t ) I» I» I' } J I' I' !» v (» (» i» 5 i» > v v (» V (» I» v '(» <1 v v > (» V t \ > ) se re di :t- al a- ?1- lo TO ce di e- !»• iC- ite e- o- in a a' o- Gli “occidentali,, trovano plani ”M„ ed "R„ con estrema faciltà Hlm bi accolgono inoacc mai dei piani “P„ -J/l” Settimanale umoristico del Territorio di Trieste ti. 7 - 24 GENNAIO 1948 Tassa Dosiate papaia - Abb. Il Gruppo PREZZO IN TUTTO IL T.L.T. Lire 20 Ultimerò 7 Spregevolissima gente riccona Il Dio dei poveri non vi perdona e a passi rapidi s’avanza e tuona. Godete gli ultimi balordi istanti ? la marcia vindice si sposta avanti sol per travolgere Voi, tutti quanti ! Le vostre cràpule son per finire sotto lo stimolo dell’avvenire che spinge i miseri « non morire. Con molti secoli di sfruttamento credeste giungere al tradimento d’eterno e tragico asservimento. Tentaste avvolgere (che gesto vile 1) la classe umile col vecchio stile di qualche singolo prete servile 1 Diasi e stupidii ! por se finora poteste credere lontana l’ora che viene a spingervi1 nella malora f n Dio dei poveri che non perdona a passi rapidi s'avanza e tuona, spregevolissima gente riccona I DUCINEO Fondo prò disoccupati -E ALLORA PRENDETE QUESTE CINQUANTA LIRE E PULITECI GLI STIVALI! (Dis. di RED) Hanno ragione loro ! Alcuni giorni fa, fra tutto il materiale che giornalmente ci arriva in redazione da parte di agenzie, collaboratori, lettori ecc. abbiamo trovato un pezzo che trattava con una certa spigliatezza e con sottile umorismo delle questioni del nostro Territorio. E già eravamo propensi a fare al suo compilatore un'offerta di collaborare al nostro giornale, quando ci siamo accorti che si trattava della copia di una «nota» che il Ministero degli Esteri britannico aveva inviato al Governo jugoslavo. Purtroppo, poiché la paga di funzionario del Foreign Office è senz’altro di gran lunga maggiore di quella che potremmo offrire noi, abbiamo dovuto, a malincuore, rinunciare a fare la proposta di collaborazione com’era nelle nostre intenzioni, al prestigioso umorista che ha redatto la «nota» in parola. Figuratevi che innanzitutto la proposta jugoslava di un’amministrazione a tre, che porti all’unificazione del Territorio e alla collaborazione fra le forze armate occupanti viene senz’altro respinta. E sapete perchè? O bella, direte voi, semplicemente perchè è meglio fare il despota in un luogo solo piuttosto che collaborare con altri in un luogo più grande, specialmente poi quando cesserebbe la possibilità di nascondere o almeno soffocare certe marachelle. Ma voi siete dei cattivoni, voi pensate sempre male degli altri!. Non è vero niente. Il rifiuto è motivato soltanto dal fatto che qui da noi c’è la libertà mentre dall’altra parte, la libertà non si sa nemmeno cosa sia. Infatti qui da noi, sono stati mantenuti — così dice la nota — lo stato giuridico; gli ordinamenti e le istituzioni che esistevano in precedenza. E non c’è che dire, hanno ragione loro. Tribunali, questura, poste, ferrovie, municipio, prefettura, insomma tutto l’apparato burocratico e sempre quello che , era cinque anni fa. Dall’altra parte invece, rozzi come sono, hanno pensato che un limitato numero di comitati popolari può benissimo supplire al fabbisogno, e hanno messo subito in pratica questa idea, senza nemmeno chiedere il permesso a quelli che c’erano prima. Qui da noi, i grossi proprietari terrieri hanno sempre i loro feudi. Dall’altra parte invece hanno pensato che la terra deve essere di ohi la lavora, e così, gettati alle ortiche secolari privilegi e polverose carte catastali, hanno distribuito la terra ai coloni e chi s’è visto s’è visto. E tale distribuzione — dice la nota — non è stata ispirata all’interesse della comunità ma è stata per colpire coloro che non condividono il punto di vista politico delle autorità jugoslave. E anche in questo caso hanno ragione loro! Infatti, vi sfido a trovare un grosso proprietario che condivida il principio: «la terra a chi la lavora». Eppoi dall’altra parte non è permesso nè a fogli come la «Voce», il «Messaggero Veneto» o il | «Giornale di Trieste» seminare lo odio, fare del razzismo e scrivere le peggiori sconcezze; non è permessa l’esistenza di partiti democratici come il M.S.I. o lo Uomo Qualunque ; e dei pacifici Circoli come l’«Oberdan», dove 1 «giovani» tengono le bombe per gettarle sui cortei partigiani, non esistono neppure. Insomma poche chiacchiere. Hanno ragione loro. Non c’è libertà! Qui da noi nessuno può negare che eli operai abbiano la sacrosanta libertà di morire di fame E dall’altra parte? Peuh. .! Nemmeno Duella di essere sfruttati dai capitalisti. RONZINANTE Processano i partigiani: Finalmente è giunta l’...ovra della vendetta. * A Trieste ogni tanto una voce viene messa in circolazione: ...pare che Tito... ...pare che gli Alleati«. ... pare che la Polizia Civile... Però tra il dire e il fare, c è di mezzo il «pare». * «Carte in tavola!» scrive il «Lunedi» a proposito dell'atteggiamento delle sinistre. Calma, a vedere le briscole c'è sempre tempo. * Nell’aumento del canone per 1 abbonamento alla radio sono comprese le spese per la propaganda anglo-americana delle 20 e 20? * Se è vero che «sbagliando s’impara» a quest'ora l’A.M.G. si dovrebbe essere fatto una cultura fenomenale. * A.M.G. — Abbiamo Mangiato, Grazie. * f A Trieste ci sono molti partiti. Peccato che ci siano anche molti rimasti. * Dicono: La «Cittadella» è un giornale idiota. Beh, per dirlo bisognerebbe che qualcuno lo leggesse. * Ha detto Truman: «La nostra democrazia è in marcia!» A passo Romano? * Agli uomini è stato più facile morire in guerra che vivere in pace. * Piano Marshall: Anticomunismo in scatola MADE IN l’SA. ALIGI ■— Dimmi, Sando, fece il Lun-®° Cavaliere, che ne pensi **■ torno al piano «M»? Vostra Signoria mi perdoni, disse Sorcio, mi sà che sia una copia conforme ai Protocolli dei Sette Savi di Sion. Ma, Sando, è stato pubblicato col «placet» di un governo Militare. — Appunto, Vostra Signoria. Proprio per questo. E chi credi ne sia l’autore, Sancìo? chiese ancora l’eroe del. la Mancia. Vede, disse Sando, potrebbe essere anche Marshall ma credo sia Mussolini con qualche pennellata di Metternich. * Deve essere davvero cosi, Sando, confermò il cavaliere Pensoso. Ma dimmi ancora, che ne persi del ministro generale Marshall, a proposito? Dicono sia un buon genera-e, Vostrasignorla, rispose sornione Sando. — Ma è un ministro, ribattè il Cavaliere. — Anche Bymes era ministro e la «Voce libera» gli aveva detto: Bravo Bymes! eppure ha fatto la figura del fesso anche lui, disse Sando. __E’ vero, ammise l’Eroe dei Molini, il mondo cammina... — E si lascia dietro gli imbecilli, mi lasci dire Vostrasigno-ria aggiunse Sando. ' sì arrabbiò fortemente Don Chisciotte che credeva n eli”, rote t-ligenza degli uomini di stato e Ma tu non puoi giudicare i ministri, Sando! — Sà, Vostra Signoria, al mio paese dicono: castrone scappato, castrone sputato — e credevo che anche ai ministri... — Basta, Sando, tagliò corto il Cavaliere Errante. Dimmi invece che ne pensi della «nave dell’arnie" zia». — Una bella nave, Vostra Signoria, rispose Sando. — E l’amicizia? — Perchè, c’era anche lei? domandò meravigliato Sancio. — Come, non l’hai vista? — Che vuoici l’avranno messa dentro per incitamento al disordine. — Tu traligni, Sancio, perchè essa ha fatto del bene ai cittadini. — Vostra Signoria, credo che la merce finirà a palazzo Villanie, alla Democrazia Crist iana, dove si 'operano tanti miracoli. Nulla rispose il Cavaliere che tanti miracoli aveva visto al mondo e dipensò ai milioni di Gasparotto... Ma le sue meditazioni furono .interrotte dal fedele scudiero che mormorava: — Orlando, Marazza, Orlando, Marazza... E chiese allora il nostro eroe: — Sancio, perchè il Governo di Roma non vuole consegnare i cr minali di guerra. — Il Governo di De Gasperi, Signore, ama gli uomini ener- gici. E quelli saranno buoni domani per ammazzare i partigiani italiani, se sarà il caso. r — Già, Sancio, deve essere così, borbottò l’Eroe della Manđia. Ma, e per quelli, che sono arrivati a Taranto? — Vuol dire dei fucilieri, Vostra Signoria? domandò Sancio. — Si, quelli, ammise Don Chisciotte. — Quelli saranno stati mandati per fucilierare, forse. — Lo credi Sancio? domandò meravigliato il Cavaliere. — Bah, se capita, Vostra Signoria, fu la prudente risposta, — Non lo credo, Samolo, sono uomini Uberi e non fucineranno nessuno. — Lo credo anch’io, Vostra Signoria. Tanto più che il verbo fucilierare non esiste... Sà, non mi azzardo a usare i verbi (Din. di WALTER) CIMITERI DELLA SLOVENIA 1948: aleggia per l’aria un po dovunque lo spiritello delle commemorazioni. Commemorare vuol dire discorsi, manifestazioni, strette di mano, mazzi di fiori, ar-| ticoloni e manifesti, ma vuol dire pure sbad’gli, scarpe strette, appuntamenti mancati. Una commemorazione in realtà vorrebbe essere lo stabilirsi di una continuità di spirito e di intenti, di un perfezionamento di ideali in fase di progressiva realizzazione. Ora è lecito chiedersi se il 1948 si trova in tali condizioni rispetto al fanoso 1848, di cui tutti parlano, ma non molti conoscono il significato sociale. 1 luoghi comuni sono facili e si fa pre-— Hai sentito? Marezza e Orlando negam d’aver fatto i parlare di insur-ftteflare part'Vani; ciò vuol dirò «he le sono morto di scar- -<-zione, di slancio di lattina « tu di orecchioni! (*«»- di WALTER) popolo, di catene spez- 4-& ce né uno..- zate, e ne parlano con maggior frequenta, con più forbite parole 1 Signori Mln'stri, ne parlano anche 1 monarchici rievocando il loro Carlo Alberto, senza ricordare che i] popolo allora lo chiamava «re tentenna», Sì, insurrezione di popolo ci fu, e rappresentò veramente il ’48. DI ’48 lnsomma ce n’è uno, tutti gli altri (no, non è un proverbio) gli altri aspetti dell’anno delle rivoluzioni sono antitetici alle regioni ancestrali del grande fermento europeo. I vesstilifen quarantotteschi, non diméntichla-molo, furono chiamati ribelli e non solo dai Borboni o dagli Austriaci, e per Garibaldi ci fu Aspromonte, mentre la Costituzione ebbe un Casati il quale In nome di Carlo Alberto elle più tardi doveva tradire le ! urine giornate a Custo-za, Impose a Milano un plebiscito capestro. Non c’è che dire, furono anche intelligenti quei signori, allorché sfruttarono senza eccessivi scrupoli il fattore nazionale, che per il popolo significava non solo conseguimento dell'indipendenza e dell’un'tà politica. ma di un’indipendenza più profonda, che finì col restare allo stato di aspirazione. Ora ti viene un dub- bio: I Signori Ministri o gli esponenti della cultura-privilegio non si accingono a commemorare per caso il loro ’48, non quello dei proletari straccioni che esasperati si battevano al grido di «la boje»? Un secolo fa, come oggi, e in quel «come» vi è un certo compiacimento per quei signor1, esistevano le forze dell’ordine e quelle del disordine, due termini classici che non hanno significato per 1 veri «quarantottisti» sostanzialmente anarchici dell’anarchia dei poveri, gli stessi che non osannarono al papa-re, o al re-tentenna, ma continuarono ad accudire sor- damente alla loro fatica che ingrassava gli ecclesiastici presaghi che u-na rivoluzione borghese non poteva che sostituirsi al vecchio padrone. Scattarono Invece quando si trattò di seguire Garibaldi che era ano del loro, ed insegnava Il riscatto da ogni padrone. Per tirare le somme 1 Signori Ministri hanno ben ragione di commemorare fl ’48 e lo faranno certamente con la coscienza di affermare quello che presumono un trionfo dei ceti che rappresentano: De Ga- sneri con una certa in-vidiu'za per Casati, Sforza pensando che an-che Cavour era Conte, Sceiba rimpiangendo gli stessi Borboni, Ma II popolo In che modo commemorerà il ’48? I MALAVOGLIA —- Perbacco, ancora sciop eri! Ma questi operai non hanno proprio voglia di lavorare! (Dis. di ROMEO) TICiI 7» SOTT OVOCE — Pare che gli Stati Uniti un tempo abbiano fatto la guerra al fascismo! (DU. di SERSE) 'Pensierini dai «Bffl AUMENTO PltO-DISOCCUPATI —■ Cara — dice 11 commendatore a sua moglie — bisogna aiutare 1 disoccupati: con oggi andremo a Teatro tutte le sere. GENTE CATTIVA Questi benedetti anglo-americani! Non sanno più a che santo votarsi. Dove vanno trovano gente turbolenta: India, Palestina, Egitto, Grecia, Trieste, Mogadiscio! Dappertutto! dappertutto! Un bel giorno si stancheranno di portare pace e serenità per il mondo. E allora cosa farà fl mondo? NEGOZIANTI — Sì, ho dovuto aumentare il prezzo dei generi ribassati, perchè data la rarità di detta merce tutti la richiederanno.. 4HL RADIO TRIESTE «Colei che canterà II «Canto del West» sarà Lilia Carini, colui che suonerà il «Canto del West» sarà il maestro Cergoll; coloro che a-s^olteranno 11 «Canto del West» sarete voi! Ah! Ah!» PARE Che Michele si annoi e voglia la sua Anna. che Franco non si annoi affatto e aderisca al Pian» Marshall. che per dicembre la Principessa attenda un figlio. che Gandhi abb’a terminato il suo digiuno. che Marshall sia favorevole al Plano Marshall. che Trieste abbia un sindaco. che «Vita Nuova non veda con occhio favore- PRIMIZIE dclleIclezlon?amPaena ^ettoralc “““ 81 upre un mese pri- — Sì. — E allora, perchè fl Papa ha già cominciato? (Dal «Don Basilio» di Roma) Ore 20 e 20: radiocommento della portinaia Svile ragioni del profondo dis sidjo scoppiato a Taranto in occasione dell’arrivo in porto della flotta americana dell’amicizia, siamo ora in predo di dare i più ampi particolari. E’ ormai universalmente risaputo che la Giunta comunale di I Taranto è composta in maggioranza da elementi slavocomunisttto-st alinto gli atti molotoffch ì stì i qual i, ciecamente ossequienti a ben eleborate direttive, hanno deciso di astenersi da ogni pur minima dimostrazione di festeggiamento; non solo, ma hanno impartito precise e severe disposizioni perchè i principali rioni della bella città marinara venissero seppelliti sotto miliardi di manifesti rosso, martellati di carattere estremarne nte oltraggioso per le quarantotto repubbliche che compongono gli Stati Uniti d’America. Tutti gli aderenti agli altri partiti, invece, pur evitando o-gni temerario e inopportuno mov imento facciale, consci dei loro sacri - compiti ai servizio della li bera umanità hanno urbanamente invitato il popolo tarantino a dare se non proprio un caldo saluto (come lo richiederebbe una piccolissima dose d'educazione civile), almeno un leggermente tiepido, appena percettibile saluto ai rappresentanti americani a titolo dì ringraziamento per gli e-normi, nuovi soccorsi. La mattina del grande avvero mento, prima che sorgesse jl sole, quando la bella flotta composta da sedlcìmilatrecento navi si profilava all’orizzonte, cinquantamila giovani della D.C. con lunghi capelli biondi, Inanellati, fluenti sul collo e sulle spalle, eronst modestamente radunati sul lungomare e. nell’attesa, esprimevano moderatamente, con molto ris.pett o per l’altrui idea, il loro parere, secondo U quale il comuniSmo n on avrebbe pienamente trionfato in Italia che di qui a tre o quattr o mesi. Perentoriamente Invitati ad a ntìc pare di malto le loro previsioni e a ritornarsene immediata mente alle loro case da due comunisti di passaggio, » cinquantamila giovani con cortesia ma con fermezza rifiutavano l’anticipazione e il ritorno alle case paterne. A tale educatissima risposta, i due comunisti, obbedendo a precise direttive d’olbre-Urali, si lanciavano selvaggiamente su tale Cosimo Lo Ferro ferendolo e barbaramente seviziandolo. I giovani democristiani a tale provocazione, da persone civili e bene educate, non reagirono, ma si limitarono a dire: «Ohi», «Ciò è brutale!*, \n segno di sobria di sapprovazìone. I due comunisti, allora, obbedendo a direttive selvagge, si *ca-gltarono sui cinquantamila giovani, i quali, presentendo prossima la loro fine, si erano inginocchiati salmodiando, azzannandoli itila gola e al ventre. Tutti t cinquantamila martiri caddero senza mandare un lamento. Compiuta l’orrenda carneficina, i due bruti si allontanarono cantando inni della rivoluzione r ossa e togliendosi nervosamente dagli interstizi dentali brani di carne. I rappresentanti americani appena giunti sul posto della strage letteralmente inorridirono; molti tra. i più giovani, svennero. Alcune divisioni di carabinieri sopraggiunte con calcolato ritardo soffocarono a stento un sor riso di soddisfazione. E L G A R 'pensierini dal «in vole Q mondo orientale. che tra la «Voce Libera» e «Ultimissime» si stia svolgendo una lotta sorda causa i duemila lettori rubati dal foglio demo-cristiano al giornale di Cosulich. che al P. L O. piaccia moltissimo 11 «Don Chisciotte». che II dott. Palutan s’a stato eletto Presidente del Consìglio di Zona seguendo le normali regole democratiche. STORIELLA Un giorno un signore mentre stava passeggiando lungo un viale di campagna v’de un bel cavallo che pascolava. Si fermò ad ammirarlo. «Che bella bestia!» non potè trattenersi di esclamare. «La più bella del paese, signore» disse fl cavallo con una voce da baritono. TI signore rimase di stucco. SI guardò in g’ro sbalordito. Ad un centinaio di metri vide una casetta: la raggiunse in un baleno. «E* vostro quel cavallo?» chiese ansimante al contadino venuto ad a-prlrgli. .«Sissignore, perchè?» «Ebbene poco fà mi ha parlato!» «Che cosa vi ha detto?» «Che era la più bella bestia del paese!» «Non credetegli signore», disse fl contadino sorridendo «è un cavallo vanitoso». ELGAB — Quanto costa quel cappello? — domandò Elgar al commesso. — Tremila signore. — Tremila??? Un occhio della testa— e quello allora? — chiese Elgar indicando un cappello grigio ultimo modello. — Due occhi della testa — rispose calmo ti commesso» LANDÒ Bere they are Arrivavo gli americani! cantavano i fantaccini sbarcando sulle spiaggie di Francia. Disse forte il generale Pershing su una celebre tomba: — Nous vaici La Fayette! — e le cronache parlarono dello sdebitamelo degli Stati Uniti. Here thè are — Arrivano gli a-merteani! e la «midinettes» si accalcavano sui boulevards per battere le manine, rapite. Poi, l giovani figli della teutonico e «salvare la civiltà*. Here thè are — cantavano al ritorno e il mondo seppe che la Guerra Mondiale era. stata vinta dagli americani con le sigarette oppiate, le moto Indian le Foni e la gomma che si ciccava, fischiettando. Pochi dissero ai reduci che, passando nella «American Legione si rinchiudevano in una organizzazione che aveva scopi tutt’altro che assistenziali o pa’riott’ci; pochi dissero loro che quella serri-va a perpetuare lo spirito razzistico, Podio per il negro, la boria, dell’«et-rrno bianco». Quei poch! che Io dissero furono «rossi*, cioè antiamericani perchè cosi voleva il Dollaro che tutti li legai a, per un unico fine: Ingrassare chi aveva speculato sulle vite de; figli di Sam, impinguare i conti in banca, creare nuove centrali dello sfruttamento operaio, nuove armi per combattere i «eoo!ics;;, soggiogare i filippini... Here they are — Arrivano. — Tl mostro tedesco ancora minacciò la «civiltà occidentale* e an coro figli di Sam cadde-a a tutela delle pancie prominenti dei padroni dei «trust», in difesa dello Arsenale delle Democrazie, e della Terra di Dio Caddero appena arrivati, cadde. To lungo la via per la Linea Sigfrido, caddero anche pe- lasciare in piedi il Mikado, perchè le tradizioni contano. Al fine di tenere addormentati i popoli. Arrivano! Sono arrivati. A Ta. tanto. A dar man forte ai monarchici greci, àgli affaristi smimìo-lì, ai petrolieri detta «Standard* e della «Anglo-Iranians, ai latifondisti di Puglia, ai padroni del- la Breda e della Tarai. Arrivano! Sono arrivati. E non battimani entusiastici di ragazze ma sguardi duri, ostili, di contadini che vogliono terra, di operai che vogliono lavoro. Arrivano Sono arrivati. Ma non canti allegri, quelli dei G. I. ’s: canti malinconici di una giovinezza che fugge, come fuggì la giovi, nezza degli italiani eternamente richiamati per le guerre a catena dell’imperialismo fascista. Che finirono con la débàcle dell’S settembre, con -, generali «invincìbili» fuggenti per i casolari di montagna. Arrivano1 C’è questa volta il «pressed-chees», il cioccolato fla-vour, la Carnei: merce per basasele e ruffiani. Arrivano! E hanno con si t «mach’ne-guns*, i «rifleì* detta BetMehem, montati sulla GMC e filanti con la «gasoline* di California. Quegli ordigni sono per fettl: l’ultimo grido della tecnica, il frutto di ricerche di laboratori specializzati. Ma bastasse! Chi poteva dare al «Fritz* Tanimo di combattere scalzo come il partigiano ucraino affamato come il parilg’ano jugoslavo, eroico come l'Insorto di Varsavia, audace come il partigiano Italiano? Nessuno e tanto meno Hitler, che aveva imbarba, rito il suo spirito, gli aveva tolta la coscienza di essere uomo e aveva fatto una pedina di un giuoco che sì chiamava Germania ma che era solo Krupp, voti Bahlen, voti Thyssen. Chi darà lo spirito a Johhnie che ha dietro a sè. davanti a sè, dentro di sè Rockfeller, Ehipont de Nemours, Kaiser, Harrimant Sono scalzi gli «andarles* ma non piegano, sorto stracciati i «coolies* nel loro intimo, una luce che non si pud spegnere con schiacciamenti dì «Sherman*, a con adescamenti di biglietti color blu. Quelli hanno la coscienza di sapere che combattono per una causa, ime grande causa. Hare they arei — Arrivano, A Taranto. Per farne che? Atta Casa Bianca la sanno ma non lo dicono. Neanche alla TFti-helmstrasse, però, lo dicevano__ GENEROSITÀ' MA... PIANO (MAHSOAll) D.O LA/BOCGA BeiÉIeritW 3Jm Chisciotte ■ Un noto umorista contemporaneo scrìveva, tempo fa, '-..nacqui il 5 Aprile del 1902; ma non lo farò più» Neanch’io lo farò più, amici, almeno fino fi che gli anglo americani non decideranno spontaneamente di andarsene da qui. Dunque non lo farò più. Io sogno fratelli, una Trieste, sia pure malinconica, ma vedova di «Jeeps», una Trieste derequisita, una Trieste Priva delia vertigine KAKI. Onesto io sogno fratelli, deb-no svegliarmi? No, lasciatemi dormire e permettetemi di compilare questa rubrìca nel dormiveglia. Anche perchè alle volte i so-Bni divengono realtà. Vignetta In Dormiveglia — Gl credi tu, che Truman *1« perito nell'incendio del fceichstage? No che non ci crede, e come ^Potrebbe credere, brava gen- . Oggi dopo tutto quello che C1 è capitato è difficile trova-f8 qualcuno che creda ancora 4,1 qualche cosa. . Mìo cugino, ecco, lui è uno di quelli che credono in tutto, hfilla befana, nel treno dell’a-toicizia. negli aiuti americani. E eco velo perciò più sotto interrirete principale nella vi-Shetta credulona, intitolata! ano cugino — Ora con il «fondo prò disoccupati» i disoccupati saranno finalmente a posto! ^A proposito di «fondo prò di-”yccupati»; ieri alla cassa del nema un ricco signore visto ^Prezzo d’ingresso maggiorato *5^ disoccupazione, ha urlato: vmrcacoia miseria, ora biso-r?a anche man tenerli questi »«•aecionl di morti di fame!». Un poveraccio che raccoglie-_a qua e qualche cicca lo ■ente e dice: 'Ha da venir Baffone!#. U l’altro fuori di sè: » *®ravo merlo, e Buffone do- e lo metti?». «J’1ìaet9ne le conclusioni e ne '•‘aiuterà la seguente vignetta: ■ BUFFO NATE 1t3ruinan: — L’America vuol "reamente tutelare la libertà del DopoU! Marshall: — E* Inutile, siri*?1', Presidente, siamo eoli, Passiamo dirci la verità! E poiché siamo in tema dì allegre, slamo di Carne-ate amici, non lo dimentica-j ’Orliamo un pò della nota inglese all’ONU a proposito j_ "® .^nazione del TLT, ovve-„ì. della zona amministrata da-UA Alleati anglo-americani e zona amministrata dagli Alleati Jugoslavi. n„Yi0lIle’ non 1° sapevate che ri!. Prima c’è la libertà e ■cì® seconda il terrore? Ma m che mondo vivete, gente? note e liberta* ■— E una Indecenza, nella "fina «A» tutti gli operai posso "° essere sfruttati llberamen-«e dai nroprietari mentre nella *»na «b» nessun proprietario sfruttare liberamente 1 Propri operai! ' E’ proprio una vera indeeen-ma ve Tho detto siamo di '-arnevale. stmiana lo credo che il carnevale sia fatto solo per gli uomini allegri, solo per quegli uomini tanto allegri da riuscire a fare i buffoni, mettersi nasi di cartone, vestiti da arie echino e con la faccia dipinta da democratico inviare note di protesta. Perciò io dedico a questi signori allegri la doppietta «cotillon» che segue, e .cioè: EQUIVOCO AL VEGLIONE Truman: — Beh come sto con questo costume? Gli altri: — Quale costume? CONCORSO delle MASCHERE La giuria: — Che bella maschera! Primo premio! Primo premio! De Gasperl: — Primo premio un corno, lo sono De Caspe ri! E permettetemi con ciò di concludere la rubrica, perchè a trattare certi argomenti mi si rivolta lo stomaco! AUGI APOLITICITÀ’ DELL’ESERCITO In vista dette prossime elezioni in Italia il governo demo cristiano ha trattenuto ale armi la classe del 1925. Contemporaneamente ha fatto propalare nelle varie caserme la voce che la colpa di questo forzato *ri-chiamo» si doveva addossare alle sinistre, cattive e prepotenti. Da veri gesuiti i degasperini volevano aizzare l giovani soldati contro «certe tendenze politiche^, dopo averli riscaldati a dovere. Ma non hanno raggiunto lo Scopo prefissosi. Quelli del 1925, capito il... latino, hanno manifestato apertamente contro fi governo nero. «Troppo politici t saldati d’oggi» si dissero De Gasperì e soci, «bisogna porvi un rimedio». Ed hanno incaricato il generale Messe ad occuparsi del problema. «Il bacillo patogeno dèlia politica è entrato nell’Esercito italiano minacciandolo di intossicarlo irreparabilmente» ha scritto il generale fascista Messe. Questo generale, fascista fino al midollo, beniamino di Mussolini e Hitler, oggi fervente demo-cratico-qualunquista-eristiano, così precisa: «L’Esercito deve essere assolutamente apolìtico. I soldati debbono saper ubbidire e bastai» Ubbidire chi? betta! Loro il— Governo. Cioè lui. Messe, e tutta la banda gattonata. Ieri al servizio di Mussolini e Volpi, oggi agli ordini di De Gasperì e Compiili. Ecco come il patrissiano Messe ha risolto il problema. Così, dopo aver ricevuto «Istruzioni» dal Governo, ì soliti generali pieni di greche, medaglie e sguardi imperiosi, diranno ai prodi soldati apolitici che Fora è giunta, che il nemico ha bisogno d’una lezione, che urge rompere reni e fegati. La spatria» chiama* diranno. Le ragioni politiche ci saranno ma loro non le spiegheranno, perchè l’Esercito apolitico non Potrà capirle. E non dovrà capirle. PROVOCAZIONI T~ E va bene, avete fame!; ma non dimenticate che la istituzione contempla la di fesa della Repubblica e, per ‘blu, che due milioni di fucilieri americani regolarmente rcrìtti itila D. C. sono pronti a sbarcare in Italia non appe * Provocatori corno voi ne minaccieranno l indipendenza! (Dis. di ERLO) Il soldato deve essere apolitico'. Se ha qualche idea in testa, la lasci a casa: deve diventare un soldato e basta. Una divisa con un uomo dentro. Ubbidire. Perciò la solita cartolina rossa, i due soliti carabinieri, una divisa, una gavetta, un’arma, e vìa dove vuole il sergente, dove vuole il capitano, dove vuole il generale, dove vuole De Gcspert, dove vuole Truman. La «Patria» chiama. Dove? Perchè? Niente domande che razza di soldato apolitico sei! «Patria* e null’altro! La «Patrio» non sj discute, si difende! Difende? da chi? da quale nemico? Silenzi al Fa niente che «Patria» in bocca loro voglia dire interessi di chi ti affama, cioè interessi del tuoi nemici, doppiamente nemici, perchè parlanti la tua stessa lingua! Fa niente che proprio per salvaguardare i loro interessi tu vada a combattere, e che il nemico — il loro nemico — logicamente non può essere tuo nemico. Il soldato non capisce e non deve capire. Il soldato deve camminare quando gli si dice: cammina. Deve sparare quando gli si ordina di sparare. Esattamente come prima: Duce e Patria: Patria e Duce. Tutti cosi f lucidi e tondi generati: dal generale Messe al defunto sciabolettal E i soldati italiani fascistizzati a dovere — si cioè apolitici perchè tali diventano con le «mistiche fasciste» — ci credettero. Non tutti però. I »politici» no, Quelli spinti e guidati dalla loro «politica». capirono che vi era un solo modo di difendere e salvare la Patria, la vera Patria. Capirono che Patria significa prima di tutto Popolo, che sola mente difendendo gli interessi del Popolo, si difende la Patria. E cosi fecero. Perciò si chiamarono patrioti. LANDÒ HUMOR Vedi quello laggiù è 11 generale Gafther. Poveretto, e lui lo Sa? (Dis. dl LUCAS) Eminenza. Z&& fameòer Sartie? j&M A! Capo del Governo On. DE GASPERÌ ROMA Io sono quel tale al cui nome el-poco lusinghiero attributo «fa-poco lusinghiero a tributo «famoso», di cui Ella avrà certamente sentito parlare. Nel mentre già disperavo, per mancanza di argomenti di poter maggiormente aumentare la fama e l’onore miei, per merito delle mie epistole ai Grandi della politica contemporanea (di cui Ella è un importantissimo fattore) ecco che 1 disoccupati d’Italia, chiassosi e sorridenti i giovani, moderati ma visibilmente soddisfatti i vecchi, Inviando al sotto-scritto una loro rappresentanza affinchè si rendesse degnamente Interprete presso Sua Eminenza della imperitura loro gratitudine per la genialissima e taumaturgica idea di soccorrere 1 disoccupati, me ne hanno dato la occasione. Ed è a Lei, Eminenza Reverendissima, ch’io, oggi, rivolgo la mia voce per impiorarLa di non prestar fede nè tampoco la minima attenzione all’espressione di malcontento per la calpestata dignità del maggiormente colpiti dalla catastrofe economica; e-spresslonj queste la cui fonte devesi ricercare In coloro che sono pronti a tutto osare e sacrificare pur di poter gettare ù discredito e l’Infamia sulle ponderatissime mosse del Capo del Governo Italiano. Ella, Eminenza Reverendissima, comprende la mia sottile circonlocuzione? Ma basta! E’ tempo ormai di accatastare In soffitta le prudenti di ELGAR % Finalmente è ritornato John Smith. I suoi compagni sono rimasti laggiù ancora, ma Ini è finalmente tornato. Ne aveva 11 diritto John Smidt, dopo tanto tempo lontano da casa. Ha regalato a sua madre un fazzoletto di cotone con S. Giusto stampato in un angolo e la scritta «Suvenir de Trieste per traverso, ha steso per terra nn tappeto capitatogli sotto i piedi in una villa abbandonata dal tedeschi presso Monfalcone al tempo della liberazione, ha attaccato al muro con quattro spilli la fotografia di Teresina (6 copie cinquecento am-lire)... Addesso trascorre le giornate a riandare con la mente agli episodi significativi della campagna d’Italia. Ricorda quando mangiò gli spaghetti eon il pomodoro E’ ritornato John Smith a Salerno... l’entrata a Trieste a cavallo dei carri-armati, chissà perchè, egli pensa, i triestini quel giorno fecero tante feste agli alleati e in segu’to non gli poterono più vedere. John pensa che non è facile capire ti perchè delle cose. Sbadiglia, si annoia e mette 1 piedi sulla tavola. — John... — lo rimprovera sua madre — questa è un’abitudine che hai imparato da quegli screanzati di triestini. John vorrebbe rispondere di no, che ì triestini screanzati hanno imparato da lui a mettere i piedi sui tavoli, ma non vuole contraddire sua madre. Perciò tace e, adđesso che non può più mettere i piedi sul tavolo non sa che cosa fare. A distrarlo arrivano in buon punto le sorelle Patterton, Alice, Patricia e Brigida Patterton non hanno occupazione, non hanno fidanzato e non hanno la minima 1-dea di che cosa significhi avere fatto la guerra. A guardarle bene non hanno neanche mammelle, John se ne convinc » sbirciando di sfuggita la fotografia di Teresina. — John— — dice la più giovane delle sorelle, Alice — —Raccontaci qualche cosa della tua permanenza a Trieste! — Ecco nel 1945 le truppe— — Lascia andare» i particolari!— raccontaci piuttosto delle segnorl-ne. E’ vero che le ragazze triestine vanno a letto con il primo che capita? — Sì con {1 primo che capita— — E tu? John ricorda adesso di non essere mai capitato primo. Alice lo guarda profondamente negli occhi. — Dimmi la verità, John, hai preso qualche malattia per colpa di quelle sporcaccione? — Oh, sì— John racconta che Te- resina una sera lo fece aspettare sotto la finestra dalle nove à mezzanotte prima di calargli il cestino per tirare su le scatole di «meat vegetable». Quella volta lui prese un terribile raffreddore. Povero John! — dicono le sorelle Patterton. — E* stata dura per te la guerra! Lo compatiscono, lo salutano e promettono di ritornare. Non è tardi. John se ne accorge guardando l’Omega che ha fregato a un giovanotto una sera in una via della periferia a Trieste. — Che scemi i triestini— — dice — —gli ho fregati tutti! Guarda la fotografia appesa sul muro con quattro spilli e soggiunge: —Meno che Teresina A. perifrasi, e di sguainare coraggiosamente la spada per impedire agl’infedeli di contaminare con le loro turpi bestemmie la santa Opera che Ella ha concepito. lo, la spada mia l’ho sguainata. Il mio sguardo è limpido come acqua di fonte. U vento mi accarezza in viso e chissà perchè, panni d’eseer il prode Orlando sodo le mura di Gerusalemme. Forse Io sono. Chi sa? Dicono gl’infedeli che i disoccupati hanno una dignità che nessuno, nemmeno il Governo, è nel diritto di vilipendere. Ella, Eminenza Reverendissima, comprende? Sarebbe stato dunque meglio guardare impassibili il commovente crollare per fame dei disoccupati sulle dure zolle? Se lavoro non ce n’è, può forse un Governo Inventarlo? Sì pretende, adunque, che a capo di un governo vi sia un inventore? Vorrei vedere, io, un Volta, un Edison, un Pacinottt, un Marconi!, menti eccelse si, nessuno lo nega, ma nel campo delle scienze e non già in quello della politica. Ma a mio furibondo duellare contro siffatti spiriti invisibili parrai sia vano; e non vano soltanto ma avvilente, demoralizzante, opprimente, deprimente. La verità si è, Eminenza Reverendissima, che i disoccupati orgogliosissimi vanno per l’onesto obolo loro offerto dalla popolazione; ma non paghi sono! Chiedono, i disoccupati, a gran voce per le vie e nelle piazze, che 1 lavo- ratori siano largamente provvista di lavoro straordinario ; indovinando che un maggior guadagno dei lavoratori comporterebbe, da parte di questi, offerte tanto ingenti da rendere possibile al disoccupati non solo una vita sigiata e assolutamente priva di preoccupazioni per diversi lustri, ma anche gii acquisti di automobili da turismo e palazzine in riviera. X disoccupati, a dispetto di «certe persone», non soltanto non chiedono di lavorare, ma pregano il Governo di impegnarsi formalmente e pubblicamente di mantenere per l'eternità l’attuale stato di cose. I disoccupati, infine, inneggiano alla luminosa idea del Governo, e per n-ulla oltraggiati nello amor pròprio chiedono a Sua firn in enza ohe giustizia civile ma completa sia immediatamente fatta di coloro che, assetati di sangue innocente e ubriacati da turpi disegni sociali, intendono, pur dì raggiungere le loro innominabili mète, far credere al mondo che i disoccupati duramente provati dalla guerra e dalla miseria ancora d tengono a difendere una quanto mal problematica e astratta dignità. Evviva i disoccupati! Evviva chi disdegna il lavoro e vive