ANITO II. Capodistria 46 Agosto 1868. N. 40. LA PROVIN 610R\AltE DEGLI INTERESSI «ITILI, ECONOMICI ED AMMINISTRATIVI DELL'ISTRIA. Esce if 1 ed- il 16 d' ogni mese. ASSOCIAZIONE pur un anno £ni 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Pagamenti antecipati. Istria, agosto* Abbiamo Ietto con grande interesse lo statuto per mi' associazione agraria istriana recentemente pubblicato per le stampe dal comitato fondatore che se ne era incaricalo. La esistenza di una associazione agraria istriana va a soddisfare un antico desiderio nutrito da più e più anni, che rimonterebbe per lo meno al 4848^ nel primo giorno del quale, l'egregio nostro concittadino D.r Antonio Madonizza sulla strenna il Preludio ne accennava in certa guisa le traccio col suo pregiato articolo sui desideri pel miglioramento morale e materiale, ecc. Facciamo quindi plauso di tutto cuore clic questo antico desiderio diventi realtà, per cui fa d'uopo senza ritardo esaminarne lo statuto, onde vedere ed accertarsi se esso corrisponda allo scopo da ogni buon pa-triolta desiderato, e se comprenda nel suo tenore i ■ necessari ed opportuni clementi di vita e di pratica applicazione. Siamo eerti che nessun istriano, e meno fondatore, vor- degli al- tri gli onorevoli membri del comitato ranno scorgere hi queste nostre parole mi sentimento di nemica censura. Lo facevamo unicamente acciò più chiara luce si faccia sull'argomento, per cui desideriamo anzi provochiamo una assennata polemica, ed acciò il frattempo che necessariamente deve precorrere tra le prime soscrizioni ed il generale congresso, venga utilmente impiegato ad illuminare la pubblica1 opinione, ed acciò i soci possano prendervi parte convinti della giustezza dei mezzi proposti ad ottenere il desiderato intento. Non esamineremo i singoli paragrafi dello statuto che sono sessantanove, nò ci occheremo dell'ampiezza dei propositi e dei modi indicati per raggiungerli, pei quali sarebbe a dubitarsi se l'Istria potrà fornire tanta copia di mezzi intellettuali e pecuniari §§. 4, 5, 24. Ma ci limiteremo piuttosto a brevi considerazioni sullo spirito generale dello statuto, ed entriamo senz'altro ad esaminarlo. Tutto lo spirito dello statuto tende a centreggiare, mentre, secondo noi, avrebbe dovuto proporsi tutto l'opposto. Lo statuto fa della presidenza e del comitato centrico il tutto della associazione, la quale è incaricata a far tutto, e far lutto per tutti, considerando ap- pena come organi subordinati e morti i comitati locali, senza conceder loro il benché minimo effluvio di vita propria, senza mezzi pecuniari, senza permettere che si desti in essi una vivida emulazione, confiscando in una parola ogni soddisfazione di giusto amor proprio a vantaggio del centro che sarà tutto; e sarà tutto a suo esclusivo vantaggio ed a spese comuni. E possibile che crò avvenga, ina è lecito egualmente a dubitarne. L'Istria sotto molti aspetti non forma unità come è di parecchie provincie. Se questa è una verità generale, il fatto si addimostra a più evidenza se considerala sotto l'aspetto agrario, 11 clima e quindi l'agri-.coltura dell'Istria nella sua piccola estensione di jugeri tirca 8G0 mila, raccoglie una infinita varietà di produzioni e di modi di coltura; che mentre in alcune sue parti non alligna la vite ed è ubertosa di foraggi e di abeti, nelle isole meridionali del Quamero vive in piana terra l'arancio. E tal si dica di opposte sue speciali condizioni, che mentre in alcuni distretti c'è tutta la convenienza di sviluppare l'orticoltura e la coltura intensiva, in altri vi ha necessità di appigliarsi ancora alla coltura estensiva e perfino ai pascoli ed alle man-dre, in altri vediamo coltivarsi quasi esclusivamente l'olivo e cosi avanti. Sotto a tali condizioni non sapressimo immaginare come un' unica vita centrale possa soddisfare alle molteplici e varie esigenze di lutti, a meno che questa centralità non fosse cosi esuberante di vita da trasfonderne una potente emanazione a tutta la provincia e valevole a soddisfare ai bisogni d'ognuno. 11 che pensiamo non possa avverarsi. Noi avressimo desideralo, e ce lo aspettavamo, uno statuto impomato su tutt'altra base. Noi avressimo voluto che tutta l'operosità fosse invece raccolta nelle singole centralità distrettuali; avressimo voluto che l'Istria si dividesse a sua libera scelta in tante piccole società o comizi agrari locali con peculio e statuto proprio adattalo alle proprie locali condizioni appena collegate ad un centro, unendo le forze singole intellettuali e porzione delle pecuniarie per compiere unitamente tutto quello che non puossi mandare a compimento che con forze riunite. Noi avressimo proposto di massima un comizio in ogni distretto; e ciò unicamente per non far torto ad alcuno, non già che tanti ritenessimo necessari e nemmeno utili, ed anzi per nouu soffocare nessun nostro pensiero diremo che ne nvrcs-simo desideralo 6-8 al più, che non cornerebbe sminuzzate di soverchio. Sollo l'influenza dei bisogni localmenle senlili e localmente appagali, sollo la forza dell'emulazione e del nobile amor proprio, ci avrebbe sembralo scorgere viva e fiorenti una associazione, menile ci sembra che centralizzando la vita ed uccidendola nei distretti, abbiasi completamente sbagliata la via possibile e pratica. Opiniamo quindi che seguendo, senza essenziali mutazioni, la via tracciala dallo statuto, o il progctlo sarà condannato a rimanere sempre ed unicamente progetto e sarà nato morto, od attualo, avrà vita effimera; e fra le due sventure è ancor meglio preferire la prima, di quello che d»po essersi da tutti gli istriani strombazzata ai quattro venti e per tanti anni ìa necessità di fondare una associazione agraria, ottenutala finalmente, vederla perire di inanizione. Polressimo làr punto in quanlochè abbiamo esposto quanto basta onde invitare altri a dilucidare, finché c'è tempo, l'importantissimo argomento; e ci dichiariamo pronti a ricrederci dalla nostra opinione quando saremo guadagnati da assennale ragioni le quali ci persuadano che quanto fu proposto, fu bene proposto e maturamente pensato. Frattanto pensiamo ehe no, e lo diciamo colla franchezza dell'uomo dei campi. E qui Dell'esporre come lo pensiamo sul paragrafo 45, sulla sede cioè della società ci trema in mano la penna, presentendo o temendo provocare una forte bufèra ; ma sia pur cosi se così avrà ad essere. Siamo a-biluali a lutle le intemperie ed abbiamo buone spalle indurite ai geli ed al nostro sollione africano — la sede — la sede — noi la vediamo in primo luogo e principalmente in ogni società locale o che si dica comizio^ indi, con mite dipendenza o colleganza, unicamente per mandare a compimento tulio ciò che non può farsi localmente, noi la vediamo a Trieste. Ce lo perdonino i comprovinciali, teneri se così fossero di ciò che dicono autonomia, ma noi non sappiamo vedere null'aitro di più utile e pratico, che singole piccole società aggruppate a Trieste. Poi polressimo facilmente contribuire onde sorgano e biblioteca e musèo e periodico sociale <-d esposizioni eco, ed unitamente a Trieste un vasto podere modello e sopra tulio una scuola agraria pian-lata su iarge e solide basi. E per oggi facciamo definitivamente punto, che non intendiamo scendere a specialità uè formulare le basi d'uno slaluto octroissaio restandoci ancora il dubbio se quello proposto dall'onorevole comitato fondatore, iu forza dello stallilo slesso, sia o non sia essenzialmente modificabile dai soci, nella loro prima convocazione. Intendiamo aver detta tutta e chiara la nostra opinione, sperando che qualche penna di poi più perita vi sparga miglior luce e che la pubblica opinione si illumini e si diriga sulla retta via da seguirsi, per la più pratica e migliore riuscita della patria impresa. + n i ■ rr,i Gita in Istria. Dal VtnrtOj agonlo. Mentre gl'istriani accorrevano ai bagni d'Abano a me piacque quest' anno andarvi ai loro di santo Stefano. Questo visitarci scambievole non può che tornare ad ambe le parti proficuo, imperocché dalla conoscenza nasce F amore e la stima, e di conoscerci e di amarci, perchè fratelli, ne abbiamo un grande bisogno. La quai cosa risguarda specialmente noi di qua del Judri che si dovrebbe avere, sto per dire, più premura d'andare in Istria che gir istriani di venirvi di quà perchè, dov' essi conoseon noi per bene, noialtri loro poco assai; del che ci dovrebbe pungere vergogna quanto dall'altro lato, il vedere nel loro bel paese esplicata sì nella privata che nella pubblica vita ed egregiamente diffusa la coltura italiana, ci deve riescire confortevole e graditissima cosa. E ciò tanto più in quanto che gl'istriani non abbisognano di slimolo a venirci come quelli che per lo addietro hanno sempre costumato di tare e oggidì ci vengano e molti, anzi parecchi de' loro migliori ingegni gli hanno qui, i quali nell'amministrazione, nel giornalismo, nell'educazione e nell'esercito, per onesta e patriottismo vanno innanzi a molti de' nostri. Queste considerazioni andavo io facendo dentro « me stesso, tra una fitta e l'altra d'una maledetta sciatica, nell' uscire da Trieste per s. Giacomo, e infilando la via dell'Istria. E pensavo anche, per ingannare il tempo della lunga gila all'acque termali, a quanto mi venne fatto d' osservare dappresso nelle altre volte che aveva visitato il paese, nel 59 cioè e nel 60, epoche in cui mi vi riportai in cerca di semente di bachi. Come vedete, le mie gite d' allora non furono scientifiche, vale a dire falle esclusivamente coli'intendimento di studiare il paese, nè scientifica quest'ultima; ciò nondimeno occorrendomi allora, come l'uffizio lo richiedeva, visitare castella e casolari, correre di su e di giù per mónti e per valli, non mi lasciai scappare l'occasione di dare un'occhiata, superficiale se volete, alle condizioni locali, e di cianciare, tenendo pratica con cittadini e con villici, alla buona sulle medesime. Una interna speranza, e dirò (piasi un convincimento, por-favo meco questa volta che il male osservato ott'au-ni fa, frutto là, come da pertutto, della malvagità de' tempi e della ignavia degli uomini, fosse almeno in parte scomparso, incominciata la riforma, introdotte utili istituzioni, fatti de'miglioramenti; insomma il progresso bene avviato. Avvalorava in parte la mia speranza il vedere, facendo capolino dagli sportelli della carrozza, la progredita coltivazione de'campi, i quali con meraviglia e piacere osservavo rigogliosi e promettenti copiosa messe, le nuove piantate di a iti, di olivi, di gelsi e le boscaglie quà e là dissodate e ridotte a coltura. E il pensiero voiaudo di cosa in cosa mi trasportava, desideroso del meglio, quasi involontariamente dal presente al passato e si fermava con compiacenza all'epoca felice di Teodorico, quando questo re per le esportati derrate vi mandava in Istria, dal suo tesoro, de' bei gruzzoli di zecchini; e mi ricorrevano alla memoria ie lettere del Prefetto del Pretorio testificanti il fatto e documento sicuro delle floride condizioni di questa contrada, cdebraia per feracità di woio, per isquisitezza di prodotti, pieni di olivi, ornata (li vili, decorata di palazzi appariscenti, mirabile per temperie di cielo, diporto di assai voluttà e delizie. Sicuro die Ira le condizioni presenti e quelle d'allora ci corre, ma se si raffrontano le attuali con quelle di anni fa, si trae certo argomento di conforto perchè del buono s' è fallo, e se il volere sarà virile, com' è necessario sia, e gli animi concordi un prospero avvenire non può mancare all' Istria, che ha tanti clementi di prosperità. Non bisogna però illudersi, si sono fatti appena i primi passi e ci vuole dell'altro per mettersi a livello degli.altri paesi; molti e radicali i pregiudizj da svellere, molli gli abusi da correggere. Così ad esempio fin di là ebbi agio d' avvedermi come non siasi per anco smessa quella malintesa economia di pretendere da un suolo poco fondo, coni'è generalmente l'istriano, quo" tardi prodotti che domandano il soccorso delle benefiche pioggie; nè s'abbia smessa la mala abitudine di seminar le biade nelle vigne con grave danno d'ambedue e si trascurino affatto i prati artificiali tanto necessari al benessere rurale. Delle migliorie amministrative, dell'istituzioni civili introdotte, delle facilitate relazioni non potendo aver contezza, com'è naturale, per quanto sbirciassi a destra e a sinistra, sperando bene anche da questo lato, aspettavo di pigliar lingua da'bagnanti e di sincerarmene poi da me nelle gite che proponevo di fare, finita la cura, ai luoghi circostanti. Bellezza di posizione che è san Stefano! In breve tratto vi si vede una varietà di natura veramente singolare. Travi vallate vestite di quercie annose in mezzo a cui lente lente vi serpeggiano l'acque del Quieto; a sinistra s'ergono perpendicolari i monti coronati di nude rocce, i quali fanno contrasto cogli altri, a destra, coltivali a vili, a olivi, a gelsi; qua fiorili praticelli, là ombrosi recessi; tutto in fine si presta a lare un assieme pittoresco e incantevole. Aggiungi la preziosità delle terme, la mitezza del clima, il sorriso dei poro cielo, i vaghi contorni e avrai una idea di questo delizioso e poetico soggiorno. Di bagnanti ne trovai da un quindici, istriani la maggior parte. Com'è da immaginarsi si discorse di un po'di tulio; di timori, di speranze, del presente, del futuro, del fatto e del da farsi. Seppi clic i comuni. assicurata dalle leggi dello Stato la loro autonomia, si adoperano con grande amore al miglioramento interno e i frulli si vedono, ma di maggiori se ne polrebbono aspettare se si smettesse il gretto municipalismo e non si sciupasse ogni attività in misere guer-riciuole da campanile, se si volesse sacrificare il bene privato al pubblico e si cercasse accoppiare al comunale il provinciale interesse. Consola il sapere istituita la società agraria che frullerà, speriamo,, bene;, consola ii veder riformale le vecchie scuole e fondate di nuove, ditiuso l'insegnamento, di cui è scolilo vivamente il bisogno. L'Istria può, volendo, trarre un grande vantaggio dallo avere nel suo seno a brevi distanze cittadelle e borgate, le quali, non assorbite da un grande centro, sono in istalo di diffondere facilmente vita e civiltà in tutti i punti della provincia. E quest'è lan-to più vantaggioso dove si consideri che l'elemento civile, italiano, abitante i piccoli centri può riverberare la sua coltura sul rustico, slcvo. da cui è circon- dato, agevolare le relazioni tra questo e quello e renderle vie più intime. E perciò eh' io non so lodare quanto merita la bella istituzione delle società filarmoniche, delle bande musicali organizzale in ogni più grande borgata. Ho voluto assistere a Montona e a Portole a de' trattenimenti musicali che si danno le domeniche a sera. Sono vere fèste popolari senza distinzione di condizioni e di razza. Que' villici che ne' tempi passali, fini to il vespro, scappavano tosto ai loro casolari, ora si fermano iu paese e con nuovo diletto gustano i melodiosi concenti delle bande. E partendo, non li odi più eantare le lor monotone cantilene, ma o a gruppi o soli cantano e zufolano le arie udite. Sarebbe poi desiderabile che al diletto si unisse I' utile, che cioè prima della musica si tenesse a quella buona gente qualche lellura popolare, come si Costuma fare iu altri paesi, s' avrebbe per tal modo un doppio vantaggio. Sarebbe anco desiderabile vi s'insegnasse un po' di canto usufruttuando cosi quelle voci squillanti che ora ripetono canzoni o frivole od oscene. Ne abbiamo tante delle canzoni noi, e belle e rispondenti al gusto semplice ruslicale! Amerei s'insegnassero i canti popolari italiani messi in musica dai bravi maestri Cipriani di Livorno e Gordigiani di Pistoja. Né queste le sono cose dappoco, come altri potrebbe credere, che tutto quello che è diretto a educare, che s'attiene a civiltà è grande e degno della più seria attenzione. V'ò difetto d' istruzioni moderne, come sarebbe a dire, casse di risparmio, società di mutuo soccorso, scuole serali, letture popolari, biblioteche circolanti, ma le idee sono già seminale, se ne sente il bisogno, sicché non può andar molto che le si attueranno. Si ricordino però a non ristare innanzi alle difficoltà, che il non potere quanto si vorrebbe non toglie l'obbligo di fare quanto si può. Conosco un villaggio del Veneto dove i contadini hanno a memoria . sulle labbra i nomi del Cantoni, dell'Oliavi, del Comalia, del Pichat e di parecchi altri come sanno il perchè vadano celebri questi benemeriti, eppure v'assicuro che là non c'è biblioteca circolante, che i più non sanno nem-manco leggere. Que'villani hanno la fortuna d'avere tra loro un ricco che fa buon uso del ben di Dio comprando libri e giornali, che legge e medila con amore, e poi sorvegliando le opere, e a sera, finiti i lavori, in crocchio sulla piazza, spiega quello che ha letto, narra le scoperte delle scienze, suggerisce le innovazioni da farsi confortandoli col proprio esempio e con quanto si fa di buono negli altri paesi. D'inverno li accoglie in casa e discorre di economia, di parsimonia, di temperanza, d'amor di patria, e n e ricambiato d'affetto e di stima, premio ch'egli, modesto com'è, gradisce più di qualsiasi pubblica lode. Dio benedica siffatta sorte uomini. Che in Istria non si trovi chi possa imitare questo esempio non vò crederlo. Questo so, e lo dico con dolore, che costà si sciupa troppo tempo nel pettegoleggiare, e si dà troppo importanza a ciance che in fondo valgono un bel nulla. Di famiglie agiate ce ne sono si può dire iu ogni villaggio, le quali potrebbero, senza un disagio al mondo, làrsi venire d'Italia i migliori giornali scientifici e letterari-Perchè noi fanno? Melibco mi dice all'orecchio d'aver udito qualche Titiro anche là canticchiare— Deus nobili haec otia fecit... e si dice bene informato, lo non gli credo, ina yorrei che mancasse ogni qualsiasi ap- piglio a lai e supposizione per poler lappare la bocca ai maldicenti : dunque spigrire, e mano a'ferri. Se per ora non si possono fare circolare libri si facciano circolare le idee. Mi perdonino i burnii istriani questa tirata e credano che, a dire schietto 1' animo mio, iu" hajndoilo unicamente il desiderio di giovare. D. F. Forse più tardi che in altre parli si sviluppò nella nostra provincia l'atrofia de'bachi, che fu sì esiziale a tutta Europa, e che, salve le debite proporzioni, fece anche a noi sentire i terribili suoi effetti. Per quel breve tempo che ne rimanemmo illesi, si dette opera a! semenzire, e attese le grandi ricerche, molli fecero di grossi e stupendi guadagni; ma poi clic il flagello irruppe nelle nostre contrade, gli speculatori dovettero chiuder bottega, perchè i lombardi specialmente, che alla fine ne rimasero scottati, si volsero alle Indie e al Giappone, d'onde si trac anche oggi quel seme, che, se non adulterato dalla frode, è il solo che faccia dono di un generoso prodotto. I nostri bachicultori si lasciarono sulle prime cogliere da sgomento, e forse più che non conveniva, di guisa che i mercati, già floridi in addietro. si ridussero poveri e deserti. Si pensò quindi «meo da noi al seme forestiero, e sebben mancasse certa intraprendenza, non si tardò a comprendere che non a-veavi altra salvezza, e che era d'uopo accordare ospitalità a'cartoncini di Yokohama se voleasi usufruttare i molti gelsi, che si bene attecchiscono nelle nostre terre. Sennonché coltivando il seme giapponese, non si neglesse il nostrale, che a quello è senza dubbio superiore, perchè dà bozzoli più belli per finitezza di trama, per vivacità di colorito, per ricchezza di seta. Ea coltura del nostrale costò più paziente fatica, ma una più larga mercede valse a compensarla. Daremo qui alcune notizie sul raccolto degli anni 1864, -186G e 1867, che non riusciranno certo senza interesse per chiunque ami tener dietro all'attività economica ed industriale della nostra provincia. Coltivatori di bachi..... Quantità di seme posto a nascere, once........ Quantità di bozzoli prodotti, futili Quantità di bozzoli venduti per semente, futili. ... Delta per filanda, funti (*). . Confezionatori indigeni di semente Detti forestieri...... Bozzoli da'quali si trasse semente, funti....... Quantità del seme prodotto, once. Quantità di semente serbata dai coltivatori, onci. .... Quella destinala allo smercio, once.......... Prezzo medio della semente, all'oncia, fiorini..... Quantità di bozzoli forati, funti. l oro prezzo medio, fiorini. . Quantità della foglia consumala, centincija....... Prezzo, al valore medio, fiorini. 4864 1866 f 867 744 1114 4443 858 15846 1384 25244 1751 22353 3289 24141 208 209 5005 54285 548 6 3888 44778 203 40 3556 4118 4564 4578 4098 4409 1061 4526 4657 5014 2762 4848 2.56 698 00.85 5.5 809 4.61 4.58 707 4.70 12505 00.66 46198 4.76 40584 1.17 Prezzo medio de' bozzoli, il (unto di Vienna in V. L nel 1864 in genere f per semente [ per filanda Nella Provincia, fior. -1.266/u> 4.66'Xo 1.19 Ne1 mercati di Capodistria. . 1 42Vio 4.70 1.3lVio Montona. . . 4.10 j» 1.10 Parenzo . . 1 16 » 1.16 Pisino, . „ . * • 1.563/io 2.14 1.10*4 nel 1866 in genere j per semente ' per filanda Nella Provincia, fior. 4.40 1.88 4.60 Ne1 mercati di Capodistria. . • . 00.96 00.975/e 00.9 iVio Buje. . . . 4.23 1.80 4.05 Montona. . . , , 2.075/ie 2.83 1.51 Parenzo. 1.20 » 4.20 Pinguente. 1.40 1.70 4.50 ^ 68 1.65 4.04 nel 4867 in genere per semente per filanda Nella Provincia, fior. 2.24,05 2.55Vio 2.O7V.0 Ne'mercati ai Capodistria. . 2.10.73 2.52.50 4.89 Buje. . . . 2.13.74 2.50 2.03.52 Montona. . . 2.17 2.55.75 4.99.66 Pinguente. 2 46 2.53.50 4.89 (") La differenza notevole tra la quantità di boezoli venduti per filanda, e quella di bozzoli prodotti, dipende da ciò, che questa fu dessunta dai singoli produttori, a mezzo dei comuni, mentre l'altra lo fu dai registri dei mercati. È facile che su questi sia stata spacciata qualche partita non istriana, venuta altronde ; ed è facile altresì che molti fra' produttori si tenessero al dissotto del vero, tementi forse qualche nuovo balzello, od altri fra essi si astenessero dal manifestare checchessia. Di qui, senza dubbio, il grande divario delle recate cifre. Degli esami ciuisasiali. Capodistria, agosto. Che il semplice Progetto di un piano di organizzazione dei Ginnas], stampato nella tipografia di Sialo l'anno 1850, mai sia stato intradotto, nè attivalo in forma e con forza di legge, abbiamo doppia prova neila mancanza cioè di una speciale Ordinanza che così disponga, e nel fatto, che l'Eccelso Ministero del cullo e della pubblica istruzione, con Ordinanza 24 novembre 1849, N.ro 37 del Bollettino, poneva in (provvisoria) attività i soli paragrafi 72, 97, 109, 110-114, del Progetto slesso. Inclusio unius, exclu-sio allerius. Dunque il Progetto mai divenne legge. Eppure presso qualche Ginnasio, dandosi lata interpretazione ed applicazione al finale del settimo allinea del §. 83 del (non attivato) Progetto, si è fatto luogo alla pratica di tenere gli esami finali a porle chiuse. Questa nuova pratica (opposta alle leggi dettale •tolto prima del Progetto, e mai abrogale) riesce sensibile ai ciltadini, interessali nell'argomento del processo della gioventù negli studj; e riesce sensibilissima in ispecic a Capodistria, dove una quantità di persone, allo scopo di veder riattivalo l'abolito Ginnasio, spontaneamente assumevano a proprio debito forti capitali, sui quali annualmente paga.no pesanti censi; rendila questa, che vale a sostenere per metà il Ginnasio. Senonchè nell' Osservatore Triestino N.ro 176 del giorno 3 agosto corrente ebbiino a leggere, che agli esami finali del Ginnasio comunale di quella vicina città era intervenuto numeroso uditorio di cittadini; esami dunque tenuti a porle aperte. In parità di causa e di legge, e pure io divergenza di pratica, noi facciamo voto, affinchè anche a Capodistria, come a Trieste, gli esami finali del Ginnasio sieno pubblici, ed a porte aperte, e non più sie-110 privati, ed a .porte chiuse. Cherso, agosto. (P.) L'Ordinanza dell' Eccelso Ministero dell'Interno 10 luglio corr. 101 Boll: Gen: sulla ripartizione territoriale amministrativa ha dato pur troppo piena conferma alle voci, che riguardo al distretto delle Isole del Quarnero nell' Istria circolavano da vario tempo innanzi. La fonte non ullìziale di quelle voci, la decisione due anni addietro proferita dalla Dieta provinciale i-striana, il regolamento elettorale di questa provincia, e le promosse partite dalle alte sfere del Governo ai diversi memoriali rassegnati da queste Isole, facevano con fondamento dubitare dell'esattezza di dette voci. Cessato però in oggi questo dubbio, e riuscite vane le ben diverse aspettative degli abitanti di Cherso e Veglia, mi fo' lecito di emettere sommessamente in proposito alcune riflessioni, certo d'interpretare in tal guisa l'unanime o-pinione di detti abitanti. Colla mentovata Ministeriale Ordinanza venne dichiarata a capoluogo, o meglio a sede dell'autorità politico amministrativa (Capitanato) la città di Lussin pel distretto costituito dalle isole di lussin, Cherso e Veglia. Quali considerazioni abbiano a ciò determinato 1' Eccelso Ministero, non è dato a conoscere, poiché furono al certo preterite tutte quelle che, tendendo a soddisfare ai reali bisogni degli ammiuistrati, devono servire di guida pel-l'insediamento delle autorità amministrative. Di fatti non venne posto riflesso alla quantità della popolazione, poiché l'attuale territorio distrettuale di Lussin comprende meno di 11,000 abitanti, mentre quello di Veglia ne conta oltre 13,000; non .il numero ed all'importanza degli affari, giacché estraendo da quelli marittimi, pei quali Lussin ha una maggiore preponderanza sulle altre due Isole ed i quali però sono o possono essere compresi nella sfera ufficiosa delle autorità marittime, e l'uno e l'altra stanno a vantaggio dell'attuale distretto di Veglia, com'è visibile dagli esibiti delle rispettive preture; non infine la situazione topografica, inquantochè Lussin giace quasi all' estremità meridionale del gruppo di quest' Isole, e la città di Veglia e più quella di Cherso trovansi poste pressoché al centro del gruppo medesimo. Che stiano a favore di Lussin la prossimità d'un i. r. forte di guerra debitamente presidiato ed unico nelle Isole, un vasto e bellissimo porto di mare, grandi ed attivissimi stabilimenti d'industria., e molta ricchezza, dovrà ogni imparziale riconoscerlo; tuttavia questi sono fatti che in parte influiscono assni poco al ffiag- gior aumento dulia gestione degli organi amministrattivo-politìci, ed in parte dovevano anzi rendere consigliabile l'insediameinto dell'autorità in parola in una od altra dèlie città più nominate e ciò per essere meno gravoso alla fiorente condizione dei Lus-signani il ricorrere in esse pei loro affari. Se poi si voglia tener conto dei mezzi di comunicazione e delle relazioni esistenti fra queste Isole, si avrà ancora an altro punto d'appoggio contro lo stabilimento in Lussin della sede di questo capitanale distretto. Fra Cherso e Veglia dall'una part? e Lussin dall'altra non esiste veruna od un'impercettibile relazione di affari, e le comunicazioni sono rarissime ed assai dispendiose; all'incontro Cherso e Veglia sono in continui rapporti e si scambiano reciprocamente i loro prodetti incontrando tenuis-sima spesa pella traslocazione. Gosicbè colla immanente installazione del Capitanato si porterà diapendj e disagi ad una popolazione di circa 22,U00 (di Cherso e Veglia), mentre nel caso inverso sarebbero stati a tale partito soltanto 11,000 abitanti componenti l'attuale distretto di Lussin. •Per la preferenza data alla città or nominata può forse trovarsi un precedente nell'organizzazione politica distrettuale anteriore a quella che ora va a cessare, poiché anche allora pel distretto di queste Isole del Quarnero il Capitanato politico risiedeva a Lussin; senonchè la cosa in oggi cangia d'aspetto, sia perchè nel caso precedente era provveduto al minor incomodo degli abitanti delle altre due isole, Cherso e Veglia, colla collocazione nei capoluoghi di queste due isole d'un impiegato esposto del Capitanato, ciò che non si verifica nell'organizzazione dì cui tratto, sia perchè la Dieta provinciale striarla, organo il più competente in proposito, conscia dell'acceunato precedente trovò pel bene di queste Isole di riformarlo, consigliando all'Eccelso Governo di stabilire come centro delle medesime la città di Cherso. D'altronde i mezzi di fortuna da cui è favorito Lussin, e le circostanze affatto peculiari di quella città dedita esclusivamente! alle imprese ed alla navigazione marittima le avrebbero reso assai agevole di provvedersi d'un proprio statuto civico e di rendersi indipendenti dal Capitanato residente a Cherso od a Veglia, città queste che per le loro scarse risorse economiche sono all' invece nell' impossibilità di aspirare alla loro organizzazione statutaria. So che con questi cenni io sto parlando alla luna, dacché a fatto compiuto non havvi rimedio; nullameno ho creduto di darli alla pubblicità nella speranza che in appresso possa farsi maggior luce, e nell'intendimento di manifestare quell'opinione che in proposito viene pur sempre condivisa dagli isolani di Cherso e Veglia, i quali loro malgrado devono piegarsi a quanto venne fissato colla preriferita Ordinanza. -- Parenzo, agosto. { padri gesuiti che nella quaresima del 1867 e-vangelizzarono Parenzo s'avvisarono d'introdurre due così delti oratorj ossieno luoghi, in cui raccogliere, in cerli determinali giorni ed ore. la gioventù onde intrattenerla sotto la direzione e la sorveglianza di un sacerdote in cantici spirituali, in letture pie, in pratiche devote, in religiosi ed ascetici ammaestramenti. Fin qui niente di male. Può anche darsi benissimo che tutta questa istituzione sia in sè utile e buona; presso noi però è per lo meno inopportuna. A corroborare l'opera loro e darle, come direbbesi, legale esistenza non mancarono i reverendi padri, partili di qua, di mandare a favore della stessa e diplomi, e statuti, e grazie, e pri-vileggi, e indulgenze; poi santi, madonne, libretti, insomma un mondo di grazia di Dio. Dei sopradetti o-ratorj uno è pei maschi, l'altro per le femmine. Ammissibili tutti che, raggiunta la pubertà, hanno fatto la prima comunione, di qualunque età sieno : escluse però le persone maritate. Un sacerdote fa da padre spirituale e presiede alle raunnnze; sceglie ed istituisce tra gli affigliali un supcrióre o supcriora, coinè anche altre cariche, che però durano a tempo. Gli statuii o le regole, che il direttore tiene presso di sé e non comunica se non con parsimonia agli» allievi, son semplici e brevi ed anche non irragionevoli; solo dispiace vedere inculcato l'obbligo di denunziare secrclamcn-te ai preposti i difetti ed i falli in altri scoperti; quindi il mutuo spionaggio. 1/ oratorio pei maschi ebbe corta durata. Nè gli sforzi ultimamente,tàlli giovarono a dargli novella vita,. chè pochissimi risposero all' appello e anche questi minacciano di sciogliersi in breve andare. Ben altra sorte toccò l'oratorio donnesco. Un po' in grazia della propensione del sesso femminile per .simili novità, un po' in forza delle molte premure che se ne diede il clero, questo attecchì ottimamente e crebbe in breve sì che al presente prospera mirabilmente. Oltre al centinajo sono le ascritte, benché lui-te non lo frequentino con pari assiduità. E delle ascrìtte le più non già ragazzetti^ ma giovani l'atte ed adulte. Fra queste vi sono delie buone figliuole, ma anche di quelle che diedero il loro nome come lo dnrebbe.-Do per un passatempo qualunque;, di modochò la istituzione in discorso anziché utile e santa, può considerarsi, a ben guardarvi, quasi per un pubblico scandalo- Lontani dal prestar fede a quanto la malignità va sospettando ci duole però non poter a meno di dichiarare, che al sospetto ed alla maldicenza vien por- 10 troppo argomento e occasione. Un giovane prete che quasi quotidianamente raccoglie intorno a sé, e talvolta anche in ore serali, in casa privata (le rau-nanze pubbliche o semipubbliche si fanno in duomo nella cappella del Cristo la festa: le private quasi ogni di in casa particolare) delle giovani donne, che le tratta e si lascia trattare con troppa famigliarità; che le intrattiene in musiche, in canti, in letture, in conferenze, sieno pure spirituali, sarebbe pur bene che avvertisse e pel ben suo e pel bene di esse che dallo .spirituale al sensuale non c' è che un passo. Si guardi poi il clero dalla taccia d'interesse, che se non sempre a ragione, neanco sempre a torlo gli si suole affibbiare. Il mondo vuoi dire, che il coltivare per esso certe divozioni e certa esagerata religiosità, specialmente nelle donne, non sia che un mezzo a promuovere il proprio tornaconto e procacciarsi larghe limosine di messe ed altre offerte e regali. Scongiuri 11 clero siffatta imputazione : ì tempi che corrono il reclamano altamente. Del resto; noi certo non intendiamo nè di sospettare nè di dire male di alcuno in particolare; ma neanco crediamo alla impeccabilità di nessuno. Il detto sin qui riguarda specialmente il clero, tjoella porzione dello stesso cioè che favorisce e dirige gli oratorj. Ben sappiamo esservi degli ecclesiasti- ci c pii ed illuminati che cosi fatta istituzione altamente riprovano. Peccato che non sieno ascoltali; se pure le oppinioni loro in tal merito non costituiscono un titolo di eresia. Ora passiamo alle giovani figlie che compongono e frequentano I" oratorio. Piace non v' ha dubbio che la giovinetta sia modesta e religiosa ; ma piace altrettanto, anzi lo si reputa necessario, che sia subordinala ai maggiori, affettuosa verso gli eguali e gli inferiori, laboriosa e casalinga, e per tal modo vada preparandosi all' alla missione cui è destinata. Ora nè l'uno scopo né l'altro valgono a raggiungere lo gesuitiche congregazioni sollo il nome di oratorj, almeno come le vediamo in pratica. Abbiamo detto, che ci piace la giovanotta pia e religiosa; ma per pietà e religiosità non intendiamo già certe pratiche insulse, cerle assurde osservanze, certe divozioni da nessun costrutto. Educata una giovinetta a. queste pratiche esteriori soltanto non potrà che riuscire ipocrita,, bacchettona, buona a nulla, molesta a se slessa ed a lutti. Dove è quella religione, che risiede nel cuore, elio non suole prorompere che in atti dal cuore suggeriti che insegna a metter Dio ed i doveri del proprio stato e della propria condizione in cima a tutto? A questa religione venga educata la giovinetta, questa le si faccia di buon ora amare, praticare e se ne raccoglieranno buoni frulli. Son tanto semplici le massime del vangelo; son tanto semplici e poche le pratiche di pietà prescritte dalla chiesa, a che cercarne quale sacrificò le sue modeste sostai»», frutto di onesto ed assiduo lavoro, onde procurare a quell'unico suo rampollo un'educazione completa,, ed una comoda posizione sociale. Ma le speranze del povero padre sono deluse. La contessa fa di suo figlio il proprio amante,, il quale, accocato dalla passione, nulla vede, nulla comprende^ e si affida interamente nell' amore, eh' egli tiene sinceri* di quella donna fatale: r Intanto il marito anch'esso giunge a Firenze, sempre amante .della moglie, lai quale appena viene a sapere d'essere da luì ■seguitai, medita, assieme ad una sua degna amica e complice, il modo di sbarazzarsi di lui, che ormai le riesciva troppo incresciosi! e temibile, siccome quello ch'era pur troppo informato di tutte le'sue enownezze, e che, per conseguenza, volendolo, poteva perderli*.. t: Un"giorno, a colazione, tra tè fratta ed il cacio, la sua indivisile compagna, un vero Mefìslofele in gonnella, le propone un delitto, perchè altra via non restava onde liberarsi dall' importuno persecutore. La contessa affidò 1' incarico all'amica, senza curarsene più che tanto, e l'amica l'affidò ad un suo servo. Però l'attentato non riuscì, ed un bel giorno, quando la contessa, certa ormai di non aver nessun vincolo più a questo mondo, stava per fuggire la terza volta assieme al giovanotto di cui sopra parlammo, lasciando nella disperazione i suoi cento ricchi adoratori, ecco farlesi innanzi il marito. Allora cade dagli occhi dell'amante la benda che non per-niettevagli di vedere quanto v'era di tristo in quella donna corrotta. La nuda realtà io fa ritornare in se stesso, riconosce i suoi l'irti, ritorna tra le braccia di suo padre che da tanto tempo aveva dimenticato, e trova nel suo affetto e nelle sue cure quel conforto che in quei momenti di disillusione crudele gli era tanto necessario. La comparsa del marito, che ia contessa credeva vittima della sua condiscendenza al delitto propostole dalla sua confidente, produsse un'impressione così viva nell'animo di quella donna, che impazzì e dopo breve tempo cessò di vivere a ventitré anni nel manicomio di Firenze. Ecco in brevi parole 1' argomento di questo nuovo romanzo. Oltre ai personaggi che abbiamo qui accennato di volo, ce ne sono altri svariatissimi, i quali, vengono tutti a completare il concetto del valente scrittore, e valgono a renderci intero il quadro della vita contemporanea. Nè al tristo e guasto carattere della contessa manca 1' antitesi. E uno dei principali e più gentili caratteri del romanzo una giovinetta americana, figlia di un ricco ed onesto commerciante stabilito a Firenze. Essa è il tipo della virtù rassegnata e serena, di nuli' altro preoccupata chu del proprio dovere, eh' essa TIP. DI GIUSEPPE tondelli: adempia colla gioia più vìva dell' animo. Quantunque incompresa ne' suoi nobili affetti, quantunque lasciata in dimeii ticanza da chi avrebbe dovuto più che ogni altro averla sem pre in mente, e professarle la più sentita gratitudine, ess sparge dovunque la beneficenza e-1'affetto. Posta dal caso al con tatto della contessa, quest' ultima ebhe dispetto di scorgere il lei tanta virtù, e pose ogni studio per recarle danno, per avvo Penare la sua esistenza con lunghi dolori, per avvilirla innam a se stessa. Ma le arti malvagie di costei non ottennero completa mente il risultato voluto. Dolori ne sofferse, e lunghi ed iuten si per causa sua, ma non riuseì ad avvilirla; anzi fu lei clu ignara affitto del sentimento della vendetta, si recò pietosamen) al manicomio, quando seppe che vi fu rinchiusa la contessa, on de recare alla sciagurata quel miglior confurto che poteva. E così chiudiamo questi rapidi cenni, invitando il lettore voler leggere per intiero questo nuovo lavoro del prof. Fichert lavoro che va riposto tra i suoi migliori. Noi non intendiam di far risaltare partitamente i pregi che Io fregiano, amand meglio di lasciare al lettore intelligente il dilettevole incarico Del resto noi, con queste linee, non abbiamo voluto che annuii ziare la comparsa di una nuova opera, la quale varrà a rafferma re al suo autore quella fama ch'egli gode già da lungo tra valenti e coscienziosi cultori delle buone lettere. T. 11. V ARIE T À. Ciò che possa rendere la coltura degli erbuggi cel dice la seguente breve narrazione d'un piccoli possidente:— lo possedeva un poderetto di 6-7 juge ri a; Tauringa nell'" Odenwald, che nutriva beusi me < la numerosa mia famiglia, ma non mi poneva in gra do di lare qualche avanzo; per ciò io l'alienava pei f. 41.000, ed acquistava in prossimità della ferrovij badese per f. 5,000. -14 jugeri di prato acquitrinoso che con un dispendio di f. 650, faceva tosto prosciu* gare, in modo però che per ogni jugero venissero a convenienti distanze due serbatoj d'acqua. Indi ridu-cevasi il tutto a terreno vangato, e come tale esiste ora da 12 anni, nel qual perìodo mi ha dato un netto civanzo di f. 51,000. — A preferenza coltivo a-sparagi, cavolfiori, cifrinoli e cipolle, ed ho i miei avventori fissi nelle grandi città, essendo principalmente i conduttori di grandi alberghi a Monaco, Vienna e Berlino quelli ebe ricevono delle spedizioni regolante; tengo del pari nelle città minori e medie degli agenti che curati lo spaccio de'miei erbaggi. Ilo avuto degli anni in cui il jugero d'asparagi m'ha dato uà netto ricavo fin di f. 500, ed il jugero di cavolifiori perfin di f. 700.