L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. Semestre e triroestrein proporzione. Si pubblica ogni sabato. Dell' agricoltura istriana. Al sig. Br. JL. (fazzoletti TRIESTE. Tu mi facevi inchiesta non é molto sullo stato dell' agricoltura nell' Istria, ed esigevi da me imperantemente che te ne facessi parola, sinceramente manifestandoti il mio pensamento. Ed io a tutta possa cercava di sottrarmene, dicendo in generale che l'agricoltura è ottima in quelle parti ove sanno trattarla con intelligenza e con amore; cattiva ove la si tratta negligentemente e senza alcuna sagacità, seguendo inveterate abitudini e pregiudizi; ma ciò in verità era uno scappare dalla questione, e vi aggiungo, scappare per tema di dire cose erronee, di suscitare contro di me una crociata. Non ho terre che io coltivi, non ho esperienza, ed altro è il parlare di morte, altro è il morire; però non potendo ricusarti cosa alcuna, non ti ricuserò nemmeno questa che in oggi mi chiedi. L'uomo vive dalla terra, è questa la gran madre che lo deve nutrire, da lei deve venire ogni prodotto; la condizione di agricolo è la prima, la più nobile fra tutte, quella che dà possibilità alle altre industrie di spiegare la loro attività. Neil' agricoltura io considero le due condizioni, dell' uomo isolato, dell' uomo in società. L' uomo isolato può ricavare dalla terra ciò che gli bisogna per l'indispensabile sussistenza della vita animale; a lui non occorre di più perchè del di più non saprebbe cosa fare; si riempirà il ventre fino a pericolo che scoppi, beverà fino a che il vino gli arrivi alla gola, ma anche ciò ha una misura oltre la quale non si può andare, e sopravanzeranno sempre prodotti che al producente tornano inutili del tutto, se con questi non può procurarsi oggetti mancanti ma pur necessari. L' uomo ridotto allo stato d'isolamento è facilmente riconoscibile all' a-gricoltura che tratta, alle comodità, agli agi della vita che gode. Vedrai i suoi campi messi a vite, a cereali, a poco olio, vedrai avere un po' di bosco; la sua casa sarà appena capace di contenere lui, la sua famiglia, la sua ammalia, seppure tutti non istanno in un solo locale; la sua casa è ristrettissima, poverissima; le sue mobiglie un letto ed una cassa; la sua guardaroba tutta alcuni chiodi infitti sull'uscio, la sua sala di conversazione il focolaio, il suo equipaggio un giumento od un cavallo; di depositi, di granai, di cantine appena quanto può contener la raccolta di un anno. Scomposti, negletti i suoi vestimenti, rattoppati tanto che tengano insieme, niuna cura ha della mondezza, e passa la sua vita accanto al fuoco consumando i prodotti del suolo senz'arte, senza | attenzione; dormiglioso per lo più; cordiale però verso chi lo visita per quel sentimento incancellabile nell' uomo di vivere in società, fatto maggiore quanto più raro è il vedere i suoi simili, generoso con questo dei prodotti propri, dei quali non saprebbe quale altro uso fare; irato del resto, nemico coi vicini, per tutto piacere della vita ha il fucile con cui andare alla caccia di animali. Questa condizione deietta passata in abitudine è la più difficile a vincersi, l'animo prostrato non crede la possibilità di altra condizione all'infuori di quella dell'isolamento; perchè se mai fu costretto un tale ad entrare in contatto di altri, la sua inesperienza fu Io scopo della scaltrezza altrui; se mai si determinò o fu costretto ad operare in comune coi suoi simili, le cose che avrebbero dovuto essere di comune utilità non furono dirette da prudenza, ed o mancarono negli effetti, o gli effetti furono ben inferiori al dispendio; quindi nell'uomo isolato maggiore conferma che lo stato sociale sia per gli astuti e per i buoni sia un'utopia; quindi maggiore renitenza a sortire da quello stato dal quale può essere trascinato soltanto nell' universale movimento. Nè il mancato raccolto d'un anno, e la fame conseguente lo fanno attento della necessità di provvedere più che pel pane quotidiano; egli li ascrive all' ira di Dio che lo visita per i peccati commessi, e non s' accorge che è punizione di Dio pel grave peccato di non usare delle facoltà che esso diede all' uomo, e di tentare temerariamente la provvidenza ; ma di questo peccato ei non si sente in colpa, e degli altri----torna alle antiche abitudini, anche per queste tentando temerariamente la sua misericordia. Se tu vuoi riconoscere lo stato d'isolamento dell'agricoltore, bada a quei provvedimenti che le ristrette menti dei tempi passati avevano surrogato; i monti granatici, i fondelli, e simili - era il pigliare 1' elemosina piuttosto che darsi al lavoro; e l'elemosina fatta a giovane capace di lavorare è il confermarlo nella infingardaggine. Pure in tale stato di deiezione, contraria all' indole dell'uomo che nella società, nei mutui commerci trova il frutto della propria operosità, I' animo si slancia a desideri di fortune migliori, e pur troppo o si getta al rubare 1' altrui anche a mano armata, o sogna tesori nascosti che il diavolo cela, ed ha coraggio di affrontare la superstizione, o se il timore di pene lo arresta, si dà all' aggavignare 1' altrui colle usure abbominevoli. A questi frutti riconoscerai tosto l'agricoltura nello stato d'isolamento sociale degli individui che la trattano; non già che il furto, la rapina, l'usura, i sogni dei tesori spariscano in tutti gli individui dell'umana società, che gli uomini sono sempre uomini, ma quando tali brutture sono degli individui non della generalità; quando la generalità li biasima, li perseguita, anziché imitarli, o scusarli, o tenerli in conto di industrie tollerabili, ritieni pure che la generalità ne è esente, e che gli individui singoli non hanno influenza sul generale. Tu comprendi bene che io accenno ad epoche remote, in certe parti della provincia lontane da contatti; e con orgoglio ti dirò che le cose si sono bene cangiate e vanno tutto giorno cangiandosi ; la sicurezza delle persone e delle robe assai progredita; la fame che decimi periodicamente il popolo della campagna, o lo costringa all' emigrazione è ornai cosa da raccontarsi dai vecchi che l'hanno veduta; i monti granatici più non esistono ; i terreni si dissodano per più che non occorre al vitto del proprietario; le case si allargano, si costruiscono novelle in molte parti; il piccolo possidente si muove dal suo casolare più che per andare alla caccia; il pazzo scialacquare coi foresti cede ad ospitalità più gradita, od inclina all' opposto difetto. Però lungo cammino rimane ancor a fare, fino a che il movimento si ponga sulle vie adatte e proficue. Non intendo parlarti delle città ove la condizione d'isolamento non fu mai sì spinta; il vivere in consorzio portava sempre i suoi frutti comunque non in quel grado di che vi era suscettibilità; causa, a mio vedere, che le città istriane sono abitate da popolo agricolo, popolo che, o non sufficiente od appena bastante al terreno, non permette ne' più dei luoghi che si formi classe di cittadini industrianti; ed in quei luoghi medesimi ove il popolo abbonda, le industrie sono secondarie a centro maggiore, e non vi ha movimento sufficiente ad alimentarle. L' agricoltore nello stato d'isolamento sociale non basta a sè medesimo per provvedere a quelle migliori condizioni economiche che sono base alle altre; il di più de' suoi prodotti che eccede il proprio bisogno fisico, deve porsi in commercio per averne ricambio di valori; e la fisica configurazione della provincia richiama questo commercio al mare per dirigerlo ad altro centro precipuo di consumazione e di cambio ; e questo centro propizio, utile, è la città di Trieste, la quale sotto doppio aspetto deve considerarsi e come città consumante i prodotti agricoli, con un popolo non minore di 70,000 abitanti (dacché 10,000 della campagna non hanno dal terreno sufficienza di prodotti), e come emporio mercantile incalcolabile che serve al commercio di gran parte della monarchia e di altri stati ancora. Settantamila abitanti, un terzo della popolazione della penisola intera, devono vivere con prodotti che vengono dal di fuori del territorio di Trieste, e questo popolo è abituato alle comodità della vita, e buona parte anche agli agi; vi si aggiunga di più le provviste per la marina mercantile, pel tempo talvolta di lunghi viaggi. Ogni città ha bisogno di un territorio che l'alimenti, sia desso naturale perchè immediatamente congiunto alla città e necessariamente destinato a questa, od artifiziale, perchè proprio di altre città e messo a profitto per le relazioni di commercio soltanto; artificiale perchè creato dal commercio in opposizione al naturale che produce all' invece il commercio. Fino a che Trieste era circondata da terre straniere, e Muggia e Monfalcone erano di altra sovranità, il pensare ad un territorio naturale in casa propria era impossibile perchè pietra è sempre pietra, pure anche allora e Pirano e Capodistria ed Isola frequentavano il mercato di Trieste, e l'Istria interna cercava porsi in relazione per quelle condizioni che sono di necessità; ma la incertezza dei tempi anteriori al 1813, facevano oscillanti le relazioni; i movimenti continui di guerra, il succedersi delle dominazioni non permisero che il territorio si consolidasse per costanza di movimenti. Regolate su base duratura le cose nel 1814 e riunite a perpetuità coli' impero austriaco, le spiagge rimanenti dell'Istria ed il Lombardo-Veneto, il territorio di Trieste si compose da sè, non per effetto di volontà di Trieste, perchè assorbite le sue forze e la sua intelligenza dalle cose di commercio, vedeva subordinato facilmente al commercio anche le cose di mercato, e le provincie circostanti spontaneamente si diressero al mercato di Trieste e la provvidero delle cose che al consumo individuale occorrono. Era da attendersi e da desiderarsi che la città di Trieste oltreché emporio, si formasse a città di possidenti agricoli, perchè questa condizione dà stabilità all' emporio, e dà mezzo di unire la provincia alla centrale; ma poco o pressoché nulla succedette di ciò e perchè l'attività tutta è diretta al commercio anziché al mercato-, e perchè la città che non ha altri capitali che la propria industria, è troppo giovane, troppo al di sotto di ciò che ha da divenire, per avere risparmi e per avere solletico o bisogno d'impiegarli1 nella possidenza agricola. Come l'agricoltore non intende il commercio, così il commerciante non intende 1' agricoltura : il dissodare terreni, il migliorare l'agricoltura non è impresa da negoziante che in anni avanzati si ritiri dagli affari; il frastuono delle operazioni mercantili, la laboriosità non è paziente della vita tranquilla di agricoltore. Non vi sarebbe stata scelta che fra il Friuli e l'Istria ; ma l'Istria, priva di strade facili dirette, tagliata dal mare, sconosciuta e tenutasi, non so per qual fatale destino, straniera a Trieste, dovette cedere al Friuli sebben più distante e separato, ma più noto e per la terra e per le persone, ed i Triestini vi presero possidenza, sebbene non tale, quale sarebbe a desiderarsi. Dal di fuori nulla successe; nessun istriano, nessun friulano, per quanto è a me noto, presero stanza in Trieste, sia che le abitudini mercantili ed il continuo attendere ai cancelli, alle officine, alle navi renda meno piacevole la vita a chi di laboriosità non fa professione; sia che antichi pregiudizi vivano ancora, per cui patria è soltanto la natia città, fuor della quale non si dà salute. Deploro di tutto cuore Io storno di grande acquisto che era per conchiudersi.... le conseguenze sarebbero state propizie e per le provincia e per la città......ma era scritto nel libro del destino che la cosa dovesse procedere per altra via. Il territorio di Trieste per servigio del suo mercato si compose artifizialmente, il raggio maggiore si estese nel Friuli, il movimento si diresse a Trieste sopra linea amplissima, lunga, che giunge fino ai contorni di Palma e di Udine, comunque la via non sia la più breve, nèla più facile com'esser potrebbe; l'Istria partecipò da prima soltanto nella lunghezza del Golfo di Trieste, poi lentamente si estese e fra terra e sulla costa, non però come il Friuli, sebbene la via di mare sia facile assai; la stessa montagna, ed in larga distanza, si mosse verso Trieste per provvedere al suo mercato, al quale non erano straniere nè le isole del Veneto estuario, nè le coste della Romagna. Così spontaneamente formossi intorno a Trieste amplissimo territorio per servire al suo mercato, per provvedere al suo giornaliero consumo, e come avviene di movimenti piuttosto accidentali, le isole venete servivano al mercato di Trieste, le spiagge istriane al mercato di Venezia, mentre in Trieste giungevano e giungono articoli di consumo da regioni ben più lontane che non l'Istria; la stessa Dalmazia tentò di porsi a contatto. Sarebbe stato naturale e desiderabile che la penisola prendesse rimpetto a Trieste quella posizione alla quale Dio l'ha disposta, e della quale ha bisogno formando lei quel territorio più prossimo e preferibile di cui Trieste necessita. Imperciocché dotata di clima mite ed anticipato assai di confronto al Friuli, non dico delle montagne e del Carnio, fertile assai in ogni genere di frutta delicate, essa può fornire il mercato di Trieste di frutta mature, quando nelle altre regioni appena sentono movimento, e supplantare anche i prodotti che si traggono da Genova e da Marsiglia per uso delle tavole, quand' anche per metterli in consumo si dovessero battezzare per prodotti francesi, e porvi etichette francesi genuine stampate in Trieste, o porsi in bottiglie genuine francesi col bollo sul vetro fabbricato in Boemia. La preminenza dell'Istria non sarebbe stala grande disgrazia agli stati esteri se anche li avesse esclusi, e per le altre Provincie non avrebbe mancato il mercato, che ogni giorno aumenta il consumo. Trieste, come osservai, non era in grado di operare ciò; possidenti triestini che nella provincia abbiano terre non ve ne sono, nè istriani possidenti in Trieste; il movimento doveva operarsi dalla provincia e non ebbe quell' elfetto che poteva attendersene, perchè gli Istriani non si posero direttamente in contatto col mercato di Trieste. Della quale, non so se possa chiamarla ritrosia, ha colpa l'isolamento in cui si trovavano gì' individui ed i comuni medesimi, isolamento non so se effetto di volontà o di antiche abitudini. Egli è certo che allorquando sul finire del 1813, mentre l'Istria abbracciava tutta intera la penisola quanta è, con di più il Goriziano, veniva chiamata commissione provinciale, non di nome soltanto ma di fatto (composta com' era onninamente di provinciali), il predominante, anzi unico principio fu quello di appartarsi da ogni altro paese, da ogni altra provincia, chiudendo ciò che questa commissione intendeva per Istria entro quei comuni che già erano in soggezione della Repubblica di Venezia e che non formavano la metà della penisola; richiamando in vita le condizioni ch'esistevano nel 1797, quasi dopo quell'epoca nulla fosse avvenuto di nuovo in Europa ,> quasi tutto ciò che era avvenuto dovesse essere indifferente e senza conseguenza alcuna. I tempi di guerra non concedevano misura migliore che affidare i destini dell' Istria agli Istriani medesimi, e difficile si fu di poi il condurre le cose su altro piede, nè si potè farlo che lentamente e di mano in mano, dacché le condizioni vitali, quelle del diritto amministra- tivo, del pubblico, del privato, eransi ricondotte a tempi remoti, volendo far retrocedere il secolo con un tratto di penna per 30 e più anni; cosa che forse poteva pensarsi, se pur fu pensata, eseguirsi non mai, dispositive che influirono sui destini della penisola ed influiscono tuttora. L'isolamento dei provinciali, il tenersi stranieri alla città di Trieste, non giovò loro certamente; la necessità di un contatto s' aprì strada da sè, ma non poteva seguire che per intervento di terze persone, e que-, ste non essendo del ceto mercantile triestino, nè inte-; ressati del bene dell'Istria nessun vantaggio certamente recarono alla provincia, la quale se non rimase isolata per gli affari, rimase isolata e straniera alla conoscenza dei propri interessi, e tradita. Imperciocché venuta Trieste in contatto con prodotti d' altre provincie, ed abituata al vivere confortabile ed a cibi o bibite di migliore produzione, la parte maggiore e migliore ricusava come malgraditi i prodotti istriani, adulterati, conlraffati, il traffico dei quali non potendosi trattare dalla piazza, nè trattandosi dai produttori, era caduto in mani avare, per non dire di peggio, secondate per necessità dai producenti. Dico avare per non dire inique, sebbene sia iniquità il persuadere i producenti a preparare i vini densi, colorati, potenti, sotto pretesto che così aminsi a Trieste, mentre si aborriscono, e mentre ciò dassi ad intendere agli Istriani, nei loro porti medesimi, sotto gli occhi dei producenti, si falsano i vini mescolandoli con prodotti d' altre regioni e battezzandoli a dismisura, adulterandoli, per venderli poi alla plebaglia di Trieste a piccole misure, al consumo minuto, in occasioni e tempi, a persone cui l'abbondanza del bere è meglio che il sapore o la salubrità della bibita; sia iniquità il comperare a danaro certificati d' origine dell' olio (sì non ho riguardo il dirlo), perchè servano di scorta a poco olio istriano mescolalo ad olio cattivo di altra provenienza, e servano a porlo in discredito; iniquità l'abusare dell'isolamento degli I-striani per farsi accaparratori e monopolisti dei loro prodotti a fine di adulterarli. L'isolamento loro si è poi tale, che mal conoscendo i desideri, le consuetudini del mercato consumente, i producenti medesimi con mirabile candore offrono al Triestino nel loro domicilio prodotti sinceri, squisiti, che dicono preparare per le famiglie loro, ed ai Triestini medesimi indicano siccome desiderio di Trieste quelli artefatti prodotti, che in Trieste lungi dal servire al consumo spontaneo dei più, non servono che di rea speculazione a pochi, abusando delle condizioni della plebaglia non curante nè di sè, nè del dì seguenle. Il vendere ed il comperare non costituisce commercio, nemmeno per uso di mercato, nè commercio è il fraudolento monopolio, o l'abusare delle circostanze; nè vi sarà mai commercio proficuo, se il producente non si ponga a sincera conoscenza dei bisogni, dei desideri del consumente, se non provveda per propria attività, anziché ciecamente abbandonarsi a chi non ha nè volontà nè mezzi di promuovere gì' interessi materiali. Comprendo bene che un individuo non può fare ciò, nè io ad alcuno ne farei colpa: io accuso la deficienza di associazioni comuni, che levando l'individuo dal suo isolamento lo strascinino anche contro voglia nella vita comunale, nella vita provinciale, in quell' attività che deve essere nel— l'umano consorzio; ed è perciò che le istituzioni co- munali dirette al benessere, e sole capaci ad unire le forze per associazione d'intelligenza e di mezzi, se non fosse per altro, per ciò solo mi sembrano un benefizio che il pubblico governo dà agli individui. Vedi Pirano cosa sa fare, cosa ha fatto e cosa fa oggigiorno mediante le associazioni; ma non è di ciò che ti voglio oggidì parlare, perchè se avessi a cominciare non finirei sì tosto. Ciò che i cittadini non valgono a fare, non possono fare i villici dell'interno; forse più facile sarebbe il muovere le loro volontà, ma i mezzi mancano a far giungere fino a loro la voce; il clero non ha influenza in cose che non sieno di religione; le condizioni del villico lo dispongono meno che altrove alla diffidenza; ma quelle opere od instituzioni che chiamarlo dovrebbero alla marina o mancano o sono male adatte; il villico dell' interno viene al mercato di Trieste, ma pria che vi arrivi in numero come è duopo, altre cose devono succedere ed io non le vedrò, perchè breve è la vita. Non credere però che queste condizioni che io ti accenno escludano afTatto P operosa intelligenza d'individui e di luoghi; però non posso tacerti che ad operare sull' intera provincia, le condizioni dovrebbero essere generali; e questa parziale intelligenza la quale è propria del popolo svegliato, mostra la necessità di legami comuni. In questo ultimo trentennio si moltiplicarono assai i prodotti di mercato nella provincia; non ti dico per quale impulso che sarebbe inutile; nè ti dirò se nel moltiplicare la produzione siasi fatto calcolo al consumo in Trieste ed alla concorrenza con prodotti d' altre Provincie che in Trieste affluiscono, e che facilmente possono portare nel confronto la palma. Certo che trattando il commercio di consumo da mercato, col servirsi di persone intermediarie, ben altro che disposte a promuovere il benessere della provincia, non solo era impossibile il conoscere i bisogni ed i desideri del consumente, ma era quanto un farsi schiavi di codesti accaparratori e monopolisti ; e d' altra parte questo commercio aveva un limite, perchè Trieste non può consumare più di quello che consumano 70,000 abitanti; il compenso quindi dei prodotti è regolato non dalla quantità degli articoli, ma dal consumo che ne viene fatto, il quale non può mai spingersi oltre certo limite; e Trieste è aperta poi al prodotto di tutti i paesi, sieno vicini, sieno lontani, per cui non vi è pericolo che la carestia aumenti i prezzi. Ma il commercio pel mercato di Trieste (al quale la provincia avrebbe naturalmente la preferenza anche per ciò che i prodotti di Trieste sono pur quelli della provincia, e 1' agricoltura scade come il commercio crebbe) non è P unico del quale l'Istria dovrebbe profittare, nè quello a cui precipuamente dovrebbe rivolgere la sua attenzione. Imperciocché, se l'agricoltura deve provvedere ai bisogni fisici della vita, e dare il di più che ha da servire alle comodità ed agli agi della vita, è naturale che questo di più abbia a cercarsi in quel commercio che offre l'emporio, se le fisiche condizioni lo concedono. Ora natura fu sì generosa coli' Istria a differenza d'altre provincie più a settentrione, che facilmente dà assai prodotti che P emporio ritrae da lontane regioni con dispendio, che meglio sarebbe speso nell'interno dello stato, nel proprio paese. Il limitare le produzioni del suolo al proprio sostentamento fisico ; P estendere la produzione al consumo di una città, non facendone il commercio diretto, nè cercando di sostenere la concorrenza di altre provincie, ma anzi sofferendo di essere vittima di miserevoli accaparratori; il non partecipare più che al mercato è indizio d'isolamento, che toma poi fatale alla provincia. Quando vedo i nostri contadini di Trieste ostinarsi a seminare fagiuoli, e sudare per annaffiarli, e piangere vedendo mancato il raccolto che sempre manca, e rallegrarsi se ne ricavano una brenta, io devo ridere pensando che con assai meno di spesa li possono comperare e li comperano in sul mercato, mentre poi trascurano di produrre quelle cose, delle quali avrebbero raccolto sicuro smercio, pronto. I prodotti naturali che servono al commercio hanno ciò, che il prezzo loro non si misura col consumo della città, ma col consumo di stati intieri, e che in qualunque contingenza avendo vicino l'emporio, vi è per lo meno da guadagnare le spese di ^asporto. Non è che di siffatti articoli manchi la provincia, ma pochissimi si coltivano, ed in quantità sì meschina da non poterne fare ramo di commercio, il quale va trattato in grandi proporzioni. Or io torno alla distinzione fatta di Trieste, fra città di 70,000 consumenti, ed emporio di molti milioni di popolo, e conchiudo che 1' agricoltura dovrebbe servire al mercato di 70,000 abitanti nel modo migliore che valga a sostenere la concorrenza di provincie vicine; ma che dovrebbe servire piuttosto al commercio dell' emporio di molti milioni. Quando io guardo la carta dell' Adriatico e dell' impero austriaco, non trovo, fuori della Dalmazia, provincia alcuna che possa sostenere il confronto coli' Istria per mitezza di clima, per feracità di produzione; il sovero prospera a Pola, non perchè sia coltivato, ma perchè è dimenticato. Che vuoi più? Di una pianta che si va a cercare in climi i più meridionali! e vi sono centinaia di piante poste in commercio, che si fanno venire dalla Francia meridionale, dalla Sicilia, dalla Grecia, dal Levante, che ottimamente allignano fra noi, e che anzi si estirpano come ingombro dei campi. In verità se io avessi terre, preferirei di trarre vino del Friuli che Io fanno ottimo, e seminare i campi a cardi da vendere ai fabbricatori di panni; riderebbe taluno, ma 10 vorrei raddoppiargli l'allegria pagandogli da bere col ricavato dei cardi; dico per dire, perchè di vini ve ne sono in provincia di tali, che manca loro soltanto 11 nome per sostenere il confronto di quale altro siasi migliore. S. Marco era S. Marco, e non si può vivere oggidì di reminiscenze storiche. Se andassimo a sminuzzare le cose, non vi sarebbe gran dire sulla prosperità materiale degli ultimi tempi ; c' era del buono, c' era del cattivo, e quanto a prosperità c' era più del cattivo che del buono; ma nulla vieta lodare i tempi passati in ciò che meritano lode; e profittare dei tempi odierni, nei quali viviamo, e nei quali si può vivere meglio di quello che facciamo. Imperciocché a tempi di S. Marco, sebbene il popolo fosse la metà di quello che è oggigiorno, l'agricoltura anche nella periodica rotazione di anni buoni e di anni cattivi non dava sufficienza di prodotti per garantire contro la fame e la carestia periodicamente ri- correnti; nessuna città di conto vi era che potesse o consumare essa medesima, o farsi promovitrice altrove del consumo, agricole le città pressoché tutte; ridicole leggi interdettavano il trasporto di articoli da un comune nell'altro, o condannavano di trasportarsi certi articoli a Venezia, ove il traffico stesso era assai vincolato ed in mano di pochi. Negli ultimi tempi della Repubblica, Trieste non era di grande giovamento, perchè straniera alla provincia; il porto-franco era aperto anche agli Istriani; però mancava quella vicendevole fiducia che nasce da vincoli e da leggi comuni. Oggidì le cose sono di molto cangiate : triplo se non più il terreno messo a coltura, aumentata la produzione, fatta libera la comunicazione fra comune e comune, tolti i dazi interni sul muoversi dei prodotti da comune a comune; libero il trafficare e con Trieste e con Venezia, un popolo di 70,000 consumatori che va ogni dì aumentandosi, e che io spero di vederlo giungere ai 100,000, io che ho veduto questa popolazione raddoppiarsi nel giro di 30 anni soltanto; data oggidì possibilità di prendere parte al mercato di Trieste, e di prendere parte attiva al commercio medesimo colle produzioni del suolo ; facilità data alla provincia di divenire il territorio di Trieste, e quanto al mercato e quanto al commercio. Come ti dissi, è impossibile di pervenire fino al villico per avvertirlo della possibilità di migliorare la sua condizione, e per aditargliene i modi, pure converrà che da questa classe di persone, dai piccoli possidenti, sebbene a forze isolate, sebbene con mente ristretta, sorta il movimento di mercato il quale generalmente infonderà nuova vita; lunga sarà la via, fino a che arrivi il giorno nel quale queste piccole forze giungano a sentire l'utilità, il vantaggio delle associazioni, fino a che giungano a sentire i vantaggi del vivere comune e sociale. Ma il verrà, io noi vedrò, ma verrà certamente e sarà sempre proficuo, quand' anche altre provincie sentendo i benefizi di una grande città, di un emporio mercantile, avranno preso la precedenza per ogni conto. E già veggonsi villici istriani muoversi da lontano assai per venire al mercato di Trieste, non quelli del Golfo che sono antichi amici, ma quelli dell' Alpe, quelli della montagna, quelli del centro; e quelli della costa medesima un tempo del tutto straniera, recando a Trieste le loro derrate qualunque elle si sieno ad averne in cambio altri prodotti o naturali od artefatti; già le calamità, le trepidazioni, le oscillazioni di Trieste si propagano con moto aumentatorio nella provincia, la quale al prosperar di Trieste esulta, allo scadere s' affligge, indubbia prova questa della sincerità dei legami che uniscon Trieste alla provincia. E se la generalità di Trieste, intenta ai commerci mondiali, i quali assorbono le di lei cure ed i mezzi, non può donar pensiero alla provincia, e se la provincia non viene al rincontro di Trieste con quei modi che esigono le condizioni di emporio mercantile, vi ha società (noti bene società), la quale immense forze ed intelligenza dispiega nell' unire provincie lontanissime , il Mar Nero, Costantinopoli, Alessandria, Atene, con Trieste, ma non dimentica nell' estensione dei commerci la penisola dell' Istria, e per mezzo dei piroscafi ha posto in comunicazione i più piccoli porti della costa con Trieste, non pel commercio di emporio soltanto, ma pel traffico di mercato; e come questa società ha provveduto pel facile e modico trasporto di articoli naturali, pel trasporto facile e modico dei villici stessi, ha sentito il bisogno di accelerare per altri modi il movimento delle produzioni agricole dal monte al mare, e ne ha manifestato il desiderio. Non ignoro che 1' acume di alcuni vede in siffatte spedizioni del Lloyd, un puro guadagno della società; io non so se vi guadagni, ma se ciò fosse, o vi avesse speranza pel futuro, io dico che è lecito a tutti il guadagnare, ma che ha ben miglior merito quegli che dà possibilità a tutti di guadagnare, di quello che toglie agli altri per arricchire sè. E la città di Trieste non è oziosa spettatrice di siffatte imprese per associazione, dirette al bene generale, perchè tu sai che non titubò di farsi garante ai soci del Lloyd per i censi sui capitali esborsati; e da questa garanzia non è esclusa la navigazione dell'Istria. Nè creder già che siffatte cose sieno nell' interesse personale, gretto, miserabile del Lloyd o del comune di Trieste, perchè il primo troverebbe forse meglio il suo conto nel navigare alle coste p. e. della Turchia, ed a Trieste sarebbe indifferente il chiedere dei polli, e dei pesci, e dei frutti e dei vini che le giungono coi vapori, se sieno nativi della Grecia, piuttosto che dalle Marche, ;dalla Soria, piuttosto che da Zara, o da qual altro luogo. ;si voglia; purché sieno buoni. L'operare del Lloyd hf?» impulso ben migliore, e l'unire la provincia alla città, la città alla provincia, ed il promovervi un mutuo commercio sorgente di prosperità, è nobilissima impresa quand' anche non fosse coronata da quel successo che merita. Ed io ti dico che se per mala sorte dovesse cessare la navigazione a vapore sulle coste d'Istria, e la provincia separarsi da Trieste, l'Istria cadrebbe in basso, nè altra città dell'Adriatico potrebbe dare quanto dà Trieste, perchè le altre hanno tutte territorio naturale che provvede i mercati loro, e perchè nessuna può competere con Trieste per l'estensione ed importanza dei commerci. Or eccoti amico cosa io pensi sullo stato dell' agricoltura in Istria : hai voluto, e fu mio dovere il compiacerti, ma se non ho saputo dire ciò che è realmente, non farmene carico, che io non posso dare più che quello che ho. Trieste, 20 giugno 1846. Aff'esionalissimo P. Kandleu. Dell' Istria così detta austriaca. Gli scrittori delle cose del Carnio dei secoli decorsi soverchiati da eccedente amore di patria, e tratti in errore dal confondere la geografia politica colla fisica, non bene riconoscendo l'indole di alcune relazioni di pubblico governo, e confondendo l'unione colla incorporazione o colla soggezione, protesero i limiti della loro provincia fino ai confini degli stati austriaci verso l'Adriatico, e più oltre ancora giunse il loro desiderio. Questi pensamenti dei dotti, passati nel popolo ed in chi le pubbliche faccende amministrava, fece sì che nel secolo XVI si movesse solenne domanda all' imperatore per udire confermata da sentenza formale l'annessione di Trieste al Carnio ; sentenza che sebbene uscita avversa, non valse a cangiare il pensamento mantenutosi per secoli. Il ripartimento politico dato da Giuseppe II all' epoca della instituzione dei capitanati circolari, avendo assoggettato l'Istria, allor detta austriaca, al circolo d' Adelsberg, 1' a-malgamazione fu tenuta per sancita dalla legge, e talmente, che sebbene dopo il 1814 altro ripartimento territoriale fosse attivato, ed il Litorale austriaco costituito provincia da sè, distinta dal Carnio, e perfino le giurisdizioni ecclesiastiche si regolassero colle politiche, cedendo le diocesi di Trieste e di Gorizia quanto tenevano in quella provincia che si disse governo illirico; sebbene l'Istria che già dicevasi austriaca, venisse riunita alla già veneta per formare il circolo istriano; pure il pensamento durò ancora e dura tuttora, dandosi da qualchuno il nome d'Istria carniolica a quella che già dicevasi austriaca, e che ora il dirla austriaca sarebbe improprio assai. Nè a ciò solo limitossi il pensamento, chè tutta intera la penisola è nella mente di alcuni appendice del Carnio, deducendone argomento dalla lingua slava che nelle campagne si parla, e che si vuole sia stata cangiata nelle città dal governo veneto. Noi non seguiremo la storia di queste opinioni, che pure ha grande interesse; nè ripeteremo gli argomenti in sostegno che potemmo talvolta udire; nè diremo le prove che si deducono da ciò che esiste e si opera; nè ripeteremo il pensamento degli I-striani dei tempi nei quali tali opinioni si-dilatavano (intendiamo del secolo passato), e di quella .stessa Istria che qualcuno dice carniolica; noi lasciamo la verità a suo luogo e la ragione a chi la ha. Certo però che allorquando nel 1374 la contea d'Istria passava per patto ereditario di famiglia colla linea estinta dei conti d' Istria alla serenissima Casa d'Austria, la trasmissione stipulavasi affatto indipendentemente dal possesso del ducato del Carnio, il quale già da lungo era degli Austriaci, e dal possesso della contea di Gorizia, dalla qual famiglia venivano i conti d'Istria ; nè ci è venuto a cognizione di una disposizione del sovrano che la amalgamasse al Carnio; bensì vediamo essere avvenuto ciò che è oggigiorno della Carintia rispetto al Carnio ed alla Stiria, o ciò che fu della contea di Gorizia per rispetto al Carnio dall' epoca del 1805 al 1809, unione cioè di due provincie diverse sotto comune governo superiore ; e con ragione, perchè non era l'Istria provincia sì lata ed importante da tenerla quale stato separato. Potemmo vedere un operato geoditico assunto per ordine dell'imperatrice Maria Teresa nell'anno 1765; certamente autorevole per ogni conto, e potemmo vedervi l'Istria distinta e separata dal Carnio interiore, circoscritta da confini precisi e ripartita in quei territori amministrativi che allora esistevano. Questi confini sono già li medesimi che noi indicammo siccome naturali della penisola, in sulla linea della Vena, il cui versante forma il limite politico; Mune che potrebbe essere dubbio, vi è compreso ; vi sono compresi Sejane, Gellovize, non vi si comprende Trieste che formava municipalità da sè, nè vi si comprendono quelle giurisdizioni triestine che nel secolo XV vennero realmente incorporate al Carnio, siccome più tardi era avvenuto di Duino, e di Vipacco staccati dalla contea di Gorizia. Vi si comprende tutto il versante del Monte maggiore nel lato di Levante, tutto il versante dal ramo che congiunge il Maggiore col Nevoso, sino al fiume che diede il nome alla città di S. Vito ; per cui si ha conferma che fino ai tempi di Giuseppe II si fossero conservati gli antichissimi confini politici, tramandati e-gualmente fino ai tempi di Giuseppe II dalle ripartizioni ecclesiastiche. La città di Fiume vi è compresa, comunque municipalità da sè, il che viene in conferma della giurisdizione che il vescovo di Pola vi esercitava fino al dechinare del secolo passato, in suffragio dell' opinione di quelli che sino dal secolo XVI ritennero compresa Fiume nell' Istria; in esplicazione di quelle intime relazioni che l'Istria conservò con Fiume, fino a che passò questo all' Ungheria ; relazioni che trovano appoggio in ciò che questa fu 1' unica città municipale dei possedimenti della Casa d' Austria nella penisola. Dall' operato ordinato da Maria Teresa (il di cui nome non possiamo pronunciare senza profonda venerazione), rileviamo che il territorio era ripartito in città municipale (Fiume), in baronie alte, che sospettiamo essersi dette tutte capitanerie, con diritto di forca, ed erano Pisino, Pasberg, Cosliaco, Lupoglau, Chersano e Castua; in baronie basse, ed erano S. Ivanaz, Sumberg, Cherbune, Tupliaco, Scopliaco, Moschenizze, Mune, Bersez, S. Pietro in Selve, Breg o (come s'intitolò dalla famiglia del vescovo di Pedena), Kreutzerbreg, Tibule. Di queste baronie non diremo gli attributi ed i poteri, perchè assai noti; diremo soltanto che queste non erano le sole, mancandovi quelle altre possidenze moltissime, le quali venivano per legge equiparate alle baronie. Delle quali baronie tutte, ed alte e basse, diremo (per ritornare al punto da che siamo partiti) che dopo l'aggregazione di questa parte della penisola al circolo di Adelsberg, fu riconosciuto per leggi sovrane che non avevano comune la costituzione baronale del Carnio, ma tutta propria, la quale era uniforme i tutte le baronie della penisola; costituzione che non ebbe bisogno divedere abolita la schiavitù personale del villico, che da secoli pon più esisteva, e che non potè venire alterata dalla legge pei villici baronali, introdotta soltanto per porre freno ad una condizione legale che nell' Istria non sussisteva. Contoreso del comune di Trieste nel 1745. Rileviamo dalle memorie edite dal Padre Mainati il contoreso del Comune dato per l'anno amministrativo 1745, che pensiamo non sarà per riuscire discaro ai nostri lettori. Ebbimo occasione di riscontrare che le notizie da lui pubblicate non sono suppositizie; avremmo amato aggiungere qualche stato della città di quell' anno ; in difetto di ciò, leviamo dallo stesso Mainati alcune indicazioni di anno per poco posteriore, cioè del 1758. Città vecchia case N. 538, abitanti 5051 Città nuova „ „92 „ 1373 Totale 630 6424 Fra il numero della popolazione andavano compresi 135 ecclesiastici di fisso officio (oggidì moltiplicatasi la popolazione dieci volte tanto, vi sono 43 sacerdoti con officio stabile o di chiesa o di curia, ed altri 17 di altro officio, in tutto 60) tra' quali ecclesiastici erano Preti.....64 FF. Ospitalieri . . 7 Chierici.....1 PP. Benedettini . . 1 PP. Cappuccini . . 22 MM. Monache ... 29 PP. Minoriti ... 11 Dei Benedettini diremo essere stato queir unico il Custode della chiesa e Priorato dei SS. Martiri di indispensabile domicilio ; mentre i padri di S. Giorgio maggiore di Venezia frequentavano specialmente d'estate il Convento senz' obbligo di fissa dimora. V'erano fra i cattolici Vedovi . Vedove . Ammogliati 76 318 1150 1544 Maritate Liberi Libere Riporto 1544 1150 1565 1652 in tutto 5911 di altre religioni vi erano 221 Israeliti, 91 Greci, 46 Protestanti. Fra il popolo numeravansi Riporlo 446 Domestici . .* „ 130 Domestiche . . 512 Braccianti . . . 404 Murai .... 62 Macellai .... 23 Falegnami ... 70 Fabbri ferrai . . 57 Sartori .... 91 Calzolai .... 93 Calzolai garzoni . 16 Facchini . . . . 119 446 in tutto 1577 artieri e serventi. Alla popolazione complessiva di 6000 persone (chès pensiamo essere stata quella dell' anno 1745) è proprio il contoreso seguente, il quale dà un risultato di carico di tre fiorini, e qualcosa di più per capo. Contoreso del comune di Trieste per l'anno 1745. Entrata. Gabella stradale........f. 379. 59 Dazio del vino (spina) nella città . » „ „ „ fuori di città « » pane ....... „ dell' olio (quarantesimo) . . „ biade......... „ legnami........ „ del rassare ....... „ misura dei sali..... „ alboraggio....... „ misura di vino ed olio . . . „ osterie di Basovizza e Cattinara „ del sestiere e moggio dei sali n » moggio dei sali forestieri Condanne ......... Affitti in città........ Affitti di botteghe e casotti . . . Reddito delle saline...... Affitti livelli ........ Affitti dei magazzini nello squero . Contributo pel predicatore .... 379. 9015. 398. 561. 1930. 300. 374. 37. 45. 254. 1530. 175. 1080. 94. 23. 291. 1187. 186. 758. 434. 18. 33'za 15 36 20% 31 20 40 15 41 48 6 11 8 21 48 53 f. 19077. 33 72 Sortita. Al Capitano (Governatore).....f. 944. 27 Al Giudice regio II j ... „ 299. 57 „ „ II Assessori . . . „ 113. 20 » » HI ( ) ... „ 113. 20 Al provvisore I.........„ 11. 20 » « II.........„ H. 20 Al Vicario e Giudice dei malefizi (Tribunale civile e criminale)......„ 389. 7 Al Cancelliere regio.......„ 68. — Al Cancelliere di palazzo o Segretario . „ 283. 20 All'Aggiunto..........„ 188. 53 Al Protettore dei processati (Avvocato officioso) ..........„ 14. 10 Al Nodaro...........„ 15. 52 Al Procuratore (Cassa civica) . . . . „ 188. 53 Al Contista I . , \. . „ 94. 26 jj (Contabilita comunale V " 40 48 Al Soprastante dell'arsenale.....„ 17. — Al Cappellano di S. Pietro.....„ 56. 40 „ „ di S. Rocco.....„ 27. 12 Al Predicatore quaresimale.....„ 113. 20 „ „ dell'avvento.....„ 37. 46 Al Precettore del comune (Scuole popolari) „ 170. — Ai Padri Gesuiti per le Scuole (Ginnasio, Liceo, Seminario)......„ 340. — Al Procuratore delle prigioni . ... „ 4. 32 Al Segretario della Sanità /Magistrato^ . „ 34. — Al Cancelliere „ „ \alla Sanità/. „ 17. — All'Assistente della Sanità al porto (Casino degli arrivi)..........102. — All'Ammiraglio (Capitano) del porto . . „ 10. 46 Spese militari..........„ 438. 31 Stipendi per la gioventù nell' Università . „ 476. 33 Contribuzione straordinaria alla Corte . . „ 3000. — Elemosine...........„ 742. 54 Riparazione di strade.......„ 316. 12 Riparazione di fabbriche, mura ecc. . . „ 2915. 24 Per la Curia criminale.......„ 17. 3 Spese di Cancelleria........„ 28. 36 Spese differenti.........„ 752. 41 Al Medico I..........„ 487. 20 » « H..........„ 362. 40 « «IH..........„ 340. - Al Guardiano in Zaule.......„ 51. — Al Chirurgo I..........„ 209. 40 » II..........„ 150. 10 Per Messe ed elemosine straordinarie . . „ 131. 32 Al portinaro della città......„ 51. — Al Fante I...........„ 34. — II...........„ 10. 12 A quelli che distribuiscono le palle in consiglio ...........„ 6. 48 Al Maniscalco............34. — All' Orologiaio............17. — Allo Spazzacamino........„ 34. — Al Campanaro di S. Giusto.....„ 34. — Al Tamburo............18. 57 Al Sagrestano di S. Pietro .... . „ 13. 36 f. 14381. 18 Riporto f. 14381. 18 Allo Scopapiazza.........„ 68. — Al Sollecitatore in Vienna.....„ 60. — „ „ in Gratz......„ 50. — Al Capitano per aglio, manzo, olio e candele ...........„ 94. 54 All' Esattore del quarantesimo . . . . „ 68. — Alli Guardiani delle contrade . ... „ 37. 24 Al Quartier mastro........„ 68. — Alla Cappella salariata di S. Giusto . . „ 325. 16 Al Bargello e Birri........„ 687. 33 Affitti..............85. 14 Il molto reverendo Don Giuseppe Kudner cappellano in Contovello, ha inviato al Museo civico di antichità alquante monete di argento bassissimo di modulo piccolo, rinvenute nella contrada di Grignano coi conii di Gallieno, di Salonina, di Volusiano, ed una in rame coli' impronta di Massimiano. La conservazione di alcune fra le prime, accenna ad un deposito o smarrimento fatto intorno 1' anno 260 di nostra salute. AI donatore si rendono pubbliche grazie, ben meritate per la sollecitudine di ricuperare siffatte antichità. f. 15925. 39 Osservazioni meteorologiche fatte in Parenzo all'altezza di i5 piedi austriaci sopra il livello del mare. 1 © fe g Ora Termo- Barometro Stato 1 S- 43 ° & C Ora Termo- Barometro Stato .2 ° '5 dell' osser- Anemoscopio £ « .2 O © N dell'osser- Anemoscopio £ vazione Gra De- Pol- ' Li- De- vazione Gra. De- Pol- Li- De- -s nee cimi -a cimi lici nee cimi Maggio 7 a. m. 1 9 5 | 28 0 0 Greco Nuvoloso Maggio 1 7 a. m. 15 2 !27 9 0 L. Scirocco Nuvolo 1 2 p. in. 12 5 128 0 0 Maestro Sereno 17 1 2 p. m. 15 8 27 9 0 Scirocco Poche gocce 10 „ " 0 28 0 8 G. Levante Nuvoloso I io ; 13 5 27 9 0 Levante Nuvoloso 7 a. m. 9 8 28 1 5 Calma Sereno 7 a. m. 13 1 27 9 0 L. Scirocco Poca pioggia 2 2 p. m. 12 2 28 2 0 Maestro detto 18 2 'p. ni. 15 5 27 9 6 Ostro Sole e Nuvolo 10 „ 10 8 28 1 2 Levante detto io „ 13 1 27 10 0 Levante Sereno 7 a. ni. 11 0 28 0 5 Tramontana Sole e Nuvolo 7 a. ili. 14 5 27 10 5 Levante Sereno 3 2 p. m. 12 4 28 0 5 Maestro detto 19 2 p. m. 15 4 27 10 7 Ostro detto 10 „ 13 o 27 11 8 Calma Sereno 10 „ 14 2 27 H 0 L. Scirocco Nuvoloso 7 a. m. 12 0 27 11 0 Calma Nuvoloso 7 a. m. 14 1 127 10 3 0. Garbin [Sole e Nuvolo 4 2 p. ni. 13 2 27 11 0 Maestro ) detto 20 2 p. m. 14 8 27 H 0 detto Sereno 10 „ 10 8 27 11 2 G. Trainont. Sereno io „ 12 8 27 11 0 Levante , detto 7 a. m. II 5 27 11 0 G. Levante Sereno | 7 a. m. I 13 6 27 11 0 Levante Sereno 12 8 27 11 0 21 2 p. m. 15 5 i p. ni. Maestro detto 10 „ 12 4 27 10 5 G. Tramont. detto io „ | 13 4 27 11 0 Levante detto 7 a. m. 12 0 ! 27 10 3 Maestro Sereno 7 a. m. 13 6 27 11 0 Calma Sereno G 2 p. m. 14 5 27 10 3 Ostro Fosco 22 2 p. m. 18 0 27 1" 0 Maestro detto 10 „ 13 5 27 10 1 Scirocco Nuvoloso 10 „ 15 6 27 11 10 Calma detto 7 a. m. 13 0 27 10 0 Scirocco Sole e Nuvolo 7 a. m. 15 2 27 11 10 Calma Sereno 7 2 p. m. 15 2 27 10 0 0. Scirocco Fosco 23 2 p. m. 18 0 27 11 10 P. Maestro detto 10 „ 13 2 27 10 0 Scirocco Nuvoloso 10 „ 16 5 27 11 11 Levante | detto 7 a. m. 13 2 27 10 1 Scirocco I Sole e Nuvolo 7 a. m. 17 0 27 11 8 Levante Sereno 8 2 p. m. 15 1 27 10 0 0. Scirocco Nuvoloso 24 2 p. m. 19 0 27 11 8 P. Maestro detto 10 „ 14 1 27 10 0 Levante Sereno io „ 18 0 27 11 0 Levante detto 7 a. m. 13 2 27 10 0 Scirocco Pioggia 7 a. m. 16 i 27 11 5 Calma Sereno !> 2 p. in. 15 8 27 10 0 Maestro Nuvoloso 25 2 p. m. 18 5 27 11 5 Maestro detto 10 „ 13 8 27 10 0 Calma detto 10 „ 16 5 27 11 5 Levante detto 7 a. m. 13 8 27 10 7 Calma Sole e Nuvolo 7 a, m. 16 0 27 6 0 Calma Sereno 10 2 p. in. 16 5 27 10 9 Maestro detto 26 2 p. m. 19 0 27 11 6 Ostro detto 10 „ 14 0 27 11 2 Levante Sereno 10 „ 15 5 27 11 0 Calma detto 7 a. m. 13 0 27 11 5 Calma Sereno 7 a. m. 16 4 27 11 0 Calma Sole e Nuvolo 11 2 p. m. 16 2 27 11 5 Maestro detto 27 2 p. m. 18 2 27 11 0 Ostro Sereno 10 „ 13 8 27 11 8 Levante detto 10 „ 16 8 27 10 8 Levante detto 7 a. m. 13 5 27 11 8 Calma Sereno 7 a. m. 17 0 27 10 0 Levante Sereno 12 2 p. m. 15 6 27 11 8 Ostro detto 28 2 p. m. 18 0 27 10 0 0. Scirocco Sole e Nuvolo 10 „ 14 0 27 II 6 L. Scirocco Nuvoloso 10 „ 14 8 27 9 0 G. Levante Piogg. e vento 7 a. m. 14 4 27 10 2 Scirocco Nuvoloso 7 a. m. 15 0 27 11 0 Greco Sereno 13 2 p. m. 15 0 27 9 0 detto Poche gocce 29 2 p. m. 16 5 27 11 0 detto Sole eNuv. sp. 10 „ 13 0 27 8 3 detto Pioggia 10 „ 14 0 28 0 1 G. Levante Nuvoloso 7 a. m. 13 1 27 8 5 Garbin Sole e Nuvolo 7 a. m. 13 4 28 1 0 Greco Sole e Nuv. sp. 14 2 p. m. 15 0 27 8 8 Ostro Sereno 30 2 p. ni. 16 0 28 1 0 Maestro Sereno 10 „ 13 0 27 9 0 Levante detto 10 „ 13 4 28 1 0 Levante detto 1 7 a. m. 113 8 27 10 1 Levante Sereno 7 a. m. 14 5 28 1 0 Levante Sereno 15 2 p. in. 15 8 27 10 0 Scirocco Nuvoloso 31 2 p. m. 16 1 28 1 0 P. Maestro detto i io „ 1 11 0 27 10 0 Levante Sereno io „ 13 0 28 0 S Levante detto 7 a. m. 16 6 27 10 4 Scirocco Sole e Nuvolo Gio. Andrea Zuliani. 16 2 p. m. 19 5 27 10 4 L. Scirocco Nuvoloso 10 „ 17 0 27 9 8 detto detto