ANNO IV. Capodistria, 16 ottobre 1870. N. 20. LA PROVINCIA GIORNALE DEGLI lilTERESU CIVILI, BCMOBICI ED 1HIRUT11TIII DELL'ISTRIA. Esce it t ed iì t6 d* og nf mese. ASSOCIAZIONE pe» imi anno f.ni 3? semestre e quadrimestre in proporziona. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. AVVISO. Preghiamo quelli fra i nostri Associati, ehe ancora non avessero pagato il prezzo di abbonamento, di farlo prontamente a mano dei nostri gentili incaricati alla riscossione, clie abbiamo in. ogni luogo della Provincia, oppure direttamente alla redazione del giornale, onde questa non sia obbligata di sospendere la spedizione. UN' CONFRONTO. - ir; 'wmimai si ottoni* wownioo r<>iif»ix>u •> (A proposito della Guida Storico-Artistico-Industriale di Biella e Circondario del Prof. A. Coiz. Biella, Onorino, 1870). Se noi avessimo voluto sdebitarci alla meglio verso il nostro amico Coiz, che publicò testé il volumetto annunciato qui in testa, avremmo potuto cavarcela con poche parole. Una rapida lettura della prefazione, dell' indice e di qualche pagina scelta a caso qua e là avrebbe bastato per imbastire quattro chiacchiere da registrare poi sotto la rubrica; bibliografia. E se l'articol'etto, che ne sarebbe venuto fuori, avrebbe naturalmente fatto la figura di una gran meschina cosa presso chi ha buon naso, sarebbe tuttavia bastato per salvare le convenienze del giornale e accontentare quelli, che delle cose guardano soltanto alla corteccia. Noi abbiamo invece voluto- fare diversamente. L'affetto, che portiamo al Coiz, e Falta estimazione, in cui da tutti è tenuto il suo robusto ingegno, ci consigliarono a leggere per davvero il suo libro, poiché eravamo persuasi che, quantunque piccioletto di mole, esso doveva essere cosa seriamente pensata e seriamente eseguita. Nè ci siamo ingannati. D'altra parte il titolo ci seduceva: Biella e il suo Circondario son rinomati in Italia per lo sviluppo grandioso, che da pochi anni- vi hanno Articoli comunicati d'interesse- generale si stampano gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro /'ranco alla Redazione — Pagamenti anticipati. — Un numero separalo soldi lo. preso le industrie: la si dice, la Manchester d'Italia; e noi eravamo desiderosi di conoscere se questo titolo onorifico fosse veramente meritato. Abbiamo trovato nel libro del Coiz tutto quello, che cercavamo. Se dovessimo indicare il carattere più spiccato di questa publicazione, diremmo che è la coscienziosità. Il Coiz ha trattato il suo argomento, con una cura e una diligenza, che quanto sono più rare oggidì, tanto più si dovrebbero raccomandare; i raffazzonatori di libri possono specchiarsi in questo volumetto e vedere come intende la publicità chi scrive per ver dire, e non per sodisfare a sordide passioni o a più sordidi interessi. Se noi prescindiamo dallo- stile, il quale è per avventura troppo scolorito e a volte anche scorretto — lieve difetto, del resto, in opere di questo genere — troveremo' che il Coiz ha fatto un lavoro, il quale ne' modesti termini di una Guida può dirsi perfetto. Premesse alcune chiare nozioni di topografia del Circondario biellese e un succinto cenno storico delle vicende, traverso le quali la città di Biella venne fino ai nostri giorni, l'autore s' è più lungamente intrattenuto sulle origini della industria biellese, la quale vedremo subito quanto sia mirabile ;; e poi, prendendo come punto d'i partenza Santhià, stazione della ferrovia Torino-Milano, da cui si diparte il tronco, che va a Biella, imprese a far conoscere il- paese al lettore in altrettante gite o passeggiate, che egli divise in nove: da Santhià a Biella, Biella, dintorni di Biella, da Biella a Pollone, Occhieppo superiore e Sordevolo, da Biella a Graglia, Mongrando e Zubiena, da Biella nella Vallata d'Andbrno, da Biella a Cessato e Masserano, da Biella a Zuma-glio e Pettinengo e finalmente da Biella in Val-sessera. In codeste descrizioni il Coiz non omise nulla ebe possa interessare il lettore o il visitatore: primeggiano per numero e per valore le indicazioni statistiche; ma non mancano le indicazioni storiche, artistiche, naturali ecc: Seguono alcuni interessanti Prospetti statistici stille Fabriche est- fX2v .OVAI old Mo stenti nel Circondano' e sul numero del tela], che si lavorano, sulli Stabilimenti idroterapici, di cui il paese è ricchissimo, sulle ..Società-di Mutuo Soccorso e sul!' Istruzione. In complesso — e quest' è, secondo noi, il migliore elogio, clie si possa fare del libro — noi crediamo clic la Giada del Coiz, meglio ohe un soccorso alla passaggera curiosità del viaggiatore, sia riuscita un prezioso manuale per quanti vogliono conoscere a fondo le condizioni sociali ed economiche del territorio biellese, e che nella compilazione delle future statistiche converrà attingere di qui i dati più sicuri e minuti sulla vita industriale di una delle più operose città dell' Italia. E qui avremmo finito parlare del libro. Ma non abbiamo finito di esporre le idee, che la lettura di esso ci ha destato nel capo. Scorrendo la storia di codesto territorio alpino così lontano dalle grandi vie di communicazione, dai grandi centri, dalla grande cultura, così povero, una volta, di capitali, (li popolazione e di intelligenza, e ora invece divenuto col lavoro, colla assiduità, collo studio così ricco e prosperoso, noi abbiamo pensato a un' altra provincia posta in condizioni naturali assai più favorevoli e tuttavia giacente oggi ancora in uno stato di fiacchezza e d'impotenza assai peggioro di quello, in cui trovavasi un secolo fa il Circondario di Biella. Questa provincia — chi non lo indovina — è la nostra, è l'Istria, dimenticata, è vero, anzi angariata da chi avrebbe dovuto porgerle una mano e indicarle la via del progresso, ma insieme anche essa stessa dimentica di se e del suo avvenire e accasciata in una sconfortata neghittosità, dalla quale non fu ancora possibile di scuoterla. Perchè questa diversità? Perchè colà tanta attività, e qui tanta apatìa? Perchè colà tanto assiduo lavoro coronato da così splendido successo, e qui tanto abandono seguito da così umiliante abbattimento-? Forse le ragioni del riuscire sarebbero più difficili qua che là? forse sovra di noi incombe un fato cieco e crudele, che rende meno caldi i raggi del nostro sole italiano, meno amiche le onde del nostro mare, meno molteplice la intì-31 ita varietà di modi, con cui la umana attività può espandersi e domare ogni ostacolo? Vediamo cO'' fatti. Il territorio del Circondario biellese non ha che D70 mila chilometri quadrati di superficie e una popolazione di poco più che 126 mila abitanti, manca di città grandi-. Biella, suo capoluogo, conta 10 mila abitanti, e dopo si scende subito a Cossato, che ne ha 3000, Masserano, 3600, Costila, 3000, Graglia, 3000, Andorno, 2000 etc. Il mio territorio, che confina a mezzodì colle pianure del Novarese, si stende poi in gran parte sopra colline e a settentrione s'allarga tra le Alpi inabitabili. Ci sarebbero dunque tutte le condizioni, che sogliono rendere povero e inculto un paese. E invece, per dirne una, nella sola Valsessera ci sono non meno di 32 fabriclie di panni con 690 eitteiboqfip .VI 0/17.1 telaj, e la produzione aitnua delle industrie Malesi si calcola a 35 (dico trentacinquè) millioni di lire. ■§ «ma fi MB La'spiegazione di questo ferijòmeno sorprendente ce la' dà Un poche parole ilfeCoiz. Le industrie: biellesi sono di data antica; la lana p. e., si lavorava fino dal 13° sècolo*; marrano industrie povere, ristrette, paesane, come appunto sarebbe da noi quella del sale e della fabricazione del vino. La introduzione delle machine e l'uso delle aeque correnti, che sono numerose nel Circondario, come forza motrice produssero in poco più di mezzo secolo il miracolo, che abbiamo veduto, appunto come se fra noi si cominciasse a capire ii gran tesoro, che abbiamo nei nostri vigneti.e si confezionasse il vino con tutte quelle cure e quei perfezionamenti, con cui lo preparano i coltivatori della Sciampagna e della Valle del Reno. Come avviene sempre che un progresso facilita un'altro, la introduzione delle machine nella; lavorazione delle lane rese necessaria la fondazione di opificj mecaniéi, e questi altri e altri ancora; cosicché in definitiva il Coiz calcola che ci siano ora nel Biellese 247 stabilimenti industriali, dei quali meglio, che 100 applicati alla fabricazione dei pannuani e delle drapperie, 22 a quella dei cappelli, 21 alla fabrica di oggetti in ferrò, 21 alla filatura in lana e cotone, l!t ai tessuti in cotone e lana e cotone, 14 alla maglieria, 15 alia conceria delle pelli e li altri alla fabrica della tela, ditele cerate,'di tintorie, di carta, di lane me-caniche, di mobiglie, fonderie ere. Il numero delli operaj impegnati in codesto lavoro sale* a 15 mila, e il prodotto, comprese anche le industrie accessorie, si calcola a 38 millioni di lire. Cotesto grandioso sviluppo, come dicemmo, non data che da un mezzo secolo, ma anch' esso fu graduale : mentre ora, come s' è veduto, i lani-ficj salgono a oltre 100, nel 1840 non arrivavano a 70, e nel 1816 fu per la prima volta applicata ad esso la forza motrice dell'acqua, con che si diede il primo impulso ad un movimento, che oggidì è veramente portentoso. Così le machine dapprima si facevano venire da Mulhouse, da Zurigo, da Verdiers; ora esistono in paese parecchi stabilimenti mecanici, in cui si costruiscono quasi tutti li attrezzi e i congegni necessari- Ci bau guadagnato le industrie della lana, che pagano meno le loro machine e in pari tempo si istituì in paese un' altra industria vigorosa già adesso e piena di avvenire. Fra una popolazione così intelligente, e nella quale l'elemento operajo ha così grande preponderanza, era naturale che il mutuo soccorso e l'istruzione, le due grandi leve della civiltà moderna, non dovessero mancare. Il Coiz publica infatti prospetti e dati interessantissimi a questo riguardo, dai quali appare che nel Circondario esistono 31 (trentauna) Società di mutuo soccorso fra opera,), artieri, agricoltori, commercianti, delle quali 14 hanno proprie biblioteche circolanti costituite sul tipo di quelle di Alsazia, 5 hanno scuole serali o festive e 4 le apriranno fra breve, contando tra tutte insieme ben 6,270 socj ; mentre d'altra parte non v' ha più Commune per piccolo che sia, il quale non possegga già la sua scuola maschile e femi-nile,' separata o mista, cosicché ci sono in complessò 323 scuole elementari con 16,044 alunni, oltre 15 asili infantili publiei, che ricoverano 1746 fanciulli d'ambo i sessi, 36 scuole elementari private con 627 alunni, 12 asili infantili privati con 270 fanciulli è finalmente 62 scuole per adulti, maschj e l'emine, diurne; serali e festive frequentate da 1594 popolani: assieme 448' centri d'istruzione elementare con 20,281 alunni d'arabo i sessi. E tutto ciò senza contare l'insegnamento secondario impartito in due scuole perfezionali, tre scuole tecniche, due ginnasj e una scuola femini-le superióre In verità, quando si vede la luce dell'istruzione propagata in così larga misura fin ne' più bassi strati sociali scema la meraviglia pe' progressi economici del paesey e si capisce come abbia potuto avvenire che uomini, — e ce- ne sono parecclij colà — i quali fino a pochi anni or sono trattavano ancora il martello o la lima, siano oggi proprietàrj di stabilimenti industriali valutati a mi 11 ioni. A complemento delle notizie, che abbiamo fin qui riassunto, vogliamo anche aggiungere che il Circondario di Biella ha dato non pochi uomini illustri alla storia nazionale. A pochi chilometri da Biella esiste il paesello di Sagliano, ove nacque l'immortale Pietro Mieca, Biella stessa è patria dei principi Del Pozzo della Cisterna, la cui ultima discendènte è sposa al secondogenito del re d'Italia, e vi nacquero e risiedettero i Là Marmora. Di Biella è Quintino Sella, industrialo, scienziato, ministro. A Mas.serano ebbe i natali d Cassinis, già ministro e presidente della Camera etc. E ora abbiamo finito." il confronto, che volevamo fare, lo lasciamo al lettore. Paragoni esso la* lieta operosità delle sonanti officine biellesi collo squallido silenzio delle nostre campagne, il movimento perpetuo di quella cittadetta colla monotona inerzia delle nòstre,, e se nel!" animo gli sorge il pensiero di chiedere perchè tante diversità di condizioni, forse avverrà ehe una intima voce gli risponda: perchè colà si conosce il valore della operosità, dell'associazione e dello studio, e qui.... qui si fanno molti castelli in aria, ma in fine si applica tuttodì il provèrbio antico: tre fratelli, tre castelli. _ . ,| . . ______ uwo*rt ! Of!OÌj omotn corrispondenze triestine. ■ Noi desideriamo che la Provinisti segua con maggior attenzione il movimento civile ed economico della città di Trieste, eh' è ora il centro dei nostri interessi, e la cui vita si fa sempre più gagliarda nel miglior senso. Gì siamo quindi adoperati ad ottenere da corte- si eompatriotti triestini regolari corrispondenze, le quali ci riferiscano lo sviluppo dei commerci, delle istituzioni e degli studiai scientifici e letteràri! della città stessa, eh' è italiana e istriana ad un tempo. Possa anche, quest' opera nostra contribuire a rendere sempre più cordiali ed intime le relazioni della provincia colla sua capitale cjvile, e a procurarle così, nel suo lavoro di riforma e di progresso, un più sicuro indirizzo, e una più sveglia coscienza delle proprie forzo, raccolte e consociate. Cominciamo, intanto, con una corrispondenza relativa ai commerci di Trieste. Ir teste 4 ottobre 18/0. . (II. C.) Voi sapete che di Cassandre, non liavvi mai penuria in tutt'i paesi ove il sì suona. E un mal vezzo di usi Italiani, forse effetto della nostra fervida fantasia di esagerare i nostri malanni e di pronosticare il tini-mondo, non è appena gl'avi avvenimenti, perturbano le condizioni normali in qualunque ramo della vita pubblica. — In questa nostra Trieste ove la nazionalità si fa manifesta anche nei difetti della nostra razza ecco ciò che avvenne: Si ebbero dei rovesci commerciali in seguito all' inopinato scoppio della malvagia guerra franco - prussiana. La moltissima fede che qui regna nell' avvenire e-eonomico e finanziario del Regno Italiano aveva fatto impegnare abbienti e non abbienti in rilevanti acquisti, di valori italiani. È debito d' altronde di equità, il far emergere, come le Finanze italiane non furono mai si bene avviate sul cammino del loro assetto definitivo, come nei mesi di maggio e giugno dell' auno corrente in seguito all' adozione dei provvedimenti finanziari del Sella. La puritana Inghilterra la quale malgrado le suo platoniche simpatie per gì' Italiani, non li aveva creduto per anco meritevoli del suo credito come Nazione, accennava a mutar d' avviso, e dopo il disinganno patito, e l'ostracismo dato ai fondi austriaci, taceva sembianze di voler far buon viso al Consolidato italiano. Ciò mi è parso di dover notare per giustificare fino ad un certo punto le operazioni .speculative della Borsa triestina. !Non intendo peraltro di assolvere coloro che vi si ingolfarono senza misura e molto meno coloro che privi di qualsiasi mezzo hanno puramente giuo-cato coli' intendimento di intascare se il giuoco andava bene, colla coscienza di non poter pagare se andava male. In conclusione vi furono perdite non lievi; avvennero alcuni fallimenti, ma ne fuvono esagerate le conseguenze, more solito. Figuratevi che nel luglio taluni dicevano: " Ci vorranno molti anni per rimarginare le piaghe sofferte, d Ebbene, laddio mercè non si verificò nè punto nè poco il triste presagio. Le Case che soccombettero, riuscirono prestamente mediante 1' abilità dei nostri Avvocati, e la correntezza eh' è una delle precipue doti di questo emporio, ad accomodare le loro pendenze all' amichevole, e talune hanno già ripreso il loro lavoro. Anche in questi fatti si distingue il carattere di grande centro commerciale di questa nostra Trieste. Ove e' è lavoro esteso, ove c' è speculazione vasta, e talvolta anche sbrigliata, i fallimenti non possono non accadere con abbastanza frequenza specialmente quando scoppiano crisi politiche, o finanziarie. In Inghilterra, il paese classico dei -commercio, succedono giornalmente sospensioni di pagamento; se non vi ha dolo, 1' oberato ripartisce quello che ha, ai suoi creditori, e tutto è finito; egli può ritentare la sorte, e lavorare. Codesti fatti non lasciano traccie; sono danni parzia- li e ripartiti; il commercio nel suo significato complesso non se ne risente tranne nei casi in cui i fallimenti sieno in gran numero, e continuati per lungo periodo di tempo. Anche Trieste, adunque, non ha risentito conseguenze gravi dalle sospensioni dei mesi precedenti II commercio va riprendendo il suo aspetto normale; il credito si ristabilisce. Per darvi un' idea di ciò che si pensa riguardo a Trieste in certi Istituti potenti di Vienna; vi riferirò che nel mese di agosto, questa Camera di Commercio, allarmata alquanto dai fallimenti avvenuti, e più ancora dalle possibili conseguenze della guerra che poteva divenir generale, voleva porsi in grado di sovvenire quei negozianti che per avventura si trovassero incagliati con merci. Chiese pertanto alla Banca Nazionale Austriaca a Vienna che volesse aumentare l'assegnazione di fondi alla filiale di Trieste, e che questa maggior somma dovesse servire allo scopo suindicato sotto malleverìa della Camera ossia della Deputazione di Borsa che ne è l'organo esecutivo. Codesta domanda fu rifiutata malgrado l'intervento favorevole del Ministero. Frattanto Trieste, ha sbugiardato le tristi prevenzioni del maggior Istituto bancario dell'Austria col superare le difficoltà della situazione senza alcun provvedimento straordinario. Come avrete appreso dai giornali all'incominciare della guerra, si riteneva che stante il blocco dei porti del Nord e l'interruzione delle ferrovie tedesche, le merci destinate da qualunque punto per il Regno Unito ed anche per gli Stati Uniti avrebbero dovuto far capo a Trieste. Quindi affluirono Vapori Inglesi in quantità in questo porto, nella speranza di poter caricare a Noli alti. Le previsioni andarono fallite perchè il ristagno generale dei traffici internazionali ridusse di molto l'e-sportazione da ogni punto. La conseguenza si fu quella che i vapori per non partire vuoti hanno ridotto 1 noli per il Regno Unito al miserabile saggio di 1 scellino lnr quurter per i cereali, loccliè rende più agevole l'esportazione da qui meglio che da altri porti. Questi negozianti, convien dirlo a loro lode, hanno saputo imporsi, dirò così, all'estero per il traffico dei prodotti dell'Ungheria e della Croazia. Il destino naturale di Trieste sarebbe etato quello di divenire rispetto a quel commercio, semplice porto di transito, ma per obbligare l'estero a farsi in parte almeno tributario a Trieste, questi coraggiosi negozianti si rivolsero sui mercati d'origine, ed ivi lavorano speculativamente su larga scala. Si pongono in tal modo in grado di tiare vantaggiose offerte sui mercati esteri di consumo, specialmente nelle Granaglie e nei Legnami. Notate però clic questo genere di operazioni è molto rischioso ed espone al pericolo di forti perdite, oltreché assorbe ingenti capitali, e nello stesso tempo non permette, ordinariamente, che modesti profitti. Ma il grande lavoro, l'avvicendarsi della fortuna ora propizia, Ora avversa, la grande attività, la disponibilità di forti capitali reali, e di altri procurati mediante il credito: ecco la somma degli elementi che vivificano i ne* gozj, e mantengono una piazza di commercio in posizione elevata. Sta infatti che l'esportazione via di mare raggiunse nel 1869 il valore di 116 milioni circa; si e-Mportarono di frumento staja 1,347,306 e di formentone utaja 2,531,046 e staja 700,000 circa fra orzo ed avena; le maggiori quantità si spedirono per il Regno Unito. Attivissimo è il traffico delle farine, la cui esportazione giunse nel 1869 ad oltre 900 mille centinaia doganali di cui 600 mille circa dirette per l'Inghilterra, e per il Brasile. 11 lavoro di esportazione per la via di terra, non prende quelle proporzioni di cui sarebbe suscettibile ove i noli per 1 interno fossero così miti come son quelli delle ferrovie tedesche che permettono ai negozianti delle Città anseatiche di farci concorrenza anche nei paesi meno lontani di Vienna da qui. Il commercio col Regno d'Italia dopo l'annessione del Veneto ha subito un decremento abbastanza notevole. Tuttavia, e ciò non sarebbe verosimile, se non fosse vero, si spediscono ancora nelle provincie del Regno olj, agrumi, ed alcuui altri articoli di produzione italiana. Lo strano si è che questi generi sopportano, provenendo da Trieste, il dazio d'entrata avendo perduta la nazionalità. Codesta anomalia si spiega sotto varj aspetti. Duole il dirlo, ma vi concorre in parte la. poca attività del commercio di Venezia che ha ritirato per esempio da Trieste nel 1869, 8000 centinaja doganali di aranci e 13000 centinaja di limoni, prodotto siciliano!!! e non dico altro perchè mi pare che basti. Havvi poi la circostanza che Trieste offre ad alcuni consumatori scrupolosi una maggior esattezza nelle qualità e nei pesi di quello che sogliono riscontrare alcune volte altrove. Alletta in fine a taluno l'acquistare in Banconote quando queste sono alte, ossia quando l'aggio dell' oro è basso, perchè speculano sulla probabilità d'un peggioramento che i nostri Italiani per antica abitudine presumono sempre per la carta non propria, mentre dimostrano grande fiducia nella propria, come lo prova il mite disagio dei biglietti della Banca Nazionale italiana. Una prò va evidente del benessere, ingenerale del ceto commerciale triestino, l'abbiamo nel fatto dell'ingente somma che si trova collocata nei titoli italiani, l'oche sono le Case di qualche importanza ehe non ne sieno provvedute; è impossibile indicare con esattezza una cifra, ma ch'essa sia rilevantissima, non vi ha dubbio. Lo dimostrano le somme ragguardevolissime di tagliandi (coupons) che vengono vendute alla Borsa itile scadenze semestrali. Dopo le prime vittorie delle armi tedesche quei capitalisti hanno vagheggiato l'impiego in titoli italiani, e specialmente in Rendita. Quando si consideri che il loro 5 0/j() vale oltre 90, ehe del tre per cento francese non volevano saperne, si (comprende come abbiano ii\ olia l'attenzione al 5 0/q italiano che ai corsi attuali dà loro un interesse clie supera l'otto per cento. Ricorsero a Trieste per acquisti di titoli pronti, e vanno acquistandone giornalmente offerendo così al mercato triestino un lavoro rilevante che si effettua mediante arbitraggi colle piazze di Firenze, di Milano, di Genova, e di Venezia. Dò fine a questa mia, riservandomi con prossima d'intrattenervi sulle condizioni morali di questa bella città. Chiamiamo l'attenzione dei lettori sul seguente bellissimo dettato ehe c' invia dal Regno un distinto nostro collaboratore, a cui rendiamo ì debiti r ingrazia-menti. Venezia, settembre 1870. L' importanza ehe acquistarono oggimai le società operaje in Venezia (paese rinomato perciò) e la fisonomia particolare che hanno assunto, rendono curioso ed interessante il narrare le origini e lo svolgimento. A Venezia le Società operaje non si sono potute costituire se non che dopo il rinnovamento politico. L' Austria non permise se non che alle corporazioni di arti e mestieri, più o meno rammodernate, di continuare in una esistenza o fievole o reazionaria. Nei processi politici fatti contro il Comitato veneto, che avendo sede in questa città, in attenenza col Governo, dirigeva il moto rivoluzionariOj accadde una volta di ve* ilerc imputato uno ili quei rei di alto tradimento di mene socialistiche perchè voleva istituire una Società di mutuo soccorso. Lo società che sursero in questi ultimi anni sono di tre specie: Società generali „ professionali n ai soccorso e lavoro Le società generali sono nei distretti, e due ve ne hanno in Venezia; le professionali sono le società dei servitori di harca, traghettanti e battellanti: società del S. C. (Pia divozione) all' Angelo Raffaelle; società dei lavoranti prestinai: società dei lavoranti in conterie; società dei Calzolai ; consorteria dei calafati ; società dei sarti. Le società di soccorso e lavoro sono le società di mutuo soccorso e lavoro di carpentieri e calafati, dei calzolai, dei compositori tipografi, dei perlaj e delle per-laje. Parecchie fraghe (pel soldo de r amalà) o antichi avanzi delle corporazioni di arti e mestieri conducono tniseriss-ima 1' esistenza. Talune fra le associazioni morte nel bollore delle rivoluzioni si svolsero dopo brevi e fortunose vicende: p. es. quelle dei lavoranti pistori delle arti riunite dei falegnami, rimessati etc._ Ora à tenta di istituire quelle dei barbieri e parrucchieri, dei domestici, servitori ecc. Non parliamo poi di altre associazioni di non operai, come ad esempio degli a-genti di cambio, degli ingegneri, avvocati, maestri, eccetera. Le società operajo surricordate, principiarono, in buona parte, a fare scioperi e dimostrazioni politiche, ma dopo breve tratto di tempo, il numero maggiore venne a migliori consigli. Taluna ha per presidente S. A. R. il principe Umberto; hanno altre a presidente onorario il Generale Garibaldi e spontaneamente ricercarono i principi della Casa Reale a loro protettori. Nessuna fece dimostrazioni politiche in pubblico e ponili sono gli scioperi che si lianno a lamentare. La più importante delle associazioni artigiane e quella che si attiene veramente allo stato della città è dei carpentièri e calafati la quale scrisse nell' introduzione del proprio Statuto: pos.-editriee di un cantiere, e procedendo con ordine ed aliena dall' impacciarsi di cose politice spera di schiudersi un felice avvenire. Gli scioperi furono fatti in sulle prime, quando succedeva il mutamento di Governo, e avevano per iseopo la accettazione della tariffa vigente nelle altre città, per parte dei proprietarii. Furono però tosto repressi con compromessi fra padroni ed operai e di rado intervenne f autorità. Ciò accadde una volta per una coalizione di lavorante prestinai contro i fabbricatori, ma fu di poco momento. Uno sciopero parziale di tipografi compositori cessò dopo un giorno. — E notevole lo sciopero minacciato dai lavoranti in conterie: essi volevano nei tempi attuali, in cui il lavoro è pochissimo, pretendere un aumento di mercede, mentre il fabbricatore offriva una mercede interiore alla solita; siccome il numero dei disoccupati era grande essi dovettero smettere lo sciopero appena iniziato ed accettare il miserabile salario imposto dallo stato anormale dell' industria. Una «ohi crisi industriale minaccia seriamente la tranquillità pubblica e la condizione degli operai; cioè quella delle conterie. Accadde che contemporanea alla cessazione dei commerci si volle l'introduzione di alcune macchine da taglio: quegli industriali che fecero ciò, danneggiarono di certo lo stato delle classi lavoratrici, ma non si potrebbe rimproverameli quando si rifletta alla necessità in cui si trovarono di risparmiare le spese ed alla insubordinazione degli operai, pella quale taluno preferì di acquistare (anche per un pic- colo esercizio) meccanismi costosi e per il momento non affatto necessarii, pur di resistere alla violenza della mandopera. E degna ricordanza la maniera colia quale si contennero i lavoranti in conterie all' imperversare della crisi. S'adunarono tutte le società operaje; sì nominò una commissione che appoggiata anche dal Municipio si recasse dai padroni, facesse una statististiea dell'arte, raccogliesse le oblazioni dei fabbricatori e riferisse sul proprio operato e sui progetti che per avventura a-vesse fatti. La commissione tenne conto di questo mandato e l'eseguì in modo da avere l'approvazione del paese e di tutte le società operaie. Dacché nel momento della eccessiva domanda dì conterie molti avevano abbandonata l'arte propria per questa, essi li tolsero il mezzo dalla statistica dei lavoranti in conterie, e proposero ai padroni di accettare in caso di bisogno, i vecchi ed abili lavoranti che non avevano altro mestiere, ai giovani che avevano già altra professione e potevano ritornarvi. Inoltre siccome il taglio delle conterie fatto a macchina; eliminava 1' operajo quasi sempre, impetrarono che ì padroni facessero allievi taglia-canne e all' occorrenza adoperassero quelli che già sapevano l'arte. Cosi la crisi ebbe fine colla migliore soluzione possibile. A. E. Capodistria, ottobre. Quasi tutti i nostri campagnoli cominciarono la vendemmia il primo di questo mese. l)iw settimane avanti era fatta quella del moscato; perchè, come tutti sanno, quell' uv.a arriva più presto a raaturanza. Tra le poche eccezioni di vendemmia prematura è ben notare quella dei vigneti dove la tempesta di luglio non aveva risparmiato che qualche grappolo qua e là, per cui il povero contadino s'affrettò a spremere (piel qualunque prodotto onde cavarne una bevanda per casa. Dobbiamo rallegrarci di questa concordia nelle o-pinioni sul tempo propizio per la vendemmia, tanto più che la si è manifestata spontanea senza consigli di autorità, senza previi accordi. E una bella prova de?-la pazienza intelligente di anche i più bisognosi i quali mostrarono dì comprendere che vai meglio aspettare a tirarsi incasa il prezioso prodotto, magari col cuore in mano, con la sicurezza però di averne vino buono e ben pagato. Siamo tornati all' epoca delle vendemmie dei tempi vecchi, di prima della malattia, e senza bisogno di bandi ; ma per quella sola ragione, la più convincente, l'interesse che ha consigliato a ciascuno di far così. Le uve erano mature, almeno relativamente ai vini che qui si fabbricano e che riusciranno ottimi. 11 prodotto in generale risultò minore dell' ordinario e ciò perchè la fioritura fu scarsa, e mille malanni atmosferici congiurarono tutta la stagione contro le viti. La tempesta di luglio distrusse perfino tutto il legno verde in sulle esposizioni a ponente e tramontana, e meno qualche zona fortunata, dapertutto foce danni. La crittogama che s' aspettava col soffietto in mano non si mostrò ostinata e fu vinta dalle prime zolforature ; in molte campagne neanche fu vista. Quantunque scarso il prodotto, in confronto di questi ultimi anni si fa molto vino e se ne farà sempre di più appena vengano su tutti i nuovi impianti. Cosa faremo di tanta roba? Oggi che scriviamo molti hanno le botti piene del vecchio! Alcuni di Farenzo, hanno aperto uno smercio del loro vino a Trieste ; al minuto ed all' ingrosso per le famiglie; sono gelosissimi del nome della loro merce; per cui chi ne compra una volta vi torna una seconda; vi mantengono prezzi discreti, tanto da cavare le spese e procurare un onesta guadagno. — Sappiamo che la società fa buoni affari e che i bravi signori che la compongono «i occupano molto della coltura delle loro viti e del modo di fare il vino, per cui la loro opera modesta, perseverante, arriverà sicuramente a dar nome ai vini gl Parenzo. Le altre nostre città facciano almeno altrettanto. ---- i-.)i. 01; !)IM IV ' :I J : ;> us brano di storia patria. Se ly Istria abbia appartenuto, all' Illirico. Erroneamente Strabene rinchiuse l'Istria nel-T Illirico e forse per aver tatto, uso del linguaggio che adoperavasi nel nominare le provincie che molto prima di lui non facevano parte- d' Italia; cioè col more priorum temporum. Tolomeo però molto più esatto nel circoscrivere l'Illirico vi comprese soltanto la Liburnia (1), e la Dalmazia tino a Durazzo. Dopo dunque che l'Istria aggre-gossi all'Italia fu manifesto abuso di alcuni storici l'averla chiamata illirica, perchè sin che 1' I-talia fu in istato di libertà e in condizione di repubblica, la nostra Istria fu sempre unita con la Venezia. Molto più insussistente e chimerica fu l'asserzione di taluni che vollero anche la Venezia oltre f Istria compresa nell'Illirico; e ciò per aver falsamente interpretato un passo di Procopio, laddove dice, che,, dopo la regione Prevali tana seguiva quella cui Datmatiae nomea, et quae rum ipsa occidentatis imperii finibus compreHendìmtur, rmk-xima Liburnia-, buie Istria, deindie: regio Veneto-rum ad, Ravennani» urbem porrecta. Quando non si voglia fare una manifesta opposizione a tal sentimento, si vede tosto, che, lo storico additando le provincie■ che formavano quella parte del litorale adriatico, disse, non già che la Liburnia, l'Istria-e la Venezia vi fossero comprese nella Dalmazia siccome parte dell' lllirio, ma che tanto questa che quelle regioni fossero tutte inchiuse nella giurisdizione e governo dell' impero Occidentale, cui pre- fi) Mal note sono le origini dei Liburni. La più probabile è l'umbro-celtica. Nei tempi più antichi pare che i Liburni occupassero grande estensione di costa sull'Adriatico e fossero la maggior potenza marittima di questo mare (Ploro lib. IT, c. 5.) Ma in terra non erano ugualmente forti. Egli è però che dovettero cedere la maggior parte dei loro regni alla preponderanza dei Giapidi e ridursi alle isole o a brevi spiaggie. Questo è pure il motivo per cui ne' tempi posteriori andò talora confusa la Giapidia con la Liburnia. In seguito sotto i Romani e la Giapidia e la Liburnia appartennero all'Illirico, quando i confini politici di questo vennero allargati. Più tardi ancora, la Giapidia fu paese di poco conto a tergo dell'Istria, e la Liburnia parte della Dalmazia. Valga questo ad evitare le confusioni e a ritenere che l'Illirico nè allora nè poi ebbe ad abbracciare qualsiasi parte dell'Istria da non confondersi colla Giapidia e colla Liburnia. (Porta Orientale an. III. 1859, p. 97-98.) siecleva il perfetto al pretorio d'Italia. Ed era in fatti così; perchè la Dalmazia con la Liburnia quali provincie dell'Illirico occidentale, e l'Istria con la Venezia quali provincie d'Italia si comprendevano. Ned è a confondersi l'Illirico Occidentale coli'Impero Occidentale o Dominio, di cui l'Illirico al più formava una terza parte. Tanto in cotesto governo tutta l'Italia si comprendeva quanto FIllirico.e l'Africa. 0 si prenda danque la Dalmazia per una parte o qual voce sinoHima dell'Illirico, fu ella sempre una cosa distinta, come lo era una parte o tutta l'Africa dall' Italia. La qual cosa perchè apparisca ancora più chiara, osservisi l'Italia nelle diverse sue condizioni non chimeriche ed ideali, ma reali, cioè per quanto risguardi la sua geografia ed il suo stato civile, vale a dire circoscritta dai naturali suoi limiti e nell'ampiezza del suo governo. Nel primo aspetto, quando vogliansi eccettuare i tempi oscuri,', in cui fu confinata ne'soli Bruzii (Mafei - Verona illustrata) nell' epoche più splendide e salienti della sua storia ella ci comparisce Il bel paese, Che Appenninparte, il mar circonda, e l'Alpe-. Anche i Galli, disse Polibio, (Lib. II. pag. 113) erano nell'Italia; e nella storia di Annibale (Lib. III. pag;. 54) eli' era alle Alpi così soggetta, che questa di tutela servivanle e ai fortezza. Così De-cio Bruto nell'atto d'inseguire Antonio oltr'Alpi, trovandosi in Eporedia, città del Piemonte, scriveva a Cicerone (En. fam. lib. XI. p. 23) che si sarebbe fermato in Italia sino all'arrivo delle' sui./. lettere. Comunicato a questa parte d'Italia il j/ìs de'suffragi, divenne Italia Romana ; ma nonostante Gallia ed Italia fu detta prima e poi. In fatti Gallia fu chiamato da Livio il Friuli : Galliche da Vitruvio le paludi verso Aquileja; e Fonte d'Aquilefa Gallica il Timavo presso Duino da Vibio Equestre. Biguardo alla nostra Istria è opinione dell'illustre Carli che abbia acquistato tale diritto ni tutta la sua estensione sotto l'imperatore Giulio Cesare, ma potrebbe anche credersi che in due volte Io conseguisse. La prima quando quasi adiacenza della Gallia traspadana l'ottenne sino al Formione; Faltra quando, sotto gl'imperatori Augusto e Tiberio lo conseguì fino alFArsa. Anche l'Istria sino a tal limite era di qua delle Alpi, ]e quali appunto dal Varo» all'Arsa fanno corona all'Italia; sicché sembra che vi fosse*stata.inchiusa' perchè con essa termina la gran catena delle Alpi clic la separa dagli altri paesi. E allora fu unita con la Venezia; sicché dopo Augusto l'Italia geografica fu sempre fino all'Arsa considerata; nè mai rimase alterato tale confine in qualunque sua circostanza. E chiaro così che l'Istria fu sempre nell'Italia; anzi tanto è lontano ch'ella potessi avere qualche promiscuità coli'Illirico ehe mai fu detto che questo arrivasse entro l'Italia, ma bensì ch'alia «piai sede dell'indicato governo giugnesse sino al Dannine»; ciqè che in sè contenesse tutto l'Illirico a quella parte. Così disse Enodio che Sin ilio era in Italia, Procopio che l'Istro né radeva l'estrema, piaggia, Cassiodoro che Sirmio era entrato in Italia colla vittoria dei Bulgari ottenuta da Teodorico. Si vede chiaro però che tali e-spressioni, niente geografiche, e meno storiche che poetiche, solamente ai governo sono riferitoli. Così anche avendo detto il Porfirogenito che a Costan-jte fu da Costantino lasciata Roma e l'Africa, relativamente a tale espressione, che con la sola città di Roma accenna tutta l'Italia, si sarebbe potuto dire che Roma stendevasi fino nel! Africa; ma tale linguaggio nulla decide nelle quistioni di geografia,, jp dee confessarsi anche improprio nel! e-sattézzà e nella verità della storia, la quale non vuol confondere le provincie colla estensione dei domini. L'antico limite dell'Italia geografica fino all'Arsa si estese, nè mai l'Illirico dopo inchiusa l'Istria in Italia oltrepassò tale confine. (2) <« P» » 16 '»lraii|» !t)ii'Miil ««iifniuna i> (2) Nella P. 0. voi. I, p. 34, leggesi come nella divisione di Valentiniano l'Istria con la Venezia rimanesse all'Italia, nè clic mai avesse fatto parte dell'Illirico. L'Istria passò nell'anno 1797 con Venezia e Dalmazia all'Austria; nel 1806 entrò nel regno d'Italia, e poi nel 1810 per viste strategiche (e un po' anco, di-ciani noi, per capriccio) di Napoleone, fe'parte (per pochissimo tempo però) delle provincie illiriche. (Àn-tonnini. stor. doc. del Friuli orient.) .VBtio-. .>1«-MH'.»!V.f(lhf> nqo-j II. .O.M1! I -XIll'OV ' dell' educazione della donna. È questa volta che rivolgiamo particolarmente la parola alle gentili lettrici del nostro giornale, colla speranza, che vorranno occuparsi di un argomento che tanto dappresso le riguarda, e in cui con tanto studio ed amore si occupa oggidì la stampa periodica in Italia. Confessiamo che quanto saremo per dire, non saranno idee nuove nè stillate dal nostro cervello; ma anche le idee vecchie ed altrui, purché buone ed assennate, restituite in qualunque tempo a vita, ponilo portare giovamento a chi brami avvantaggiarsene. —- Premettiamo innanzi tutto che col porre in capo al nostro articolo il titolo educazione della donna, non intendiamo l'arci campioni della sua emancipazione, siccome la intendono coloro, che diplomazia, leggi, armi, statue, quadri, giornali, imprese industriali e tutto quel rimescolio vorticoso che chiamasi vita civile, vogliono alla donna affidato. No, queste fisime, queste fantasticherie, le lasciamo ad altri capi, ad altri cervelli, a coloro in una parola, che abituati alle rimbombanti frasi di certi frenetici oratori di piazza, credono la donna spostata dal suo vero luo go, e che vittima sospirosa debba attendere con irrequieta ansietà il dì del surgite. No, la donna, come la troviamo in oggi, è al suo vero posto; quivi l'han collocata le leggi delle società .civile, quivi la sua natura, la sua volontà, i suoi istinti. Ciò che è desiderato universalmente nella donna è la sua maggiore educazione, è la coltura della sua delicatissima anima, è lo sviluppo della sua intelligenza. Noi non amiamo le esagerazioni di nessun genere. Ammettiamo, senza difficoltà, che, men forte dell' uomo, possa la donna regger meno alla fatica della riflessione ; ma in nome di qual diritto e di qual ragione le contenderemo di 'applicare la mente o di applicarla soltanto al semplice leggere, scrivere, e far di conto? Perchè dopo impartitale questa scarissima istruzione, la lasciamo seppellire nel fondo della sua casa, senza curarci più in là della sua coltura? In Germania e