ANNO XIV. Capodistria, 1 Ottobre 1880. N.ro 19 Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. EFFEMERIDI ISTRIANE Ottobre 1. 1353. — Il sonato accorda al comune di Capodistria di assoldare un pubblico maestro con la paga annua di 40 soldi di grossi. - 11, XXVI, 123.b 2. 1647. — Il doge Molino esalta la fedeltà e l'attac- camento della nobile famiglia giustinopoli-tana de' Verzi alla Signoria di Venezia. -19, III, 37. 3. 1296. — In seguito a sentenza aibitramentale il coute di Gorizia restituisce al patriarca Raimondo, Albona, Fianona, Pinguente e Due Castelli. - 50, 140. 4. 1398. — Il doge Venier delega il pod. e cap. di Capodistria, Lodovico Morosini, perchè ordini al capitano di Raspo di demolire due chiuse erette di recente dai sudditi patriarcali di Pinguente. - 4, 53.a 5. 1275. — Il senato ordina ad alcuni veneziani la restituzione dei beni sequestrati a gente di Capodistria per coprirsi di certi crediti che avevano nel patriarcato di Aquileia, e vuole che d'ora innanzi l'Istria non sia soggetta alle rappresaglie dei sudditi del patriarca. - 6,1,140. 6. 1170. — Muore in Craiuburgo Engelberto III, mar- chese d'Istria. - 9, XIX, 362. 7. 1511. — Ducale Loredan che loda il valore de'Mug- gesaui che fugato aveano il nemico venuto ad assediare la loro Terra, e li incoraggia a mantenersi sempre glistessi.-5, Ila,e 26,111,36. 8. 1615. — Il capitano veneto. Giovanni Corellio, prende possesso della valle di Potgoria presso il castello di San Servolo, di ragione del barone Benvenuto de' Petazzi; la mette a sacco e ne trasporta gli animali. - 26, III, 164. 9. 1511. — Il doge Loredan encomia la milizia di Capodistria, capitanata da Diego de' Verzi, la quale diede prove di valore nella cacciata del conte Cristoforo de' Frangipani, venuto con un corpo di austriaci per prendere Muggia. - 5, lib, - e 43, 25. 10. 1338. — Il patriarca Bertrando investe ser Giusto di Albona del feudo di un castello presso Fiauona, castello che i di lui nipoti Fabiano e Bartolomeo del fu Nicolò avevano comprato da Carsemano del fu Rodolfo di Pisino. - 21, 91, - e 13. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — On numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 11. 1289. — Il senato veneto delibera d'incontrare un imprestito per mettere fine a certe novità in Istria. - 6, I, 160. 12. 1511. — I cittadini di Trieste incendiano e sman- tellano sì il castello di Moccò, ma forzati dal loro vescovo che ne aveva ricevuto l'ordine. - 26, III, 38. 13. 1336. — Capodistria. Ser Artiluppo del fu Ran- tolfo nomina a suo rappresentante Giacomo de' Tedaldini da Firenze per chiedere al patriarca Bertrando l'investitura degli aviti feudi. - 13. 14. 1283. — Il senato veneto delibera che il danaro IV tàbularum non debbasi spendere, che per finire la guerra del Friuli e dell' Istria. - 6, I, 151. ' • " 15. 1367. — Venezia. Il vescovo di Trieste, Antonio Negri, investe don Giovanni da Udine canonico di Cividale e di Bressanone, in nome di Alberto III coute di Gorizia, del feudo di Wicumbergo (ora Finfenberg) presso il castello di Moccò, e di altri feudi. - 13.*) CORRISPONDENZE Pisino, li 20 Settembre. Lessi con piacere quanto nell'articolo, „Degli errori sull'Istria," inserito nell'ultimo N.ro della Provincia, viene detto circa la Liburuia. Infatti il territorio che fa parte della provincia d'Istria, al di là del Monte-maggiore d' attorno al Quarnaro, comprendendo Bersez, Moschienizze, Lovraua, Volosca, Castua, Veprinaz e casali interposti, appariva un paese senza nome. Que-glino di là non mai credettero di essere istriani, e non si appellavano che pel nome del rispettivo comune cui appartenevano, sino a che non molti anni fa, invalse la denominazione di Liburuia. E in questo non c' è punto affettazione storica, chè in Istria se ne faceva uso, ben inteso da persone alquanto colte, chi sa da quando. Prova ne sia che nelle carte lasciate da certo Giovanili Slocovicb, il quale come notaio di Pisino nella prima metà del secolo decorso, non sarà stato nè dottore, nè erudito quanto lo siano i notai d' oggidì, vi ha un catalogo dei prepositi di Pisino estratto da atti, scritto di suo pugno, e vi si legge il preposito Franili, Liburno, e in seguito nel catalogo stesso, scritto con altro carattere c' è il preposito de Persich, Liburno (da Lovrana). Sia dunque la Liburnia distinta dall' Istria, come essa è di fatto pella natura della popolazione ; chè sebbene gli slavi di qua e di là del Monte-maggiore parlino l'istesso dialetto, vi si scorge la diversità iu tutto il resto, e rende consapevoli gli uni e gli altri d'essere in differente condizione. Retaggio probabilmente del popolo antico su cui si sovrapposero gli slavi in Liburnia, sarà la cantilena nel parlare, di che si avvertono deboli traccio nelle isole di Lussino; però nella terra ferma d' attorno al Quarnaro la è marcatissima e quasi comica ; non so poi dopo Fiume sino a dove si estenda e si dilegui. Inoltre, i Liburni di confronto agli Istriani sono più agili di mente, con alcun che d'ingenuità, per cui vi si riscontrano parecchi tipi caratteristici alla Sancio Pancia, hanno però genio imitativo oude sono molto industriosi, e vi tengono alla nettezza ed all'economia. Non mi sovviene se tra gli elenchi dei dignitari ecclesiastici dati alle stampe dal defunto Dr. Kandler, vi sia anche quello dei prepositi di Pisino. In ogni caso colgo 1' occasione riportarne il catalogo come lo scrisse il prefato Giovanni Slocovich.*) Catalogo delli Propositi di Pisino raccolti dal Giovanni Slocovich q.m Gasparo, Pisinese. 1266 Fu fondata la prepositoriale chiesa di S. Nicolò Inscritione lapidea sopra le porte piccole : Anno Dui MCCLXVI factum est hoc opus. 1276 Megiserio nelli annali Norici citato dal Valvasor lln :nella Cronica del Craguo pone la fondatione della Praposituia di Pisino all' anno 1276. 1299 Domenico preposito - Kandl. 1418 Conrado Schueì 1441 Audrea Schuel 1481 Giacomo N. (Schwel-Kandl.) 1486 Giorgio Meminger 1502 Vito N. (Maininger -Kandl.) 1525 Nicolò Gothardo di Tolmezzo 1531 Giovanni Golubic- Kandl. 1555 Zacharia Vescovo di Pedena 1571 Audrea Gentillini 1592 Camillo Myiicio Tergestino 1610 Antonio Zara d' Aquileia Vescovo di Pedena 1613 Rinaldo Scarlichio, fu promosso al Vescovato di Pedena ed indi al Vescovato di Lubiana, e poi fu fatto Logotenente 7.mo (?) di Graz 1622 Fu aggregata la prepositura al Collegio delli RR.P.P. Gesuiti di Gorizia ed il Rettore s'intitolava Preposito di Pisino, tenendo iu vece sua Vicepreposito 1665 Giacomo Rampelli Pisinese nominato Preposito dall'Il.mo Preucipe Portia 1699 Mattio Vitrich Fiumano nominato Preposito dall'Il.mo Preucipe d'Auersperg 1703 Giovanni Fattori Pisinese (abate mitrato - Kl.) 1729 Francesco Agostino Corsi Fiumano 1739 Vito Antonio Franul Liburno installato li 12 Agosto. (Da Lovrana-Kl.) Qui cessa il catalogo scritto dallo Slocovich. (11 Franul) Morto li 15 Maggio 1774. 1774 Ignazio Caetano de Buset installato nel mese di Novembre, fu promosso Vicariato Generale, indi al Vescovato di Trieste 1791. 1792 Nicolò Francesco de Persich Liburno installato nel mese di Luglio. (Da Lovrana -Kl.) 1804 Giuseppe Slocovich Pisinese installato li 21 Ottobre, morto li 12 Agosto 1817. 1817 Simone Dequal Pisinese, installato a Trieste li 25 Novembre e presentato a Pisino li 14 dicembre, morto li 18 Maggio 1839. 1840 Luigi Vlah Castrano installato a Trieste li 23 Gennajo 1840. 1840 Luigi Vlah Castuauo installato a Trieste li 23 Gennajo 1890. 1844 Adamo Dr.Rumpler oriundo da Szamabor in Croazia. 1847 Giovanni Cappellai! oriundo da Verteneglio installato in spiritualibus li 8 Gennaio. VENDEMMIA E VINIFICAZIONE Come ogni annata agricola ci chiama ogni stagione alle stesse operazioni culturali, così i nostri Giornali agrari oltre ad argomenti improntanti più o meno di certa novità ce ne ammaniscono di anno in anno, altri che sono relativamente sempre i medesimi intorno ai diversi rami di produzione, e ciò, per ottemperare al noto adagio che le cose opportune bisogna ripeterle sino all' importunità. Ecco la scusa per far posto in due pagine dell' Agricoltore alla ripetizione di cose vecchie bensì, ma sempre nuove, e utili, (almeno ce ne lusinghiamo) fino a tutto che la nostra industria enotecnica non sia arrivata a sfruttare tutte le risorse consentite dalle nostre condizioni naturali ed economiche. Queste cose adunque, a cui crediamo essere utile di richiamare qui oggi 1' attenzione, sono, come lo dice il titolo di quest' articolo-, le pratiche della vendemmia e della vinificazione. È innegabile che i progressi fatti in questi ultimi anni nell'arte enotecnica sono grandi: non bisogna però che ci facciamo illusione : essi non debbono servire che a spronarci, a correre sempre più alacremente la lunga strada che ancor ci resta a percorrere. Ma per non perderci dell'altro in considerazioni generali e non aver poi più spazio di parlare in materia Veniamo a dirittura alla vendemmia. Questo è lo scopo e la meta della viticoltura; essa reclama però ed esige per il suo compimento la cooperazione dell' enologo, nel cui dominio deve cadere il materiale più o meno buono, che essa abbandona. La vendemmia adunque è il principio e la base della vinificazione, e l'enologo se non vuole più tardo perdere il suo tempo con poco fratto e con meno onore, deve fino da essa alzare la sua voce, per ben dirigerla.-Non siamo più nei tempi di un'industria patriarcale, quando, confezionandosi il vino solo peli'interno consumo, a certe finezze di gusto, non ci si badava più che tanto paghi di poter colle risorse della bachicoltura beverci il nostro vino a più o men buon mercato, secondo le annate. Ora invece, bisogna che teniamo il vino ili conto della nostra migliore risorsa, e che cominciamo fin dalla vendemmia, ed aver in mira il futuro e prezioso nostro prodotto. Pria di vendemmiare quindi, bisogna che guardiamo, che l'uva sia completamente matura. I segni esterni della raaturanza generalmente si conoscono, e volendosi procedere a rigore di scienza, il gleucometro può darci indicazioni precise riguardo al tempo in cui l'uva è per raggiungere il massimo di sua ricchezza zuccherina. A un tal punto, se non prima, clevesi fare la cernita dei grappoli che per una causa qualunque soffrirono, e che presentando perciò un qualunque guasto o parte immatura, non vanno mescolati col monte dell' uva fina. Il tornaconto di una tal cernita che si risente nella miglior qualità del prodotto, c' è più che non si creda, per cui il tempo che si impiegherà in essa, non sarà mai perduto, anzi mai pagato abbastanza. Così pure la vendemmia per essere fatta bene, non soffre assolutamente quella fretta che si ha di solito tanto per veder tutta l'uva al coperto, ma vale anche per essa il proverbio che : presto e bene non si conviene. Si disporrà quindi che la raccolta non venga cominciata prima che i raggi solari non abbiano asciugato l'uva guazzata dalla rugiada, sì per impedire che il vino resti con ciò allungato, come per non avere una fermentazione troppo lenta, specialmente nel caso che la stagione si fosse di soverchio rinfrescata. (*) Il migliore poi di tutti i sistemi di vendemmia, specialmente quando si tratti d'uva bianca, sarebbe quello di condur a casa tutto il raccolto in ceste, o in ogni modo, ancor da pigiarsi, e solo in tinaia o nell'atrio di questa, passare alla pigiatura coli'ammo-statore meccanico. In tutti i casi del resto bisogna mantenere uniformità e rigorosa pulizia nella pigiatura nonché negli attrezzi di trasporto ; e ove trattasi di uva bianca impedire che si abbia a usare pella sua manipolazione ordigni che si usano pella nera, osservando altresì che l'aria libera e la luce, più che mai se a fermentazione incipiente, può far perder al vino della prima il suo color chiaro acqueo che tanto gli conferisce pregio e valore sui mercati, esteri specialmente. Un' altra avvertenza molto importante per chi voglia fare una vendemmia come va, è anche quella di riempire in una sol volta, od almeno entro le dodici ore, una tina di fermentazione; cosa importante anch'essa più che non si creda generalmente, giacché solo in tal maniera si ha una fermentazione regolare in tutta la massa, da cui, a parità d' altre condizioni, si ha poi un vino meno aspro, completamente fermentato e più armonico. Per raggiungere questo intento, che è l'unico a cui devesi tendere colla fermentazione, vale assai anche la forma dei tini di fermentazione. Questi non dovrebbero essere più, ai nostri dì, le solite botti lunghe con boccara più o meno stretta nel fondo fisso superiore, ma sì, tine più basse, coniche, aperte superiormente, e provvedute in modo, da potere, dentro che (*) Rispetto alla temperatura richiesta dalla fermentazione delle diverse qualità d'uva notiamo l'osservazione fatta relativamente alla qualità di uva detta Borgogna, dall' egregio Direttore Mach, in base alle esperienze fatte su grandi masse nell' Istituto agrario di S. Michele : .Riguardo alla manipolazione del Borgogna vorrei solo ricordare, che vendemmiandosi per tempo, vale a dire in Settembre, mentre la temperatura è ancora elevata, si deve aver attenzione che il mosto non venga messo a fermentare troppo caldo, onde la temperatura durante la fermentazione non si alzi tanto. .In seguito a spiacevoli esperienze che in proposito si fecero nell'anno 1878, noi lasciamo fermentare il Borgogna quando vendemmiato per tempo, nella cantina fonda ed abbiamo tutta la possibile cura affinchè le uve prima della pigiatura non si riscaldino troppo al sole." (V. Agr. K 8 p. 262). sia il graspato, applicarci e fissare a circa un palmo dall' orlo, un fondo - graticola detto da molti griglia, capace di tener giù il cappello delle vinacce, onde così avere una fermentazione a vinacce sommerse, Nessuno può disconoscere l'importanza di una tal fermentazione, la quale ci fa rammentare altresì di un' altra questione, di quella vale a dire dei raspi intorno a cui molto si discusse senza essere tuttavia venuti a un accordo fra i diversi nostri enotecnici. Alcuni dicono, che i raspi giovano alla regolarità della fermentazione e alla bontà e pienezza del vino prodotto; altri invece, sono di contrario parere e consigliano levarli dal mosto. Il fatto a parer nostro è questo, che i raspi non danno ne possono dar altro al vino, se non che 1' a-sprezza e in dose tanto maggiore, quanto più sono grossi e verdi, e che, d'altro canto, essi si imbevono d'una parte di quell'alcool o forza che si sviluppa nel processo fermentativo. — Ora, se l'uva è di buona qualità perfettamente matura, ricca di sostanze zuccherine tanniche e aromatiche, l'intervento di un grado maggiore di asprezza per ria dei raspi, è un cattivo acquisto di certo pel vino che si vuol da essa ottenere. Sarà meno male invece, lasciarli, i raspi, nei mosti di uve ordinarie che non possono dar altro che vini deboli e punto aromatici, dove, la mancanza d' altro un po' d'asprezza può tener luogo di corpo, e servire di preservativo per l'estate che a tai vini è molto pericolosa. — Non ci soffermeremo qui a descrivere il modo di operare, per levar i raspi dal mosto, sia perchè i nostri produttori di vino già lo conoscono, sia perchè tali operazioni e gli attrezzi relativi bisogna anzitutto vederli, per il che si ha in paese molteplici comodità, sia presso le nostre Scuole, come nelle cantine dei più valenti nostri enotecnici. Dichiaratici in questo modo circa la questione dei raspi, crediamo di dir il nostro avviso su di un altro punto non meno importante e vitale del fenomeno fermentativo, vogliam dire dell' epoca della svinatura. Qui pure, ci troviamo di fronte a due modi di eseguire la bisogna : il primo è quello di lasciar che il vino resti sulle sue vinaccie più lungo tempo che non duri il processo fermentativo; il secondo di tirar giù il vino, ossia di svinare, appena la fermentazione abbia compiuto il suo corso, e fin anco prima della fine del fenomeno. Senza perderci in discussioni, che renderebbero troppo lunga (se non lo è di già) questa nostra rassegna, ci dichiariamo in massima per la seconda maniera, avvertendo, che bisogna svinar bensì subito appena compiuta la fermentazione, mai però prima che lo sia veramente. Tal punto sarà facile constatarlo se si avrà adottato la fermentazione a vinacce sommerse (con che, diciamolo almeno per incidenza, si potrà egualmente, levando e rimettendo la griglia, praticare nei primi giorni le solite Mature); poiché in quel caso, sarà possibile vedere ad ogni momento sullo specchio del liquido sormontante e difeso dal contatto dell'aria per lo strato di acido carbonico, se e quando l'apparente ebollizione sia cessata del tutto. Quest' apparenza convalidata dall'aspetto e sapore del liquido, e, volendo essere scientificamente esatti, da una prova al gleucometro che immerso in un po' di vino dovrà segnar 0 o una frazione minima di grado, ci determinerà il momento in cui devesi procedere alla svinatura. Tale sarebbe il processo fermentativo a cui dovremmo assoggettare i mosti nelle nostre ordinarie condizioni di temperatura, la quale, se per una vendemmia di uve tardive si fosse già troppo abbassata, reclamerebbe una qualche difesa e persino con corrispondente riscaldamento nei locali di fermentazione che devono sempre avere almeno i loro 12-1G C.° Termineremo questo articolo cbe comincia a sortire dai confini che ci avevamo proposti (pel qual difetto reclamiamo ancora le attenuanti dell'opportunità della materia) con un' ultima avvertenza rispetto ai vini bianchi fini, per i quali si usa anche la fermentazione a puro mosto, che vien separato sia subito dopo la pigiatura, sia dopo un 24-36 ore di fermentazione in contatto colle vinaccie. Per questa fermentazione a puro mosto, essendo essa più lunga dell'ordinaria, e andando incontro alla fredda stagione, vuoisi avere locali più riparati, suscettibili di riscaldamento, per mantenere in essi ima temperatura omogenea fino a fermentazione compiuta, giunti circa al qual termine anche per i vini bianchi fermentati con questo sistema si passerà alla svinatura. E così lontani del tutto dall'idea d'aver esposte tutte le modalità della vendemmia e vinificazione siam giunti al punto in cui il liquido a noi sì prezioso, svinato per opera dei nostri producenti, sarebbe benissimo suscettibile di passare, se per fortuna ci fossero, in altre mani che potrebbero essere quelle dei veri e propri negozianti di vino, i quali, conservandolo, preparandolo, e trovandoci il conveniente collocamento all'interno ed all'estero rendessero, coll'assumersi l'ulteriore suo lavoro un servigio allo stesso prò ducente, cbe ha troppi affari, per essere dopo tutto anche la persona adatta ad approntare e offrire sulle piazze di consumo il proprio prodotto. Pur troppo però anche in tale riguardo siamo ancora lontani dall'avere un organismo commerciale che possa favorire una sistemazione proficua della nostra vinificazione. Dr. Gerosa (D all' Agricoltore di Trento) Questione ferroviaria triestina È da molto tempo che la città di Trieste con quella febbrile attività che sa mettere in ogni impresa, lotta con tutte le sue forze per ottenere dall' imperiale governo comunicazioni ferroviarie che la pongano in grado di sostenere la concorrenza con altri scali marittimi, alcuni dei quali già a quest' ora le hanno tolto parte del suo commercio. La lotta si fa oggi, per urgenti necessità ancora più viva, e la società del Progresso sempre pronta a sostenere tutto ciò che torna a vantaggio degl'interessi economici e morali di Trieste, ha dato incarico ad una commissione speciale di studiare la questione ferroviaria, ed in questi giorni ha pubblicata la relazione degli studi fatti, pregevolissimo lavoro, dove si vede dimostrato con chiarezza e con ricco corredo di dati statistici, la urgente necessità di congiungere il porto di Trieste coi varj centri di consumo della monarchia. Larga è la meta e degna di Trieste quella che si prefiggono gl' industriosi suoi abitanti: costituire Trieste a mercato mondiale, e farne lo scalo preferito della navigazione fra l'oriente e i più lontani lidi da una parte, ed i paesi dell'Europa meridionale - centrale - settentrionale dall' altra. Ma come può raggiungere la sua meta Trieste, s'ella si trova congiunta coli' interno da una sola ferrovia nelle mani di una società straniera, la Sud-Bahn ? Questa società fondata da un consorzio di banchieri nel 1858, ora è prossima al termine di espiro della rinunzia al diritto di prelazione, e se non si provvede a tempo resterà nella sua mano potentissima il monopolio dei trasporti di Trieste per ancora 90 anni. Nella relazione annunziata, sono passati in rivista i varj obbiettivi da raggiungersi. Malgrado che Genova e Venezia per legge naturale si sieno accaparrati i commerci con la Svizzera e con la Germania occidentale - settentrionale, Trieste troverebbe ancora lavoro se fosse fatta sollecitamente la linea Monfalcone-Motta-Bassano, ed il proseguimento per la Valsugana a Trento ; così la linea Venezia - Portogruaro, l'Adriatico alpina, congiunta che fosse con le ferrovie occidentali a Fiume attraverso l'Istria, faciliterebbe a Trieste gli scambi fra 1' oriente e 1' occidente. Se getta lo sguardo all'oriente, Trieste, si trova di fronte la fatale concorrenza di Fiume con la ricca vallata del Danubio. Il governo ungherese ha mirato, ed è riuscito a congiungere il centro delle sue ferrovie Pest, coli'Adriatico, a Fiume, e grazie all'avveduta sua politica ferroviaria, Pest si troverà fra non molto congiunta con la più breve linea a Costantinopoli ed al mare del Nord ! Per mettersi in più facile comunicazione con Karlstadt, Trieste dovrebbe ottenere dallo Stato, come suggerisce la Commissione, un tronco di ferrovia attraverso 1' alta Istria, che partisse dal Vallone di Muggia, e per la vallata di Zaule, Ospo, Figarola, Pinguente, Lupoglao si congiungesse presso Mat-tuglie con la linea Fiume-Karlstadt. „Questa linea," così si esprime la commissione, «migliorando i nostri rapporti e quelli di Fiume B con l'Istria, col solo maggiore aggravio della quota „di nolo per il tratto Trieste-Fiume, che dovrebbe „ venire stabilita più bassa possibile, ci offrirebbe „tutti i vantaggi che ora gode ed andrà a godere „la consorella Fiume con la Dalmazia, la Bosnia, «l'Erzegovina, la Slavonia, la Serbia, ed i paesi „orientali-meridionali, i quali viceversa poi per „la stessa via di Trieste - Cormons, per le linee „conducenti al Brennero, all'Ari, al Gottardo, al „ Cenisio ed altre, otterrebbero una via internazionale „ diretta con 1' Italia settentrionale e con le altre „regioni occidentali." Ma ciò che più sta a cuore a Trieste è la rapida ed economica relazione con le provincie meridionali, centrali e settentrionali della Cisleitana, che formano la zona riservatale dalla natura. Se l'imperiale governo non provedesse a tempo, succederebbe nientemeno, che Venezia si troverebbe congiunta per via più breve perfino con Praga! La Pontebba sarebbe la linea propria a Trieste, se non vi si trovasse costretta a passare fino Cormons per i binarii della Sud-Bahn, e se il rimanente non fosse su territorio estero. Due altre invece sono le linee già da gran tempo proposte, la Laak e quella del Predil per congiungersi alla Rudolfiana. Scelga lo Stato quale dei due progetti convenga meglio e lo eseguisca, se non vuol vedere rovinata Trieste e danneggiate molte delle sue Provincie, la Carniola, Carintia, Stiria, Austria Superiore e la Boemia. La commissione passa ad indicare quali sarebbero i tronchi che lo Stato dovrebbe acquistare perchè le linee che partissero da Trieste si trovassero in diretta ed indipendente comunicazione coi varj mercati, e dimostra la possibilità di ridurre allora i noli ad un soldo per chilometro, per cui mentre oggi un quintale che si trasporta a Praga costa fior, 2 Ai, si potrebbe trasportare per sol. 90! La relazione termina con le seguenti proposte : „1. Riconoscersi quale impresciendibile necessità ed urgentissimo : a) di ricordare e rilevare nei modi migliori all' imperiale Governo che con la fine dell' anno corrente va a scadere il termine di rinunzia del diritto di prelazione della Meridionale, e che non facendone uso in tempo debito esso Governo andrebbe ad abbandonare il commercio di Trieste e di molte altre sue provincie al monopolio della Meridionale sino all'anno 1970; b) che perciò l'imperiale Governo abbia a proporre (all'incirca colle modalità usate per la ferrovia dell'Ari, e ad ogni modo in tempo utile, perchè possa venire deliberata ed assicurata in questo anno) la costruzione a spese dello Stato, da iniziarsi subito, della linea di prolungazione della ferrovia Principe Ereditario Rodolfo, del tutto indipendente dalla Meridionale, dalla stazione di Laak via Prevald sino a Trieste, oppure da Treviso via Predil-Vallone-Gorizia sino a Trieste, e ciò a seconda della maggiore convenienza che offra il primo o secondo dei due progetti, da presentarsi ad un tempo', coscienziosamente elaborati, esaminati e riveduti, al Parlamento per la scelta! c) che l'imperiale Governo voglia altresì proporre, perchè possa venir quanto prima deliberata a completamento dell'attuale rete ferroviaria istriana dello Stato, la Costruzione di appositi nuovi tronchi ferroviari, l'uno da Lupoglava od altra più conveniente stazione verso Mattuglie in congiunzione con Fiume, e l'altro da Pinguente od altra più conveniente stazione, via Figarolla-Caresana,in congiunzione con Trieste nel vallone di Muggia, pelivi costruire (a Servola o a S. Andrea, secondo la maggiore opportunità e convenienza) apposito porto e stazione da unirsi all'attuale di Gretta mediante una ferrovia con galleria sotto S. Giacomo. 2. La Società del Progresso, prendendo notizia degli altri desideri espressi nella presente relazione, si riserva dopo conosciuto l'esito delle suespresse domande, di prendere ulteriori risoluzioni sui medesimi. 3. a) Resta incaricato il Comitato Dirigente -la Società del Progresso di redigere e dirigere un memoriale all'Eccelsa Presidenza del Ministero in Vienna, col quale vengano portate a conoscenza le risoluzioni espresse ad 1°, affinchè voglia nel- . l'interesse tanto di Trieste che delle altre cointeressate Provincie prenderle in giusta e benigna considerazione, e così pure b) redigere ed avanzare analoghi memoriali all'inclito Consiglio della Città ed alla locale spettabile Camera di Commercio ed Industria, affinchè anche queste spettabili Corporazioni si compiacciano appoggiare coi mezzi che riterranno i più opportuni le preaccennate risoluzioni. ZESTotizie : ó . hì^!.:' -UN UUZiitì Secondo le deliberazioni del Congresso internazionale metereologico tenuto a Roma 1' anno scorso, ebbe luogo in questi giorni a Vienna la conferenza internazionale di metereologia applicata all' agricoltura. Erano presenti i capi di servizio dei singoli uffici centrali metereologici. Per il Regno d'Italia vi era il chiarissimo Commendatore Tacchiui, direttore dell' Ufficio centrale di Meteorologia. I meteorologi colà convenuti, dopo matura discussione, convennero non potersi in generale nello stato attuale della scienza dar presagi per 1' agricoltura che uno o due giorni al più in avanti, e deliberarono non poter gli Uffici centrali di meteorologia tenersi estranei alle esigenze della pratica in riguardo alla precisione del tempo, malgrado le molte difficoltà che vi si presentano ancora. Si raccomandarono opportune istruzioni agli agricoltori, affine di meglio utilizzare le notizie telegrafiche metereologiche. Si votò ancora che i singoli Uffici centrali si scambino fra loro un telegramma riassuntivo della posizione meteorica giornaliera. Fra pochi giorni si darà vita in Trieste ad una nuova industria, che tornerà senza dubbio vantaggiosa alla manipolazione della filatura serica. Si tratta della erezione di una filanda a vapore, composta di diciotto bacinelle, ognuna delle quali potrà dare il prodotto di 350 grammi di seta filata. Il costruttore di questo meccanismo è un udinese, premiato con medaglie d'oro all'esposizione di Londra, di Treviso e di Udine, e le cui macchine vengono acquistate perfino dall'America. Speriamo che questa novella istituzione si estenderà anche iu provincia a vantaggio dell'allevamento del baco da seta, che incoraggiato darebbe tra noi nuovo cespite di lucro. _ Diamo l'ordine del giorno dell'adunanza che si tenue in San Douà di Piave (Veneto) sotto la presidenza dell'illustre Luzzatti, relativa alle Banche popolari costituenti il primo gruppo italiano, ed informeremo in seguito i lettori dei conseguenti deliberati: 1. Belazione del presidente del gruppo. 2. Limiti e modi per istabilire quali si debbano risguardare e ricevere per depositi in Cassa di risparmio (capitali in formazione), e quali iu conto corrente (capitale formato). 3. Revisione del Regolamento provvisorio del credito agrario ed eventuali modificazioni. 4. Rivedere i provvedimenti atti a scemare 1* inconveniente pericoloso che uu azionista abitante in una piazza, dove tiene il centro de' suoi affari, faccia operazioni di credito con altro circondario. 5. Esame degli oggetti stabiliti per il Congresso generale delle Banche a Bologna del 17 ott. p. v., e proposte del gruppo. 6. Approvazione del bilancio del gruppo 1879 e 1880. 7. Nomina del presidente pel 1881. 8. Fissare la sede della futura adunanza del gruppo. Leggesi nel Diritto le seguenti relazioni sulla nuova corazzata Italia : Essa fu messa sullo scafo nel 1876 ed ha una lunghezza di metri 122, larghezza massima m. 22.48, altezza di puntale m. 15, pescazione media m. 8.48, spostamento in tonnellate 13,850. Lo scafo di ferro e acciajo è a doppia carena cellulare e divisa da tramezzi longitud. e trasversali di lamiera in 53 scompartimenti stagni, i quali sono ancora suddivisi nel senso dell' altezza di quattro ponti stagni cioè : 1. Un ponte a forma di dorso di testuggine corazzato da piastre di acciajo e situato a metri 2.50 sotto alla linea di galleggiamento. 2. Un altro robusto ponte corazzato d' acciajo situato a m. 1.70 al disopra della linea di galleggiamento. 3. Uu ponte di batteria a metri 4.50 sull' acqua. 4. Il ponte scoperto o coperta alto metri 6.5 sul mare. Questa nuova corazzata sarà la più grande di tutte le esistenti in paese ed all'estero, se se ne toglie il solo Lepanto, costruito sullo stesso modo in Livorno e già a buon punto. . i... ii : : • Appunti bibliografici Di Pierpaolo Vergerio il seniore da Capodistria e del suo epistolario. Memoria del Prof. C. A. Combi. Venezia. Autonelli 1880. Io vorrei che il professore Combi non fosse a me legato col vincolo di un' antica amicizia, affinchè a taluno non avessero a parere alquanto esagerate le mie lodi. Ma poiché gì' Istriani sanno chi sia il Combi, e quanto libero il mio qualsiasi giudizio anche cogli amici, così imprendo senza altri preamboli 1' esame di questo libro. Non è l'opera lungamente aspettata sul Vergerio; ma ne è come il programma, in due memorie lette al Re. Istituto Veneto di scieuze, lettere ed arti. Ho detto che 1' opera del Combi è lungamente aspettata; e questo lungamente non suona già rimprovero od eccitamento. L' egregio amico ha già tanto lavorato per l'Istria in opere di erudizione come nella sua Bibliografia istriana. che potrebbe anche pigliarsi un onorato riposo. Poi è ora occupatissimo, e tiene un posto eminente nel municipio di Venezia; e tutti sanno che il fare vai meglio dello scrivere; perchè la parola morta rimane spesso tra gli scaffali delle biblioteche a vantaggio di pochi dotti, mentre la parola viva si trasfonde, e dura dopo di noi nei savi ordinamenti, nelle idee, negli affetti che abbiamo saputo destare : testimonio quel sommo maestro che non ha lasciato di scritto neppure una riga. D'altra parte si capisce perchè il Combi abbia mandato innanzi il suo programma. Non è ultima delle tribolazioni per uu erudito che abbia cuore ed iugegno, quella di temere di vedersi dopo lunghi studi e fatiche, scavallato da uno di quei tanti improvvisatori alla moda. Aspettiamo adunque con pazienza il libro, ed accettiamo per ora il programma tenendo conto della data pei casi futuri che potrebbero nascere in questa età di sorprese, e di pulcinelli eruditi che scattano come gli arlecchini dalle scatole dei confetti. Dalla lettura di questa memoria apparisce subito come l'opera del nostro Combi, benché frutto di seri e lunghi studi pazienti, nou sarà solo un'opera di erudizione ma di ricostruzione. Piace ora a molti scrivere libri ripieni di citazioni sopra citazioni ; una scoperta di un nome di un libro mette sulla via a scoprirne molti altri che ci hanno a fare coli'argomento come gli affreschi di Giorgione e del Tiziano col salso e colla muffa che li corrode; e quella piccineria d' analisi soffoca ogni nobile sentimento e toglie ogni larghezza di vedute. Altro difetto opposto da evitarsi in simili lavori si è V amor del soggetto che dà importanza alle piccole cose, e vuole trasfondere nell' eroe che abbiamo dinanzi, le nostre idee, i nostri sentimenti migliori, le idee e gli affetti del nostro tempo: rettorica da lasciarsi a frati e predicatori mestieranti, pei quali il più grande sauto del paradiso si è sempro quello di cui ricorre la festa, e si ha a tessere il panegirico. Ed ecco come il Combi sappia ricostruire il suo uomo ; veggasi quante scintille, quali lampi di luce sappia trarre, obbediente al precetto oraziano, dalla polvere degli scaffali. Noto secondo l'ordiue degli appunti che ho preso nei margini del libro. — „11 Vergerio fu bensì uu umanista, ma non proprio nel senso che venne dato più tardi a questa appellazione........ Nessuno potrà mai muovergli giusta accusa di aver narrato i fatti tanto per narrare in buono stile latino, come i giudici all' ingrosso dell' umanismo sogliono dire di tutti alla rinfusa i seguaci di quella scuola" (pag. 16,17). Sono poche parole nelle quali molte idee vengono condensate, e che prestano materia ad un intero libro sulle coudizioni delle lettere in Italia nel secolo XV. Le nostre storie letterarie quasi tutte ci raccontano con le frasi fatte le vicende del greco e del latino nel quattrocento; il Settembrini ebbe il merito di cangiare registro per esaltare il suo Pontano; ma il campo è tuttora inesplorato, e quante verità vi si potrebbero scoprire ! Eccone intanto una: — „I1 linguaggio degli umanisti era ancora il latino ; ma ben si può affermare che taluno 10 scrivesse con più scioltezza e colore e sapore italiano I che non scrivessero prima e poi il nostro idioma gli I Italiani latineggiauti" — (pag. 43). Osservazione nuova ed acutissima che può dar luogo a molti studi e questioni. I letterati del 400 si rifugiavano nel latino per non iscrivere sulla falsa riga del Boccaccio. 11 periodo del Boccaccio è un' imitazione del periodo latino, non è perciò naturale, diventa una contralfaioue; più italiano è il latino degli umanisti, perchè minore, perchè meno faticosa l'imitazione. Poi nel principio del quattrocento si avea Vitaliano artistico, ma nou il filosofico; e il bamboleggiare ascetico del trecento eccitava le risa del pensatore appena uscito dalle strettoje della scolastica; 11 Machiavelli non era ancor nato. Quindi la necessità di ricorrere al latino, per non dir cose volgari ; e il facile movimento del pensiero in un latino d'imitazione sì, ma di prima mano, mentre gli imitatori del Boccaccio furono copie di copie, e imitatori d'imitatori. L' uomo poi, o meglio il galantuomo, emerge dalle opere del Vergerio per le indicazioni e i saggi commenti del Combi contenuti in questo programma, per cui si può fin d' ora asserire che 1' opera aspettata farà rivivere non solo uno sertttore, ma quel che più importa oggi, uu galantuomo. — „Nessuua meraviglia, scrive il Combi, che egli, sebbene tanto accalorato estimatore degli antichi modelli del bello stile, rechi il tributo della sua ammirazione soltanto per quelle opere il cui concetto sia giusto e salutare." — Ed altrove — «Egli vuole anche uelle lettere parere soltanto quello che è." — (pag. 92) Da queste ed altre osservazioni del Combi si rileva nel Vergerio non solo uu galantuomo, ma un galantuomo del nostro paese, un vero istriano franco, schietto, leale, come è a desiderarsi si conservi il nostro tipo anche oggi, scevro da musonerie nordiche, e da lubriche pieghevolezze meridionali. Importantissime poi anche dal lato storico le disquisizioni del Combi sul Vergerio — „Di Innocenzo VII, per esempio, descrive il carattere per filo e per segno, in guisa da ritrarcelo assai meglio di qualunque altra memoria che ci sia rimasta di lui: documento qnesto di non lieve importanza, perchè porta a modificare i giudizii della storia su quel pontefice, nou potendosi accettare quali furono dati siuora di fronte ad una testimonianza sì competente e leale" (pag. 71). Del Vergei io altrove si dice che fu benemerito della pedagogia da lui considerata "con idee originali, e con larga conoscenza delle nuove sorti e dei mutati bisogni dell'umano consorzio propugnando egli insegnamenti, come giustamente nota il Meusel, che erano allora sconosciuti, o perfine proscritti" (pag. 27). E se a taluno che crede la pedagogia nata oggi, queste paressero alzate d'ingegno, ecco le autorevolissime parole del Ceiosia sui meriti pedagogici del nostro Vergerio. — rPietro Paolo Vergerio morto nel 1428, scrisse elegantemente sull'educazione dei giovani, i quali vogliono essere più accuratamente allevati — perocché ogni lor detto ed azione è palese — seguendo in ciò lì. Tullio nel terzo libro delle sue Leggi. E' vuole anzitutto che abbiasi a diligentemente studiare l'indole del fanciullo per volgersi di preferenza ad esercitare quelle facoltà che alle altre soprastauno. Prima assai di Pesta-] lozei e di Froébel, egli vide che gli stessi giuochi dei bimbi non che quelli de'giovani, debbono essere indirizzati, ad uno scopo affatto pedagogico, sia destando la riflessione, sia svolgendo le facoltà fisiche. Tiene non essere espediente che gli studiosi intendano a troppi insegnamenti ad un tempo, chè chi tutto procaccia abbracciare, nulla poi stringe '). L'alunno dovrà d'un solo oggetto occuparsi, da cui gradatamente passerà ad altri, soffermandosi alquanto su tutti. Tiene altresì doversi il fanciullo allevare fuori della famiglia, per tema uou troppo infiacchisca educato morbidamente in grembo de' suoi. Dee infine tutta 1' educazione proporsi di stillare nel discepolo esercizii che più si convengono ad un libero cittadino: gli studi cioè della filosofia, dell'eloquenza, dell'istoria, delle scienze naturali, non che della musica,, — 3) pag. 204). Ad altra grave questione storico-letteraria accenna il Combi, toccando della statua di Virgilio abattuta a Mantova, da Carlo Mala testa, per odio ai poeti dicono alcuni ; altri per togliere un' antica superstizione che riteneva Virgilio grande mago ed operatore di prodigi*) E sembra davvero che nel Medio Evo si tributasse specialmente a Mantova nu culto superstizioso al poeta, se lo si faceva perfino entrare nella liturgia, e se in uua sequenza nell'ofticiatura di San Paolo, come leggesi negli antichi messali di Mantova, il clero cantava accennando all'Apostolo Ad Marouis mausoleum Ductus fudit super eum Piae. rorem lacrimae Quem te inquit redidissem Si te vivum iiivenissem, Poetarum maxime. ;) Anche Dante immaginò alquanto Virgilio secondo il tipo presentatogli dal Medio Evo Hanno un bel da lavorare d' ipotesi più o meno ingegnoso i commentatori ; ma già „il savio gentil che tutto seppe (Iuf. VII-1) e che dava una mano alle streghe per richiamare le ombre dal cerchio di Giuda (Inf. IX 8, 9), ne aveva addòsso della ruggine del Medio Evo ! L'amore infine che il Combi porta al suo soggetto, uou gl'impedisce di vedere i difetti del nostro Vergerio. Così a pagina 75 giustamente lo rimproveia di alcuni poco benigni ed ingiusti giudizi sull'Istria ingenerale e sui Capodistriani in particolare. E lo condanniamo anche noi, benché la causa probabile di que' giudizi ci inclini a riconoscere le cause mitiganti, e ci renda molto simpatico un autore che ci somministra così validi argomenti per sostenere una nostra tesi. ') Vedi il piano dell'insegnamento pei ginnasi austriaci, specialmente inferiori ! Misericordia! che negazione della pedagogia. ■) Si noti che il Vergerio parla dell' educazione dei nobili. •) Storia della Pedagogia italiana per Emanuele Celesia. Milano. Carrara 1872. ') Vedi la ben nota opera del Comparetti —' Virgilio nelle tradizioni medioevali 2) Sarebbe curioso investigare qnesto avvicinamento di S. Paolo a Virgilio con la spada in mano, che ha pietà di Virgilio, e che S. Paolo secondo unavpcchia favola rende vani gl'incan tesimi, non sarebbe una personificazione della forza e della potenza del Cristianesimo? È un tema che ho impreso a studiare, e che condurrei a termine se avessi tempo e mezzi necessari. Ed anche il San Paolo secondo le leggende e le tradizioni medioevali dovrebbe entrare alquanto nella Divina Commedia. Secondo un' antica leggenda provenzale, citata dal Fauriel, San Paolo discese all'inferno coll'arcangelo Michele e mosso a pietà dei dannati, ottenne dal Signore una bella vacanza a tutto l'inferno con sospensione della pena dal vespero del sabbato fino al mattutino del lunedì. E a questa discesa non alluderebbe Dante nel verso „Andovvi poi lo vas d'elezione?" (Inf. II. 10). Il commento non sarebbe poi tanto bizzarro, quando si pensi che di Enea si dice che andò ad immortale secolo, sensibilmente, e che il rapimento al terzo cielo di Paolo avvenne in ispirito ed ha un ben lontano rapporto con una reale discesa. L'illustre Carlo Combi con questo suo lavoro si rese, e si renderà benemerito della storia letteraria italiana in generale e. dell'istriana in particolare, essendo ben poco conosciuto Pier Paolo Vergerio e nel rimanente d'Italia e nell'Istria. E reca davvero meraviglia come anche nei recenti studi sulla Provincia, si abbia trascurato uu tanto nome così atto ad onorare il nostro paese. La causa poi della vecchia dimenticanza credo si debba ricercare nell'odio accumulato sul nome dei Vergerio dalla ben nota defezione dalla fede cattolica del vescovo Vergerio. il Combi si lamenta di molte lettere di Pier Paolo Vergerio smarrite nella biblioteca di S. Domenico a Capodistria. Benché, come dice il Manzoni, a lavorare d'induzioni, qualche volta si corra rischio di far torto anche ai birbanti; pure mi pare che non sia un'ipotesi tanto avventata il credere che la stessa mano che scalpellò o fece scalpellare il nome di un altro Vergerio su di una lapide esistente nel duomo di Capodistria, abbia dato fuoco alle lettere di un galantuomo, di non altro reo che di aver nome — Vergerio. Piacevano tanto le fiammate a que' buoni Domenicani ! Conchiudiamo. E per l'opportunità dell'argomento, la novità delle idee, la copia dell' erudizione, e la disinvolta dignità delio stile, questa memoria dell'egregio Combi, ci è caparra che la sua nuova opera risponderà pienamente, nou solo alla fiducia che in lui hanno riposto gli amici, ma alle esigenze più oculate e sospettose di quegli stessi che ci chiedono meravigliati ogni giorno la nostra carta di via, meravigliati più che ogni altra cosa della propria ignoranza. P. T. Intorno alle emigrazioni dei rumeni SULLE ALPI DINARICHE E SUI CARPAZI del Prof. Francesco Miklosich Membro effettivo dell'i, r. Accademia di Scienze in Vienna. Studio critico del Dr. ANTONIO IVE, istriano, tradotto dal periodico francese Romania N. 35, aprile, 1880.*) Lo stesso è per le parole : vaca ( vacca ), coptoru (fornello) e i nomi dei numeri; doi, trei, patru, cine, sase, saptu, comuni al rumeno dell' Istria e a quello della Macedonia e della Valacchia '). Come vedesi si riscontrano parole interamente rumene nel patois slavo di Poljca. Forse cercando più a fondo di questo patois se ne scoprirebbero sneora. Noi non rimproveriamo al signor Miklosich di non aver fatto queste ricerche ; ma ciò che ci ha sbalordito si è, ch'egli ignora affatto come nella città di Veglia quasi tutti gli abitanti parlavano prima e che alcuni vecchi parlano ancora per tradizione un dialetto ov' è evidente l'influenza del rumeno. Il professore viennese, assai esatto in quanto all' indicazione degli autori da cui attinse i suoi indizi, cita fra le sue fonti (pag. 65) l'Archivio glottologico del signor Ascoli, ed anche le pagine ove lo scienziato italiano ci parla assai dettagliatamente di questo dialetto. Aggiungiamo che anche nel-1' attuale patois della città, patois che secondo >) A Veglia, come nella Valdarsa si adopera per esprimere l'unità, tir. e per il 9 la parola nopt, ma nell' isola, come a Zejane si mantiene per 1' 8 la forma opt, comune alle altre famiglie. •) Continuazione e fine; vedi n. 18.____ il signor M. sembrerebbe fosse slavo, ma che invece è veneziano, e veneziano di pura leg?, si trovano ancor in oggi alcuni resti di rumeno. Goti noi siamo stati colpiti da certe parole che abbiamo inteso ripetere dai fanciulli nel giuoco cache-cache. I fanciulli si chiamavano 1'un l'altro colle parole: junda-càuc, in cui la prima è la forma imperativa del verbo italiano andare, la seconda potrebb'essere derivata dal rumeno coace, vieni qui. Noi abbiamo anche notato la formula colla quale una vecchia si rivolgeva ad un' altra invitandola ad andare in chiesa. Ella le diceva : consubraina maja, zàime la Duna in basaica „cugina mia, andiamo alla chiesa della Madonna." Noi citeremo in fine la parola passerain per dinotare tutte le specie di uccelli, parola che si riscontra nel medesimo significato nel rumeno (pasere). È rimarchevole, diremo noi col signor Paris, che „mentre i Rumeni della Dalmazia o dell' Illiria furono quasi assolutamente slavizzati o si italianizzarono più tardi, i Rumeni dell' Istria, e, aggiungiamo noi quelli dell' isola di Veglia, nel separarsi dal tronco principale, haDno potuto resistere e conservare fedelmente il loio idioma, assimilandosi degli elementi improntati a quelli dei loro vicini. La seconda parte della memoria del signor Miklosich ci presenta anch'ella un punto notevole: il gruppo, cioè, dei Valacchi della Moravia, il quale con molta ragione rivendica il signor M. alla famiglia rumena. Del resto, l'origine di questi Rumeni era già prima stato riconosciuto dai signori I. ed lì. Iirecek 1) e D. I. Martianu. *) Per ciò che concerne la questione di sapere se i Valacchi della Moravia sieno i discendenti d'una popolazione composta di soli Rumeni, oppure risultante d'un misto di Rumeni con Slavi, il signor M. inclina per la seconda ipotesi. Egli sarebbe arrivato per questi Valacchi, secondo noi, cioè ai Valacchi dell' Istria, ai Cici, di cui noi abbiamo parlato più sopra; essi si sono talmente confusi cogli Slavi che incontrarono nel loro passaggio in Moravia, che finirono coll'a-malgamarsi. — In quanto alla prima di tali questioni, il signor M. ritiene che i Valacchi sono venuti in Moravia partendo dalla riva settentrionale del Basso Danubio, cioè dal luogo ove il popolo romano era più compatto. In appoggio di questa opinione egli cita il fatto della stretta parentela che esiste fra i Valacchi della Moravia con quelli che s' erano già stabiliti sul territorio della Piccola Russia. 1) Entstehung chrìstlicher Reiche im gebiete des heutigen oesterreichischen Kaiserstaates. Wien, 1865, p. 225. 2) Uricariu, lassi, 1876.