I. ANNO. Sabato 3 Gennaro 1846. M 1-2. giorno 21 novembre del 1845, in quel dì medesimo'nel quale in Trieste davasi mano a comporre il foglio di prova del giornaletto l'Istria, scoprivasi a caso in Parenzo in rude muraglia, dinanzi il tempio di Nettuno e di altri dei, aretta di gentile lavoro, alta tre piedf, larga due piedi due oncie e tre quarti, grossa undici oncie e mezza, bene conservata, di pietra bianca calcare sulla quale in ottimi caratteri leggesi: CARMINI A • L • F PRISCA HISTRIAE • TERRAE V • S • L • M che è quanto dicesse: « Carminia Prisca, figlia di Lucio, scioglieva il voto fatto alla terra d'Istria ». La quale terra non da lei sola tenuta si era in conto di cosa sacra, ma il consenso dell' antichità l'aveva divinizzata al pari di altre maggiori provincie, di che si ebbe prova or son due secoli quando il nipote del Vescovo Tommasini di Cittanova ricuperava in Rovigno l'inscrizione (ora al Museo di Verona) di un tempio innalzato egualmente all' Istria. Noi pure, assumendo gli auspici da sì avventurosa scoperta, all'Istria, alla madre comune, sciogliamo il voto di affezione, di gratitudine da lungo tempo fatto, ed invochiamo prospera sorte e ricca di effetti all' impresa, alla quale meno calcolando le forze, di quello che la volontà, ilari e speranti ci accinghiamo. Agli Istriani. Anzi the sorte più ne martelli. Oh! ri abbracciamo come fratelli. I. PUECHER, Ballate ad uso delle scuole infantiti di Trento. A te, che il muto cenere De' padri miei nel seno Racchiudi, o dell'italico Lietissimo terreno Ultima piaggia, il cantico Vola dal vergiti cuor. Oli m'ascoltate, oli! l'anima, Fratelli miei, fidenti Aprite al dolce sonito D'affettuosi accenti; Chè Amor, nume benefico, Amor m'inspira, Amor. Ohi s'io potessi elettrica Virtù nella parola Del verso mio trasfondere, D'un cuor, d' un' alma sola, Figli del suolo istriaco! Tutti sareste, oli sì! Cessate deh! le dispute Vane, le ingiuste gare, Gli asti coperti, i miseri Vanti, le accuse amare... L' anno eh' entriamo inauguri Stagion di nuovi dì. Riannodate i vincoli Da lunga età disciolti: Gli odi redati vadano In un obblìo sepolti: Al comun ben votatevi Tutti dal monte al mar. — O malaccorto, — querulo, Piangente mi risponde Il disperante, — l'Istria Ha piaghe sì profonde, Che, risanarle, inutile! Noi non possiam sperar. — — Taci, le labbia improvide Chiudi, coli' empie voci Non sconfortar que' spiriti Che, sui vanni veloci Della speranza, slanciansi In mezzo a un avvenir Non più di spine e triboli Cosperso e d'ogni stento, Ma lieto d' agi e splendido Di cento gioie e cento : — Oh! gaudio immenso, prossimo Poterlo presagir. Ah sì! non son fallibili Forier di miglior sorti Dai volator piròscafi I frequentati porti, E quelle che molteplici S' aprir di quà e di là Comode vie, che uniscono Città, ville, borgate____ Sempre ed ovunque furono Dall' ampie vie portate Moto, commercio, industria, Ricchezze ed amistà. Come, al cessar dei turbini, S'acqueta il mar fremente; Come, dopo lo squallido Orror del verno algente, Sbocciano i fiori, e zeflìro Lieto discioglie il voi; Come, disperso il nugolo Generator del tuono, Che stringe il cuor di spasimo Al povero colono Bello, raggiante, fulgido Ricomparisce il sol : Così, — legge invariabile Lo impone — ai dì del pianto, Delle ferocie barbare, Succede sempre il santo Regno della giustizia, Dell' armonia, del ver. Svolgete 1' ampie pagine Per entro cui segnate Della mortai famiglia Stan le vicende andate, E delle genti varie Il sorgere e il cader, Ed a' mici detti valida Conferma in quelle avrete ... Ma i templi, i circhi, i ruderi Che innanzi gli occhi avete, Non gridan alto : — ci' Istria Atta a miglior destin? — Oh sì!, se il Ciel propizio, Se il suolo ebbe ridente, Se di città, di popolo Fu in altre età frequente, Ridivenir può llorida E ricca, o ciltadin. Dunque sorgete; nobile Y' adempia il cuor baldanza : Il popolo snebbiatelo Dal vel dell'ignoranza; I traviali, i deboli Vi muovano a pietà: Ai vagabondi pargoli Aprite scuole e asili, Ove il dover apprendano D' esser virtuosi, umili____ Sapiente sia, magnanima La vostra carità, O doviziosi, e unitevi, E in ogni loco banche Di prestito e risparmio Aprite, onde in le branche Degli usurai malefici Non cada il poverel. Non per tenerlo inutile, O per sprecarlo in vani Capricci, in giuochi, in crapule, Od in cavalli, o in cani, Ma per giovare al prossimo L' oro vi dava il Ciel. E voi, che siete interpreti Del Dio possente a noi, V' accenda il sommo esempio Di quegl' invitti eroi, Che suggellare impavidi Col sangue lor la Fò. Se grande oltre ogni limite E vostra missione; Deh! risplendente lampana Siate, soave unzione AI gregge non indocile Che in cura Iddio vi die. E tutti tutti amatevi Tra voi, concordi siate Ricchi e indigenti, e giovani E vecchi, e sola fate Una famiglia, e l'Istria Sorte più lieta avrà; E benedetta ai posteri Andrà di questi giorni L' amabile memoria, E sempre fia che torni II sovvenir dolcissimo Della presente età. Un Istriano. Della geografia d'Istria. Nel farci a discorrere della geografia dell' Istria, argomento di diffìcile e delicata soluzione, crediamo distinguere i significati, che solitamente nel parlare al nome di un paese o di una regione qualunque, si appropriano. Imperciocché sotto nome d'Istria può intendersi quel paese che da Dio venne configurato pel terreno, e distinto da naturali confini, a modo di ritenerlo una sola terra, da altre vicine, per qualità, per direzione e pendìo di terreno, per capacità produttiva distinto; da altre vicine regioni siffattamente separato, da costringere gli uomini che l'abitano a naturale comunione di vivere, e da porvi naturali ostacoli a spontanea frequente comunione con altri. E questa condizione è eterna, è costante, comechè data da Dio sopra immutabili elementi. O può intendersi quel terreno che tiensi occupato da una specie di popolo uniforme di lingua, il quale anziché trarre il nome dalla terra abitata, alla terra lo dà. E questa condizione comunque durevole, non è però costante, perchè nelle trasmigrazioni o. repentine o successive di popolo, le razze si dislocano, si alterano; nei flagelli dell' umanità le popolazioni periscono, altre subentrano, e talvolta il nuovo popolo prende il nome dell'antico; non di rado novella popolazione, preponderante, per altro che non pel numero, il proprio nome all'antico popolo attribuisce. O può intendersi, per ultimo, il paese che ha comune amministrazione politica, religiosa od altra che sia. E questa condizione non è costante pel variare delle dominazioni, pel cangiare dei bisogni di amministrazione, pel mutare delle viste di governo, secondo le circostanze economiche o politiche. Ne' tempi addietro le fisiche configurazioni prevalsero, ed il nome segnava una terra; in tempi più recenti prevalse il pensiero di governo, ed il nome indicò una provincia amministrativa; ma i cangiamenti avvenuti nel-l'ultimo mezzo secolo, or restringendo or ampliando il territorio amministrato, tale oscillazione portò nelle menti che non bene preciso corrispose il pensamento alla cosa d' oggi giorno, peggio alla cosa dei tempi passati. S' aggiunga la varietà per lingua delle genti che il paese abitano, le quali, in due principalmente distinte, ambedue si dicono istriane, non bene certe se 1' una all' altra debba dare tal nome ; più incerti gli stranieri all' udire « istriano », non bene consci se di uno slavo o di un italiano abbia ad intendersi. Crediamo debito di prendere a base la fisica configurazione, siccome quella che data da Dio è costante ed eterna, regolata da leggi stabili, come quella che è la principale condizione alla quale le altre sono subordinate, e di intendere sotto Istria una terra da altre materialmente distinta, fatta astrazione dagli uomini che la abitano, dalle comunioni di reggimento che ne conseguono, dagli altri vincoli tutti che aver possono o debbono comuni. Certo che il vivere sopra terra comune, porta naturalmente a vincoli ; ma nò tutti li abbraccia nè costantemente, perchè necessità non segue che tutti una lingua parlino, nè che tutti una religione professino, nè che tutti sotto un solo reggimento stieno. Se un' isola, che per naturale configurazione è una sola terra, da due diverse razze venisse abitata, ed in due governi divisa, non perciò cesserebbe di essere isola, nè ognuna delle due razze potrebbe considerarsi come di altro paese; nè perchè il principe di quest' isola avesse in dominio altra isola, o terra ferma, di due isole se ne farebbe una sola, o l'isola diverrebbe col continente lo stesso paese. Così gli Americani che la lingua spagnuola, o l'inglese, o la nativa parlano, non si possono dire di differenti paesi nè si dicono, ma tutti per una sol terra l'America riguardano, e la riguardavano, anche quando all' Europa erano uniti più che per lingua soltanto. La Savoia, p. e., ritene-vasi da molti provincia d'Italia, perchè suddita del re di Sardegna, pure non lo è perchè posta al di là dell' Alpi ; i valligiani d'Aosta sono italiani perchè terra italiana abitano, pure non l'italiano ma il francese è la loro lingua. Quelli di Gottschee non sono meno carnioli per ragione di terra degli altri, sebbene il tedesco parlino; nè meno i Vindi sono della Stiria, sebbene lingua slava parlino ; tanto le condizioni di nazione e di lingua sono secondarie a quella precipua ed eterna della configurazione fisica anche nel pensamento comune degli uomini ! La natura non ha di tutto il globo formato una sola terra, ma le terre ha circondate co! mare, e le ha ripartite colle montagne, il pendìo delle quali va a dar loro la fisica configurazione, e per questa la varietà di clima. II diversorio delle acque nella somma montagna segna la linea di spartimento, ed è limite naturale. I fiumi che dall'ammassamento delle acque si formano, non sono egualmente confini di regioni, ma piuttosto interni scompartimenti come essere lo possono i filoni secondari dei monti; se maggiori i fiumi, divengono ostacolo al movimento degli uomini da una parte all' altra, quindi con- fine propizio e naturale agli umani consorzi maggiori 0 minori. Non sempre un fiume segna termine di regione, ma piuttosto centro di regione. Così 1' Austria non pel Danubio in due regioni si spartisce, ma una sola regione forma ai due lati del fiume che in mezzo lo accoglie; così la Boemia, così la Toscana, così altri paesi molti. Quando il Danubio segnava il conline dell' impero romano, quando il Reno segnava quello della Francia, erano questi confini di governo, assai addatti perchè di linea certa e di non facile transito; confini di regione naturalmente configurata, mai. Maestosa giogaia di altissime montagne si diparte dal S. Gottardo nella Svizzera dirigendosi verso levante fino al Tricorno ( Terglou dicono gli slavi) che altro nodo ne forma; dal Tricorno passa al Nevoso fSchneeberg) al nord di Fiume, e da questo, piegando alquanto verso mezzogiorno, s'interna per la Bossina verso la Grecia. Fra le sommità del Tricorno e del Nevoso corre la giogaia che il nome serba tuttora di Alpe Giulia in onore di Ottaviano Augusto che, adottato nella famiglia dei Giuli, ne prese il nome; giogaia più depressa che le altre e tumultuariamente configurata per rivolgimento naturale, attcstato dalle continue cavernosità. Questa giogaia è il limite di due bacini, l'uno che piega all' Adriatico, mite di temperatura perchè le pendici rivolte a mezzogiorno ed a ponente, scendono lino al livello del mare; l'altro rivolto verso settentrione ed o-riente, formante il bacino della Sava che in valle termina per 900 piedi più alta che il livello del mare, aspro per rigore di verno. Nel versante che l'Adriatico riguarda, 1' olivo vegeta rigoglioso nell' estremità ; nell' altro la vite non alligna, tanta è la* neve, sì forte il ghiaccio; due regioni maggiori si toccano sopra queste giogaie, regione di mezzogiorno 1' una , di settentrione l'altra, 1'una all' Adriatico, 1' altra al Mar Nero rivolta ; la linea che le divide scorre dal Nevoso a Prevald, dal Nanos alle sommità fra ldria e Seyrach per unirsi al Tricorno; Slavina, Adelsberg, Hrenovitz appartengono al versante della Sava, Prevald soprastà al diversorio delle acque, fino al quale giunge il soffio marino, e da dove cominciano le nevi periodiche costanti ; da ldria al Tricorno l'Alpe quasi muraglia segna con migliore esattezza il confine. Dal nodo del Monte Nevoso nel Iato verso mezzogiorno-ponente si diparte un filone di monti, il quale presso al Quarnero in due rami si divide, 1' uno continuando a mezzogiorno fino al porto di Fianona, ove termina nel mare, e questo ha nome di Monte Caldera; 1' altro si dilunga nella direzione di settentrione-ponente fino al Timavo inferiore, ed ha nome di Monti della Vena; 1 due filoni scendono fino al mare per ordine dapprima di alpe, indi di monte, indi di colle a formare quasi penisola. Questa terra è l'Istria che diressimo pendice delle estreme Alpi verso 1' Adriatico. I limiti della quale provincia così segneremmo : il diversorio delle acque sul filone del Monte Maggiore fino a Fianona ove precipita nel mare; (Fianona è su terra istriana; le pendici orientali del Monte Maggiore non appartengono all' Istria, ma al versante del Quarnaro ed a quella provincia, del tutto marittima, che già ebbe nome •li Liburnia) — il Quarnero da Fianona a Promontore — 1' Adriatico da Promontore a Salvore — il Golfo di Trie- ste da Salvore a Duìno — il diversorio delle acque dei monti di Medeazza, di Gennada, di S. Leonardo, del Vounig, di Sessana, di Poveria, di Verpogliano, di Cosina, del Tajano, dello Shabnik, del Sia, del Planik, del Ber-losnig, che al Monte Maggiore si congiunge; limiti questi assai precisi e riconoscibili. Van compresi nell' Istria Trieste, il Carso di Trieste, il Carso intorno Duino. Dal lato di terra ferma confina l'Istria in levante colla Liburnia frazione della Dalmazia, parte questa della gran regione illirica; confina in settentrione con altra provincia montana di qua d'Alpe che oggi giorno Carso dicesi; a ponente per poco non tocca la grande pianura italiana che da Monfalcone s'estende a Torino ed a Bologna. Non apparterebbero all' Istria, ma alla Liburnia le isole del Quarnero, Cherso, Veglia, Lossino, Sansego, e vi furono in tempi recenti aggiunte. In prossimo numero ripiglierassi l'argomento della geografia fisica: in oggi soggiungiamo a materiale di studio una tavola delle altezze che nell' Istria ed in qualche luogo prossimo precipuo riscontransi calcolate sopra il livello del mare. Altezze nell' Istria ed in alcuni luoghi circostanti. Misurazione in tese Viennesi e centesimi, una delle quali tese = 1,896614 metri. (Queste indicazioni tratte furono dalle oper» del Baumgartner e del generale Fallon. Le misurazioni sono attendibili: ci duole però che alcuni dei nomi siensi tolti anziché dal parlare colto, dal volgare rozzo, ripetuti poi con ortografie sì strane, con tale scambio di suoni, con sì triviali contrazioni, che sempre non ci fu dato di farne rettificazione, o di rilevarne la posizione). d tese aust. piedi ausi. Tricorno, massimo punto e principio delle Alpi Giulie..............1506,15 — 9036 Monte Nevoso, estremità delle Alpi Giulie e nodo del sistema montuoso d'Istria..............888,71 — 5332 Zatrepp sopra Ciana (pendice del Nevoso) 764,90 — 4529 Monte Caldera o Maggiore..........735,03 — 4410 Monte Re (Nanos)................683,10 — 4098 Razbor presso Trebchane..........678,61 —4071 Veli Planik di Brest (Catena del Monte Maggiore..................668,51 —4011 Iavornig di Adelsberg............667,70 — 4006 Capo di Terstenick (pendice del Nevoso) 653,47 — 3921 Sia presso Sejane................652,59 — 3915 Ostri Verdi di Nugla..............590,47 — 3543 Milonia di Ternova..............587,38 — 3524 Orliak di Lanischie..............580,88 — 3485 Braiko Verdi presso Bergodaz . . . 575,14 — 3451 Berlosnig fra Veprinaz e Bergodaz (Catena del Monte Maggiore) . . . 575,07 — 3450 Rassusciza presso Vodice..........568,46 — 3411 Monte Tajano (Slaunik)............539,87 — 3239 Gaber di Senosechia..............539,61 — 3237 Shabnik di Vodizze..............537,24 — 3223 Sbeuniza di languente............532,10 — 3192 Koslak di Trebchane (Monte Nevoso) . 523,88 — 3143 Spigni di Raspo................523,24 — 3139 Lissaz presso Bergut..............492.70 — 2956 Monte Bergut..................469^62 — 2817 Gennada di Castelnovo............467,02 — 2802 Zeroviza di Sejane..............443,21 Monte Sissol (estremità del M. Maggiore) 438,60 Maigrischan presso Jellenovize . . „ 437,56 Osinza di Slavina........431,34 Zeroschiz di Presniza............428,87 Ert presso Ertuische..............424,94 Monte Cavallo presso Popechio . . . 421,04 S. Acazio....................420.44 Starada...........418,14 Gradishtie di Sagurie......416,70 Bella di Rucavaz........410,81 Karloviz presso Pregaria..........404,44 Plissovizza presso Lippa..........403,82 Oberschie di Mune..............403,00 Szhova di Klana................398,62 Strasha presso Tatre..............397,46 Traunik presso Senosechia..........397,32 Socolich di Semich..............397,06 Czuk di Roditti (Rodig)............394,84 Presistie di Orechech.......391,28 Veliki Hratistie di Grozana..........389,13 S. Primo di Sagurie..............378,16 Ostrich di Marcuschina............365,63 Gmainig presso Hottischina..........359,22 Kokos presso Basovizza............350,54 Sidonie presso Studena (Ciana) . . . 346,56 Na Sembia di Sagurie............343,79 Zapada di Poveria ..............342,45 Studena di Veliki Berdo..........340,12 Visochi di Malo Berdo............339,55 Kerkusch presso Rozzo............339,25 Czell presso Villanova............337,13 Gardische di Loitsch..............333,20 Lhome presso Bergut............326,04 Knesgrad presso Lovrana..........220,89 Glaviza di Golaz........313,01 Stermez di Corneliano (Corgnale) . . 310,31 Beva presso Clanez..............308,54 Torneile presso Harie............303,36 Siedaunik di Sessana.......301,76 Czebulozza presso Divazza..........300,05 Brest presso Brest..............296,29 Kiloczi presso Jelsana............287,35 Vottnig di Sgoniko..............285,31 Goli Verch presso Albona..........282,84 Kuk presso S. Martino (Pinguente) . . 278,81 Draguch presso Stara..............263,83 Grisa presso Rusichi sopra Castua . . 263,55 Gardini presso Pass..............260,56 Slusnizza di Scolli................258,34 Kutschatz presso Vragna..........257,41 Gabria presso Gradina sulla strada di Portole....................256,15 Pilonschiak di Pisino.......251,57 Rauniz presso Salese..............250,26 Holiverch presso Basovizza..........249,68 Semi presso Cucibrech............249,14 Berdoverch presso Schitazza .... 249,01 Bresanow presso Pisino............248,98 Medvejak presso Opchiena..........248,83 leae aust. piedi ausi. — 2659 — 2631 — 2625 — 2588 — 2573 — 2550 — 2526 — 2522 — 2508 — 2500 — 2464 — 2426 — 2423 — 2418 — 2390 — 2384 — 2384 — 2382 — 2369 — 2347 — 2334 — 2268 — 2193 — 2155 — 2103 — 2079 — 2062 — 2054 — 2040 — 2037 — 2034 — 2022 — 1999 — 1956 — 1925 — 1878 — 1861 - 1851 — 1820 — 1810 — 1800 — 1777 — 1724 — 1711 — 1697 — 1672 — 1582 — 1581 — 1563 — 1550 — 1544 — 1536 — 1509 — 1501 — 1498 — 1495 — 1495 — 1494 — 1494 tese aust. piedi «ust. S. Girolamo presso Sdregna .... 248,71 — 1492 Perunzovaz di Gallignana..........246,32— 1477 Iasmoviza sopra Cernizza di Pinguente . 243.06 — 1458 Strasseviza di Pass.......24149 — 1449 Sopra Cossa di Albona............240,76 — 1444 Malikres presso Dollina............239,77 — 1438 Na Loquizza presso Divazza .... 238,10—1428 Gradeez di Colmo................236,96— 1421 Miclavie presso Lippa............236.92 — 1421 Latschna presso Covedo..........236,68 — 1420 Monte Babrini di Schitazza .... 235,19— 1411 Czuleg presso Gemino............234,97 — 1410 Na Lukno presso Cernicall..........232,78- 1396 S. Servolo Castello..............231,46- 1389 Bavichi presso Pedena............228,28 — 1369 S. Giorgio di Gemino............226,70 — 1360 Chersencze presso Portole..........220,94 — 1326 Blesichi presso Blesichi............220,93 — 1325 S. Lorenzo presso Novaco.....219,90—1319 Bresniza presso S. Giovanni (S. Ivanaz) 219,18—1315 Luchini presso Socerga......218,99 — 1313 Goriza di S. Giovanni (S. Ivanaz) . . 215,25 — 1291 Pomiano (Paugnan) Monte..........212,97 — 1277 Habrochrit presso Basovizza .... 211,60— 1269 Grumazza di S. Giovanni CS. Ivanaz) . 210,40 — 1262 Slavaz di Sterna........ 210,03 — 1260 Castellier del Pilo di Rovereto (Briz presso Cucibreg)............209,56 — 1257 Malikerzan presso Pisino vecchio . . 209,14— 1254 S. Leonardo di Samatoriza..........208,78 — 1252 Ossoinizza di Veprinaz............208,17 — 1249 Opchiena Monte................207,77 — 1246 S. Giorgio presso Piemonte .... 201,11 — 1206 Marmonegla presso Antignana . . . 200,08 — 1200 Sibzak presso il Castello di Verch . . 197,95 — 1187 Catun presso Caroiba..............196,25 — 1177 Golzana vecchia................195,77 — 1174 Caucich presso Lupoglau..........195,69 — 1174 Glaviza presso Montreo......195,17 — 1171 Bokobniak presso Berda............194,77 — 1168 Blesche di Auber................193,43 — 1160 Antignano campanile.......193,15—1159 Madonna della Salute presso S. Martino 190,69 —1144 Stuarna Berdo di Sessana..........190,38— 1142 Warda di Boste................188,02 — 1128 S. Antonio di Capodistria..........186,84—1121 S. Donato sopra Isola............185,48— 1113 Subiente presso Montona..........184,57 — 1107 Cobiliak presso Racize............181,47 — 1088 Drobeschia presso Sovignaco .... 180,99 — 1081 Opchiena cima del Campanile .... 177,90 — 1077 Vadris Verch di Barbana..........177,85 — 1077 Tizzan, Casa Mainenti............176,37 — 1064 Grotta di Albona................174,82—1049 Hermada di Medeazza............169,45 — 1016 Costarne sopra Castua............169,09— 1014 Cergna di Canfanaro..............168,69 — 1012 Bosco Córter presso Coritico .... 168,53 — 1011 Pecovizza di Visinada............167,24—1003 Brech di Momiano..............166,95 — 1001 tese aust. piedi aust. Sumberg all'Arsa................161,30— 968 Cuvruje presso Grisignana.....159,93 — 969 S. Floriano presso Sorbar..........158,29— 949 Verch di Sami..................155,68— 934 Rusnak di Mònpaderno............155.23 — 931 Jellenza di Cobillaglava............153,25— 919 Canfanaro Campanile.......151,64— 910 Baichini di Visinada..............150,98— 906 S. Eleuterio di Barbana............147,61 — 885 S. Primo di S. Croce..............145,36 - 872 S. Michele presso S. Martino .... 144^15 - 865 Castellier di Monte Malìo..........144,05 — 864 Montauro di Mondellebotte..........142,00— 852 Sansovistie di Berdo..............141,25 — 847 Segadici di Capodistria............138,32— 830 Verch di Castellier..............134,20— 805 Monte Orzili di Orbanichi..........134,16— 805 Gradina presso Morgani............133,53 — 801 Cherbochi presse Barbana..........131.78— 790 Monte S. Pietro................128,85 — 773 Castellier di Muggia..............128,73— 772 Golii presso Filippano............126,29— 757 Moncalvo di Rovigno............120,55— 723 S. Martino di Leme..............120,15 — 721 Buje........................116,03— 696 Monte Torcello di Grisignana .... 109.31 — 656 Glaviza presso Carnizza............105,93 — 631 S. Michele di Valle..............104,87 — 629 Babiza di Nabrisina..............103,84— 623 S. Michele di Muggia............102,04— 612 Montemaggiore di Š. Lorenzo . . . 98,58 — 591 Bubain presso Càrnizza............96,59 — 5719 Al molino presso Dignano..........93,57 — 561 Canascuro presso la villa di Rovigno . 92,59 — 555 Covash presso Castellier..........86.79— 520 S. Michele di Dignano......85^35 — 512 Marcovaz sul Carso di Pirano .... 83,00— 498 Zriquine di Carminiaco............82,68 — 496 Gì •omaza di Cavran.......81,95—■ 491 Montechio di Galesano............74,17 — 445 Villanova Campanile..............72,19— 433 Verteneglio Campanile............72,17 — 433 Sbandati Campanile..............69,98 — 420 Carso sulla punta di Salvore .... 67,85 — 407 Castellier di Dignano............65,61 — 393 Montauro di Rovigno............64,42— 386 Slatiscie al Iago d'Arsa ..........63,64 — 382 Scarlania presso Buje............63,27 — 379 Ronco fra Isola e Pirano..........60,12— 360 Martuzol di Foscolino............58,18— 349 S. Daniele di Pola................56,21 — 337 Torre di Quieto, Campanile .... 56,08— 336 S. Angelo di Parenzo............56,02— 336 Mogorone di Pirano..............47,62 — 285 Monte della Madonna presso Sissano . 45,67 — 274 Trieste, fu orologio del Castello . . . 45,53 — 273 Prade di Capodistria..............45,46 — 272 Pauletti di Villanova..............42.14 — 252 S. Polo di Magnan grande..........40,90— 245 Pantalone verso Servola..........39,97— 240 Comica di S. Lorenzo in Baila . . . 39,35 Castellici- di Promontore (Gradina) . . 38,44 Musil di Pola.........38,06 Carso di Pirano presso S. Pietro . . 37,53 Torcian di Sissano.......36,13 Castellier di porto Olmo (Promontore). 29,14 Manderiol, alla punta Cissana .... 27,08 Punta Merlerà.........25,02 Vincural di Pola........24,25 Peroi Monte..........24,08 Monte Guardia sui Brioni.....23,82 Selvelle di Cittanova.......23,26 Chersine punta meridionale d'Istria . . 19,59 Rovigno, campanile del Duomo . . . 17,82 Verudella punta........17,15 Puntagrossa di Fontane......11,38 Capodistria, base del campanile ... 7,19 Pontezza di Fasana..............7,11 S. Lorenzo di Daila, pavimento della Chiesa....................3,36 Parenzo, base del campanile .... 0,80 Umago, base del campanile .... 0,70 piedi au»t. - 236 - 230 - 228 - 225 - 216 - 174 - 162 - 150 - 145 - 144 - 152 - 139 - 117 - 106 - 102 - 68 - 43 - 42 - 20 — 5 — 4 Di Stefano Console da Pinguente. Grande rivolgimento preparatasi nelle parli di Germania in sulla metà del secolo XVI, nelle cose di chiesa; e siccome avviene in siffatti repentini cangiamenti, valorosi campioni sorsero a sostenere l'antico, siccome altri del moderno si fecero calorosi diffonditori. Lo rilassamento di disciplina nel clero aveva destato desiderio di vedere riforma che in vero era salutare, e fu data nel Concilio tridentino; ma non pochi la disciplina ed il dogma volevano del pari riformati, onde sorsero poi i protestanti ed i calvini. L'Istria a tali commovimenti non rimase estranea, e se da un lato a sostenere le novelle dottrine mossero il Francovich da Albona, più noto sotto il nome di Flacius Illiricus, professore di Jena, autore delle Centurie Mayilenburghesi, e Pietro Paolo Vergerio, già Nunzio de' Papi in Germania, indi Vescovo di Capodistria, ed altri di inferiore categoria, pugnarono per 1' antica fede Girolamo Muzio da Capodistria, dei più insigni letterati del suo tempo, Antonio Elio patriarca di Gerusalemme pure da Capodistria, ed altri non pochi; per modo che prendere parte precipua alle questioni religiose di allora, si videro persone che Istriani si erano, in Roma ed Italia pei cattolici, in Wirtemberga, nella Svizzera, nella Germania settentrionale, pei protestanti. Tra questi ultimi figurò certo Stefano Console prete da Pinguente, persona il di cui nome non sarebbe ricordato, se dato mano non avesse, sebbene con niun successo, alla propagazione delle lettere slave. Stefano Console, abbracciata la riforma e menata moglie, dovette lasciare la patria e ricoverare in Germania, come pare a Ratisbona, probabilmente in quello stesso anno 1548, nel quale sbandivasi da Capodistria il Vescovo Vergerio che ugualmente la riforma aveva abbracciata. Datosi al predicare ed al tenere scuola, non ebbe fisso domicilio; accostossi al Carnio, nel quale le nuove idee sostenevansi dal Barone Giovanni Ungnad, personaggio distinto per cariche e fortune, e da Primus Truber già predicatore slavo in Trieste, e, come alcuni asseriscono, canonico di S. Giusto. L'esempio del Truber che libri religiosi voltava in dialetto carniolino, invogliò il Console a fare altrettanto nel dialetto serblico, il quale comune si era alla Croazia, alla Dalmazia, alla Bossina. Non sembra che tale dialetto fosse proprio al Console, perchè nel 1559 recossi a Mottling ai confini croati coi suoi manoscritti, per udire il giudizio di qualche esperto, se la lingua da lui adoperata fosse a quei popoli intelliggibile, e per concertare dei caratteri cirillici o glagolitici da adoperarsi nella scrittura. Avutone favorevole giudizio e la protezione dell' Ungnad, fu Console spedito nelP anno successivo in Norimberga, con suffragi in denaro, somministrati dagli stati dell'Austria e da zelanti persone; l'intaglio delle lettere glagolite fu poggiato a Giovanni Harrach, la fusione dei caratteri a Simone Auer, e fu tratto saggio in 200 esemplari, mandati all'Ungnad. Piacque il saggio, i caratteri furono nell' agosto passati alla stamperia Morhard di Tubinga per conto dell'Ungnad, Console si ebbe annua pensione di fui. 170 ed alloggio, soci di opera nelle persone del dalmata Antonius ab Alexandro e di Giorgio Jurchich. Nel 1561 si deliberò di fare uso di caratteri cirillici, e se ne fece saggio in Uroch. Sotto il patrocinio del Duca Cristoforo di Wirtemberga, e colf appoggio del Vergerio che presso il Duca risiedeva, molte opere vennero tradotte dal tedesco e dal latino e date alle stampe fra il 1560 ed il 1563, parte in caratteri glagolitici, parte in caratteri cirillici, parte in caratteri latini, in Tubinga ed in Uroch, nel numero di venti e più. Queste operette erano: abbecedari, vangeli, spiegazioni dei vangeli, prediche, catechismi, professioni di fede, ordinamenti di chiese, controversie; fu pubblicato il Nuovo Testamento, la traduzione del Vecchio non ebbe però effetto come s' aveva in mento. Queste opere erano destinate a propagarsi nei paesi fra la Sava e Costantinopoli, ed alle spfaggie dell'Adriatico; l'esito mancò del tutto. " Le traduzioni furono biasimate nel Carnio ; Truber credette di vedervi voci non buone, frasi oscure, modi di dire non usitati. Gli Slavi niuna propensione avevano per la* riforma, nò quelli che addetti erano alla Chiesa d' Occidente, nò quelli che erano alla chiesa di Oriente ; il popolo non sapeva leggere, ed inutili erano per lui libri che muoverlo dovevano dall'antica credenza; al bisogno delle persone di lettere erasi provveduto d'altra parte e contemporaneamente, coli' edizione della Bibbia in islavo. Morto il Vergerio, morto 1' Ungnad, caldi favoreggiatori dei libri slavi, il Duca di Wirtemberga stanco dello spendere, ordinò se ne sospendesse la stampa fino a tempi più propizi; ciò avveniva nel 1564, né più se ne parlò. Console venne adoperato allora per voltare in italiano, libri in voga, ad oggetto di dift'onderli in Italia, e nello stesso 1564 venne spedito a Basilea per procurarne lo smercio, ed anche questa impresa, sebbene per cause diverse, onninamente fallì. Cosa avvenisse di questo Console, non è noto; di lui si ha il ritratto inciso in legno premesso all' opera : Confessione della fede, presentala a Carlo V nella dieta di Augusta, Tubinga 1562, pubblicata in caratteri glagolitici. Non fu, per quanto è lecito congetturare, uomo di gran levata, il Console, nè della lingua slava profondo conoscitore, come forse si spacciò, meno per vanità che per bisogno di sussistenza; pure non può a lui negarsi merito di avere calcato una via che allora assai difficile mostravasi, ed in cui pochi l'avevano preceduto ; il che vuoisi inteso del promuovere lo studio delle lettere slave. Console non sembra essere stato slavo di nazione, ebbe pratica della lingua italiana che famigliare gli era, della latina, della tedesca; era prete della diocesi di Trieste, cui allora come oggidì è Pinguente soggetto. Di più non potè sapersi; migliori notizie forse nella patria sua con-servansi. Simone Slavicu. Dei Himglianl o Vlahi d'Istria. Nella Valdarsa, la quale dalle pendici del Monte Maggiore e dalle alture di Bogliun e di Pedena s' estende a Cosliaco e Sumberg, abita un popolo che sé stesso altravolta Rimgliani (Romani) chiamava, e che oggi adottando il nome che gli estranei gli dànno, si dice Vlahi. La lingua che parlava e che ancora parla famigliarmente, non è la slava, non l'italiana, ma un latino rustico, comunque frammisto a voci slave. Questa lingua che diremmo romanica, non nella Valdarsa soltanto si parlava, ma in sul Carso di Pinguente per fede del Flego riportato dal Tommasini, nei dintorni di Trieste in Opchiena, Trecciano, Padriciano, nel distretto di Castelnovo per fede dell' Ireneo della Croce (pag. 335) anche da quelli che per sopranome vennero detti Cicci a motivo dell' uso sonoro e frequente della lettera c nel loro linguaggio e che essi dicevansi Rumeri (Rumeni). La lingua slava ha sbandito, progredendo, interamente la romanica dal distretto di Trieste e da quello di Castelnovo, meno le ville di Mune e di Sejane, e fra non molto la sbandirà interamente anche dalla Valdarsa, per cause che inutile sarebbe 1' accennare. Nè forse a queste sole terre limitavasi la lingua romanica , ma se d'altri comuni fu propria, come il tipo di razza ed alcune costumanze sembrano attestare, manca ogni notizia storica, perchè gli scrittori slavi che appendice del Carnio considerarono la provincia, tacquero della lingua romanica o forse a 4oro conoscenza non pervenne o non ne curarono. Questa lingua è tuttogiorno parlata famigliarmente da 6000 persone, famigliarmente, quasi lingua di confidenza, che pronunciare non saprebbero nelle chiese, negli usi civili della vita. Essi non sanno più le orazioni in romanico, sebbene la chiesa latina l'usi nobilitato come lingua di liturgia; essi non conoscono in romanico più che i primi dieci numeri, ed anche di questi, due sono espressi con voci slave; pure questa lingua tuttor viva, è quella che parlava il popolo che 2000 anni or sono conquistava l'Istria, quella che per 2000 anni ha durato. Comunque povera si conservi in questi ultimi giorni di sua esistenza, comunque il popolo a tale sia dechinato da assumere esso medesimo quel nome che ingiurioso pel passato considerava, inferiore in ciò alli stessi Cicci loro confratelli, che lo straniero nome insultante ricusano, il serbare memoria è cosa di decoro non solo ma di giovamento nelle ricerche storiche. Romanica ella si è all' intutto, e non diversa da quella che in altri paesi conservasi viva nei discendenti delle colonie che i romani trasportarono per esempio nella Dacia; identiche con quelle della Dacia ne sono le costruzioni, le flessioni, identiche le voci, di poco variate le desinenze. Sennonché nell' Istria grande propensione si ha di cangiare nella r specialmente le lettere che n od l sono; anche in Trieste i nomi di Silvola. Calvola, Scolcula, si cangiarono in Sorvola, Ciarbola, Scorcola. Terminano spesso in u quei mascolini che in latino avrebbero desinenza in us, i femminini in a, in ece quelli che 1' avrebbero in x; hanno gli articoli ru (lu), ra (la), ur (un), formano il genitivo colla de; hanno i pronomi personali io, tu, je, noi, voi, jegl (illi), i pronomi dimostrativi cesta, cella, ceselli, cegli, fasta; faste, fa, felle, i verbi in d (are), in è (ere), lungo e breve in ì (ire). 1' ausiliare ave (avere), fi (essere), il presente, l'imperfetto; compongono il futuro col verbo volè volere, hanno 1' ottativo, hanno pure i verbi irregolari, hanno insomma la grammatica daco-romana, ed anche le voci, comunque alcune slave abbiano adottato, che usano frammettere. Declinano p. e. a questo modo face (tata latino) de face, lu face, di lu face — faci, de faci, lu faci, di tu faci — carie, (il quale) de ciré, lu cui, lu carie (col quale), di lu carie (dal quale), j e (egli), de je, a lui. già, cu je — (suo) a lui, de a lui, a lui, lu a lui, de a lui. Congiungano p. e. jo am (io ho), tu ari, je are, noi aremo, voi arez, jegl aru — jam avut (ho avuto), jo voi ava (avrò), je ras ava (avrei), jo ras fost ava (avrei avuto), are (abbi), ave (avere) ; io Inerii (lavoro), tu lucri, je lucra, noi lucramo, voi tucraz, jegl lucra — jam lucrat, jo voi lucra, jo res fost lucra. Ecco due narrazioncelle di questi romanici nella loro lingua insieme alla versione latina volgare alla quale facilmente può ridursi ed alla versione italiana. Doi omir (ii) tinnata en ra (la) se calle; ur Quii) de jegl affiata o se cura, e cgliima: Oh veri fa am jo afflai. JV am afflat moresti sice, sice cella ato ; ma aremo afflai. Salec ]>ocle verità cegli car gli secura pglierdut, e vesu/a secura en mera lu cellu car le vo afflat, pof tlita inalirateil sa tata. 0 morz-esmo cglamata jeigl tunce. Compagini a lui. Nu smo, moresti sice, ma jes-sam. Saz e'ai lu secura afflat cglàmat-ai, jon vo e no noi amo vo afflat. Duo homines ambulant in illa sua calle; unus de illis ....... unam securim, et clamat: Oh vide quid ego habeo ....... Non habeo ......dicere dixitillealter; magis habemus ....... pau- culum post venerunt illi qui securim perdiderant, et visa securi in manu illius qui ha- bebat ............ 0 morti sumus clamavit ille tunc. Compaganus illi. Non sumus,.....diccre, magis ego sum......quando ha- bes, tu securim .... clamasti ego habeo eam, non nos habemus eam......... Due passeggieri se ne andavano insieme alla lor via : l'un d' essi adocchia lina scure e grida : Oh vedi quel che ho trovato! — Non ho trovato, dovresti dire, rispose l'altro; ina «abbiamo trovato». Sopragiungono poco dopo coloro che avevano perduta la scure, e adocchiatala in mano al viandante, cominciarono a maltrattarlo per ladro. •— Oh siamo morti! Gridò quegli allora. — E il compagno a lui. Non «siamo» devi dire, ma «sono». Giacche poco fa quando tu avevi ritrovata la scure, tu gridavi, 1' ho, non 1' abbiamo trovata. Jama fosta e cruto race. Fmniga cara avut neberito en vera pitia hrana, stata smìrom en rd sa cassa. Cercecu sebodit su pemint, patita de home e de race. Rogata donche fruniga ne-caegl duje salec muncà sa xivi. E fruniga sice, juva ai tu fost enjirirna(inima~) de vera. Sac che n'ai tu tunce a te xAvgtenge pre-pravit. — En vera sissa cercecu cantatam mi diver-titam cargli trecut. E fruniga ersuch : S'ai tu en vera cantat, avmoce chei jama, e tu xoca. Vernus fuerat et cruda glacies. Formica quae habuit ...... in vere multa grana, stabat ...... in illa sua casa. Cicada sedebat subtus pavi-mentum, patita de fame et glacie. Rogavit dehinc for-micam ut ei det solum manducare ut vivat. Et formica dixit, ubi fuisti tu in anima de vere. Sed ad quid non habes tu tunc praeparata vi-ctuaria. — In vere dixit cicada cantabam et .......... illos qui........... Et formica ......: Si habes tu in vere cantatum, inox quod est vernus, et tu joca. Era d'inverno, e gran freddo. La formica che a-veva già raccolte molte provigioni nella state, se ne stava tranquilla in sua casa. La cicala, ficcatasi sotterra, languiva di fame, di freddo. Pregò dunque la formica che le desse un po' da nutrirsi, tanto da vivere. E la formica a lei: Dov'eri tu nel cuor della state? Perchè dunque allora non ti preparasti al tuo vitto? — Nella state, rispose la cicala, cantavo e divertivo i passeggeri. E la formica sorridendo: Se tu di state cantavi, ora che è il verno, e tu balla. Quelli che pensano essere nati i dialetti italiani e la stessa lingua colta italiana dal miscuglio del latino colle lingue di popoli settentrionali, in questi Rimliani d'Istria hanno esperimento come fallace sia l'opinione, e come piuttosto dalle lingue vive volgari siasi in antico composta la lingua nobile latina, quale in tempi moderni la lingua nobile italiana, lingue delle quali nessuna parlossi mai dal volgo, bensì dai dotti soltanto fu scritta, e nelle pubbliche solenni occasioni adoperata. Imperocché questa tribù di Rimliani in remoto angolo confinata, fuori di o-gni consorzio e di ogni condizione meno che rozza in mezzo a popolo che altra lingua non italica parla, ha potuto nella lingua sua confidenziale conservare e quelle voci che sono della lingua nobile latina e quei modi che adottaronsi poi nella lingua nobile italiana. Nè credasi già che questa schiatta di gente da altre regioni in tempi a noi vicini nell'Istria passasse, troppi argomenti indubbi avendosi in contrario; l'immigrazione rimonta a tempi più lontani, e la colonia dei Rimliani d'Istria ha la stessa origine di quelle che vediamo con- servare la stessa lingua nella Dacia, nell' Epiro, nelle isole dalmate, e forse in più altri paesi. Questi Rimliani d'Istria sono per cangiare la lingua, come altri lor fratelli nella provincia hanno fatto; questi Rimliani non 1' hanno alterata siccome altri popoli fecero adottando i modi della lingua moderna; il raccogliere i rimasugli dell' antico volgare romanico non sarebbe opera oziosa nè perduta, ed è anzi meraviglia come fatto non siasi studio di una lingua la quale è assai più preziosa di codici scritti, perchè non adulterata. Forse altravolta si ritornerà su questo argomento, e da-rassi un saggio migliore della grammatica, ed una raccolta delle voci più in uso. Pisino, gennaro 1846. Antonio Co vaz. Fra le cause tante, che produssero negli ultimi secoli una progressiva decadenza della nostra Provincia, va senza dubbio noverata la deficienza di popolazione. Istriano, tenero della patria mia, troppo finora sprezzata e negletta, mi è ineffabile contento il poter segnalare un provvedimento il quale, se verrà giustamente apprezzato e quindi secondato dai tanti che tra noi sono in grado di farlo, potrà col tempo condurre ai più utili risultati. Persone saggie, intente a migliorare le condizioni morali e materiali dell'Istria, pensarono che nella città, dalla quale questa provincia deve conseguire ed impulso e mezzi moltiplici a migliore avvenire, avvi buon numero di giovani, del minor popolo, cui manca spesso occasione di occuparsi negli anni più importanti della adolescenza, che si sprecano quindi in mezzo all' ozio ed a pericoli. Pensarono, che, se a questi giovani, non privi di educazione elementare e di urbane abitudini, si procurasse collocamento presso qualche buon possidente dell' Istria, non solo verrebbero iniziati a vita più nobile, più utile, più morale quale è dell' agricoltore ; ma che questi giovani sopperirebbero eziandio col tempo ad una delle più essenziali esigenze della provincia. A realizzare così provvido divisamento vennero per intanto avviate delle pratiche in alcuni Distretti dell' Istria inferiore; mercè la filantropia e la sagacità di molti Signori, che si compiacciono di abbracciare, secondare ed efficacemente assistere, ogni misura, che valga a preparare al nostro paese un' era migliore, già a buon numero di ragazzi è assicurato utile collocamento, ed ogni provvedimento necessario alla futura loro tutela, ed alla loro morale sorveglianza è di già sistemato. L' esempio del bene già fatto serva ad altri buoni di nobile eccitamento; una misura che finora non è che esperimentale e di utile individuale, porti frutti tali, da assicurarne una buona riuscita quando venga estesa in modo da ridondare in utile generale della terra eh' io amo col più santo degli affetti, coli' amore di patria. Trieste, 20 decembre 1845. Carlo de Combi. Il favore che il solo annunzio della comparsa di questo giornale incontrò presso il colto pubblico, fa sperare felicissima l'impresa, che, inanimata, pubblica eccezionalmente un doppio numero questa volta in conformità alle promesse del Manifesto. Trieste, I. Papsch r. liandler.