoče prepoznati izključno notranje elemente nove tržaške družbe, ki se je konec devetnajstega stoletja porodila iz birokratskega razcveta javnih in zasebnih dejavnosti. V malomeščanskih in meščanskih krogih je bila dialektika med celinsko in sredozemsko perspektivo predhodnica in napoved radikalizacije nacionalnih nasprotij, zaradi katerih je usahnil dinamični utrip celotnega krajevnega meščanstva. Ključne besede: gospodarski razvoj, revolucija v transportu, pomorska zgodovina, ekonomski nacionalizem, iredentizem, meščanstvo FONTI E BIBLIOGRAFIA Alberti, M. (1915): Adriático e Mediterráneo. Milano, Rava & C. 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