AMO XIII Capodistria, 1 Maggio 1879 N. 9 Opgl DELL' ISTRIA u Esce il 1° ed il 16 d'ogni me8e. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. FFEMERIDI ISTRIANE Maggio — Udine. Il notaio Leazario di Capodistria, delegato dal comune di San Lorenzo nella diocesi parentina, domanda ed ottiene la conferma dell'eletto podestà per San Lorenzo nella persona di ser Senesio de Bernardis di Padova, vicario patriarcale in Istria. - 46, I, 27. I. 1292. — Il consiglio della Terra d'Isola, presieduto dal podestà Gabriele Marcello, elegge il notaio Almerico del fu Domenico per recarsi a Venezia ed offrirle detta Terra coll'obbligo però che il doge debba mandarvi annuo podestà; 10 investe inoltre del diritto di prestarsi ai j)apajier protestare contro c|ualunJL^A .Loia ia impegna, al 1)0' menico, Angelo, Filippo e Giovanni fratelli Grimani, Vipacco e Arnsberg, meno la torre, fino alla totale estinzione dell'imprestito dello marche 420 che si obbliga di scontarle in rate di 50 marche all'anno. - 43, 98.a Il senato delega d'ora innanzi i podestà ed i consiglieri di Capodistria a ispezionare almeno una volta alla settimana le pubbliche barche, stazionate in quel porto, e vedere se sono provvedute d'ogni occorrente. - 46,1,155 6. 1289. — L'esercito patriarchino, abbandonato che fu sotto Trieste dalle armi del conte di Gorizia, ritorna nel Friuli, lasciando che i Veneti stringano la città di duro assedio. -11, 330, 14, - XXIV, 471, - e 18, III, 206. — Il senato delega il podestà di Valle per decidere le cose di quel Comunedi quei e comunisti con ser Ermacora della Torre, non sembrandogli cosa decorosa che gli abitanti del castello trattino le cose del detto Signore. -7, 16-6, 7.a 6. 1354. — Il senato elegge a capitano sclavorum dell'agro giustinopolitano Marino Longo di Venezia con un mensile di lire 12 di piccoli, coll'obbligo di tenere a sua disposizione due cavalli e di stare ai cenni del podestà di Capodistria. - 7, 27-17, l.b 6. 1354. — Il senato, conosciuta la fedeltà del canonico arcidiacono di Capodistria don Simone 6. 1286. ; miO iù li iflilj 6. 1333. 6. 1722. 6. 1737 7. 1255, 7. 1324 7. 1338. de' Gavardo, gli accorda il posto di cappellano del podestà presente e dei futuri, come era stato per l'innanzi. - 7, 27-7, l.b — Antonio Maria Borromeo, vescovo di Capodistria, apre il sinodo diocesano. - 63, 13. — Agostino dei conti Bruti, vescovo di Capodistria, sua patria, apre il sinodo diocesano. — 44, 222, - e 64, p. III. — Gregorio di Montelongo, patriarca d'A-quileia, accorda ai sindici di Capodistria Giannino del fu Marco e Almerico del fu Decino de Grom di eleggersi persona di loro aggradimento a podestà per l'anno in corso. • 8, V, 36, - 14, XXI, 395, e 6. (2) — Donna Eufemia, moglie di Francesco del fu Paolo de Boiani da Cividale, delega Ful-cherio de' Savorgnani e Filippo de Portis per chiedere al duca di Carintia ed al conte di Gorizia l'investitura dei feudi a lei devoluti per la morte del proprio padre, Ottone signore del castello di Sovignacco. - 4. — Castel Panzano. Il legato pontificio delega il vescovo di Capodistria, Marco Semitecolo, a denunciare la scomunica contro il patriarca Bertrando, il qual citato dal legato non volle presentarsi per giustificarsi della presa di Ca-volauo e dell'uccisione di molti abitanti del luogo. - 9, 90. — Giovanni Valsegger, capitano di Trieste, delega in virtù di legge statutaria il proprio vicario, ser Matteo dottor de Priscianis di Ferrara, a trattare tutte le cause, sì civili che criminali. - 22, 56.b — Ducale Foscari che ordina al podestà e capitano di Capodistria, Ettore Bembo, di di- tihsm*Mò Yffiifv alAvffi^fflPj; fatti dai cittadini in seguito a permessi abusivi de'podestà locali. - 25, 14.b — Presso Cremona. — Ottone IV conferma al patriarca Volchero il dono del marchesato d'Istria, fatto da Arrigo III alla chiesa di Aquileia. - 65, 9. —• Il veneto senato sentenzia Andrea da Trieste a dover essere abbacinato e a perdere la mano destra per aver osato percorrere il mare in qualità di corsaro. - 46, I, 179. — Il patriarca Gastone della Torre delega don Savio, canonico di Trieste, per riscuotere in Venezia il solito annuo censo delle marche 450 che la Repubblica doveva alla chiesa d' Aquileia per la cessione di alcune giurisdizioni in Istria. - 55, II, 26.b — Il senato ordina alla pubblica galea di trasportare in Istria il sapitauo di San Lorenzo del Paisinatico, Marco Barbarigo ed il podestà di Montona, Marino Venier, e di ricondurre e Venezia i loro predecessori, il capitano Simonetto Dandolo e il podestà Fantino (?) Moro, - 7, 23-13, 3.a — Eoma. Papa Celestino III delega il vescovo di Chioggia e quello di Castello per decidere sul diritto di nomina del Vescovo di __Trieste contrastato dal patriarca di Aquileia al (2) L'Indice dei documenti per la storia del Friuli ecc. II-dine 1877 a pag. 12 pone questa concessione sotto il giorno 8. 7, 1429, 1432 8. 1210. 8. 1291. 8. 1318. 8. 1345 9. 1192. capitolo di quella cattedrale - 30, Vili, 688. (3) ' 9. 1270. — I delegati del Comune di Cittanova, tra i quali figura il vescovo d*4 luogo, offrono la città col suo agro alla Repubblica di Venezia. - 2, XXII, 770. 9. 1508. — Il senato veneto nomina il nobil' uomo, Luigi Zane, in castellano del forte primario della città di Trieste cou un mensile di 30 ducati pari a lire italiane 92 e mezza. - 4. 10. 1333. — Il veneto senato accorda, «al conestabile pedestre in Capodistria, Tomaso Massari, ed a Giovanni Lambardo, castellano in Castel Leone, di recarsi in Venezia per alcuni giorni, previa la rinuncia allo stipendio. - 7,16-6,8.a 10. 1333. — Il senato delega i podestà d'Istria a poter trattare, qualora ne venissero richiesti, gli affari dei creditori del fu signore di Pola, Nassinguerra de' Castropola. - 7, 16-6. 8.a 10. 1345. — Conosciuta la scarcerazione di Bianchino da Momiano, della di lui moglie e rispettivi figli, e la restituzione del castello di Castiglione all'anzidetto Bianchino, il senato veneto richiama il nuncio, Giovanni Vido, mandato a questo fine al patriarca d'Aquileia.-7,23-13,3.b 10. 1417. — Ducale Mocenigo diretta al podestà e capitano di Capodisiuia, Marco Polani, perchè induca quel consiglio a migliorare la sorte dei medico locale, portandone la paga da lire 350 a lire 500, pari a lire italiane 250, a fine di avere persona di qualche importaza. - 25,172.a 10. 1421. — L'armata veneta s'approssima a Trieste per costringerla alla resa eoa un duro asseto e col bombardamento. - 29^ 10. 1561. — Il senato veneto accetta la wontaneade- ——«--- ..»«».„...». «/<« Mwm^lJU'UillO prcooVjli fiume Arsa, e accorda i chiestigli privilegi. - 4. 10. 1720. — Nasce in Muggia ser Filippo Antonio Gobbi, celebre dottore in medicina e medico curante del Gran Sultano Mustafà e del suo successore. - 41, all'anno 1785, pag. 413. 10. j-810. — Muore l'ultimo vescovo veneto di Capo- distria,~fra Bonifacio da Ponte, e viene sepolto nella chiesa della B. V. delle Grazie in Seme-delia presso la città. - 30, Vili, 740. 11. 1453. — Ducale Foscari con la quale viene eso- nerata la camera di Capodistria dal passare quindi innanzi al podestà di Due-Castelli lire 300, volendo che anche questa somma stia a carico del detto comune; legge questa che venne rivocata con altra ducale dei due agosto dello stesso anno.-25, 131,a e 133.a 11. 1486. — Federico imperatore invia a Venezia il vescovo di Trento Giovanni Hinderpach, il pro-tonotario Bernardo Perg e Giorgio Elacher, fu capitano di Duino ed ora di Pordenone, per ultimare le questioni di confini in Istria. -5, XXIV, 362, - e 51, 18. 11. 1502. — Ducale Loredan che aggiudica alla cassa comunale di Cittanova il danaio proveniente dalle puntature. dei consiglieri, mancanti alle sedute pubbliche. - 52, 107. 12. 1284. — Il senato delibera di pareggiare i vini del- l'Istria a quelli della Marca e della Eomagna, _escludendoli dalla grazia. - 46, I, 152. (3) Miniano "Annali del Friuli„ Tom. II, p. 158 nota li U maggio. 12. 1343. — Il senato delibera che si assegni una seconda posta allo stipendiarlo nel castello di Valle, Bonomo del fu Gerardo di Cremona, il quale nella guerra combattuta tra Venezia ed i signori della Scala aveva riportato presso Mestre quattordici ferite. - 7, 21-11, 35.b 12. 1461. — Giacomo Marcello, capitano di Raspo delegato con ducale 27 maggio 1460, definisce la questione di confini insorta tra i veneti di Rozzo e Giorgio de' Herberstain, signore di Lupogliano e Semich. - 4. 12 1508. — Il comune di Val di Torre, liberatosi dal- l'Austria, si dà a Venezia giurando nelle mani di Fantino Viaro, podestà di Cittanova, il giuramento di fedeltà. - 4. 12. 1766. — Il magistrato degli Scansadori delibera che i popolani di Capodistria possano cuoprire il posto di massaro al civico monte di pietà. - 10, I, 104. 13 1277. — Alberto conte di Gorizia sceglie a giudici arbitri, Ugone signore di Duino ed Arrigo di Pisino, per definire certe differenze non composte col patriarca in conformità alla pace conchiusa nel 1274, li 24 febbraio. - 14, XXIV, 429 - e 18, III, 136. 13. 1284. — Il veneto senato comanda ai capitani po- starmi di far avere al Comune di Capodistria le 40 staia di sorgo, speditegli da Nasinguerra di Castropola o 1' equivalente, perchè il podestà di Pirano che le aveva fatte sequestrare, non aveva diritto di sequestrarle e di darle a\[yOrlando Furioso, della Divina Commedia, dei Sonetti, delle Canzoni, i suoi bellissimi articoli inglesi, di argomento italiano nelle più illustri Riviste inglesi, quali la E-■ dimburgo Review, la Quarterly, la Nord Britiscb eco-. Un contadino giapponese, del villaggio di Iwascimura nella provincia di Tango, avrebbe inviato al Governo un campione d' uu rimedio contro la malattia dei bachi da seta. Questo rimedio sarebbe stato scoperto da lui dopo esperienza di varii anni, denominandolo Yosan-Yaku. (0. T.) Nel venturo settombre avranno luogo in Napoli il Congresso delle Società storiche italiane, 1' Esposizione agraria di Caserta, la commemorazione del centenario di Pompei, a cui assisterà anche il Mommsen leggendovi un discorso, ed il terzo congresso degl' ingegneri ed architetti con analoga esposizione. Scrivono da Montona al Cittadino in d, del 25 aprile\ Dopo sette mesi di quasi continua pioggia la popolazio-nediquesto circondario,per la maggior parte agricola, mentre sperava di poter coltivare questi campi e metterli a granone od altro, non avendo potuto seminare che pochissimi cereali, per colmo d'afflizione nei giorni 23 e 24 dell'aprilo corrente dovette vedere i campi stessi flagellati dalla grandine e da ripetuti straordinari aquaz-zoni, pei quali la terra smossa dai monti venne trascinata nella sottoposta valle con doppio dauno, cioè: danno pei campi sul monte dilavati e denudati, e danno pei prati nella valle coperta di melma e tuttora di acqua stagnante. Dopo il nefasto anno 1817 i più vecchi non ricordano vicende atmosferiche tanto calamitose ; e troppo a ragione temesi che non potendo seminare non vi sarà raccolto, e quindi miseria e fame. Hj ** Bachicoltura I bacologi raccomandano quest' anno di porre moli» attenzione al seme dei bachi in vista della stagione variabilissima. Fa d'uopo procurare che la temperatura dei locali dove sono le sementi non ribassi ; altrimenti esse non ischiuderanno bene o i bachi moriranno prima di pagarci le tante cure e il consumo della foglia. All'erta dunque bachicultori istriani, chè il tempo continua a farne di cotte e di crude, e la prospettiva della prossima campagna bacologica è assai ma assai poco promettente ! Appunti bibliografici Lnlgi Capranica. Racconti (L'amore di Dante — Sopra una tomba — La festa delle Marie) Milano. Treves 1877. Non è mia intenzione di esaminare le opere di questo fecondo scrittore, che accrebbe la biblioteca del Treves dei noti romanzi : Papa Sisto — Donna Olimpia l'aiuti li — La congiura di Brescia — Maschere Sante — Giovanni delle Bande Nere — Fra Paolo Sarpi. — Chi più ne ha, più ne metta. Mi basta presentare al lettore istriano un libro di Racconti del Capranica stampato già nel 1877; ma testé regalato dall'editore agli associati de' suoi giornali. L'autore, lo si capisce subito, appartiene alla scuola francese, che ormai si può dir vecchia, delle ardite fantasie, dell'immaginare a ebalzi, delle forti sensazioni, dei periodi singhiozzi, dei capoversi di effetto: il tutto corretto da un'idealità italiana, o meglio veneta, che lo rende accetto ai nostri affrettati lettori. Non dunque quiete e minute analisi, non caratteri scolpiti, non quel fino umorismo moderno alla Dickens, così bene riprodotto da Salvatore Farina. La vivace fantasia gli ha fatto prediligere la scuola drammatica ; e, ammesso il genere, nulla si ha a dire in contrario. Anzi, restringendo l'intento, saltando a piè pari i due primi racconti, m'affretto a dire dell'ultimo — La festa delle Marie, instituita, come tutti sanno, a Venezia per ricordare il ratto delle spose, avvenuto nell'anno 944 per opera di pirati, non si sa bene se triestini o istriani, come dicono le cronache e le popolari tradizioni; un soggettone insomma da far rizzare i capelli ai bimbi e accapponare la pelle alle massaje. Ecco il fatto: A Pirano, poveri Piranesi! fra gli altri pirati ci sono Gajolo e Gajola, che vivono nelle caverne, guardati dal cane Drago e da altri mastini anonimi, e fanno cose orribili, cose che non hanno nè babbo nè mamma. E una sera di Novembre : il tgajbile pirata sta preparando la cena frugale di polenta^jBardellf abbrustolite sul braciere scavato in terra. Pasli per la polenta nel 944; sarà stata di castagne o di fichi secchi; ma quelle sardelle, come diciamo noi a scota deo in novembre, non le posso mandar giù, a meno che non si voglia ammettere che in quei remotissimi tempi le sardelle facessero d'autunno avanzato la loro trasmigrazione. Il terribile pirata adunque quella seramangia di buon appetito, perchè aspetta il riscatto di Paolo giovane veneziano, da lui tenuto prigione in fondo di una caverna. Ma Gajola, eho è innamorata morta di Paolo, s'oppone alla partenza, tanto più che ]' amore si è cangiato in odio, sapendolo «orato, me*, di Maria ragazza veneziana. Basta, per non ve 1' —, . .p . ,____ due piccioni a una fava; intascar l'oro, e lasciar partire Paolo per rubargli poi la sposa con le altre nel ratto famoso. Dopo varie vicende Gajolo muore, Gajola s'ammazza; e Maria e Paolo sani e salvi ritornano a Venezia, e succede il pateracchio. Ma finiamola con queste baruffe chioggiote, con queste fantasie di pirati istriani, che non reggono al più leggero studio di storia patria. Davvero che duole assai a noi poveri istriani di vedere come alcuni veneziani, continuino dopo quanto si è detto e scritto, a farci fare una così bella figura. Non so poi perchè al Capranica, ed a qualche altro sia venuto in mente di porre la residenza dei pirati in Pirano. In un' opera in musica, data non sono molti anni, in Lodi, il librettista immagina una scena simile avvenuta in Pirano. Chi sa che qualche filologo tra Pirano e pirata non ci abbia veduto analogia! A noi Istriani, al confine di Liburni, Slavi ed Uscocchi toccò il danno e le beffe; perchè, dopo di essere stati per secoli esposti alle escursioni ed alle stragi, ci vedemmo poi, di assaliti, mutati in assalitori, causa una geografia studiata così all'ingrosso senza paralleli e meridiani. Ben altre sono le lezioni della storia. Insegna questa che l'Istria alleata con Venezia battè gli Slavi sotto Ancona nel 872; gli Slavi introdottisi nel Quarnero, e donde probabilmente saranno usciti anche i pirati delle Marie; nel Quarnero, si noti bene, che sta alle spalle dell'Istria. È così pure Istriani e Veneti, abitanti della stessa regione, detta già Venetiae et Istriae, o semplicemente Veuetiae, e che nei tempi di mezzo, negli ordinamenti comunali, meglio dì molte altre regioni italiano, avea serbato memoria dell'antica grandezza, batterono gli Slavi sulle spiagge dalmatiche nel 877 e nel porto di Albiola nel 906. È dunque un assurdo credere che così impunemente i pirati potessero stabilirsi pochi anni dopo a Pirano, a poche miglia da Venezia, nelle stesse acque, sul medesimo golfo. E ci è proprio nojoso, ci dà ai nervi dovere a certa geute ripetere per la centesima volta che tra Pirano e qualunque altro punto della costa superiore e Venezia, la distanza è del doppio più breve che tra la Spezia poniamo ed Àlbenga o altre cittadelle della costa di ponente che s'incurva sul medesimo golfo. Si aggiunga che Pirano fu tra le prime a sentire il bisogno di allearsi strettamente, a Venezia, restringendo i poteri patriarcali e volendo veneto ii podestà nel 1271, e compiendo poi la regolare dedizione a San Marco nel 1283. (') E in quanto agli Slavi introdotti più tardi dalla Serenissima in Istria, per riparare ai vuoti cagionati dalle pestilenze e dalle guerre, e che abitano tuttora sparsi nei casolari delle nostre campagne, coi quali sempre abbiamo vissuto, e vogliamo vivere in pace, tutti capiranno che, difendendo noi, vogliamo difendere anche loro che nulla hanno avuto mai a fare coi crudeli pirati ed Uscocchi. Invece il signor Capranica, che probabilmente non ha mai visto le selvagge sponde dell' Istria (è questo il beli' epiteto che ci regala a pag. 194) crede proprio sul serio che Pirano sia una città slava. A festeggiare l'arrivo del patriarca d'Aqui-leja gli uomini si riuniscono sulla piazza della cattedrale. Pirano uon fu sede vescovile, e non ebbe mai piazza davanti al duomo, anzi a tenerlo su si dovettero alzare sopra il mare i murazzi; ma le sono bubboleaxw>«te. Le donne ballano il Kollo al suono dell* V istriotta, la terribile strega parladjj^^dl cani, anche il cavalìazzo di San Giorgio, e quella soda bestia del leone di san Marco, che tiene tuttora alta in piazza la coda. E le Piranesi, le belle Piranesi dall'occhio ardente, dalle facce brune, vero sangue veneziano, sentite come parlano nella novella del Capra-nica. Ecco un saggio nel dialogo tra Gajola la terribile Istriotta e Maria la veneziana, le due rivali insomma che così manifestano il loro amore per Paolo- "Taci taci, disgraziata, che sulle tue lagune non si riconosce il vero amore. La donna istriotta ama fino al delitto. — E la donna veneta fino al sagrifizio. — Il nostro fuoco distrugge come la fiamma del fulmine. — E il nostro fuoco vivifica come il raggio dol sole. — Noi vorremmo soggetti all'impero dell'uomo amato i venti e le tempeste. — E noi lo vediamo nel sorriso del cielo, tranquillità dei campi, nel profumo dei fiori, — L'Istriotta pel suo innamorato s'uccide. t— E la Veneta muore. — È vile nell'amore — È santa, (pag. 223) nella (') Veggasi il "Prodromo alla Storia dell' Istria, di Carlo Oombi nella Porta Orientale. E così via. Non ci manca che il classico : o rabbia ! maledizione I Ora un umile consiglio all'egregio Capranica. Poiché ha così fervida la fantasia e una così spiccata predilezione per gli argomenti truci, ecco bei soggettini tolti caldi caldi dalla storia non istriotta, ma istriana. — Il terribile Venerdì santo, ossia la strage dei Sergi in Pola;„ o meglio Francesco Gavardo da Capodistria che pugna con un drappello di prodi, armati a sue spese contro gli Uscocchi. Giambattista Negri da Albona capitano perpetuo della Repubblica ai confini dell'Istriadi fronte agli Arciducali ed agli Uscocchi, vincitore sotto le mura di Albona. 1599. Biagio Giuliani da Capodistria, il Pietro Micca dell'Istria, comandante del forte di San Teodoro nel regno di Candia (1645) che, vedendo invaso dai nemici il castello, die fuoco alla polveriera, seppellendo con essi se e i propri nella rovina. E quanto a que' poveri e sempre maltrattati Schiavoni, perchè non ricordare piuttosto le loro proteste, e gli atti di amor santo e disperato a San Marco quando, dopo aver fremendo chiesto invano armi agli sfiaccolati patrizi, seppellirono tra le lagrime di tutto un popolo, sotto l'aitar maggiore a Perasto in Dalmazia, lo stendardo dell'amata repubblica? Ecco bei soggetti nuovi di zecca tutti da trattare, vuoi della storia istriana, e quindi italiana, o della dalmata, e perciò slava. Ma primadi scrivere pigli il signor Capranica una carta geografica, e veda quali sono i naturali confini dell'Istria con quel po' po' di mare che abbiamo alle spalle; legga gli studi etnografici e storici sull'Istria. dai filmili dal '» uolt _uct i>uuilgilO fino al fecprlti'. * Fambri sulla nuova Antologia. Ma ve' che quasi dimenticava l'usato stile e mi lasciava montare la senape al naso. C'è ragione da pigliarla così calda? Qua carissimo Capranica, la mano, e facciamo la pace. Venga, venga quanto prima nell' Istria a studiare il colore locale. Troverà cani che si chiamano Melampo, Fido, Romeo, e non Drago; non mastini furibondi che mangiano carne umana, ma cagnolini vezzosi che gli verranno incontro scodinzolando e dandogli il ben venuto; e a Pirano poi pane eccellente e in abbondanza, come del resto sapeva anche il Giusti (vedi raccolta dei proverbi italiani) e dopo il pane companatico, e il tutto innaffiato da refosco, che è proprio il re fosco dei vini, che gli farà dare in chribalis bene sonantibus ; e allora gli corneranno le orecchie, e sentirà la suonata del diavolo e le armonie del Violino del grande piranese, e proverà una contentezza, una pace nuova, uno spirito soave pien d'amore ripetente in fondo all'anima: Povero me, povero me, quante minchionane mi ha fatto dire la fretta! Ed è possibile che tutta questa buona gente, questi cari giovanotti, queste belle donnine siano discendenti di Gajolo e di Gajola?Equesti bei boschetti d'olivi, questo vino, queste frutta prodotti delle selvagge sponde; e queste case pulite colle venete ogive erette sulle caverne di tufo dove si ballava il kolo colla yezkerma? Qua ancora un bicchiere che ini sento in vena di parlare latino col medico poeta: Ah il mio genio bizzarro! Eheu quantum fecit mihi magna ille filius hebdomadae. Bollettino bibliografico kSiol .«Diiigtiop oilyiPlio; ; - - I popoli dell» antico Oriente. Sommario di Giovanni De Castro. Milano, Hoepli, 1878 voi. 2, in 8.° — Riportiamo assai volentieri dall' Illustrazione Italiana del 20 decorso, il cenno che si fa intorno questo nuovo lavoro dell' egregio giovane istriano, noto ormai per parecchie opere letterarie, e degno figlio di quell'inesauribile scrittore che è Vincenzo De Castro. A suggellare il merito di questo sommario bastino le parole seguenti, concui si pone termine al cenno dell' Iltustraeione: "l'opera del De Castro è, senz'alcun dubbio, delle rare che, per la coltura generale, sieno uscite in Italia negli ultimi tempi; poiché l'autore, diversamente da quello che usano i più ha attinto le notizie alle migliori e più sicure fonti.» Ora leggasi il cenno summenzionato: — „ Ecco un libro scritto per la comune dei lettori, che evitando le prolisse dispute e le ipotesi arrischiate, con risparmio di tempo e di lunghe e spesso tediose indagini, vuol riassumere un racconto altrove diffuso e particolareggiato ; tratteggiare uu quadro, possibilmente fedele e animato della società e degli stati che fiorirono nell'Asia anteriore, colà ove gl'italiani, fin d'antico ebbero dominio, e poi quella dimestichezza, miglior della conquista, che il commercio agevola e rafferma. È uu libro, dice l'autore, senza pompa d'erudizione, e però senza note ; ma la erudizione apparisce ad ogni istante, come, ad ogni pagina, si rivela chiaramente che il De Castro s'è valso, con molta diligenza, e con pari profitto, degli ultimi studii fi delle ultime ricerche fatte dai dotti. Tuttavia, noi non CI accvititircivr "..n ini,———illustri filosofi ch'egli segue, nello attribuire alla cwneniw.; ; dei paesi tanta parte dello sviluppo storico dei popoli. Il monoteismo semitico, per esempio, ha ben altra causa che nella terra piuttosto uniforme con vasti spazi sabbiosi e desolati. Esso emana dalla natura di quella razza, dalle sue qualità e dai suoi stessi difetti, il che ha provato egregiamente, tra gli altri, il Renan, in una serie di articoli pubblicati nel Iournal Asiatique. La terra spettacolosa degli Ariani non bastava per sè sola a produrre grandi poeti, come ben ha osservato 1' Hegel a proposito di Omero. — Qualcuno potrebbe notare che non torna utile alla serietà e sodezza di ricerche a cui si vuol avviare i giovani il trattare importanti argomenti con una frase uguale a quella che 1' autore usa là ove, parlando del quando e del come apparisse l'uomo nell' Asia, dice che chi ne sa di più ne parli. Altri potrebbe osservargli che, nell' annoverare le divinità persiane, ha dimenticato Ariman il Dio delle tenebre, forse perchè vuole che i giovani non ne abbiano neppure la conoscenza; che ove tratta dell' unità e moltiplicità d'origine della specie umana, non era da contentarsi di dire che non si deve far V ingiuria di spiccie affermazioni, perchè i giovani hanno pur diritto di chiedergli che cosa egli ne pensi, e che oppongano i dotti al racconto biblico da loro appreso ne' primi anni, e eh' egli condanna come ingiurioso! — Ma queste ed altre osservazioni non tolgono gran che al merito di quest' opera, la quale è, senz' alcun dubbio delle rare che, per la coltura generale, sieno uscite in Italia negli ultimi tempi; poiché il signor De Castro, diversamente da quello che usano i più, ha attinto le notizie alle migliori e più sicure fonti. Nel N.° 27 della stessa Illustrazione leggiamo la seguente lettera del professor De Castro riguardante il cenno critico recato qui sopra: Caro Treves, Mi concedi un posticino nell' ^Illustrazione?" Voglio dire un grazie all'autore dell'articolo sul mio lavoro I popoli dell' antico Oriente, che mi si mostra tanto benevolo. E poi — oh! questi benedetti autori quanto sono suscettibili! — desidero difendermi di due appunti che egli mi fa. Egli dice che nell' annoverare le divinità persiane ho dimenticato Arimane, il Dio delle tenebre, forse perchè voglio che i giovani non ne abbiano neppur la conoscenza. Caro mio, se stesse in mio potere di togliere addirittura questa congnizione del male, nei giovani e anche nei vecchi, figurati se non vorrei usare di tanta facoltà? Ma invece ho dovuto proprio parlare anche di Arimane, dove reco un' analisi sommaria del mazdeismo (voi. 2, pag. 202 e segg.); e in più altri luoghi, e a proposito della religione dei Persiani, notai che s'appropriano la dottrina così detta di Zoroastro, svolgendola nel culto mitriaco. Rispetto alla quistione fra unigenisti e poligenisti, mi parve da non trattarsi in un sommario degli studi sull'età preistorica, al quale attendo da parecchio tempo e che darò fuori quandocchesia. Se poi in quella mia introduzione sono più accennati che svolti alcuni punti, come, per esempio, quello sulla prima comparsa dell' uomo nell' Asia, ciò vuol dire che debole occhio non giunge dove la scienza non ha fatto ancora spuntare il giorno; e però, buttando la soma su questa fortissima, che porta ormai il mondo, sollecitai il passo verso quelle regioni, su cui comincia a piovere qualche filo di luce. Ad <>eni modo ciò non scema punto la mia obbligazione xraran il uva^ critico; e colgo 1' occasione per dirmi tuo affezionato Osiride, sonetti di Giuseppe Revere. Roma tipografia del Senato di Forzani e C. 1878. All' annuncio dato nel N.° 6 della Provincia, aggiungiamo un brevissimo cenno di questa nuova pubblicazione, che ha arricchito la nostra letteratura. È una raccolta di ben 150 sonetti, preceduti da u^. proemio scritto con quella vena che distingue la prosa dell' illustre nostro istriano. In esso il Revere parla delle sue vicende e delle cure pietose della materna Trieste, che agitavano le giovani chiome del memore figlio. E alla città natale ei dedica uno de' suoi stupendi sonetti, i quali sono quasi tutti nuovi, com'egli stesso lo annunzia nel proemio, colle seguenti parole : „Da otto a dieci in fuori che uscirono in qualche diario, tutti gli altri sono proprio nuovi di conio e rispondono alle pre-| senti condizioni dell'animo mio.» — E l'Istria, patria ; del poeta, ha ormai fatto simpatica accoglienza alla nuova pubblicazione, la quale dimostra ancora una volta la potenza dell'ingegno d'uno dei più originali letterati italiani, d'uno dei più robusti ed efficaci pensatori dell' epoca attuale. ITINERARIO DEI VAPORETTI ISTRIANI Arrivi (la Trieste: ogni domenica, martedì, mercoledì, Giovedì, Venerdì e Sabato alla ore 4 pom. Partenze per Trieste: ogni domenica, lunedi, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato alle ore 7 antimeridiane.